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Croce e delizia del neofita così come del ricaricatore più esperto le presse dedicate alla ricarica occupano un posto fondamentale nell’attrezzatura di ogni tiratore. Molto spesso sottovalutata e relegata a mera “imbottigliatrice” di cartucce, altre volte oggetto dei nostri più coloriti epiteti ed additata ingiustamente come causa di scarsa qualità delle munizioni. La verità, come al solito, non è in nessuno di questi estremi. Cerchiamo di vederci più chiaro Di Giancarlo Tatarella TECNICA Scuola di ricarica 132|Diana Armi Diana Armi|133 LE PRESSE UNA VOCE FUORI DAL CORO L e presse dedicate alla ricarica delle munizioni affondano le loro radici molto più indietro di quanto possiamo immagina- re e hanno avuto nel corso degli anni sostanziali modifiche sia per quanto ri- guarda il design sia per quanto riguarda i materiali utilizzati. Oggi, quelle che vediamo negli scaffali dei negozi o nei siti internet non sono che una minima parte di quelle che sono state pensate e prodotte nel cor- so dei decenni. Come suddividere le ti- pologie di presse è un compito che può sembrare semplice ed ovvio, ma non è sempre così. Ne esistono di così tanti tipi e con così tante varianti che è un lavoro praticamente impossibile per un singolo articolo! Monostazione, Arbor, a torre, a binario coassiale, miste, a te- laio chiuso ( meglio conosciute come “O-frame” ) o con telaio aperto a “C”, e molte altre ancora. Questa è solo una piccola parte di variabili dedicate esclu- sivamente al design della pressa, e se a tutto questo unite le diverse scelte dei materiali e dei leveraggi che sono stati pensati ed utilizzati per la loro rea- lizzazione durante il corso degli anni vi sarà chiaro che non basterebbe un libro per elencarle e descriverle tutte in ma- niera approfondita. Più che descrivere e commentare le varie caratteristiche, quindi, vorrei focalizzare l’attenzione sul dettaglio principale che accomuna i tiratori quando scelgono una pressa: la precisione. E’ questo infatti il vero ed unico dubbio di chi, stordito da vari consigli o réclame pubblicitarie vuole acquistare una nuova pressa. Leviamoci subito il pensiero Questa volta invece di esporre le mie considerazioni alla fine dell’articolo lo farò direttamente in questa premessa, e più in avanti capirete anche il perché. Non credo esista massima migliore di quella scritta da Glen Zediker nel suo libro “Handloading for competiton” per descrivere con chiarezza e semplicità il mio concetto: Cercare di realizzare una munizione perfetta e preoccuparsi per la massima precisione e le più bas- se tolleranze in una pressa è come en- trare in un concessionario d’auto per ac- quistare una macchina e preoccuparsi di quale sia la strada più dritta e con l’a-

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Croce e delizia del neofita così come del ricaricatore più esperto le presse dedicate alla ricarica occupano un posto fondamentale nell’attrezzatura di ogni tiratore. Molto spesso sottovalutata e relegata a mera “imbottigliatrice” di cartucce, altre volte oggetto dei nostri più coloriti epiteti ed additata ingiustamente come causa di scarsa qualità delle munizioni. La verità, come al solito, non è in nessuno di questi estremi. Cerchiamo di vederci più chiaro

Di Giancarlo Tatarella

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Le PReSSeuna voce fuoRi DaL coRo

Le presse dedicate alla ricarica delle munizioni affondano le loro radici molto più indietro di quanto possiamo immagina-

re e hanno avuto nel corso degli anni sostanziali modifiche sia per quanto ri-guarda il design sia per quanto riguarda i materiali utilizzati.Oggi, quelle che vediamo negli scaffali dei negozi o nei siti internet non sono che una minima parte di quelle che sono state pensate e prodotte nel cor-so dei decenni. Come suddividere le ti-pologie di presse è un compito che può sembrare semplice ed ovvio, ma non è sempre così. Ne esistono di così tanti tipi e con così tante varianti che è un lavoro praticamente impossibile per un singolo articolo! Monostazione, Arbor, a torre, a binario coassiale, miste, a te-laio chiuso ( meglio conosciute come “O-frame” ) o con telaio aperto a “C”, e molte altre ancora. Questa è solo una piccola parte di variabili dedicate esclu-sivamente al design della pressa, e se a tutto questo unite le diverse scelte dei materiali e dei leveraggi che sono stati pensati ed utilizzati per la loro rea-lizzazione durante il corso degli anni vi sarà chiaro che non basterebbe un libro per elencarle e descriverle tutte in ma-niera approfondita. Più che descrivere e commentare le varie caratteristiche, quindi, vorrei focalizzare l’attenzione sul dettaglio principale che accomuna i tiratori quando scelgono una pressa: la precisione. E’ questo infatti il vero ed unico dubbio di chi, stordito da vari consigli o réclame pubblicitarie vuole acquistare una nuova pressa.

Leviamoci subito il pensieroQuesta volta invece di esporre le mie considerazioni alla fine dell’articolo lo farò direttamente in questa premessa, e più in avanti capirete anche il perché.Non credo esista massima migliore di quella scritta da Glen Zediker nel suo libro “Handloading for competiton” per descrivere con chiarezza e semplicità il mio concetto: “Cercare di realizzare una munizione perfetta e preoccuparsi per la massima precisione e le più bas-se tolleranze in una pressa è come en-trare in un concessionario d’auto per ac-quistare una macchina e preoccuparsi di quale sia la strada più dritta e con l’a-

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sfalto migliore”. Riflettete un secondo; il nostro obiettivo è ottenere una mu-nizione il più perfetta possibile, e sicu-ramente una buona pressa aiuta, così come una pista da Formula 1 ci aiuta a far andare la nostra macchina più ve-loce, ma a noi interessa la macchina, non la pista, giusto? Se assembliamo una macchina con le parti di un maci-nino al posto di quelle di una Ferrari la pista sicuramente servirà a ben poco, viceversa, con le parti di una Ferrari anche su una normalissima strada di città avremo una macchina che intrin-secamente si comporterà meglio del macinino di cui sopra.

I tre principi di SerendippoQuesta favola persiana racconta delle scoperte fatte da tre principi durante il loro viaggio. Il lato interessante di que-sta storia è che continuavano a fare scoperte, per accidente e per sagacia, di cose di cui non erano minimamente alla ricerca. Così come le tre Altezze

drasticamente così come speravo, mi accorsi però di un dettaglio a prima vi-sta irrilevante, ma che a ben vedere ri-copre un importanza fondamentale so-prattutto nella ricarica con una buona pressa. Tutti sappiamo che le presse di ricarica sono composte (più o meno) da un complesso sistema di leveraggi e, come nella migliore tradizione, l’indi-ce di bontà di tutta questa catena di in-granaggi sarà dettata dal suo anello più debole, sia esso il materiale con cui è stata realizzata piuttosto che l’assialità del pistone con il foro di alloggiamento dei dies. Molti però dimenticano che esistono altri anelli di questa catena che non sono parte integrante dello strumento, ma che inevitabilmente hanno a che fare con la buona riuscita di una cartuccia perfettamente dritta, un esempio? Gli shellholder.A cosa serve avere una pressa rea-lizzata con i materiali futuristici e con tolleranze prossime allo zero quando poi utilizziamo degli shellholder che per loro natura hanno tolleranze di decimi di millimetro?O ancora, gli anelli di battuta dei dies. Le filettature dei dies e delle presse hanno per loro natura delle tolleranze (provate ad avvitare un die nella pressa senza portarlo a battuta e a spostarlo), e se la superficie di battuta dell’anello di tenuta del die non è stata rettificato perfettamente in piano può succede-re che la matrice venga montata fuori asse.Non spaventatevi, esistono dei piccoli accorgimenti che minimizzano que-sti inconvenienti, come ad esempio utilizzare degli o-ring in gomma per far assestare “naturalmente” questi componenti, prendete solo coscienza del fatto che la pressa “magica” con la quale è possibile realizzare cartucce perfette permettendoci di dimenticare o di mettere in secondo piano la dovuta attenzione a tutti gli accessori, di fatto, ancora non esiste.

I materialiSe si potesse in breve descrivere la qualità determinante per una buona pressa direi senza ombra di dubbio il materiale utilizzato.Molte aziende producono le loro pres-se nelle più disparate leghe, dall’allumi-nio alla ghisa, ma a mio avviso il miglior

anche al sottoscritto accadde di imbat-tersi in un episodio di “serendipità” du-rante la ricerca della cartuccia perfetta.Nel corso degli anni ho cambiato mol-tissime presse, alcune le ho tenute per ricordo, altre le ho vendute molto spesso rimpiangendolo (così come nel caso della Co-Ax) altre, infine, sono le mie attuali presse di ricarica.Con mia sorpresa però, più andavo avanti nel cambiare o provare presse e più mi accorgevo che di fatto la qua-lità delle mie cartucce non migliorava

materiale rimane ancora oggi il ferro.la sua composizione, la sua durezza e naturale elasticità, ma soprattutto la sua capacità di tornare alla forma originaria anche se sottoposto ad una pressione elevata lo rendono il mate-riale migliore per la realizzazione di una pressa. Ovviamente con questo non voglio dire che una pressa in ferro sia più precisa di una realizzata in lega o in alluminio (anzi, molto spesso è vero il contrario) semplicemente che per la natura del lavoro che devono fare, que-sto materiale, per le sue caratteristiche rappresenta la scelta migliore.Detta così sembrerebbe che le presse in lega siano da scartare a priori, ma bisogna fare una piccola considera-zione. Come mai le migliori presse da bench rest ( ad esempio le Harrell’s o le Sinclair) sono realizzate in ergal o al-luminio?La risposta è una risultante di moltepli-

ci aspetti, tra cui la tipologia di utilizzo, la facilità di lavorazione e soprattutto le bassissime tolleranze che si ottengono con estrema facilità lavorando questi materiali.Chiaramente le dimensioni contano, ed a parità di grandezza una pressa in alluminio soffrirà decisamente di più di una in ferro quando si tratterà di ricalibrare per intero un bossolo di .338 Lapua Magnum, ma se ci limitia-mo alla ricalibratura di un 6 PPC o di un 6,5x47, (magari effettuando il solo colletto) ecco che l’alluminio presenta dei vantaggi sicuramente degni di nota rispetto al classico ferro fuso.Inoltre l’alluminio, così come molte del-le leghe utilizzate, è esente dal temutis-simo problema dell’ossidazione, aspet-to non da poco quando abbiamo a che fare con l’aggressività dei residui degli inneschi che inevitabilmente finiranno sulla nostra pressa.

Una pressa progressiva della RCBS modello Max

Una pressa progressiva della RCBS modello Max

Una pressa progressiva della RCBS modello Max

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di leva sulla parte destra. Anche se può sembrare un dettaglio trascurabile personalmente preferisco utilizzare la mano forte ( la destra) per maneggia-re il bossolo piuttosto che il braccio di leva, ed ho dovuto faticare parecchio prima di riuscire a trovare una pressa con una leva dal lato sinistro.Non sottovalutate mai la facilità e la confidenza con cui riusciamo ad ope-rare con la nostra pressa, poiché ha un ruolo determinante nella riuscita di una buona cartuccia, facciamo un esempio: un tiratore che non presta la giusta attenzione a cosa sta succe-dendo dentro nella pressa mentre ab-bassa la leva (vuoi per una posizione scomoda, per pigrizia o per sua natu-rale disattenzione) potrebbe facilmen-te ritrovarsi ad effettuare le operazioni di ricarica abbassando troppo veloce-mente e con troppa forza, col risultato che il bossolo verrà si ricalibrato, ma in maniera troppo violenta, e talvolta addirittura schiacciato. Altri esempi potrebbero essere un abbassamento della leva a “strattoni” perché maga-ri non riusciamo ad effettuare il mo-vimento in maniera corretta, oppure una variazione di velocità di abbassa-mento della leva per ogni bossolo. Se pensate che queste variazioni possa-no influire poco o niente sulla bontà della ricalibratura del bossolo o peggio ancora sul posizionamento della palla nel bossolo, vi sbagliate di grosso. I movimenti andrebbero effettuati con calma e precisione, prestando atten-zione ad ogni singola variazione di for-za o di attrito che si incontra. Solo così si può “sentire” se ogni cartuccia è stata lavorata in maniera uniforme e uguale alle altre. Torniamo ora al di-scorso dell’ergonomia, vi sarà chiaro quindi che con uno strumento che vi fa sentire a vostro agio sarà più facile operare secondo questi criteri, ma so-prattutto che anche volendo utilizzare una pressa di fascia alta, se non viene utilizzata come è opportuno fare, tutti gli sforzi sono praticamente vani.Anche se può sembrare paradossale è questo il vero ed unico motivo per il quale ho visto con i miei occhi tirato-ri realizzare costantemente munizioni con coassialità di .01mm o al massi-mo di .03mm con una semplice Lee Classic.

C’è chi ha aggirato egregiamente l’osta-colo della “tolleranza zero” realizzando presse basate sul principio delle parti completamente flottanti che hanno la capacità di auto-centrarsi senza pro-blemi, come ad esempio la Co-ax della Forster, ma questi prodotti soffrono, proprio per la loro natura, di problemi di compatibilità ed ergonomia.

Il Re è nudo?Più di una volta ho ascoltato pareri di esperti del settore che affermano che per ottenere una cartuccia da gara, la marca ed il modello della pressa (ovvia-mente dimensionato al calibro che si vuole ricaricare) “…non faccia la ben-ché minima differenza”.Ora immagino che molti di voi siano let-teralmente saltati dalla sedia, vi chiedo però uno sforzo di pazienza prima di in-forcare la tastiera e scrivermi che que-sta teoria è assolutamente sbagliata.Questa considerazione che può sem-brare assurda viene in realtà da una tesi assai semplice secondo la qua-le, stante la bontà dei materiali ed il giusto dimensionamento della pressa (pretendere di ricalibrare per intero un 408 CheyTac con una pressa “Lee Reloader” in alluminio è da folli…) fin-tanto che il pistone centrale è dritto e perfettamente in asse col foro filettato del die, e che quest’ultimo è stato ef-fettuato perfettamente dritto e secon-do tutti i crismi di serie con tolleranze minime del passo dei filetti, beh, allora c’è davvero poco altro da aggiungere. La pressa lavorerà bene, e tutti i fatto-ri che porteranno ad assemblare una cartuccia storta o fuori assialità saran-no da ricercarsi altrove. Per citare anco-ra una volta Zediker:“Se utilizzate bossoli e palle accurata-mente selezionati e le munizioni che ricaricate hanno una coassialità pari o molto vicina allo zero ma continuano comunque a generare rosate incostanti il problema non è di sicuro nelle vostre attrezzature meccaniche, ne tantomeno nella vostra pressa”

L’ergonomia e il designEccola qui la vera discriminante: la faci-lità di funzionamento e messa in opera di una pressa, la sua comodità d’uso e la sensibilità che viene offerta allo sportivo durante le fasi di lavorazione

della ricarica.poco sopra ho accennato alla Co-Ax della Forster, a mio avviso una delle migliori presse per quasi tutti i calibri che ad oggi il mercato possa offrire, ma avete mai provato ad utilizzarla con un die “instant indicator” della Redding? Impossibile, vero? E ancora, è impossibile utilizzare ma-trici con passo da 1,1/4” , ed è cal-damente consigliato cambiare gli anelli di ritenzione dei dies con quelli sovradi-mensionati per garantire la giusta su-perficie di appoggio.Questi sono solo alcuni degli esempi che affliggono questa splendida pres-sa, ma non crediate che le sorelle concorrenti siano esenti da problemati-che; una pressa con telaio ad “O”, ad esempio, sarà sicuramente più rigida, ma offrirà al ricaricatore ben poco spa-zio di manovra e di visualizzazione del processo di ricalibratura poiché parte del telaio va a chiudersi frontalmente, inoltre, a differenza della Co-Ax che ha il braccio di leva posto centralmente e può essere utilizzata senza problemi anche dai mancini, il 99% delle pres-se con telaio chiuso hanno il braccio

Una pressa progressiva della RCBS modello Max

Una pressa progressiva della

RCBS modello Max

Una pressa progressiva della RCBS modello Max

Una pressa progressiva della

RCBS modello Max

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Una pressa progressiva della RCBS modello Max

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trollo dei dies sarà necessario una sola volta, niente più pensieri di serraggio corretto o altezza sbagliata per ogni ri-carica. Basterà lasciarli in sede avendo cura di manutenerli insieme alla pres-sa con un po’ di wd-40 o altro lubrifican-te apposito onde evitare i temuti effetti dell’ossidazione e avremo la certezza che tutti nostri bossoli verranno lavorati esattamente l’uno uguale all’altro per tutte le nostre ricariche.

Una o più presse?in linea teorica (e molto spesso anche pratica) una singola buona pressa do-vrebbe essere più che sufficiente per la maggior parte dei tiratori, siano essi sportivi che cacciatori, in realtà però quello che mi sento di consigliare, so-prattutto per i tiratori votati al tiro di precisione, è di diversificare il procedi-mento di ricarica utilizzando più presse (opportunamente dimensionate per il calibro di cui si dispone) dedicate alle varie fasi di lavorazione. Anche qui già immagino le vostre facce contrariate al solo pensiero di dover allestire tutto questo dispiegamento di forze, ma se andiamo al di là dei problemi oggettivi che ognuno di noi potrebbe avere ( uno fra tutti il ridotto spazio a disposizione) ci renderemo conto che è sicuramente questa la soluzione migliore per di-versi motivi. Una pressa robusta dotata di un buon rapporto di potenza sui leveraggi sicuramente ci sarà di aiuto durante la fase di rica-libratura del bossolo, ma potrebbe of-frire scarsa sensibilità durante la fase di “seating” delle palle. Viceversa, una pressa di tipo Arbor ci offrirà una sen-sibilità perfetta per l’inserimento del proiettile nel bossolo, ma potrebbe di-ventare un supplizio (specie con grossi calibri) per la ricalibratura del colletto. Inoltre una pressa dedicata al solo de-

Le presse multistazioneDopo aver letto il paragrafo precedente sono sicuro che molti di voi avranno già pensato alle presse multistazione che potrebbero garantire sicuramente alcu-ni dei vantaggi esposti sopra ed in più risolvere il problema dell’ingombro. Il guaio in questo caso è che una buona pressa multi-stazione potrebbe costare quasi la stessa cifra di 3 presse dedica-te come ad esempio una Lee reloader, una Redding “big Boss” ed una pressa arbor, e se è vero che risolve i problemi dello spazio e del settaggio dei dies of-fre però il fianco ad un altro problema non meno importante: la precisione . Una multistazione difficilmente sarà in grado di garantire la stessa precisione e coassialità di una pressa monosta-zione, è sicuramente più difficile da manutenere e sarà soggetta comun-que ai pericolosi residui degli inneschi. Solitamente chi acquista queste pres-se lo fa col preciso intento di velociz-zare la propria ricarica a discapito della precisione, per quanto devo ammettere che esistono delle presse multistazio-ne dalle tolleranze così basse da poter essere paragonate alle migliori presse monostazione. Anche qui però mi cor-re l’obbligo di ricordavi che si tratta di presse multistazione che strizzano l’oc-chio ai calibri da BR, e quindi dotate di ben poca forza se paragonate ad una classica pressa monostazione a telaio chiuso. Infine un discorso a parte meri-ta la messa in opera di queste presse.Se è vero che velocizzano drastica-mente le varie fasi della ricarica è vero anche che queste presse hanno biso-gno di una attenta preparazione, ne sa qualcosa chi possiede una Dillon (da molti ritenuta la regina delle presse progressive). La più piccola disattenzio-ne negli innumerevoli settaggi di cui ha bisogno questo strumento per funzio-nare al meglio facilmente porta a risul-tati deludenti con le cartucce, e come al solito, a dare la colpa alla pressa.

ConclusioniPer quanto “fuori dal coro” questo ar-ticolo sulle presse dedicate alla ricari-ca possa sembrare non vi sto affatto dicendo di andare alla cieca per l’ac-quisto della vostra nuova prossima pressa, semmai vorrei darvi dei nuo-vi spunti di riflessione che vi aiutino a fare una scelta migliore per le vostre esigenze.Oltre che alla sua precisione (reale o millantata che sia) quindi, considerate bene quante cartucce avete intenzione di ricaricare, di che genere (se per uso venatorio o per tiro di precisione) se per uno o più calibri ed infine la vostra sen-

capping dei bossoli, come ad esempio una Lee Reloader dal costo di pochi euro potrebbe risparmiarci tantissimo tempo ma soprattutto tantissimi pen-sieri dovuti ai residui dell’innesco (par-ticolarmente aggressivi), che si andreb-

bero a depositare non più sulla nostra pressa da lavoro principale, bensì su questo utilissimo “muletto”.Dimenticavo, se possedete un singolo calibro il fatto di avere più presse si-gnifica anche che il settaggio ed il con-

Una pressa progressiva della RCBS modello Max

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sibilità ed attitudine al lavoro meccani-co. Se ne avete la possibilità provatele prima di acquistarle, un amico tiratore di buona volontà non vi negherà mai qualche minuto di tempo con la sua pressa per ricaricare qualche cartuccia, ed avrete forse il miglior termine di pa-ragone per capire se questo strumento fa per voi oppure no.Mi sento spesso chiedere : “qual è la pressa migliore?” ed in tutta onestà dopo aver visto produrre munizioni a .01 di coassialità con una Lee, così come con una Corbin da oltre 1000 euro non sono in grado di rispondere.Posso sicuramente dire qual è la mi-

gliore pressa per me, il che però non vuol dire che sia la migliore

pressa anche per voi e per le vostre esigenze. Se il parametro di riferi-

mento (cioè la precisone della cartuccia) viene rispet-

tato da entrambi gli opposti al-lora l’unica discriminante rimane il

proprio gusto personale e soprattutto l’affinità che si riesce ad avere con una determinata pressa. C’è anche chi af-ferma che esistano delle tolleranze di lavorazione più o meno marcate a se-conda della casa produttrice e dei mo-delli. Probabilmente è vero, ma per mia esperienza personale sono state rare le volte in cui mi sono trovato davan-ti ad una pressa veramente difettosa, e quelle rare volte erano da imputarsi al tiratore che non aveva avuto cura di manutenere correttamente la sua pres-sa (in realtà sarebbe meglio dire che l’aveva completamente abbandonata a se stessa) pulendola e lubrificandola regolarmente. Il più delle volte mi tro-vavo davanti ad errori di settaggio dei dies, shellholder difettosi, o ad una messa in opera della pressa a dir poco precaria. Ricordate, non sarà la pressa a fare la differenza nella realizzazione della munizione perfetta, bensì il modo in cui lavorerete con essa.