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STORIA DELLA CIVUTA LETTERARIA RUSSA diretta da Michele Colucci e Riccardo Picchio I ' Volame primo DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLOTTOCENTO UTET

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STORIA DELLA CIVUTALETTERARIA

RUSSA

diretta daMichele Colucci e Riccardo Picchio I '

Volame primoDALLE ORIGINI

ALLA FINE DELLOTTOCENTO

UTET

Indice sommario

PARTE PRIMA: LA LETTEMTI]RA DELLA RUS' MÉDIEVAIE

Introduzionq Trudizione russa axtia e tadizione shoa ortodossa (Riccardo Ptcchio)

1. Dati acquisiti e questioni ap€fte p. )2. La civiltà lettelaia ddla Rus' e le tmdizioni comuri della Slavia ortodossa » 53. La lingua dei testi: lo «slavo ecclesiastico» e il «n sso antio» € mod€mo » 104. La trasmissione manosctitta delle opere russe antiche . t45. «fétt€rarietà» dei testi russi antichi e loro sruÉurc formali 166. Dal sistema lenerario antico a quello moderno. 24

Capitolo Primo: b codifi.aziorc lei tipi lettetun nelh Ruf Aieaiana keali XI-) I) lMicheleColucci e Riccardo Picchio)

Capitolo Secondo: Ii letterat n delh R$' di"i$a e invasa Geaii XII-XM lMichele Colucci eRiccardo Picchio)

Gli ststi e la Chiesa ddla Rus' fra Europa e tuia 58L'awentura di lgot' SviatoslÉviè . 62Il confluire di varie tradizioni scrittorie nelle compilazioni cronachisti-che 7'tPtosa omata ed eloqueaza: Kliment Smoli6tiè, Kirill T,irovskij, Setapi6n

dlrni$Lij . 82La vita di AleLs6ndr NélsLij 86Il frammento oratorio su «la rovina della terra russa» 90Darifl ZatoèniL. 92Il Libro dei Padri del Monastero ki€viano d€lle crote 97

1.

2.

3.

4.5.

(6.7.

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4.

5.6.7.8.

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I"Aie tMtu n -Xlll

Capitob "fetzo. Ia rinascita slaoa ortodossa (fine XM-inino XW secolò Glarvey Goldllxt)1. Dalla Rus' tanarica alla Moscovia .

2. "Seconda

influenza slava neri&onale»e «i.inàscr," rW" o"oa*rr» f"nuova leologia € il nuovo stile .

3. Epifanio il Sagglo(C) U ciclo di Kulilòro.la Zad6nòÉina e I'esa.lrazione di Dnitrij Dons[6j .

Y Fl€ssenaAsrori6Eìioiivo ,mtranslatio e la . terza Roma ^. Mosca e

Novgorcd6. Il tramonto delle culture locali: Tver', Pskov, Smolénsk, Riazan'-Mdrom .

7. Spiritualità otodossa e interessi temporali: I6sif V6lockij e Nil Sorskij8. L awentura di Alaràsii NiULin .

Capjrolo Qtarto: I noùneùi eretical; (secoli XI - XW) (Gsare G. De Michelis)

1- Onodoasia ed eterodorsia oelle tete russe2. Gli "strig6l niki"3. La nuova eresia di Novgorod e Mosca

PAIIE SECONDA , LA LETTEÌATI,'RA DELLA MOSCO!'IA

CapitoloPrimo: Cbiesa, Staro, roa?r,ì (Giovanna Brogi B€rcoff)

1. Evoluzione politica ed espansione terìtoriale ddla Moscovia2. Lo Stato e la Chiesa,. Ideologia e stile4- Tradizionalisti e innovatori

p. 101

» 104» 107» 110

» ll2» 118» r20» 121

6. La polemica fra Iven IV e il principe Knrbskij » t567- Peftsvétov e il mito turco . » 160

8. La conquista di Kazàn', la storiosrafa e la storiosofia . » 16-,

Capitolo S€condo: Crbi e rc*aaraione delh dlrùrd thoa onodosta (Alda Giambelluca Kos-sova)

» r25» 128» 129

» 119» 143» r45» 149» t54

» 167» 17r» 176» 179» 181

1.2.3.4.5.

T «Tothidi» e Ie difesaNuovi eroi della Santa

della tradizione ortodossaREsia

L'epopea di Az6vLa narrazione 6abesca: Urusl:n Zalazaroviè (LazÉrevié)

La ùa di Julaoija Lazarcvslaia

CapialoTetz,::Verso h lomdiorc di n ,ruovo 'istena

letteraào lRiccardoYrcchio)

1. La tradormazione della civiltà letteraria russa nell'età barocca .

2. T nuovi modi di nanare,. Modvi e tecdche narrative di origine dotta, apocrifa e popolare nella

cStoria di Dolore Malaso(e»4. Origini e primi sviluppi dela poesia russa

5. La poesia sillabica nell'età di Sime6n P6lockii . :

6. Il c,so B€lob6ckij7. Prini passi del rea[o8. Russia isnota € «vecchia fede»: l'Autobiografa di AwaLùm

» 184» 190

» 201» 203» 208» 2lJ» 214» 214

Introduzione

TMDIZIONE RUSSA ANTICAE TMDIZIONE SLAVA ORTODOSSA

1

Dati acquisiti e questioni aperte

Questa Stoia della ciuiltà lettercia russa è nata dalla collaborazione di vari spe-cialisti i cui orientamenti critici non sempre coincidono. Ciò diminuisce il pericoloche le prospettive generali vengano troppo condizionate da preconceni teorici. Ladiversità delle singole traftazioni è comirnque armonizzata dal loro convergerc enùouno schema espositivo che i curatori dell'opera hanno voluto adattare alle consuetu-dini storiografiche più diffuse ed accettate.

È nostro intendimento presentare non solo i dati acquisìti, ma anche le questioniapene. Il desiderio di informare appieno il lettore ci consiglia di insinuargli sin dal-l'inizio alcuni dubbi, in modo che questo libro sia usato come rma raccolta di mate-riali critici e documentari sempre adattabile a nuovi inquadramenti. tr modo in cuidescriviarno iÌ formarsi e il Éodre & una cospicua <<civiltà letteraria» nelle teffe, che

come vedremo - sono di solito, ma non senza dsere, definite come latamente«russe» sin dalle origini, potrà gtovare alla comprensione dei maggiori problemi difondo se il lettore non dirneoticherà che nessuno schema storiografico può essereGauriente e, tantomeno, defnitivo.

Il tipo di storicità in cui si configurano i fatti letterari qui discussi è indicato daltitolo dell'opera. Nel concetto di <<civiltà leneraria» è implicita una sottolineatura delvalore determinante del rapporto scrittore-pubblico, ossia una visione della lettera-tua in quanto arte verbale condizionata dall'accettazione di speciEche convenzioni.

Il porre l'accento su questo aspetto sociale della letteratura non vieta ceno distudiare l'intrinseca natura dei testi, Ia loro famrra ed ogni loro individuale caratteri-stica. Al declinare di questo nosto ventesimo secolo non sembrano più essenzial.i idubbi e le obiezioni di quanti, Dei decenni passati, hanno creduto utile distrnguere Ia6rzione dei contenuti da quella delle forme, separando che cosa un testo ci dice dalcome e dal perché ce lo dice.

La questione aperta che, forse più & ogni altra, inflursce sulla nostra visione dellasoria letterada russa, riguarda il periodo che & solito viene detto <<antico» (dm)rrii.

4 - tu((JRDo Pr.cHro lddiùon" ,,ia aatta p trudtziaa" .kua o,toktu

Si tratta di circa settecento anni - dall')r[ a tutto il XVII secolo - coffentementeinterpretati come un solo evo. In virnì di una forse troppo meccanica accettazionedella terminologia occidentale nata da.lle tesi degli umanisti, si parla spesso, anche aproposito della storia letteraria, di un Medio Evo russo. Prima di questa supposta età..di mezzo, non risulta però esserci stata alcuna altra età letteraria. Il<<antico» e il<<medievale» rliventano perciò la stessa cosa.

La confusione (in verità non solo russa, ma caratteristica anche di altre culturenon germiflate ne\l'humus della classicità) è aggrz.rata àal fatto che neppure il tmmonto dell'età <<anticalmedievale» può essere agevolmente inquadrato in questaprospettiva. Infatti, il cosiddetto <<Medio Evo» russo e Ia «letteratura russa antica,durano a lungo dopo 1a caduta di CostantinopoJi e la scopena dell'Amerìca, dopol'invenzione della stampa, dopo Ia Riforma e la Controriforma, dopo l'età umanisti-co-rinascimentale, dopo Copcrnico e dopo Galileo, sino ai tempi di Newton. Dal-l'uso di parametri ambigui nascono inevitabilmente le polemiche. Si potrebbe addi-rittura scorgere nel disagio derivante da questo incerto modo di misurare la storiauno dei segni più tipici della ctisi di autocoscienza rispecchiata da vade opere dellaletteratura russa modema.

Ma non basta. Il mondo della letteratura russa antica è stato ora respinto cometoppo diverso ed ora enfaticamente riscattato come espressione della vera identitàspirituale russa. Ci si è domandati, e tuttora ci si domanda, se sia lecito parlare di unaunica tradizione dall'inizio del millennio ad oggi, o se non si debba piuttosto parlaredi distinte civiltà lenerade, separate da una cesura profonda. Questa cesura, nell'opi-nione dei più, corrisponderebbe all'epoca delle grandi riforme con cui, all'inizio delXVIII secolo, Pietro il Grande «europeizzò» le terre già unficate da Mosca e le inserì in un nuovo impero, guidato dalla corte germanicamente occidentalizzata diSankt-Petersburg.

Gli argomenti a favore di questa tesi non sono solo di natura latamente culturale,ma riguardano anche l'essenza dei fenomeni letterari. «Dopo Pietro» non solo sioperò, ci si vestì e si lensò in modi molto diversi da quelli di «prima», ma anche siincominciò a scrivere e a leggerc ifl una lingua nuova. II russo, come lingua letterariamodema, nacque allora. E in questa nuova lingua gli scrittori incominciarono a com-porre opere visibilmente diverse da quelle che avevano circolato nel lungo «MedioEvo » antepetrino.

Contro la tesi di un'unica ed ininterrotta tradizione della letteratura «russa» pos

sono inoltre addurre argomenti i sostenitori di altri patriottismi - come quelloucraino e quello bielorusso - che ricercano le origini della loro attuale diversità pro-prio neÌ processo storico che, agli inizi dell'età rnodema, poitò all'enucleazione didistinte nazionalità nei territori slavi orientali in cui era fiorita la civiltà che i russichiamano <<russa antica», ma che - entro certi limiti - potrebbe anche chiamarsi«ucraina antica» o «bielorussa antica»,

In questo libto - per quanto riguarda il periodo <<antico» - purto di vista«russo» è finzionalmente privilegiato. II concetto di lefteratura «russa antica» trovala sua giustificazione nel nostro intento di risalire alle origini di una tradizione checulmina nelle grandi opere della letteratura russa modema. Si tratta di una sceltalegittima anche se, a rigor di termini, arbitraria (come arbitrada, e giustificata solo damotivi pratici, sarà la nostra scelta di usare di regola forme graf,che russe moderne

Pd e Pi , - I"boàuia"è - 5

- e non ucraine. bielonrsse o genericamente «antiche» - per nomi propri che siriferiscono all'età medievale e pre-modema). Anche la storia di una civiltà letterariaè, in definitiva, un'opera letteraria e, in quanto tale, soggetta all'accettazione di de-terminate convenzioni-

2

La cfuihà letteraria d.ella Ras'e le tradizioni con ni delld Sldeia ortod.ossa

È risaputo che una delle maggiori difficoltà in cui si sono spesso imbatruti glistudiosi moderni di storia lenetaria deriva dalla loro propensione a proiettare tn epo-che lontane schemi classificatori di origine più recente o, comunque, nati da modi &pensare e di smtire diversi da quelli vigenti nella stagione storica che si vuole descri-vere. Il caso delle storie delle «letterature nazionali» è fra i più tipici. La nozione di'letteratura nazionale', che si basa essenzialmente su principi codificati in età romantica, è ancor oggi molto vitale non ostante varii ed anche ra&cali tentativi di rwisione. Di prefermza, la «nazional.ità» di una letteratura è detetminata in base all'usoaccettato di una lingua atta ad esprimere f individualità etnico-culturale di una determinata comunità. Se si crede nell'antichità e nella continuità storica di questa comunità, si tende a postulare anche I'antichità e la continuità storica della sua ling,-ra.

Un simile criterio può essere accettabile a condizione che se ne ticonosca la Limi-tata convenzionalità funzionale. Il chiamare o meno <<russa>r tutta la tradizione lette-raria <<medievale», <<moderna» e <<russo-sovietica», che molti lettori sono stati edu-cati a smtire come parte di un loro particolare retaggio storico, diventa una meraquestione terminologica. Le cose però si complicano se si \,'uole affivare ad una vi-sione più oggettiva e dettagliata del processo storico. Il rapporto lingua-nazione, chei romantici avevano visto come uJra costante naturale, ha bisogno di non poche pre-cisazioni e correzioni per essere adattato all'età e all'arnbiente in cui incomincraronole anività scrinorie nelle terre slave orientali.

La lingua, in cui quelle prime attività si concretarono, noD rispecchiava I'uso na'turale delle popolazioni locali. ma era già uno strumerto artificiale, i cui modell.i dicodiEcazione erano stati elaborati in altri luoghi, in altri tempi. Larea di diffusione diquesta lingua non era quella di una comunità <<nazionale» etnicamente compatta, maquella di una comunità più ampia e varia, in cui il fattore etnico-linguistico, pur nonessendo ignorato, fungeva solo da pedina nel giuoco internazionale, o meglio supra-nazionale, dei conflitti giurisdizionali fra i poteri religiosi e politico-militati.

La formazione poJitico-militare, da cui dipendevaro Ie sorti delle popolazioni fracri ci-rcolaro[o i primi documenti della Eadizione scrittoria che ci interessa, è stori

6 - ftcc^mo PrccEro - ?radizioae /a$a anticd e tra.dìzione shoa otodosa

camente nota come RrJ', La Rus' ese&itava il suo potere su varie genti, in maggio-ranza slave, dal bacino dd Dnepr sino al nord abitato dai Finnl Nd IX secolo con-quistatori scandinavi avevano peima$entemente installato una loro dinastia nella for-tezza'capitale di Kiev. In termini di cultura, l'elemento slavo prcse il soprawento alla6ne del X secolo, quando la Rus' accettò la cristianizzazione da Costantinopoli.

Lalizartrnizzazione rckgiosa non risultò in rma <<grecizzazione» simile alla «la-tinizzazione» connessa con il pressoché contemporaneo espandersi del cristianesimodi ispirazione romana, dai paesi germanici a gran parte dr qudli slavi ad occidentedella Rus'. Inizialmente i missionari della cristianità orientale - come i loro confra'telli latini - dovettero servirsi dello slavo come di un semplice <<dialetto apostoli-co», ossia come di uno strumento di evangelizzazione valido ai 6ni didattici ed orga-nizzativi, ma non prorwisto di piena dignità liturgico-sacrale. Ben presto, però, que-sta importante limitazione venne a cadere, per motivi e in cfucostanze che gli studiosimodemi non hanno ben chiarito. Fatto è che, mefltre nelle limitrofe teffe slave diPolonia e in quelle, pure slave, dalla Boemia alle odieme Slovenia e Cro azia, rdlatjtosi imponwa come lingua ieligiosa, la nascente cristianità della Rus' usava come pro'pria lingua ecclesiastica una particolare codifcazione dello slavo.

Già la constatazione di questo stato di fatto ci impone di allargare 81i orizzonudelle nostre ricerche ben olte i limiti delle locali radizioni della Rus'. I fanori deter-

minanti della formazione di una nuova ci\dtà letteraria in questa atea all'estremoorimte dell'Europa crlstiana non sono infatti faciLrnente inquadrabili entro i limiticoncettuali della formula lingua-nazione.

All'idea moderna di nazione possiamo fare latamente coÉispondere quella dr po'polazioni slave raggruppabili entro una comunità etnico-linguistica che - dcor_

rcndo ancora alla terminologia elaborata dalla cultura tomantica - chiamiamo .l&_

urie. Della Slavia fanno storicamente parte popolariofli oggi comprese nei confini sta-

tali della Russia, dell'Ucraina e della Bidorussia (Slavia orientale), della Polonia e

della Cecoslovacchia (Stavia occidentale), della Slovenia, della Croazia, della Serbia,

della Macedonia e della Bulgaria (Slavia meridionale), nonché minoranze in altripaesi. Le loro tradizioni culturali (come del resto quelle dei popoli della Romaria odella Germania, con analoga connotazione romantica) si dvelano sotto molti aspetti&verse l'una dall'alta non ostante I'affinità linguistica ed alcune caratteristiche co_

muri, variamente interpretabili in termini di eredità ancestrale o di omologhi con&_zionamenti storici. Nel pensiero romantico, l'idea di una Slavia spiritualment€ com_

patta, & cui la «letteratura slava» dovrebbe essere espressione, è un motivo ricor_

rente. Si tratta però di un mito storiogra6co. La realtà storica risulta diversa.

Pur accogliendo la nozione di Slavia come strumento empirico di classifcazione,dobbiamo prendere atto che questa specie di «famiglia» etnico-linguistica inco'minciò ad essere divisa nel momento stesso in cui i cristianizzatori d'OrieDte e d'Oc_cidmte ne scoprirono l'esistenza. Tanto i missionad di Roma quanto quelli di Bisan_

zio sapevano, o impararono presto, che le parlate slave erano talfiente simili l'unaall'altra da permettere l'uso costante, e appena variato, di uno stesso dialetto aposto_

lico dallTlliricum e dalla Mesia sino alle piane scitiche. Le politiche apostoliched'Oriente e d'Occidente fnirono però, come s'è detto, col creare situazioni moltodiverse. Quella pane della Slavia che d.rnase sotto la giurisdizione della Chiesa diRoma, e che nello stesso tempo divenne partecipe di una comunità politica dominata

Pò e Prìtu - ln oùzihe -7

dal Sacro Romano impero, assimilò un tipo di cultura ben distinto da quello dellaSlavia cristianizzata dalla Chiesa costantinopolitana e retta da poteri locali che, comequello della Rus', gmvitavano nella sfera d'influenza del «Commonwealth» bizan-tino. Con lo Scisma d'Oriente del 1014 questo «Cornmon§/ealth» si staccò da Romae fece della propria oftodossia una doftrina non solo religiosa, ma anche politica. Lascissione fra le due Slavie - che definiamo Slaoia rcmau e Slaoia onodossa - divenne allora permanente.

Se e in che misura il far parte della comunità linguistico-confessionale della Slaviaortodossa abbia poi rappresentato, per le terre della Rus', un elemento culturaLnentepiù caratterizzante della dipendenza da poteri politici locali o del gravitare nella sferad'influenza di Bisanzio è questione controversa. Certo è che, sin dal primo diffon-dersi di una lingua scritta nella Rus' kieviana, la letteratum (da intmdersi nel sensogenerico di anività scrinoria) non dipese che in misura ridotta da modelli tratti daprecedenti tradizioni locali. Che cosa e come gli slavi ortodossi dovessero scrivereveniva deciso dalle autorità ecclesiastiche, sia pure facendo i conti cofl le richiestepiù o meno autorevoli del potere laico.

Le prime autorità religiose della Rus' furooo quelle che diressero le missioni e,

sono il regno di \4adimir (978-r0rr) e di Jaroslav il Saggio (1019-1054), posero lebasi di un'organizzazione ecdesiastica guidata dai monasteri. I documenti che abbiamo non ci permettono di dire con ceftez?a quarìdo e come questa primitiva chiesadella Rus' si conquistò una certa autonomia. Risulta ruttavia che i primi testi cristianimessi in circolazione nella Rùs' eraùo scritti nella stessa lingua - o almmo nello stesso

tipo di lingua - che da oltre cento anni si era affermata nello stato e nella chiesa diBulgaria, sotto i sovrani Boris e Simeone tra la 6ne del IX e gli inizi del X secolo.

Si trattava di uno strurnento di comunicazione scritta molto riverito irl quanto Iasua prima codirEcaziofle veniva fatta risalhe all'epoca della rnissione iniziata in Mora'via, nell'anno 863, da Costaniino-Cirillo e da suo fratello Metodio, venerati comesanti dalla chiesa universale e rivendicati dagJi slavi ortodossi come fondatori di unaloro specfica ùadiziofle ecclesiastica. I-identificazioue della lingua sacrale - chedalla Bulgaria si diffuse in poco più dr un secolo nelle altre terre della Slavia onodossa - con quella ptimamente rivelata a S. Cirillo, venne simboleggiata dall'uso diuna particolare forma di scrittura (modellata sull'alfabeto greco) a cui si impose iloome emblematico di «alfabeto cirillico". Questa convenzione grafrca prevalse, nellaSlavia ortodossa, su uo aluo alfabeto speciale, deno

"glagolitico" e soprawissuto

solo in alcune zone dd litorale adriatico di giurisdizione romana, le cui origini sifaono pure risalire alla prima missione di Moravia.

Che la propagazione nella Rus' del cristianesimo bizantino (identificato come<ortodosso» dopo l'età di Jatoslàv il Saggio di Kiev, che morì proprio nell'anno incrri si decideva lo scisma tra papa LeoDe D( e il patriarca costantioopolitano MicheleCerulario) si sewisse della lingua

"cirillo-metodiana», assurta a piena dignità nello

stato bulgaro, può apparire un paradosso. Nell)C secolo, infatti, la potenza bizan-tina, dopo avere annientato (1014) sotto Basilio II il Bulgaroctono le armate dello zarSamuele, era impegnata in una intensa opera di «grecizzazione» e di <desla'razzazio-oe. linguistico-amminisrativa delle terre bulgare. Si può pensare che la lingua sa-

crale slava inrodotta nella Rus' differisse sotto qualche aspetto - aflche solo funzio-nale - da quella che si era affermata nel cosiddetto «primo impero bulgaro». La

Dipatimoib di leltorat ro ompffaqE.l,

8 - RrccsDo PrccEro -. ?rz&rbre tutta dntiu e ttudiiore lhra otto.lotta

crisi^nizzazione bi2 ntina, insomma, a\,'reÈbe esportato una forma di scrittura slavacensurando ogni connotazioDe deviante dalla norma politico-rdigiosa fusata da Co-stentinopoli. Ciò sembra contrastare, tuttavia, col fatto che testi prodoEi proprionella Bulgaria «ribelle» incominciarono abbastanza prcsto a circolrre nella Rus'. Co,muoque, I'uso di una comune lingua relkiosa e il diffondesi nelle terre kievlaoe ditesti slavi prodotti ndl'area slavo-balcanica sono elementi & tale rilevanz cbe - ^parte ogni altra possibile interpretazione del quadro gmerale - ci sembra innegabilel'esistenza, sin dalle origini, di una specifica solidarietà slava orodossa nell'àmbitodel «Commonwealth» di ispirazione bizantina.

Linterscambio linguistico-culturale tra le varie zone della Slavia ortodossa eradestinato a protrarsi - sia pure con alti e bassi - per tutti i secoli in cui durò la«letteratura russa antica». Col variare ddle situazioni, i centri di irradiazione dinuove norme e tecoiche d'espressione, di nuove correnti di pensiero, & miti e di tesiesegetiche e di ogni motivo guida dell'anività scrittoria si spostarono da una terraall'altra. Dopo la distruzione del primo impero bulgam - come abbiamo visto - fula Rus' kieviana ad offrire condizioni favorevoli per l'ulteriore wiluppo di una tradi,zione già consolidatasi nei centri bulgari di Près1àv e di Òchrida. Quando, nel XIIIsecolo, Kiev fu conquistata dai Tartari, la continuità di questa uadizione (tnterpretatacome disegno della Prowidenza) fu assicurata dall'emergere di nuovi centri di cul-tura slava ortodossa nel <<secondo impero bufuaro» e nel regno di Serbia. IÌindipen-denza & questi due stati durò, dagli anni Onanta del XII secolo, sino alla 6ne ddTreceoto: nd 1J89 i Turchi distrussero la potenza militare serba sul campo di batta,glia di K6sovo e nel 1391 occuparono 1àmovo, capitale bulgara e forente cmtro distLrdi teologici e filologici già di tipo pre-umanistico.

Dopo la conquista turca, furono ancora le «terre russe», da Mosca a Novgoroded a Kiev, a raccogliere l'eredità di un patrimonio spirinrale semple più smtito comecomune dagli Slavi ortodossi. Dotti prelati della Slavia meridionale migrarono alloranella Slavia orimtale e vi continuarono la propria attività come in un'altra provinciadella stessa patria spirituale. E infne, quando Mosca prenderà il soprawerìto sullealtte terre tusse e darà vita ad una sua rinnovata versione impedale della vecchiaRus', i capi politici e religiosi ddla Moscovia si sentirarìno investiti di rm potere pan-slavo-ortodosso che nel XVII secolo, durante il regno dello zar Àlekséj Michàjloviè(1645-1676), anticiperà aneggiamenti tipici del panslavismo otlocentesco.

Questo complesso sistema di interrelazioni, sullo sfondo dr più vasu contrasti re-ligiosi, politici e militari, caratterizza il lungo Medio Evo degli slavi orientali (nonchèdella Slavia balcanica) più come un prisma cultutale, ossia come un produttore dirifrangenze, clre non come lo specchio di urra specfica, autonoma civiltà. La lettera-tura, in particolare, sembra continuarnente riflettere colori retorici, conveDzioni se-

maotiche e strutture formali modellati su esernpi di altti luoghi ed età. Questa varietàdi procedimenti serve a poffe i motivi tematici - che in misura sempre maggioresono tmtti dalla vita locale e la cui scelta cornsponde in buoaa misuta agli interessidi locali principi, egumeni o metropoliti - entro cornici di più universale ed intri'cata fattura. A volte, queste comici crearÌo effetti così ,cchi che il lettore modemonon sa più coEre «leggere» la struttura compositiva che ne risulta.

I-lessere la letteratura russa antica prodotto di esperienze locali e co-utente di va-rie convmzioni scrittorie, diffuse in tutta la Slavia ortodossa, crea rÌon poch pro-

Parrc Pnna - ltroduziorc - 9

blemi agli storici ed ai cririci Ìetterari. Per avere una visione completa del processoletterario sembrerebbe indispensabile non isolare il capitolo «russo antico» dal suo(più ampio) contesto. Ciò porterebbe, ad esempio, a seguire unitariamente l'evolve$idi determinate tecniche scrittorie dagli agiogran slavo-meridionali del ) II secolo,come i serbi Domentij6n, Teod6sije e Dinilo, a quelli del Tre-Quattrocento come ilserbo Pacomio Logoteta o i bulgari Er,timij di Tàmovo, Grig6rij Camblàk (che operòin tutte le terre della Slavia ortodossa), e Konstanrin Kostenéèki (che rrasferì la dot,uina filologica ddla «Scuola di movo» a.lla Serbia post-K6ssovo del despota Sté-tan Làzarevié), sino al maggiore agiografo del «preumanesimo russo», Epifanio ilSaggio (morto nel 1420).

Anche si potrebbero includere in un unico schema compatativo le raccolte cro-nachistiche e le genealogie, nonchè alcuni testi di ispirazione normativo-giuridica,della Slavia meridionale e della Slavia orientale. Particolaimente interessante po-trebbe rivelarsi lo studio unitario delle tecniche di compilazione secondo cui, da unestremo all'altro della Slavia ortodossa, venivano prodone sillogi che includono,nella 6sica individualità di un solo Jibro, testi a prima vista disparati, eppure orciti erilegati insieme in modo da rappresentate un'unica «offeta» sul mercato dell'utmzaletterada. Le più ampie prospettive dello storico della Slavia ortodossa potrebberodimosÙatsi molto utili nello studio della variante letteraria spesso detta «baiocca»che, dalle terre ucraioe, si diffuse fra i Serbi non meno che in Russia e i cui modelliinfluetzarono ancora il pie-Risorgimeoto bukaro nel tatdo Setrecento. Si potrebbe,anche, ùacciaie ùr prof,lo storico-critico - più ampio e preciso di quelli propostisino ad oggi - della «poesia sillabica» slava onodossa e della sua diffusione daiconfni polacco ucraini alla Slavia balcanica. Tutto ciò porterebbe a scdvete unacomplessiva storia della letteratura slava ortodossa invece di scrivere singole storiedelle letterature bulgara antica, serba antica, ucraina antica, bielorussa antica e russaantica.

Sarebbe meglio? Gioverebbe dawero sostituire, ad uno schema espositivo fon-dato su tesi naziooali modeme, uno schema forse più vicino alla realtà stonca, mapur sempre basato su una variante del concetto di letteratura nazionale? Una storiadella letteratura slava ortodossa non potrebbe infatti che rilerirsi ad una comunità diculture «nazionalmmte» unite dall'uso della stessa convenzione linguistica.

Il discorso ci riporta, inevitabilrnente, alle nostre considerazioni iniziali sull'arbi-rrarietà e convenzionaÌità (che aon impLica però illegittimità se se ne fotnisce unagiustiEcazione funzionale) di qualsiasi schema storiografico. Non è un discorso inu'ole nella misura ?n cui il lenore vi saprà cogliere un invito a nofl perdere di vista imolti diversi contomi che gli suggeriamo nel momento stesso in cui gli sottoponiamorm determinato quadro storico-critico. Nel caso specfico del rapporto fra leradlu,ioienrssa e ttadizione slava ortodossa, la doppia visione che proponiaho non è un meroespediente espositivo. Si trafta di un motivo permanenremente percepito come es-stoziale - sia pure in forme e maniere &vetse - dai protagonisti della civiltà lette-r:ria russa.

l0 - Rrcoùo PrccHro - TÌddizione ruM astka . tradizbae iaoa utodoso

tLa lingua dei. testi: lo o slaoo ecclesi.astico"

e il "

russo dntico» e mod.erno

Che cosa si debba intendere per <<storia della lingua russa» &pende non solo

dall'esame delle forme e delle strutture interne della lingua, ma anche e ancor piùdalle funzioni che si vogliono prendere in considerazione. A noi, in quanto stotici

della civiltà letteraria, interessa la fimzione letteraria della lingua.Come descrivere questa funzione? Se si parte da formule definitorie pteconcette,

si corre il rischio di cadere in circoli viziosi. Chi si affda ad una nozione non abba

stanza flessibile della «lingua letteraria» può artivare a dLe che non c'è mai stata urlavera e propria lingua letteraria nel Medio Evo russo. E chi non crede alla unitarietà e

continuità della letteratura «russa» dalle origini ai tempi nostri è logico che tragga

condusioni analoghe a proposito della lingua in cui questa letteratura si esprime. Peri nostri 6ri, riteniamo opportuno illustrare nello stesso tempo i dati reali di cui di_

sponiarno e le formule de6nitorie che ad esse vengono applicate.Possiarno considetare dato storicamente accertato il formarsi e perpetuarsi di

particolari modi di scrivere grazie a cui i testi circolavano - da una zona aÌl'altradella Slavia ortodossa - senza bisogno di essere tradotti, ma solo parziaÌmente ritoc_

cati da copisti-editori. La convenzionalità letteraria di questo flessib:fe medium so'pranazionale è ptovata dal prevalere, nell'uso scrittorio, di forme e strutture non di_

pendenti dall'uso parlato.A questa lingua scntta g1i studiosi di letteratura russa devono pure date un flome

che, in qualche modo, si adegui agli schemi di storiografia nazionale prescelti l ter-

mini-nozioni che godono del massimo prestigio sono <<russo antico» e..slavo eccle

siastico». Nella prima definizione è implicita una concezione nazionalrnente unitaria,per cui il qualiEcante.russo» postula un'invariante storica. Meno timpido - al-

meno nel contesto delle discussioni tuttora in corso - risulta il valore di «slavo ec_

clesiastico ».Per «slavo ecclesiastico», in tmria, si intende la lingua scritta di <<origine cirillo_

metodrana» in tutte le sue varianti, sia dal punto & vista sincronico che da quello

diacronico. Quando però si cerca di dare a questa nozione generale un più preciso

contomo storico, le idee tendono a confondersi. Gli slavisti sono in maggtoranza

d'accordo nell'arnrnettere che lo slavo ecclesiasuco nacque, all'epoca dell'entrata de_

gli Slavi net mondo della cristianità (ossia a partire dalla seconda metà del IX secolo),

iome lingua artficialmente codificata pet 6ni apostolico-sacrali. Si concorda anche

sul fatto che questa convenzione linguistica dovette avere, sin dai tempi della sua

prima diffusione, caratteristiche sopranazionali.Ciò significa che lo slavo ecclesiastico (anche quando definito con altd tetmini)

conservò per un certo tempo una sua tndividualità e una certa compattezza funzio_

nale. Per quanto tempo? Proprio le isposte che si danno a questa domanda sono alle

origini dei vari malintesi che, come vedremo, rendono dif6cile il lavoro degli storici

non solo della lingua ma anche, e forse ancot più, della letteratura.

Pòrk Pìtu - la,odù;Ò"e - U

Sotto lo stimolo ideologico di quelle che possiamo defnire le «scuole filologichenazionali» si è teso a sminuire la dimensione sopra-nazionale dello <<slavo ecclesia-stico» per dare più spazio alle storie delle singole lingùe letterarie flaÀor,alt.In pra-tica, si è cercato di «far decadere e morire» lo slavo ecclesiastico in anni il più pos,sibile remoti in modo da legittimare, per urr cospicuo numero di secoli, se non pro-prio la sovranità alrneno l'autonomia {irnzionale di lingue nuove che, all'artificiositàIibresca dello davo ecclesiastico, avrebbem opposto il vigore naturale della propriaispfu azione nazional'popolare,

Si è incominciato col distinguere, nella sto a dello slavo ecclesiastico, due fasiessmziali cortispondmti rispefiivamente ad un periodo di compattezza e vitalità e adun periodo di disgregazione e decadmza. AJ primo periodo corrisponde il concettodi «slavo ecclesiastico antiat» (i ter::itivariano, ma permane l'essenza della visionestorico-descrittiva anche quando si omene il qualificante «ecclesiastico» e si parlasemplicemente di «slavo antico>, o di <<paleoslavo»), ossia la nozione & un sistemalinguistico la cui vitalità non si sarebbe protratta oltre il )([I secolo. Di questa linguaantica la slavistica modema ha dato descrizioni dettagLiate, identficando essenzialiinvarianti strum:rali sia sul piano della fonetica che su qudlo della morfologia. Nonaltrettanto accurati sono stati i tentativi di descrizione dello slavo ecclesiastico nellasua seconda (recenziore) fase storica. Alla labilità degli schemi definitori corrispondeuna &ffirsa incertezza terminologica. In genere, quando si parla di «slavo ecclesia-stico» senza altre precisazioni, ci si riferisce a tutto quanto può esserc soprawissutoal tramonto della prima lingua antica. Non è sempre chiaro, però, se l'oggetto ddladiscussione sia ancora una vera lingua o non piuttosto un insieme di «relitti» varia-mente inseriti in sistemi nuovi e diversi.

Le scuole nazionali, nell'àmbito tanto della storia linguistica quanto di quella let-teraria, propendono per la seconda soluzione. Si parla così non solo del «russo anti-co», ma di simili neoformazioni nelle altre aree della Slavia ortodossa, come di nuovi

- o a lungo nascenti - sistemi linguistici fondati sì sull'uso indigeno, ma anchecapaci di convogliare e fistrutturare elementi derivati dallo slavo ecdesiastico, intesocome insieme di norme prevaleotemente importate e, quindi, straniere.

Potremmo limitarci a constatare che, in fondo, non si tana che di mo& & de-scrivere e di punti di vista. In realtà, il problema non è fomule, ma sostanziale. Se

diciamo che il russo antico continuò ad elaborare materiali linguistici di origine slavaccclesiastica, attribuiamo alla tradizione indigena tma netta fi.nzione govem4nte.

Questa inte4rretazione si rivela però non vera se, in base a concreti dati testuali, cirtodiarno conto che, lungi dall'essersi devitalizzato dopo il )([I secolo, il sistemadello slavo ecclesiastico continuò ad operare in prcprio, al punto da .govemaret,secondo propri schemi strutturali, la lingua scritta nelle terre russe e nel resto dellaSlavia ortodossa.

Le conseguenze derivanti dall'adozione dell'uno o dell'altro punto di vista pos-sono essere estremame[te serie per quanto riguarda la concreta analisi e valutazionedei testi. Una cosa è supporre che chi scriveva nella Russia antica si affidasse essen-zialmente ad usi e tradizioni locali ed altra cosa è il rmdersi conto che scelte lessicali,dpi di flessione e costruzioni sintattiche potevano dipendere dal diffondersi di cor-ftlti inDovative o restaurative nate fuori delle terre russe, sotto lo stimolo di eventio.turati, ad esempio, tra l'Athos e Costantinopoli, o in Bu.lgaria e Serbia (come nel

12 - RrceRDo PIccHro - Tr.dizione rusla anticd e t adizioie tldoa o odosa

caso delle riforme esicastiche) o in zone esposte all'io{uenza latino_polacca (come

nel caso delle innovazioni linguistiche e retoriche introdotte dalla leftelatura «rute_

na" del X\4I secolo).Dalla discussione sulla natura della lingua in cui si conurìuò a scrivere nella Rus_

sia antica per vari secdi, sino alle soglie della età modema, dsulta comunque chiaro

che né la nozione di 'russo antico' né quella di 'slavo ecclesiasuco' possolro essere

usate in senso esclusivo. It problema è di defnire, sulla base di adeguate analisi te_

stuali, non solo quali potessero essere le interrelazioni fra componenti indigme ed

importate, fra lingua dotta e lhgua popolare o fra lingua ecclesiastica e uso lingui-stiio laico, -a anihe e sopraffutto 6no a che punto un sistema lingustico con hrn-

zioni sopranazionali potesse impome i propri modelli strutturali o dovesse adeguarsi

alle murevoli necessiLà della pratica scrittoria.Stu& recenti harrro distinto tipi di «diglossia», ossia di vario uso di determinate

convenzioni linguistiche in dipendenza dalle esigenze situazionali della comunica-

zione, da tipi di .bilinguismo», ossia della coesistmza di lingue diverse. Periodica

metrte af&oia l'idea che, nella Russia antica, lo slavo ecclesiastico norr fosse in realtà

un'«altta lingua», ma la sola lingua della letteratura, non già perché geneticamente

legata agli usi locali, ma perché affermatasi localmente sin dai tempi della cristianiz-

zaiione. In sostanza, ci troviamo dunque & fronte a dati di storia linguistica che con-

fermano la doppia visione di cui abbiamo parlato a proposlto della fii dizio e russa e

ddlla trud.iione slaoa oltodossa ia termini & cultura. I-esistenza di una «comunità

linguistica slava ecdesiastica», corrispondente alla comunità culturale della Slavia or_

todossa, non dovrà perciò indurci a porre I'accento più sui fattori di opposizione-

differenziazione che sui fattori di situazionale bivalenza.

Questa specie di..doppia cittadinanza», culrurale e linguistica, fu sentita come

questione di vitale importanza anche dai codificatori settecente§chi del nrsso mo_

demo. lletà petrina tese a priuleglare - entro certi Limiti di attività pratica - usi

linguistici vivi e non legati ai modeli ecclesiastici del passato. Già ai temPj di-Pietro

il òrande, tunavia, il Santo Sinodo russo non esitava a rivalutale la vecchia lingua,

ossia lo slavo ecclesiastico di tipo russo, come strumento di penetraziofle religioso'politica fra i Serbi-ortodossi di Voivodina (in territolio asburgico) con

-f intento di

raggiunger., esprimendosi nella lingua comune della vecchia Slavia oftodossa, anche

gli dt.iìh"i ortodossi dei Balcani (ancora sottoposti alla dominazio:re turca). Nei

aecenni successivi, la . questione della lingua» fu dibattuta in spirito diverso' ma pursempre con una vigile pieoccupazione di non romPere con un passato che non pochi(tra cui I'autorevolissimo M. V Lomon6sov) sefltivano come profondamente russo

proprio perché tradizionalmente slavo ecclesiastico._ À p"i-" ri"t" si sarebbe portati a riconoscete. nelle discussioni linguistiche del

SettecÀto russo, una marcat; analogia con i dibattiti occidentali che, a partire dalla

questione della lingua italiana, si incentratono sul rapporto fra latino e volgare lnÀaltà, né lo slavo ecdesiastico poteva più fungere da latino né ci si poteva basaÉ, inRussia, su una nuova norma il cui prestigio fosse lontanarnente comparabile con

qudlo del volgare italiano ai tempi del Bembo. Schemi & codificazione nazionali

operavano da iempo non già al livello del volgare, bensi ezlro il sistema dello slavo

eiclesiastico. Sin dal KV-XV secolo in tutta la Slavia ortodossa si era delineata una

particolare «questione della lingua» caratleizzata dal contrasto fra usi regionali e

Pl e Pina Intloduzione - l,

tentativi di ridurre la comune lingua re)igiosa, ossia 1o slavo ecclesiastico, ad unanorma unitafia,

Il ricordato progetto del Santo Sinodo russo del tempo di Pietro il Grande, se-

condo cui maesti russi venivano inviati ad istruire i Serbi di Vojvodina nell'uso « cor-retto» (ossia basato sull'uso russo) dello slavo ecclesiastico, può essere visto come unestremo tentativo di ridar vita ad una plurisecolare comunità linguistica. La restaura_

zione a cui tendevano i maestd russi di Vojvodina urtava però contro una dupliceserie & problemi. Da un lato la tradizione slava ecclesiastica era minacciata alle ra_

dici dal processo generùe dt larcrzzazione occidentalizzante, dr cui la stessa Russia

petrina era evidente espressione, e, d'altro canto, i.modi di scrivere, locali erano

ormai ben wiluppati.La «questione della lingua, che si aprì in Russia e nelle terre serbe nel Sette-

cento, e che doveva in seguito estendersi alle altre teffe slave ortodosse, prcse dun_

que Ie mosse da dibattiti riguardanti non già la &gnità di nuove norme «volgatir,bensì l'uso di varianti nazionali della vecchia lingua comune di tradizione religiosa e

dotta. Allo slavo ecclesiastico dr Russia, detto <<slavorusso», corrispondeva lo «slavo_

serbo', e nel 1762 il monaco del Monte Athos Paisii di Hilendat introdusse unaparticolare nozione di « slavobulgaro ».

In6ne, tanto i Russi quanto i Serbi e i Bulgari opteranno (sia pule con criteridiversi) per l'adozione di standards linguistici non più dipendenti dai modelli slavi

ecclesiastici. La nascita del russo modemo coinciderà così con la fine tanto della vec_

chia Slavia onodossa (i cui ideali unitari verranno purtuttavia ancora sfruttati dai

movimenti slavof,li e dal panslavismo) quanto della comunità linguistica slava ecde-

siastica,I1 lettore e il critico dei testi prodotti nelle terre russe, dai tempi della Rus' Lie-

viana ad oggi, dovrà essere cosciente non solo del mutare degli usi scriaori di età inetà, ma anche dei diversi modi in cui ogni stagiofle culturale interpretò il passato

mirando a farne una fonte di tradizione modellante. Sino al Settecento è necessario

riconoscere nella lingua dei testi taflto l'impronta & tendenze locali - ossia «russe

antiche» - quanto il permanere di vitali paradigmi slavi ecclesiastici Dal Settecento

in poi, il .ruiso modemo» dovrà essete sì percepito come una convenzione linguistiia di tipo nuovo e diverso, ma il lettore non dovrà trascurare il fatto che la vecchia

lingua vi trapela costantemente marc4ndo la continuità di una tradizione <<ecumeni_

ca», in senso slavo orrodosso. Nel russo moderno,le forme slave ecclesiastiche fun_

gono spesso da matcatori stilisuci. Si tratta di rinvii ad un codice antico che, perquanto variamente inteso o addirittura «ri-inventato», è pur sempre percepito come

il richiamo di una lunga età spiriuale non totalmente perduta

14 - Rrcc^lDo PrccHro - Trudiziose rcra antica e tddino,e tlara o odos.

4

La trasmissione manoscritta delle opere rasse antiche

Si può dire che, nella cultura slava ortodossa, di cui la civiltà letteraria russa an-tica fu espressione precipua, lo scrivere dmase a lungo un sempl.ice mestiere, nelsenso latino dt ministetiam, ossia tn <<servizio». Gli ambienti prevalentemente mo-nastici, in cui gli scrittori operavano, tendevano ad organizzare questo tipo di anivitàsecondo una regola, generale o specifica, di ispirazione olwiammte comunitario-reli-giosa. Come per il cuoco, il falegname o il pittore-decoratore del monastero, anchepet lo scrittore non erano previsti lavori in proprio. Deviazioni dalla norma eranocerto possibili (e anzi proprio la storia di queste deviazioni potrebbe chiarire certiaspetti della letteratura «apocrifa» o comÙnque non uf6ciale), ma ciò che a noi inte-nessa sapene è che dallo scrittore non ci si attendeva l'espressione di idee, pene osogni personali.

Di regola, dunque, lo scrittore non era un <<autore» nel senso moderno del ter-mine, ma un «redattore». Suo compito era di fissare per iscritto quanto la comunitàriteneva utile trasmettere ad altri cristiani, sia nel presente che nel fururo. Dato que,sto modo di pensare e di operare, venne spesso a mancare l'equivalente di ciò cheooi oggi chiamiamo «proprietà letteraria». Uno scrittore poteva attingere a tesripreesistenti, rielaborarli a modo suo (o secondo le istruzioni ricevute), e fame untesto nuovo. La stessa libenà poteva toccare ad un semplice scriba; e in verità lefunzioni dello scrittore-redattore e del copista-redattore non erano, in molti casi, bendistinguibili.

Ceno, libertà di intervento redaziooale non signifcava illimitato arbitrio. Lastessa nozione dello scrivere come «servizio» presupponeva determinate norme dicomportamento. Alcuni testi erano alterabili ed altri no. Le nostre conoscenze flon cipetnettono di ricostruire i criteri precisi a cui ci si atteoeva. Dall'esa.rne delle opere anoi pervenute possiamo però dedurre se non altro qualche priocipio generale.

Sembra indubbio che i tesri sacri e quelli che comunque apparivano portatori dimessaggi molto autorevoli ooh potevano, almeno in teoria, essere alterati. Noo solole sacre scritture e il 60?rr pauistico (nei limiti in cui alcuoe loro parti poteronocircolare in ttaduzione), ma anche gli scrini di autori ritenuti ispirati non potevanoessere trattati alla stessa stregua degli scritti di un cronista. I"'anività più trmile degliscrittori-redattori e degli scribi monasteriali si distingueva da quella degl.i Scribi diDio. Possiarno peiciò ipotizare ùna trasmissione fedele (almeno nelle intenzioni),ossia una vera attività di copisti nel senso sretto del termine, per tesri prolwisti disufEciente tradizione arctoris et auctoitatir e un trattamento più libero, ossia ampia-mente redazionale, per gli altri testi. Da questi opposti tipi di componamento (e te,nendo conto di ogni possibile gradazione interme&a) deriviamo, ai 6ni della nostaattività di critici dei testi,le noztonl dlt/adizione chiuu e dt ttadizioxe aperta.

Non poche opere russe antiche che più direnamente ci interessano sembrano es-sere state trattate con la tecnica della «tradizio[e aperta». Nosuo compito di storicidella civiltà letteraria non è infatti tanto di studiare la fortuna delle traduzioni di testi

Pa* Pnm - bttodazioae - 15

sacri o di <<dassici» cristiani qu4nto di seguire il formarsi ed evolversi di tecnichenarrative, dr procedimenti formali o di convenzioni tematiche al livello che, appuntoperchè umilmente meno «sacro», perrnetteva l'estrinsecarsi & motivi propdamenteIetterari, dipendenti da qualche forma & arte verbale. Muovendo da altre, ma nonmmo rilevanti, premesse, diremo che la più libera e più umile attività degli scrittorirussi antichi ci interessa in quanto produzione otiginale ed effettiva creazione.

Nei molti casi in cui i segni (o i sintomi) della .tradizione aperta» appaiono evi-denti, il nostro lavoro drventa però estremamente difficile. Come si fa a datare untesto chiaramente elaborato, ossia ripetutamente manomesso da chissà quanti copi_

sti-redattori? Il problema si complica quando il testo che leggiarno non risulta attri_

buibile ad alcun autore; ma, anche nel caso che il nome di un autore sia attendibil-mente segnalato dai codici, come distinguere il deaato originale da quello dei possr_

bili coautori?<<Tradizione aperta» significa trasrnissione patziale (ossia fedele copiatura solo di

alcune porzioni dei testi) accompagnata da rielaborazioni redazionali, da alterazionidell'ordine d'esposizione e dall'inserimento di alcuni materiali testuali in un diverso

contesto. Ne nsultano individualità testuali nuove, che tuttavia possono continuare

funzionalmente la tradizione di un'opera originalmente sciitta in manieta diversa.

Questo stato di cose pone lo storico letteralo in estremo imbarazzo. Le sue

scelte critiche e le sue decisioni classficatorie &pendono anche dal suo modo di de-

6nire la oozione di testo. Se per «testo» si intende ufl insieme slncronico di segri

funzionalmente interrelati, che cessa di essere quello che è qualora se ne alterino Iecomponenti verbali e le loro specifche interrelazioni, il constatare gli effetti della

«tradiziooe aperta» può indurre lo storico della leneratura a datate l'opera non al

l'epoca di una solo ipotizzabile prima stesura, ma a quella della(e) redazione(i) effet'tivammte nota(e). Se invece rl testo viene co[cepito diacronicarnente come un in'sieme più flessibile (tenendo conto, come si fa a proposito del testo semlotico, solo difunzioni marcanti più universali, ma anche più astratte), I'opera può anche essere

datata al tempo delle sue <<origini testuali», intese come nascita di una specie di or_

ganismo vivmte capace di restare semple se stesso pur mutandosi stodcamente. Leion".gu.tr. di decisioni Gpirate dall'uno o datl'altro criterio possono sconvolgere

radicalmente più d'uno schema storiograflco.Si obietteà che i problemi di cui stiamo trattando non sono poi così eccezionali

e neppure tipici della sola civiltà russo-slava ortodossa. Ciò che conta, però, non è

tanto Ia natura delle tecniche scrittorie connesse con la.tradizione apefta», quanto

l'entità della loro diffusione, in virtù del panicolare modo di concepite il mestiere

dello scrittote a cui abbiamo accennato. Sembra spesso più prudente ipotizzaae, oalmeno sospettare, una <<tradizione aperta, che non una «tradizione chiusa», A

volte, anche quando i codrci a noi pewenuu attestano la fedele trasmissione di un

compatto materiale testuale, nasce il sospetto che il testo tràdito che se ne può rica-

vare sia il ptodotto di interventi redazionali a monte o al Livello dell'archetipo Se i

codici sono tardr rispetto alla supposta origlne testuale dell'opera, è difficile presu_

mere che il testo a noi noto non differisca, anche in misuta notevole, dalla stesuta

originale. Il che, owiamente, pone seri problemi di datazione e può minare la fonda'tezza degli schemi di peiodizzaziote.

A volte, l'intervento redazionale può riguardare essmzialmente Ia veste lingui_

16 - RIc€ nDo PIccHIo - Tadiziose tu$a d,tid e t dizio,e sl4ra oltodd

stica. È questo il caso di testi nati nella Slavia balcanica e poi trasferiti alla Slaviaorienta.le con adattamenti all'uso slavo ecdesiastico locale, oltre che con ritocchi dicontenuto: ad esempio, la premessa dedicatoria della cosidàetta Raccoba di Sujato-làu del 107J, in cui il nome del principe kieviano si sostituisce a quello dello zarbulgaro Simeone per cuJla Racnka eta stata originariafiìente messa insieme più dicento anni pdma; o anche la versione russa antica àel|'Esametoae, scritto da Gio-vanni Esarca di Bulgaria sempre ai tempi di Simeone, ossia agli inizi del X secolo. Iproblemi di storia testuale e letteraria connessi con lo studio di simili opere non sonomolto diversi da quelli che si pongono, ad esempio, in merito alla tosctti2z zlor,e dei,

testi di antica poesia sicfiana. Tanto la storia estema dell'opera quanto le analisi ri-costruttive possono portarci a delineare la «storia del testo» entro limiti suffcienti diplausibilità.

Quando rnvece i redattori elaborano più essenziali strutture del testo, diventamolto più arduo ricostruire la storia degli interventi. Non che I'impresa sia sempredisperata. Bisogna però impegnarsi in analisi e collazioni & panicolare complessità.Lo studio delle diverse redazioni di un'opera potrà, per esempio, incentrarsi sullaricerca del materiale testuale comune (invertendo cioè il procedimento ttadizionalmente adottato nell'esame degli «errori» presenti nella documentazione d'un testotràdito), nella preunzione che le invananti testuali attestino una contìnuità di cui,invece, le cospicue varianti segflano i tracciati devianti.

Quanto sin qui esposto può dare un'idea dei problemi che Io storico della lette-ratura russa antica deve affrontare prima di decidere se una determinata opera, oinsieme di scritti pervenuuci spesso rn codicr seriori, debba essere collocata in «questo o quel capitolo».

5

« Letterarietà» dei testi russi anticbi e loro str*ttare formali

Non c'è da stupirsi €he, per lungo tempo, si sia dubitato della natura e degliintenti artistici, ossia della «letterarietà» dei testi russi antichi. Vecchie formule criti_che hanno contribuito a radicarc, anche fra gli studiosi del nostro tempo, l'opinionesecondo cui nella vecchia Russia si meneva nero su bianco solo per 6ni «clericali»,owero pr4tici e devozionali, e che per questo si ignorava la letteratura come arteverbale. A conforto di questa tesi possono essere usati anche i dati che abbiamo ap-pena preso in considerazione. Come chiamare letteraffa, nel senso di belles lettres,illavoro di scribi-redattori, di epitomatori e di derici-funzionari che, per abito mentalee per convinzione dottrinaria, rifuggivano dal farsi creatori di testi veramente nuovi?E, oltre a questo, altri più specifrci capi d'imputazione possono venire formulati in

Patu Pntu - l"t/oduziose - 11

una specie di ideale processo, inteso a contesrare il dirino di ciaadinanza dei testirussi antichi irr una repubblica delle lettere concepita in termini modernammte eu-ropei.

Si può innanzi tutto imputare a questi testi l'assenza di vere e propne forme poe-tiche, intese queste ultime come scrittura in versi secondo ben precise norine metd-che. I testi russi antichi sono infatti scritti in prosa. Ciò può indurre a credere che lapoesia russa sia un fatto recente, attestato solo a partire dall'età modema. Di dove e

da che cosa può essere nata?, vien fatto allora di domandarsi. Le risposte più comuniricalcarro concetti introdotti dai teorici russi del XVIII secolo e poi elaborati pertutto il secolo XIX.

È vero - si usa dire - che il Medio Evo russo ignorò uffcialrnmte lo scrivete inpoesia, ma ciò non significa che il «popolo russo» non fosse dotato di una propriavoce poetica, che fosse sordo a ritmi e melodie. La prova del contrario è fomita dalfoldore, dalle tradizioni orali. Altro che sordità ai ritmi ed alle melodie! La foldon-strca moderna ha raccolto volumi e volumi di canti non solo metricamente elaboratj,ma anche ricchi di 6gurc foniche, di convenzioni formulari, di elaborate coffispon-denze fra tipi tematici e convenziom composiuve. Molu di questi testi - tramandatida gmerazioni e generazioni di cantori dotati & prodigiose capacità mnemoniche -sembrano risalire ad epoche remote. La poesia russa modema non sarebbe, dunque,che la perpetu^zione di uo costume ancestrale e di tecniche affnate da secoli d'espe-rienza, solo esteriomente rinnovatesi sotto Io stimolo delle poetiche e delle retoricheoccidentaÌi.

Questo modo di presentare le cose può aprire prospettive affascinanti. Ai finidella «storia della civiltà letteraria» che qui vogliamo descrivere, l'introdume indi-scriminatarnente la tradizione orale nel nosro discorso potrebbe tuttavia portare agravi fraintendimenti. La civiltà letteraria che ci interessa non riguarda, per defini-zione, che il mondo delle lettere. Di letteratura senza lettere si può anche parlare intermini convenzionali e molto astatti, ma si tratta pur sempre d'rma contraddizionein termini.

La tradizione omle dovrà essere vista come una specie di «tesoro nascosto» ov-vero - per usare un linguaggio meno fantasioso e tecnicamente più concreto -come un fattore extraletterario della tradizione che direttamente ci interessa. È udesapere che i letterati della Russia antica potevano essere più o meno in contatto conmolti illetterati, capaci di esprimere in poesia parte di quanto loro registravano soloin prosa, e magari di mettere insieme testi di altro tipo attingendo a tematiche di-verse. Ciò tuftavia non giustificherebbe il nostro trasferire qudi «altri testi" dalmondo delle non'lettere a quello delle lettere. Quegli «altri testi» sono poco stoticiz-zabili. Nulla di certo sappiamo dei loro mutamenti ai livelli compositivi, linguistici etematici prima deu'età in cui i foldoristi modemi li trasferirono appùnto nel mondodella letteratura. La loro storia letterada inizia con la loro prima registrazione.

Non meno seria, contro la «legittimità letteraria, della tradizione russa antica, èl'accusa di avere peivicacemente ignorato ogni forma di Jictio. lnfa,tli, gli scrittoridella vecchia civiltà slava ortodossa dovevaoo dire «il vero». Non potevano «inven-tare», non potevano «6ngere».

Non c'è dubbio che l'arte dello scrivere, nella civiltà slava ortodossa, si confor-mava a concezioni e princìpi diversi da quelli vigenti nell'Occidente (i,r compresa,

18 -RIcc p.Do PrccHro - T/idizio,e M'd a,tid e t/adizione sla,a olroda!tu

da questo punto di vista, la Slavia romana) ispirati prevalenternmte da.lla cultura (re-

ligiosa e laica) della latinità. Ciò signi6ca che i testi della leneraua slava onodossa

- e in panicolare quelli russi antichi che qul direttamente ci interessano - nonpossono essere decodficati se non si conosce bene il codice che li governa. Non te-nere conto della loro alterità ed applicare loro un codice occidentale è operazionepalesemmte sbagliata.

Se questa premessa è vera, douemo allora chiederci quali fossero quelle «altreregole» e quegli «altri principi» che regolarono l'attività scrittoria neÌle terre russeper circa sette secoli. Per armi si è frugato fra i vecchi manoscritti, con la speranza drtrovare qualche trattato russo anaico di poetica e di rctorica, o comunque un qùalchedocumento cÀe illustasse i fondameoti di una organica «teoria della letteratura».Non si è trovato gran che. O almeno non si è rovato nulla che assomigliasse daweroa quanto si cercava. Come mai? Da qua.lche tempo si va facendo strada il dubbio chele ricerche di questo tipo siano male impostate perché quanto non riusclamo a tro-vare potrebbe non avere mai aluto ragione di esistere.

Le sole dichiarazioni teodche, che ricoffono con una certa frequenza, sia nei testirussi antichi che in quelli prodotti nelle altre terre della Slavia ortodossa, si incen-trano topicamente su un motivo guida sinteticamente parafrasabile in questi terminl«queste pagine non sono state scritte valendosi delle mendaci ani verbali dei retori-filosofi della paganità, ma sono stxte impeifettamefte vergate, in umile preghiera,fdando nell'ispirazione che viene dall'Alto e che sola può aiutare questo indegno edincolto scriba a trasmettere parole di verità». Uno fra i più noti e studiati esempi ditale auto-presentazione formulare dello scrittore russo antico si rova all'inizio delSernone sulld o;ta di S. Stefano di Perm', composto da Epifanio il Saggio agli inizi delXV secolo. Gli ingredienti della formula sono tuttar,'ra presenti in vari a.ltri testi, pertutti i secoli della tradizione slava onodossa. Più che dt ùt topos nodestiae, si tt^tt^della professione di un credo che, in sostanza, formula una precisa «retorica dell'an-tiretorica». Sembra dunque ragionevole pensare che chi respingeva la retorica nonscrivesse trattati di retorica.

Contro l'ipotesi di un uso scrittorio affidato unicarnente alla pratica di un'evan-gelica semflicità si possono tuttavia addurre troppe prove di fatto. Sarebbe daweroingenuo, da parte dd lettore-critico di oggi, prmdere alla lettera chi - con costanteuso di dichiarazioni formulari - si proclamava rozzo, ignorante ed inesperto di ogniartiEcio espressivo. Esaminando i testi slavi ortodossi e russi antichi, vi si scopronoinvece segni di tecniche sapientemmte elaborate che, oltre a contdbufue all'ornatodel discotso, servono ad evidenziare strutture marcanti sul piano semantico.

Queste considerazioni ed osservazioni ci portano a concludere che le fonti, o imoddli, della teoria letteraria slava ortodossa e russa antica dovranno essere cercatinegli stessi princìpi religiosi a cui si ispirava quella società. Non le tesi dei retori-filosofi, ma gli insegnamenti della Scrimrra e dei Padri - secondo l'ortodossa inter-pret^zione fissata dalle autorità ecclesiastiche - potevano fohire una guida sicura.Non di «poetica» e non di <<tetorica», nel senso classico radicatosi nella cultura oc-cidentale. dovremo dunque parlare a proposito della letteratura russa antica, bensì di<<dottrina» dell'anività scrinoria.

A questo modo di leggere ed interpretarc i testi del Medio Evo russo si oppon-gono, tuttavia, tesi cdtiche il cui prestigio fra gli studiosi del nostro tempo è tuttora

Pù@ Pitu - lnoduì'one - 19

notevole. Il panorama fin qui tracciato della civiltà letteraria russa afltica, comeespressione di modi di pensare e di agire govemati da princìpi religiosi, è vigorosa-mente contestato da chi pensa non solo che oella vecchia Russia ci fosse sufEcientesp^zio per una cultura laica e sociopoliticarnente <<secolare», ma che proprio fraquanti riuscivano in qualche modo a sotÙarsi al dominio spirituale dei poteri reli'giosi occoffa ricercare i germi di tma vera letteratura d'arie.

La polemica su questo punto non dovrebbe essere portata agJi estremi. Non sernbra sensato dire né che «tutto era solo religione», né che v'era un pennanente con'flitto tra spirito religioso e spirito mondano, o profano. Certo vi sono, nel .o?rrdegli scriai russi antichi, pagine e pagine che riflettono ambizioni politiche, feworimilitari, sentimenti d'amore o di odio, di speranza o di disperazione, di invidia o dipietà, di gravità mistica o di umore faceto, di adeguamento ora ai precetti scritturahed ora ai modelli di tradizioni etnico-popolari. Ciò che più conta, tuttavia, non sem'bra essere la materia in sé, bensì il modo di presefltarla, di incofiriciarla e di interpre-tarla. Di motivi profani sono colrne le Sacre Scritture. La funzione contestuale diquesti motivi è però marcata al punto che qualsiasi lettura fuori del loro specificosistema referenziale non può che alterame in modo radicale il valore significante.

ll renderci conto che gra[ parte dei testi russi antichi (quelli almeno che mo-strano segni evidenti del loro adeguamento alla <<dottrina») sono govemati da unospecifco sistema referenziale, modellato sulle Scritture, ci porta ad un tipo di letturadiverso da quello tuttora dominante. Come nella pratica dell'esegesi scritturale, an-che nella nostra interpretazione & molti testi della Rus' kieviana o della Moscoviapre-petrina non dovremo limitarci a percepire un solo livello di signficati. Dovremoinvece tener conto della co-presenza di valo semantici a Livello spirituale, ossia attinente al vero assoluto e rivelato, e al livello storico, ossia attinente alla sola realtàfenomenica delle esperienze terrene. La stessa sto a, natata da un cronista o presen-tata da un agiografo-predicatore con sottolineata fedeltà alla realtà dei fatti, può tra-smettere messaggi spirituali diversi, così come fatu drvetsi possono raffgurare lastessa superiore vedtà extrafenomenica. Queste bivalenze semantiche diventano es-

senziali ai fini di una piena comprensione dei testi.Per illustrare e chiarire questo complesso e delicato insieme di stnrtture sigoifi-

canti, vale la pena di soffermarci brevemente sin d'ora (pur rimandando il lettore a

quanto se ne dice nella nostm trattazione specifca, cap. II, § 2) su un esempio moltonoto e discusso: la .lrcia di lgor' Sojatosléuié. Le vicende del battagliero principe diN6vgorod-S&ersk - sconfino e fatto prigioniero dai Cumani della steppa, ma poimiracolosarnmte restituito alla sua gente ed alla sua terra - sono natrate in manieradiversa in due cronache e in un celebrato componimento d'intonazione oratoria,noto appunto come J/oro, ossia come DridDrro sallimpresa di lgor' Sojatoshuiè.

Se leggiamo (come del restg si continua a fare) quesu testi solo al livello storico,non vi scorgiamo altro che un raccohto vaflamente interpretabile, di cui si possonosottolineare a piacere i toni epici e lirici, i motivi storici e politici, la pìetds del prct^-gonista secondo le cronache o la quasi pagana bellicosità secondo lo .!/oao. Se invecenusciamo a cogl.iere il signifrcato spirituale del racconto, il senso «vero" (religiosa-mente parlando) ci può essere rivelato con l'autorità di un messaggio scritturale.

Ma come individuare (e non solo ipotnzare) la natrra di un simile messaggio?

Abbandonato a se stesso, il lettore resterebbe nel buio. Bisogna dunque che il testo

20 - &cc,{RDo PrccHro - Tddlione rulsa .ntiù e t,adizao"e sh!. o*ÒLÒM

stesso gli fomisca una «chiave». E, infani, in varie opere del Medio Evo slavo orto-dosso, troviamo ben riconoscibil marcatori semantici che defniamo <<chiavi temati-che».

Di regola la chiave tematica è costituita da rma citazione, o da un insieme di ci,tazioni scritturali situate ad un punto convenzionalrnente marcato della compos!zione, che corrisponde all'inizio dell'esposizione (ossia all'inizio del .acconto, dellapresentazione dei fatti, o della materia). Troviamo la chiave tematica o nelle primerighe del testo o subiro dopo qua.lsiasi ripo di introduzione o disco.so preliminare.

E ura regola generale cfie sernbra valere anche per lo S/ouo su lgori Svjarosìàviò.Subito dopo un preambolo in cui si discute del tipo di narazione (ossia del «gene,re») da adottarsi, la voce narrante alwerte che la vera e propria erpotiiorre s:t^ perincominciare: «Incominciarno, dunque, fratelli, questa storia...». Dopo queste paroleIgot', il protagonista, compare sulla scena narrativa. È questo il punto convenzional-mente marcato in cui il lettore deve cercare la chrave tematica. E infatti lgor' e la suastoria sono subito carafterizzad mediante una cita2io]l,e dal Deuterohomio (2,30).

Il lettore che conosce le <<regole del giuoco» sa come comportarsi. I1 significatospirituale di quanto sta per leggere è quello fssato dall'esempio biblico. Si tratta diassimilare la storia di lgor' Svjatodàviè alla storia del biblico Sehon, re di Heshbon,che perse se stesso e la sua teffa perché passionalrnente tavolto da superbo furorebellico. Anche se gli eventi storici sono diversi, lo schema semantico ispirato dallaScrim:ra li riporta ad un referente comuoe. Ci troviamo dunque, in ambo i casi, difronte ad un esempio di <<peccato di superbia», di colpevole e Érnesta,byla!. Perquesto peccato, per il suo 6dare nella vimì guerriera rimanendo cieco di fronte aisegni di Dio, lgor' è prmito con la sconftta e la prigionia. Lo riscatteranno il pentj-mento, nonché le preghiere della sua gente.

Il ricoooscete il valore determinante di artfici che, come le chiavi tematiche, tra,sformano molti testi russi antichi - percepibili a prima vista come <<atide» registra-zioni di eventi da pane di scribi-firnzionari in complessi ricami d'allegoria, non èche il primo passo verso un tipo di lenura più attenta. C6mpito delle chiavi tematiche è - come s'è visto - di aiutare il lettore ad individuare specifci «ponti» tal'uno e l'alto livello & signficati. ll chiarimento iniziale offeno dalla «chiave tema,tica» è spesso integrato da serie di riferimenti scritturali nel resto della composizioneverbale, per cui Ia «doppia lettura», storica e spirituale, può seguite 1o snodarsi diveri e propri motivi Darfarivo,referenziali. Probabilmente, non tutti gli utenti dellaletteratura russa antica erano in grado & compiere tanto delicata operazione. Per imeno scaltriti bastava, comunque, il livello storico. C'è però da domandarsi se anchei lettori colti del nostro tempo debbano accontentarsi di così limitate percezioni deimes§aggi-

Già questi segni di elaborata tecnica espressiva sembrano giustifrcare la nostraimpressione che le opere russe antiche non siano affatto sprowiste di caratteristicheletterarie. Non abbiamo però aocora affrontato il problema centale a cui ci siamopiù sopra riferiti: come conciliate questo particolare tipo & lenerarietà con l'assenzadi quella panicolare espressione della libenà creatrice della fantasia che & solitoiene identif.cata cotla {rctio?

Lo scrittore slavo ortodosso non poteva.6ngere». Questo però non simifca che

- come abbiamo visto - gli fosse preclusa la possibilità di giuocare d'are nello

PznP PnDd - l,t/Òdui6e - 2l

spazio delimitato da diversi, seppure convergenti, livelli di significato Non che gh

fosse permesso di mescolare vero e non vero, reale e Éttizio. A diffelenza di quella

occidentale, la cu.ltura cristiana orientale deÌla Slavia onodossa non accettava com-promessi con il pericol oso giuoco de)la polisemLa, per cui <<poetiche menzogne» pos'

sono farsi vettori & verità co-raffigurate entro lo stesso messaggio verbale. Per loscrittore slavo ortodosso, il senso storico era legato - di norma - alla verità fattualenon meno di quanto il senso spirituale era legato alla verità assoluta rivelata dalle

Scrittute. Gò equivaleva a non inventare eventi, ma a fedelmente annotarne il reale,

prowidenzialmente inelunabile accadere. Non mescolanza di signficati ad uno

stesso livello, ma armonizzazione del livello infedore con quello superiore. Non po_

lisemia, possiano dtte, fi^ siftsemia.Il traìtamento sinsemico dr varie esposizioni, pur escludendo ogni alterazione 6t-

tiva del vero, collocava il reale in una luce diversa. Sotto Io stimolo semantico della

referenza scritturale, persone, oggetti e paesaggi acquistavano contomi che mette

vano in evidmza quanto v'è d'essenziale nella tanseunte varietà del corpoteo. Un'at_

tenta osservazione comparativa delle stilizzazioni ricorrenti nell'arte fgurativa russa

anuca può giovare alla nostta comprensione di questa «luce esegetica».

I-liconicità degli schemi verbali portava ad una particolare «lessemizzaziofle», os_

sia all'uso di formule, insistentemente dpetute, come unità lessicali Con queste pa_

role si rntessevano discorsi a prima vista rigidi, ma in realtà ricchi di possibilità com-

binatorie. Come per «leggere» le sacre icone, anche per vedete i colori retorici e idisegni stilizzati di questi testi letterari bisogna avere l'occhio esercitato. La forza

modellante degli schemi bizaotini vi giuoca un ruolo essenziale.

Benché priva di verafctro, questo particolare tipo di scrittura d'arte può dùnque

essere valutato in termini di «letterarietà». Sembra strano che la critica d'ispirazioneformalista, che tanta influenza ha a!'Ìrto suglr studi lettetad del nostro secolo, abbia

non solo ampiamente ignorato, ma spesso anche ripudiato i testi slavi ortodossi del

hmgo Medio Evo russo. In verità, la letteratura russa arltica ci aPpare dcca soprat_

tutto di forme, mentre i suoi contenuti risultano anche hoppo limitati ddla'"1.gilarlza

tematica dei poteri politico"rdigiosi.La fimzione regolante delle chiavi tematiche, anche al livello delle strutture com_

positive, è solo un esempio - al limite tra forma e contenuto - di come gli scrittoriantichi - dall'età della Rus' kieviana a quella della Rus' moscovita - sapessero ser-

virsi di espedienti, di tecniche e di .trucchi, formali. Purtroppo, lo stato attuale de-

gli studi non ci permene ancora di valutare la reale entità di questo patrimonio tec'nico che. suJ piano funzionale. sembra equiparabile all'arsenale delle retoriche d'Oc-cidente. In mancanza di veri e propri trattati russi antichi di teoria e tecnica della

Ietteratura, possiamo dedutre solo dall'esarne analitico dei testi i prhcìpi che ne re_

golavano la stumrrazione formale. È una ricerca lunga e faticosa di cur si sono ap_

pena precisate alcune premesse metodologich- Prendendo in panicolare considerazione la secolare coesistenza & pocfli litteruti

con moltitudini dt illitterati r'elTa vecctia Rus', vari studrosi haono cercato nei tesu

della tradizione scritta echi e tracce delle tecniche verbali attestate dalla tradizionefoldorica. È difficile fare un bilancio dei risultati di queste indagini. Non di rado la

stessa otigine popolare del procedimento fomrale, o della stilizzazione espressiva che

si vuole definiie, può dimostrarsi un'ipotesi illusoria. Supposte «voci di popolo» tra-

22 ... RrccAxro PrccHro .- Tradiiobe lusa antica e bddiiose staoa ottodosd

disco:ro, ad un esarne più attento, la loro origine libresca. Ciò non garafltisce, petò,che i,letrerati,slavi onodossi non attingesserò, in certi casi, p.op"io-"1.1, foot.'ool"anzlcne a quela scfltta.

. Pur riservandosi le più ampie possibfità di giudizio e controllo, lo storico dellaletteratu_ra non può non prendere atLo di questa possibilirà.

Poiché la tradizione orale può essere viicolo, oltre che fonte, la sua funzione dicomponente culturale (come già abbiamo osservato, funzionalrnente «extraletteta-ria») della civiltà letteraria russa antica non dovrà in alcun caso essere sottovalutata.I1 riconoscere srrumrre di..tipo folclorico» nella tessitura forma.le della letteraturanon dovrà però farci necessariamente pensare a diretti prestiti testuali (anche se que-sta ipotesi non dovrà essere pregiudiziaìnente esdusaJ. Modi di espressione ricor-renti nei testi a noi giunti (tardivamente) per trasmissione orale - come ceni rioi diiterazione, di para.llelisho, di collocamenro enfatico deg.li aggerrivi nell.ordir,. à.[eparole. di segmenti ritmici o anche di 6gure semantiche - pos"ooo essere mtrati nelrepenorio formale degli scribi russi antichi e quindi neUa tro speciEca «grammaù.ca» letteraria.

Sembra comunque chiaro che, in tutta la Slavia ortodossa, i maggiori modelli distrumrre formali furono recepitì dagli scrittori per via propriamentJletÉruri^, attra-verso il calco o l imitazione di formulazioni scritte. pur non trascurando I'imponanza& processi codificatori intemi alla stessa rradizione indigma, non v,è dubiio che ilcontinuo contafto con testi greci

- prevalentemeote, ma non esclusivammte reli-glosi ebbe una funzione determinante.

! {f6cil5 nensar. ad un esempio di contarto imitativo slavo-greco più tipico eproduttivo di quello fornitoci dai traduttori. per comprensibfi moìivi storico,iritici,le storie delle varie letterature della Slavia ortodossa (e la nostra non fa eccezione) siincentrano su un_coqpas speciale di testi originali. ossia composti ex zozo in arnbienteslavo, trascurando spesso l'iogmte parrim;nio di opere tiadone. Una simile selezione può trarci in inganno quanto alla formazione di una concreta «lingua dellaleneraturao, intesa nella sua accezione più vasta di insieme di convenzioni es_pressive.ll tradunore non solo sanziona formule espressive basate sull,equivalàza conqurlle del suo modello-foDte, ma anche ctea schemi formali che li p.r-.ttorro ,ror,solo di imitare, ma anche di competere. Da quest operazioni naiono moduli ouoviche vivono nella lingua recipiente. Lesperienza del;aduttore si trasferisce al lettore.Se si tiene conto del fatto che, nella civiltà leaeraria della Rus,kieviana e moscovita,il numero di opere rradone superava di gmn lunga quello delle opere originali. non sipossono averc dubbi su-ua [irnzione determinante del contatto linguistiioletterariofra greco e slavo ecclesiastico o russo antico,

Una storia ddle strutture formali, delle convenzioni linguistiche, delle tecnichecompositive e, in genere, della lilgua della letreratura russa antica dovrà dunque ba-sarsi, in notevole misura, anche sulla storia dei metodi di traduzione. E anche a que,sto proposito Ia prospetriva russa si interseca e si confonde con quella slava ono-dossa. Chi volesse risalire alle origini di determinati usi lessicaÌi. o formule siotatti,che, o criteri generali di otgatizzazione del discorso, non porrebbe lare a meno diprendere in considerazione tanto i traduttori della Bu.lgaria medievale da GiovanniEsarca (X secolo) alla scuola di Gmovo O(IV secolo), quanto quelli di tradizionepiù ampiamente slava balcanica nonché serba da Madislav GramàtiL (XV secolo) ai

Pzne Pnna - I"ùotuzione - 23

monaci di R èa (XVI secolo). Accanto ai traduttori di testi ecdesiastici, bisogneràinoltre annoverare i tradunori di cronache, di mcconti apocrifi e di storie «profaner,come le storie di Troia e quelle di AJessandro Magno o di Tristano.

Oltre che sulle strutture formali assimilate, grazie ai contatti linguistico-culturali,con tradizioni alloglotte (principalmente ma non esclusivarnente entro l'area bizan-tina: negli ultimi secoli del Medio Evo russo anche i modelli latini avranno una frm-zione importante), l'attenzione dello studioso dovrà pur soffermarsi anche sulle tec'niche letterarie elaborate alf intemo della stessa tradizione nrssa antica.

In vedtà, può essere molto difficile distinguere fra componenti autoctone ed im-portate. Non sarebbe però metodologicamente corretto tentare di ridurre ogniaspetto dell'omato russo antico al denominatore comune de.ll'assimilazione_imita-

zione. Sembra più giusto e più profrcuo cercare di descrivere e catalogare oggettiva_

mente le strutture formaÌi ricorrenti nei testi russi antichi, e poi indagare se Ie si

possa o meno identificare con forme a noi già note da tradrzioni diverse. I non moltiitudi che sono stati condotti secondo questo metodo di esplorazione oggettiva ed«intema» hanno già dato frutto. All'immagine & una prosa mssa antica «clerical_

mente» scialba si va sempre più sosutuendo quella di un uso scrittorio fondato su

accorgimenti rafEnati e su trame ritrno-sintattiche spesso complesse, capaci di sugge_

rire o evidenziare corrispondenti disegni semantici.Vari studr recmtemente dedicati alle strutture formali della letteratula lussa an

tica sottolineano un dato importante: la dominante prosa di questi testi si awicinaspesso alla poesia per Ia raffnata artificialità delle costruzioni formulari e per la pre_

senza dr tipi d'espressione caratterizzati dall'uso di certi schemi ritmico-sintattici incorrispondenza con determinau motivi tematici. Ciò sigrrifca che queste struttureformali obbediscono a vere e proprie regole, a loro volta govemate da princìpi. Si

tratta ora di deEnire queste regole e questi princìpi, basandosi soprattutto sulla fre'quenza delle ricorrenze testuali.

Già il porre il problema in questi termini segna un distacco dalle metodologieche, ancora pochi anni or sono, partivano dal presupposto dr una prosa russa antica

di per sé non formalizzata. Quanti fidavano in queste premesse pensavano anche che

le altre contestualità da Ioro posnrlate corrispondessero ad un vero e propr:to corpus

poetico russo antico, drstrutto dal tempo, dalle invasioni flagellanti dei popoli nemicidella Rus' o dall'insipienza, se non proprio dal deliberato oscurantismo del clero.

Questa specie di Atlantide della poesia russa, già delineata agli albori della storiogra'6a moderna, nel primo Settecento, da V K. Trediak6vskij, non ha però ancora mo_

strato contomi di credibilità storica.I1 repertorio finora evidenziato delle strutture formali ricorrenti nella pro§a russa

antica comprende (oltre alle figure di tipo classico modellate in gran parte su esemPi

greci) figure foniche, basate sulla allitterazione e su tipi embrionali di rima (soprat-

tutto rime gtammatica.Li contrassegnate dall'iterazione di desinenze nominali e verba-

li), formule ritmiche corrispondenti a tipi & verso sia folcloristico sia liturgico, co-

struzioni rette dal parallelismo sintattico nonché schemi di segmmtazione ritmo-sin_

tattica.Fra le strumrre dell'ultimo upo, le «strutture isocolichet sembrano occupare una

posizione preminente. Si tratta di un modo di otganizzarela frase xtddividendola insegmenti logici proso&camente marcati, ossia 1n cola ritmo-sintattici contrassegnari

dallo stesso numero di accmti. È importante notare che è al numero degli accenti enon a quello delle sillabe che spetta la decisiva funzione marcante. It susseguirsi diquesti cola isotonici forma serie isocolicbe di vario tipo: serie semplici (del tipo3),3..,o55,5,5.,.)senealtemanti(deltipo22-))-2,2-3)..,o4i,4,5,4...),senea comice (del tipo 3,3 - 55,5,5 - ),)... o 4,4A - ),3,J,3,3 - 4,4,4...).ll computo degliaccenti si basa su.l numero delle parole accentate più le clitiche. Riccheìariazionisono possibiJir creando sub-serie ora di semicola ed oru di caudae, oppure dispo-nendo entro serie isocoliche le parti finali & ciascuna sentenzu, che vengàno cosiudavere nna firnzione simile a quella delle dausole del cutsas latimo.

Questo insieme di moduli ritmico-sintattici - che spesso hanno chiara frrnzionedi sottolineatura semanrica - non caratterizza solo gran parte del copzr scrittoriorusso aDtico, ma è presente in testi bulgari antichi, serbi antichi e, in genere, pan,slavo-onodossi.

24 - RrccARDo Prccqro Tadiz':ose tussa dhti@ e ttudiziùe stzua otodoss

6

Dal sistema letterari,o antico d quello ,noderno

Una domanda essenziale si impone a questo punto: quanto il defnire la natura ele firnzioni della letteratura russa antica può giovare alla nosta comprensione dell,in-tera Ùadizione letteraria russa sino al Novecento e all'età sovietica?

La spiritualità mssa modema è pervasa dal grande dubbio se gli scrittori russimoderni possano dawero esprimersi nella <<lingua del progresso», appresa illumini,sticamente dall'Occidente latino germanico. Sul piano latamente ideologico, si ri-sponde spesso di no. Si parla allora di un'<<anima russa» che ha bisogno di più ampispazi. Oppure ci si richiama alle voci antiche <<del popolo".

Gli slavo6li volevano <<tomare a casa». La «casa» che sognavano era molto so-ciale, ecclesiastica e politica, ma poco o male delineata a.l livello dell'espressione ver,bale- Anche le pretese restaurazioni linguistiche non andavano oltre i Iimiti dell'eser,citazione stilistica, sotto lo stimolo contingente di ideologie. Si credeva più alla storiadella cultura, delle istituzioni e delle idee che non alla storia dei modi d'espressiofleverbale.

Solo recentemente s'è incominciato a trattare i dettari degli antichi testi comecomponenti autonome di una specifica tradizione e non èome semplici «rioessi», Perquesto, una storia della letteratura russa, intesa come storia del formarsi e del duraredi convenzioni e di modelli, da cui nascono sempre nuovi seppur tradizionali modulid'espressione, r*ta un desiderutan. Nel primo Ottocento, il verdetto & Vissari6nGrig6reviò Belinskij - «non abbiamo una lerteratura>> (e quindi dobbiamo co-struime una dalla fondamenta) - rafforzò l'opinione secondo cui a.llo scrittore russo

Pa/te kitu - Ltndeio"e - 25

non restava che arricchire, elaborare e fare più russa la «lingua nuova» perché la«lingua antica» non era mai potuta entrare nella repubbJ.ica delle lettere.

Oggi ci rendiamo conto che le cose non stanno così. La voce della letteraturamodema si adegua sì a convenzioni nuove, ma le sue componenti con[otative pro-vengono, entro certi limiti, anche dalla letteratura antica e conservaflo varie impronte& usi passati.

La nostra visione storica dovrà ora basarsi sulla constatazione che la letteraturarussa modema non è - come si soleva credere - I'espressione di un primo «sistemalenerario» che, <<per la prima volta», avrebbe ordinato usi e tradizioni scrittorie lo-cali, ma è erede e continuatrice di un altro «sistema letterario»;

La nozione di sistema letterario non è deEnita da tutti nella stessa maniera. Dallevarie discussioni tuttora in atto si possono comunque derivare aÌcufle invarianti con-cettuali, atte a chiarire quanto ci sembra utile dire in questa sede. Per sistema lette-rario intendiamo qui un insieme di elementi (nel nosro caso le unità foffndizz^te di,espressione letteraria) funzionalmente inteffelati l'uno con l'altro e, nello stesso

tempo, con l'arnbiente. Le interrelazioni funzionali, che erano ben precisate da convenzioni largamente accettate entro una comunità di ispiraziofle ecclesiastica, riguar-davano, nell'antica Rus', unità di espressione letteraria aninte sia alle tradizioni localisia alla tradizione suprarfazionale della Slavia ortodossa. I1 sistema che govemavaquesto insieme di interrelazioni riuscì a conservare per secoJi Ia propria vitalità, rc-golando nello stesso tempo f impiego dei vari livelli del comwe mediun linguistico e

la selezione-combinazione delle strutture formali e semanuche.Non è ceno impresa da poco precisarc quando e come la compattezza funzionale

di questo modo di far lenetatura, conformafldosi alle norme armoniosamente pro-dotte dal primo sistema letterario della civiltà russa, abbia ceduto il govemo dell'at'tività scrittoria ad un nuovo e diverso sistema. La..tesi petrina» si basa su una inter'pretazione «rivoluzionaria». Si sa bene, però, che alla spiegazione di qualsiasi muta-mento in termini di «rivoluzione» si può sempre contrapporre una qualchespiegazione fondata sul concetto di «evoluzione», più o meno accelerata.

Non si tratta solo di verifcare se - per servirci di una delle frasi di FrancescoAlgarotti ripresa da PÉÉkin - sia stato dar,vero Pietro il Grande il primo ad aprire«una finestra sull'Europa», o se tante altre finestruole, porte e porucine non fosserogià state aperte da più di una generazione nelle mura spirituali delÌa vecchia fofiezzamoscovita. Altrettanto importante ci sembra indagare le caratteristiche speciÉche delvecchio e del nuovo sistema letterario, per distinguervi le strutture portanti da.lle

strutture dipendenti. Solo così pouemo segutre il passaggio dall'architettura del vec-chio edificio a quella del nuovo, che sorse sulle stesse fondamenta (non ostante iltentativo di trasmigrare da Mosca a Sankt-Petersburg) e che fu costruito con nonpochi vecchi matedali.

Il nuovo sistema, come lo vediamo tuttora operante, è caratterizzato dall'ado'zione di princìpi profondamente diversi da quelli che govemavano la letteratura me-dievale e pre-modema della Slavia ortodossa. La «mone» del sistema letterario an-tico e la «nascita» di quello nuovo non coincisero tanto con mutarnenti formali,quali I'introduzione di nuovi generi o modi d'espressione, quanto con la sostituzionedella tradiziona.le dottrina, di ispirazione scrimrrale, con la poetica,la retorica e altreforme di «teoria della letteratura» importate dall'Occidente.

26 - RrccArlo PrccHro - Ttudizioae dssa d,ti.a e t odtziore slaoa ottodosa

Questa osservazione ci sembra importante perché, ndttlnzando la nostra atten-zione ve$o 1'essenza culturale del problema, ci aiuta a meglio capire la grande crisinota come «occidentalizzazione». Lautorità di cui gode Ia «tesi petrina» può in ve-rità trarci in inganno, inducendoci a postulare uD passaggio subitaneo dal vecchio alnuovo sistema letterario. In realtà, il processo fu più lento e complesso.

Analogamente a quanto abbiafiro osservato a proposito del passaggio dalla con-venzione linguistica di ispirazione slava ecclesiastica allo standard letterario del russomodemo, anche per quanto riguarda la transizione dal vecchio al nuovo sistema let-terario dovremo tenere conto di cospicui mutamenti all'intemo della letteratrÌra en-tica, che precedettero lo scontro estemo con le norme nascenti della letteratura mo-derna. La «grande occidentalizzazione» settecentesca non investì una civiltà lettera-ria immobile. Letà di Pietro si contrappose non solo al Medio Evo slavo ortodosso,ma anche ad un tipo di occidentalizzazione già in atto, che per varG ragiooi (tra cuiuna vera o supposta dipendenza da modelli cattolico,polacchi) era sentira come ideo-logicamente estranea a.lle nuove aspirazioni.

Spodestata la vecchia dotùina, i russi modemi si misero a fare letterarura in ma-niera nuova, con dsultati - come tutri sappiamo - dawero grandiosi. Ai vecchiscribi-redanori, dal Settecmto ad oggi, sono seguiti gran& maestri. Si deve a loro ilperentorio inserirsi della letteratura russa ai massimi livelÌi della letteratura univer-sale. Ciò non signfica, tuttavia, che le impronte del vecchio sistema si siano perdute.Ne sentiamo tuttora la presenza in vari aspetti caratterizzanti della letteratura russadel Novecento e, in particolare, della letteratura russa del «periodo sovietico» (anniVenti-aani Ottanta): dall'insistere sui <<doveri delÌo scrittore» alla convinzione che videbba essere un nesso fra moralità artistica e descrizione del vero, al bisogoo di an,corate la patola scritta a superiori referenti semantici e spirituali.

Capitolo Primo

LA CODIFICAZIONE DEI TIPI LETTEMRINELLA RUS'KIEVIANA (SECOLI )(I.)(II)

Michele Colacci e Riccardo Piccbio*

1

L'ingresso nella cristianità

Secondo il più antico racconto delle monache locali, Madlmir (Volodimer) Svia-

toslAviè - principe pagano dr Kiev e capo di una grande lega tribale le cui scorrerieminacciavano da qua.lche lustro il Ponto e Costantinopoli - ricevette il battesimo da

missionari bizantini attorno all'anno 988. La reale comice storica di questo wentoresta offuscata tanto dalla mancanza dr confetme sicure in altre fonti quanto dallaevidmte stilizzazione emblematica dello stesso racconto cronachistico. Non v'è dubbio, però, che con la conversione di Madimir amplissimi territori si aprirono al

l'espansione costantinopo)itana.I missionari bizantini si stanziarono nel bacino del Dnepr, al cenro di una rete di

traffici fluviali che permetteva di collegate stabilmente I'economia del mondo greco

con quella della Scandinavia e del mari settentrionali. Se Ia conquista religiosa avesse

portato ad un'effettiva espansione politico-militare di Bisanzio, l'intero sistema deirapporti europei, fondato sin dall'età classica sui commerci me&terranei, avrebbepotuto essere sconvolto. I cristianizzatori greci non agirono però come colonizzatoriIl potere arnministrativo rimase saldamente nelle mani del capo Lieviano Ia cui auto_

rità locale, al vertice di una gerarchia di tipo feudate, venne espressa dal titolo diVelibi k"xjàz \GtnPrincipe). Questo stato di cose - caratterizzato arìche dal fattoche la nuova fede non fu divulgata in greco, ma nella lingua slava consactata centoanni prima in Moravia dalla missione di Costantino-Cirillo e di Meto&o, e assurta

quindi a piena dignità nella Bulgaria di Boris e di Simeone - favorì lo wiluppo diuna civiltà nuova e, sotto molu aspetti, diversa da quella bizantina.

A frenare la diretta avanzata continentale dell'lmpero cristiano di Oriente verso

il Nord, e verso le piane già govemate dai Sarmati e dagli Sciti dell'antichità, con-tribuì l'ingente estensione dei nuovi territori, che la convetsione del Gran PrincipeVolodtmer Sviatòslàviò assimilò allo rlatzs giuridico-strategico dei «federati» e dei

* Ric@rdo Picchio è auto.e dei §§ r-l e r, Michde Colucci d€i §§ 4,6 e 7.

28 - lvtcHlr Col.ucc! € RI ccApJ,o Prcc:Hrc - la @difidziobe dei tipi lette/an ,elta Rzs, kie!tutu

regni «romano-barbadci». Dal Mar Nero al Mare del Nord, la formazione statalekieviana occupava uno spazio (per lo più inesplorato) non inferiore a quello dellostesso impero bizantino o a quello dell'impero degLi Ottoni: troppo grande per es-sere govemato come uDa semplice provincia.

Il fatto più importante verifcatosi nelle terre kieviane prima della cristianizza-zione sembra essere stato la «indigenizzazione» della dinastia governante. Stando alracconto delle cronache, un leggendario capostipite, 1o scandinavo Rjurik, fu «chia"mato» aÌ potere da alcune tribù di slavi e di Énni della zona del Lidoga. Si inse&òquindi a N6vgorod nell'anno 862. Venti anni più tardi, un suo discendente dal nomeancora d'origine nordica, il principe Oleg (d la forma scandinava Helgr), si spostòda N6vgorod a Kieq dove eliminò i capi locali Askold e Dir e organizzò la sua nuovacapitale. Sotto lgor' (s candinavo lnguar), swccessore di Olég, i conquistatori novgo-rodiano-kieviani si attestarono sul Mar Nero.

Ol'ga, vedova di lgor', ebbe rapporti ufficiali con ambedue gli imperi della cri-stianità. Attomo al 95, ricevette il battesimo, seoza però che la sua iniziativa perso-nale portasse alla cristianizzazione della sua gmte. Il 6glio di Ot'ga, Svjaroslav (mononel 97-1), fu 11 ptrno Kjunkide con un nome chiarammte sÌavo. A lui successeroprima Jarop6lk (973-978) e poi Madimir il cristianizzatore.

Questi dati - trasmessici dalle fonti in contesti ora ftammefltari ed ora contrad-dittori, e non privi di c/r'cÉér naffativi al limite del leggendario - hanlo messo inimbarazzo gli studiosi modemi. A partire dal Settecelto, gli storici ha.nno vadamenteinteq)retato e valutato la parte che i Varjaghi, Vikinghi o Normanni - impersonatidai Rjurikidi - ebbero nella civiltà precristiana della Slavia orimtale. I «normannj-sti» si sooo spesso scontrati con i sostenitori del carattere slavo dello stato di Madi-mir. La polemica resta aperta ed è difficile prevedeme una soluzione nettamente afavore dell'una o dell'altra tesi.

Le incertezze che riguardano la preistoria politica e sociale non haano comunquer.rn peso decisivo ai 6ni della storia letteraria. Dato che I'attività scrinoria incominciònelle terre kieviane solo dopo I'ingtesso nella crisrianità e dato che gli *atgd)zzatoisi servirono di una lingua modellata sui testi slavi della tradizione morava e bulgara,non vi sono dubbi sulla <<slavicità» dell'opera svolta dai primi letterati locali. Né valea diminuire il valore di questa constatazione il tmer conto di possibili influenze delleparlate di popolaziotri non slave, che appatenevano alla stessa comunità politico,culturale. Oltre ai Nornanni dell'atistocrazia guerriera, vivevano infatti 6anco afianco con g[ slavi orientali altre popolazioni, quali gli Estoni, i Finni, i Peceneghi.

Nelle fonti, questa eterogenea comunità è indicata come Rzs'. Si tatra di un et-nonimo che definiva nello stesso tempo un determinato telfitorio e i suoi abitanti(analogamente a Cùd', che n&cava tanto «i Finni» quanto «la teffa 6nnica», o aPern', che .rol*a dire «terra di Perm'» e «abitanti di Perm'»). Troppi documenti(greci, latini, arabi) attestano il costante nesso semantico fra la Rrr'e i Normanni e laScandinavia perché si possano privilegiare, sul piano storico-culturale, altre ipotesiinterpretative in lirnzione «antinormannista». Ciò non significa tufiavia che il for-marsi, da Ras', dei termini RassrZ (usato in latino da Adamo di Brema, già nell')Csecolo) e Rzryh (diffusosi solo nel XVI secolo in testi slavi orientali) ci debba farpostulare origini o modelli germanico-nordici per la cultura slava orientale a noinota. La nozione di Rzs' kieviana dovrà essere percepita come simile alle nozioni

Pa ePitu Cap olo Pitu - 29

storico-geografiche di F ar cia, Lombatlia o NormaalrZ, ossia come riflesso di eventipolitico-militari per cui i conquistatori (i Franchi come i l-ongobardi, i Normanni diòccidente come i Normanni-Varjaghi che si diffusero nell'Est d'Europa) danno ilnome a determinati territori, a cui non giungono tultavia ad llnporre appieno un

nuovo tipo di civiltà. Anche se, originariamente, Ras' voleva dire «guerried scandi-

navi>' (cfr. greco oi ?òE = <<i Normami»; arabo Rds = <<i Normanni di Francia e dr

Spagna»), le caratteristiche slave della Rus' kieviana appaiono preponderanti sotto

l'aspetto culturale. Qualunque fossero le loro più antiche tradizioni di sangue, di or_

gadzzaziote tibale, di commercio (non esdudendo importanti rapporti proto-sto_

iici con I'area meditetranea ed europeo-occidentaÌe), le popolazioni, che MadimirSvjatoslàviò convertì al cdstianesimo, impararono a leggere e scrivere in slavo. inslavo appreserc i comandarnmti della nuova fede e in slavo deinirono i concettr base

della loro nuova civiltà.Le caratterisuche essenziali di questa civiltà giunsero a ben radrcarsi nei costumi

locali in poco più & cento anni. Sino ai primi decenni del XII secolo, la relativa unitàpolitica ddla Rus' governata da Kiev favorì il diffondersi di schemi comuni non

àstante il persistere & conflitti ùibali e le contrastanti ambizioni <<principesche» dei

signorotti minori. Alla morte di Madimit (1015), la lotta armata pet il trono di Kiev

si scatenò alla manieta slavo'normanfla dell'età pagana. Prevalse infne Jaroslav il Sa'

vio (r019-10J4), figlio «di giusto lignaggio» del padre della nuova patria cristiana,

assertore di una nuova legalità fondata sull'etica religiosa e vendicatore dei giovani

suoi *fratelli martiri» Boris e Gleb, trucidati dal «fratello maledetto» Svjatop6lk,

che si era alleato con Boleslao, re di Polonia.Sotto Jarosliv la Rus' si estese dall'Estonia alla Volga e si trasformò, da terra di

missione, in stato membro della comurità europeo_cristiana. La dinastia kieviana

s'imparentò cor i govemanti dell'Occidente, dalla Polonia all'Ungheria, dalla Fran-

cia alla Nowegia. Òiò componava il fiorire delle attività spirituali e, in particolate,

scrittorie. Jarosliv stesso, ci dice il racconto cronachistico, <<s'applicò ai libri e li leg-

geva freq;entemente, di gromo e di notte, e radunò molti scribi che uadussero dal

greco in slavo e scrissero Ìibri in gran numero»Non altrettanto vigore aùtocratlco caratterizzò la storia della Rus' nella seconda

metà dell'X secolo. Nessuno dei 6gli di Jaroslàv riuscì ad imporre Ia propria supre-

mazia, elimir:ando i rivali. Non ostante le endemiche faide e i colpi di mano. gover'

narono tuttavia in relativo accordo: Izjaslàv a Kiev e a N6vgorod. Sviastoslàv a Cer_

nigov, Vsévolod a Rost6v e SÉzdal', e altri prìncipi minori in sedi di minore impor-

Mnza. Questo regime dl cogestione, quasi una federazione militare in cui Kiev non

era più la suprema reggia capitale pur restando la più prestigiosa metropoli (o «ma-

dreìele città t"".""), drrtà più d'una generazione, fino ad essere consacrato, al

«convegno di Liribeò» del 1097, con Ia formula: «ognuno sia sovlano nella propria

dràrz» (= possedimento «patemo», ossia ereditario).La necessità militare di un Gran principe, comandante in capo, si impose nuova-

mente con l'inf,tursi, dalle steppe orientali (già sentite, dalla cristianità russa, come

una «porta d'Asia»), delle incursioni di popolazioni nomadi e predatdci, note come

P1looq o,latiaamente, C ftani.Riconoscintasi terra di frontiera e provincia estrema

della cristianità, la Rus' si impegnò in campagne guerriere - al limite tra la scorrena

di saccheggio, la difesa degli averi e dei raccolti e la sacra ctociala - su cui lo storico

della civiltà letterada non può non appuntare Io sguardo, dato che da quelle caval-cate e da quelle razzie doveva formasi una cospicua mateda di epoJ.

Il più prertigioso condottiero-sovraflo di quell,età, cento anrri dopo il consolida-mento dell'apostolato autocratico di Madimir il cristianizzatore da parte di JaroslÉv ilSaggio, fu Madlmir Monomàch: «Mon6maco» come Costantino IX imperatore diBisanzio, da cui si gloriava di discendere per parte di madre. Dopo averi condivisocon il co-pdncipe Svjatop6& IzjaslÉviè l'altema fortuna di sconrri con i nomadi dellasteppa, il <<mon6maco» slavo orienta.le fu chiarnato a reggere da solo l,aureo trono diKiev nel 1113, e regnò sino al 1125. Con lui si chiuse il primo, e il più «europeamm-te» cristiano, periodo della storia del Gran principato convertito da Madimir Svjato-slàviò. Dopo Madlrnir Monomach, Ia Rus' non sarà più la stessa, anche se i protàtipiculturali acquisiti continueranflo a servire da modello per le generazioni iegueoii.Col variare delle condizioni politiche, militari e sociali muteranno anche i fattori co-stitutivi di una civiltà letteraria arricchitasi nello stesso tempo per via di imitazione egrazie all'autonoma elaborazione di schemi conceftuali, fortemmte condizionati da1vivere sulle fluttuanti frontiere dell'ecumene cristiana con un'Asia ora vicina ed orasfuggente,

l0 - À{rcEErE Corùcq e Rr ccAxDo Ptcctsrc - tz.oaifalzihe dei tìpi tettdai,eltn Rut Èi@iaru

)Tradazioni, cornpìlazioni, rielaborazioni.

e il ?rimo nod,elldrsi ilei tipi letterari

l-iintensa attività scrittotia che si sviluppò nella Rus' appena cristianizzat^ ^pp^teconnessa con la creazione di nuove strutture amministrative che, soprattutto oall?--

bito dell'amministrazione ecclesiastica, riflettwano una volontà poJitica di autonomianei confronti di Costantinopoli. La preparazione tecnica dei copisti indigeni era in-&spensabile per fomire testi religiosi in slavo ecdesiastico a missionari disseminati invastissimi territori. Per mantmere un adeguato controllo su uo'anività indubbia-mente delicata sul piano politico non meno che su quello spirituale, la nascentechiesa kieviana doveva fondarsi su una forte centralizzazione. Òiò spiega il formarsidi tendmze romative e censorie che, sin dalle origini della civ tà leaeraria dellaRus' cristiana, atribuirono agli scribi firnzioni ufficiali, accompagnate da precise re-sponsabilità burocratiche. Non è certo illegittimo domutrdarsi oggi, a mille anni didistanza, quanto quei prototipi di letteratura <<piani6cata», programmaticammtesotffatta alla spontaneità di un libero mercato laico visto come fonte d,eresia, abbiaimpresso un'impronta inddebile alla tradizione russa (ed è essenziale tener presenreclre, in questa tradizione, il qtalifrcante nlssleij = .«russo» si riferisce tanto alla Rùs,antica quanto aÌla Russia modema).

Pa e P/ìùa - Capitob Pino - 1l

Per quanto condizionato dalle iniziative e dagli interessi del potere politico-mil.i-tare, il dero che impiantò e amministrò la Chiesa della Rus' lueviana esercitava, nelcampo delle auività scrittorie, un potere «tecnico» pressoché illimitato. La «culturasecolare», benché cenammte maggiorita a in quanto espressiofle della quasi totalitàdella popolazione, era infatti ptopria di persone che, non sapendo né leggere né scri-vere, si trovavano evidmtemente fuori del mondo delle lettere. Data questa situa-zione, era naturale che ogni testo messo in circolazione dagli scribi educati nei mo_

nasteri, che erano essi stessi membri del clero e che agivano sotto la direzione e ilcontrouo di igumeni e metropoliti, acqulstasse valore di modello: modello nellosresso rcmpo granco e linguistìco. retorico-composiuvo e tematico.

Benché le guerre, le alluvioni, gli incendi ed alte calamità materiali, nonché lozelo dei censori abbiano cancellato dal nostro orizzonte di storici ogni raccia dichissà quanti manoscritti, la docurnentazione di cui disponiamo delinea i contomi diun pattunonio veramente cospicuo dr traduzioni dal greco in slavo ecdesiastico (ri

salentr, sembra, a prototipi bulgari), nonché di compilazioni e rielaborazioni nonsolo di testi liturgici, ma anche di divers€ opete d'erudizione crlstiana e d'hforma-zione enciclopedica. I-Ìesame dettagliato dr questo vario matedale «protoletterario»(in quanto non ancora caratterizzato - nella maggioranza dei casi - da sistematicheiniziative di scrittori innovatori) compete propria$ente alla storia linguistica e cultu_

rale più che a quella della letteratura. È tuttavia importante, ai nostri fini, prendere

in considerazione alcuni esempi, fra i più caratteristici, che illustrano in che modo iltradurre, il compilare e il rielaborare portassero a produffe modelli espressivi capaci

di dar vita a duraturi moduli formali.Le prime traduzioni che circolarodo nella Rus' kieviafla furono quelle necessarie

per la predicazione e per la ìiturgia. ossia i testi base della pratica missionaria già

entrati in uso, alla 6ne del D( secolo, nella chiesa di Bulgaria: dal tetrav ongdo (Cet»e'

rc eoin4elie) a17e tuccolte di preghiere e di formule rituali sia pet cerimonie ordinarielslriéb;ik, che per c{ebraiioni specidr lTrébz*), dal Libro delle ore \Casoslool al

Sokeno @sahi/) e al lezionario liturgico del Vecchio Testameflto (Parenéjnik).1'fatto che i concetti,le irnmagini e le formule base della nuova fede venissero assimi_

lati attravetso testi già consactati dalla più che centenaia tradizione ecdesiastica de-

gli Slavi dell'Europa cenrale e meridionale, è di grande imponanza. Ne consegue

che l'ane russa dello scdvere si formò come ,rDitazione dotta- Le tradizioni popolari

e orali potevano sì influire su alcuni aspetti dell'espressione linguistica, ed insinuarsi

in ceci motivi collaterali dell'esposizione, ma non avevano prestrgio bastante per im_

porre veri scherni strutturali.11 più antico documento russo a noi noto dell'anività dei locali scribi è un evan-

gdiario per le festività (greco: &nqon, ov) trascritto da due amanuensi locali da unmodello bulgaro nel 1056-57 per Ostromft, po dwÈ (magistrato urbano) di Novgo-rod. Il codice, di ricca fattura, noto agli storici ed ai filologi come Ortlornlrcoo ettin-gelr'e (Vangelo di Ostomir), contiene preziose glosse ed è stato oggetto di studi par-

ticolari perché vi si notano signifcativi russismi, rifleftenti la tendenza ad adattarel'uso grafico alle peculiarità foniche delle padate locali. Furono gli adattamenti diquesto tipo (estesi gradualmente dal Ìivello fonico a quello lessicale e, infne, gram_

maticale e sintattico) che, a poco a poco, conferitono alla «rcdazione russa dello

slavo ecclesiastico» le carafteristiche distintive del «russo anticot .

,2 - MTCHELE Colùccr e & ccA"Do Plcc o - ta .odifctzio"e dzi tipl letktuà selh Rzs' kie,i@a

_ Non sidovranno trascurare le componenti poetico-musicali della grande lezionedi ane verbale impartita dai cristianizzatori bizantino-slavi. Nonostaite la loro in-certa storia testuale, traduzioni slave di canti bfirg1(l., $al! i Tn6d \greco: rQl4)òrcv= inno misto tratto da tre cani) e l'OktdiÈ (greco: òntri{oE = ijtìo per otto voci),furono fra i ptimi esernpi, noti alla Rus', di adattamento d;iìesd a funzioni melodi,che. Queste firnzioni implicavano l'impiego di procedimenti formali, dalla segmenta-zione secondo il verso liturgico (slavo rropar', greco rqondqrcv) alla segmentazionestrofica, che rivelavano al lettore dei testi, prima che questi

". ne facÀse canto..,l'essenza degli artfici retorici.

La funzione modellante delle traduzioni-rielaborazioni di testi religiosi fu cospicua, olte che sul piano linguistico,formale, su quello tematico. È difficile dire 6nÀ ache punto il clero dell'antica Rus' conoscesse la Bibbia. Il fano che, sino alla 6-ne delXV secolo, non vi sia stata Una completa traduzione slava del Vecchio Testamento(anche se la tradizione agiografca ne attribuiva una a Metodio, primo vescovo mis-sionario degli Slavi di Moravia) non impedisce di credere che i dàtti kieviani fosseroin grado di attingere al testo greco. Circolavano comunque in slavo ecclesiasticoopere compilative e di\rulgative che rendevano accessibili, se non l'autentica parolasacra, le storie e i personaggi del racconto biblico. Si tratta & compilazioni nairativee pseudoesegetiche, al lirnite fra popolaiazazione apostolica e inv;tiva apocrifa. Lepiù note di queste raccolte circolavano sotto il titolo del prototipo greco messo in-sieme nel D( secolo: PalEZ (per ncr"eld òuo0txrl = vecchio testamento). La più an,tica variante kieviana & questo tipo di compilazione - indicata convenzionJtnenteco]Jae Pal4ti «stoic » (istoiàeskaja)

- aveva tuttavia anche un titolo slavo più spe-cfico Kùga fitija rcbesi i zeml{ \Liùlo de1da genesi del cielo e ddla te.ra). A.l nucieotestuale primitivo, in cui è narata la storia ebraica sino a.l regno di Daude, genera-zioni di copisti-compilatori aggiunsero poi altre storie di totale colorituta apocrifa,tra c\i Salomo e e Kitout,is e i Giudizi d.i Salomone.

Opere come la Palejd Jtolr?a non possono essere viste solo come premesse allavera storia letterada. Il loro formarsi e diffondersi ci aiuta ad individuare caratteristi-che essenzia.li dell'intera civiltà letteraria russa antica. Esse rappresentano il geme ditradzioni scrittorie, ossia di peculiari modi di scrivere destinati a perpetuarsi. AllaPalejà storica seguiranno varie redaziooi della Palej!1 detta <fiterprct^tv^» \tolkò-zcTiz), che è una silloge narrativo-polemica (sul motivo guida della verità cristiana af-ferrnata vittoriosammte contro le tesi giudaiche), didattica, e &pendente da fonti il-lustri ddla tradizione popolare del cristianesimo d'Oriente quali i Testarnenti dei do-dìci patriatchi e la Topografa ctistiaxa di Cosma Indicopleuste.

La complessità della documentazione testuale e gJi evidenti segni di rifacimentoimpediscono di fissare con sicurezza la cronologia di queste e simili opere, i cui pro-totipi vanno comunque ricercati nell'età che vide il formarsi ed espandersi de1l'orga-nizzazione ecclesiastica kieviana. Salvo che per testi di massima sacralità come i Van-geli, i confni tra opere di edificazione ed opere di generale di\,,Ìllgazione - flellaRus' come nella civiltà bizantina - si fecero labili. Laspetto purammte nauativo ofantastico dei libi religiosi atrirò sempre più l'attenzione dei lettori-ascoltatori (siIeggeva nei monasteri, ma anche gli illetterati potevano ascoltare lettori-dicitori nellefortezze, r'ei villaggi o negli accampamelti militari) e ciò creò una panicolare do-manda del mercato librario. A questa domanda risposero gli scribi-uaduttori,redar-