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Tutti i film per la scuola CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA 112/113 LUGLIO-OTTOBRE 2015 Supplemento Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXXI - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 112/113 della rivista il Ragazzo Selvaggio

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Tutti i film per la scuola

CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

112/113LUGLIO-OTTOBRE 2015Supplemento

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SOMMARIO

31 Tutto può cambiare / L’ultimo lupo 32 Unbroken / Le vacanze del piccolo Nicolas33 Vicky il Vichingo / Whiplash

AUTORI SCHEDE

f.b. Franco Bregat.c. Tullia Castagnidolim.c. Massimo Causol.c. Luisa Cerettog.c. Giulia Colellac.d. Carla Delmiglio

d.d.g. Davide Di Giorgioa.f. Anna Fellegaram.g. Mariolina Gambam.gn. Marzia Gandolfig.g. Giuseppe Gariazzoe.g. Elio Girlanda

pagina 6Cenerentola

In copertina: Jurassic World di Colin Trevorrow

Usa 2015.

pagina 24Il ragazzo invisibile

E D I T O R I A L E 01 La Redazione01 American Sniper02 Anime nere / L’Ape Maia - Il film03 I bambini sanno / Banana04 Bekas / Big Eyes05 Big Hero 6 / Boxtrolls - Le scatole magiche06 Boyhood / Cenerentola07 Corri ragazzo corri / Diamante nero08 Difret - Il coraggio per cambiare /

Due giorni, una notte09 Educazione affettiva / La famiglia Bélier10 Fango e gloria - La grande guerra /

The Fighters - Addestramento di vita11 Foxcatcher - Una storia americana / Fury 12 Il giovane favoloso / Il grande quaderno13 Lo Hobbit - La battaglia delle Cinque Armate /

Home - A casa14 Humandroid / The Imitation Game15 L’immagine mancante / Italo

16 Jurassic World / The Look of Silence17 Maraviglioso Boccaccio / Mateo18 Mia madre /Minions19 Minuscule - La valle delle formiche perdute /

Il mio amico Nanuk20 Mommy / Mune - Il guardiano della luna21 I nostri ragazzi / Ooops! Ho perso l’arca...22 Paddington / I pinguini di Madagascar23 Pride / Il racconto dei racconti24 Il ragazzo invisibile / Il sale della terra25 La sapienza / Se chiudo gli occhi non sono più qui26 Selma - La strada per la libertà /

Shaun, vita da pecora - Il film27 Si alza il vento / St. Vincent

28 Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet / Suite Francese29 La teoria del tutto / Timbuktu30 torneranno i prati / Trash

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pagina 13Home - A casa

pagina 22Paddington

pagina 26Shaun, vita da pecora - Il film

s.g. Silvio Grassellil.g. Leonardo Gregoriom.l. Massimo Lechia.l. Alessandro Leonef.m. Fabio Mantegazzam.m. Marco Marrapesea.ma. Angela

Mastrolonardo

a.m. Alessandra Montesanto

m.g.r. Maria Grazia Roccato

s.s. Silvia Savoldellif.s. Francesca Savinoa.s. Andreina Sirenac.m.v. Cecilia M. Voig.za. Giancarlo Zappoli

pagina 23Il racconto

dei raccontic

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American Sniper procede secondo unasuccessione temporale non lineare.

Eastwood adotta il procedimento usatoin J. Edgar, mostrando il cecchino sul cam-po di battaglia, infallibile, e nelle sue rela-zioni con la truppa ma anche nell’intimi-tà del focolare domestico, alle prese coipropri fantasmi. Il piano stilistico rendequesta scelta introducendo sin dalle pri-me battute quel doppio binario che costi-tuisce l’ossatura del film: quelle “andate”

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e “ritorni” da una situazione bellica a unadi normalità, in cui i confini perdono la de-finizione, la guerra irrompe nel quotidia-no e viceversa, alterandone gli equilibri,mettendo in luce la progressiva aliena-zione del protagonista.

Nel seguire i movimenti interiori del pro-tagonista il film ne coglie il punto di non ri-torno: una tempesta di sabbia si abbattesui marines in fuga e spazza via ogni cosa,anche gli oggetti da cui Chris non si sepa-rava mai, una Bibbia presa dai banchi del-la chiesa durante una funzione domenica-le anni addietro, la sua arma e il binocolo.

Canto dolente sui destini di una perso-na che ha superato il limite con la consa-pevolezza di averlo fatto, la forza di Ame-rican Sniper risiede in quell’esitare primadi sparare o nel dare una risposta allo psi-coanalista che gli chiede se non abbia ri-morsi nei confronti delle sue vittime. È inquel procedere svelando dietro al solda-to l’uomo che si situa il cinema di East -wood, col suo sguardo profondamenteumano. Un cinema che coglie l’essenzadel dramma e sospende ogni giudizio po-nendolo, anzi, con senso etico, nel fuoricampo. Vedi anche nel n. 110, p. 8 e 9. l.c.

American SniperChris Kyle, è un texano animato da sensodi protezione verso i deboli. Dopo gliattentati nel 1998 alle ambasciatestatunitensi in Kenya e Tanzaniarivendicati da Bin Laden entra nel corpospeciale dei Navy Seals. Prima dellaprima missione in Iraq sposa Tanya. La sua massima precisione col fucilesalva innumerevoli vite. La suareputazione cresce anche dietro le file delnemico che lo chiama Il diavolo diRamadi e mette una taglia su di lui. Allostesso tempo Chris combatte un’altrabattaglia in casa nel tentativo di essereun buon marito e un buon padre purtrovandosi dall’altra parte del mondo.Nonostante il pericolo e il prezzo chedovrà pagare la sua famiglia, lamissione in Iraq durerà quattro anni. Una volta tornato negli States non èfacile per Chris lasciarsi alle spalle laguerra. Il 2 febbraio 2013, dopo averdeciso di dedicare la vita ad aiutare ireduci di guerra, è assassinato in unpoligono di tiro da un reduce con cuidoveva incontrarsi.

r. Clint Eastwood or. Usa 2014 distr.Warner Bros dur. 134’

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1numero 112/113· luglio-ottobre 2015

N onostante le ristrettezze economichecontinuino a rendere difficile la nostrapresenza in ambito culturale ed

educativo, manteniamo anche quest’annol’appuntamento con l’Annuario dei film per lascuola (Stagione 2014-2015), servizio cheproponiamo da più di dieci anni. Come per leultime due edizioni lo mettiamo a disposizionedegli interessati solo in versione digitale (PDF) comesupplemento al n. 112. È scaricabile gratuitamentedal Sito del Centro Studi Cinematografici e lo saràtra non molto anche da quello de Il RagazzoSelvaggio in corso di preparazione.Oltre ai titoli e ai temi cui fanno riferimento i filmscelti - che confermano come il cinema sia ancoroggi uno strumento utile per riflettere in ambitoeducativo su argomenti importanti e attuali -

ricordiamo che nel corso dell’annata sono tornati insala altri film cosiddetti classici che può essereopportuno proporre in ambito scolastico. Tra quellischedati sulle pagine della rivista segnaliamo I quattrocento colpi di François Truffaut, Tempimoderni di Charlie Chaplin e Barry Lyndon diStanley Kubrick.Grazie anche a questo sussidio gli insegnantipotranno arricchire le loro proposte didatticheallargando i confini dei libri di testo.Cogliamo l’occasione per ricordare ai lettori l’uscitadel Supplemento al n. 111 sul tema Cinema eGrande Guerra - Speciale Centenario, disponibile inversione digitale (PDF) in download gratuito dalSito del Centro Studi Cinematografici o acquistabilein copie a stampa contattando la segreteria.

LA REDAZIONE

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Francesco Munzi si conferma registainteressato a esplorare i legami per-

sonali e sentimentali, all’interno di re-altà dove un sostrato umano comunedeve in ogni caso fare i conti con leinevitabili distanze tra i personaggi.Munzi, per sua ammissione, cerca diispessire il rapporto di conflittualità eidentità con il luogo d’origine attin-gendo a una materia che sia sì perso-

nale e “intima”, ma allo stesso tempoassoluta e quasi “mitologica”. La corni-ce offerta da Africo (paese considera-to tra i centri nevralgici della ‘ndran-gheta calabrese) apre infatti prospetti-ve espressioniste, grazie a una qualitàarcaica e quasi magica che l’autore ri-conosce come tipica della zona. Si creain questo modo una mescolanza dimodernità e arcaismo, per effetto del-la quale la dinamica più “grande” del-l’imprenditoria mafiosa si mescola aun ritorno alle origini rurali e a ritualisepolti nel passato.

Ciò che comunque distingue Animenere da esperimenti abbastanza analo-ghi è proprio la capacità registica di ri-durre la fisicità degli attori a giocod’ombre che esalti la qualità noir dellastoria, pur senza mai rinunciare allaqualità umana del conflitto familiare. Inquesto modo la forza espressiva deldramma si allarga a una dimensionepiù epica, che sgancia il racconto dalsingolo evento geograficamente ben lo-calizzato, per elevarlo a paradigma del-la condizione umana tutta. Vedi anchenel n. 107/108 p. 23. d.d.g.

r. Francesco Munzi or. Italia 2014 distr.Good Films dur. 103’

L’Ape Maia è nata nel 1912 dalla fan-tasia dello scrittore tedesco Walde-

mar Bonsels. Nel 1975 i libri diventaro-no un cartone animato giapponese chearrivò in Italia su Rai Uno nel 1979 (conla famosa sigla cantata da Katia Svizze-ro) e ancora oggi è trasmesso da Rai Yo-yo. Il lungometraggio attuale in compu-ter grafica è diretto da Alexs Stadermann,regista australiano che ha lavorato pres-so gli Walt Disney Studios di Sidney. Lasua ape Maia non perde la vivacità del-l’originale, né l’altruismo e la fiducia nel

prossimo, motori principali delle sue av-venture.

Da un punto di vista linguistico il filmha più ritmo del cartone animato, cheaveva un andamento molto pacato edera privo di scene paurose ed emozio-nanti. La protagonista appare più gran-de: ha il fisico più snello, l’acconciaturapiù sbarazzina, l’entusiasmo di un’alle-gra adolescente. Anche nel film Maia siimpegna a trovare una mediazione tra ildesiderio di conoscere il mondo - an-che di trasgredire le sue regole -, la neces-sità di rispettare l’armonia collettiva el’organizzazione sociale in cui vive. Ri-mane la dimensione formativa del car-tone animato: attraverso le avventuredella protagonista i bambini possonoconoscere la vita delle api e degli altriinsetti.

La morale è la stessa: bisogna esse-re se stessi ma rispettare gli altri. Soloin questo modo anche l’educazionepuò diventare un luogo ideale per lacomprensione tra bambini e adulti etrasformarsi in un allegro e positivopunto d’incontro. Vedi anche nel n.107/108, p. 27. s.s.

L’Ape MaiaIl filmMaya the Bee Movie

Maia nasce in un alveare governato darigide regole di gruppo, dove ciascuno èsolo un numero. Troppo curiosa eanticonformista per vivere in un ambientechiuso, vola alla scoperta del prato, conFlip, cavalletta vagabonda, e Willy, l’amicopiù caro. I suoi sforzi per essere come glialtri la mettono in contrasto con Ronzelia,consigliera dell’ape Regina. Maia capiràche gli attacchi terroristici dei calabronisono solo un’invenzione di Ronzelia, chesta organizzando un furto di pappa realeper usurpare il trono della Regina. Quando Maia scopre questo pianominaccioso chiama a raccolta tutti gliinsetti, compresi i temuti calabroni, che siriveleranno ottimi alleati, e riesce asventare il complotto ai danni dellaRegina, dimostrando di possedere unaregalità d’animo che ne faimmediatamente un’eroina, e le qualitàideali per assumere forse un giorno ilruolo di leader.

r. Alexs Stadermann or. Australia/Germania 2014 distr. Notorius Picturesdur. 79’

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Anime nereLuigi, Rocco e Luciano sono tre fratellicalabresi, originari del piccolo paese diAfrico e legati alla ‘ndrangheta. Luigi è diventato un trafficanteinternazionale di droga. Rocco èemigrato a Milano dove, con i soldisporchi del fratello maggiore, si ècostruito una facciata da rispettabileimprenditore. Luciano è rimasto alpaese, combattuto fra il senso diappartenenza alla famiglia e la vogliadi tenere fuori i suoi cari da un mondoche avverte come pericoloso. Ma un giorno è suo figlio Leo, che noncondivide la visione del padre, apermettere alla tragedia di entrare incasa: il ragazzo, infatti, compie un attointimidatorio contro un bar gestito daun boss rivale. Per rimediare al torto gli zii tornano alpaese, a portare la loro influenza ecapacità di persuasione, in un mondodove le vecchie regole del rispetto edella rappresaglia violenta non sonomai tramontate.

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Ed è vero, perché spesso gli adulti,presi dalla gestione quotidiana, sono di-stratti e superficiali nei loro confronti. Ipiccoli intuiscono i problemi dei gran-di (al lavoro, di coppia), ma non se nefanno travolgere. Dimostrano consape-volezza senza perdere la speranza.

Questa la dimensione politica del film:richiamare gli adulti ai loro compiti pri-mari, riflettere sulle proprie scelte e co-struire il futuro delle nuove generazioni.

Le immagini introduttive mostrano igiovani protagonisti di capolavori qualiI quattrocento colpi, Io non ho paura,Kaos, Stand by me, Baaria, che corronodeterminati, felici, verso un orizzonteampio che vedono davanti a loro. Senzapaura. Perché la paura appartiene al-l’adulto e, se non ben gestita, paralizza.

Il docufilm di Veltroni diventa un go-mitolo di fili umani, di storie appena ac-cennate, ma che pian piano si dipanano.E quando le inquadrature si allargano ècome se i protagonisti concedessero discoprire dove abitano i loro pensieri. Nel-le parole e nei visi dei ragazzi si danno ap-puntamento passato presente e futuro.Vedi anche nel n. 111, p. 19. f.b. e t.c.

Nel panorama del cinema italianocontemporaneo Banana è un film

diverso. I ragazzi sono veri protagoni-sti, non tristi proiezioni dei desideri de-gli adulti.

Nella realtà esistono perle rare, desti-nate a essere riconosciute solo da chine condivide il candore e la bellezza.Nel film sono particolarmente toccantii personaggi di Emma e del suo ex fi-danzato, impegnati in attività che af-fiancano la crescita dei ragazzi, ma - in

un’Italia incapace di apprezzare e pre-miare il merito - destinati a essere con-siderati due perdenti: la prima costret-ta ad accettare un’attività di ripiego, il se-condo rassegnato alla marginalità.

Anche la professoressa di lettere, persopravvivere, accetta (senza rassegnar-si) la sconfitta in un Paese che sembraavere in odio la cultura e valorizzareeventi- marketing.

Il film coinvolge il pubblico di ognietà: gli adulti sono colpiti dalla criticasociale, grazie a una solida sceneggiatu-ra con dialoghi mai banali e grazie al sot-tile umorismo che alleggerisce il tonodel racconto. I più giovani si riconosco-no nella passione per il gioco del calcioe nel sogno d’amore, vissuto con deter-minazione da un coetaneo pasticcione,ingenuo, timido, sensibile, provando lestesse paure, gli stessi slanci.

Un film sincero, dove il regista si èmesso in gioco senza reticenze e senzacensure. L’amarezza è temperata dallagioia di vivere, nonostante tutto, del pic-colo Banana, uno che non si arrende,che vuole credere nel bene e nella feli-cità… Vedi anche nel n. 111, p. 17. a.ma.

BananaGiovanni Bandini (14 anni) frequentala scuola e gioca a calcio come portieresognando di diventare invece unapplaudito attaccante brasiliano. Icompagni gli hanno affibbiato ilsoprannome Banana. Si divide tra lacasa, dove vive con i genitori e la sorellaEmma, e la scuola in cui ha relazionicomplesse. La mamma sogna di risvegliare leattenzioni del marito, rassegnato aun’esistenza abitudinaria; Emma èdelusa dall’impossibilità di vederriconosciuto il suo valore e la suapreparazione; il fidanzato dellaragazza, teatrante, vive ripiegato su sestesso. La scuola fatiscente è il luogo degliincontri più emozionanti: con Jessica,compagna ripetente ma affascinante, econ la temuta professoressa Colonna,insegnante di lettere che, assegnandoun tema sulla felicità, dà alprotagonista la possibilità di riflettere edi lottare per affermare la sua visionedi un mondo migliore.

r. Andrea Jublin or. Italia/Francia 2014distr. Good Films dur. 83’

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Ripresi in primo piano, il che com-porta che l’immagine costringe lo

spettatore a sentirsi coinvolto in un dia-logo quasi personale, i giovani del filmsono diretti, sinceri, spiazzanti. Dimo-strano di non aver ancora imbrigliato lafantasia, di non essere condizionati dapregiudizi su temi quali la fede religio-sa, il colore della pelle o l’omosessua-lità. Sanno riflettere in profondità e ri-tengono gli adulti poco capaci di ascol-tarli e capirli.

r. Walter Veltroni or. Italia 2015 distr.Bim dur. 113’

3numero 112/113· luglio-ottobre 2015

I bambini sannoIl documentario racconta il punto divista di 39 ragazzi tra gli otto e i tredicianni che esprimono con spontaneitàopinioni, desideri, paure, rispondendoalle domande fuori campo di Veltroni.Sono ripresi per lo più in primo piano esolo in conclusione mostrano, conqualche incertezza, la stanza nellaquale sono stati intervistati. Ne esce unprodotto delicato, dove la presenzadell’adulto è solo evocata. Veltroni è riuscito a non irrigidire ilflusso creativo che scaturisce dallerisposte dei ragazzi, a nonirreggimentarlo in logiche adulte e indirezioni preconfezionate. Anche lascelta degli attori è rappresentativa diuno spaccato nazionale perprovenienza geografica, culturale esociale. Le interviste sono suddivise in capitolisu temi quali amore, famiglia, futuro,Dio, paura, sessualità, morte. Sichiudono con il sorriso di Marius,piccolo rom che incontra per la primavolta il mare.

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In questo film Karzan Kader, regista ira-cheno emigrato in Svezia, si è ispirato

alla propria storia è ha dato forma alleemozioni di quando col fratello ha la-sciato il Paese di Saddam in guerra. Ave-va già narrato la stessa vicenda in uncortometraggio, qui la racconta in formapiù estesa e romanzata. Guarda il mon-do con gli occhi dei bambini descriven-

dolo in chiave semplice e definita, pocorealistica. Oscillando tra fiaba e impegnodidascalico, non convince pienamentenelle scelte contenutistiche e nel tonoglobale della narrazione. Ad esempio,nonostante fin dalle prime battute col-lochi la storia in un’epoca precisa, laguerra rimane ai margini del racconto, siconcentra quasi esclusivamente sul rap-porto tra i due bambini e sul loro desi-derio di riscatto.

La cultura americana, rappresentatadalla figura ideale di Superman è vistacome un simbolo di libertà.

Bekas è comunque un film godibile.Uno dei suoi punti più deboli è il finale,decisamente prevedibile. All’interno del-la vicenda ci sono tutti gli elementi deiclassici di questo genere: il dramma, ilviaggio, i fratelli, la guerra, la suspense,il sogno americano…�

Il tratto più positivo del film è la de-scrizione del rapporto tra i due fratelli. Seperò ci fosse stato più impegno nellacontestualizzazione dell’ambiente, del-le componenti socio-politiche e del con-testo bellico l’opera sarebbe risultata piùinteressante per tutti. m.g.

r. Karzan Kader or. Finlandia/Iraq/Svezia2012 distr. Minerva Pictures Group dur. 92’

Aventi anni di distanza da Ed WoodTim Burton torna alla regia di un

biopic portando sullo schermo l’esisten-za e la carriera dell’artista Margaret Kea-ne, da sempre apprezzatissima da Bur-ton come ritrattista di bambini tristi daigrandi occhi.

A prima vista Big Eyes sembra trova-re un posto a sé nella filmografia del re-gista di Burbank: non ci sono atmosferedark, personaggi fantastici o l’onirismo

del racconto. Eppure si distinguono al-cuni temi ricorrenti in molti film prece-denti: l’emarginazione dei personaggi,l’autodeterminazione e un retrogustogrottesco.

Nonostante il film sia disseminato diinvenzioni interessanti, per la maggiorparte del tempo segue uno sviluppo cherisente di alcuni schemi e la regia in piùdi una sequenza si affossa nell’anonima-to. Anche l’arte non emerge mai comple-tamente in Big Eyes, restando sempre sul-lo sfondo; in maniera un po’ troppo gene-rica viene raccontata l’opinione della cri-tica sulle opere della Keane, così come laquestione della mercificazione dell’arte edella sua riproduzione in serie.

Quello che il film pone veramente alcentro della narrazione sono i due per-sonaggi protagonisti: Margaret e il suosecondo marito Walter, le loro emozio-ni e il loro rapporto prima d’amore e poid’odio. Sembrerebbe che Burton si siaadattato a fatica a raccontare la biogra-fia della Keane, quasi come se la veridi-cità della vicenda tenesse a freno la suaincredibile vena fantastica. Vedi anchenel n.110, p.24. m.m.

Big EyesMargaret Keane, donna e artista,nell’America degli anni 50 scappa dallarelazione con un marito opprimentetentando di ricostruirsi una vitamigliore a San Francisco. Margaret èuna pittrice e nelle sue opere le piacerappresentare bambini dai grandiocchi. Il primo a scorgere del potenzialein quelle tele è Walter, affabulantepseudo artista dal fascino bohémien. I due cominciano a frequentarsi e benpresto si sposano. Lui la porta invacanza alle Hawaii e le procura deipiccolissimi spazi espositivi. Le tele con i bimbi dai grandi occhicominciano ad avere successo ed iltruffaldino Walter convince la moglie afar credere a tutti di essere lui stessol’autore di quelle opere.Le quotazioni aumentano e anchel’avvilimento di Margaret, costretta asopportare le menzogne e le immeritateglorie del marito. Lei, esausta, decide didenunciare una delle truffe più grandidell’arte americana.

r. Tim Burton or. Usa 2014 distr. LuckyRed dur. 105’

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4 numero 112/113 · luglio-ottobre 2015

BekasZana (sette anni) e il fratello Dana(dieci) sono bekas, cioé soli al mondo esenza tetto. Hanno perduto la famiglianella guerra del Kurdistan irachenocontro le truppe di Saddam Husseinnei primi anni 90. Un giornointravvedono una sequenza diSuperman attraverso un buco nelmuro del cinema locale e decidono dipartire per l’America per andare achiedere aiuto a quell’eroe invincibile.Sono convinti che probabilmenteSuperman riporterà in vita i lorogenitori e ucciderà Saddam. Ma per partire hanno bisogno didenaro, di passaporti e di un mezzo ditrasporto. Non hanno nulla ma,coraggiosi, stabiliscono diintraprendere comunque il viaggioverso il loro sogno. Raccolgono tutti isoldi che hanno e comprano un asinoche Zana chiama Michael Jackson. In groppa a Michael, dopo averlocaricato di pane e acqua, seguiti datrenta ragazzi, i due fratelli si mettonoin viaggio verso l’America e Superman.

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Big Hero 6 è una sintesi fra influenzedifferenti. La storia è tratta da un fu-

metto Marvel e proietta il classico d’ani-mazione a metà fra il racconto di supe-reroi e l’epopea robotico-fantascientifi-ca. La storia si svolge in un tempo nonprecisato in un’immaginaria metropolinippo-americana e il protagonista è unragazzo giapponese alle prese con unnemico che ha il volto coperto da unamaschera Kabuki.

Dagli anime Hiro riprende anche l’in-quietudine da preadolescente pieno divita e refrattario alle regole imposte dal-la società. Il percorso di formazione diHiro segue poi coordinate simili a quel-le del primo Spider-Man, con la mortedel fratello che lo investe del destino disalvatore dell’umanità da chi tenta di farvalere la sopraffazione. È la filiazione fa-miliare - più vicina alla sensibilità occi-dentale che a quella orientale - l’elemen-to cerniera che determina il “superpro-blema” di Hiro, e la connessione fra do-vere e responsabilità che lo porterà ausare il suo genio non per scopi di lucroo mera autopromozione, ma per fare delbene e rinsaldare il legame con il fratel-lo scomparso.

Big Hero 6 è dunque, al fondo, unracconto di formazione che stabiliscel’importanza del creare dei legami. Re-gola aurea in un mondo che, al con-trario, spinge al confronto, alla com-petizione (si veda anche il test che Hi-ro deve passare per essere ammesso ascuola) fino alla sopraffazione incar-nata da Yokai. Vedi anche nel n. 109, p.14 e 15. d.d.g.

Big Hero 6Hiro Hamada è un genio della scienzache vive nella città di San Fransokyo,ma spreca il suo talento costruendorobot per combattimenti clandestini.Spronato dal fratello maggioreTadashi, decide di iscriversi all’Istituteof Technology e perciò sviluppa deimicrobot, azionati con le ondecerebrali. Un brutto incendio, però, uccideTadashi e il suo mentore, il professorCallaghan, e causa la distruzione ditutti i microbot. A Hiro resta soloBaymax, il robot infermiere costruitodallo stesso Tadashi. Ben presto, però, Hiro scopre che i suoimicrobot sono ancora in funzione e oraservono il malvagio Yokai, in unintreccio di colpi di scena legati anchealla scomparsa di Tadashi. Insieme aBaymax, migliorato per l’occasione etrasformato in un robot da battaglia, eai compagni di scuola, Hiro siimprovvisa supereroe per fermare ilsupercriminale.

r. Don Hall, Chris Williams or. Usa 2014distr. Walt Disney Pictures dur. 108’

Una città sotterranea, laboriosa e fe-lice, che vive lontana dalla società

umana, imperniata sul riciclo delle ri-sorse e sulla reciproca amicizia. Una cit-tà alla luce del sole, ingiusta e repellen-te, dove l’unico pensiero fisso è il for-maggio e dove l’élite al governo vive al-le spalle dei cittadini. Per di più divisa infazioni, le Tube Bianche e le Tube Rosse,che si contendono il potere. In mezzo, a

far da ponte tra mondi distanti e incon-ciliabili, due bambini brillanti e curiosiche riusciranno a riavvicinare la città disopra con quella di sotto.

Su questa duplice e contrapposta vi-sione delle cose e del mondo si basa Box-trolls, un altro azzeccato successo dellacasa di produzione Laika. L’ispirazioneviene da un autore-illustratore per ra-gazzi molto amato in Inghilterra, AlanSnow, di cui i registi mantengono le at-mosfere british e il sottile sense of hu-mour che serpeggia qua e là. Molte infat-ti sono le citazioni dei Monty Python, ilcelebre gruppo comico inglese. Lo staffdi animatori privilegia una mescolanzadi tecniche che, partendo dallo stop-mo-tion, volteggia con eleganza tra il 3D e lacomputer-grafica.

Tratti di gusto vittoriano, tutti riccio-li e dettagli, colori vivaci e caldi, con at-mosfere dickensiane che ricordano i mi-gliori romanzi dell’Ottocento. Il tono pe-rò è satirico, pur rimanendo accessibileanche per i bambini piccoli, e punta il di-to senza remore al presente, alla nostrasocietà ingorda e divisa. Vedi anche neln. 107-108, p 26. c.m.v.

BoxtrollsLe scatole magicheThe Boxtrolls

A Pontecacio regna la paura: si temeinfatti che i trolls abitanti del sottosuolopossano invadere la città e rapire ibambini, dopo che, anni prima, il figlio diMr. Trubshaw, l’inventore del villaggio,scomparve misteriosamente. Ogni serauna ronda della polizia, capitanata dalmalvagio Archibald Arraffa, dà la cacciaai trolls, cercandoli tra le scatole dicartone abbandonate, che le piccolecreature usano come vestiti. In realtà itrolls sono buoni e hanno allevato comese fosse uno di loro un bambino,soprannominato Uovo. Durante una retata della polizia, Uovosmarrisce il gruppo dei compagni e sirifugia a palazzo, dove fa amicizia conWinnie, la piccola e irriverente figlia delsindaco Gorgon-Zole. Grazie a Winnie,Uovo scopre la sua vera identità. I duebambini architetteranno un piano persventare il colpo di stato di Arraffa e perrestituire a Pontecacio la serenità.

r. A. Stacchi, G. Annable or. Usa 2014distr. Universal Pictures dur. 97’

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Dopo la trilogia di albe e tramontiLinklater abbatte il confine ideale

tra documentario e finzione e ribadisceil suo gusto per la sperimentazione. Par-tendo da un’idea singolare, seguire perdodici anni la crescita di un ragazzino(dai sei ai diciotto anni), Boyhood è unracconto di formazione che fa cresceree invecchiare i suoi attori sullo schermoe nella vita. Un film che conferma la fa-scinazione del regista per i turbamentidella giovinezza (La vita è un sogno) e la

Cenerentola appartiene al genere del-la fiaba, e la fiaba nella letteratura

occupa un posto importante. SecondoPropp prevede un modo di organizzarela storia coerentemente con la formadella vita umana, con un inizio, una fi-ne e in mezzo delle peripezie, con la lot-ta per il riconoscimento, il volo nuzialee il destino che incombe sugli individui.Anche in Cenerentola troviamo l’eroespezzato e ricomposto, la netta suddivi-

r. Kenneteh Branagh or. Usa 2015 distr.The Walt Disney Company Italia dur. 112’

circolarità proustiana del tempo vissu-to (Prima dell’alba, Before Sunset, Befo-re Midnight). Linee e poetiche che defi-niscono la sua filmografia e che hannoprodotto la sua celebre trilogia, giratatra il 1995 e il 2013 con Julie Delpy eEthan Hawke. Ma se il tempo al cinemaviene marcato secondo snodi simbolicie indicativi, il primo giorno di scuola, ilprimo bacio, la prima fidanzata, in Boy-hood il tempo si svolge isolando mo-menti ‘complementari’: il fine settima-na in cui Mason Senior gioca a nascon-dino coi figli e li porta al bowling o lamattina in cui Mason finge la febbre pernon andare a scuola coi capelli rasatidal patrigno. Boyhood costituisce alloraun film-album di foto, che sfogliato ri-compone il nostro passato e ci restitui-sce l’esperienza del tempo. Perché iltempo scorre fuori dal nostro controllo,e spesso aggrappato a istanti ordinari,baleni marginali, trascurabili eppurepieni di bellezza. Quella che il registarivela negli occhi di un ragazzino cheguarda il cielo in attesa che qualcosacapiti. E a capitare è la vita. Vedi anchenel n. 107/108, p. 6 e 7. m. ga.

r. Richard Linklater or. Usa 2014 distr.Universal Pictures dur. 163’

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CenerentolaCinderella

Ella è una ragazza felice. Vive di emozioniin una bella casa di campagna, amatadai genitori. Ma la mamma muore e ilpadre sceglie come seconda moglie unavedova arida e avida. Quando anche ilpadre si ammala e la abbandona,diventa Cenerentola. La matrigna laincarica di ogni attività domestica maElla, pur sempre sporca di cenere eumiliata, non si ribella alle sue angherie ea quelle delle sorellastre. Quando l’amorebussa alla porta, ne è catturata. Non sa diavere a che fare con un principe, lo credeil signor Kit, “apprendista”. La matrigna ostacola in ogni modo lapartecipazione di Cenerentola al ballopresso il palazzo reale, ma in suo aiutoarriva la madrina, una fata maldestrache le permette di incontrare l’amato, ilprincipe, e di essere scelta come sposa.Finalmente tutto si aggiusta, il benetrionfa, i cattivi sono smascherati eCenerentola può guardare al futurocon serenità.

sione tra buoni e cattivi, l’aiutante ma-gico che viene in soccorso dell’eroe e illieto fine.

Branagh, nella sua versione, insistesugli stereotipi, li enfatizza e mostra unaCenerentola dolce e remissiva, fedele altestamento morale della mamma che, inpunto di morte, la invita a perseguiregentilezza e coraggio. Non si ribella aldestino avverso, mostra coraggio più nel-la sopportazione che nella ribellione.L’incontro con il principe avviene per ca-so e lo scambio di battute, in un curiosogirotondo a cavallo, accentua il loro fron-teggiarsi alla pari. Lui sta cacciando “Per-ché così sempre si fa” e lei saggiamentegli ricorda che “Solo perché è così che sifa, non vuol dire che si debba fare”.

L’impianto è hollywoodiano e le im-magini marcatamente disneyane. Ciònonostante la narrazione prosegue snel-la e lineare. Grazie al linguaggio sempli-ce, all’universalità della vicenda raccon-tata, all’appeal complessivo della confe-zione, può essere interessante proporlaa una platea di pre-adolescenti che pro-babilmente non hanno mai letto la fia-ba di Cenerentola. f.b. e t.c.

BoyhoodTexas, 2002. Mason ha sei anni, unasorella dispettosa e i genitori separati.Seduto sulla sua bicicletta guarda almondo col sorriso e al nuovo fidanzatodella madre con sospetto. Perché è unnuovo fidanzato sbagliato a cui neseguiranno altri, alcolizzati odisturbati, che Olivia lascerà sempre ecomunque per amore dei suoi figli. Figli che intanto crescono, sidiplomano, si innamorano e vanno alcollege. Con loro, separato ma presente,c’è Mason Senior, un padre singolare ebellissimo che ama improvvisare lavita e comporre canzoni. Anno dopo anno ritroviamo Masonpreso da tutte quelle cose che fanno lavita e lo preparano a entrare nell’etàadulta: una rottura amorosa, unapartita di baseball, un viaggio inmacchina, una conversazione incamera oscura, una camera chiara daoccupare al college, una passeggiata alsole, un tramonto infuocato sulledistese rocciose del West.

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Si affida ad attrici emergenti CélineSciamma per raccontare un’altra

storia di crescita e formazione, di ricer-ca di un’identità sociale e di genere, do-po Naissance des pieuvres e Tomboy. Losfondo questa volta sono le banlieueche circondano il centro di Parigi, quel-l’enorme e ubriacante ipermarket diimmagini e golem che attira i giovanicome calamite. Marieme, le sue ami-che, le sue rivali, tutti i branchi di quar-

tiere, orfani di idee, impegnano le gior-nate con spostamenti frammentari eincerti, una rapsodia che non trova ar-monie se non in rari casi: ad esempioquando il gruppo di ragazze coagula ildesiderio di cambiare vita e sognaun’età adulta fuori dal ruolo impostodalla cultura di periferia, dalle pressio-ni sociali, dagli schematismi e dallequadrature forzate.

Marieme accetta il cambiamento co-me prova e le iniziazioni come stru-mento di accesso a territori nuovi, mavive le esperienze interrogando costan-temente chi ha di fronte: l’amica capo-branco Lady che diventa modello, il fi-danzato che pensa di amare ma che lavorrebbe già donna del focolare, il fra-tello e la madre, uno presenza ingom-brante, l’altra assenza pesante seppurgiustificata; interroga infine il propriocorpo in abiti e capigliature diverse, ar-mature adattate alle piccole battagliepersonali che dovrebbero allontanarel’idea di vita come noiosa sopravviven-za e spingere l’infanzia lontano, comefosse un ricordo inopportuno. Vedi an-che nel n. 112/113, p. 20. a.l.

Diamante nero Band de filles

La sedicenne Marieme vive in unappartamento, situato nella piùmarginale delle periferie parigine, con ledue sorelle più piccole, un fratelloviolento che interpreta il ruolo del padre(assente) e che, confinato nella suacamera, è ingranaggio di una rete dispacciatori locali, infine con una madreimpegnata in turni terrificanti di lavorocome donna delle pulizie. Marieme, chedi scuola non vuole saperne, si lasciaagganciare da un gruppo di coetanee,una piccola banda di ragazze senzaregole. Vivere alla giornata e giocare afare le dure, tutto qui il loro presente. La vita di Marieme cambia, come la suapettinatura e i suoi abiti; si metteinsieme con un amico del fratello, anchelui coinvolto nei traffici illeciti. Luisarebbe anche disposto a costruire unavita con lei, la ragazza invece, che sognadi lasciare le banlieue, scappa di casa e simette al soldo di un boss. Non è però lavita desiderata.

r. Céline Sciamma or. Francia 2015distr. Teodora Film dur. 112’

C orri ragazzo corri propone il temadella Shoah vista dagli occhi di un

bambino che arriva a respingere la pro-pria identità nonostante le raccoman-dazioni del padre, perché si rende con-to che, date le circostanze, quella è unascelta necessaria per sopravvivere in unmondo che nega ogni libertà,

Seguendo da vicino la vicenda di Ju-rek, il regista accompagna gli spettatori

a condividere una storia di formazionesingolare ma ricca di spunti su cui riflet-tere: il rispetto delle diversità culturali ereligiose; i valori dell’identità, della soli-darietà, dell’accoglienza e dell’integra-zione.

La vicenda di Jurek è raccontata conrealismo, ricostruendo con efficacial’ambiente e l’epoca in cui si snoda, fil-trandoli però sempre attraverso lo sguar-do del ragazzo, fatto che ad esempio giu-stifica alcune immagini e alcuni momen-ti del film non del tutto in sintonia conil tono drammatico generale.

Le scelte espressive sono accurate erappresentano con efficacia l’odissea delragazzo. Le atrocità della guerra e le per-secuzioni razziali restano sullo sfondoperché il film privilegia le avventure egli incontri vissuti dal protagonista. Lasua corsa verso la sopravvivenza e la li-bertà è accompagnata da flahs che ri-cordano gli incubi del ghetto (i suoni, leluci, i rumori) e i momenti dello strappolacerante dagli affetti familiari. Sarannoanche questi ricordi a indurre il ragazzoa non arrendersi nei momenti più tragi-ci. Vedi anche nel n.110, p. 22. m.g.

Corri ragazzocorriLauf Junge laufSrulik (9 anni), fuggito dal ghetto diVarsavia con il padre, riesce a sottrarsi aitedeschi perché il papà si sacrificaattirando i militari sulle proprie tracce.Assume il nome di Jurek Staniak, sinasconde nelle campagne e nei boschiimparando a resistere agli stenti, unendosia gruppi di fuggiaschi come lui, offrendomano d’opera in cambio di cibo e rifugio. Respinge la propria identitàpresentandosi a tutti come un orfanocattolico polacco. Riesce però a conservarela speranza e la fiducia in chi incontra.Trova persone che lo accolgono e loaiutano, ma altre che lo maltrattano e lodenunciano. Mentre sta lavorando peralcuni contadini, ha un brutto incidentealla mano destra e, per la crudeltà di unchirurgo che si rifiuta di operare un ebreo,perde una parte del braccio. Trova ancorala forza di andare avanti. Finita la guerra riassume con coraggio lapropria identità di ebreo.

r. Pepe Danquart or. Germania/Francia/Polonia 2013 distr. Lucky Red dur.108’

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Il titolo, Due giorni, una notte, definisceil tempo che resta alla protagonista

per intraprendere una corsa quasi sen-za speranza, un percorso a ostacoli incui non ci sono vincitori né vinti. Il filmpone l’accento sulla prestazione del la-voro e l’istigazione alla competizione trai dipendenti all’interno di un’azienda didimensioni sufficientemente ridotte danon prevedere una rappresentanza sin-dacale, dove la scelta di licenziare la pro-tagonista è, per così dire, lasciata ai suoi

Coraggioso (Difret in aramico signi-fica sia coraggio sia vittima di vio-

lenza) il primo lungometraggio di Me-hari, etiope con una lunga esperienza distudio e lavoro negli Usa. Affronta lospinoso argomento della Telefa, l’anti-ca pratica del rapimento a scopo di ma-trimonio, frutto di una società maschi-lista che non tiene in alcun conto la vo-lontà della donna. Esiste ancora in Etio-

pia soprattutto nelle campagne, mentrenelle città è in atto una lenta evoluzio-ne per raggiungere la parità dei dirittiuomo e donna.

Il fatto cui si è ispirato il regista è rea-le e Hirut, che nel 1996 si è ribellata, vi-ve ancora in esilio. L’avvocatessa Meazacon il suo intervento ha contribuito afar modificare la legge. Dal 2004 infatti laTelefa viene punita con una pena fino aquindici anni di carcere, ma la legge an-cor oggi non viene sempre applicata per-ché gli stessi giudici non hanno la forzadi superare la tradizione e le decisioni delConsiglio degli Anziani.

Lodevole l’interpretazione delle dueprotagoniste che ben rappresentano i dueaspetti del Paese. L’una è la vittima delletradizioni. L’altra si adopera perché unagiusta legge statale possa avere la megliosu ingiuste leggi tribali. Narrazione linea-re, semplice, a tratti quasi didascalica. Ilfilm ha ricevuto il Premio del Pubblico alSundance Film Festival 2014 e al Festivaldi Berlino e in post produzione ha ottenu-to l’appoggio di Angelina Jolie, sempreimpegnata in cause umanitarie. Vedi an-che nel n. 110, p. 23. a.f.

r. Zeresenay Berhane Mehari or. Etiopia/Usa 2014 distr. Satine Film dur. 99’

colleghi che possono rinunciare a unpremio per impedire che venga messa inatto tale decisione. Non vi sono buoni ocattivi, il film rifugge qualsiasi manichei-smo o presa di posizione. In tal senso, in-fatti, va oltre il fine meramente docu-mentale, di testimonianza e in questopreciso caso, del mondo del lavoro e deisuoi protagonisti. Punta invece sul-l’esemplarità della situazione, sottraen-do i propri personaggi alla contingenzareale, dando loro spessore e inserendo-li in una dimensione etica. La pellicola,come avviene in molto cinema dei Dar-denne, è una sorta di storia di iniziazio-ne per la sua protagonista che si esplici-ta in un percorso tanto fisico quantomentale, che compone una mappa urba-na dai confini precisi.

Nel tessere l’elogio di una “non per-formante” che ritrova forza e coraggiograzie alla battaglia che decide di con-durre con suo marito, Due notti, unanotte costituisce un nuovo e riuscito ca-pitolo della filmografia di Jean-Pierre eLuc Dardenne, fautori di un cinema diimpegno sociale e civile. Vedi anche neln. 109, p. 10 e 11. l.c.

Due giorni, una notteDeux jours, une nuitSandra, giovane madre di due figli, haappena saputo che l’azienda di pannellisolari presso cui lavora, ritenendola menoproduttiva a seguito di una depressione,ha posto i suoi colleghi di fronte a unascelta difficile: ottenere un bonus di milleeuro, oppure rinunciarvi per evitare illicenziamento della stessa donna. La scelta è stata quasi unanime in favoredel bonus. Sandra tuttavia non si lasciascoraggiare e affronta il datore di lavoro,riuscendo a ottenere la possibilità divotare nuovamente. La nuova votazionesi svolgerà lunedì mattina, la donna haquindi a sua disposizione il finesettimana per tentare di convincere glioperai a optare per la rinuncia al premio.Ottenuto un risultato di pareggio, aSandra non resta che raccogliere gli effettipersonali e congedarsi, salvo essererichiamata dal datore di lavoro che levuole sottoporre un accordo che ritieneinteressante…

r. Jean-Pierre e Luc Dardenne or. Belgio/Francia/Italia 2014 distr. BimDistribuzione dur. 95’

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DifretIl coraggio percambiare

Etiopia 1996. Un piccolo paese a tre oredalla capitale Addis Abeba. Laquattordicenne Hirut Assefa, all’uscita dascuola, viene inseguita e rapita da ungruppo di uomini a cavallo. Tadele le usaviolenza a scopo di matrimonio. Hirut,durante il tentativo di fuggire, siimpossessa di un fucile e per salvarsispara uccidendo Tadele. Per lei non c’è piùscampo. Viene imprigionata con l’accusadi omicidio e rischia il carcere a vita. IlConsiglio degli anziani del paese,composto da soli uomini, la condanna amorte e i parenti di Tadele giurano divendicarsi anche sulla sua famiglia. La storia di Hirut arriva in città el’avvocatessa Meaza Ashenafi, di unostudio legale che tratta solo causefemminili decide di salvarla dimostrandoche ha agito per legittima difesa. Compitodifficile dover combattere controun’ancestrale tradizione e contro gli stessimagistrati.

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Non è “un film sulla Pestalozzi. Ma“grazie alla Pestalozzi” riporta la

scuola alla sua dimensione sociale e cul-turale, ponendo l’attenzione sulla centra-lità degli affetti nei processi educativi”.Cinquanta minuti di rapido montaggio:un mosaico di voci e di volti, nessuna vo-ce narrante, nessuna tesi da dimostrare oprogetto da comunicare, solo vivere il mo-mento cruciale della conclusione dell’in-fanzia e l’ingresso in un’età più complica-

EducazioneaffettivaFirenze, via delle Casine: ScuolaPestalozzi, fondata da ErnestoCodignola nel 1945. Il film è il raccontoper immagini dell’ultima settimana discuola di una quinta elementare. È lafine di un percorso di crescita. I bambinidovranno andare verso un futuroignoto. Emergono emozioni, ricordi,timori per un’armonia che s’incrina. Paura, e curiosità, per un mondoancora misterioso. Scorrono velociframmenti di vita. Le attivitàquotidiane, i giochi in teatro, quelli incortile; si giurano amicizie eterne, siascolta in cuffia Vasco Rossi, che cantaVoglio trovare un senso a questa vita, siassiste alla proiezione di Nuovo cinemaParadiso. Fino alla gita al mare di tre giorni,classico rito di passaggio, metafora delpassaggio dall’infanzia all’adolescenza.E tutti insieme infine, spettatori tornatibambini e scolari, leggiamo commossila lettera d’addio dei due maestri.

r. Federico Bondi, Clemente Bicocchi or.Italia 2013 distr. Ardaco dur. 50’

Il linguaggio è forte pur se, espressocon i gesti, le battute e le situazioni

fanno spesso sorridere, in particolarequando si fa il confronto tra la comuni-cazione di chi non parla e quella ipocri-ta e sfuggente di chi ha a disposizione isuoni. Ed è qui che sta l’originalità delfilm: le persone sordomute non vengo-no considerate come bisognose di com-

miserazione, sono tratteggiate come per-sone e basta, con pregi e difetti.

È centrale il tema della comunicazio-ne che può avvenire in modi differenti:con parole scritte o parlate, con gestuali-tà, sguardi e musica. Importante infattila scelta dello script di far scoprire a Pau-la il talento della voce (quasi uno scherzodel destino per lei, nata da genitori sordo-muti): la musica si rivela per quello che ènel profondo, un linguaggio universalecapace di far esprimere e provare le emo-zioni più intime e di mettere in relazionegli esseri umani. Saranno il coro scolasti-co, le audizioni, la scelta del canto a riu-nire i membri della famiglia Bélier, a ri-comporre il puzzle delle loro vite e diver-sità, come verrà svelato nel finale.

Il papà di Paula, infine, decide di can-didarsi sindaco del villaggio, di rappor-tarsi ai propri concittadini alla pari, but-tandosi nell’ambiente della politica con-torto e burocratico con il coraggio di chiè consapevole delle proprie idee e abili-tà. Così diventa un modello per i figli eper tutti coloro che sono convinti che“diverso” voglia dire “incapace”. Vedi an-che nel n. 111, p. 27. a.m.

La famiglia BélierLa famille Bélier

Paula parla, si rapporta con i clientidella fattoria gestita dalla sua famiglia,va a scuola e poi si innamora. Paula è“normale” in un nucleo di personesordomute.Paula è la protagonista della commediadel regista Éric Lartigau, intitolata Lafamiglia Bélier, che vede al centro dellastoria un padre, una madre e un altrofiglio, tutti impossibilitati a sentire e aparlare bene. Vivono in un villaggioagricolo della Normandia.La ragazza entra nel coro della scuola equi scopre di avere un talento: una vocestraordinaria. Decide quindi di iscriversia un concorso di canto che la porterebbea far parte di una delle accademie piùprestigiose di Parigi e si innamora di uncompagno di scuola. La notizia di un suo possibileallontanamento da casa manda nelpanico genitori e fratello, ma alla fine tutticapiranno che lasciare la libertà dellescelte di vita è la più alta forma di amore.

r. Éric Lartigau or. Francia 2014 distr.Bim dur. 105

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ta. Nessun protagonista, nessun compri-mario, nessuna vicenda che emerge.

La mdp entra con naturalezza, pedi-na i piccoli, cattura i loro giochi, i loro so-gni, li spia nei loro dialoghi. I bambini vi-vono il disorientamento prodotto dallascoperta del tempo che passa, il dover vi-vere in un’atmosfera sospesa. Protagoni-sta diventa il filo rosso degli affetti. Tut-to è raccolto senza mediazioni e riflessio-ni adulte. Un lavoro forse frammenta-rio, che sembra frutto di improvvisazio-ne, affidato a una sorta di domino d’im-magini e di suoni che si richiamano acatena, perché l’obiettivo è proprio se-guire il movimento degli affetti. E la mo-dalità espressiva scelta è straordinaria-mente coerente alla rappresentazionedel caos emotivo di una delicata età dipassaggio.

“Un film non per bambini, ma pertornare bambini”. Come effettivamentetorniamo durante la lettura del messag-gio gramsciano contenuto nella letterad’addio dei due maestri, che esortano aricordare, “perché non c’è peggior tradi-mento di quello di non ricordare”. Vedianche nel n. 111. p. 26. c.d.

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Per il Centenario della Prima GuerraMondiale Leonardo Tiberi, che ha di-

retto per anni l’Archivio Storico Luce, hacucito insieme numerosi documenti suquanto è avvenuto in Italia in quegli an-ni alternandoli con scene girate apposi-tamente in modo da costruire una storiaverosimile. Ne esce un film ibrido che pe-rò vanta più di un aspetto positivo.

Lo sgomento, le ferite, le fatiche,l’orrore si leggono sui volti e negli at-teggiamenti di chi stava vivendo que-

gli eventi. Avvalendosi di materiale direpertorio appartenente agli Archivi dinazioni quali Francia, Germania, Au-stria e Serbia Tiberi permette allo spet-tatore di approcciarsi alla Prima Guer-ra Mondiale con uno sguardo ampio ematuro. La guerra è lontana da quellariportata sui testi scolastici, perché ric-ca di dettagli. Basti pensare ai soldatiche affrontavano i monti portando sul-le spalle la bicicletta (uno strano mo-dello richiudibile), alle armi trascina-te a fatica da catene umane, ai mortiabbandonati alle mosche e agli inset-ti, ai corpi che si ribellavano al mo-mento di uscire dalla trincea per anda-re a giocare con la morte. Interessantisono anche le prime immagini del filmche mostrano l’atmosfera di ottimismoin cui versava il popolo italiano agliinizi del secolo.

I protagonisti della fiction sono tregiovani romagnoli della media borghe-sia che rappresentano la normalità. Loscopo principale del film è didattico-di-vulgativo. È bene ricordare che quellaguerra è costata la vita a 800.000 perso-ne. Vedi anche nel n. 110, p. 37. f.b. e t.c.

r. Leonardo Tiberi or. Italia 2014 distr.Istituto Luce Cinecittà dur. 90’

Presentato a Cannes 2014 alla Quin-zaine des Réalisateurs Les Combat-

tants, in italiano, The Fighters - Adde-stramento di vita, è l’esordio di ThomasCailley, opera che ha riscosso un note-vole successo di critica, ottenendo nu-merosi e meritati premi.

Un film che sfugge ai canoni tipicidella commedia per il variare di tonali-tà dal semiserio al grave e l’intrecciaregeneri differenti dall’avventuroso al ca-tastrofico - in grado di affrontare tema-

tiche sentimentali passando attraver-so l’elaborazione del lutto - per raccon-tare il passaggio dall’età adolescenzia-le a quella adulta.

Nell’opporre due modi di intendere lavita, due attitudini di affrontarne la quo-tidianità, in The Fighters - Addestramen-to di vita, l’ilarità a tratti surreale scatu-risce dalla constatazione di situazioniall’apparenza serie, lette da un punto divista che ne stravolge il senso comune.Innervata da una carica di insolita ener-gia, la narrazione procede secondo unoschema teso a raccontare la vicenda adaltezza dei suoi protagonisti, evitandodi soffermarsi sulla caratterizzazione psi-cologica e puntando piuttosto sull’azio-ne, per modellarsi sulla loro fisicità, suiloro respiri, sui loro volti. Il vero punto diforza del lungometraggio risiede difattinell’aver trovato anche sul piano stili-stico la maniera migliore per restituiresenza mediazioni il modo di sentire deidue giovani sorprendendo lo spettatore,ad esempio, a osservare insieme a lorol’ambiente circostante, a tutti gli effettico-protagonista della vicenda. Vedi an-che nel n. 111, p. 10 e 11. l.c.

The Fighters Addestramento di vitaLes Combattants

Arnaud è un giovane ventenne che haappena perso il padre e si predispone atrascorrere l’estate a lavorare insieme alfratello per apprendere il mestiere delfalegname. Un giorno sulla spiaggiaincontra Madeleine con cui deveconfrontarsi in un incontro di lotta a cui asua insaputa è stato iscritto. Sorpreso dallasua forza Arnaud, per non soccombere, ledà un morso. Successivamente il giovaneavrà l’occasione di incontrarla e discusarsi per l’accaduto.Madeleine si sta allenando per parteciparea uno stage di apprendimento delladurata di quindici giorni, nel reggimentodei paracadutisti. Invaghito di lei, Arnaudfinisce col seguirla nell’avventura militare.Durante un percorso di sopravvivenza,dopo un aspro litigio, i due decidono diproseguire la loro avventura e di“sopravvivere” da soli all’interno dellaforesta. Fino a quando Madeleine si sentemale per aver ingerito del cibo...

r. Thomas Cailley or. Francia 2014 distr.Nomad Film dur. 98’

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Fango e gloria La grande guerra

Mario, Agnese ed Emilio sono giovaniappartenenti alla media borghesia,innamorati della vita. Quando scoppia ilconflitto si separano: Mario parte per ilfronte, Agnese raggiungerà una zia aMilano per lavorare in un’industriabellica ed Emilio finirà in Marina. Iragazzi sono entrambi innamorati diAgnese, ma è Mario che si fidanza con lei. La guerra, raccontata attraverso leimmagini restaurate dell’Archivio StoricoLuce, permette solo qualche rapidoincontro tra i due giovani innamorati, iltempo di farsi scattare una fotografiainsieme e di legare al polso di Mario unorologio Eberhard, regalo di Agnese, neldisperato tentativo di controllare loscorrere del tempo.A pochi mesi dal termine del conflittoMario muore, perde l’orologio e lapossibilità di essere riconosciuto. Duranteil viaggio che compie da milite ignotopasserà da casa e a salutarlo alla stazioneci saranno la fidanzata ed Emilio.

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L a storia dei fratelli Schultz, lottato-ri che dopo aver vinto contempora-

neamente l’Oro olimpico a Los Angelesin categorie diverse, finiscono nel TeamFoxcatcher per volontà del magnateJohn E. Du Pont, costituisce ancora og-gi una delle pagine più nere della re-cente storia americana. Il regista guar-da in filigrana il rapporto denso di am-biguità tra John Du Pont e Mark Schultz,premurandosi di raccontare gli aspetti

nascosti dei suoi personaggi, attraver-so dialoghi mai gridati, espressioni al-lusive nei volti, posture dei corpi quan-to mai indicatrici dei rapporti gerarchi-ci tra gli attori della vicenda: il corpostatuario di Mark che diventa scimmie-sco di fronte a Dave, la goffaggine diDu Pont che cerca un’improbabile tra-sformazione in atleta sotto lo sguardoglaciale della vecchia madre, ancoraMark, prima sottomesso a John e poiaggressivo a testa alta contro il mento-re da cui si sente tradito.

In definitiva Foxcatcher non nascon-de come la parabola sportiva degliSchultz sia secondaria rispetto al rac-conto di due individui che nella ricercadi approvazione genitoriale si servonouno dell’altro. In un crescendo di ten-sione, non c’è inquadratura che Millerbutti via, definendo un apparato se-mantico che rinvia sempre a ciò chenon vediamo, a un vortice emotivo chetrasforma ogni personaggio, definendonella distanza tra ciò che hanno e ciòche cercano la forma di un quadrilate-ro irregolare che si spezza tragicamen-te. Vedi anche nel n.111, p. 20. a.l.

FoxcatcherUna storia americana

Mark Schultz, medaglia d’oro nellalotta alle Olimpiadi di Los Angeles1984, naviga in acque grigie. Ilmilionario John Du Pont, rampollo diuna delle più potenti famiglieamericane, gli propone di trasferirsi aFoxcatcher, la sua immensa tenuta, perallenarsi duramente sotto la suasupervisione. L’obiettivo è vincere leOlimpiadi di Seul, tenendo alto ilvessillo statunitense, come da semprefanno i Du Pont. L’eccentrico miliardario, che si fa caricodel sostentamento di Mark, si comportacon lui come se fosse un padre adottivo,cercando nel frattempo di far breccianel cuore indurito dell’anziana madre,scettica da sempre sul valore dellequalità del figlio. Il rapporto tra Mark e Du Pontcomincia a degenerare quando arriva aFoxcatcher anche Dave, il fratello pocopiù grande di Mark, anche lui oroolimpico.

r. Bennett Miller or. Usa 2014 distr. BIMdur. 134’

F ury prosegue l’estetica del soldatoRyan e la sua volontà di realismo, ri-

tagliandosi un posto nel genere. Non tan-to e non solo perché il suo regista, ex ma-rine, ha esperienza diretta della materia,ma per l’impianto drammaturgico singo-lare, articolato in un interno (il carro) e inuna relazione corpo-macchina. In Fury,come in Lebanon, film israeliano di Sa-muel Maoz, non si scende (quasi) mai dalcarro armato. Costruito sulla dialetticadentro-fuori, fuori c’è la Storia, dentro lastoria, fuori l’azione, dentro la reazione,

fuori il proiettile esploso, dentro il rincu-lo, Fury avanza interrogandosi sulla guer-ra e sul rapporto che il singolo soldato in-trattiene con l’oscenità del conflitto. E quisi esauriscono le corrispondenze tra duefilm che contemplano esterni e implicazio-ni ideologiche radicalmente differenti.

Se il fuori di Maoz era la Guerra del Li-bano (1982) ‘costretta’ in un tank-nazionee invasore, il fuori di Ayer è la Seconda Guer-ra Mondiale, l’ultima a dimensione mitolo-gica, quella della lotta tra bene e male, chenon smette di affascinare Hollywood.

Ayer non sembra ossessionato dallamaterialità del combattimento, a interes-sarlo è l’unità protagonista. Comprende-re il funzionamento di un’unità di carristipermette al regista di misurare la dimen-sione industriale della guerra. Nel 1945 lavita media di un uomo in un tank era disei settimane, al termine delle quali si mo-riva straziati dal fuoco nemico, al termi-ne delle quali si riempiva di nuovo con al-tre vite. Uomini e biografie stipate e lan-ciate contro le linee tedesche, che resi-stevano ostinate e fameliche fino alla finedei loro giorni. Vedi anche nel n. 112/113,pp. 10 e 11. m. ga.

FuryGermania, aprile 1945. La guerrasembra non finire mai per il sergenteDon Collier, sopravvissuto al desertoafricano e alle spiagge dellaNormandia. Leader carismatico di unmanipolo di soldati di diversaestrazione e diverso carattere, Don èinviato in missione dietro le lineenemiche e dentro un tank Sherman.Perduto in uno scontro a fuoco il lorotiratore, reclutano Norman Ellison, ungiovane soldato a disagio con la guerrae la violenza. Ribattezzato dalla sua squadraWardaddy, Don si prende cura come unpadre del ragazzo, che inizia airudimenti della guerra con metodipoco ortodossi. Avanzare contro il nemico, abbatterloe sopravvivergli favorisce laconfidenza e il cameratismo tra gliuomini di Don, che impavidi hannodeciso di seguirlo in un’ultimaimpresa contro trecento soldatitedeschi. Un’ultima linea armataprima della libertà e della pace.

r. e sc. David Ayer or. Stati Uniti 2014distr. Lucky Red Distribuzione dur. 134’

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Di Leopardi vengono mostrati l’im-pegno nello studio, sorvegliato da

un padre severo, che intende protegge-re, ma anche dirigere il figlio negli studi,nel comportamento e nelle scelte.

A Firenze il poeta esprime l’ironiasul secolo, le certezze, la fiducia nelprogresso, nelle masse, la culturasuperficiale, le nuove forme letterarie,le scienze economiche e statistiche, ilmoderatismo, lo spiritualismo, il con-formismo; subirà l’umiliazione di non

veder premiate le Operette e di essererifiutato da Fanny Targioni Tozzetti. ANapoli, dove intende vivere “finalmen-te a caso”, confortato dall’amicizia deiRanieri, viene mostrato in sequenzepiù mosse e animate a contatto conl’ambiente popolare.

Di impianto tradizionale, il film siconcede alcune libertà stilistiche cheesprimono l’interiorità, fra le quali èfondamentale lo sguardo. Sempremostrato nell’atto di guardare, sia cheaguzzi lo sguardo sulle sudate carte, siache lo allunghi verso l’orizzonte, o con-templi la natura, osservi la vita borghi-giana, esamini l’ambiente, egli è inten-to a investigare: lo sguardo indagatorerappresenta la ricerca filosofica delvero, resa volto e carne dalla capacità diidentificazione dell’interprete, che rag-giunge l’apice nella chiusa, in cui egli sisvela come l’occhio di un’ininterrottasoggettiva lunga quanto il film, rappre-sentazione della consapevolezza dellanullità dell’uomo di fronte all’immen-sità dell’universo e all’indifferenzadella natura. Vedi anche nel n.107/108,pp. 12 e 13. m.g.r.

Il giovanefavolosoIl percorso conoscitivo e l’esperienzaumana di Leopardi: una lungasoggettiva sul nulla dell’uomo. Girato negli ambienti reali,rigorosamente documentato, il filmricostruisce l’esperienza umana diLeopardi in tre momenti significativi:l’infanzia e l’adolescenza a Recanati, ilcontatto con gli intellettuali fiorentinidel circolo Vieusseux, il soggiorno aNapoli con Antonio Ranieri. “Leopardi sa – dichiara il regista - conmolto anticipo sui moderni, che solo laradicale esperienza di se stessi consentela partita con la verità. È un uomolibero, ironico e socialmentespregiudicato, un ribelle, per questaragione spesso emarginato dallasocietà ottocentesca nelle sue varieforme. Il giovane favoloso vuole esserela storia di un’anima, che ho provato araccontare, con tutta libertà, con glistrumenti del cinema.”

r. Mario Martone or. Italia 2014 distr.01 Distribution dur. 137’

Tratto dal primo libro della Trilogiadella città di K. di Ágota Kristóf, il

film propone una dura allegoria sullaguerra. È stato designato a rappresen-tare l’Ungheria agli Oscar 2014 e ha vin-to il Crystal Globe alla 48° edizione delFestival di Karlovy Vary. Il romanzo, tra-dotto in più di trenta lingue, è stato pub-blicato in Italia da Einaudi.

Nel film mancano quasi del tutto lescene di guerra. L’interesse dell’autore si

concentra sui due ragazzi e sulla loroodissea. I due fratelli sono legati da unrapporto simbiotico. Vivono situazionicosì atroci che finiscono col diventareassassini.

Ágota Kristóf (nata nel 1935) è unascrittrice ungherese naturalizzata sviz-zera. È vissuta in Ungheria fino all’inva-sione russa del 1956. Il testo da cui ètratto il film è nato dal desiderio di rac-contare come lei e suo fratello siano so-pravvissuti alla guerra. Non è un roman-zo pienamente autobiografico, moltiepisodi sono tratti dalla realtà, altri nonsono ricavati dai suoi ricordi ma da quel-li di amici che glieli hanno riferiti.

Il grande quaderno è particolarmenteriuscito e coinvolgente nella prima partein cui possiamo individuare soluzioninarrative ed espressive originali ed effica-ci come l’animazione artigianale degliappunti sul quaderno, il realismo am-bientale, il contrasto tra l’immaginarioinfantile e la desolazione legata alla guer-ra. Nella seconda le soluzioni narrativeed espressive sono spesso improntate almelò e arrivano talvolta al grottesco. Ve-di anche nel n. 112/113, p. 22. m.g.

Il grandequadernoLe Grand CahierDurante la seconda guerra mondiale duegemelli sono affidati dalla mamma -sconvolta dalla carestia e dai raid aerei incittà - a una nonna sconosciuta che abitain campagna. La donna è alcolista eburbera, le persone del luogo la chiamanostrega perché si dice abbia avvelenato ilmarito.Alla violenza della guerra si somma quelladomestica. I ragazzi capiscono che il solomodo per sopravvivere è quello di rendersiil più possibile insensibili e spietati. Cosìreprimono il senso della fame, il dolore e leemozioni. Fortificano lo spirito leggendo laBibbia e studiano le lingue straniere.Scrivono quello che accade in unquaderno che ha regalato loro il padre. Laliberazione registra i momenti più cruenti:il villaggio e le poche persone con cui sonoriusciti a costruire un rapporto sonovittime di stupri e suicidi. La tragica finedella madre e la breve ricomparsa delpadre li condurranno alla separazione.

r. János Szász or. Ungheria 2014 distr.Academy Two dur. 113’

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Come nel successivo Il Signore deglianelli, anche Lo Hobbit racconta il

viaggio compiuto da un’eterogenea com-pagnia. La caratura morale impressa dal-la narrazione fiabesca del libro origina-le si ritrova nel tema della corruzionedel potere prodotta dal tesoro nascostonel ventre della montagna ai danni delcapo dei Nani Thorin Scudodiquercia:

questi, infatti, nel corso della storia com-pirà l’intera parabola che lo porterà dalruolo di eroe a quello di leader egoista esedotto dalle lusinghe della ricchezza.

Educato secondo i dettami della reli-gione cattolica, Tolkien è attento ai temidell’etica e della corruzione in una socie-tà che volge al Secondo Conflitto Mon-diale e Jackson coglie con saggezza lospunto metaforico insito nella naturatentatrice e serpentiforme del drago, cherimanda alla primigenia corruzione del-l’uomo nel giardino dell’Eden.

In questo senso è interessante notarecome lo Hobbit, pur detenendo sin dal ti-tolo la nomea di autentico protagonista,è nei fatti una figura più defilata: in lui Tol-kien e Jackson non vedono la figura desti-nata all’evoluzione, portata dal viaggio edalle regole del “racconto di formazione”.Bilbo, infatti, è propedeutico a mantene-re un punto di vista sempre obiettivo ri-spetto agli eventi, in quanto rappresen-tante di quella logica “paterna” dei saniprincipi, tipica di una specie ben radica-ta nell’etica della fedeltà alla propria ter-ra e al rapporto sano con la natura. Vedianche nel n.109, p. 6 e 7. d.d.g.

Lo HobbitLa battaglia delleCinque ArmateThe Hobbit: The Battle of the Five ArmiesL’arciere Bard abbatte il drago Smaug esalva la popolazione di Pontelagolungo. INani intanto riguadagnano la MontagnaSolitaria, libera dal flagello, e ThorinScudodiquercia può finalmente sedere sultrono degli avi. L’oro della Montagna,diventa presto oggetto del contendere: gliuomini di Pontelagolungo - che voglionoricostruire la città devastata dai Nani - egli elfi di Re Thranduil rivendicano dirittipregressi su una parte della ricchezza. Ma Thorin ha contratto la “malattia delDrago” e non è disposto a dividere l’orocon nessuno e vani sono i tentativi diBilbo di impedirne la follia. Una guerra si profila all’orizzonte, resaancora più violenta dall’intervento degliOrchi di Azog il Profanatore, con la suaschiera di Mannari, istigati da Sauron,l’Oscuro Signore.

r. Peter Jackson or. Usa/Nuova Zelanda2014 distr. Warner Bros dur. 144’

Il film è tratto dal romanzo di AdamRex “Quando gli alieni trovarono ca-

sa” (2007), che il regista Tim Johnson(Z la formica, La Gang del bosco) lesseai suoi figli quando avevano 5 e 7 anni.Gli autori della sceneggiatura hannovoluto trasporre sullo schermo la storiadi una profonda amicizia fra esseri mol-to diversi. Dalla solitudine iniziale diOh, che vede frustrati tutti i suoi tenta-tivi di socializzazione con gli abitanti, alfinale abbraccio tra Oh, Tip e la mam-

ma di lei si sviluppa una serie lunga e vi-vacissima di disavventure, equivoci, in-comprensioni, che segnano altrettantetappe verso la crescita individuale e re-ciproca.

Il racconto è ricco di colori fascinosi,accompagnato dalle coinvolgenti musi-che pop di Jennifer Lopez e di Rihanna,che nella versione originale doppia Tipe le dà anche le sue caratteristiche fisi-che. L’animazione è caratterizzata damolta accuratezza, attenzione ai partico-lari e alle atmosfere, alla definizione nonsolo grafica dei personaggi.

Il film si rivolge ai bambini e al loro bi-sogno di conoscere meglio il mondomulticulturale che li circonda, e agliadulti, con temi come l’amicizia tra raz-ze diverse, l’accoglienza dell’altro, la fa-miglia da difendere a ogni costo, le ap-parenze che ingannano (i cattivi alla fi-ne non si rivelano tali). Oh diventa uneroe perché s’impegna per rimediare aldisastro che ha provocato e da esso sa-prà tirar fuori quel ribaltamento totale diprospettiva che caratterizza le rivoluzio-ni e i film meglio riusciti. Vedi anche neln. 111, p. 28. s.s.

HomeA casaHome

I Boov sono alieni allegri e pacifici, in fugadai mostruosi e terribili Gorg che libraccano senza sosta. Decidono dicolonizzare la Terra per trovarvi rifugio emandano tutti i terrestri in una zonaconfinata dell’Australia.Osteggiato perché diverso dai suoi simili,Oh vuol fare amicizie e divertirsi, ma persbaglio manda l’invito alla sua festaanche al capo dei nemici, indicandoglicosì le coordinate della Terra. In fuga per non essere arrestato, l’alienoincontra Tip, una ragazzina scampata alconcentramento coatto del genere umanocon la sua gatta Pig. L’incontro, dopol’iniziale diffidenza, sfocia in una teneraamicizia durante il viaggio perraggiungere l’Australia a bordodell’utilitaria volante e non inquinante diTip. La ragazzina ritroverà la mamma,mentre Oh, dopo aver scongiurato persempre la minaccia dei Gorg, verrà sceltodal popolo dei Boov come nuovo capo.

r. Tim Johnson or. Usa 2015 distr.Twentieth Century Fox dur. 94’

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La fantascienza di Neill Blomkamp èfra le poche oggi a porsi il problema

di raccontare la realtà al di là dei facili esi-ti spettacolari e del citazionismo, co-munque sempre presenti nelle varie pel-licole. L’uomo-robot con le sue moltepli-ci funzioni diventa così la naturale pro-paggine di un senso di sovrastruttura-zione già visibile in personaggi che vivo-no il cuore pulsante della metropoli e

che favoriscono la continua oscillazionedel tono del racconto dall’aggressivitàdelle rapine al rapporto di tenera com-plicità fra outsider. Il tutto è riprodottonel dualismo di Chappie che è macchi-na da battaglia per concezione, ma poia conti fatti ha il candore di un bimbonella sua scoperta del mondo.

Allo stesso tempo, però, Blomkampporta avanti un’idea di incontro fra cul-ture che è condivisione del corpo stessodell’altro. Il corpo dei poliziotti mecca-nici diventa così il possibile guscio incui trasferire le coscienze umane per po-ter superare la morte.

Non è tanto il discorso filosofico sul-la riduzione della coscienza umana a bitche interessa a Blomkamp, quanto lapossibilità di condividere uno stato del-l’essere che è altro rispetto a quello uma-no, eppure è ugualmente capace diesprimere le emozioni e la gioia di vive-re nel mondo. Il corpo diventa così il ter-ritorio sul quale si gioca la sfida dellacomprensione altrui, e il viatico per unostadio nuovo in cui a restare sempre in-tatta è la forza dell’anima. Vedi anchenel n. 111, p. 24. d.d.g.

r. Neill Blomkamp or. Usa/Messico/Sudafrica 2015 distr. Columbia/Sonydur. 120’

Ispirato al libro di Andrew HodgesAlan Turing. Una biografia, il film rac-

conta la vita di un grande matematico,padre dell’informatica, attraverso la suavicenda più avventurosa (già rievocatanel film del 2001 di Michael Apted, Enig-ma), e offre tratti di novità per alcune pi-ste di ricerca da sviluppare a scuola. Peresempio si possono analizzare elemen-

ti della narrazione rispetto alle infor-mazioni scientifiche presentate (dallasuddivisione canonica in tre atti e dalrapporto protagonista-antagonisti allagenesi elettromeccanica del computer)oppure i temi sociali rispetto al tipo dilavoro di gruppo tra scienziati (dal rap-porto uomo/donna o dal rapportoscienza/pace ai conflitti nel team di ri-cerca).

Oppure, in simbiosi con il film La teo-ria del tutto, ci si può soffermare sull’ef-ficacia dei dialoghi (più o meno espli-cativi) legati alle teorie degli scienziati.Inoltre, collegandosi alla figura delloscienziato nel cinema contemporaneo,si possono mettere a confronto i temidel film con il dibattito più ampio sullascienza, rintracciabile in libri divulgati-vi, festival tematici, trasmissioni televi-sive, siti web, prodotti multimediali, mu-sei e mostre, che però nel nostro Paesesoffre di un difetto di comunicazione, ingenerale, e del deficit degli adolescenti,in quanto risultano al di sotto della me-dia dei principali Paesi industrializzatinelle conoscenze scientifiche. Vedi anchenel n. 110, pp.16-18. e.g.

The ImitationGame1952. L’eroe di guerra britannico AlanTuring è condannato per omosessualità.1927, Dorset. Alan, studente timido evittima di bullismo, è amico diChristopher che lo inizia alla crittografia.Alla sua morte, Alan si sente solo. 1939, Bletchey Park. Il matematicoTuring, arruolato per decrittare Enigma,la macchina militare tedesca che crea icodici di comunicazione, sceglie per ilsuo team Joan Clarke, mentre gli altri silamentano per mancanza di risultati. Lamacchina di decrittazione intercettamessaggi nemici con la frase Heil Hitler!Enigma è decifrato. Pur sacrificandomolte vite, Turing non rende pubblica lanotizia per non far sostituire il codice alnemico. Bletchley è il più grande centrod’intelligence e la durata della guerra siriduce. 1952, Manchester. Turing, mal ridotto perla castrazione chimica, muore suicidadue anni dopo: la sua ‘macchina’ èdiventato il nostro computer.

r. Morten Tyldum or. Usa 2014 distr.Videa dur. 113’

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HumandroidChappie

Johannesburg. Per combattere lacriminalità locale il corpo di polizia siaffida alle speciali unità robotichecreate da Deon Wilson per contodell’industria Tetravaal. Lo scienziato,per perfezionare l’intelligenza artificialedei suoi prototipi, crea - all’insaputadell’azienda - il robot vivente Chappie,che gli viene però sottratto da alcunicriminali di piccolo taglio. Così, mentreDeon vuole insegnare al suo robot asviluppare creatività e sentimentipositivi, i criminali cercano di rendereChappie uno di loro, ma finiscono allostesso tempo per intenerirsi per quellacreatura inesperta del mondo e che sicomporta come un bambino. La Tetravaal, dal canto suo, affida aVincent Moore, il rivale di Deon, ilcompito di eliminare l’imbarazzanteanomalia rappresentata da Chappie.Per farlo, l’uomo utilizza la suainvenzione, il gigantesco robot dabattaglia Moose.

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Da anni il cineasta cambogianoRithy Panh lavora sulla memoria

del suo paese, sugli anni della dittaturache provocò deportazioni in massa,sterminio dei dissidenti, umiliazionifisiche e psicologiche nel nome di uncomunismo degenerato che non prati-cava nessuna forma di uguaglianza ebenessere. Gli avvenimenti che accad-dero fra il 1975 e il 1979 Panh li hamessi al centro della sua opera, ricor-rendo in particolare al documentario.

Con L’immagine mancante ha decisodi tornare a parlare di quei quattro anniche sconvolsero la Cambogia in manieraancora più personale. Il film è narrato inprima persona dal regista (ma la vocenon è la sua) e la sua testimonianzaaccompagna immagini di duplice pro-venienza: quelle di propaganda del regi-me e quelle create da Panh, la maggiorparte delle quali ospita delle figurine diterracotta (realizzate dallo scultoreSarith Mang) per rappresentare sia luo-ghi sia persone (anonime oppure lo stes-so regista, il padre e altri famigliari) nellaCambogia prima e durante la guerra.

Ne scaturisce un contrasto che,insieme alle parole del narratore, costi-tuisce l’essenza de L’immagine man-cante. Le piccole sculture sono dei verie propri presepi ben più vivi e palpitan-ti dei rari materiali d’archivio soprav-vissuti. Si crea così un teorico e com-movente “incontro” fra quei due livellispazio-temporali. Perché L’immaginemancante è anche una riflessione sulcinema, la sua memoria, l’uso politicoe la responsabilità del filmare. Vedianche nel n. 109, p. 27. g.g.

L’immaginemancante L’image manquanteIl 17 aprile 1975 i Khmer rossi di Pol Potentravano nella capitale della CambogiaPhnom Penh. Iniziava una crudeledittatura. Milioni di persone vennerodeportate nelle campagne per essererieducate secondo le regole della nuovaKampuchea democratica. Rithy Panhaveva 11 anni e il padre era unfunzionario del ministero dell’educazionedel vecchio regime. Anche quella famigliaandava perseguitata. Il regista-narratore ricorda il tempo in cuiviveva felice, quando la sua casa era pienadi ospiti e Phnom Penh una città vivace.Poi, le strade si fecero deserte e PhnomPenh si trasformò in una città fantasma.Nei campi Rithy Panh conobbe gli stenti ele umiliazioni e vide morire, in brevetempo, il padre, la madre e tutti gli altriparenti. Lavorò in un ospedale trovandosiquotidianamente di fronte alla morte,costretto a seppellire nelle fosse comunichi moriva abbandonato a se stesso..

r. Rithy Panh or. Cambogia/Francia 2013distr. Movies Inspired dur. 96’

Ambientato a Scicli e ispirato a un fat-to vero, il film è il primo lungome-

traggio della giovane regista sicilianaAlessia Scarso. È stato presentato in va-ri Festival internazionali (Vancouver, Ta-ormina, Minsk e Calcutta). Protagonistail cane Tomak (Italo) addestrato dal fa-moso Massimo Perla.

La storia di Italo è sorprendente. Ilcane randagio, messo al bando, scegliecome amico Meno, un bambino intro-verso, lasciato solo dai compagni. Due

emarginati che trovano ciascuno nell’al-tro comprensione.

Italo, di indole dolce e altruista, offreun’amicizia elitaria, ma non esclusiva. Ilsuo bisogno di rendersi utile non si esau-risce nel rapporto con una sola persona,la sua disponibilità è per tutti. Divente-rà punto di riferimento per gli abitanti. Lapopolarità acquisita e le indiscusse dotigli varranno l’eccezionale conferimentodella cittadinanza onoraria.

Oltre al tema, caro al cinema, del-l’amicizia uomo-cane, questa commediagarbata, a tratti commovente e umoristi-ca, narrata con un tono favolistico, pre-senta altri temi importanti quali l’emar-ginazione del diverso, il pregiudizio, ilgusto della maldicenza e del pettegolez-zo, tipici di chi vive in un piccolo am-biente. Sullo sfondo di colorati incante-voli paesaggi naturali e monumenti ba-rocchi fotografati con gusto, capacità egiusto orgoglio si muove una serie dipersonaggi caratteristici. Commedia co-rale la definisce infatti la regista.

Lodevole il montaggio, che conferisceal film un ritmo veloce e cattura l’atten-zione dello spettatore. a.f.

ItaloEstate 2009. A Scicli, nel ragusano,un’ordinanza bandisce la presenza dicani randagi. Ma inaspettatamente fala sua comparsa un golden retriever. Siignora di chi sia e da dove venga.Meno, il figlio del sindaco, lo porta acasa. Italo, così viene chiamato il cane,a poco a poco conquista la simpatiadegli abitanti, sa rendersiindispensabile per la sua grande“umanità”. È presente in ognicircostanza: partecipa alla messa, amatrimoni e funerali. Accompagna ituristi a visitare monumenti artistici,aspetta i bambini all’uscita da scuola,scorta la tabaccaia alla chiusura delnegozio perché non rincasi da sola.L’amicizia con Italo è preziosa perMeno, che da quando ha perso lamamma è divenuto taciturno, chiusoin se stesso. Gli è vicina la nuovamaestra venuta dal nord, che ne parlaal padre con il quale nascerà unrapporto affettuoso. Italo morirà nel 2011, pianto da tutti.

r. Alessia Scarso or. Italia 2014 distr.Notorius Pictures dur. 105’

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Prima dell’uscita internazionale di TheAct of Killing Joshua Oppenheimer

ha rimesso mano a parte del girato rea-lizzato per la preparazione del film e poiha iniziato a girarne un altro, uno nuo-vo, uno che desse la parola ai superstiti,a quelli che con la violenza devono oggiconvivere. È grazie al cinema che s’inne-sca un processo mai avviato prima d’ora,un processo che coinvolge tutta l’Indo-

nesia: del sangue e del dolore, della pau-ra e della violenza di cui l’attuale classedirigente si macchiò ormai sessanta an-ni fa nessuno ha mai avuto il coraggio dichiedere conto.

Adi - fratello minore di Ramli, trucida-to dai miliziani del generale Suharto da-vanti a molti testimoni, e per questo scel-to dalla gente come nome per tutte levittime del genocidio - è un ottico: Op-penheimer lo segue mentre, con la scu-sa di una visita optometrica, si siede difronte agli assassini di suo fratello, alle lo-ro mogli, ai loro figli e fratelli e inizia achiedere perché. Usa gentilezza e diplo-mazia Adi, usa pazienza e molta buonaeducazione, ma non c’è reticenza, rilut-tanza o spavalda minaccia che faccia ta-cere la sua voce moderata, che faccia ab-bassare il suo sguardo, che faccia per-dere la sua mente: la voce di quando inquando trema perché il rischio di finirmale, magari di sparire senza più fareritorno dalla moglie e dalla figlia, è con-creto e vicino, ma quel che Oppenheimerregistra e contribuisce a mettere in attoè la rottura di un tabù. Vedi anche nel n.107/108, p. 21. s.g.

The Look of SilenceSecondo capitolo di una ricercadell’antropologo filmmaker JoshuaOppenheimer, iniziato in Indonesia nel2003. Il documentario - che segue il giàceleberrimo The Act of Killing - ècostruito in parte con materiale giratodurante la lavorazione del primo e inparte tornando a girare poco primadell’uscita di The Act of Killing,momento dopo il quale il regista è statocostretto a lasciare il Paese senza potercipiù far ritorno. The Look of Silence ritrae il presentedella famiglia di Ramli, una dellemigliaia di vittime del genocidio che trail 65 e il 66 si scagliò contro i presuntioppositori del neo-costituito regimemilitare, e segue Adi, suo fratello piùpiccolo, che dietro la scusa di una visitaoptometrica incontra uno a uno gliaguzzini e gli assassini di Ramli insiemealle loro famiglie, ci parla, li guardadritto negli occhi e li interroga suimotivi della loro violenza. .

r. Joshua Oppenheimer or. Danimarca/Finlandia/Indonesia/Norvegia/GranBretagna 2014 distr. Wonder Picturesdur. 98’

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I22 anni trascorsi da Jurassic Park se-gnano anche la distanza tra un’epoca

di pionierismo della nuova estetica digi-tale e un presente disilluso, che abbiso-gna di attrazioni più grandi per poterstupire il pubblico. Colin Trevorrow ne èconsapevole e anche per questo il suo Ju-rassic World si configura come una ri-scrittura abbastanza fedele del modellospielberghiano, riletto alla luce dellenuove “ansie da prestazione” dei block-

buster moderni: ogni scena riecheggiaqualcosa dell’originale, ma con un gra-do di elaborazione maggiore e un accu-mulo di creature destinate a sfociare nelnuovo ibrido.

Allo stesso tempo, però, si stabilisce lacentralità della connessione empaticacome motore di un mondo che vedeumani e animali accomunati da uno spa-zio da dominare. Stavolta la dinamicanon è quindi soltanto quella della fuga,ma anche quella del far fronte comune:da un lato torna così l’idea di un versan-te umano diviso e che trova nell’avven-tura un elemento unificante, in grado dilivellare le differenze permettendo a pa-renti ed ex amanti di ricongiungersi; dal-l’altro emerge la nuova possibilità offer-ta dalle alleanze fra umani e sauri, con irettili “classici” e “naturali” opposti allanuova anomalia genetico-digitale. Il tut-to, anche qui, sullo sfondo offerto da unmercato capitalista che non perde di vi-sta le possibilità commerciali offerte daisauri guerrieri, e che rende le dinami-che interne ai vari fronti ancora più com-plesse e gli equilibri più precari. Vedi an-che nel n. 112/113, p. 21. d.d.g.

Jurassic WorldSono passati 22 anni e il parco deidinosauri sull’Isla Nublar si è lasciatoalle spalle i drammi del passatodiventando un’attrazione di successo.Nel tentativo di ottenere un esemplareancora più feroce, la dirigente ClaireDearing ha fatto creare l’IndominousRex, un predatore geneticamentemodificato che, alla prima occasione,abbandona il suo recinto. A farne le spese, insieme a tutti ivisitatori del parco, ci sono ancheZach e Grey Mitchell, i nipoti dellastessa Claire. L’unico che possa risolvere la situazioneè Owen Grady, un ex militare che ora sioccupa dell’allevamento deivelociraptor e che è riuscito in questomodo a stabilire con loro unaconnessione empatica. Suo malgrado, Owen deve usare i suoirettili come armi contro il nuovopredatore, assecondando in tal modo isogni del cinico Vic Hoskins, che sognadi usare i sauri come arminell’industria bellica.

r. Colin Trevorrow or. Usa 2015 distr.Universal dur. 124’

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La prima parte del film è efficace per-ché inedita nel contenuto e rigorosa

nello stile. I registi poi seguono i giova-ni narratori che vivono all’insegna del-la natura e dell’edonismo. L’amore èmesso al centro, ma si rifiuta l’accondi-scendenza alle pulsioni sessuali per fa-vorire espressioni amorose più sublimie vicine all’universo femminile. Catali-na fugge alla morte per accogliere l’af-fetto di Gentile, Ghismunda sacrifica lavita per eccesso d’amore, una madre ba-

dessa invita le suore a non rifiutare in-contri con amanti.

In questo contesto sembra quasi chela novella di Calandrino debba “lottare”per conquistare il proprio posto. Il pro-tagonista crede di poter diventare invi-sibile perché alcuni amici l’hanno con-vinto che si possa trovare la pietra magi-ca chiamata elitropia. Certo della sua in-visibilità, Calandrino darà sfogo ai piùbassi istinti. Questa storia, presa dall’ot-tava giornata e riguardante la beffa, risul-ta un po’ disarmonica rispetto all’insie-me. Il reinserimento della cornice bu-colica del Decamerone porta gli autorisu un sentiero che rivela più insidie delprevisto. I Taviani riescono a dare unastruttura armonica all’insieme soprat-tutto quando associano la fuga dalla ci-viltà dei narratori a quella di FederigoDegli Alberighi e Monna Giovanna, ca-paci d’innamorarsi nonostante la pover-tà di lui e il grande dolore di lei.

A favore del film vanno ricordate lescelte stilistiche teatrali, in particolarela fotografia di Simone Zampagni e lescenografie di Emita Frigato. Vedi anchenel n. 110, p. 31. g.c.

MaravigliosoBoccaccioFirenze, 1348. La peste infuria e il terroresi è ormai impadronito degli abitanti.L’angoscia è divenuta unità di misuradell’esistenza. Un gruppo composto dasette donne e tre uomini decide di fuggirein un luogo dove la malattia non possaraggiungerlo. Dieci giovani che riescono a trovare nellacampagna non solo un rifugio per i loroorganismi, ma anche un modo percelebrare la rinnovata vitalità dellospirito. Si danno alcune semplici regoledi convivenza: contribuire tutti alla vitadomestica, rinunciare alla passionecarnale per non alimentare gelosie eallietare le giornate raccontandosi storiedi vario argomento e tono. Attraverso questi racconti i ragazziaffidano le loro menti al ricordo dellabellezza, dell’allegria e dell’amore. Unfantasioso carosello di personaggi e leloro vicissitudini si riveleranno unefficace balsamo contro la peggior piagache l’umanità abbia mai conosciuto.

r. Paolo e Vittorio Taviani or. Italia/Francia 2014 distr. Teodora Film dur. 120’

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Dopo gli studi di regia a New York eParigi, la regista è tornata nei luoghi

d’origine dove gli adolescenti vivono im-mersi nella violenza. Qui è stata testi-mone della metamorfosi di molti ragaz-zi attraverso il coinvolgimento in attivi-tà artistiche: perchè l’arte è vita toutcourt, e nella vita stessa irrompe, scardi-nando certezze, mettendo in moto pro-fondi processi di conoscenza e autocon-sapevolezza.

Questo è quanto accade a Mateo, ir-retito in un contesto degradato e degra-dante, nel quale il modello rappresenta-to dallo zio macho e criminale viene fat-to proprio, anche per la mancanza di al-tri esempi più nobili che possano eser-citare su di lui un fascino. Il suo ingres-so nel gruppo teatrale gli offre la possi-bilità di scoprire e sperimentare una vi-ta diversa, di prendere coscienza del pro-prio mondo interiore, di scoprire la pro-pria ricchezza e unicità. La cultura è il piùgrande antidoto contro la tirannia e lasopraffazione, come ben sanno i regimidi ogni tempo e luogo. Mateo trova nel-l’arte la forza di ribellarsi allo zio. Non èpiù un esecutore ma un individuo auto-nomo e pensante che può determinaree riscattare il proprio destino.

La figura di Padre David, direttoredel gruppo teatrale è ispirata al sacerdo-te italiano Guido Ripamonti - cofonda-tore e direttore del Centro Culturale Ho-rizonte nelle aree colombiane più mar-ginali e degradate. Propone ai ragazzi latriade Teatro, Letteratura, Pedagogia co-me alternativa di vita sostenibile. Vedianche nel n. 110, p. 25. a.s.

r. Maria Gamboa or. Colombia/Francia2014 distr. Cineclub Internazionaledur. 86’

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Mateo (16 anni) è orfano di padre. Vivein Colombia, a Barrancabermeja, in unquartiere misero e degradato. La madreconfeziona tamal e accetta con disagiogli introiti che il figlio si procuralavorando per lo zio Walter, violentostrozzino che lui ammira. La sua vitagiunge a una svolta quando la scuolagli impone la frequenza di un corso diteatro per evitare l’espulsione. Lamamma lo spinge a parteciparvi. Non abituato all’esternazione e allacondivisione dei propri sentimenti, alprimo incontro con il gruppo Mateo èin grande imbarazzo. Arriva a dire allamadre che il teatro è ‘roba peromosessuali’. Ma è Walter che loconvince a perseverare: vuol servirsi dilui per spiare i membri del gruppo. La frequentazione del gruppo teatrale el’emozionante scoperta delle proprieabilità di attore produrranno unprofondo cambiamento nel ragazzo,che dovrà affrontare una scelta difficilee delicata.

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Il prequel di Cattivissimo Me, che ri-sponde alla domanda “cosa sono i Mi-

nions?”, è una macchina di pura energia,dove il racconto delle origini delle sim-patiche creature gialle si mescola con lastoria del pianeta e dell’umanità, fino aifavolosi anni 60, nei luoghi dove la cul-tura pop si è diffusa, New York e Londra.Mescolando pura avventura a comicità,musical, ovviamente fantasy, con diffu-se tinteggiature horror, gli autori inne-scano un racconto intelligente, dove la

storia è riscritta in chiave Minion - capa-ci di far fuori Napoleone e il conte Dra-cula con la naturalezza di un bambinoche fa un pasticcio - e sviluppando dun-que l’idea del comico come corpo alie-no che cerca collocazione in un mondodalle leggi incomprensibili.

La ricerca di un padrone ne fa al tem-po creature da addomesticare ma contanta voglia di vivere spensieratamen-te. I registi sanno raccontare al di là deidialoghi, animando un intreccio a cuibasterebbero le immagini e i suonistrampalati del linguaggio Minion.

Una colonna sonora d’epoca è la ci-liegina di un film che strizza l’occhioagli adulti, che li diverte quando i bam-bini non possono fare altro che chie-dersi perché mamma e papà ridonomentre Stuart sfascia una chitarra elet-trica a metà tra Hendrix e gli Who oquando i tre piccoli eroi spuntano fuo-ri da un tombino in piena Abbey Road,proprio mentre quattro ragazzotti stan-no percorrendo le strisce pedonali, re-galando alla storia una delle più bellecopertine di disco di sempre. Vedi anchenel n.112/113, p. 25. a.l.

MinionsAlba dei tempi, tra le tante forme divita esistono curiosi organismi gialliunicellulari. Evoluti nel corso deisecoli, queste creature, i Minions,hanno avuto come unico scopo servireil più cattivo dei padroni: T-Rex ofaraone, Dracula o Napoleone e,nonostante le buone intenzioni, nehanno sempre causato una fineprematura. Senza nessuno da servire, caduti indepressione, il Minion Kevin, insiemeall’adolescente Stuart e al piccolo Bob,decide di lasciare l’Antartide eraggiungere l’America in cerca dipadrone. A Orlando, dove ha sede una fiera delsuper-cattivo, finiscono al soldo delladiabolica Scarlet Sterminator e suomarito Herb, che vogliono impossessarsidella corona della regina d’Inghilterra.Dopo eventi rocamboleschi, a diventarere è proprio Kevin. Per questo Scarlettscatena una violenta vendetta, checoinvolgerà tutti gli altri Minions,arrivati anche loro nel nuovo mondo.

r. Kyle Balda, Pierre Coffin or. Usa 2015distr. Universal Pictures dur. 91’

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L a figura della Madre ha una funzio-ne simbolica oltre che genitoriale,

biologica e sessuale, perché è il fonda-mento che evita alla vita di precipitarenel vuoto di senso, come spiega lo psi-coanalista Massimo Recalcati (Le manidella madre).

La ‘madre’ di Moretti è una domandaradicale di senso che riguarda tutti i per-sonaggi. Indirettamente autobiografico,non è un film soggettivo o generaziona-

le, anche se ci sono le passioni dell’au-tore (dalla musica di Cohen a Wenders,dalle invettive antihollywoodiane all’iro-nia sulla Roma di Fellini e Sorrentino,dal set alla parodia della troupe).

Non è un seguito del Moretti ‘narcisi-sta’ né una parodia dei ‘cinematografa-ri’ romani. Non c’è solo la regista con la‘perdita’ della madre insegnante e i suoiproblemi intergenerazionali o un filmimpegnato sulla ‘perdita’ del lavoro (tan-te le simmetrie), ma anche il labile pas-saggio tra realtà e sogno, memoria e pre-sente, a dire l’inadeguatezza per il lutto(figura della ‘fine’ per l’autore sessan-tenne) e la disillusione per il cinema,quindi la non-comprensione della real-tà (Habemus Papam).

Comunque la ‘madre’ riporta a qual-cosa ‘che si è perso’ ma anche ‘a qualco-sa che si ha’, che perdura. Nel finale Mar-gherita chiede alla mamma: “A che pen-si?”. E l’altra: “A domani!”. È una risposta‘politica’, la speranza contro la ‘crisi’ at-traverso la ricerca di senso, anche per igiovani come nel personaggio interro-gante di Livia (“A che serve il latino?”). Ve-di anche nel n. 111, p 6 e 7. e.g.

Mia madreRoma. Operai che assaltano unafabbrica, la polizia che contrattacca: èil film che Margherita, regista, stagirando. Intanto con il fratelloGiovanni assiste in ospedale l’anzianamadre, Ada, professoressa di Lettere. Dopo aver troncato con Federico,Margherita accoglie l’americanoHuggins che interpreta il personaggiodel padrone. Giovanni si dimette dallavoro senza spiegare perché. Le ripreseproseguono ma Huggins non ha unbuon rapporto con la regista. Ritorna Livia, figlia adolescente diMargherita, che con il padre fa visitaalla nonna malata e che cerca didistrarre la mamma dai problemi dilavoro. Margherita si sente ‘inadeguata’ed è visitata da sogni e ricordi, mentrela madre torna a casa per morire. Ifratelli con Livia si riuniscono tra librie arredi di un tempo nella casa deigenitori, dove un ex allievo adultotorna per ringraziare e ricordare gliinsegnamenti ricevuti.

r. Nanni Moretti or. Italia/Francia 2015distr. 01 dur. 106’

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L’elemento originale di Minuscule ri-spetto ai numerosi film d’animazione

che mettono al centro gli insetti (Z la for-mica, A Bug’s Life - Megaminimondo, AntBully, Bee Movie) sta nella sua realizzazio-ne: gli insetti ottenuti in computer grafi-ca sono inseriti in una cornice di live-ac-tion, di scenari di paesaggi (le Alpi Marit-time con i loro parchi naturali), raggiun-gendo un’eccellente simbiosi fra immagi-ne dal vero e personaggi animati.

Gli autori, i francesi Thomas Szabo edHélène Giraud, nel 2004 crearono la serieanimata televisiva Minuscule - La vie pri-vée des insectes. Il film, adatto a un pubbli-co di ogni età, è già stato venduto in 40Paesi del mondo ed è stato candidato al-l’Oscar come miglior film d’animazione.

Szabo e Giraud hanno voluto che i pro-tagonisti non fossero troppo umanizzatie quindi il film è di fatto muto, perché sisentono solo i trilli, i fischi, i ronzii degli in-setti e i versi degli altri animali, oltre allacolonna sonora musicale.

Per gli adulti il film è interessante an-che perché denso di citazioni cinemato-grafiche: la discesa nel fiume dalle rapi-de alla cascata (Un tranquillo weekend dipaura), l’inseguimento dell’enorme pe-sce sott’acqua (La spada nella roccia),l’attacco al formicaio (Il Signore deglianelli) e così via.

I principali temi trattati sono l’impor-tanza della salvaguardia dell’ambientenaturale, che emerge anche per contra-sto rispetto ad alcuni esempi negativi, epoi il valore dell’amicizia, della coopera-zione e della solidarietà fra diversi. Vedianche nel n. 110, p. 34. s.s.

MinusculeLa valle delle formicheperduteMinuscule - La vallée desfourmis perduesIn una silenziosa radura, una donnaincinta e il suo compagno interrompono ilpicnic per le sopraggiunte doglie eabbandonano sul prato alcuni resti di ciboche attirano gli insetti. Fra gli altri unacoccinella, sganciatasi dalla famiglia. Poiarriva una colonia di formiche nere, il cuicapo non esita ad adottarla. Così lacoccinella si unisce a loro per conquistareuna scatoletta di zucchero che vienetrasportata con grande fatica fino alleacque di una cascata. Quando arrivanoalla meta con il prezioso bottino, leformiche rosse che le stanno inseguendosferrano un attacco armato al formicaioper impadronirsi della scatoletta, magrazie all’ingegno e al coraggio dellacoccinella i nemici vengono respinti. La coccinella forma una famiglia, mentrele formiche nere ricostruiscono il loroformicaio.

r. Thomas Szabo, Hélène Giraud or.Francia/Belgio 2014 distr. Academy Twodur. 89’

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Brando Quilici dimostra con questofilm, di cui è anche autore del sogget-

to, che buon sangue non mente. Suo pa-dre Folco era riuscito con le sue opere afondere la spettacolarità della narrazio-ne cinematografica con le tematiche le-gate alla necessità di non contaminareambiti naturali e culture. Brando, inun’epoca in cui il pubblico sembra esse-

re attratto solo da film ad alto tasso di ef-fetti speciali, insieme a Roger Spotti-swoode ma assumendosi l’onere di tut-te le riprese artiche, è riuscito a riporta-re sugli schermi una storia semplice eprofonda al tempo stesso.

L’esperienza di documentarista di Qui-lici per National Geographic non è statafondamentale solo per conservare intat-ta una passione per l’Artico. Vedendo ilfilm si può pensare a lunghi interventi diaddestramento (e quindi in qualche mi-sura di forzatura) sul cucciolo d’orso. Nonè stato così perché una volta accertati i rit-mi dell’animale si sono suddivise le sce-ne in funzione degli stessi.

Al di là della storia di un’amicizia tra unadolescente e un cucciolo d’orso il filmha una forte impronta ecologista. Perchénon si tratta solo della sopravvivenza deicirca 25.000 orsi, di cui oltre il 60% vive nel-l’area artica canadese, ma di quella dell’in-tero ecosistema. Il mio amico Nanuk cimostra come il surriscaldamento dellaTerra stia provocando danni irreversibili alpianeta spiegandocelo senza sermoni mainserendo occasioni di riflessione nellastoria. Vedi anche nel n. 109, p. 31. g.za.

r. Roger Spottiswoode, Brando Quilici(sequenze artiche) or. Canada/Italia/2014 distr. Medusa dur. 98’

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I Il mio amicoNanukLuke (14 anni) e Abbie, orfani di padremorto in un incidente, vengono e affidatidalla madre (ricercatrice naturalista) auna zia. Una notte un’orsa attacca ilgarage ed è portata via dai Ranger. Lukescopre che nel garage era intrappolato ilsuo cucciolo; decide di aiutarlo a ritrovarela madre. Per questo contatta Muktuk -guida locale che la famiglia ritieneresponsabile della morte del genitore -perché ricorda quanto il padre si fidasse dilui. La guida, consapevole dei rischi, cercadi dissuaderlo, ma Luke si impadroniscedi una motoslitta e parte.Allertato da Abbie, la guida lo segue. Lukecade in acqua per una frattura delghiaccio. Lo salva Nanuk e degli Inuit glidanno ricovero: una coetanea gli regalaun amuleto. Muktuk lo raggiunge etornano alla base. Ma Luke riparte perriportare Nanuk alla mamma. Supereràuna tempesta ma riuscirà nell’intento. Sulposto arriverà Muktuk con un elicottero eil ragazzo riabbraccerà sua madre.

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Mune è un film tutto europeo, diret-to a quattro mani da due animato-

ri francesi. I templi animali e semoven-ti, il disegno e l’animazione di Mune, delsuo piccolo gruppo di consimili, perfinola rischiosissima stilizzazione di Glim,fanciulla di cera, stupiscono e ammalia-no per l’originalità e il consapevole, giu-dizioso eclettismo che da una parte nonteme citazioni alte e dall’altra punta drit-to verso la favola moderna, ecologista epacifista.

Disegno, animazione, regia non so-no al servizio di una messa in scenacentrata su caratteri e psicologie comesuccede per lo più nel resto della produ-zione commerciale. Heboyan e Philip-pon sono più attenti alle singole sceneche alla parabola narrativa che qualchevolta, è vero, ondeggia, mostra falle,qualche scossone. Eppure i due riesco-no in una missione non da poco: ri-strutturare almeno parte del fiabescoche sul grande schermo è diventato or-mai così raro incontrare.

La sintesi è il primo degli strumentivirtuosi al servizio di questo breve rac-conto che mescola insieme l’epico, illirico e il pittoresco, ricorrendo a unamorale finale che innesta sul “messag-gio” moderno un esempio etico degnodei grandi classici: non c’è solo la con-sueta apologia dell’unicità degli indi-vidui; molto più in là c’è un invito allapace e alla speranza, c’è il male sconfit-to non dall’annientamento della lottaviolenta ma da una purificazione delcuore, una conversione ottenuta dal-l’interno e nell’interno. Vedi anche neln. 110, p. 33. s.g.

MuneIl guardiano della lunaMune, le gardiem de la luneIl giorno e la notte si alternano sulla terragrazie a due astri trascinati dai rispettivitempli ambulanti, guidati da dueguardiani. Il popolo della notte e quellodel giorno si apprestano ad accogliere idue nuovi guardiani del Sole e della Luna. Ma durante la cerimonia qualcosad’imprevedibile accade: mentre il prodeSohone è investito nuovo guardiano delSole, non è il superfavorito Leyoon a essernominato guardiano della Luna: vienescelto Mune, folletto della foresta. Necross - guardiano sprofondatosottoterra in tempi remoti in unamaledizione oscura - ruba il Sole conmalvagi propositi di dominio, lasciando ilmondo in una perenne oscurità. Mune eSohone allora partono insieme per unamissione sotterranea lungo la quale ilnuovo guardiano della Luna scopre i suoipoteri nascosti, redime Necross e riportainfine luce ed equilibrio nel mondo.

r. Alexandre Heboyan, Benoit Philipponor. Francia 2014 distr. Notorius Picturesdur. 90’

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Mommy si ama con tutti i suoi difet-ti, come una mamma, quella del

titolo, incorniciata in 1:1, formato adat-to al ritratto che isola i protagonisti e laloro ricerca verso una vita ingrandita,vissuta. E in una delle sequenze più bel-le sulle note di Wonderwall degli Oasis, èSteve a inseguire con lo skate il 16:9, adallargare le braccia e il formato quadra-to fino a inglobare tutta la vita possibile.Melodramma ‘al quadrato’ viscerale e vi-suale, Mommy riserva il formato ingran-

dito alla dimensione chimerica e asse-gna all’1:1 il deserto del reale e la divoran-te relazione tra madre e figlio. Perché nonsi esaurisce il discorso di Xavier Dolansulla madre, quella ‘uccisa’ idealmenteal suo debutto (J’ai tué ma mère) e quel-la pedinata oggi (Mommy) dentro la pro-vincia canadese e un tempo distopico.Per moderare la coppia, che rischia ognimomento di trascendere, Dolan intro-duce Kyla, elemento stabilizzatore checontagia ma finisce contagiata dalla te-nerezza e dall’isteria, dal kitsch e dall’au-tenticità, dal troppo pieno e dal necessa-rio. Il coraggio formale di Dolan produ-ce un’emotività dello sguardo senza pa-ri nel cinema contemporaneo e reclamaun’adesione febbrile ai suoi eroi com-plessi e qualche volta deprecabili ma diuna fragilità irriducibile che non conce-de distacco e impegna senza risparmio.A rendere Mommy tanto struggente è lagraduale presa di coscienza dei protago-nisti e dello spettatore che la relazioneraccontata e le emozioni vissute sonosoltanto una tregua. Due ore e un quar-to di amnistia da riempire con amore.Vedi anche nel n. 109, p. 8 e 9. m.ga.

r. Xavier Dolan or. Canada 2014 distr.Good Films dur. 139’

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Nella periferia di un’anonima città delQuébec e dentro un futuro prossimo,dov’è possibile per i genitori con figliproblematici affidarli a ospedalipsichiatrici, Diane Deprés prova asbarcare il lunario e a fare fronteall’irrequietezza di Steve, adolescenteaggressivo che soffre di deficit diattenzione. Ingestibile e irruente, ilragazzo ama la madre sopra ogni cosa,litiga con lei furiosamente e altrettantofuriosamente fa pace. Diane non è in fondo più stabile diSteve, sempre sola e in lotta col mondo.Un mondo ostile, incarnato da figureistituzionali, che non ne vogliono saperedi loro, troppo sfortunati, villani,eccessivi, eccitabili. Nel loro precario estrambo equilibrio si inserisce Kyla,insegnante in congedo sabbatico e vicinadi casa che ha perso la voce e la gioia divivere in seguito a un tragico evento.Gentile e composta, Kyla diventa parteorganica della famiglia, ritrovando ilsorriso e donandolo a Diane e Stevelanciati verso un epilogo drammatico.

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Presentato alla Mostra di Venezia, do-ve ha vinto come miglior film euro-

peo delle Giornate degli Autori, I nostriragazzi racconta il dramma di due fa-miglie, imparentate tra loro, che non po-trebbero essere più agli antipodi per va-lori e scelte di vita: a unirle in un malau-gurato destino saranno i due figli, i (lo-ro) ragazzi che una notte, di ritorno dauna festa, picchiano selvaggiamente unasenzatetto.

Il film è interessante soprattutto perl’angolazione con cui racconta due stili

di vita opposti, incarnati da personaggimolto più ambigui di quanto si potreb-be pensare. Paolo, il medico amato daibambini, ha una moglie colta, gusti bor-ghesi, un ben mascherato complesso disuperiorità proprio di chi si sente nelgiusto. Massimo invece, rimasto vedovoe risposatosi con una donna che non la-vora - è sempre elegantissima e chiede lesigarette alla figliastra -, è visto come ilconcentrato del rampantismo maschile.

Invece, in maniera convincente, il re-gista ci mostrerà che non è così, che ètutta una sovrastruttura: al momentodelle scelte il più sensibile, quello moral-mente più “sano”, sarà dove non ci siaspetta di trovarlo.

Se Il capitale umano di Virzì ci hamostrato l’Italia attraverso gli scheletrinell’armadio, la pochezza, anche affet-tiva, della ricca borghesia del nord, Inostri ragazzi fa qualcosa di analogo,facendoci riflettere su una gioventù cre-sciuta in un falso perbenismo senzapunti di riferimento, in un degrado mo-rale che non può più essere imputatosoltanto alla società. Vedi anche nel n.107/108, p. 20. f.s.

I nostri ragazzi Massimo e Paolo sono due fratellidiversi tra loro legati da un rapportoaltalenante; entrambi hanno una vitadi successo, con belle case e due figliadolescenti, Benedetta e Michele, moltoamici tra loro. Nonostante le cognate mal sisopportino, una volta al mese i quattrosi ritrovano al tavolo di un ristorantedi lusso per la tradizionale cena difamiglia; ma mentre gli adulti gustanopiatti da gourmet parlando del più edel meno, poco distante unatelecamera di sicurezza riprendel’aggressione a calci e pugni da parte diun ragazzo e di una ragazza neiconfronti di una mendicante chefinisce in coma e poi muore. Le immagini vengono messe in ondada Chi l’ha visto? e in breve tempo ledue coppie di genitori acquisiscono lacertezza che gli autori della violenzasono proprio Benedetta e Michele. Cosa faranno? Come proteggeranno iragazzi dalle conseguenze del lorogesto? A quale prezzo?

r. Ivano De Matteo or. Italia 2014 distr.01 Distribution dur. 92’

Ooops! Ho perso l’arca... è una stranabeffa della sorte dove l’illusione di

una salvezza svanisce in un tortuoso per-corso. L’arca di Noè, predisposta per pre-servare il patrimonio faunistico terre-stre, ha in serbo un drastico taglio su ba-se razziale con una lista che decide chisalvare e chi abbandonare al proprio de-stino. Coloro che appartengono a un ter-ritorio come specie stanziali hanno un

posto assicurato nell’arca, mentre gli hei-matlos - come li avrebbe definiti HannahArendt - ‘i senza patria’, che migrano daun Paese all’altro, sono esclusi. Dave eFinny cadono vittima di una crudele se-lezione, snobbati anche dai due Muso-ni Leah e Hazel che faticano ad averli alfianco. Ma un cambiamento avvienequando la vicenda dei padri e dei figli sidivide, con i genitori perseguitati daclandestini e i figli che tentano di scam-pare al disastroso diluvio.

Noè qui è solo un costruttore invisi-bile e la sua arca è ‘autogestita’ da alcu-ni animali che se ne arrogano il potere.Come ne La fattoria degli animali di Or-well la cacciata dei padroni non preludea un’era di uguaglianza e la promessa diliberazione viene tradita dalla presa delpotere da parte del leone, che rischia disnaturare il senso dell’impresa. Ma allafine, se non si realizza l’utopia dell’ugua-glianza avviene comunque il miracolodell’amicizia. Quell’amicizia che superale barriere di classe, infrange la rigiditàdei pregiudizi nei confronti di popolipercepiti come sradicati e si spalanca al-l’altro. Vedi anche nel n. 111, p. 29. a.s.

Ooops! Ho perso l’arca…Noah is goneDave e Finny sono padre e figlio dellarazza dei Nasocchioni. Appresa la notiziadel diluvio che sta per sommergere laterra, vengono a sapere che è statapredisposta un’arca per proteggere tutti glianimali della Terra. Scoprono presto peròche non tutte le specie vi sono ammesse eche loro rientrano nel novero degli esclusi.Intrufolandosi a bordo grazie a un genialetravestimento e con l’aiuto involontario didue Musoni, Haezel e sua figlia Leah,credono finalmente di essere in salvo, finoa quando i due cuccioli curiosi restanofuori dall’arca. Ora Finny e Leah dovranno lottare persopravvivere al diluvio e alla caccia diaffamati predatori, cercando diraggiungere la cima di una montagna. Iloro genitori invece, rimasti sull’arca,dovranno mettere da parte le propriedivergenze e tentare di invertire la rottadell’imbarcazione per salvarli. Certamentenon sarà un viaggio idilliaco.

r. Toby Genkel, Sean McCormack or.Germania/Belgio/Lussemburgo/Irlanda2014 distr. Eagle Pictures dur. 86’

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Paddington è fragile, tenero, un po’timido e goffo, spiritoso e commo-

vente nel suo muoversi nella città diLondra, estraneo a quel mondo mapronto a meravigliarsi, pieno di speran-ze. Nel suo disagio di “persona” alla ri-cerca di relazioni e di una casa può iden-tificarsi chiunque.

L’orsetto può far pensare alle tristi vi-cende dei migranti che quotidianamen-te approdano in mondi a loro estranei in

cerca di accoglienza, aiuto e protezione.Rappresenta il diverso che deve affron-tare con coraggio le difficoltà connessecon l’inserimento in ambienti e culturedifferenti da quelli in cui è nato. Nella fa-miglia Brown che lo accoglie svolge co-munque una funzione terapeutica per-ché ne aiuta i componenti a guarire dal-l’incomunicabilità (il padre è apprensi-vo, la madre sognatrice, il figlio repres-so, la figlia problematica): costringe cia-scuno a mettersi in discussione.

Elaborato al computer con gusto edefficacia, l’orsetto si armonizza bene conle scenografie e i personaggi reali che locircondano. Dal punto di vista sceno-grafico la vicenda permette di conosce-re alcuni luoghi tipici di Londra. Ma con-duce anche a scoprire elementi caratte-ristici della capitale inglese come gli au-tobus, i taxi neri, i treni.

Nel film sono molto studiati i colori;non solo quelli di Paddington, ma anchele sfumature cromatiche che l’orsetto ri-flette sui personaggi con cui interagisce.In sintonia con il mondo in cui si muo-ve Paddington è pure la musica. Vedi an-che nel n.110, p. 35. m.g.

r. Paul King or. Gran Bretagna/Francia/Canada 2014 distr. Eagle Pictures dur. 97’

Motore della trama è l’odio del mal-vagio polipo Dave che, umiliato dall’av-venenza e dalla simpatia dei pinguini,vuole far vivere a tutti gli esseri viventi delregno animale la sofferenza di un aspet-to orrendo. Lo scontro tra le due squadredi salvataggio, quella tecnologica delVento del Nord col suo approccio scien-tifico, contro l’improvvisazione forsen-nata della Squadra d’élite pinguinesca,moltiplica gli eventi.

Il film procede senza intoppi. PoloNord contro Polo Sud: battibecchi, gag,battute non hanno limiti, parodia del ci-nema d’azione. Ritmo ipercinetico, ri-cerca continua della risata finiscono perschiacciare le caratteristiche individua-li dei personaggi e la pur semplice mo-rale: coraggio, altruismo, amicizia, valo-ri presenti in ogni action, e accettazionedella propria identità.

Animazione pari alle aspettative, ef-fetti speciali in 3 D non rilevanti, comecommedia funziona, diverte, nonostan-te la ripetitività delle peripezie, può an-che far riflettere, ma non raggiunge il li-vello del primo Madagascar. Vedi anchenel n.109, p. 32. c.d.

I pinguini di MadagascarI quattro pinguini fuggiti dallo zoo nelprimo film della serie, Skipper, Rico,Kowalski e Soldato, sono diventati unasquadra molto unita. Per festeggiare ilcompleanno di Soldato, entrano nellabase di Fort Knox per rubare le patatineal formaggio. Finiscono così nell’agguatodel perfido polipo Dave, deciso avendicarsi di tutti i pinguini del mondomutandoli in creature mostruose. Fuggono i nostri eroi da Venezia aShanghai a New York, dall’Africa alKentucky. Incrociano l’ipertecnologicasquadra Vento del Nord, incaricata didifendere gli animali dai soprusi.Quando Soldato verrà rapito da Dave,dovranno collaborare. L’improvvisazioneconfusa dei pinguini sembra semprevincente rispetto all’efficientemilitarismo degli specialisti.Ma la situazione precipita e tutti ipinguini catturati, trasformati in esseriorrendi, saranno rifiutati dagli zoo edalla popolazione. Si salveranno?

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Iquattro simpatici pinguini del primofilm da spalla comica diventano pro-

tagonisti. Il folgorante incipit raccontala nascita del gruppo, una squadra d’éli-te. E si annuncia lo stile comico preva-lente con un insieme di gag slapstick.Dopo questo siparietto il film innescala strada dell’action movie dal ritmovelocissimo, coloratissimo, senza soffo-care la comprensione degli eventi, uni-to alle ambientazioni esotiche dellospy-movie.

r. Eric Darnell, Simon J. Smith or. Usa2014 distr. 20th Century Fox dur. 92’

PaddingtonPaddington, cresciuto nella forestaperuviana con gli zii, ha imparatol’inglese e sogna di andare a Londra.Morto lo zio, incoraggiato a partire incerca di fortuna, con un biglietto al colloin cui la zia chiede di occuparsi di lui,approda nella città dei suoi sogni. Siperde però subito nella stazione diPaddington rendendosi conto chesopravvivere nel nuovo ambiente nonsarà facile. Per fortuna incontra i Brownche, chiamandolo con il nome dellastazione in cui lo hanno trovato, glioffrono ospitalità mentre va alla ricercadi un esploratore amico della zia.L’esploratore è morto e sua figliaMillicent cerca di catturare l’orso peraggiungerlo alla sua collezione dianimali imbalsamati. La donna riesce nell’intento, maPaddington viene liberato dai Brownche lo adottano. Millicent è costretta aprestar servizio in una comunità dianimali. Felice, l’orsetto scrive alla zia dandolela bella notizia.

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P ride è una commedia sociale, colo-rata e scoppiettante che, fra sorrisi

e gags molto “british”, porta a fare ancheriflessioni di stretta attualità.

Gli anni 80 - quelli in cui è ambienta-ta la pellicola - sono stati l’epoca del-l’edonismo reaganiano, seguito a ruotadall’era della Lady di ferro e dell’Occi-dente intero, caratterizzata da una fortesperequazione sociale, in cui i ricchi era-no lontani anni luce dalla working class(schiacciata da debiti e tasse).

Regista e sceneggiatore raccontanoquel periodo attraverso le vicende delcapo dei minatori - Mark Ashton chefonda il comitato di lotta contro la chiu-sura degli impianti - e la grintosa HefinaHeadon che daranno vita al movimentodi sostegno degli omosessuali.

Uno dei temi principali del film è laconvivenza possibile tra persone che ap-partengono a mondi differenti: i nerbo-ruti operai, che hanno una mentalitàchiusa, retrograda e maschilista, vengo-no affiancati al gruppo chiassoso, sre-golato e anticonformista dei gay. All’ini-zio il rapporto arriva quasi a essere vio-lento, nelle parole e nei fatti, ma col tem-po e la conoscenza la situazione cambiaa tal punto che si instaura tra loroun’amicizia.

Il film propone una riflessione anchesullo scambio generazionale: uominiadulti, con un’educazione conservatrice,si affiancano a giovani con poca espe-rienza in vari settori. Tutti imparerannoqualcosa dagli altri, ricordando agli spet-tatori l’importanza dei valori positivi sucui si basa la civiltà. Vedi anche nel n.110,p. 27. a.m.

PrideGran Bretagna, storia recente: nel 1984l’allora Primo Ministro MargaretThatcher decide di chiudere una seriedi impianti estrattivi con laconseguente perdita di molti posti dilavoro. Nasce, così, una grandemobilitazione dei minatori in moltezone del Paese, uno sciopero imponenteche blocca le attività per quasi unanno. In un villaggio del Galles, Delays, moltefamiglie riescono a vivere solo grazieall’estrazione del carbone, per cui lascelta politica ed economica risultaancora più grave: ecco però che ungruppo di londinesi si unisce aglioperai nella lotta. Si tratta di giovaniomosessuali che costituiscono ilLesbian and Gays Support the Miners(LGSM). Un anno dopo, nel 1985, i minersdecidono di partecipare a uno dei piùgrandi gay-pride nella capitale inglese:un insegnamento di solidarietàreciproca che dovrebbe valere anche adistanza di trent’anni.

r. Matthew Warchus or. Gran Bretagna2014 distr. Teodora Films dur. 120’

Il film è il controcampo di un impian-to poetico che Garrone coltiva da sem-

pre: un approccio alla realtà nutrito dauna potente tensione affabulatoria, chesi definisce in percorsi e personaggi fa-talmente portati a gestire o subire l’im-perio di una visione della vita costruitasu una sorta di narrazione imposta allao dalla loro sensibilità. L’esplosione fan-tasy è l’approdo naturale di questo per-corso, dove viene invertito il rapporto diforza tra realtà e fantasia. Il testo di Ba-

sile, modello archetipale fantastico del-la narrazione occidentale, viene infattipreso dal regista come riferimento per al-lestire un universo in cui l’equilibrio trale polarità del vero e dell’immaginario ri-sulta capovolto rispetto alla consuetudi-ne, ambientando in un mondo fantasti-co una storia in cui la tensione tra i per-sonaggi è dettata dal gioco di forza tral’imposizione dell’incantesimo e l’istin-to a sfuggire al suo dominio.

In ognuna delle tre parabole il filmracconta la dimensione ossessiva di undesiderio che produce incantesimi desti-nati da un lato a nutrire il delirio di chiimpone il suo dominio e, dall’altro, a in-formare di sé chi li subisce venendone inqualche modo trasformato. Ogni perso-naggio lotta per imporre la propria real-tà: in una dinamica che oppone la sferafantastica a quella reale i due poli si con-tendono l’equilibrio di un mondo in cuiil principio di realtà corrisponde a quel-lo di libertà, tanto quanto il principiodell’incanto corrisponde a quello di do-minio, in un processo coerente con lapoetica garroniana. Vedi anche nel n.111. p. 4 e 5. m.c.

Il racconto dei raccontiTre storie che si intrecciano in un mondoincantato. Nel Regno di Selvascura la Regina coronail suo desiderio di avere un figlio, Elias,mangiando il cuore di un drago marino.Ma, ingravidata dal sortilegio, la vergineche ha cucinato il cuore incantato mette almondo un gemello del principe, Jonah. Il Regno di Roccaforte è governato da unRe lascivo: quando questi scopre di essersifatto sedurre dalla voce della vecchiaDora, che lui credeva una bella ragazza, sivendica buttandola in un fosso. Salvata dauna strega, che la trasforma in unasplendida giovane, Dora andrà in sposa alsovrano, lasciando nella disperazionel’inseparabile sorella Imma. Nel Regno di Altomonte il Re mette inpalio la mano della figlia Viola, che andràin sposa a chi indovinerà a quale animaleappartiene la pelle di una enorme pulceda lui allevata in segreto: a indovinaresarà un orrido Orco che porterà con sé laprincipessa.

r. Matteo Garrone or. Italia/Gran Bretagna/Francia 2015 distr. 01 Distribution dur. 128’

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Chi conosce Wim Wenders ritroverà,nel suo ultimo documentario su Se-

bastião Salgado, decenni di lavoro ap-passionato. Il sale della terra, realizzatocon Juliano Ribeiro Salgado, può valereinfatti come sintesi del suo cinema diviaggio e scoperta. Sin dagli esordi, infat-ti, pressoché ogni suo film si è concentra-to sulle peregrinazioni di personaggi incerca di sé, seguiti in mondi, luoghi e

paesaggi da vivere e riplasmare con lafantasia dell’artista, la cura dell’artigianoe la curiosità pericolosa del detective.

E proprio il catturare attraverso l’im-magine l’essenza dell’uomo e di ciò chelo circonda è sempre stato lo scopo diSalgado. Wenders lo racconta con la me-desima partecipazione mostrata nei pre-cedenti viaggi “nelle arti e negli artisti”.Inoltre, Salgado è vivo e può dunque af-fiancare il regista volgendo, con la sua so-la presenza, l’omaggio in testimonianza.La sua voce e il suo volto accompagna-no le fotografie, ne svelano la genesi e ilsenso. I filmati casalinghi e le riprese dailuoghi dei reportage arricchiscono poi ilritratto, aprendo ulteriori prospettive:l’uomo al lavoro, la ricerca dello scattoperfetto vissuta come missione, e infineil rapporto con il passato familiare.

A emergere è l’umanesimo del mae-stro brasiliano, la sua costante tensioneverso gli oppressi, nonché verso la tra-gedia di una natura che può essere sal-vata solo dalla forza illuminante e dal-l’incoscienza di un sogno apparente-mente irrealizzabile. Vedi anche nel n.109, pag. 19. m. le.

Il sale della terraThe Salt of the Earth

Sebastião Salgado è uno dei massimifotografi contemporanei. Ad animarlo,dai tempi degli studi, è stato l’interesseper il rapporto tra individuo e ambientenaturale, per il fragile equilibrio su cui sireggono le esistenze di milioni diindividui. Nei primi anni Settanta entròin contatto con le dure realtà dei paesisottosviluppati e scoprì la sua veravocazione: la fotografia. Armato di unaLeica, si è da allora avventurato nelSahel, in Portogallo durante larivoluzione, in Angola e Mozambico,nella Serra Pelada, nell’Iraq della guerradel Golfo, nella Bosnia insanguinata.Senza tralasciare mai l’attivismoumanitario e ambientalista, culminatocon la meraviglia utopistica dell’IstitutoTerra.Questo straordinario percorso umano èqui documentato dal figlio Juliano e daWim Wenders, impegnati in una doppiaricerca: quella di una figura paterna, equella di un fotografo e della sua arte.

r. Juliano Ribeiro Salgado, Wim Wendersor. Brasile/Italia/Francia 2014 distr.Officine UBU dur. 110’

Gabriele Salvatores torna a occu-parsi di adolescenza con Il ragaz-

zo invisibile.Michele è il classico “nerd”: compra

per una festa in maschera un costumebrutto, è vessato dai bulli a scuola ed èinnamorato di una ragazza irraggiun-gibile.

Una volta scoperto di essere invisibi-le, il protagonista nutre un sentimentodi vendetta nei confronti di chi lo hasempre sottovalutato e cerca così di di-mostrare la sua forza e la sua superiori-tà con azioni comiche, goffe e, alla fine,

inutili. Un buon messaggio, questo, pertutti gli adolescenti che non hanno an-cora trovato la propria identità e si affi-dano a maschere (vestiti, trucchi, pir-cing) o ad atteggiamenti artefatti per lanecessità di essere accettati dal grup-po, per conquistare l’affetto dei coetaneio degli adulti.

Gli adulti sono presenti nel racconto:sono a loro modo amorevoli e attentima, come nella realtà, risentono dellavoglia di apparire, quando invece sa-rebbe meglio che per i figli, gli alunni, inipoti, rimanessero una presenza al lo-ro fianco, quasi appunto “invisibile”, macerta e confortante.

Il ragazzo infine capisce che averesuperpoteri comporta anche grandi re-sponsabilità, come diceva Spiderman:bisogna sempre stare attenti a come siusano i Poteri che si hanno a disposizio-ne, considerando di non fare mai delmale a se stessi e, soprattutto, agli altri.

Si tratta, quindi, di un viaggio di for-mazione faticoso, ma allo stesso tem-po affascinante e strabiliante, come loè la vita stessa. Vedi anche nel n. 109, p.28. a.m.

Il ragazzoinvisibileSi chiama Michele e ha quasi 13 anni.Vive a Trieste, non brilla nello studio, icompagni lo prendono in giro, non ènemmeno bravo nello sport. Michele èinnamorato di Stella, una nuovaarrivata di straordinaria bellezza. Ed ecco che proprio lo straordinarioirrompe nella vita del protagonista:una mattina si sveglia e scopre di esserediventato invisibile. Scoprirà anche diessere figlio di due contadini russi che,in patria, sono stati trasformati inmutanti.I genitori di Michele sono statiradunati in un campo di prigionia peressere sottoposti a studi e osservazioni,ma loro decidono di fuggire alleautorità per lasciare libero il figlio divivere un’esistenza normale;abbandonano il bambino sulla sogliadi casa di una donna che si prenderàcura di lui fino al momento in cuidiventerà invisibile e dovrà cercare lerisposte sulle proprie origini.

r. Gabriele Salvatores or. Italia/Francia2014 distr. 01 Distribution dur. 100’

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La sapienza nasce nel segno della se-parazione: la frattura della coppia di

sposi francesi e l’imminente dissoluzio-ne del rapporto affettivo dei fratelli ita-liani. Tra le due coppie c’è una distanzada coprire, la dispersione in un dupliceviaggio in Italia che scambia le polaritàdelle coppie per raggiungere una nuovaarmonia. Di mezzo c’è un gioco di rifles-si che induce a sovrapporre le biografiee le spiritualità dei personaggi in un in-

treccio di destini che protende Alienorverso Lavinia, così come rispecchia Ale-xandre nel suo alter ego Goffredo, men-tre incarna nel suo personale dissidiointeriore l’antagonismo tra Borromini eBernini. Sono dinamiche complesse, chearticolano una visione della vita protesaverso l’altro in una tensione simbolicadelle spiritualità.

Limpido nell’articolarsi come narra-zione filosofica, il film parte da una di-sarmonia che promana dalla spirituali-tà introflessa e negata di Alexandre e sidiffonde sulla messinscena stessa, pertrovare via via confronto profondo con laricerca di una struttura armonica dellavita nello spazio dell’esistere. L’architet-tura diviene lo specchio in cui Green,con raffinatezza, riflette il bisogno di or-ganizzare lo spazio esistenziale secondogeometrie che aspirano alla perfezione:il tema della luce e dello slancio versol’alto su cui insiste, nell’analisi di Ale-xandre, l’architettura del Borromini of-fre al film la parabola perfetta di unanarrazione che mira a ricomporre l’inte-grità e l’armonia nelle relazioni tra i per-sonaggi. Vedi anche nel n. 109, p. 25. m.c.

La sapienzaAll’apice della carriera Alexandre è incrisi sia nel lavoro che nel matrimonio:come architetto ha smarrito lo spirito deiprimi passi, come marito intrattiene conAlienor una relazione sincera ma fredda.Per questo la donna decide di seguirlo nelviaggio di lavoro in Italia sulle traccedelle opere di Borromini. A Stresa la coppia incontra per caso ifratelli Goffredo e Lavinia: il ragazzo staper intraprendere gli studi diarchitettura, la sorella soffre per unamalattia nervosa. Alienor (psicologa) si appassiona allavicenda dei due giovani e, comprendendoche il loro destino è misteriosamentelegato a quello del marito e suo, si fermaa Stresa con Lavinia, costringendoAlexander a portare con sé Goffredo. La separazione delle due coppie saràun’occasione per comprendere le ragionidel malessere di Alexandre e Lavinia,ma anche per offrire a Alienor eGoffredo la possibilità di valutare il pesodelle loro scelte.

r. Eugène Green or. Italia/Francia 2014distr. La Sarraz Distribuzione dur. 107’

Non è facile affrontare l’adolescenzasenza un padre. Specialmente se

quel padre era affettuoso e capace di tra-smettere passioni; se, dopo soli due an-ni il suo posto è stato occupato da unosfruttatore di manodopera straniera, im-bevuto di cultura machista.

L’esistenza di Kiko è all’insegna delladuplicità: al posto del padre la sorte gliprospetta due figure che in modo oppo-sto si propongono di sostituirlo: il patri-gno e l’anziano professore; le sue ener-

gie sono divise a metà tra l’impegno sco-lastico e il lavoro nel cantiere edile Hadue case: il bar-stazione di benzina in cuiè costretto a condividere uno spazio ano-nimo anche col gruppo di manovali clan-destini assoldati da Ettore, e il suo rifu-gio segreto, che ha trasformato in unasorta di navicella spaziale, capace di por-tarlo lontano dalla squallida realtà di tut-ti i giorni.

È lì che “se chiude gli occhi” Kiko puòproiettarsi al di là di un mondo che gli stastretto. Nella navicella/santuario riescea dialogare col padre, a viaggiare in ununiverso popolato, oltre che dalle stelle,dai suoi sogni.

Mantenendo tempi distesi che gliconsentono fluidità di racconto e capa-cità di avvincere lo spettatore, il filmmette sul tappeto molti temi: le diffi-coltà e le ombre dell’adolescenza, il bi-sogno di avere in tale periodo dei “buo-ni maestri”, la volontà di riscatto el’ambizione insita nell’animo umano,fino ad arrivare all’emozione e allo sgo-mento dell’individuo di fronte alla va-stità dell’universo. Vedi anche neln.109, p. 21. f.m.

Se chiudo gliocchi non sonopiù qui

Kiko (16 anni) ha una madre filippina eun padre italiano che gli ha trasmesso lapassione per l’astrologia, ma è morto in unincidente stradale. Vive in Friuli con lamamma e il suo compagno Ennio, uncaporale che gestisce cantieri edili e sfruttaimmigrati clandestini. Abita in un bar-stazione di benzina in periferia. Divide legiornate tra il liceo (dove rischia di esserebocciato) e il cantiere in cui Ennio locostringe a lavorare come manovale.Il ragazzo si sente a suo agio solo su unautobus abbandonato dietro al bar, luogoin cui può sognare una vita diversa. Ungiorno incontra Ettore, insegnante inpensione che gli dice di essere un amicodel padre e gli propone di aiutarlo nellostudio. Prima diffidente, Kiko a poco apoco acquista fiducia in quest’uomo: ilrapporto con Ettore gli modificherà la vita. Anche l’anziano insegnante nasconde peròun segreto...

r. Vittorio Moroni or. Italia 2013 distr.Maremosso in collaborazione con LoScrittoio dur. 100’

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La regista afroamericana DuVernayrealizza un parziale biopic su King,

scegliendo un segmento di questo stra-ordinario percorso di vita: i mesi chepassano dall’assegnazione del Nobel aldiscorso in Alabama. Quattro mesi perfare cronaca degli eventi e, al tempo stes-so, dare profondità al personaggio pub-blico, uomo vero e fragile, per niente pri-vo di ombre e combattuto tra i doveri di

marito/padre e la responsabilità di esse-re la più autorevole e carismatica vocedei neri discriminati. La tentazione didividere i buoni neri dai cattivi bianchiincappucciati del KKK, facendo del rac-conto un’apologia della nonviolenza, non sfiora la regista e lo sceneg-giatore Paul Webb, che si attengono cer-tamente ai fatti documentati ma che nonmancano di dare corpo a un King sfac-cettato, sorretto dai compagni e dallamoglie, ma che si scopre fallibile nel pri-vato, a volte incoerente nei comporta-menti, non sempre capace di rintuzza-re i cedimenti psicologici.

Selma è un film a tratti crudo, che nonrinuncia alla messinscena della violen-za brutale su uomini e donne indifesi,ma che trattiene nel campo visivo, con leterrificanti percosse e le dirette televisi-ve che sconvolsero le case borghesi de-gli americani, soprattutto la paura pro-fonda dei bianchi del Sud, convinti chela sottomissione dei neri fosse indispen-sabile a salvaguardare i valori fondantidella Confederazione e la presunta supe-riorità razziale. Vedi anche nel n. 110, p.14 e 15. a.l.

Selma La strada per la libertà

Quando a Oslo, il 10 dicembre 1964, alpastore King viene assegnato il PremioNobel per la pace, gli afroamericani chevivevano negli Stati Uniti del Sud ancoranon godevano delle libertà di espressionee del diritto al voto, che la Costituzionesulla carta garantiva da tempo. Perquesto Martin Luther King e i suoicompagni di lotta non violenta del SCLCdecidono di ripartire da uno degli statipiù razzisti, l’Alabama, per spingere ilPresidente Johnson ad approvare ilVoting Rights Acts. La cittadina di Selma viene individuatacome base della nuova protesta pacifica:una marcia verso Montgomery, sededell’amministrazione del governatoreWallace. Il corteo non ha ancoraattraversato il ponte di Edmund Pettus,quando viene assalito selvaggiamentedagli agenti a cavallo. Le immaginifanno il giro degli States, costringendoJohnson ad annunciare la sua intenzionedi introdurre una legge sul diritto di voto.

r. Ava DuVernay or. Usa 2014 distr.Notorius dur. 127’

Il formato del film non abbraccia di-rettamente le caratterizzazioni antro-

pomorfe tipiche dei modelli disneyani,sebbene gli animali che vediamo nel filmsi producano spesso in atteggiamentimolto “umani”, camminando anche inposizione eretta. Allo stesso tempo, ilmutismo degli umani avvicina gli stessialla sfera degli animali, che agiscono se-condo un metodo comunicativo nonverbale ma prettamente fisico. Quello

che gli autori cercano è quindi un pun-to di incontro fra emozioni e comporta-menti altrimenti destinati a restare inav-vicinabili: anche per questo, il raccontosi fa corale ed esalta il ruolo del gruppoopposto all’individualismo spinto di fi-gure come l’acchiappa animali.

Così, il racconto dell’innocente biri-chinata commessa da Shaun e compa-gni, si trasforma in un’odissea che è so-prattutto una presa di coscienza del pro-prio ruolo e dell’importanza dei proprilegami. Quello fra il gregge e il pastore,al di là dei presunti rapporti di subordi-nazione, è infatti un tipo di rapporto ba-sato su un modello atipico di famigliaallargata, dove ci si sorregge a vicendalungo l’avvicendarsi delle giornate.

La morale positiva e pedagogica, seb-bene rotta da un umorismo spesso irri-verente, lascia così emergere un since-ro affetto, che rimette una visione em-patica e bucolica al centro del mondo,e la contrappone a quella cittadina epiù tecnologica, rappresentata anchedalle trappole e dai congegni dell’ac-chiappa animali. Vedi anche nel n. 110,p. 32. d.d.g.

Shaun, vita da pecoraIl filmShaun the Sheep Movie

Stanca della routine imposta dal suoallevatore, la pecora Shaun escogita unpiano che regali al gregge un po’ di relax:riesce infatti a far addormentare ilpadrone per prendere possesso della suacasa. Ma la roulotte dove è stato sistematol’uomo si sgancia dal sostegno e finisce incittà. Shaun e i compagni devono pertantorecuperare il padrone, avventurandosi fragli uomini e travestendosi alla bisogna. Sulle loro tracce, però, si mette unacchiappa animali, deciso a chiuderlinelle sue celle. L’impresa, già non faciledi per sé, viene aggravata da unimprevisto: una volta risvegliatosi,l’allevatore è colto da amnesia, nonricorda chi è e nemmeno il suo gregge.L’uomo diventa così un parrucchiere disuccesso, senza sospettare che le suepecore lo cercano dappertutto perriportarlo a casa.

r. Mark Burton, Richard Starzak or. GranBretagna/Francia 2015 distr. KochMedia dur. 85’

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L’ultimo film di Miyazaki mette alcentro la Storia senza rinunciare

all’immaginario del poeta dell’anima-zione contemporanea. L’incipit delfilm, con Jiro bambino che incontra insogno Caproni, i voli fantastici dovecorpi e aeroplani diventano “fogli dicarta” su distese colorate di luce, è ilriassunto di tutto il cinema del mae-stro. I pennelli sfoggiano tratti che ine-briano la vista.

La forza espressiva del tratto, la pre-cisione dei dettagli, la dimensione sono-ra, si sposano a meraviglia con la narra-zione. Il mondo segreto e intimo di Jiroè così servito. Il cuore tematico del filmpure: sognare è vivere. In questo caso ilsogno di Jiro coincide con quello del pa-pà Miyazaki, volare. Librarsi per osser-vare il mondo da punti di vista inediti,sfidando le leggi fisiche della natura checi imprigionano al suolo, senza per que-sto far guerra alla natura stessa.

A differenza delle storie puramentefantastiche, stavolta non c’è spazio permagia e creature con poteri sovranna-turali, ma all’immaginazione e all’estrosì. È Caproni stesso che invita Jiro aprendere il vento giusto per dare vita alsogno, in un Giappone che non è poicosì diverso da altri scenari miyazakia-ni, stracolmo di macchine mirabolan-ti, il vapore da una parte il motore ascoppio dall’altra, leve, ruote dentate epistoni, con l’atroce consapevolezza diessere però a un passo dalle atrocitàche determineranno il futuro tragicodel paese: l’atomica! Vedi anche nel n.107/108, p. 8 e 9. a.l.

Si alza il ventoJiro sogna di fare l’aviatore e diprogettare aerei, ispirandosiall’ingegnere aeronautico GianniCaproni. Ha però una forte miopia, cherende impossibile diventare pilota. Nel1927 inizia a lavorare per la Mitsubishi,dove mostra il suo precoce talento.Quattro anni prima dell’assunzioneconosce una ragazza, Nahoko, cheprotegge durante il terremoto di Kanto.Le loro strade si dividono perricongiungersi anni dopo, quando Jirosta lavorando su un prototipo destinatoa diventare uno degli aeroplani dipunta dell’aviazione bellica giapponesedurante la seconda guerra mondiale:l’aereo da combattimento A6M1,denominato ‘zero’. Dopo un viaggio di lavoro in Germaniaalla Junkers, in cui i tedeschi mostranoi progressi tecnologici della loroaviazione, Jiro sposa Nahoko. Laragazza viene però colpita da unamalattia che le toglierà la vita, propriomentre il prototipo ‘zero’ supera icollaudi.

r. Hayao Miyazaki or. Giappone 2013distr. Lucky Red dur. 126’

St Vincent non offre il solito stereotipodell’adulto bisbetico che viene reden-

to dall’inaspettato incontro con un bam-bino, tipico di una consolidata tradizio-ne cinematografica da Il Monello di Cha-plin a Central do Brasil di Salles. Il pro-cesso di metamorfosi del protagonistaserba una novità: l’incontro con Olivernon stravolge la sua interiorità, ma ride-sta un senso profondo.

La santità cercata nel film non conver-ge col rispetto esteriore di codici com-

portamentali, ma si rivela nello scardina-mento dell’immaginario benpensantecollettivo che spesso si arroga il diritto diaddomesticare la vita spirituale.

Il tema che il professore di religione diOliver assegna ai suoi studenti sprone-rà il giovane a trovare un santo dei nostrigiorni che ravviserà proprio in Vincent:un uomo che ha sofferto senza mai ce-dere alla trappola del vittimismo e delladepressione. E quel cinismo che osten-ta non è che una consapevolezza sboc-ciata dal dolore, una sfida agli ostacoliche incombono su di lui e rischiano ditravolgerlo. L’insolita mensa del finaledel film vedrà allo stesso tavolo la madredivorziata, il figlio adottato e il cinicogiocatore d’azzardo, in una sorta di co-munità apostolica che ha preferito labontà del cuore ai comportamenti so-cialmente approvati, riportandoci allamemoria il monito ai farisei: “I pubblica-ni e le prostitute vi passano avanti nel Re-gno di Dio”. Lontano dal surrealismo mi-scredente buñueliano, Theodor Melfi va-gamente lo richiama, esaltando perso-naggi ‘sconsacrati’ dal mondo borghese.Vedi anche nel n. 109, p. 23. a.s.

St. VincentVincent è un veterano della guerra delVietnam, dedito all’alcool e allescommesse. Un giorno, in seguito a unattrito con una ditta di traslochi,conosce i suoi nuovi vicini di casa:Maggie e il figlio dodicenne Oliver. La donna, afflitta da difficoltàeconomiche, gli chiede di occuparsi delfiglio durante il doposcuola. Vincentaccetta e Oliver viene così coinvolto inun’insolita realtà fatta di scommesseall’ippodromo, streap dance, bar evisite regolari presso una clinicaprivata dove è ricoverata la moglie diVincent. L’uomo scopre che il ragazzo è spessovittima di episodi di bullismo a scuolae gli insegna a resistere alle difficoltàdella vita e a difendersi. Poco per volta, stimolatodall’insegnante di religione, sulle ormedi un compito che prevede una ricercasu un santo del nostro tempo, Oliverriuscirà a scorgere, dietro la rudeapparenza dell’uomo, un animo teneroe altruista.

r. Ted Melfi or. Usa 2014 distr. EaglePictures dur. 102’

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Jean-Pierre Jeunet, noto per Il favolosomondo di Amélie, trasporta la magia

del quotidiano, degli oggetti che si ani-mano nelle menti fantasiose dei suoipersonaggi, al livello di una grande pro-duzione internazionale. Il protagonistaè ancora una volta un sognatore, unidea lista incompreso.

Inizialmente T.S. si appoggia al fratel-lo Layton che ha verso il mondo un pigliopiù deciso e piace al papà, cow-boy im-

bronciato e solitario. La sorella maggioreGracie è presa dai provini per diventareattrice, mentre la mamma è troppo di -stratta dalle sue ricerche per occuparsidei dettagli della vita quotidiana.

Quando Layton muore T.S. rimanesolo. Con l’acume della sua straordina -ria capacità immaginativa vede con oc-chi nuovi la propria famiglia e ci raccon-ta con voce fuoricampo - superflua, per-ché le immagini parlano da sole - il sot-tinteso di quei legami, il dolore inespres-so e la sua inadeguatezza alla penosasituazione.

Come accadeva in Un ponte per Ter-abithia, la consolazione da un gravelutto giunge dalla passione per la scien-za. Il modello ispiratore è Leonardo DaVinci, i cui meravigliosi codici ricor-dano da vicino gli schizzi di T.S. Dallaricerca scientifica nasce poi la ricerca disé e il coraggio di affermarsi, portandoil giovane protagonista a intraprendereun vivace viaggio in treno. Salito su unconvoglio con un astuto stratagemma,T.S. si rifugia in un camper che deve es-sere recapitato più a sud. Vedi anchenel n. 112/113, p. 19. c.m.v.

Lo straordinarioviaggio di T.S. SpivetL’extravagant voyage dujeune et prodigieux SpivetT.S. (10 anni) vive in una fattoria delMontana ed è inseparabile dal gemelloLayton: mentre quest’ultimo è un vivacesportivo, prediletto dal padre, T.S. èintroverso e quieto. Ha un forte interesseper la scienza e disegna splendide sezionidi piante e animali, aiutando la madrebiologa nelle ricerche. Un giorno Laytonha un incidente mortale mentre si esercitaa sparare con il fucile. Solo T.S. è presente esi carica di un enorme senso di colpa pernon aver potuto salvare il fratello. Tra i genitori cala il silenzio. A una conferenza T.S. apprende chenessuno scienziato è riuscito a realizzare lamacchina del moto perpetuo. Raccoglie lasfida e progetta il suo apparecchio. Invia idisegni all’istituto Smithsonian diWashington, ricevendo tempo dopo lanotizia di aver vinto il premio annuale.

r. J.P. Jeunet or. Canada/Francia 2014distr. Microcinema dur. 105’

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All’inizio degli anni Quaranta del No-vecento, Irène Némirovsky, rinoma-

ta scrittrice parigina di origine ucraina,pianifica la stesura di un romanzo in cin-que parti che vuole essere un affrescosociale di quell’epoca di sopraffazione.Nel luglio 1942 è deportata ad Auschwitz,dove muore di tifo. Il romanzo SuiteFrancese rimane incompiuto e verràpubblicato solo nel 2004.

Il film di Saul Dibb è incorniciato daquesti eventi - il ritrovamento del mano-scritto - ed è tratto dalla seconda partedell’opera, Dolce. Il regista limita il vastis-simo universo della Némirovsky e si con-centra invece sul personaggio di Lucilee sulla sua interiorità, come nel suo pre-cedente film, La duchessa.

A emergere sono ancora una volta lelacerazioni degli animi sensibili, obbli-gati a non poter scegliere che direzionedare alla propria vita, sospesi in un lim-bo di decisioni prese da altri. Per en-trambi, tuttavia, giunge l’occasione peruna nuova consapevolezza. L’occasioneè tra le più imprevedibili della Storia e simanifesta con un dialogo, via via cre-scente in intimità, che ridà voce ai desi-deri di Lucile, costretti al silenzio primadal suo ruolo di moglie - il matrimoniole è stato imposto per ragioni di conve-nienza - e poi dalla suocera che la obbli-ga a non parlare con l’occupante nemi-co e a non guardarlo neppure in faccia.

D’altra parte anche Bruno è un mili-tare anomalo e trova in Lucile una con-fidente discreta che lo sa comprendere.Vedi anche nel n. 111, p. 25. c.m.v.

Suite FranceseSuite Française

Francia, 1940. Durante la seconda guerramondiale Lucile Angellier vive assiemealla suocera nel piccolo paese dicampagna di Bussy. Le due donneattendono notizie del figlio e maritoGaston, partito per la guerra e fattoprigioniero. La vita della tranquillacittadina viene sconvolta prima daiParigini in fuga dopo l’occupazione dellacapitale e subito dopo dall’arrivo deinazisti. Il comandante Bruno von Falk èinsediato nell’abitazione delle Angellier. Una sera Lucile sente suonare ilpianoforte e si stupisce di non riconoscereil pezzo, nonostante gli studi di musica.L’autore è infatti Bruno stesso che primadella guerra era un compositore. Lostrumento diventa così il mezzo dicomunicazione tra i due giovani,consentendo a Lucile di scoprire laraffinata sensibilità di Bruno e alcunesimilitudini tra le loro vite. Nel frattempo gli eventi storiciprecipitano...

r. S. Dibb or. Belgio/Gran Bretagna/Francia 2014 distr. Videa dur. 107’

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“L o scienziato torna a essere uneroe in un mondo alla ricerca di

chi ha una ‘visione’”, scrive Edoardo Vi-gna sul “Corriere della Sera”, indivi-duando la novità nelle biografie lettera-rie e cinematografiche di scienziati. Neifilm, come nelle biografie d’artista,quello che funziona, visivamente e di-datticamente, è la drammatizzazionedel ‘processo creativo’ di una scopertao la genesi di una teoria, esemplificate

in un contesto drammaturgico intri-gante e visivamente attraente. Così, sipossono sviluppare negli spettatori piùgiovani percorsi di approfondimento edi ricerca secondo le capacità a dispo-sizione e le competenze da acquisire. Adifferenza, però, del film su Alan Tu-ring (The Imitation Game), questo sul-l’astrofisico Hawking (Oscar all’attoreprotagonista), pur dando conto dellagenesi della ‘teoria del tutto’ nello svi-luppo biografico, accentua l’attenzioneemotiva sul piano sentimentale (il li-bro da cui è tratto, Verso l’infinito, èscritto dall’ex moglie) e su quello dellamalattia.

Il rischio sta nell’emarginare il latoinnovativo del lavoro scientifico (chepuò essere approfondito con libri dellostesso Hawking, articoli, documentari etrasmissioni tv), mentre il vantaggio stanel quadro complessivo dei rapporti coni famigliari, gli amici e la moglie delloscienziato, quindi negli aspetti psicolo-gici e medici che dalla giovinezza lo han-no coinvolto, mente e ricerche compre-se, quindi influendo anche sulle teorie.Vedi anche nel n. 110, pp.16-18. e.g.

La teoria del tuttoThe Theory of Everything1963, Cambridge. Studente incosmologia, Stephen, ricerca una“spiegazione semplice ed eloquente”dell’universo e s’innamora di unastudentessa di lettere, Jane. Alventunenne è diagnosticata la‘malattia del motoneurone’ che attaccaarti e capacità motorie, lasciandopoche possibilità di linguaggio emovimento, con una prospettiva di solidue anni di vita.I due si sposano. Con la moglie che lotta

al suo fianco, Stephen sfida la diagnosi.Finisce il dottorato con una teoria sullacreazione dell’universo. La coppia ha trefigli e Stephen s’imbarca nel lavoro piùambizioso: lo studio su ciò che ha meno(il tempo). Il corpo affronta limitazionisempre più grandi ma la mente esploragli estremi della fisica teorica, arrivandoa scoperte fondamentali tanto che il suonome è pronunciato nella frase in cui c’èEinstein. Per 25 anni sfida l’impossibilecon Jane, aprendo nuovi territori inmedicina e astrofisica.

r. James Marsh or. Gran Bretagna 2014distr. Universal dur. 123’

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Ai confini del gioiello del Mali, Sissa-ko racconta con rara potenza

espressiva e lontano da didascalismi glieffetti della violenta occupazione jiha-dista, evitando la trappola del raccon-to morale di tante fiabe africane daesportazione, preferendo scommette-re su una scrittura in versi, un cantopoetico illuminato dalla bellezza dei

paesaggi, dall’incanto del fiume, in ri-ma baciata con gli afflati vitali di un po-polo che non vuole piegarsi di fronteall’incomprensibile natura di norme in-sensate: ragazzi e ragazze cantano esuonano infischiandosene della ritor-sione che arriva puntuale e dolorosa,misurata dal numero di frustate in pub-blica piazza; un gruppo di bambini gio-ca nella polvere un’indimenticabile par-tita a calcio senza pallone, dribblando,calciando ed esultando per un goal im-possibile; sprazzi di vita che la musicadi Amine Bouhafa rende lirici e, percontrapposizione alla violenta applica-zione della Sharia, tragiche, ultimeespressioni di civiltà prima dell’anni-chilimento.

Le nuove norme vengono gridate epuntellano i margini di una prigione dacui è impossibile la fuga. La tenda di Ki-dane è per questo il segno caldo di un pa-radiso violentato (e perduto) dall’igno-ranza, un baluardo davvero resistente diuna conoscenza che sembra inabissatanelle maglie (ora) indecifrabili di tutte lesacre scritture prodotte dall’uomo. Vedianche nel n. 110, p. 6 e 7. a.l.

TimbuktuA Timbuktu l’arrivo di un gruppo dijihadisti armati sconvolge le abitudinie le relazioni umane, sulla base di unadiscutibile interpretazione della Legge.Agli abitanti viene imposta una serie didivieti: non è permesso cantare, ballare,fumare, giocare a calcio. Le trasgressioni vengono punite condolorose frustate in piazza. Kidane e la moglie Satima, con la lorogiovane figlia Toya e Issan, un pastoredi dodici anni che si occupa delle loromucche, sono riusciti a ricreare sotto latenda in cui vivono, distanti dal centroabitato, un’oasi di pace. Nulla scalfisceil quieto vivere della famiglia, fino aquando Gps, la mucca preferita daToya sfugge al controllo di Issan,attraversa il fiume chemiracolosamente taglia in due ildeserto, inciampando nelle reti delpescatore Amadou, che uccidel’animale. Gli eventi precipitanoquando interviene Kidane.

r. Abderrahmane Sissako or. Francia/Mauritania 2014 distr. AcademyTwo dur. 97’

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Èla storia vista dal basso, segnalatadal titolo in tutte minuscole.

Sono mostrati l’arrivo del rancio e del-la posta, gli ordini e i contrordini. Sono co-municate percezioni fisiche: visive, esal-tate dalla splendida fotografia, acustiche:il rombo dei cannoni, gli scoppi, il tintin-nare dei campanacci sul filo spinato. Nonc’è musica, a parte l’armonica all’inizio eIl silenzio alla fine. Quasi percettibile è la

sensazione tattile del freddo di quel ter-ribile inverno a quella quota.

Nell’attesa dell’ordine di assaltoemerge l’interiorità dei soldati: voci som-messe, frasi sospese rivelano emozioni eriflessioni: il logoramento, lo spaesa-mento, la percezione di essere destinatial sacrificio, la lunga pratica dell’obbe-dienza. Tutta l’Italia umile, disinforma-ta, contadina e analfabeta, si rende con-to che il proprio sacrificio è stato calco-lato e programmato. Perciò i soldati in-terpellano Dio, sperimentandone il si-lenzio.

Il nemico non compare mai, anchese le sue trincee sono a pochi passi, oc-cupate da soldati al pari dei nostri pove-ri e strumentalizzati per scopi che noncomprendono. Solo all’inizio si ode qual-che grido di plauso al canto del soldatonapoletano.

Alla fine il commento dell’attenden-te farà emergere l’ultimo oltraggio: la pa-ce non segnerà il ritorno della vita e del-la bellezza, ma la cancellazione del-l’esperienza e perfino del ricordo del-l’immane tragedia. Vedi anche nel n. 109,p. 30. m.g.r.

torneranno i pratiLa vicenda si svolge tutta in un’unicanotte di plenilunio, dopo gli scontri del1917, poco prima di Caporetto. In unavamposto ad alta quota sull’altipianodi Asiago, dove la truppa è decimata daun’influenza proveniente dai Balcani, ilMaggiore reca l’ordine di raggiungereun rudere, ignorato dalle carte italianema presente su quelle austriache, daoccupare come osservatorio, su cuiallestire un’altra linea telefonica, nonintercettata dal nemico. L’ordine si rivela ben presto “criminale”come urla il capitano, che pur di nonmandare altri uomini alla carneficinarinuncia al grado. Il comando della postazione vieneaffidato a un giovane tenente, chericeve ben presto ordine diripiegamento immediato. Ciò cheprima era un obiettivo irrinunciabile sirivela ora superfluo.Il film racconta la guerra dal punto divista di chi l’ha combattuta, ha credutoed è morto.

r. Ermanno Olmi or. Italia 2014 distr. 01Distribution dur. 80’

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Vincitore del Premio del Pubblico alFestival di Roma 2014, il film è una

favola di riscatto sociale, come già BillyElliot (2000) dello stesso regista. Dal ro-manzo di Andy Mulligan, il film combi-na convenzioni ed emozioni di genere(thriller, avventura, fantasy) in un conte-sto reale contro la corruzione e a favoredella giustizia. Poi si mescolano temi eti-ci e generi classici (favola), giustizia so-ciale e suspense, grazie anche ai ‘veri’

meninos de rua scelti tra migliaia neglislums brasiliani.

Da una parte il film si presta a criticheper lo sguardo ‘straniero’ e il ‘coloniali-smo commerciale’, dal momento che siseguono le regole del genere d’azionehollywoodiano, come si vede nel filonedal Messico all’India con “il film autoc-tono che vende agli occidentali ricchi ebisognosi di fremiti umanitari le tragediedi un’infanzia disperata, quella di tutti iterzi mondo” (Goffredo Fofi). Dall’altra,però, recupera quel cinema brasilianoche usa i canoni americani per parlare almondo globalizzato della propria realtà,della propria letteratura come della visio-ne della vita.

Prima delle elezioni, in Brasile il filmè stato applaudito come una comme-dia, forse anche per lo slang parlato daiprotagonisti. Il regista ha precisato:“Non ho l’ambizione di cambiare ilmondo o d’influenzare le elezioni poli-tiche in Brasile ma sono felice di averdato voce all’ottimismo e alla speranzadi chi crede che il futuro possa regalar-ci qualcosa di buono”. Vedi anche nel n.107/108, p. 25. e.g.

Trash

Due ragazzini delle favelas di Rio,Rafael e Gardo, che smistano rifiuti indiscarica, trovano un portafoglio condenaro, una foto, un calendario di SanFrancesco e una chiave. La polizia,guidata dall’ambiguo Frederico, offresenza spiegazioni una lautaricompensa per recuperare l’oggetto. Iragazzi, non fidandosi del poliziotto, sinascondono con l’aiuto di Rato. Con il sostegno morale e l’aiuto di duemissionari americani, l’anziano PadreJulliard e l’assistente Olivia, i tre, legatida un patto profondo d’amicizia esolidarietà, imparano a distinguere gliamici dai nemici, cercando diricostruire la storia del misteriosoportafoglio in nome della giustizia edella verità. Si moltiplicano gliinseguimenti con piccole vittorie emolte sconfitte tra colpi di scena,violenze della polizia e progressivisvelamenti. L’incontro al cimitero conuna ragazzina, data per scomparsa,risolve il mistero.

r. Stephen Daldry or. Gran Bretagna2014 distr. Universal Pictures dur. 112’

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T utto può cambiare è una commediaromantica perfetta, immersa nella

notte per fare affiorare alchimie e compli-cità fra figure femminili e maschili coltenelle loro instabilità e fragilità che solol’incontro inatteso con altre persone puòcercare di modificare, superare. Ed è unfilm dove la musica e le canzoni sono usa-te, come in un musical, con funzione nar-rativa per descrivere gli stati d’animo.

Diretto dall’ex musicista John Car-ney, il film è un viaggio intimo alla sco-

perta di New York e di personaggi che lavivono con l’intensità di una prima vol-ta. Gretta (Keira Knightley, qui anchecantante) arriva nella metropoli se-guendo il fidanzato Dave (Adam Levi-ne, voce e chitarra del gruppo pop rockMaroon 5). Dan New York la conoscebene ma l’incontro casuale con Grettaglie la farà vivere in modo diverso. Co-sì come le rispettive relazioni infrantevibreranno di possibili, impensati, riav-vicinamenti (fra Dan e Miriam, men-tre Carney gioca ancor più sulle sfuma-ture per lasciare aperta a varie ipotesi lastoria fra Gretta e Dave) accanto a nuo-vi rapporti che si instaurano (quello fraGretta e la quattordicenne Violet, chetrova nella cantautrice qualcuno che lacomprende).

Carney lavora sugli sguardi, i piccoligesti in una commedia dove anche iltempo è sospeso. E dove computer e te-lefonini vengono utilizzati per entrarenei flashback con naturalezza, come sefossero degli specchi dentro i quali av-venturarsi per narrare, sempre, il labi-rinto dei sentimenti. Vedi anche nel n.107/108, p. 22. g.g.

Tutto puòcambiare Begin AgainGretta, giovane cantautrice, giunge a NewYork con il fidanzato Dave, cantautore disuccesso. Quando Dave torna da unatrasferta, Gretta capisce che l’ha tradita elo lascia andando ad abitare dall’amicoSteve, musicista di strada. Per distrarla,Steve la invita nel locale dove ogni tantosuona, chiedendole di cantare unacanzone. Fra il pubblico c’è Dan,discografico talentuoso appena licenziato,separato dalla moglie Miriam e indifficoltà con la figlia Violet. Dan proponea Gretta di fare un disco insieme daregistrare interamente in strada. La relazione d’amicizia fra Dan e Grettaservirà, oltre che per suonare nel miglioredei modi, per fare riavvicinare l’uomo aMiriam e Violet. Nel frattempo Grettaaccetta di rivedere Dave. Lo va a sentire inun concerto e, commossa, lo ascoltacantare la canzone scritta anni prima dalei, poi se ne va. In bicicletta, nella notte, ilsuo volto è pensieroso e sorridente.

r. John Carney or. Usa 2013 distr. LuckyRed dur. 104’

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Jean-Jacques Annaud ha sempre di-mostrato di possedere il senso dello

spettacolo. Il suo nome, nell’immagina-rio, è legato al kolossal europeo con castinternazionale, ricostruzione d’epocaaccurata e imponenti mezzi produttivi.

Ne L’ultimo lupo, tratto dal romanzodi Lu Jiamin, ritroviamo molti dei suoitemi prediletti e delle sue “ossessioni”, acominciare dall’incontro-scontro traculture lontane e dalla centralità delmondo animale. Ma non si pensi a un

incrocio tra Balla coi lupi e Dersu Uza-la, non ci si limiti all’apologo sull’inca-pacità dell’uomo contemporaneo di vi-vere in armonia con la natura. Il filmvero è altrove, e i suoi elementi di forzasono squisitamente cinematografici. Acontare sono il paesaggio e il modo incui la regia, con l’aiuto del 3D, ne trasfor-ma la bellezza scarna in tensione e sen-sazione. La Mongolia diventa uno sce-nario al contempo minaccioso e idillia-co, nel quale un passato di leggi nonscritte e simboli arcaici e un presentedi cupidigia e vuoto spirituale si scontra-no sotto le nuvole.

Il piacere e la libertà con cui Annaudriprende i nomadi a cavallo o fa staglia-re i lupi contro l’orizzonte sono palesi. Leparti più riuscite, non a caso, sono pro-prio quelle in cui l’occhio registico cor-re indisturbato nella steppa, ridisegnan-dola con furia o delicatezza.

Nonostante le ingannevoli sembian-ze di una risaputa favola eco-animali-sta, L’ultimo lupo è dunque la bella ren-trée di un uomo di cinema che ha anco-ra da insegnare. Vedi anche nel n. 111,pag. 22. m.le.

L’ultimo lupoWolf Totem

Cina, fine anni Sessanta. In pienaRivoluzione Culturale maoista lostudente pechinese Chen Zhen vienemandato nel cuore della Mongolia con ilcompito di insegnare ai piccoli delletribù nomadi. L’impatto con quella terraselvaggia è fortissimo. Tutto intorno a luisteppe sterminate e lupi, ai quali ipastori locali hanno attribuito sindall’antichità una natura divina. Sottola guida di Bilig, venerato capotribù,Chen Zhen entra così in contatto con lacultura dei nomadi. Ma si trova anchead assistere impotente all’inesorabilefine del loro mondo, visto ormai dalleautorità del Partito come incompatibilecon la nuova Cina comunista. E quando un gruppo di bracconieripriva i lupi del loro sostentamento,spingendoli ad assaltare le greggi,uomini e animali entrano in conflitto.La caccia è aperta. Chen Zhen decideràallora di salvare un cucciolo dalla furiadell’uomo, allevandolo in segreto.

r. Jean-Jacques Annaud or. Cina/Francia2015 distr. Notorious Pictures dur. 121’

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Il racconto della vita di Zamperini è lacronaca di un disallineamento co-

stante fra una dimensione pubblica cheeleva le persone a simboli, e il conflittoprivato dato dalla discesa nella terradegli uomini, fatta di rancori persona-li e di corpi che sono piegati dal sadismoe dal desiderio di sopraffazione reci-proca. Il ruolo di celebrità che Louis sitrova a incarnare nel corso della sua vi-ta è dunque tanto una benedizione che

gli assicura il riscatto dalla subalterni-tà fomentata dal razzismo dei coetanei,quanto una maledizione che lo rendeinviso al comandante Watanabe, chevede in lui un simbolo da abbattere persancire, metaforicamente, la sconfittadel fronte alleato.

La vicenda personale si fa pertantocartina di tornasole di un insieme didinamiche che stanno nell’aura miti-ca della Storia, e anche nell’immedia-tezza del gesto più personale. Il raccon-to viene a iscriversi in una dimensionemateriale dove il corpo si fa rappresen-tazione di carne e sangue del destino,sia quando esprime il vigore dell’atleta,che quando evidenzia il dolore per ledifficoltà provocate dalla guerra. A que-sto si accompagna poi la dimensioneassolutamente ideale dell’incrollabileforza di volontà di Louis Zamperini,che vince sulle difficoltà imposte dallacondizione di immigrato, dalle compe-tizioni con gli altri atleti e dalla prigio-nia in virtù di una visione superiore,che riallinea la componente mitica conquella personale. Vedi anche nel n. 110,p. 30. d.d.g.

UnbrokenCalifornia, anni 30: Louis Zamperini èdotato di un eccezionale talento perl’atletica e, alle Olimpiadi di Berlino,stabilisce il record dei 500 metri.Durante la Seconda Guerra Mondialeserve nell’aeronautica statunitense e ilsuo aeroplano è costretto a unammaraggio forzato: inizia cosìun’estenuante attesa dei soccorsi lunga47 giorni, in mare aperto. Alla fine,Louis e il suo compagno Phil(sopravvissuto insieme a lui) vengonorecuperati dai militari giapponesi, cheli torturano per ottenere informazionisulle strategie degli Alleati. Louis viene poi trasferito in un campodi prigionia a Tokyo, guidato dalsadico Watanabe, che lo prende di miraa causa dei suoi successi sportivi,simbolo della supremazia americana. Vessato ma non domo, Louissopravvive con la convinzione di doverricominciare e spende il resto della vitaa predicare il perdono verso i suoicarcerieri.

r. Angelina Jolie or. Usa 2014 distr.Universal dur. 137’

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Laurent Tirard, dopo il successo de Ilpiccolo Nicolas e i suoi genitori (2009),

che in Francia ha portato nelle sale cin-que milioni e mezzo di spettatori, si mi-sura nuovamente con la trasposizionecinematografica delle gesta del benia-mino di tutti i bambini di Francia, Le pe-tit Nicolas, nato dalla penna di René Go-scinny e dal talento del fumettista JeanJacques Sempé.

Il segreto delle pellicole, come del re-sto della fortunata saga, consiste nel rac-contare un universo filtrato dalla sensi-

bilità e dalla fervida immaginazione in-fantile di un ragazzino e dei suoi amici.Nel dare corpo alla fantasia di Nicolas, ilregista - grazie a un décor azzeccatissi-mo, fatto di scenografie per niente rea-listiche, con case e alberghi in colori pa-stello al limite del candy, e con una “gra-ficizzazione” spinta dei costumi - mettein scena una Francia dei primi anni Ses-santa stilizzata, irreale e sospesa nel tem-po, in cui si pongono sullo stesso pianole bravate dei ragazzini e le ansie di pre-stazione dei grandi.

Rispetto al film precedente, però, Levacanze del piccolo Nicolas sottrae spa-zio al ragazzino per cederlo ai genitori,e il cambio di rotta non è positivo: Ni-colas viene invitato a farsi da parte, per-ché la tranche de vie da immortalarefra cabine e ombrelloni ha come primiattori gli adulti. L’effetto è comunquegradevole e il gap fra la “realtà vera” equella percepita dal ragazzino dal giletrosso continua a generare divertimen-to; tuttavia, il vento dell’impertinenzache agitava i libri e il primo film quinon soffia quasi più. Vedi anche nel n.111, p. 18. f.s.

Le vacanze delpiccolo Nicolas Les vacances du PetitNicolas

Parigi, primi anni 60. L’anno scolastico ègiunto al termine e l’atteso momento dellevacanze è arrivato. Il piccolo Nicolas, i suoigenitori e la terribile nonna maternapartono in automobile diretti al mare, inNormandia: alloggeranno per qualchesettimana all’Hôtel Beau-Rivage. Sulla spiaggia Nicolas stringe nuoveamicizie: conosce Blaise, il figlio deiproprietari dell’albergo; Fructueux, a cuipiace mangiare qualsiasi cosa; Djodjo, chenon parla come il resto del gruppo perchéè inglese; Crépin, che piagnucola dicontinuo; e Côme, che vuole avere sempreragione ed è indisponente. Nel frattempo, anche gli adulti necombinano delle belle: il papà di Nicolasfa il cascamorto con una bella turistatedesca, ma poi deve preoccuparsi di nonfarsi scippare la moglie da un fascinosoproduttore cinematografico italiano...

r. Laurent Tirard or. Francia 2014 distr.Bim dur. 97’

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33numero 112/113 · luglio-ottobre 2015

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Il film si ispira ai racconti dello scritto-re svedese Runer Jonsson che avevano

dato origine a una fortunata serie televi-siva di cartoni animati negli anni 70, co-stituita da 78 episodi, di cui solo 66 dop-piati e trasmessi con successo anche inItalia. Alcuni episodi sono stati restaura-ti e riproposti in computer grafica 3Drecentemente.

Il film è piuttosto fedele al cartoneanimato e il giovane protagonista, unconvincente Jonas Hammerle con il ca-

schetto di capelli rossi e l’elmetto alatoè perfettamente nella parte. Il Vicky fil-mico è studiato psicologicamente e rive-la la sua natura singolare: razionale,amante della pace, intelligente e inge-gnosa (quasi un giovane Leonardo daVinci), che lo pone in contrasto con ilpadre e lo distingue dalla mentalità vi-chinga. Lo vediamo affrontare mille av-venture e risolverle. Salva un drago ala-to, ferito, che gli sarà riconoscente e di-venterà il suo mezzo di trasporto. Parte-cipa a una gara di forza: lanciare massie, mentre il padre ne trasporta faticosa-mente un paio, Vicky inventa, usandouna porta di legno, una sorta di catapul-ta con la quale poterli lanciare agevol-mente. Infine dà il meglio di sé nel libe-rare i bambini prigionieri in una torreinventando una specie di teleferica.

Film per famiglie. Azione, avventure,personaggi comici che tanto piaccionoai bambini, e per i genitori anche il temadel contrasto generazionale, la necessi-tà del padre di comprendere e accettarele opinioni del figlio, di scoprire come siformi un vero uomo (forza di muscoli odi intelletto?). a.f.

Vicky il VichingoWickie und die starkenManner

Molti anni fa le coste norvegesi esvedesi erano abitate dai Vichinghi,marinai, guerrieri senza paura, prontia conquistare nuove terre.Vicky ha dieci anni, è figlio unico diAlvar, il Capitano più coraggioso,abituato a usare la forza per avere lameglio nello scontro con gli avversari.Vorrebbe che il figlio fosse forte, prontoa combattere, a capo della sua bandaformata da uomini rozzi e maneschi.Ma il ragazzo è diverso, preferiscel’ingegno ai muscoli, convinto chel’intelligenza possa raggiungererisultati positivi e che si possa vivere inpace con gli avversari usando unasuperiorità intellettiva.Vicky ha idee ingegnose che risolvonomille avventure. Così quando ibambini del villaggio verranno rapitida corsari venuti dal mare, saràproprio il piccolo vichingo a guidare gliadulti alla loro ricerca.

r. Michael Herbig or. Germania 2009distr. Nexo dur. 85’

All’inizio del film Andrew Neiman èuno snello diciannovenne di buone

maniere, simpatico tanto da piacere aNicole, che non aspetta altro che l’invi-to a uscire da parte di un ragazzo gentile.Il suo rapporto con la musica è fatto dipiacevole passione. Tutto fa presagireuna specie di August Rush - La musicanel cuore, mentre ben presto si apre uno

scenario alla Full Metal Jacket o alla Uf-ficiale e gentiluomo: un sadico docenteinsulta e maltratta gli allievi per ottenerela perfezione assoluta e getta Andrew ei suoi colleghi in un crescendo di am-bizione, in una volontà di sopravviven-za quando le dita dolgono a tal puntoda farle letteralmente sanguinare suglispartiti. Una battaglia con se stessi, unVietnam interiore che lascerà più di unavittima sul terreno.

Le modalità del film sono provocato-rie e insistono su scenografie carcerarie- le aule del conservatorio sono cellettebuie e spoglie – sul ritmo, sulla ripe-tizione di battute musicali sempreuguali, ogni volta interrotte ed eseguiteancora, ancora, ancora.

Anche i personaggi sembrano via viaspogliarsi della propria umanità, diven-tando infernali macchine da musica chenulla può fermare. Significativa la se-quenza dell’incidente d’auto visto dal-l’interno del veicolo che si sfascia, dalquale emerge una sorta di Andrew-Ter-minator che ha la forza di presentarsicomunque al concerto che lo attende.Vedi anche nel n. 110, pp. 10 e11. c.m.v.

WhiplashAndrew Neiman è iscritto al prestigiosoConservatorio Shaffer di New York dovefrequenta le lezioni del suo strumentoprediletto, la batteria. Qui si fa notaredal professor Fletcher che cerca nuovielementi per il complesso jazz dellascuola. Nel fine settimana Andrew siricongiunge al padre per mantenerel’abitudine di andare insieme alcinema. Qui ammira imbarazzatoNicole, una coetanea che serve popcornal bar. Una sera ha il coraggio dichiederle di uscire, suscitando lasimpatia della ragazza. Tutto sembra andare per il meglio perAndrew che il giorno seguente èconvocato da Fletcher per far partedella sua orchestra. Il ragazzo si sentegratificato dalle prime dimostrazionidi fiducia dell’insegnante che sembraavere per lui un occhio di riguardo.Ben presto, però, Fletcher si riveladegno della fama di cui gode:inflessibile, spietato e a tratti persinoviolento.

r. D. Chazelle or. Usa 2014 distr. WarnerBros dur. 105’

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Bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuolaAnnoXXXI,nuovaserie, supplemento al n. 112/113luglio-ottobre 2015

Rivista del Centro Studi Cinematografici00165 Roma, Via Gregorio VII, 6Tel. e fax: 06 6382605www.cscinema.org · [email protected]

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In collaborazione con Centro Studi perl’Educazione all’Immagine di Milano

ISSN 1126-067XUn numero euro 6,00

Aut. Trib. di Bergamo n. 13 del 30 aprile 1999

Alla rivista si collabora solo su invito dellaredazione

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Spec ia le Centenar ioCinema e Grande Guerra Il 24 maggio abbiamo ricordato l’entratadell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.

Gli anniversari sono sempre fonte dirivisitazione e stimolo verso più meditati

giudizi su quanto è avvenuto.Questo Speciale propone un saggio e una

significativa raccolta di schede (alcunedelle quali già pubblicate o in corso di

pubblicazione) che fanno riferimento allaPrima Guerra Mondiale.

Il panorama è ampio, ma pur nella lorodiversità tutti gli articoli possiedono un filrouge che li unisce e che passa attraverso

due diverse chiavi interpretative: ilrapporto tra Cinema e Storia e il Cinema

come elemento che contribuisce esso stessoa creare la Storia.

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