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VIALIBERA VIALIBERA | numero 2 numero 2 marzo-aprile 2012 marzo-aprile 2012 iaLibera aLi b be e e e e e e e e e er r r r r r r r r r r r r r r r r ra a a a a a a a a a aL a a aL a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a L i be e e e e e e e e e e e e e er r r r r r r r r r r r r r r r r r L i i i i aLibe a a a a a i i iaLi b be e e e e e e e e e e e e e er r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r r ra a a a a a a a a a a a a a a a a a a a a In memoria di Giovanni Paolo II > p. 18 Sacerdote del Signore… > p. 29 Poste Italiane s.p.a.- Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Rovigo

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Rivista francescana per una cresciata di fede e umana. Per giovani e educatori.

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VIALIBERAVIALIBERA | numero 2numero 2 marzo-aprile 2012marzo-aprile 2012

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In memoria diGiovanni Paolo II > p. 18

Sacerdote del Signore… > p. 29

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Caro lettore,attraverso la rivista ViaLibera, desideriamo offrire il nostro contributo per la crescita umana, cristiana e francescana dei giovani, facendo conoscere le attività del Servizio per la Pastorale Giovanile-Vocazionale dei Frati Cappuccini e condividendo strumenti e sussidi utili per la formazione e la catechesi.Una tua offerta permetterà a ViaLibera di continuare questo servizio, così importante e delicato.Ti ringraziamo fi n d’ora di quanto vor rai darci in piena libertà.

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Rivista bimestrale di formazionefrancescana e vocazionaledei Frati Minori Cappuc cinidel Veneto-Friuli V.G.Direttore responsabile:fr. Luciano Pastorello

Redazione:fr. Alessandro Ca rollo • fr. Marco Putinfr. Luca Santato • fr. Gianfranco Tinello

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ViaLibera n. 2Marzo - Aprile2012 Anno 19

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3 3 Editoriale Editoriale Un anno da ricordare… a cura della Redazione

4 4 Parole di... Parole di... Contempla Gesù crocifisso… di Santa Chiara

6 6 Zoom Zoom Veloce corsa, in passo leggero: ricalcare le orme del Povero di fra Ugo Secondin

11 11 In-vocazione In-vocazione Inversione a U. itinerario vocazionale con san Paolo / 7 di Sergio Stevan

18 18 Dossier Dossier In memoria di Giovanni Paolo II. a un anno dalla beatificazione… di don Piero Mandruzzato

26 26 Lettere in Redazione Lettere in Redazione Senza padre… di fra Emerson Rodrigues

2929 Casa nostra Casa nostra Sacerdote del Signore… per sempre! di fra Manuel Ulombe

31 31 Casa nostra Casa nostra Appuntamento dai frati… a cura della Redazione

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frafra UGO SECONDIN UGO SECONDIN

Veloce corsa, in passo leggero:ricalcare le orme del Povero

A d Agnese, Chiara «ancella inutile e indegna delle signo-re povere, invia il suo saluto e l’augurio di vivere sempre in somma povertà» (FF 2871). Ancora la povertà: un chio-

do fi sso? Direi un pensiero unico: Gesù Cristo Povero.

“PERFETTAMENTE” POVERAL’augurio iniziale rivela il tenore della seconda lettera ad Agnese di Boemia: Chiara esorta l’amica ad essere costante e ferma nella sua vocazione. Si noterà certamente che il linguaggio è mutato, rispet-to alla lettera precedente; si è passati dal “voi” rispettoso e riveren-te, al “tu” che manifesta ulteriormente la vicendevole amicizia, l’in-tima partecipazione a Cristo e le diffi coltà da vivere per la fedeltà a Lui, Povero.

Qua e là, Chiara “gioca” ancora con i riferimenti nobiliari che ri-cordano l’origine di Agnese: ora, però, i «numerosi titoli» sono di vir-tù, e le «insegne» di cui è decorata, sono «di una così grande perfe-zione che, resa amorosa imitatrice del Padre perfetto, meriti di di-

L’unica cosa necessaria èabbracciare poveri il Cristo povero.È il programma di vita che Chiara lascia alla “sorella” Agnese.

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venire a tua volta perfetta, co-sì che i suoi occhi non vedano in te nulla di imperfetto» (FF 2872). E la perfezione è questa: «hai ricalcato le orme di colui al quale meritasti di essere unita in sposa» (FF 2873).

Perfetta è Agnese, cioè “compiuta”, “completa”, perché si è unita a Cristo, ricalcando-ne le orme: seguendolo, parte-cipa di Lui, della sua povertà, vivendo in «grande umiltà» e «ardentissima carità». Così, i termini povertà («beata»), umiltà («santa») e carità («inef-fabile»), li ritroveremo nella quarta lettera, quando con Chiara saremo condotti alla contemplazione di Cristo. In defi nitiva, Chiara considera “perfezione” “percorrere” Ge-sù, nella totalità della sua esperienza: Lui che è Via, Ve-rità e Vita va percorso, cono-sciuto, vissuto.

SPEDITA NEL PASSO,FERMA NEL PROPOSITOSa, Chiara, che Agnese di questo è capace, questo desidera: non si trattiene oltre. «Poi-ché una sola è la cosa necessaria, di questa sola ti scongiuro per amore di colui a cui ti sei offerta come vittima santa e gradita: me-more del tuo proposito, come una seconda Ra-chele sempre vedendo il tuo principio, ciò che hai ottenuto tienilo stretto, ciò che stai fa-cendo fallo e non lasciarlo» (FF 2874-2875).

Il raccomandare fedeltà all’amica evi-denzia, più che una “sfi ducia” nei suoi con-fronti, una partecipazione “sofferta” alla sua esperienza; in fondo, è di Cristo che si sta parlando, e dell’appartenenza a Lui…

La «sola cosa necessaria» rimanda all’e-pisodio di Marta e Maria (cfr. Lc 10,38-42). È quest’ultima, che ascolta Gesù ai suoi pie-di, che sono rivolte le parole del Maestro: il “necessario” è l’ascolto del Verbo, che si è fat-to Carne.

A colei che sta confermando nel proposi-to di una vita povera, senza giri di parole Chiara ricorda il “necessario”: tolto di mez-zo tutto, resti Gesù solo, e totalmente (po-vertà, umiltà e carità), Lui che è Tutto.

Questo è il “principio” da guardare sem-pre, cui sempre tendere. Il “proposito” di Agnese (e prima di lei di Chiara) è lo stesso Cristo “necessario”. Lui ha dato il “la” alla

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sua vocazione: «avete scelto piuttosto, con tutto l’animo e l’affetto del cuore, la santissi-ma povertà e la penuria corporale, prenden-do uno sposo di stirpe più nobile, il Signore Gesù Cristo, che custodirà la vostra vergini-tà sempre immacolata e intatta» (FF 2861); Lui dà senso alla sua vocazione: «abbraccia, vergine povera, Cristo povero (FF 2878).

Per questo è da fi ssare “sempre” in conti-nuo sguardo d’amore, in continuo e spedito moto del cuore. Ferma nel proposito di una vita per Lui, con Lui, in Lui, Agnese è chia-mata alla costanza e alla fermezza. Sa bene qual è il suo “principio”: ma potrebbe esse-re distolta nella via della povertà, che per lei – come per Chiara – signifi cherebbe essere distolta da Cristo stesso.

Sullo sfondo si intravedono i consigli del-lo stesso pontefi ce rivolti ad Agnese (ed anni prima alla stessa Chiara) di mitigare la vita di povertà. Per questo, Chiara raccomanda all’amica con simili parole, quanto lo stesso Francesco aveva raccomandato a lei e alle so-relle nella così detta Ultima volontà, che lei “incastona” come preziosa gemma nella sua Regola: «E prego voi, mie signore, e vi consi-glio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. E guardate con grande cura di non allontanarvi mai da essa, in perpetuo e in nessuna maniera, per insegnamento o consiglio di alcuno» (FF 2790).

UN ABBRACCIO PER PROCEDERE Se in precedenza Chiara aveva ricordato ad Agnese “l’unica cosa necessaria”, ora le chie-de di fare “l’unica cosa necessaria”: «abbrac-cia, vergine povera, Cristo povero» (FF 2878). Si tratta, di ricorrere a quell’abbraccio che già nella prima lettera manifestava “appar-tenenza amorosa” e qui viene a “gridare” il “fermo proposito” di non aver altro che Lui. Il Cristo Povero è lo sposo spregevole, disprez-zato, percosso, fl agellato e morente: è Cristo

che patisce, è Cristo che ama! Abbracciarlo signifi ca non trovare altro conforto, altra ve-rità che quella che viene dalla partecipazio-ne del suo Amore per gli uomini; un Amore pieno di passione, con una Passione piena di Amore!

Allora, poiché Gesù è il “necessario”, ec-co il cammino progressivo cui ci chiama, che ci concede di vivere: «guardalo», richiama la tua attenzione su di Lui, abbi il coraggio di volgere a lui lo sguardo; «consideralo», vale a dire volgi a lui il tuo cuore, perché ti riguar-da, è parte della tua vita; «contemplalo», cioè accogline la bellezza, il gusto, la presenza nel-la consapevolezza che il “necessario” è dav-vero “Tutto”; «desiderando d’imitarlo», per-ché il suo abbraccio è autentico se si trasfor-ma quotidianamente nell’abbraccio al fratel-lo, al povero, al bisognoso, a chiunque rinno-va nel suo volto il volto di Gesù.

L’imitazione di Cristo va pienamente, de-cisamente e quotidianamente vissuta, con

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coraggio, senza tirarsi indietro. Così patire con Lui, anche noi spregevoli e disprezzati agli occhi del mondo, signifi ca regnare: e re-gnare davvero è, con Cristo e come Lui, ser-vire… Soffrendo, godremo: non per “ricerca-to dolorismo”, ma nella partecipazione di Lui, Servo Sofferente, che dà vita. Morendo con Lui, possiederemo «con lui le eteree dimore negli splendori dei santi» (FF 2880); Chiara, pienamente incarnata, perché totalmente del suo Signore, Verbo fatto Carne, ci accompa-gna sempre (e si potrebbe dire “con rapida corsa del cuore”) nel considerare l’“oltre”, la vita eterna, come vero e unico premio di chi ha vissuto un’esistenza veramente ed unica-mente per il suo Signore, e con Lui.

Così termina la lettera, alla stregua del-la precedente: con il mirabile acquisto dei «beni terreni al posto dei perituri», per po-ter vivere «nei secoli dei secoli».

IL “PRINCIPIO” NECESSARIOÈ vero: questa lettera s’intreccia con eventi che toccano sul vivo sia Chiara sia – ancor più – l’amica Agnese; è un’ulteriore prova del-la bellezza di essere poveri partecipando di Cristo Povero. Povertà, per Chiara, non è mi-seria, frustrazione ma, anzi, la “ricchezza” di chi gode solamente e pienamente di Gesù Cri-sto: in questo è molto esauriente la prima let-tera ad Agnese.

Chiara, pur nel suo linguaggio bello e ric-co, coraggiosamente ed autenticamente fem-minile, non “sfarfalla”: ci consegna Gesù so-lo, parla al nostro cuore unicamente di Lui. Questo diventa il terreno comune nel quale, ascoltandola a distanza di secoli, riusciamo a trovare il nostro posto, certo con un po’ di nostalgia per quel Bene che desideriamo. An-che questa volta, allora, c’è una parola per noi.

Innanzitutto l’invito: «sempre vedendo il tuo principio». Per inciso, si tratta dell’e-spressione che accompagna l’Anno Clariano che stiamo celebrando, che ricorda 800 an-ni da cui Chiara entrò nella fraternità di Francesco (la notte tra la domenica delle Pal-me del 1211 o 1212). È evidente che qui si dà un tipo di lettura: guardare al momento ini-ziale della vocazione. Certo è signifi cativo annotare il “principio cronologico”; ma sarà ancora più “necessario” tenere sempre pre-sente il principio teologico e spirituale.

Chiara (come Francesco, del resto) non aveva ben in mente di preciso che cosa do-veva fare. Dopo il momento alla Porziunco-la (luogo della “consacrazione”), verrà ac-compagnata dapprima presso il monastero di san Paolo delle Abbadesse e quindi pres-so la chiesa di sant’Angelo di Panzo; da ulti-mo, si stabilirà nel piccolo luogo di san Da-miano. Quattro luoghi diversi, mai un dub-bio: il suo “principio” era Gesù Cristo, incon-trato, accolto, desiderato Povero e Crocifi s-so.

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Prendendo le mosse dalla sua esperien-za, mi posso (e devo) chiedere: qual è il mio “principio”? Il nostro cammino spirituale – se tale è, e non un vagabondare – ha un “principio” che siamo invitati a riconoscere. Ad esso dobbiamo guardare costantemente, non come ritorno nostalgico, ma come rin-novata occasione per recuperare il senso del nostro cammino, per tendere in maniera sempre più decisa alla “meta”. Noi, spesso,

siamo come vagabondi senza meta, persi tra le “carte topografi che” di un mondo (non so-lo quello attorno a noi, ma anche il nostro, interiore) senza un vero “principio”; non sappiamo che cosa ci attende nella nostra vita, le risposte da dare, le scelte da com-piere.

È perché non cerchiamo, non compren-diamo, non accogliamo “il nostro principio”: è Gesù Cristo, “il solo necessario”? ◗

il motivo della lettera

Il 18 maggio 1235 il papa Gregorio IX aveva concesso ad Agnese di Boemia e alle sorel-le in proprietà, per sempre, l’ospedale da lei fondato due anni prima, stabilendo che i be-ni sarebbero serviti per il loro sostentamen-to. Il 25 luglio dello stesso anno lo stesso pa-pa ricevette sotto di sé monastero e ospeda-le: l’impegno di Agnese in favore della pover-tà sembra minacciato. Così si rivolge a Chia-ra, che risponde con un incoraggiamento a rimanere fedele alla vocazione ricevuta. In nome della santissima povertà, infatti, inco-raggia Agnese a non credere né acconsenti-re a nessuno «che volesse richiamarti indie-tro da questo proposito, che ti ponesse un ostacolo sulla via, per impedirti di rendere all’Altissimo i tuoi voti in quella perfezione al-la quale ti chiamò lo Spirito del Signore... E se qualcun altro ti dicesse o altro ti sugge-risse che sia di impedimento alla tua perfe-zione, che sembri contrario alla vocazione divina, pur dovendolo rispettare, non segui-re il suo consiglio, ma abbraccia, vergine po-vera, Cristo povero» (FF 2876. 2878).

L’espressione «qualcun altro... pur doven-dolo rispettare» sembra doversi riferire al pa-

pa: a cui promettere obbedienza e riveren-za, certo, come scrive nella sua Regola (FF 2819-2820), ma a cui opporsi con risolutez-za allorquando si vedesse minacciata la scel-ta della povertà, per Chiara questione asso-lutamente vitale. Va detto che Chiara sostie-ne l’amica con vigore perché lei stessa, qual-che anno prima (17 settembre 1228) aveva ottenuto dal medesimo pontefi ce la lettera con bolla Sicut manifestum est. Con questo documento, conosciuto come Privilegio di po-vertà, (FF 3279) Gregorio IX viene incontro alle richieste di Chiara, per sé e le sorelle, di vivere in altissima povertà, senza essere «costrette da nessuno a ricevere posses-sioni», com’era, invece, in uso per i monaste-ri.

Nel 1238, il 15 aprile, anche Agnese rice-ve una lettera con bolla, la Pia credulitate te-nentes, con la quale si concede anche alla sua comunità il “privilegio della povertà”: nes-suno avrebbe potuto costringere lei e le so-relle di Praga a ricevere alcuna proprietà. Questo fatto permette di collocare questa seconda lettera nel periodo che va dal 1235 al 1238.

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SERGIO STEVANSERGIO STEVAN

in-vocazione

VERSO GERUSALEMME«Ma egli [il Signore] mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”» (At 22,21).

Dio invita Paolo alla missione, perché nella Bibbia non c’è voca-zione che non abbia come oggetto la missione: ognuno di noi, dun-que, al pari di Paolo, è chiamato per andare.

Spesse volte, inoltre, la chiamata implica anche il conferimento di un preciso incarico da svolgere in mezzo alla gente e per sé. La vocazione è, infatti, la chiamata a servire in qualche modo la comu-nità, per cui non comporta alcun tipo di privilegio, ma affi da sem-plicemente un impegno da vivere.

Essa è un servizio e, in quanto tale, non comporta nulla di gra-tifi cante, nulla che provochi compiacimento nell’essere chiamati; è per questo che la risposta vocazionale trova sempre degli ostacoli, dei tentennamenti, delle fatiche che occorre superare. Quando una vocazione si realizza troppo in fretta, o viene assunta, perché cer-cata e voluta con le proprie forze, è da guardare con una certa pre-occupazione.

Si conclude, con questo articolo,il percorso vocazionale, costruito attorno all’evento di Damasco, che ha “sconvolto” la vita di Paolo…

INVERSIONE A U.Itinerario vocazionalecon san Paolo / 7

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in-vocazione

Come già abbiamo visto, una vocazione si realizza attraverso momenti diversi, di luce e di gioia, certamente, ma anche di buio e di mancanza di sicurezza.

IL VERO APOSTOLOPaolo in questa sua risposta alla chiamata del Signore si mostra pienamente come l’a-postolo vero, colui che per amore del Signo-re si lascia inviare.

Lasciamoci guidare dalla sua fi gura per capire fi no in fondo chi è l’apostolo, chi è il chiamato, colui che realizza la sua vita a li-vello vocazionale. La realizzazione piena sta nell’esercitare la propria scelta, la pro-pria professione di guidare gli uomini ver-so l’invisibile.

Questi è l’apostolo. Dal giorno in cui quest’uomo è stato “preso” sulla via di Da-masco, è diventato impossibile pronuncia-

re le parole “apostolo”, “Vangelo”, “evange-lizzare”, senza andare con il pensiero a san Paolo. Ci dice lui stesso: «Guai a me se non annuncio il Vangelo» (1Cor 9,16), facendoci così capire con forza che a lui non interessa altro che il Vangelo.

UOMO REALIZZATO “SECONDO DIO”Vediamo, quindi, un po’ più da vicino chi è questo apostolo che ha fatto del Vangelo il centro della propria vita.

Egli ha cercato innanzitutto la sua voca-zione e all’interno di essa si è ritrovato rea-lizzato; non ha compiuto il percorso inverso di cercare prima di tutto la sua realizzazio-ne per poi, non avendola ritrovata in alcun luogo, cercarla nella vocazione. La “realiz-zazione personale” non è il fi ne per cui io cerco la mia vocazione; non mi metto a cer-care la mia vocazione “per me”. La realiz-

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zazione è il frutto che nasce spontaneo dal-la risposta alla propria chiamata vocazio-nale, che a sua volta porta alla missione.

Paolo ci appare come un uomo che non vede, non sa, ma crede. Tutto il suo essere è preso dalla fi ducia assoluta in Dio che non può né ingannarsi né ingannarci. Ci dice: «È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho po-sto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fi no a quel giorno ciò che mi è stato affi dato» (2Tm 1,12).

Non vede, non sa, ma crede; è, quindi, un uomo che si fi da. Ha ben chiare le pro-prie diffi coltà, ma si affi da a quella che è la volontà di Dio.

UOMO DELLA PAROLAOltre alla grande “fede”, Paolo ha un’altra caratteristica importante: egli è l’uomo della Parola.

Ha fatto della sua vita una risposta con-tinua alla parola di Dio. Egli è l’uomo della Parola non perché parli continuamente per annunciare il Vangelo, ma perché ha posto

la sua vita nella parola di Dio. Non è la Pa-rola che esce dalla sua vita, ma è la sua vita che è stata inserita nel contesto della po-tenza della parola di Dio.

San Paolo non vede meglio degli altri l’invisibile, ma il mistero di Dio è per lui un punto saldo e incrollabile. Pur non veden-do, ha compreso che questa Parola è vera-mente luce, lampada ai passi della storia dell’uomo. Paolo è, dunque, colui che, pur nella notte, è capace di credere, è capace di tendere alla luce.

UOMO DELLA POVERTÀOltre alla centralità della fede e della Paro-la c’è un’altra caratteristica forte in Paolo, ed è la povertà.

Chi crede è necessariamente povero, per ché si abbandona e si mette a completa disposizione di Colui che chiama e aspetta. Il povero è colui che non si appoggia ad al-tro che al Vangelo, e Dio si manifesta pro-prio là dove non c’è nulla, nel semplice cuo-

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re di una donna come in una mangiatoia: nella povertà di fatto e di cuore, di carne e di spirito.

La vocazione specifi ca di Paolo è, dun-que, quella di portare il Vangelo. Leggiamo ancora: «Guai a me se non annuncio il Van-gelo» (1Cor 9,16). Possiamo considerare que-sta affermazione come il contrario di una delle beatitudini: «Beati coloro che ascolta-no la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28).

Paolo esprime l’antitesi di questa beati-tudine, perché non considera questo inca-rico un impegno facoltativo, bensì una ne-cessità imprescindibile. Ci dice ancora Pao lo: «Sarei certamente infelice se non annunciassi il Vangelo» (cfr 1 Cor 9,16-17).

PRIGIONIERO DELLO SPIRITOPer san Paolo l’evangelizzazione e la sua vita coincidono, si fondono in una cosa so-la. Dice in un altro passo: «Ed ecco, costret-to dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So sol-tanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribo-lazioni. Non ritengo in nessun modo pre-ziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affi dato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (At 20,22-24).

Questa frase esprime fi no in fondo il desiderio di san Paolo di andare là dove il Signore lo vuole, non per portare qualcosa che gli appartiene, ma qualcosa che anche lui ha ricevuto in dono, il Vangelo.

Proviamo ad analizzare un po’ più da vicino questi versetti. Paolo dice di essere «costretto dallo Spirito»; gli esegeti ci dico-no che con questa espressione Paolo inten-de descriversi come prigioniero dello Spiri-to Santo, incatenato dallo Spirito, comple-tamente preso da questa forza che lo guida, che lo aiuta. Più avanti Paolo dice: «Vado a

Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà» (At 20,22).

E NOI?Seguendo le orme di Paolo ci siamo messi in cammino verso Damasco. Alla fi ne di que-sto itinerario anche a noi, come a san Paolo, viene chiesto di cambiare rotta, alla volta di Gerusalemme. Paolo non sa che cosa gli ac-cadrà a Gerusalemme; anche noi non sap-piamo ancora, alla fi ne di questo itinerario di ricerca vocazionale, che cosa ci attende-rà.

Ora abbiamo senz’altro gli strumenti per sapere che cosa è importante per arri-vare a una scelta vocazionale che fi orirà quando il Signore vorrà.

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Noi ci siamo semplicemente interrogati su che cosa debba fare un giovane quando

sente che il Signore lo chiama: la diffi coltà nasce nel voler essere fedeli e costanti in questo cammino di sequela del Signore, su questa strada che conduce, appunto, da Damasco a Gerusalemme.

Con questa rifl essione non si conclude nulla; anzi, inizia la parte più diffi cile e av-vincente del nostro cammino, perché si tratta di incarnare concretamente tutto quello che siamo venuti sin qui lentamente scoprendo. San Paolo è consapevole del fat-to che lo attendono «catene e tribolazioni», ma è senz’altro preferibile vedere un gio-vane che soffre perché sta faticando, piut-

tosto che un giovane tranquillo, perché non cammina, non procede, non si sforza.

La tribolazione fa crescere.Proprio perché nella propria

vita non si ha alcun merito, biso-gna arrivare fi no in fondo e biso-gna, soprattutto, arrivare al ter-mine del proprio servizio, che è quello di dare testimonianza di un messaggio non proprio, ma di un Altro. Questo signifi ca “anda-re”!

IL DONO DELLO SPIRITOPer compiere questo viaggio è necessario chiedere al Signore il dono dello Spirito, affi nché ci pervada completamente per con-durci incolumi fi no a Gerusa-lemme, luogo in cui Gesù ha vis-suto la croce e la risurrezione. Fin da ora possiamo essere sicuri del fatto che Dio ci condurrà “lontano”, vale a dire al di fuori dei nostri schemi: lo Spirito San-to ha una fantasia incredibile che noi, con i nostri progettini, non possiamo neppure lontanamente emulare. Proviamo a pensare

quante volte noi decidiamo di aderire al piano di Dio solo se esso si concilia con il nostro programma.

“Andare lontano” signifi ca, poi, andare verso i lontani, perché non si dà alcuna scelta vocazionale che non si rivolga anche agli altri. È segno senz’altro che una voca-zione si sta pienamente realizzando, se con-duce qualche fratello a conoscere più da vi-cino il Signore. Se un giovane non sente la passione, la preoccupazione di fare diven-tare grande qualcun altro nella conoscenza del Signore, signifi ca che la sua scelta voca-zionale è ancora troppo egoistica.

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La vocazione è una chiamata che si rea-lizza per il bene nostro e per il bene degli altri. Per intraprendere seriamente questo cammino, diventa di fondamentale impor-tanza vivere personalmente questi tre mo-menti: l’intimità con il Signore; il tempo dell’annuncio; il tempo della morte e della risurrezione.

Gesù, nella sua vita, è stato trent’anni in intimità con il Padre, per tre anni ha an-nunciato il Vangelo, mentre il tempo della donazione totale è durato un giorno solo.

SI PARTE VERSO GERUSALEMMEEccoci giunti alla partenza del nostro viag-gio che ci condurrà a Gerusalemme.

Tre strumenti saranno fondamentali durante il nostro cammino:

1. innanzitutto la fedeltà alla preghiera (in particolare la lectio divina);

2. l’aiuto prestato dalla direzione spiri-tuale;

3. l’attenzione verso il sacramento della Riconciliazione vissuto con fedeltà, con

apertura, con costanza.Chi vive con serietà e sincerità questi

tre impegni è senz’altro già avviato verso la sua Gerusalemme.

PER LA RIFLESSIONE PERSONALEOra che siamo giunti alla fi ne del nostro itinerario vocazionale varrà la pena di chiedersi come l’abbiamo vissuto. Se ci sia-

gesto simbolico

Al termine della celebrazione euca-ristica o dell’incontro di preghiera, il sacerdote consegna a ogni parteci-pante gli Atti degli Apostoli (o il Van-gelo o la Bibbia) accompagnando il gesto con queste parole: «Va’ e grida il Vangelo con tutta la vita».

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mo resi conto, innanzitutto, che esso è dono di Dio e se abbiamo qualche mo-tivo per chiedergli scusa.

Le domande per la nostra rifl essio-ne potrebbero essere:

1. Ho camminato con costanza o a in-tervalli?

2. Ho portato avanti gli impegni presi?

Se, dopo aver ripreso in mano tutte le nostre rifl essioni, abbiamo l’im-pressione di non essere giunti da nes-suna parte, i motivi possono essere due:

 il Signore ci ricorda che i suoi tem-pi non sono i nostri (cfr. Is 55,8);

 non abbiamo camminato con se-rietà.

Noi facciamo ciò che amiamo, ciò che ci sembra davvero importante, per cui è inutile trovare scuse per giusti-fi carci. Quando devi pregare non tro-vare la scusa “non ho tempo”. Non è vero che non hai tempo, non hai amo-re. Chi si trovasse in questa situazione non si perda d’animo, ma riprenda il suo cammino verso Gerusalemme.

L’importante è non concludere di-cendo: a me Dio non parla. Il silenzio del Signore ha sempre delle motiva-zioni molto profonde: può darsi che egli attenda una nostra maggiore ma-turazione prima di parlarci; oppure non riusciamo a comprendere il suo linguaggio perché distratti da altre voci; oppure non prendiamo suffi cien-temente sul serio ciò che il Signore sta cercando di dirci e quindi egli preferi-sce tacere. ◗

preghiera

Metti tutto nelle mani del Signore, affi dando a lui il tuo «sì» generoso e concreto, per essere davvero come dice il profeta Geremia: «Argil-la nelle mani del vasaio» (Ger 18,6).

Mi consegno, Signore, nelle tue mani:gira e rigira questa argilla come il vaso che si fa nelle mani del vasaio!Dagli una forma, come vuoi;poi spezzala, se ti pare: è roba tua;non ho niente da dire!A me basta che serva a tutti i tuoi disegnie che in nulla resista al progettoche tu hai su di me.Chiedi pure, ed esigi, Signore:che vuoi che io faccia?che vuoi che io non faccia?Successo o insuccesso,perseguitato o consolato,a letto o impegnato per le tue opere,utile o inutile in tutto,non mi resta che dire, sull’esempio di Maria:«Si faccia di me come tu vuoi!».Amen.

(Sant’Agostino)

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262 | 2012

frafra EMERSON RODRIGUES EMERSON RODRIGUES

Senza padre…

C ari giovani,è con il cuore in mano che mi rivolgo a voi per raccontare un piccolo pezzo della mia storia, non perché io sia un perso-

naggio importante, ma per essere testimone di Colui in cui credo.Mi sono consacrato al Signore Dio ed Egli mi sostiene sempre

nei momenti in cui sono debole e fragile e vorrei mollare; in questi momenti vedo che Egli s’impadronisce della mia vita e mi rinforza e rinnova, affi nché io sia sempre disponibile per ricominciare.

Io sono fra Emerson, sono brasiliano e ho 31 anni; sono frate minore cappuccino e da qualche anno mi trovo in Italia.

LE DIFFICOLTÀ IN FAMIGLIASono nato in una famiglia che aveva qualche diffi coltà, come la mag-gior parte delle famiglie di oggi. Quando avevo 9 anni, i miei genito-ri hanno divorziato. Mio padre se n’è andato, mentre mia madre è ri-masta a prendersi cura della famiglia, con molta fatica. Eravamo mam-ma, io, una sorellina di 3 anni, e la nonna Giuseppa che, da quando era rimasta vedova, si sentiva sola e abbattuta.

Mia madre cercava in tutti i modi di mantenerci: non avendo ti-toli di studio, non se la sentiva di lavorare come domestica, e per questo lavorava come contadina, anche se non sempre veniva paga-ta. Nonostante la pensione della nonna, i soldi in casa non bastava-no mai. Per questo, a nove anni ho cominciato a cercare un lavoro, per aiutare la mia famiglia. Sono andato a bussare a tante porte,

Fra Emerson, giovane frate brasiliano, che vive a Roma,racconta la sua esperienza personale, quando si mise alla ricerca del padre che lo aveva abbandonato.

lettere in Redazione

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lettere in redazione

ma ho ricevuto altrettanti rifi uti. Quando ormai avevo perso ogni speranza, una si-gnora si è dimostrata disponibile, ma stava cercando una ragazza, come domestica. Tuttavia, dopo che le avevo raccontato la si-tuazione della mia famiglia, mi ha dato il lavoro. Non guadagnavo molto, ma almeno avevo da mangiare.

Nel frattempo, la nonna sistemava la casa e badava a mia sorella, mentre mia madre era fuori tutto il giorno per gua-dagnare qualcosa. Io, invece, alternavo il lavoro al mattino e lo studio nel pomerig-gio. Qualche fi ne settimana, inoltre, do-vevo rimanere a casa dei miei datori di lavoro.

Trascorsero così diversi anni, e cambiai diversi lavori, fi no a diventare segretario in una scuola di educazione speciale.

IL FASCINO DI FRANCESCOIl fascino per San Francesco mi ha così en-tusiasmato che ho lasciato il mio lavoro per entrare in convento. Per quale motivo? Per la vita fraterna, per la semplicità dei frati e soprattutto perché anch’io volevo donarmi ai poveri come i fi gli di Francesco. Non ho avuto il minimo dubbio che era lì che Dio mi voleva.

Durante gli anni della mia formazione alla vita religiosa, ho cercato con sincerità di farmi santo, però mi rendo conto che c’e-ra sempre qualcosa da perfezionare: non ero ancora un vero fi glio di Francesco. Mi accusavo di pregare poco, di non avere una vita spirituale così intensa come la deside-ravo, di non donarmi abbastanza ai poveri e di mancare in tante cose.

Anche la questione della mia famiglia costituiva per me una grande spina. Non dicevo niente a nessuno: quando mi chie-devano di mio padre, me ne andavo, cam-biavo argomento, oppure raccontavo una

barzelletta. In realtà, non riuscivo a supe-rare il dolore per essere stato abbandonato: avvertivo la mancanza di mio padre in tutti i momenti importanti della mia vita; quando mi cacciavo nei guai, dovevo sem-pre cavarmela da solo, perché lui non c’era. Mi domandavo: «Perché a me? Cosa ho fat-to per soffrire così tanto?». Tutto questo mi causava un senso di ribellione sia nei confronti delle persone a me vicine, sia nei confronti di Dio. Provate a immaginare: un frate cappuccino che litiga addirittura con Dio!

ALLA RICERCA DI MIO PADREI miei superiori mi hanno chiesto di anda-re a Roma, e ho accettato con entusiasmo.

Mi sono dato da fare per imparare la lingua e il nuovo “lavoro”: fare da portina-io in un grande convento (chiamato Colle-gio Internazionale), dove vivono i frati cappuccini di tutto il mondo che studiano presso le università pontifi cie.

Mentre ero in portineria, e rispondevo al telefono o aprivo il cancello, avevo anche tanto tempo per pregare, per meditare, per fare letture spirituali, come anche per en-trare in me stesso. Mi sono così reso conto dei miei sentimenti più profondi, dei miei pensieri più nascosti, dei quali prima non ero del tutto consapevole a motivo delle tante attività di apostolato.

Ho dovuto affrontare l’argomento “fa-miglia” e ho cominciato a pregare, per cer-care di vedere le cose in altro modo, chie-dendo al Signore di fare Lui al mio posto. E il Signore non è venuto meno. Ho pregato Dio di poter tornare in Brasile per cercare mio padre, cosa che avevo già fatto in pre-cedenza senza successo. A modo suo, il Si-gnore ha esaudito le mie preghiere.

Attraverso l’aiuto di amici e conoscenti, seguendo i loro consigli e confi dando so-

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prattutto nella forza della preghiera, sono venuto a sapere che mio padre era vivo e che si trovava in un paesino chiamato Jau-ru. Il mio cuore era in angoscia e non avevo pace. Continuavo a ripetermi: «Finché non saprò veramente se è lui, non avrò pace e non lascerò nessuno in pace».

Dopo giorni di telefonate e dopo avere interpellato il personale del Comune, della chiesa e della polizia, una persona si è resa disponibile ad aiutarmi. In quello stesso giorno ho saputo che mio padre si trovava in una casa per anziani.

Quando ne ho avuto la certezza, ho co-minciato a non dormire la notte. La solleci-tudine paterna del Signore si è manifestata attraverso la tenerezza del Rettore del Col-legio, fra Isidor Peterhans, che mi aiutato a prepararmi sia umanamente che spiritual-mente all’incontro con mio padre.

Durante le vacanze di Pasqua, sono tor-nato in Brasile e mi sono recato da mio pa-dre, proprio durante la Settimana Santa. È stato il più bel regalo che il Signore mi ha dato, una vera e propria “risurrezione”!

Tutta la sofferenza di questi anni, tutte le diffi coltà e le ribellioni sono state curate. Così, ho potuto abbracciare il mio papà: da ventun’anni non avevo saputo nulla di lui, nemmeno se era vivo.

CON CUORE RICONOSCENTEPer questa meraviglia che ha fatto il Signo-re per me, sono grato e riconoscente, e lo sarò per sempre!

Il motivo per cui ho condiviso questo episodio della mia storia non è quello di mettere in evidenza me stesso; l’ho fatto solo per celebrare Dio che mi ha chiamato a seguirlo: mi sento innamorato di Lui, ed Egli mi cura, mi consola e mi ama sempre. Tutto quello che posso fare per Lui è niente, se paragonato al bene che il Signore vuole a ciascuno dei suoi fi gli.

Perciò, con la mia vita e con la mia vo-cazione voglio intonare un canto di lode e riconoscenza al Signore.

Il Signore vi benedica e vi attiri verso di lui, per godere del suo amore e della sua bontà. ◗

lettere in redazione

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frafra MANUEL ULOMBE MANUEL ULOMBE

Sacerdote del Signore… per sempre!

Sacerdote del Signore. Quante volte, durante il periodo del mio diaco-nato1 – sei mesi circa – mi sono soffermato a contemplare il volto di Gesù, che si è dichiarato «servo di Dio»!

QUELLO CHE SENTO IN MEPotrò essere sacerdote? E sacerdote sul modello di Cristo? Di fronte al Pastore, che si mette a lavare i piedi dei suoi discepoli, ho sentito na-scere in me il desiderio di dedicarmi interamente al servizio di Dio, nel-la fatica di ogni giorno, nell’accogliere le prove della vita come segni che mi guidano all’amore incondizionato del Padre per me.

Mi sento, nel senso vero della parola, «servo», quando posso por-tare agli uomini i frutti della pace, della riconciliazione con Dio, dell’a-more e della giustizia. Un altro elemento fondamentale è la «fraterni-tà»: mi sento parte di un unico corpo, nel quale tutte le membra hanno funzioni specifi che. Tutto questo mi dà una grande consolazione, per-ché ho la certezza di avere sempre qualcuno accanto a me!

IL RITORNO IN ANGOLAE così, il 19 gennaio 2012, siamo partiti da Venezia, destinazione An-gola. Oltre a me, c’erano il Ministro Provinciale dei Frati Cappuccini del

1 Leggi la testimonianza sull’ordinazione diaconale di f. Manuel e di altri due fratelli in ViaLibera 4/2011, pag. 28-31.

Domenica 29 gennaio scorso,nella chiesa dei Cappuccini di Luanda (Angola), fra Manuel Ulombe è stato ordinato presbitero.Ecco la sua testimonianza.

casa nostra

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Veneto e Friuli V.G., fra Roberto Genuin, fra Luca Trivellato, Defi nitore provinciale, e fra Alessandro Carollo, Responsabile per la Pastorale Giovanile e Vocazionale.

Il giorno dopo, ho avuto la possibilità di prepararmi spiritualmente all’ordinazione presbiterale, avvenuta il 29 gennaio nella parrocchia dei Cappuccini angolani «Nossa Senhora de Fátima», per l’imposizio-ne delle mani di Mons. Anastácio Kahango, Vescovo Ausiliare della Ar-cidiocesi di Luanda e frate cappuccino pure lui.

La celebrazione fu solenne e gioiosa ad un tempo, ricca di canti, di balli, di spunti di rifl essione... una vera festa! Ciascuno dei frati pre-senti ha dato il suo contributo per renderla indimenticabile, e così è stato: una giornata meravigliosa di fraternità e di grazia.

LA PRIMA VOLTANei giorni della mia permanenza in Angola, ho potuto dire, in tante oc-casioni: «È stata la prima volta che...».

Ho partecipato al mio primo Capitolo elettivo della Vice-Provincia dei Frati Minori Cappuccini in Angola: è la riunione in cui vengono di-scusse le linee programmatiche e le diffi coltà della nostra vita frater-na e in cui vengono eletti i nuovi superiori.

È stato davvero bello vedere la gioia, l’allegria e il senso di respon-sabilità che regnavano tra tutti i confratelli presenti nell’Assemblea.

Qualche giorno dopo la mia ordinazione, assieme a tre confratelli cappuccini e a un sacerdote diocesano, ho celebrato la Santa Messa nel mio villaggio natale: nonostante la povertà della mia gente, mi so-no venute le lacrime agli occhi quando ho visto tutte quelle persone, giovani e vecchi, che aspettavano il mio arrivo, sotto la pioggia! In re-altà, non aspettavano me, ma il dono del Signore attraverso le mie mani.

E così, dopo la celebrazione, abbiamo festeggiato a lungo, passando la notte tra canti e balli, nella lode del Signore che opera meraviglie!

Ricordo con affetto e trepidazione anche l’accoglienza che ho rice-vuto a Mbaza Congo, la città dove ho cominciato a fare i primi passi nel mio cammino vocazionale.

Negli occhi di quella gente e soprattutto in quelli dei bambini che vivono nel Centro di Accoglienza – fondato da fra Giorgio Zulianello e ora guidato da fra Danilo Grossele –, ho potuto sperimentare la gioia del volersi bene e del costruire assieme un futuro pieno di prosperità.

Ora sono tornato in Italia, e qui continuerò a vivere come frate, grato ogni giorno al Signore che mi ha reso «suo sacerdote», per sempre! ◗

casa nostra

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Appuntamento dai frati…

GRUPPO LEONE per ragazzi 11/14 anniper ragazzi 11/14 anniinfo fra Gianluca 3405222959info fra Gianluca 340522295925 Aprile > «Festa delle Famiglie»

Diocesi di Rovigo29 Aprile > Rovigo20 Maggio > Rovigo

GRUPPO DAVID per ragazzi e ragazze 11/14 anniper ragazzi e ragazze 11/14 anniinfo ff Emanuele & Marco 0425421289info ff Emanuele & Marco 042542128925 Aprile > «Festa delle Famiglie»

Diocesi di Rovigo13 Maggio > Rovigo1 Giugno > «Veglia alle stelle» Rovigo

GRUPPO TAKABANDA per giovanissimi/e di 1° superioreper giovanissimi/e di 1° superioreinfo fra Emanuele 0425421289info fra Emanuele 04254212895-7 Aprile > «Giorni di fraternità

in preparazione alla Pasqua»Rovigo

5-6 Maggio > Rovigo26-27 Maggio > «Coloriamoci

di Spirito #2» Thiene

GIOVANISSIMI FRANCESCANIper giovanissimi/e fino a 18 anniper giovanissimi/e fino a 18 anniinfo fra Alessandro 0445368545 info fra Alessandro 0445368545 [email protected]@gmail.com26-27 Maggio > «Coloriamoci

di Spirito #2» Thiene

GIOVANI FRANCESCANI per giovani 18/27 anniper giovani 18/27 anniinfo fra Alessandro 0445368545info fra Alessandro 044536854528-29 Aprile > «Rinnovo Consiglio

Regionale» Caorle26-27 Maggio > «Coloriamoci

di Spirito #2» Thiene

“SEGUIMI” giovani maschi 19/33 annigiovani maschi 19/33 anniinfo fra Alessandro 0445368545 info fra Alessandro 0445368545 [email protected]@gmail.com14-15 Aprile > Arco19-20 Maggio > Arco20-22 Luglio > «In mezzo ai poveri»

esperienza di servizio20-26 Agosto > «Settimana Vocazionale»

l’Eremo San Leopoldo

“INCONTRIamoci” A SCHIOper giovani da 18 a 35 anniper giovani da 18 a 35 anniinfo fra Sandro 0445 520689 info fra Sandro 0445 520689 [email protected]@cappuccinischio.it19-20 Maggio > Eremo San Leopoldo

SCHIO INCONTRI per giovani e adulti con RAFFAELLO ROSSIper giovani e adulti con RAFFAELLO ROSSIinfo fra Paolo 0445 520689 info fra Paolo 0445 520689 [email protected]@cappuccinischio.it1 Aprile > Schio

FORMAZIONE ANIMATORIinfo fra Gianfranco 0445368545info fra Gianfranco 044536854522 Aprile > Rovigo10 Giugno > Rovigo

ARCO DI TRENTO1-2 Giugno > «Pellegrinaggio Notturno

giovani diocesano» dal Duomo di Trento al Santuario della Madonna di Pinè

«COLORIAMOCI DI SPIRITO #2» (FESTA GIOVANI) THIENEgiovani 15/30 anni giovani 15/30 anni per vivere la veglia di Pentecoste nella gioia della fraternità. Assieme ai giovani e ai Frati Cappuccini della Lombardia e del Trentino

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Guardalo,consideralo,

contemplalo,desiderando di imitarlo… (Santa Chiara)

Il Signore Risorto accompagni le vostre vite!