7/29/2019 Celan - Svolta Del Respiro
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PAUL CELAN
AtemwendeSvolta del respiro
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I
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Qui, nelle sue poesie, si trattava, se di qualcosa pu
trattarsi in un componimento poetico, non di un esercizio,di bravura o di intelligenza, neppure di un esercizio didolore e di amore, ma della necessit di comunicare, unapresa datto del carattere di unesistenza []Gradualmente, cominciavano ad affiorare, in me, certisuoi versi; come isole di significato, non riconducibile adunesperienza comunicata, quanto ad unallusione, ad un
momento o a un luogo di dolore e anche di gioia che, inquello strano modo, si trasmetteva al lettore, pur nellasua astrusit formale, per rimanervi infisso nellamemoria.(Michele Ranchetti)
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Sta Fa pure, se a un pasto
di nevetu vuoi invitarmi:ogni volta che spalla aspallacol gelo percorsi lestate,il suo fogliame pi frescovociava.
Attraversare lestate
tenendo con s il gelo.Questo consente diascoltare le voci dellefoglie.Dunque, ben accetto unpasto di neve. Che cos laneve nella poesia di Celan?
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Roso da sogninon compiuti, per tracce
insonni percorso, il paesedel panefa montareil monte della vita.
Tu dalla sua briciola impastii nostri nomi unaltra volta,
io li vado tastando ad ogniditoun occhio che il tuosomiglia -,e cerco un varcoperch a forza di veglieio possa giungere a te, inbocca
lasta chiara: la candeladella mia fame.
Certezza che queste poesiedicano cose molto
importanti, geroglifici dadecifrare, sostitutivo, unicopossibile di preghiere nonpi pronunciabili.Ci sono sogni non compiutiche rodono, scavanodentro lanima. E se si
compissero smetterebberodi angosciare? Ci sonotracce che vanno seguite,sacrificando alla ricerca ilsonno. Esse conducono alpaese del pane che sorgesul monte della vita. Bastauna briciola di quel pane, di
quel nutrimento per impastare di nuovo comeDio fece con il fango perAdamo i nostri nomi. Chi il tu di questa poesia? forse quel Dio cosrisolutamente negato, il Dio
che sorge dal Nulla? I nostrinomi vengono impastatiunaltra volta, di nuovo. Econtinua la queste di unvarco che consenta digiungere, vincendo ancorauna volta il sonno, queltu evocato, invocato,
portando nella bocca un
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asta, una lancia non piassassina ma luminosa,
una candela che testimoniala fame di pane, la fame divita
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Nei solchi di quella monetaceleste tra stipite e porta
tu pressi il Verbo, da cuimi srotolaiallorch con pugni tremantismantellai tegola dopotegola,sillaba dopo sillaba,il tetto sopra di noi, per
amoredel rame luccicantenella ciotola della questualass.
Moneta celeste, moneta dirame luccicante? Cos?
Sicuramente qualcosa dinon terrestre, di celeste, lass. Tu (chi sei?) pressi ilVerbo, la Parola, il Logos.Pressi vuol dire comprimi.Secondo alcuni misticiebraici Dio si compresse
per permettere al mondo diesistere. questo cuiallude Celan? Dallacompressione di Dionacque luomo, parola. Laparola per luomo anchetetto, copertura cheprotegge ma impedisce
anche di vedere il divino, ilcielo, lorigine. Bisognasmantellare con violenzaquesto tettoprotezione/oppressione,bisogna smantellare illinguaggio, sillaba dopo
sillaba, per riconquistarelAperto, il rameluccicante
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Nei fiumi a nord del futuroio lancio la rete che tu
esitante aggravicon ombre scritteda pietre.
Lanciare la rete per cosa?Per catturare i pesci I
pesci sono simbolo dirinascita, di unaltra vita.Io, dunque, mi slancio nelfuturo, pi in l per diquello prossimo, a nord delfuturo. un futuro eoniconon cronologico. Ma tu
esiti, tu non sei con me inquesto slancio, noncondividi la necessit diuno sguardo che osiloltranza, lutopia, laprofezia. Io, dunque, sonosolo. La condizione delpoeta/profeta la
solitudine. Tu parli, e le tueparole sono oscure,minacciose, prive di luce,ombre prive di vita,pesanti, contro la graziache sarebbe necessaria aslanciarci nel futuro remoto
per catturare il pesceguizzante della rinascita,della vita nuova.Ivan Illich amava moltoquesta poesia. Campeggiacome epigrafe di una seriedi interviste uscite postume(I fiumi a nord del futuro.
Testamento raccolto da
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David Cayley, Verbarium-Quodlibet). Scrive il
curatore nellintroduzione:Il futuro, essendo un idolo,divora quellunicomomento in cui il cielosincontra con noi: ilpresente. Laspettativacerca di forzare il domani;
la speranza dilata ilpresente e prepara unfuturo, a nord del futuro. ci che, nel Meridiano, chiamato U-topia? Quindiquesto testo partecipa diquella ricerca topologicale cui cartine esistono solo
in sogno, in un sogno.
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Davanti al tuo tardo volto,soli-
tario procedendo tra nottiche anche me mutarono,venne a porsi qualcosa,che gi una volta fu tra noi,in-violato da pensieri.
Sento vicina la poesia diCelan, anche senza
capirla, perch hasempre bisogno di un tucui rivolgersi, nasce, cio,da unattitudine dialogicaoriginaria.Io sono davanti al tuo volto,ma sono solitario e procedo
per pi notti che mi hannotrasformato. Hannotrasformato il mio volto?Anche il mio? Perch, forse,hanno gi mutato, inprecedenze, il tuo volto, eper questo esso divenutotardo, invecchiato. Chi
sei tu? Il lemure che riportai miei genitori scomparsi,perdutisi nella notte oscuradei lager? Anchio devoattraversare le notti. Ma inquesto necessarioprocedere, tra solitudine e
presenza, c statoqualcosa che gi in passatoci fu tra noi. Ma noi nonriusciamo a pensare questapresenza. Che cosera?Questo ponte che rendepossibile una comunionenon di pensiero ma di
cardiaca ci che stiamo
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cercando ancora nel nostroviaggio? Per poter di nuovo
dimorare nel tuo volto,nuovamente giovane.Arte esige qui, in unadirezione ben determinata,una determinata distanza,un determinato cammino(La verit della poesia, p.
10).Il poema solitario,solitario e in cammino (Laverit della poesia, p. 15).
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Attraverso le rapide dellatristezza,
sfiorandoil nudo specchio dellepiaghe inferte:l si fanno fluitare i quarantatronchi di vitascorticati.
Unica tu, nuoticontrocorrente, tuli conti, li tocchitutti.
La tristezza come unfiume che va verso le sue
rapide e le sue cascate.Acqua. Noi siamo in questerapide o le guardiamodallalto? E chi sfiora lospecchio delle piaghe? Lepiaghe non possiamovederle direttamente ma
solo in uno specchio. ilfiume stesso questospecchio che permette divedere le piaghe inferte? Esul corpo di chi? Ci sonoquaranta tronchi,quaranta corpi scorticatinel fiume della mia
tristezza. Io penso aquaranta corpi di uominiscorticati. E questopensiero mi intristisce alpunto che debbocontemplare le loro feritenello specchio dacqua e
non direttamente. Ma tu,amica, anima mia,mistagoga, guida, tu, chenon ti lasci trascinare dallacorrente della disperazionee della tristezza li conti e litocchi, esercitipietosamente la
misericordia che si deve ai
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defunti. Non solo nondistogli lo sguardo ma
addirittura, oltre a guardarlinelle loro ferite, li carezzi,te ne prendi cura anche seessi sono oramai tronchiprivi di vita, scorticati.
I numeri, in combutta
con la fatalit e contro-finalit delle visioni.
Su essi rovesciatoil cranio, alle cuitempie insonni un martellocome fuoco fatuo tuttoquestoin cosmico ritmocanta.
Ci sono numeri, dati certi,
oggettivi che confermanoprevisioni, fatalisticamente.Non c spazio per lalibert, per linatteso di cuiparlava Eraclito loscuro:Chi non aspetta linattesonon lo trover: per luirimarr introvabile einaccessibile (DK, B, 18).Noi viviamo nel tempodella previsione, resapossibile dal calcolomatematico, dallamatematizzazione delmondo. Non c grazia, non
c novit, solo lo stanco
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rituale della previsione. Masu tutto ci si rovescia il
cranio del poeta, che ancora in grado diascoltare il cantodelluniverso, come gliantichi pitagorici. Ci cheagli altri appare morto,spento, la natura ridotta a
macchina, la vita aprevisione, diventa per ilpoeta ritmico canto delcosmo e attesa dellevento.
Passaggi nel conglomeratodombredella tua mano.
Dal solco delle quattro ditascavando convulsoestraggola tua benedizionepietrificata.
La tua mano chiusa,piena di oscurit, non vuoleaprirsi alla luce, un pugnocarico di violenza. Cercodei passaggi in questoluogo chiusoermeticamente che divenuta la tua mano,mano che dovrebbe servirea carezzare e benedire, ed invece rattrappita. Scavoin questa mano-caverna,ed estraggo unabenedizione, per quantopietrificata. Il mio compito
di poeta insegnare a
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benedire, anche nel tempoin cui il volto di Medusa
della storia ha pietrificatoogni cosa con il suo caricodi violenza e trasformatoogni mano in arma.
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Bianco grigiore di uno
scavato e arduosentire.
Erba sparto, qui, versolinternoportata dal vento, soffiageometrie di sabbia oltre il
fumodi voci melodianti allafontana.
Un orecchio, mozzato,ascolta.
Un occhio, tagliato a strisce,
di tutto questoben si rende conto.
Nella poesia precedente
(Dal solco delle quattrodita) si evocava unoscavare che trae fuori unabenedizione dalle dita. Quic un sentire arduo,difficile, frutto di un lavorodi scavo. Ma il cui prodotto
un bianco grigiore. Erbaviene portata dal vento,proveniente da spiaggesabbiose. Ci sono mulinellidi sabbia e voci checantano alla fontana. Sonole sirene? Ma solo unorecchio mozzato pu
ascoltarle, solo un occhiotagliato pu vedere tuttoquesto I nostri sensi sonoottusi rispetto alla bellezza.Essi andrebbero rigeneratiper superare un sentirearduo che arriva a
percepire solo biancogrigiore. La nostra lepoca dei sensi ottusi,cui preclusa benedizionee bellezza.
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Navigano i relitti del cielocon alberi cantati verso
terra.
Tu nel legno di questocantocoi denti ti attanagli.
E sei il pavese
a prova di canto.
Ci sono relitti del cielo chenavigano verso terra. Lo
fanno utilizzando alberi checantano. E tu sei allinternodi queste imbarcazioni difortuna, aggrappata. E seilo scudo difensivo che saresistere al canto e al suopotere.
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Tempie, tenaglie cui
larcatadei tuoi zigomi insinuaocchi.Suo chiarore dargento, ldove si serr:tu e il resto del tuo sonno voi presto
avrete compleanno.
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Col chicco di grandine, nellapannocchia mangiata dal
carbonchio,nel luogo natio,obbedendo ai tardi,severi astri novembrini:
e nel filo del cuore intrecciatii conversari dei vermi -:
una corda da cui scocchi,Sagittario,freccia e sentenza.
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Starsene l, allombra
della gran cicatricenellaria.
Uno stare per nessuno, eper nulla.Sconosciuto,solo
per te.
Con quanto l trova spazio,anche senzalingua.
Il cielo cicatrizzato. C
stata, dunque, una ferita,una lacerazione. Io orasono alla sua ombra maper nessuno. Sconosciutosolo per te? Chi? Io. Che,comunque, dopo la feritadel cielo, cerco ci che
ancora pu trovare spazio,pu manifestarsi, anchesenza lingua. Perch anchela lingua ha taciuto dopoil cielo. Siamo nel tempodel silenzio, dellombra, neltempo del nulla. Eppure iodevo restare fedele al mio
compito, paradossale, sedevo essere poeta senzaavere pi la lingua peresserlo.
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Il tuo irruente sognare laveglia.
Con la tacca di parolenel suo corno incisa,dodici volte,a vite.Lultimo colpoportato dal sogno.Nel verticale angusto
borro del giorno: iltraghettoarrancante allins,con la sua stanga:tragitta ci che fu lettofino a straziarsi.
Tu dormi, ma sogni laveglia ardentemente. Nel
sogno ci sono parole incisesu un corno. Nel sogno untraghetto con difficolttrasporta parole chefurono, un tempo, lette finoallo strazio, una poveraarca che trasporta le parole
della vita, le parole di Dioun tempo piene di senso,straziate dalla sofferenzadella storia, senzaredenzione.
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Coi perseguitati in tarda
lega, esplicita,raggiante.
Indorato scandaglio, ilmattino,ti si attacca al calcagnoche anchesso attesta,
e ricerca,e scrive.
Sei raggiante insieme ai
perseguitati.Finalmente il sole delmattino, che ti segue.Anche la sua lucetestimonia, ricerca e scriveparole.La luce sta squarciando le
tenebre. Ma solo quandoriusciamo a stare con iperseguitati.
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Filamenti di sole,sopra lo squallore
grigionero.Un pensiero ad altezzadalbero sappropria il tonoche della luce: ancoravi sono melodie da cantareal di l degli uomini.
Il mondo la storia sonosquallore grigionero,
cinerino. Ma ci sonofilamenti di sole, luce. Cun pensiero che riesce atrascendere la storia, adappropriarsi del tono dellaluce. Dunque, malgrado,tutto, vi sono ancora canti
per i poeti, ma essi devonoessere al di l degli uomini.
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Nel carro-serpente, lungo
i bianchi cipressi,al di l del fiumeti trassero.
Ma in te, pernascita,gorgogliava laltra fonte,
sul nero gettodella rimembranzarampicandoritrovastiil giorno.
Ti hanno portato, con un
carro mortuario, lungo unastrada di morte.Ma in te cera laltra fonte,quella della vita. E, proprioquando ti consegnavanoalla morte e al ricordo, turitrovasti il giorno, la luce,
la vita.Senza dubbio in ognicaso, il tema delladeportazione evocatochiaramente in una delleultime poesie del ciclo,dove si allude alla neracarrozza del serpente in
cui al di l del fiume/titrassero (Wikipedia).
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Strie di carreggiamento,
spaccato di falde, puntidincuneamento: il tuoterritorio.
Ad entrambi i polidel clinometro, benleggibile:
la tua parola proscritta.Vera come il nord.Chiara come il sud.
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Vulcanica parola, ammasso
Che il mare coprerombante.
Sopra andava fluttuandola ciurmagliadelle anti-creature:inalberava
un vessillo un plagio efacsimilefanno rotta pomposiverso la storia.
Finch tu non eruttila tua parola-luna, dal chederiva il prodigio del riflusso
e cuori-forme il cratereattesta nudo i primordi,le nasciteregali.
La parola vulcanica quella
originaria, la parola con cuiAdamo battezz le cose,una parola pura,assoluta, che non servivatanto a comunicare quantoa nominare, e dunque faresistere il mondo. Questa
parola stata coperta nelcorso del tempo dal maremelmoso della storia.Questo mare ora percorso da esseri umanideformati, non picreature, che innalzanouna bandiera plagiata:
essi millantano valori edideali con i quali divenire isignori della storia, entrarenella memoria del mondo.Ma questo tentativo didominio della storia sarimpedito dalla parola
rimasta integra, come laluna che si specchia nelleacque conservando la suaintegrit. Essa prodigiosa,far abbassare il livellodelle acque morte e dacrateri a forma di cuoregenerer una nuova
umanit realmente regale.
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Gli impostori sarannoscacciati via e luomo
creaturale sar ripristinatosul suo trono.
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(Ti conosco, sei colei che sta
ricurva,io, il trafitto, ti sono soggetto.Dove divampa un verbo che siadentrambitestimonianza? Tu interamente,interamente vera. Io pura
follia.)
Parole tra parentesi,
come dette tra s e slungo un percorso. Tustai ricurva. Seistanca, afflitta. Iosono sotto di te. Cuna parola che possatestimoniare il destino
(diverso) di noi due?Di te, che sei vera, delmio io, pura follia,invenzione, fantasma?
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Corrosa e scancellata
dal vento radiante della tualinguala chiacchiera versicoloredei fatti vissuti lalinguacciutamiapoesia, la nullesia.
Dalturbineapertoil passo attraverso le umaneformedi neve neve di penitenti,fino alle accoglientistanze
dei ghiacciai, ai deschi.
In fondoal crepaccio dei tempipresso il favo di ghiaccioattende, cristallo di respiro,la tua irrefutabile
testimonianza.
Chiacchiera versicolore,
poesia dellEgo, poesia delnulla, non poesia.Giustamente corrosa dalvento duna linguaveritiera.Attraverso il freddo e ilghiaccio, l dove solo ci
che bene pusopravvivere, ci che vita oltre la vita,giungiamo, finalmente, aldesco dove c il mieletanto desiderato.L attesa come uncristallo di respiro la tua
testimonianza, chenessuno potr contraddire.
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