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32 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile Tema 2 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile I n questo Tema vogliamo occuparci delle risorse naturali indispensabili al benessere e al progresso dell’uo- mo, concentrandoci sulle risorse ener- getiche, al centro del dibattito pubbli- co odierno. Sono esse infatti, a fornire «carburante» ai sistemi produttivi e alle economie di tutti i paesi del mon- do. Ma suscitano anche le maggiori inquietudini, per il forte e negativo impatto ambientale generato dal loro sfruttamento. Ormai non è piú tempo di cercare nuove risorse in territori da conquistare: oggi è necessario cerca- re e trovare un diverso modello di svi- luppo, uno «sviluppo sostenibile» che consenta di salvaguardare il nostro Pianeta. Obiettivi da conseguire Conoscere le principali fonti energetiche rinnovabili e non rinnovabili. Conoscere i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo di una certa fonte energetica. Comprendere i concetti di «sviluppo sostenibile» e di «impronta ecologica». Comprendere l’importanza dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per il futuro del Pianeta. Materiali online Approfondimenti Schede in pdf Supporti per i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)

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32 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

Tema 2 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

In questo Tema vogliamo occuparci delle risorse naturali indispensabili al benessere e al progresso dell’uo-

mo, concentrandoci sulle risorse ener-getiche, al centro del dibattito pubbli-co odierno. Sono esse infatti, a fornire «carburante» ai sistemi produttivi e alle economie di tutti i paesi del mon-do. Ma suscitano anche le maggiori inquietudini, per il forte e negativo impatto ambientale generato dal loro sfruttamento. Ormai non è piú tempo di cercare nuove risorse in territori da conquistare: oggi è necessario cerca-re e trovare un diverso modello di svi-luppo, uno «sviluppo sostenibile» che consenta di salvaguardare il nostro Pianeta.

Obiettivi da conseguire

Conoscere le principali fonti energetiche rinnovabili e non rinnovabili.

Conoscere i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo di una certa fonte energetica.

Comprendere i concetti di «sviluppo sostenibile» e di «impronta ecologica».

Comprendere l’importanza dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per il futuro del Pianeta.

Materiali online

Approfondimenti Schede in pdf Supporti per i Disturbi Specifici

dell’Apprendimento (DSA)

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33Le risorse energetiche non rinnovabili

Il progresso dell’uomo cambia il volto della Terra

Il complesso discorso sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui egli vive parte dalla paro-la «ecologia», da tutti utilizzata proprio per indicare tale rapporto. «Ecologia» viene dal greco e significa letteralmente «discorso sulla casa», perché la Terra è la casa dell’uomo e, insieme a lui, di tutti gli esseri viventi.L’uomo ha sempre manifestato una straordi-naria capacità di adattarsi alla sua «casa» e di farne la propria dimora. Dovunque, spesso anche nei climi molto caldi o molto freddi, ha saputo trovare riparo, guadagnarsi il cibo, costruirsi condizioni di vita soddisfacenti. E le città, di cui abbiamo parlato nel Tema pre-cedente, sono uno straordinario esempio di tutto ciò: esse manifestano al massimo grado l’abilità del genere umano nel piegare l’am-biente alle proprie esigenze, fino a renderlo irriconoscibile e stravolgerlo. Non a caso oggi, nelle città, la «natura» viene reintrodotta con la creazione di parchi e aree verdi, che nasco-no sottraendo spazio alle attività dell’uomo.

Qualsiasi modifica dell’ambiente provoca però ripercussioni sull’equilibrio generale della Terra. Tali ripercussioni possono essere piccole o grandi, mostrarsi immediatamente o solo dopo molto tempo, ma sono inevita-bili. E ciò è tanto piú vero se consideriamo che, negli ultimi due secoli, l’uomo ha let-teralmente trasformato la faccia del Piane-ta. Il progresso scientifico e tecnologico gli consente infatti di intervenire a piacere sulla natura con le sue attività agricole, industria-li e di servizio. Mentre l’enorme incremento demografico lo spinge ad ampliare sempre piú i suoi insediamenti e a produrre enormi quantità di beni, necessari a soddisfare il fab-bisogno della popolazione mondiale.A lungo abbiamo indicato tali cambiamenti con il termine «progresso» ed è vero che le condizioni di vita dell’uomo sono nel tempo enormemente migliorate: oggi si vive di piú, si vive piú in salute e piú comodi di quanto fosse anche solo pochi decenni fa. Ma il prez-zo di questo progresso è alto e ora si comincia a capirlo. Esso si manifesta innanzitutto nel grande consumo di risorse e nella compro-

Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

Lezione

2.1Le risorse energetiche non rinnovabili

Piattaforma petrolifera nell’Oceano Pacifico settentrionale.

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Tema 2

Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

FocusFonti energetiche: prima e dopo la Rivoluzione industriale

missione di ambienti naturali che avevano trovato un equilibrio in milioni d’anni d’evo-luzione. In altre parole, il progresso rischia di trasformarsi nel depredamento e nel danneggiamento irreversibili della Terra. Vediamo dunque in cosa consiste esattamen-te questo rischio, partendo dall’esame delle risorse naturali che l’uomo sfrutta per fornire «benzina» alla sua civiltà.

Fonti energetiche non rinnovabili: i combustibili fossili

Il nostro tenore di vita si basa sullo sfrutta-mento di fonti energetiche naturali precise, che possono essere divise in due categorie: rinnovabili e non rinnovabili. Le prime sono inesauribili e sempre disponi-bili: tra le fonti energetiche rinnovabili abbia-

La superficie di una miniera di carbone negli Stati Uniti. Quando il giacimento non è profondo, l’estrazione avviene a cielo aperto; in questo modo però si producono grandi quantità di polvere nocive per l’ambiente circostante e per la salute degli operai.

Tra Settecento e Ottocento nacque in Inghilterra la Rivolu-zione industriale, che nel corso del XIX secolo si affermò prima nel resto d’Europa e poi negli Stati Uniti e in Giap-pone. Essa ebbe due presupposti fondamentali. Il primo fu l’incremento della produzione agricola e il miglioramento delle tecniche di coltivazione, che consentí di sfamare un numero sempre crescente di persone e diede avvio a un’im-ponente crescita demografica. Il secondo fu la stessa cre-scita demografica: l’aumento della popolazione forní forza-lavoro alle fabbriche e creò il mercato necessario ad assor-bire la produzione industriale. La nascita e lo sviluppo delle industrie si basarono però anche su un terzo presupposto, non meno importante: il reperimento e lo sfruttamento del-le fonti energetiche necessarie a muovere le complesse macchine meccaniche introdotte nelle fabbriche. Intorno al 1825, in Inghilterra, un solo telaio meccanico mosso dal va-pore produceva la stessa quantità di tessuto che in prece-

denza richiedeva la forza delle braccia di decine di operai. Il vapore era prodotto dalla macchina a vapore e questa era alimentata dal carbone. Senza il carbone, in altre parole, non ci sarebbe stata Rivoluzione industriale. Prima della Rivoluzione industriale, le esigenze produtti-ve dell’umanità erano assai piú limitate e per soddisfarle bastavano fonti energetiche meno potenti. In primo luogo veniva sfruttata la forza umana ed animale, ad esempio per spingere l’aratro nei campi. Per il riscaldamento si ricorre-va al legno. Il vento soffiava nelle vele delle imbarcazioni e azionava i mulini. Anche l’acqua consentiva di far funziona-re un mulino. Nessuna di queste risorse sarebbe però sta-ta in grado di alimentare con la propria energia le fonderie e le fabbriche ottocentesche. Solo il carbone poté fornire l’energia necessaria a tale progresso. E, dopo il carbone, fu il turno di petrolio e metano. Oggi le esigenze dell’umanità crescono senza sosta e con

In Arabia Saudita il gas naturale che viene estratto insieme al petrolio non può essere venduto con profitto, quindi viene bruciato sul posto, come si vede in questa foto. In altri Stati bruciare il gas è illegale perché si liberano inutilmente nell’aria gas serra inquinanti. Una volta separato il gas, il petrolio giunge nella raffineria dove viene lavorato.

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35Le risorse energetiche non rinnovabili

Lezione 2.1

FocusFonti energetiche: prima e dopo la Rivoluzione industriale

mo ad esempio l’energia solare e quella delle maree, di cui parleremo nella Lezione 2.3. Le seconde non sono disponibili in quantità in-finita. Si consumano con l’uso e le loro scorte sono destinate a esaurirsi. Tra le fonti energe-tiche non rinnovabili annoveriamo prima di tutto i combustibili fossili: si tratta del petro-lio, del carbone e del metano, chiamati «fossi-li» perché estratti dal sottosuolo, nel quale si sono formati in seguito alla decomposizione e fossilizzazione delle antiche foreste. Essi co-stituiscono oggi il «motore» delle economie di tutto il Pianeta, ma i giacimenti di queste ri-sorse, benché abbondanti, non potranno sod-disfare il nostro fabbisogno in eterno.Il carbone è il piú voluminoso e inquinante dei combustibili fossili. È stato il maggiore fornitore di energia per l’industria dal prin-cipio dell’Ottocento fino alla metà del Nove-cento, quando è stato superato dal petrolio. I problemi di costo legati al suo trasporto e l’inquinamento prodotto dalle sue polveri fanno sí che oggi il carbone venga utilizzato soprattutto nei paesi in cui è estratto, in vi-cinanza delle miniere stesse, quasi sempre nelle centrali termoelettriche, per la produ-zione di elettricità. Attualmente, il carbone è ancora la seconda fonte energetica per le economie del Pianeta, soddisfacendo circa il 26% del fabbisogno totale 1 .

L’evoluzione delle fonti energetiche dal XIX secolo a oggi: da sinistra, il vapore ottenuto bruciando carbone, viene applicato ai telai meccanici di una fabbrica ottocentesca; un antico mulino a vento sfrutta l’energia eolica per convertirla in energia meccanica; le moderne pale eoliche in genere convertono l’energia cinetica del vento in energia elettrica.

Dal petrolio derivano la benzina e il gasolio: esso perciò è il principale combustibile dei veicoli a motore. Insieme al carbone alimen-ta le centrali termoelettriche, che producono energia elettrica. Insieme al metano, invece, fa da combustibile per le caldaie del riscal-damento domestico. È una materia prima indispensabile anche per l’industria chimica: basti pensare che plastica e gomma sono suoi derivati. Ed è facilmente trasportabile, grazie a petroliere e oleodotti. Il petrolio insomma è oggi la fonte energetica piú importante e contesa della Terra: soddisfa circa il 34% del fabbisogno mondiale e tutto ciò che lo riguar-da ha conseguenze politiche ed economiche di portata globale.Il metano è il terzo fornitore d’energia del mondo e contribuisce per circa il 21% a far fronte alle richieste dei popoli del Pianeta.

esse crescono il fabbisogno produttivo e quello energetico. Come sappiamo, i combustibili fossili non sono inesauri-bili: i loro giacimenti non si rinnovano e con l’uso si con-sumano. Queste fonti energetiche dovranno quindi essere sostituite. Il XIX, il XX e il XXI secolo saranno certamente ri-cordati come i secoli del carbone, del petrolio e del metano. E dopo? Cosa accadrà quando per alimentare il progresso industriale del mondo avremo esaurito le scorte di com-bustibili fossili? Si tornerà all’antico. Le fonti energetiche

alternative sperimentate oggi ripropongono infatti l’uso di vecchi strumenti, perfezionati nel loro sfruttamento dalle innovazioni della scienza e della tecnologia. Sono il vento (energia eolica), il Sole (energia solare), l’acqua (energia delle maree, fusione nucleare, energia a idrogeno), la terra (energia geotermica), la legna e altri residui organici (bio-masse). A questi strumenti, nei prossimi decenni, è affidato il compito di favorire il progresso dell’uomo in forme natu-rali, inesauribili e soprattutto pulite.

1 Consumi mondiali di eneRgia peR fonte eneRgetiCa

Petrolio 34%

Carbone 26,50%

Altre rinnovabili 0,70%(geotermia, solare, eolico)

Gas 20,90%

Biomassa 9,80%

Nucleare 5,90%

Idroelettrico 2,20%

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36 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

Tema 2

Grandi produttori e grandi consumatori di energia

Alcuni paesi come la Cina, la Russia e gli Sta-ti Uniti, hanno un territorio talmente grande da essere ricchi di tutte queste materie prime. Altri, come quelli arabi, sorgono su giacimen-ti particolarmente consistenti solo di alcune tra esse. I maggiori produttori mondiali di petrolio greggio sono Russia, Arabia Saudita, Stati Uniti e Cina 2 . Quelli che producono la maggiore quantità di metano sono Stati Uni-ti, Russia, Canada e Iran 3 . Ad estrarre piú carbone sono invece Cina, Stati Uniti, India e Australia 4 . Ogni anno si consumano nel mondo miliardi di tonnellate e metri cubi di ciascuna delle materie prime energetiche. I principali venditori di petrolio sono Arabia Saudita, Russia ed Emirati Arabi Uniti, men-tre i maggiori importatori e consumatori sono Stati Uniti, Cina e Giappone 5 . Piú in generale, i paesi avanzati del Nord del mondo sono i maggiori consumatori di energia del Pianeta. Mentre però gli Stati Uniti sono al tempo stesso grandi produttori e grandi utilizzatori di materie prime energe-tiche, Europa e Giappone sono gravemente carenti di queste ultime e le devono quindi importare in notevoli quantità. Le acquistano dai paesi ricchi di risorse naturali del Sud del mondo, verso i quali esportano poi i prodotti

finiti delle loro industrie. Attualmente, il con-sumo mondiale energetico cresce in media del 2% ogni anno e gli esperti calcolano che i combustibili fossili forniranno circa il 75-80% di tale energia ancora per molti anni.

Quanto dureranno le scorte mondiali di carbone, petrolio e metano?

Sono legittime dunque le preoccupazioni ri-guardanti le scorte mondiali di combustibili fossili. Come vedremo nelle prossime pagine, vengono già sfruttate molte fonti energetiche alternative, ma nella nostra epoca petrolio, carbone e metano sono destinati a farla da padroni ancora a lungo: quante ne nasconde il ventre della Terra? I giacimenti mondiali di carbone sono anco-ra consistenti e al ritmo attuale di consumo potrebbero durare un paio di secoli. Abbiamo accennato ai problemi legati al suo traspor-to e all’inquinamento che esso produce. Tali problemi spingono verso una riduzione dello sfruttamento del carbone, ma nel concreto gli Stati, e soprattutto quelli in veloce crescita del Sud del mondo, fanno ancora largo uso di tale risorsa. Di notevole consistenza e durata sono le ri-serve mondiali di metano. Esso è facile da

Russia 487,4

471,7

Stati Uniti 283

Cina 203,1

Iran 201,1

Canada 144,8

134

Iraq 130,9

Arabia Saudita

Emirati Arabi Uniti

2 paesi maggioRi pRoduttoRi di petRolio gReggio, in milioni di tonnellate

Cina 3.195,9

Stati Uniti 984,5

India 565

Australia 420,2

Indonesia 336

Russia 323,9

Sudafrica 254,7

Germania 182,3

4 paesi maggioRi pRoduttoRi di CaRbone, in milioni di tonnellate

5 paesi maggioRi ConsumatoRi di petRolio

Stati Uniti 604

Russia 592,2

Canada 152,6

Iran 146,1

Qatar 116,7

Norvegia 106,3

Cina 94,4

Paesi Bassi 88,6

3 paesi maggioRi pRoduttoRi di metano, in milioni di metRi Cubi

Stati Uniti 20,5%

Cina 11,4%

Giappone 5%

India 4%

Russia 3,4%

Arabia Saudita 3,1%

Brasile 3%

Corea del Sud 2,7%Resto del mondo 46,9%

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37Le risorse energetiche non rinnovabili

Lezione 2.1

trasportare come il petrolio e ha il vantaggio di essere il meno inquinante tra i combustibi-li fossili: molti governi, soprattutto nei paesi avanzati, spingono per incrementarne l’uso, nel riscaldamento domestico o nella produ-zione di energia elettrica. Il suo sfruttamento è in continuo aumento e potrebbe nel giro di non molto tempo eguagliare e superare quel-lo del petrolio. Il metano non si è però mai davvero affermato come carburante dei vei-coli a motore: ecco perché tutte le attenzioni si appuntano ancora sul petrolio. Alcuni studiosi sostengono che le attuali scorte 6 e la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi potrebbero estenderne la dispo-nibilità almeno per mezzo secolo, mentre al-tri scommettono sul loro esaurimento entro due o tre decenni. Tale discordanza è dovuta alla possibilità che davvero esistano giaci-menti rilevanti e ancora sconosciuti e a diffe-renti valutazioni degli attuali ritmi mondiali di consumo: nessuno sa infatti con precisio-ne quanto petrolio potrebbero richiedere in futuro economie emergenti come quelle del-la Cina e dell’India. È certo comunque che siamo vicini al «picco del petrolio», ovvero al limite produttivo massimo: dovrebbe essere raggiunto nel giro di dieci o quindici anni. Dopo, la produzione inevitabilmente calerà e le scorte si esauriranno. Questa fonte di ener-gia dovrà in definitiva essere abbandonata.

Nucleare sí, nucleare no

Tra le fonti energetiche non rinnovabili ha un posto importante l’uranio, che soddisfa cir-ca il 6% del fabbisogno energetico mondiale. La fissione del nucleo dell’atomo di uranio, messa a punto dagli scienziati poco prima della metà del Novecento, genera infatti una grande quantità di energia, che centinaia di reattori e centrali termonucleari sparsi in tutto il mondo trasformano in elettricità. I piú importanti produttori di uranio sono Kazaki-stan, Canada, Australia e Niger, mentre a pos-sedere il maggior numero di centrali nucleari sono paesi avanzati come la Francia, gli Stati Uniti, il Giappone o la Germania. L’uranio ha dalla sua importanti vantaggi. È presente in grandi riserve in natura. Sfruttarlo per produrre energia elettrica costa meno di quanto costi utilizzare i combustibili fossili. E soprattutto, le centrali termonucleari non in-quinano l’atmosfera. Una piú ampia produ-zione di energia atomica è però oggi osteggiata dalle opinioni pubbliche di molti paesi e dal-le associazioni ambientaliste di tutto il mon-do. Questa fonte energetica è infatti giudicata troppo pericolosa. Nel 1986, l’esplosione di un reattore della centrale di Chernobyl, in Ucrai-na, sprigionò una nube radioattiva che causò un grande numero di vittime e che si sparse poi su tutta l’Europa, inquinando gravemente

oltre 200 miliardi

150-199 miliardi

100-149 miliardi

50-99 miliardi

10-49 miliardi

1-9 miliardi

100-999 milioni

10-99 milioni

meno di 9 milioni

Dato non disponibile

6 RiseRve mondiali di petRolio in milioni e miliaRdi di baRili

oltre 200 miliardi

150-199 miliardi

100-149 miliardi

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meno di 9 milioni

Dato non disponibile

Guardando la carta, si nota che i maggiori giacimenti petroliferi al mondo si trovano in Nordamerica e in Medio Oriente.

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38 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

Tema 2

Tsunami è una parola giapponese e significa letteralmente «onda sul porto». Indica infatti la gigantesca onda di superficie che si abbatte con effetti devastanti sulle coste, dopo essere stata generata da un terremoto subacqueo o da un’eruzione vulcanica sottomarina. Questi eventi geologici causano delle onde che si propagano con andamento concentrico a partire dall’epicen-tro. Tali onde possono raggiungere negli o ceani la velocità di 700-800 chilometri orari. Il loro fronte è lungo centinaia di chilometri e la loro al-tezza cresce in prossimità della costa: lo tsunami che si abbatte sulle spiagge di una baia profonda e stretta può essere alto anche 30 metri ed è fa-cile immaginare quale effetto provochi l’urto di una tale massa d’acqua su edifici, strade, campi e persone.

Il 26 dicembre 2004 un catastrofico terremo-to al largo delle coste indonesiane scatenò uno tsunami terribile, che si abbatté sulle coste di

Fukushima: la natura contro l’uomoSpazio e tempo

Indonesia, Thailandia, Sri Lanka e India, cau-sando oltre 230.000 morti. Assai drammatico fu anche lo tsunami che colpí le coste dell’isola di Honshu, in giappone, l’11 marzo 2011. Il nume-ro delle vittime fu limitato ma l’evento segnò in modo egualmente indelebile l’opinione pubblica nipponica e mondiale, perché l’onda d’urto, alta 14 metri, investí la centrale nucleare di daiichi, a circa 60 chilometri dalla città di Fukushima, costruita proprio in riva al mare. L’acqua dell’on-da anomala mise fuori uso i sistemi elettrici che controllavano il raffreddamento dei sei reattori della centrale e i noccioli dei reattori 1, 2 e 3 si fusero, mentre esplodeva l’edificio che ospitava il reattore 1. Una grande quantità di radioattività fu rilasciata nell’ambiente circostante, la popola-zione fu costretta ad abbandonare le sue case in un raggio di 30 chilometri e tutte le attività della zona si bloccarono. L’incidente di Fukushima fu paragonato per importanza a quello provocato nel 1986 dall’esplosione del reattore numero 4 della centrale sovietica di Chernobyl, ma nessu-no può ancora oggi valutare con certezza la por-tata nel tempo del danno ambientale arrecato.

Basti pensare, ad esempio, che la nube radioat-tiva sprigionata dal reattore numero 1 della cen-trale giapponese viaggiò nell’atmosfera seguen-do le correnti dei venti e il 26 marzo si trovava già sulla Francia. Nell’agosto 2012, il livello di radio-attività presente nelle carni dei pesci del mare di Fukushima era talmente alto da spingere le auto-rità a vietarne il commercio. Soprattutto, l’acqua radioattiva sprigionata dai reattori si riversò nel sottosuolo, contaminando le falde freatiche: non si sa quale percorso essa seguirà in futuro.Dopo Fukushima, i governi di tutto il Pianeta han-no riconsiderato le loro politiche energetiche. E anche quanti vedevano nell’atomo una fonte di energia piú facile da sfruttare dei combustibili fossili, meno inquinante e meno costosa, sono stati costretti dalle opinioni pubbliche a ridurre o ad abolire i piani di costruzione di nuove centrali nucleari. Ecco a cosa ha portato l’incontro-scon-tro tra uno tsunami, vale a dire la natura nella sua espressione piú dirompente, e una centrale nucleare, massimo risultato dell’ingegno umano. È un segno e un ammonimento: l’uomo non è an-cora capace di dominare e sottomettere piena-mente l’ambiente.

Sopra: epicentro del terremoto sottomarino dell’11 marzo 2011 che colpí il Giappone e la previsione dell’altezza dell’onda dello tsunami che seguí.A destra: l’impianto nucleare di Daiichi, vicino a Fukushima, fotografato dall’alto dopo l’esplosione del reattore numero 1.

epicentro del terremotoin Giappone

previsione dell’altezza dell’onda dello tsunami in metri

0,10/0,25 0,25/0,50 0,50/0,75 0,75/1,00 1,00/11,65

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39Le risorse energetiche non rinnovabili

Lezione 2.1

suolo e coltivazioni. Quando le centrali diven-nero piú sicure e i dubbi sulla consistenza dei giacimenti petroliferi rilanciarono il nuclea-re, l’incubo si ripeté: nel marzo 2011, la cen-trale giapponese di Fukushima fu distrutta da un enorme tsunami e ancora oggi nessuno può valutare pienamente le conseguenze di quell’evento sull’ambiente e sulle persone.Il pericolo non viene però solo dai possibili incidenti. Uranio esaurito e altri materiali ra-dioattivi sono infatti difficilmente smaltibili. Li si può accumulare in depositi sotterranei, i cui effetti a lungo termine nessuno conosce. Se invece vengono trattati in impianti appositi, producono una enorme quantità di emissioni inquinanti, che si accumulano nell’atmosfera. La soluzione ideale sarebbe sostituire la fissio-ne nucleare con la fusione nucleare, che ri-corre non alla scissione di un nucleo atomico di uranio ma alla fusione dei nuclei degli ato-mi di idrogeno: è esattamente ciò che accade nel Sole, quando dall’idrogeno si forma l’elio. Questo processo produce una grande quanti-

tà di energia, che proviene da una risorsa rin-novabile come l’acqua e genera scorie meno pericolose di quelle lasciate dalla fissione. La scienza non è però ancora arrivata a padroneg-giarlo e si pensa che la fusione nucleare a fini industriali potrà entrare in uso non prima della metà del secolo. Ovviamente, il problema del reperimento di una fonte energetica abbon-dante, sicura ed economica che sostituisca i combustibili fossili andrà risolto molto prima.

GlossarioFonte energetica Una fonte energetica è una sorgente d’energia che l’uomo utilizza nelle sue attività, economiche e non economiche. La fonte energetica può essere cosí sfruttata per la produ-zione industriale, per l’illuminazione domestica, per lo spostamento dei vei-coli a motore e per moltissimi altri usi.Fonte non rinnovabile Una fonte energetica è detta «non rinnovabile» quando è destinata ad esaurirsi. In

altre parole, le scorte di questa risorsa sono limitate e non infinite. I combu-stibili fossili sono fonti energetiche non rinnovabili perché i loro giaci-menti si consumano con l’uso e un giorno finiranno. Combustibili fossili I combustibili fossili derivano dalla materia organica e si sono formati nel corso di processi geologici durati milioni di anni. Il car-bone è un combustibile fossile solido, il petrolio è liquido, il metano si trova allo stato gassoso. La loro importanza

come fonte energetica deriva dal fatto che bruciando liberano grandi quanti-tà di calore, trasformabile appunto in energia.Picco del petrolio La teoria del «pic-co del petrolio» fu elaborata nel 1956 dall’americano Marion King Hub-bert e permette di prevedere, in base a complessi modelli matematici, la data di produzione massima di questo combustibile fossile. Raggiunto il pic-co, la produzione di petrolio può solo diminuire.

Nelle centrali nucleari il vapore che aziona la turbina è prodotto dal reattore. Qui si trovano le barre di controllo di uranio in cui avviene la fissione nucleare.

1 indica se ogni affermazione è vera o falsa. v fa. La parola «ecologia» viene dal greco e significa «discorso sulla casa». £ £

b. Il consumo mondiale di energia cresce del 3% all’anno. £ £

c. Le risorse energetiche non rinnovabili sono quasi inesauribili. £ £

d. L’Arabia Saudita è sia un grande produttore sia un grande venditore di petrolio. £ £

e. I giacimenti petroliferi esistenti dovrebbero bastare per il nostro fabbisogno per circa un secolo. £ £

f. Il metano è il meno inquinante dei combustibili fossili. £ £

g. Il carbone è la fonte energetica piú usata al mondo dopo il petrolio e il metano. £ £

h. La fusione nucleare si ottiene dall’acqua, fonte di energia rinnovabile. £ £

rifletti e rispondi

REATTOREACQUA

vAPORE

TURBINA

GENERATORE

ONDE CONvOGLIATE

EDIFICIO DI CONTENIMENTO

ACQUA DI RAFFREDDAMENTO

NUCLEO COMBUSTIBILE

BARRE DI CONTROLLO

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40 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

Tema 2

Le attività dell’uomo generano inquinamento

Abbiamo detto che le attività dell’uomo mo-dificano l’ambiente. Questo cambiamento è inevitabile e purtroppo spesso pericoloso. Quando parliamo di «inquinamento», dun-que, ci riferiamo all’introduzione nell’am-biente naturale di qualsiasi sostanza o fattore in grado di danneggiarlo. I danni peggiori, e su questo fatto gli scienziati sono tutti d’ac-cordo, vengono oggi proprio dallo sfrutta-

Lezione

2.2L’inquinamento e l’impatto dell’uomo sull’ambiente

mento sconsiderato delle risorse energetiche non rinnovabili e dalla diffusione in natura dei loro prodotti di scarto. Vediamo perciò quali sono gli effetti ambientali piú pericolosi del progresso del genere umano, a partire dai piú nocivi per l’aria, vale a dire dall’inquina-mento atmosferico.

Le piogge acide

Quando i combustibili fossili vengono bru-ciati per creare energia, producono ossidi di zolfo e di azoto che, sotto forma di scarichi industriali, si disperdono nell’aria crean-do una fonte di grave inquinamento: le co-siddette «piogge acide» 1 . Negli strati alti dell’atmosfera, infatti, gli ossidi si trasfor-mano per reazione chimica in acido solfori-co e acido nitrico, che vengono raccolti dal vento e trasportati anche a migliaia di chi-lometri dal luogo di emissione. Le particelle inquinanti sono poi scaricate a terra dalle piogge: per questo si parla di piogge acide. Il loro effetto è mortale: inquinano il suolo,

1 il meCCanismo di foRmazione delle piogge aCide

EMISSIONE DI FUMI

SOSTANzE INQUINANTI

vENTO

FORMAzIONE DI ACIDI NELL’ATMOSFERA

PRECIPITAzIONE DI PIOGGE ACIDE

Il fumo delle ciminiere della città tedesca di Duisburg.

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41 L’inquinamento e l’impatto dell’uomo sull’ambiente

Lezione 2.2

Dove la vegetazione è piú rada e il suolo è esposto maggiormente alle intemperie, il terreno si acidifica con piú facilità: le piogge acide alterano i nutrienti presenti nel suolo e, conseguentemente, gli alberi e la vegetazione si indeboliscono, ammalandosi.

corrodono le piante, che perdono le foglie e si ammalano piú facilmente, e avvelenano persino i bacini d’acqua.

L’effetto serra

Pessima fama ha il cosiddetto «effetto ser-ra», che di per sé invece è benefico. È dato dall’anidride carbonica e dal vapore acqueo normalmente presenti nell’atmosfera, che si comportano come i vetri di una serra. Essi trattengono parte del calore disperso dalla Terra verso lo spazio e consentono alla tem-peratura del Pianeta di mantenersi su valori compatibili con la vita, in media attorno ai 14 °C: in loro assenza, questa temperatura sarebbe molto piú bassa, scenderebbe ab-bondantemente sotto lo zero, e la vita diven-terebbe impossibile. Ma lo stesso effetto serra 2 risulta grave-mente nocivo se è rafforzato dall’azione dell’uomo. Quando vengono bruciati da automobili, impianti di riscaldamento e centrali termoelettriche, infatti, i combusti-bili fossili disperdono nell’atmosfera gran-di quantità di anidride carbonica. Questa ingigantisce l’effetto serra, impedendo la dispersione del calore terrestre: l’energia termica proveniente dal Sole viene cioè im-prigionata e respinta al suolo. L’effetto serra produce cosí l’aumento della temperatura media terrestre, con conseguenze difficil-mente valutabili ma certamente negative: l’equilibrio termico che presiede al rapporto tra la vita e l’ambiente è infatti estremamen-te delicato e anche la sua minima variazione può avere effetti nefasti.

La temperatura terrestre e i mutamenti climatici

Tutti gli esperti sono d’accordo nel ritenere che la temperatura media terrestre si sia in-nalzata di 0,8 °C negli ultimi cinquant’anni, passando da 13,8 a 14,6 °C. E ritengono che questo cambiamento già oggi stia portando a uno scioglimento delle calotte polari, con il conseguente innalzamento del livello dei mari. Perché tale effetto climatico e i dan-ni che ne vengono siano contenuti sarebbe necessario che l’aumento della temperatura terrestre non andasse oltre i 2 °C entro la fine di questo secolo. La tendenza in corso porta però molti studiosi a pronosticare per il 2100 un incremento della temperatura compreso fra i 3 e i 5 °C. Tale convinzione deriva dalla constatazione che la concentrazione di ani-dride carbonica nell’aria è oggi superiore di circa un terzo a quanto era agli esordi della Rivoluzione industriale e continua a crescere. Vi è insomma una correlazione evidente tra aumento della temperatura e aumento dei gas serra. Se davvero le cose andassero cosí, il futuro ci riserverebbe mutamenti climatici incon-trollabili. Gravi siccità porterebbero all’ina-ridimento delle attuali zone agricole e a uno spostamento delle coltivazioni verso nord. Quindi non sarebbe piú possibile soddisfa-re il fabbisogno alimentare del genere uma-no, proprio in un’epoca di forte incremento demografico, e interi popoli si ridurrebbero alla fame. Moltissime specie animali e ve-getali morirebbero, perché impossibilitate a migrare e perché mancherebbe loro il tempo di adattarsi alle nuove condizioni ambientali.

2 il meCCanismo di foRmazione dell’effetto seRRa

INFRAROSSIINFRAROSSI EMESSI DAL SUOLO

RIFLESSIONE DEGLI INFRAROSSI

vAPORE ACQUEO ANIDRIDE CARBONICA BIOSSIDO DI AzOTO

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Tema 2

Lo scioglimento dei ghiacci polari causereb-be un innalzamento del livello degli oceani fino a 30 centimetri, con l’immersione di vaste zone costiere. Le popolazioni, spinte dalla necessità, migrerebbero verso le aree continentali ancora vivibili, con conseguen-ze economiche e socio-politiche dramma-tiche. Diventerebbero infine molto piú fre-quenti i fenomeni meteorologici estremi: uragani e terribili inondazioni colpirebbero vasti territori. Tutto ciò accadrebbe in un las-so di tempo molto limitato: pochi decenni. A indagare questo fenomeno, le sue cause e i suoi possibili rimedi sono oggi molti stu-diosi, tra cui quelli del Comitato Intergover-nativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC), Commissione Internazionale sul Clima isti-tuita dall’ONU.

Bisogna produrre meno anidride carbonica

La soluzione del problema passa prima di tutto per un controllo delle emissioni in-

Questa immagine satellitare è il risultato della media dei dati registrati in due anni diversi, il 1980 e il 2012: l’area bianca brillante corrisponde alla superficie di ghiaccio artico andata perduta nell’arco di trentadue anni.

quinanti: i gas a effetto serra devono essere ridotti. Si può utilizzare il piú «pulito» me-tano per il riscaldamento domestico, si pos-sono adottare filtri per le ciminiere di fab-briche e centrali termoelettriche, in modo da trattenere polveri e residui gassosi, si può imporre la circolazione solo a vetture che utilizzano carburanti «verdi». Perché il clima terrestre inverta la propria tendenza al riscaldamento è necessario però che ogni abitante del mondo produca non piú di 0,5 tonnellate all’anno di anidride carbonica e tutti i paesi industrializzati superano invece ampiamente questa soglia. Ogni cittadino del Regno Unito emette in media 8,5 tonnellate di anidride carbonica all’anno, che diventano 7,2 per gli italiani, 9,6 per i tedeschi, 9,2 per i giapponesi, 11,7 per i russi e addirittura 18,1 per ogni abitan-te degli Stati Uniti. La Cina, che ha cono-sciuto negli ultimi decenni uno strepitoso sviluppo economico, è ferma a 6,3 tonnel-late di anidride carbonica all’anno per ogni cittadino e l’India, un altro gigante in cre-scita, ne produce appena 1,4 tonnellate per abitante. La Cina è anche il maggiore produttore di anidride carbonica in assoluto, con quasi 8 miliardi di tonnellate emesse ogni anno. Dietro a lei, in questa particolare classifica 3 , vengono gli Stati Uniti, la Russia e l’In-

dia. Le previsioni sulla produzione futura di anidride carbonica a effetto serra non sono incoraggianti: come vedremo meglio nella Lezione 2.3, difficilmente i governi dei grandi paesi del mondo si mostrano pro-pensi a fare sacrifici per la conservazione dell’ambiente.

3 paesi maggioRi pRoduttoRi di anidRide CaRboniCa, in milioni di tonnellate (1990-2010)

8.000

6.000

4.000

2.000

0Cina Stati

UnitiIndia Russia Giappone Germania Corea

del SudCanada Iran Regno

Unito

1990

2000

2010

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43 L’inquinamento e l’impatto dell’uomo sull’ambiente

Lezione 2.2

Il buco nell’ozono

L’ozono è un gas che si forma dall’ossigeno per azione dei raggi ultravioletti emessi dal Sole e svolge una funzione fondamentale nel preservare la vita sulla Terra. Una fascia di ozono staziona infatti nella stratosfera, tra i 20 e i 50 chilometri d’altezza, e proteg-ge il nostro Pianeta dall’effetto nocivo che gli stessi raggi ultravioletti causerebbero se giungessero al suolo senza filtri. La riduzione dell’ozono provoca sull’uomo un aumento dei tumori della pelle e gravi malattie degli occhi. I raccolti agricoli si ammalano e muore il plancton marino, elemento essenziale della catena alimentare. Ecco perché causa preoccupazione la costan-te e progressiva riduzione della presenza di ozono nell’atmosfera riscontrata negli ultimi decenni. Responsabili del fatto sono i Cfc, i clorofluorocarburi, gas utilizzati nei frigori-feri e nelle bombolette spray. Il cloro e il fluo-ro liberati nell’atmosfera si combinano con l’ozono, interrompendo il suo «lavoro» sugli ultravioletti. I governi hanno da tempo trova-to un accordo su tale materia e la produzione di Cfc è stata messa al bando. L’emissione di clorofluorocarburi, tuttavia, benché radical-mente diminuita, continua soprattutto nei paesi in via di sviluppo e le dimensioni del buco nell’ozono sono tali che serviranno de-cenni perché la natura riassorba i danni pro-dotti finora.

Le polveri sottili e la salute degli abitanti delle città

Nei centri urbani troviamo la massima den-sità di traffico automobilistico, impianti di riscaldamento e fabbriche: la salute degli abitanti delle città è cosí messa gravemente a rischio dall’inquinamento atmosferico. L’uso dei combustibili fossili produce infatti anche le cosiddette «polveri sottili», piccolissime particelle inquinanti che rimangono sospe-se nell’aria. Quelle piú fini sono chiamate PM10 e PM2,5: sono impalpabili e non ne avvertiamo l’esi-stenza, ma le inaliamo ogni giorno e sono responsabili di gravi danni all’apparato re-

spiratorio e al sistema immunitario dell’uo-mo. Lo smog, in cui si mescolano le sostanze chimiche inquinanti prodotte dalle attività umane, resta spesso sospeso per giorni sui cieli delle nostre città ed è il simbolo tangibile delle alterazioni che colpiscono l’ambiente a seguito della sua antropizzazione.

L’inquinamento dei suoli

Il discorso non è meno drammatico se dall’inquinamento atmosferico passiamo a esaminare i danni prodotti dall’uomo sul suolo, sulle foreste e nello sfruttamento di una risorsa preziosa come l’acqua.I suoli sono sempre piú inquinati, per motivi diversi. L’agricoltura utilizza fertilizzanti chi-mici e pesticidi, che contaminano il terreno. Le industrie sversano al suolo liquidi tossici. I rifiuti urbani si accumulano in quantità enormi nelle discariche. Al danno provoca-to dall’agricoltura si può porre rimedio con le coltivazioni biologiche: esse fanno uso di concimi naturali e combattono i parassiti grazie agli insetti che se ne cibano. Le indu-strie possono e devono essere obbligate a depurare i loro scarichi a terra, esattamen-te come già si impegnano a ripulire gli sca-richi atmosferici. Quanto ai rifiuti urbani, la strada da percorrere è quella del riciclaggio, che porta la spazzatura a nuovi utilizzi e per-mette di evitare in un solo colpo gli sprechi e l’inquinamento. È anche importante la dif-fusione dei termovalorizzatori: sono impianti che bruciano i rifiuti e trasformano l’energia liberata dalla combustione in vapore e poi in elettricità. Nei paesi piú avanzati, l’energia

Il diagramma elaborato dalla Nasa mostra quanto siano bassi i livelli di concentrazione di ozono nell’atmosfera, soprattutto nell’emisfero meridionale del Pianeta.

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44 Risorse energetiche, ambiente e sviluppo sostenibile

Tema 2

prodotta dai termovalorizzatori è persino di-stribuita nelle abitazioni sotto forma di calo-re con il cosiddetto «teleriscaldamento».

La piaga della deforestazione

L’uomo ha sempre sfruttato le risorse fore-stali del Pianeta. Anzi, per diversi millenni il legno è stato una delle sue principali risorse: come materiale da costruzione e, fino alla

scoperta dei combustibili fossili, come fonte energetica. Oggi lo sfruttamento dei boschi continua, per motivi diversi. Si abbattono gli alberi per ricavare suolo utile ai pasco-li o all’agricoltura. Le foreste sono vittime dell’espansione dei suoli edificabili. Infine, gli alberi vengono abbattuti perché destina-ti a uso industriale: pensiamo al consumo di carta nel mondo. Tra Ottocento e Novecento la deforestazione ha cosí condotto alla perdita del 70% delle risorse boschive della Terra. L’abbattimento delle foreste causa gravi dan-ni alla biodiversità, perché muore un gran numero di specie animali e vegetali, ma piú pericolose sono le ripercussioni generali sull’ambiente. Gli alberi svolgono infatti un ruolo fondamentale nel difendere il suolo dall’erosione, nella regolazione della tempe-ratura atmosferica e nel regime delle piogge. Producendo ossigeno e assorbendo anidride carbonica riducono anche le conseguenze dell’effetto serra. Le foreste piú a rischio del Pianeta sono oggi quelle dell’America meri-dionale, dell’Africa e dell’Asia sud-orientale.

FocusDeforestazione: in Amazzonia ha invertito la marcia

La foresta dell’amazzonia si estende su nove paesi del Sudamerica e copre ben 6,9 milioni di km2 di territorio, in Bolivia, Colombia, Equador, Perú, venezuela, Guyana, Guyana francese, Suriname e Brasile. Proprio il Brasile possiede la parte maggiore della foresta, con circa 4,2 mi-lioni di km2.Si tratta di un ambiente naturale straordinariamente ricco: secondo gli studiosi, vive infatti in questa regione la metà delle specie terrestri. Nel tempo, sono state scoperte oltre 5.000 specie d’alberi, 300 specie di mammiferi, 1.300 di uccelli e moltissime di insetti. E ben 33 milioni di suda-mericani traggono dalla foresta la propria sopravvivenza. Si tratta però di un ambiente malato, sottoposto negli ul-timi quarant’anni a uno sfruttamento indiscriminato, che ne mette a rischio l’esistenza. Prima del 1970, la defore-stazione aveva intaccato appena l’1% dell’intero patrimo-nio forestale amazzonico. Dal 1970 a oggi, invece, l’uomo ne ha abbattuto il 17%. Fu proprio il governo brasiliano, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, a promuove-re la deforestazione: il suo scopo era quello di spingere le popolazioni a occupare e far fruttare quell’area immensa e improduttiva. Nei decenni successivi, l’abbattimento degli alberi fu contrastato dagli indigeni, che difendevano l’am-biente in cui erano nati e in cui vivevano da millenni. Ma

esso andò avanti senza sosta, fino a quando negli ambien-ti politici si fece finalmente strada la consapevolezza che la distruzione dell’Amazzonia provocava danni ecologici irreparabili. Ed ecco allora l’inversione di tendenza, che ha cominciato a manifestarsi negli scorsi anni, per farsi poi piú decisa. Ancora nel 2004 furono abbattuti, nell’Amazzonia bra-siliana, 27.000 km2 di foresta. Nel 2012 questa cifra si è ridotta notevolmente, scendendo a 4.600. Il merito è della tecnologia satellitare, che permette di combat-tere con successo latifondisti e taglialegna abusivi. Le guardie forestali individuano in tempo reale, grazie ai satelliti, l’area minacciata. Gli elicotteri si levano in volo e raggiungono il luogo indicato, fermando le motoseghe dei taglialegna e le ruspe dei latifondisti. La repressione è difficile, data la vastità dell’area, ma i buoni risultati ottenuti dimostrano che è possibile combattere la defo-restazione. Obiettivo delle associazioni ambientaliste è cosí diventata la «deforestazione zero». In tutto il Brasile è in atto una raccolta di firme popolari per impedire che il governo brasiliano e gli enti locali concedano in futuro nuove autorizzazioni a disboscare. Sarebbe la salvezza dell’Amazzonia e, probabilmente, la salvezza delle ge-nerazioni future.

Alcune grandi discariche sorgono in prossimità del mare: è questo il caso di Saida, in Libano. venti forti, tempeste e mareggiate provocano la dispersione dei rifiuti che finiscono col rotolare in mare, inquinandolo.

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