III
CLASSIFICAZIONE DELLO SHIKOKU REIJŌ
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IL CULTO IN KŌBŌ DAISHI
Foto scattata dall'Autore.
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III.1. Shikoku Reijō: topografia di un pellegrinaggio.
Geograficamente l’isola dello Shikoku, il cui nome vuol dire in giapponese quattro regni/province
(shikoku 四国), è diviso in quattro maggiori prefetture, che sono: Tokushima-ken 徳島県, Kōchi-ken
高知県, Ehime-ken 愛媛県, e Kagawa-ken 香川県1. Il tempio numero uno si trova nella provincia di
Tokushima, quindi per convenzione il pellegrinaggio inizia in questa prefettura e si conclude in
quella di Kagawa2. La divisione e l’ordine in cui generalmente si attraversano le quattro province, e
la ricorrenza del numero quattro lungo il pellegrinaggio, ci portano a cominciare col fare una serie
di considerazioni.
Per prima cosa, a proposito della valenza simbolica che viene data alle quattro provincie, ogni
provincia rappresenta un differente stadio o grado di consapevolezza. Questi quattro stadi
simbolizzano delle fasi di crescita spirituale, che sono in accordo con il consueto attraversamento
dell'isola in ordine crescente dal tempio numero uno al numero ottantotto. Si crede che il pellegrino
che si avventura in questo viaggio attraversi un cammino per l’illuminazione, lungo il quale le
quattro province dello Shikoku ne rappresenterebbero i quattro stadi. Il primo stadio (Tokushima),
simbolizza il risveglio della mente, e in generale il risveglio della Fede nella dottrina, ed è indicato
col termine hosshin 発心; il secondo stadio prende il nome di shugyō 修行, fa riferimento alla pratica
religiosa austera. Questo stadio corrisponde alla provincia di Kōchi, che è la provincia più calda e
più grande di tutta l’isola di Shikoku. Nonostante la sua grande estensione, Kōchi è, tra le quattro
province, quella che contiene il minor numero di templi. Per raggiungere un tempio, il pellegrino
può impiegare anche tre giorni di cammino; questo implica che lungo la strada si troveranno anche
un numero minore di luoghi dove riposare o trovare riparo. Il caldo implacabile3, l’enorme distanza
tra un tempio e l’altro, ed altri disagi connessi al luogo (come il dialetto dell’area, che è poco
comprensibile persino ai giapponesi che vengono da fuori) fanno di Kōchi, sul piano fisico e
psicofisico, la provincia più dura da attraversare. È per questo motivo che il termine associato a
questa provincia è shugyō, che suggerisce l'idea che la fede del pellegrino venga messa duramente
alla prova in questa fase. Coloro che non si fermano e proseguono il cammino, raggiungono la terza
provincia, Ehime, dove la temperatura si abbassa nuovamente; questo terzo stadio corrisponde al
bodai 菩提 , ovvero la realizzazione dell’Illuminazione. L’ultima provincia, Kagawa, simboleggia
1 Anticamente i nomi delle quattro prefetture erano, in ordine, Awa no kuni 阿波国 , Tosa no kuni 土佐国, Iyo no
kuni 伊予国, Sanuki no kuni 讃岐国.2 Anche se è vero che molti pellegrini non si curano di rispettare tale numerazione (che in effetti è arbitraria), giacché
passeranno in ogni caso per ognuno degli ottantotto templi.3 In MIYATA, 2006, p. 12, vediamo come già nei mesi aprile-maggio si riscontri a Kōchi un tasso di umidità dell’aria
tra l’83% e il 90 %.
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l’entrata nel Nirvāņa 涅槃.
Anche la posizione geografica delle province è interconnessa simbolicamente con il loro valore
spirituale.
Si fornirà di seguito un abbozzo di schema che forse risulterà più chiaro e conciso di ulteriori
spiegazioni. Vi è riportato anche il numero di templi che ci sono in ogni provincia.
1. Tokushima-ken (Awa), Risveglio (発心), n. templi: 23, est.
2. Kōchi-ken (Tosa), Pratica austera (修行), n. templi: 16, sud.
3. Ehime-ken (Iyo), Illuminazione (菩提), n. templi: 26, ovest.
4. Kagawa-ken (Sanuki), Nirvana (涅槃), n. templi: 23, nord.
III.1.1. Templi dello Shikoku reijō
Tokushima.
1. Ryōzenji 霊山寺
2. Gokurakuji 極楽寺
3. Konsenji 金泉寺
4. Dainichiji 大日寺
5. Jizōji 地蔵寺
6. Anrakuji 安楽寺
7. Jūrakuji 十楽寺
8. Kumadaniji 熊谷寺
9. Hōrinji 法輪寺
10. Kirihataji 切幡寺
11. Fujii-dera 藤井寺
12. Shōzanji 焼山寺
Kōchi.
24. Hotsu-misakiji 最御崎寺
25. Shinshōji 津照寺
26. Kongōchōji 金剛頂寺
27. Kōnomineji 神峰寺
28. Dainichiji 大日寺
29. Kokubunji 国分寺
30. Zenrakuji 善楽寺
31. Chikurinji 竹林寺
32. Zenjibuji 禅師峰寺
33. Sekkeiji 雪蹊寺
34. Tanemaji 種間寺
35. Kiyotakiji 清滝寺
3
13. Dainichiji 大日寺
14. Jōrakuji 常楽寺
15. Kokubunji 国分寺4
16. Kannonji 観音寺
17. Idoji 井戸時
18. Onzanji 恩山寺
19. Tatsueji 立江寺
20. Kakurinji 鶴林寺
21. Tairyūji 太龍寺
22. Byōdōji 平等時
23. Yakuōji 薬王寺
36. Shōryūji 青龍寺
37. Iwamotoji 岩本寺
38. Kongō-fukuji 金剛福寺
39. Enkōji 延光寺
Ehime.
40. Kanjizaiji 観自在寺
41. Ryūkōji 龍光寺
42. Butsumokuji 佛木寺
43. Meisekiji 明石寺
44. Daihōji 大宝寺
45. Iwayaji 岩屋寺
46. Jōruriji 浄瑠璃寺
47. Yasakaji 八坂寺
48. Sairinji 西林寺
49. Jōdoji 浄土寺
50. Hantaji 繁多寺
51. Ishiteji 石手寺
Kagawa.
66. Unpenji 雲辺寺
67. Daikōji 大興寺
68. Jinne-in 神恵院
69. Kannonji 観音寺
70. Motoyamaji 本山寺
71. Iyadaniji 弥谷寺
72. Mandaraji 曼荼羅寺
73. Shusshakaji 出釈迦寺
74. Kōyamaji 申山寺
75. Zentsūji 善通寺
76. Konzōji 金倉寺
77. Dōryūji 道隆寺
4 Ogni tempio possiede naturalmente un nome diverso dall’altro, ma un’eccezione alla regola riguarda i templi che prendono il nome di kokubunji. Di questi templi, il cui nome vuol dire “tempio [posto] a protezione del paese”, ce ne sono uno per ogni provincia dello Shikoku.
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52. Taisanji 太山寺
53. Enmyōji 円明寺
54. Enmeiji 延命寺
55. Nankōbo 南光坊
56. Taisanji 泰山寺
57. Eifukuji 栄福寺
58. Senyūji 仙遊寺
59. Kokubunji 国分寺
60. Yokomineji 横峰寺
61. Kouonji 香園寺
62. Hōjuji 宝寿寺
63. Kichijōji 吉祥寺
64. Maegamiji 前神寺
65. Sankakuji 三角寺
78. Gōshōji 郷照寺
79. Tennōji 天皇寺5
80. Kokubunji 国分寺
81. Shiromineji 白峰寺
82. Negoroji 根香寺
83. Ichinomiyaji 一宮寺
84. Yashimaji 屋島寺
85. Yakuriji 八栗寺
86. Shidoji 志度寺
87. Nagaoji 長尾寺
88. Ōkuboji 大窪寺
III.1.2. Principali nansho 難所
Il termine nansho vuol dire luogo difficile da percorrere o da attraversare. In effetti il nansho è una
tappa particolarmente ardua da superare, dove la volontà del pellegrino viene messa alla prova. Per
questo motivo viene anche usata l’espressione henro korogashi 遍 路 転 が し in luogo di nansho;
quest’espressione vuol dire letteralmente “dove il pellegrino cade”, e come nansho, fa riferimento a
quei percorsi particolarmente duri lungo il pellegrinaggio.
Con il passare del tempo, e con la costruzione sempre più frequente di strade percorribili anche in
auto, il numero dei nansho è venuto oggi a diminuire notevolmente6.
I quattro principali nansho sono i templi di Yokomineji (n.60), il Tairyūji (n.21), lo Iwayaji (n.45) e
5 Meno conosciuto sotto il nome originale, che è kōshōin 高 照 院 . Prese poi il nome di tennōji in onore dell’imperatore (tennō) Sutoku (1119-1164), il quale venne esiliato nell’attuale Takamatsu e vi morì. La notizia raggiunse la Capitale, e si dispose che venisse seppellito nel tempio del posto, che da allora è conosciuto sotto il nome di tennōji, “tempio dell’Imperatore”.
6 MIYATA, 2006, pp. 14s.
5
lo Iyataniji (n.71). Ma a questi si aggiungono anche lo Shōzanij (n.12), il Kakurinji (n.20), il Kōno-
mineji (n.60) e lo Unpenji (n.66). Da notare che tra i templi menzionati ci sono tutti e cinque i
templi che hanno la maggiore altitudine7.
7 Unpenji (911 mt.), Shōzanji (800 mt.), Yokomineji (700 mt.), Tairyūji (610 mt.), Kakurinji (550 mt.).
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III.2. Caratteristiche e classificazione dello Shikoku Reijō.
Yamaori Tetsuo8 sul pellegrinaggio
[…] Riflettendo sulla pratica del pellegrinaggio in Giappone, si potrebbe supporre
che ne esistano tre tipi. Il primo è il pellegrinaggio dei kami9. Il secondo, il
pellegrinaggio degli asceti10; il terzo, il pellegrinaggio della gente comune11.
Procediamo dunque a ragionare seguendo tale criterio.
Il pellegrinaggio degli ottantotto templi, stando alla classificazione del Yamaori, corrisponde al
terzo gruppo, che lui definisce della “gente comune”…
- Il pellegrinaggio della gente comune: il pellegrinaggio dello Shikoku e il
pellegrinaggio dedicato a Kannon.
[…] Per ultimo si parlerà della pratica del pellegrinaggio della gente comune.
Questo tipo di pellegrinaggio si fonda su una pratica che ad una prima impressione
imita i due pellegrinaggi dei kami e degli asceti di cui già si è discusso. Questo
terzo tipo di pellegrinaggio non è da praticarsi con l’obbiettivo di incontrare
direttamente il Buddha o il kami; piuttosto viene praticato perché si venga protetti
dal Buddha o dal kami e perché si cammini12 insieme ad essi.
Il percorso da seguire è già stabilito, così come anche il luogo di partenza e il
8 Yamaori Tetsuo 山 折 哲 雄 , nato a San Francisco nel 1931, studia filosofia indiana alla facoltà di lettere
dell’Università del Tohōku (東北大学). Si dedica allo studio dei poemi antichi e del Buddhismo indiano. Terminato il dottorato nel 1959, inizia il tirocinio come docente all’Università del Tohōku, per poi cominciare a studiare storia e cultura del Giappone. Attualmente insegna al centro di ricerca per la cultura giapponese in ambito internazionale
(kokusai nihon bunka kenkyū sentā 国際日本文化研究センター ). Tra i suoi lavori si ricordano principalmente
Nihon Bukkyō Shisōron Josetsu 『日本仏教思想論序説』, Rei to Niku 『霊と肉』, Nihon Shūkyō Bunka no Kōzō
to Sokei『日本宗教文化の構造と祖形』 , Nihonjin no Reikonkan『日本人の霊魂観』, Nihonjin no Shinjō『日
本人の心情』eccetera.9 Kami 神 (nel testo: カミ). I kami sono le divinità della religione scintoista in Giappone. E tuttavia non vengono
chiamate divinità perché il nome kami fa riferimento esclusivamente ad esse. Nella trattazione del paragrafo, in proposito al pellegrinaggio dei kami (che in questa traduzione è stato omesso), si parla principalmente della dea Amaterasu.
10 Il termine che è stato tradotto con “asceti” è seija 聖者, il cui significato è solitamente vicino a quello di “santo”; tuttavia questo termine viene usato nel testo con un marcato riferimento alle pratiche ascetiche.
11 L’espressione tradotta con “il pellegrinaggio della gente comune” corrisponde a shomin no junrei 庶民の巡礼.12 Qui il Yamaori si serve del termine angya 行脚 per fare riferimento al camminare, termine che in senso lato è un
altro modo per alludere alla pratica di camminare in pellegrinaggio.
7
luogo d’arrivo sono stabiliti in anticipo. I pellegrini vengono così protetti dai vari
Kannon13, Jizō14 o Yakushi Nyorai15, presenti in forma di statua o raffigurazione
lungo il cammino. Questi honzon16, colmi di amore e saggezza, con un cenno della
mano chiamano il pellegrino nello Oku no in17, dove risiedono. Il pellegrinaggio del
Saikoku dedicato a Kannon18 funziona allo stesso modo, così come anche il
pellegrinaggio dedicato a Kōbō Daishi nello Shikoku.
Il pellegrinaggio dello Shikoku è strutturato in modo da far sì che il sentiero sacro
venga percorso facendo un giro lungo la riva del mare. Questo tipo di
pellegrinaggio viene chiamato Henro19, e si distingue dagli altri pellegrinaggi, che
generalmente vengono chiamati junrei.
Com’è risaputo, gli avvenimenti miracolosi e le origini misteriose che avvolgono
13 Kannon 観音 è il nome di uno dei Bodhisatva (bosatsu 菩薩) posti a difesa della Dottrina. Kannon è un Bodhisatva che vanta una folta schiera di devoti in Giappone. Non è riconducibile a una sola entità o ad un solo riferimento visivo, giacchè esso si manifesta in numerose personificazioni, che cambiano a seconda dei casi: possono esistere sei Kannon, sette, oppure quindici, o ancora trentatré etc. Sebbene esistano anche interpretazioni che collocherebbero questi Bodhisatva (e gli altri Bodhisatva in generale) ad un rango pari a quello dei Buddha, la maggior parte degli studiosi concorda nel dire che i Bosatsu non sono ancora Buddha (quantomeno nel Buddhismo esoterico essi sono posti in un ordine di importanza che viene dopo i Nyorai), bensì dei risvegliati che scelgono di non diventare Buddha (quindi molto vicini ad essere Buddha) fintantochè ogni essere vivente non abbia realizzato il risveglio. Si propongono dunque di condurre alla salvezza tutti gli esseri viventi. Se ne parlerà ancora nel capitolo relativo agli Honzon.
14 Jizō Bosatsu 地蔵菩薩 (Kşitigarbha Bodhisattva). Tra i suoi meriti vi sono quelli di portare ricchezza e longevità; è anche conosciuto come protettore dei bambini, e per questo motivo viene venerato anche nell'auspicio di parti privi di complicazioni. Ha un aspetto puerile. È ritenuto essere il guardiano degli infanti morti prematuramente. Se ne parlerà ancora nel capitolo relativo agli Honzon.
15 I Nyorai 如来 (in sanscrito Tathāgata) sono esseri che hanno realizzato l’Illuminazione, e vengono per questo anche
chiamati con il nome di Buddha (仏陀). Per questo motivo detengono la posizione più elevata tra le altre divinità del
pantheon buddhista. Dei quattro Nyorai, che sono Dainichi Nyorai 大日如来 , Amida Nyorai 阿弥陀如来 , Shaka
Nyorai 釈迦如来 e Yakushi Nyorai 薬師如来, quest'ultimo è considerato essere il “Buddha della guarigione”, colui che
esaurisce le preghiere delle persone affette da malattie. Yakushi Nyorai viene rappresentato con una piccola coppa di
medicinali nella mano sinistra, ed è possibile distinguerlo dagli altri Buddha principalmente per questa caratteristica. Se
ne parlerà ancora nel capitolo relativo agli Honzon.
16 Honzon 本 尊 , in riferimento ai “vari Kannon, Jizō o Yakushi Nyorai”, ovvero i Buddha o i Bodhisatva che vengono chiamati generalmente con tale nome in un tempio buddhista. Per approfondire si veda il capitolo dedicato agli Honzon.
17 Oku no in 奥 の 院 , è un tempio che, a differenza di altri edifici come lo Hondō e il Daishidō, non ha una localizzazione fissa all’interno dell’area monastica; al contrario, questo edificio non si trova in effetti all'interno dell'area monastica. Situato in un luogo in disparte, come una foresta o una montagna, può distare anche svariati chilometri dal gruppo degli altri templi ai cui nondimeno appartiene. Lo oku no in è il tempio che accoglie lo spirito della divinità a cui è consacrato il tempio, e le spoglie del suo fondatore. Si parlerà ancora dello Oku no In, come dello Hondō e del Daishidō, nel capitolo relativo all'area monastica (v. Tempio).
18 Chiamato comunemente Saikoku junrei 西国巡礼, o più di rado Saikoku junpai 西国巡拝, viene anche definito per
esteso Saikoku sanjūsan kasho Kannon junrei 西国三十三箇所観音巡礼 , con riferimento a Kannon e alle sue trentatré manifestazioni.
19 Avendo henro il significato e di “pellegrino”, e di “pellegrinaggio”, d'ora in avanti mi servirò della lettera maiuscola (Henro) per fare riferimento al pellegrinaggio, e della lettera minuscola (henro) per fare riferimento al pellegrino. Con Shikoku Henro o Shikoku Reijō si fa invece sempre riferimento al pellegrinaggio.
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il pellegrinaggio degli ottantotto templi sono tutti profondamente legati al culto in
Kōbō Daishi. Sul copricapo20, che lo henro porta lungo tutto il cammino attraverso
gli ottantotto luoghi sacri, è riportata, insieme ad altri sūtra, la scritta dōgyō ninin; il
significato che racchiude questa scritta è che lo henro e Kōbō Daishi, che protegge
il pellegrino, percorrono la stessa strada21. Inoltre, una prova concreta di questo
legame è costituita dal bastone che il pellegrino porta con sé. Il bastone rappresenta
la manifestazione miracolosa di Kōbō Daishi.
Così i pellegrini, sotto la protezione di Kōbō Daishi, affidandosi alla guida del
bastone riusciranno a superare le avversità della vita attraversando l’intricato
labirinto che porta alla Salvezza. Dōgyō ninin oltre a simbolizzare la forza
necessaria alla salvezza, rivela al pellegrino la via da seguire; e ancora, dōgyō ninin
significa intraprendere un viaggio solitario, composto soltanto da Kūkai (che è
Buddha stesso)22 e colui che ha scelto di fare il cammino.
[…] Generalmente, per lo Shikoku Henro come per qualsiasi altro tipo di
pellegrinaggio, è naturale pregare per l’annullamento dei propri peccati e per la
salvezza in questa vita; tuttavia questo carattere religioso, è riscontrabile in maniera
molto più marcata nel Kannon Junrei. Lungo il sentiero dello Shikoku Henro,
invece, aleggiano emozioni più cupe e complesse; com’è stato indicato, ci sono
numerosi casi in cui chi invoca l’estinzione dei propri peccati è anche chi soffre di
mali molto gravi, e che per questo od altri motivi è stato scacciato persino dal
proprio paese natio. È anche per questo motivo che lo Henro, come forma di
pellegrinaggio, comunica un sapore pessimistico [rispetto al Saikoku Junrei]. Del
resto, il fatto che secondo la tradizione lo stesso numero dei luoghi sacri dello
Shikoku Henro, “ottantotto”, sia stato adottato in riferimento alle ottantotto
passioni23, ci aiuta ad intuire questa caratteristica.
La forma primitiva del Kannon Reijō, ovvero i trentatrè luoghi sacri del Saikoku
Junrei, possiede in quanto “pellegrinaggio tra i villaggi” un circuito circolare che si
sviluppa all’esterno del mondo urbano.
Prima di proseguire, può essere utile ricordare che il pellegrinaggio per devozione a Kannon si
20 Sugegasa, se ne parlerà nel paragrafo dedicato agli “oggetti e strumenti rituli”, nel capitolo intitolato Henro.21 Il significato letterale è «due persone, una medesima via». Se ne parlerà in maniera più approfondita nel capitolo
intitolato Henro.22 Kōbō Daishi.23 Si tratta di una numerazione buddhista data alle passioni, in questo caso negative, che impediscono di realizzare il
risveglio.
9
inscrive nel pellegrinaggio dei trentatrè templi del Saikoku. La tesi più accreditata suggerisce che
ciò è dovuto alle trentatrè manifestazioni umane che la dea assume per portare alla salvezza gli
esseri umani. Dunque tale connubio nascerebbe da questa associazione del numero trentatrè. Più
arduo risulta risalire all’origine del pellegrinaggio che è stato poi definito col termine Hyakkannon
Reijō 百観音霊場, ovvero “il pellegrinaggio dei cento Kannon”. Secondo Yamaori il numero cento
sarebbe opera della fantasia popolare24. In ogni caso con Hyakkannon Reijō 百 観 音 霊 場 si fa
riferimento ad un pellegrinaggio che insieme ai trentatrè luoghi sacri del Saikoku, è composto anche
dai trentatrè dell’area del Bandō e dai trentaquattro dell’area del Chichibu, così a formare un
circuito di proporzioni più vaste: il numero dei luoghi sacri di ognuna delle tre aree, sommati tra
loro, formano il numero cento. Tutto lascia supporre che tale assimilazione, che è stata chiamata
Hyakkannon Reijō, sia come termine che come forma di pellegrinaggio, è temporalmente posteriore
al Saikoku Junrei.
Ed è per questo motivo che successivamente si formano i trentatrè luoghi sacri del
Bandō e i trentaquattro del Chichibu, che aggiunti (ai trentatrè luoghi sacri del
Saikoku) vengono a formare un percorso circolare più vasto, che viene chiamato
Hyakkannon. Così, il cammino nel Saikoku si collega al percorso nel Bandō; girare
l’area del Bandō porta a fare un pellegrinaggio anche nell’area del Chichibu. È in
questo modo che il pellegrinaggio dedicato a Kannon si è andato espandendo
concentricamente in gran parte del Giappone.
Lo Shikoku Henro, invece, comunica l’idea di un cammino circolare senza fine,
che si trova in un mondo isolato; infatti l’ambiente geografico è quello di un’isola
circondata dal mare e chiusa al resto del mondo. Lasciata fuori dal controllo del
governo centrale e dall’economia del Paese, quest’isola viene descritta come in
disparte e priva di legami con le sfere culturali degli altri luoghi dell’Arcipelago.
– Peculiarità dello Shikoku Reijō
Esistono tre elementi principali che differenziano lo Shikoku Reijō dal culto di
Kannon nel Saikoku. Il primo elemento concerne quella usanza conosciuta sotto il
nome di suteōrai tegata25, che in passato aveva luogo in caso di morte del
24 YAMAORI 1989, p. 12125 Suteōrai tegata 捨往来手形 . Durante il periodo Edo 江戸時代 , a causa del grande numero di devoti che si
recavano in pellegrinaggio nello Shikoku, le istituzioni del tempo, per tutelarsi da tutta una serie di inconvenienti (per approfondire si veda KOUAMÉ, 1997) disposero che tutti coloro che iniziavano questo viaggio, dovevano
1
pellegrino per malattia, freddo, o fame lungo il cammino; il secondo riguarda il tono
crudele che si percepisce negli antichi racconti legati al pellegrinaggio; nel terzo
punto si discuterà del problema legato alla gestione degli alloggiamenti26 per
accogliere i pellegrini.
Il suteōraitegata è dunque il certificato d’identità che rilascia allo henro il
funzionario del suo paese natale. Nel caso in cui uno henro dovesse morire lungo il
cammino, esiste un atto pubblico27 dove viene dichiarato che per principio non si
terrà conto di informare del decesso il paese natio. Così, i pellegrini che cadono in
disgrazia verranno letteralmente abbandonati dal paese natio, e una volta in viaggio
nelle lontane province dell’isola dello Shikoku [durante quell’arco di tempo] non
saranno più legati in alcun modo al proprio villaggio d’origine.
Riguardo alle leggende legate al pellegrinaggio, riporteremo l’aneddoto che
racconta della reincarnazione dell’iniziatore dello Shikoku Henro, Emon Saburō28.
La storia vuole che egli, a causa della sua indole meschina e della sua crudeltà,
perdesse ad uno ad uno i suoi otto figli; avendo perduto anche la consorte, il misero
Emon Saburō si decise ad andare in pellegrinaggio [nello Shikoku], ma infine lui
stesso vi trovò la morte. La leggenda vuole che negli ultimi istanti di vita Kōbō
Daishi si rivelasse a lui e gli concedesse di rinascere nuovamente, ma la strada che
porta alla rinascita sarà irta di pene e sofferenze29.
portare con sé un certificato di identità (jibunshōmeisho 自 分 証 明 書 ) e un particolare permesso di transito
(tsūkōkyokashō 通行許可証), che prendevano il nome di ōraitegata 往来手形. Tale disposizione, tuttavia, avrebbe potuto portare a delle conseguenze potenzialmente onerose: com’è facile immaginare, in passato, un viaggio del genere comportava delle difficoltà e dei pericoli molto maggiori di quelli in cui ci si può imbattere oggigiorno; avere dei problemi lungo il cammino, o ammalarsi, o persino morirvi, rappresentava una eventualità da tenere in considerazione. Come già detto, a causa del numero esorbitante di pellegrini che si recavano nello Shikoku ogni anno, e visto che a tutti veniva richiesto un passaporto, in caso di morte diventava possibile risalire all’identità e al luogo (o quantomeno al villaggio) in cui risiedeva il defunto. Ciò avrebbe comportato, per la provincia in cui accadeva il decesso, degli sforzi lunghi e dispendiosi; sarebbe stato necessario, per fare un esempio, accertarsi che l’identità nel passaporto corrispondesse effettivamente a quella del defunto, quindi recarsi in luoghi anche lontani per avvertire i parenti; riportare il corpo a casa per la sepoltura… Ciò avrebbe procurato delle noie anche al paese natale del defunto, che avrebbe dovuto ragionevolmente ripagare tutto il disturbo. Occuparsi di tutti coloro che trovavano la morte lungo il cammino sarebbe stato effettivamente poco realizzabile. Si decise quindi di non farlo: il paese natale, per tutelarsi da impicci di questo genere, al momento della partenza rilasciava al pellegrino il cosiddetto suteōraitegata, con cui precisava di non prendersi responsabilità per chi trovava la morte lungo il
cammino. Per questo motivo al termine ōraitegata è stato aggiunto il prefisso sute-, il cui corrispettivo grafico (捨) vuol dire in questo caso “abbandonare”, “gettare”.
26 Zenkon yado 善根宿 . Il termine semanticamente lascia supporre che si tratta di posti in cui veniva dato alloggio gratuito ai pellegrini (zenkon=buona azione; yado=alloggio). E sebbene voglia dire proprio questo, in realtà, come vedremo, spesso le cose andavano diversamente.
27 Kōbunsho 公文書.28 ( 衛門三郎) Stando alla leggenda, Emon Saburō era uno spietato criminale proveniente dalla provincia di Ehime, e
da alcuni viene considerato il fondatore del pellegrinaggio dello Shikoku. 29 Stando ad altre versioni della storia, Emon Saburō sarebbe morto al suo ventiduesimo pellegrinaggio dell’isola, nei
pressi del tempio n. 12. In fin di vita gli appare Kūkai e perdonatolo, gli permette di nascere nuovamente come
11
Lo zenkonyado è un luogo dove è possibile passare la notte senza bisogno di
pagare nulla; tale luogo è messo a disposizione gratuitamente dagli abitanti del
villaggio per i pellegrini. I gestori di questi luoghi, attraverso la buona azione nei
confronti dei pellegrini, invocano l’annullamento dei peccati legati alla propria
esistenza. Tuttavia esistevano delle discriminazioni: i pellegrini che rispondevano a
determinati requisiti venivano accomodati in zashiki30, ma coloro che soffrivano di
gravi malattie venivano sovente arrangiati in capanni o luoghi di fortuna. Le
cosiddette “buone azioni” erano dunque legate indissolubilmente all’egoismo e al
preconcetto del donatore. Che si tratti di un luogo di fortuna31 o di una capanna di
paglia malferma non fa differenza; il pellegrino si contenta di quello che trova.
Qualora non ci fosse proprio nulla, non resta che dormire sotto le stelle. Se il
pellegrino dovesse accasciarsi in un campo e morirvi, il suo corpo affidato alla
sorte, verrà seppellito in quello stesso sperduto paese, ad opera di genti a cui non è
legato in alcun modo.
Così, la storia degli henro è stata anche, per certi aspetti, una storia sanguinosa.
essere umano. Molti anni dopo, in una casa dello stesso villaggio dove era nato Emon, viene dato alla luce un bambino che stringe tra le mani una piccola pietra, sulla quale è scritto il nome “Emon Saburō”. Questa pietra può
essere vista tutt’oggi al tempio n. 51, lo Ishiteji 石手寺 , il cui significato è, rispettando l’ordine dei tre caratteri: pietra, mano, tempio.
30 座敷. Salotto per gli ospiti, relativamente confortevole, arredato di particolari stuoie chiamate tatami 畳.31 Tsuyadō 通夜堂 . Il termine tsuya (o anche tsūya), viene usato generalmente per indicare la veglia funebre, ma
letteralmente significa passare la notte (in preghiera) senza dormire; viene usato anche, meno frequentemente, per le veglie religiose buddhiste o shintoiste. Quindi, passare la notte in uno Tsuyadō, vuol dire accamparsi in un luogo di fortuna, che solitamente ha altri impieghi.
1
III.3. Il culto in Kōbō Daishi.
Quando lo spazio sarà esaurito,
Quando tutti gli esseri viventi scompariranno,
Quando il Nirvāņa svanirà,
Allora e solo allora il mio voto sarà adempiuto.
13
Oltre alla suddivisione del pellegrinaggio in tre tipologie, precedentemente elencata dallo
Yamaori, esiste un’altra possibile differenziazione del pellegrinaggio, che nell’opera in tre volumi di
SHINNO Toshikazu, Kōza Nihon no Junrei 講 座 日 本 の 巡 礼 , viene esaurientemente descritta32.
SHINNO distingue il pellegrinaggio prevalentemente in due tipi: lo honzon junrei 本尊巡礼, ovvero
quel tipo pellegrinaggio che prevede che il fedele si rechi in visita a più luoghi connessi tra di loro
dal culto verso un singolo Buddha; e il seiseki junrei 聖 蹟 巡 礼 , dove il sentiero sacro pure è
composto da una serie di luoghi sacri interconnessi tra di loro dal culto in una figura sacra univoca,
che tuttavia in questo caso non è l'unico elemento da venerare, giacché nello stesso luogo vi sono
riferimenti anche ad altri Buddha, ma è l'elemento univoco presente in ogni luogo sacro e per la sua
ragione d’essere tiene interconnessi i siti da visitare. Al secondo caso appartiene il culto in Kōbō
Daishi, a cui in buona parte si deve l’esistenza del pellegrinaggio degli ottantotto templi; questo
pellegrinaggio si basa infatti sulla visita ad un numero di siti che sono interconnessi tra di loro ed
associati alla carismatica figura di Kūkai.
A questo proposito, sebbene in ognuno degli ottantotto templi principali il Buddha venerato nel
tempio centrale (lo Hondō) non sia Kōbō Daishi (che viene venerato in un altro edificio, il
Daishidō)33, la fede in Kōbō Daishi ha comunque un ruolo preponderante lungo il pellegrinaggio,
sia perché esso è presente ovunque lungo il cammino, sia perché insieme all’immaginario della
“morte al mondo” che viene associata al pellegrino34, anche l’associazione di quest’ultimo con
Kōbō Daishi in persona costituisce uno dei due temi principali di tutto lo Shikoku Henro35.
Lungo lo Shikoku Henro, e in generale per quanto riguarda la scuola Shingon, a Kōbō Daishi viene
conferita più importanza di quanto non se ne dia allo stesso Kannon36 o ad altri Buddha; d’altra
Kūkai viene considerato a tutti gli effetti un Buddha37.
Come ha precedentemente notato lo YAMAORI, lo Shikoku Henro viene collocato tra quei
pellegrinaggi chiamati della “gente comune”. Questo nome, probabilmente ha una connessione con
la figura di Kōbō Daishi che è più forte di quanto non sembrerebbe: dell’esistenza di Kōbō Daishi
32 SHINNO 1996a-b-c.33 Lo Hondō è uno dei due templi principali da visitare; essenzialmente rappresenta il motivo per cui il pellegrino si
reca al tempio. Letteralmente significa “tempio centrale”, ed è qui che è posta la divinità buddhista da venerare nel complesso monastico. Tuttavia, essendo il Buddhismo esoterico popolato da un ricco pantheon di divinità, il Buddha racchiuso nello Hondō non è sempre lo stesso, ma anzi generalmente lungo lo Shikoku Henro cambia da un tempio ad un altro. Per approfondire si consulti il capitolo relativo al “tempio”.
34 Della cosiddetta “morte al mondo” si discuterà in maniera più approfondita nel capitolo IV, alla voce hakui, nel paragrafo intitolato “oggetti e strumenti rituali”.
35 READER & SWANSON, 1997, p. 245.36 Ricordiamo che in molte fonti Occidentali, Kannon viene spesso trattato come una divinità femminile, perchè in
effetti assume in molti riferimenti visivi un aspetto simile a quello di una donna, ma in primo luogo un Buddha, per la sua natura, dovrebbe possedere linguisticamente un caso neutro, che in italiano abbiamo perduto; in secondo luogo, il criterio di traduzione vuole che le parole giapponesi vengano tradotte al maschile, dunque per fornire un altro es: “il” katana e non “la” katana.
37 YAMAORI, 1989, p. 21.
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non si dubita perché è esistito davvero e ha percorso davvero il sentiero che continua ad essere
battuto tuttora. La “gente comune” che pratica questo pellegrinaggio, è cosciente di camminare
dove ha camminato un essere umano che ha poi realizzato il risveglio.
Ma focalizziamo meglio l’attenzione su quali possono essere gli elementi che caratterizzano il
culto in Kōbō Daishi e sul perché esso, nonostante abbia camminato sulla terra in qualità di essere
umano e non di divinità, viene considerato per certi aspetti più importante di Buddha o Bodhisattva
originarii come Kannon.
In primo luogo è importante notare che a differenza della stragrande maggioranza degli honzon 本
尊, ovvero i Buddha venerati nei templi lungo il pellegrinaggio, che generalmente provengono dalla
cultura indiana (ed esistevano da prima che il Buddhismo approdasse in Giappone), il culto in Kōbō
Daishi nasce propriamente in Giappone. Kūkai è un Buddha per così dire “autoctono”, il quale per
certi aspetti ha favorito particolarmente il proprio Paese introducendovi in modo rilevante il culto
esoterico, ma anche sul piano artistico, letterario, politico ha avuto al suo tempo un ruolo più che
rilevante38; Kūkai ha portato in Giappone qualcosa che prima non esisteva, e di cui tutt’oggi si
continua a beneficiare.
Uno dei pilastri a cui è legata la popolarità del culto in Kōbō Daishi è la credenza che questi abbia
realizzato il risveglio del samadhi sul monte Kōya; tale credenza vuole che Kūkai abbia realizzato
l’illuminazione rimanendo nel suo corpo terreno, e che tott ’ ora egli sia in meditazione a pregare per
la salvezza di tutti gli esseri viventi, in attesa della venuta del Buddha Miroku 弥 勒 菩 薩 39, che
sarebbe prevista per l’anno 5˙670˙000˙00040. L’idea che Kōbō Daishi abbia realizzato il risveglio in
questa vita e in questo corpo41, sta dunque alla base del culto popolare che è a lui dedicato.
38 Soprattutto sul piano politico Kūkai ebbe una eco vastissima su tutto il Giappone. La Professoressa Lucia Dolce, docente alla SOAS, in una conferenza dal titolo Il Buddhismo in Giappone, tenutasi all’Università di Napoli “L’Orientale” il 07/05/2008 (DOLCE, 2008), che io stesso ho provveduto a trascrivere, a tal proposito afferma che «[…] in realtà anche nel periodo Heian il Buddhismo aveva rapporti molto stretti con il potere, e anche se piacerebbe dire che parliamo di un Buddhismo ascetico e che Kūkai ha fondato il Buddhismo tantrico sul monte Kōya, in realtà gran parte delle attività di Kūkai si sono svolte a Kyoto, in un tempio urbano situato vicino al centro
del potere imperiale, in un tempio che oggi è conosciuto sotto il nome di Tōji [東寺] “tempio dell’est”, ma il cui nome per intero significa “tempio per la protezione dello stato”. Kūkai è stato il primo monaco ascetico tantrico, ma è ricordato anche perché è stato il primo creatore di una cappella Shingon nel palazzo imperiale, e il primo a cominciare un rapporto molto diretto di legittimazione del potere imperiale tramite i riti tantrici. Questo è un aspetto che oggi si tende a trascurare, perché si pensa al potere imperiale giapponese come se fosse completamente legittimato dallo Shintō, mentre assieme ai riti shintō, fino al 1872 i riti di incoronazione imperiale venivano eseguiti secondo un rito tantrico di incoronazione con l’acqua secondo quelli che sono i riti del Buddismo tantrico […]».
39 Miroku Bosatsu 弥勒菩薩 , (in sanscrito Maitreya Bodhisattva ), è uno degli honzon venerati lungo lo Shikoku Henro. Simbolizza la rinascita nel Nirvana, ma anche la reincarnazione; per quest'ultimo motivo si parla di lui come di una guida dopo la morte. Se ne parlerà ancora nel capitolo relativo agli Honzon.
40 HOSHINO, 1997, p. 294.41 Questa nozione in giapponese prende il nome di sokushinjōbutsu 即身成仏 , che vuol dire “diventare Buddha in
questo corpo attuale”. Questa credenza è talmente radicata, che si vuole che a Kōbō Daishi continuino a crescere
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In ultima analisi, è certamente vero che il Bodhisattva Kannon, tra le varie figure del pantheon
buddhista, è uno dei Bodhisattva più popolari e più vicini ai devoti; ma nondimeno
nell’immaginario collettivo questo continua ad esistere nel regno dei Buddha. Al contrario Kōbō
Daishi è stato un essere umano, che ha vissuto delle vicissitudini analoghe alle nostre nella nostra
stessa realtà, e per questo pur avendo realizzato il risveglio, esso continua a vivere ai confini tra il
mondo degli umani e quello dei Buddha. Questo tipo di peculiarità lo pone in un’ottica del tutto
differente da quella in cui vengono visti gli altri Buddha, e gli conferisce una grande attrattiva nei
confronti dei devoti; “attrattiva”, se così si può dire, che ha origine per un aspetto, proprio nella
“umanità” di Kūkai, caratteristica questa, che lo pone su un binario del tutto diverso dagli altri
Buddha, e fa di lui un essere del tutto unico nel suo genere. Ragionando in tale senso, si può
concludere che rispetto alla venerazione negli altri Buddha, un fedele percepisce Kōbō Daishi in
maniera notevolmente più intima e più vicina alla propria natura.
III.3.1. Vita di Kōbō Daishi.
– Cenni biografici42:
774. Kūkai nasce il 15 giugno dalla famiglia Saeki, nella provincia di Sanuki (dove è attualmente
localizzato il tempio numero 75, lo Zentsūji 善通寺.
791. All’età di diciotto anni (quindi più tardi del previsto) riesce ad entrare nel collegio della
Capitale.
793. Diviene monaco.
797. Scrive la “Guida ai Tre Insegnamenti” (sangō shiiki).
804. Nonostante la giovane età, riesce attraverso varie peripezie ad essere selezionato all’ultimo
momento per un viaggio di studi in Cina. Si reca inizialmente alla capitale Ch’angan.
805. Sempre a Ch’angan incontra Hui Kuo (746-805), abate del monastero Ch’ing-lung, discepolo
tuttora i capelli e le unghie.42 Le informazioni sulla vita di Kōbō Daishi provengono principalmente dal lavoro di ABE Ryuchi, The Weaving of
Mantra: Kūkai and the Construction of Esoteric Buddhist Discourse, 1999 (che è indicato per approfondimenti sulla
vita e l’opera politica e religiosa di Kōbō Daishi), e dalle enciclopedie Sekai Daihyakka Jiten 世界大百科事典 e
Nihon Rekishi daijiten 日本歴史大辞典. Per quanto concerne gli anni della vita di Kūkai che sono stati riportati, mi sono basato sulla selezione fatta da MIYATA Taisen nel libro A Henro Pilgrimage Guide to the 88 Temples of Shikoku Island, Japan, 2006.
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di Ta-kuang-chih (ovvero Amoghavajra) e settimo patriarca della tradizione esoterica, di cui poi
diverrà maestro lo stesso Kūkai. Infatti Kūkai diverrà discepolo di Hui Kuo43 e verrà iniziato ai riti
segreti.
806. Alla sola età di trentatré anni Kūkai è discepolo di Hui Kuo e continua la linea di successione
del maestro, diventando l’ottavo patriarca. Torna in Giappone dopo i due anni di studio in Cina,
portando con sé un numero incredibilmente alto di scritti buddhisti, all’epoca sconosciuti in
Giappone.
807. Fondazione della scuola esoterica Shingon.
816. Ottiene il permesso di costruire un monastero sul monte Kōya.
817. Scrive molti trattati relativi alla dottrina esoterica.
821. Prende parte attivamente oltre che alla vita religiosa anche alla vita politica e sociale,
instaurando rapporti con le alte sfere a corte. Una delle iniziative di questo periodo riguarda la
ricostruzione del bacino artificiale di Mannō ike 満濃池 (costruita tra il 701-704), nella provincia di
Sanuki.
822. A quarantanove anni fa costruire un santuario per il rito esoterico detto abhişeka nell’area
monastica del Tōji 東 寺 44, un importante tempio di Kyoto, e ne riceve la sovvenzione da parte
dell’Imperatore Saga (嵯峨天皇 786-842). La sua attività si concentrerà soprattutto in questo tempio.
Nello stesso anno lo stesso Imperatore Heizei (平生天皇 774-824; in ritiro) riceve lo abhişeka. In
questi anni, oltre ad imperatori e alti funzionari di corte, persino molti abati appartenenti ad altre
sette riceveranno da Kūkai il rito dello abhişeka.
827. Fonda una scuola pubblica a Kyōto, la cosiddetta “Scuola delle Arti e delle Scienze”.
830. A cinquantasette anni completa la maggior parte dei trattati riguardanti il sistema teorico e
pratico del Buddhismo Shingon.
835. A sessantadue anni, nel ventunesimo giorno del mese di marzo Kūkai, dopo aver disposto le
sue ultime volontà ai discepoli, entra in eterna meditazione sul monte Kōya.
921. Gli viene dato il titolo postumo di Kōbō Daishi 弘 法 大 師 (Maestro della Dottrina)
dall’Imperatore Daigo (醍醐天皇 885-930).
43 Anche se in un suo resoconto alle autorità cinesi (806) Kūkai identifica oltre Hui Kuo, anche il maestro Tripiţaka indiano, di nome Prajna (734-810?) (ABE, 1999, p. 116). Comunque Hui Kuo dovette essere il riferimento principale di Kūkai durante il soggiorno in Cina.
44 Il nome Tōji è diminutivo di Kyōōgokokuji 教王護国寺; si trattava di un importantissimo tempio (che esiste ancora oggi a Kyōto) che come suggerisce il nome per esteso, era posto a protezione dello Stato. È comunque notevole che un monaco relativamente giovane, maestro di una dottrina da poco sviluppatasi, abbia l’onore di amministrare e praticare la propria disciplina all’interno di un tempio come il Tōji. Tutto questo ci offre uno sfondo che ci permette di immaginare l’elevata posizione che si era creata Kūkai già in quel periodo.
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– Opere maggiori:
• Guida ai Tre Insegnamenti (Buddhismo, Confucianesimo, Taoismo) (密教指帰);
• Ottenere il Risveglio in questa esistenza (即身成仏義);
• Significato di suono, parola e realtà (声字実相義);
• Il significato della parola Hūṃ (吽字義);
• Trattato sulla dimora segreta dello specchio della poesia (文鏡秘府論);
• La chiave che porta al tesoro segreto (秘蔵宝鑰);
• Trattato sui dieci stadi della mente attraverso lo studio dei mandala segreti (秘密曼荼羅十住
心論);
• Come interpretare il Sutra del Cuore (般若心経秘鍵);
• Trattato sulle differenze tra Buddhismo esoterico ed essoterico (弁顕密二教論);
• Iroha (poesia scritta in kana) (いろは歌);
Elio Bova
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