BUONA PASQUA!
Aprile 2014 N 3
Istituto Comprensivo “MarioSoldati”
Sommario
Centenario gite scolastiche
2
Il Calendario 3
La scuola 4-5
Addio Madiba 6
Jona che visse nella balena
7
I gialli 8
La scuola dalla sedia a rotelle
9
Ciao Pasqua tanto attesa,
ciao primavera che sempre mi hai sorpresa... Foglie e foglioline, farfalle e farfalline,
colorano il periodo innamorato, e la carta delle uova di cioccolato.
Cioccolato e pulcini, Rami d'ulivo e agnellini,
della festa annunciano l'arrivo, facendoti scappare qualche pianto e qualche sorriso.
Corri di qua, corri di là, ma l'uovo non c'è, dove sarà?
Spunta dall'erba in cima alla collina, corro ma la carta dorata non si avvicina.
Lo prendo, lo guardo, sorrido al cielo incantato, Favole 10
Filastrocche 11
La morte 12
Il futuro 13
Le 3 emozioni 14
L’ Inno d’ Italia 15
La redazione 17
L’INFERNO Un posto di morte paura e vergogna,
pieno di tristezza e di menzogna.
Di fuoco pieno è l’ambiente
e chi è cattivo ne risente.
La vita è impossibile,
la pace non è visibile.
E’ una tortura per l’eternità
e si riceve solo brutalità.
L’azzurro non esiste,
si è avvolti da un vento rosso
di tonalità miste.
Le urla di dolore
fanno comprendere questo orrore.
Le urla di dolore
fanno tremare alle anime il cuore.
Osama Hilmi
IL PARADISO Un posto di felicità
dove regnano grazia e vitalità.
Con ambienti bellissimi,
di sentimenti purissimi.
Un posto di pace,
dove il male tace.
La vita continua serenamente
e la vera felicità si sente.
Si è avvolti da un azzurro primavera
e le stelle
non si scorgono solo di sera.
Si ride dalle nuvole bianchissime
ai prati e alle foreste fittissime.
Osama Hilmi
Giochi 16
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IL CENTENARIO DELLE GITE SCOLASTICHE
E’ il giorno più atteso dell’anno scolastico e non da oggi ma da almeno un secolo. Il cente-nario della gita scolastica è stato festeggiato dal Touring Club Italiano. Si deve ringraziare proprio questa associazione, grazie alla quale, la gita è diventata un momento di svago per alunni e insegnanti, divenendo un modo per apprendere la cultura del nuovo mondo. Nei suoi cent’anni, la gita scolastica è cambiata molto, seguendo le esigenze dei ragazzi: nel 1913 la meta erano le città d’arte del no-stro paese, adesso, si varcano i confini italiani per andare nelle capitali estere a visitare monumenti, opere d’arte e mu-sei spettacolari, unici al mondo. Noi non sappiamo cosa provassero i ragazzi di cent’anni fa ma, grazie ai questionari da voi compilati abbiamo scoperto le vostre opinioni e, secondo voi, i ragazzi d’oggi e loro proviamo le stesse emozioni, per-ché siamo tutti ragazzi e abbiamo gli stessi sentimenti verso il Mondo e vivia-mo esperienze simili. Dal nostro questio-nario è risultato che voi preferite il viag-gio che le attività presenti , prediligete le gite di molti giorni, all’estero, amate maggiormente le città d’arte rispetto alla campagna e volete il cellulare al posto della macchina fotografica. Marco Beltrame
VISITA DELLA CASERMA DEI CARABINIERI
Il 12 marzo 2014, la classe terza della scuola media di Orta S. Giulio si è addentrata nella struttura che ospita l’Arma dei Carabinieri di Legro. Per prima cosa, il maresciallo ha condotto gli invasori scolastici a visitare alcune stanze della caserma senza informazioni riservate, perché queste ultime sono inaccessibili. Su-bito dopo, è stato presentato un filmato, in cui sono state spiegate le numerose e varie competenze, mansioni e suddivisioni del 112. Terminato, i ragazzi hanno commentato il tutto positivamente e hanno fatto qualche que-sito riguardo agli svolgimenti dei casi. Infine, è arrivato il momento più atteso da tutti: l’esposizione degli strumenti di lavoro del-le forze dell’ordine.Gran parte degli alunni ha affermato che è stata un escursione didatti-ca piuttosto interessante e piacevole, che ha insegnato cosa significhi fare parte del Cor-po, quanto sia importante mantenere la concentrazione nel momento dell’azione e che non è semplice, anzi, è impossibile, arrivare a grandi traguardi senza ragionare e impe-gnarsi in ogni cosa che si fa . Céline Palmigiano
Sapete, cari lettori, che ogni pagi-
na del calendario ha una storia
lunga e complicatissima? Il gesto
automatico di sbirciare quest'og-
getto comune e guardare quanto
dista il fine settimana, impedisce
alle nostre menti di soffermarsi a
pensare. Il tanto amato lunario ha
visto guerre, insurrezioni, rivolu-
zioni, crescendo e cambiando co-
me una persona vera, come se
anche lui avesse un cuore e occhi
per vedere. Tutto ciò grazie a un
uomo, il fondatore, colui che fu
allevato da Lupa, Romolo del-
l'Antica Roma. Era uno strumento
assai diverso da quello che cono-
sciamo, infatti, sembra che i mesi
fossero solamente dieci e che l'an-
no iniziasse a marzo. Due mesi di
questi avevano un nome differen-
te da quello attuale, dopo aprile,
maggio e giugno, c'erano i mesi
quintilis e sextilis (quinto e sesto
mese). Quest'ultimi presero poi i
nomi attuali, grazie a due impera-
tori: Gaio Giulio Cesare e Augu-
sto. Il quintilis venne chiamato
luglio in onore del primo e il se-
xtilis prese il nome di agosto in
onore del secondo. Andando a-
vanti nel calendario, arriviamo a
Numa Pompilio, secondo re di
Roma, che adottò un almanacco
di dodici mesi, usato fino al 46
a.C. Quel prepotente di Giulio Ce-
sare lo modificò ulteriormente,
introducendo l'anno di 365gorni e
6 ore, creando così, ogni quattro
anni, l'anno bisestile. Questo luna-
rio fu chiamato "calendario giulia-
no", in suo onore e venne sostitui-
to, nel vicino 1582, dal "calendario
gregoriano". Esso fu indetto da
Papa Gregorio XIII, per rimediare
a certi errori che si erano accumu-
lati nel tempo. La riforma grego-
riana del calendario richiese una
drastica azione di forza. Infatti, per
sistemare i disordini del preceden-
te almanacco, la data di giovedì 4
ottobre non fu seguita dal 5 ma dal
15 del mese. Cambia così l'antico
detto di "Santa Lucia la notte più
lunga che ci sia", perché, dopo la
riforma, il solstizio d'inverno cad-
de intorno al 21 dicembre, una de-
cina di giorni dopo il precedente.
Le tradizioni popolari continuava-
no, però, a far riferimento al calen-
dario precedente alla riforma. Il
lunario del Papa fu subito adottato
da tutti i Paesi cattolici. La Rivolu-
zione Francese (calendario erogato
da Napoleone, 15 dicembre 1805),
stabilì che i mesi fossero dodici e
di trenta giorni ciascuno. Dato che
l'anno solare ne dura 365 e, con
quella metodologia stabilita erano
solo 360, i giorni mancanti (sei
negli anni bisestili) vennero chiamati
"Sanculotti". I nomi dei mesi si ispirava-
no al clima e ai momenti importanti del-
la vita contadina. Basta solo pensare che
l'anno iniziava il primo giorno d'autun-
no! L'ultimo mese, chiamato Fruttidoro,
terminava il 16 settembre e lo seguivano
i giorni, come sopra citato, Sanculotti,
che erano chiamati i giorni "della virtù",
"del genio", "del lavoro",
"dell'opinione" e "delle ricompense".
Nell'anno bisestile si aggiungeva il gior-
no della Rivoluzione.
CURIOSITA'
Sapete che i Romani avevano tre giorni
principali corrispondenti alle fasi luna-
ri? Le calende erano i primi giorni di
ogni mese, coincidenti con la Luna nuo-
va. Poi c'erano le none e le idi che cade-
vano al settimo e al quindicesimo giorno
nei mesi di marzo, maggio, luglio e otto-
bre, mentre nei restanti corrispondevano
al quinto e al tredicesimo.
Sapete che il popolo dell'Antica Roma
contava i giorni diversamente da come
li contiamo noi? Una giornata era messa
in relazione ai giorni che mancavano
alle calende, alle none o alle idi. Ad e-
sempio, l'8 settembre era chiamato il
sesto giorno prima delle idi, infatti, esse
cadevano al tredici del mese. Il 25 set-
tembre era chiamato il settimo giorno
prima delle calende. Molto semplice che
ne dite?
Giulia Luciani
Pagina 3 Istituto comprensivo M.Soldati
Il calendario
ADDIO SCUOLA...
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Addio, monti di nebbia, addio, addio. Addio,
banchi di pietra che un riposino mai ti fan
fare, mai. Addio, addio, computer tremolan-
ti, che in caso di pericolo non riescon a fug-
gire tanto sono lenti! Addio, giorni di sole,
addio, gelati alle viole! Addio, cari amici,
penne e calcolatrici... Apro le porte di legno
e so... so che lì dentro mai ci tornerò più.
Guardo le piante muoversi al vento e so...
so che mai le rivedrò più. Raccolgo un fiore
da terra, profuma di addio e di lago! Lo lan-
cio dalle perfette sponde, le onde carezzano
i suoi petali e li portano lontano. Addio, ad-
dio... gocce di vento, addio! Finestre pesanti
ed enormi , addio! Cara isola, isola di sto-
ria, addio. Davanti al vecchio edificio ammi-
rato dagli stranieri penso, con desiderio in-
quieto, alle verifiche affrontate e a quelle
che mi ritroverò nel nuovo percorso scola-
stico. Addio, mia vecchia scuola!
Giulia Luciani
Addio, scuola innalzata sul lago ed elevata al cielo, che rimani impressa nelle menti degli alunni, non meno che lo sia l'aspetto dei loro familiari. Il tuo cancello, del quale si riconosce il cigolio all'apertura e le tue fine-stre, che, come teatri, sanno offrire ogni giorno un diverso spettacolo agli studenti, mi mancheranno assai. Quanto è allegro il passo di chi, cresciu-to con te, se ne allontana per proseguire il proprio cammino di vita ! C'è chi ne è felice e vuole separarsi, ma poi ogni suo sogno si disabbellisce quando si ritrova solo, a dover affrontare un mondo ignoto da scoprire … Addio, aula possente e poco riscaldata, dove mi svago anche nei gior-ni più cupi. Addio, armadietti, al vostro interno deposito i libri più inuti-li che a casa mia non trovano posto. Addio, palestra umida e dalla gran-dezza di un buco per automobili, nelle quale mi sporco sempre la suola delle scarpe da ginnastica.
Oh cara scuola ... Come farò mai a lasciarti ?
Maria Strola
Vi racconterò quella che per me sarebbe una
scuola perfetta. Per me una scuola perfetta dev’es-
sere una scuola seria ed amata. I docenti devono
essere bravi a spiegare gli argomenti e a far diver-
tire allo stesso tempo, in modo da far rimanere
impresso nella mente la lezione; in quanto al lavo-
ro da svolgere casa, i professori non dovrebbero
esagerare con la portata dei compiti altrimenti gli
studenti, dopo aver passato 2 - 3 ore sui libri, ini-
ziano a stancarsi e a perdersi per i propri hobby
distraendosi dallo studio. L’intervallo va bene cosi
com’è; il bullismo, al contrario, deve essere scon-
fitto: è inaccettabile che uno studente venga mal-
trattato per il suo aspetto! Tutti gli studenti della
scuola devono essere rispettati allo stesso modo.
La struttura della scuola deve essere ben fatta, ma-
gari non perfetta ma bella: il colore delle pareti
non deve essere il solito “giallo insufficienza “, il
“verde che bello ho preso sei”, il solito “rosa ho
male allo stomaco” e il “bianco voglio dormi-
re”...Sono colori troppo noiosi e seri! Ogni volta
che prendo un brutto voto il mio umore va ancora
più giù guardando il “giallo insufficienza”! La
scuola deve avere colori più vivaci come il “rosso
ti spacco brutta verifica”, il “blu che bella la scuo-
la “, il “verde scuro che bello ho preso 10” e si
potrebbe anche mettere un disegno metropolitano
sui muri delle classi. Solo nella sala insegnanti
sono permessi colori del tipo “giallo do un quattro
allo studente”! Per quanto riguarda la forma ester-
na della scuola, la pianta non dovrebbe essere il
solito rettangolo che fa venir voglia di tornarsene
a casa... Immagino una forma quadrata sormon-
tata da una grande cupola rotonda su cui compare
la scritta "Scuola"...Altro che classi rettangolari,
finestre rettangolari, sale rettangolari, tutto ret-
tangolare e che NOIA!!! Una bella cupola sareb-
be perfetta per coprire una scuola al cui interno
ci sono classi rotonde, rettangolari, quadrate,
pentagonali, ecc... Riguardo alle ore di insegna-
mento, sarebbe perfetto fare 9 ore di italiano, 5
ore di matematica, 7 ore di educazione fisica, 0
ore di tecnica, 1 ora di francese, 2 ore di inglese,
0 ore di approfondimento, 9 ore di scienze del
corpo umano, 5 di musica, 2 ore di geografia, 4
ore di storia, 2 ore di epica, 1 ora di mariolino.
Un' ultima cosa: riguardo alla scrittura, lo stile
più usato dovrebbe essere lo stampatello minu-
scolo e non il noioso e difficile corsivo.
Ecco, questa per me sarebbe una scuola perfetta!
Osa-
ma Hilmi
LA SCUOLA CHE VORREI...
I miei compagni...
Pagina 5 Istituto comprensivo M.Soldati
Ero preoccupato quando è iniziata la scuola a settembre, perché quest’anno iniziava per
me la Prima Media e non avevo idea di chi avrei trovato nella mia nuova classe...Allo stesso
tempo, però, ero anche emozionato al pensiero che avrei imparato tante cose nuove che,
probabilmente, alle elementari non mi avevano ancora insegnato.
Nicolas, Isaia, Riccardo, Clara, Giorgia, Alice, Alessandro, Francesco, Massimo, Martina,
Aurora, Leonardo (mio cugino), Bruno, Giulia e Alex: ecco i nomi dei miei nuovi compagni di
classe! Noi frequentiamo la Prima A e devo dire che io sono felicissimo di essere in que-
sta classe perché ho trovato non solo nuovi compagni ma anche persone speciali con cui
condivido tanti momenti sia di studio che di divertimento. Spero davvero che non ci sepa-
rino mai. Giorgio Zenoni
Venerdì 6 dicembre, noi a-
lunni della classe III media,
abbiamo avuto modo, nella
lezione di approfondimento
con la professoressa Mece-
nero, di discutere sulla vita
di Nelson Mandela (1918-
2013), morto
di vecchiaia in
ospedale la se-
ra precedente.
Nelson Mande-
la, come tutti
sappiamo, è
stato un politi-
co sudafricano,
primo presi-
dente a essere
eletto dopo la
fine dell'apar-
theid nel suo
Paese. La pri-
mula nera ha
ricevuto il pre-
mio Nobel per
la pace nel 19-
93.
Egli fu per
molto tempo
uno dei leader
del movimento anti-
apartheid: venne coinvolto
nell'opposizione al minorita-
rio regime sudafricano che
negava i diritti politici, so-
ciali e civili alla maggioranza
sudafricana di colore. Madi-
ba ( nomignolo all'interno
del clan di appartenenza del-
l'etnia Xhosa), proprio a cau-
sa della sua volontà di
“liberare” il Sudafrica dalla
mentalità razzista della mi-
noranza bianca, fu arrestato
nel 1962 e, in quella cella mi-
nuscola, vi rimase per 27 an-
ni. Nel 1994, tre anni dopo il
suo scarceramento, si candi-
dò alle elezioni e, nel 1994,
divenne il primo presidente
di colore. Alcuni radicali fu-
rono delusi dalle mancate
conquiste sociali durante
il periodo del suo gover-
no, nonché dell'incapaci-
tà di dare risposte effi-
caci al dilagare del-
l'AIDS nel Paese. Il suo
partito, l'African Natio-
nal Congress,
è rimasto da
allora ininter-
rottamente al
governo del
Paese. Questa
discussione è
stata interes-
sante non solo
per il suo a-
spetto stori-
co, ma anche
per quello mo-
rale. Una per-
sona rimane
sorpresa di
quanto corag-
gio abbia avu-
to questo
leader nel
“sacrificare”
la propria vita
per gli ideali
di libertà nel
proprio Paese. Ognuno di
noi dovrebbe prendere
come esempio il suo ge-
sto per affrontare me-
glio la vita di tutti i gior-
ni.
Maria Strola.
Pagina 6
Addio Madiba...
Pagina 7 Istituto comprensivo M.Soldati
JONA CHE VISSE NELLA BALENA...
Jona Oberski è un giovane bambino di Amsterdam, ha quattro anni e ha avuto la sfortuna di nascere ebreo, durante la seconda guerra mondiale. Dopo l'occupazione della città nel 1945 da parte dei tedeschi, il protago-nista e la famiglia vengono trasferiti al campo di concentramento di Bergen-Belsen, insieme ad altri ebrei vi-venti in città. Arrivati nel lager, Jona viene separato dal padre e va a vivere nelle baracche fatiscenti insieme alle donne, ai bambini e alla madre. Durante la permanenza al campo assiste alla morte del padre, stremato dai lavori pesanti e dalla mancanza di cibo. Saliti su un treno alla volta di un successivo campo, vengono li-berati dai sovietici, una volta riottenuta la libertà, il protagonista dovrà soffrire ancora: la madre Anna, muore semi delirante in un'ospedale sovietico. Jona viene assistito da una ragazza, Simona, che una volta lasciata Amsterdam alla volta dell'America, affida il bambino alla famiglia Daniel, una coppia abitante ad Amsterdam che lo accolgono generosamente. Cosa successe ad Amsterdam, la città di Jona, nel 1945, anno in cui venne ambientato il film? A cavallo tra l'inverno del 1944/1945, Amsterdam e i Paesi Bassi, vennero colpiti da una grande carestia. Questa fu l'unica della storia di cui si conoscono l'inizio, la fine e le conseguenze sanitarie. Dopo lo sbarco delle forze Alleate, le condizioni non migliorarono di certo dato che essi erano occupati dai Na-zisti. Gli Alleati nel D-Day liberarono la zona meridionale, non riuscendo però a conquistare le zone tra il fiume Reno e l'Arnhem (cittadina sul basso Reno). I ferrovieri olandesi distrussero le linee ferroviarie per facilitare gli Alleati ma i tedeschi reagì ponendo un freno ai trasporti di cibo nell'Olanda occidentale. Nel novembre 1944 i Nazisti permisero i trasporti alimentari solo via acqua. L'inverno fu rigido e precoce, i canali gelarono e le riser-ve di cibo nell'Olanda occidentale si esaurirono rapidamente. Le razioni per gli adulti nella città di Amsterdam scesero a 580kcal, a fine febbraio 1945. A peggiorare la situazione fu senza ombra di dubbio la guerra, di-struggeva le terre coltivabili e rendeva i trasporti di risorse difficoltosi. Tale era la disperazione della popolazione che si abbassarono a mangiare i bulbi dei tulipani e le barbabietole da zucchero. I mobili in legno vennero smantellati per potersi riscaldare, infatti il legname divenne un bene prezioso. Questa carestia finì con la liberazione dell'Olanda da parte delle truppe Alleate nel maggio di quel-l'anno. Di grande aiuto per la popolazione fu il cosiddetto “ pane svedese”, che in realtà era pane cotto in Olan-da, ma con farina inviata dalla Svezia. La carestia fu studiata per analizzare gli effetti della malnutrizione sul-l'uomo, compresi quelle delle donne incinta e sullo sviluppo del feto. É stato riscontrato che i bambini nati du-rante la carestia avranno più problemi di obesità, ipertensione, diabete, schizofrenia e depressione, rispetto ai bambini nati precedentemente o successivamente alla carestia. Il numero di morti causati dalla carestia olan-dese è pari a 18.000 di persone. Avrete capito che Jona è stato rinchiuso nel lager di Bergen-Belsen per parecchi anni, Questo è un piccolo approfondimento, avete voglia di leggerlo? Il campo era situato nella bassa Sassonia, a sud-est della cittadina di Bergen. Era un campo nazista e di stima che tra il 1943 e il 1945, 50.000 persone persero la vita e oltre i 35.000 di tifo (malattia infettiva), nei primi mesi del 1945. Il campo venne aperto nel 1940, inizialmente era un campo di detenzione ma, da marzo 1944, una parte del campo venne adibita alla cura dei malati di tifo. Il sovraffollamento (60.000), dovuto all'arrivo di oltre 8000 donne dal campo di sterminio di Auschwitz, fecero diffondere maggiormente la malattia e portò anche molti problemi di malnutrizione, dato che il lager era strutturato per ospitare solo 10.000 persone. I corpi dei morti venivano bruciati nelle fosse comuni, dato che a Bergen-Belsen non c'erano camere a gas. Quando gli inglesi e i canadesi liberarono il campo il 15 aprile 1945, fecero bruciare il lager con i lanciafiamme, per combattere l'epidemia di tifo e l'infestazione da pidocchi. I generali che sopravvissero all'epidemia di tifo, vennero catturati e processati. Se qualcuno vuole provare emozioni forti, sappia che il luogo dove era situato il campo è aperto al pubblico e, al ricordo delle atrocità commesse, è stato innalzato il monumento chiamato “la casa del silenzio”. In questo campo morirono la giovane Anna Frank e la sorella Margot (morte di tifo), ma fu detenuto anche lo scrittore del libro “anni d'infanzia”, Jona Oberski, dal quale è stato tratto il film che abbiamo avuto il piacere di vedere in classe, in onore del giorno della memoria. Giulia Luciani
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I GIALLI SONO A SCUOLA
Mercoledì undici dicembre, noi alunni delle classi II e III media, abbiamo avuto modo di incontrare una scrittrice di romanzi gialli, che è venuta a parlarci qui a scuola. Inizialmente l'autrice si è presentata: si chiama Francesca Battistella, è nata a Napoli e, solo più tardi, si è trasferita sul lago d'Orta, precisamente a Vacciago. Ci ha raccontato che non avrebbe mai pensato di scrivere gialli, ma commedie. Ci ha fatto subito notare la differenza tra i romanzi thriller, che fanno paura, quelli gialli, con andamento lento, i noir, dove il lettore sa fin da subito chi è l'assassino, e i polizieschi, sottolineando, anche, che questi quattro generi, la maggior parte delle volte, si mischiano in un'unica vicenda. Poi ha iniziato a de-scriverci il suo libro di maggior successo: “ L a stretta del lupo ” . La frase che dà nome a questo libro è una via di Orta, men-tre i protagonisti sono Alfredo e Co-stanza, la profiler ( psicologa che studia il killer per individuarne il pro-filo ) e ispettrice della polizia di No-vara. La vicenda si svolge sia in Campania sia nel Nord Italia, richia-mando così la vita dell'autrice. Verso la fine dell'ora, Francesca Battistella ha risposto alle nostre molteplici do-mande. I suoi scrittori preferiti sono Camillieri e Agatha Christie, ama leggere i thriller e, come la nostra professoressa Antonella Mecenero, ha una certa passione per i draghi. Ha sottolineato, inoltre, che per fare la scrittrice ( o lo scrittore ) bisogna leggere moltissimo e aver letto mol-tissimo, ma, soprattutto, avere la passione!
Maria Strola
La scuola vista dalla sedia a rotelle
“...per
superare
questa
esperienza,
c’e’ voluto
l’intervento
della
pazienza...”
Pagina 9 Istituto comprensivo M.Soldati
Per mia disgrazia, e mia stanchezza, la sera del 25 Ottobre, facen-do uno sport francese nato alla fine degli anni novanta, il Parkour, mi sono fratturato il perone e la tibia, ossa portanti del corpo. Il Parkour (da percorso in francese) è una acrobatica urbana molto estrema simile al Free Runner, che consiste nel compiere un per-corso saltando muri, muretti e qualsiasi tipo di ostacolo, compien-do anche delle evoluzioni in aria. Tornando a noi, ho fatto un salto da una ringhiera compiendo una mossa di nome Lazy e, cadendo sul prato umido e bagnato, ho piantato uno scivolone e mi sono rotto una gamba. Dopo una settimana passata a letto, sono tornato a scuola in sedia a rotelle. Era davvero strano vedere tutto e tutti così alti per non parlare della mia incapacità di movimento, e del mio banco improvvisato “su due piedi” che consisteva in una asse di legno da appoggiare sul ginocchio e sui braccioli della sedia a rotelle. La mia prognosi è durata davvero tanto, quattro mesi, ho dovuto tenere per quarantacinque giorni un gesso che andava dall’ingui-ne fino alla punta del piede, poi un gambaletto, un tutore e la fi-sioterapia. È stata una pura sofferenza e per superare questa esperienza c’è voluto l’intervento della pazienza che a me in parte mancava. Una delle tante altre difficoltà era la mia dipendenza dagli altri per quanto riguardava le mie esigenze sia a casa sia a scuola. A scuola inoltre cercavo di essere il più possibile simile agli altri, per non sentirmi inferiore da tutti i punti di vista. Per fortuna, potevo contare sull’aiuto da parte di tutti i miei com-pagni di classe. Grazie, ragazzi, siete stati pienamente solidali e altruisti. Insomma, questa, è stata un’esperienza dura ma,almeno, spero di avere imparato a essere meno spericolato, perché per farsi male ci vuole un millesimo di secondo, ma per guarire ci vogliono mesi!
Stefano Acquaviva
DA POVERA A PRINCIPESSA
Celine era una ragazza umile, nata da una fami-glia povera con cinque fratelli e quattro sorelle e senza un padre perchè era morto di peste. Un giorno stava passeggiando per una via picco-la, stretta e cupa. Ad un tratto si sentì toccare alle spalle e vide una vecchina gobbuta con un vassoietto di bi-scotti; ne offrì uno a Celine, che di colpo svenne perchè la vecchina in realtà, era una strega gelosa del-la bellezza della fanciulla. Grazie all’aiuto di un folletto malvagio, la ragaz-za venne rinchiusa in una torre sperduta piena di tranelli e intrighi e posto all'ingresso come guardiano c'era un orrendo drago. Un principe venne informato dell'accaduto allo-ra decise di andare a cercare Celine. Dopo un po' di giorni trovò la torre ma vide il drago, allora andò a chiamare dei guerrieri e ben presto lo sconfissero. Il principe sapeva che da qualche parte nel re-gno si trovava una torre piena di tranelli, allora decise di smatassare un gomitolo di lana duran-te la strada. Dopo scale, tranelli e intrighi riuscì a trovare Celine; grazie al filo di lana riuscirono a uscire dalla torre. Quando li videro tornare al paese tutti erano felici e il principe affascinato dalla sua bellezza le chiese di sposarla e lei accettò e vissero per sempre felici e contenti. Lombardo, Fornara
IL GRANDE MOSTRO
C'era una volta un principe di nome Jack, che fu incaricato dal Re Bartolomeo di salvare la fanciul-la dalle terribili grinfie di un mostro marino gigan-te. Il principe allora si fece dare un cavallo e un’ar-matura dai suoi amici di corte, e si mise in viaggio alla ricerca della fanciulla. Dopo aver attraversato paludi infestate e laghi infiniti, il principe arriva in una locanda; prima di andare a dormire sbirciò nel cassetto del comodi-no e trovò tre oggetti magici: il primo serviva per respirare sott'acqua, il secondo per giungere ad una profondità di oltre tremila leghe ed infine una rete per intrappolare i mostri più grandi dell'ocea-no. Il principe dopo aver dormito salutò e ringraziò il locandiere e si rimise sui suoi passi. Dopo qualche giorno arrivò finalmente all’oceano; prese dalla sua borsa la maschera per respirare sott'acqua, che aveva trovato nel cassetto della locanda e si immerse. Ad un certo punto vide una luce stupenda in lontananza e in un batter d'oc-chio vi fu davanti. Vide la fanciulla legata ad un corallo e lì a fianco dormiva il mostro, prese la trappola e la lanciò all' enorme bestia immobiliz-zandola, potendo così liberare la principessa. Una volta in superficie si misero a cavallo e mar-ciarono verso il castello, quando furono arrivati tutti gli abitanti di corte li accolsero con banchetti e festeggiamenti. Infine il principe e la fanciulla si sposarono, ebbe-ro due gemelle bellissime e vissero felici e conten-ti.
Matteo Zaneboni
FAVOLE...
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L’UOMO PESCE
In un castello viveva un re, desideroso che il proprio figlio scegliesse una giovane sposa. Il principe si innamora di una principessa, che però è prigioniera dell’uomo pesce, il quale vive in un fantastico castello in fondo al mare. Il principe parte a cavallo per raggiungere la principessa e incontra sulla spiaggia un albero parlante che gli dona le branchie per respirare in mare. Il principe nuota per giorni finché non trova il palazzo, ma non appena varca la porta, l’uomo pesce lo aggredisce e lo sconfigge. Il principe vuole sfidare l’uomo pesce sulla terraferma e così si danno appuntamento sulla spiaggia. Due giorni dopo ci fu il combattimento e dopo un lungo scontro il principe imprigiona l’uomo pesce nella torre del castello. Il principe si sposa con la principessa e vissero felici ed ebbero due bellissimi gemelli di nome Marco e Riccardo. Arrighi Luca – Gueye Balla
Filastrocche...
Pagina 11 Istituto Comprensivo “MarioSoldati”
Sull’ autobus... Sull'autobus dell'imperatore c'era pure un attore. Alto e di colore recava in mano un fiore che vendeva al prezzo miglio-re. Mai nessuno lo comprava, lui non guadagnava, e così lo regalava. Alla spiaggia di Riccione c'eran mille e più persone. C'era un bimbo molto brutto che mangiava una fetta di prosciutto. C'era un nonno calmo e diste-so dalle scale era appena sceso. C'era pure il marocchino che vendeva l'accendino.
SE LA MINESTRA FOSSE..... Se la minestra fosse fatta di Nutella, ne mangerei una scodella. Se la minestra fosse di biscotto, ne mangerei ben otto. Se la minestra fosse fatta di panettone, la mangerei anche a colazione. Se la minestra fosse fatta di caramelle, ne mangerei dieci scodelle. Se la minestra avesse il gusto di aranciata, la mangerei insieme alla cioccolata. Se la minestra fosse fatta di vaniglia, la ruberei alla mia famiglia.
Leonardo Sacchi
ALLA STAZIONE DI PORDENONE Alla stazione di Pordenone arrivò ansante un solo vagone carico appena di tre persone; scese solo un gran ciccione, che con il suo pancione, fece male a delle persone,
LE MATITE Se le matite fossero di nutella scriverei subito in bella. Se le matite fossero caramelle tutte le poesie le scriverei belle. Se le matite fossero di marmellata scriverei tutta la giornata. Se le matite fossero come gli spaghetti scriverei anche sui tetti. Nicolas Funicelli
La Morte
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Una cosa inaspettata
davvero poco amata.
Ti stringe forte il cuore
senza pietà e senza timore,
ti vede piangere e soffrire
ma nulla la fa impietosire.
La vedi arrivare piano, piano,
ma ogni tentativo di fermarla è vano.
C'è chi l'aspetta,
c'è chi non ha fretta,
c'è chi ha paura
c'è chi crede non sia una sventura.
Per sempre ti fa riposare,
ma sotto terra cosa ci stai a fare?
Non è forse più bello ridere e scherzare?
O volare, volare, alti nell'immaginazione,
e guardare giù in basso le vive persone.
Giulia Luciani
Vorrei che fosse un sogno, svegliarmi al mattino e dire: “è tutto finito”. Vorrei che fosse una favola scritta con poco gusto, girare la pagina e di-re: “ è tutto finito”. Non è fantasia, è realtà. Vai a dormire la sera e sai che al mattino un amico non ci sarà più. Ti svegli alle 6:00 e sai che gli occhi non si apriranno mai più sul mondo. Senti suonare il telefono, sai già perché ti chiamano, ma non vuoi crederci, dici: “Pronto?” e lei ti ri-sponde: “ E’ morto”. Leggo, leggo il finale di una storia, cerco di entrare tra le parole ma il mondo è lì. Vuole che io ritorni. Una goccia, tonda, perfetta, cade sulla pagina profumata e, come una lenta di ingrandi-mento, bagna la parola poi… Ho paura, paura che tutto questo dolore possa colpirmi più da vicino. Ho paura quando mamma è stanca o pa-pà ha mal di testa. Ho paura di salire in macchina sabato mattina. Non alzo lo sguardo quando vedo le porte della chiesa. Vorrei scompari-re quando vedo quella “scatola” di legno con i fiori bianchi… Mi chiedo perché Dio è così crudele? Perché fa morire gente che dovrebbe vivere? Perché gli assassini e i malviventi sono in vita? Dio, se esisti, le vedi queste cose? Giulia Luciani
IL FUTURO
...un sogno
non si
tocca, non
si mangia,
non si
sente con
le orecchie,
si sente col
cuore...
Pagina 13 Istituto Comprensivo “MarioSoldati”
Cos’è un sogno? Difficile da di-re concretamente, perché un sogno non si tocca, non si man-gia, non si sente con le orec-chie, si sente col cuore. Io so solo che è qualcosa di più di un sentimento. Sognare nel sonno vuol dire riflettere su ciò che, magari, avremmo avuto paura di pensare da svegli. Quando sogniamo diventiamo ciò che siamo veramente, tirando fuori quello che abbiamo dentro, rendendolo impossibile da na-scondere. Io credo che un so-gno non è mai casuale, ma tra-smette sempre un messaggio da interpretare. L’incubo stes-so è uno sfogo della mente che libera dalle paure, dalle preoc-cupazioni e dai brutti pensieri. Sognare ad occhi aperti, inve-ce, vuol dire pensare, sperare, fantasticare, viaggiare con la fantasia, distaccandosi dalla realtà. Pensiamo al futuro, a cosa faremo e a come saremo un domani. Pensiamo se ci sa-
remo ancora, anche solo tra po-co, perché tutto è ignoto e, sa-pendo che non siamo immorta-li, ogni episodio diventa più bel-lo, perché ogni nostro momen-to può essere l’ultimo. L’uomo è nato per vivere seguendo i pro-pri sogni, i propri pensieri, i pro-pri ideali, senza un modello, perché dobbiamo essere mo-dello di noi stessi, continuando a sognare nell’infinito, avendo un obiettivo, uno scopo da rag-giungere, amando ciò che si fa e facendo ciò che si ama, l’uni-co modo per arrivare alla felici-tà. I sogni sono il rifugio di ogni persona, ne completano la vita, rendendola magica e speciale. Maria Strola
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LE TRE EMOZIONI BASE
L ’ essere più sviluppato del pianeta terra, un’ a nima con un proprio corpo che percepi-sce emozioni e bellezze, una macchina perfettamente coordinata, tantissimi organismi in un unico organismo, una macchina perfetta, con un animo e una bellezza pura. Io sono un essere umano e, in quanto tale, mi faccio delle domande e da queste domande mi escono moltissime riflessioni, parecchie riguardanti l ’ uomo; mi chiedo spesso se le sue emozioni sono uniche oppure sono presenti anche in altri esseri viventi. Però, dopo svariate riflessioni, ho capito che nell ’ uomo cambiano le emozioni, nell ’ uomo le emo-zioni sono molto più forti, ad esempio se un uomo perde la sua amata sta molto più ma-le di un gatto che perde la sua gatta. Di certo io questo ancora non lo posso comprende-re dato che sono ancora nell ’ età adolescenziale, ma lo noto spesso nelle poesie dedi-cate all ’ amore oppure nei film romantici e vedo che un uomo è in grado pure di fare gesti eclatanti per amore di un ’ altra persona. Allora penso che l ’ a more è l ’ emozione base più forte sentita dall ’ uomo, perciò quando finisce è come un coltello piantato nel cuore che fa soffrire ininterrottamente per un lunghissimo periodo. Ma oltre all ’ amore c ’ è un ’ altra emozione base fortissima che fa stare benissimo: la felicità. La felicità da un lato è un ’ emozione molto misteriosa perché ti fa stare benissimo per un brevissimo tempo e poi ti fa ritornare normale, dall ’ a ltro è anche una grandissima risorsa di ener-gia che ti fa stare a tuo agio, perciò è la mia emozione preferita. L ’ ultima emozione ba-se è l ’ odio, un sentimento contrapposto all’ a more, al punto che una persona sarebbe in grado di uccidere. Provo qualche volta questa emozione ma cerco di controllarla e di fare prevalere le altre due. Ricordate sempre che fare del male non è mai una cosa po-sitiva!
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L’inno nazionale italiano, il cui testo è stato scritto da Goffredo Mameli
(1847) e la cui musica è stata creata da Michele Novaro (1847), si intito-
la “Il canto degli italiani”, ma, al giorno d’oggi, la maggior parte della
popolazione è abituata ad indicarlo con le parole iniziali della sua prima
strofa: “Fratelli d’Italia”. Recentemente, il Senato ha approvato la legge
che rende obbligatorio non solo l’insegnamento dell’inno, ma la sua
comprensione, lo studio dei riferimenti storici che lo hanno ispirato e de-
gli ideali che lo hanno sorretto. Secondo alcuni il testo del canto è me-
diocre, con termini e simboli compresi da pochi, inadatto ai bambini
perché parla di guerra e morte. A parere di altri, invece, è positiva l’idea
di cantare tutti assieme la canzone che dà un’identità al popolo italiano,
anche senza saperne il significato. Effettivamente , per noi allievi del
terzo millennio, molti passaggi sono apparsi di difficile comprensione.
Con l’aiuto dell’insegnante abbiamo, tuttavia, avuto occasione di riflet-
tere sul significato e sulle vicende del Risorgimento e sul percorso che
ha portato all’unità il nostro Paese.
Céline Palmigiano
PER L’INNO D’ITALIA, LA SCUOLA S’È
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1.Edificio dove le persone imparano moltissime cose. 2.Primo Imperatore del Sacro Romano Impero. 3.Famosissima frase di Amleto detta da un grande scrittore inglese ri-nascimentale. 4.Imperatore dell’Impero d’ Asburgo che causò la Guerra dei Trent’anni. 5.Matematico greco inventore di una formula alternativa per calcolare l’area del triangolo. 6.L’emozione più forte concepita dall’essere umano. 7.Ce n’ è uno per ogni giorno (per i cristiani cattolici). Se hai completato bene il cruciverba, nella colonna grigia leggerai il luogo in cui risiedono i Carabinieri! Buona Fortuna, Osama
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GIOCHI
LA REDAZIONE:
Beltrame Marco
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Articoli a cura di:
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Disegni a cura di
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Scuola Secondaria di I grado” M.Soldati”
P.zza Ragazzoni, 8
28016 Orta San Giulio
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“ ALUNNI DI UNA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO DURANTE L ’ INTERVALLO ”
Come leoni, sono divisi in branchi, di cui i componenti sono assai uniti fra loro. Ogni individuo è come un pilastro reggente, infatti, tutto crollerebbe senza di esso. Quelli che giocano a calcio, sembrano cani che cercano di acchiapparsi la coda e, anche se non riescono nel loro intento, non si arren-dono. Coloro che, nel periodo autunno-invernale, si attaccano al termosifone per riscaldarsi e ,nel periodo primaverile, per stare al fresco, somi-gliano a sanguisughe sul corpo di un uomo corpulento. Chi alterna le azzuffate alle partite di basket col cestino, è evidente, si sente come una star della TV. Ultimo, ma non meno importante gruppo, è quello dei vagabondi, che vanno da una parte all ’ altra, senza meta, come cuccioli scappa-ti di casa, che ora, proprio ora che vogliono tornare indietro, non ricordano più la strada da percorrere.
Céline Palmigiano
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