The World Of Il Consulente numero 7 - 15 giugno 2011

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THE WORLD OF NUMERO 7 15 GIUGNO 2011 IL CONSULENTE IL CONSULENTE NUMERO 7 15 GIUGNO 2011 ADALBERTO BERTUCCI "Germanizzazione" dell'area euro ROBERTO DE LORENZIS A bocce ferme EMILIANO DRAZZA Verso un ruolo giuridico del professionista MAURO PARISI Difendersi dagli accertamenti ispettivi?ora si può Pubblicazione Quindicinale Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma THE WORLD OF Foto di emilius da Atlantide

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House Organ del Consiglio provinciale dei Consulenti del lavoro di Roma

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T H E W O R L D O F

NUMERO 7 15 GIUGNO 2011

IL CONSULENTE

IL CONSULENTE

NUMERO 7 15 GIUGNO 2011 ADALBERTO BERTUCCI

"Germanizzazione" dell'area euro ROBERTO DE LORENZIS A bocce ferme

EMILIANO DRAZZA Verso un ruolo giuridico del professionista MAURO

PARISI Difendersi dagli accertamenti ispettivi?ora si può

Pubblicazione Quindicinale Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

T H E W O R L D O F

Foto di emilius da Atlantide

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IL CONSULENTET H E W O R L D O F

NUMERO 7 15 GIUGNO 2011

Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

I N D I C E

I n F o c u s

R u b r i c h e

Giuseppe MastrototaroLuci e ombre del Collegato lavoro

Prove tecniche di "germanizzazione"

A bocce ferme4

6

In copertina: monumento allo spazzacamino a Ma-lesco (di Luigi Teruggi). Raffigura Faustino

Cappini, piccolo "rusca" di Re, che allungata la ma-no dal camino che puliva sui tetti di un edificio, toccò i fili dell'alta tensione e rimase fulminato.

Roberto De Lorenzis

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Difendersi dagli accertamenti ispettivi? ora si può

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Voci dal Territorio

La Consulta IV26

Vita nell'Ordine... Ordine nella Vita

NUMERO 7 15 GIUGNO 2011

Verso un ruolo giuridico del professionista

IL CONSULENTE

Direttore responsabile

Comitato scientifico

Gabriella Di Michele - Aldo Forte - Giuseppe Sigillò

Massara - Pierluigi Matera - Antonio Napolitano - Mauro

Parisi - Vincenzo Scotti - Virginia Zambrano

Antonio Carlo Scacco

Progetto grafico e digitalizzazione

Antonio Carlo Scacco

Editore

NUMERO 7 15 GIUGNO 2011

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T H E W O R L D O F

House Organ del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma Pubblicazione quindi-cinale.

Redazione

Eleonora Marzani

Massimiliano Pastore

Daniele Donati

Giuseppe Marini

Andrea Tommasini

Aldo Persi

Ordine dei Consulenti del Lavoro - Consiglio Provinciale di Roma

00145 Roma - via Cristoforo Colombo, 456Tel. 06/89670177 r.a. - Fax 06/86763924 -

Segreteria: [email protected] di Diritto Pubblico - Legge 11-1-

1979 N.12

Per contributi e suggerimenti

Questo numero è stato chiuso in redazione il 14 giugno 2011

[email protected]

Emiliano Drazza

Adalberto Bertucci

Mauro Parisi

14Maurizio VillaniTarsu soppressa per il 2010 e il 2011

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22Giuseppe Donato NuzzoAccertamento fiscale induttivo e lavoro nero

I Misteri di Roma di Andrea Tommasini

Er Consulente Pasquino

Il 12 giugno u.s. è venu-ta a mancare l'amica Claudia. Tutta la reda-zione di The World Of Il Consulente si stringe all'amico e collega Peppe, ed alla sua fam-glia, in questo mo-mento di dolore.

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IL CONSULENTE

E ED D

I IT T

O OR R

I IA A

L LE E

Care Amiche, cari Amiciil recente declassamento del rating della Grecia al livello CCC da parte dell’agenzia Standard & Poor, ormai prossimo al livello D che significa “de-fault” ossai “fallimento”, ripropone con forza all’attenzione degli operatori economici, e non so-lo, la necessità di una analisi che consenta di indivi-duare, almeno ragionevolmente, le motivazioni di un divario così accentuato tra economie diverse (ba-sti pensare alla Germania) ma territorialmente così vicine e, comunque, appartenenti alla stessa area monetaria. Ciò a prescindere da soluzioni al proble-ma ( come quella ventilata da Olli Rehn, il commis-sario europeo agli affari economici, in un’intervista pubblicata dal quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung secondo cui sarebbe necessa-rio un intervento dei creditori privati) che, in ogni caso, non sarebbero del tutto indolori.Una chiave di lettura non ortodossa che sembra acquistare sempre maggiori consensi, è quella che attribuisce buona parte della causa di tali squilibri non già (semplicisticamente) al dissesto delle fi-nanze pubbliche dei singoli stati ma, piuttosto, all’indebitamento complessivo, pubblico e privato, determinato dallo squilibrio nei rapporti di debito e credito tra i paesi dell’area euro. La forza di alcune economie ( ad esempio la Germania) rapportata alla debolezza di altre ( la Grecia, ma anche il Portogallo, la Spagna e l’Italia) determina surplus e deficit ormai sistemici che, alla lunga, innescano l’instabilità del sistema. Ma quale la causa di tutto ciò ? A noi sembra ragionevole la tesi che sembra attri-buire in buona misura l’attuale scompenso alla forbice costo del lavoro/produttività che si è andata delineando ultimamente nell’area euro. Da-gli inzi degli anni ‘2000 ad oggi in Germania i sala-

ri sono cresciuti molto poco in rapporto alla produttività: l’effetto è stato una riduzione genera-lizzata del costo del lavoro e, conseguentemente, è aumentata la competitività del sistema. Secondo i dati della Commissione Europea, l’Italia ha perso circa il 15 percento della propria competitività (calcolata come costo del lavoro per unità di pro-dotto, CLUP, il rapporto tra retribuzioni lorde e la produttività per dipendente) nei confronti della Germania dal 2000 a oggi. I dati tendenziali , dalla nascita dell’area euro, mostrano senza ombra di dubbio che la forbice prospettica del CLUP assumerebbe in pochi anni proporzioni eccezionali: in Germania diminuirebbe in termini assoluti a fronte di incrementi estremamente accentuati in Irlanda, Spagna, Italia, Grecia e Portogallo (guarda caso le economie in gravi diffi-coltà). Siamo alla vigilia, o forse già nel corso, di un pro-cesso di “germanizzazione” dell’Unione veicolato e sostenuto dalla moneta unica. I corifei della no-stra politica economica, forse non del tutto consa-pevoli, ci ripetono invece che è necessario controllare il deficit (magari utilizzando maggiormente i voli Alitalia invece dei voli executi-ve), come se quest’ultima fosse una variabile indi-pendente e non, invece, dipendentissima da fattori economici reali e concreti. “Le idee degli economi-sti e dei filosofi, sia quando sono nel giusto, sia quando sbagliano, sono più forti della conoscenza della gente comune. Invece il mondo non è go-vernato dalle loro idee, ma da qualcosa di diverso. Gli uomini politici, infatti, credono erroneamente di essere esenti da influenze intellettuali, e sono di solito schiavi di qualche economista defunto.”.

PROVE TECNICHE DI

"GERMANIZZAZIONE"

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Commento volentieri il risultato delle elezioni Enpacl iniziando da un dato di fatto: le c.d. liste Ancl (checché se ne dica anche la lista n° 1 era una lista Ancl) so-no state votate da ¾ dei delegati ed hanno così espresso la totalità dei consiglieri di amministrazio-ne del nostro Ente di previdenza.

Ai colleghi eletti vadano le più sincere congratulazioni per il ri-sultato ottenuto ed i migliori au-guri di buon lavoro.

L’Assemblea dei delegati sulla quale, in ultima analisi, ricade la responsabilità delle decisioni, sa-prà certamente orientare per il meglio l’operato del Consiglio di Amministrazione e vigilare sulle sue scelte.

Sono sicuro che il nuovo Consi-glio di Amministrazione saprà da-re pronta attuazione al programma proposto, non avendo neppure “l’impiccio” di una minoranza che possa in qualche modo rallentarne i lavo-ri.

Detto questo rimangono tutte le

perplessità per il modo in cui l’Ancl ha gestito questa tornata elettorale, perplessità purtroppo rafforzate dalla lettura delle consi-derazioni espresse dal Presi-dente dopo il voto.

Prima di addentrarmi nell’analisi credo utile una premessa: du-rante la mia presidenza l’Ancl ha realizzato una difficile operazio-ne di riunificazione che ha visto confluire in essa le tante sigle sindacali nelle quali si divideva allora la categoria, operazione culminata con la modifica della sigla stessa del nostro sindacato in Ancl S.U., Sindacato Unitario.Con quella operazione si voleva-no da un lato unire le forze della categoria, per non disperderle in mille rivoli, dall’altro far conflui-re all’interno del sindacato il di-battito, le differenze di idee ed opinioni ed anche gli scontri, evi-tando così che questi si riverbe-rassero sulle Istituzioni di Categoria e si rendessero palesi all’esterno.

Avevamo fin da principio messo in conto che questa operazione avrebbe potuto mettere in discus-

sione la nostra stessa leadership ed avrebbe creato maggioranze e opposizioni all’interno dell’Ancl, ma decidemmo di accettare serenamente questa sfi-da; ritenendo che la dialettica interna al sindacato fosse una ricchezza e che non avrebbe do-vuto preoccuparci.

Ho fatto questa premessa per di-re che credevo allora e continuo a credere oggi che l’Ancl debba essere il luogo della categoria de-putato al confronto delle idee e, se del caso, anche allo scontro.Per questo motivo ho approvato ed approvo la scelta di intro-durre nello statuto quell’articolo 53 che consente anche alle mino-ranze di trovare spazio.Credevo, e continuo a credere, che la Presidenza Ancl avrebbe dovuto ricondurre all’interno del sindacato le diverse istanze e me-diare fra loro, senza schierarsi da una parte.Si è scelto, invece, di percorrere una strada diametralmente oppo-sta rispetto a quella della unifica-zione, anziché unire si è cercato di emarginare colleghi che dell’Ancl fanno parte da tempo

A BOCCEFERME

Roberto De Lorenzis

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IL CONSULENTE

e di tenere fuori altri che nell’Ancl vorrebbero entrare, al solo scopo di non turbare gli equilibri esistenti.Quando una Unione Provinciale respinge l’iscrizione di qualche collega esercita con ciò una discrezionalità che gli viene attribuita dallo Statuto ma quando respinge decine o centi-naia di domande di iscrizione siamo di fronte ad una situazio-ne anomala, rispetto alla quale il nazionale dovrebbe sentire il dovere di intervenire.Il commento delle elezioni fatto dal Presidente Ancl sulle co-lonne della 1081 non mi fa ben sperare, traspare infatti il fasti-dio per le voci fuori dal coro che vengono liquidate come “qualche isolata voce”, anche se rappresentano comunque il 25% dei delegati Enpacl.

L’analisi parla di voto libera-mente espresso nel segreto dell’urna mentre a leggere il nu-mero 5 della rubrica Ente Informa, pubblicata nel sito dell’Ordine Provinciale di Napo-li, si ricavano impressioni diffe-renti: speriamo che siano sbagliate.

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“ Mio figlio, pri-ma che venissi qui, oggi, con voi, per l’intervento sul tema sul ruolo del professionista tra te-lelavoro e impegno professionale, consi-derando l’esempio che oggi rappre-senta l’INPS e il mo-do tutto telematico di rapportarsi con es-

so, mi ha detto: “papà , mi racco-mando, non anda-re a braccio, per i tuoi venti mi-

nuti di intervento preparati un discorso, altrimenti rischi di dire i soliti luoghi comuni ”. E io ho seguito il suo consiglio, l’ho ascoltato, mi sono preparato… con alcuni punti segnati su questo bro-gliaccio .. E’ un gio-

vane consulente del lavoro, mio fi-glio, …pro-mettente .. ora sta lì, seduto in prima fila, ad ascoltarmi. Ho seguito il suo consi-glio, di-cevo, mi so-no pre-parato e mi fermo allora a ri-flette-re sui gio-va-

VERSO UN RUOLO

GIURIDICO DEL

PROFESSIONISTA

6

Emiliano Drazza

Dall'intervento di Emiliano Drazza

nel Convegno: "Inps e territorio, il ruolo del professio-

nista telematico" Hotel Duca D’Este

23 maggio 2011

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IL CONSULENTE

ni perché, negli ultimi tempi, è proprio dai giovani che arrivano i buoni consigli e le buone co-se….mentre io e i miei colleghi anziani, tromboni e saccenti, sempre più spesso, pensiamo po-co e siamo annientati da un pragmatismo esagerato che fre-na ogni spinta ideale determi-nando immobilismo. Ultimamente sono stato molto con i giovani della mia catego-ria, e nel frequentarli, confrontandomi con le loro

idee, mi sono accorto che questa frequenza mi fa

sentire bene, ha una funzione catarti-

ca e al tempo stesso mi elettrizza, e mi riporta in una dimensio-ne di idealità , di voglia di futuro che avevo perso

per assue-fazio-

ne alleque-stio-

ni pratiche e burocrati-

che di tutti i giorni che ti impediscono di riflettere e pensare, e che ti portano ad arrenderti e alla fine sostenere l’ineluttabili-tà di come vanno le cose e del fatto che non possano essere cambiate. I giovani, invece, rappresenta-no l’associazionismo scevro da contrapposi-zioni strumentali che spesso in una colletti-

vità si creano e da cui neanche la nostra, quella dei professioni-sti, è immune. Con i giovani si parla dei problemi per i proble-mi e non per fini diversi e allora …. ho deciso: lavorerò con i gio-vani e per i giovani finché loro vorranno e me ne daranno l’opportunità. Il ruolo del professionista lo vo-glio perciò affrontare guardando attraverso le aspettative sul futu-ro di tutti i giovani professionisti che credono nella nostra profes-sione e che in questa hanno ripo-sto le loro aspirazioni. E , per loro, vorrei cercare , con questa mia esposizione, di trasmettere a tutti voi che siete intervenuti nu-merosi, questa condizione di idealità che è propria del giova-ne, e vorrei, alla fine del mio intervento, avervi portato a ri-flettere e condividere con me e con questi giovani intervenuti al convegno, alcuni principi che da oggi in poi devono rappre-sentare la vostra intima consape-volezza del nostro ruolo e di come ne abbiamo trascurato alcuni fattori.

IL PRIMO FATTORE: LA COLLABORAZIONE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIO-NE

Il nostro ruolo dovrebbe essere vi-sto sotto un triplice aspetto: il pri-mo, quello scontato, consiste nel saper interpretare gli indirizzi della P.A. che spinge verso la fa-cilitazione dei servizi e verso la modernizzazione delle istituzio-ni. Massimo impegno di collabo-razione nei confronti di una P.A. che cerca di dare il miglior servi-zio possibile ai suoi cittadini e noi professionisti tendiamo a realizzare quanto è più possibile

questa esigenza di modernizza-zione e facilitazione asse-condando gli interessi della P.A.. Questo vuol dire aver quel ruolo di terzietà su cui tutti ormai sono concordi, basta vede-re le ultime dichiarazioni del Mi-nistro Sacconi; o quelle del ministro della Giustizia nei confronti dei commercialisti. E’, questo, il primo dei tre aspetti, che ci assegna un ruolo importantissimo, ma passivo, di interpretazione e attuazione al meglio delle nostre possibilità, degli indirizzi e delle disposizio-ni della P.A.; con un’attività certosina , da parte nostra, di aggiornamento giornaliera. Ma è la sola modalità con cui, fino ad oggi, abbiamo interpretato il ruolo del professionista trascu-rando, per pigrizia e inerzia di pensiero, altri due aspetti del me-desimo ruolo fondamentali: l’evoluzione tecnologica e le tu-tele costituzionali, entrambi inti-mamente connessi e che devono trovare la loro conciliazione in una professione che è sempre più assorbente e effettuata nell’interesse primario della Pubblica Amministrazione che a questi due ultimi fattori deve da-re una risposta per come il no-stro primo aspetto del ruolo viene interpretato e reso.

IL SECONDO FATTORE: L’EVOLUZIONE TECNOLO-GICA E IL LIMITE DELL’IMPEGNO TRA CLIENTE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Quindi proseguendo nell’esami-nare i due aspetti del nostro ruo-lo di professionisti verso al Pubblica Amministrazione, c’è da dire che l’Evoluzione tecnolo-

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gica l’abbiamo sempre subita e mai governata: non si capirebbe il ruolo del professionista, oggi, se non inserito in un contesto di estrema, dinamica e enorme evolu-zione tecnologica che ha caratte-rizzato gli ultimi venti anni della nostra professione; evoluzione po-sitiva che ha sdradicato tutti i parametri tradizionali trasferendo di fatto, in una modalità atipica e immateriale (vedi il recente Fo-rum sulla Pubblica Amministrazio-ne) un enorme complesso di operazioni, più che di attribuzioni e competenze, dalla sfera degli Enti negli studi professionali. Tanto che è salito man mano un malessere sempre più forte perché più ci impegnamo e più l’attività è divenuta incalzante per effetto dell’evoluzione tecnolo-gica. E in questo grosso cambia-mento siamo stati assenti nell’individuare le fonti del no-stro malessere, non le abbiamo circoscritte e ragionate , e le abbia-mo subite in un vortice di adempi-menti nuovi che abbiamo applicato senza parteciparne al go-verno. Siamo stati assenti come professionisti, come associazioni sindacali, come ordini. L’Inps, per esemplificare citando l’Ente che oggi, in questo convegno, ha presentato la sua ripensata e nuo-va organizzazione sul territorio, ri-ceve flussi di dati ogni giorno dalle circa 220.000 stazioni di tra-smissione, come uso chiamarle, che non sono altro che i nostri stu-di professionali , da cui partono i flussi di dati che in back office verranno poi analizzati nell’inte-resse della società. Ma l’Inps non è che uno degli Enti con i quali giornalmente ci misuriamo e colla-boriamo; il nostro operato è anche nei confronti di tanti altri come Inail, Inpdap, Enpals,

Agenzia delle Entrate, Ministero dell’Interno, Ministero del Lavo-ro, Provincia, Comuni, Camere di Commercio, Tribunali. E il pa-norama degli Enti non si ferma ai soli pubblici , perché se conside-riamo quelli non pubblici ma ne-goziali si dovranno aggiungere Casse Edili - sulle quali prima o poi dovremo aprire una seria rifles-sione - Fondi previdenziali inte-grativi, fondi negoziali privati, fondi assicurativi, Enti Bilatera-li…. dove ognuno di questi Enti dà per scontata e dovuta la nostra attività, si è abituato ad averla puntuale e affidabile, senza dare mai nulla in cambio come contro-partita. Il punto, quindi, nel fattore tecno-logico, deve essere per noi profes-sionisti, quello di saper individuare , con discussioni puntuali nella nostra base, e portando queste discussioni sempre più su, verso le strutture che ci siamo dati, consegnando le nostre indicazioni a coloro che so-no deputati ad attuarle, il limite che rappresenta il momento da cui cessa la nostra attività per il cliente e inizia quella svolta per colui questi dati li riceve, nel formato voluto, rielaborato, corretto, rimodulato, filtrato, riaggiornato secondo le sue stesse precise indicazioni. Tale limite e la sua misurazione sarà ovvia-mente differenziata tra enti pubblici e privati: perché è ovvio che un conto è il limite che stabili-rò con l’Ente con cui intermedio nell’interesse collettivo pubblico, che sarà senz’altro più alto di quello ad esempio di un ente ne-goziale o di una cassa edile, do-ve ci sono interessi importanti ma privati e dove quindi la contro-partita della nostra attività dovrà essere maggiore.

Ci confronteremo al nostro interno, discuteremo, per quanto tempo… il tempo che sarà neces-sario… ma alla fine per forza di cose ci sarà una presa di posizio-ne: le nostre associazioni sindaca-li, i nostri ordini dovranno esprimersi sulle istanze che sono loro rivolte dalla base.E’ naturale chiederci a questo punto in quale cornice giuridica inserire questa nostra attività per la Pubblica Amministrazione; indubbiamente la novità è rile-vante e probabilmente si arriverà a coniare nuove costruzioni giu-ridiche come è stato necessario per il lavoro ripartito o a chia-mata, o per il lavoro accessorio e occasionale. Ma tutto conduce a inserire questa nostra attività nel telelavoro autonomo; infatti la de-finizione più aggiornata di que-sto istituto è oggi fornita dalla Fondazione Europea di Dublino che così lo definisce: “ ogni forma di lavoro svolto per conto di un imprenditore o un cliente da un lavoratore dipendente, un lavoratore autonomo o un lavo-ratore a domicilio, che è effettuata regolarmente o per una quota consistente di tempo di la-voro da una o più località diverse dal posto di lavoro tradizionale utilizzando tecnologie informati-che e/o delle telecomunicazioni”.Ed è in questa direzione che la ri-cerca dei nostri Giovani Consu-lenti si è posta. La discussione aperta dal sottoscritto sul forum di Consulta nel mese di marzo( http://consultamunicipio.ph-pbb3now.com/search.php ), l’arti-colo pubblicato sulla nostra rivista “THE WORLD OF IL CONSULENTE ” a aprile, poi un importate articolo apparso sul quotidiano Italia Oggi del 13 maggio su una intervista del pre-

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IL CONSULENTE

sidente dei Giovani Consulenti di Roma da parte della LAPET na-zionale (in rappresentanza di 100.000 studi ) che riconosce e condivide appieno la bontà di questa impostazione , ci dicono che la strada intrapresa è quella giusta.

IL TERZO FATTORE

Il terzo fattore del ruolo del pro-fessionista verso la P.A. in questa evoluzione tecnologica è l’as-senza totale di tutele costituziona-li. Il lavoro autonomo professionale è divenuto una enorme risorsa della società per la collocazione dei giovani che non trovando occupazione nel la-voro subordinato ripongono nel mondo professionale le loro aspi-razioni. Ma l’evoluzione del lavo-ro autonomo professionale sotto l’aspetto delle tutele costituziona-li è in forte ritardo rispetto all’au-mento dei soggetti che ogni anno entrano in questo settore. La tute-la dei “lavori“ piuttosto che del solo “ lavoro subordinato “tarda ad essere affrontata e realizzata creando forte disequilibrio socia-le. Si pensi alla totale assenza di tutela al riposo e alla salute per il professionista che non sono in pratica garantiti in nessun modo. Le scadenze del professionista non tengono mai conto di periodi neutrali dal punto di vista di obbli-ghi legislativi rispetto ad una tute-la del lavoro dipendente ove sono garantite ormai da tutti i contratti collettivi almeno tre settimane continuative di riposo ininterrotto; mentre se pensiamo alla tutela sulla malattia o materni-tà, tutti i professionisti sanno che un’assenza prolungata per eventi che dovrebbero essere tutelati dalla P.A. e dallo Stato li porrebbe-

ro in una sicura situazione di chiu-sura dei loro studi professionali. Lo stato e la P.A. deve dare rispo-ste ai professionisti e alle mamme professioniste che assicu-rano a proprio rischio e pericolo la conservazione e la proliferazio-ne per la continuazione della razza . Su questo punto tutto il mondo professionale è sconso-lato e rassegnato, e l’obiezione è che la P.A. non assicurerà mai alcun diritto al professionista auto-nomo….Allora però il mondo professionale riaffermi con forza il diritto a queste tutele e se l’as-senza dello stato continuasse con la supplenza da parte del pro-fessionista alla mancanza di tute-la , ci siano date adeguate contropartite. Statuto dei lavori e non solo statuto dei lavoratori.

IL RUOLO GIURIDICO ECO-NOMICO PER I PROFESSIONI-STI

Come conciliare quindi l’as-senza della tutela su questi due fattori – telelavoro e diritti costitu-zionali- nel ruolo del professioni-sta per la sua attività verso la Pubblica amministrazione ?: ri-tengo attraverso l’adozione di uno statuto del professionista intermediario inteso come corni-ce generale di obbligazioni reci-proche in cui oltre agli obblighi per il professionista ,già tutti chia-rissimi e rispondenti alle esi-genze della P.A., vi sia una griglia di regole e di comporta-menti, di diritti e obblighi recipro-ci in cui inserire anche la tutela del telelavoro e delle garanzie co-stituzionali fondamentali come sa-lute , riposo e maternità . Lo si affermi come obbligo dello Stato con adeguate contropartite per il mondo professionale rispetto

all’immenso lavoro che per conto della P.A. quest’ultimo svolge. Un errore che non deve essere commesso è quello di tradurre tutto e subito nella sola richiesta di monetizzazione; dobbiamo anteporre ad ogni altra cosa la ri-chiesta di diritti e dello statuto. L’aspetto economico sarà una si-cura conseguenza delle regole e delle obbligazioni reciproche da stabilirsi con la P.A. perché in es-se ci saranno quelle per pesare la nostra attività

CONCLUSIONI

Dobbiamo quindi acquisire consapevolezza del nostro ruolo, che ha obblighi nei confronti della collettività senza regole da parte della P.A. la quale si chia-ma fuori come parte del servizio di intermediazione in nome di una estraneità nel rapporto tra il professionista e il cliente-cittadi-no che contrasta con la condizio-ne di terzietà più volte da essa stessa affermato; per acquisirla bisogna aprire i necessari dibatti-ti all’interno del nostro mondo , anche trasversali rispetto ai singo-li Ordini e Associazioni sindaca-li , perché solo una coscienza collettiva e condivisa sul nostro ruolo di professionisti potrà supportare i nostri giovani, che rappresentano il futuro degli ordini e delle associazioni, e ai quali non possiamo lasciare irri-solto un ulteriore problema ri-spetto ai tanti che dalle precedenti generazioni , compre-sa quella di chi scrive, ha eredi-tato.

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Annuncio per i Consulenti del lavoro distratti: questa volta ce la si può davvero fare. Fare cosa?, si chiederà qualcu-no. Ma come cosa?! Difendersi con ottime prospettive di successo da controlli, accerta-menti, verifiche, ispezioni in materia di lavoro e legislazio-ne sociale. E il cielo solo sa quanto ce ne sia bisogno...Tutti all’attacco: ispettori, forze di polizia, agenzie fisca-li, vigili urbani, siae, ecc.. Quello dei rapporti di lavoro è un piatto ricco in cui si buttano tutti volentieri.

Sia chiaro: perché lo possono fare (quasi tutti, diciamo…) e perché operare la giusta vigi-lanza sulla correttezza delle re-lazioni lavorative costituisce un dovere stabilito dalla stessa costituzione previsto.Ma proprio la presenza di tanti protagonisti dell’ispezione, di tanti disparati interlocutori della giustizia nel lavoro, rende oggi più che mai necessa-rio al Consulente del lavoro l’essere capace di gestire so-stanzialmente –e non essere ge-stito, come ancora troppo spesso accade- le difese in occa-sione dei controlli ispettivi sul lavoro. Ciò, a tutela del proprio cliente, prestando un servizio oramai indispensabile alle aziende e del tutto ineludibile anche a se stesso, a riprova della propria professionalità. Uno studio di Consulenza del lavoro, oggi, deve sapere opera-re con puntualità anche nel campo dei contenziosi con l’amministrazione.Come tutti sanno, l’azione

ispettiva è stata a lungo una partita a carte “coperte”. Un gioco di prestigio in cui l’ispettore tirava spesso fuori dal proprio cilindro l’accerta-mento senza che se ne potesse conoscere il fondamento e, non di rado, il senso. Anzi, a lungo si è giocato a non forni-re al cittadino ispezionato neppure le carte indispensabili per imbastire una qualche dife-sa: “se volete conoscere quali prove abbiamo trovato contro di voi”, asserivano ancora, fi-no a qualche tempo fa, molti uffici ispettivi interrogati, “andate in tribunale”.Diciamoci la verità: il più delle volte si trattava di un bluff giocato sulla pelle del soggetto ispezionato. Chi era in grado di sopportare il ri-schio (e il sostenere il peso economico) di un processo, alla fine spesso riusciva a otte-nere giustizia. Con quanti e quali costi anche personali -per una situazione protratta spesso negli anni- è facile immaginare. Un tempo basta-

DIFENDERSI DAGLI ACCERTAMENTI

ISPETTIVI ? ORA SI PUO'

Una norma del Collegato lavoro

rende finalmente possibile una

efficace difesa contro gli

accertamenti ispettivi

Mauro Parisi

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IL CONSULENTE

va la sola denuncia a portare alla comminazione di sanzioni pecu-niarie.Negli uffici degli ispettivi non era raro sentire esortare -di fronte alle perplessità di taluni tra gli stessi funzionari- con un bel “proviamoci, dai, semmai ci pensa il giudice”. Sottointeso: se c’è la sentenza, beh, non è affare nostro…ma noi di archiviare non ci prendiamo proprio la re-

sponsabilità, anche se non c’è uno straccio di prova (e giù una bella strizzatina d’occhio, a dire, con rispetto parlando, “ma che ce ne importa a noi!?”).Cosa è cambiato oggi, allora? Beh, nel tempo, un poco alla volta, sono mutate tante cose (e tante altre sono rimaste di fatto identiche, tuttavia), ma un aiuto a chi tutela le aziende viene oggi da una disposizione di legge che merita di essere riportata parola per parola:“Il verbale di accertamento e noti-ficazione deve contenere: a) gli esiti dettagliati dell’accerta-mento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeci-ti rilevati…”Lo dice il nuovo articolo 13, comma 4, del decreto legi-slativo n. 124 del 2004, mo-dificato dal Collegato lavoro, la legge n. 183 del 2010. Una bomba! Tanto che, al suo apparire, sono tre-mati i polsi a molti ispettori “vecchio stampo”…neppure al giudice in una sentenza si richiede tanta puntualità!Questa volta ce la si può proprio fare, allo-ra. E senza rivolgersi neppure ad avvocati, magari. Con una dispo-sizione di legge così, già negli studi di consulenza del lavo-ro, letti gli atti degli accertamenti ispetti-vi, si possono prepara-re difese formidabili. Se l’ispettore si è atte-nuto con precisione alla disposizione di

legge, sarà presto chiaro che “carte” ha in mano l’amministra-zione, e così decidere il da farsi. Se invece non si sarà adeguato alla disposizione (anche con buo-ne “carte” in mano) il verbale sa-rà nullo.Non è cosa da poco per iniziare a curare fin dall’inizio gli inte-ressi dei molti clienti sottoposti ad accertamenti. Magari aggiungendo pure alla “ricetta” del novellato articolo 13, quella antica, e spesso dimenticata, pre-sunzione di non colpevolezza prevista dall’articolo 23, comma 12, della legge n. 689 del 1981 “quando non vi sono prove suffi-cienti della responsabilità “.Per molti, insomma, si può tratta-re dell’inizio promettente di una nuova epoca di professionalità. Ma con una avvertenza però: attenzione, negli uffici, in forme striscianti, come spesso accade, la novità si sta forse “norma-lizzando”…e i verbali ispettivi, sempre più spesso, sembrano apparire, né più, né meno, che come quelli di qualche tempo fa…

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NUMERO 7 15 GIUGNO 2011

Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

Non solo arbitrato nel collegato La-voro, pubblicato lo scorso 9 no-vembre, dopo due anni di gestazione e un rinvio alle Camere da parte del Capo dello Stato. Nel provvedimento, lievitato dagli inizia-li 9 articoli del settembre 2008 agli attuali 50, trovano spazio norme di contenuto diverso e assai eteroge-neo: dalla nuova possibilità per un 16enne di entrare in azienda come apprendista, ai certificati di malattia on line.

Tra le novità introdotte si può citare la revisione della disciplina pensioni-stica sui lavori usuranti, il riordino delle sanzioni in materia di orario di lavoro e di sommerso e un vero e pro-prio "condono" su alcuni contenzio-si pendenti per mancata trasformazione di rapporti precari in posti a tempo indeterminato: il dato-re di lavoro se la caverà pagando al lavoratore un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità di retribuzio-ne omettendo, però, clamorosa-mente di disciplinare gli effetti contributivi – sanzionatori conse-guenti verso gli enti assicurativo/pre-videnziali: INPS ed INAIL. Le nuove norme contengono, inoltre, modifiche alla legge 104 sui permes-si per l'assistenza alle persone disabi-li. S'intensificano poi i controlli per

evitare frodi contributive e si chiari-scono le competenze tra Inail e Ispe-sl in materia di sicurezza del lavoro. Ecco, comunque, alcune delle novi-tà contenute nel nuovo "pacchetto la-voro".

Certificazione del rapporto di lavoro e clausole generali (articolo 30).

Sono previste norme in tema di controllo giudiziale sul rispetto delle "clausole generali" contenute nella disciplina legislativa in materia di la-voro, di certificazione dei contratti di lavoro e di valutazione da parte del giudice nei contenziosi concernenti i licenziamenti individua-li. In riferimento alle "clausole gene-rali" si dispone, in particolare, che il controllo giudiziale debba limitarsi esclusivamente all'accertamento del presupposto di legittimità e non pos-sa estendersi al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, orga-nizzative e produttive, le quali spetta-no al datore di lavoro o al committente. Si dettano, poi, disposi-zioni ad hoc per rafforzare il valore vincolante - anche nei confronti del giudice – dell'accertamento effettuato in sede di certificazione dei contratti di lavoro. Il giudice, nel valutare le motivazioni poste alla ba-se del licenziamento, è tenuto a te-ner conto delle tipizzazioni di giusta

causa e di giustificato motivo, pre-senti nei contratti collettivi di lavoro ovvero, se stipulati con l'assistenza delle commissioni di certificazione, nei contratti individuali di lavoro. Salta quindi il richiamo alle "fonda-mentali regole del vivere civile e dell'oggettivo interesse dell'orga-nizzazione". Analogamente, il giudi-ce deve tener conto degli elementi e dei parametri appositamente indivi-duati dai suddetti contratti, nello sta-bilire, «le conseguenze da riconnettere al licenziamento». Ri-definita, inoltre, la finalità della pro-cedura di certificazione. La novità sembrerebbe voler ampliare l'ambi-to di intervento della certificazione, dal momento che, mentre il testo vi-gente fa riferimento al «contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro», la disposizione in esame, in maniera più generale, si riferisce al «contenzioso in materia di lavoro». Modificata, infine, la disciplina delle commissioni di certi-ficazione presso i nostri Consigli Provinciali (consulenti del lavoro).

Conciliazione e arbitrato (articolo 31).

Ridisegnata la sezione del codice di procedura civile recante le disposi-zioni generali in materia di contro-versie individuali di lavoro,

LUCI E OMBREDEL COLLEGATO

LAVOROGiuseppe Mastrototaro

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trasformando il tentativo di concilia-zione - attualmente obbligatorio - in una fase meramente eventuale e intro-ducendo una pluralità di mezzi di composizione delle controversie di la-voro alternativi al ricorso al giudice. In particolare, per quanto riguarda la conciliazione, si chiarisce che può es-sere proposta, anche, tramite l'asso-ciazione sindacale alla quale l'interessato aderisce o conferisce mandato. La comunicazione della ri-chiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescri-zione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusio-ne, il decorso di ogni termine di deca-denza. Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazio-ne, deposita presso la commissione di conciliazione, entro 20 giorni dal ricevimento della copia della richie-sta, una memoria contenente le dife-se e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove ciò non avvenga, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bona-ria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tie-ne conto in sede di giudizio. Rimane obbligatorio il tentativo di concilia-zione sui cosiddetti "lavori certifi-cati" di cui all'articolo 80, comma 4, della cosiddetta legge Biagi (Dlgs 276/2003). Si prevede poi che in qua-lunque fase del tentativo di concilia-zione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possano indicare la soluzione, anche parziale,

sulla quale concordano, ricono-scendo, quando è possibile, il credi-to che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della li-te, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia. Il lo-do emanato a conclusione dell'arbi-trato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di un contratto. La conciliazio-ne e l'arbitrato, in materia di contro-versie individuali di lavoro, possono essere svolti, inoltre, presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazio-ni sindacali maggiormente rappre-sentative. E si garantisce che la scelta del lavoratore di tentare la composizione davanti a un arbitro invece che il giudice varrà per tutte le liti «nascenti dal rapporto di lavo-ro». La firma della clausola compro-missoria sull'arbitrato sarà volontaria e potrà avvenire solo al termine del periodo di prova (o in mancanza do-po 30 giorni dall'assunzione), mentre nel caso dell'arbitrato per equità si dovrà tener conto, oltre che dei principi generali dell'ordina-mento, anche dei principi regolatori della materia derivanti da obblighi co-munitari. Specifica importante: la clausola compromissoria non può ri-guardare controversie relative alla ri-soluzione del contratto di lavoro (vale a dire, il licenziamento). Così, giusto per semplificare e tutelare tutti i diritti (?) Resta il mio convinci-mento, alla luce dell’ esperienza acquisita sul campo, che per deflazio-nare il contenzioso la sola strada percorribile sia quella di comporre i conflitti e non di esasperarli, rite-nendo, come si ritiene, che solo attra-verso l’assistenza di avvocati specializzati in materia si possa assi-curare il diritto di difesa alle parti. E mi spiego meglio. Vi è da dire, ed è molto importante, che l’arbitrato

non è una novità nell’ambito dei rapporti di lavoro: si pensi all’arbi-trato previsto dalla legge 300/1970 o a quello previsto dal CCNL dei diri-genti in relazione ai quali allo stato dell’arte non vi è un’applicazione molto diffusa. L’arbitrato, infatti, da un lato comporta costi significativi che, talvolta, il valore stesso della controversia non giustifica, e dall’atro, poiché irrituale, si conclu-de con un lodo che nonha efficacia giurisdizionale ma negoziale, con li-miti che ne scaturiscono sull’eventuale impugnazione. Come per il collegio arbitrale dei dirigenti, dunque, anche il ricorso arbitrale di nuova introduzione è destinato a non avere grossa fortuna e anche se lavoratore vi facesse ricorso, il dato-re, assai probabilmente, non decline-rà la competenza in favore dell’autorità giudiziaria. Quanto alle altre procedure di conciliazione pre-viste, non può che evidenziarsi co-me tale sistema non abbia mai funzionato. Se i legali che assistono le parti non riescono a trovare, come molto spesso accade, un accordo transattivo per evitare di instaurare un giudizio, non si riesce a capire co-me potrebbe riuscirci una commis-sione che tendenzialmente non dispone di elementi di valutazione e non è, per prassi, molto preparata sul caso di specie. Sarebbe stato più semplice e più saggio prevedere di rendere non impugnabili, ai sensi dell’articolo 2113 del codice civile le transazioni sottoscritte sia in pre-senza dei legali di parte sia, aggiungo, in presenza dei consulenti (del lavoro) di parte che ben cono-scono le vicende del rapporto di la-voro e della lite insorta. Come si fa in Inghilterra. Ma forse è troppo semplice…

1 . fine prima parte

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Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma14

TARSU SOPPRESSA PER

IL 2010 E 2011Maurizio Villani (*)

La materia dei rifiuti solidi urbani nel corso degli anni è stata discipli-nata da cinque diversi principali interventi legislativi (come ben puntualizzato dalla Corte Costitu-zionale con la sentenza n. 238 del 16 luglio 2009 in G.U. del 29/07/2009).

A) PRIMO INTERVENTO LEGI-SLATIVOIl regio decreto n. 1175 del 14/09/1931 prevedeva originaria-

mente la corresponsione al Comu-ne di un “corrispettivo per il servizio di ritiro e trasporto delle immondizie domestiche” ed attri-buiva natura privatistica al rapporto tra utente e servizio comu-nale.Tale configurazione sinallagmati-ca del rapporto è stata, però, radi-calmente mutata:- dall’art. 10 della Legge n. 366 del 20 marzo 1941;- e dall’art. 21 del DPR n. 915 del 10 settembre 1982.In particolare, con tali modifiche, il legislatore ha esteso e reso obbli-gatorie sia l’effettuazione dei vari servizi relativi allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani “interni” sia l’applicazione della “tassa”; infi-ne, con la Legge n. 144 del 24 apri-le 1989, sono stati ricompresi anche i rifiuti solidi urbani “esterni”, ribadendo la qualificazio-ne di “tassa” (natura tributaria).

B) TARSU

Un secondo essenziale intervento legislativo è costituito dal D.Lgs. n. 507 del 15 novembre 1993, in base al quale, a decorrere dall’01/01/1994, i Comuni “debbono istituire una tassa annua-le” da applicarsi “in base a ta-riffa”, secondo appositi regolamenti comunali, a copertura parziale (dal 50% al 70%) del co-sto del servizio stesso.In particolare, la tassa, mediante determinazione tariffaria da parte del Comune, “può essere commi-surata in base alla quantità e quali-tà medie ordinarie per unità di superficie imponibile di rifiuti soli-di producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento”. La natura pubblici-stica e non privatistica del prelie-vo è ulteriormente evidenziata sia dalla regola secondo cui “L’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o per imprevedibili impe-

(*) Avvocato in Lecce

Cinque interventi

legislativi per delineare la

disciplina dei rifiuti solidi

urbani

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dimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo” sia dalla previsione di una “tassa giornaliera”. Ai sensi dell’art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 446 del 15/12/1997, il Comune ha soltanto la facoltà di disciplina-re con proprio regolamento l’affida-mento a terzi delle fasi di liquidazione, accertamento e riscos-sione della tassa (vedi successiva lett. H del presente articolo).

C) TIA/1 (Tariffa igiene ambienta-le)Un terzo intervento legislativo si è realizzato con l’entrata in vigore dall’01/01/1999 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 05 febbraio 1997 (c.d. decreto Ronchi), il quale ha previsto l’istituzione, da parte dei Comuni, di una “tariffa” per la co-pertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei ri-fiuti urbani e dei rifiuti di qua-lunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbli-che e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale.Tale tariffa è composta:- da una quota fissa, determinata in relazione alle componenti es-senziali del costo del servizio;- e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servi-zio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicu-rata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.Con il regolamento ministeriale approvato con il DPR n. 158 del 27 aprile 1999 è stato elaborato il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determi-nare la tariffa di riferimento.Diversamente dalla normativa sulla TARSU, l’art. 49 cit.:- evita di qualificare espressa-mente il prelievo come “tributo” o “tassa”, pur mantenendo il riferi-

mento testuale alla “tariffa”;- stabilisce che la TIA deve sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti;- dispone che detta tariffa è dovuta anche per la gestione dei rifiuti “esterni”;- non reca, con riguardo alla TIA, specifiche disposizioni in tema di accertamento, liquidazione e sanzioni (Cassazione, Sez. Tributa-ria – ordinanza n. 22377 del 03/11/2010).Le controversie aventi ad oggetto la debenza della TIA/1 hanno natu-ra tributaria e la loro attribuzione alla cognizione delle Commissioni Tributarie rispetta il parametro co-stituzionale (Corte Costituzionale, sentenza n. 238/2009 cit.).La completa soppressione della TARSU e la sua sostituzione con

la TIA, inizialmente fissata a de-correre dall’01/01/1999, è stata via via differita dal legislatore il quale, preso atto della difficoltà di rendere operativa, per i vari Comu-ni, l’abolizione del prelievo soppresso, ha previsto con numero-se disposizioni, contenute so-prattutto nelle varie leggi finanziarie, un articolato regime transitorio (oggi esaurito).

D) REGIME TRANSITORIO - TARSU – TIA/1

Il legislatore, con i vari interventi, ha previsto un articolato regime transitorio, che concede termine ai Comuni, da ultimo fino a tutto il 2009, per sostituire la TARSU con la TIA, secondo uno sca-denzario differenziato, in ragione sia del grado di copertura dei costi dei servizi raggiunto dai diversi Comuni sia dalla popolazione dei Comuni stessi (art. 1, comma 184, della Legge n. 296 del 27 di-cembre 2006, quale modificato dall’art. 5, commi da 1 a 2 quinques, del D.L. 208 del 30 di-cembre 2008, convertito, con mo-dificazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 13 del 27 febbraio 2009).In particolare, l’art. 5, comma 1, del D.L. n. 208/2008 cit., che ha esteso anche al 2009 la previsione contenuta nell’art. 1, comma 184, della Legge n. 296 cit. (Finanzia-ria 2007), ha stabilito, nella formu-lazione della norma della Finanziaria 2006, modificata dal citato D.L. n. 208/2008, converti-to, con modificazioni, dalla Legge 27/02/2009 n. 13, che:“Nelle more della completa attua-zione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni:a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti adottato in ciascun Comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per gli anni 2008 e 2009”.Questa è l’ultima proroga legi-slativa che c’è stata, tanto è vero che da allora nessuna legge ha previsto specifiche ed ulteriori proroghe per gli anni 2010 e 2011.Di conseguenza, la TARSU non esiste più per gli anni 2010 e 2011 perché è stata tassativamente abro-gata, in quanto manca, ripetesi, una precisa e specifica legge di

La completa soppressione della TARSU e la sua so-

stituzione con la TIA, fissata

dal’01/01/1999, è stata via via differita

dal legislatore

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proroga (art. 23 della Costituzio-ne).Oltretutto, se veramente il legi-slatore avesse voluto prorogare la TARSU per gli anni 2010 e 2011, lo avrebbe scritto in modo chiaro e preciso, come ha fatto per le pre-cedenti proroghe sino al 2009 (QUOD LEX VOLUIT DIXIT).

E) TIA/2 (Tariffa integrata ambientale)La quarta rilevante modifica legi-slativa del prelievo è costituita dall’art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 03 aprile 2006, che ha determi-nato la “tariffa integrata ambienta-le” (c.d. TIA/2 per distinguerla dalla precedente TIA/1).Tale tariffa deve essere determi-nata ad opera dell’autorità d’ambi-to territoriale ottimale (AATO), almeno sino al 31/12/2011, entro tre mesi dalla data di entrata in vi-gore del regolamento ministeriale (che si sarebbe dovuto emanare entro il 30 giugno 2010), con il quale sono fissati i criteri generali per la definizione delle compo-nenti dei costi e la determinazione della tariffa.La tariffa è composta da una quo-ta determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quanti-tà di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di ge-stione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.E’ espressamente previsto che la ta-riffa è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata e che la sua ri-scossione, volontaria o coattiva, può essere effettuata secondo le disposizioni del DPR n. 602/73

mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate.

F) REGIME TRANSITORIO TIA/1 E TIA/2La soppressione della precedente tariffa di igiene ambientale (TIA/1) ha effetto dalla data di entrata in vigore dello stesso art. 238 cit. ma, fino alla completa attuazione della nuova TIA/2 (cioè l’emanazione del sopracitato regolamento ministeriale ed il compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa), “continuano ad applicarsi le disci-pline regolamentari vigenti” (comma 10), cioè le disposizioni contenute nel DPR n. 158 del 27 aprile 1999, cioè l’unico regola-mento governativo operativo (“Re-

golamento recante norme per la elaborazione del metodo norma-lizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei ri-fiuti urbani” TIA/1).Infatti, l’art. 5 del D.L. n. 208/2008 cit., comma 2-quater, te-stualmente dispone:“Ove il regolamento di cui al comma 6 dell’articolo 238 del de-creto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sia adottato dal Ministe-ro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 giu-

gno 2010, i comuni che intendo-no adottare la tariffa integrata ambientale (TIA/2) possono farlo ai sensi delle disposizioni legi-slative e regolamentari vigenti”.Quindi, alla luce degli sviluppi normativi sopra esposti, abrogata la TARSU per gli anni 2010 e 2011, i Comuni devono obbligato-riamente adottare la TIA/1 od eventualmente possono optare per la TIA/2, utilizzando, però, le disposizioni dell’unico regola-mento governativo adottato con il DPR n. 158 del 27/04/1999 per la TIA/1 pur in mancanza del regola-mento TIA/2 (sino ad oggi non ancora emanato).

G) QUINTO ED ULTIMO INTERVENTO LEGISLATIVO (almeno sino ad ora!)Infine, nonostante il preciso intervento della Corte Costituzio-nale sopra esposto, il legislatore, con l’art. 14, comma 33, del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 122 del 30 luglio 2010, ha previsto in ordine alla TIA/2 che: “Le disposizioni di cui all’articolo 238 del decreto legi-slativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natu-ra della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successi-vamente alla data di entrata in vi-gore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordina-ria”. In sostanza, per effetto di ta-le disposizione, si viene a creare la seguente, assurda situazione:- la TIA/2 ha “ope legis” natura di corrispettivo (mera prestazione patrimoniale non imposta), di competenza del giudice ordinario;- la TIA/1, invece, ha natura tribu-taria, di competenza delle

Il legislatore ha pre-visto un articolato regime transitorio,

che concede termi-ne ai Comuni, da

ultimo fino a tutto il 2009, per sostituire la TARSU con la TIA

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Commissioni tributarie (C.Cost. sentenza n. 238/2009 cit.).E’ facile immaginare che la re-cente normativa tornerà alla Corte Costituzionale per essere censu-rata alla luce dei tassativi criteri cui far riferimento per qualificare come tributari alcuni prelievi, e cioè:- doverosità delle prestazioni;- mancanza di un rapporto si-nallagmatico tra le parti;- collegamento di detta prestazio-ne alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economica-mente rilevante.I suddetti criteri sono stati più volte adottati dalla Corte Costitu-zionale con le seguenti sentenze:- n. 141 del 2009;- n. 335 del 2008;- n. 64 del 2008;- n. 334 del 2006;- n. 73 del 2005;- n. 238 del 2009 citata.

H) REGOLAMENTI – NORMATIVA Prima di proseguire la nostra anali-si giuridica, è opportuno chiarire cosa si intende per “regolamento” e quale specifica normativa è appli-cabile. Il potere esecutivo ha, co-me attribuzione propria ed ordinaria, la potestà di emanare norme secondarie giuridiche, dette regolamenti. Il regolamento è legge soltanto in senso materiale. Come manifestazione di potestà amministrativa, da una parte è subordinato, nella gerarchia delle fonti, alle leggi costituzionali ed a quelle ordinarie formali ed agli altri atti normativi che hanno effica-cia di legge ordinaria; dall’altra è retto dai principi concernenti gli atti amministrativi (LANDI-PO-TENZA).Dalla sua natura formale di atto amministrativo discende che il

contrasto della norma regolamenta-re con norme costituzionali non forma oggetto di giurisdizione della Corte Costituzionale, ma può essere fatto valere con i norma-li mezzi di impugnazione degli atti amministrativi, così come il suo contrasto con norme di legge ordinaria.Attualmente, possiamo individua-re tre gruppi di regolamenti (eccetto quelli regionali):1) Regolamenti governativiL’art. 17 della Legge n. 400 del 23 agosto 1988 prevede che con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, pos-sono essere adottati i seguenti cinque tipi di regolamento:- di esecuzione (come il D.P.R. n.

158/1999 cit);- d’attuazione ed integrazione di leggi e di decreti legislativi;- indipendenti;- di organizzazioni;- autorizzati (c.d. regolamenti di de-legificazione), emanati per la disci-plina delle materie non coperte da riserva assoluta di legge e tuttavia disciplinate sempre con legge ordi-naria.I regolamenti autorizzati possono essere adottati soltanto quando la legge prevede espressamente che

certe materie, non coperte da ri-serva assoluta di legge, possono essere disciplinate dalla fonte re-golamentare.In tal caso, la legge ordinaria fissa sempre le norme generali rego-latrici della materia e consente soltanto al Governo di intervenire, per la parte non disciplinata dalla stessa legge, con regolamento au-torizzato in modo che dal mo-mento dell’entrata in vigore delle norme regolamentari si considera-no abrogate le norme di legge già vigenti.Il meccanismo dell’art. 17, comma 2, cit. comporta quella che è stata definita una delegifica-zione, consistente in un “alleggeri-mento” della disciplina parlamentare a favore di una disci-plina decentrata soltanto al Go-verno di alcune materie.Ovviamente, l’abrogazione della legislazione previgente è da impu-tare soltanto alla legge ordinaria e non certo al regolamento, che non avrebbe certo la forza di incidere sulla legge, in quanto la Costitu-zione riconosce solo alla fonte le-gislativa primaria la determinazione della competenza della fonte subordinata alla stessa legge e, quindi, anche dei regola-menti governativi autorizzati.I cinque tipi di regolamento di cui sopra, nonché i regolamenti mini-steriali ed interministeriali, devo-no tassativamente:- recare la denominazione di “re-golamento”;- essere adottati previo parere del Consiglio di Stato;- essere emanati dal Presidente della Repubblica (art. 87 della Co-stituzione);- essere sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei Conti;- essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

Il potere esecutivo ha, come

attribuzione propria ed ordinaria, la

potestà di emanare norme secondarie

giuridiche, dette regolamenti.

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Un regolamento di questo specifi-co tipo è quello della TIA/1 (DPR n. 158 del 27 aprile 1999, in G.U. S.0. n. 129 del 04 giugno 1999), da qualificarsi come regolamento di esecuzione.In ogni caso, i regolamenti ministe-riali o interministeriali non posso-no dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo come fonti di grado supe-riore.2) Regolamenti comunitariSi tratta di regolamenti che fanno seguito a disposizioni della “legge comunitaria” tramite la quale l’Ita-lia si adegua annualmente agli atti comunitari, come già previsto dalla Legge n. 86 del 09 marzo 1989 (art. 4).3) Regolamenti delle Province e dei Comuni (esclusi quelli regiona-li). L’art. 52, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997 te-stualmente dispone: “Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie impo-nibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tribu-ti, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempi-menti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti”.4) Fonti del diritto e microge-rarchia dei regolamentiLegge è la norma consacrata in una precisa formula espressa da speciali organi sovrani. La legge, dunque, è il comando espresso che proviene dalla consapevole vo-lontà di un legislatore, formulato in determinate parole. L’unico pote-re normativo originario e primario è quello del Parlamento (e dei Consigli Regionali): sicchè il pote-re di adottare successivi regola-

menti deve trovare il suo fondamento soltanto in una prece-dente ed espressa norma di legge. I regolamenti, invece, sono norme secondarie giuridiche emanate da-gli organi del potere esecutivo (art. 87 della Costituzione). I rego-lamenti possono essere emanati anche dalle Regioni, dalle Pro-vince e dai Comuni; essi valgono naturalmente solo nell’ambito della rispettiva competenza e non possono derogare né alle leggi ordi-narie né ai regolamenti emanati dal Governo (artt. 3, comma 2, e 4, comma 2, preleggi al codice civi-le). Il regolamento è per sua natu-ra sempre subordinato all’atto legislativo (art. 4, comma 1, pre-leggi al codice civile). Qualora il re-golamento non rispetti i limiti e le

condizioni stabilite dalla legge non ha valore normativo.Prima di concludere l’argomento generale dei regolamenti, va rile-vato che, avendo essi natura so-stanzialmente normativa ma forma amministrativa (l’atto che li contiene è un decreto) e prove-nienza da organi che hanno anche titolarità di funzioni amministrati-ve, si è tradizionalmente posto il problema di come differenziarli da-gli atti amministrativi a contenuto generale (ad esempio: provvedi-

menti fissanti, in via generale, condizioni di contratto, tariffe, prezzi, atti di pianificazione gene-rale).In proposito, si può ricordare che, secondo la giurisprudenza, i rego-lamenti sono atti espressione di potestà normativa secondaria ri-spetto a quella legislativa discipli-nanti in astratto rapporti giuridici, in attuazione di precedenti leggi, con i caratteri della generalità ed astrattezza. Gli atti amministrativi generali sono, invece, espressione di potestà amministrativa e rivolti alla cura concreta di interessi pubblici (Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 10124 del 28/11/1994). L’art. 3 delle pre-leggi al codice civile stabilisce che: “Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale. Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari”. L’art. 4 delle preleggi al codice civile, a sua volta, precisa che: “I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi. I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell’art. 3 non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Go-verno”. Infatti, sono fonti del di-ritto (art. 1 delle preleggi c.c.):1) le leggi;2) i regolamenti;3) gli usi.Di conseguenza, come vi è una preferenza della legge sul regola-mento (art. 4 cit.), così vi è una preferenza del regolamento go-vernativo sul regolamento ministe-riale e sui regolamenti comunali e provinciali.L’art. 23 della Costituzione più volte citato, secondo cui le presta-

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Il regolamento è per sua natura

sempre subordinato

all’atto legislativo

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zioni personali e patrimoniali pos-sono essere imposte solo in base alla legge, richiede per comune opi-nione della giurisprudenza e della dottrina che, una volta determinati per legge oggetto, criteri e soggetti passivi, la semplice quantificazio-ne precisa dell’imposizione può es-sere lasciata ad atti specificativi, come i regolamenti (c.d. riserva re-lativa di legge).Infatti, si ha riserva relativa di legge quando sulla base di una pre-ventiva determinazione della parte essenziale della disciplina ad ope-ra della legge possono intervenire fonti subordinate ed in particolare i regolamenti (art. 17 Legge n. 400/1988 cit.).Inoltre, a puro titolo indicativo, si precisa che la legge statale prevale sempre su quella regionale in forza del “principio di cedevo-lezza”, anche quando e se interve-nisse a rettificare in modo peggiorativo le posizioni giuridi-che, fatte ovviamente salve eventuali discriminazioni. Nel ca-so di conflitto tra norme di rango diverso, in ogni caso, non si verifi-ca un’abrogazione tout court, ma ha luogo “una provvisoria preva-lenza della legislazione statale, nelle more dell’adeguamento della legislazione regionale”. Il princi-pio di diritto è stato riaffermato, ultimamente, dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12131/11, depositata il 03 giugno 2011.

Quindi, in conclusione, anche alla luce di quanto sopra esposto circa la gerarchia delle fonti del diritto e dei subordinati regolamenti:- la TARSU non è stata prorogata per il 2010 e 2011 e, quindi, è stata soppressa con il relativo rego-lamento comunale;- la TIA/1 è operativa a tutti gli

effetti dal 2010 e seguenti, con il re-golamento governativo n. 158 del 1999 citato (oltre ai regolamenti co-munali);- la TIA/2 può essere scelta dai Co-muni, che, in assenza dello specifi-co regolamento governativo, possono adottare soltanto quello della TIA/1.

I) INTERPRETAZIONE MINI-STERIALEInnanzitutto, con la circolare n. 3/DF dell’11/11/2010, lo stesso Mi-nistero dell’Economia e delle Fi-nanze rileva e precisa che: “In questo quadro normativo alquanto intricato, numerosi Comuni hanno sollevato comprensibili dubbi in ordine al prelievo tributario applica-bile in materia di gestione di rifiuti

e se sulla TIA/1 possa continuare ad essere applicata l’IVA a seguito della norma appena riportata.Per cui appare indispensabile proce-dere ad una lettura sistematica delle disposizioni innanzi enu-cleate”.Dopo tale necessaria ed utile pre-messa, però, il Ministero, in modo alquanto conciso e sbrigativo, conclude nel modo seguente:“Per i Comuni in questione non si pongono particolari problemi, poi-ché possono continuare ad applica-

re la TARSU utilizzando eventualmente, ai fini della de-terminazione delle tariffe, i criteri delineati nel DPR n. 158/1999, operazione da ritenere senz’altro possibile secondo quanto affermato:- nella circolare n. 25/E del 17 febbraio 2000, in cui è stato chiari-to che “risulta sostanzialmente coerente con il principio dell’art. 65 l’utilizzazione dei criteri dettati dal metodo normalizzato per la de-terminazione della tariffa della tas-sa;- nella decisione n. 750 del 10 febbraio 2009, in materia di TARSU, in cui il Consiglio di Stato ha posto in evidenza come il DPR n. 158/1999 “non fissa solo un metodo per la determinazione della qualità e quantità di rifiuti so-lidi urbani prodotti per categoria di utenza, ma persegua anche lo scopo di stabilire il metodo sulla base del quale gli Enti locali devo-no calcolare la tariffa stessa”.Le sintetiche conclusioni del Mini-stero dell’Economia e delle Fi-nanze non sono assolutamente accettabili perché:- innanzitutto, fanno riferimento ad una circolare del lontano anno 2000 e ad una decisione del Consi-glio di Stato del 10/02/2009 quando era per legge ancora ope-rativa la TARSU (soppressa, inve-ce, per gli anni 2010 e 2011); quindi, il riferimento temporale è inopportuno,oltre che inutile, perché i documenti citati non prendono assolutamente in consi-derazione la nuova problematica sorta soltanto nel 2010;- inoltre, anche a voler ignorare quanto sopra, con l’abrogazione della TARSU dal 2010 sono cadu-ti automaticamente tutti i relativi regolamenti comunali (vedi lett I) e con l’unica legge relativa alla

Le sintetiche conclusioni del

Ministero dell’Economia e

delle Finanze non sono

assolutamente accettabili

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TIA/1 e TIA/2, attualmente, è appli-cabile l’unico regolamento go-vernativo esistente (DPR n. 158 cit.), che logicamente si riferisce soltanto alla specifica normativa della TIA/1 (tanto è vero che i rife-rimenti giuridici sono fatti al D.Lgs. n. 22 del 05 febbraio 1997 e la determinazione della tariffa è fatta tenendo conto della parte fis-sa e della parte variabile, ex art. 3, comma 2, cioè a criteri totalmente diversi dalla TARSU, come abbia-mo esposto alle lettere B) e C) del presente articolo);- oltretutto, lo stesso Ministero, con la succitata circolare, ha preci-sato che i singoli Comuni, con la TIA/1, devono conseguire l’imme-diata copertura totale dei costi di gestione, comprensivi di voci ulte-riori rispetto a quelle relative ai so-li costi inerenti il servizio di smaltimento dei rifiuti;- infine, il Consiglio di Stato, con la succitata decisione, richiama il D.P.R. n. 158/1999 soltanto “per le classi di utenza” e non certo per l’integrale costo del servizio (infatti, si fa riferimento all’ 88, 42% del costo del servizio per gli alberghi).Quindi, quando l’art. 238, comma 11, del D.Lgs. n. 152 cit. (TIA/2) afferma che: “Sino all’emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempi-menti per l’applicazione della ta-riffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti” è chiaro che il riferimento è fatto soltanto al regolamento governati-vo n. 158 cit. (della TIA/1) perché, tenendo conto della gerarchia delle fonti sopra esposta (lettere H ed I):- la TARSU è stata soppressa per gli anni 2010 e 2011 perché non è stata più prorogata (art. 49, comma 1, D.Lgs. n. 22/97 cit.);

- oggi esiste soltanto la TIA/1 e, per opzione, la TIA/2;- l’unico regolamento applicabile è quello governativo n. 158 cit. (c.d. di esecuzione) che disciplina soltanto la TIA/1 e, per opzione, la TIA/2, mai però la TARSU, che ha caratteristiche e struttura completamente diverse.Infatti, la TIA/2 funziona in modo analogo alla TIA/1, anche se è stata qualificata entrata non tributa-ria dal D.L. n. 78/2010 cit. (rinvio alla lett. G del presente articolo).M) FEDERALISMO MUNICIPA-LEIn materia di federalismo fiscale municipale, il legislatore, ultima-mente, con l’art. 14, comma 7, D.Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 (in G.U. n. 67 del 23/03/2011) ha

statuito che:“Sino alla revisione della discipli-na relativa ai prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regola-menti comunali adottati in base alla normativa concernente la tas-sa sui rifiuti solidi urbani e la ta-riffa di igiene ambientale. Resta ferma la possibilità per i Comuni di adottare la tariffa integrata ambientale”.A tal proposito, occorre precisare quanto segue.

1) Il riferimento ai “regolamenti comunali” non può che riferirsi ai soli regolamenti comunali della TIA/1 (art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 22/97) e non certo ai regola-menti comunali TARSU (art. 68, comma 1, D.Lgs. n. 507/93) ormai decaduti perché la relativa legge è stata soppressa.Diversamente opinando, si avrebbe l’assurdo, costituzio-nalmente illegittimo, che un semplice regolamento comunale si sostituisce e fa rivivere una legge ormai abrogata, stra-volgendo sensibilmente la ge-rarchia delle fonti (art. 23 della Costituzione).In altre parole, quando in moltepli-ci sue disposizioni la Costituzione prevede che “in base alla legge” (come nell’art. 23 cit.) saranno adottate certe normative, ciò signi-fica che soltanto il Parlamento è tenuto ad intervenire per dettare le sue discipline, a secondo dei casi più o meno dettagliatamente arti-colate, e non potrebbe, quindi, disporre nella sua legislazione l’affidamento di una ulteriore disciplina a fonti diverse e se-condarie (come i regolamenti).Secondo la Corte Costituzionale, infatti, la riserva (anche relativa) implica, dunque, sia “il monopo-lio del legislatore”, escludendo la concorrenza delle fonti seconda-rie, sia l’imposizione “alla autorità normativa primaria di non sottrarsi al compito che solo ad es-sa è affidato” (Corte Costituziona-le, sentenza n. 383 del 1998).Il principio della riserva di legge, inoltre, è soddisfatto anche se a disciplinare una materia siano atti con forza di legge (sentenze n. 126 del 1969 e n. 184 del 1974 della Corte Costituzionale), purchè non si tratti di semplici atti di formazione secondaria, come i

Sino alla revisione della disciplina re-lativa alla gestione

dei rifiuti solidi urba-ni, continuano ad applicarsi i regola-

menti comunali

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regolamenti.2) La diversa terminologia “tassa” e “tariffa” è ininfluente perché la TIA/1 è a tutti gli effetti una “tas-sa”, come ha precisato la Corte Co-stituzionale con la più volte citata sentenza n. 238 del 2009 (lett. C) del presente articolo).3) In definitiva, oggi, per i Comu-ni l’unica opzione possibile è tra la TIA/1 e la TIA/2, tanto è vero che l’art. 14 cit. conferma la possi-bilità di adottare la tariffa integrata ambientale (TIA/2), logicamente adottando l’unico regolamento go-vernativo oggi esistente (n. 158/1999), come stabilito dall’art. 5, comma 2-quater, del D.L. n. 208/2008, anche questo più volte citato.4) Infine, anche a voler prescinde-re da tutto quanto sopra esposto, il D.Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 è entrato in vigore il 07 aprile 2011 (G.U. n. 67 del 23/03/2011 – art. 73, comma 3, della Costituzione) e quindi:- non riguarda assolutamente l’anno 2010, per cui la TARSU ri-mane soppressa per tutto l’anno 2010;- non riguarda neppure l’anno 2011, perché la norma non ha effetto retroattivo, per cui i Comu-ni già all’01/01/2011 avrebbero do-vuto adottare la TIA/1, in continuità, peraltro, con l’anno 2010 (salvo eventualmente l’opzio-ne per la TIA/2);- non è stato minimamente modifi-cato l’art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 22/97, che ha soppresso, in attuazione di Direttive comunita-rie, la “tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani” ed ha istituito una “tariffa” per la copertura tota-le (e non più parziale) dei costi del servizio di smaltimento, che deve essere sempre determinata dall’ente impositore e mai dalla so-

cietà di gestione dei servizi (Cassa-zione – Sezione Tributaria – sentenza n. 8313 del 02 marzo 2010, depositata l’08 aprile 2010).

L) RICORSI TRIBUTARI E DISAPPLICAZIONE DEI REGO-LAMENTI COMUNALIAlla luce di quanto sopra esposto a livello giuridico, i contribuenti possono impugnare le cartelle esattoriali TARSU per gli anni 2010 e 2011 entro 60 giorni dalla notifica alla competente Commis-sione Tributaria, chiedendo l’annullamento totale perché la TARSU non è più applicabile per gli anni 2010 e 2011. Oltretutto, i contribuenti, nei ricorsi introdutti-vi, possono chiedere ai giudici tri-butari la disapplicazione dei

regolamenti comunali TARSU per gli anni 2010 e 2011 (art. 7, ultimo comma, D.Lgs. n. 546 del 31/12/1992) in quanto trattasi di re-golamenti illegittimi per tutti i moti-vi giuridici sopra esposti.

M) CONSIDERAZIONI CONCLUSIVENell’ottica del federalismo fiscale, c’è la volontà del Governo di reintrodurre la TARSU ancorando-la, però, alla rendita e non più alla superficie (intervista del Ministro

Calderoli, in Il Sole 24 Ore del 18/12/2010).In ogni caso, qualunque siano le intenzioni del legislatore, l’importante è che l’intero istituto giuridico sia ridisciplinato in mo-do chiaro, organico e preciso per non alimentare dubbi interpretati-vi tra i contribuenti, i professioni-sti e, soprattutto, i Comuni, questi ultimi soggetti al controllo della Corte di Conti.La disciplina, infatti, non può esse-re rinviata (o meglio, delegata) alla giurisprudenza (seppur più au-torevole) o, addirittura, alla semplice potestà regolamentare degli enti locali (Comuni): e ciò sia per i limiti oggettivi di tale strumento (art. 52 D.Lgs. n. 446/1997 cit.) sia per le soluzioni estremamente difformi assunte si-no ad ora dai suddetti enti locali.I contribuenti

possono impugnare le

cartelle esattoriali

TARSU per gli anni 2010 e 2011

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Giuseppe Donato Nuzzo (*)

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ACCERTAMENTO FISCALE INDUTTIVO E

LAVORO NERO

È fondato l’accertamento fiscale di ti-po induttivo a seguito del quale venga-no accertate maggiori imposte a carico del contribuente, sulla base della presenza, nell’azienda del contri-buente stesso, di un dipendente non re-golarmente assunto, per il quale lo stesso datore di lavoro abbia ammes-so la corresponsione di una retribuzio-ne non contabilizzata fra i costi dell’azienda. Tale circostanza appare di per sé sufficiente per fondare un ra-gionamento logico-giuridico secondo il quale si presume – salva la prova contraria fornita del contribuente – l'esistenza di ricavi non contabilizzati e se ne determina l'importo sulla scorta di parametri riferiti alla qualifi-ca e alle mansioni del lavoratore.Il modus operandi appena illustrato, posto alla base dell'accertamento induttivo, non sottende una doppia pre-sunzione vietata dalla legge. Infatti, la presenza del dipendente non rego-larmente assunto, per il quale lo stes-so datore di lavoro ammetta la corresponsione di una retribuzione non contabilizzata, costituisce un fatto noto, dal quale è possibile risali-re, in forza di una presunzione relati-va, ad un fatto ignorato, ossia la maggior redditività dell'impresa, sottratta al fisco. Sono questi, in estre-ma sintesi, i principi sanciti dalla Se-

zione Tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2593 del 3 febbraio 2011, con i quali la Su-prema Corte offre al Fisco un’arma in più per perseguire le imprese che sfruttano il lavoro nero.Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un contribuente artigia-no, titolare di ditta individuale ope-rante nel settore manifatturiero, che aveva retribuito un dipendente irrego-lare, quindi, senza contabilizzarlo.Tutto inizia con un accertamento ese-guito dall’Agenzia delle Entrate per le maggiori Iva, Irap e Irpef dovute. In primo grado, la commissione pro-vinciale tributaria aveva annullato l'atto impositivo, accogliendo l’istanza del titolare della ditta. In se-de d’appello, tuttavia, la Commissio-ne tributaria regionale ribaltava la decisione di primo grado, confermando la validità dell'atto di accertamento. Il datore di lavoro pre-sentava allora ricorso in cassazione, invocando e sostenendo la deducibili-tà del costo del lavoratore irregolare.I Giudici di Palazzo Cavour hanno re-spinto integralmente il gravame, soste-nendo non solo che il lavoratore non dichiarato non è un costo deducibile, ma che tale circostanza – la mancata contabilizzazione dello stipendio – fa senz'altro presumere un maggior reddi-

to legato ad un maggiore volume d'affari.Gli Ermellini riconoscono la legitti-mità degli accertamenti di tipo induttivo sulla scorta di un ragiona-mento molto semplice: corrispondere lo stipendio non contabilizzato, più che essere assimilabile ad un costo, è il segnale di un maggior volume d'affari e, quindi, di maggiore pro-duttività dell’azienda; ne consegue che il dipendente non regolarmente assunto, e la cui retribuzione non è stata contabilizzata, permette all'impresa di raggiungere una maggiore redditività.Nella parte motiva del provvedi-mento gli Ermellini si soffermano altresì, seppur brevemente, sul divie-to di doppia presunzione (c.d. prae-sumptio de praesumpto).Secondo la Corte, tale divieto attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice e non può rite-nersi violato nei casi, come quello preso in esame, in cui da un fatto no-to – la presenza di un dipendente non

Spesso in sede di liqui-dazione delle spettanze si disattende dall'orario concordato dal datore

col lavoratore

(*) Avvocato in Lecce

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regolarmente assunto per il quale il contribuente ammette la corresponsio-ne di una retribuzione non contabi-lizzata – si risale, in forza di presunzione legale ex art. 39, comma 1, lett. d) D.P.R. n. 600/73, al fatto ignoto da dimostrare – maggior redditi-vità dell'impresa e, non semplice-mente maggiori costi per retribuzioni, come prospettato dal contribuente – in relazione alla quale il contribuente non ha assolto l'onere della prova contraria.Più in particolare, i giudici di legittimi-tà ritengono che la disposizione dell’art. 39 consenta all’amministrazio-ne finanziaria di non considerare – in tutto o in parte ma, comunque, con ri-ferimento a specifici e determinati ele-menti che concorrono alla formazione della base imponibile – le risultanze delle scritture contabili, uti-lizzando dati ed elementi acquisiti di-versamente, senza la necessità di dimostrare previamente l'inattendibili-tà dell'apparato contabile ovvero la sua irregolarità formale.In definitiva, l’ammissione del datore di lavoro di aver corrisposto emolu-menti al dipendente irregolare non contabilizzati fra i costi dell’azienda, rappresenta circostanza da sola suffi-ciente a legittimare un accertamento induttivo in base al quale presumere l'esistenza di maggiori introiti non di-chiarati al fisco, e determinarne l'importo in base a parametri riferiti alla qualifica e alle mansioni del lavo-ratore.Grava sul contribuente l’onere della prova contraria diretta a superare detta presunzione, il cui contenuto non può limitarsi a contestazioni del tutto generiche, dovendo invece indica-re elementi specifici idonei a confuta-re in concreto le risultanze dell’accertamento.

Sezione Tributaria della Corte di Cas-sazione con l’ordinanza n. 2593 del 3 febbraio 2011

FATTO E DIRITTO

Premesso:- che il contribuente, esercente attivita' di manifattura di biancheria, personale, pro-pose ricorso avverso avviso, con il quale l'Agenzia, in esito al riscontro della pre-senza di dipendente non risultante dai li-bri obbligatori, aveva accertato a suo carico, per l'anno 1998, con metodo induttivo, maggior irpef, iva ed irap;- cle la Commmissione tributaria accolse il ricorso con decisione che, in esito all'appello dell'Agenzia, fu, tuttavia, ri-formata dalla commissione regionale, che riaffermo' la legittimita' dell'accertamento;- che il giudice del gravame - rilevato che "alla base dell'accertamento induttivo v'e' un fatto incontestato rappresentato dalla presenza di un dipendente non rego-larmente assunto per il quale la stessa contribuente ha ammesso la corresponsio-ne di una retribuzione non contabilizzata fra i costi dell'azienda. Tale circostanza, dunque, appare sufficiente perche' da un lato l'Ufficio elabori un ragionamento logi-co-giuridico in base al quale presumere l'esistenza di ricavi non contabilizzati e ne determini l'importo in base a parametri riferiti alla qualifica e alle mansioni del la-voratore e dall'altro la contribuente forni-sca la prova contraria agli assunti dell'Ufficio" - riscontro' che detta prova non era stata fornita dal contribuente;rilevato:- che, avverso tale decisione, la contri-buente, illustrando le proprie ragioni anche con memoria, ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, deducendo: violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), sul presupposto dell'utilizzo da parte dell'Agenzia di una praesumptio de praesumpto, nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria mo-tivazione su punti decisivi della contro-versia;- che l'Agenzia ha resistito con controri-corso;

osservato:- che il ricorso e' infondato;

- che occorre, invero, rilevare che il divie-to di doppia presunzione (c.d. "prae-sumptio de praesumpto") attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzio-ne semplice e non puo' ritenersi, invece, violato nel caso, quale quello di specie, in cui da un fatto noto (presenza di un di-pendente non regolarmente assunto per il quale la stessa contribuente ha ammesso la corresponsione di una retribuzione non contabilizzata) si risale - peraltro in forza di presunzione legale, seppur relativa (nella specie Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 39, comma 1, lettera d)), a un fatto igno-rato (maggior redditivita' dell'impresa e, non semplicemente maggior costi per re-tribuzioni, come prospettta in memoria il contribuente), in relazione alla quale la contribuente non ha assolto l'onere della prova contraria.- che deve, peraltro considerarsi che, con specifico riguardo al secondo motivo, il ricorso si rivela del tutto carente sul pia-no dell'autosufficienza, posto che, a fronte del compiuto quadro presuntivo esistente, la contribuente, limitandosi a contestazioni del tutto generiche, non ha fornito alcuna indicazione della ri-correnza di circostanze idonee a confuta-re in concreto le risultanze dell'accertamento e della loro deduzione nelle pregresse fasi di merito;

ritenuto:- che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli articoli 375 e 380 bis c.p.c.;- che, per la soccombenza, la contri-buente va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate come in disposi-tivo.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso; condanna i contribuenti al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi euro 1.300,00 (di cui euro 1,200,00 per onora-ri) oltre spese generali ed accessori di legge.

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IL CONSULENTE

Spazzacamino!

"Il nero, il buio,tanto da far pensaredi non poterne uscire,

un'oppressione,un incombere della fatica,della stanchezza;

questo lavoro non è più cosìe sembra che sia finito il patire

mentre ci appisoliamo davanti alle bugie della televisione;

avevano ragione i nonninel dire che al meglioci si abitua in frettama è difficile tornare indietro"

FONTE: materiali del Museo dello spazzacamino di Santa Maria Maggiore (Verbania)

Foto di emilius da Atlantide

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Presidente

CINQUE RENATO

Altri componenti

CARBONE GIUSEPPE FUSCO ANGELA

CIRONE MIRELLA MONACO LUCA

MILITELLO MARCO DIANO FABIO FEDERICO

LA COMPOSIZIONE DELLA CONSULTA V

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LA CONSULTA IV

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IL CONSULENTE

Casale Sant'Antonio, foto di Andrea Labate

IL TERRITORIOIl IV municipio di Roma Capitale è situato nell'area settentrionale della città, sesto per estensione con i suoi 97,818 km². Confina a sud con il II e il III Municipio, a est con il V Municipio, ad ovest con il XX Municipio, da cui è separato dal fiume Tevere, e con i comuni di Riano, Monterotondo, Mentana e Fonte Nuova a nord.Territorio di conformazione prevalentemente collinare, a un'area meridionale costituita dai principali aggregati urbani si contrappone la zona settentrionale, caratterizzata da un ambiente rurale, che è in gran parte compreso nella riserva naturale Marcigliana. Lambito ad ovest dal fiume Tevere, il municipio è altresì bagnato dal suo affluente Aniene, secondo corso d'acqua della capitale, che costeggia i quartieri Montesacro, Sacco Pastore e Conca d'Oro.

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NUMERO 7 15 GIUGNO 2011

Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma28

La nostra meravigliosa ed eterna capitale romana puo’ essere valutata da molti punti di vista come una città “anomala”, poiché, nonostante il grande ruolo internazionale di “Caput Mundi”, continua a conserva-re dei marcati tratti tradizionali, popolari, festaioli e “rugantini” nel suo stesso esistere e divenire quotidia-ni.Sono proprio questi tratti “genetici” della nostra città che, attraverso un ficcante, tagliente ed arguto senso dell’umorismo, hanno saputo contrapporsi all’arro-ganza del potere ed alla corruzioni delle classi, espri-mendo il proprio pensiero di verità e di libertà, sia attraverso “Pasquino”, sia anche attraverso le altre “statue parlanti” di Roma.Dopo tanti anni di gloria e splendori della Città Eterna, il panorama si presentava nel medioevo co-me un nucleo urbano all’interno del quale le poche abi-tazioni ed edifici non seguivano nessun criterio di quello che oggi potremmo chiamare un “piano rego-latore”. Solo con l'avvento di Sisto IV, divenuto duecentododi-cesimo Papa della Chiesa Cattolica nel 1471, rico-mincia un’importante storia d’investimenti edilizi ed urbanistici. Il maggiori beneficiari di questa opportuni-tà furono, evidentemente, i Cardinali e le buone fami-glie del tempo che potevano disporre di importanti risorse economiche, per effetto delle vendite delle indulgenze, di balzelli e di decime. A loro seguirono molti importanti uomini della vita economica Roma-na e della Corte Pontificia nel fare esibizione di ricchezza. Fu proprio quindi dal gareggiare tra le fami-glie Sforza, Borgia, Nardini e Carafa per vedere chi avesse costruito la piu’ importante e suntuosa dimora

familiare, che si ebbe l’inizio “de facto” della Roma Rinasci-mentale. Tutti questi importanti e suntuosi pa-lazzi di nobili e ricchi divengo-no ricettacolo di importanti reperti romani della storia più antica, i quali furono saccheggiati e collocati nei palazzi per essere esibiti come oggetti di vanto, dentro e fuori le dimore.La “statua parlante” di Pasquino fu addossata all’angolo di Palazzo Orsini (successivamente Bra-schi), per volere del Cardinale Oliviero Carafa nel 1501 e la piazza che precedentemente si chiamava Piazza Parione, gli venne intitolata in quel momento. La scultura nella sua connotazione originaria sembra che fosse una delle statue che costituivano la decora-zione dello Stadio di Domiziano, (l’attuale Piazza Na-vona), dove è stato rinvenuto durante i lavori di pavimentazione della zona ad inizio del ‘500. Sull’attribuzione del nome di “Pasquino” molte sono le ipotesi e non ci è dato sapere con certezza a chi realmente fosse intitolata. I primi messaggi di contrapposizione alle scelte dl potere temporale si datano nei primi anni del XVI secolo. Si racconta infatti che Pasquino inizio’ a sberleffare in occasione della festa di S. Marco (il 25 aprile). Il busto che era sul percorso della via Papale, veniva abbigliato co-

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CONSULENTEPASQUINO

Statute parlanti di Roma riunite in un

vero e proprio Congresso: il

"Congresso degli Arguti"

Andrea Tommasini

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Carilló del Palau de la Generalitat

me una divinità (Venere, Giano o Apollo) ed il piedi-stallo della statua era il luogo deputato per gli epi-grammi satirici, in versi od in prosa, manifestazione della libertà del popolo romano.Da allora sino al presente Pasquino divenne “parlante” ed entro’ nell’inconscio collettivo come “anima di Ro-ma”, spirito, "salis" ed "l'acetum" dell’anima della po-polazione romana. Come “colui” il quale aiutava la verità ad emergere negli strati della coscienza. I popola-ni scettici sino al cinismo, dissacratori ed un pò cana-glie, davano con i propri messaggi voce a Pasquino. A rispondere a Pasquino erano altre statue romane defini-te come il “Congresso degli Arguti”. Esso era costitui-to da altre statue che, per ubicazione od opportunità, rispondevano, dibattevano ed altercavano ai motti po-polari di Pasquindo creando dei veri e propri Congres-si sui temi che minavano la serenità del popolo romano. Le critiche che venivano mosse, proprio perché il potere temporale era sacro, giungevano forti, dissacratorie e blasfeme seppur utilizzando la fre-quenza dell’ironia per comunicare i propri malesseri e cio’ che ritenevano non giusto.Pasquino non è mai stato nella storia una voce rivolu-zionaria. E’ semplicemente un conservatore che ha compreso che l’ottimo è il peggior nemico del bene e che, pertanto, auspica solo al “meno peggio”.Ironico e pungente, dissacra, evidenzia, sottolinea, ammonisce e condanna le ingiustizie che sente subite. Interessante anche ricordare che il popolo romano era per la stragrande maggioranza analfabeta, e non si ritie-ne pertanto potesse essere l’autore materiale delle pa-squinate. Queste erano spesso scritte in latino o in versi poetici ed anche di raffinata fattura. Il Pasquino “di turno” poteva essere indistintamente uno studente, un letterato del calibro dell’Aretino o di Giovan Battista Marino, ma anche portaborse od emis-sari di Cardinali papabili in contrapposizione per fini propri o di equilibrio all’interno di Santa Romana Chie-sa. Si tratta di una preziosa storia che raccoglie i fonda-mentali umori e proteste che venivano raccolti dalla gente del popolo. Da coloro i quali in virtu’ delle scelte del potere temporale potevano o non potevano questa o l’altra cosa. L’anonimato era sempre garanti-to per non incorrere nelle ire della giustizia, assai poco tenera con i "calunniatori" del potere. Si pensi solo che nel 1556 Nicolò Franco, riconosciuto colpevole di motteggiare il papa, fu condannato alla forca da Pio V. Durante il Pontificato di Benedetto XIII furono commi-nate la pena di morte, la confisca dei beni e l'infamia del nome "per chiunque, senza distinzione di persone,

clero compreso, scrive, stampa, diffonde ....libelli che abbiano carattere di pasquinate". Pasquino è sorve-gliato a vista dalle guardie, ma non serve a nulla. In ogni caso, nessun Papa, ad eccezione di Adriano VI (che comunque desistì), volle mai eliminare definitiva-mente la voce della contrapposizione, nella consape-volezza della necessaria complementarità del potere temporale con l’emblema del popolo romano nell’espressione della sua coscienza e profonda sensi-bilità. Qualche Papa nella storia cercò di imbavagliarlo fa-cendolo sorvegliare da guardie armate, ma dovette de-sistere perché le pasquinate si moltiplicarono ovunque a causa di quella decisione impopolare. Anche per effetto di questo aumentò il numero delle statue roma-ne a rispondere “in congresso” con sapiente e ta-gliente arguzia.Al “Congresso degli Arguti” presiedevano altre statue parlanti di Roma: "il Marforio" (considerato la spalla dialogante di Pasquino) ed altre statue minori, ma non per questo poco attive, quali "il Facchino", "la Mada-ma Lucrezia", "l’Abate Luigi" e il "Babuino". “FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA CONQUI-STAI CON MARFORIO E CON PASQUINO NELLE SATIRE URBANE ETERNA FAMA EBBI OFFESE, DISGRAZIE E SEPOLTURA MA QUI VI-TA NOVELLA E ALFIN SICURA”… Questo il bre-ve epitaffio sulla base che sorregge l'"Abate Luigi", in piazza Vidoni.Pasquino ed il Congresso dei Savi rappresentano dunque una storia parallela a quella accademica spes-so sapendo svelarne pieghe nascoste in modo più veri-tiero e credibile di quello che ci tramandano gli atti e i documenti ufficiali. La storia di Pasquino vanta ben 4 secoli di scritti. Una raccolta di voci che non discute il sistema: lo interpreta, lo critica, lo assolve, lo lapida ed a seconda dei momenti e che sa anche tacere. Un flusso comunicativo la cui sorte nella storia è stata to-talmente legata a quella del papato, al punto che, quando Roma diventò "piemontese", tacque. Quando i bersaglieri entrano a Porta Pia, Pasquino perse il suo antagonista, il Papa Re e ciò che dice da dopo il 1870, non fa più storia ai fini del potere tempo-rale. I "forastieri" non possono capire fu l’ultima conclusione.

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Il Consiglio provinciale dell'Odine dei Consulenti del lavoro di Roma, al fine di agevolare i propri iscritti, ha sottoscritto un'integrazione alla convenzione con la EFI ADR - Camera Nazionale di Concilia-zione. In virtù di tale convenzione la EFI applicherà, ai ns. iscritti e clienti dei ns. iscritti, per le Concilia-zioni instaurate presso l' organismo, una riduzione del 25% sulle tariffe delle spese di procedura della Conciliazione, così come dettagliate nella tabella allegata alla presente. La EFI inoltre, favorirà in via pre-ferenziale per la nomina a Conciliatore gli iscritti dell’Ordine che siano stati formati da EFI Spa – Ente di Formazione accreditato, nelle materie di loro specifica competenza. Inoltre a far data dal 16 maggio p.v. sarà operativo l'Organismo di Conciliazione, per i consulenti del lavoro, presso la sede dell'Ordine.

Convegno Giovedì 16 giugno 2011 ore 09,30 – Oly Hotel – Via Santuario Regina degli Apostoli 36

Gli Studi di Settore: Funzionamento, cause di esclusione ed inapplicabilità; orientamento della Cassazione

Dott. Massimiliano Bellini – Dott. Commercialista e Revisore Contabile

Tavola Rotonda - Replica Martedì 28 giugno 2011 ore 9,30 - Sede Ordine – Via C. Colombo 456

La Mediazione dopo il D.lgs.28/2010: Aspetti pratici e simulazione di un caso pratico Dott. Giulio Renato Fiorimanti – Dott. Commercialista, Revisore dei Conti e Dottore in Giurisprudenza

CONVENZIONE CON LA EFI - ADR

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