"The Movie on your Eyelids" La bellezza nell'uso degli artefatti

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Relatrice Proff.ssa Patrizia Marti Controrelatore Prof. C. J. Overbeeke Tesi di Laurea di Antonio Dell’Ava anno accademico 2009 | 2010 Università degli Studi di Siena | Facoltà di Lettere e Filosofia | corso di laurea in Design di Ambienti per la Comunicazione

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Tesi di Laurea che esplora le modalità di interazione con gli artefatti digitali.

Transcript of "The Movie on your Eyelids" La bellezza nell'uso degli artefatti

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    Relatrice Proff.ssa Patrizia MartiControrelatore Prof. C. J. OverbeekeTesi di Laurea di Antonio DellAvaanno accademico 2009 | 2010

    Universit degli Studi di Siena | Facolt di Lettere e Filosofia | corso di laurea in Design di Ambienti per la Comunicazione

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    Relatrice Proff.ssa Patrizia MartiControrelatore Prof. C. J. OverbeekeTesi di Laurea di Antonio DellAvaanno accademico 2009 | 2010

    Universit degli Studi di Siena | Facolt di Lettere e Filosofia | corso di laurea in Design di Ambienti per la Comunicazione

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    In Copertina:Marcel Wyss, Karl Gerstner:Spirale 9

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    Premessa:Questa tesi il frutto di un lavoro condotto in collabo-razione con altri due studeti: Letizia Vaccarella (Uni-versit di Siena) e Bastiaan Ekler (TU/e), nellambito di una collaborazione fra il dipartimento di Sc. della Comunicazione di Siena e il dipartimento di Industrial Design della technical University Eindhoven. Lim-pegno profuso stato pari da parte di tutti. Chi scrive racconter il progetto rispetto alle sue conoscenze e al suo personale contributo

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    Indice0.

    1. Introduzione

    1.1. LEstetica dellinterazione

    Levoluzione degli Artefatti InterattiviCoupling tra Input e Ouput Esempi Pratici

    1.2. Ispirazioni

    Perceptual CrossingIntenzionalit Condivisa

    2. Analisi

    2.1. Esempi Positivi2.2. Esempi Negativi2.3. Categorizzazione2.4. Come si Potrebbe Operare

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    3. Design

    3.1 overview del Processo

    Esplorazione ConcettualePrototipazioneValutazione

    4. Conclusioni

    5. Bibliografia

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    Introduzione1.

    In questa tesi vogliamo esplorare il valore degli aspetti qualitativi dei comportamenti negli artefatti interattivi. La qualit dei comportamenti data per scontata negli esseri umani. Ognuno di noi si pu esprimere con tutto il proprio corpo e con milioni di sfumature: ad esempio accarezzan-do, sbattendo i pugni, baciando, ridendo, o piangendo..., al contrario gli artefatti digitali sono in grado di comprendere solo azioni di tipo on/ off. Le loro azioni sono poi comple-tamente scollegate dal tipo di input che diamo loro. Soli-tamente noi premiamo un pulsante e qualcosa accade da qualche parte sullo schermo. Non esiste nessun legame tra input e output. Mentre la relazione che c tra un bacio e la sensazione che provoca naturale fino ad essere scontata.Questo impoverisce visibilmente la nostra espressivit quando abbiamo a che fare con questo tipo di tecnologie nella vita quotidiana: in auto ci possiamo esprimere con un unico rumore (il clacson: che ha sempre lo stesso tono in-dipendentemente dalla situazione); quasi tutti i sistemi di illuminazione o sono accesi o sono spenti, quasi mai sono in grado di comprendere quanta luce c e illuminare di conseguenza. Una porta automatica si apre senza compren-dere quanta fretta abbiamo, molto spesso si chiude davanti

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    a noi senza che comprendiamo bene perch labbia fatto. Al contrario non abbiamo difficolt a capire se una macchina ci lascer passare sulle strisce pedonali: la qualit dei movi-menti significativa delle intenzioni del guidatore.Il problema che vogliamo porre qui non di usabilit ma di estetica. Progettare le qualit estetiche dellinterazione non significa rendere un prodotto bello da vedere ma, bello da usare. Immaginate di essere in un bar, e dopo aver chie-sto una coca-cola la commessa buttasse ai vostri piedi una lattina e le monete di resto. Non un bel comportamento, eppure quello che fa ogni giorno un distributore di vivan-de. Per renderlo esteticamente apprezzabile necessario ripensare il canonico concetto di bellezza solitamente lega-to alla semplice apparenza: c una bellezza nel conoscere (per esempio nellarte e nella poesia), una bellezza senso-motoria che ha origine nella nostra capacit di muoversi nello spazio e confrontarsi con esso (come nella danza). Una bellezza che viene dalla nostra abilit di emozionarci e una bellezza sociale, che deriva dallo stare e interagire con gli altri (1).Nel nostro caso eravamo interessati a progettare compor-tamenti che ricreassero questo tipo bellezza duso negli artefatti interattivi. Abbiamo, per prima cosa, analizzato come sono progettati oggi i comportamenti negli artefatti quotidiani, cercando di individuare sia esempi negativi che positivi. Poi abbiamo realizzato un prototipo per testare e dimostrare la nostra idea. Lobiettivo non era creare un prodotto ma esplorare la bellezza duso degli artefatti.Abbiamo poi condotto alcune sedute di valutazione con gli utenti che ci hanno permesso di trarre delle ipotesi.Questo primo capitolo ha lo scopo di introdurre, per prima

    (1) The Aesthetics of the Impossible, C.J. Overbeeke, 2007, TU/e Univer-sity press.

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    cosa, il tema dellestetica dellinterazione dando una pano-ramica dei vari approcci alla disciplina. Poi verranno trat-tate due teorie, una scientifica e una filosofica, le quali sono state per noi fonte di ispirazione per il design di artefatti interattivi.

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    LEstetica dellInterazione1.1

    Come ci ricordano Petersen, Iversen, Krogh, e Ludvigsen (3) gi Shusterman (2) distingueva estetica analitica ed estetica pragmatica. La prima riguarda lo stile di un prodot-to e si limita ad essere un bonus aggiunto. In questo caso la progettazione si occupa di definire una forma che sar bella per chi la vede.Al contrario, per lestetica pragmatica la bellezza emerge durante luso dellartefatto in un determinato contesto. Questo significa che un artefatto non pu essere definito bello a priori. Ma la bellezza un dialogo che trae il suo si-gnificato dalle opportunit offerte dallartefatto e la capacit umana di esplorarle (4). Le costruzioni LEGO risultano senza dubbio attraenti per un bambino, ma la loro bellez-za non limitata allimpatto estetico. Quando un bambino passa un pomeriggio intero ad usarle, creando navicelle spaziali, draghi, castelli e macchine volanti, le costruzioni iniziano a ricoprire un ruolo pi ampio, diventano per lui un mondo parallelo, The Movie on (his) Eyelids. Questo tipo di interazione molto vicina a quella che Csikszentmihalyi (5) chiamava esperienza di flusso, ovvero quella dove la persona completamente immersa in unat-tivit. Lesperienza di flusso si caratterizza per una bellezza

    (3) M. G. Petersen, , O. S. Iversen, P. G. Krough, M. Ludvigsen, Aes-thetic interaction: A pragmatists aesthetics of interactive systems, 2004, In Proceedings of the Con-ference on Designing Interactive Systems: Processes, Practices, Methods, and Techniques. Cam-bridge, MA.

    (2) R. Shusterman,Pragmatist Aesthetics, 1992, Living Beauty, Rethinking Art. Blackwell.

    (5) M. Csikszentmihalyi, Flow: The Psychology of Optimal Experience, 1990 New York: Harper and Row. ISBN 0-06-092043-2

    (4) P. Marti, K. Overbeeke, Il bello dellinterazione, 2010, in S. Bagnara (ed) Index: Un percorso di specializzazione in Interaction Design Experience, Franco Angeli, Milano

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    intrinseca nello svolgere le azioni, oltre che per il totale coinvolgimento, focalizzazione sullobiettivo, motivazione, positivit e gratificazione nello svolgimento del compito.Marti e Overbeeke (4) dicono che possiamo trovare riferi-menti a questo modo di intendere lestetica gi in Gibson, nel Pragmatismo Americano (James, Dewey) e nella Fe-nomenologia (Merleau-Ponty, Heidegger). Questi autori avevano gi dato in diversi modi una loro interpretazione dellestetica come unesperienza che coinvolgesse luomo nella sua totalit: da un punto di vista senso-motorio, socia-le, emozionale e cognitivo.Infatti Dewey (6) affermava che sono i processi storico sociali entro cui gli artefatti vengono prodotti e fruiti che li rendono esteticamente apprezzabili. Il fatto che un mate-riale e una forma sia apprezzata e si diffonda il risultato di un processo di appropriazione dellartefatto da parte di una comunit. Ci implica che la bellezza non assoluta e a-priori, bens una qualit emergente nellinterazione quo-tidiana con un artefatto in un contesto pratico, non solo un il risultato della percezione visiva.La teoria della Percezione Diretta di Gibson (7) gi affer-mava che noi vediamo il mondo attorno a noi in termini di possibilit dazione. Gli aspetti fisici della reat avrebbero delle qualit, chiamate affordances, che ci invitano ad un particolare uso della stessa. Il concetto di affordance non appartiene n allartefatto n allutente ma si viene a cre-are dalla relazione che si instaura fra di essi. Non per corretto pensare che gli artefatti siano significativi solo in virt della loro capacit di rappresentare una realt a noi nota (come nel caso di unicona). Piuttosto unesperienza relazionale e olistica tra il s e il mondo come descritto da

    (6) J. Dewey, Art as Experience, 1987 Carbondale: Southern Illi-nois University press.

    (fig. 1) chiunque di noi abbia provato lesperienza delle costru-zioni conosce il piacere intrinseco derivato dallincastrare i pezzi.

    (7) J. J. Gibson, The Ecological Approach to Visual Perception, 1986 Hillsdale, NJ, USA: Lawren-ce Erlbaum Associates, Inc

    (4) P. Marti, K. Overbeeke, Il bello dellinterazione, 2010, in S. Bagnara (ed) Index: Un percorso di specializzazione in Interaction Design Experience, Franco Angeli, Milano

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    (9) J.P. Djajadiningrat, C.J. Overbeeke, e S.A.G. Wensveen, Augmenting fun and beauty: A pamphlet, 2000, Proceedings of DARE 2000: Designing Augmen-ted Reality Environments. Helsin-gor, Denmark, 131-134.

    Merleau-Ponty (8). In questa prospettiva la nostra relazio-ne con lesterno definita da tutti i nostri sensi insieme, non solo dalla vista.

    LEvoluzione degli ArtefattiInterattivi

    Se confrontiamo lesperienza corporea e olistica dei LEGO con un gioco digitale ci accorgiamo che le due esperienze sono incommensurabili. Mentre tutto il mondo degli ogget-ti meccanici ci familiare per natura in quanto noi stessi ci muoviamo nel mondo con le stesse regole newtoniane, il mondo dei prodotti digitali pi opaco (9). Non potendoli comprendere in modo cos diretto con le mani essi si sono evoluti per sfruttare le nostra capacit di conoscere icone, bottoni, finestre, e le relative funzioni. Attivit che avevano fisicit, emozionalit e anche una dimensione sociale, si sono appiattite su uno schermo diventando meramente co-gnitive. Oggi si gioca a carte contro il computer e il nostro vicino di scrivania fa lo stesso a un metro di distanza.E un dato di fatto che i prodotti digitali siano fermi alle GUI (graphical user interface) dai tempi dello Xerox Parc di Palo Alto. Dopo quaranta anni che cerchiamo di creare in-terfacce facili da usare lunico risultato stato laumento del carico cognitivo che pesa su di noi. Negli artefatti inte-rattivi ci si concentra nel creare sempre nuove funzioni che diventano nuovi compiti da eseguire, nuove informazioni da raggiungere, quindi nuve icone, finestre, bottoni ...

    (8) N. Merleau-Ponty, Phnomnologie de la Perception, 1945 Paris: Gallimard; Phenome-nology of Perception, 1962, trans. C. Smith, London: Routledge

    Una comune fotocopiatrice. Evi-dentemente il touch screen non la soluzione a tutti i problemi.

    (fig. 2) Lo Xerox Alto (73) stato il primo computer ad interfaccia grafica di tipo WIMP ( windows, icon, menu, pointing ). Progettato allo Xerox Park a Palo Alto non entr mai in commercio.

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    Lo sforzo dellestetica dellinterazione va nel senso di ri-portare tutte queste attivit a modalit desperienza duso ricche, che coinvolgano tutte le abilit umane: cognitive, sensomotorie, emozionali e sociali. Per Djajadiningrat, Overbeeke, e Wensveen (9) necessario pensare agli ar-tefatti interattivi come contesti per lesperienze che non impongano agli utenti serie strutturate di azioni. Hummels (10) aggiuge che i prodotti digitali devono lasciare liberi gli utenti di raggiungere i loro obiettivi in maniera personale. Il concetto fondamentale che bisogna smettere di focaliz-zarci sul facile da usare, ma inizire a progettare esperien-ze vive e coinvolgenti, per cui valga la pena spendere tempo ed energia. Nessun violinista ha imparato a suonare perch era facile (9).Continuando a seguire il ragionamento di questi autori per fare questo cambiamento bisogna mostrare gli aspetti fun-zionali e piuttosto che nasconderli o rappresentarli. In un videoregistratore abbiamo bisogno di uno schermo per capire se la videocassetta su cui registrare inserita. Poi icone ed etichette per capire come registrare, mandarla avanti oppure indietro. Anche in una fotocopiatrice ne-cessario uno schermo di sussidio per sapere quale formato

    (9) J.P. Djajadiningrat, C.J. Overbeeke, e S.A.G. Wensveen, Augmenting fun and beauty: A pamphlet, 2000, Proceedings of DARE 2000: Designing Augmen-ted Reality Environments. Helsin-gor, Denmark, 131-134.

    (fig. 3) Un ufficio oggi arriva a contare anche decine di calcolatori diversi per un singolo lavoratore.

    (10) C.C.M. Hummels, An explora-tory expedition to create engaging experiences through gestural jam sessions., 2000, Doctoral disser-tation. Delft University of Techno-logy.

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    di carta ho selezionato e quanta ne rimasata, eppure tutti questi dati hanno una loro fisicit evidente. Perch dunque occorre rappresentarli metaforicamente? Questa tendenza il motivo principale per cui siamo obbligati a fare riferi-mento alle nostre sole abilit cognitive durante le interazio-ni.Al contrario nella manipolazione fisica degli oggetti tutte le abilit umane concorrono allinterazione. Lidea cen-trale dellestetica dellinterazione che momento del ra-gionamento e quello dellazione e dellesperienza devono coincidere. Per questo durante la progettazione bisogna mostrare piuttosto che nascondere, pensando con le mani interazioni ricche e piacevoli, come quella dei LEGO, piut-tosto che serie obbligate di click su bottoni ed icone. Come fa notare Frens (11) questo dovuto al fatto che negli artefatti digitali la progettazione dellinterazione e della for-

    (fig. 4) Qui a destra uninterfaccia di una fotocopiatrice. Evidente-mente il touch screen non la soluzione a tutti i problemi.

    (11) J. W. Frens, Designing for Rich Interaction: Integrating Form, Interaction, and Function, 2006, Eindhoven University of Technology, Eindhoven, the Ne-therlands. (http://www.richinte-raction.nl)

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    1.1.2

    (fig. 5) Nello schema a destra sono visualizzati i 6 aspetti che devono esplorati in un processo design di un artefatto interattivo secondo Frens.

    funzione

    studio dellafunzione dellartefatto

    form

    a

    interazione

    studio delle relazionitra interazione e forma

    stud

    io d

    ella

    form

    a de

    llar

    tefa

    tto

    stud

    io d

    elle

    rela

    zion

    i

    tra

    inte

    razi

    one

    e fu

    nzio

    ne

    studio dellinterazione

    dellartefatto

    studio delle relazioni

    tra funzione e formama sono separate. Per creare interazioni estetiche neces-sario invece esplorare insieme forma, funzione e modalit dinterazione.

    Il Coupling tra Azione e Funzione

    Nel precedente paragrafo abbiamo distinto linterazione che di solito abbiamo con i prodotti digitali e lapproccio nuovo dellestetica dellinterazione. In questo capitolo ap-

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    profondiremo tale differenza analizzando il tema delle af-fordances, ovvero gli elementi che ci fanno comprendere le modalit duso di un artefatto. Solitamente linvito alluso viene dal nome dalle etichette, dalle icone e dalla metafora del desktop in generale: nello specifico, alla pressione di un tasto della tastiera o del mouse corrisponde un evento sullo schermo. Djajadiningrat, Overbeeke, Wensveen (12) osservano come nel caso sopracitato la relazione che inter-corre tra azione e funzione totalmente arbitraria. Lazione sempre la stessa: premere. Essa legata alla funzione semplicemente dal significato dellicona o delletichetta. Lapproccio dellestetica dellinterazione, invece, ricerca un legame fisico tra azione e funzione rendendo significative le modalit con cui agiamo su un artefatto.Questo ci che accade normalmente nel mondo newto-niano in cui ci muoviamo.

    (12) J. P. Djajadiningrat, C. J.Overbeeke, S.A.G. Wensveen, But how, Donald, tell us how?: on the creation of meaning in interac-tion design through feedforward and inherent feedback, 2002, Symposium on Designing Interac-tive Systems 2002: 285-291

    (fig. 6) Lo schema mostra le differenze tra i due approcci nel creare significato nellinterazione con gli artefatti digitali. Lap-proccio semantico, quello delle interfacce WIMP, si basa sulla metafora del desktope sfrutta la nostra capacit di (ri)conoscere. Al contrario lapproccio diretto parte dallidea che il significato venga creato nellinterazione tra il nostro corpo fisico e gli aspetti tangibili degli artefatti. La domanda che si pone il designer in questo caso cosa possiamo fare con il nostro corpo?.

    scibile tangibile

    cognizione/linguaggio

    semantica/semiotica

    icone/metafore

    azione/comportamento

    affordances

    feedforward/feedback

    Approccio Semantico Approccio Diretto

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    Wensveen, Djajadiningrat, Overbeeke (9) ci fanno nota-re che nella manipolazione degli oggetti meccanici non abbiamo molte difficolt nel collegare azione e funzione. Gli stessi autori citano un esempio molto chiaro: quando tagliamo delle figure con le forbici, esse si muovono esatta-mente nel momento in cui eseguiamo lazione con le mani, dove, verso dove e con la stessa velocit con cui agiamo su di esse. La forza delle nostre dita pu essere sentita nellar-tefatto mentre tagliamo, ne udiamo il suono e sentiamo la carta tagliata che si adagia sulle nostre dita. Infine la nostra espressivit si riflette sulla forma dei tagli che facciamo per isolare la nostra immagine.Mentre per gli artefatti meccanici tutte queste caratteristi-che sono naturali, in quelli interattivi elettronici devono essere create. Queste osservazioni possono essere usate come linee guida durante la progettazione per rendere la relazione tra azione e funzione pi naturale.

    (13) S.A.G. Wensveen, J. P. Djajadiningrat, C. J. Overbeeke, Interaction frogger: a design framework to couple action and function through feedback and feedforward, 2004, Conference on Designing Interactive Systems 2004: 177-184

    (fig. 7) lattivit di ritagliare le figure le figure con le forbici

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    (13) S.A.G. Wensveen, J. P. Djajadiningrat, C. J. Overbeeke, Interaction frogger: a design framework to couple action and function through feedback and feedforward, 2004, Conference on Designing Interactive Systems 2004: 177-184

    Quindi quando interagiamo con gli oggetti meccanici ab-biamo sempre unit dazione e reazione in sei aspetti:

    tempo: lazione dellutente e la reazione del prodotto avvengono nello stesso momento;luogo: lazione dellutente e la reazione del prodotto avvengono nello stesso luogo;direzione: la direzione (sopra, sotto, destra, sinistra, aventi, indietro, ...) nello spazio del prodotto la stessa della mia azione;dinamica: la dinamica dellazione (accelerazione, for-za, velocit,..) corente con lazione del utente;modalit di interazione: le modalit dinterazione (gesturali, tattili, vocali, ...) sono le stesse per lutente e per lartefatto. Ci permette di sentirlo come parte di noi;espressione: la mia espressivit nellazione si riflette nellespressivit della reazione dellartefatto;

    Tuttavia, come fanno notare Wensveen, Djajadiningrat, Overbeeke (13), questo non sempre possibile e nemmeno desiderabile. Se un telecomando di uno stereo avesse unu-nit di luogo tra azione e funzione non sarebbe pi utile. Infatti esso nasce proprio per non doversi avvicinare tutte le volte per usarlo. Lo stesso se decidessimo di dare unit di tempo tra azione e funzione a un reminder. La sua utilit risiede nel fatto di poter essere programmato in un mo-mento e poi attivarsi in uno diverso per ricordarci le cose. In realt molti dei prodotti digitali sono utili proprio perch ci permettono di trascendere la fisica di Newton.

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    Quando non possibile creare corenza e unit tra azione e funzione copiando i prodotti meccanici necessario che il designer aiuti lutente in due momenti: prima dellazione con il feedforward e durante con il feedback. Il feedforward guida alla funzione desiderata, il feedback rafforza il le-game tra lazione compiuta e il risultato ottenuto. Sia il feedback che il feedforward pu essere di tre tipi: inerente, aumentato o funzionale.

    Il feedback funzionale quello che ci viene dallattivazione della funzione stessa. Per esempio quando accendo il mio iPod ho un feedback funzionale dalla musica che inizia a suonare nelle cuffie.

    Il feedback aumentato viene da elementi spia sussidiari. NelliPod c una piccola lucina verde che ci d feedback aumentato ogni volta che premiamo un bottone.

    azionefeedforward

    - inerente- aumentato- funzionale

    - inerente- aumentato- funzionale

    feedback

    (fig. 8) lo schema mostra come si dispongono a livello temo-rale feedbac e feedforward. Il feedforward rigrarda ci che viene prima dellazione, il feedback ci che avviene dopo e durante essa.

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    Il feedback inerente quello pi legato allestetica dellinte-razione in quanto viene dallazione stessa. Quando premo il pulsante di accensione sento sotto le mie dita un piccolo slider che si muove fino a che si blocca in unaltra posizione. Nellazione percepisco il cambiamento di stato OFF/ON.

    Il feedforward funzionale dettato dalle propriet funzio-nali visibili di un oggetto (14): uno slot per la carta e le car-tucce di inchiostro possono lasciarci intuire che si tratta di una stampante. Anche lidentit del prodotto, se ne ha una, concorre a dare un feedforward funzionale (15).

    il feedforward aumentato , come il feedback aumentato, un sussidio che viene dato allinterazione ma, in questo caso, prima che essa avvenga. Le istruzioni di un respirato-re su un aereo ne sono un esempio.

    Il feedforward inerente emerge dalle possibilit di manipo-lazione percepite dal utente nellaspetto materiale dellarte-fatto. Il feedforward inerente ci informa su come possibile alterare il sistema. Levidente premibilit (consistenza, diverso colore, lessere in rilievo rispetto a una superfice) di un bottone, e la possibilit di rotazione (forma tonda, forma adatta ad essere tenuta in mano ) delle manopole del gas sono due validi esempi di feedforward inerente.

    (14) D.A. Norman, The psychology of everyday things, 1988, New York: Basic Books [Reprinted MIT Press, 1998].

    (15) K. Krippendorff, R. Butter, Product semantics: Exploring the symbolic qualities of form. Innovation, 1984, The Journal of the Industrial Designers Society of America, pp. 4-9.

    (fig.9) Sopra una situazione un po ironica di come si possono creare match tra vari tipi di feedback e feedforward. Qui un feedforward sussidiario (il cartello leave your comment) abbinato a un feedback di tipo funzionale (la funzione culturalmente e fisica-mente definita del cestino della spazzatura).

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    Ricapitolando: il paradigma dellestetica dellinterazione antitetico al modello di progettare gli artefatti interat-tivi basato su schermi, icone e bottoni. In quest ultimo a fornirci il mapping tra azione e funzione la conoscenza delle etichette e delle icone. E quindi un modello basato sulla conoscenza di rappresentazioni. Lestetica dellinte-razione predilige invece un (I) modello basato sullazione mediante oggetti fisici. (II)Unisce azione e funzione con un approccio diretto, ovvero attraverso le stesse modalit degli oggetti meccanici, quando conveniente, altrimenti fa ricorso ai concetti di feedback e feedforward declinati in tre aspetti: funzionale, aumentato e inerente. In generale le-stetica dellinterazione vede (III) gli artefatti come contesti per creare esperienze indimenticabili, (IV) bellezza duso intrinseca grazie a una libera creazione dei significati e alla ricchezza sensoriale nelle interazioni, piuttosto che strut-turare i task in serie obbligate di azioni per migliorare la facilit duso.

    Nel prossimo capitolo riportiamo alcuni esempi che pos-sono dare unimmagine concreta di queste considerazioni teoriche.

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    Esempi Pratici1.1.3

    Per concludere la nostra breve introduzione al tema delle-stetica dellinterazione vogliamo proporvi alcuni progetti provenienti da vari ambiti. Ognuno esemplifica una pro-priet dellestetica dellinterazione (anche se ovviamente le contiene tutte):

    1.1.3.1 interazioni basate sullazione:- Rich Interaction di Joep Frens- Curious Cup di Patrizia Cacciapuoti1.1.3.2 legami diretti tra azione e funzione:- Friendly Vending di Guus Baggermans1.1.3.3 bellezza duso intrinseca:- Dancerail di Eric Toering, Frank de Jong, Pakwing Man1.1.3.4 artefatti come contesti per lesperienza:- Nipple Chair (Placebo) di Antony Dunne e Fiona Raby- IROMEC

    Alla fine di questa serie di esempi il lettore ne trover uno riassuntivo di tutte le propriet: la lampada AEI di Philip Ross.

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    1.1.3.1 interazioni basate sullazione

    Rich Interaction

    Joep Frens ha lavorato su una fotocamera totalmente meccanica che si basa su due concetti chiave: Mode-relevant action-possibilities (MR APs). Ci significa che le possibilit dazione sono visibili solo quando rilevanti per luso dellartefatto. Poi Mode of use reflected in physical state (MURPS). Ovvero in ogni modalit duso la fotocamera ha forme fisiche differenti. Per esplorare e dimostrare la sua idea Frens ha realizzato un prototipo con 4 differenti interfacce: una che integra ognuno dei due concetti sviluppati, una con tutti e due, e una totalmente priva di questi due concetti quindi convenzionale. Non ha riscontrato differenze significative in termini di usabi-lit fra le quattro interfacce. Questo progetto ci mostra come lo studio della forma, delle funzioni, dellinterazione possano essere integrate per creare interazioni basate sullazione piuttosto che sulle capacit cognitive. Esiste quindi unalternativa a serie infinite di menu e icone. I due concetti che Frens propone ci possono guidare nel creare altre alternative valide.

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    Rich Actions Cam: integra sia il concetto di MR APs che di MURPS. La fotocamera assume different forme e mostra sole le posibilit dazione utili in quel momento nelle tre differenti modalit duso (fotocamera, quick review e view)

    Light Controls Cam: implementa le MR APs. I bottoni sono icone luminose che si spengono, quindi diventano invisibili quando la modalit della fotocamera non presup-pone il loro uso (es. la funzione scatto in modalit view)

    Mixed Actions Cam: integra il concetto di MURPS, ovve-ro la fotocamera ha una forma di versa per ogni modalit duso. Le modalit fotocamera, quick review e view corri-spondono a tre differenti stati fisici dellinterfaccia.

    Conventional Controls Cam: si presenta come una comu-ne fotocamera attualmente in commercio dove la forma non cambia a seconda della modalit duso e le funzioni sono sempre tutte visibili.

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    1.1.3.1 interazioni basate sullazione

    Curious Cup

    Curious Cup di Patrizia Cacciapuoti pensato per incoraggiare la socializzazione tra i bambini giapponesi sia a casa che a scuola creando nuovi modi di comunicare. Cu-rious Cup permette di registrare suoni, collezionarli e condividerli con gli altri bam-bini. Per usarla non serve nessuno schermo o icona. Le modalit di condivisione si basano su un atto fisico di scambio del fondo della curious cup che pu essere svitata e riavvitata su unaltra cup. Alloccasione un bambino la pu usare anche come me-daglietta distintivo da appendere sul grembiale scolastico. Inoltre le stesse modalit di ricarica della batterie sono uninterazione fisica bella oltre che ecososteibile.

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    1.1.3.2 legami diretti tra azione e funzione

    Friendly Vending

    Guus Baggermans ha creato un distributore automatico di bevande senza bottoni. Le lattine, protette da dei tubi di plastica, seguono i movimenti dellutente mostrando-gli sempre il marchio. In questo modo il friendly vending implementa il concetto di feedforward inerente, mostrando il suo funzionamento, basato sul riconoscimento dei movimenti e cosa lutente pu ottenere con le sue azioni. Possiamo anche notare un feedforward di tipo funzionale dal momento che evidente che i tubi si possano aprire. Lutente pu scegliere la bibita semplicemente indicandola. Il venditore auto-matico reagir con espressivit e qualit dei movimenti alle azioni gestuali delluten-te liberando la lattina grazie al movimento dei tubi trasparenti. La reazione dellarte-fatto avviene nello stesso momento, nello stesso luogo e con modalit di interazione (il movimento) identiche alle azioni dellutente. Queste caratteristiche legano la funzione allazione. Poi, come ovvio, c un feedback di tipo funzionale dal momento che la lattina viene liberata e portata verso lutente con educazione.

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    Creato da Eric Toering, Frank de Jong, Pakwing Man Dancerail un tubo luminoso che con la sua forma replica i movimenti della danza. La luce dentro il tubo pu scorrere con la stessa velocit dei movimenti del danzatore, sfiorandolo gli utenti saranno in grado di danzare con la luce coordinandola ai propri movimenti. Il progetto par-ticolarmente interessante perch cerca di replicare unattivit sensomotoria, solita-mente considerata intrinsecamete bella da fare, in un oggetto con le stesse qualit.

    1.1.3.3 bellezza duso intrinseca

    Dancerail

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    1.1.3.4 artefatti come contesti per lesperienza

    Iromec

    .

    Iromec un robot modulare progettato e realizzato da aziende e universit, tra le quali lUniversit di Siena, per prevenire e curare lisolamento di bambini con dif-ferenti disabilit, cognitive, dautismo e motorie ( http://www.iromec.org ). Iromec nasce come un compagno in grado di fornirgli un contesto di gioco adatto alle loro abilit. Iromec ha diversi moduli con diversi scenari di gioco. Ciascuno di essi oltre ad avere un perciso obiettivo terapeutico ( es. coordinamento sensomotorio, capacit di rispettare i turni, ... ) contiene una serie di variabili qualitative che abilitano lesi-stenza di unesperienza di gioco. Innanzitutto per il fatto che negli scenari il robot un compagno: c quindi un contesto che presuppone il confronto e la cooperazio-ne. Poi per il fatto che il robot reagisce emotivamente ad alcuni stimoli, impaurendo-si o rallegradosi. Ci non avviene semplicemente tramite le rappresentazioni facciali ma anche con comportamenti qualitativi. Per esempio la pelliccia che vediamo nel-la foto in grado di diventare subito irta quando il bambino si avvicina velocemente, mentre questo movimento pi lento se il bambino si avvicina camminando.

  • 025

    Creato da Anthony Dunne e Fiona Raby, Placebo composto da otto prototipi di oggetti domestici. Questi ultimi sono pensati per elicitare la narrazione di storie che raccontino la relazione delle persone con gli artefatti elettronici. Nasce quindi come uninstallazione per farci pensare attraverso gli oggetti. Per esempio la Nipple Chair (che vediamo a de-stra) ci vuole far riflettere sulla estensione dei campi elettromagnetici degli oggetti elettro-nici. Sullo schienale della seduta ci sono due piccoli noduli che vibrano quando un campo elettromagnetico gli passa attraverso. Non viene fornita nessuna spiegazione, la sedia, come gli altri sette artefatti, solo un contesto per unesperienza significativa.

    1.1.3.4 artefatti come contesti per lesperienza

    Nipple Chair (Placebo)

  • 026

    Philip Ross il designer che ha creato AEI Lamp: un progetto che sintetizza perfettamen-te lapproccio dellestetica pragmatica. Offre uninterazione basata sullazione: la luce si regola carezzando il dorso della lampada con le mani. Vi un legame diretto tra azione e funzione: la luce si modula nello stesso momento in cui la mia mano si spodta sopra di lei, nella direzione di spostamento e con la stessa acellerazione. AEI lamp inoltre in grado di percepire e modificare la luce in base alla differenza di espressivit, capisce cio se la si sta toccando dolcemente o con forza. Qualit che la rendono intrensecamente bella da usare: AEI non si limita a dialogare con noi attraverso un semplice bottone. AEI una lampada capace di sfida intellettuale, posside una personalit: si affloscia quando stanca, coopera col lettore facendo luce nel punto che pi favorisce la lettura. Non quindi un mero pro-dotto funzionale ma un contesto per unesperienza che sostiene le attivit umane, come la lettura, in maniera complessa concorrendo alla creazione dei significati.

    1.1.3.5 esempio rissuntivo

    AEI Lamp

  • 027

    (9)

  • 028

    Ispirazioni1.2

    Come anticipato nellintroduzione al capitolo, abbiamo utilizzato due teorie, una scientifica e una filosofica, come fonte di ispirazione per il design: quella del perceptual crossing in Lenay (16) e quella dellIntenzionalit condivi-sa di M. Tomasello (17). Vogliamo puntualizzare che non nostra intenzione fare n filosofia, n scienza. La validit di queste due teorie per noi del tutto secondaria. I nostri obiettivi si limitano a trovare in esse delle valide ispirazioni per il design. La teoria di Lenay e di Tomasello per noi sono solo due idee con cui contaminarci per essere pi creativi.In questo capitolo le riassumeremo brevemente.Limportanza che rivestono per noi deriva dal fatto che entrambe fanno riferimento a comportamenti qualitativi e comunicativi (quindi estetici) come: scambi di forze, ge-stualit, sguardi, espressioni del viso, movimenti del nostro corpo, sensibilt.

    (17) M. Tomasello, The Cultural Origins of Human Cognition, 1999, Harvard University Press. ISBN 0-674-00582-1

    (16) C. Lenay, Its so touch-ing : Emotional value in distal contact, 2010

    (9 , pagina a sinistra) J.P. Djajadi-ningrat, C.J. Overbeeke, e S.A.G. Wensveen, Augmenting fun and beauty: A pamphlet, 2000, Proceedings of DARE 2000: Designing Augmented Reality En-vironments. Helsingor, Denmark, 131-134.

  • 029

    (18) M. Auvray, C. Lenay, e J. Stewart, Perceptual interactions in a minimalist virtual envi-ronment, 2008, New Ideas in Psychology, 2008, 1-16.

    (fig. 10) Il setting sperimentale

    1.2.1 Il Perceptual CrossingIl concetto di perceptual crossing stato introdotto da Au-Au-vray, Lenay, e Stewart (18) con lo scopo di esplorare la reciproca percezione mediata da artefatti digitali inter-attivi. La teoria fonda le sue radici empiriche su un esperi- La teoria fonda le sue radici empiriche su un esperi-mento di minimal design. Due soggetti bendati muovevano a destra o a sinistra un oggetto su uno schermo condiviso grazie alluso di un mouse. Ognuno dei due oggetti fungeva da recettore. Quando i due recettori si incrociavano otte-nevano un feedback tattile. Ad ognuno di questi avatar era collegato un oggetto mobile che riproduceva gli stessi movi-menti dellavatar a cui era collegato. Vi era poi un terzo tipo di oggetto che non si muoveva affatto. Anche questi ultimi due davano lo stesso feedback tattile quando uno dei due avatar li incontrava. Ai partecipanti veniva detto di clicka-

    utente 1spazio condiviso 1D

    stimolatore tattile

    stimolatore tattile inattivo

    stimolatore tattile attivo

    mouse

    avatar 1

    avatar 2

    utente 2

  • 030

    re quando riconoscevano lavatar dellaltro utente.Lunica differenza tra lavatar dellaltro utente e loggetto ad esso collegato che lavatar pu sia percepire che essere percepito. Durante lesperimento le persone clickavano maggiormente in prossimit dellavatar ditinguendolo dagli altri due.Lenay (16) dice che questa comune sensibilit rispetto al mondo (sentire e sapere di essere sentito) che ci permette di distinguere un oggetto inanimato da una persona. Grazie al perceptual crossing due persone diverse sanno che sono l insieme. Sanno di condividere lo stesso mondo. Questo, secondo Lenay, una prerogativa dello scambio di emozio-ni e intenzioni umane. Il tocco, come modalit di interazio-ne, ha un ruolo importante. Tutto il mondo emozionale governato da forze cinetiche: lamicizia mi spinge ad aiu-tarlo, la nostra relazione un legame forte, questo odio mi allontana da te. in generale una cosa emozionante si dice anche toccante. In uninterazione cinestetica le azioni di due persone sono fisicamente connesse in una dinamica comune. La capacit di sentire condivisa direttamente nellazione. In questo senso, dice Lenay siamo nudi. Non possiamo non mostrarci per quello che siamo perch non siamo in grado di crearci una maschera che medi il nostro agire sociale. Come invece avviene nella vita di tutti i giorni con il linguaggio, i vestiti, ... Marti (19) puntualizza come lesperimento di Auvray, Lenay, e Stewart mostri che linterazione non sia una propriet di un prodotto in s, ma un legame di interdipen-denza diadica. Se volessimo sfruttare questa evidenza per il design di artefatti interattivi, allora sarebbe necessario che questi mostrassero la loro capacit di percepire mentre

    (19) P. Marti, Perceiving while being perceived, International Journal of Design, vol.4, August 2010. DOI: http://www.ijdesign.org/ojs/index.php/IJDesign/arti-cle/view/768/291

    (16) C. Lenay, Its so touch-ing : Emotional value in distal contact, 2010

  • 031

    1.2.2 sono percepiti per essere sensibili in maniera qualitativa alle azioni dellutente.

    LIntenzionalit Condivisa

    Lintenzionalit condivisa, a volte chiamata anche we-intentionality, un interazione collaborativa in cui i par-tecipanti condividono lobiettivo e devono coordinare le loro azioni e i loro ruoli dentro lattivit per raggiungerlo (17). Laspetto interessante che gli obiettivi e le intenzioni di ogni partecipante devono includere gli obiettivi e le in-tenzioni degli altri. Ogni partecipante deve cio cambiare il proprio piano di azioni in funzione di quello degli altri (fig. 11). Il gioco di squadra un esempio efficacie di questo concetto.Per Tomasello lintenzionalit condivisa ha poi un ruolo chiave nei processi di sociogenesi. In unazione congiunta un bambino in grado di leggere la mente delladulto che lo sta guidando imitandolo, cio comprendendone azioni ed intenzioni. Rizzo (20) afferma che per questa ragione il concetto di affordance di un artefatto nelluomo ha una doppia natura: quella sensomotoria indicata da Gibson (7) e quella intenzionale di Tomasello (17). Laffordan-ce intenzionale la conoscenza che definisce le modalit duso privilegiate di un artefatto. Essa viena appresa grazie allimitazione dei conspecifici in rapporti di intenzionalit condivisa. Per questa capacit di trasmettere conoscenza, secondo Rizzo, gli artefatti sarebbero un ponte tra le menti delle persone.Secondo Tomasello luomo sarebbe naturalmente predi-

    (fig. 11) In una partita di Hockey lintenzionalit condivisa fon-damentale.

    (20) A. Rizzo, The origin and design of intentional affordances, 2006, Invited Speech, Proceedings of the 6th ACM Cconference on Designing Interactive systems, New York: ACM Press

    (17) M. Tomasello, The Cultural Origins of Human Cognition, 1999, Harvard University Press. ISBN 0-674-00582-1

  • 032

    sposto a collaborare proprio perch da questi processi di esplorazione delle altre menti dipenderebbe la sopravviven-za della specie umana. Senza intenzionalit condivisa non ci sarebbe quella trasmissione di conoscenza che permette alluomo di accumulare il sapere (ratchet effect), caratteri-stica che lo rende differente da tutte le altre specie.In realt anche le altre specie mostrano una certa compe-tenza nel comprendere le intenzioni altrui. Per esempio: se uno scimpanz tenta di rubare il cibo ad un altro, quest ultimo capir la sua intenzione senza difficolt e si pre-disporr a difenderlo. La differenza che lintenzionalit condivisa un processo di comprensione altrui che ci rende collaborativi piuttosto che competitivi. Il salto evolutivo che ci contraddistingue sarebbe, per Tomasello, nel provare piacere nel condividere intenzioni comunicative (20). Le intenzioni comunicative sono quelle che hanno per oggetto le intenzioni degli altri. In altri termini comprendere le in-tenzioni dellaltro e offrire una conoscenza che gli potrebbe essere utile facendolo per il piacere di fare le cose insieme. Questo piacere di condividere le intenzioni comunicative cos forte che una delle attivit che di solito si fa coi bam-bini di un anno semplicemente prestare attenzione a ci che essi indicano, condividendo sguardi ed emozioni. Gi a quellet essi sono in grado di comprendere le nostre inten-zioni di adulti e di rimanere offesi se non condividiamo con loro lesperienza.Liszkowski, Carpenter, Striano e Tomasello (21) hanno provato che bambini poco pi grandi (12-18 mesi) sono in grado di fornire intenzioni comunicative ad un adulto che ne abbia bisogno. Nel loro esperimento un adulto condu-ceva unattivit con un comune artefatto da ufficio (cuci-

    (22) U. Liszkowski, M. Carpenter, T. Striano, e M. Tomasello, 12- and 18-Month-Olds Point to Provide. Information for Others. 2006, JOURNAL OF COGNITION AND DEVELOPMENT, 7(2), 173187

    (21) M. Tomasello, The Origins of Human Communication. Cambridge, 2008, MA; London, England: MIT Press.

  • 033

    trice) in presenza del bambino. A un certo punto un altro sperimentatore entrava in scena nascondendo la cucitrice mentre il primo faceva finta di rispondere al telefono. Una volta lasciato il telefono, il primo sperimentatore, iniziava a cercare la cucitrice disperatamente. Il bambino era in grado di leggere le intenzioni dello sperimentore e di usarle indi-cando la posizione della cucitrice.La nostra mente quindi sofisticatissima nel leggere, co-municare e usare le intenzioni. Questa abilit alla base dellinterazione con le altre anime. Il mondo degli oggetti inanimati e quello degli esseri viventi sono due realt com-pletamente separate per noi sin dalle prime ore di vita (22). Per questa ragione Paul Bloom ci ha definiti dualisti nati. La nostra abilit di ascrivere intenzioni tale che siamo portati ad estenderla anche agli oggetti. Heider e Simmel (1944) hanno dimostrato come che anche figure geome-triche possano essere interpretate come agenti dotati di intenzioni semplicemente osservando la traiettoria dei loro movimenti.Questa pervasivit del pensiero sociale nel relazionarci col mondo ha riguardato solo marginalmente gli artefatti inte-rattivi. Proprio a causa della precisione umana nella lettura delle intenzioni, molto difficile creare qualcosa che possa relazionarsi con noi in termini di intenzionalit condivisa (come potrebbe la tecnologia reggere il confronto?). In que-sto senso, a nostro avviso, sono stati compiuti molti passi falsi. Anche se, come spiegheremo pi avanti, ci sono buo-ni motivi per continuare in questa direzione.

    (23) P. Bloom, Descartes baby, 2004, How the science of child development explains what makes us human. New York: Basic Books.

    (fig. 12) Sopra delle situazioni sperimentali di Heider e Sim-mel. Anche figure lontane dalla forma umana come queste forme geometriche, in determinati con-testi ,venivano interpretate come agenti intenzionali

  • 034

    Analisi 2.

    In questo capitolo vogliamo proporre un nostro ragiona-mento sul tema dellestetica dellinterazione. Partiremo da una serie di esempi pratici: alcuni positivi e alcuni negativi. Dopo ci, cercheremo di analizzarli proponendo una no-stra chiave di lettura delle suddette situazioni. Essa servir da punto di partenza per dare una nostra idea di come si potrebbero utilizzare i concetti di perceptual crossing e intenzionalit condivisa nel design degli artefatti interatti-vi. Forniremo infine tre linee guida per la progettazione di interazioni estetiche di vari tipi di artefatti.

  • 035

  • 036

    Esempi Positivi 2.1

    Vogliamo elencare e, di seguito, analizzare una serie di situazioni concrete dove gli aspetti qualitativi ed estetici dei comportamenti svolgono un ruolo fondamentale nella vita quotidiana:

    2.1.1 quando si passa in due da una strada stretta2.1.2 attraversare la strada2.1.3 camminare dandosi la mano 2.1.4 piegare un lenzuolo in due 2.1.5 bussare alla porta2.1.6 suonare il pianoforte 2.1.7 andare in tandem2.1.8 giocare in squadra

  • 037

    2.1.1 Quando ci si trova difronte in uno spazio stretto

    Molto spesso nelle strade affollate due persone si possono trovare luna di fronte allaltra in spazi stretti, sono quindi obbligate a mettersi daccordo su chi va dove. La cosa interessante per noi che questa decisione presa dalle due parti grazie a una sorta di dialogo materiale. La qualit di determinati movimenti come il movimento del corpo nello spazio e i micro movimenti delle parti del corpo (per esempio il mo-vimento oculare) invitano laltro a prendere una determinata posizione piuttosto che unaltra.

  • 038

    Quando ci troviamo a dover attraversare una strada non sempre chi passa in macchi-na disposto a farci attraversare. Sono aspetti qualitativi dei movimenti dellauto-mobile che ci aiutano nelloperazione di negoziazione. Una piccola decelerazionelascia passare lintenzione del conducente di lasciarci passare. Un movimento rettili-neo uniforme ci fa capire che meglio attendere.

    2.1.2 Attraversare la strada

  • 039

    Dandoci la mano condividiamo intenzioni ed emozioni. Molti microcomportamenti sia volontari (tirare il braccio da una parte o dallaltra, stringere la mano o rilassarla) che involontari (sudorazione, battito cardiaco) ci bastano per essere quasi una cosa sola. Non c bisogno di dirsi prima cosa significa cosa. Tutto viene creato e consu-mato sul momento.

    2.1.3 Camminare dandosi la mano

  • 040

    2.1.4 Piegare un lenzuolo in due

    Piegare un lenzuolo in due comporta la coordinazione dei movimenti. Il fatto di tira-re/allentare, oppure aspettare laltro per lazione successiva, o accompagnarlo con lo stesso ritmo sono tutti aspetti qualitativi dellattivit senza i quali essa non sarebbe possibile.

  • 041

    2.1.5 Bussare alla porta

    In quanti modi possibile bussare alla porta? Si possono dare due colpi con forza, oppure uno solo timido colpo per vedere se qualcuno in casa, oppure possiamo trasmettere un messaggio in codice per fare capire chi siamo (es. tocco forte e due piano).

  • 042

    2.1.6 Suonare un pianoforte

    Suonare un pianoforte implica il dover distinguere il piano dal forte. E la qualit della pressione che determina il significato. E uninterazione semplice, ma che riesce ad esprimere tutto il ventaglio delle emozioni.

  • 043

    2.1.7 Andare in tandem

    Anche in attivit fisiche come landare in tandem la qualit della nostra interazione importate. Il fatto di avere una cadenza pi snella e veloce, oppure una pesante ci permette di condividere le nostre intenzioni sul ritmo che si vuole tenere. Anche qui piccole variabili qualitative a livello sensomotorio giocano un ruolo fondamentale.

  • 044

    2.1.8 Giocare in squadra

    Durante qualsiasi gioco di squadra la capacit di coordinarsi in funzione dello stes-so obiettivo (goal, meta, game) dipende da tutti quei micro movimenti di parti del corpo (nei casi, come lhockey, dove previsto luso di uno strumento anche di movimenti di parti non corporee) e dei corpi nello spazio. Quasi mai si ricorre al linguaggio verbale. Se pensiamo alle partite fra robot che ogni tanto vengono tra-smesse sui canali di Sky e operiamo un rapido confronto ci rendiamo subito conto di come per noi sarebbe impossibile giocare con loro.

  • 045

  • 046

    Esempi Negativi2.2

    Ora, al contrario, vogliamo proporre una serie di esempi dove le qualit dei nostri comportamenti non vengono con-siderate:

    2.2.1 aprire una porta automatica2.2.2 salire su un ascensore2.2.3 accendere una luce automatica 2.2.4 capirsi quando si viaggia in automobile2.2.5 chiamare/rispondere al cellulare2.2.6 scrivere con la tastiera2.2.7 pulire casa con un aspirapolvere automatico

    NB con questi esempi non vogliamo muovere una critica alle singole tecnologie prese in esame, ma semplicemente mostrare come vi sia lassenza di qualit estetica nellin-terazione. Ci che vogliamo porre il problema generale dellimportanza di questi aspetti estetici/qualitativi negli artefatti interattivi.

  • 047

    2.1.1 Aprire una porta automatica

    Una porta automatica si apre ogni volta che percepisce un qualsiasi movimento ma esso non corrisponde necessariamente con lintenzione di attraversarla. Inoltre lin-capacit della porta di coordinarsi con la nostra accelerazione ci mette molto spesso di fronte alla situazione di aspettare davanti ad essa e chiederci se abbia percepito la nostra presenza.

  • 048

    2.1.2 Salire su un ascensore

    Quando rimaniamo inattivi dentro un ascensore per aspettare qualcuno che sta per salire, loperazione che lascensore compie in automatico chiuderci la porta in faccia. Eppure esso dotato di sensori di peso ed a conoscenza del fatto che vi sono delle persone al suo interno. Questo tipo di comportamento una variabile qualitativa di tipo sociale che non considerata durante la progettazione di questi artefatti.

  • 049

    2.1.3 Accendere una luce automatica

    Lilluminazione automatica comunemente usata nei luoghi pubblici. Anche qui il mapping tra la nostra azione e la risposta che riceviamo non qualitativo, ma sem-plicemente acceso/spento, mentre le nostre attivit richiedono un grado diverso di illuminazione, sia a livello di intensit che di diffrazione della luce.

  • 050

    2.1.4 Capirsi quandosi viaggia in automobile

    Quando ci troviamo in mezzo al traffico il clacson diventa il nostro unico mezzo di comunicazione senza qualit. Ci ci obbliga ad esprimerci in maniera maleducata con tutte le complicazioni che conosciamo.

  • 051

    2.1.5 Chiamare/rispondere al cellulare

    Quando chiamiamo una persona possiamo farlo a bassa voce per non disturbare, ad alta perch siamo arrabbiati, o con una voce melanconica per attirare lattenzione, mentre quando chiamiamo una persona al cellulare non possiamo nemmeno deci-dere con quale suoneria. Questa mancanza di qualit nellinterazione ci mette nella condizione di essere spesso inopportuni quando facciamo suonare il cellulare a una persona in momenti per lui sconvenienti e maleducati quando non rispondiamo.

  • 052

    2.1.6 Scrivere con la tastiera

    La scrittura digitale uguale per tutti, le lettere che sto premendo in questo momen-to non sarebbero diverse se al posto mio ci fosse qualcunaltro, il fatto che ioin questo momento sia felice o triste non fa differenza. Al contrario, con la nostracalligrafia siamo in grado di esprimere tutto questo con pochissime variabili che nonostacolano la lettura. Cosa che non sarebbe difficile da fare nemmeno con una tastie-ra usando la pressione.

  • 053

    2.1.7 Pulire casa con unaspirapolevere automatico

    I cleaner automatici si stanno diffondendo ora ma gi si pu notare come la qualit nei loro comportamenti sia assente. Il loro movimento nei nostri spazi domestici privo di qualit ed indizi che rendano le azioni comunicative. Per prima cosa per-ch sono del tutto randomici, privi di una strategia riconoscibile, i cleaner proce-dono fino a che non incontrano un ostacolo e poi si girano in una direzione a caso. Manca quindi totalmente la percezione qualitativa del mondo esterno. Non esiste feedforward che comunichi lobiettivo che possiamo raggiungere agendo su questar-tefatto, nel feedback rispetto a quello che sta facendo se non quello funzionale del rumore dellaria aspirata. Questo vuol dire che lunico modo che abbiamo di intera-gire con lui sono i bottoni.

  • 054

    Categorizzazione2.3

    Dopo questa rassegna di esempi, che abbiamo scelto come rappresentativi, ci accorgiamo subito della variet di si-tuazioni quotidiane in cui lestetica dellinterazione riveste un ruolo importante. Ogni esempio proposto presenta poi una propria problematicit per il tipo di interazione e per le abilit umane coinvolte. Qui ci proponiamo di offrire una chiave di lettura generale del problema.Il principio che abbiamo utilizzato per operare questa ana-lisi si basa sullidea che nellinterazione noi ci rapportiamo con qualcosa daltro che pu essere: un mediatore rispetto al nostro obiettivo; un qualcosa che ha un suo obiettivo diverso dal nostro ma le nostre strade si incrociano e dob-biamo dunque coordinarci; oppure un aiutante amico che coopera con noi per raggiungere lo stesso obiettivo. La categorizzazione che proponiamo si basa sul ruolo che ha questo altro/i rispetto a noi durante lattivit (*).Seguendo questo ragionamento individuiamo 3 categorie:

    - la tecnologia ha un ruolo di mediazione - la tecnologia ricerca un coordinamento con noi - la tecnologia ricerca una cooperazione con noi

    (*) Negli esempi questo altro a volte una persona (come nel caso del lenzuolo) a volte un artefat-to. E chiaro che a noi interessa parlare della progettazione della tecnologia. Gli esempi in cui nel ruolo dellaltro ci sono delle persone servono per farci capire quanto dobbiamo limitarci nellin-terazione con gli artefatti rispetto a quanto facciamo con i nostri conspecifici.

  • 055

    Mediazione: in questi casi la tecnologia funge da mediatore rispetto allobiettivo della mia attivit. Per esempio fanno parte di questa categoria: il pia-noforte (esempio positivo) e il clacson dellautomo-bile (esempio negativo).

    Coordinamento: qui gli artefatti hanno un loro pro-prio obiettivo gi definito che per entra in contatto con il nostro, dobbiamo quindi negoziare. Per fare ci necessaria una comprensione reciproca. Come nel caso dellattraversamento sulle strisce pedonali e delluso dellenergia elettrica in casa.

    Cooperazione: in questultimo caso la tecnologia un aiutante con cui dobbiamo cooperare per rag-giungere il nostro obiettivo. Qui la reciproca perce-zione diventa fondamentale per il raggiungimento del nostro obiettivo. Riconosciamo come questo sia vero nellesempio delle porte automatiche (negati-vo) e del lenzuolo (positivo).

    agenteartefattoazione

    legenda:obiettivo dellazione perceptual crossing

    (fig. 13)

    (fig. 14)

    (fig. 15)

  • 056

    P5. bussare alla porta

    P 6. suonare il pianoforte

    N4. capirsi quando si viaggia in automobile

    N5. chiamare/rispondere al cellu-lare

    N6. scrivere con la tastiera

    P1. passare in due da una strada stretta

    P 2. attraversare la strada

    N7. pulire casa con un aspirapol-vere automatico (*)

    P3. camminare dandosi la mano

    P4. piegare un lenzuolo in due

    P7. andare in tandem

    P8. giocare in squadra

    N1. aprire una porta automatica

    N2. salire su un ascensore

    N3. accendere una luce automatica

    (*) categorizziamo questesempio come di coordinazione e non di cooperazione perch questo artefatto ha gi un suo obiettivo specifico. In un contesto domestico ci che conta che con la sua attivit non intralci gli abitanti della casa.

  • 057

    Espressivit del Pianoforte Espressivit della Tastiera

    Da questanalisi notiamo come tra le tre categorie vi sia una complessit crescente (dalla mediazione alla cooperazione). Nella mediazione la bellezza dellinterazione determinata dal fatto che la tecnologia riesce a trasmettere tutte le no-stre capacit espressive di uomini (cognitive, sensomotorie, emotive, sociali). Se pensiamo alla pressione del tasto di un pianoforte esso capace di comunicare tutta la nostra espressivit con la pressione. Il nome stesso dello strumen-to deriva dal fatto che i tasti possono essere premuti con qualit differenti (piano oppure forte). Con la tastiera di un computer sono richieste ugualmente tutte le abilit di prima, pensiamo alle abilit motorie di una dattilografa ma esse sono ininfluenti sullespressivit del risultato. La ta-stiera permette si luso delle abilit motorie ma per massi-mizzare la funzionalit, esse non sono trasmesse nel risul-

    abilit cognitive

    abilit sociali

    abilit sensomotorie

    abilit emotive

    (fig. 16) E vero che gran parte del merito va dato allordine dei suoni nel tempo, ma parte del merito va allabilit di saper infondere quali-t ai singoli suoni grazie allintera-zione col piano. In essa il pianista in grado di racchiudere variabili che danno identit al suono che partecipa del significato comples-sivo della musica. Per farlo deve far ricorso a tutte le sue abilit, perch una piccola variazione di pressione pu dare una sfumatu-ra diversa al suono. Al contrario, quando premiamo le lettere di una tastiera lunica cosa che conta il significato risultante dalla loro disposizione. Cos facendo il risul-tato dellinterazione fa emergere solo la nostra abilit di conoscere.

  • 058

    tato. Per esprimerci lunica via rimane il significato delle parole che sfrutta le nostre abilit cognitive.Per quanto possiamo sforzarci di premere diversamente i tasti della nostra tastiera in maniere diverse avremmo sem-pre la stessa lettera sullo schermo (*). Ogni tipo di pressio-ne si appiattisce a un 1 al posto che 0. Al contrario nel caso del piano possiamo giocare a premere il pulsante pi piano o pi forte, pi lentamente o pi velocemente, accele-rando o decelerando con le nostre dita e questo si trasforma in un suono completamente diverso. La discriminante fra i due casi la relazione tra input e output che crea lartefatto.

    (fig. 17) Mentre nel pianoforte lenergia cinetica del dito si tra-sforma in suono sempre diverso in funzione della qualit della pressione, nella tastiera avremmo sempre o 0 o 1, cio premuto o non premuto. Il massimo che possibile ottenere con una pressio-ne pi o meno lunga scrivere pi volte la stessa lettera.

    (*) Scrivendo a mano invece la nostra calligrafia in grado di par-tecipare al significato complessivo.Non a caso questa parola viene dal greco cals che significa sia bello che grapha scrittura

    Pianoforte Tastiera

  • 059

    Quindi, quando la tecnologia ha il ruolo di mediatore, la qualit dellinterazione si misura nella capacit di trasfor-mare lenergia in input in un energia di output. La relazio-ne tra input e output (I/O) deve essere in grado di esaltarne tutte le possibili sfumature utili allespressione delle abilit umane in quellattivit (nel caso del piano si tratta ovvia-mente della performance musicale che sar fruita dal pub-blico).

    (fig. 15) I significati che si creano nelluso del pianoforte non sono predeterminati, ma si creano volta per volta durante linterazione. Questapproccio diverso dal dire se il pulsante verde fa un suono dolce, se rosso fa un suono grave.

    La situazione si fa pi complessa in uninterazione in cui richiesta coordinazione, lartefatto percepito come una cosa dotata di un suo proprio obiettivo che pu essere diverso da quello dellutente. Un comportamento quali-tativamente ricco scaturisce dalla capacit di sentirsi re-ciprocamente (perceptual crossing). Il friendly vending (cap. 1.1.3.2) ne un valido esempio perch si coordina con lutente nei movimenti creando perceptual crossing. Un esempio negativo invece il cleaner automatico (cap. 2.1.7 ) che non in grado di percepirci quando condividiamo lo stesso spazio.Quando noi condividiamo anche lobiettivo finale con lar-tefatto la situazione ancora pi complessa. In questo caso

  • 060

    importante che le nostre azioni e le sue siano sulla stessa lunghezza donda (non solo coordinate). Un esempio posi-tivo lAEI lamp (cap 1.1.3.5) la quale sa cooperare con noi durante la lettura mentre uno negativo la porta automa-tica (cap 2.1.1) che non in grado di aprirsi nel momento giusto. La coordinazione e la cooperazione sono le pi interessanti perch presupongono una relazione pi com-plessa (fig. 14 e 15), vicina a quella che abbiamo con le altre persone.La storia dellarte e del design piena di esempi che ci dico-no che luomo alla continua ricerca di una relazione socia-le con gli oggetti (23) e che essi sappiano contenere varia-

    bili squisitamente umane. Si potrebbe pensare che questa tendenza storica si limiti alla rappresentazione visiva (cosa che comunque sarebbe imputabile alle ovvie limitazioni tecniche dei tempi passati).Eppure riconosciamo tentativi di ricreare comportamenti

    (24) A. Branzi, Capire il Design, 2007, Giunti

    (fig. 16) Memphis, 1981 (fig. 17) Venere di Hippum, 500 d.C.

  • 061

    negli oggetti sin dallantichit. Il matematico greco Archita nel IV sec a.C. gi ipotizzava lesistenza di volatili con una mente programmata dalluomo. Nel 1206 d.C., linventore arabo Al-Jazari costru una serie di automi inclusi strumen-ti da cucina e androidi musicali per intrattenere il sultano durante i banchetti. Quello che si riconosce in questi esem-pi la volont di specchiarsi dentro gli oggetti.

    (fig. 20) orologio musicale, 1206 d.C.

    (fig. 22)automi musicali, 1206 d.C.

    (fig. 21)disegno di costruzione dellorologio musicale

  • 062

    Con questo non vogliamo dire che vediamo negli oggetti delle altre menti. Questi esempi non dimostrano certa-mente nulla scientificamente parlando ma ci mostrano dei tentativo di creare degli oggetti che vadano oltre laspetto strumentale. Quello che crediamo noi che i comporta-menti degli oggetti debbano lasciare alcuni indizi conte-stuali affinch si riesca a relazionarci in termini di coordi-nazione e cooperazione, cos come faremmo interagendo con altre persone. Per esempio: nel caso dellattraversa-mento pedonale lintezionalit viene espressa con accelera-zione e decelerazione, oltre che con la qualit della guida in generale (nervosa, rilassata, ...). Ovvero grazie alla qualit del comportamento stesso. La decelerazione nel contesto di una guida rilassata un indizio che ci fa capire di essere stati percepiti dal conducente della macchina.

    La domanda che ci poniamo noi : come possiamo operare quando dallaltra parte non c un essere umano ma larte-fatto deve comportarsi autonomamente come nel caso delle porte automatiche?

    (fig. 20) la semplice decelera-zione nel movimento indice della volont di lasciar passare il pedone. In questo modo viene comunicato sia il fatto di aver percepito lintenzione del pedone di voler passare , sia gli viene fatto capire che si ha intenzione di farlo passare decelerazione nel movimento = passa pure...

  • 063

  • 064

    Come si potrebbe operare?2.3.

    Come abbiamo detto in precedenza Marti (19) dice che se volessimo sfruttare il concetto di perceptual crossing per il design artefatti interattivi, allora sarebbe necessario che questi mostrassero la loro capacit di percepire mentre sono percepiti per essere sensibili in maniera qualitativa alle azioni dellutente. Inoltre affinch ci sia perceptual crossing la qualit dellinput deve essere collegata alla qua-lit delloutput.

    (fig. 21) tra la qualit dellin-put (21.2) dellutente e loutput dellartefatto (21.1) deve esserci una relazione di tipo qualitativo. Per esempio nel caso della porta automatica la velocit di apertura dovrebbe essere proporzionale alla velocit di avvicinamento dellu-tente.

    (fig. 21.1)

    (fig. 21.2)

    (19) P. Marti, Perceiving while being perceived, International Journal of Design, vol.4, August 2010. DOI: http://www.ijdesign.org/ojs/index.php/IJDesign/arti-cle/view/768/291

  • 065

    Nellesempio delle porte automatiche, che Lei stessa ripor-ta, ci significa che ci deve essere una relazione fra il mio movimento verso la porta (input) e quello di apertura della porta (output). Tra input e output ci deve essere coerenza di tempo, direzione, modalit dinterazione e di espressi-vit (13). Rispetto al nostro esempio potremmo migliorare il coupling tra movimento dellutente e quello della porta creando una correlazione migliore nel movimento angola-re: se lutente viene verso la porta da destra, lanta sinistra della porta si aprir maggiormente. Al contrario se lutente verr da sinistra. La differenza tra lapertura delle due ante sar ovviamente proporzionale al movimento angolare. Fino allisinsensibilit completa della porta ai movimenti perpendicolari rispetto a quello di entrata.

    (13) S.A.G. Wensveen, J. P. Djajadiningrat, C. J. Overbeeke, Interaction frogger: a design framework to couple action and function through feedback and feedforward, 2004, Conference on Designing Interactive Systems 2004: 177-184

    (fig. 22) unipotesi di redesign delle porte automatiche.

  • 066

    Tuttavia, sufficiente? Come funziona questo ragionamen-to applicato alle situazione come le porte automatiche, o quella del cleaner dove le azioni dellartefatto sono parzial-me indipendeti?Ci siamo serviti del paradigma della rich interaction (11) come punto di partenza per proporre la nostra idea di per-ceptual crossing negli artefatti interattivi. Il suo approccio interessate per la visione olistica del design degli artefatti interattivi dove forma, funzione, e modalit dinterazione sono pensate insieme. Frens pone risalto soprattutto sulle relazioni che (non) esistono tra la forma e le modalit duso degli artefatti interattivi. Noi ci rifacciamo a lui per parlare del perceptual crossing. Nel modello originale per lutente figura come lunico elemento attivo.

    funzione

    form

    a

    interazione(fig. 23) il modello proposto da Frens per il design degli artefatti interattivi.

    (11) J. W. Frens, Designing for Rich Interaction: Integrating Form, Interaction, and Function, 2006, Eindhoven University of Technology, Eindhoven, the Ne-therlands. (http://www.richinte-raction.nl)

  • 067

    Inseriamo, quindi, la capacit di percepire mentre si per-cepiti come controparte equipollente allutente in ognuno degli aspetti che, secondo Frens, compongono il desgin di un artefatto (funzione, forma, interazione). In questo senso lartefatto non pi passivo ma un agente.

    funzione: quando un artefatto deve essere in grado di coo-perare o di coordiarsi con le persone non ci si pu limitare a oggetti passivi ma, la capacit di percepire deve essere mostrata come feedforward. Le funzionalit dellartefatto in questo senso non sarebbero pi una semplice risporta agli input dellutente. Piuttosto un dialogo dove lartefatto aggiorna continuamente lutente su come sta percependo le sue azioni e sulla qualit della funzione che attiver conti-

    funzione

    form

    a

    interazione

    (fig. 24) il modello proposto da Frens integrato con il concetto di perceptual crossing che proponia-mo noi.

  • 068

    nuando allo stesso modo.

    Nellesempio precendente la nostra porta automatica ci po-trebbe segnalare con una luce ad intensit crescente, dire-zionata verso di noi, ma limitata a un campo dazione defi-nito, la sua capacit di aprirsi in caso di necessit. La luce potrebbe, poi, diventare meno diffusa e pi definita mentre ci avviciniamo, coordinando la sua forma com lapertura effettiva della porta.Proprio come un portiere che ci presta attenzione sempre pronto a fare il suo lavoro, senza per essere indiscreto.

    Linea guida 1: Ogni fun-zione, prima di attivarsi, devrebbe mostrarsi allu-tente come feedforward anticipandogli come per-cepisce le sue azioni e che risultati otterr

    P/Ppercezione percezione

    I/Oinput

    output

  • 069

    interazione: durante le interazioni la capacit di percepi-re diventa condivisa quando continuamente rinegoziata nellazione (come nellesempio dellattraversamento pedo-nale, cap. 2.1.2 ). Come abbiamo visto. il tocco ha un ruolo privilegiato nello scambio emozionale (12, cap. 1.2.1 ) per la sua capacit di mediare lespressivit. Proponiamo quindi un livello di interazione cinestetica che unisca, in una dina-mica comune, lazione dellartefatto e dellutente abilitando cos il perceptual crossing.

    Questa linea guida pu essere applicata sostanzialmente a tutti i casi in cui prevista uninterazione prossimale con lartefatto.

    Linea guida 2: considera-re il tocco come modalit privilegiata per imple-mentare le capacit per-cettive degli artefatti

    (16) C. Lenay, Its so touch-ing : Emotional value in distal contact, 2010

    resitenza rispetto alla pressione

    ritrazione alla pres-sione

    alcuni comportamenti implementabili:

    vibrazioni e os-cillazioni di varia

    intensit e velocit

  • 070

    forma: non bisogna pensare a stili ma a corpi con organi deputati a mostrare la loro capacit di sentire. I materiali, e la forma degli oggetti devono rendere lattivit percettiva vi-sibile e tangibile. Questi corpi non devono necessariamente copiare luomo con forme antropomorfe.

    Nellesempio del cleaner notiamo come il corpo del robot non abbia organi deputati alla percezione. Una semplice coda potrebbe servire per condividere la sua percezione dello spazio.

    Linea guida 3: progettare organi deputati a condi-videre lattivit percettiva degli artefatti

  • 071

  • 072

    Design3.

    Dopo aver delineato i presupposti teorici di partenza (cap. 1) e aver preso in esame diversi esempi pratici proponendo la nostra chiave di lettura attravero tre linee guida (cap. 2), in questo capitolo spiegheremo come abbiamo cercato di sintetizzarle in un prototipo.In questo caso la prototipazione non voleva preludere al rilascio di un prodotto, ma si trattava piuttosto di un pro-totipo per pensare. Unipotesi fisica che cerca di esplorare i comportamenti che abilitino il perceptual crossing tra uomo e artefatto.Nel fare ci abbiamo volutamente isolato questi aspetti cre-ando un prototipo senza identit visiva; una cosa che non ricordasse niente di gi visto e non lasciasse spazio a nes-suna interpretazione. Gli unici aspetti implementwati sono stati quelli riguardanti il perceptual crossing.

  • 073

    EsplorazioneConcettuale

    Valutazione

    Realizzazione

  • 074

    Processo3.1

    Il processo di design del prototipo si articolato in tre parti:

    3.2.1 esplorazione concettuale3.2.2 realizzazione3.2.3 valutazione

    Esplorazione Concettuale

    Durante questa prima fase abbiamo prodotto otto idee progettuali. Ogni idea parte da unappendice fisica per ipo-tizzare una serie di possibili comportamenti qualitativi da essa abilitati. Tutte le idee prendono spunto da una linea guida anche se tentano di inglobarle tutte. Ovviamente i principi gi conso-lidati nellambito dellestetica dellinterazione da cui siamo partiti (cap. 1) sono stati egualmente tenuti in considerazio-ne.

    3.2.1

  • 075

    Luce Spot1. Utilizzare una luce capace di ruotare a 360 sia in orizzontale sia in verticale con movimenti qualitativi.

    punti di forza: modulabilit della luce

    punti di debolezza: mancanza di interazione fisica

    Questidea tenta di implemen-tare la prima linea guida, quella sul feedforward. La capacit di percepire qui mostrata tramite il fascio luminoso che simula uno sguardo.

    Linea Guida 2

    Linea Guida 3

    Linea Guida 1

  • 076

    maggiore prossimit causa una ri-duzione della diffusione della luce

    capacit di seguire i movimenti con il fascio luminoso

    attesa incontro con lutente

  • 077

    Braccio2. Braccio meccanico a due artico-lazioni che ruota a 360 in gra-do toccare fisicamente lutente.

    punti di forza: fisicit dellorga-no deputato allinterazione

    punti di debolezza: banale, troppo simile a uninterazione di tipo funzionale

    Questidea prova a implemen-tare la terza linea guida creando un organo deputato alla perce-zione. La capacit di percepire e di mostrare di aver percepito risiede nella direzione e nella qualit dei movimenti del brac-cio.

    Linea Guida 2Linea Guida 1

    Linea Guida 3

  • 078

    quando mi avvicino lentamente il braccio sale verso lalto

    quando mi avvicino velocemente il braccio si ritrae

    attesa incontro con lutente

  • 079

    ricerca dellattenzionericerca di un contatto fisico

    coordinazione col movimento del corpo

    coordinazione col movimento di parti del corpo

    tv

  • 080

  • 081

    Pelle Interattiva3. Una serie di attuatori lineari con un sensore di pressione che possono alzarsi o abbassarsi per simulare una pelle interattiva al tocco e al movimento.

    punti di forza: molte possibilit dinterazione sia in prossimit che tramite il tocco

    punti di debolezza: raggio da-zione limitato

    array di attuatori lineari

    La terza idea esplora la seconda linea guida cercando di creare perceptual crossing attraverso una pelle capace di interazioni cinestetiche. La capacita di per-cepire viene mostrata attraverso i micromovimenti di attuatori lineari che possono reagire al tocco ma anche essere visti a distanza.

    Linea Guida 2Linea Guida 1

    Linea Guida 3

  • 082

    sfiorando gli attuatori la pelle si muove come unonda nel punto in

    cui la si sta toccando

    premendo la pelle si ritrae in un punto e forma unescrescenza in

    un altro punto non toccato

    attesa quando lutente in prossimit gli attuatori pi vicini a lui si

    alzano

  • 083

    Coda4. Coda che si pu muovere in quattro direzioni (sopra, sotto, destra, sinistra) con varie veloci-t e accelerazioni.

    punti di forza: espressivo

    punti di debolezza: limitato nel-le possibilit

    Usando come spunto la terza linea guida, la quarta idea cerca di creare unappendice mobile deputata al perceptual crossing. Questa specie di coda si coor-dina in maniera qualitativa con i movimenti nello spazio dellu-tente.

    Linea Guida 2Linea Guida 1

    Linea Guida 3

  • 084

    la quantit di movimento dellutente determina la velocit di

    movimento della coda

    se lutente va a destra o a sinistra la coda si muove nella direzione

    opposta

    attesa quando lutente in prossimit il prototipo inizia a

    scodinzolare

  • 085

    Palla5. Un attuatore lineare pi due piccoli bracci per giocare con la palla e lo spazio imprimendogli pi o meno forza.

    punti di forza: coinvolge lam-biente, un interazione triadica

    punti di debolezza: complicato

    Linea Guida 2Linea Guida 1

    Linea Guida 3

    Lo spunto quello di creare un terzo elemento attraverso cui far emergere uninterazione me-diata da un oggetto fisico (Linea Guida 2). Il perceptual crossing in questo caso presupposto dallo scambio di passaggi con lutente.

  • 086

    se lutente risponde tirando la palla debolmente il prototipo

    risponde allo stesso modo

    se lutente risponde tirando la pal-la con forza il prototipo risponde

    allo stesso modo

    attesa quando lutente in prossimit il prototipo gli passa la palla

  • 087

    Collo6. Un collo che possa dare alla testa la mobilit sia per ruota-re intorno, sia per spostare lo sguardo dal basso verso lalto.

    punti di forza: espressivo

    punti di debolezza: banale, limitata interazione fisica, si pu ricondurre allinterazione con un animale

    Questa proposta nasce dalla prima linea guida in quanto cerca di rendere palese lattivit percettiva del prototipo. Il collo dovrebbe essere capace di mi-cromovimenti che simulino lo sguardo.

    Linea Guida 2

    Linea Guida 3

    Linea Guida 1

  • 088

    se si muove col corpo dal basso verso lalto o viceversa la testa del

    prototipo lo segue

    se lutente si muove a destra o a sinistra la testa del prototipo lo

    segue

    attesa quando lutente in prossimit il prototipo gira la testa

  • 089

    Pianta7. Un vaso di terra a tenuta stagna continene una piccola piantina di cui il robot si deve prendere cura fornendole la luce grazie a uno specchio.

    punti di forza: originale, intera-zione triadica

    punti di debolezza: prevede luso di acqua, di difficile com-prensione

    Linea Guida 2

    Linea Guida 3

    Linea Guida 1

    Lo spunto parte dalla prima linea guida ma la interpreta in maniera particolare. Lidea della piantina sul dorso del prototipo nasce per mostrare la capacit di percepire prima verso un terzo oggetto, poi verso lutente. Lo specchio , ovviamente, lo strumento con cui il prototipo dovrebbe mostrare la sua capa-cit di percepire.

  • 090

    se lutente gira attorno al prototipo esso adegua lorientamento dello specchio per seguirlo, possibil-

    mente facendogli vedere la pianta

    attesa quando lutente si avvicinail prototipo gira lo specchio

    verso di lui in modo che possa vedere la pianta che ha sul

    dorso

  • 091

    Antenne8. Una coppia di antenne in grado di muoversi in quattro direzioni con una luce LED allestremit di ognuna.

    punti di forza: due cose combi-nabili

    punti di debolezza: reattivit al tocco debole

    Linea Guida 2Linea Guida 1

    Linea Guida 3

    Le antenne nascono dalla ter-za linea guida. Questa volta abbiamo pensato a combinare il movimento di due diverse appendici per riuscire a creare perceptual crossing tramite la coordinazione di queste due con gli arti superiori dellutente.

  • 092

    quando lutente apre le braccia le antenne si aprono come a mimarlo

    se lutente sposta un braccio verso destra le antenne si muovono

    entrambe verso destra

    attesa quando lutente in prossimit le antenne si muovono in mani-era alternata dallalto al basso e

    i LED lampeggiaano

  • 093

    Per valutare queste esplorazioni concettuali abbiamo tenu-to conto della conformit ad ognuna delle tre linee guida. Ogni fattore di conformit valutato da 1 a 5.Come mostra chiaramente la valutazione riportata qua sot-to lidea migliore risultata essere la pelle interattiva.

    1. Luce Spotlinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    415

    10

    412

    7

    514

    10

    342

    9

    324

    9

    254

    11

    224

    8

    511

    7

    5. Pallalinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    3. Pelle Interattivalinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    7. Piantalinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    2. Bracciolinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    6. Collolinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    4. Codalinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    8. Antennelinea guida 1linea guida 2linea guida 3

    tot.

    (fig. 25) Valutazione delle idee generate

  • 094

    Prototipazione

    Come osserviamo nello schema qui a lato ci sono due modi Giunti alla vera e propria fase di realizzazione abbiamo dovuto confrontarci con le nostre possibilit e scalare lidea per quanto riguarda il numero di sensori e attuatori ridu-cendoli a 8. Di conseguenza abbiamo aumentato la super-ficie tastabile degli attuatori lineari ponendo sulla cima di ognuno una sfera. Abbiamo scelto di controllare ognuno di essi con un servomotore per avere la migliore precisio-ne possibile nel controllo del movimento. Abbiamo tra-sformanto il moto circolare in lineare tramite un semplice meccanismo (*).

    3.2.3

    (fig. 27) semplificazione operata sullidea di partenza della pelle interattiva

    (*) lo stesso implementato nelle locomotive a vapore in senso inverso, in quel caso il moto viene trasformato da lineare a circolare

    idea prototipo

  • 095

    Hardware: Sopra vediamo il modello 3d dellhardware, ogni sfera sulla sua sommit ha un sensore di pressione ed mossa dal basso da un servomotore. I sensori di pressione e i servomotori sono controllati da due diverse piattaforme Arduino. Ognuno dei due arduini si collega tramite USB a un comune portatile dove presente la parte software.

  • 096

    Software: I servo e sensori sono controllati tramite MAX MSP, un software di programmazione a blocchi (di cui vediamo degli esempi qui sopra). MAX si interfacciava a due microcontrollori Arduino. Il prototipo in definitiva era contollato da un portatile.Il prototipo stato fatto per essere controllato anche a di-stanza tramite un joypad di una Wii. I valori vengono pas-sati a MAX tramite OSCulator.

    Mac OS X

    MAX

    Arduinoservo

    Arduinosensori

  • 097

    Il prototipo realizzato abilita interazioni sia a distanza, gra-zie al movimento nello spazio, che in prossimit, grazie alle sfere interattive. Inoltre, queste ultime hanno il vantaggio di poter essere controllate manualmente tramite il control-ler Wii, oppure tramite comportamenti autonomi. Questa caratteristica stata molto utile in sede di valutazione.

    (fig. 27) Lo schema qui a lato mostra le possibilit di interazi-one fra prototipo e utente. Come osserviamo ci sono due modi in cui lutente pu agire: movimento nelo spazio (a dis-tanza), tocco (da vicino).Il prototipo ivece pu agire su tre livelli: movimento nellos-pazio (a distanza), movimento della pelle (a distanza e in pros-simit), vibrazione della pelle (mentre lutente tocca)

  • 098

    movimentodel corpo

    movimentodelle sfere

    vibrazione

    continuoa scatti

    macromicro

    velocelento

    verso:basso/altoalto/basso

    1 da solo8 insieme

    cortalunga

    forteleggera

    lentoveloce

    output

    interazione a distanza

    prossimit

    tocco

    limitatoesteso

    lentoveloce

    pressionecarezza

    input

    tocco

    movimentodel corpo

    continuoa scatti

    macromicro

    velocelento

  • 099

    videocamera 1

    videocamera 2

    stanza 1stanza 2

    utente

    prototipo

    sperimentatore 1

    sperimentatore 2

    wii controllerconnesso alprototipo

    computer connessoalla web cam

    (fig. 27)

  • 100

    Valutazione

    La fase di valutazione si pu dividere in due fasi: la prima stata pi esplorativa ed aveva lobiettivo di perfezionare il prototipo con microcomportamenti delle sfere cercando degli indizi di perceptual crossing. Nella seconda fase ci siamo dedicati a valutare in maniera pi analitica lespres-sivit di questi comportamenti.La prima fase si articolata in quattro sedute (fig. 28, pag 101 e 102): la prima seduta stata puramente esplorativa e il prototipo stato controllato interamente dallo sperimen-tatore. Nelle sedute successive il prototipo si comportava parzialmente in modalit controllata dallo sperimenta-tore con il controller Wii. per la restante parte del tempo in modalit autonoma, secondo 6 microcomportamenti progettati tramite MAX MSP. Durante le fasi in cui i com-portameti delle sfere erano controllati dallo sperimentatore si cercava di creare delle varianti ai comportamenti esisten-ti. Quando il prototipo era autonomo si provavano i micro-comportamenti perfezionati grazie alla fase controllata della seduta precedente. Durante questa fase lutente non vedeva assolutamente chi controllava i comportamenti del prototipo (fig. 27).Questa prima fase stata utile per completare limplemen-tazione del prototipo con 6 microcomportamenti autonomi della pelle interattiva (fig. 29, pag 103 e 104). Essi si sono evoluti in ragione della loro capacit di creare interesse e coinvolgimento da parte dellutente.

    3.2.4

    (fig. 27) Come osserviamo nello schema qui a sinistra ci sono due stanze: una dove veniva svolta effettivamente la speri-mentazione (stanza 1), unaltra (stanza 2) dove cera un secondo sperimentatore che controllava i movimenti del prototipo grazie a un joystick e a una webcam che gli permetteva di vedere nella stanza 1.

  • 101

    Partecipanti2 bambine e 2 bambini - 7 anni

    Seduta 1 Seduta 2

    Partecipanti1 bambina - 7 anni

    Obiettivi- valutazione preliminare delle capacit espressi-ve del prototipo

    Obiettivi- testare i primi comportamenti autonomi della pelle interattiva- creare nuovi pattern di movimento delle sfere col joystick poi replicabili con MAX

    Setup- movimenti del corpo: mago di OZ- movimenti delle sfere: mago di OZ

    Setup- movimenti del corpo: N/A- movimenti delle sfere: mago di OZ e autonomi (fig. 28 pag. 103 e 104)

    Risultati- la pelle interattiva del prototipo deve essere legata perch distrae- il movimento del corpo distrae dai microcom-portamenti delle sfere, meglio separarli

    Risultati- il movimento del corpo importante, senza vi mancanza di attenzione da parte dellutente- i comportamenti autonomi, anche se solo ab-bozzati, creano molto pi engagment sensoriale

    (fig. 28) Ie 4 sedute della prima fase di valutazione

  • 102

    Seduta 3 Seduta 4

    Partecipanti1 bambina - 9 anni

    Partecipanti1 bambina - 9 anni

    Obiettivi- testare i 5 tipi di comportamenti autonomi creati per le sfere- esplorare le differenze tra movimenti autonomi e controllati

    Obiettivi- esplorare la scelta adattiva dei 5 comportamen-ti autonomi

    Setup- movimenti del corpo: mago di OZ - movimenti delle sfere: mago di OZ e autonomi (fig. 28 pag. 103 e 104)

    Setup- movimenti del corpo: mago di OZ- movimenti delle sfere: autonomi (fig. 28 pag. 103 e 104)

    Risultati- i sensori devono essere coperti perch potreb-bero essere malinterpretati- il cambiamento randomico dei comportamenti autonomi viene mal interpretato

    Risultati- i comportamenti autonomi delle sfere possono creare tracce di perceptual crossing

  • 103

    (fig. 29) I 6 microcomportamenti

    1. Mapping Diretto: la sfera (o le sfere) toccata si alza in maniera quali-tativamente correlata alla pressione esercitata su di essa. Quando la pressione cessa la sfera torna nel punto pi basso.

    (fig. 29.1) mapping diretto di una sfera

    2. Mapping Inverso: tutte le sfere sono alzate e quella toccata si ritrae in maniera qualitativamente correlata alla pressio-ne esercitata su di essa. Quando la pressione cessa la sfera torna nel punto pi alto.

    (fig. 29.2) mapping inverso di una sfera

    3. Mapping Opposto: al tocco di una sfera (o pi di una) quella opposta si alza in manira qualitati-vamente correlata alla pressione esercitata su di essa. La sfera torna nel punto pi basso quando la si smette di premere.

    (fig. 29.3) mapping opposto di una sfera

  • 104

    4. Oscillazione: la sfera (o le sfere) toccata oscillano sotto la mano secondo una funzione sin(x). An-che dopo la fine del con-tatto vi una latenza del movimento nella sfera

    (fig. 29.4) oscillazione di una sfera

    6. Rotazione: La prima sfera toccata oscilla una volta secondo la funzione sin(x) da 0 a , quando la prima sfera a /4 la sfe-ra accanto esegue la stessa cosa e cos finch tutte le sfere non hanno eseguito lo stesso movimento.

    (fig. 29.6) rotazione provocata dal tocco di una sfera

    5. Vibrazione: la sfera (o le sfere) toccata simulano una vibrazione oscillan-do con con maggior fre-quenza sempre secondo la funzione sin(x). Anche dopo la fine del contatto vi una latenza del movi-mento nella sfera.

    (fig. 29.5) vibrazione di una sfera

  • 105

    La seconda parte della valutazione ha voluto concentrarsi in maniera pi analitica sui comportamenti per vedere se emergesse espressivit e di che tipo. La nostra ipotesi di partenza che ognuno di essi dovesse far emergere signifi-cati chiaramente distinguibili e identificabili.I 6 comporatamenti del prototipo sono stati fatti provare a 15 utenti. Ad ogni utente veniva prima introdotto il proto-tipo: veniva spiegato loro che avrebbero esperito 6 diversi tipi di interazione e che avrebbe dovuto concentrarsi sugli aspetti emozionali ed espressivi che emergevano durante lesperienza.I comportamenti venivano fatti provare in sequenze ran-domiche. Una volta che li avevano esplorati tutti veniva lasciato loro un periodo di esplorazione libera per riprovarli e verbalizzare le loro impressioni su ogni comportamento.Una volta terminata la sessione esplorativa, gli utenti veni-vano invitati a indicare quale comportamento era piaciuto loro maggiormente spiegando il perch di tale scelta.

    Dai risultati ottenuti evidente che tutti gli utenti hanno trovato espressivi i sei comportamenti e li distinguevano chiaramente assegnando ad ognuno unidentit precisa. Linterpretazione del significato dei comportamenti sta-to abbastanza univoco fra gli utenti anche se ci sono state delle piccole differenze. Per esempio il mapping opposto stato interpretato il pi delle volte come giocherellone, che si diverte a scappare,