Valore legale del titolo di studio: mantenerlo o abolirlo?

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IKEA IN ABRUZZO, ATTENTATO ALLA MERITOCRAZIA DONNE E LIBERE PROFESSIONI, BINOMIO DIFFICILE RIFORMA FORNERO, LE CRITICHE DEI SINDACALISTI n. 12|2012 VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO: MANTENERLO O ABOLIRLO?

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[Copertina] Quanto vale il "pezzo di carta"? Il ministero lo chiede ai cittadini. [Interviste] Riforma Fornero, cosa non va secondo i sindacalisti esperti di precariato [Editoriale] Raccomandazione dell'assessore per per lavorare da Ikea: attentato alla merito(demo)crazia [Recensione] Emergenza stage anche negli Stati Uniti [Recensione] Donne e libere professioni, binomio ancora difficile [Sondaggio] Appello al Parlamento: alla riforma manca il salario minimo [Storie di Stage] "Non solo bamboccioni: i giovani hanno voglia di riscatto"

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IKEA IN ABRUZZO, ATTENTATO ALLA MERITOCRAZIA

DONNE E LIBERE PROFESSIONI,

BINOMIO DIFFICILE

RIFORMA FORNERO, LE CRITICHE DEI SINDACALISTI

n. 12|2012

VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO: MANTENERLO O ABOLIRLO?

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editoriale

sondaggio

Emergenza stage anche negli Stati Uniti di Valentina Navone

Appello al Parlamento: alla riforma manca il salario minimo

Donne e libere professioni,

di Annalisa Di Palo

«Non solo bamboccioni: i giovani hanno voglia di riscatto»di Annalisa Di Palo

Quanto vale il “pezzo di carta”? Il ministero lo chiede ai cittadinidi Andrea Curiat

Riforma Fornero, cosa non va secondo i sindacalisti esperti di precariatodi Ilaria Costantini

La raccomandazione, attentato alla merito(demo)craziaEleonora Voltolina e Alessandro Rosina

s tagestorie di

interviste

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Eleonora Voltolina direttore responsabileHanno scritto per noi:

Annalisa Di Palo_Valentina Navone_Ilaria Costantini _Andrea Curiat_ Alessandro Rosina

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Tribunale di Milano, n. 171 del 08/04/09

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Quanto vale il “pezzo di carta”? Il ministero lo chiede ai cittadini

Sul tema del valore legale del titolo di studio il dibattito sembra essere giunto a una fase di stallo. C’è chi propone di abo-­lirlo per liberalizzare il mercato del lavoro, e chi ritiene invece opportuno mantenerlo quale garanzia fondamentale del diritto allo studio. Ogni parte schiera in campo esperti di rilievo con motivazioni comples-­se e ragionate. Ecco allora che il governo Monti ha proposto una

soluzione per uscire dall’impasse: indire una consultazione pubblica online che raccolga spunti, opinioni e pareri diret-­tamente dai cittadini. Il sondaggio è com-­posto da quindici quesiti ed è stato avviato il 22 marzo;; nel giro dei primi quattro giorni hanno risposto ben 20mila persone. Prima di partecipare, però, è bene appro-­fondire l’oggetto della consultazione. A par-­

-­gale di studi, come recentemente espressa dal Servizio studi del Senato: si tratta di un istituto giuridico che va «desunto dal com-­plesso di disposizioni che ricollegano un qualche effetto al conseguimento di un cer-­to titolo scolastico o accademico». Cosa vuol dire? Che oggi le lauree e i diplomi hanno una rilevanza giuridica per poter accedere ad alcune professioni, per la-­vorare nel settore pubblico e per avan-­zare nella carriera accademica all’inter-­no di scuole e università. Le autorità che possono emettere titoli di studio con valo-­re legale, quindi, sono esclusivamente le amministrazioni pubbliche incaricate dalla

di Andrea Curiat

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Marco Meloni

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legge o gli istituti privati riconosciuti legal-­mente dal Miur. I titoli di studio conseguiti all’estero non hanno valore legale a meno che non siano considerati equipollenti a quelli italiani sulla base di convenzioni in-­ternazionali o leggi nazionali. A complicare la questione vi è il fatto che il valore lega-­le non è regolato da una normativa unica, ma da un insieme di norme e leggi che si

consultazione, comunque, non interesserà gli effetti del valore legale sui percorsi di carriera accademici, ma esclusivamente le ricadute sul mercato del lavoro.Quali sono le principali ragioni di chi è in favore dell’abolizione del valore legale? Sicuramente instaurare una competizione tra le università;; ma anche prevenire feno-­meni come quello dei dipendenti pubblici (o aspiranti tali) che, per poter partecipare ai concorsi che hanno come prerequisito un determinato titolo di studi, si rivolgono a università private compiacenti che, in cam-­bio della retta, forniscono lauree di dub-­bia qualità.

è bloccare i diplomifici» chiarisce in un intervento Marco Melo-­ni, responsa-­bile universi-­tà del Partito Democratico «che da un lato morti-­

-­stema uni-­v e r s i t a r i o ,

dall’altro sottraggono impegno al lavoro dei pubblici dipendenti orientandoli verso

è contrario, invece, ritiene che proprio il valore legale del titolo di studio sia una garanzia imprescindibile di uguaglianza per i cittadini, sia in termini di diritto alla formazione, sia in termini di possibilità di accesso al mondo del lavoro. In una lettera aperta ai parlamentari abruzzesi, il rettore dell’università dell’Aquila Ferdinando di Orio commenta: «In un sistema di generale precarizzazione del mondo lavoro, [il valo-­re legale] rappresenta la migliore ed unica garanzia in grado di assicurare reali con-­dizioni di uguaglianza per tutti i cittadini nell’accesso al mondo delle professioni. Il che non esclude che, oltre il titolo di studio, possano essere effettuate le opportune valutazioni sul curriculum dei candidati al concorso e/o alla progressione di carrie-­ra».Alla consultazione online tutti possono par-­tecipare direttamente dal sito web del mi-­

nistero dell’I-­struzione: il termine per rispondere al questio-­nario è il 24 aprile, dopo-­dichè i con-­tributi ricevuti verranno resi pubblici (in forma anoni-­ma) e sinte-­tizzati in un documento riepilogativo.

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I risultati della consultazione saranno og-­getto di seminari e soprattutto costituiran-­no il cuore delle proposte da sottoporre al Consiglio dei Ministri e di tutti i provvedi-­menti in materia da parte del Miur. Certo, c’è da dire che non si tratta di un vero e proprio sondaggio popolare: già la com-­plessità della tematica e il fatto che la con-­

sultazione sia effettuata esclusivamente tramite il canale online esclude dal quadro una buona fetta della popolazione italiana. L’obiettivo del governo, comunque, consi-­ste espressamente nel coinvolgere nel dibattito in particolar modo i giovani, che saranno in fondo i diretti interessati da un’eventuale riforma.

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Riforma Fornero, cosa non va secondo i sindacalisti esperti di precariato

Riforma Fornero, cosa non va secondo i sindacalisti esperti di precariato

«Per la prima volta dopo 10 anni si assiste ad un’inversione di tendenza per quanto riguarda l’attenzione ai giovani» ammette Ilaria Lani, classe 1978. «Ma la riforma non è così incisiva come speravamo e presenta falle importanti». Sul fronte dei contratti è ormai chiaro che il governo Monti abbia rinunciato all’idea di sfoltire la platea delle tipologie attualmente esistenti;; ma le novità in arrivo non sono comunque di poco conto. «È probabile che nei prossi-­mi anni si arrivi ad una sostanziale di-­minuzione dei contratti atipici» ipotizza il sindacalista della Cisl Ivan Guizzardi, 59 anni. «I vari strumenti contrattuali verranno

pria e non più per ragioni legate all’abbatti-­mento del costo del lavoro». Tra i primi obiettivi del testo Fornero c’è in effetti quello di contrastare il ricorso alle collaborazioni a progetto che in troppi casi le imprese utilizzano oggi in sostituzione del contratto di lavoro dipendente. Adesso il cocopro dovrebbe avere non solo una

riproposizione dell’oggetto sociale dell’im-­presa committente»), ma si prevede anche una limitazione dell’istituto a mansioni non prettamente esecutive e ripetitive, o co-­munque non identiche a quelle svolte nella stessa impresa da lavoratori subordinati. «

La promessa della vigilia era di ampliare le tutele dei lavoratori meno garantiti, distinguen-­almeno nel-­

le sue linee guida, la Repubblica degli Stagisti ha chiesto a tre sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil di commentare il testo uscito dal tavolo della trattativa, indicando cosa e come può essere migliorato per quanto riguarda i contratti più diffusi tra i giovani italiani. La responsabile delle politiche giovanili della Cgil Ilaria Lani, il segretario generale Ivan Guizzardi della Cisl-­Felsa (Federazione lavoratori somministrati, autonomi e atipici) e la segretaria generale di Uil Temp Magda Maurelli hanno idee piuttosto chiare in proposito.

di Ilaria Costantini

i ntervista

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progetto, che resta incerta come e più di prima» commenta in proposito la sindaca-­lista di Uil Temp Magda Maurelli, 42 anni, sgombrando anche il campo da eventuali equivoci rispetto alla stabilizzazione del falso collaboratore. «Non esiste alcun au-­tomatismo: l’onere di provare che si svolge un lavoro dipendente resta in capo al lavo-­ratore», che dovrebbe fare causa all’azien-­da. A detta di Guizzardi per il datore di lavoro il vero disincentivo a stipulare un contratto atipico consisterà tuttavia nel previsto «in-­nalzamento della quota destinata alla previ-­denza del lavoratore». Da qui al 2018 infatti le aliquote per gli iscritti alla gestione se-­parata Inps dovrebbero salire progressiva-­mente dall’attuale 28% al 33% e, dato che per i collaboratori i 2/3 della quota sono a carico del datore di lavoro, l’attuale conve-­nienza ad assumere un parasubordinato al posto di un lavoratore subordinato potreb-­be in effetti venire meno. L’idea è quella di utilizzare il costo del lavoro come leva per prevenire gli abusi, consentendo al

tempo stesso all’atipico di versare una quo-­ta di contributi che in futuro potrà garantirgli una pensione più dignitosa. Ma Ilaria Lani è meno ottimista del collega della Cisl, e convinta che la nuova norma potrebbe avere pesanti ripercussioni sulle già leggere buste paga dei parasubordina-­ti. «Per riassorbire la spettanza dei 2/3, il datore di lavoro potrebbe semplicemente ridurre il compenso del collaboratore. Per

soglia minima di compenso agganciata ai minimi salariali previsti dai contratti per pari professionalità».A fare le spese dell’aumento delle ali-­quote saranno a maggior ragione le partite Iva che, vere o false che siano, i contributi pensionistici li pagano tutti di tasca propria. Per distinguere l’autentico libero professionista da chi invece potreb-­be essere costretto dal datore di lavoro a

governo intende tuttavia introdurre tre crite-­ri stringenti. Se si accerta infatti che il 75% dei compensi annuali del lavoratore provie-­ne dalla stessa impresa, che la prestazione ha avuto una durata complessiva di più di 6 mesi nell’arco dell’anno e che la persona svolge sempre il suo lavoro presso la stes-­sa sede, allora il committente potrebbe es-­sere costretto ad assumerla. Resta però da capire come e soprattutto chi effettuerà i controlli necessari per rende-­

. «Credo che l’Inps e gli ispettorati del lavoro siano chiamati a svolgere questa funzione» afferma Guiz-­zardi. «Giocare tutto sui controlli ex post non è una rivoluzione» replica però la Lani, pensando anche alle carenze di organico che scontano oggi i servizi ispettivi. «Anche

i ntervista

Ilaria Lani

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se l’ispettore dovesse accertare un’irrego-­larità, l’assunzione a tempo indeterminato non scatta certo automaticamente, al limite potrebbe esserci una multa per il datore di lavoro. Per questo sarebbe molto meglio prevedere controlli ex ante, ad esempio sul-­la dichiarazione dei redditi del lavoratore».Grazie a questo approccio sanzionatorio rispetto all’abuso dei contratti atipici, il go-­verno mira anche a valorizzare l’istituto dell’apprendistato come tipologia preva-­lente di ingresso dei giovani sul merca-­to del lavoro, ottenendo su questo punto il pieno accordo dei sindacati confederali. «Il destino del lavoratore passa per il destino dell’impresa» osserva Magda Maurelli, «e

la possibilità per il lavoratore di imparare un mestiere spendibile sul mercato». Ma per i futuri apprendisti c’è un vantaggio ulte-­riore, che la riforma nega invece a tutta la platea degli atipici: ovvero la possibi-­lità di accedere alla nuova assicurazio-­ne sociale per l’impiego (Aspi). Sul punto si sono concentrate le critiche più aspre al progetto di riforma da parte dei precari, de-­

lusi dalla promessa di introdurre un sistema più universale di ammortizzatori. Fatta ec-­cezione per gli apprendisti e per gli artisti «non c’è stata nessuna estensione, né per quanto riguarda i criteri di accesso, né per quanto riguarda le tipologie contrattuali ati-­piche» rileva la sindacalista della Cgil. Per accedere all’Aspi bisognerà infatti avere non solo un contratto di lavoro subordinato, ma anche due anni di anzianità contributiva e 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio: esattamente ciò che serve oggi per acce-­dere all’assegno di disoccupazione che, per molti giovani, resta appunto un mirag-­gio. Idem per la mini-­Aspi, corrispondente grossomodo all’attuale disoccupazione con requisiti ridotti. «Partiamo da una situazio-­ne in cui gli ammortizzatori sono pressoché

Guizzardi, «oggi ci sono margini maggiori per andare a costruire nuove tutele». Per il momento tuttavia l’unico paracadute per i collaboratori è l’impegno a «rafforzare e portare a regime il meccanismo una tantum» introdotto nel 2007 dal ministro

i ntervista

Ivan Guizzardi

Magda Maurelli

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Università come agenzie per il lavoro a costo zero: una deriva da scongiurare

Sacconi e riproposto dalle attuali linee guida. Con la speranza che «rafforzare»

-­cesso meno rigidi rispetto a quelli richiesti sinora: «A fronte di 34.185 domande pre-­

9mila sono state accolte» fa notare infatti la Maurelli. Che alla riforma Fornero rimprove-­ra anche una carenza di investimenti sulle politiche attive per il lavoro. «Una perso-­na che esce dal mercato ha soprattutto l’e-­sigenza di ricollocarsi rapidamente. Punterei di più sulla creazione di una rete di servizi pubblico-­privato in grado di accompagnare il lavoratore fuori dalla disoccupazione». Resta ora da vedere come le norme con-­

tenute nella bozza di riforma verranno tradotte nel disegno di legge che a breve approderà in Parlamento, anche per quan-­to riguarda la parte relativa allo stage. Sul punto, la previsione di future linee guida nazionali contenuta nel testo attuale segna un apparente arretramento rispetto alle intenzioni espresse nei giorni scorsi dal ministro di abolire gli stage post forma-­zione e di contrastare quelli gratuiti. «Il testo di legge non potrà riproporre norme così vaghe sullo stage» conclude Ilaria

-­pra al più presto un tavolo con le Regioni

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Pochi giorni fa Ikea, nota multinazionale dell’arredamento fai-­da-­te, ha denunciato che in vista dell’apertura di un nuovo punto vendita vicino a Chieti ha ricevuto chiari messaggi da politici della Regione Abruzzo orientati a caldeggiare l’assun-­zione di alcune persone.Il rombo del tuono faceva presagire lo sca-­tenarsi di una tempesta, con prime pagine

-­diatamente nel dimenticatoio. Qualche rimbal-­zo dai giornali locali al web, una – innega-­bile – pubblici-­tà positiva per il marchio, e stop. Eppure il problema è assolutamente centrale: l’Italia non può cam-­biare e cresce-­

re se continua ad essere ostaggio di una politica clientelare e nepotista, pervasa da perverse logiche antimeritocratiche che comprimono le sue reali potenzialità di svi-­luppo.Il caso è indicativo. Il management della

ha dichiarato che è «prassi» ricevere pressioni da politici locali quando apre una nuova sede sul territorio. Per Chie-­ti, ha fatto sapere, sono arrivati tremila cur-­

ricula per 220 nuovi posti di-­sponibili. Se-­condo le notizie riportate da vari quotidiani, un assessore re-­gionale avreb-­be inviato su carta intestata (sic!) una lette-­ra con un elen-­co di persone che gli stanno a cuore per

editoriale

Raccomandazione dell’assessore per lavorare da Ikea: attentato alla merito(demo)craziadi Eleonora Voltolina e Alessandro Rosina

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“informarsi” sull’esito della procedura di recruiting. Come a dire: «Sarei molto contento che la selezione fosse favorevole a questi nomi». L’Ikea ha reso nota la pres-­sione, assicurando che non cederà e che seguirà esclusivamente criteri meritocratici. Basta così? Assolutamente no. Le azien-­de straniere non possono trattare l’Italia come un paese con abitudini fastidiose, come zanzare da scacciare ogni volta che si presentano: quello che serve è una di-­sinfestazione sistematica. Bisogna fare i nomi, costringendo così questi poco degni amministratori della cosa pubblica a rende-­re esplicitamente conto del proprio opera-­to. L’Ikea dovrebbe fare un’operazione trasparenza. Innanzitutto raccontando i dettagli della sua procedura di recruit-­mentfarà ai 220 neoassunti, e con quali sti-­pendi. E poi documentando quanto ha affermato, indicando il nome dell’as-­sessore in questione e pubblicando le lettere che le sono arrivate. Solo così consentirà ai cittadini abruzzesi e a tutti gli italiani di valutare se davvero ci sono state pressioni per far assumere amici e protet-­

ti, a scapito di chi ogni giorno cerca lavoro senza avere santi in paradiso, puntando solo sulle proprie competenze. Solo così gli elettori potranno decidere se tale persona potrà rimanere al suo posto ed essere votata ancora in futuro, o al con-­trario chiederne subito le dimissioni.Sta crescendo fortemente l’insofferenza verso un paese dove contano più le logi-­che di appartenenza che le vere capaci-­

del sistema Italia di crescere e della fuga di molti giovani all’estero per veder ricono-­sciuto davvero quanto valgono. Un recente sondaggio dell’associazione Italents svolto in collaborazione con il Comune di Milano ha evidenziato come la carenza di merito-­crazia sia considerata dai giovani espatriati addirittura il principale motivo che li ha spin-­ti ad andarsene. Più degli stipendi migliori, più del welfare più generoso.Questo caso va considerato un vero e pro-­prio attentato alla meritocrazia. E come ogni reato, l’unico comportamento civi-­le e responsabile è quello di denunciare pubblicamente. Per cambiare davvero,

editoriale

LINKFuggi-­fuggi dall’Italia: sono almeno 2 milioni i giovani all’estero

Sulla Rete i giovani italiani scalpitano per fare rete: ITalents sbarca su Facebook, ed è boom

e anche

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Emergenza stage anche negli Stati UnitiValentina Navone

Cos’è esattamente uno stage e che impat-­to ha sulla nostra vita? Le conseguenze economiche politiche e sociali degli in-­ternship per chi li fa e per tutti gli altri sono al centro del libro Intern nation: how to learn nothing and earn little in the Brave new economy di Ross Per-­lin, pubblicato pochi mesi fa dalla Verso. Perlin è un giornalista e scrittore newyorkese 29enne. Dopo aver stu-­diato a Princeton, Tsin-­ghua University e Stan-­ford, sta ora svolgendo in Cina ricerche per la sua tesi di dottorato in linguistica alla Universi-­ty of London.Intern nation, un libro sorprendentemente si-­mile a quello scritto in Italia nel 2010 da Ele-­onora Voltolina (La Re-­pubblica degli Stagisti –

Come non farsi sfruttare, edizioni Laterza) nasce da un’inchiesta durata tre anni su una pratica dilagante e non regolamen-­tata che solo in America coinvolge ogni anno da uno a due milioni di giovani. «Ho scritto questo libro per esplorare un unico tema: gli stage sono un nuovo modo

di lavorare, una pratica recente e dinamica con enormi conseguenze per l’istruzione superio-­re, l’accesso al mondo dei colletti bianchi, l’i-­neguaglianza sociale e il futuro del mondo del lavoro».L’internship è un feno-­meno storicamente re-­cente (i primi negli Stati Uniti apparvero all’ini-­zio del secolo scorso ed erano dedicati agli studenti di medicina) ma utilissimo per le in-­dustrie dato che fa loro

recensioni

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risparmiare ogni anno 600 milioni di dollari. Infatti per un’azienda mettere in piedi un

-­tinua fornitura di lavoratori specializzati e non pagare contributi e costi d’assun-­zione». Questo tipo di internship è però il-­legale secondo il Fair labor standars act, la legge che regola i rapporti professionali ne-­gli Stati Uniti. Come da noi, anche in Ame-­rica può non essere previsto un rimborso spese a favore del tirocinante, a patto che si offra formazione. Ma solo ed esclusiva-­mente formazione: senza insomma che lo stagista diventi produttivo. Il punto è che pochi conoscono questa legge e che non c’è controllo;; secondo Perlin, «il non rinfor-­zare il FLSA da parte del governo rientra in un disegno più grande di lasciar decadere le protezioni del New deal in nome della de-­regolamentazione del mercato del lavoro». «Il fallimento di misurare od occuparsi del problema dell’esplosione degli stage è sintomatico» continua l’autore: «sempli-­cemente leggi e regolamenti non sono al passo con i tempi. L’indifferenza dei sin-­dacati rivela la loro apatia e la loro mancan-­za di una posizione solida nel mondo dei colletti bianchi».Non vigilano neanche le università ame-­ricane, pur obbligando i propri studenti a fare internship per potersi laureare (nel 1992 solo il 17% dei laureati aveva fatto uno stage, quindici anni dopo erano già il 50%);; e ormai sotto questa etichetta si trova di tutto. L’occasione è troppo ghiotta perché le aziende se la lascino sfuggire -­ specie in periodo di crisi economica. Così Perlin descrive come un colosso del calibro della Disney grazie al suo College program ogni anno riesca reclutare ben 8mila stu-­

denti. Questi ragazzi sciamano da tutti gli Stati Uniti verso i famosi parchi divertimenti, dove si trovano a fare i commessi, servire hamburger e patatine ai turisti o raccogliere immondizia. La formazione che si ottiene è di tale pochezza che molti abbandonano il

altri continuano a iscriversi, incantati dalla possibilità di mettere nel curriculum il nome di un’azienda prestigiosa.Perlin immagina un mondo senza in-­ternship -­suno a fare fotocopie, portare il caffè o

dovrebbero scegliere se destinare fondi a un impiegato o a una buona causa, i po-­litici si troverebbero senza portaborse… Se però è indubbio che governi e università devono vigilare e iniziare a considerare gli stagisti come lavoratori, anche i ragazzi per primi devono cambiare mentalità e rendersi

recensioni

Ross Perlin

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conto della propria importanza. Pretendere gli stessi diritti degli impiegati li aiuterebbe a farsi valere in tribunale contro ditte scor-­

-­razione medica, fondamentale in un regime di sanità privata come quello americano. Cresciuti con l’idea che l’internship sia ne-­cessario per laurearsi e lavorare, spesso si sentono fortunati quando ne ottengono uno anche senza rimborso. Invece è ne-­

cessario non accontentarsi e preten-­dere una giusta paga, non solo per sé ma anche per tutti quelli che sono stati licenziati e sostituiti da stagisti e per chi l’internship non la può fare perché deve mantenersi. Idealmente riuniti in un’asso-­ciazione internazionale, Perlin spera in uno sciopero mondiale che faccia capire a tutti e agli stagisti per primi quanto siano fonda-­mentali oggi nell’economia.

LINKlavorare gratis la gente»La Repubblica degli stagisti di Eleonora Voltolina

Stage gratuiti o malpagati, ognuno può fare la sua rivoluzione: con un semplice «no»

recensioni

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sondaggio

Rispetto alla riforma del lavoro proposta dal governo, se dovessi chiedere al tuo partito politico di riferimento una battaglia in parlamento su uno e un solo punto, cosa sceglieresti? A questa domanda, rivolta ai lettori della Repubblica degli Stagisti nella Newsletter della scorsa settimana, è ar-­rivata una valanga di risposte: quasi tre-­cento. E a sorpresa (ma neanche troppo) quella più scontata, la difesa a oltranza dell’articolo 18, è stata scelta solo da un partecipante su cinque. Segno che i giova-­ni sono ben consapevoli che la questio-­ne del diritto al reintegro non è poi così importante per loro, e che ci sono altri aspetti ben più importanti. In assoluto, infatti, la risposta che ha ottenuto il mag-­gior numero di preferenze (esattamente un terzo del totale) è stata «l’introduzione di un salario minimo che impedisca di sotto-­

pagare i lavori non inquadrabili attraverso i contratti nazionali». Segno che il dramma delle sottoretribuzioni, dei contratti a progetto full time pagati 7-­800 euro al

-­tita Iva, dei mille sotterfugi utilizzati dai datori di lavoro pubblici e privati per sfuggire alle prescrizioni dei contratti nazionali, è di gran lunga l’aspetto più sentito. E sul quale i lettori della Repub-­blica degli Stagisti chiedono a gran voce ai parlamentari di lavorare: aggiungere questo aspetto alla riforma vorrebbe dire andare a sanare una parte oscura e mala-­ta di mercato del lavoro. Al secondo posto, con il 25% delle preferenze, chi ha parte-­cipato al sondaggio ha indicato in ordine di importanza «l’abolizione totale di alcune

-­voro a chiamata)». Insomma, venti e più ti-­

Appello al Parlamento: alla riforma manca il salario minimo

INTRODUZIONE SALARIO MINIMO

RIPRISTINO REINTEGRO ARTICOLO 18

ABOLIZIONE DI ALCUNI CONTRATTI

AMPLIAMENTO ASPI

VOTARE LA RIFORMA COSÌ COM’È

33%

25%

20%

2%

20%

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sondaggiopologie contrattuali -­ che combinate tra loro diventano addirittura 46 -­ sono troppe: e il governo ha avuto poco coraggio, non ne ha eliminata praticamente nessuna. Riusciran-­no a rimediare gli onorevoli deputati e se-­natori? Al terzo posto, al 20% a pari merito con l’articolo 18, si posiziona l’ampliamento dell’Aspi anche ai lavoratori parasubordina-­ti e autonomi. Una richiesta che nasce dal fatto che il nuovo modello del sussidio di disoccupazione, così come immaginato dal ministro Fornero, andrà a coprire solo chi perderà un contratto a tempo determinato (avendo lavorato, inquadrato con questa ti-­pologia, almeno 52 settimane nei due anni precedenti) ma taglierà fuori tutti coloro che perderanno contratti a progetto, contratti di associazione in partecipazione, contratti

di somministrazione. Insomma, il grande -­

mi continuerà anche dopo la riforma a non poter accedere al welfare statale, e dovrà come sempre ripiegare su quello familiare: il solito sostegno di mamma e papà tra un lavoro e l’altrodi coda, c’è un 2% di lettori che invita il Par-­lamento a votare la riforma «così com’è». Ma il 98% pensa che sia migliorabile: la Repubblica degli Stagisti si augura che in Parlamento ci siano occhi e orecchie attenti a questi suggerimenti. E che gli onorevoli la smettano di pensare solo all’articolo 18: perché questo tema nell’agenda di pri-­orità dei giovani -­ che dovrebbe diventare l’agenda di priorità di tutti i leader politici -­ sta innegabilmente nella parte bassa.

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Correva l’anno 1919 e per la prima volta le donne venivano ammesse all’eserci-­zio delle libere professioni e al pubbli-­co impiego. È passato quasi un secolo -­ e che secolo -­ eppure la strada per la piena affermazione lavorativa della donna è an-­cora lunga. Tra i dieci ordini nazionali con più iscritti, nel 2011 solo uno -­ quello dei consulenti per il lavoro -­ è stato presieduto da una donna, Marina Calderone: con un consiglio, però, tutto al maschile. Il testo di riforma sulle libere profes-­sioni, parte della più ampia legge di con-­versione sulle liberalizzazioni -­mente approvata la settimana scorsa dal Parlamento, del resto non apre spiragli di cambiamento: nessuna misura ad hoc per incentivare il lavoro delle libere professio-­niste. Una buona occasione per riparlare, a dispetto del principio dell’ubi maior minor cessat, di una questione nella questione: «Libere professioni al femminile» (Palo-­mar, 78 pagine) di Letizia Carrera, 42 anni, da dieci ricercatrice in Sociologia all’uni-­versità di Bari, che zooma nel mondo del

lavoro femminile alla ricognizione dei punti di criticità e dei mutamenti nel mondo delle partite iva in rosa. Avvocate (perché «inter-­venire sul “sessismo linguistico” -­ca incidere sulla realtà stessa»), commer-­cialiste, architette, consulenti per il lavoro, giornaliste, ingegnere, psicologhe: oggi le giovani donne italiane in teoria posso fare il mestiere che vogliono. Sì, ma a quale prezzo?

recensioni

Donne e libere professioni, binomio ancora difficiledi Annalisa Di Palo

Marina Calderone

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moneta, che gira e gira su se stessa, e bisogna solo sperare che non cada, perché da una parte c’è la carriera e dall’altra la vita familiare»: così racconta un’avvocata, una delle ot-­tanta voci femminili rac-­colte nel libro. Che è ap-­punto frutto di una ricerca sul campo, commissionata al comitato Pari opportunità dell’università di Bari dalla consigliera regionale di parità Serenella Molendi-­ni e condotta in Puglia tra il 2010 e il 2011. La Carrera, membro del comitato ed esperta di questioni di genere

Donne e lavoro» e «Le donne distanti. Tempi luoghi modi della par-­tecipazione politica») incrocia dati teorici e dati empirici di prima mano per eviden-­ziare i maggiori freni all’affermazione delle donne in questo particolare segmento del settore autonomo. Come per tutto il mondo del lavoro, il ses-­

-­ve, scrive Carrera. Se tra gli iscritti all’albo nazionale degli psicologi oltre l’80% sono donne (ma a presiedere il consiglio è un uomo, e uomini sono anche vicepresiden-­te, tesoriere e segretario), tra gli ingegneri la percentuale crolla al 12. Poco meglio le avvocate, solo il 19% del totale, e le com-­mercialiste, meno di un terzo. Insomma, le donne continuano a studiare per fare mestieri da donna, più compatibili con l’immagine sociale di caregiver, titolare del lavoro di cura e dell’assistenza, che

con quella maschile di bre-­adwinner: chi, letteralmen-­te, porta il pane a casa. Del resto, meno tempo per il lavoro vuol dire meno gua-­dagni, e anche nel settore autonomo il gender pay gap -­ il differenziale sala-­riale tra uomini e donne -­ è una realtà. «La libera pro-­fessione ti occupa tutta la giornata, non stacchi mai. Appena ho avuto l’op-­portunità sono passata in azienda» racconta una programmatrice, che si è così sollevata anche dall’o-­

nere di costruire e mantenere un pacchetto clienti, elemento cruciale di una qualsiasi

maschile è tutt’altro che un lontano ricordo: «Mi chiedono di fare un lavoro ma poi

che il committente vuole un uomo» affer-­ma un’ingegnera.Non mancano comunque le voci fuori dal coro, come quella di una giornalista (nubi-­le) secondo cui è «solo una questione di volontà. Se uno vuole farcela ce la fa! A volte penso che questa cosa delle don-­ne sia un alibi». Se però il cliente scappa durante un’astensione obbligata per mater-­nità (obbligata dalle circostanze, non certo dalla legge), altro che alibi.sono le libere professioniste più di tutte ad autoimporsi un aut aut: «Le donne si trovano a dover scegliere e quindi scelgo-­no. Se ci tieni al lavoro non c’è spazio per

una cattiva madre e di non riuscire neanche

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bene nel lavoro» riassume un’ingegnera 45enne. O, di rinvio in rinvio, il “momento

ora ovviamente è tardi!» esclama una psi-­cologa 48enne). Ma quanti neo papà, ad esempio, chiedono il congedo? Il ddl di riforma del mercato del lavoro approntato lo scorso venerdì dal ministro Fornero -­ o me-­glio, ministra -­ lo prevede in maniera obbli-­gatoria per tutti i padri lavoratori al capitolo 7 (“Interventi per una maggiore inclusione

«favorire una cultura di maggiore condivi-­ all’in-­

tero della coppia». Congedo obbligatorio, , contro

il suggerimento dell’Europa che in più oc-­casioni ha ipotizzato due settimane. Meglio

poco che niente? In questo caso forse sì.La parità è sicuramente lontana ma, del resto, è solo parte della soluzione. Come sottolinea la consigliera Molendini, bisogna andare oltre: rivoluzionare il modello stesso di lavoratore e lavoratrice. Lavoro di cura e lavoro retribuito per il mercato non sono

parte di un tutto, per entrambi i sessi. Un “doppio sì” è possibile -­ sì alla maternità e alla paternità, sì al lavoro -­ ma solo a patto che lo Stato si faccia carico di serie misure di welfare, perché le esigenze di una nuova famiglia devono poter trovare risposta anche al di fuori delle vecchie fa-­miglie, quelle d’origine dei genitori. Un aiuto prezioso, che non tutti però hanno la fortu-­na di avere.

LINKPer risollevare l’economia bisogna ripartire dalle donne

L’apartheid del lavoro italiano al vaglio della Commissione europea: le ragioni di una denuncia

gli aspiranti freelance

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Ho 26 anni e vengo da un paesino della provincia di Bari. Dopo la maturità scienti-­

Giurispru-­denza d’impresa all’università della mia città, attratta dalle applicazioni pratiche del diritto, al mondo dell’impresa ad esempio. Durante il secondo anno ho sentito il bi-­sogno di recidere il cordone ombelicale e ho fatto domanda per un Erasmus alla Universitat Abat Oliba Ceu di Barcello-­na: così nell’autunno 2005 sono partita per i sei mesi più belli della mia vita. È stata un’esperienza che mi ha aperto la mente e ha stimolato il mio spirito di adattamento. Ho imparato una nuova lingua, sperimen-­tato un’impostazione universitaria diversa -­ molto più orientata al mondo lavorativo. Ho anche imparato a gestire le mie risor-­

Per raccontare «dal di dentro» l’iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti -­condo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Krizia Pa-­lazzolo, adesso nel team Risorse umane di Chiesi Farmaceutici, a Parma.

«Non solo bamboccioni: i giovani hanno voglia di riscatto»di Annalisa Di Palo

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sulla borsa di studio, non proprio cospi-­-­

mensile dell’appartamento che condividevo. Se non ci fossero stati i miei genitori a supportarmi economicamente avrei cercato un lavoretto serale... Duran-­te il giorno ero impegnat issi-­ma: l’università che ho frequen-­tato era privata, con frequenza obbl igator ia e test scritti e orali ogni set-­timana.In generale sono sempre stata una stu-­dentessa costante e rigorosa. Ho dedicato molto tempo allo studio e questo non

esperienze di lavoro. Tra un esame e l’al-­tro ho svolto più che altro lavori come pro-­moter e hostess, pagati pochissimo, che però mi consentivano un minimo di indipen-­denza economica. ad aprile 2010, discutendo una tesi in diritto penale sul reato d’immigrazione clandestina e l’autunno successivo ho iniziato un master in General manage-­ment e sviluppo imprenditoriale orga-­nizzato da Spegea, una business school di Bari. Aveva un costo di 10mila euro, ma ho

-­le, che sto coprendo ora. Il master prevedeva lo studio delle diverse aree funzionali di un’azienda. Abbiamo stu-­

controllo, legal business, business english. E risorse umane: per me, amore a prima

deciso di fare in questo ambito lo stage semestrale previsto dal corso. Sentivo che quella era la mia strada e così è stato.

È in quell’occa-­sione che sono entrata in con-­tatto con Chiesi Farmaceutici. Aveva posizioni aperte di stage in Risorse uma-­ne e mi sono candidata. Ri-­cordo bene il giorno delle selezioni, un assessmen t

con tredici candidati;; ero molto motivata e ho tirato fuori tutta la grinta che avevo. La risposta è arrivata dopo un paio di gior-­

e avrei avuto due settimane di tempo per organizzare il mio trasferimento da Bari a Parma. Le mie future colleghe mi hanno persino aiutato a trovare alloggio!L’accoglienza è stata perfetta e, in gene-­rale, la prima esperienza lavorativa che

. Sin da subito mi sono sentita parte integrante della squadra e sono stata coinvolta nelle loro attività. La formazione è stata costante: supportavo le colleghe nello screening dei

-­ca dei questionari di gradimento. Dopo tre

-­ne da svolgere in completa autonomia. Un’emozione. La selezione è andata a

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autonomia. E arriviamo ad oggi. Quando ho sostenuto il colloquio mi avevano detto che si trat-­

-­sunzione. Questo non mi ha demotivato, anche perché il mio obiettivo era fare esperienza e il rimborso spese era piut-­

è presentata l’occasione di rimanere in azienda, sempre nella direzione Risorse Umane, con un contratto a tempo deter-­minato di sei mesi da 27mila euro lordi all’anno, e adesso ricopro il ruolo di HR assistant. Mi ritengo davvero fortunata per-­

ché, se mi guardo attorno, la realtà è sco-­raggiante. Chiesi invece è un’isola felice che mi sta dando la possibilità di imparare e di crescere. Credo proprio di aver trovato la mia strada, per cui per il momento il mio obiettivo è quello di accrescere le mie com-­petenze in ambito HR. Non escludo anche di fare un’esperienza all’estero ma il mio futuro lo vedo in Italia: anzi un domani vorrei tornare nella mia Puglia! Quello che noto parlando con i miei amici è che la mia generazione ha davvero voglia di fare, ha voglia di imparare e di realizzarsi. Ha voglia di riscattarsi dall’etichetta di bam-­boccioni che in più occasioni ci è stata attribuita. Ingiustamente.

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LINKLeggi tutte le altre testimonianze degli Stagisti col Bollino

Scopri a questo link quali sono le aziende che hanno aderito al Bollino OK Stage, sottoscrivendo la Carta dei diritti dello Stagista

Vai alla sezione Annunci per vedere se qualcuna di queste aziende sta cercando uno stagista!