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Corso di tecnica assicurativa
LA PREVIDENZA
E LE ASSICURAZIONI SULLA VITA
(Tempo di lettura: 8 ore)
a cura di Salvatore Infantino
Documento non divulgabile
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Indice
1. Le assicurazioni sulla vita: definizione e principi tecnici 4
2. La fase precontrattuale 7
A) La documentazione precontrattuale: KID, DIP base e DIP aggiuntivi ____________________10
B) La proposta 13
C) L’informativa in corso di contratto 16
D) Le novità sulla trasparenza delle polizze connesse ai mutui e ai finanziamenti 18
3. La fase contrattuale 22
A) Le dichiarazioni del contraente e dell’assicurato 23
B) Il premio 24
C) L’assenso dell’assicurato 25
D) L’aggravamento del rischio e il cambiamento di professione dell’assicurato 25
E) Il suicidio dell’assicurato 26
F) Il rischio di guerra 27
G) Le esclusioni di polizza 27
H) La designazione, la revoca e i diritti del beneficiario 27
I) l'insequestrabilità e l'impignorabilità delle somme assicurate 30
L) Il recesso, la riduzione, il riscatto, e le altre operazioni consentite in corso di contratto 31
M) La prescrizione 33
4. Le forme assicurative 34
a) Le assicurazioni per il caso morte 35
b) Le assicurazioni per il caso vita 37
c) Le assicurazioni miste 38
d) Le opzioni: capitale o rendita 39
e) Le forme di investimento assicurativo __ 40
f) Le polizze Rivalutabili 40
g) Le polizze Unit Linked _________________________________________________ 43
h) Le polizze Index Linked ________________________________________________ 46
i) Il contratto di capitalizzazione _______________________________________________ 47
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j) I PRIIPS _________________ _______________________________________________ 48
k) I Piani Individuali di Risparmio (PIR) 49
l) Le assicurazioni collettive 50
m) Le assicurazioni complementari 50
5. I rami assicurativi vita previsti dal Codice delle Assicurazioni 52
6. La previdenza sociale e complementare in Italia 55
7. I fondi pensione e i PIP 64
8. La destinazione del TFR alle forme pensionistiche complementari 71
9. I requisiti per la prestazione nelle forme pensionistiche complementari 74
10. Il regime fiscale delle polizze vita e delle forme di previdenza complementare 77
A) Polizze Vita aventi finalità assicurative 81
B) Polizze Vita aventi finalità finanziaria 83
C) Polizze aventi finalità previdenziali 84
Normativa di riferimento___________________________________________________________91
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1. Le assicurazioni sulla vita: definizione e principi tecnici
L’art. 1882 del Codice Civile definisce il contratto di assicurazione sulla vita come quel contratto col quale
l’assicuratore in corrispettivo di un premio (unico o periodico) si obbliga a corrispondere un determinato capitale o
una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.
Nel ramo Danni gli eventi dannosi che vengono assicurati devono avere le caratteristiche dell’accidentalità e
dell’imprevedibilità, inoltre l’entità dell’indennizzo sarà nota soltanto al momento del verificarsi dell’evento. Nel
ramo Vita invece gli eventi che vengono assicurati sono "attinenti la vita umana" e non sono necessariamente
eventi dannosi (es. sopravvivenza), inoltre l’entità del corrispettivo che l’assicuratore dovrà pagare all’assicurato
sarà predeterminato.
Un’altra differenza tra i due rami consiste nella loro funzione. Il ramo Danni avrà una funzione indennitaria, quello
Vita invece una funzione previdenziale, e cioè di permettere all’assicurato di costituirsi una disponibilità
economica da utilizzare nel futuro, se e nel momento in cui ne avrà bisogno.
L’analisi delle forme assicurative, che affronteremo in seguito, ci consentirà di capire meglio in che modo le varie
soluzioni di assicurazione sulla vita soddisfano questa funzione previdenziale. Per introdurci gradualmente alla
comprensione dei concetti base del ramo Vita cominciamo a fare una prima grande distinzione.
Due sono essenzialmente i rischi nel ramo Vita:
- Il rischio di morte, che è l’evento imprevedibile che, soprattutto se prematuro, può lasciare in serie difficoltà
le persone che sopravvivono all’assicurato e da cui dipendevano. In questo caso, l’assicurazione sulla vita ha
la funzione fondamentale di proteggere da una grave situazione destabilizzante dal punto di vista finanziario
come, per esempio, quella di una famiglia nel caso di morte dell’unico produttore di reddito o di una società
nel caso di morte di soci o uomini chiave per l’azienda.
- Il rischio di sopravvivenza, che comprende tutti i fatti che possono succedere nel corso della vita e che
avranno conseguenze economiche. In questo caso alla funzione di protezione si affianca e in certi casi è
preponderante la funzione di accumulazione e investimento del risparmio (che è la funzione principale nelle
forme di assicurazione Vita rivalutabili, Unit Linked, Index Linked).
Questa duplice funzione è tipica del ramo vita e rileva sul premio e cioè sul corrispettivo richiesto dall’assicuratore
a fronte della garanzia prestata. Nel ramo Vita per la determinazione del premio si considerano tre componenti:
- la componente demografica;
- la componente finanziaria;
- i caricamenti.
La componente demografica misura il rischio che l’assicuratore si assume e viene calcolata attraverso criteri
statistici e di calcolo delle probabilità.
La determinazione delle probabilità che gli eventi assicurati si verifichino si basa sulla frequenza di accadimento
che gli stessi eventi hanno presentato in passato.
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Nel caso delle assicurazioni vita l’assicuratore raccogliendo un gran massa di rischi conosce quante persone sono
morte entro un certo periodo di tempo e quante sopravvivranno al termine di questo periodo ipotizzando così una
probabilità di vita per ogni anno di età.
Le frequenze rilevate sono riportate in apposite tavole definite tavole attuariali di mortalità o demografiche, che
sono delle tabelle che, partendo da una popolazione di 100.000 individui di età 0 (radice della tavola), riportano
per ogni età (dopo il 1° anno, dopo il 2° anno,…) il numero dei viventi, dei morti e le probabilità di sopravvivenza
e di morte.
Sulla base di queste probabilità l’assicuratore determina l’assunzione di un rischio (morte o sopravvivenza di un
assicurato) in termini di costo.
Il premio calcolato unicamente sulla base delle probabilità di morte (che ovviamente cresce al crescere dell’età
dell’assicurato) è detto premio naturale o anche premio di rischio. Se venissero corrisposti premi naturali (vita
caso morte) variabili crescenti e commisurati all’avanzare dell’età dell’assicurato non ci sarebbe bisogno di
accantonare riserve.
Come sappiamo nella grande maggioranza dei casi i premi annui vita non sono crescenti al crescere dell’età
dell’assicurato, bensì livellati e costanti per tutta la durata della polizza. Nei primi anni di vita quando la probabilità
di morte è bassa il premio naturale calcolato in base al rischio puro è più basso di quello pagato e avremo quindi
dei premi in eccesso, mentre negli ultimi anni di vita il premio naturale è molto più alto di quello pagato e avremo
dei premi in difetto. La differenza tra premio effettivamente pagato e premio naturale che si genera nei primi anni
viene accantonata a riserva e verrà utilizzata quando, nel corso del tempo con l’aumento dell’età e del rischio di
morte, si invertirà il segno del rapporto e i premi naturali saranno molto più alti di quelli pagati. L’importo
accantonato come vedremo è la c.d. riserva matematica.
Si può concludere che la componente demografica serve a determinare quella parte di premio detta premio di
rischio, necessaria all’assicuratore per garantire all’assicurato la prestazione prevista per i rischi di tipo
assicurativo e cioè per il caso di morte.
Il premio di rischio si troverà quindi nelle assicurazioni per le quali esiste l'impegno di corrispondere un capitale in
caso di morte. Manca, naturalmente, nelle assicurazioni che prevedono il pagamento di un capitale o di una rendita
solo in caso di vita.
La componente finanziaria è invece presente soprattutto in quelle polizze che prevedono il pagamento di un
capitale o di una rendita alla scadenza (Caso Vita o Miste). In questo caso una parte dell’importo che il contraente
versa a titolo di premio viene investita in modo fruttuoso dalla Compagnia attraverso una gestione finanziaria che
produce dei rendimenti.
Occorre infatti considerare che nelle assicurazioni vita il contraente versa i premi in anticipo rispetto al verificarsi
dell’evento. Tali premi saranno in grado di produrre un rendimento finanziario che viene trasferito all’assicurato
anticipatamente, riducendo i premi da pagare di un importo appunto pari agli interessi che i premi investiti potranno
produrre. Il rendimento viene quindi corrisposto in anticipo con uno sconto sul premio. Il tasso tecnico di tariffa
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è appunto il tasso di rendimento minimo che viene riconosciuto in sede di determinazione dei premi dalle imprese
all’atto della conclusione del contratto.
La quota di premio che è destinata all'accantonamento e che capitalizzata servirà per far fronte alle prestazioni
future previste dal contratto è detta premio di risparmio. Alla scadenza del contratto, il premio di risparmio infatti,
insieme ai rendimenti che saranno nel frattempo maturati, costituirà il capitale liquidabile o il montante da
convertire in rendita.
Infine, va considerato che l’assicuratore nell’esercizio della sua attività sostiene delle spese la cui entità forma la
terza componente del premio. Queste spese dette caricamenti sono trattenute dal premio versato e si distinguono
in:
- spese per l’acquisizione dei contratti (che corrispondono alle provvigioni di acquisto riconosciute
all’intermediario che ha procurato il contratto e che sono principalmente commisurate ad una percentuale del
primo premio annuo incassato);
- spese per l’incasso dei premi (che corrispondono alle provvigioni di incasso riconosciute all’intermediario
incaricato ad esigere il premio e che sono commisurate ad una percentuale dei premi incassati)
- spese per la gestione delle polizze (che comprendono tutte quelle relative all’esercizio dell’impresa e al suo
funzionamento amministrativo).
Nella nota informativa andrà indicata la loro entità o meglio il costo percentuale medio annuo che indica di quanto
si riduce ogni anno il rendimento ipotizzato del contratto per effetto di tutti i caricamenti e in generale di tutti i costi
gravanti sulla polizza in caso di mantenimento del contratto fino alla scadenza.
Il premio puro sarà composto dalla somma del premio di rischio e del premio di risparmio.
Il premio netto o di tariffa è costituito invece dalla somma del premio puro e dei cosiddetti caricamenti.
Infine, il premio lordo è pari alla somma del premio netto, degli accessori (rappresentati dai costi di emissione
del contratto e delle quietanze) e delle imposte (che erano pari al 2,5% del premio versato, ma che non sono più
dovute sui contratti stipulati dal 1 gennaio 2001).
Il tasso di inventario è invece un tasso di tariffa dove non sono considerati i caricamenti di acquisto. Viene
utilizzato per le trasformazioni di polizza o per altre operazioni di particolare importanza con rinuncia ai compensi
da parte dell’agenzia.
Un altro concetto importante per l’assicurazione vita è la riserva matematica che è l'accantonamento, calcolato
con procedura matematica, che l'assicuratore deve effettuare per far fronte agli impegni futuri assunti verso gli
assicurati.
Caratteristiche della riserva matematica sono:
- rappresenta anche il debito che l’Assicuratore ha nei confronti degli assicurati in un determinato momento. Il
montante della riserva matematica va portato in bilancio come appostazione passiva a garanzia patrimoniale
della solvibilità dell’impresa a fronte delle suddette future prestazioni. La riserva matematica alla scadenza
contrattuale coincide con il capitale da liquidare;
- può essere calcolata con il metodo prospettivo o retrospettivo seguendo un principio di differenza attuariale o
di montante;
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- essa è data dalla capitalizzazione dei premi di risparmio (mentre invece il premio di rischio serve per garantire
le risorse da aggiungere alla riserva matematica per pagare il capitale assicurato in caso di decesso).
2. La fase precontrattuale
Negli ultimi anni è cresciuta l’esigenza anche a livello comunitario di introdurre delle regole uniformi in tutti i Paesi
dell’Unione Europea al fine di permettere agli investitori al dettaglio di ricevere le informazioni necessarie per
prendere una decisione informata sull'investimento e per confrontare prodotti aventi caratteristiche simili. Proprio
per raggiungere tali obiettivi è stato approvato il Regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento Europeo e del
Consiglio Europeo relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio
e assicurativi preassemblati (PRIIPs), norma comunitaria direttamente applicabile negli Stati membri a decorrere
dal 1 gennaio 2018.
Il Regolamento fa parte di un più ampio pacchetto legislativo dedicato a ricostruire la fiducia dei consumatori nei
mercati finanziari, a cui sono riconducibili anche le direttive IDD e MIFID II.
La normativa nazionale primaria e secondaria è stata aggiornata in conformità con la normativa comunitaria.
Non è semplice distinguere chiaramente il quadro normativo e regolamentare relativo agli obblighi d’informazione
che le imprese di assicurazione sono tenute a rispettare, con riferimento ai prodotti assicurativi del ramo vita, tale
difficoltà è riconducibile nella frammentarietà delle fonti che disciplinano la materia e nella suddivisione di
competenze tra le autorità di vigilanza Ivass e Consob.
Il decreto legislativo n. 68/2018, che ha recepito nell'ordinamento nazionale la Direttiva (UE) 2016/97 sulla
distribuzione assicurativa (IDD) ha apportato modifiche al Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) e al
Codice delle Assicurazioni Private (CAP). In particolare, le modifiche di cui al D. Lgs. n. 68/2018, riguardano
l'eliminazione della definizione di "prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione", di cui all'articolo 1,
comma 1, lettera w-bis), del TUF e la disciplina dell'informativa precontrattuale prevista nel nuovo articolo 185 del
CAP.
Sia la IDD (articolo 2, par. 1, n. 17), sia il Regolamento PRIIPs (articolo 4, par. 1, n. 2) definiscono univocamente
il "prodotto di investimento assicurativo" come “un prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore
di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle
fluttuazioni del mercato”. Sotto il profilo sostanziale tale definizione include oltre ai prodotti di ramo III e V anche
le polizze di ramo I rivalutabili collegate alle gestioni separate e le polizze multiramo tutti rientranti nella definizione
i prodotti IBIPs (Insurance based Investment products).
Rimangono esclusi dalla definizione di IBIPs:
1) i prodotti assicurativi non vita elencati all'allegato I della direttiva 2009/138/CE (prodotti ramo danni);
2) i contratti assicurativi vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso
o per incapacità dovuta a lesione, malattia o disabilità;
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3) i prodotti pensionistici che, ai sensi del diritto nazionale, sono riconosciuti come aventi lo scopo precipuo di
offrire all'investitore un reddito durante la pensione e che consentono all'investitore di godere di determinati
vantaggi;
4) i regimi pensionistici aziendali o professionali ufficialmente riconosciuti che rientrano nell'ambito di applicazione
della direttiva 2003/41/CE o della direttiva 2009/138/CE;
5) i singoli prodotti pensionistici per i quali il diritto nazionale richiede un contributo finanziario del datore di lavoro
e nei quali il lavoratore o il datore di lavoro non può scegliere il fornitore o il prodotto pensionistico;
In sintesi, la distribuzione dei prodotti di investimento assicurativo è disciplinata, con decorrenza dal 1° ottobre,
dal Titolo X del CAP, dalle disposizioni specifiche di cui agli artt. 121-quater e seguenti del CAP e dai Regolamenti
UE 2017/2358 (POG) e 2359 (distribuzione IBIPs), entrambi direttamente applicabili.
Il legislatore ha inteso semplificare e uniformare quanto più possibile il regime normativo base dei prodotti
assicurativi, indipendentemente dal canale di distribuzione (banche, poste, agenti, broker, ecc.), nell’interesse
primario del consumatore. E ciò a prescindere dalla ripartizione di competenze - che connota il mercato italiano -
tra CONSOB e IVASS in materia regolamentare e di vigilanza.
In merito alle nuove regole sulla trasparenza delle operazioni e protezione dell'assicurato, in particolare il nuovo
articolo 185 del CAP relativo all’informativa precontrattuale è stato modificato in modo da rendere l’informativa
precontrattuale complessivamente coerente con la normativa europea.
A tal fine è stato predisposto un sistema informativo precontrattuale omogeneo per i rami vita e danni imperniato
sulla redazione di tre documenti precontrattuali standard di base:
a) dal 1° ottobre 2018, l’IPID (Insurance Product Information Document) per i prodotti danni: il documento
informativo precontrattuale standard (DIP base danni) di cui all'articolo 185-bis, redatto in conformità
contenente la descrizione delle principali caratteristiche del prodotto, previsto dalla Direttiva IDD e dal
Regolamento di esecuzione (UE) n. 2017/1469 dell’11 agosto 2017;
b) dal 1° ottobre 2018, il DIP Vita per i prodotti vita di “puro rischio” (previsto dall’art. 185-ter del CAP come
specificità nazionale) redatto in conformità a quanto stabilito dal regolamento (UE) n. 1286/2014 del 26
novembre 2014 e relative norme di attuazione;
c) dal 1° gennaio 2018.il documento informativo KID (Key Information Document), per tutti i prodotti
d’investimento assicurativi (IBIPs, Insurance Based Investment Product);
Per soddisfare l’esigenza di realizzare una semplificazione della disciplina in tema di trasparenza applicabile in
modo uniforme a tutti gli “prodotti di investimento assicurativi”, è stato eliminato, per i prodotti di ramo III e V,
l'obbligo di pubblicare un prospetto d'offerta a partire dal 1° gennaio 2019, contestualmente all'entrata in vigore
del Regolamento IVASS n. 41/2018. A partire da tale data, la documentazione precontrattuale da rendere
disponibile all'investitore di un prodotto IBIP è articolata come segue:
1) il Kid PRIIPs, che illustra gli elementi chiave del prodotto;
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2) il documento informativo precontrattuale (DIP) aggiuntivo predisposto dall’IVASS, contenente le informazioni
sull'emittente, in modo da assolvere ai requisiti previsti dalla Solvency II, con riferimento anche alla relazione sulla
solvibilità, nonché gli ulteriori elementi informativi riferiti ai diritti e agli obblighi dei contraenti.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 4-sexies, comma 2, lett. c), del TUF individua nella Consob l’autorità nazionale
competente ad esercitare, con riferimento ai prodotti di investimento assicurativo commercializzati, distribuiti o
venduti in Italia, oppure a partire dall’Italia, l’attività di monitoraggio e i poteri di controllo degli obblighi imposti dal
regolamento (UE) n. 1286/2014 agli ideatori di un PRIIP e alle persone che forniscono consulenza sui PRIIP o
vendono i PRIIP, fatto salvo per gli agenti, broker e dai loro collaboratori o dipendenti iscritti alla sez. E del RUI e
dai produttori diretti iscritti nella sezione C del RUI e le imprese che svolgono distribuzione diretta la cui autorità
di vigilanza competente è l’IVASS..
Consob riceve dall’ideatore di PRIIP, o dalla persona che vende un PRIIP, la notifica preventiva del documento
contenente le informazioni chiave conformi ai requisiti stabiliti ai sensi del regolamento (UE) n. 1286/2014, prima
che i PRIIP siano commercializzati in Italia, nonché la notifica delle versioni riviste del documento stesso ai sensi
dell’articolo 10 del regolamento medesimo. In caso di mancata notifica alla Consob del KID o delle versioni riviste
dello stesso ai sensi dell’articolo 4-decies del TUF e delle relative disposizioni attuative, la Consob può:
a) sospendere, per un periodo non superiore a 60 giorni per ciascuna volta, la commercializzazione di un PRIIP;
b) vietare l’offerta;
c) vietare la fornitura di un KID che non rispetti i requisiti di cui agli articoli 6, 7, 8 o 10 del regolamento (UE) n.
1286/2014 e imporre la pubblicazione di una nuova versione di un documento contenente le informazioni
chiave.
Il citato art. 185 del Codice delle Assicurazioni Private (“CAP”) prevede (indistintamente per le polizze del ramo
vita e danni) che le imprese di assicurazione (di seguito anche manufacturer) e gli intermediari che realizzano
prodotti assicurativi da vendere ai clienti (di seguito anche manufacturer de facto) redigono i citati documenti
informativi di base e altresì il documento informativo precontrattuale aggiuntivo (DIP aggiuntivo) che contiene le
informazioni (no pubblicitarie o promozionali), integrative e complementari rispetto a quelle contenute nei
documenti di cui alle precedenti lettere a), b), c) che, tenendo conto della complessità e delle caratteristiche del
prodotto, del tipo del cliente e delle caratteristiche dell’impresa di assicurazione, sono necessarie affinché il cliente
possa pervenire ad una decisione informata su diritti e obblighi contrattuali e, ove opportuno, sulla situazione
patrimoniale dell'impresa. Il DIP aggiuntivo contiene il riferimento alla relazione sulla solvibilità e sulla condizione
finanziaria dell'impresa di cui all'articolo 47-septies. Il DIP aggiuntivo indica la procedura da seguire in caso di
reclamo, l’organismo o l’autorità eventualmente competente e la legge applicabile. L'IVASS, con il regolamento n.
41 del 2 agosto 2018 ha disciplinato il contenuto, lo schema e le istruzioni di compilazione del DIP aggiuntivo.
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A) La documentazione precontrattuale: KID, DIP base e DIP aggiuntivi
Si ricorda che dal 1° Gennaio 2018 è entrato in vigore il Regolamento europeo 2014/1286 sui PRIIPS (Packaged
Retail and Insurance based investment products) che impone la consegna al Cliente di un documento sintetico e
standardizzato contenente informazioni chiave sul prodotto assicurativo e sul sottostante, il KID (Key Information
Document). Il KID è un documento a consegna obbligatoria, contenente le informazioni chiave che devono essere
fornite agli investitori al dettaglio in occasione dell’acquisto di prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi
preassemblati (PRIIPs), al fine di agevolarne la comprensione e la comparabilità. La presentazione, il contenuto,
il riesame e la revisione dei KID nonché le condizioni per adempiere l’obbligo di fornire tali documenti sono
dettagliatamente disciplinati dal regolamento delegato (UE) 2017/653 della Commissione Europea dell’8 marzo
2017, anch’esso applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2018. L’art. 6 del Regolamento PRIIPS stabilisce che le
informazioni che figurano nel documento contenente le informazioni chiave (KID) costituiscono informazioni
precontrattuali, esse devono essere accurate, corrette, chiare, non fuorvianti, coerenti con ogni altro documento
contrattuale vincolante, con le corrispondenti parti dei documenti di offerta e con i termini e le condizioni del PRIIP.
Il KID è un documento informativo a sé stante, chiaramente separato dalla documentazione commerciale, è
redatto sotto forma di documento breve, in maniera concisa, consiste al massimo di tre facciate di formato A4
quando stampate, agevola la comparabilità, e presenta le seguenti caratteristiche:
a) è presentato e strutturato in modo da agevolarne la lettura, in caratteri di dimensione leggibile;
b) si concentra sulle principali informazioni di cui hanno bisogno gli investitori al dettaglio;
c) è formulato con chiarezza e scritto in un linguaggio e uno stile tali da facilitare la comprensione delle
informazioni. In particolare, è necessario utilizzare un linguaggio chiaro, sintetico e comprensibile.
Se un PRIIP offre all'investitore al dettaglio una serie di opzioni d’investimento (Multi-option products c.d. MOP) e
non è possibile fornire tutte le informazioni richieste in un unico documento conciso, il manufacturer assicurativo
ha a disposizione una delle due seguenti possibilità:
1. Un KID per ogni opzione di investimento sottostante, da redigere secondo lo schema previsto a livello
comunitario e che includa le informazioni sul PRIIP nel suo insieme;
2. Un KID generico (GKID), secondo lo schema previsto a livello comunitari, che descriva il PRIIP nel suo
insieme ma con le seguenti specificità espressamente previste:
- indicazione di un range di classi di rischio relative a tutte le opzioni di investimento sottostanti,
completata di una descrizione del rischio e del rendimento dell’investimento varia in base alle opzioni di
investimento sottostanti nonché che la performance del PRIIP nel suo complesso dipende dalle opzioni di
investimento sottostanti;
- indicazione di un range di costi sia a livello di indicatore sintetico sia di composizione, completata di una
descrizione narrativa che indichi che i costi per l’investitore variano sulla base delle opzioni di investimento
sottostanti;
- indicazione su dove risieda l’informazione specifica su ciascun sottostante.
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A tale KID generico dovrà accompagnarsi la produzione di documentazione specifica relativa a ciascuna opzione
di investimento, ai sensi dell’articolo 14 del Regolamento Delegato. È possibile prevedere la pubblicazione della
documentazione sul sito web del manufacturer della documentazione relativa alle opzioni si investimento
sottostanti, con specifica indicazione delle modalità di reperimento all’interno del KID generico.
Il documento contenente informazioni chiave fornisce almeno una descrizione generica (GKID) delle opzioni di
investimento sottostanti e indica dove e come si può trovare una documentazione informativa precontrattuale più
dettagliata relativa ai prodotti di investimento a cui si riferiscono le opzioni di investimento sottostanti.
L’art. 4-decies del TUF introduce l’obbligo di notifica alla Consob del KID dei prodotti PRIIPs. Obbligo che deve
essere assolto dall’ideatore di PRIIP o dalla persona che vende PRIIP, prima della commercializzazione di tali
prodotti in Italia. L’obbligo in questione si estende anche alle versioni del KID riviste a seguito del riesame effettuato
dall’ideatore del PRIIP sulle informazioni contenute nel KID, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 10 del
Regolamento PRIIPs e dalle relative disposizioni attuative di matrice europea. Relativamente, infine, alla
tempistica prescritta per l’adempimento di tale obbligo, il termine per la notifica del KID è fissato almeno nel giorno
antecedente la data di avvio della commercializzazione. Al fine di evitare che si realizzi una mancata notifica del
KID dovuta alla circostanza che ciascuno dei due soggetti ad essa tenuti confidi nell’adempimento dell’altro, il
Regolamento UE recepito in Italia all’art.193-quinquies del TUF sancisce comunque la responsabilità della
mancata notifica del KID a carico di colui che per primo avvia la commercializzazione, indipendentemente dagli
accordi intercorsi tra le parti. Tale previsione si rende necessaria nell’ottica di assicurare certezza circa il soggetto
nei confronti del quale eventualmente avviare un procedimento sanzionatorio. Infatti l’art. 193-quinquies, comma
2, del TUF prevede una specifica sanzione per la violazione dell’obbligo di notifica alla Consob del KID. Nel comma
4 si prevede che, qualora sia colui che vende o distribuisce il PRIIP ad effettuare il deposito, egli debba darne
tempestiva notizia all’ideatore, con ciò consentendo agli altri eventuali venditori di verificare presso l’ideatore
l’avvenuto adempimento dell’obbligo sancito dall’art. 4-decies del TUF. Infine, nel comma 5 viene disciplinato
l’obbligo di notifica alla Consob della versione rivista del KID. In questo caso, la scelta effettuata è stata nel senso
di porre tale obbligo esclusivamente in capo all’ideatore del PRIIP, che dovrà procedere alla notifica al più tardi
contestualmente alla pubblicazione sul proprio sito internet della versione rivista del KID.
Ai sensi, infatti, della normativa europea (art. 11 del Regolamento PRIIPs e artt. 15 e 16 del Regolamento
Delegato) il manufacturer ha l’obbligo di effettuare il riesame del documento ogni volta che intervengono
cambiamenti che incidono o potrebbero incidere significativamente sulle informazioni ivi contenute e comunque
almeno ogni dodici mesi. Qualora dal suddetto riesame emerga la necessità di modificare il documento, l’ideatore
ha l’obbligo di procedere all’aggiornamento, nonché di pubblicare sul proprio sito web la versione rivista del KID.
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Prodotti Documentazione
informativa fino al 1°
Ottobre 2018
Set informativo dal 1°
Ottobre al 31 dicembre
2018
Set informativo dal 1° Gennaio
2019
Prodotti di investimento assicurativo (IBIPs)1
KID
Fascicolo informativo
KID (tutti IBIPs)
Prospetto d’offerta (unit, index, capitalizzazione)
Fascicolo informativo (rivalutabili, multiramo)
Condizioni di
assicurazione, comprensive del glossario
modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.
KID
DIP aggiuntivo IBIPs
Condizioni di assicurazione, comprensive del glossario
modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.
Prodotti di “puro rischio” (TCM, LTC, ecc)
Fascicolo informativo Fascicolo informativo DIP Vita
DIP aggiuntivo Vita
Condizioni di assicurazione, comprensive del glossario
modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.
Prodotti multirischio (PPI vita e/o danni)
Fascicolo informativo DIP Danni
Fascicolo informativo
DIP Danni (IPID)
DIP Vita
DIP aggiuntivo multirischio
Condizioni di assicurazione, comprensive del glossario
modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.
Documenti precontrattuali
Allegato 7A
Allegato 7B
Allegato 3
Allegato 4
Allegato 3
Allegato 4
In base al Regolamento IVASS n. 41/2018 (in vigore dal 1° gennaio 2018) tutti i manufacturer sono chiamati a
predisporre una nuova informativa precontrattuale per tutti i prodotti, attraverso la predisposizione di nuovi
documenti semplificati e standardizzati in sostituzione dei fascicoli informativi. Ciascun documento base (KID, DIP
Vita) viene affiancato, secondo le indicazioni dell’art. 185 CAP, da uno specifico documento informativo
precontrattuale “DIP aggiuntivo” destinato a raccogliere le informazioni integrative e complementari rispetto a
quelle contenute nei documenti di base, per una conoscenza più approfondita del prodotto e per guidare il cliente
verso una decisione informata su diritti e obblighi contrattuali. In esso, devono essere incluse anche le altre
informazioni, come quelle sui reclami o sulla legge applicabile al contratto previste da Solvency II che, seppur non
decisive per la scelta del prodotto, sono comunque di rilevante utilità per il consumatore. Il Regolamento IVASS
1 Prodotti di investimento assicurativi IBIPs sono i prodotti rivalutabili, unit linked, index linked, multiramo e le operazioni di capitalizzazione
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n. 41/2018 predispone i modelli standardizzati in sostituzione delle previgenti note informative: il DIP aggiuntivo
IBIP, il DIP aggiuntivo Vita; il DIP aggiuntivo Multirischi.
Per aumentare la comparabilità dei prodotti e rimarcare la natura integrativa del modello informativo aggiuntivo
rispetto al modello base, IVASS ha stabilito l’obbligo di riportare nel DIP aggiuntivo tutte le sezioni e rubriche
anche nel caso in cui una o più di esse siano destinate a rimanere vuote per mancanza di informazioni integrative
rispetto a quelle già riportate nelle omologhe rubriche del modello base.
Il DIP aggiuntivo IBIP è stato predisposto con la finalità di integrare le informazioni previste nel documento KID
per tutti i prodotti IBIPs, al contempo CONSOB ha eliminato il Prospetto d’offerta dei prodotti di ramo III e V e
quindi è stata definitivamente semplificata l’informativa precontrattuale dei prodotti IBIPs che oggi consiste
esclusivamente nel KID e nel relativo DIP aggiuntivo IBIP.
Secondo le indicazioni fornite dall'Istituto di vigilanza, le imprese di assicurazione devono predisporre un set
informativo che gli intermediari devono consegnare alla clientela prima della sottoscrizione di un contratto.
I documenti indicati nella tabella precedente costituiscono il set informativo e: a) sono individualmente numerati
in ogni pagina, con indicazione del numero totale delle pagine di ciascun documento (es: 1 di 6, 2 di 6,…) e, in
prima pagina, della data dell’ultimo aggiornamento dei dati in essi contenuti; b) sono contestualmente consegnati
al contraente, nell’ultima versione disponibile. Nel caso di contratti in cui sono abbinate più garanzie relative a
prodotti assicurativi vita diversi dai prodotti d’investimento assicurativi, è redatto un unico DIP Vita e un unico DIP
aggiuntivo Vita anche se le garanzie oggetto di abbinamento sono prestate da imprese differenti, oppure se il
prodotto è realizzato da più soggetti.
B) La proposta
La proposta è il documento con cui l’assicurando manifesta all’impresa assicuratrice la volontà di contrarre
assicurazione e quindi con il quale il contraente chiede alla società di assicurazione la stipulazione di un contratto.
La proposta deve indicare:
- le generalità del contraente, dell’assicurato e del beneficiario;
- le caratteristiche del contratto (tipo di tariffa, età, durata, somma assicurata, modalità di pagamento del premio
ecc.);
- quando è prevista una prestazione in caso di morte, le dichiarazioni dell'assicurando relative all’attività
professionale e agli hobbies e sports praticati e quelle sul suo stato di salute (e sui precedenti sanitari);
- le informazioni sul cliente finalizzate alla valutazione dell'adeguatezza del contratto.
Tale documento preliminare rappresenta la base su cui si costruisce il contratto di assicurazione sulla vita e farà
parte integrante dello stesso.
La proposta deve essere compilata dal contraente e come abbiamo visto conterrà tutte le informazioni che
consentono all’assicuratore di valutare il rischio e decidere se e a quali condizioni assumerlo.
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È pertanto fondamentale che le dichiarazioni rese dal contraente nella proposta siano veritiere e complete, in
quanto da esse dipende il consenso dell’assicuratore alla conclusione del contratto. L’eventuale scoperta di
dichiarazioni non veritiere può, come vedremo più avanti, consentire all’assicuratore di rifiutarsi di pagare la
somma assicurata.
Tra le informazioni raccolte nella proposta, particolare importanza assumono, la data di nascita della persona
assicurata e le risposte fornite tramite il questionario sanitario in essa contenuto.
L’età e un elemento basilare per il calcolo del premio di assicurazione. A questo proposito è opportuno sottolineare
che, in qualunque momento l’assicuratore dovesse verificare l’inesattezza dell’età dichiarata, provvederà a
rivedere tutte le prestazioni della polizza, proporzionandole al premio ricalcolato in base all’età corretta.
Essenziale per la valutazione del rischio nell’assicurazione sulla vita che contempli anche il rischio di morte è
anche la conoscenza delle condizioni di salute dell’assicurando. E per questo che, ove il contratto preveda il
pagamento di un capitale alla morte (polizza Temporanea Caso Morte, Vita Intera o Mista), è richiesta una visita
medica preventiva (le spese di questa visita saranno a carico della Compagnia). La visita medica consente di
accertare il reale stato di salute e quindi di valutare correttamente il rischio ed è sempre prevista quando l’età degli
assicurandi è avanzata (in genere oltre i 60 anni) e il capitale assicurato è elevato.
Allo scopo le imprese assicuratrici si avvalgono di un modulo denominato “Rapporto di visita medica” o
“Questionario sanitario” previsto quando debba essere garantita una prestazione assicurativa in caso di morte, la
cui prima parte è riservata alle dichiarazioni rese dall’assicurando al medico fiduciario incaricato sul suo stato di
salute attuale e pregresso (e sulla storia sanitaria della sua famiglia), nonché riguardo alla sua professione, alle
attività sportive / hobby praticati e ai suoi pregressi assicurativi; la seconda parte è destinata alle rilevazioni e alle
conclusioni dello stesso fiduciario a seguito della visita effettuata. La visita medica non esonera l’assicurando
dall’onere di rendere dichiarazioni veritiere e complete sul suo stato di salute, e i risultati della visita medica non
impediscono all’impresa assicuratrice di far valere l’annullabilità del contratto per eventuali situazioni preesistenti
non dichiarate o non rilevate dal medico.
Quando il capitale assicurato non sia di importo rilevante (i limiti vengono stabiliti dall’assicuratore) e la persona
fisica da assicurare non ha superato i 60 anni di età, l’assicuratore può limitarsi ad acquisire le informazion i sullo
state di salute relative alla prima parte, senza richiedere una visita medica. In questo caso però la piena validità
della polizza inizia dopo 6 mesi dalla sua stipula. Questo periodo in cui la copertura non è efficace è definito
periodo di carenza. Se il decesso dell’assicurato avviene durante il periodo di carenza, i beneficiari designati non
riceveranno il capitale assicurato, ma soltanto la restituzione dei premi netti pagati. In questo modo l’assicuratore
cerca di tutelarsi dal rischio di assicurare una persona già gravemente malata.
L’istituto della carenza si è modificato negli ultimi tempi a causa del peso sulle cause di decesso che è andata
assumendo la sindrome da immunodeficienza (AIDS). Le regole che, in genere, vengono seguite dagli assicuratori
vita relativamente all'AIDS prevedono: 5 anni di carenza quando non è prevista visita medica; 7 anni quando la
polizza prevede la visita medica obbligatoria e l’assicurato si rifiuti di sottoporsi al test di sieropositività.
Pertanto se l’assicurando vuole evitare il periodo di carenza e far decorrere la copertura con effetto immediato, lo
stesso dovrà sottoporsi alla visita medica da parte di un medico fiduciario della Compagnia.
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Quando gli esiti della visita medica rivelano uno stato di salute diverso da quello normale (e quindi una probabilità
di morte più elevata rispetto a quella teorica delle persone della stessa età ricavabile dalle tavole di mortalità
nazionali) si configura un rischio tarato. L’assicuratore può rifiutarsi di assumere il rischio o può decidere di
assumerlo a condizioni tariffarie diverse da quelle correnti, in genere chiedendo un “sovrappremio”.
L’assicurazione dei rischi tarati allarga notevolmente il campo d’azione delle imprese assicuratrici, ma la
determinazione della sopramortalità, per stabilire l’entità del sovrappremio, non è agevole per ogni singola
impresa, la quale difficilmente può farsi da sola una esperienza assuntiva abbastanza vasta. Le imprese operanti
in Italia hanno costituito quindi già nel 1927, prendendo come esempio analoghi istituti sorti all’estero, il Consorzio
Italiano per l’assicurazione dei Rischi Tarati (C.I.R.T.). Il sovrappremio è generalmente fissato dall’impresa in base
a dati ricavati dall’esperienza o da statistiche realizzate dal C.I.R.T.
I sovrappremi di più frequente applicazione sono i seguenti:
- sovrappremi sanitari - Se il rischio, sotto l’aspetto sanitario, presenta una probabilità di morte che eccede
quella prevista dalle tavole di mortalità nazionale, esso viene assunto dall’impresa con l’applicazione di un
aumento del premio;
- sovrappremi professionali - Esistono professioni in grado di aggravare profondamente il rischio con
conseguente antiselezione; per dette professioni, ben identificate in tariffa, l’impresa richiede un sovrapprem io
che varia in relazione alla pericolosità dell’attività esercitata. Per alcune professioni o sport praticati a livello
professionistico la proposta di assicurazione, a causa della gravità del rischio, può essere addirittura rifiutata;
questi rischi possono eventualmente essere presi in esame solo quando si tratti di assicurare un gruppo di
persone abbastanza numeroso, applicando adeguati aumenti di premio;
- sovrappremi per viaggi e soggiorni in paesi tropicali - Per assicurandi che dichiarano di essere in procinto di
intraprendere viaggi o soggiorni in paesi particolari a rischio guerra. L’impresa valuterà di volta in volta la
misura del sovrappremio da applicare per residenza e/o attività svolte in condizioni disagiate.
Il contratto di assicurazione sulla vita si perfeziona, e comincia quindi a produrre tutti i suoi effetti, nel momento in
cui il contraente ha ricevuto comunicazione dell'accettazione della proposta da parte dell'impresa di assicurazione.
proposta nei contratti individuali di assicurazioni sulla vita di cui ai rami I, II, III e V è revocabile (art. 176 del Codice
delle Assicurazioni). In caso di revoca le somme che siano state già pagate dal contraente devono essere restituite
entro 30 giorni dalla notifica della stessa.
Questa disposizione non si applica però ai contratti di durata pari od inferiore a sei mesi.
Il contraente può anche recedere dal contratto successivamente alla conclusione dello stesso: il recesso è
esercitabile entro 30 giorni dalla conclusione dello stesso.
L'impresa di assicurazione deve informare il contraente del diritto di recesso.
I termini e le modalità per l'esercizio dello stesso devono essere espressamente evidenziati nella proposta e nel
contratto di assicurazione. L'impresa di assicurazione, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione relativa
al recesso, rimborsa al contraente il premio eventualmente corrisposto liberandolo da qualunque obbligazione
futura.
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Il rimborso sarà al netto della parte relativa al periodo per il quale il contratto ha avuto effetto, delle spese di
emissione e delle imposte. L'impresa di assicurazione ha però diritto al rimborso delle spese effettivamente
sostenute per l'emissione del contratto a condizione che siano individuate e quantificate nel fascicolo informativo,
nella proposta e nel contratto.
Il diritto di recesso è anche definito diritto di ripensamento in quanto consiste nella facoltà di riconsiderare la sua
decisione e chiedere all’assicuratore di liberarlo dall’impegno preso. Il diritto di recesso non si applica ai contratti
di durata pari od inferiore a sei mesi.
C) L’informativa in corso di contratto
Per i contraenti che investono in contratti unit linked, l’impresa invia al cliente una lettera di conferma
d’investimento dei premi, entro 10 giorni lavorativi dalla data di valorizzazione delle quote, l’ammontare del premio
di perfezionamento lordo versato e di quello investito, la data di decorrenza del contratto, il numero delle quote
attribuite, il loro valore unitario, nonché la data di valorizzazione. Per i contratti che convertono i premi in quote in
base alla data di ricevimento della proposta e/o di incasso del premio sono indicate anche le relative date.
Relativamente ai premi successivi, l’impresa comunica al contraente, entro 10 giorni lavorativi dalla data di
valorizzazione delle quote, l’ammontare del premio lordo versato e di quello investito, il numero delle quote
attribuite con il nuovo versamento, il loro valore unitario, nonché la data di valorizzazione. In caso di contratti a
premi ricorrenti secondo un piano predefinito di versamenti, l’impresa può trasmettere una lettera di conferma
cumulativa per i premi pagati in un semestre.
Per i prodotti IBIP e altri prodotti il DIP aggiuntivo Vita e il DIP aggiuntivo Multirischi contengono la descrizione di
tutte le opzioni esercitabili, con evidenza delle modalità di esercizio e dei relativi costi massimi. Se il prodotto
assicurativo prevede la possibilità di esercizio di opzioni alla data di scadenza del contratto o ad altra data prevista
nel contratto, almeno 30 giorni prima di tale data, l’impresa comunica al contraente le modalità di esercizio
dell’opzione, nonché le informazioni relative ai costi effettivi, alle condizioni, alle garanzie e al diverso regime
fiscale applicati a seguito dell’esercizio dell’opzione, ulteriori rispetto a quelle indicate nel DIP. Oltre alle citate
comunicazioni in caso di esercizio di opzioni contrattuali (Regolamento IVASS 41/2018, art. 17) sono previste altre
comunicazioni informative in corso di contratto come l’estratto conto annuale della posizione assicurativa in cui
l’impresa comunica al contraente, entro 60 giorni dalla chiusura di ogni anno solare o dalla data prevista
contrattualmente per la rivalutazione delle prestazioni, cumulo dei premi versati, valore della prestazione maturata,
importo dei riscatti parziali pagati.
Per le prestazioni dei contratti unit linked, l’impresa consegna al contraente, entro il 31 maggio di ogni anno, un
estratto conto annuale della posizione assicurativa contenente, almeno, le seguenti informazioni:
a) cumulo dei premi versati dal perfezionamento del contratto al 31 dicembre dell’anno precedente, numero e
controvalore delle quote assegnate al 31 dicembre dell’anno precedente;
b) dettaglio dei premi versati, di quelli investiti, del numero e del controvalore delle quote assegnate nell’anno di
riferimento;
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c) numero e controvalore delle quote trasferite e di quelle assegnate a seguito di operazioni di switch;
d) numero delle quote eventualmente trattenute nell’anno di riferimento per il premio relativo alle prestazioni legate
esclusivamente al verificarsi di eventi quali il decesso, incapacità dovuta a lesione, malattia o infermità, e per la
prestazione di una garanzia in termini di capitale o di rendimento;
e) numero e controvalore delle quote rimborsate a seguito di riscatto parziale nell’anno di riferimento;
f) importo dei costi e delle spese, incluso il costo della distribuzione, non legati al verificarsi di un rischio di mercato
sottostante, a carico dell’assicurato nell’anno di riferimento oppure, per i contratti direttamente collegati a OICR, il
numero delle quote trattenute per commissioni di gestione nell’anno di riferimento, con indicazione della parte
connessa al costo della distribuzione;
g) numero delle quote complessivamente assegnate e del relativo controvalore alla fine dell’anno di riferimento;
h) per i contratti con garanzie finanziarie, il valore della prestazione garantita.
Per le prestazioni dei contratti index linked, l’impresa consegna al contraente, entro sessanta giorni dalla chiusura
di ogni anno solare ovvero entro 60 giorni dalla data prevista per l’indicizzazione delle prestazioni assicurate, un
estratto conto annuale della posizione assicurativa contenente almeno le seguenti informazioni:
a) cumulo dei premi versati dal perfezionamento del contratto alla data di riferimento dell’estratto conto
precedente;
b) dettaglio dei premi versati e di quelli investiti nell’anno di riferimento;
c) dettaglio degli importi pagati agli aventi diritto nell’anno di riferimento (pagamenti periodici, riscatti parziali);
d) per i contratti con garanzie finanziarie, il valore della prestazione garantita.
Per le polizze che prevedono prestazioni a scadenza (compreso le polizze di investimento assicurativo – IBIP),
l’impresa comunica al contraente, almeno 30 giorni prima della scadenza del contratto, il termine di scadenza, la
documentazione da trasmettere per la liquidazione della prestazione e inoltre è inserita un’avvertenza sui termini
di prescrizione previsti dalla normativa vigente e sulle conseguenze in caso di omessa richiesta della liquidazione
della prestazione entro detti termini, anche avuto riguardo a quanto previsto in materia di rapporti dormienti
(polizze dormienti). Tale comunicazione è inviata anche al beneficiario se indicato in forma nominativa.
Per le opzioni contrattuali che non prevedono una data di scadenza o di esercizio e che determinano una
variazione del capitale garantito, almeno 3 giorni prima dell’esercizio dell’opzione, l’impresa comunica al
contraente le modalità di esercizio dell’opzione, nonché le informazioni relative ai relativi costi effettivi e alle
condizioni, alle garanzie e al diverso regime fiscale applicati a seguito dell’esercizio dell’opzione.
Tra le comunicazioni in corso di contratto (estratto conto, scadenza del contratto, prescrizione) si può annoverare
anche il documento informativo da consegnare al contraente nelle ipotesi di trasformazione del contratto IBIP,
anche nel caso in cui la trasformazione venga realizzata attraverso il riscatto del precedente contratto
(Regolamento IVASS 41/2018, art. 19). In tale ipotesi è prevista la consegna al contraente, almeno 7 giorni prima
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del riscatto o della sottoscrizione del nuovo contratto, del set informativo e dell’informativa specifica che aiuta il
contraente a confrontare i due prodotti oggetto dell’operazione contrattuale.
D) Le novità normative in termini di trasparenza delle polizze connesse ai mutui e ai
finanziamenti
Negli ultimi anni l’Istituto di vigilanza assicurativa è intervenuta più volte per disciplinare le caratteristiche e le
modalità di proposizione delle polizze abbinate ai mutui e ai finanziamenti.
Tali polizze sono in genere polizze a tutela della persona (temporanee caso morte, infortuni, malattia grave, ecc.)
che tutelano in quest’ultimo caso il mutuatario o i suoi eredi o il creditore (banca, società finanziaria) dal rischio
che il debitore o i suoi gli eredi non siano più in grado di pagare il debito residuo del finanziamento.
Oltre a costituire una garanzia, tali polizze hanno anche costituito per le banche e le società finanziarie
un’importante fonte di business, poiché sulle queste polizze le banche guadagnano in genere delle provvigioni
molte alte, di cui molto spesso il debitore non è a conoscenza.
Gli interventi dell’Istituto di vigilanza sui contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti
(operativi dal 1° dicembre 2010) possono riassumersi nei seguenti:
1. divieto per la banca o la società finanziaria di assumere contemporaneamente la qualifica di
beneficiario o vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del contratto stesso.
Tale disposizione, in vigore dal 02 aprile 2012, è stata dettata per rimuovere l’evidente conflitto di interessi
che si crea nel momento in cui la banca o la società finanziaria, che propongono la polizza vita, vengono ad
assumere il ruolo di intermediario e al tempo stesso quello di beneficiario della garanzia assicurativa. La
disposizione emanata dall’Istituto di vigilanza specifica che, nell’offerta e nell’esecuzione dei contratti di
assicurazione, le banche dovranno evitare di effettuare operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente
un interesse in conflitto, anche derivanti da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del
gruppo. In ogni caso, le banche dovranno operare in modo da non danneggiare gli interessi dei contraenti. Le
banche sono chiamate se ricoprire il ruolo di intermediario o beneficiario delle prestazioni assicurative;
2. obbligatorietà a carico delle imprese assicurative di restituire la parte del premio non goduta nel caso
in cui il mutuo o finanziamento venga estinto o si effettua la portabilità presso un altro istituto di
credito.
Le polizze vita vengono infatti solitamente stipulate per una durata pari a quella del mutuo. Il premio
assicurativo può essere spalmato sulle rate o, più frequentemente, viene corrisposto un premio unico
anticipato. In caso di trasferimento ad un'altra banca o di estinzione anticipata del mutuo diventa difficile
ottenere il rimborso della quota di premio relativo al periodo di assicurazione non goduto. In alcuni casi inoltre
la nuova banca non “riconosce” la vecchia polizza e ne richiede un’altra stipulata con una Compagn ia
assicurativa convenzionata. Per rimuovere questi costi aggiuntivi e questi ostacoli alla portabilità, l’IVASS ha
previsto che se il mutuatario ha pagato un premio unico e decide di effettuare l’estinzione anticipata, la
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Compagnia è obbligata a restituire la parte di premio pagata relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza
originaria del mutuo. Le imprese assicurative possono trattenere dall’importo dovuto soltanto le spese
amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto e per il rimborso del premio, a condizione
che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura
assicurativa. In alternativa, se il contraente sceglie la portabilità del mutuo o del finanziamento e non vuole
stipulare un’altra polizza assicurativa con un’altra Compagnia, può portare a scadenza il contratto già
stipulato, di conseguenza l’impresa assicurativa (del contratto in essere) deve semplicemente cambiare il
beneficiario (la nuova banca) su richiesta del contraente.
Tale disposizione definisce quindi in maniera chiara i principi di rimborso del premio unico in caso di estinzione
anticipata o di trasferimento e disciplina la richiesta di prosecuzione del contratto a favore di un nuovo
beneficiario, facilitando la portabilità e l’estinzione anticipata dei mutui e di altri finanziamenti;
3. nella documentazione informativa dei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri
finanziamenti, l’impresa riporta tutti i costi a carico del soggetto debitore, con indicazione della quota
parte percepita in media dall’intermediario. La polizza, ovvero il modulo di adesione dei contratti collettivi,
dovranno ricondurre le informazioni alla specifica posizione contrattuale, riportando i costi effettivamente
sostenuti con evidenza dell’importo percepito dall’intermediario. Tale disposizione è stata dettata per colmare
le asimmetrie informative tra imprese, intermediari e debitori/assicurati mediante la trasparenza di costi e
provvigioni di intermediazione.
Nel corso del 2012 il Governo è intervenuto con ulteriori disposizioni in materia di contratti di assicurazione
connessi a mutui e ad altri contratti di finanziamento con il decreto-legge n. 179/2012, recante ulteriori misure
urgenti per la crescita del Paese, meglio noto come Decreto sviluppo bis prevedendo che nei contratti di
assicurazione connessi a mutui e ad altri contratti di finanziamento a premio unico, le imprese, nel caso di
estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte
di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata per il premio puro in
funzione degli anni e della frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato
residuo. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese
possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del
contratto e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta di contratto, nella
polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire
un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso. In alternativa a
quanto previsto, su richiesta del debitore/assicurato, le Compagnie possono fornire la copertura assicurativa fino
alla scadenza contrattuale a favore del nuovo beneficiario designato. Questa regola si applica a tutti i contratti,
compresi quelli commercializzati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto.
Il decreto "liberalizzazioni" (D.L. 24 gennaio 2012, n.1, convertito nella legge 24 marzo 2012, n.27) prevede che
nel caso in cui le banche e gli altri intermediari finanziari condizionino l'erogazione di un mutuo immobiliare o
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di un credito al consumo alla stipulazione di un contratto di assicurazione sulla vita, devono sottoporre al
cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche e agli intermediari
finanziari che erogano il finanziamento, riconoscendo al cliente la possibilità di ricercare sul mercato una polizza
vita più conveniente che l'ente deve accettare senza variare le condizioni per l'erogazione del mutuo o del credito
al consumo.
Il consumatore può, quindi, confrontare la polizza vita proposta dalla banca o dall'intermediario finanziario con
quella di altre due compagnie e ha 10 giorni di tempo per ricercare autonomamente altre offerte e scegliere
liberamente sul mercato la copertura assicurativa più conveniente.
In attuazione del decreto, L’Istituto di vigilanza con il Regolamento n. 40 ha fissato i contenuti minimi della polizza
vita e ha definito uno standard di preventivo per consentire al consumatore di poter più facilmente confrontare i
prodotti.
L’Autorità di Vigilanza ha stabilito che la forma assicurativa prescelta è la temporanea per il caso di morte (TCM)
a capitale decrescente nei casi in cui il rimborso del mutuo immobiliare o del credito al consumo segua un piano
di ammortamento, oppure una TCM a capitale costante per il credito al consumo che non prevede un piano di
ammortamento predefinito (ad esempio per le carte di credito revolving). In ogni caso il cliente può stipulare una
polizza che preveda condizioni diverse e maggiormente rispondenti alle proprie esigenze, ad esempio un capitale
costante che offra agli eredi un surplus rispetto a quanto dovuto per l’estinzione del debito residuo.
Il contratto deve avere durata pari alla durata del mutuo immobiliare o del credito al consumo. Il diritto di recesso
deve essere riportato sul contratto e non potrà in nessun caso essere inferiore ai 30gg.
Il premio può essere pagato in unica soluzione o di un premio annuo, con la possibilità di rateazione ed indicazione
dell’ammontare dei costi che nel corso della durata contrattuale sono sostenuti dal cliente, con evidenza
dell’importo percepito dall’intermediario;
In fase assuntiva il contratto può prevedere modalità di verifica dello stato di salute del cliente: indicazione dei casi
in cui è richiesta la visita medica, con i relativi costi a carico dell’impresa e/o del cliente, e dei casi in cui
l’accertamento dello stato di salute dell’assicurato può avvenire tramite compilazione del questionario
anamnestico. In quest’ultimo caso è possibile prevedere un periodo di “carenza” non superiore a 90 giorni dalla
decorrenza della copertura assicurativa che si azzera in caso di visita medica, inoltre è prevista il pagamento
integrale della prestazione in caso di decesso durante la carenza dovuto ad infortunio, malattia infettiva acuta o
shock anafilattico;
Le prestazioni assicurative prevedono il pagamento, al verificarsi del decesso dell’assicurato prima della scadenza
del contratto, di un capitale assicurato pari o in linea rispetto al debito residuo del mutuo immobiliare o del credito
al consumo. La Compagnia può corrispondere le eventuali rate del mutuo immobiliare o del credito al consumo in
scadenza nel periodo che intercorre tra la comunicazione all’impresa del decesso dell’assicurato e la liquidazione
del capitale assicurato, con successivo conguaglio all’atto della liquidazione del capitale assicurato.
I beneficiari o i vincolatari vengono indicati dal cliente. La banca o l’intermediario finanziario possono essere
designati come beneficiari o vincolatari delle prestazioni assicurative solo qualora il contratto di assicurazione non
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sia intermediato dalla banca o dall’intermediario finanziario stesso o da soggetti ad essi legati da rapporti di gruppo
o da rapporti di affari propri o di società del gruppo.
Il contratto base deve prevedere tempi di liquidazione del capitale assicurato con un massimo di 30 giorni dal
ricevimento della documentazione completa.
In caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo immobiliare o del credito al consumo: nel caso di
pagamento di un premio unico, indicazione dell’obbligo per l’impresa, entro 30 giorni dal ricevimento della
comunicazione di avvenuta estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo immobiliare o del credito al consumo,
di restituzione al cliente della parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria
della polizza, secondo le modalità previste dal Regolamento ISVAP n. 35/2010. Su richiesta del cliente, la polizza
può proseguire fino alla scadenza contrattuale anche a favore di un nuovo beneficiario eventualmente designato.
Le Compagnie devono inviare al cliente, entro sessanta giorni dalla chiusura di ogni anno solare ovvero da ogni
ricorrenza annuale, una comunicazione che contiene informazioni sull’ammontare del capitale assicurato, gli
eventuali premi in scadenza ovvero in arretrato, con un’avvertenza sugli effetti derivanti dal mancato pagamento,
e il nominativo del/dei beneficiario/beneficiari o del/dei vincolatario/vincolatari.
A tali contenuti minimi le parti possono pattuire condizioni di assicurazione di maggior favore per il cliente.
I contenuti minimi del contratto enunciate in precedenza devono far parte di un preventivo secondo fac-simile
previsto nel Regolamento ISVAP n. 40 in modo da dare la possibilità al cliente di scegliere la polizza a lui più
conveniente. Lo stesso avrà un periodo minimo di 10gg lavorativi per poter valutare preventivi di altri concorrenti
ed in tale periodo non potranno essere variate le condizioni contrattuali offerte.
Inoltre, il Regolamento ISVAP n. 40 prevede che dal 1° settembre 2012 le imprese che commercializzano tali
prodotti devono mettere a disposizione sul proprio sito internet un servizio on line gratuito di preventivazione. Per
una maggiore visibilità delle offerte disponibili e per agevolare la ricerca della polizza più vantaggiosa è possibile
consultare sul sito dell’IVASS l'elenco delle imprese di assicurazione con la denominazione della relativa polizza
vita commercializzata. Bisogna verificare nell'elenco se la polizza offerta è una polizza vita individuale
sottoscrivibile liberamente da chiunque ovvero una polizza vita collettiva sottoscrivibile solo richiedendo il
finanziamento alla banca o alla finanziaria indicata nella polizza stessa.
IVASS con la lettera al mercato del 17 dicembre 2013 (prot. 51-13-000815) ha voluto chiarire che l’offerta dei
prodotti assicurativi a protezione del credito, da parte di compagnie assicurative e intermediari deve estrinsecarsi
nella verifica delle effettive necessità del consumatore al fine di evitare, tra l’altro, reclami e contenziosi
L’IVASS con l’art. 39 del Regolamento 41/2018 ha confermato che nelle polizze connesse a mutui e ad altri
finanziamenti il cui premio unico è sostenuto dal debitore/assicurato, l’impresa, in tutti i casi di estinzione anticipata
o di trasferimento del mutuo/finanziamento, anche parziale, restituisce al debitore/assicurato la parte di premio
pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. In alternativa, su richiesta del
debitore/assicurato, fornisce la copertura assicurativa fino alla scadenza contrattuale a favore del nuovo
beneficiario designato.
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La parte di premio da restituire è calcolata:
a) per il premio puro, in funzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché
del capitale assicurato residuo;
b) per i caricamenti, in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura.
Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. L’impresa può
trattenere dall’importo da restituire le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto
e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel
modulo di adesione alla copertura assicurativa. Le spese amministrative e le commissioni percepite dal distributore
non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato
in caso di rimborso.
3. La fase contrattuale
Il procedimento di stipula dell’assicurazione si conclude con l’emissione della polizza.
Questa è il documento principale del contratto di assicurazione che ne attesta l’esistenza e la validità. Viene
redatto in tre esemplari e deve contenere tutti i dati principali del contratto: gli estremi del contraente,
dell’assicurato e dei beneficiari, la durata, l’entità del premio e del capitale (rendita) e tutte le condizioni contrattuali.
Distinguiamo le condizioni generali che regolano gli aspetti fondamentali del contratto di assicurazione sulla vita
e le condizioni particolari che determinano speciali estensioni o limitazioni di rischio o singole caratteristiche.
Le condizioni generali riproducono una parte delle disposizioni di legge applicabili e fissano i limiti del contratto e
tutte le prestazioni non previste dalla legge.
L’appendice è invece un documento collegato al contratto ed emesso successivamente a questo per modificarne
alcuni aspetti comunque concordati tra l’impresa di assicurazione ed il contraente.
Vi è infine la “Proposta-polizza” che è una proposta che, una volta sottoscritta dal contraente, produce gli effetti
del contratto definitivo.
Esamineremo ora le principali norme che regolano la polizza di assicurazione sulla vita sia in relazione alle
condizioni generali che in applicazione delle disposizioni di legge, prime fra tutti gli artt. 1919 - 1927 del Codice
Civile, che disciplinano le assicurazioni sulla vita.
Affronteremo la trattazione analizzando le norme in base alle principali figure giuridiche di un contratto di
assicurazione sulla vita, che sono il contraente, l’assicurato e il beneficiario.
Il contraente è colui che stipula la polizza, che è tenuto a pagare i premi e che ha la facoltà di esercitare tutti i
diritti propri del contratto (es. può esercitare il diritto di riscatto, designare e modificare il beneficiario, chiedere
prestiti sulla polizza ed esercitare il riscatto o la riduzione). Può essere una persona fisica o una persona giuridica.
L’assicurato è colui sulla cui vita è stipulata la polizza (come vedremo è necessario il suo assenso, se è diverso
dal contraente e la polizza vita è caso morte, può cambiare professione salvo il disposto dell’art. 1926 e se si
suicida si applica il disposto dell’art. 1927). È sempre una persona fisica in un’assicurazione sulla vita.
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Il beneficiario è colui che percepisce la prestazione assicurativa e che quindi riscuoterà il capitale o la rendita
assicurata (è designato dal contraente, in forma generica o nominativamente). La designazione può avvenire
all'accensione del contratto, in un secondo momento con comunicazione all'assicuratore, che è tenuto a farne
annotazione sulla polizza, oppure tramite testamento. Può essere una persona fisica o una persona giuridica.
Relativamente alle polizze vita, in estrema sintesi, potremo avere le tre seguenti combinazioni:
a) il contraente, assicurato e beneficiario possono essere la stessa persona (polizza Caso Vita a favore proprio);
b) il contraente e l’assicurato sono la stessa persona, il beneficiario un’altra (polizza Caso Morte sulla vita propria
o polizza Caso Vita a favore di terzi);
c) il contraente, l’assicurato e il beneficiario sono tre persone diverse (polizza Caso Morte sulla vita di terzi).
A) Le dichiarazioni del contraente e dell’assicurato
Il consenso dell’impresa alla stipulazione della polizza è basato sulle dichiarazioni rese dall’assicurato e dal
contraente nella proposta e negli altri eventuali documenti.
In caso di dichiarazioni inesatte o reticenti rese con dolo (volontà di agire in modo scorretto per godere di un
ingiusto profitto) o con colpa grave (con negligenza), per cui l’impresa non avrebbe dato il suo consenso o non lo
avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, l’impresa stessa ha diritto:
a) di annullare il contratto entro tre mesi dal giorno in cui è venuto a conoscenza dell’inesattezza o della reticenza,
con diritto di percepire i premi relativi al periodo di assicurazione in corso e, in ogni caso, il premio del primo anno;
b) di rifiutare qualsiasi pagamento in caso di sinistro avvenuto prima o nei 3 mesi successivi alla scoperta delle
inesatte dichiarazioni o reticenze.
Un tipico esempio è costituito dal caso in cui l’assicurato non rilascia notizie su malattie preesistenti.
Quando invece non esiste malafede o colpa grave l’impresa ha diritto di recedere dal contratto con dichiarazione
da farsi entro tre mesi dal giorno in cui essa ha conosciuto l’inesattezza o la reticenza. Se nel frattempo si verifica
il sinistro (e quindi prima che sia venuto a conoscenza della inesattezza o della reticenza della dichiarazione o
prima che abbia dichiarato di recedere dal contratto), la somma dovuta viene ridotta in proporzione alla differenza
fra il premio convenuto e quello che sarebbe stato dovuto in base al reale stato del rischio.
Le imprese di solito non si avvalgono del diritto loro conferito dall’art. 1893 del Codice Civile, e cioè quando non
vi è dolo o colpa grave nelle dichiarazioni inesattamente rese o nelle reticenze, e rinunciano al recesso quando la
polizza sia stata in vigore per un periodo di almeno 6 mesi. La clausola di incontestabilità prevede infatti che,
decorso un termine solitamente di 6 mesi, il contratto non può venire impugnato per violazione dell’onere di
dichiarazione, con l’eccezione del dolo e della colpa. Trascorso questo periodo quindi la polizza diventa
incontestabile, sollevando così l’assicurato in buona fede da ogni pericolo di impugnativa futura e rendendo sicuro
l’atto di previdenza connesso alla stipula di un’assicurazione sulla vita.
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B) Il premio
La polizza entra in vigore dalle ore 24 del giorno della sottoscrizione, a condizione che sia stato pagato il primo
premio. In questo caso la polizza si definisce perfezionata.
In base all’art. 1924 del Codice Civile e diversamente previsto per le polizze dei rami danni il contraente di una
polizza vita è tenuto a pagare la sola prima annualità di premio.
Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l'assicuratore, se lo ritiene opportuno, può agire
legalmente per ottenere il pagamento entro 6 mesi decorrenti dal giorno in cui il premio o la rata di premio sono
scaduti. Se non agisce entro questo termine il suo diritto decade e il contratto viene risolto.
Se il contraente non paga i premi relativi agli anni successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in
mancanza, nel termine di 20 giorni dalla scadenza, il contratto è risolto di diritto e i premi corrisposti rimangono
acquisiti dall’assicuratore, salvo che sussistono i presupposti per la richiesta della riduzione o del riscatto (e cioè
che siano state pagate tre annualità di premio).
Distinguiamo 3 diverse modalità di pagamento dei premi:
- premio annuo o periodico;
- premio unico;
- premio unico ricorrente.
Nel caso premio annuo o periodico il contraente si impegna a pagare una somma di denaro per un determinato
numero di anni. Il premio annuo è la soluzione ideale per i piani di investimento ad accumulo di lunga durata
perché consente di diluire nel tempo l’impegno economico che la realizzazione del piano comporta.
Il premio annuo può essere frazionato in più rate con maggiorazione di costo (interessi di frazionamento), che
devono essere indicati nella nota informativa. Si tratta di una facilitazione nel pagamento del premio nei casi in cui
gli assicurati non dispongano, alla scadenza annuale, dell’intero importo della rata o, come spesso accade, siano
dipendenti di aziende che hanno stipulato accordi o convenzioni con una Compagnia, tuttavia non ha senso per
le polizze che prevedono una resa finanziaria del contratto, perché le addizionali di frazionamento previste
andrebbero a vanificare il rendimento che matura sulla polizza. Va precisato che il premio resta comunque
indivisibile e, indipendentemente dal fatto che sia frazionato o meno, è dovuto integralmente per ciascun periodo
di assicurazione.
Il premio annuo può essere inoltre costante o rivalutabile.
Il premio costante rimane invariato per tutta la durata contrattuale. La soluzione del premio costante ha il pregio
di permettere di sapere sempre l’impegno economico da sopportare ad ogni scadenza, ma in contrapposizione
ha lo svantaggio di immettere, nel fondo a gestione separata, un importo che, anno dopo anno, perde potere
d’acquisto.
Il premio rivalutabile invece cresce di anno in anno di una percentuale uguale a quella della rivalutazione del fondo
a gestione separata nel quale vengono investiti i premi. La rivalutazione dei premi offre una maggiore tutela nei
confronti dell’inflazione, permettendo di conservare il potere d’acquisto del denaro investito. Nelle polizze a premi
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rivalutabili il contraente ha facoltà di limitare o rifiutare la rivalutazione del premio nel corso della vita del contratto
qualora questa crescesse in modo non più sostenibile.
Nel caso del premio unico il contraente si impegna a pagare una somma di denaro in un’unica soluzione
contestualmente alla sottoscrizione del contratto. Generalmente si adotta questa soluzione quando si ha a
disposizione un capitale consistente. Il vantaggio di questa forma di pagamento consiste nel fatto che il denaro
versato confluisce, da subito, nella gestione del fondo, massimizzando così i risultati che si possono ottenere.
Nel caso del premio unico ricorrente il contraente pattuisce il pagamento di una serie di premi unici a una
determinata ricorrenza. Pur essendo fissata questa ricorrenza per il pagamento, questo avviene solo se il
contraente lo vuole.
Per quanto riguarda i mezzi di pagamento del premio, questo può essere generalmente pagato con diverse
modalità: assegno, bonifico, RID bancario, conto corrente postale, etc. Nel caso in cui sia previsto un particolare
mezzo di pagamento, l’impresa di assicurazione è tenuta a specificarlo nella nota informativa.
Ricordiamo che in base al Reg. ISVAP n. 5/2006 (art. 43 comma 3) agli intermediari è fatto divieto di ricevere
denaro contante a titolo di pagamento di premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita.
La quietanza è la prova di avvenuto pagamento del premio. Può ad esempio essere costituita dalla ricevuta
rilasciata su carta intestata dell’impresa di assicurazione o dall’estratto di conto corrente bancario comprovante
l’accredito all’impresa di assicurazione (RID bancario) od anche dalla ricevuta del pagamento in conto corrente
postale. La quietanza deve sempre essere rilasciata in caso di pagamento con assegno bancario.
C) L’assenso dell’assicurato
In base all’art. 1919 del Codice Civile, l’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.
Quando l’assicurazione è contratta sulla morte di un terzo, questa non è valida se quest’ultimo o il suo legale
rappresentante non dà il consenso scritto alla conclusione del contratto. L’assenso in quanto autorizzazione deve
essere preventivo (quello successivo alla stipulazione non sana il contratto) e una volta dato non è revocabile.
Se l’assenso manca o non è valido, il contratto è nullo e i premi devono essere restituiti dall’origine.
Va specificato che l’assenso non è necessario in caso di assicurazione per il caso di sopravvivenza di un terzo.
D) L’aggravamento del rischio e il cambiamento di professione dell’assicurato
La rappresentazione del rischio in sede di conclusione del contratto è essenziale ai fini della classificazione dello
stesso e dell’applicazione delle relative condizioni sotto l’aspetto tariffario.
L’aggravamento del rischio in corso di contratto nel caso delle assicurazioni vita è determinato in funzione del
lavoro svolto dall’assicurato, del tipo di sport praticato e delle condizioni di salute. È norma seguita da tutte le
imprese rinunciare alle disposizioni previste dall’art. 1898 del Codice Civile e prevedere, a beneficio
dell’assicurato, che la polizza sia libera da ogni restrizione per quanto riguarda il cambiamento di residenza o della
professione, per i soggiorni in qualsiasi luogo del mondo e per i viaggi che l’assicurato possa compiere con
qualsiasi mezzo, ivi compresi quelli effettuati per via aerea, purché in qualità di passeggero su voli di linea. Al
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momento della conclusione del contratto è importante stabilire il maggior rischio sopportato dalla Compagnia,
perché se l’aggravamento avviene in corso di durata contrattuale non è possibile più fare alcuna eccezione, tranne
il caso in cui la polizza sia riattivata, perché nel caso specifico la Compagnia si può rifiutare. L’aggravamento del
rischio può comportare in questo caso il pagamento di un sovrappremio.
Qualora vi sia la sopraindicata previsione contrattuale, saranno valide tutte le disposizioni dell’art. 1898. In più il
Codice Civile prevede per le assicurazioni vita una disposizione specifica per un particolare caso di aggravamento
del rischio e cioè il cambiamento di professione dell’assicurato.
L’art. 1926 del Codice Civile prevede che il cambiamento di professione o di attività dell’assicurato non sia causa
di cessazione dell’assicurazione qualora il rischio non venga aggravato in modo tale che, al momento della
stipulazione, l’assicuratore non lo avrebbe accettato il rischio o lo avrebbe accettato a condizioni diverse.
Qualora i cambiamenti siano di natura tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto,
l'assicuratore avrebbe consentito l'assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata
è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.
Se l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all'assicuratore, questi, entro 15 giorni, deve dichiarare se
intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio.
A questo punto, se l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei tre sensi suindicati, l'assicurato,
entro 15 giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.
Se l'assicurato dichiara di non accettare, il contratto è risolto, salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al
periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come
adesione alla proposta dell'assicuratore.
E) Il suicidio dell’assicurato
Nelle assicurazioni che prevedono il caso morte è contemplato anche il suicidio. In base all’art. 1927 del Codice
Civile l'assicuratore non è tenuto al pagamento delle somme assicurate se il suicidio dell'assicurato avviene prima
che siano decorsi 2 anni dalla stipula del contratto. È ammesso il patto contrario inteso a prolungare o abbreviare
questo termine.
In questo articolo c’è un’attenuazione del principio previsto dall’art. 1900 che esclude dall’assicurazione i fatti
dolosi (e il suicido essendo un fatto puramente intenzionale rientra tra i fatti dolosi).
L’art 1927 aggiunge che l'assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del contratto
per mancato pagamento dei premi, non sono decorsi 2 anni dal giorno in cui la sospensione e cessata.
Questo periodo di carenza di 2 anni viene adottato dalle Compagnie per evitare di assicurare persone che già
meditino di togliersi la vita. È ragionevole infatti pensare che qualcuno non premediti un atto così estremo con 2
anni di anticipo.
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F) Il rischio di guerra
Le condizioni generali delle polizze prevedono la copertura del rischio di guerra alle condizioni che saranno
stabilite, in caso di ostilità, dal Ministero competente. Questa clausola, quindi, garantisce la continuità del contratto
anche quando vi è in corso una guerra, sempre che l’assicurato provveda a pagare gli aumenti di premio che lo
Stato fisserà in relazione all’aggravamento derivante da un conflitto in atto. E assai difficile oggi supporre a quali
condizioni lo Stato proporrebbe la copertura del rischio guerra, considerata la possibilità di uso di armi atomiche,
chimiche, in altre parole armi non convenzionali.
G) Le esclusioni di polizza
Nelle assicurazioni che prevedono il caso di morte è escluso dalla garanzia anche il decesso causato da:
- dolo del contraente o del beneficiario;
- partecipazione attiva dell’assicurato a delitti dolosi;
- partecipazione attiva dell’assicurato a fatti di guerra salvo da obblighi verso lo Stato Italiano;
- incidente di volo su aerei non di linea, non autorizzati o con pilota non munito di brevetto e sempre se
l’assicurato è membro dell’equipaggio.
H) La designazione, la revoca e i diritti del beneficiario
In base all’art. 1920 del Codice Civile, l'assicurazione può essere stipulata a favore di un terzo (beneficiario). In
questo caso il contraente destina le prestazioni della polizza non a sé stesso, ma ad un terzo non titolare
dell’interesse assicurato.
Valgono le regole previsto dal Codice Civile in generale per i contratti a favore di terzi che di seguito enunciamo.
È valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo
acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata
dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare. In
caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello
stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto. Se la prestazione
deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una
disposizione testamentaria e quantunque il terzo abbia dichiarato di volerne profittare, salvo che, in quest’ultimo
caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca. La prestazione deve essere eseguita a favore
degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante
non abbia disposto diversamente. Il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale
il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante.
In linea con tutte queste disposizioni generali l’art. 1920 del Codice Civile, con particolare riferimento
all’assicurazione a favore di un terzo, prevede che la designazione del beneficiario da parte del contraente deve
avvenire per iscritto durante la stipula (mediante annotazione di apposita clausola in polizza detta “clausola
beneficiaria”) o con successiva dichiarazione comunicata all’assicuratore o per testamento.
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La modificazione o la revoca dovranno essere fatte con le stesse modalità della prima designazione, cioè per
iscritto all’assicurazione o con disposizione testamentaria.
Per questo motivo è molto importante che l’assicuratore prenda visione del testamento del contraente prima di
pagare il capitale o la rendita assicurata al beneficiario.
Il beneficiario infine può essere determinato nominativamente o genericamente (es. gli eredi legittimi o
testamentari, in questo caso la ripartizione viene fatta in parti uguali senza seguire le regole di successione
previste dal Codice Civile).
In base all’art. 1921, la designazione del beneficiario è revocabile. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi
dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario abbia dichiarato di voler profittare
del beneficio.
Il beneficio diventa irrevocabile se il contraente ha rinunciato per iscritto al potere di revoca e il beneficiario ha
dichiarato al contraente di voler approfittare del beneficio (cd. beneficio accettato). La rinuncia del contraente e la
dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all'assicuratore (in modo che lo stesso sappia
a chi rivolgersi per poter assolvere la sua obbligazione).
Quando il beneficio è accettato, il contraente non solo non può generalmente revocarlo, ma non può neanche
riscattare la polizza, né chiedere prestito sulla stessa senza il consenso del beneficiario.
La designazione accettata e irrevocabile decade qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato.
Se la designazione è stata fatta a titolo di liberalità (cioè a scopo di favorire una persona), essa può essere
ugualmente revocata nei casi previsti per la revoca delle donazioni come ad esempio la sopravvenienza di figli o
l’ingratitudine del beneficiario (che si ha quando questo uccide o tenta di uccidere il designante, lo ingiuria
gravemente, gli arreca grave pregiudizio al patrimonio o gli rifiuta gli alimenti dovuti). La domanda di revocazione
per causa d'ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro
l'anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione.
Il terzo per effetto della designazione, acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione e non
semplicemente un’aspettativa alla prestazione dell’assicuratore e pertanto può disporne. In base all’art. 1412 del
Codice Civile, se il beneficiario muore prima dell’assicurato, e non vi sia modifica del beneficio, la prestazione
deve essere eseguita a favore degli eredi del beneficiario, seguendo le regole della successione.
Al verificarsi dell’evento assicurato avranno azione nei confronti dell’assicuratore per richiederne la prestazione
non soltanto il terzo beneficiario, ma anche il contraente e gli aventi causa (e cioè le persone a cui è stato trasferito
un diritto dal precedente beneficiario).
A norma dell’art. 1923 del Codice Civile, le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non
possono essere sottoposte ad azione esecutiva (ovvero di pignoramento) né ad azione cautelare (art. 670 c.p.c.)
e quindi nemmeno a sequestro.
Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei
creditori. I creditori possono quindi esercitare sui premi pagati l’azione revocatoria fallimentare o ordinaria, e quelle
relative alla collazione, all'imputazione e alla riduzione delle donazioni. Questa norma vuole tutelare gli eredi
quando l’assicurazione è stipulata a favore di terzi “donandi causa” (cioè allo scopo di fare ad un terzo una specie
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di dono), ma riguarderà soltanto i premi pagati (che costituiscono l’oggetto della liberalità uscito dal patrimonio del
contraente) e non il capitale assicurato.
Ivass con la lettera al mercato del 17 novembre 2015 (Prot. n. 0189424/15) richiama l’attenzione delle imprese
sull’importanza di adottare le idonee iniziative volte a recepire le indicazioni riportate nella sentenza n. 17024 del
20 agosto 2015 della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto come vessatorie una serie di previsioni
contrattuali presenti in una polizza di assicurazione sulla vita, aventi ad oggetto gli oneri posti in capo al beneficiario
per ottenere la liquidazione del capitale in caso di morte dell’assicurato.
In particolare, la sentenza ha considerato vessatorie tipiche, e quindi nulle, ai sensi dell’art. 33, comma 2, lettera
q, del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, le clausole riportate nella tabella seguente in quanto subordinano il
pagamento dell’indennizzo ad adempimenti eccessivamente onerosi da parte del beneficiario.
Clausole vessatorie tipiche Motivazioni individuate dalla Corte di Cassazione
a) sottoscrivere una domanda su apposito modulo predisposto dall’assicuratore, e per di più farlo presso l’agenzia di competenza;
a) contrasta con il principio di libertà delle forme nella materia delle obbligazioni la previsione per cui il beneficiario deve formulare domanda di indennizzo su un modulo predisposto dall’assicuratore e con quello di libertà personale e di movimento del beneficiario il doversi recare presso l’agenzia di competenza;
b) produrre una relazione medica sulle cause della morte, scritta da un medico su un modulo predisposto dall’assicuratore;
la richiesta di produrre una relazione medica sulla morte dell’assicurato pone un rilevante onere economico a carico del beneficiario e, ancor più grave, gli trasferisce l’onere di documentare le cause del sinistro, onere che per legge non ha. La Corte ricorda che nelle assicurazioni sulla vita il beneficiario ha il solo onere di provare l’avverarsi del rischio e, quindi, la morte della persona sulla cui vita è stata stipulata l’assicurazione;
c) produrre una dichiarazione del medico autore della relazione di cui sopra, nella quale questi attesti di avere “personalmente curato le risposte”;
d) produrre, a semplice richiesta dell’assicuratore, le cartelle cliniche relative ai ricoveri subiti dall’assicurato;
la possibilità, a semplice richiesta, che il beneficiario debba fornire le cartelle cliniche relative ai ricoveri della persona deceduta non è soggetta a limiti temporali, è di “sconfinata latitudine” e pone a carico del beneficiario le spese di estrazione delle relative copie, nonché l’onere di contrastare il possibile rifiuto delle strutture sanitarie giustificato dalla tutela della riservatezza;
e) produrre un atto notorio “riguardante lo stato successorio” dell’assicurato deceduto;
la necessità di produrre un atto notorio riguardante lo “stato successorio” del deceduto è inutile dal momento che il beneficiario acquista il diritto all’indennizzo jure proprio e non a titolo ereditario;
f) produrre l’originale della polizza. il dover produrre l’originale della polizza è previsione inutilmente gravosa dal momento che di essa l’assicuratore è già necessariamente in possesso (art. 1888 c.c.).
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In particolare IVASS raccomanda alle imprese di adottare idonee iniziative nella redazione delle clausole dei nuovi
contratti di assicurazione sulla vita e nella gestione delle richieste di indennizzo relative a contratti già stipulati che
dovessero contenere clausole analoghe a quelle oggetto di censura.
Per limitare l’incidenza e la numerosità delle polizze dormienti l’art. 11 del Regolamento IVASS n. 41/2018 prevede
che il modulo di proposta o il contratto assicurativo di una polizza individuale e/o collettiva sia redatto in modo da
favorire l’acquisizione in sede di stipula dei nuovi contratti della designazione del beneficiario in forma nominativa,
salva espressa diversa volontà del contraente. A tal fine, la proposta:
a) contiene lo spazio per l’indicazione dei dati anagrafici del beneficiario, incluso il codice fiscale e/o la partita IVA
italiani o esteri, e dei relativi recapiti anche di posta elettronica;
b) contiene le avvertenze, realizzate con caratteristiche grafiche di particolare evidenza, che, in caso di mancata
compilazione dello spazio di cui alla lettera a), l’impresa potrà incontrare, al decesso dell’assicurato, maggiori
difficoltà nell’identificazione e nella ricerca dei beneficiari o e che la modifica o revoca di quest’ultimo deve essere
comunicata all’impresa;
c) contiene lo spazio per indicare, nel caso in cui il contraente manifesti esigenze specifiche di riservatezza, i dati
necessari per l’identificazione di un referente terzo, diverso dal beneficiario, a cui l’impresa potrà far riferimento in
caso di decesso dell’assicurato;
d) contiene l’opzione per escludere l’invio di comunicazioni al beneficiario, se indicato in forma nominativa, prima
dell’evento.
I) L'insequestrabilità e l'impignorabilità delle somme assicurate
L’art. 1923 del Codice Civile dispone che le somme dovute dall’assicuratore all’assicurato o al beneficiario non
sono soggette ad azione esecutiva o cautelare e quindi sono insequestrabili e impignorabili. L’intangibilità delle
somme dovute dall’assicuratore riguarda ogni specie di assicurazione sulla vita, sia questa a favore proprio o a
favore altrui. Non possono così esperire azioni esecutive o cautelari sulle somme dovute dall’assicuratore né i
creditori dell’assicurato né i creditori del beneficiario. Sono da escludere le azioni dei creditori del contraente sulle
somme dovute al beneficiario, oltre che per disposizione dell’art. 1923, per il principio proprio dell’assicurazione a
favore di terzi, secondo il quale la prestazione dell’assicuratore è acquisita dal beneficiario in modo autonomo
rispetto al patrimonio del contraente, salvo il caso di revocatoria, limitata ai premi.
In caso di premorienza dell’assicurato o del beneficiario, l’intangibilità opera nei confronti degli eredi o aventi
causa, per essere il diritto all’indennità “iure proprio” e non derivante da successione.
Il secondo comma dell’art. 1923 precisa che sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla
revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (artt. 2901 e seguenti) e quelle relative alla collazione
(art. 737 e seguenti), all'imputazione (art. 747) e alla riduzione (artt. 555 e seguenti) delle donazioni.
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L) Il recesso, la riduzione, il riscatto, e le altre operazioni consentite in corso di contratto
Il contraente, può avvalersi dei diritti di riduzione e di riscatto della polizza, purché sia trascorso un periodo minimo
di tempo dalla data di stipula del contratto, considerato sufficiente ai fini della costituzione della relativa riserva
matematica che in genere è di 3 anni.
Nel primo anno la Compagnia anticipa la provvigione di acquisto al produttore, per cui dopo il primo anno e il
pagamento del primo premio, la riserva matematica di una polizza è nulla. La provvigione che la Compagnia ha
dovuto corrispondere al produttore è spesso così alta che anche la riserva matematica del 2° anno viene erosa.
Decorsi 3 anni c’è invece sempre una riserva matematica.
Dopo la data di scadenza stabilita per il pagamento del premio, il contraente ha 20 giorni di tempo entro cui deve
provvedere al pagamento e durante i quali le garanzie assicurative mantengono la loro piena validità ed efficacia.
Se allo scadere di questo periodo il premio non è stato ancora pagato, nella presunzione che la sospensione del
pagamento dei premi da parte del contraente sia definitiva, le condizioni di polizza prevedono che il contratto resti
in essere fino alla scadenza, ma con prestazioni ridotte rispetto a quelle previste inizialmente (ciò solitamente a
condizione che siano state pagate almeno 3 annualità di premio).
La riduzione è l’operazione che consiste nel sospendere definitivamente il pagamento dei premi di un contratto
di assicurazione sulla vita, mantenendolo però in vita fino alla scadenza, ma con prestazioni ridotte rispetto a
quelle inizialmente previste.
Il contraente pertanto nella riduzione rimarrà assicurato ma per un capitale inferiore rispetto a quello previsto in
funzione dei minori premi versati rispetto a quelli che erano stabiliti all’inizio.
Resteranno ferme la scadenza del contratto e le modalità relative alle prestazioni.
Il valore di riduzione o capitale ridotto si calcola applicando al capitale assicurato la proporzione tra i premi
effettivamente pagati e quelli inizialmente stabiliti dal contratto. Questo valore è tanto più basso rispetto alle
prestazioni originariamente calcolate, quanto maggiore è il tempo restante alla scadenza del contratto.
Matematicamente la riserva matematica viene utilizzata come premio unico per l’accensione di un nuovo contratto
della stessa forma, ma calcolato in base all’età raggiunta dall’assicurato e per la durata residua del contratto.
La riduzione non è concessa nelle assicurazioni temporanee caso morte dove la riserva matematica è minima.
Nel caso del riscatto il contraente chiede la risoluzione anticipata della polizza e il versamento immediato della
riserva matematica maturata fino a quel momento. Il contratto in questo caso si annulla e viene rimborsata la
riserva matematica al netto dei caricamenti (che possono essere consistenti soprattutto nei primi anni di vita del
contratto).
In genere, per i contratti a premio annuo, il riscatto così come la riduzione è consentito dopo il pagamento di
almeno 3 annualità di premio, mentre per quelli a premio unico o ricorrente il riscatto può essere richiesto dopo
un anno dalla decorrenza del contratto. Nelle condizioni di polizza può anche essere prevista la possibilità di
chiedere riscatti parziali.
I valori di riscatto e di riduzione devono essere riportati a cura dell’assicuratore sul prospetto informativo che deve
essere consegnato al contraente.
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Il contraente può inoltre, chiedere a quanto ammonti il valore di riscatto rivolgendosi alla rete di vendita della
Compagnia o direttamente all'impresa, la quale è tenuta a rispondere a tale richiesta.
Il valore di riscatto si calcola scontando il capitale per numero di anni intercorrente tra il momento del riscatto e la
data di scadenza del contratto.
Il valore di riscatto sarà pertanto inversamente proporzionale al tempo restante per la scadenza del contratto.
Non si darà luogo a riscatto per le polizze temporanee caso morte e per le polizze caso vita solo per le forme con
controassicurazione, che permette la restituzione dei premi pagati.
Altre operazioni consentite in corso di contratto sono:
- la sospensione della polizza. Se è prevista questa possibilità in polizza, il contraente può decidere di
interrompere temporaneamente il pagamento dei premi. La Compagnia in questo caso rinuncerà alla
risoluzione di diritto del contratto prevista dal Codice Civile;
- la riattivazione, in cui il contraente decide di riattivare una polizza sospesa per mancato pagamento dei premi
e di ripristinarla nella forma originariamente pattuita. Questa facoltà concessa al contraente, che ha sospeso
i pagamenti, di riprendere il versamento può essere esercitata, una volta trascorsi i 20 (o 30 giorni) dalla
scadenza, entro i 6 mesi successivi. In questo caso l’assicuratore è tenuto a concedere la riattivazione senza
condizioni. Oltre i 6 mesi la riattivazione è subordinata ad una esplicita accettazione della Compagnia,
l’assicuratore può anche rifiutarsi di riattivare il contratto o può dettare nuove condizioni tariffarie e normative
o chiedere all’assicurato di sottoporsi ad una nuova visita medica.
La riattivazione si concede facendo pagare i premi in arretrato rimasti insoluti e gli interessi di mora.
Normalmente tutte le carenze iniziali vengono ripetute per uno stesso periodo all’atto della riattivazione.
Per le polizze Caso Morte il termine entro cui il contraente può chiedere la riattivazione è portato a 24 mesi.
Resta, comunque, ferma la regola che trascorsi 6 mesi dal mancato pagamento vigono le norme di cui sopra.
Va notato che attualmente le Compagnie limitano la possibilità di riattivazione a 1 anno per le polizze
rivalutabili e 2 anni per quelle tradizionali;
- la trasformazione, che riguarda il passaggio da una forma di assicurazione ad un’altra, ma può operarsi
anche sul capitale assicurato o sulla durata del contratto. In questo caso al momento della richiesta della
trasformazione, si confronta la riserva matematica della polizza da riscattare con la riserva che dovrebbe avere
la nuova polizza. Per questa operazione viene utilizzato il cosiddetto tasso d’inventario che è pari al tasso di
tariffa meno i caricamenti d’acquisto in modo da evitare il riconoscimento di un altro compenso oltre quello
iniziale all’intermediario. Se la differenza è negativa, si potrà chiedere una riduzione del capitale assicurato o
il prolungamento della durata o il versamento della differenza, al contrario se positiva, si potrà chiedere un
aumento del capitale assicurato o una diminuzione della durata o una riduzione dei premi da pagare;
- il prestito in cui il contraente, che non vuole annullare la polizza. ha la facoltà di chiedere prestiti sulla polizza
entro il limite del valore di riscatto. Il prestito viene concesso di solito a condizione che la polizza sia stipulata
per una durata di almeno 5 anni, che siano state pagate almeno 3 annualità di premio e che il contraente sia
in regola con i pagamenti. Esso verrà concesso ad un tasso di interesse determinato dall’impresa in relazione
al rendimento degli altri suoi investimenti e tenendo conto delle spese di amministrazione dei prestiti. In
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speciali circostanze la Compagnia può concedere un prestito sulla polizza senza richiedere il pagamento di
interessi (es. se l’assicurato debba sostenere una operazione chirurgica).
La polizza sulla quale è stato concesso un prestito resta in vigore e solitamente gli interessi che l’assicuratore
chiede sono pagati in concomitanza delle quietanze di premio. Il cliente può restituire in qualsiasi momento
l’ammontare di detto prestito, ma se alla scadenza della polizza il contraente non avrà estinto il prestito, il
capitale assicurato sarà ridotto dell’importo del prestito ancora dovuto;
- la cessione, con cui il contraente trasferisce tutti i diritti e gli oneri del contratto ad un altro soggetto;
- il pegno, che consiste nel caso in cui la polizza viene posta a garanzia di impegni finanziari contratti dal
contraente o anche da terzi. Il creditore pignoratizio potrà riscattare polizza in caso di insolvenza del
contraente o del terzo. Le somme assicurate possono quindi essere date in pegno, ma tale atto diventa efficace
solo a seguito di annotazione sull'originale di polizza o su appendice. In caso di pegno, le operazioni di riscatto
e di prestito richiedono l'assenso scritto del vincolatario.
- il vincolo, in cui il contraente dà al creditore vincolatario un privilegio rispetto al beneficiario sul capitale
assicurato. L’assicuratore effettuerà la prestazione nei confronti del vincolatario.
Nel caso di pegno o vincolo, le operazioni di riscatto e prestito possono essere effettuate solo con l’assenso del
creditore.
Le operazioni di cessione, pegno o vincolo esplicano la loro efficacia solo dopo che siano state formalizzate
dall’assicuratore mediante annotazione sull’originale di polizza o su apposita appendice. Ciò per evitare
contestazioni dopo la morte dell’assicurato da parte degli interessati, dei beneficiari e degli eredi.
M) La prescrizione
La prescrizione è un istituto giuridico che concerne gli effetti giuridici del trascorrere del tempo. Nel diritto civile
indica quel fenomeno che porta all'estinzione di un diritto soggettivo non esercitato dal titolare per un periodo di
tempo indicato dalla legge. La ratio della norma è individuabile nell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici. In
ambito assicurativo tale istituto è disciplinato dall'articolo 2952 del codice civile. Ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012,
n. 179 convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, che ha modificato il citato articolo 2952 c.c., il termine di
prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita passa da 2 a 10 anni, mentre resta invariato
a 2 anni il termine per la prescrizione dei diritti delle polizze danni, tranne il diritto al pagamento delle rate di premio
la cui prescrizione è di un anno dalle singole scadenze (art. 2952, 1° comma).
I nuovi termini prescrizionali si applicano a tutti gli eventi (decessi/scadenze) accaduti successivamente al 20
ottobre 2010, per quelli precedenti a quest’ultima data si applica la prescrizione biennale.
L’allungamento dei termini permette di particolare vantaggio nel caso in cui, ad esempio, gli eredi di una persona
deceduta vengano a sapere della esistenza della polizza caso morte solo a distanza di tempo.
Nel caso in cui i beneficiari non riuscissero a richiedere in tempo la liquidazione della polizza, le imprese, in virtù
di quanto disposto dalla Legge n. 166 del 27 ottobre 2008, hanno l’obbligo di devolvere, in modo irreversibile,
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l’importo dei diritti prescritti in data successiva al 28 ottobre 2008 al “Fondo a favore delle vittime delle frodi
finanziarie” istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e gestito dalla Consap S.p.A. una volta
devolute le somme, gli aventi diritto non possono chiederne la restituzione delle somme versate al fondo del
Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Per cercare soluzioni più strutturali al fenomeno delle polizze dormienti, l’IVASS ha previsto all’art.11 del
Regolamento IVASS n. 41/2018 che il modulo di proposta o se non previsto il simplo di polizza individuale o il
modulo di adesione di una polizza collettiva va redatto in modo da favorire l’acquisizione in sede di stipula dei
nuovi contratti della designazione del beneficiario in forma nominativa, salva espressa diversa volontà del
contraente. A tal fine, la proposta:
a) contiene lo spazio per l’indicazione dei dati anagrafici del beneficiario, incluso il codice fiscale e/o la partita IVA
italiani o esteri, e dei relativi recapiti anche di posta elettronica;
b) contiene le avvertenze, realizzate con caratteristiche grafiche di particolare evidenza, che, in caso di mancata
compilazione dello spazio di cui alla lettera a), l’impresa potrà incontrare, al decesso dell’assicurato, maggiori
difficoltà nell’identificazione e nella ricerca dei beneficiari e che la modifica o revoca di quest’ultimo deve essere
comunicata all’impresa;
c) contiene lo spazio per indicare, nel caso in cui il contraente manifesti esigenze specifiche di riservatezza, i dati
necessari per l’identificazione di un referente terzo, diverso dal beneficiario, a cui l’impresa potrà far riferimento in
caso di decesso dell’assicurato;
d) contiene l’opzione per escludere l’invio di comunicazioni al beneficiario, se indicato in forma nominativa, prima
dell’evento.
L'IVASS per rendere informati i contraenti ha introdotto, per le polizze vita in scadenza, l’art.18, del Regolamento
IVASS n. 41/2018 in cui viene sancito l’obbligo di inserire, nella comunicazione da inviare al contraente 30 giorni
prima della scadenza del contratto, un’avvertenza sui termini di prescrizione previsti dalla normativa vigente e
sulle conseguenze in caso di omessa richiesta entro detti termini, anche avuto riguardo a quanto previsto in
materia di rapporti dormienti dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni ed integrazioni. La
comunicazione va inviata anche al beneficiario se indicato in forma nominativa tranne se il contraente abbia scelto
di escludere l’invio di comunicazioni al beneficiario, se indicato in forma nominativa, prima dell’evento.
4. Le forme assicurative
Come illustrato in precedenza, l’assicurazione sulla vita può essere definita come un contratto tra due parti
“contraente” ed “assicuratore”, nel quale, a fronte del pagamento di un premio, in unica o più soluzioni, da parte
del contraente, l’assicuratore si impegna a pagare determinate prestazioni, sotto forma di un capitale o di una
rendita, a favore di uno o più beneficiari, nel caso si verifichino determinati eventi connessi con la durata della vita
di uno o più individui assicurati. Gli eventi al cui avverarsi è condizionata l’obbligazione dell’impresa assicuratrice
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sono la morte (ma anche invalidità permanente, l’insorgere di una malattia grave o della perdita
dell’autosufficienza) e la vita, in un determinato tempo, della persona assicurata. Perciò tutti i contratti di
assicurazione del ramo Vita possono essere ricondotti alle seguenti due grandi categorie:
- assicurazione per il caso di morte,
- assicurazione per il caso di vita.
La tecnica assicurativa ha poi cercato di soddisfare le diverse esigenze delle persone assicurabili creando le forme
adatte allo scopo. Sono così sorte le molteplici forme di assicurazione, con caratteristiche e prestazioni specifiche.
Le varie forme vengono anche combinate fra loro ottenendo così schemi che esprimono le caratteristiche di
entrambe le categorie nella misura più confacente alle esigenze degli assicurandi.
Le forme tradizionali di assicurazione sulla vita si possono suddividere in tre categorie a seconda degli eventi
presi in considerazione: le assicurazioni per il caso morte, per il caso vita e miste.
A) Le assicurazioni per il caso morte
Queste assicurazioni comportano il pagamento ai beneficiari di una somma in caso di morte dell'assicurato. Tali
assicurazioni sono di 2 tipi: assicurazioni Temporanee Caso Morte e assicurazioni a Vita Intera.
Le assicurazioni Temporanee Caso Morte, che garantiscono al beneficiario/i un capitale in caso di decesso
dell'assicurato se avviene entro un periodo di tempo prefissato.
Il versamento dei premi non è motivato da finalità di risparmio, non vi è infatti una parte del premio capitalizzata
per poi essere restituita ad una data scadenza. Per questo motivo in queste polizze non c’è riserva matematica e
pertanto possibilità di riscatto o riduzione.
Trattandosi di una polizza che assicura il puro rischio di morte (scommessa) al termine del contratto, se non si è
verificata la premorienza dell’assicurato, i premi corrisposti restano acquisiti dalla Compagnia.
Il capitale assicurato è predefinito all’atto della stipula del contratto e può essere costante (se rimane fisso durante
tutta la durata del contratto), crescente (se aumenta ogni anno di una percentuale prefissata) e decrescente (se
diminuisce). La garanzia comprende i casi di premorienza avvenuti sia per cause naturali che per infortunio. Poche
sono le cause di morte escluse dalla garanzia e, generalmente, riguardano malattie particolari e infortuni subiti in
circostanze eccezionali. Il suicidio è contemplato nelle cause di morte comprese in garanzia, a condizione che la
morte dell’assicurato, dovuta a questa causa, si verifichi dopo almeno 2 anni dalla stipulazione della polizza.
Questo tipo di polizza è quindi indicato per integrare le polizze infortuni che come ricordiamo escludono eventi
come l’infarto o i tumori, compresi invece nelle polizze vita.
Le polizze a capitale crescente potrebbero interessare chi vuole far fronte agli effetti negativi dell’ inflazione,
suscettibili di ridurre la prestazione talvolta in maniera rilevante. Le polizze a capitale decrescente potrebbero
interessare chi ha acceso un finanziamento importante (come un mutuo) e vuole tutelare la propria famiglia in
caso di premorienza garantendo la disponibilità economica per pagare le rate del finanziamento o del mutuo che
residuano dopo la morte.
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Questo tipo di polizza viene a volte richiesta dalle banche quando si sottoscrive un mutuo. La banca solitamente
è designata come beneficiaria irrevocabile del contratto, il capitale liquidato in caso di decesso sarà pari al debito
residuo rimasto da ammortizzare all’epoca del decesso del contraente/assicurato. In tal modo la banca si
garantisce la copertura del debito residuo nel caso in cui il decesso del cliente (contraente/assicurato) avvenga
entro la durata contrattuale prevista e prima che egli abbia potuto estinguere totalmente il mutuo.
Un'altra forma di copertura caso morte interessante per le ditte individuali o le società di persone e di capitali, dove
il decesso dell’imprenditore o di determinate persone metterebbe a repentaglio la continuità dell’azienda o
comunque le arrecherebbe un grosso danno, è la cosiddetta “polizza Key-Man”. Questa è una copertura
assicurativa caso morte dove l'azienda viene designata come beneficiario della polizza. Questa polizza risponde
appunto al bisogno di proteggere l'azienda in caso di improvvisa mancanza degli "uomini chiave" (titolare, soci,
amministratore, etc.).
Infine, all’assicurazione temporanea caso morte può essere aggiunta una interessante garanzia accessoria che è
l’assicurazione complementare infortuni, che garantisce in caso di morte dell’assicurato: a) il raddoppio del
capitale base se la morte avviene per infortunio; b) la triplicazione del capitale base se la morte avviene per
infortunio causato dalla circolazione stradale dei veicoli.
Va infine detto che per queste polizze non è possibile applicare alcun meccanismo di rivalutazione e che la durata
massima di queste polizze è di 20 anni. Tuttavia, l'aspettativa di vita sempre più lunga e la durata sempre maggiore
dei mutui ha spinto molte Compagnie ad estendere la durata delle polizze anche a 25/30 anni, derogando a questa
vecchia regola.
Le assicurazioni a Vita Intera garantiscono al beneficiario/i il pagamento di un capitale o di una rendita in caso
di decesso dell'assicurato in qualsiasi momento si verifichi.
La caratteristica principale di questa polizza è pertanto che non c’è una scadenza prefissata, in quanto, la durata
del contratto coincide con la vita dell’assicurato (esistono tuttavia anche dei contratti a “vita intera” dove il
contraente paga i premi per un periodo prefissato, ma è assicurata tutta la vita). Per questa polizze è prevista la
facoltà di riscatto.
Il capitale può essere in questo tipo di polizze anche rivalutabile. Caratteristica importante dell’assicurazione caso
morte a Vita Intera rivalutabile è infatti che gli importi delle rate di premio, pagati dal contraente confluiscono in un
fondo, gestito dalla Compagnia, in modo tale da generare dei rendimenti che, annualmente, vengono in massima
parte riconosciuti nel contratto, dove si consolidano concorrendo a fare accrescere, nel tempo, la prestazione
promessa dalla polizza.
Esiste, in genere, la possibilità di adottare tre tipi di tariffa: tariffa a premio annuo costante, a premio annuo
rivalutabile (se i premi versati annualmente dal contraente si rivalutano della stessa percentuale con la quale si è
rivalutato il fondo gestito dalla Compagnia) e a premio unico (se il contraente versa un premio in un’unica
soluzione).
Questo tipo di polizze è indicato per il capofamiglia che vuole tutelare i suoi familiari in caso di morte prematura e
in caso di particolari situazioni familiari es. convivente non riconosciuta e suoi figli, persona cara non parente, ecc.
che in caso di successione sarebbero esclusi dalla quota di legittima.
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Per le assicurazioni caso morte di norma è richiesta la visita medica preventiva, ma è anche prevista la possibilità,
per capitali contenuti, di contrarre assicurazione senza tale visita ma con la semplice compilazione di un
questionario sanitario. In quest’ultimo caso però l’assicurazione entra in pieno vigore dopo un certo periodo dalla
stipulazione c.d. “periodo di carenza”, salvo che la morte dell’assicurato non sia conseguenza di infortunio o di
malattie infettive acute elencate nell’apposita clausola. In caso di decesso non dovuto da infortunio o malattia
specificata in polizza avvenuto durante il periodo di carenza, la Compagnia restituisce i premi o la riserva
matematica.
B) Le assicurazioni per il caso vita
Queste assicurazioni garantiscono una prestazione (capitale o rendita) se l’assicurato è ancora in vita alla
scadenza pattuita.
La componente principale del premio di queste polizze è quella di risparmio, che è destinata alla capitalizzazione
per poi essere restituita alla scadenza del contratto se l’assicurato è in vita. La polizza ha quindi una riserva
matematica e pertanto sarà possibile la riduzione e il riscatto.
Tali assicurazioni possono essere dei seguenti tipi:
- capitale differito (se garantiscono il pagamento di un capitale ad una data scadenza se alla stessa
l’assicurato è in vita);
- rendita vitalizia differita (se garantiscono il pagamento di una rendita a partire da una data scadenza fino
alla morte dell’assicurato);
- rendita vitalizia immediata (se garantiscono il pagamento di una rendita immediata e cioè a partire dalla
prima scadenza annuale fino a morte dell'assicurato. In questo caso il premio è necessariamente unico e cioè
versato in un’unica soluzione al momento della conclusione del contratto);
- rendita certa (se garantiscono il pagamento all’assicurato di una rendita certa ad una data scadenza per un
periodo predeterminato, solitamente 5-10 anni, anche se questi non è più in vita).
Nei contratti che prevedono la corresponsione di una rendita vengono indicati due periodi: il periodo di differimento,
cioè quello nel corso del quale il contraente provvede al versamento dei premi periodici previsti dal contratto, e di
godimento della rendita, che inizia dal momento in cui finisce il differimento e dura fino alla morte di chi usufruisce
della rendita.
Nelle polizze vita “pure” nulla è dovuto in caso di decesso prima della scadenza (nelle temporanee caso morte è
vero il contrario cioè nulla è dovuto in caso di sopravvivenza alla scadenza). Può interessare all’assicurato
garantirsi contro l’evento contrario e cioè avere il rimborso dei premi pagati a vuoto ove la prestazione della polizza
non abbia luogo.
Con la cosiddetta controassicurazione la Compagnia verserà ai beneficiari una somma pari all’ammontare
complessivo dei premi sino a quel momento pagati (rivalutati sulla base del rendimento del fondo nel quale erano
confluiti), se si verificherà la morte dell’assicurato prima della scadenza.
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Questo tipo di polizze è indicato a coloro che non possono godere di forme di previdenza pubblica o a coloro che
vogliano integrare la pensione di categoria, al fine di preservare il tenore di vita anche durante la vecchiaia.
A questo proposito va considerato che l’allungamento della vita media rende sempre più oneroso, per le
Compagnie di Assicurazioni, sostenere il costo dell’erogazione di rendite vitalizie a individui che hanno stipulato
la polizza molti anni fa. Infatti, i calcoli tecnici e attuariali alla base delle tariffe in vigore all’atto della sottoscrizione
del contratto, non sono più coerenti e, quindi, non più remunerativi Compagnie di Assicurazioni.
Parliamo invece di reversibilità per indicare la trasferibilità di un beneficio, in caso di premorienza del primo
beneficiario principale indicato, a favore di un altro beneficiario designato. Il termine di reversibilità viene
comunemente usato per indicare la destinazione ad altra persona del godimento della rendita. Lo sdoppiamento
della rendita su due teste determina una riduzione della rendita stessa tanto più sensibile quanto più la seconda
persona beneficiata è in giovane età e quindi destinata a vivere a lungo.
C) Le assicurazioni miste
Le assicurazioni miste sono l'integrazione di due forme assicurative, quella per il caso morte e quella per il caso
vita.
Si tratta di un’assicurazione che integra quindi in unico contratto due prestazioni: il pagamento di un capitale o di
una rendita all’assicurato o al beneficiario ad una data scadenza se l'assicurato è ancora in vita o la
corresponsione di una capitale al beneficiario in caso di premorienza.
La funzione della polizza mista è, dunque, duplice in quanto contiene in sé sia le caratteristiche tipiche delle forme
di tipo previdenziale che quelle riconducibili a una polizza di risparmio.
Il premio versato viene diviso: una parte serve per pagare la quota di rischio rappresentata dalla possibilità di
premorienza, l’altra alimenterà la quota destinata al risparmio in caso di sopravvivenza alla scadenza della polizza
ed è destinata alla capitalizzazione per poi essere restituita ad una data scadenza sotto forma di capitale o rendita.
La polizza ha quindi una riserva matematica e pertanto sarà possibile la riduzione e il riscatto.
Siamo, quindi, di fronte a una prestazione certa, nel senso che l’assicuratore in un caso o nell’altro, sarà chiamato
a fornire una prestazione, ma non si conosce, a priori, quale dei due eventi si verificherà.
Tali assicurazioni possono essere dei seguenti tipi:
- mista ordinaria che garantisce un capitale ad una scadenza determinata in caso di sopravvivenza
dell'assicurato o al momento del decesso se avviene prima;
- termine fisso che garantisce un capitale ad una scadenza determinata sia in caso di sopravvivenza che di
morte dell'assicurato.
Il primo tipo di polizza che è anche la forma più diffusa risponde alle esigenze di coloro che, oltre a perseguire
l’obiettivo di risparmio, sentono anche il bisogno di garantire una protezione economica immediata in caso di
premorienza.
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Il secondo tipo di polizza è indicato per costituire una dote al momento del matrimonio dei figli o per garantire un
capitale che permetta a questi il completamento degli studi o ad esempio l’avvio di un’attività commerciale.
D) Le opzioni: capitale o rendita
Alla scadenza del contratto si otterranno le prestazioni previste dalla tariffa utilizzata all'atto della conclusione del
contratto (capitale, rendita ecc.). Tuttavia, è concesso al contraente, tramite comunicazione da farsi 6 mesi prima
della scadenza, di modificare la prestazione originariamente pattuita (un capitale può essere convertito in rendita
e viceversa) o ritardare nel tempo l’erogazione della stessa.
Di seguito le principali opzioni di rendita e di capitale che possono essere ricomprese nelle polizze vita in
commercializzazione.
Opzioni di rendita:
a) l’opzione di rendita vitalizia in base alla quale il capitale assicurato per il caso vita o il valore di riscatto viene
trasformato in rendita vitalizia pagabile fino alla morte dell’assicurato;
b) l’opzione di rendita vitalizia con un numero minimo di annualità garantite, in cui il capitale assicurato per il
caso vita o il valore di riscatto viene convertito in una rendita pagabile in modo certo per un determinato
numero di anni (5 o 10) e, successivamente, fino a quando l’assicurato resta in vita. Si chiama certa perché
se l’assicurato dovesse morire prima dei 5 o 10 anni, la rendita continuerebbe a essere pagata alla persona
designata dall’assicurato sino allo scadere del periodo scelto;
c) l’opzione di rendita reversibile, in cui il capitale assicurato per il caso vita viene convertito in una rendita vitalizia
pagabile fino alla morte dell’assicurato e successivamente resa reversibile parzialmente o totalmente a favore
di un’altra persona, fino a quando questa sarà in vita (la reversibilità è la trasferibilità di un beneficio, in caso
di premorienza del primo beneficiario principale indicato, a favore di un altro beneficiario designato. Come già
ricordato, lo sdoppiamento della rendita su due teste determina una riduzione della rendita stessa tanto più
sensibile quanto più la persona beneficiata è in giovane età e quindi destinata a vivere a lungo).
d) da rendita vitalizia in rendita certa e, successivamente, vitalizia. Si tratta della conversione della rendita
maturata al termine del differimento, in una rendita certa per un determinato numero di anni e,
successivamente, vitalizia;
e) da rendita vitalizia a rendita reversibile. Alla scadenza della polizza la rendita originariamente prevista sarà
trasformata in una rendita che verrà erogata all’assicurato fino a quando sarà in vita. Alla sua morte, sarà
erogata a una persona designata in precedenza dall’assicurato, vita natural durante.
Opzioni di capitale:
a) da rendita a capitale, consiste nella trasformazione della rendita in capitale al termine del differimento;
b) per le polizze di rendita vitalizia differita esiste la possibilità di “riscatto al termine del differimento” che si
concretizza con la liquidazione di un capitale “pagabile immediatamente” invece che di una rendita. Qualora
si opti per la riscossione della rendita vitalizia questa non potrà essere successivamente riscattata.
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Il differimento della prestazione:
a) differimento del capitale a scadenza: consiste nel decidere di lasciare il capitale maturato in gestione
all’assicuratore e posticipare la sua liquidazione di un certo numero di anni;
b) differimento del godimento della rendita al termine del periodo di differimento consente di differire l’erogazione
della rendita maturata alla scadenza dopo un certo numero di anni.
E) Le forme di investimento assicurativo
Negli ultimi 25 anni l’assicurazione sulla vita ha conosciuto dei profondi cambiamenti. Le Compagnie hanno dovuto
aggiornare i loro prodotti per competere con l’offerta di prodotti finanziari e di investimento proposti dalle banche.
Ciò ha portato a modificare la struttura delle polizze, che pur mantenendo le basi tecnico-attuariali, hanno
introdotto dei meccanismi di indicizzazione, rivalutazione delle riserve matematiche e di investimento delle stesse
in fondi. Queste innovazioni hanno da una parte il merito di venire incontro alle esigenze dei risparmiatori di prodotti
più sofisticati che permettono di diversificare maggiormente il loro portafoglio, dall’altra a volte si snatura la finalità
previdenziale e il ruolo di sicurezza e protezione tipica delle polizze vita per trasformarle in un puro prodotto
finanziario / speculativo. Per questo motivo è necessario capire le esigenze dell’assicurato per evitare che
vengano proposti e sottoscritti prodotti speculativi nel caso in cui la finalità principale sia invece quella
previdenziale.
Tra le forme di investimento assicurativo possiamo citare le polizze rivalutabili, i contratti di capitalizzazione, le
polizze Unit Linked, Index Linked e multiramo.
F) Le polizze Rivalutabili
Le polizze rivalutabili sono quindi quei contratti assicurativi che prevedono la rivalutazione annuale delle
prestazioni (capitale o rendita vitalizia) in base al rendimento della gestione finanziaria attuata dalla Compagnia.
In questo tipo di contratti di assicurazione il capitale viene rivalutato ogni anno attraverso la partecipazione agli
utili di un Fondo a Gestione Speciale Separata, appositamente creato dalla Compagnia di Assicurazione, in cui
confluiscono tutti i premi versati dagli assicurati e le riserve matematiche relativi a questi contratti. Questo è il
portafoglio di valori mobiliari e altri attivi, gestiti separatamente dagli attivi dell’impresa, in funzione del cui
rendimento si rivalutano le prestazioni dei contratti ad esso collegati.
Il Fondo è detto a gestione speciale separata perché è gestito separatamente dagli altri tipi di investimento
effettuati dalla Compagnia con le proprie risorse e perché costituisce un patrimonio separato da tutte le altre attività
della Compagnia. La gestione dei Fondi in esame deve risultare conforme alle norme stabilite dall'ISVAP con il
Regolamento n. 38/2011 (che abroga la circolare n. 71 del 26 marzo 1987) recentemente aggiornato con il
Provvedimento IVASS n. 68 del 14 febbraio 2018 che ha introdotto nuove disposizioni per la determinazione del
tasso medio di rendimento della gestione separata.
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La regola di determinazione del tasso medio di rendimento delle gestioni separate prevede l’attribuzione, alla
chiusura del periodo di osservazione, delle plusvalenze realizzate e delle minusvalenze sofferte, non consente
all’impresa di accantonare gli utili ottenuti in periodi economici favorevoli per attribuirli agli assicurati in periodi
meno favorevoli. L’attribuzione di tutte le plusvalenze al rendimento della gestione separata nell’anno stesso di
realizzo può determinare, inoltre, per gli assicurati facenti parte della gestione separata in quell’anno, il
riconoscimento di un rendimento di entità sproporzionata rispetto a quello riconosciuto, in futuro, ai contratti
esistenti o a quelli stipulati successivamente. In contesti di mercato incerti e instabili l’applicazione rigida di tale
principi potrebbe creare problemi di parità di trattamento tra gli assicurati. Con il Provvedimento n. 68/2018 le
imprese possono prevedere, per i nuovi contratti, modalità di determinazione del tasso medio di rendimento che
tengano conto dell’accantonamento delle plusvalenze nette realizzate in un apposito “fondo utili”. Tale fondo ha
natura di riserva matematica e concorre interamente alla determinazione del tasso medio di rendimento in un
tempo massimo di 8 anni dalla data in cui le plusvalenze nette sono state accantonate. Le nuove regole di
determinazione del tasso medio di rendimento sono applicabili anche per le gestioni separate costituite prima del
6 marzo 2018 (data di entrata in vigore del Provvedimento) ma solo ai contratti stipulati successivamente alle
modifiche dei regolamenti delle gestioni separate. In tali gestioni separate aggiornate potranno coesistere contratti
ai quali si applicano due diverse regole di determinazione del tasso medio di rendimento (a seconda che nelle
rispettive condizioni contrattuali sia previsto o meno il fondo utili).
Gli investimenti sono generalmente orientati, per questa tipologia di Fondi, verso Titoli di Stato e altri titoli
obbligazionari (80% - 90% in media) e solo in minima parte verso Azioni, italiane o estere (1% - 10% in media).
Le risorse devono essere amministrate in modo particolare, con una gestione apposita delle spese relative, degli
utili, delle perdite di realizzo (quando si deve vendere per ottenere contanti) e con un bilancio di esercizio (separato
da ogni altra gestione della compagnia) sottoposto annualmente a certificazione da parte di una società di
revisione contabile (con cui si attesta la regolarità della tenuta contabile e dei risultati di gestione del fondo). È
possibile fondere più gestioni separate di una Compagnia (per risparmiare costi: un unico gestore finanziario, un
unico revisore, ecc.). Non è invece possibile trasferire attività dal patrimonio della Compagnia alla gestione
separata (se in casi eccezionali o non nel caso previsto dall’art. 8 comma 3 del reg. ISVAP n. 38/2011, in questo
caso il trasferimento è assoggettato ad una comunicazione all’IVASS e avverrà al valore corrente dell’attività alla
data in cui avviene il trasferimento).
Il bilancio certificato, il tasso di rendimento della gestione separata e l'aliquota di retrocessione (vedi avanti)
devono essere resi noti annualmente dalle imprese attraverso la pubblicazione su almeno 2 quotidiani a diffusione
nazionale e l’IVASS impone l'indicazione della composizione degli stessi (per macro titoli) e i rendimenti ottenuti.
Gli ammontari rivalutati del capitale, della rendita e del premio (se rivalutabile) devono inoltre essere comunicati
annualmente agli assicurati.
Nel fondo a gestione separata, pertanto, confluiscono e vengono gestiti finanziariamente i premi ed i redditi
provenienti dalle operazioni di investimento degli stessi premi. Il fondo, dunque, si incrementa ogni anno per effetto
degli interessi, delle cedole, dei dividendi e delle plusvalenze o minusvalenze (cioè dei profitti e delle perdite
dell’attività di negoziazione), derivanti dalla gestione degli strumenti finanziari in portafoglio. Una percentuale del
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rendimento ottenuto dalla gestione separata (detta aliquota di retrocessione - solitamente non inferiore al 75%)
verrà riconosciuta agli assicurati. Dal rendimento ottenuto dalla gestione separata e dall'aliquota di retrocessione
deriva quindi la rivalutazione da attribuire alle prestazioni assicurate. Il rendimento realizzato dalla suddetta
gestione speciale prevista per queste polizze viene quindi retrocesso in una percentuale predeterminata
contrattualmente, che va a incrementare il capitale assicurato. La polizza può prevedere anche un rendimento
minimo trattenuto che è il rendimento finanziario fisso che la società può trattenere dal rendimento finanziario della
gestione separata.
La percentuale di rivalutazione ottenuta serve anche a stabilire di quanto si dovrà rivalutare il premio annuo da
pagare nelle polizze a premio rivalutabile.
Caratteristiche fondamentali di tali polizze sono:
1. la garanzia del rimborso del capitale (grazie al fatto che le attività del fondo vengono contabilizzate al costo
storico e non al valore di mercato);
2. un rendimento minimo annuo (pari al tasso tecnico o di minima rivalutazione). Il tasso minimo garantito intesa
come garanzia di rendimento prevista dal contratto e prestata direttamente dalle imprese;
3. una partecipazione agli utili della gestione separata e quindi la corresponsione di una prestazione rivalutata
sulla base delle rivalutazioni annualmente riconosciute;
4. il consolidamento dei rendimenti conseguiti di anno in anno (i rendimenti una volta assegnati sono acquisiti
definitivamente dal fondo e non risentono degli andamenti successivi). Il meccanismo di capitalizzazione è
quello composto.
Infine, anche il premio di queste polizze può essere rivalutabile. Con la polizza a premio rivalutabile il premio
dovuto dal contraente cresce annualmente. Tale crescita può essere predeterminata (es. 5% all’anno) oppure
seguire la rivalutazione del capitale assicurato, e quindi crescere in base al rendimento della gestione separata
della Compagnia. Il contraente ha comunque facoltà di chiedere annualmente la sospensione totale o parziale
dell’applicazione della clausola di rivalutazione.
Sono definite “polizze ad alta rivalutazione” quelle forme di assicurazione (attuate normalmente mediante polizze
caso vita miste), in cui tanto la prestazione e i premi vengono rivalutati di anno in anno sulla base dei rendimenti
finanziari realizzati da gestioni speciali (e cioè le gestioni alle quali confluiscono tutte le riserve matematiche poste
a copertura di questa specifica categoria di polizze).
Il Regolamento ISVAP n. 38/2011 ha introdotto delle novità per elevare il livello di tutela degli assicurati. Al fine di
garantire l‘uniformità degli approcci da parte di tutti gli operatori, l’IVASS ha stabilito gli elementi e le informazioni
minime essenziali che devono essere contenute nel regolamento delle gestioni separate. Ha poi introdotto il divieto
di addebitare alla gestione separata oneri diversi da quelli legati al costo delle verifiche contabili richieste dalla
normativa e da quelli derivanti dai costi di acquisizione e di vendita degli attivi della gestione. È stato introdotto
inoltre l’obbligo per le gestioni separate di investire il proprio patrimonio esclusivamente nelle categorie di attivi
ammissibili alla copertura delle riserve tecniche (sono permessi soltanto alcuni attivi caratterizzati da minore
liquidità o redditività come: i crediti infruttiferi - con esclusione di quelli verso assicurati ed intermediari per premi
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da incassare nella misura in cui siano effettivamente esigibili da meno di tre mesi - gli immobili destinati all’esercizio
dell’impresa, i crediti verso riassicuratori, le immobilizzazioni materiali e delle spese di acquisizione da
ammortizzare).
Per assicurare la parità di trattamento di tutti gli assicurati (investitori istituzionali, altri clienti corporate e la
collettività degli assicurati), è stato previsto che l’organo amministrativo della Compagnia, nella delibera che
approva il regolamento della gestione, indichi i limiti quantitativi che consentono ad un unico cliente ovvero a più
contraenti, collegati ad un medesimo soggetto anche attraverso rapporti partecipativi, di movimentare ingenti
somme in entrata e in uscita. In caso di superamento di tali limiti, l’organo amministrativo è inoltre tenuto ad
indicare i presidi gestionali e contrattuali finalizzati a garantire nel tempo una equa partecipazione a tutti gli
assicurati dei risultati finanziari della gestione separata nonché i periodi di permanenza minima nella gestione
separata e le condizioni per l’uscita.
Le nuove disposizioni si inseriscono peraltro in un ambito più ampio di interventi già posti a tutela degli assicurati,
non solo nella fase di offerta, ma anche nell’esecuzione dei contratti di assicurazione. Occorre, infatti, considerare
i presidi già introdotti dal Regolamento ISVAP n. 35/2010 confermati dal nuovo Regolamento IVASS n. 41/2018
in materia di conflitti di interessi che impongono alle imprese, tra l’altro, di effettuare operazioni nell’interesse dei
contraenti alle migliori condizioni possibili, di contenere i costi, di astenersi dall’effettuare operazioni con frequenza
non necessaria per la realizzazione degli obiettivi assicurativi e di astenersi da ogni comportamento che possa
avvantaggiare una gestione separata a danno di un'altra.
Con il Provvedimento n. 68/2018 l’IVASS ha mantenuto inalterato il disegno regolamentare sulle gestioni separate
e le caratteristiche delle «polizze vita rivalutabili», ma ha introdotto la possibilità per le imprese di utilizzare nuove
modalità di calcolo del rendimento della Gestione separata
La regola di determinazione del tasso medio di rendimento delle gestioni separate che prevede l’attribuzione, alla
chiusura del periodo di osservazione, delle plusvalenze realizzate e delle minusvalenze sofferte, non consente
all’impresa di accantonare gli utili ottenuti in periodi economici favorevoli per attribuirli agli assicurati in periodi
meno favorevoli. L’attribuzione di tutte le plusvalenze al rendimento della gestione separata nell’anno stesso di
realizzo può determinare, inoltre, per gli assicurati facenti parte della gestione separata in quell’anno, il
riconoscimento di un rendimento di entità sproporzionata rispetto a quello riconosciuto, in futuro, ai contratti
esistenti o a quelli stipulati successivamente. In sintesi, la previgente disciplina per il calcolo del tasso medio di
rendimento, che riconosceva unicamente tale modalità di calcolo, non consentiva – in alcuni contesti di mercato
– il pieno rispetto del principio che richiede alle imprese di garantire nel tempo un’equa partecipazione degli
assicurati ai risultati finanziari della gestione separata (Regolamento 38/2011, articolo 4)
G) Le polizze Unit Linked
Queste polizze rientrano nella categoria dei prodotti finanziari-assicurativi vita e come tali sono soggette alla
relativa disciplina prevista dal TUF, dal CAP e dai regolamenti di attuazione (Regolamento IVASS n. 41/2018).
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Questo tipo di polizze nascono intorno alla metà degli anni ’90, periodo in cui il mercato dei risparmiatori si è
avvicinato sempre di più al mondo degli strumenti finanziari e del risparmio gestito. Le Compagnie per competere
con gli altri operatori autorizzati a distribuire prodotti finanziari hanno creato un prodotto che ha la veste di polizza
assicurativa e le caratteristiche in termini di rischio e rendimento di prodotto finanziario.
Le Unit Linked sono infatti polizze vita ad elevata componente finanziaria, nelle quali i premi corrisposti
dall'assicurato non confluiscono in un fondo di gestione separato che investe prevalentemente in titoli di Stato, ma
sono investiti in quote di fondi interni o esterni (fondi comuni di investimento) della Compagnia.
Il funzionamento è del tutto assimilabile a un fondo comune di investimento in quanto, con ogni premio versato il
contraente acquista un certo numero di quote del fondo. La componente assicurativa è costituita da una garanzia
in caso di morte che di solito consiste in una percentuale aggiuntiva rispetto alla valorizzazione delle quote del
fondo al momento del decesso. La percentuale che si somma al maturato può essere fissa o legata all'età
dell'assicurato al momento del decesso; in questo caso la copertura assicurativa solitamente decresce con il
progressivo aumentare dell’età.
Nelle polizze Unit Linked vengono meno le componenti tipiche di una polizza vita rivalutabile come il rendimento
minimo garantito ed il consolidamento delle prestazioni.
Il rendimento dipenderà dalla performance dei fondi, che come detto prima possono essere interni e cioè
direttamente istituiti dalla Compagnia (attualmente i fondi interni di supporto alle polizze Unit Linked superano i
1.300) o esterni (fondi comuni di investimento o SICAV). L’assicurato si accolla, generalmente, tutto o gran parte
del rischio finanziario anche se, da qualche tempo, sono state immesse sul mercato polizze che prevedono una
certa protezione del capitale.
I premi pagati nella polizza Unit Linked possono essere investiti anche in un paniere di fondi (azionari,
obbligazionari e monetari) la cui composizione definisce l'entità del rischio che caratterizza la polizza. Queste
polizze si presentano come una sorta di “fondo di fondi” e offrono una soluzione maggiormente diversificata di
investimento e disinvestimento.
I fondi sono classificati in funzione della componente di rischio finanziario e dei vincoli di investimento degli attivi.
Ogni gruppo si differenzia dagli altri per la percentuale minima e massima di investimento in azioni:
- azionari: almeno il 70% in azioni;
- bilanciati: dal 30% al 70% in azioni;
- obbligazionari: 0%, salvo gli azionari misti per i quali il massimo è il 30%;
- liquidità: non possono investire in azioni;
- flessibili: non hanno vincoli di allocazione degli investimenti in azioni, per cui possono detenere nel portafoglio
del fondo una componente azionaria variabile da 0% al 100%.
Tale classificazione ideata dall’ANIA permette agli intermediari e ai risparmiatori di capire quale è il fondo più
adatto in base alla propensione al rischio. L’assicurato potrà quindi scegliere tra diverse linee di investimento al
contrario delle polizze rivalutabili dove la gestione separata è sottoposta a vincoli e limiti molto prudenziali di
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investimento. È spesso prevista per l'assicurato la possibilità di cambiare, nel corso del contratto, la composizione
del portafoglio, trasferendosi da un fondo ad un altro (c.d. switch). Poiché la riserva matematica di queste polizze
viene investita in partecipazioni di fondi comuni, l'assicurato – investitore può infatti, scegliere di rientrare in
possesso di quanto investito a costi contenuti (alle condizioni indicate in polizza), mentre nelle polizze vita
tradizionali il riscatto dal contratto è sì consentito, ma a condizioni molto onerose. Il riscatto anticipato è previsto
a condizioni solitamente vantaggiose per l'assicurato, solitamente è consentito trascorso un periodo di tempo
piuttosto breve rispetto alla data di inizio del contratto e con penalità, se non nulle, molto ridotte (0,5% - 1% del
capitale maturato).
L'assicurato può verificare in qualsiasi momento il valore del proprio capitale, deducendolo dalle quotazioni dei
fondi, pubblicate sui quotidiani, e può eventualmente decidere di interrompere l'investimento, rescindendo il
contratto, o successivamente modificare (con operazioni di switch) la propria esposizione al rischio, in relazione
al tipo di titoli detenuti dai fondi (fondi monetari, obbligazionari, bilanciati, oppure azionari).
Obiettivo delle polizze Unit Linked è pertanto di consentire a chi sottoscrive una polizza vita di unire alle
caratteristiche di un prodotto assicurativo o previdenziale, le opportunità dei mercati finanziari dinamici (azionari,
bilanciati o obbligazionari). Queste polizze sono infatti molto indicate per assicurati giovani con una propensione
al rischio medio alta (visto che nella maggior parte dei casi questi prodotti non garantiscono un rendimento
minimo), che vogliono ottenere dei rendimenti più elevati e che hanno un'ottica di investimento di medio-lungo
periodo (superiore ai 5 anni). La gestione finanziaria di queste forme è simile a quella realizzata dai fondi comuni
d'investimento, con la possibilità di scegliere tra diversi tipi di "portafogli titoli": moderati, bilanciati o spinti, in
funzione del livello di rischio a cui il cliente vuole esporsi. Il rischio aumenta a fronte di maggiori quote di
investimento in titoli azionari.
La componente assicurativa di tali prodotti è ridotta ad una minima integrazione in caso di premorienza e ad alcune
opzioni: garanzie complementari di premorienza, infortunio, invalidità, malattie gravi, conversione in rendita
vitalizia. Un altro vantaggio rispetto ai fondi comuni d’investimento consiste nel fatto che, essendo delle polizze
assicurative, il capitale investito è impignorabile, insequestrabile e non rientra nell’asse ereditario. Da un punto di
vista fiscale le prestazioni assicurate sono esenti dall’imposta di successione. Inoltre il comma 658 dell’art. 1 della
Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd. Legge di Stabilità 2015) ha modificato il quinto comma dell’art. 34 del D.P.R.
601 del 1973, disponendo che, a partire dal 1 gennaio 2015, i proventi percepiti in dipendenza di contratti di
assicurazione sulla vita e in caso di decesso dell’assicurato sono esenti da IRPEF, e quindi da imposta sostitutiva,
unicamente per la componente di capitale erogata a fronte della copertura del rischio demografico (i.e.
copertura del rischio morte dell’assicurato).
A partire dal 1 gennaio 2015 i capitali erogati dalle Compagnie Vita in caso di decesso dell’assicurato sono
suddivisi nelle seguenti componenti economiche, sottoposte a un diverso trattamento fiscale:
- la componente finanziaria del contratto è assoggettata a tassazione mediante applicazione di una imposta
sostitutiva determinata con aliquota del 26%, ridotta in proporzione alla parte di rendimento eventualmente
riferibile a investimenti in titoli di Stato o equiparati, che restano assoggettati a tassazione con aliquota del 12,50%;
- l’eventuale componente erogata a fronte della copertura del rischio morte dell’assicurato è esente da IRPEF.
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Occorre infine precisare che la fuga dei risparmiatori dalle polizze Unit Linked e dai fondi comuni di investimento
dovuta ad andamenti instabili e spesso negativi delle Borse mondiali ha portato le imprese di assicurazione ad
innovare le Unit Linked con l’introduzione di garanzie di restituzione del capitale iniziale e spesso anche di un
rendimento minimo.
Si sono diffusi prodotti a “capitale protetto” o “garantito”. Nel primo caso non c’è in realtà alcuna garanzia di
restituzione del capitale ma solo l’attuazione da parte del gestore di tecniche volte a limitare il rischio.
Sostanzialmente vengono privilegiati investimento di carattere obbligazionario e liquidità a scapito dell’azionario,
il che, se da un lato riduce il rischio, dall’altro si traduce in performance minori, facilmente erodibili dalle
commissioni e difficilmente in grado di tenere il passo dell’inflazione. Nel secondo caso viene promessa alla
scadenza la restituzione del capitale investito o di una sua frazione solitamente non inferiore al 70-75%. Si tratta,
notazione che vale per qualsiasi prodotto a capitale garantito, del capitale nominale. In altre parole, se si compra
un’ipotetica quota del valore unitario di 100 euro, a scadenza verrà restituito, in caso di copertura totale e
andamento negativo dei mercati, lo stesso valore. Se si considera l’orizzonte temporale pluriennale, le
commissioni di sottoscrizione, di gestione e il tasso di inflazione, il risultato finale sarà una svalutazione in termini
reali del capitale iniziale. Per offrire la protezione del capitale è infatti necessario trovare una copertura i cui costi
saranno scaricati sul risparmiatore: una parte dal capitale investito sarà dedicata a tale scopo, a danno della quota
di investimento destinata a generare rendimento e ciò frenerà le performance del fondo nel momento in cui i
mercati guadagnano valore, effetto particolarmente evidente nel corso della vita del fondo. La protezione del
capitale solitamente è operativa solo alla scadenza. Durante la sua vita è possibile disinvestire a prezzi di mercato
e il rischio di incorrere in una perdita di capitale è sempre presente.
H) Le polizze Index Linked
Si tratta di prodotti di investimento assicurativo (IBIPs) emessi da imprese di assicurazione il cui rendimento
dipenderà dall’andamento di un indice di borsa o di un paniere di indici o titoli mobiliari o materie prime.
In attuazione dei principi di semplicità delle modalità di indicizzazione delle prestazioni assicurate e di sicurezza e
protezione è stato emanato il Regolamento ISVAP n. 32/2009 che stabilisce che gli indici di riferimento possono
essere sia interni che esterni, ma dovranno essere limitati ai settori azionari, obbligazionari prevedendo, tra l’altro,
che le azioni o le obbligazioni di riferimento siano negoziate esclusivamente su mercati regolamentati attivi e
liquidi.
Il premio pagato dall'assicurato non è investito in fondi a gestione separata, né in quote di fondi comuni di
investimento o fondi interni assicurativi, ma è impiegato per acquistare solitamente un'obbligazione zero coupon
e un'opzione (tipicamente una “call” su indici di borsa o su un paniere di indici o titoli mobiliari o materie prime).
Un’obbligazione zero coupon è un’obbligazione senza cedola (es. i BOT) il cui rendimento è calcolato come
differenza tra la somma che il sottoscrittore riceve alla scadenza e la somma che versa al momento della
sottoscrizione. Il meccanismo di emissione prevede quindi che a fronte di un valore nominale pari a 100, il
sottoscrittore dell'obbligazione versi all'emittente una somma inferiore a 100 (supponiamo ad esempio 97)
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incassando, alla scadenza, 100. In questo esempio il rendimento è quindi pari a 3/97 (3,09%) poiché il
sottoscrittore ha effettivamente versato solo 97, pur trovandosi in mano un titolo dal valore di 100.
Un'opzione call è uno strumento derivato in base al quale l'acquirente dell’opzione acquista il diritto di acquistare
un titolo (detto sottostante) a un dato prezzo d’esercizio. Al fine di acquisire tale diritto, l'acquirente paga un premio.
Un'opzione call ha valore monetario positivo se alla scadenza il prezzo del sottostante è maggiore del prezzo
d'esercizio.
Nelle Index Linked la Compagnia incassa il valore nominale dell’obbligazione zero coupon e con differenza tra il
valore nominale e il prezzo di acquisto compra un’opzione per beneficiare delle performance degli indici es. la
Compagnia incassa il valore nominale di un’obbligazione zero coupon pari a 100, ma il suo prezzo di acquisto è
97, con la differenza di 3 acquista un’opzione.
I prodotti Index Linked si suddividono in:
- Index Linked pure;
- Index Linked garantite.
Nelle Index Linked garantite la Compagnia di assicurazione stabilisce dei minimi rendimenti dell'investimento.
Normalmente le offerte prevedono la restituzione del capitale netto iniziale o, in altri casi, un minimo rendimento.
La recente crisi dei mercati finanziari, i cui effetti si sono manifestati anche nel settore assicurativo con la crisi di
emittenti bancari, ha spinto l’IVASS ad intervenire per una maggiore trasparenza e tutela degli assicurati che
acquistano Index Linked che sono agganciate a panieri di indici azionari o ad altri valori di riferimento. L’Istituto di
vigilanza ha emanato di recente il regolamento n. 32/2009 con cui la Compagnia di Assicurazioni si assume il
rischio di insolvenza del soggetto emittente; le azioni e le obbligazioni su cui sono costruiti gli indici di riferimento
devono essere negoziate su mercati regolamentati attivi e liquidi; le imprese non possono investire in attivi dello
stesso emittente o gruppo più del 10% del totale delle riserve tecniche relative ai contratti Index Linked; la
copertura assicurativa in caso di decesso deve essere almeno pari ai premi versati fino a quel momento. Il
Regolamento ISVAP n. 32/2009 prevede che “le modalità di indicizzazione agli indici azionari e agli altri valori di
riferimento di cui agli articoli 4 e 5 devono essere semplici e soddisfare il requisito di agevole comprensibilità da
parte del contraente”.
L’intento dell’Autorità di vigilanza è stato quello di recuperare i meccanismi di tutela e garanzia tipici del contratto
di assicurazione sulla vita spesso affievoliti in prestazioni a bassissimo valore aggiunto, ma che vengono sempre
ricercate dai risparmiatori quando sottoscrivono prodotti di tipo assicurativo-finanziario.
I) Il contratto di capitalizzazione
La capitalizzazione è definita dall’art.179 del CAP come “quel contratto che si fonda su di un'operazione puramente
finanziaria, mediante il quale l'impresa di assicurazione si impegna a pagare una somma determinata ad una certa
data quale corrispettivo di premi, unici o periodici, corrisposti in denaro o mediante altre attività, senza che vi sia
alcuna convenzione relativa alla durata della vita umana. La durata minima del contratto è di 5 anni, fatta salva la
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facoltà di esercizio del riscatto trascorsi 2 anni ed a condizione che il contraente abbia corrisposto il premio per
un'intera annualità”.
Il rischio del contratto non è collegato, come suggerisce chiaramente la definizione, al verificarsi di eventi attinenti
alla vita umana, ma ad un mero rischio connesso a scelte di investimento. Per tali prodotti, quindi, il rischio
demografico, cioè quello connesso ad un evento attinente alla vita umana, è assente ed il rischio finanziario
connesso alla gestione del premio versato è totalmente a carico del sottoscrittore. Si tratta quindi di operazioni
meramente finanziarie.
Caratteristica fondamentale di questo tipo di contratto è la connessione tra il rendimento relativo all'investimento
dei premi raccolti da parte della Compagnia di Assicurazione e quello da corrispondere contrattualmente al
beneficiario. Il rendimento del contratto e la misura di rivalutazione delle prestazioni sarà secondo il regime
finanziario dell’interesse composto – gli interessi si aggiungono al capitale e fruttano interessi.
J) I PRIIPS
Il Regolamento UE n. 1286/2014 relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti
d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (packaged retail and insurance-based investment products
– PRIIPs) è parte di un gruppo di misure legislative di emanazione europea (es. MIFID II, IDD) finalizzate a
ristabilire la fiducia dei risparmiatori nei mercati finanziari, introducendo norme volte ad assicurare una maggiore
e soprattutto “migliore” trasparenza informativa a protezione degli investitori.
Nella definizione di PRIIP rientrano prodotti come obbligazioni, derivati, prodotti strutturati, ma anche i prodotti
assicurativi che presentano una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è
esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato (come ad esempio le polizze
unit linked e multi-ramo). Sono compresi i PRIIPS sia di emittenti UE sia extra UE offerti a clienti retail nell’Unione
Europea (“criterio della territorialità”).
Sono esclusi i prodotti esplicitamente indicati dal Regolamento (prodotti assicurativi danni, prodotti assicurativi
vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso o per incapacità dovuta
a lesione, malattia o infermità come TCM, LTC, prodotti di previdenza complementare) e i prodotti vita non più in
offerta al 1 gennaio 2018 anche nei casi in cui il cliente abbia la possibilità di effettuare operazioni sui contratti in
essere (versamenti aggiuntivi e operazioni di switch). In caso di modifiche significative sul prodotto (offerta ad
esempio attraverso l’introduzione di un nuovo fondo) occorre considerare le norme civilistiche del Paese di
riferimento, al fine di verificare se tale modifica al prodotto costituisca una modifica del contratto originariamente
stipulato dal cliente o meno. La produzione del KID sarebbe necessaria solo in quest’ultimo caso. Tale aspetto
rileva anche per i prodotti assicurativi in offerta al 1 gennaio 2018.
Il Regolamento UE n. 1286/2014 (recepito dall’ordinamento nazionale all’art 1, comma 1 lett. w-bis.4 del TUF)
definisce «ideatore di prodotti d'investimento al dettaglio preassemblati e assicurativi» o «ideatore di
PRIIP» un soggetto che confeziona un PRIIP o un soggetto che apporta modifiche a un PRIIP esistente anche,
ma non soltanto, modificandone il profilo di rischio e di rendimento o i costi associati ad un investimento nel PRIIP
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K) I Piani Individuali di Risparmio (PIR)
La legge di Bilancio 2017 (Legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha introdotto un nuovo strumento finanziario nel
panorama del risparmio gestito: i Piani Individuali di Risparmio, detti PIR.
Lo scopo del Piano di Risparmio a lungo termine è quello far convivere tre necessità di base:
1. far comprendere il potenziale di un investimento di lungo termine rispetto alle masse attualmente
immobilizzate in prodotti di liquidità o di brevissimo termine;
2. contribuire ad incanalare gli investimenti privati al fine di sostenere le piccole e medie imprese italiane con
il fine di stimolare l’economia del paese;
3. poter beneficiare dell’esenzione fiscale dai redditi di capitale e redditi diversi dal sottoscrittore se sono
rispettate alcune regole di permanenza nel Piano.
Le regole introdotte dalla Legge di Bilancio sono:
▪ sono piani individuali e quindi non possono essere cointestati;
▪ valgono solo per le persone fisiche residenti in Italia (e quindi non nell’ambito di attività di impresa);
▪ ogni persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio;
▪ hanno benefici fiscali se vengono detenute per almeno 5 anni;
▪ sono esenti da imposta di successione;
▪ si possono investire al massimo 30 mila euro all’anno per un massimo di 150.000 euro nel piano;
▪ devono investire in strumenti che rispondano a particolari caratteristiche definite dalla normativa.
Il comma 101 della Legge 232/2016 prevede che il Piano di Risparmio a lungo termine si attua inserendo strumenti
qualificati “attraverso l‘apertura di un rapporto di custodia o amministrazione o di gestione di portafogli o altro
stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, o di
un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, avvalendosi di intermediari abilitati o imprese di
assicurazione residenti, ovvero non residenti operanti nel territorio dello Stato tramite stabile organizzazione o in
regime di libera prestazione di servizi con nomina di un rappresentante fiscale in Italia scelto tra i predetti soggetti”.
Il comma 104, aggiunge tra i PIR anche i Fondi e Sicav. Per essere considerato tale e quindi mantenere le
caratteristiche necessarie per poter usufruire delle agevolazioni fiscali, il PIR deve investire “il 70 per cento del
valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali
di negoziazione, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, residenti nel
territorio dello Stato “ ..” o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio
economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo”. Di questo 70%, almeno il 30% deve essere
investito in strumenti finanziari non quotati nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana o in altri indici equivalenti di
altri mercati. Viene posto il limite del 10% per ogni partecipazione in ogni singolo emittente e per la parte posta in
depositi e conti correnti. Non possono altresì essere utilizzati strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti
residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni. Nel caso gli
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strumenti utilizzati non rispettino le regole indicate in precedenza relativi alla composizione richiesta dal piano in
termini di percentuale di strumenti finanziari, vengono a decadere i benefici fiscali. In questo caso, saranno
addebitate le imposte dovute più interessi. Non sono previste sanzioni. All’interno del PIR sono consentite vendite
degli strumenti purché le somme disinvestite vengano reinvestite entro 30 giorni dal rimborso. Le minusvalenze
generate all’interno del PIR per vendite in perdita, sono deducibili dalle plusvalenze realizzate nelle successive
operazioni all’interno del piano e sottoposti a tassazione fino al quarto periodo di imposta successivo. Alla chiusura
del piano le minusvalenze possono essere portate in deduzione fino al quarto periodo d’imposta successivo dalle
plusvalenze realizzate dall’intestatario. In caso di trasferimento prima dei 5 anni, l’operazione non influisce nel
conteggio degli anni (comma 111). In caso di morte dell’intestatario del PIR, il trasferimento a causa di morte degli
strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni (comma 114).
L) Le assicurazioni collettive
Per assicurazione collettiva si intende l’assicurazione di gruppi di persone appartenenti alla stessa azienda od
organizzazione, ad uguali condizioni ed alla medesima tariffa, quando quest’ultima assume la contraenza dei
contratti stipulati.
Tale forma di assicurazione, quando venga applicata ad ampi gruppi di persone aventi caratteristiche di
omogeneità, consente all’impresa assicuratrice la rinuncia ad alcune misure cautelative proprie delle forme di
assicurazione individuale. Le collettive sono di norma regolate, oltre che dalle condizioni delle polizze emesse
sulla testa di ciascun assicurato, anche da convenzioni disciplinanti i rapporti tra ditta contraente ed impresa
assicuratrice. Le assicurazioni collettive trovano il più vasto campo di applicazione nel settore dell’impiego privato,
poiché consentono al datore di lavoro di assolvere in forma assicurativa gli oneri che gli fanno carico, per legge o
per contratto di lavoro, nei confronti dei dipendenti sia in caso di loro morte o di invalidità sia al raggiungimento
dei limiti di età.
Le assicurazioni collettive normalmente si classificano in tre categorie:
− previdenziali: vengono contratte di norma nella forma di rendita differita o di assicurazione mista al fine di
garantire integrazioni di trattamenti pensionistici o di trattamento di fine rapporto (oggi meno diffuse perché
non godono di benefici fiscali dei FIP o dei fondi pensione);
− di gruppo: sono prevalentemente assicurazioni monoannuali rinnovabili, per il caso di morte e invalidità
permanente; interessano in genere i datori di lavoro per i propri dipendenti e dirigenti nonché le associazioni
professionali o di categoria per i propri appartenenti. Ad esempio il CCNL dei dirigenti industriali prevede
l’obbligo per i datori di lavoro di assicurarli contro il rischio morte e invalidità permanente totale da malattia
fino a euro 150.000 (euro 220.000 se il dirigente ha una famiglia);
− di legge: meglio conosciute come “tariffa di capitalizzazione rivalutabile T.F.R.” (trattamento di fine rapporto),
stipulate dai datori di lavoro per garantirsi il capitale necessario per liquidare il TFR al momento del pensionamento o
in caso di anticipata risoluzione del rapporto di lavoro.
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La legge n. 297 del maggio 1982 fissa che in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore
di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto e che tale trattamento si calcola sommando, per ciascun anno
di servizio, una quota pari a retribuzione annua divisa per 13,5. Il montante maturato viene rivalutato annualmente
del 75% indice Istat sui prezzi al consumo più l’1,5%.
A fronte del versamento annuo da parte del datore di lavoro della quota TFR maturata in corso dell’esercizio, la
Compagnia si impegna ad investire il premio ed a liquidare alle scadenze previste il capitale sufficiente per coprire
l’impegno nei confronti del dipendente.
La Compagnia pertanto tiene una contabilizzazione dei versamenti e dei capitali maturati da ogni singolo
dipendente.
Il diffuso utilizzo del TFR come fonte di finanziamento da parte delle aziende italiane e il recente obbligo di versarlo
all’INPS per le aziende con oltre 15 dipendenti, l’assenza di idonei benefici fiscali, l'elevato tasso legale di
rivalutazione e la riduzione dei tassi di rendimento rendono queste polizze meno interessanti per i datori di lavoro
e molto impegnative da mantenere per le Compagnie.
Un altro tipo particolare di polizze sono le assicurazioni per il trattamento di fine mandato. Per i soggetti che
partecipano all'attività dell'azienda con un rapporto di collaborazione (es. amministratori unici, consiglieri di
amministrazione, sindaci di società, ecc.) che non usufruiscono di alcuna forma di previdenza obbligatoria (come
il TFR) è prevista un’indennità aggiuntiva che viene accantonata annualmente e richiesta in occasione della
cessazione del rapporto di collaborazione. Questo accantonamento non deve essere superiore al 15-20% del
compenso annuo, vi deve essere inoltre un atto che attesti la legittimità del versamento che sia antecedente
all’accantonamento e all’inizio del rapporto.
Il vantaggio per l’azienda consiste nel risparmio fiscale dovuto al fatto che l’accantonamento decurta gli utili, per il
percettore il vantaggio si ha al momento del riscatto perché il totale dei premi pagati sarà sottoposto a tassazione
separata (si applicherà l’aliquota media corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente
nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione) o a quella ordinaria, nel caso in cui quest’ultima
tassazione sia minore; inoltre sui rendimenti finanziari maturati sulla polizza la tassazione sarà compresa tra il
12,5% e il 26% in funzione della componente di rendimento derivante da Titoli di Stato o altri titoli.
M) Le assicurazioni complementari
Le prestazioni offerte dall’assicurazione vita possono essere integrate, pagando il relativo premio di un ulteriore
capitale in caso di morte o invalidità da infortunio.
Queste coperture dovranno essere prestate nell’ambito dello stesso contratto che copre la garanzia principale del
ramo vita e dovranno riferirsi alla medesima persona assicurata.
Distinguiamo le seguenti garanzie complementari:
− assicurazione di invalidità: che può consistere nella corresponsione di una rendita o di un capitale (tale
garanzia può essere prevista per le polizze caso morte temporanea e le polizze miste immediate) o
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nell’esonero dal pagamento dei premi residui (tale garanzia può essere prevista per le polizze caso morte e
miste a premi temporanei, escludendo quelle a premi vitalizi).
− assicurazione morte per infortunio che prevede il pagamento di un capitale aggiuntivo o doppio rispetto a
quello assicurato quando il decesso avvenga per infortunio.
− assicurazione beneficio orfani che prevede, dopo il pagamento del capitale assicurato in caso di decesso del
coniuge assicurato, il pagamento ai figli di un secondo capitale assicurato alla morte del coniuge superstite
(questo tipo di garanzia è concessa soltanto nelle polizze miste ed è soggetta a determinati limiti circa l’età
dei coniugi).
Per tali garanzie, il premio accessorio che il contraente dovrà corrispondere è in funzione del capitale assicurato
a fronte della garanzia base e della garanzia accessoria richiesta.
A differenza di quanto avviene nelle polizze Temporanee Caso Morte, per le quali il premio della garanzia
aggiuntiva complementare infortuni viene aggiunto al premio della garanzia base, in quelle Miste, la parte di premio
per la componente morte e la complementare infortuni viene detratta dall’importo complessivo del premio che il
contraente versa abbattendo così l’importo da destinare all’investimento finanziario.
5. I rami assicurativi vita previsti dal Codice delle Assicurazioni
Nei Rami Vita la classificazione per ramo è la seguente:
I. le assicurazioni sulla durata della vita umana. Questo ramo comprende tutte le forme tradizionali di
assicurazioni sulla vita;
II. le assicurazioni di nuzialità e di natalità;
III. le assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di
quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori
di riferimento. Questo ramo comprende le cosiddette polizze Unit Linked e quelle Index Linked;
IV. l'assicurazione malattia e l'assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite
mediante contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia o a
infortunio o a longevità;
V. le operazioni di capitalizzazione;
VI. le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso
di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa.
L'impresa autorizzata all'esercizio delle assicurazioni di cui ai rami I, II, III o del ramo V (se è stata autorizzata ad
esercitare anche un altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico), può garantire in via complementare
con i relativi contratti i rischi di danni alla persona, comprese l'incapacità al lavoro professionale, la morte in seguito
ad infortunio, l'invalidità a seguito di infortunio o di malattia.
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L'impresa autorizzata all'esercizio delle operazioni di cui al ramo VI, in via complementare ai relativi contratti, può
garantire prestazioni di invalidità e di premorienza, secondo quanto previsto nella normativa sulle forme
pensionistiche complementari.
Va infine citato il Regolamento n. 29 del 16 marzo 2009 concernente le istruzioni applicative sulla classificazione
dei rischi all’interno dei rami relativamente ai rischi che, in funzione della struttura del contratto e dell’oggetto della
copertura, possono presentare difficoltà di inquadramento.
Relativamente ai rischi dei rami vita tale regolamento definisce i seguenti criteri di classificazione dei rischi:
- Assicurazione sulla vita con prestazioni collegate a fondi di investimento o indici azionari. Sono ricompresi nel
ramo vita III, se direttamente collegati a fondi di investimento ovvero ad indici azionari o altri valori di
riferimento, solo i contratti di assicurazione sulla durata della vita umana di cui al ramo I, caratterizzati dalla
presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare, per il caso di sopravvivenza, per il caso di
morte o per entrambi, prestazioni assicurate il cui valore, o quello dei corrispondenti premi, sia dipendente
dalla valutazione del rischio demografico. Non possono essere considerati contratti di assicurazione sulla vita
umana e, pertanto, non possono essere incluse nel ramo III quelle polizze le cui condizioni contrattuali siano
articolate in modo tale da rendere, di fatto, l’entità e l’effettiva erogazione delle singole prestazioni siano
indipendenti dalla durata della vita della testa assicurata.
- Assicurazione contro le malattie gravi. È classificata nel ramo vita IV l’assicurazione contro le malattie gravi,
qualora sia un contratto di lunga durata non rescindibile da parte dell’impresa e preveda la corresponsione di
un capitale o di una rendita di importo prefissato al verificarsi di una delle malattie gravi previste in polizza,
indipendentemente dalla sussistenza di uno stato di invalidità. È classificata nel ramo vita I se il contratto
prevede che la prestazione per il caso di morte venga anticipata in tutto o in parte nel caso del verificarsi della
malattia grave. Quando la copertura offerta prevede il rimborso delle spese sostenute o da sostenere per
ricoveri, interventi chirurgici, visite specialistiche ed esami diagnostici, l’assicurazione è classificata nel ramo
danni 2. Malattia. Il rimborso può essere corrisposto anche nelle forme di diaria o di capitale.
- Assicurazione contro il rischio di non autosufficienza. È classificata nel ramo vita IV l’assicurazione, non
rescindibile da parte dell’impresa, che copre il rischio di non autosufficienza per invalidità grave dovuta a
malattia, infortunio o longevità, quando la prestazione consiste nell’erogazione di una rendita. È classificata
nel ramo danni 2. Malattia quando la prestazione consiste nel risarcimento, totale o parziale, del costo per
l’assistenza ovvero in una prestazione in natura, nei limiti del massimale assicurato.
- Operazioni di capitalizzazione. Sono classificate nel ramo vita V le assicurazioni che prevedono prestazioni
collegate al valore delle quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio, al valore di attivi
contenuti in un fondo interno, ad un indice azionario o ad altro valore di riferimento, quando le condizioni
contrattuali sono tali da rendere indipendente l’erogazione delle singole prestazioni da eventi attinenti la vita
umana ed è prevista una garanzia di rendimento minimo sulle somme versate.
- Assicurazione per il caso di decesso connessa a finanziamenti con cessione del quinto dello stipendio.
L’assicurazione sulla vita dell’assicurato/debitore prestata in funzione dell’erogazione di prestiti o mutui
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rimborsabili mediante cessione di quote dello stipendio o della pensione, quando abbinata alle garanzie danni
che allo stesso fine coprono il rischio di impiego è classificata nel ramo vita I.
Le imprese autorizzate all’esercizio dei rami vita I, II e III o anche al ramo vita V, in tal caso solo se autorizzate ad
esercitare anche un altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico, possono assumere in via
complementare i rischi dei rami danni 1. Infortuni e 2. Malattia, a condizione che le coperture relative ai suddetti
rischi vengano prestate nell’ambito dello stesso contratto che copre la garanzia principale del ramo vita e si
riferiscano alla medesima persona assicurata. Queste condizioni si applicano anche alle imprese autorizzate
all’esercizio delle operazioni di cui al ramo vita VI che intendono garantire, in via complementare ai relativi contratti,
le prestazioni di invalidità e premorienza secondo quanto previsto dalla normativa sulle forme pensionistiche
complementari.
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6. La previdenza sociale e complementare in Italia
6.1 Previdenza pubblica
La struttura del sistema pensionistico italiano è costituita da tre livelli detti anche pilastri.
Per Primo Pilastro si intende la previdenza sociale obbligatoria che garantisce ai contribuenti la pensione
pubblica di base. La previdenza obbligatoria è gestita da enti pubblici come INPS e poi dalle Casse autonome dei
liberi Professionisti che, attraverso la contribuzione obbligatoria, garantiscono il trattamento pensionistico di base.
In Italia il sistema previdenziale obbligatorio di base è basato sul sistema a ripartizione: i contributi versati dai
lavoratori attivi vengono utilizzati, contestualmente, per erogare le prestazioni pensionistiche ai lavoratori non più
attivi. Il sistema trova il suo equilibrio quando i contributi dei lavoratori attivi sono superiori alle prestazioni
pensionistiche erogate.
A) Cenni storici
Il sistema attuale prevede a partire dal 1 gennaio 1995, per tutti i lavoratori di prima occupazione, un calcolo delle
prestazioni non più applicando il sistema retributivo ma contributivo.
Nel sistema retributivo il calcolo delle prestazioni è basato sulla media delle retribuzioni o dei redditi percepiti
immediatamente prima del pensionamento, moltiplicata per gli anni di contribuzione e per una determinata aliquota
di rendimento, nel sistema contributivo invece è basato sul totale contributi versati durante l’intera vita lavorativa,
moltiplicato per un determinato coefficiente di trasformazione più favorevole all’aumentare dell’età pensionabile.
Negli ultimi anni l’allungamento della vita media della popolazione (aumento dell’aspettativa di vita), la diminuzione
del tasso di natalità, la crescita più lenta con il conseguente calo del tasso di occupazione, la necessità di maggiori
cautele nella gestione della finanza pubblica imposte dall’Unione Europea e l’affidamento all’INPS di compiti
assistenziali come la cassa integrazione, l’assegno di maternità, i prepensionamenti di aziende in crisi, le pensioni
sociali hanno fortemente minato l’equilibrio del sistema che ha inciso con il suo deficit all’aumento del debito
pubblico. Tutto ciò ha determinato dagli anni ’90 in poi una continua attività riformatrice volta a riportare in equilibrio
il sistema attraverso l’aumento dell’età pensionabile, degli anni di contribuzione minima richiesta e la riduzione
delle prestazioni.
Pertanto per porre rimedio alla squilibrata situazione finanziaria degli enti previdenziali nel 1995 è entrata in vigore
la Legge 335/1995 (Legge Dini) che ha modificato radicalmente il sistema di calcolo della pensione pubblica,
passando dal sistema di calcolo retributivo (con il quale l’importo della pensione era calcolato come percentuale
sulla media degli ultimi redditi da lavoro a prescindere dagli effettivi contributi versati) al sistema contributivo (in
cui l’importo della pensione dipende dal montante contributivo accumulato durante tutti gli anni di versamento).
Essa ha avuto come conseguenza l’aumento del cosiddetto gap previdenziale, cioè la differenza tra l’ultimo reddito
percepito durante l’attività lavorativa e il primo reddito da pensione. Con il sistema retributivo la copertura
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previdenziale è mediamente pari al 65% mentre con il sistema contributivo può essere anche solo del 30% (per i
lavoratori autonomi)
In stretta continuità con l’impostazione di fondo della legge Dini si pone la legge 243/2005 (la cosiddetta riforma
Maroni) che rimodella ulteriormente il sistema pensionistico e introduce alcuni principi:
- innalzamento dell’età media del pensionamento. È stato infatti definito un nuovo quadro di requisiti e
decorrenze per il pensionamento di anzianità (meglio noti con il termine “finestre”), prevedendo per i lavoratori
dipendenti pubblici e privati una quota (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) di 96 fino al 2012
(minimo 60 anni d’età e 35 anni di contributi) e dal 2013 una quota di 97. Per i lavoratori autonomi iscritti
all’INPS i requisiti erano tutti aumentati di un anno o in alternativa per tutti i lavoratori con un minimo
contributivo di 40 anni indipendentemente dall’età (disciplina sostituita dalla riforma Fornero);
- incrementare i flussi di finanziamento della previdenza complementare attraverso il conferimento del TFR
introducendo regole importanti che vedremo più avanti come il silenzio assenso nella destinazione del TFR
alle forme di previdenza complementare, la libertà di scelta da parte dei lavoratori della forma di previdenza
complementare e l’equiparazione tra fondi pensione chiusi e fondi pensione aperti.
B) La riforma Fornero e le successive evoluzioni dei requisiti pensionistici
La Legge n. 214 del 22/12/2011 (Riforma Fornero) introduce notevoli novità, cancella le pensioni di anzianità
calcolata con il meccanismo delle quote (somma di età e anzianità contributiva) e le finestre mobili che separano
la data di maturazione dei requisiti dalla concessione dell’assegno. Rimangono due opzioni per il pensionamento:
quello ordinario (pensione di vecchiaia) – a 66 anni per gli uomini dipendenti privati e pubblici nonché per le
donne dipendenti del pubblico impiego; lo stesso requisito sarà raggiunto dalle lavoratrici autonome o dipendenti
private dal 2018 e quello anticipato, con 42 anni e 1 mese di anzianità (un anno in meno per le donne) per il 2012.
Di seguito sono descritte sinteticamente le principali novità:
1. Aumento delle aliquote relative ai contributi obbligatori per i lavoratori autonomi.
É previsto un incremento dell'aliquota di contribuzione per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti,
coltivatori) che dal 20% del 2011 sale a regime al 24% dal 2018.
2. Totalizzazione dei periodi contributivi
Con effetto dal 2012 gli assicurati con diversi periodi di anzianità contributiva maturati in fondi previdenziali
diversi potranno totalizzarli ai fini di percepire un’unica pensione, a prescindere dall’anzianità contributiva
minima maturata in ciascuno di essi. Viene cioè eliminato il requisito di almeno 3 anni di anzianità contributiva
in ciascun fondo.
3. Abolizione delle finestre di uscita
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Sono state abolite le finestre di uscita in pensione che posticipavano di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi
per gli autonomi l'effettivo pensionamento dalla data di maturazione dei requisiti minimi. Dal 2012 la
decorrenza della pensione scatta dal primo del mese successivo alla data di maturazione dei requisiti.
4. Abolizione della pensione di anzianità e introduzione della pensione anticipata
Con la riforma Fornero, salvo alcune eccezioni, viene abolita la pensione di anzianità e viene introdotta la
cosiddetta pensione anticipata.
Per conseguire la pensione Anticipata, che matura a prescindere dall'età anagrafica, bisogna possedere dal
2012:
➢ 41 anni e 1 mese se donne
➢ 42 anni e 1 mese se uomini
a. l'incremento di questo requisito è graduale nei successivi anni: per il 2015 un uomo dipendente privato
o lavoratore autonomo dovrà aver accumulato 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva, per le donne
dipendenti private o autonome il requisito di anzianità contributiva si riduce di un anno e cioè sono
necessari 41 anni e 6 mesi di contributi accumulati.
b. Anche il requisito di anzianità lavorativa della pensione anticipata viene agganciato all’incremento della
speranza di vita, si stima che nel 2049, i 42 anni potranno divenire ben 46.
c. Sono garantiti comunque i diritti di accesso ai trattamenti pensionistici per tutti coloro che hanno già
maturato i requisiti della normativa precedente, entro il 2011. Inoltre sono previste clausole di salvaguardia
per alcune categorie di lavoratori particolari: coloro che si trovano in mobilità, che hanno avuto accesso
alla contribuzione volontaria, ed altre casistiche similari.
5. Nuovi requisiti di accesso per la pensione di vecchiaia
Il requisito minimo per ottenere la pensione di vecchiaia è portato a 66 anni di età e 20 anni di contribuzione
accreditata. Vige dal 2012 per tutti gli uomini e per le donne del pubblico impiego. Entra invece a regime nel
2018 per le donne del settore privato.
L'accesso alla pensione di vecchiaia si può procrastinare fino al 70° anno di età e ciò consente
conseguentemente di fruire di un miglior coefficiente di calcolo delle quote di pensione contributiva (il
coefficiente commisurato alla speranza di vita del pensionando).
Per coloro che hanno iniziato a versare contributi obbligatori dopo il 31/12/95 (sistema contributivo puro)
possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia:
a) in presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico riportato nella seguente tabella
(TAB.7), se l’importo della pensione risulta non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d.
importo soglia);
b) al compimento dei 70 anni di età e con 5 anni di contribuzione “effettiva” (obbligatoria, volontaria, da
riscatto) - con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo - a prescindere
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dall’importo della pensione. Decade il vincolo sull'importo rispetto all'assegno sociale. Per effetto
dell’adeguamento alla speranza di vita il requisito anagrafico dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 è
di 70 anni e 7 mesi. Dal 2019 lo stesso requisito potrà subire ulteriori incrementi per effetto
dell’adeguamento alla speranza di vita.
TAB. 7 REQUISITO ANAGRAFICO PER L’ACCESSO AL PENSIONAMENTO DI VECCHIAIA (REQUISITO CONTRIBUTIVO MINIMO 20 ANNI – fonte INPS) (dal 2016 requisiti anagrafici stimati sulla base dello scenario demografico Istat‐centrale base 2007)
Anno Lavoratori dipendenti settore privato
Lavoratrici dipendenti settore privato
Lavoratori autonomi
Lavoratrici autonome
età (*) età (*) età (*) età (*)
2017 66 e 7 mesi 65 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 1 mese
2018 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi
(*) Dal 1° gennaio 2012, i soggetti per i quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, in presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico, al ricorrere di una delle seguenti condizioni: a) se l’importo della pensione risulta non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d. importo soglia), la pensione di vecchiaia spetta secondo gli stessi requisiti previsti per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995; b) al compimento dei 70 anni di età e con 5 anni di contribuzione “effettiva” - con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo - a prescindere dall’importo della pensione. Dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, il requisito anagrafico di 70 anni è incrementato di 3 mesi per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita e potrà subire ulteriori incrementi di adeguamento.
6. Revisione automatica dei requisiti di pensionamento in proporzione all'allungamento della speranza di vita
I requisiti di età e quelli di anzianità relativi alla pensione Anticipata, come anche i coefficienti di conversione
del montante individuale, incorrono nel meccanismo automatico di revisione e incremento in proporzione
all'allungamento riscontrato della speranza di vita, appositamente rilevato dall’ISTAT. Le cadenze di revisione
sono nel 2013, 2016, 2019 e successivamente a frequenza biennale. Il primo incremento non può eccedere i
tre mesi e quelli successivi saranno tali da maturare approssimativamente 3 anni 9 mesi di incremento alla
soglia del 2050.
7. Il contributivo pro rata
A partire dal 01/01/2012 tutte le annualità contributive saranno calcolate con il sistema di calcolo
contributivo (che correla l’importo della pensione ai contributi versati) per tutti, anche per i lavoratori che,
avendo iniziato i versamenti prima del 1977 (con più di 18 anni di contributi al 31/12/1995) erano stati esclusi
dalla riforma Dini e hanno continuato fino al 2011 a essere trattati con il vecchio sistema retributivo (che lega
l’assegno al livello delle retribuzioni degli ultimi anni). In qualche caso, la novità potrebbe trasformarsi in un
vantaggio perché nel retributivo non venivano conteggiati i contributi versati dopo il 40esimo anno di anzianità,
mentre ora nessuna clausola lo esclude.
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Negli anni successivi all’entrata in vigore della Riforma Fornero i vari governi nazionali hanno provato a rivedere
i requisiti pensionistici introdotti dalla citata riforma al fine di rendere più agevole e flessibile l’accesso alle
prestazioni pensionistiche anche introducendo nuove tipologie di prestazione come l’Anticipo Pensionistico (APE
volontaria, sociale).
Anticipo pensionistico (APE VOLONTARIA)
La legge di Bilancio 2017 (art, 1 comma 166 e ss.) ha introdotto in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31
dicembre 2018 (poi prorogata di un anno dalla Legge d Bilancio 2018 al 31 dicembre 2019) l’anticipo finanziario a
garanzia pensionistica (APE VOLONTARIA). Un prestito erogato da una banca in quote mensili per 12 mensilità
garantito dalla pensione di vecchiaia che il beneficiario otterrà alla maturazione del diritto.
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Destinatari
● lavoratori dipendenti pubblici e privati,
● lavoratori autonomi e iscritti alla gestione separata.
● sono esclusi i liberi professionisti iscritti alle Casse professionali
Requisiti
necessari al
momento della
richiesta
- almeno 63 anni di età
- almeno 20 anni di anzianità contributiva.
- maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi
- importo della futura pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del
prestito richiesto, pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’assicurazione generale
obbligatoria
- non essere titolari di alcuna pensione diretta.
- NON è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa.
Prestito
Il prestito è erogato da soggetti finanziatori e imprese assicurative scelti tra quelli che aderiscono agli
accordi-quadro stipulati tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali e, ABI e ANIA e altre imprese assicurative primarie. Il prestito ottenuto è restituito in 260
rate in un periodo di 20 anni mediante una trattenuta che viene effettuata dall’INPS all’atto del
pagamento di ciascun rateo pensionistico, inclusa la tredicesima. Completata la restituzione la pensione
sarà corrisposta per intero, senza ulteriori riduzioni per l’APE. Il prestito è coperto da una polizza
assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza; in caso di decesso dell’interessato prima
dell’intera restituzione del debito l’assicurazione versa alla banca il debito residuo. L’eventuale pensione
ai superstiti viene corrisposta senza decurtazioni.
Durata Il prestito è erogato per un periodo minimo di sei mesi e fino alla maturazione del diritto alla pensione
di vecchiaia. Il prestito decorre entro 30 giorni lavorativi dal perfezionamento del contratto.
Importo Il prestito è commisurato alla pensione di vecchiaia attesa al raggiungimento degli ordinari requisiti
anagrafici ed è erogato in quote mensili per 12 mensilità nell’anno. L’importo massimo e minimo
richiedibile sarà stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
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Incompatibilità Per ottenere l’APE il richiedente presenta all’Inps in modalità telematica, direttamente o tramite
intermediari autorizzati, domanda di certificazione del diritto all’APE. L’Inps verifica il possesso dei
requisiti di legge, certifica il diritto all’APE e comunica al richiedente l’importo minimo e massimo del
prestito ottenibile. Il soggetto in possesso della certificazione, direttamente o tramite intermediari
autorizzati, presenta all’Inps domanda di APE e domanda di pensione di vecchiaia da liquidare al
raggiungimento dei requisiti di legge. La domanda di APE e quella di pensione non sono revocabili,
salvo il diritto di recesso da esercitarsi nei termini previsti dalla legge in materia creditizia e bancaria e
dal codice del consumo. Nella domanda il richiedente indica sia il finanziatore cui richiedere il prestito
sia l’impresa assicurativa alla quale richiedere la copertura del rischio di premorienza. L’Istituto
finanziatore trasmette all’Inps il contratto di prestito ovvero l’eventuale comunicazione di rifiuto dello
stesso. In quest’ultimo caso la domanda di pensione decade ed è priva di effetti. In caso di concessione
del prestito, dal momento in cui il contratto è reso disponibile al richiedente in modalità telematica
decorrono i termini di 14 giorni per esercitare il diritto di recesso. In caso di recesso la domanda di
pensione decade ed è priva di effetti. La norma prevede una possibilità di intervento del datore di lavoro
del settore privato, degli enti bilaterali o dei fondi di solidarietà, con il consenso del lavoratore, per ridurre
la percentuale di incidenza della rata di ammortamento sulla futura pensione. Il datore di lavoro, l’ente
bilaterale o il fondo di solidarietà possono, infatti, versare in un’unica soluzione all’Inps un contributo
correlato alla retribuzione percepita prima della cessazione dal servizio del lavoratore in modo da
produrre un aumento della pensione tale da compensare in tutto o in parte gli oneri relativi alla
concessione dell’APE. Il contributo deve essere versato alla scadenza prevista per il pagamento dei
contributi del mese di erogazione della prima mensilità dell’APE. L’ammontare minimo del contributo
del datore di lavoro è pari all’ammontare dei contributi volontari per ciascun anno o frazione di anno di
anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. Al contributo si applicano le
norme in materia di riscossione e di sanzioni previste per i contributi previdenziali obbligatori
Benefici fiscali Le somme erogate a titolo di prestito non concorrono a formare reddito ai fini IRPEF. Alle somme
erogate a titolo di APE si applica il tasso di interesse e il premio assicurativo relativo all’assicurazione
di copertura del rischio di premorienza previsti dagli appositi accordi quadro. A fronte degli interessi sul
finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza è riconosciuto un
credito di imposta annua nella misura massima del 50% dell’importo pari a 1/20 degli interessi e dei
premi assicurativi complessivamente pattuiti nei relativi contratti. Tale credito d'imposta non concorre
alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi ed è riconosciuto dall'INPS per l'intero importo
rapportato a mese a partire dal primo pagamento del trattamento di pensione.
Anticipo pensionistico sociale (APE SOCIALE)
L’articolo 1 comma 179 e seguenti della legge di Bilancio 2017 ha introdotto l’anticipo pensionistico sociale (APE
SOCIALE), una misura sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 (poi prorogata di un anno
dalla Legge d Bilancio 2018 al 31 dicembre 2019) intesa ad agevolare la transizione verso il pensionamento per
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soggetti svantaggiati o in condizioni di disagio ed è soggetta a limiti di spesa. L’APE SOCIALE è un’indennità di
natura assistenziale a carico dello Stato erogata dall’Inps a soggetti in stato di bisogno che abbiano compiuto
almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta.
Destinatari Lavoratori, dipendenti pubblici e privati, autonomi e i lavoratori iscritti alla gestione separata che si
trovino in una delle seguenti condizioni:
a) disoccupati che abbiano finito integralmente di percepire, da almeno tre mesi, la prestazione
per la disoccupazione loro spettante.
b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo
grado convivente (genitore, figlio) con handicap grave
c) sono invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%
d) i lavoratori dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro
particolarmente difficoltoso o rischioso (Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia,
ferrovieri, camionisti, medici, infermieri, insegnanti scuola dell’infanzia e asili nido, ecc.).
L’indennità è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la
pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata.
Requisiti
necessari al
momento della
richiesta
- almeno 63 anni di età
- almeno 30 anni di anzianità contributiva.
- maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi
- non essere titolari di alcuna pensione diretta.
L’accesso al beneficio è inoltre subordinato alla cessazione di qualunque attività lavorativa anche
autonoma.
La legge di bilancio 2018 ha previsto una riduzione dell’anzianità contributiva per le donne, di 12
mesi per ogni figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna).
Durata L’indennità è corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il
conseguimento della pensione di vecchiaia o comunque fino al raggiungimento dei requisiti per la
pensione anticipata
Importo L’indennità è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla
prestazione (se inferiore a 1500 €) o pari a 1500 € (se la pensione è pari o maggiore di detto importo).
L’importo dell’indennità non è rivalutato.
Incompatibilità L’indennità non spetta ai titolari di pensione diretta. Non è compatibile con i trattamenti di sostegno
al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria, con l’assegno di disoccupazione
(ASDI), nonché con l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale. È compatibile con lo
svolgimento di attività lavorativa dipendente o parasubordinata se i redditi non superino gli 8.000 €
annui e con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo nel limite di reddito di 4.800 € annui.
I requisiti per accedere alla pensione nel 2019
A partire dal 2019 il requisito di età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia è incrementato di 5 mesi
rispetto al 2018 (tabella 1) cioè il nuovo requisito è 67 anni per tutti i lavoratori, uomini e donne (fermo restando il
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requisito di una contribuzione minima di 20 anni). Il nuovo requisito anagrafico di 67 anni è applicato anche per
poter accedere all’assegno sociale.
Rimangono in vigore i due stabilizzatori automatici posti a garanzia della sostenibilità del sistema pensionistico
cioè il meccanismo di aggancio dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita e la revisione triennale dei
coefficienti di trasformazione (biennale dal 2019) posti a presidio degli effetti dell’invecchiamento demografico. Nel
corso del 2019 cambieranno i coefficienti di trasformazione per il calcolo della pensione che, a propria volta legati
all’aspettativa di vita, determineranno, a parità di età anagrafica, una riduzione di circa l’1% dell'importo del
trattamento pensionistico rispetto al triennio precedente.
Tabella 1 – evoluzione età pensionabile
Anno di pensionamento Requisiti anagrafici
Dipendenti privati Dipendenti pubblici
Autonomi
2016-2017 Uomini – 66 anni e 7 mesi Donne - 65 anni e 7 mesi
Uomini e donne - 66 anni e 7 mesi
Uomini – 66 anni e 7 mesi Donne – 66 anni e 1 mese
2018 66 anni e 7 mesi 66 anni e 7 mesi 66 anni e 7 mesi
2019 67 anni 67 anni 67 anni
Il secondo canale di accesso alla pensione è la “pensione anticipata” che si otterrà, se non dovessero intervenire
modifiche alla riforma Fornero, con 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne
(tabella 2), a prescindere dall’età anagrafica. Quindi, 5 mesi in più sia per i maschi sia per le femmine.
Tabella 2 - Requisiti richiesti per la pensione anticipata
Anno di pensionamento Requisiti minimi
tutti Assicurati post 31/12/1995 Età anagrafica minima
2016-2018 Uomini – 42 anni e 10 mesi Donne – 41 anni e 10 mesi
63 anni e 7 mesi
2019 Uomini – 43 anni e 3 mesi Donne – 42 anni e 3 mesi
64 anni
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7.2 Previdenza complementare
Per Secondo Pilastro si intende la previdenza complementare su base collettiva finalizzata a cumulare ed
erogare risorse integrative alla pensione di base ed alimentata dai contributi a carico dell’azienda, a carico del
lavoratore e dal trattamento di fine rapporto.
Le forme pensionistiche complementari su base collettiva sono i fondi pensione chiusi (o negoziali), i
fondi pensione preesistenti o i fondi pensione aperti ad adesione collettiva. I fondi pensione chiusi e
preesistenti sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro
nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore, aziendale o territoriale e sono riservate a specifiche categorie
di destinatari; i fondi pensione aperti ad adesione collettiva sono fondi pensione appunto aperti a diverse tipologie
di soggetti o di aziende di settori merceologici ma facenti parti di gruppi omogenei di lavoratori.
Per Terzo Pilastro si intende la previdenza complementare su base individuale che comprende le forme
pensionistiche complementari di tipo individuale attuate ad esempio mediante l'adesione a fondi pensione aperti
ad adesione individuale o ai cosiddetti PIP (Piani Individuali Pensionistici) di tipo assicurativo alimentate dai
contributi individuali dell’aderente e, per i lavoratori dipendenti privati anche attraverso il versamento del
trattamento di fine rapporto e, se disponibile il datore di lavoro, il contributo aziendale.
Questi ultimi due pilastri hanno l’obiettivo di integrare il trattamento pensionistico offerto dalla previdenza
obbligatoria in modo da assicurare, a coloro che maturano i diritti di pensionamento e cessano l’attività lavorativa,
il mantenimento di un adeguato tenore di vita.
In base all’art. 1 del Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 l'adesione alle forme pensionistiche
complementari è sempre libera e volontaria.
Ancora poco diffuse nel nostro Paese, le forme di previdenza complementare ricopriranno un ruolo sempre
maggiore al fine di integrare economicamente le future rendite pensionistiche provenienti dal settore pubblico e
compensare la riduzione delle prestazioni erogate dal primo pilastro, potendo beneficiare di vantaggi fiscali e tutele
normative particolarmente significative. Per tutti coloro che lavorano è certo infatti che l'età di pensionamento si
allontana e il livello della futura pensione, in rapporto all'ultimo reddito, è molto basso, in alcuni casi come abbiamo
visto può essere anche inferiore al 50%. L'importo della pensione inoltre non è agganciato alla dinamica reale del
costo della vita: questo fa sì che il potere d'acquisto del pensionato tende a ridursi col passare degli anni. Ciò
spingerà i lavoratori a sfruttare tutte le opportunità offerte dai diversi sistemi previdenziali.
7. I fondi pensione e i PIP
I fondi pensione sono degli organismi costituiti come soggetti giuridici di natura associativa che hanno come
finalità quella di garantire, agli aderenti, trattamenti previdenziali integrativi rispetto a quelli obbligatori per legge.
Essi adempiono a questa funzione attraverso la gestione finanziaria dei contributi versati dagli aderenti.
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I fondi pensione sono stati costituiti in seguito alla riforma del sistema previdenziale pubblico con il Decreto
Legislativo n. 124 del 1993 e con la riforma del 2005 (D. Lgs. n. 252) ha avuto un forte incentivo allo sviluppo e
un notevole incremento dei flussi contributivi.
L’adesione ai fondi pensione è sempre e solo facoltativa, i soggetti che possono aderire sono i lavoratori dipendenti
privati e pubblici, lavoratori autonomi, liberi professionisti, soci lavoratori di cooperative e per le forme
pensionistiche individuali anche i non titolari di reddito.
Distinguiamo i fondi a prestazione definita da quelli a contribuzione definita.
Nel primo caso la prestazione finale è predefinita. Il fondo si impegnerà a corrispondere una prestazione
predeterminata es. un’integrazione percentuale della pensione di legge e per garantire questo obiettivo potrà
chiedere all’aderente anche di aumentare i propri contributi.
Nel secondo caso i contributi sono predefiniti, ma non la prestazione finale che dipenderà dalla contribuzione
effettuata e dal rendimento ottenuto dalla gestione finanziaria dei contributi stessi.
Si noti che mentre i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono scegliere tra fondi a prestazione definita e
a contribuzione definita, i lavoratori dipendenti possono aderire soltanto ai fondi a contribuzione definita.
Sia i fondi a prestazione definita che quelli a contribuzione definita sono gestiti in regime di capitalizzazione. I
sistemi finanziari di gestione a capitalizzazione correlano la contribuzione versata da un individuo o da una
generazione di individui alle prestazioni ad essi spettanti. Al termine dell’attività lavorativa il lavoratore riceve un
flusso pensionistico commisurato al capitale accumulato nel corso degli anni e ai frutti derivanti dall’investimento
del capitale stesso. I sistemi a capitalizzazione vanno distinti dai sistemi a ripartizione che correlano la
contribuzione versata da una generazione di individui alle prestazioni erogate alle generazioni precedenti.
Distinguiamo poi i fondi pensione chiusi dai fondi pensione aperti.
I fondi pensione chiusi sono chiamati così perché riservati ai lavoratori che abbiano caratteristiche omogenee,
(aziendali, professionali, territoriali). Possono aderirvi infatti:
- appartenenti ad una determinata categoria o comparto o delimitazione territoriale;
- dipendenti di una stessa impresa o di un gruppo di imprese (in questo caso l’adesione viene raccolta
dall’azienda);
- raggruppamenti di lavoratori autonomi o liberi professionisti organizzati per aree professionali o territoriali (in
questo caso l’adesione viene raccolta dall’associazione professionale di categoria);
- raggruppamenti di soci e lavoratori di cooperative di produzione e lavoro.
Questi fondi hanno quindi una platea predefinita di potenziali aderenti e possono essere istituiti su base
categoriale, aziendale, di gruppo, territoriale, di associazione, di professione. L’adesione dipenderà quindi
dall’appartenenza alla categoria dei soggetti che l’ha istituito.
I fondi pensione chiusi vengono definiti anche negoziali, perché nascono dalla contrattazione. La costituzione dei
fondi pensione chiusi può essere prevista:
- da contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, da accordi fra lavoratori dipendenti,
promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro;
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- da regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi
anche aziendali;
- da accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o associazioni di rilievo
almeno regionale;
- dalle Regioni;
- da accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi dalle loro associazioni nazionali
di rappresentanza legalmente riconosciute;
- da accordi tra soggetti destinatari del D.Lgs. 16-9-1996, n. 565 recante disposizioni della gestione «Mutualità
pensioni»;
- dagli enti di diritto privato gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza ai sensi dei D.Lgs. 30-6-
1994, n. 509, e 10-2-1996, n. 103, con l'obbligo della gestione separata.
I fondi pensione aperti sono quelli non ad ambito definito e quindi non sono rivolti ad una platea di soggetti
definiti. Possono aderire ad un fondo pensione aperto anche tutti coloro che non possiedono i requisiti necessari
per accedere ad un fondo pensione chiuso e tutti coloro per i quali sono venuti meno i requisiti necessari per la
partecipazione ad un fondo chiuso. L'adesione ai fondi pensione aperti, può avvenire, oltre che su base individuale,
anche su base collettiva.
I fondi pensione aperti si distinguono da quelli chiusi anche perché sono istituiti direttamente da un soggetto vigilato
(banche, SIM, SGR, imprese di assicurazione). Il patrimonio del fondo è autonomo e separato dal soggetto gestore
e non distraibile dal fine previdenziale a cui è destinato. Non potranno pertanto essere ammesse azioni esecutive
da parte di creditori del soggetto gestore.
La gestione delle risorse nei fondi pensione aperti può essere affidata agli stessi soggetti che hanno promosso il
fondo (identità fra soggetto istitutore e soggetto gestore) oppure ad altri soggetti vigilati, mentre nei fondi pensione
chiusi non si ravvisa tale identità, poiché essi sono promossi dalle parti sociali (imprese, sindacati e associazioni
di categoria) e la loro gestione è affidata obbligatoriamente a soggetti vigilati esterni.
Il fondo pensione aperto può essere soltanto in regime di contribuzione definita, l'entità delle prestazioni
pensionistiche del fondo è quindi determinata in funzione della contribuzione effettuata e in base al principio della
capitalizzazione. La misura della contribuzione è determinata liberamente.
Il fondo può essere articolato in un certo numero di comparti che prevedono differenti linee di investimento con
profili di rischio-rendimento differenziati (azionaria, bilanciata, obbligazionaria, monetaria). Ciò consente
all'aderente, all'atto dell'adesione, di scegliere uno o più comparti in cui far confluire i versamenti contributivi, con
la facoltà di modificare nel tempo tale destinazione nel rispetto del periodo minimo di un anno dall’iscrizione ovvero
dall’ultima riallocazione.
Riepilogando quindi i fondi pensione chiusi sono rivolti, come ricordato, ai lavoratori dipendenti pubblici e privati,
ai professionisti, ai soci di cooperative. Il fatto di appartenere ad una determinata categoria di lavoratori o di
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lavorare presso l'impresa che ha istituito il fondo pensione chiuso, costituisce condizione essenziale per poter
partecipare al fondo medesimo.
I fondi pensione aperti invece non traggono origine da una forma istitutiva o dall'esistenza di un accordo integrativo
aziendale, ma sono istituiti su iniziativa di un soggetto vigilato (banche, SIM, SGR, imprese di assicurazione) e
sono rivolti a coloro che non possono partecipare ai fondi chiusi, o perché hanno perso il diritto di partecipare al
fondo o perché non posseggono i requisiti richiesti.
I Fondi Pensioni devono rendere disponibili ai potenziali aderenti specifici documenti informativi precontrattuali a
consegna obbligatoria e alcuni facoltativi. La COVIP (Commissione di Vigilanza sui fondi pensione) con la
deliberazione del 25 maggio 2016 ha approvato il nuovo Regolamento sulle modalità di adesione alle forme
pensionistiche complementari, che sostituisce il precedente Regolamento, di cui alla Deliberazione del 29 maggio
2008. La novità più importante introdotta dal nuovo Regolamento, in vigore dal 1° giugno 2017, è la concentrazione
di tutte le informazioni essenziali per l’adesione nella I Sezione della Nota Informativa denominata “Informazioni
chiave per l’aderente”, che diventa l’unico documento da consegnare obbligatoriamente all’atto
dell’adesione, insieme al documento “La mia pensione complementare” e al modulo di adesione comprensivo
del questionario di autovalutazione. La Nota informativa integrale, lo statuto (per i fondi pensione negoziali), il
regolamento (per i fondi pensione aperti e PIP) e le condizioni generali di contratto (per i PIP) dovranno essere
consegnati solo all’aderente che ne faccia espressa richiesta, fermo l’obbligo di renderli comunque disponibili sul
sito web della forma pensionistica.
Oltre ai citati documenti informativi, le forme pensionistiche devono pubblicare il Documento sul regime fiscale, il
Documento sulle anticipazioni.
In fase di adesione, nell’ambito delle proposte di investimento, una delle principali novità è rappresentata
dall’indicazione che la scelta tra le opzioni di investimento deve essere preceduta da una valutazione, da parte
dell’aderente, della propria situazione personale e delle proprie aspettative di prestazione (questionario di
autovalutazione COVIP allegato al modulo di adesione). Al fine di rendere l’adesione sempre più consapevole e
informata, è stata inserita una nuova previsione relativa alle adesioni dei soggetti che risultino, sulla base di quanto
dichiarato nel Modulo di adesione, già iscritti ad altra forma pensionistica complementare (art. 7, comma 6). Con
riferimento a tali individui, gli incaricati della raccolta delle adesioni sono tenuti a sottoporre all’interessato anche
la “Scheda dei costi” contenuta nelle “Informazioni chiave per l’aderente” della forma pensionistica di
appartenenza, al fine di consentire un raffronto con quella della forma pensionistica proposta.
Tale scheda, debitamente sottoscritta dall’interessato, dovrà essere acquisita agli atti dagli incaricati/intermediari
coinvolti nella raccolta delle adesioni.
Al fine di facilitare la reperibilità della Scheda dei costi di ciascuna forma pensionistica complementare, sul sito
COVIP è pubblicato l’elenco di tutti i link delle schede dei costi delle forme tenute alla redazione. L’elenco è
alimentato e aggiornato dalle forme pensionistiche complementari, alle quali è richiesto di comunicare alla COVIP
il link della Scheda dei costi immediatamente dopo la pubblicazione della medesima nel proprio sito web e di
aggiornarlo a seguito di ogni cambiamento.
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Un’ulteriore novità di rilievo riguarda l’art. 9, comma 1, nel quale è stata eliminata la previsione che, per il
collocamento dei fondi aperti e dei PIP, richiedeva il rispetto, in aggiunta alle disposizioni specificamente dettate
dalla COVIP, delle regole previste per il collocamento di prodotti finanziari e assicurativi. Nella nuova formulazione,
ci si limita a richiamare le altre regole che eventualmente trovino applicazione nei riguardi dell’intermediario in
forza della normativa del proprio settore di appartenenza. Anche tale intervento va nella direzione di semplificare
gli adempimenti a carico dei fondi pensione e degli incaricati della raccolta delle adesioni e di meglio chiarire quali
sono gli adempimenti essenziali, prescritti dalla COVIP, da porre in essere in tale fase. Tale modifica tiene anche
conto dell’avvenuto inserimento nell’ambito del Modulo di adesione di uno specifico questionario di
autovalutazione da parte dell’aderente, relativamente alla propria situazione personale e alle proprie aspettative
di prestazione pensionistica, finalizzato a favorire la scelta di un’opzione di investimento per quanto possibi le
coerente con le caratteristiche proprie dell’aderente. Anche le regole di comportamento da tenersi nella raccolta
delle adesioni, contenute nell’art. 11, sono state riviste, chiarendo che le stesse si applicano ai fondi pensione e
ai soggetti istitutori dei fondi aperti e dei PIP, sia per la raccolta delle adesioni effettuata direttamente sia per il
tramite di soggetti incaricati. È stata inoltre prevista la necessità di impartire agli incaricati della raccolta delle
adesioni apposite istruzioni al fine di assicurare il rispetto delle regole di comportamento enucleate in detto articolo.
Le regole di condotta sono state riviste in un’ottica di maggiore chiarezza e semplificazione.
Un’ulteriore novità è la disciplina della raccolta delle adesioni mediante sito web che è stata introdotta al fine di
meglio regolare i presidi di correttezza che devono essere salvaguardati nell’utilizzo di siffatto strumento. In tale
ambito sono previste alcune specifiche tutele per l’interessato tra cui la necessità di un consenso espresso
all’utilizzo dello strumento e la previsione del diritto di recesso da esercitarsi entro trenta giorni dall’adesione,
senza costi e senza necessità di indicare motivi. È poi precisato che, nel procedimento di collocamento tramite
sito web sia le forme pensionistiche complementari, sia i soggetti incaricati della raccolta delle adesioni, sono
tenuti ad osservare le regole di comportamento dettate nel Titolo II.
La COVIP ha introdotto l’obbligo per fondi pensione chiusi, fondi pensione aperti e PIP di calcolare, per ogni
comparto di investimento, l’Indicatore Sintetico di Costo o I.S.C. e da riportare nelle rispettive Note Informative
L’I.S.C. è una stima dei costi complessivi annui per la partecipazione ad una forma pensionistica complementare,
espressa in percentuale della posizione individuale maturata e calcolata facendo riferimento a un aderente-tipo
che effettua un versamento contributivo annuo di 2.500 euro e ipotizzando un tasso di rendimento annuo del 4%
e permanenze nel programma previdenziale pari a 2, 5, 10, 35 anni.
Il dato, in pratica, indica di quanto si riduce il rendimento rispetto a quello che si otterrebbe con un ipotetico prodotto
senza costi (Esempio: I.S.C. a 5 anni = 2% significa che il rendimento del Comparto si riduce di un 2% annuo, nei
5 anni, per effetto dei costi).
La mia pensione complementare versione standardizzata è invece uno strumento che fornisce indicazioni sulla
possibile evoluzione della posizione individuale nel tempo e sull'importo delle prestazioni che si potranno ottenere
al momento del pensionamento. Si tratta di una mera proiezione, basata su ipotesi e dati stimati; pertanto gli
importi effettivamente spettanti potranno essere diversi da quelli indicati. Il documento informativo è però utile per
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avere un'idea immediata del piano pensionistico che si sta costruendo e di come gli importi delle prestazioni
possano variare al variare, ad esempio, della contribuzione, delle scelte di investimento, dei costi e così via.
Gli stessi documenti sono disponibili sul sito internet del soggetto istitutore (banca/compagnia/SGR/SIM), in
un’apposita sezione dedicata alle forme pensionistiche complementari. Su richiesta, il materiale viene inviato agli
interessati. In conformità alle disposizioni della COVIP, viene inviata annualmente all’aderente una comunicazione
contenente informazioni sulla sua posizione individuale, sui costi sostenuti e sui risultati di gestione conseguiti.
La vigilanza sui fondi, sull'attività da essi svolta e dal 2007 anche sui piani individuali pensionistici attuati mediante
contratti assicurativi è esercitata dalla COVIP, che ha ampi poteri di vigilanza regolamentare, ispettiva e
informativa elencati nel decreto legislativo n. 252 del 2005 (richiesta di dati e documenti, possibilità di convocare
gli organi di amministrazione e controllo, chiedere l'esibizione di atti o documenti, accedere direttamente ai fondi,
ecc.).
L'esercizio dell'attività dei fondi pensione è, infatti, subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della
COVIP. Dal 2007 anche tutte le forme pensionistiche complementari devono essere autorizzate dalla COVIP che
ne verifica il rispetto delle condizioni previste dalla legge e delle istruzioni fornite dalla stessa. Le forme
pensionistiche autorizzate sono poi iscritte in un apposito “albo delle forme pensionistiche complementari”.
Il legislatore ha previsto per tutte le forme pensionistiche complementari (i fondi pensioni aperti, chiusi e i PIP)
organi sociali propri (art. 5 del D.Lgs. 252/2005):
- il c.d. Responsabile del Fondo, che ha il compito di assicurare terzietà, trasparenza e garanzia nei confronti
degli iscritti al fondo, verifica che la gestione della stessa sia svolta nell'esclusivo interesse degli aderenti,
nonché nel rispetto della normativa vigente e delle previsioni stabilite nei regolamenti e nei contratti; sulla base
delle direttive emanate da COVIP provvede all'invio di dati e notizie sull'attività complessiva del fondo richieste
dalla stessa COVIP. Le medesime informazioni vengono inviate contemporaneamente anche all'organismo di
sorveglianza interno. In particolare vigila sul rispetto dei limiti di investimento, complessivamente e per
ciascuna linea in cui si articola il fondo, sulle operazioni in conflitto di interesse e sulle buone pratiche ai fini di
garantire la maggiore tutela degli iscritti;
- un organismo di sorveglianza (costituito da almeno 2 membri), che rappresenta gli interessi degli aderenti e
verifica che l'amministrazione e la gestione complessiva del fondo avvenga nell'esclusivo interesse degli
stessi, anche sulla base delle informazioni ricevute dal responsabile della forma pensionistica. L'organismo
riferisce agli organi di amministrazione del fondo e alla COVIP delle eventuali irregolarità riscontrate.
Molto importante è anche il ruolo della banca depositaria che ha in custodia le risorse dei fondi. La banca deve
essere un soggetto distinto dal gestore finanziario del fondo.
La banca depositaria esegue le istruzioni impartite dal soggetto gestore del patrimonio del fondo, se non siano
contrarie alla legge, allo statuto del fondo stesso e ai criteri stabiliti nel decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze.
Gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono senza ritardo alla COVIP sulle irregolarità
riscontrate nella gestione dei fondi pensione.
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Le forme di previdenza complementare ad adesione individuale individuate dal D. Lgs. 252/2005 sono i fondi
pensione aperti ad adesione individuale e i Piani Individuali Pensionistici (PIP) sono forme pensionistiche
individuali realizzate attraverso la sottoscrizione di contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale.
Prima del 1 gennaio 2007 data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 252/2005, la previgente normativa (D.
Lgs. n. 124/93 e D. Lgs. n. 47/2000) aveva introdotto e disciplinato e polizze FIP (forme individuali pensionistiche).
Queste particolari polizze vita di tipo rivalutabile / unit linked / multiramo con finalità previdenziali, collocate tra il
2001 e il 2006, prevedono prestazioni pensionistiche erogabili in rendita ed, in parte, anche in capitale e hanno lo
scopo di costituire un’integrazione pensionistica su base volontaria e individuale.
I FIP sono forme pensionistiche complementari che possono essere istituite esclusivamente da imprese di
assicurazione e che non si sono adeguate alle disposizioni previste dal D. Lgs. n. 252/2005 (quindi non rientrano
nell’ambito di vigilanza della COVIP, ma sono rimaste sotto la vigilanza prima dell’ISVAP ora dell’IVASS).
Dal 1 gennaio 2007 i FIP non sono più in commercializzazione e sono stati sostituiti dai PIP. Questa nuova
tipologia di forma pensionistica può essere istituita esclusivamente da imprese di assicurazione sulla vita ed è
stata equiparata sotto tutti gli aspetti alle altre forme pensionistiche complementari (Fondi pensione chiusi e aperti)
vigilate dalla COVIP, unica Authority di Controllo per tutte le forme pensionistiche complementari adeguate alle
norme del D. Lgs. n. 252/2005.
I PIP non possono essere destinatari di conferimento con modalità tacite del TFR ma solo con una scelta esplicita
del lavoratore dipendente.
I PIP, come gli altri fondi pensione, si sviluppano su due fasi: un primo periodo definito fase di accumulo ed uno
successivo definito fase di erogazione.
Per fase di accumulo si intende il periodo compreso tra la data di effetto del contratto e la data di accesso alle
prestazioni pensionistiche. In tale periodo il contraente versa i contributi che concorrono alla determinazione del
capitale che sarà utilizzato per l’erogazione della prestazione pensionistica.
Per fase di erogazione si intende il periodo, successivo alla fase di accumulo, durante il quale l’impresa di
assicurazione eroga le prestazioni pensionistiche.
Esistono tre forme di gestione finanziaria dei PIP:
- i contratti di tipo rivalutabile, la cui prestazione è legata all'andamento di un fondo a gestione separata. Essi
offrono la garanzia di rimborso del capitale, molto spesso accompagnata dalla garanzia di un rendimento
minimo annuo. Un'altra caratteristica di queste polizze è il consolidamento dei rendimenti conseguiti di anno
in anno, che sono acquisiti definitivamente e non risentono, quindi, degli andamenti successivi. Le gestioni
separate di queste polizze vita sono investite prevalentemente in obbligazioni: i loro rendimenti sono
essenzialmente costanti nel tempo, ma non raggiungono valori particolarmente elevati;
- i contratti di tipo Unit Linked, in cui i premi versati sono investiti in uno o più fondi assicurativi interni della
Compagnia o in un fondo comune d'investimento. In questo caso non c'è più la garanzia di un rendimento
annuo minimo ed il risultato finale è legato all'andamento dei fondi. La scelta è tra più linee di gestione, dalle
più prudenti fino a quelle a maggior contenuto azionario;
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- i contratti multiramo (I e III) con gestione life cycle cioè con un meccanismo automatico di investimento che
collega le diverse linee di investimento alle diverse età anagrafiche/ fasi della vita lavorativa. Si prevede in
misura preponderante l’investimento di tipo azionario ad inizio carriera per poi progredire gradualmente verso
linee obbligazionarie, monetarie e con minimo garantito in età prossima al pensionamento.
Nel caso di PIP attuati mediante contratti di tipo rivalutabile la posizione individuale consiste nel capitale
accumulato di pertinenza di ciascun aderente; è alimentata dai contributi netti versati, dagli eventuali importi
derivanti da trasferimenti da altre forme pensionistiche complementari e dai versamenti effettuati per il reintegro
delle anticipazioni percepite, ed è ridotta da eventuali riscatti parziali e anticipazioni. Per i lavoratori dipendenti
privati la posizione individuale può essere alimentata oltre che dai versamenti dell’iscritto anche dal TFR
maturando e da eventuale contributo volontario del datore di lavoro. Per contributi netti si intendono i versamenti
al netto dei costi e dei contributi destinati a copertura delle prestazioni accessorie espressamente esplicitate. La
posizione individuale viene rivalutata in base al rendimento della gestione interna separata riconosciuto
all’aderente (o in base al rendimento dei fondi interni/OICR in caso di PIP attuati mediante contratti di tipo Unit
Linked).
L’adesione ai PIP è volontaria e libera, non essendo necessariamente legata ad una determinata occupazione o
all’esercizio di una libera professione o di un lavoro autonomo. I soggetti che possono aderire ai PIP sono gli stessi
interessati ai fondi pensione aperti, anche le prestazioni e il trattamento fiscale sono simili.
Il fondo pensione aperto permette però anche adesioni di tipo collettivo, mentre invece i PIP solo adesioni
individuali. Altro elemento di distinzione è rappresentato dal fatto che i PIP, soprattutto quelli in forma di polizza
rivalutabile, hanno sembianze più assicurative e permettono un rendimento minimo garantito, oltre che la garanzia
di consolidamento dei risultati.
Va precisato che gli attivi posti a copertura degli impegni di natura previdenziale dei PIP istituiti dalla Compagnia
costituiscono patrimonio separato ed autonomo rispetto agli altri attivi della Compagnia. Il patrimonio del PIP è
destinato all’erogazione agli aderenti delle prestazioni pensionistiche e non può essere distratto da tale fine. Su di
esso non sono ammesse azioni esecutive da parte dei creditori della Compagnia o di rappresentanti dei creditori
stessi, né da parte dei creditori degli aderenti o di rappresentanti dei creditori stessi. Il patrimonio del PIP non può
infine essere coinvolto nelle procedure concorsuali che riguardino la Compagnia.
8. La destinazione del TFR alle forme pensionistiche complementari
L'intervento di riforma, culminato con l'emanazione del D.Lgs. 5-12-2005, n. 252, si è posto come obiettivo lo
sviluppo della previdenza complementare riguardante sia i lavoratori dipendenti privati, pubblici e i lavoratori
autonomi.
Una delle novità più importanti della riforma sulla previdenza complementare riguarda il Trattamento di Fine
Rapporto (TFR) dei lavoratori dipendenti privati che può essere utilizzato come fonte di finanziamento delle forme
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pensionistiche complementari. Il TFR è, come abbiamo già visto, una forma di retribuzione che viene corrisposta
dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente.
Essa matura in proporzione alla durata del rapporto e si determina accantonando, per ciascun anno di lavoro, una
quota pari all'importo delle retribuzioni annue (salari e stipendi lordi più tutti gli elementi integrativi della
retribuzione) diviso per 13,5. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione
di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa cui si aggiunge uno spread pari al 75% dell'aumento dell'indice dei
prezzi al consumo ISTAT (art. 2120 del Codice Civile).
Secondo quanto previsto dalla riforma previdenziale, così come modificata dalla legge finanziaria del 2007, dal 1°
gennaio 2007 al 30 giugno 2007 ciascun lavoratore dipendente (già assunto alla data del 31 dicembre 2006), ad
eccezione dei lavoratori domestici e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e che non versava ancora il
TFR ad una forma pensionistica complementare ha potuto effettuare la scelta di (modalità esplicita):
− destinare il TFR futuro alla forma pensionistica complementare prescelta. In tal caso, dal 1° luglio 2007
il datore di lavoro è tenuto a versare la quota di TFR nella forma pensionistica prescelta maturata a partire
dalla data di adesione;
− mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro. Per i lavoratori di aziende con almeno 50 addetti, l'intero
TFR è stato trasferito dal datore di lavoro al Fondo per l'erogazione del TFR ai dipendenti del settore privato
– Fondo Tesoreria, gestito, per conto dello Stato, dall'INPS, che assicura le stesse prestazioni previste per il
TFR dall'art. 2120 del Codice Civile e pertanto, in tal caso, per il lavoratore non si è verificato alcun
cambiamento. Per i lavoratori di aziende con meno di 50 dipendenti il TFR rimane in azienda e nulla cambia
rispetto al precedente regime.
Il lavoratore che già aderiva a un fondo pensione destinando il TFR a tale fondo non ha dovuto effettuare alcuna
scelta ulteriore, in quanto il TFR ha mantenuto la destinazione già opzionata.
Per i lavoratori di prima occupazione antecedente il 28 aprile del 1993 in caso di versamento del TFR a forme di
previdenza complementare collettive o individuali viene data la possibilità di versare una percentuale del TFR
maturando. Per i lavoratori di prima occupazione successive al 28 aprile del 1993 il versamento del TFR
maturando a forme di previdenza complementare deve essere integrale (100% del TFR maturando). La legge
annuale per il mercato e la concorrenza n. 124 del 2017 ha apportato delle modifiche sostanziali all’impianto
normativo del d.lgs. 252/2005. Il nuovo art.8, comma 2 del citato Decreto, in vigore dal 29 agosto 2017, prevede
che gli accordi collettivi (compresi gli accordi plurimi e regolamenti aziendali) possano prevedere il versamento
al fondo pensione di una percentuale minima di TFR senza l’obbligo della integrale destinazione delle quote
maturande dello stesso; tale opzione è stata fino al 28 agosto 2017 riservata ai lavoratori di prima occupazione
antecedente il 28 aprile del 1993. E’ quindi demandata agli accordi collettivi la possibilità di introdurre tale facoltà
che potrà riguardare, in assenza di previsioni specifiche, tutti i lavoratori con TFR, senza distinzione tra soggetti
già iscritti (ante e post ’93) e nuovi aderenti, potendosi prevedere anche la scelta tra diverse quote percentuali a
partire dallo 0%. In assenza di tale indicazione il conferimento del TFR maturando è totale.
Per gli aderenti in via individuale la possibilità di devoluzione parziale è esclusa potendo gli stessi aderire
senza TFR o con versamento integrale delle quote maturande.
73
Altra novità importante del D. Lgs. n. 252/2005, in vigore dal 1 gennaio 2007, è l'introduzione del principio del
silenzio-assenso per il trasferimento degli accantonamenti futuri del TFR alle diverse forme di previdenza
individuate nel provvedimento stesso.
Se entro il 30 giugno 2007 il lavoratore non ha espresso alcuna indicazione relativa alla destinazione del TFR
(modalità tacita), da quella data è scattato il meccanismo del silenzio-assenso e la mancata indicazione della
scelta del lavoratore è stata intesa come manifestazione tacita della volontà di aderire alla previdenza
complementare.
In tal caso, il datore di lavoro ha trasferito, a partire dal 1° luglio 2007, il TFR futuro alla forma pensionistica
collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata
con un diverso accordo aziendale, se previsto.
Se esistono più forme pensionistiche collettive (es. fondo pensione nazionale di categoria e fondo pensione
aziendale) cui il lavoratore ha facoltà di aderire, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro:
− alla forma individuata con accordo aziendale;
− in assenza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell'azienda.
In assenza di una forma pensionistica collettiva individuabile, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro ad
un'apposita forma pensionistica complementare istituita presso l'INPS, denominata FONDINPS, alla quale si
applicano le stesse regole di funzionamento delle altre forme pensionistiche complementari. Occorre sottolineare
che FONDINPS e il Fondo Tesoreria sono due entità differenti da non confondere: il primo è una vera e propria
forma pensionistica complementare che raccoglie e gestisce, in via residuale, il TFR di quei lavoratori che non
hanno manifestato la loro scelta di destinazione; il secondo non è una forma pensionistica complementare, ma
semplicemente un fondo che raccoglie il TFR dei lavoratori dipendenti di aziende con almeno 50 dipendenti (che
hanno deciso di mantenere il TFR in azienda).
Il conferimento al fondo pensione può essere costituito oltre che dal TFR anche dai contributi del lavoratore (che
sono sempre volontari) e del datore di lavoro (che possono essere volontari o obbligatori, nel caso dei fondi di
categoria).
.
È istituito presso l’INPS un Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per le imprese con meno di 50 addetti
che non intendono corrispondere immediatamente con risorse proprie la quota che i lavoratori intendono percepire
in busta paga. Per accedere ai finanziamenti, l’INPS rilascia ai datori di lavoro una certificazione del TFR maturato
da ciascun lavoratore, sulla cui base i datori di lavoro richiedono il finanziamento a una delle banche o intermediari
finanziari aderenti all’apposito accordo-quadro. Ai relativi finanziamenti non possono essere applicati tassi,
comprensivi di ogni eventuale onere, superiori al tasso di rivalutazione della quota di TFR. Per tali imprese che
optino per lo schema di accesso al credito, si prevede l’obbligo di versare al Fondo di garanzia presso l’INPS un
contributo pari allo 0,2% della retribuzione, in proporzione alle quote di TFR destinate a parte integrativa della
retribuzione.
74
9. I requisiti per la prestazione nelle forme pensionistiche complementari
Prestazioni finali al pensionamento (rendita o capitale)
Le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate ad erogare una pensione aggiuntiva
a quella corrisposta dagli Istituti di previdenza obbligatoria.
Il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle
prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno 5 anni di partecipazione alle forme
pensionistiche complementari.
La prestazione può essere erogata interamente sotto forma di rendita (rendita vitalizia, reversibile o altro), parte
in capitale (fino ad un massimo del 50% della posizione maturata) e in parte in rendita, interamente sotto forma di
capitale se l’importo della rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al
50% dell'assegno sociale oppure se si tratta di un vecchio iscritto (coloro che si sono iscritti alla previdenza
complementare entro il 27 aprile 1993) a un fondo preesistente (istituiti ante 15/11/92).
Nel computo dell'importo complessivo erogabile in capitale sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione
per le quali non si sia provveduto al reintegro.
Il Decreto Legislativo n. 88/2018 in vigore dal 14 luglio 2018 ha modificato il comma 2 dell’art. 11 del D. Lgs. n.
252/2006 prevedendo la riduzione del periodo di partecipazione minimo al sistema di previdenza complementare
necessario per aver accesso alla prestazione pensionistica dal fondo. Tale periodo è quindi ridotto da 5 a 3 anni
a condizione che si tratti di aderenti che cessino il lavoro corso per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso
acquisisca il diritto a una pensione complementare e che si stabiliscano la propria residenza in altro Stato membro.
Prestazioni antecedenti il pensionamento (RITA, anticipazioni, riscatti)
Dopo un periodo transitorio, dal 1º maggio 2017 al 31 dicembre 2017, la Legge di Bilancio 2018 (art. 1, comma
168, lettera a) della legge n.205/2017) ha integrato l’art.11 del Testo Unico della Previdenza Complementare (D.
Lgs. n. 252/2005) introducendo la disciplina della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) che unifica e
stabilizza le versioni di rendita anticipata precedentemente previste dalla legge di bilancio per il 2017 e dalla legge
per il mercato e la concorrenza n. 124 del 2017.
Si tratta di una prestazione innovativa che, da un lato, funge da “ponte previdenziale” consentendo di accedere al
capitale accumulato con anticipo rispetto all’età necessaria per la pensione vecchiaia e, dall’altro, rappresenta la
prima prestazione di previdenza complementare che applica una tassazione più vantaggiosa a prescindere dal
relativo periodo di maturazione.
La legge di bilancio per il 2018 ha modificato i requisiti per accedere alla RITA, sono legittimati:
1) i lavoratori cessati dal servizio cui manchino non più di 5 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia purchè
siano in possesso di un requisito contributivo di almeno20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza;
2) i lavoratori disoccupati da più di ventiquattro mesi cui manchino non più di 10 anni all’età prevista per la pensione
di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza.
75
Tale nuova prestazione anticipata in forma di RITA è accessibile a tutti i lavoratori, sia dipendenti privati che
pubblici, iscritti alle rispettive forme di previdenza complementare disciplinate dai decreti legislativi 252/2005 e
124/93; restano esclusi gli iscritti ai fondi in regime di prestazione definita. La RITA è percepita dal momento
dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia e
consiste nell’erogazione frazionata, in tutto o in parte a scelta dell’iscritto, del capitale previdenziale accumulato
delle prestazioni delle forme pensionistiche complementari (fondi pensione preesistenti, chiusi, aperti, PIP), con
esclusione di quelle in regime di prestazione definita (per il periodo considerato che sarà di massimo 5 o 10 anni
in base ai requisiti sopra esposti). L’intero montante destinato all’erogazione in forma di RITA è soggetto a
tassazione sostitutiva con aliquota decrescente dal 15% al minimo del 9%, a prescindere dal relativo periodo di
maturazione.
L'anticipazione della posizione individuale maturata è consentita nelle seguenti ipotesi previste dalla legge:
− in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75%, per spese sanitarie per terapie e interventi
straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche relative all'aderente al coniuge o ai figli;
− decorsi 8 anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75%, per l'acquisto della prima casa per l'aderente
o per i figli;
− decorsi 8 anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30%, per ulteriori esigenze degli aderenti.
Le somme percepite a titolo di anticipazione non possono mai eccedere, complessivamente, il 75% del totale dei
versamenti, comprese le quote del TFR, maggiorati delle plusvalenze tempo per tempo realizzate, effettuati alle
forme pensionistiche complementari a decorrere dal primo momento di iscrizione alle predette forme.
Ai fini della determinazione dell'anzianità necessaria per la richiesta delle anticipazioni sono considerati utili tutti i
periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall'aderente per i quali lo stesso non
abbia esercitato il riscatto totale della posizione individuale.
L'aderente può trasferire per scelta volontaria il capitale maturato presso una forma individuale di previdenza ad
un'altra forma di previdenza complementare, purché siano passati almeno 2 anni dalla conclusione del contratto
(principio di portabilità ad altra forma pensionistica).
Durante la fase di contribuzione oltre a prelevare una somma a titolo di anticipazione è possibile chiedere il riscatto
(parziale o totale) della posizione individuale maturata.
Il riscatto è consentito nella misura del 50% della posizione individuale maturata, in caso di cessazione dell'attività
lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi,
ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni,
ordinaria o straordinaria.
L’aderente può riscattare l'intera posizione individuale maturata in caso di:
a) invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo
b) cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48
mesi.
76
c) Decesso dell’iscritto
d) cessazione dei requisiti di partecipazione per cause diverse dalle precedenti
La legge di bilancio per il 2018 ha eliminato l’ultimo periodo dell’art.14, comma 2, lett. c) riguardante la preclusione
del riscatto totale fiscalmente agevolato in caso di inoccupazione superiore a 48 mesi o invalidità che comporti
riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo qualora tali eventi si verifichino nei 5 anni antecedenti la
maturazione dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio di appartenenza. Essendo venuta meno questa
preclusione la fattispecie di riscatto totale sopra menzionata resta un diritto esercitabile come fattispecie a se
stante, eventualmente richiedibile, al ricorrere dei rispettivi presupposti, in alternativa alla RITA.
Nel caso di decesso, prima che si raggiunga il diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione è riscattata
dagli eredi o dai diversi beneficiari (persone fisiche e giuridiche) indicati dall’iscritto. Al di fuori dei suddetti casi
previsti dalla legge o dagli statuti o dai regolamenti delle forme pensionistiche, la posizione, limitatamente alle
forme pensionistiche individuali (fondi pensione aperti e PIP), viene devoluta a finalità sociali. Nelle forme
pensionistiche complementari collettive (fondi pensione chiusi/preesistenti e fondi pensione aperti), la suddetta
posizione resta acquisita al fondo pensione.
L’aderente che perde i requisiti di partecipazione, in alternativa al trasferimento della posizione anche prima del
periodo minimo di permanenza, può chiedere, in alcuni casi previsti dalla legge, dagli statuti o dai regolamenti
delle forme pensionistiche collettive, la restituzione della posizione maturata. La posizione può anche essere
mantenuta nel fondo senza il versamento di ulteriori contribuzioni. La legge 124/2017 ha esteso questo diritto alla
richiesta di riscatto totale anche agli aderenti ai PIP e ai fondi pensione aperti ad adesione individuale.
L’articolo 14, comma 5 del D. Lgs. n. 252/2005, nella versione riformata, prevede che per cause di perdita dei
requisiti diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3 (inoccupazione perdurante che giustifica riscatti parziali e totali,
invalidità, mobilità, cassa integrazione e premorienza) la facoltà di riscatto sia consentita sia agli aderenti in via
collettiva che a quelli in via individuale. Come precisato da COVIP nella circolare n. 5027/2017, la perdita dei
requisiti nelle forme individuali si sostanzia nella cessazione dell’attività lavorativa dichiarata in sede di adesione
o in un momento successivo (tramite modulo allegato alla comunicazione periodica o scaricabile dal sito). Tale
facoltà è riconosciuta a prescindere dalla tipologia di lavoro svolto (dipendente privato, lavoratore autonomo, libero
professionista, ecc.). Secondo i chiarimenti Covip forniti nella richiamata circolare il riscatto potrà essere esercitato
finché perdura la condizione di inoccupazione e l’attestazione della chiusura del rapporto dovrà avvenire con
documentazione idonea (es. certificazione centro per l’impiego o dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti
che il soggetto non sta svolgendo alcuna attività).
Il soggetto istitutore della forma pensionistica, accertata la sussistenza dei requisiti, provvede al trasferimento o
al riscatto della posizione con tempestività e comunque entro il termine massimo di 6 mesi dalla ricezione della
richiesta. Il trasferimento della posizione individuale e il riscatto totale comportano la cessazione della
partecipazione al fondo o al PIP.
Il diritto al trasferimento è sempre ammesso trascorsi 2 anni dalla data di adesione alla forma pensionistica, è
ammesso un termine inferiore nei casi di trasferimento richiesto per cessazione dei requisiti di partecipazione.
77
10. Il regime fiscale delle polizze vita e delle forme di previdenza
complementare
Prima di parlare del regime fiscale delle polizze vita è necessario approfondire il concetto di deducibilità dal
concetto di detraibilità. Le deduzioni consentono a un contribuente di ridurre il proprio reddito complessivo sul
quale viene calcolata l’imposta lorda ai fini IRPEF. Le detrazioni consentono di ridurre l’imposta lorda IRPEF di un
determinato importo per arrivare alla determinazione dell’imposta netta.
Il regime fiscale, a cui devono sottostare i contratti di assicurazione sulla vita, ha subito nel tempo varie modifiche
attraverso l’emissione di norme legislative. Sicuramente è da citare la riforma prevista dal D.Lgs. 47/2000 entrato
in vigore il 1° gennaio 2001 e le recenti novità introdotte dal D.Lgs. 13 agosto 2011. n.138 in vigore dal 1° gennaio
2012, dal D.L. n. 102/13 – (Decreto IMU) convertito nella legge 28 ottobre 2013 n. 124, dal Decreto Legge 24
aprile 2014, n. 66 convertito nella legge 23 giugno 2014 n. 89 e dalla Legge 23 dicembre 2014 n° 190 (Legge di
Stabilità 2015).
Il regime fiscale delle polizze vita emesse entro il 31 dicembre 2000
Per tutte le polizze vita emesse e in vigore prima del 31 dicembre 2000, era riconosciuta la detraibilità dalle imposte
sul reddito del 19% del premio versato per assicurazioni sulla vita e contro infortuni con il massimo di 1.291,14
euro. Le assicurazioni sulla vita in particolare non dovevano avere durata inferiore a 5 anni e non dovevano
prevedere la possibilità di concessione di prestiti entro i primi 5 anni.
Era prevista inoltre l’applicazione di un’imposta del 2,50% sui premi versati dal contraente all’impresa di
assicurazione (dal 1° gennaio 2001, questa imposta non è più applicata alle nuove assunzioni).
Sulle prestazioni erogate era prevista la seguente tassazione:
1. Corresponsione del capitale a scadenza o in caso di riscatto, quando il soggetto assicurato è ancora in vita
a. ritenuta del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi;
b. la suddetta differenza deve essere ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo dalla
conclusione del contratto;
c. in caso di riscatto dell’assicurazione entro i primi cinque anni, l’ammontare dei premi per i quali si è
usufruito della detrazione d’imposta costituisce reddito soggetto a tassazione separata.
2. Corresponsione del capitale per morte dell’assicurato
a. non è applicata alcuna ritenuta d’imposta,
3. Corresponsione di una rendita vitalizia
a. le rendite vitalizie, costituite a titolo oneroso costituiscono reddito soggetto a tassazione IRPEF per il
60% dell’ammontare lordo percepito nel periodo d’imposta;
b. ritenuta, al momento della liquidazione, a titolo d’acconto sulla rata di rendita erogata con l’aliquota
prevista per il primo scaglione di reddito.
78
Il regime fiscale delle polizze vita emesse dal 1° gennaio 2001
Il D.Lgs. 47/2000 ha profondamente modificato la disciplina fiscale della previdenza complementare e dei prodotti
assicurativi vita. Queste nuove disposizioni si applicano soltanto ai contratti stipulati dopo il 1° gennaio 2001.
Il trattamento fiscale varia a seconda della categoria contrattuale di appartenenza della polizza vita e al tipo di
prestazione assicurativa offerta. Le modifiche apportate dal D.Lgs. 47/2000 hanno operato la distinzione
fondamentale tra contratti di assicurazione aventi ad oggetto il rischio morte, l’invalidità permanente e la non
autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana e i contratti di assicurazione sulla vita con
capitalizzazione dei premi versati, che hanno natura prevalentemente finanziaria.
A seconda della tipologia di polizza, che può avere finalità assicurativa, finanziaria o previdenziale, vige un diverso
criterio di detraibilità.
Ai fini del trattamento fiscale ha rilevanza anche la distinzione tra la fase di accumulo (che si riferisce al periodo
che intercorre tra la data di decorrenza del contratto e la data di accesso alle prestazioni pensionistiche) e la fase
di erogazione (che è invece il periodo in cui la Compagnia di Assicurazioni eroga la prestazione pensionistica
assicurata in forma di rendita).
Le novità fiscali introdotte negli ultimi anni (2011-2018)
Nel 2013 il regime fiscale applicato ai premi versati ha subito importanti cambiamenti, infatti, il decreto-legge del
31 agosto 2013 n. 102 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124) ha introdotto significative
modifiche al regime di detraibilità ai fini Irpef dei premi versati per le coperture assicurative contemplate nell'articolo
15, comma 1, lettera f), del TUIR. L’art. 12 del citato decreto (c.d. Decreto IMU) ha disposto che già per l’anno di
imposta 2013, venga dimezzata la detraibilità dei premi versati per assicurazioni aventi ad oggetto il rischio di
morte o invalidità permanente”.
Infatti a partire dal 1° gennaio 2013 la detraibilità fiscale del 19% sui premi assicurativi vita passa dal limite
massimo di 245,31 € (19% di 1291,14 euro) a 119,70 € (19% di 630 €). In pratica già per i versamenti effettuati
nel 2013 che beneficiano di tale detrazione il vantaggio fiscale si riduce di 125.61 € (da 245,31 € a 119,70 €). Dal
2014 il tetto dei premi detraibili scende a 530 euro (detrazione massima pari a 101 euro).
Ma i cambiamenti più significativi riguardano l’inasprimento della tassazione dei rendimenti finanziari maturati dai
prodotti assicurativi vita e previdenziali. Si inizia con il D.Lgs. 13 agosto 2011. n.138 che ha introdotto una nuova
aliquota pari al 20% per la tassazione dei redditi maturati dal 1 gennaio 2012 a valere su tutte le polizze vita a
contenuto finanziario di ramo I rivalutabili (vita intera, capitale/rendita differita, mista), di ramo III (unit e index
linked) e di ramo V (operazioni di capitalizzazione). Le nuove disposizioni non si applicano alle forme
pensionistiche complementari (PIP di ramo I e/o III ed FPA di ramo VI) che mantengono, in fase di accumulazione
una tassazione agevolata (fino al 2013 con aliquota dell'11% sul maturato) e le polizze di puro rischio (TCM, LTC,
ecc.) le cui prestazioni finali non sono tassate.
La nuova normativa ha anche previsto un meccanismo per abbattere l’imponibile da assoggettare a tassazione
del 20% per la quota riconducibile ai Titoli di Stato ed equiparati (la cui tassazione resta pari al 12,5%).
79
Dall’1/1/2012 si considera la media semplice delle percentuali di Titoli di Stato annualmente rilevate all’interno del
patrimonio del fondo. Per i contratti di Ramo I la percentuale presa a riferimento è quella indicata nel rendiconto
annuale della Gestione Separata.
L’articolo 3 del Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito nella legge 23 giugno 2014 n. 89 ha disposto a
partire dal 1° luglio 2014 l’aumento dal 20% al 26% delle ritenute e imposte sostitutive sui redditi di capitale e sui
redditi diversi di natura finanziaria ad esclusione dei proventi derivanti dagli investimenti in titoli del debito pubblico
italiano e organismi equiparati, così come per quelli derivanti da titoli del debito pubblico di taluni Stati esteri.
Come detto la nuova aliquota entra in vigore il 1°luglio 2014, per evitare possibili distorsioni sui mercati finanziari,
la normativa indica i criteri per il passaggio al nuovo regime. Come nella disciplina del 2011, viene confermata la
regola generale per cui l’aliquota del 26% si applica ai redditi di capitale divenuti esigibili e ai redditi diversi
realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014 e cioè ai rendimenti delle polizze assicurative maturati dal 1° luglio in
poi.
Infine la legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015) prevede, a partire dal periodo d’imposta 2015 dei
cambiamenti sul trattamento fiscale applicato alle polizze vita e alle forme pensionistiche complementari, in
particolare la Legge prevede:
➢ l’abrogazione dell’esonero da tassazione, ai fini IRPEF, della componente finanziaria dei capitali caso
morte corrisposti ai beneficiari di contratti di assicurazione sulla vita non esclusivamente stipulati a
copertura del rischio di premorienza
➢ l’innalzamento dell’aliquota di tassazione sui rendimenti netti delle gestioni annuali delle forme di
previdenza complementare.
In sostanza viene confermata l’esenzione IRPEF per i capitali corrisposti in caso di decesso dell’assicurato di
polizze temporanee caso morte (che coprono esclusivamente il rischio di premorienza); nel caso di polizze di ramo
I, III e V caratterizzate anche da componente di rischio finanziario, in caso di premorienza dell’assicurato
l’esenzione IRPEF permane limitatamente alla quota di capitale liquidato corrispondente alla copertura del rischio
demografico. La quota di capitale espressione della componente finanziaria della polizza sarà, invece, tassata al
26% (la base imponibile corrispondente alla differenza tra la suddetta quota di capitale “finanziario” e la somma
dei premi versati).Tale norma va in controtendenza rispetto all’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate
nella circolare 29/e del 20/03/2001, secondo la quale le somme corrisposte a seguito di morte, invalidità
permanente o perdita di autosufficienza hanno natura risarcitoria a fronte di eventi che inavvertitamente colpiscono
la vita dell’assicurato, risultando incerto se o, nel caso del decesso, quando essi verranno a verificarsi. Le somme
finalizzate a proteggere dalle situazioni conseguenti a tali eventi i beneficiari designati – tipicamente persone la
cui sussistenza o il cui tenore di vita sono strettamente legati alla altrui capacità di guadagno – non dovrebbero
costituire reddito né, di conseguenza, essere soggette a tassazione. Ma ovviamente nella gerarchia delle fonti
prevale la norma di legge alla circolare amministrativa dell’Agenzia delle Entrate.
80
Per quanto riguarda invece le forme pensionistiche complementari (fondi pensione e PIP), i commi 621 e 622
dell’art. 1 della Legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) dispongono, già a partire dal periodo di imposta 2014,
un incremento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva prevista dall’art. 17, comma 1, del Decreto Legislativo 5
dicembre 2005, n. 252, che si applica sul risultato netto maturato dal fondo pensione in ciascun anno, che passa
dall’11,5% (aliquota introdotta dal cd. Decreto Renzi, ovvero dal Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito
con modificazioni nella Legge 23 giugno 2104, n. 89) all’attuale aliquota del 20%. Se il patrimonio della forma
pensionistica complementare viene investito in titoli del debito pubblico italiani od esteri ed equiparati, la base
imponibile da assoggettare a tassazione viene proporzionalmente ridotta in modo da garantire che la quota parte
del rendimento ascrivibile ai predetti titoli sia tassata al 12,50% che è l’aliquota applicata in caso di detenzione
diretta degli stessi.
Sempre la legge 190/2014 (legge di stabilità 2015) prevede – a partire dal 1° gennaio 2015 – l’aumento dall’11%
al 17% dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione annuale del TFR lasciato in azienda cioè non destinato a forme
di previdenza complementare o versato mensilmente in busta paga.
La legge 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha introdotto importanti novità normative e fiscali sui Piani
Individuali di Risparmio di tipo assicurativo (PIR assicurativi) e sulle forme pensionistiche complementari.
Per i PIR sono previste alcune agevolazioni fiscali come l’esenzione da tassazione dei redditi di capitale o redditi
diversi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati nel piano.
Il trasferimento, a causa della morte del contraente, degli strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto
all'imposta sulle successioni e donazioni.
Altre novità fiscali introdotte dalla legge di bilancio per il 2017 interessano i fondi pensione e i PIP adeguati al
D.Lgs. 252/2005 In particolare in fase di contribuzione è prevista la possibilità per un lavoratore dipendente di
destinare il premio di produttività come contributo alla previdenza complementare in esenzione da Irpef anche
qualora l’importo complessivo di tali versamenti (sia da parte del datore di lavoro, sia del dipendente) dovesse
superare la soglia dei 5.164 euro. A tale importante agevolazione se ne aggiunge un’altra, consistente nel non far
concorrere tali contributi a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche che saranno erogate. I premi
di produttività convertiti in contributi ai fondi pensione, anche eccedenti gli ordinari limiti di deducibilità, saranno
deducibili in fase di contribuzione e non saranno tassati al momento del pagamento della prestazione.
Per consentire ai fondi pensione di tassare le prestazioni nel rispetto delle disposizioni, dovranno essere
comunicati i contributi oggetto di sostituzione con le erogazioni premiali.
In fase di gestione finanziaria del montante accumulato è prevista la possibilità da parte del fondo pensione/PIP
di investire, per un periodo minimo di 5 anni, in quote o azioni di imprese (o in OICR che investono su tali titoli)
con residenza fiscale in Italia o in altri Stati membri dell’UE o SEE con stabile organizzazione nel territorio
medesimo.
I redditi derivanti dagli investimenti agevolati sono esenti ai fini dell’imposta sul reddito e pertanto non concorrono
alla formazione della base imponibile dell’imposta del 20% sul risultato di gestione. L’esenzione non si applica
per i redditi relativi a partecipazioni qualificate (azioni con diritto di voto in assemblea ordinaria superiore al 2% o
81
al 20% ovvero una partecipazione a capitale o patrimonio superiore al 5% o al 25% secondo che si tratti di titoli
negoziati o altre partecipazioni). I redditi esenti sono da escludere ai fini della determinazione della base imponibile
della prestazione di previdenza complementare. Le forme di previdenza complementare possono destinare agli
investimenti qualificati somme fino al 5% dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio
precedente. I Fondi pensione multicomparto si devono considerare i singoli comparti separatamente e
l’agevolazione va calcolata sulla base degli importi dei titoli confluiti in ogni linea di investimento.
Altra novità introdotta dalla legge 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) è la rendita integrativa temporanea
anticipata – RITA. La parte imponibile della rendita, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di
maturazione della prestazione pensionistica complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d'imposta con
l'aliquota del 15% ridotta di una quota pari a 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione a forme
pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di
iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1º gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del
2007 sono computati fino a un massimo di 15. Le somme erogate a titolo di RITA sono imputate, ai fini della
determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31
dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1º gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e
successivamente a quelli maturati dal 1º gennaio 2007.
A) Polizze Vita aventi finalità assicurative
Sono quelle polizze che garantiscono l’assicurato contro gli eventi principalmente di tipo assicurativo (polizze di
rischio), quali:
- polizze vita Temporanee Caso Morte;
- polizze Miste (per le quali ai fini fiscali viene presa in considerazione quella parte del contratto che prevede la
copertura del puro rischio di morte);
- polizze Long Term Care (che garantiscono una rendita vitalizia all’assicurato solo quando si verifica una
situazione di non autosufficienza dello stesso nello svolgimento delle principali attività vitali);
- polizze Dread Disease (che garantiscono un capitale in caso di malattie gravi a prescindere dal fatto che le
conseguenze delle stesse siano morte o invalidità permanente);
- polizze per l'Invalidità Permanente superiore al 5%.
Le ultime tre polizze devono anche prevedere la rinuncia della Compagnia al diritto di recesso in caso di sinistro.
Per questa tipologia di contratti è previsto il regime fiscale illustrato di seguito.
Trattamento fiscale in fase di accumulo:
Nessuna imposta viene applicata ai premi versati.
È possibile detrarre dalle imposte sul reddito un importo pari al 19% con un massimo di 1.291,14 euro della parte
di premio destinata al costo della copertura di rischio versato entro il 31 dicembre 2012. Per il 2013 il limite di
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detraibilità fiscale si riduce a 630 euro. A decorrere dal 2014, la situazione diventa più complessa. In sostanza la
norma incrementa il limite agevolabile da 630 fino a 1.291,14 euro in presenza di premi LTC, disponendo un ordine
di utilizzo di tale plafond: fino a 530 euro per i premi rischio morte o invalidità permanente e da 530 euro (o dal
minor importo utilizzato per i premi rischio morte o invalidità permanente) fino a 1.291,14 euro per i premi LTC. Si
precisa che nei limiti di 630 euro e 530 euro, rispettivamente, per il periodo d'imposta 2013 e a decorrere dal 2014,
sono compresi i premi versati per i contratti di assicurazione sulla vita e contro gli infortuni stipulati o rinnovati
entro il periodo d'imposta 2000.
I seguenti esempi chiariscono le modalità di calcolo del beneficio fiscale sui premi versati a partire dal 2014:
Esempio n. 1
Se un contraente ha due coperture assicurative (una per il caso morte, per cui viene versato un premio di 900
euro e un'altra per LTC, il cui premio è pari a 700 euro), l'importo "base" detraibile riferibile al premio caso morte
resta 530 euro. A tale importo va aggiunto l'ulteriore beneficio riservato ai premi LTC, in misura non superiore alla
differenza tra 1.291,14 euro e 530 euro (soglia "base" per la detraibilità della polizza caso morte) = 761,14 euro
(cioè 700 euro, tale essendo l'importo del premio pagato per la LTC). In totale il premio detraibile sarà pari a 530
euro più 700 euro, cioè 1.230 euro.
Esempio n. 2
Se un contraente ha due coperture assicurative (una per il caso morte, per cui viene versato un premio di 400
euro e un'altra per LTC, il cui premio è pari a 300 euro), l'importo "base" detraibile riferibile al premio caso morte
è 400 euro. A tale importo va aggiunto l'ulteriore beneficio riservato ai premi LTC, in misura non superiore alla
differenza tra 1.291,14 euro e 400 euro (premio per la detraibilità della polizza caso morte) = 891,14 euro (importo
superiore ai 300 euro del premio pagato per la LTC). In totale il premio detraibile sarà pari a 400 euro più 300
euro, cioè 700 euro.
Trattamento fiscale in fase di erogazione delle prestazioni:
- liquidazione del capitale a scadenza o in caso di riscatto (per le polizze miste): la plusvalenza maturata è
tassata al 12,50% (per i redditi maturati al 31 dicembre 2011), al 20% come capital gain ad eccezione della
quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per i redditi maturati dal 2012 al 30 giugno
2014) e al 26% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata
al 12,50% (per i redditi maturati dal 1 luglio 2014 in poi). Il capitale liquidato è esente dalla dichiarazione IRPEF
e dall’imposta di bollo;
- liquidazione del capitale per decesso dell’assicurato: per le polizze di puro rischio il capitale liquidato non è
tassato ed è esente dalla dichiarazione IRPEF, dall’imposta di bollo e dall’imposta sulle successioni; invece
per le polizze miste il capitale corrispondente alla differenza tra il capitale “finanziario” da liquidare e la somma
dei premi versati è tassato al 26%.liquidazione di una rendita (caso vita, caso morte): la rendita erogata è
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esente dalla dichiarazione IRPEF (il capitale trasformato in rendita è assoggettato alla tassazione
sull'eventuale plusvalenza). La rivalutazione annua della rendita è tassata a titolo di imposta al 12,50% (fino
al 31 dicembre 2011) e al 20% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o
equivalenti tassata al 12,50% (per le rivalutazioni annue maturate dal 2012 al 30 giugno 2014) e al 26% come
capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per i redditi
maturati dal 1 luglio 2014 in poi).
B) Polizze Vita aventi finalità finanziaria
Rientrano sotto questa definizione:
- polizze di capitalizzazione;
- polizze Unit Linked;
- polizze Index Linked;
- polizze rivalutabili a versamento unico a capitale differito;
- polizze rivalutabili a versamento unico a vita intera;
- polizze rivalutabili miste, per le quali si considera finalità finanziaria quella parte del contratto che contribuisce
alla costituzione a scadenza di un capitale o di una rendita;
- piani di accumulo per la costituzione a scadenza di un capitale o una rendita.
Per questa tipologia di contratti è previsto il regime fiscale illustrato di seguito.
Trattamento fiscale in fase di accumulo:
- nessuna tassazione viene applicata ai premi versati su polizze vita sottoscritte a partire dal 1 gennaio 2001;
- non è consentito detrarre il premio versato ai fini IRPEF tranne per le polizze miste che prevedono un
pagamento specifico per le coperture caso morte, invalidità permanente e LTC a cui si applicano le
disposizioni descritte in precedenza.
- Imposta di bollo: per le polizze sottoscritte entro il 31 dicembre 2000 assoggettate all’imposta sulle
assicurazioni non sono soggette all’applicazione dell’imposta di bollo. Le polizze sottoscritte o rinnovate dal
2001 in poi non sono assoggettate all’imposta sulle assicurazioni e quindi assoggettate all’imposta di bollo
che per l'anno 2012 prende in considerazione il controvalore della polizza al 31 dicembre 2011 e applica
un’aliquota dello 0,1%. L'imposta di bollo dell'anno 2012 è pari all'importo ottenuto in precedenza con due
ulteriori specifiche: non può essere inferiore a 34,20 euro né superiore a 1.200 euro. Se il contratto viene
liquidato totalmente in corso d'anno, l'imposta sarà dovuta in "quota parte" solo per la parte di anno in cui il
contratto è rimasto in vigore. Per l'anno 2013 si adotta lo stesso metodo ma con aliquota dello 0,15%. Nel
caso il contratto non venga liquidato entro il 2013, l'imposta di bollo viene calcolata alla fine di ogni anno solare
e verrà pagata solo nel momento della liquidazione totale del contratto, in qualsiasi anno essa avvenga. Il
pagamento viene effettuato direttamente dalla Compagnia di Assicurazioni, la quale agisce da sostituto di
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imposta. Si ricorda che a partire dal 2014 l’imposta di bollo sale dallo 0,15% allo 0,2% eliminando l’importo
minimo di 34,20 €.
Sono assoggettate all’applicazione dell’imposta di bollo i prodotti assicurativi finanziari (unit linked, index
linked e operazioni di capitalizzazione) e non le polizze vita rivalutabili di ramo I.
Trattamento fiscale in fase di erogazione delle prestazioni:
- liquidazione del capitale a scadenza o in caso di riscatto: la plusvalenza maturata è tassata al 12,50% e il
capitale liquidato è esente dalla dichiarazione IRPEF. Dal 1° Gennaio 2012 le plusvalenze sulle polizze unit
linked e sulle polizze vita collegate a gestioni separate sono tassate al 20%, al netto della quota dei proventi
/ plusvalenze realizzati dai fondi e dalle gestioni separate riferibili agli investimenti in titoli di Stato italiani ed
equiparati e titoli di Stato esteri (inclusi nella white list del TUIR), che saranno tassati separatamente con
l'aliquota del 12,5%. Pertanto l’aliquota effettiva di tassazione dipenderà dal mix degli investimenti (titoli
pubblici e altro), se gli attivi a copertura delle polizze sono soltanto titoli di Stato si pagherà il 12,5%, viceversa
se sono totalmente assenti si pagherà il 20%. Come detto in precedenza l’articolo 3 del Decreto Legge 24
aprile 2014, n. 66 ha disposto a partire dal 1° luglio 2014 l’aumento dal 20% al 26% dell'aliquota applicata ai
redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria diversi dai proventi derivanti dagli investimenti in titoli
del debito pubblico italiano o estero (Paesi white list) e organismi equiparati.
Per quanto riguarda le polizze già stipulate alla data del 31 dicembre 2011, si applicherà la vecchia aliquota
del 12,5% alla parte dei redditi riferita al periodo intercorrente tra la data di sottoscrizione o acquisto della
polizza e il 31 dicembre 2011;
- liquidazione del capitale per decesso dell’assicurato: il capitale liquidato non è soggetto all’imposta sulle
successioni, ma è soggetto, a partire dal 1 gennaio 2015, a tassazione con aliquota del 26% il capitale
corrispondente alla differenza tra il capitale “finanziario” da liquidare e la somma dei premi versati. Inoltre i
prodotti assicurativi finanziari di ramo III (unit e index linked) e di ramo V (operazioni di capitalizzazione) sono
sottoposti a imposta di bollo;
- liquidazione di una rendita (caso vita, caso morte). La rendita erogata è esente dalla dichiarazione IRPEF (il
capitale trasformato in rendita è assoggettato alla tassazione sull'eventuale plusvalenza). La rivalutazione
annua della rendita è tassata a titolo di imposta al 12,50% (fino al 31 dicembre 2011) come capital gain, al
20% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50%
(per le rivalutazioni annue maturate dal 2012 al 30 giugno 2014) e al 26% come capital gain ad eccezione
della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per i redditi maturati dal 1 luglio 2014
in poi).
C) Forme di previdenza complementare
Di seguito viene descritta la disciplina fiscale applicata alle forme di previdenza complementare ad adesione
collettiva (fondi pensione preesistenti, chiusi e aperti) e individuale (PIP e fondi pensione aperti)
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Di seguito illustriamo il regime fiscale previsto in questo caso.
Trattamento fiscale in fase di accumulo (e cioè dei contributi nel periodo che intercorre tra la data di decorrenza
del contratto e quella di accesso alle prestazioni pensionistiche):
- I contributi versati dall’aderente alle forme pensionistiche complementari, a decorrere dal 1° gennaio 2007,
sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57.Se l’aderente è un
lavoratore dipendente, ai fini del raggiungimento del predetto limite, si tiene conto anche dei contributi a carico
del datore di lavoro. Il limite assoluto di deducibilità di € 5.164,57 tiene conto quindi di tutti i versamenti che
affluiscono alle forme pensionistiche, collettive e individuali, (compresi gli eventuali contributi del datore di
lavoro) con la sola esclusione della quota di TFR.
La Legge di Stabilità 2016 e la Legge di Bilancio 2017 sono intervenute sul regime fiscale agevolato per i
premi di produttività, infatti il Legislatore ha volute introdurre delle forme di incentivazione della forza lavoro
agevolate fiscalmente, In particolare in fase di contribuzione è prevista la possibilità per un lavoratore
dipendente del settore private di destinare il premio di produttività come contributo alla previdenza
complementare in esenzione da Irpef anche qualora l’importo complessivo di tali versamenti (sia da parte del
datore di lavoro, sia del dipendente) dovesse superare la soglia dei 5.164,57 euro. A tale importante
agevolazione se ne aggiunge un’altra, consistente nell’esclusione di tali premi di produttività dalla parte
imponibile delle prestazioni pensionistiche che saranno erogate. I premi di produttività fino al limite massimo di
4.000 euro (per lavoratori dipendenti con reddito massimo pari a 80.000 euro) convertiti in contributi ai fondi
pensione/PIP, anche eccedenti gli ordinari limiti di deducibilità, saranno deducibili in fase di contribuzione e
non saranno tassati al momento del pagamento della prestazione.
Per la parte dei contributi versati che non hanno fruito della deduzione, compresi quelli eccedenti i suddetti
ammontari 5.164,57 euro a cui si possono aggiungere fino a un massimo di 4.000 euro di premio di produttività
se rispettate tutte le condizioni previste dalla normativa di settore (c.d. contributi non dedotti), il contribuente
comunica alla forma pensionistica complementare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è
stato effettuato il versamento, ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, l’importo
non dedotto o che non sarà dedotto nella dichiarazione dei redditi. Come vedremo, tale comunicazione
permetterà una diminuzione delle imposte da pagare in fase di erogazione delle prestazioni.
Analizzando nel dettaglio le citate disposizioni possiamo notare:
- i contributi versati alle forme pensionistiche complementari sono deducibili non soltanto dal reddito da lavoro
ma in generale dal reddito complessivo. Tra le varie componenti del reddito complessivo possono figurare:
appunto redditi da lavoro dipendente e/o da lavoro autonomo, redditi di capitale, da fabbricati, d'impresa,
diversi. Poiché inoltre gli importi deducibili sono in percentuale al reddito complessivo, il risparmio fiscale è
crescente all’aumentare del reddito stesso e dell’aliquota IRPEF di riferimento. Qualora poi siano previste
garanzie assicurative complementari come il rischio di morte o il rischio infortuni/invalidità permanente, i premi
corrispondenti a tali garanzie sono anche queste deducibili dal reddito complessivo;
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- nel plafond deducibile rientrano anche i contributi versati alle forme pensionistiche complementari nell’interesse
delle persone fiscalmente a carico (e cioè i familiari del dichiarante o persone legate da vincolo di parentela
tale da comportare l’obbligo di alimenti, in possesso di redditi propri non superiori a un determinato ammontare
che è fissato in euro 4.000 al lordo degli oneri deducibili) per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse.
Per la parte eccedente (che può risultare anche l’intero contributo) la deduzione spetta al contribuente al quale
l’aderente stesso risulta fiscalmente a carico. Pertanto i contributi del soggetto a carico concorrono con gli
eventuali contributi propri del soggetto che opera la deduzione. La parte dei contributi versati (anche per le
persone a carico) al fondo di previdenza complementare, per i quali il contribuente non ha potuto fruire della
deduzione, non sono tassati al momento della liquidazione della prestazione. Il contribuente ha però l'obbligo
di comunicare alla forma pensionistica complementare l'importo che non dedotto nella dichiarazione dei redditi.
Questa comunicazione va fatta entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è stato effettuato il
versamento, ovvero, se il diritto alla prestazione matura prima di tale data, entro il giorno di maturazione. Per
quanto riguarda la comunicazione alla forma pensionistica complementare dei contributi non dedotti, deve
essere resa al fondo con riferimento al titolare della posizione previdenziale, precisando che l'ammontare
complessivo delle somme non dedotte dall'iscritto non è stato dedotto neanche dal soggetto di cui questi è a
carico;
- dal 2007 la deducibilità è stata estesa anche ai contributi versati a forme pensionistiche complementari istituite
presso gli stati membri dell'Unione Europea e presso gli stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico
europeo che consentono un effettivo scambio di informazione. Nella prospettiva di una liberalizzazione dell'età
pensionabile va poi rammentato come si continua a beneficiare ugualmente del vantaggio della deducibilità
fiscale, anche nei casi di prosecuzione volontaria, oltre il raggiungimento dell'età pensionabile, dei versamenti
dei contributi alle forme pensionistiche complementari (si ricorda che tale scelta di contribuzione libera è
ammessa a condizione che l'aderente possa far valere, alla data del pensionamento, almeno un anno di
contribuzione a favore delle forme di previdenza complementare);
- vanno inoltre notate le agevolazioni previste per i lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio
2007 (e cioè quei lavoratori che a tale data non erano titolari di una posizione contributiva aperta presso un
qualsiasi ente di previdenza obbligatoria), al fine di incentivare l'adesione dei giovani alla previdenza
complementare. Si prescrive che, limitatamente ai primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche
complementari, è consentito, nei 20 anni successivi al 5° anno di partecipazione a tali forme, di dedurre dal
reddito complessivo dichiarato ai fini IRPEF contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, fino a un ammontare
pari alla differenza positiva tra l'importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque
anni di partecipazione alle forme pensionistiche, e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro
l'anno. In sostanza l'importo massimo annuale complessivamente deducibile (a partire dal 6° anno successivo
a quello di iscrizione) sale per questi lavoratori a 7.746,86 euro;
- per quanto riguarda infine la quota del trattamento di fine rapporto TFR che confluisce in una forma di
previdenza complementare, questa non è soggetta a tassazione per il lavoratore dipendente al momento del
trasferimento;
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- Alle forme di previdenza complementare (fondi pensione e PIP) non si applica l’imposta di bollo.
Possono essere utili per la comprensione i seguenti esempi:
Esempio 1: Due lavoratori dipendenti (il signor Rossi e il Signor Bianchi) di una stessa azienda ciascuno con reddito annuo lordo pari a 30.000 euro si trovano a scegliere se aderire o meno a una forma pensionistica.
Signor Rossi (non aderisce a una forma pensionistica)
Reddito complessivo 30.000
Irpef dovuta 7.720
Signor Bianchi (aderisce a una forma pensionistica)
Reddito complessivo 30.000
Contributo annuo versato alla forma pensionistica prescelta (4% del reddito)
1.200
Reddito imponibile 28.800
Irpef dovuta 7.264
Risparmio fiscale 456
Esempio 2: Consideriamo la possibile adesione di un lavoratore autonomo il cui reddito complessivo risulta il seguente:
Reddito complessivo 40.000 Coniuge a carico con redditi pari a 2.500 Il lavoratore autonomo aderisce alla forma di previdenza complementare e versa un contributo pari al 6% di 40.000 Contributo versato sulla sua posizione 2.400 Versa inoltre un contributo alla forma di previdenza complementare di ulteriori 4.000 nell’interesse del coniuge a carico Contributo sulla posizione del coniuge 4.000 Totale contributi versati sulle due posizioni 6.400 Poiché il coniuge ha un reddito dichiarato di 2.500, il lavoratore autonomo potrà portarsi in deduzione dal suo reddito i contributi versati sulla sua posizione (2.400) più i contributi non dedotti dal coniuge (1.500 in quanto i primi 2.500 azzereranno l'imponibile fiscale del coniuge).
Deduzione totale del Lavoratore autonomo Sotto il massimo deducibile di 5.164,57
3.900 (2.400+1.500)
Trattamento fiscale in fase di accumulazione (e cioè dei rendimenti nel periodo che intercorre tra la data di
decorrenza del contratto e quella di accesso alle prestazioni pensionistiche):
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- i rendimenti / plusvalenze che derivano dall’investimento dei contributi in strumenti finanziari diversi dai titoli
di stato emessi da Paesi UE sono soggetti annualmente ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.
dell’11% (percentuale inferiore all’aliquota massima del 26% attualmente applicata, in fase di liquidazione, alle
rendite finanziarie). L’aliquota fiscale applicata fino al 2013 è stata pari al’11%, la Legge di Stabilità 2015
dispone, già a partire dal periodo di imposta 2014, un incremento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva che
passa dall’11,5% (aliquota introdotta dal Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66 - cd. Decreto Renzi - convertito
con modificazioni nella Legge 23 giugno 2104, n. 89) all’attuale aliquota del 20% sul risultato maturato. La
tassazione effettiva dei redditi riferibili ai titoli pubblici italiani ed esteri equiparati resterà al 12,5%. È previsto
inoltre un credito d’imposta pari al 9% del risultato maturato, al netto dell’imposta sostitutiva dovuta, da attività
di carattere finanziario a medio o lungo termine (credito d’imposta istituito dall’articolo 1, comma da 91 a 94,
della legge n. 190/2014.). Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 giugno 2015
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2015, n. 175) individua le attività di carattere finanziario a
medio-lungo termine in cui le forme di previdenza complementare sono chiamate ad investire per usufruire
del credito di imposta. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 settembre 2015
chiarisce che le richieste potranno essere presentare a partire dal 2016 dal 1° marzo al 30 aprile di ciascun
anno. L'eventuale risultato negativo maturato nel periodo d'imposta è computato in diminuzione del risultato
della gestione dei periodi d'imposta successivi o utilizzato;
- nessuna applicazione della disciplina sull’imposta di bollo.
Trattamento fiscale in fase di erogazione delle prestazioni (e cioè nel periodo in cui la Compagnia di
assicurazione eroga la prestazione pensionistica assicurata):
- la prestazione pensionistica erogata, sia essa in forma di capitale o di rendita, è assoggettata ad una ritenuta
a titolo definitivo del 15%. La base imponibile è determinata al netto della parte corrispondente ai redditi già
assoggettati all’imposta sostitutiva annuale e agli importi non dedotti. L’aliquota del 15% è ridotta di 0,30 punti
percentuali per ogni anno successivo al 15° anno di partecipazione alla forma pensionistica complementare,
fino a raggiungere un limite massimo di riduzione pari a 6 punti percentuali. Con questo meccanismo, dunque,
dopo 35 anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari, l’aliquota potrà ridursi fino al 9%;
Le prestazioni pensionistiche possono essere erogate in capitale fino ad un massimo del 50% del montante
finale accumulato;
- i rendimenti maturati nella fase di erogazione della rendita sono infine assoggettati ad una imposta sostitutiva
del 12,50% (fino al 31 dicembre 2011) come capital gain e al 20% come capital gain ad eccezione della quota
riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per le rivalutazioni annue maturate dal 2012 al
30 giugno 2014) e al 26% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti
tassata al 12,50% (per i redditi maturati dal 1 luglio 2014 in poi).
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La prestazione maturata viene quindi tassata al massimo al 15% e con un minimo del 9% (con 35 anni di
partecipazione) meno quindi rispetto all’aliquota minima IRPEF del 23%. Questa tassazione è più favorevole di
quella prevista per il TFR (tassazione separata).
Nel caso di anticipazioni e riscatti di PIP o fondi pensione si applicano le regole illustrate di seguito.
Le anticipazioni delle posizioni individuali maturate (che come ricordiamo non possono superare mai il 75% del
totale dei versamenti) sono assoggettate ad un regime di tassazione diverso in funzione della finalità per la quale
queste vengono erogate.
In particolare, è applicata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del:
− 15% ridotta di una quota pari a 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione a forme
pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6% nel caso di richiesta di anticipazione
per spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi
straordinari riconosciuti dalle competenti autorità pubbliche.
− 23% nel caso di richiesta di anticipazione per:
- acquisto e ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé o per i figli;
- ulteriori esigenze dell’aderente (in questo caso l’anticipazione può arrivare al 30%).
L’aliquota è in ogni caso applicata sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta.
Sulle somme erogate a titolo di riscatto della posizione individuale, al netto della componente finanziaria che ha
già scontato l’imposta sostitutiva in capo alla forma pensionistica complementare nonché al netto dei contributi
che non sono stati dedotti, viene operata una ritenuta a titolo di imposta con l'aliquota del 15% ridotta di una quota
pari a 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme pensionistiche complementari
con un limite massimo di riduzione al 6% per:
− cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi
e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità,
cassa integrazione guadagni o straordinaria (in questo caso il riscatto può arrivare al 50% della posizione
individuale maturata);
− invalidità permanente (che si traduca in una riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo), morte
dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, cessazione dell'attività
lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo superiore a 48 mesi (in questo caso il riscatto può
arrivare al 100% della posizione individuale maturata).
Sulle somme erogate a titolo di riscatto per cause diverse da quelle sopra indicate si applica una ritenuta a titolo
di imposta del 23% sull'imponibile calcolato con le stesse modalità sopra indicate.
Per riassumere possiamo quindi dire che l’attuale disciplina fiscale della previdenza complementare segue uno
schema ETT: esenzione dei contributi entro determinati limiti di deducibilità, tassazione quasi piena dei rendimenti
prodotti in fase di accumulo e una tassazione molto ridotta delle prestazioni erogate.
90
Da una lettura testuale del comma 168 della legge di bilancio per il 2018 (nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’art. 11
del D.Lgs. 252/05) si evince che la base imponibile della RITA, determinata secondo le disposizioni fiscali vigenti
per i periodi di maturazione della prestazione, è soggetta alla ritenuta a titolo di imposta del 15%-9%. Visto che il
principio fiscale del pro rata temporis è richiamato unicamente per la determinazione delle basi imponibili dei
diversi montanti (M1, M2 ed M3) sembra opportuno ritenere che, una volta determinata la base imponibile, su tutto
il capitale erogato a titolo di RITA trovi applicazione la tassazione agevolata che normalmente riguarda soltanto il
montante post 1° gennaio 2007. La norma specifica inoltre la possibilità per il soggetto interessato di rinunciare
all’applicazione dell’imposta sostitutiva facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi; in tal
caso la rendita anticipata è assoggettata a tassazione ordinaria.
Il regime tributario applicato riguarda in ogni caso sia i dipendenti privati che i dipendenti pubblici.
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NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Codice Civile - Libro Quarto “Delle obbligazioni” - Titolo II “Dei contratti in generale” - Capo XX “Dell’assicurazione”
Sezione III “Dell’assicurazione sulla vita”
Art. 1919. Assicurazione sulla vita propria o di un terzo.
L'assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.
L'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto (2725).
Art. 1920. Assicurazione a favore di un terzo.
È valida l'assicurazione sulla vita a favore di un terzo (1411 e seguenti).
La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all'assicuratore, o per testamento (587 e seguente, 649); essa e efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l'attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona.
Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione (1411, 1923).
Art. 1921. Revoca del beneficio
La designazione del beneficiario è revocabile con le forme con le quali può essere fatta a norma dell'articolo precedente. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario ha dichiarato di voler profittare del beneficio (1411).
Se il contraente ha rinunziato per iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio. La rinuncia del contraente e la dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all'assicuratore (att. 188).
Art. 1922. Decadenza dal beneficio.
La designazione del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato (801).
Se la designazione e irrevocabile ed è stata fatta a titolo di liberalità, essa può essere revocata nei casi previsti dall'art. 800 (att. 188).
Art. 1923. Diritti dei creditori e degli eredi.
Le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare (Cod. Proc. Civ. 491 e seguenti, 670 e seguenti).
Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (2901 e seguenti) e quelle relative alla collazione (737 e seguenti), all'imputazione (747) e alla riduzione (555 e seguenti) delle donazioni.
Art. 1924. Mancato pagamento dei premi.
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Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l'assicuratore può agire per l'esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell'art. 1901; in tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate.
Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto (1453 e seguenti), e i premi pagati restano acquisiti all'assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell'assicurazione o per la riduzione della somma assicurata.
Art. 1925. Riscatto e riduzione della polizza.
Le polizze di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e di riduzione della somma assicurata, in modo tale che l'assicurato sia in grado, in ogni momento, di conoscere quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione dell'assicurazione.
Art. 1926. Cambiamento di professione dell'assicurato.
I cambiamenti di professione o di attività dell'assicurato non fanno cessare gli effetti dell'assicurazione, qualora non aggravino il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione (1898).
Qualora i cambiamenti siano di tale natura che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore avrebbe consentito l'assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.
Se l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all'assicuratore, questi, entro quindici giorni, deve dichiarare se intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio.
Se l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei due sensi su indicati, l'assicurato, entro quindici giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.
Se l'assicurato dichiara di non accettare, il contratto e risoluto, salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come adesione alla proposta dell'assicuratore.
Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi precedenti possono farsi anche mediante raccomandata (att. 187).
Art. 1927. Suicidio dell'assicurato.
In caso di suicidio dell'assicurato, avvenuto prima che siano decorsi due anni dalla stipulazione del contratto, l'assicuratore non è tenuto al pagamento delle somme assicurate, salvo patto contrario.
L'assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del contratto per mancato pagamento dei premi (1901), non sono decorsi due anni dal giorno in cui la sospensione e cessata.
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