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ne di ordine pubblico processuale tra Bruxelles I e CEDU, in Diritto UE, 2010, 923, e Armonia delle de- cisioni e ordine pubblico, in Studi integraz. eur., 2013, 507. 4. Il diritto al rispetto della vita familia- re. Tra i tanti v. Pitea, nel Commentario breve alla Cedu, a cura di Bartole-De Sena-Zagrebelski, sub art. 8, Padova, 2012, 297. 5. Il diritto al rispetto della vita privata: la continuità degli status legittimamente acquisiti all’estero. Cfr. Rossolillo, L’identità personale tra diritto internazionale privato e diritti dell’uomo, in Riv. dir. int., 2007, 1028, e Id., Identità personale e diritto internazionale privato, Cedam, 2009. Per quanto riguarda il diritto dell’Unione eu- ropea v. L. Tomasi, La tutela degli status familiari nel diritto dell’Unione europea, Cedam, 2007. Sulla più recente giurisprudenza di Strasburgo, infine, v. Franzina, Some remarks on the relevance of Article 8 of the ECHR to the recognition of family status ju- dicially created abroad, in Dir. umani e dir. int., 2011, 609. Cristina Campiglio I CORTE COST., 11.6.2014, n. 170 Matrimonio - Transessualismo - Sen- tenza di rettificazione anagrafica di sesso - Divorzio - Necessità - Consen- so della coppia - Altra adeguata for- ma di convivenza registrata - Rico- noscimento - Necessità (Cost., artt. 2, 3, 10, comma 1 o , 24, 29, 117, comma 1 o ; l. 14.4.1982, n. 164, artt. 2, 4; l. 6.3.1987, n. 74, art. 7; d. legis. 1 o .9.2011, n. 150, art. 31, comma 6 o ) Deve essere dichiarata l’illegittimità costi- tuzionale degli artt. 2 e 4 della l. 14.4.1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessa- zione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, co- munque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguata- mente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore. II CORTE EUR. DIRITTI UOMO, grande camera, 16.7.2014, ric. 37359/09 Personalità (diritti della) - Identità di genere - Riattribuzione del genere anagrafico - Disciplina finlandese - Conversione del matrimonio in unio- ne registrata - Necessario consenso previo - Violazione degli artt. 8, 12 e 14 Conv. eur. dir. uomo - Esclusione (Conv. eur. dir. uomo, artt. 8, 12, 14) Al fine di ottenere il riconoscimento giu- ridico del mutamento di sesso, non è sproporzionato porre quale condizione previa la cessazione del rapporto matri- moniale e offrire l’opzione di convertirlo in una unione registrata con il consenso dell’altro coniuge, quando questa solu- zione offre una protezione giuridica pra- ticamente identica a quella del matrimo- nio. Essa rappresenta un giusto equilibro e non viola gli artt. 8 e 12 e 14, congiun- tamente agli artt. 8 e 12, Conv. eur. dir. uomo. dal testo: Corte cost., n. 170/2014 e Corte eur. dir. uomo, 16.7.2014 Matrimonio / Personalità (diritti della) NGCC 2014 - Parte prima 1139 c Vincenzo Durante - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.

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ne di ordine pubblico processuale tra Bruxelles I eCEDU, in Diritto UE, 2010, 923, e Armonia delle de-cisioni e ordine pubblico, in Studi integraz. eur.,2013, 507.

4. Il diritto al rispetto della vita familia-

re. Tra i tanti v. Pitea, nel Commentario breve allaCedu, a cura di Bartole-De Sena-Zagrebelski,sub art. 8, Padova, 2012, 297.

5. Il diritto al rispetto della vita privata:

la continuità degli status legittimamente

acquisiti all’estero. Cfr. Rossolillo, L’identitàpersonale tra diritto internazionale privato e diritti

dell’uomo, in Riv. dir. int., 2007, 1028, e Id., Identitàpersonale e diritto internazionale privato, Cedam,2009. Per quanto riguarda il diritto dell’Unione eu-ropea v. L. Tomasi, La tutela degli status familiarinel diritto dell’Unione europea, Cedam, 2007. Sullapiù recente giurisprudenza di Strasburgo, infine, v.Franzina, Some remarks on the relevance of Article8 of the ECHR to the recognition of family status ju-dicially created abroad, in Dir. umani e dir. int., 2011,609.

Cristina Campiglio

I

CORTE COST., 11.6.2014, n. 170

Matrimonio - Transessualismo - Sen-

tenza di rettificazione anagrafica di

sesso - Divorzio - Necessità - Consen-

so della coppia - Altra adeguata for-

ma di convivenza registrata - Rico-

noscimento - Necessità (Cost., artt. 2, 3,10, comma 1o, 24, 29, 117, comma 1o; l. 14.4.1982,n. 164, artt. 2, 4; l. 6.3.1987, n. 74, art. 7; d. legis.1o.9.2011, n. 150, art. 31, comma 6o)

Deve essere dichiarata l’illegittimità costi-tuzionale degli artt. 2 e 4 della l.14.4.1982, n. 164 (Norme in materia direttificazione di attribuzione di sesso),nella parte in cui non prevedono che lasentenza di rettificazione dell’attribuzionedi sesso di uno dei coniugi, che provoca loscioglimento del matrimonio o la cessa-zione degli effetti civili conseguenti allatrascrizione del matrimonio, consenta, co-munque, ove entrambi lo richiedano, dimantenere in vita un rapporto di coppiagiuridicamente regolato con altra forma diconvivenza registrata, che tuteli adeguata-mente i diritti ed obblighi della coppiamedesima, con le modalità da statuirsi dallegislatore.

II

CORTE EUR. DIRITTI UOMO, grandecamera, 16.7.2014, ric. 37359/09

Personalità (diritti della) - Identità

di genere - Riattribuzione del genere

anagrafico - Disciplina finlandese -

Conversione del matrimonio in unio-

ne registrata - Necessario consenso

previo - Violazione degli artt. 8, 12 e14 Conv. eur. dir. uomo - Esclusione

(Conv. eur. dir. uomo, artt. 8, 12, 14)

Al fine di ottenere il riconoscimento giu-ridico del mutamento di sesso, non èsproporzionato porre quale condizioneprevia la cessazione del rapporto matri-moniale e offrire l’opzione di convertirloin una unione registrata con il consensodell’altro coniuge, quando questa solu-zione offre una protezione giuridica pra-ticamente identica a quella del matrimo-nio. Essa rappresenta un giusto equilibroe non viola gli artt. 8 e 12 e 14, congiun-tamente agli artt. 8 e 12, Conv. eur. dir.uomo.

dal testo:

Corte cost., n. 170/2014 e Corte eur. dir. uomo, 16.7.2014 Matrimonio / Personalità (diritti della)

NGCC 2014 - Parte prima 1139

c

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I

Il fatto. 1. – Nel corso di un giudizio pro-mosso da una coppia sposata per ottenere lacancellazione della annotazione di «cessazionedegli effetti del vincolo civile del [loro] matri-monio», che l’ufficiale di stato civile aveva ap-posta in calce all’atto di matrimonio, conte-stualmente all’annotazione, su ordine del Tri-bunale, della rettifica (da “maschile” a “femmi-nile”) del sesso del marito, la Corte di cassazio-ne – adita in sede di impugnazione avverso ildecreto della Corte di Appello di Bologna che,in riforma della statuizione di primo grado,aveva respinto la domanda dei ricorrenti – hasollevato con l’ordinanza in epigrafe, questionedi legittimità costituzionale:1) «dell’art. 4 della legge n. 164 del 1982[Norme in materia di rettificazione di attribu-zione di sesso], nella formulazione anteriore al-l’abrogazione intervenuta per effetto dell’art.36 del d.lgs. n. 150 del 2011 [Disposizionicomplementari al codice di procedura civile inmateria di riduzione e semplificazione dei pro-cedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’arti-colo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69], nel-la parte in cui dispone che la sentenza di retti-ficazione di attribuzione di sesso provoca l’au-tomatica cessazione degli effetti civili conse-guenti alla trascrizione del matrimonio celebra-to con rito religioso senza la necessità di unadomanda e di una pronuncia giudiziale, con ri-ferimento ai parametri costituzionali degli artt.2 e 29 Cost., e, in qualità di norme interposte,ai sensi degli artt. 10, primo comma, e 117Cost., degli artt. 8 e 12 della Convenzione Eu-ropea dei Diritti dell’Uomo con riguardo adentrambi i coniugi»;2) «degli artt. 2 e 4 della l. n. 164 del 1982 conriferimento al parametro costituzionale del-l’art. 24 Cost., nella parte in cui prevedono lanotificazione del ricorso per rettificazione diattribuzione di sesso all’altro coniuge, senza ri-conoscere a quest’ultimo il diritto di opporsiallo scioglimento del vincolo coniugale nel giu-dizio in questione, né di esercitare il medesimopotere in altro giudizio, essendo esclusa la ne-cessità di una pronuncia giudiziale dalla pro-duzione ex lege dell’effetto solutorio in virtùdel passaggio in giudicato della sentenza di ret-tificazione di attribuzione di sesso»;

3) «degli artt. 2 e 4 della l. n. 164 del 1982 con ri-ferimento all’art. 24 Cost., negli stessi termini dicui sub 2), con riguardo al coniuge che ha otte-nuto la rettificazione di attribuzione di sesso»;4) «dell’art. 4 della l. n. 164 del 1982 con riferi-mento al parametro costituzionale dell’art. 3Cost., per l’ingiustificata disparità di regime giu-ridico tra l’ipotesi di scioglimento automatico,operante ex lege, del vincolo coniugale previstoda tale norma in relazione all’art. 3, quarto com-ma, lettera g) della l. n. 898 del 1970 e successivemodificazioni e le altre ipotesi indicate in dettoart. 3, sub 1, lettera a, b, c) e sub 2 lettera d)».

1.1. – Nel motivare la rilevanza della questio-ne, la Corte rimettente ha ritenuto, in premes-sa, che l’Ufficiale di stato civile abbia nella spe-cie correttamente operato in presenza dellasuddetta sentenza di rettificazione di sesso edin applicazione del citato art. 4 della legge 14aprile 1982, n. 164, che testualmente, appunto,dispone che «la sentenza di rettificazione di at-tribuzione di sesso [...] provoca lo scioglimentodel matrimonio celebrato con il rito religioso».

1.2. – Ha escluso poi quella Corte che la suc-cessiva legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove nor-me sulla disciplina dei casi di scioglimento dimatrimonio) – che, con l’aggiunta di una lette-ra g) nel corpo dell’art. 3 della legge 1 dicem-bre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di sciogli-mento del matrimonio), ha inserito l’ipotesi delgiudicato sulla rettificazione tra i casi in cui loscioglimento del vincolo «può essere doman-dato da uno dei coniugi» – possa condurre aduna interpretazione adeguatrice della normati-va impugnata, nel senso, auspicato dai ricor-renti, della esclusione dell’automatismo delloscioglimento del matrimonio in conseguenzadel mutamento di sesso di uno dei coniugi.

La soluzione del divorzio “imposto” allacoppia che sia stata “interessata” dalla rettifi-cazione di sesso di uno dei suoi componenti ri-fletterebbe, infatti, il limite, «privo di ambigui-tà», che il legislatore del 1982 ha inteso porreall’esercizio del «diritto all’identità di generedel soggetto che desidera rettificare il sesso chegli è stato attribuito dalla nascita», con la rico-nosciuta presenza de «l’interesse statuale a nonmodificare i modelli familiari» (id est: il model-lo eterosessuale del matrimonio).

E, poiché rispetto al sistema di tali modelli lalegge n. 74 del 1987 non ha operato alcuna mo-

Corte cost., n. 170/2014 e Corte eur. dir. uomo, 16.7.2014 Matrimonio / Personalità (diritti della)

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dificazione, l’introduzione della lettera g) nelnovellato art. 3 della legge n. 898 del 1970 nonaltra spiegazione può avere, secondo la Corterimettente, che quella della estensione del ritocamerale (da quella legge individuato comemodello processuale più spedito ed efficientein materia divorzile) anche alle «controversieconsequenziali (relative a figli minori o patri-moniali) allo scioglimento [pur sempre] auto-matico dal vincolo», come effetto della senten-za di rettificazione del sesso di uno dei coniugi.

1.3. – La Corte rimettente conclude, pertan-to, che la scelta del legislatore del 1982 – nonmodificata dalla legge n. 74 del 1987 e piena-mente confermata dalla novella introdotta conl’art. 31 del d.lgs. n. 150 del 2011 – «risultaunivocamente quella di aver introdotto unafattispecie di divorzio “imposto” ex lege chenon richiede, al fine di produrre i suoi effetti,una pronuncia giudiziale ad hoc, salva la neces-sità della tutela giurisdizionale limitatamentealle decisioni relative ai figli minori».

Ma è, appunto, tale soluzione ad essere, adavviso della stessa Corte rimettente, di dubbiacompatibilità con il sistema dei diritti garantitidagli evocati parametri costituzionali ed euro-pei. Ne deriverebbe, infatti, il contrasto: con ildiritto ad autodeterminarsi nelle scelte relativealla identità personale, di cui la sfera sessualeesprime un carattere costitutivo; con il dirittoalla conservazione della preesistente dimensio-ne relazionale, quando essa assuma i caratteridella stabilità e continuità propri del vincoloconiugale; con il diritto a non essere ingiustifi-catamente discriminati rispetto a tutte le altrecoppie coniugate, alle quali è riconosciuta lapossibilità di scelta in ordine al divorzio e conil diritto dell’altro coniuge di scegliere se conti-nuare la relazione coniugale.

Dal che il quesito sulla «adeguatezza del sa-crificio imposto all’esercizio di tali diritti dal-l’imperatività dello scioglimento del vincoloper entrambi i coniugi».

2. – Si sono costituiti in questo giudizio ilPresidente del Consiglio dei Ministri, rappre-sentato e difeso dall’Avvocatura Generale delloStato – che ha insistito, in via pregiudiziale, perl’inammissibilità delle sollevate questioni e, inlinea subordinata, per la loro infondatezza –nonché, con un’unica memoria, entrambi i ri-correnti per cassazione, la cui difesa ha conclu-

so per l’accoglimento delle questioni e per ladeclaratoria consequenziale – ai sensi dell’art.27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sul-la costituzione e sul funzionamento della Cortecostituzionale) – dell’incostituzionalità dell’art.31, comma 6, del d.lgs. n. 150 del 2011.

3. – È intervenuta nel presente giudizio di le-gittimità costituzionale anche l’Avvocatura peri diritti LGBTI, che ha invocato – anch’essa –l’accoglimento delle formulate questioni.

4. – Le difese dello Stato e dei ricorrenti han-no anche depositato memorie ad ulteriore illu-strazione dei rispettivi assunti.

I motivi. 1. – Chiamata a decidere sulla que-stione, al centro del giudizio principale, relativaagli «effetti della pronuncia di rettificazione disesso su un matrimonio preesistente, regolar-mente contratto dal soggetto che ha inteso eser-citare il diritto a cambiare identità di genere incorso di vincolo, nell’ipotesi in cui né il medesi-mo soggetto né il coniuge abbiano intenzionedi sciogliere il rapporto coniugale», la Corte dicassazione dubita che la soluzione al riguardoimposta dall’art. 4 della legge 14 aprile 1982, n.164 (Norme in materia di rettificazione di attri-buzione di sesso), non modificata dall’art. 7della successiva legge 6 marzo 1987 n. 74 (Nuo-ve norme sulla disciplina dei casi di scioglimen-to di matrimonio) e poi confermata dall’art. 31del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150(Disposizioni complementari al codice di pro-cedura civile in materia di riduzione e semplifi-cazione dei procedimenti civili di cognizione, aisensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno2009, n. 69), non applicabile in causa rationetemporis – la soluzione, cioè, di collegare allasentenza di rettificazione di sesso del coniugel’effetto automatico di scioglimento del matri-monio – realizzi un bilanciamento adeguato tral’interesse dello Stato a mantenere fermo il mo-dello eterosessuale del matrimonio ed i con-trapposti diritti maturati dai due coniugi nelcontesto della precedente vita di coppia.

Il cosiddetto “divorzio imposto” – introdot-to dalla normativa censurata (l’art. 4 ed il con-nesso art. 2 della legge n. 164 del 1982) – scon-terebbe, infatti, ad avviso della Corte rimetten-te, un deficit di tutela, risolventesi nel sacrificioindiscriminato, in assenza di strumenti com-pensativi, «del diritto di autodeterminarsi nelle

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scelte relative all’identità personale, di cui lasfera sessuale esprime un carattere costitutivo;del diritto alla conservazione della preesistentedimensione relazionale, quando essa assuma icaratteri della stabilità e continuità propri delvincolo coniugale; del diritto a non essere in-giustificatamente discriminati rispetto a tutte lealtre coppie coniugate, alle quali è riconosciutala possibilità di scelta in ordine al divorzio; deldiritto dell’altro coniuge di scegliere se conti-nuare la relazione coniugale».

Da qui, in particolare, il denunciato contra-sto dell’art. 4 e, per quanto rileva, dell’art. 2della legge n. 164 del 1982 con gli artt. 2, 3 e 29Cost., e con gli artt. 8 e 12 della Convenzioneeuropea per la salvaguardia dei diritti dell’uo-mo e delle libertà fondamentali, firmata a Ro-ma il 4 novembre 1950, evocati come normeinterposte agli effetti della ulteriore violazionedegli artt. 10, primo comma, e 117, primocomma, Cost. e la prospettazione del vulnusche si assume arrecato dagli artt. 2 e 4 della leg-ge n. 164 del 1982 all’art. 24 Cost.

2. – Con diffuse argomentazioni adesive allamotivazione dell’ordinanza di rinvio, la difesadei ricorrenti ha chiesto dichiararsi l’illegittimi-tà costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge n.164 del 1982 e, in via consequenziale, ex art.27, legge n. 87 del 1953, dell’art. 31, comma 6,del d.lgs. n. 150 del 2011.

3. – Nel pervenire ad opposta conclusione dinon fondatezza, sotto ogni profilo, della que-stione in esame, l’Avvocatura generale delloStato ha richiamato, invece, in premessa, lanon superabilità del “paradigma eterosessuale”del matrimonio, ribadito anche dalla sentenzadi questa Corte n. 138 del 2010, e ne ha trattoil corollario che, in Italia, il matrimonio già ce-lebrato tra due persone eterosessuali, una dellequali modifichi in costanza di rapporto, senzaopposizione dell’altra, la propria identità di ge-nere venga, per ciò stesso, a caducarsi per “ine-sistenza acquisita”.

Con l’ulteriore conseguenza – ad avviso,sempre di detta difesa – che «ciò a cui puòaspirare il coniuge che cambia sesso in costan-za di matrimonio è che, con il consenso delproprio compagno (o compagna) di vita, l’or-dinamento riconosca il permanere del vincolodi comunanza affettiva con una adeguata e di-versa tutela, che serva per l’appunto a non

comprimere eccessivamente l’esercizio del di-ritto inviolabile all’autodeterminazione sessua-le, ma non aspirare a conservare un istitutonon più esistente».

4. – In via preliminare, deve essere confer-mata l’ordinanza, adottata nel corso del-l’udienza pubblica ed allegata alla presentesentenza, con la quale è stato dichiarato inam-missibile l’intervento dell’Avvocatura per i di-ritti LGBTI.

5. – La questione è fondata, nei termini e li-miti di cui appresso.

5.1. – La situazione (sul piano fattuale inne-gabilmente infrequente, ma che, nella vicendaal centro del giudizio principale, si è comun-que verificata) di due coniugi che, nonostantela rettificazione dell’attribuzione di sesso otte-nuta da uno di essi, intendano non interrompe-re la loro vita di coppia, si pone, evidentemen-te, fuori dal modello del matrimonio – che, conil venir meno del requisito, per il nostro ordi-namento essenziale, della eterosessualità, nonpuò proseguire come tale – ma non è neppuresemplicisticamente equiparabile ad una unionedi soggetti dello stesso sesso, poiché ciò equi-varrebbe a cancellare, sul piano giuridico, unpregresso vissuto, nel cui contesto quella cop-pia ha maturato reciproci diritti e doveri, an-che di rilievo costituzionale, che, seppur nonpiù declinabili all’interno del modello matri-moniale, non sono, per ciò solo, tutti necessa-riamente sacrificabili.

5.2. – Il parametro costituzionale di riferi-mento per una corretta valutazione della pecu-liare fattispecie in esame – in relazione ai pro-spettati quesiti sulla legittimità della disciplina,correttamente individuata dalla Corte di cassa-zione negli artt. 2 e 4 della Legge n. 164 del1982, che la risolvono in termini di divorzio au-tomatico – non è dunque quello dell’art. 29Cost. invocato in via principale dallo stesso col-legio rimettente, poiché, come già sottolineatoda questa Corte, la nozione di matrimonio pre-supposta dal Costituente (cui conferisce tutelail citato art. 29 Cost.) è quella stessa definita dalcodice civile del 1942, che «stabiliva (e tuttorastabilisce) che i coniugi dovessero essere perso-ne di sesso diverso» (sentenza n. 138 del 2010).

Il che comporta che anche a colui (o colei)che cambia il proprio sesso non resta impeditodi formare una famiglia, contraendo nuovo

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matrimonio con persona di sesso diverso daquello da lui (o lei) acquisito per rettifica.

5.3. – Non pertinente è anche il riferimentoagli artt. 8 (sul diritto al rispetto della vita fami-liare) e 12 (sul diritto di sposarsi e formare unafamiglia) della CEDU, come interpretati dallaCorte europea dei diritti dell’uomo (H. controFinlandia – decisione del 13 novembre 2012;Schalk and Kopf contro Austria – decisionedel 22 novembre 2010), invocati come normeinterposte, ai sensi della denunciata violazionedegli artt. 10, primo comma, e 117, primocomma, Cost. E ciò perché, in assenza di unconsenso tra i vari Stati nazionali sul tema delleunioni omosessuali, la Corte EDU, sul presup-posto del margine di apprezzamento conse-guentemente loro riconosciuto, afferma essereriservate alla discrezionalità del legislatore na-zionale le eventuali forme di tutela per le cop-pie di soggetti appartenenti al medesimo sesso.

La stessa sentenza della Corte EDU Schalkand Kopf contro Austria, citata nell’ordinanzadi rimessione, nel ritenere possibile una inter-pretazione estensiva dell’art. 12 della CEDUnel senso della riferibilità del diritto di contrar-re matrimonio anche alle coppie omosessuali,chiarisce come non derivi da una siffatta inter-pretazione una norma impositiva, di una taleestensione, per gli Stati membri.

5.4. – Neppure sussiste, nei termini della suaprospettazione, il contrasto della normativa de-nunciata con i precetti di cui agli artt. 24 e 3 Cost.

Quanto al primo parametro, perché non es-sendo, per quanto detto, configurabile un di-ritto della coppia non più eterosessuale a rima-nere unita nel vincolo del matrimonio, non neè, di conseguenza, ipotizzabile alcun vulnus sulpiano della difesa.

E quanto al parametro dell’art. 3 Cost., poi-ché la diversità della peculiare fattispecie discioglimento a causa di mutamento del sesso diuno dei coniugi rispetto alle altre cause di scio-glimento del matrimonio ne giustifica la diffe-rente disciplina.

5.5. – Pertinente, è invece, il riferimento alprecetto dell’art. 2 Cost.

Al riguardo questa Corte ha già avuto mododi affermare, nella richiamata sentenza n. 138del 2010, che nella nozione di “formazione so-ciale” – nel quadro della quale l’art. 2 Cost. di-spone che la Repubblica riconosce e garantisce

i diritti inviolabili dell’uomo – «è da annovera-re anche l’unione omosessuale, intesa comestabile convivenza tra due persone dello stessosesso, cui spetta il diritto fondamentale di vive-re liberamente una condizione di coppia, otte-nendone – nei tempi, nei modi e nei limiti sta-biliti dalla legge – il riconoscimento giuridicocon i connessi diritti e doveri».

In quella stessa sentenza è stato, però, ancheprecisato doversi «escludere [...] che l’aspira-zione a tale riconoscimento – che necessaria-mente postula una disciplina di carattere gene-rale, finalizzata a regolare diritti e doveri deicomponenti della coppia – possa essere realiz-zata soltanto attraverso una equiparazione del-le unioni omosessuali al matrimonio», comeconfermato, del resto, dalla diversità delle scel-te operate dai Paesi che finora hanno ricono-sciuto le unioni suddette.

Dal che la conclusione, per un verso, che«nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spet-ta al Parlamento, nell’esercizio della sua pienadiscrezionalità, individuare le forme di garan-zia e di riconoscimento per le unioni suddet-te», e, per altro verso, che resta, però, comun-que, «riservata alla Corte costituzionale la pos-sibilità di intervenire a tutela di specifiche si-tuazioni», nel quadro di un controllo di ragio-nevolezza della rispettiva disciplina.

5.6. – Sulla linea dei principi enunciati nella ri-ferita sentenza, è innegabile che la condizionedei coniugi che intendano proseguire nella lorovita di coppia, pur dopo la modifica dei caratte-ri sessuali di uno di essi, con conseguente rettifi-cazione anagrafica, sia riconducibile a quella ca-tegoria di situazioni “specifiche” e “particolari”di coppie dello stesso sesso, con riguardo allequali ricorrono i presupposti per un interventodi questa Corte per il profilo, appunto, di uncontrollo di adeguatezza e proporzionalità delladisciplina adottata dal legislatore.

La fattispecie peculiare che viene qui in con-siderazione coinvolge, infatti, da un lato, l’inte-resse dello Stato a non modificare il modelloeterosessuale del matrimonio (e a non consen-tirne, quindi, la prosecuzione, una volta venutomeno il requisito essenziale della diversità disesso dei coniugi) e, dall’altro lato, l’interessedella coppia, attraversata da una vicenda di ret-tificazione di sesso, a che l’esercizio della liber-tà di scelta compiuta dall’un coniuge con il

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consenso dell’altro, relativamente ad un tal si-gnificativo aspetto della identità personale, nonsia eccessivamente penalizzato con il sacrificiointegrale della dimensione giuridica del preesi-stente rapporto, che essa vorrebbe, viceversa,mantenere in essere (in tal ultimo senso si sonoindirizzate le pronunce della Corte costituzio-nale austriaca – VerfG 8 giugno 2006, n. 17849– e della Corte costituzionale tedesca BVerfG,1, Senato, ord. 27 maggio 2008, BvL 10/05) .

La normativa – della cui legittimità dubita laCorte rimettente – risolve un tale contrasto diinteressi in termini di tutela esclusiva di quellostatuale alla non modificazione dei caratterifondamentali dell’istituto del matrimonio, re-stando chiusa ad ogni qualsiasi, pur possibile,forma di suo bilanciamento con gli interessidella coppia, non più eterosessuale, ma che, inragione del pregresso vissuto nel contesto diun regolare matrimonio, reclama di essere, co-munque, tutelata come «forma di comunità»,connotata dalla «stabile convivenza tra duepersone», «idonea a consentire e favorire il li-bero sviluppo della persona nella vita di rela-zione» (sentenza n. 138 del 2010).

Sta in ciò, dunque, la ragione del vulnus che,per il profilo in esame, le disposizioni sottopo-ste al vaglio di costituzionalità arrecano al pre-cetto dell’art. 2 Cost.

Tuttavia, non ne è possibile la reductio ad legi-timitatem mediante una pronuncia manipolati-va, che sostituisca il divorzio automatico con undivorzio a domanda, poiché ciò equivarrebbe arendere possibile il perdurare del vincolo matri-moniale tra soggetti del medesimo sesso, in con-trasto con l’art. 29 Cost. Sarà, quindi, compitodel legislatore introdurre una forma alternativa(e diversa dal matrimonio) che consenta ai dueconiugi di evitare il passaggio da uno stato dimassima protezione giuridica ad una condizione,su tal piano, di assoluta indeterminatezza. E talcompito il legislatore è chiamato ad assolverecon la massima sollecitudine per superare la rile-vata condizione di illegittimità della disciplina inesame per il profilo dell’attuale deficit di tuteladei diritti dei soggetti in essa coinvolti.

5.7. – Va, pertanto, dichiarata – in accogli-mento, per quanto di ragione, delle sollevatequestioni – l’illegittimità costituzionale degliartt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982 n. 164, conriferimento all’art. 2 Cost., nella parte in cui

non prevedono che la sentenza di rettificazionedell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi,che comporta lo scioglimento del matrimonio,consenta, comunque, ove entrambi lo richieda-no, di mantenere in vita un rapporto di coppiagiuridicamente regolato con altra forma diconvivenza registrata, che tuteli adeguatamen-te i diritti ed obblighi della coppia medesima,la cui disciplina rimane demandata alla discre-zionalità di scelta del legislatore.

5.8. – Negli stessi termini, la dichiarazione diillegittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 27della legge n. 87 del 1953, n. 87, va estesa al-l’art. 31, comma 6, del d.lgs. n. 150 del 2011,che ha sostituito l’art. 4 della legge n. 164 del1982, abrogato dall’art. 36 del medesimo d.l-gs., ma che ne ripete, con minima ininfluentevariante lessicale, identicamente il contenuto.

P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli

artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Nor-me in materia di rettificazione di attribuzione disesso), nella parte in cui non prevedono che lasentenza di rettificazione dell’attribuzione di ses-so di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimen-to del matrimonio o la cessazione degli effetti ci-vili conseguenti alla trascrizione del matrimonio,consenta, comunque, ove entrambi lo richieda-no, di mantenere in vita un rapporto di coppiagiuridicamente regolato con altra forma di con-vivenza registrata, che tuteli adeguatamente i di-ritti ed obblighi della coppia medesima, con lemodalità da statuirsi dal legislatore;

2) dichiara, in via consequenziale, l’illegitti-mità costituzionale dell’art. 31, comma 6, deldecreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150(Disposizioni complementari al codice di pro-cedura civile in materia di riduzione e semplifi-cazione dei procedimenti civili di cognizione,ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno2009, n. 69), nella parte in cui non prevede chela sentenza di rettificazione dell’attribuzione disesso di uno dei coniugi, che determina lo scio-glimento del matrimonio o la cessazione deglieffetti civili conseguenti alla trascrizione delmatrimonio celebrato con rito religioso, con-senta, comunque, ove entrambi lo richiedano,di mantenere in vita un rapporto di coppia giu-

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ridicamente regolato con altra forma di convi-venza registrata, che tuteli i diritti ed obblighidella coppia medesima, con le modalità da sta-tuirsi dal legislatore.

[Cassese Presidente – Morelli Relatore. – B.A. e a.(avv. Bilotta) – Avvocatura per i diritti LGBTI (avv.Genova) – Presidente del Consiglio dei ministri(Avvocatura dello Stato)]

[Sulla sentenza si veda anche il commento in ParteSeconda di G. Palmeri e M.C. Venuti, p. ...]

II

(Omissis).

I motivi.I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE

L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTIONC. Appréciation de la Cour1. Sur l’applicabilité de l’article 8 de la

Convention1. En l’espèce, la requérante formule son

grief sous l’angle de l’article8 de la Conven-tion. Le Gouvernement ne conteste pas l’appli-cabilité de cette disposition.

2. La Cour relève que la requérante a cher-ché à obtenir un numéro d’identité féminin,soutenant qu’à la suite de son opération deconversion sexuelle son ancien numéro d’iden-tité masculin ne correspondait plus à la réalité.

3. La Cour a dit à maintes reprises qu’untranssexuel opéré pouvait se prétendre victimed’une violation de son droit au respect de savie privée protégé par l’article 8 de la Conven-tion à raison de l’absence de reconnaissance ju-ridique de son changement de sexe (voir, parexemple, Grant c. Royaume-Uni, no 32570/03,§ 40, CEDH 2006-VII, et L.c.Lituanie, no

27527/03, § 59, CEDH 2007-IV). En l’espèce,il n’est pas contesté que la situation de la re-quérante relève de la notion de «vie privée» ausens de l’article 8 de la Convention.

4. La Cour constate que la présente affairesoulève également des questions pouvant avoirdes incidences sur la vie familiale de la requé-rante. En droit interne, la transformation dumariage actuel de la requérante en un partena-riat enregistré requiert le consentement de sonépouse. De plus, la requérante et son épouse

ont eu un enfant ensemble. En conséquence, laCour estime que la relation de l’intéressée avecson épouse et son enfant relève également de lanotion de «vie familiale» au sens de l’article 8de la Convention.

5. Partant, l’article 8 de la Convention trouveà s’appliquer en l’espèce, tant en son volet «vieprivée» qu’en son volet «vie familiale».

2. Sur la question de savoir si l’affaireconcerne une obligation positive ou une ingé-rence

6. Si l’article 8 a essentiellement pour objetde prémunir l’individu contre des ingérencesarbitraires des pouvoirs publics, il peut égale-ment imposer à l’État des obligations positivesinhérentes à un respect effectif des droits ga-rantis par l’article 8 (voir, parmi d’autres, X etY c. Pays-Bas, 26mars 1985, § 23, série A no 91,et Söderman c. Suède [GC], no 5786/08, §78,CEDH 2013).

7. La Cour a dit dans des affaires antérieuresque l’article 8 impose aux États l’obligationpositive de garantir à leurs citoyens le droit àun respect effectif de leur intégrité physique etmorale (voir, par exemple, Nitecki c. Pologne(déc.), no 65653/01, 21mars 2002, Sentges c.Pays-Bas (déc.), no 27677/02, 8 juillet 2003,Odièvre c. France [GC], no 42326/98, § 42,CEDH 2003-III, Glass c. Royaume-Uni, no

61827/00, §§ 74-83, CEDH 2004-II, et Pentia-cova et autres c. Moldova (déc.), no 14462/03,CEDH 2005-I). De plus, pareille obligationpeut impliquer l’adoption de mesures spécifi-ques, notamment la mise en place d’une procé-dure effective et accessible en vue de protégerle droit à la vie privée (Airey c. Irlande, 9 octo-bre 1979, § 33, série A no 32, McGinley et Eganc. Royaume-Uni, 9 juin 1998, § 101, Recueil desarrêts et décisions 1998-III, et Roche c.Royaume-Uni [GC], no 32555/96, § 162,CEDH 2005-X) ou la création d’un cadre ré-glementaire instaurant un mécanisme judi-ciaire et exécutoire destiné à protéger les droitsdes individus, ainsi que la mise en oeuvre, lecas échéant, des mesures en question dans dif-férents contextes (A, B et C c.Irlande [GC], no

25579/05, § 245, CEDH 2010).8. La Cour observe que les parties ne contes-

tent pas que le refus d’accorder à la requéranteun nouveau numéro d’identité (féminin) s’ana-lyse en une atteinte au droit de l’intéressée au

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respect de sa vie privée. La chambre a égale-ment examiné l’affaire sous cet angle. LaGrande Chambre, pour sa part, estime que laquestion à trancher par elle est celle de savoirsi le respect de la vie privée et familiale de larequérante implique pour l’État l’obligationpositive de mettre en place une procédure ef-fective et accessible, propre à permettre à la re-quérante de faire reconnaître juridiquementson nouveau sexe tout en conservant ses liensmaritaux. Partant, la Grande Chambre jugeplus approprié d’analyser le grief de la requé-rante du point de vue des obligations positivesdécoulant de l’article 8 de la Convention.

3. Principes généraux applicables à l’appré-ciation des obligations positives incombant àun État

9. Les principes applicables à l’appréciationdes obligations positives incombant à un État autitre de l’article 8 sont comparables à ceux régis-sant l’appréciation de ses obligations négatives.Dans les deux cas,il faut avoir égard au justeéquilibre à ménager entre l’intérêt général et lesintérêts de l’individu concerné, les objectifs visésau paragraphe 2 de l’article 8 jouant un certainrôle (Gaskin c. Royaume-Uni, 7 juillet 1989, §42,série A no 160, et Roche, précité, § 157).

10. La notion de «respect» manque de netteté,surtout en ce qui concerne les obligations positi-ves inhérentes à cette notion; du fait de la diver-sité des pratiques suivies et des conditions ré-gnant dans les États contractants, ses exigencesvarient beaucoup d’un cas à l’autre (ChristineGoodwin c.Royaume-Uni [GC], no 28957/95, §72, CEDH 2002-VI). Néanmoins, la Cour a jugéune série d’éléments pertinents pour l’apprécia-tion du contenu des obligations positives incom-bant aux États. Certains de ces éléments concer-nent le requérant, par exemple l’importance del’intérêt en jeu ou la mise en cause de «valeursfondamentales» ou d’«aspects essentiels» de savie privée (X et Y c. Pays-Bas, précité, § 27, etGaskin, précité, § 49), ainsi que l’impact sur l’in-téressé d’un conflit entre la réalité sociale et ledroit, la cohérence des pratiques administrativeset juridiques dans l’ordre interne revêtant unegrande importance pour l’appréciation à effec-tuer sous l’angle de l’article 8 (B. c. France, 25mars 1992, § 63, série A no 232-C, et ChristineGoodwin, précité, §§ 77-78). D’autres élémentsconcernent l’impact sur l’État en cause de l’obli-

gation positive alléguée, par exemple le caractèreample et indéterminé, ou étroit et défini, de cetteobligation (Botta c. Italie, 24 février 1998, §35,Recueil 1998-I) ou l’ampleur de la charge quel’obligation ferait peser sur lui (Rees c. Royaume-Uni, 17 octobre 1986, §§ 43-44, série A no 106, etChristine Goodwin, précité, §§ 86-88).

11. Dans la mise en oeuvre des obligationspositives qui leur incombent au titre de l’article8, les États jouissent d’une certaine marged’appréciation. Pour déterminer l’ampleur decette marge d’appréciation, il y a lieu de pren-dre en compte un certain nombre de facteurs.Lorsqu’un aspect particulièrement importantde l’existence ou de l’identité d’un individu setrouve en jeu, la marge laissée à l’État est res-treinte (voir, par exemple, X et Y c. Pays-Bas,précité, §§ 24 et 27, et Christine Goodwin, pré-cité, § 90; voir également Pretty c. Royaume-Uni, no 2346/02, § 71, CEDH 2002-III). En re-vanche, la marge d’appréciation est plus largelorsqu’il n’existe pas de consensus entre lesÉtats membres du Conseil de l’Europe surl’importance relative de l’intérêt en jeu ou surles meilleurs moyens de le protéger, en particu-lier lorsque l’affaire soulève des questions mo-rales ou éthiques délicates, (X, Y et Z c. Royau-me-Uni, 22 avril 1997, § 44, Recueil 1997-II,Fretté c. France, no 36515/97, § 41, CEDH2002-I, et Christine Goodwin, précité, § 85).La marge d’appréciation est d’une façon géné-rale également ample lorsque l’État doit ména-ger un équilibre entre des intérêts privés et pu-blics concurrents ou entre différents droitsprotégés par la Convention qui se trouvent enconflit (Fretté, précité, § 42, Odièvre, précité,§§44-49, Evans c. Royaume-Uni [GC], no

6339/05, §77, CEDH 2007-I, Dickson c.Royaume-Uni [GC], no 44362/04, § 78,CEDH 2007-V, et S.H. et autres c. Autriche[GC], no 57813/00, § 94, CEDH 2011).

12. La Cour a déjà eu à examiner plusieurs af-faires se rapportant à l’absence de reconnais-sance juridique des changements de sexe résul-tant d’opérations de conversion sexuelle (voir,par exemple, Christine Goodwin, précité, VanKück c.Allemagne, no 35968/97, CEDH 2003-VII, Grant, précité, et L.c.Lituanie, précité, §56). Tout en accordant aux États une certainemarge d’appréciation en la matière, elle a jugéque, en vertu des obligations positives découlant

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pour eux de l’article 8, les États étaient tenusd’assurer la reconnaissance des changements desexe des transsexuels opérés, notamment en per-mettant aux intéressés de faire modifier leur étatcivil, avec les conséquences en résultant (voir,par exemple, Christine Goodwin, précité, §§ 71-93, et Grant, précité, §§39-44).

4. Application en l’espèce des principes géné-raux

13. La Cour relève tout d’abord que la re-quérante et son épouse sont légalement ma-riées conformément au droit interne depuis1996 et qu’elles souhaitent conserver leursliens maritaux. En droit finlandais, le mariagen’est autorisé qu’entre personnes de sexe op-posé. Les mariages entre personnes de mêmesexe sont pour l’instant interdits en Finlande,même si la question du mariage homosexuelest actuellement à l’étude devant le Parlement.Par ailleurs, les droits des couples de mêmesexe sont pour le moment protégés par la pos-sibilité de contracter un partenariat enregistré.

14. La Cour a conscience du fait que la re-quérante ne revendique pas le droit au mariagepour les homosexuels en général mais qu’ellesouhaite simplement préserver son propre ma-riage. Elle constate toutefois que si l’intéresséeobtenait satisfaction, il en résulterait en prati-que une situation dans laquelle deux person-nes de même sexe pourraient être unies par lemariage. Or actuellement, comme la Cour l’adit ci-dessus, pareil droit n’existe pas en Fin-lande. Partant, la Cour doit d’abord examinersi, dans les circonstances de l’espèce, la recon-naissance d’un tel droit est requise par l’article8 de la Convention.

15. La Cour réitère sa jurisprudence selon la-quelle l’article 8 de la Convention ne peut êtrecompris comme imposant aux États contrac-tants l’obligation d’ouvrir le mariage aux cou-ples homosexuels (Schalk et Kopf c.Autriche, no

30141/04, § 101, CEDH 2010). Elle a égale-ment dit que la question de la réglementationdes effets d’un changement de sexe sur le ma-riage relevait dans une large mesure, mais pasentièrement, de l’appréciation de l’Étatcontractant concerné (Christine Goodwin, pré-cité, §103). En outre, la Convention n’exigepas davantage que des dispositions spécialessoient prises dans des situations telles que cellede l’espèce. Dans l’affaire Parry c. Royaume-

Uni (décision précitée), la Cour a estimé en2006 que même si le droit anglais n’autorisaitpas les mariages entre personnes de même sexeà l’époque des faits les requérantes pouvaientpoursuivre leur relation dans tous ses aspectsessentiels et lui conférer un statut juridiquequi, s’il n’était pas totalement identique au ma-riage, y était semblable, en concluant un parte-nariat civil qui emportait pratiquement les mê-mes droits et obligations que le mariage. Elle adonc considéré le partenariat civil comme uneoption valable dans cette affaire.

16. La Cour observe que la présente espècetouche à des sujets qui sont en constante évolu-tion dans les États membres du Conseil del’Europe. Elle se propose donc de se penchersur la situation qui prévaut dans d’autres paysmembres relativement aux questions soulevéesen l’espèce.

17. D’après les informations dont la Courdispose, il apparaît qu’à l’heure actuelle dixÉtats membres autorisent le mariage entre per-sonnes de même sexe. En outre, dans la majo-rité des États membres qui interdisent le ma-riage homosexuel il n’existe pas de cadre juri-dique précis réglementant la reconnaissancejuridique du genre ni aucune disposition juri-dique traitant spécifiquement la situation despersonnes mariées ayant subi une opération deconversion sexuelle. Parmi les États membresqui interdisent le mariage homosexuel, seulssix se sont dotés d’une législation applicable àla reconnaissance du genre. Dans ces pays, soitla loi pose spécifiquement une condition de cé-libat ou de divorce, soit des dispositions géné-rales énoncent qu’après un changement desexe tout mariage préexistant est annulé oudissous. Il semble que seuls trois États mem-bres ont ménagé des exceptions permettant àune personne mariée ayant changé de sexed’obtenir la reconnaissance juridique de cechangement tout en conservant ses liens mari-taux (paragraphes 31-33 ci-dessus).

18. Dès lors, on ne peut pas dire qu’il existeau niveau européen un consensus sur l’autori-sation du mariage homosexuel ni, dans lesÉtats qui interdisent pareil mariage, sur la fa-çon dont il convient de réglementer la recon-naissance des changements de sexe dans les casde mariages préexistants. La majorité des Étatsmembres n’ont adopté aucune législation sur la

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reconnaissance des changements de sexe. Il ap-paraît qu’outre la Finlande six autres États seu-lement se sont dotés d’une telle législation. Lesexceptions ménagées pour les transsexuels ma-riés sont encore plus rares. Ainsi, rien n’indi-que que la situation dans les États membres duConseil de l’Europe ait évolué de manière si-gnificative depuis que la Cour a rendu ses der-nières décisions sur ces questions.

19. En l’absence d’un consensus européen,et compte tenu du fait que la présente affairesoulève indubitablement des questions moralesou éthiques délicates, la Cour estime que lamarge d’appréciation à accorder à l’État défen-deur demeure large (X, Y et Z c. Royaume-Uni,précité, § 44). Celle-ci doit en principe s’appli-quer tant à la décision de légiférer ou non surla reconnaissance juridique des changementsde sexe résultant d’opérations de conversionssexuelles que, le cas échéant, aux règles édic-tées pour ménager un équilibre entre les inté-rêts publics et les intérêts privés en conflit.

20. Quant à l’ordre juridique interne, laCour constate que le droit finlandais offre ac-tuellement à la requérante plusieurs options.Premièrement, l’intéressée peut opter pour lestatu quo sur le plan juridique en conservantses liens maritaux et en s’accommodant des dé-sagréments que lui vaut son numéro d’identitémasculin. La Cour juge établi que dans le sys-tème finlandais un mariage légalementcontracté unissant deux personnes de sexe op-posé n’est pas annulé ou dissous au motif quel’un des époux, après avoir subi une opérationde conversion sexuelle, se retrouve être demême sexe que son conjoint. En Finlande,contrairement à la situation qui prévaut dansd’autres pays, un mariage préexistant ne peutêtre annulé ou dissous unilatéralement par lesautorités internes. Partant, rien ne s’oppose àla continuation du mariage de la requérante.

21. Deuxièmement, si la requérante souhaites’assurer à la fois la reconnaissance juridiquede son nouveau sexe et une protection juridi-que de sa relation avec son épouse, la législa-tion finlandaise permet la transformation deson mariage en un partenariat enregistré si sonépouse y consent. En droit finlandais, dès lorsqu’est obtenu le consentement du conjoint auchangement de sexe, le mariage se transformeautomatiquement, ex lege, en un partenariat

enregistré et le partenariat enregistré en ma-riage, en fonction de la situation.

22. Le droit interne offre une troisième voie,le divorce. Cette voie est ouverte à la requé-rante comme à toute autre personne mariée.Contrairement à la thèse de l’intéressée, laCour n’aperçoit rien dans l’ordre juridique fin-landais qui pourrait être interprété commeobligeant la requérante à divorcer contre songré. Au contraire, elle estime que le droit fin-landais laisse à celle-ci toute liberté d’user ounon de cette possibilité.

23. Laissant de côté les options du maintien dustatu quo et du divorce, la requérante s’en prendpour l’essentiel à la seconde option, celle censéelui permettre de bénéficier à la fois de la recon-naissance juridique de son nouveau sexe et d’uneprotection juridique de sa relation actuelle.Ainsi, la question clé en l’espèce est celle de sa-voir si le système dont s’est doté l’État finlandaispermet aujourd’hui à celui-ci de respecter sesobligations positives en la matière ou si la requé-rante devrait être autorisée à conserver ses liensmaritaux tout en bénéficiant de la reconnais-sance juridique de son nouveau sexe, alors mêmeque cette solution impliquerait un mariage ho-mosexuel entre l’intéressée et son épouse.

24. La Cour constate que, contrairement à lamajorité des États membres du Conseil de l’Eu-rope, la Finlande a mis en place un cadre juridi-que destiné à réglementer la reconnaissance ju-ridique des changements de sexe. Elle observeque, comme l’explique le Gouvernement, la lé-gislation litigieuse a pour but d’unifier les di-verses pratiques ayant cours dans le pays etd’établir des critères cohérents en matière dereconnaissance juridique du genre. Dès lorsque le consentement du conjoint est obtenu, lesystème permet de concilier la reconnaissancejuridique du changement de sexe et la protec-tion juridique de la relation. Le système fonc-tionne dans les deux sens, et il prévoit ainsi nonseulement la transformation du mariage en unpartenariat enregistré mais également la trans-formation du partenariat enregistré en un ma-riage, selon que l’opération de conversionsexuelle a pour effet de transformer la relationexistante en une union entre partenaires demême sexe ou en une union entre partenairesde sexe opposé. D’après les informations four-nies par le Gouvernement, il y a eu jusqu’ici

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trente et une transformations de ce type, qui serépartissent de manière pratiquement égale en-tre les deux situations susmentionnées.

25. En élaborant ce cadre juridique, le légis-lateur finlandais a choisi de réserver le mariageaux couples hétérosexuels, cette règle ne souf-frant aucune exception. Il reste donc à la Courà déterminer si, eu égard aux circonstances del’affaire, le système finlandais ménage actuelle-ment un juste équilibre entre les intérêtsconcurrents en présence et s’il répond au cri-tère de proportionnalité.

26. L’une des préoccupations de la requé-rante a trait à l’obligation d’obtenir le consen-tement du conjoint, qui équivaut selon elle àun divorce «forcé». La Cour estime toutefoisque, eu égard à l’automaticité de la transforma-tion du mariage en un partenariat enregistré(ou vice versa) dans le cadre du système finlan-dais, le consentement du conjoint à l’enregis-trement d’un changement de sexe constitueune exigence élémentaire, conçue pour proté-ger un conjoint des effets de décisions unilaté-rales prises par l’autre. Cette condition repré-sente donc clairement une protection impor-tante pour le conjoint qui ne demande pas lareconnaissance d’un changement de sexe. Àcet égard, il convient de relever que le consen-tement est également requis lorsqu’un partena-riat enregistré doit être transformé en mariage.En conséquence, cette exigence s’appliqueaussi au bénéfice de l’institution du mariage.

27. La requérante se déclare également pré-occupée par les différences entre mariage etpartenariat enregistré. Comme l’a expliqué leGouvernement, ces différences concernentl’établissement de la paternité, l’adoption endehors du cercle familial et le nom de famille.Elles se présentent toutefois uniquement dansla mesure où ces questions n’ont pas été régléesauparavant et sont donc étrangères à l’espèce.Partant, la Cour estime que les différences en-tre mariage et partenariat enregistré ne sont pasde nature à entraîner un changement substan-tiel dans la situation juridique de la requérante.En pratique, celle-ci pourrait donc continuer àbénéficier dans le cadre d’un partenariat enre-gistré essentiellement de la même protectionjuridique que celle qui lui est assurée par le ma-riage (voir, mutatis mutandis, Schalk et Kopf,précité, § 109).

28. De plus, la requérante et son épouse neperdraient aucun autre droit si leur mariageétait transformé en partenariat enregistré.Comme le Gouvernement l’explique de ma-nière convaincante, l’expression «se trans-forme» figurant à l’article 2 § 1 de la loi sur laconfirmation du genre des personnes trans-sexuelles a été délibérément choisie pour illus-trer le fait que la relation juridique initiale sepoursuit simplement sous une dénominationdifférente et avec un contenu légèrement mo-difié. La durée du partenariat est donc calculéeà partir de la date à laquelle il a été contracté etnon à partir du changement de dénomination.Cet aspect peut se révéler important dans lescas où la durée de la relation constitue unedonnée à prendre en compte au regard de la lé-gislation interne, par exemple pour le calculd’une pension de réversion. Partant, la Courne peut juger bien fondée l’allégation de la re-quérante selon laquelle la transformation deson mariage en un partenariat enregistré seraitassimilable à un divorce.

29. Par ailleurs, la Cour estime que la trans-formation du mariage de la requérante en unpartenariat enregistré n’emporterait pas d’ef-fets ou n’emporterait que des effets minimessur la vie familiale de l’intéressée. Elle souligneque l’article 8 protège également la vie fami-liale des partenaires de même sexe et de leursenfants (Schalk et Kopf, précité, §§ 91 et 94).Dès lors, il importe peu, du point de vue de laprotection offerte à la vie familiale, que la rela-tion de la requérante avec sa famille soit fon-dée sur des liens maritaux ou sur un partena-riat enregistré.

30. Les aspects relatifs à la vie familiale se re-trouvent aussi dans la relation de la requéranteavec sa fille. La paternité de la requéranteayant déjà été valablement établie pendant lemariage, la Cour estime qu’en vertu du droitpositif finlandais une éventuelle transforma-tion du mariage en partenariat enregistrén’aurait aucun effet sur le lien de filiation pa-ternelle entre la requérante et sa fille. L’enfantcontinuerait donc à être considérée commeétant née dans le mariage. En outre, ainsi quel’expose le Gouvernement, dans le système fin-landais la paternité présumée sur la base dumariage ou la paternité établie ne peuvent êtreannulées au motif que l’homme est ultérieure-

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ment devenu une femme à la suite d’une opé-ration de conversion sexuelle. Cela estconfirmé par le fait, évoqué par le Gouverne-ment, que dans aucun des cas où une conver-sion sexuelle a eu lieu en Finlande il n’y a eu demodification des liens de filiation préexistants.De même, le changement de sexe d’un père n’aaucun effet juridique sur sa responsabilité ence qui concerne les obligations de soins, degarde ou d’entretien vis-à-vis de son enfant,étant donné qu’en Finlande cette responsabi-lité se fonde sur la parentalité, quel que soit lesexe des parents ou la forme de leur relation.Partant, la Cour juge établi que la transforma-tion du mariage de la requérante en un parte-nariat enregistré n’aurait aucune incidence surla vie familiale de l’intéressée telle que proté-gée par l’article 8 de la Convention.

31. S’il est regrettable que la requérante seretrouve quotidiennement dans des situationsoù son numéro d’identité inapproprié lui vautdes désagréments, la Cour estime que l’intéres-sée dispose d’une possibilité réelle de modifiercet état de choses: son mariage peut à tout mo-ment, sous réserve du consentement de sonépouse, être transformé, ex lege, en un partena-riat enregistré. À défaut d’un tel consentement,l’intéressée a toujours la possibilité, commen’importe quelle personne mariée, de deman-der le divorce. La Cour considère qu’il n’estpas disproportionné de poser comme condi-tion préalable à la reconnaissance juridique duchangement de sexe de la requérante que sonmariage soit transformé en partenariat enregis-tré, celui-ci représentant selon elle une optionsérieuse offrant aux couples de même sexe uneprotection juridique pratiquement identique àcelle du mariage (Parry, décision précitée). Onne peut donc dire que, du fait des différencesmineures qui existent entre ces deux formes ju-ridiques, le système en vigueur ne permet pas àl’État finlandais de remplir les obligations po-sitives qui lui incombent.

32. En conclusion, la Cour estime qu’il n’apas été démontré que les effets sur la requé-rante du système finlandais actuel dans son en-semble soient disproportionnés, et elle consi-dère qu’un juste équilibre a été ménagé entreles intérêts concurrents en jeu.

33. Dès lors, elle conclut à la non-violationde l’article 8.

II. SUR LA VIOLATION ALLéGUéE DEL’ARTICLE 12 DE LA CONVENTION(Omissis)

C. Appréciation de la Cour1. Principes généraux34. La Cour rappelle que l’article 12 de la

Convention constitue la lex specialis pour ledroit au mariage. Il garantit le droit fondamen-tal pour un homme et une femme de se marieret de fonder une famille. Il prévoit expressé-ment que le mariage est réglementé par le droitnational. Il consacre le concept traditionnel dumariage, à savoir l’union d’un homme et d’unefemme (Rees, précité, § 49). S’il est vrai qu’uncertain nombre d’États membres ont ouvert lemariage aux partenaires de même sexe, l’article12 ne saurait être compris comme imposantpareille obligation aux États contractants(Schalk et Kopf, précité, § 63).

2. Application en l’espèce des principes sus-mentionnés

35. La question en jeu concerne les consé-quences du changement de sexe de la requé-rante sur ses liens maritaux. À l’instar de lachambre, la Grande Chambre estime que cettequestion a déjà fait l’objet ci-dessus, sous l’an-gle de l’article 8 de la Convention, d’un exa-men qui a abouti à un constat de non-violationde cette disposition. Dans ces conditions, laCour estime qu’aucune question distincte ne sepose au regard de l’article 12 de la Convention,et qu’il n’y a pas lieu de formuler une conclu-sion séparée sur le terrain de cet article.

III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉEDE L’ARTICLE 14 COMBINÉ AVEC LESARTICLES 8 ET 12 DE LA CONVENTION

36.Invoquant l’article 14 de la Convention,la requérante allègue qu’en refusant de lui don-ner un numéro d’identité féminin qui corres-ponde à son véritable sexe l’État lui fait subirune discrimination. Elle se plaint que ce refusl’oblige à divulguer l’information confiden-tielle de son transsexualisme, exposant que,contrairement aux autres personnes, elle doitexpliquer ce décalage chaque fois qu’on lui de-mande son numéro d’identité.

37.L’article 14 de la Convention se lit ainsi:«La jouissance des droits et libertés recon-

nus dans la (...) Convention doit être assurée,sans distinction aucune, fondée notamment surle sexe, la race, la couleur, la langue, la religion,

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les opinions politiques ou toutes autres opi-nions, l’origine nationale ou sociale, l’apparte-nance à une minorité nationale, la fortune, lanaissance ou toute autre situation.»

A.L’arrêt de chambre38. Dans son arrêt du 13 novembre 2012, la

chambre a estimé que l’article 14 combiné avecl’article 8 de la Convention trouvait à s’appli-quer.

39. Elle a ensuite relevé que les griefs de larequérante formulés sur le terrain de l’article14 avaient trait à l’impossibilité pour l’intéres-sée d’obtenir un numéro d’identité féminin.Elle a observé que la requérante comparait sasituation à celle des autres personnes en géné-ral, y compris les cissexuels et les transsexuelsnon mariés. Estimant que ces situations ne pré-sentaient pas une similarité suffisante pour êtrecomparées les unes aux autres, elle a concluque la requérante ne pouvait prétendre se trou-ver dans la même situation que les autres caté-gories de personnes qu’elle évoquait.

40. La chambre a ajouté que pour l’essentielle problème en l’espèce découlait du fait que ledroit finlandais n’autorisait pas le mariage en-tre partenaires du même sexe. Elle a rappeléque, selon la jurisprudence de la Cour, les arti-cles 8 et 12 n’imposent pas aux États contrac-tants l’obligation d’ouvrir le mariage aux cou-ples de même sexe, et que l’article 14 combinéavec l’article 8 ne peut pas davantage être com-pris comme imposant aux États contractantsune obligation de garantir aux couples demême sexe le droit de rester mariés. Elle aconsidéré que, s’agissant de l’obtention d’unnuméro d’identité féminin, la requérante nepouvait être réputée victime d’une discrimina-tion par rapport à d’autres personnes, à suppo-ser du reste qu’elle pût passer pour être dansune situation comparable à celle de ces person-nes. Elle a conclu qu’il n’y avait pas eu viola-tion de l’article14 combiné avec l’article 8 de laConvention. (Omissis)

C. Appréciation de la Cour1. Principes généraux41. La Cour rappelle que l’article 14 de la

Convention complète les autres clauses norma-tives de la Convention et de ses Protocoles. Iln’a pas d’existence indépendante, puisqu’ilvaut uniquement pour «la jouissance des droitset libertés» qu’elles garantissent. Certes, il peut

entrer en jeu même sans un manquement àleurs exigences et, dans cette mesure, il pos-sède une portée autonome, mais il ne sauraittrouver à s’appliquer si les faits du litige netombent pas sous l’emprise de l’une au moinsdesdites clauses (voir, par exemple, E.B. c.France [GC], no 43546/02, § 47, 22janvier2008, et Vallianatos et autres c. Grèce [GC],nos 29381/09 et 32684/09, § 72, CEDH 2013).

42. Selon la jurisprudence bien établie de laCour, une question ne peut se poser au regardde l’article 14 que lorsqu’il existe une diffé-rence dans le traitement de personnes placéesdans des situations comparables. Pareille diffé-rence de traitement est discriminatoire si ellene repose pas sur une justification objective etraisonnable, c’est-à-dire si elle ne poursuit pasun but légitime ou s’il n’y a pas un rapport rai-sonnable de proportionnalité entre les moyensemployés et le but visé. Par ailleurs, les Étatscontractants jouissent d’une certaine marged’appréciation pour déterminer si et dansquelle mesure des différences entre des situa-tions à d’autres égards analogues justifient desdistinctions de traitement (Burden c.Royaume-Uni [GC], no 13378/05, § 60, CEDH 2008).

43. D’une part, la Cour a dit à maintes repri-ses que les différences fondées sur le sexe ousur l’orientation sexuelle doivent être justifiéespar des raisons particulièrement sérieuses(Smith et Grady c. Royaume-Uni, nos33985/96et 33986/96, § 90, CEDH 1999-VI, L. et V. c.Autriche, nos39392/98 et 39829/98, § 45,CEDH 2003-I, Karner c. Autriche, no40016/98,§ 37, CEDH 2003-IX, Konstantin Markin c.Russie [GC], no 30078/06, § 127, CEDH 2012,X et autres c. Autriche [GC], no 19010/07, §99, CEDH 2013, et Vallianatos et autres c.Grèce [GC], précité, § 77). D’autre part, uneample latitude est d’ordinaire laissée à l’Étatlorsqu’il s’agit, par exemple, de prendre desmesures d’ordre général en matière économi-que ou sociale (Stec et autres c. Royaume-Uni[GC], nos 65731/01 et 65900/01, §52, CEDH2006-VI). L’étendue de la marge d’apprécia-tion varie selon les circonstances, le domaine etle contexte; la présence ou l’absence d’un dé-nominateur commun aux systèmes juridiquesdes États contractants peut constituer un fac-teur pertinent à cet égard (Petrovic c. Autriche,27 mars 1998, § 38, Recueil 1998-II).

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2. Application en l’espèce des principes sus-mentionnés

44. Nul ne conteste en l’espèce que la situa-tion de la requérante relève des notions de «vieprivée» et de «vie familiale» au sens de l’article8 de la Convention et qu’elle tombe aussi sousl’empire de l’article 12 de la Convention. Enconséquence, l’article 14 combiné avec cesdeux dispositions trouve à s’appliquer.

45. La Cour relève que les griefs formuléspar la requérante au titre de l’article 14 de laConvention concernent sa demande de nu-méro d’identité féminin et les problèmesqu’elle a rencontrés à cet égard. Dans ses ob-servations, la requérante compare sa situationà celle des cissexuels, expliquant que ceux-cibénéficient automatiquement à la naissance dela reconnaissance de leur genre et que leursmariages, contrairement au sien, ne courentpas le risque d’un divorce «forcé».

46. La Grande Chambre souscrit à l’avis dela chambre selon lequel la situation de la re-quérante et celle des cissexuels ne présententpas une similarité suffisante pour pouvoir êtrecomparées l’une avec l’autre. Partant, la requé-rante ne peut prétendre se trouver dans lamême situation que les cissexuels.

47. En conclusion, la Cour estime qu’il n’y apas eu violation de l’article 14 de la Conven-tion combiné avec les articles 8 et 12 de laConvention.

PAR CES MOTIFS, LA COUR1. Dit, par quatorze voix contre trois, qu’il

n’y a pas eu violation de l’article8 de laConvention;

2. Dit, par quatorze voix contre trois, qu’iln’y a pas lieu d’examiner l’affaire sous l’anglede l’article 12 de la Convention;

3. Dit, par quatorze voix contre trois, qu’iln’y a pas eu violation de l’article14 combinéavec les articles 8 et 12 de la Convention(Omissis)

[Spielmann Presidente. – Finlandia (Agente Koso-nen) – Hämäläinen (avv. Cojocariu)]

Nota di commento: «Corte costituzionale e Cor-te europea dei diritti umani: l’astratto paradigmaeterosessuale del matrimonio può prevalere sulla

tutela concreta del matrimonio della personatrans» [,]

I. Il caso

Nel primo caso in commento, deciso dalla Cortecost., una persona coniugata da diversi anni viene asapere che, a seguito della conclusione del percorsodi rettificazione del sesso anatomico e anagrafico, ilsuo Comune di residenza ha dichiarato sciolto, d’uf-ficio, il vincolo coniugale, ritenendo che il matrimo-nio fra due persone (divenute) dello stesso sessoanagrafico non possa sussistere nell’ordinamentoitaliano.

Il ricorso alla giustizia ottiene una pronuncia fa-vorevole in primo grado, mentre in appello vienesancita la legittimità dello scioglimento automaticodel vincolo coniugale, a seguito della sentenza di ret-tificazione anagrafica del sesso, nonostante la volon-tà contraria dei coniugi. Le argomentazioni sono so-stanzialmente incentrate sulla contrarietà all’ordinepubblico di un matrimonio same-sex. Interpellatasul caso, la Cassazione sospende il giudizio e rinviaalla Corte costituzionale, dubitando delle legittimitàcostituzionale del divorzio imposto in caso di cam-biamento di sesso di uno dei coniugi.

La Consulta si esprime con una sentenza di acco-glimento, del tipo «additiva di principio», assegnan-do al legislatore il dovere di approvare una forma diregolamentazione, la convivenza registrata, che tute-li diritti e doveri della coppia e riconoscendo che, inassenza di volontà, non può imporsi ad una coppiaconiugata di sciogliere il vincolo validamente con-tratto.

Per la prima volta, il transessualismo e ilmatrimonio di chi abbia cambiato sesso ven-gono in causa rispetto al mantenimento in vi-ta del legame coniugale contratto prima deltransito. E per la prima volta, la Corte costi-tuzionale afferma con nettezza la necessitàche il parlamento approvi «con la massimasollecitudine» una forma di regolamentazio-ne delle coppie same-sex .

Nel secondo caso, deciso dalla Corte di Strasbur-go, una persona decide di cambiare sesso nel corsodi un matrimonio contratto nel 1996 fra due perso-ne biologicamente e anagraficamente di genere di-verso, unione da cui è nata anche della prole. Il ma-rito si sottopone ad interventi chirurgici e cambia ilproprio nome, assumendo in tutto e per tutto iden-tità e ruolo femminili. L’ultimo tassello del ricono-scimento giuridico sarebbe l’attribuzione di un nuo-vo codice di identificazione personale, il quale, si-

[,] Contributo pubblicato in base a referee.

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milmente al codice fiscale italiano, evidenzia ancheil genere anagrafico. La legislazione finlandese inmateria di identità di genere richiede, tuttavia, lacessazione del matrimonio oppure che l’altro coniu-ge dia il proprio consenso alla conversione del ma-trimonio in unione registrata, istituto riservato allepersone dello stesso genere. Tuttavia, la transizionedella ricorrente non ha inciso sul sentimento e la so-stanza della loro vita coniugale, sì che i coniugi nonaccettano di «sacrificare» il loro matrimonio e con-testano la condizione posta dallo Stato finlandese.

Le giurisdizioni nazionali rigettano il ricorso enemmeno la quarta camera della Corte eur. dir. uo-mo dà ragione alla coppia. Accolta la richiesta di rie-same da parte della ricorrente, la quale nel frattem-po aveva anche chiesto che l’anonimato fosse tolto,la grande camera con la sentenza in commento nonravvisa alcuna violazione della Convenzione. Essa haritenuto che la soluzione adottata dallo Stato con-traente non fosse sproporzionata e rappresentasseun giusto equilibrio fra gli interessi in gioco.

Non è la prima volta che i giudici di Strasburgotrattano un caso simile, già risolto in senso conformeda due decisioni in ricorsi contro il Regno Unito.Tuttavia, la questione ha acquisito rilevanza, dive-nendo oggetto dapprima di sentenza da parte dellaquarta camera, quindi di riesame da parte di unagrande camera che in sede di giudizio si è divisa 14 a3. A distanza di poche settimane dalla senten-za della Corte costituzionale italiana, ancheil massimo consesso di Strasburgo tratta del«divorzio imposto» . Esso giunge ad una con-clusione che, da una parte, è in linea con ilprincipio stabilito dalla sentenza della Con-sulta, ma, dall ’altra, suscita forti dubbi sullalegittimità convenzionale degli effetti praticiche essa determinerà .

II. Le questioni

1. La prospettiva italiana. Giuridicamente, ilcaso giunto alla Corte costituzionale ha origine dal-l’intrecciarsi di una vicenda certamente inusuale –ossia la volontà di una coppia regolarmente coniuga-ta, di mantenere in vita il vincolo matrimoniale, an-che in seguito al cambiamento di sesso di uno dei co-niugi – e di un quadro normativo confuso e comples-so. Secondo le norme in materia, la sentenza con cuisi dichiara la riassegnazione del sesso provoca lo scio-glimento del matrimonio o la cessazione degli effetticivili, che possono essere domandati da uno dei co-niugi (combinato disposto ex art. 4, l. 14.4.1982, n.164 e art. 7, l. 6.3.1987, n. 74, che ha aggiunto la lett.g) all’art. 3, n. 2, l. 1o.12.1970, n. 898).

La formulazione normativa sembrava confermarela necessità di un impulso di parte e dunque l’im-

possibilità di dichiarare lo scioglimento d’ufficio osu richiesta del pubblico ministero, peraltro inten-dendo la rottura del vincolo come atto eventuale.Questa interpretazione, tuttavia, ammetterebbe lapossibilità, sia pure limitata nel tempo, di sopravvi-venza nell’ordinamento di un matrimonio fra perso-ne divenute dello stesso sesso e di mancanza delladomanda di divorzio. Per questo, parte della dottri-na era propensa a ritenere che, con il passaggio ingiudicato della sentenza che modifica il sesso di unodei coniugi, il matrimonio si sciogliesse automatica-mente.

Il denominatore comune delle varie teorie rico-struttive si rinveniva nell’idea per cui la rettifica del-l’attribuzione di sesso fosse il presupposto delloscioglimento del matrimonio da dichiararsi con sen-tenza secondo le regole ordinarie e seguendoun’analisi teorica della questione.

Si riteneva, infatti, un mero «caso di scuola»l’eventualità in cui i coniugi, di cui uno aveva cam-biato sesso, non volessero divorziare, ipotesi che si èmaterializzata nella vicenda giunta di fronte allaConsulta e resa ancora più paradossale dal fatto cheil divorzio era stato «dichiarato» dall’ufficiale di sta-to civile (e non da un giudice), una volta resosi con-to che la modifica di sesso aveva dato vita ad un ma-trimonio same-sex.

Dopo un primo grado favorevole, in cui il giudiceaveva riconosciuto l’impossibilità per un ufficiale distato civile di modificare lo status coniugale in assen-za di una pronuncia giudiziaria, il giudizio di appelloaveva ritenuto contrario all’ordine pubblico il matri-monio divenuto same-sex, posto che il nostro ordina-mento richiede la diversità di sesso dei nubendi.

La Corte di cassazione, cui si erano rivolte le co-niugi, aveva ritenuto non manifestamente infondatoil dubbio di costituzionalità circa le disposizioni che«impongono» lo scioglimento del matrimonio senzala necessità di una pronuncia giudiziaria, in caso dicambiamento di sesso di uno dei coniugi, e rinviatoil caso alla Consulta.

In un’articolata pronuncia, il giudice delle leggirespinge la contrarietà a Costituzione (artt. 3, 24, 29,oltre che 10, comma 1o, e 117, comma 1o, di ingres-so degli artt. 8 e 12 Conv. eur. dir. uomo) delle nor-me che impongono l’automatismo dello scioglimen-to del matrimonio in caso di cambiamento di sessodi uno dei coniugi, in quanto l’individuazione delleforme di tutela per le coppie same-sex è riservata alladiscrezionalità del legislatore.

La normativa impugnata però viene ritenuta ille-gittima rispetto all’art. 2 Cost., preso atto della lacu-na che «non prevede che la sentenza di rettificazionedell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che pro-voca lo scioglimento del matrimonio o la cessazionedegli effetti civili conseguenti alla trascrizione del ma-

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trimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo ri-chiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppiagiuridicamente regolato con altra forma di convivenzaregistrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obbli-ghi della coppia medesima, la cui disciplina rimanedemandata alla discrezionalità di scelta del legislato-re».

La pronuncia n. 170/2014, tecnicamente ascrivi-bile alle pronunce additive di principio, accogliedunque la questione di costituzionalità delle normeche impongono il divorzio d’ufficio in caso di cam-biamento di sesso di uno dei coniugi e dichiara inco-stituzionale la lacuna normativa.

Non teme smentite l’affermazione per cui la sen-tenza n. 170/2014, additiva «anomala» secondo ladottrina (Veronesi, infra, sez. IV), crea più proble-mi di quanti non ne risolva.

Sul piano pratico, nonostante si tratti di una pro-nuncia di accoglimento, la coppia resta, di fatto,sguarnita di tutele, quanto meno sino alla decisionedella Corte di Cassazione che dovrà in qualche mo-do dare concretezza alla sentenza del giudice delleleggi. A differenza della sentenza di accoglimento«secca» (soluzione possibile secondo Bianchi, in-fra, sez. IV), infatti, il tipo di pronuncia adottata nonesprime una regola immediatamente applicabile, maun principio che, nel caso di specie, vincola il legi-slatore nell’approvare la disciplina della convivenzaregistrata. Tuttavia, la Cassazione dovrà dare una ri-sposta alla coppia, anche (e anzi forse soprattutto)nelle more dell’approvazione della regolamentazio-ne. Diversamente, si ammetterebbe che una normadichiarata incostituzionale, ossia quella che consen-te il divorzio come effetto automatico della sentenzadi rettificazione di sesso, continui a produrre i pro-pri effetti con un vulnus rispetto ai principi costitu-zionali dichiarati violati.

L’esito del giudizio di costituzionalità sul ricorsoin Cassazione apre la strada a due possibili scenari.

Da un lato, la Supr. Corte potrebbe rigettare il ri-corso, confermando il giudizio di appello e dunquelo scioglimento (sia pure dichiarato dall’ufficiale distato civile) del vincolo matrimoniale. In questo mo-do, si eviterebbe la presenza di un matrimonio same-sex nell’ordinamento, salvandone così la coerenza.Tuttavia, questa ipotesi si pone in chiaro contrastocon quanto espresso dalla Consulta che ha dichiara-to la non compatibilità a Costituzione dello sciogli-mento d’ufficio.

Accogliere il ricorso, soluzione in grado di soddi-sfare l’esigenza di tutela alle ricorrenti, sembra an-ch’essa soluzione non praticabile, in quanto la Cas-sazione non ha il potere di convertire, de plano, ilmatrimonio in convivenza registrata e posto chel’istituto sembra difficilmente surrogabile per analo-gia (Pezzini, infra, sez. IV). Peraltro, l’accoglimen-

to del ricorso nel giudizio a quo sarebbe preclusodall’affermata inesistenza del diritto della coppia «arimanere unita nel vincolo del matrimonio» (Bion-di, infra, sez. IV).

Il tasso di problematicità della questione è benevidenziato dall’ipotesi in cui la coppia sia chiamataa far valere l’unione verso terzi, nelle more dell’in-tervento legislativo che lascia intatto il dubbio sullacapacità di produrre effetti di un legame, nato vali-damente come matrimonio ma divenuto convivenzaregistrata per effetto della pronuncia della Corte.L’unica soluzione giuridicamente idonea a tutelarela posizione giuridica delle persone coinvolte apparequella di mantenere in vita, pro tempore, il matrimo-nio delle ricorrenti finché il Parlamento non approviuna normativa che ne consenta la modifica inun’unione registrata. Seguendo questa ricostruzio-ne, lo scioglimento del matrimonio vedrebbe cosìdifferiti i propri effetti al momento in cui si verifi-cherà la condizione che consente l’applicazione del-la norma (Pezzini; Brunelli, infra, sez. IV).

Solo in tal modo si dispiegherebbe il principiopersonalista fatto proprio dalla Costituzione e ver-rebbe rispettato il dettato della Consulta laddove hadichiarato l’incostituzionalità dello scioglimentod’ufficio in caso di cambiamento di sesso di uno deiconiugi.

Il matrimonio comunque non resterebbe inden-ne, subendo un impatto significativo, in quanto sot-toposto ad una condizione risolutiva: la condizionedelle coniugi sarebbe così dirottata verso una diver-sa e minore tutela giuridica, entrando in una dimen-sione di precarietà. In questo modo, la Corte di cas-sazione conseguirebbe il duplice risultato di appli-care non la norma dichiarata incostituzionale ma,per quanto possibile, quella creata dalla sentenzaadditiva. Questo approccio peraltro conseguirebbeun ulteriore probabile effetto indiretto, stimolandoil legislatore ad agire in tempi rapidi (Pezzini) perevitare confusione e incertezza applicativa.

Altro dubbio significativo generato dalla sentenzan. 170/2014 sorge in ordine all’effetto che i giudicipotranno dare al principio, inequivocabilmente af-fermato, ma generico e indeterminabile, rispetto adaltri casi (Biondi). La dottrina ha ritenuto che lasentenza e il principio in essa contenuto potrebberoessere invocati dalle coppie il cui matrimonio risultisciolto in conseguenza del mutamento di sesso diuno dei componenti, qualora entrambi manifestino,in forma giuridicamente rilevante, l’intenzione diproseguire la vita in comune (Salazar, infra, sez.IV), rinviando ai giudici la valutazione circa la pos-sibile estensione delle tutele.

Altra autorevole dottrina (Ruggeri, infra, sez.IV) ha invece ritenuto «fuori discussione che il prin-cipio somministrato dalla Corte non si presta ad es-

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sere per l’intanto tradotto in regole, ancorché solo atitolo precario, «sussidiariamente» prodotte dal giu-dice comune, in attesa della organica e compiuta di-sciplina vagheggiata dalla Corte».

Tuttavia, vi è anche chi ha evidenziato come que-sta ricostruzione sottovaluterebbe il dispositivo atutto vantaggio della (pur ambigua) motivazione, os-servando criticamente che la motivazione non puòprivare di effetti il dispositivo allo scopo di «salva-re» la norma annullata, sia pure in attesa dell’inter-vento del legislatore (Bianchi). Infatti, la scelta diuna pronuncia di accoglimento è stata intesa comefunzionale all’esigenza di incidere sul quadro nor-mativo, in vista della tutela di diritti di cui si è appe-na affermata l’inviolabilità (così Brunelli), mentrela pluralità di soluzioni disponibili per il legislatorenon potrebbe intendersi come strumento idoneo aimpedire la tutela immediata degli stessi diritti in se-de giurisdizionale.

Sul piano teorico, complessi gli interrogativi su-scitati dalla vistosa invasione della sfera di discre-zionalità del legislatore, certamente incisa dallaCorte costituzionale laddove potrebbe persino avervoluto dettare il nomen del nuovo istituto (convi-venza registrata), nonché la sua configurazione co-me qualcosa di necessariamente differente rispettoal matrimonio. La dottrina ha evidenziato la «viastretta» lungo la quale potrà (o forse dovrebbe dir-si dovrà) svilupparsi la discrezionalità del legislato-re: nell’an (in quanto il legislatore deve provvedere,posto che l’assenza di un istituto alternativo hacondotto alla dichiarazione di incostituzionalità),nel quando («con la massima sollecitudine»), nelquomodo (una forma di convivenza registrata, chetuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della cop-pia medesima), sebbene permangano dubbi su co-me sia possibile coartare la volontà di un inerte le-gislatore (Pezzini).

In proposito, è interessante domandarsi fino aquando la Corte potrà tollerare l’inerzia legislativache lascia la coppia nel vuoto di tutele e fino a chepunto potrà espandersi la discrezionalità del legisla-tore, ossia se a quest’ultimo sia preclusa la via del-l’accesso al matrimonio anche per le coppie same-sex (Saitto, infra, sez. IV).

La Corte afferma che la vicenda si pone, evidente-mente, al di fuori del modello del matrimonio, quasisembrando porre un ostacolo anche alla sola prefi-gurazione della possibilità di contrarre matrimonioper le coppie same-sex, in quanto la nozione presup-posta dal costituente è quella definita dal Codice Ci-vile del 1942 che «stabiliva (e tuttora stabilisce) che iconiugi dovessero essere persone di sesso diverso»,aprendo ad una ulteriore contraddizione, anche ri-spetto alla propria giurisprudenza, secondo cui «oc-corre interpretare le leggi ordinarie alla luce della

Costituzione, e non viceversa» (sent. n. 1/2013)(Bianchi).

In realtà, le argomentazioni circa il necessario ca-rattere eterosessuale del matrimonio vengono quasirichiamate per relationem, rispetto a Corte cost.,15.4.2010, n. 138, infra, sez. III (Pezzini) e mostra-no un carattere assai «sbrigativo», senza contenerevere e proprie motivazioni, trasformando l’eteroses-sualità del matrimonio da elemento controverso inpresupposto logico-giuridico della decisione (Bian-chi, che però mette in luce il «cambio di tono» ri-spetto alla sent. n. 138/2010).

Un appunto si incentra necessariamente sul bilan-ciamento prospettato dalla Corte che contrapponeun supposto «interesse dello Stato a mantenere fermoil modello eterosessuale del matrimonio» ai «dirittimaturati dai due coniugi nel contesto della precedentevita di coppia». Viene così lasciato completamente inombra il profilo che, presso altre Corti costituzionalieuropee, aveva visto prevalere la posizione indivi-duale, identificata nel diritto della persona a dispie-gare la propria personalità, di cui l’identità di genererappresenta certamente espressione e che sarebbe difatto influenzata dagli effetti rigidi e ineluttabili chel’ordinamento riconosce rispetto alla fine del matri-monio. La persona interessata non potrebbe così es-sere posta di fronte alla scelta se cambiare sesso omantenere in vita il matrimonio.

Dall’impossibilità a considerare come «matrimo-niale» (dunque, sotto la «copertura» dell’art. 29Cost.) l’unione tra i due coniugi, divenuti dello stes-so sesso, la Corte fa derivare lo spostamento dell’as-se delle argomentazioni sull’art. 2 Cost., con unachiara opzione valoriale che «degrada» l’unione ma-trimoniale in una formazione sociale, comunquemeritevole di tutela.

Criticabile è altresì il mancato utilizzo del canonedell’eguaglianza nel senso forte di divieto di discri-minazione, ossia come diritto all’eguaglianza sogget-tiva, posto che l’argomentazione si arresta sul pianodella ragionevolezza della distinzione (Brunelli).

Autorevole dottrina ha sottolineato che il criterioadottato dalla Corte potrebbe comportare una fram-mentazione delle tipologie familiari e l’adozione dimisure legislative peculiari per ciascuno dei gruppisociali considerati (Ruggeri).

Si conforma come bicefalo il bilanciamento ope-rato dalla Corte, fermo sia nel ritenere incostituzio-nale il mancato riconoscimento di una qualche for-ma giuridica che consenta ai coniugi di rimanereuniti per la legge, sia nell’escludere la prosecuzionedel matrimonio e nel rinviare al legislatore la disci-plina del nuovo istituto a garanzia dei diritti dellecoppie same-sex. L’effetto esiziale del prevalere delparadigma eterosessuale del matrimonio, rispetto al-la tutela di una vicenda concreta, porta però la Cor-

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te ad ammettere un differimento nel tempo degli ef-fetti della propria pronuncia di incostituzionalità edunque ad ammettere che, nelle more dell’interven-to legislativo, la coppia resti senza tutele (Saitto).

Non può peraltro dimenticarsi che quand’ancheil legislatore introducesse un istituto giuridico per lecoppie dello stesso sesso, la questione andrebbeugualmente sottoposta alla verifica della ragionevo-lezza del trattamento differenziato. Né appare scon-tata la compatibilità costituzionale di un regime ditutela differenziato in ragione dell’orientamento ses-suale o del sesso dei membri della coppia, che sem-brerebbe invertire il sistema delle fonti elevando aprincipio fondamentale il paradigma eterosessuale,la cui base normativa è in un atto di livello primario,sia pure confortato da una consolidata tradizione.

Certo è che in questo caso, quanto meno l’effettodi tutela sarebbe raggiunto, lasciando però scopertoil versante simbolico e ideologico che marca, conuna profonda differenza, la distanza fra matrimonioe altri tipi di unioni registrate.

2. La prospettiva europea. Mentre in Italia il«caso Bernaroli» viene considerato un caso più uni-co che raro, in altri Stati europei ciò non corrispon-de alla realtà. Così in Finlandia, Paese da cui traeorigine la sentenza Hämäläinen c. Finlandia, decisodalla Grande Camera della Corte europea dei dirittiumani il 16 luglio 2014. In quell’ordinamento l’ulti-mo tassello del riconoscimento giuridico del generedi una persona trans si realizza quando l’ufficio distato civile rilascia un nuovo codice di identificazio-ne personale, analogo al codice fiscale italiano e co-me questo evidenziante il genere anagrafico dellapersona interessata. Come noto a chi vi ha vissuto,nei Paesi nordici tale codice pervade la vita quoti-diana della persona, divenendo identificativo dellastessa in tutti i rapporti con la pubblica amministra-zione e non solo. Per tali ragioni il cambio del nomegià realizzato dalla ricorrente non era sufficiente perrimuovere le problematiche pratiche che una transi-zione comporta. Tuttavia, l’aspirazione ad un nuovocodice di identificazione presuppone che l’interessa-to, se coniugato o vincolato a una unione registrata,o divorzi o, con il previo consenso del partner, accet-ti una conversione in quell’istituto che è consono al-la combinazione di generi (anagrafici) risultante dalriconoscimento giuridico dell’identità di genere.Non solo quindi da matrimonio a unione, ma ancheviceversa, così che non possa darsi un matrimoniofra due persone dello stesso genere, né un’unioneregistrata fra persone di generi diversi, essendo taleistituto riservato alle coppie in cui i generi coincido-no.

Se per l’Italia si tratta di un primo caso – ma lacronaca nazionale ha dato spazio anche ad una si-

tuazione analoga, a quanto consta non ancora giuntanelle aule dei tribunali – ciò è tutt’altro che vero perla Finlandia. Secondo i dati forniti dal Governo re-sistente, da quando è stata prevista legislativamentela conversione del matrimonio in unione registrata edi questa in matrimonio ci sarebbero state almenoquindici conversioni del primo tipo e sedici del se-condo. Considerato che il dato è da rapportarsi aduna popolazione di 5,5 milioni persone, appare evi-dente come nella società attuale non è più possibilepartire dall’assunto che la disforia di genere mette incrisi il legame affettivo di una coppia. Questa con-statazione appariva come un dato incontrovertibilequando la Corte costituzionale con la sentenza del24.5.1985, n. 161 (infra, sez. III) affermò che «l’ordi-ne naturale della società familiare è sconvolto nondalla rettificazione anagrafica del mutamento di sessoe neppure dalla sentenza che lo riconosce, ma dallasindrome transessuale da cui è affetto il soggetto inte-ressato, limitandosi il legislatore a disciplinare gli ef-fetti giuridici di una situazione di fatto preesistente»(Corte cost., n. 161/1985, cons. in dir. n. 12). Non loè più oggi, dopo decenni di mutamento del senti-mento sociale e individuale alla base delle relazioniaffettive. L’interesse di queste sentenze deriva dallaloro capacità di divenire cartine al tornasole di comeil sentimento giuridico stia evolvendo, di come gliassunti e i punti di riferimenti del passato siano ingrado di aprirsi alle nuove forme di famiglia e diamore.

Chi ha seguito sia la vicenda italiana che quellaeuroconvenzionale non sarà rimasto indifferente alletempistiche realizzatesi. La Corte di Strasburgo hapreso tempo per emettere la sentenza (l’udienzapubblica ebbe luogo il 16.10.2013). La Corte costi-tuzionale ha depositato la sentenza addirittura all’in-domani dell’udienza, quasi a voler scongiurare digiungere dopo la decisione in Hämälainen. Così èstato: poco più di un mese dopo la Grande Cameradeposita la propria, arrivando anche, nell’opinionedissenziente, a citare – curiosamente, peraltro, adadiuvandum – la sentenza n. 170/2014. Le assonan-ze fra le due decisioni sono evidenti, al di là degliapprocci metodologici e dei riferimenti normativi,chiaramente diversi.

La maggioranza di giudici di Strasburgo fa pro-pria nella sostanza la giurisprudenza espressa prece-dentemente dai collegi minori in ipotesi analoghe,peraltro tutte relativamente recenti (a cominciare daCorte eur. dir. uomo, 28.11.2006, ric. 42971/05,Parry c. Regno unito, infra, sez. III). La conclusioneprincipale a cui giunge tale filone giurisprudenzialeè incentrata sulla proporzionalità raggiunta dalloStato nel compiere un bilanciamento fra i diversi in-teressi in gioco. La conversione in una unione regi-strata che nella sostanza risulta pressoché identica in

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termini di diritti e doveri al matrimonio – così la ci-vil partnership inglese, altrettanto quella finlandese– è misura che rappresenta un giusto equilibrio. Lasoluzione e l’apparato argomentativo offerti dai die-ci giudici (oltre ad una undicesima opinione concor-rente) sollevano dubbi importanti, sia sul fronte del-l’apprezzamento compiuto delle libertà fondamen-tali coinvolte, che dell’approccio metodologicoadottato. L’analisi più attenta e puntuale la si trovanella sentenza stessa o, meglio, nell’opinione dissen-ziente dei giudici Sajó, Keller e Lemmens. Questicriticano in maniera puntuale ogni singolo passaggiodel percorso compiuto dai colleghi.

L’applicabilità dell’art. 8 Conv. eur. dir. uomo siasotto il profilo della protezione della vita privata,che della vita familiare non era contestata dalle par-ti. La Corte ha dovuto quindi decidere se la situazio-ne nazionale dovesse essere considerata nella pro-spettiva di un obbligo positivo o negativo in capo al-lo Stato. Se la Camera aveva concluso nel senso chel’onere di convertire il matrimonio o di divorziareera un’ingerenza dello Stato nell’esercizio di un di-ritto della persona trans garantito dalla Convenzio-ne, nonostante nessuna delle parti avesse messo indiscussione tale punto della decisione, la maggioran-za ha ritenuto motu proprio di qualificare diversa-mente la fattispecie. I dieci giudici hanno optato perun inquadramento della questione in termini di ob-bligazione positiva, chiedendosi se «il rispetto dellavita privata e familiare della ricorrente implichi in ca-po allo Stato un obbligo positivo di creare una proce-dura effettiva e accessibile idonea a permettere alla ri-corrente di far riconoscere giuridicamente il proprionuovo genere preservando nel contempo il proprio le-gale coniugale» (§ 64). Invero, in linea con la suagiurisprudenza, la differenza pratica risulterebbe ir-rilevante, tanto che è la stessa grande camera a evi-denziare che i criteri di apprezzamento sono compa-rabili a quelli degli obblighi negativi. Proprio questoapproccio teorico ha, tuttavia, determinato il dissen-so della giudice Ziemele e dei tre giudici dissenzien-ti, i quali rilevano acutamente che la Corte ritiene dipoter accordare un maggior margine di apprezza-mento quando in discussione sono obblighi positivie non negativi.

In secondo luogo, la critica ha coinvolto l’uso,spesso tacciato dalla dottrina di abuso, del consensodegli Stati quale strumento per ampliare un marginedi apprezzamento che per la fattispecie in esame,coinvolgendo un «aspetto particolarmente importan-te dell’esistenza e dell’identità di un individuo», co-me statuito in S.H. e altri c. Austria (§ 94, infra, sez.III), non può che essere ristretto. Il richiamo è piùampiamente alle diffuse critiche alla teoria del con-senso e all’impatto sull’altra teoria, tutta di originepretoria, del margine di apprezzamento, critiche no-

te e ricorrenti, ma che non per questo non colgononel segno e non perdono di attualità, come d’altraparte la decisione in commento testimonia.

In terzo luogo, i giudici dissenzienti si spostanoda una critica metodologica ad una sugli elementifattuali trascurati dalla maggioranza, quali le forticonvinzioni religiose della coppia, che aveva sceltoun rito religioso per sugellare la propria unione ma-trimoniale e che non può vedere in un partenariatoregistrato una soluzione compatibile con la propriafede. L’altro elemento dedotto dalla ricorrente e va-lorizzato dai tre giudici è l’identità tuttora eteroses-suale del coniuge non trans, la quale sarebbe pregiu-dicata dalla conversione in una unione riservata allepersone dello stesso genere. Quest’ultimo punto, in-vero, denota una certa assolutizzazione classificato-ria. Le leggi che hanno introdotto unioni registrate oaperto il matrimonio non fanno menzione del-l’orientamento sessuale dei componenti la coppia,ma richiamano unicamente il loro genere. Se è benvero che su un piano fattuale il «matrimonio gay»coincide per lo più con il matrimonio fra personedello stesso genere, è anche vero che non ci si puòconcedere ad un’inferenza generale e totalizzante.Casi come quello in commento mostrano l’inidonei-tà di un pensiero semplificante ad interpretare unsentimento così essenziale per l’essere umano, senti-mento che nelle sue svariate forme rispecchia – enon potrebbe essere altrimenti – il pluralismo el’unicità che contraddistingue la storia affettiva diognuno. Concludere che la moglie della ricorrente,non identificandosi quale omosessuale, trova più tu-tela nel matrimonio significa implicare che vi è ne-cessariamente una correlazione fra istituto e orienta-mento. Ma è veramente così? E in termini più gene-rali, di fronte ad un amore che va al di là dei binari-smi di genere e dei tradizionali schemi sociali, pos-siamo veramente ritenere che applicare il binarismoulteriore degli orientamenti sessuali sia la strada daseguire?

La Corte si spacca anche sul giudizio ultimo ri-guardante l’art. 8. La maggioranza non riprende ilragionamento della Camera per cui, in linea con laprecedente giurisprudenza, la preservazione del mo-dello tradizionale di famiglia è un fine legittimo. In-vero, omette di individuare il fine legittimo, concen-trando il proprio sindacato unicamente sul giustoequilibrio. Omissione di peso, tanto più se si ponemente alla sua precedente considerazione (§ 65) percui la scelta fra ingerenza e obbligo positivo richiedecomunque un controllo secondo i criteri di cui al ca-poverso dell’art. 8. Questo silenzio è invero elo-quente, perché la preservazione dell’eterosessualitàdel matrimonio rientrerebbe o nella tutela della mo-rale oppure nella protezione delle libertà e diritti al-trui, come sostenuto dalla Camera in sede di primo

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esame. Difficile vedere il legame con la seconda ipo-tesi, discutibile quella con la prima.

In ogni caso, si può dubitare della necessità dellasoluzione finlandese per tutelare l’interesse legitti-mo dello Stato alla preservazione del matrimonioeterosessuale, stante il numero assai esiguo delle fat-tispecie di transizione in costanza di matrimonio e laloro inidoneità a minare l’istituzione tradizionale. Lasituazione oggi vigente in Germania lo testimonia.Di diverso avviso, comunque, la maggioranza dellaCorte. Fra le righe della sentenza si coglie un atteg-giamento di profonda circospezione, quasi un’osses-siva attenzione a non incidere minimamente sullaquestione oggigiorno tanto spinosa e delicata delmatrimonio omosessuale. Questa è la sensazione chesi coglie realizzando un parallelo fra la sentenza del-la Corte costituzionale e della Corte di Strasburgo.Totalmente obliterata dal ragionamento è la distin-zione fra matrimonio-atto e matrimonio-rapporto,ampiamente presente nei diritti degli Stati membri.In Italia, è distinzione corrente nella giurisprudenzae dottrina (vedi recentemente Cass. civ., sez. un.,17.7.2014, n. 16379, infra, sez. III). La Corte di Stra-sburgo non distingue la tutela dei due profili e, anzi,assolutizza la questione postale. Considera il matri-monio un concetto granitico e sostiene con vigore,ma in maniera apodittica, che, se si consentisse lapreservazione del matrimonio in occasione dellariattribuzione del genere anagrafico, «ne risultereb-be in pratica una situazione nella quale due personedello stesso sesso potrebbero essere unite dal matri-monio» (§ 70). La Corte procede quindi a evidenzia-re come la sua giurisprudenza non richieda né im-ponga una tale soluzione.

La sentenza mostra, poi, di non ritenere necessa-rio considerare il ricorso sotto il profilo dell’art. 12Conv. eur. dir. uomo, l’articolo che garantisce il di-ritto di sposarsi e di fondare una famiglia. Conside-razione anch’essa criticata dai giudici dissenzienti,non a torto. Certo, l’ampia analisi condotta prece-dentemente sullo schema eteronormativo che sottin-tende l’art. 12 rende superfluo tornare sulla questio-ne del matrimonio omosessuale. Tuttavia vi sono al-tri profili, che la Corte non vuole toccare, seppur aciò sollecitata dalla ricorrente, trincerandosi di fattodietro l’assunzione, tutta da dimostrare, che acco-gliere il ricorso significherebbe aprire il matrimonioalle coppie omosessuali. Così non è. Fu la stessaCorte costituzionale nella sentenza 15.4.2010, n.138, infra, sez. III, a sostenere che «si tratta di unacondizione [quella delle persone transessuali] deltutto differente da quella omosessuale e, perciò, inido-nea a fungere da tertium comparationis» (cons. indir. 9). Trattasi di considerazione criticabile per lasua perentorietà e d’altra parte, la stessa Corte nellasentenza ora in commento mostra invece di associa-

re la fattispecie in esame a quella della sentenza n.138/2010, ai suoi occhi comparabili, se non identi-che, di fronte alla necessità di difendere «la nozionedi matrimonio presupposta dal Costituente» (cons. indir. 5.2). Eppure, tale equiparazione non apparecondivisibile.

Il matrimonio non è semplicemente la tutela diuna unione fra uomo e donna. Tradizionalmente èanche e soprattutto altro: la preservazione di unoschema di diritti e doveri la cui esistenza è rimessaesclusivamente alla volontà sovrana della coppia. Inaltri termini, non è solo atto, è anche rapporto. Ilrapporto negoziale così determinato non è solo so-stanza, è anche forma, una forma giuridica che haun alto valore simbolico e che chiede eguale tutela.La Corte di Strasburgo, pur sollecitata, si sottrae alladomanda di esprimersi sulla portata del diritto ga-rantito convenzionalmente, raccogliendo la criticadei colleghi dissenzienti, secondo cui il capo del ri-corso riferito all’art. 12 Conv. eur. dir. uomo nonpoteva ritenersi assorbito. Non si compie, insomma,il controllo enunciato già in Corte eur. dir. uo-

mo, 17.10.1986, Rees c. Regno unito (§ 50, infra, sez.III), volto a garantire che le limitazioni al diritto disposarsi introdotte dagli Stati «non limitino o riduca-no il diritto in un modo o in misura tale che sia pre-giudicata la stessa essenza del diritto». Alla luce dellapeculiarità della fattispecie si poteva giungere a pre-servare l’eterosessualità dell’atto matrimoniale e nelcontempo a proteggere il valore che il matrimonioassume all’indomani delle nozze, quando domandadi essere tutelato come sostanza e anche forma.

La ricorrente ha, inoltre, invocato l’art. 14 con-giuntamente all’art. 8 Conv. eur. dir. uomo, metten-do in particolare in luce la disparità di trattamentofra persone trans e persone cisgender (ovvero in cuisesso biologico e identità di genere coincidono). Sirichiama anche una violazione dell’art. 14 congiun-tamente all’art. 12, combinazione ritenuta applicabi-le dalle parti (§ 110). Questo profilo risulta poco svi-luppato e la grande camera, facendo proprio il giu-dizio della camera di primo esame, ritiene che le si-tuazioni non siano comparabili, senza soffermarsioltre. Anche questo passaggio raccoglie la critica deitre colleghi ed effettivamente poteva meritare mag-giore attenzione, considerati gli esiti non favorevolialla ricorrente raggiunti in riferimento agli altri pa-rametri.

3. Conclusioni: la condanna dell’Italia ap-pare oramai inevitabile. I giudici di Strasburgoerano in una posizione difficile. Di fatto nessunaCorte costituzionale è giunta alla conclusione a cuila ricorrente chiedeva alla grande camera di giunge-re. I tre giudici dissenzienti richiamano a supportotre precedenti, incluso quello italiano, ma ometten-

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do alcuni importanti distinguo. La Corte costituzio-nale tedesca (27.5.2008, 1 BvL 10/05, infra, sez. III)considerava compatibile con la Legge fondamentaleuna conversione in un istituto purché questo fossein tutto e per tutto equivalente al matrimonio, salvoche nel nome. Il nomen, insomma, poteva essere sa-crificato, ma non l’esatta sostanza del rapporto, l’in-sieme di diritti e doveri su cui una coppia che si spo-sa fa ed esige di poter fare affidamento, senza costri-zioni di sorta. La conversione nella Lebenspartner-schaft tedesca non era – e nonostante gli sviluppi dal2008 ad oggi, tuttora non lo sarebbe – istituto ido-neo perché questa non garantiva identici diritti e do-veri. Il legislatore tedesco poteva togliere «l’etichet-ta» di matrimonio in caso di riattribuzione del gene-re – unica concessione della Corte di Karlsruhe allapreservazione del paradigma eterosessuale – ma nonpoteva ledere l’affidamento riposto dalla coppia inun rapporto giuridico specifico dotato di precise ga-ranzie. Fino a che questo istituto esattamente identi-co non sarà introdotto dal legislatore – e non vi sonoa tutt’oggi elementi per supporre che accadrà – ilmatrimonio-rapporto rimane valido e intatto. LaCorte costituzionale austriaca (sentenza 8.6.2006,V4/06, infra, sez. III) non ha toccato la questionesostanziale, ma ha consentito di preservare il matri-monio rilevando una carenza di potere in capo al-l’ufficiale di stato civile che aveva ritenuto di nonpoter accettare una situazione in cui la riattribuzio-ne di genere si perfezionasse senza che il matrimo-nio contratto originariamente fra due persone di ge-nere diverso venisse meno. In attesa di vedere comela Cassazione si muoverà, rimane anche in quella se-de difficile «la reductio ad legitimitatem medianteuna pronuncia manipolativa» (sent. n. 170/2014,cons. in dir. 5.6). Al di là di questi casi, gli ordina-menti nei quali la transizione a livello giuridico nonincide sul matrimonio-rapporto appartengono a Sta-ti in cui si è affermato legislativamente il matrimonioegalitario.

Anche se la sentenza Hämäläinen non innova lagiurisprudenza della Corte di Strasburgo, la decisio-ne della Corte costituzionale italiana rimane proble-matica e difficilmente compatibile con gli obblighiconvenzionali. L’unico modo per evitare una viola-zione consisterebbe in una interpretazione del giu-dice remittente secondo cui, nell’attesa che il legisla-tore adempia al proprio obbligo costituzionale, ilmatrimonio rimanesse valido. Soluzione non impos-sibile, ma che si presenta in salita di fronte agli osta-coli testuali e sistematici posti dalla sentenza dellaConsulta.

Inoltre, anche ad immaginare un legislatore inso-litamente solerte, vi sarebbe da domandarsi se l’isti-tuto dell’unione registrata così introdotta fosseespressione di un idoneo bilanciamento alla luce

della Convenzione. L’impiego da parte della Cortedell’espressione «convivenza registrata» rinvia allavariegata famiglia delle unioni registrate, senza ve-rosimilmente additare alcun modello che porta let-teralmente quella denominazione, come la convi-venza registrata ungherese (legge n. 184/2007). Illegislatore italiano certo potrebbe adottare unaunione registrata concepita specificamente per leipotesi di conversione in caso di persone trans co-niugate, opzione menzionata dalla Corte costituzio-nale tedesca, ma non seguita dal Bundestag. Più ve-rosimilmente introdurrà un unico istituto peradempiere sia alla sollecitazione di cui alla sentenzain commento della Corte costituzionale che a quel-la della sentenza 15.4.2010, n. 138, cit., sulle unioniomosessuali. Soluzione unificata che appare in lineacon la sentenza della Consulta, considerato chequesta mostra di ritenere i legami coniugali coin-volgenti persone trans «riconducibil[i] a quella cate-goria di situazioni «specifiche» e «particolari» di cop-pie dello stesso sesso» (cons. in dir. 5.6), di giudica-re sufficiente evitare il «sacrificio integrale della di-mensione giuridica del preesistente rapporto» (ivi,enfasi aggiunta), esigenza che, quindi, appare sod-disfatta anche se il legislatore non offrirà alla perso-na trans e al suo coniuge sotto altro nome la mede-sima tutela giuridica di cui godevano in costanza dimatrimonio. Al contrario, la disciplina di questeunioni «rimane demandata alla discrezionalità discelta del legislatore» (cons. in dir. 5.7), il quale po-trebbe decidere di ben distinguere i diritti e doverifra siffatte unioni e i matrimoni.

La conferma del divorzio da parte della Supr.Corte determinerebbe e così perfezionerebbe inevi-tabilmente una violazione della Conv. eur. dir. uo-mo, giacché il risultato risulterebbe palesemente,nell’immediato futuro e a leggi invariate, un sacrifi-cio integrale del rapporto giuridico di coppia. Tantopiù che la Corte di Strasburgo non può giustificareuna violazione degli obblighi internazionali perchédevono essere rispettate le prerogative dell’(inerte)Parlamento nazionale e garantito il rispetto alla suadiscrezionalità. Va poi notato che la sordità e inerziache caratterizzano il nostro legislatore davanti algiudice europeo gli si ritorcono ampiamente contro,perché, come ha notato il Presidente Spielmann, amaggior ragione in tali casi la Corte non può non in-tervenire (Spielmann, 593, infra, sez. IV).

Per Strasburgo sarà lo Stato italiano nel suo insie-me – il Parlamento, ma anche la sua Corte costitu-zionale – ad aver violato gli obblighi internazionali. Igiudici di Strasburgo non domanderanno all’Italiadi aprire il matrimonio eterosessuale, ma certo nonpotranno esimersi dal rilevare una violazione. Se,poi, l’Italia nelle more avrà introdotto una qualchesorta di unione registrata, non è detto, visti le note

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difficoltà e il costante, tortuoso iter di compromessia cui soggiace ogni proposta parlamentare o gover-nativa in quest’ambito, che questa soddisferà quelminimo di tutela che esige che l’istituto sia presso-ché equivalente al matrimonio, come è stato ed ètuttora nel caso delle unioni registrate di Inghilterrae Finlandia. In altri termini, la prospettiva di unacondanna dell’Italia nel «caso Bernaroli» appare as-sai probabile se non, a cagion della politica, inevita-bile.

III. I precedenti

La vicenda ha origine nel giudizio di primo gradodeciso da Trib. Modena, 8.10.2010, in Fam., pers. esucc., 2011, 72, con nota di Costanzo, quindi App.Bologna, 18.5.2011, in questa Rivista, 2012, I, 254,con nota di Schuster, cui si si rinvia per ulterioririferimenti; in Fam. pers. e succ., 2011, 629 ss, connota di Costanzo. L’atto di promovimento del giu-dizio incidentale è Cass., ord. 6.6.2013, n. 14329, inquesta Rivista, 2014, I, 21, con nota di Schuster, ein Corr. giur., 2013, 1519, con nota di Patti.

La giurisprudenza di immediata pertinenza èCorte cost., 15.4.2010, n. 138, in Foro it., 2010, I,1361; Cass., 15.3.2012, n. 4184, in Foro it., 2012, I,2727, con nota di Romboli, che affronta per la pri-ma volta la questione di una trascrizione di un ma-trimonio fra persone dello stesso genere contrattoall’estero; nonché, sullo specifico tema del transes-sualismo, Corte cost., 24.5.1985, n. 161, in Foroit., 1985, I, 2162. Sulla distinzione matrimonio-attoe matrimonio-rapporto, si è citata Cass. civ., sez.un., 17.7.2014, n. 16379, in Guida al dir., 2014, n.33, 14, con nota di Galluzzo.

La sentenza della Grande Camera della Corte

eur. dir. uomo, 16.7.2014, ric. 37359/09, Hämäläi-nen c. Finlandia, si legge in inglese e francese sul sitodella Corte http://hudoc.echr.coe.int/. La sentenza(in forma anonima all’epoca) della Quarta Camera,13.11.2012, H. c. Finlandia, è reperibile in entrambele versioni linguistiche, nella stessa banca dati. Lagiurisprudenza euroconvenzionale su questione affi-ne è Corte eur. dir. uomo, 28.11.2006, ric.42971/05, Parry c. Regno unito e Corte eur. dir.uomo, 28.11.2006, ric. 35748/05, R. e F. c. Regnounito. Di rilievo sulla questione dell’accesso all’isti-tuto del matrimonio della persona trans l’importan-tissimo precedente Corte eur. dir. uomo,11.7.2002, grande camera, ric. 28957/95, Goodwinc. Regno unito, § 101, ma si veda anche, soprattuttoper le considerazioni sulla tutela dell’essenza delmatrimonio, Corte eur. dir. uomo, 17.10.1986,ric. 9532/81, Rees c. Regno unito, nonché, sulla que-stione del matrimonio ex art. 12 Conv. eur. dir. uo-mo e coppie omosessuali, Corte eur. dir. uomo,

24.6.2010, ric. 30141/04, Schalk e Kopf c. Austria, inquesta Rivista, 2010, I, 1137, con nota di Winkler.

Le sentenze straniere su questioni affini citate so-no per l’Austria, Corte cost., V 4/06-7, 8.6.2006;per la Germania, Corte cost., 1 BvL 10/05 del27.5.2008, in www.bverfg.de e in NJW, 2008, 3117ss. Di interesse anche Corte ammin. Stoccolma,causa n. 21170-10, 14.9.2010, ined. (a fronte del-l’apertura del matrimonio anche alle coppie dellostesso genere, il requisito del divorzio è ritenuto vio-lare l’art. 8 Conv. eur. dir. uomo), e più recentemen-te Corte di appello di Inghilterra e Galles,

sez. civ., 31.7.2014, MB v Secretary of State for WorkAnd Pensions [2014] EWCA Civ 1112, con cui si ri-getta il ricorso di una lavoratrice la quale lamentavache il non riconoscimento giuridico del genere di-scendeva dal suo rifiuto di porre termine al propriomatrimonio e che ciò non di meno le spetterebbe ildiritto alla pensione secondo l’età pensionabile cor-rispondente al genere vissuto (sessanta invece di ses-santacinque anni).

IV. La dottrina.

La dottrina di commento alla sentenza Corte co-stituzionale n. 170/2014 appare piuttosto significati-va, nonostante si tratti di una decisione recente: v.Palmeri-Venuti, L’inedita categoria delle unioni af-fettive con vissuto giuridico matrimoniale, in questonumero della Rivista, Parte Seconda, p. 553; Bian-chi, Divorzio imposto: incostituzionale, ma non trop-po, in www.forumcostituzionale.it; Biondi, La sen-tenza additiva di principio sul c.d. divorzio «impo-sto»: un caso di accertamento, ma non di tutela, dellaviolazione di un diritto, in www.forumcostituziona-le.it; Brunelli, Quando la Corte costituzionalesmarrisce la funzione di giudice dei diritti: la sentenzan. 170 del 2014 sul c.d. «divorzio imposto», inwww.articolo29.it; Di Bari «Commento “a caldo”della sentenza n. 170/2014 della Corte costituzionale:quali prospettive?», in www.associazionedeicostitu-zionalisti.it; Pezzini, A prima lettura (la sent. 170/2014 sul divorzio imposto), in www.articolo29.it;Ruggeri, Questioni di diritto di famiglia e tecnichedecisorie nei giudizi di costituzionalità (a propositodella originale condizione dei soggetti transessuali edei loro ex coniugi, secondo Corte cost. n. 170 del2014), in www.giurcost.org; Saitto, Rettificazione disesso e «paradigma eterosessuale» del matrimonio:commento a prima lettura della sent. n. 170 del 2014in materia di «divorzio imposto», in www.diritticom-parati.it; Salazar Amore non è amore se muta quan-do scopre un mutamento, in www.confronticostitu-zionali.it; Veronesi, Un’anomala additiva di princi-pio in materia di «divorzio imposto» il «caso Bernaro-li» nella sentenza n. 170/2014, in www.forumcostitu-

Corte cost., n. 170/2014 e Corte eur. dir. uomo, 16.7.2014 - Commento Matrimonio / Personalità (diritti della)

1160 NGCC 2014 - Parte prima

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zionale.it; Winkler «La Corte costituzionale si pro-nuncia sul caso del divorzio “imposto”: luci e ombre»,in www.articolo29.it; in corso di pubblicazione ilcommento di Conte (in GenIUS).

Circa il caso specifico da cui è generata la senten-za n. 170/2014, si vedano le ricostruzioni in Loren-zetti, Diritti «in transito». La condizione giuridicadelle persone transessuali, FrancoAngeli, 2013, 105ss., nonché sull’ordinanza di rinvio alla Corte, il nu-mero monografico a cura di Balboni e Gattuso,Famiglie e identità di genere: «divorzio imposto» e di-ritti fondamentali, in GenIUS 2014, n. 1, 6 ss.;D’Aloia, Il «divorzio obbligato» del transessuale.Ancora un «incerto del mestiere di vivere» davanti al-

la Corte costituzionale, in www.confronticostituzio-nali.it.

Con riguardo alla sentenza Hämalainen c. Finlan-dia, in merito ai profili critici del consenso e delmargine di apprezzamento si è richiamato Spiel-

mann, Consensus et marge nationale d’appréciation,in Journal des tribunaux, 2012, 592 s. La sentenzadella Quarta Camera è stata commentata in una no-ta da Marchadier, Le genre ou l’union: le dilemmedu transsexuel marié, in Recueil Dalloz, 152 ss.

Anna Lorenzetti

Alexander Schuster

CASS. CIV., II sez., 17.6.2014, n. 13776Conferma App. Palermo, 13.9.2007

Obbligazioni in genere - Proposta

contrattuale di vendita - Termine di

irrevocabilità - Mancanza - Termine

di efficacia - Mancanza - Durata in-

determinata della proposta - Inam-

missibilità (artt. 1326, 1987, 1988 cod. civ.)

Nel nostro ordinamento non sono am-messi impegni irrevocabili a vendere cheabbiano durata indeterminata, poiché essisi risolvono in una limitazione del poteredi alienazione e, in definitiva, in una re-strizione del principio di libera circolazio-ne dei beni.

dal testo:

Il fatto. Con citazione del 18/3/1991 Sa. Be.,Sc. An. e Sc. Ca., rispettivamente moglie e fi-glie di S.G.B., deceduto il (Omissis), conveni-vano in giudizio S.E. chiedendo accertarsi laloro qualità di eredi e che il de cuius era com-proprietario per il 50% di un fondo sito in(Omissis), dell’edificio ivi edificato e dei beniche lo arredavano.

Pertanto chiedevano la condanna della con-

venuta, proprietaria del restante 50%, alla re-stituzione di beni immobili e mobili corrispon-denti alla quota del de cuius.

La convenuta eccepiva che i beni erano statiacquistati e realizzati con denaro proprio e chelo Sc. il 26/9/1989 aveva sottoscritto una di-chiarazione con la quale si era impegnato a tra-sferirle la proprietà della quota indivisa degliimmobili a lui intestata e aveva dichiarato diavere già ricevuto il relativo prezzo; pertantochiedeva in via riconvenzionale l’accertamentodell’obbligo degli eredi (tra i quali Sc. Pi., neicui confronti era integrato il contraddittorio)di trasferirle la proprietà della suddetta quotaindivisa degli immobili.

Le attrici chiedevano il rigetto della doman-da disconoscendo la sottoscrizione che eraquindi sottoposta a CTU grafologica.

Con sentenza non definitiva del 6.2.1999 ilTribunale rigettava la domanda riconvenziona-le e in accoglimento della domanda attorea di-chiarava che le attrici erano eredi legittime diSc. Gi. B. e che quest’ultimo, al momento dellamorte, era proprietario pro indiviso e per lametà del terreno, del fabbricato e dei mobili earredi ivi contenuti; la causa proseguiva per loscioglimento della comunione e per decideresulla domanda di condanna al versamento deifrutti percepiti.

La sentenza non definitiva era appellata daS.E. e la Corte di Appello di Palermo, con sen-

Cass. 17.6.2014, n. 13776 Obbligazioni in genere

NGCC 2014 - Parte prima 1161

c

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