Tesi Magistrale Diego Tonini

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U NIVERSITÀ DEGLI STUDI DI P ADOVA F ACOLTÀ DI S CIENZE MM.FF.NN. Corso di Laurea in Scienza dei Materiali TESI DI LAUREA MORFOLOGIA DI FILM DI NIOBIO DEPOSITATI PER SPUTTERING A DIFFERENTI ANGOLI TARGET SUBSTRATO Relatore: Prof. V. Palmieri Correlatore: Dott. M. Musiani Candidato: Diego Tonini N° matr.: 422383/MT Anno Accademico 2002/03 III

Transcript of Tesi Magistrale Diego Tonini

UNIVE RSITÀ DE GLI STUDI DI P ADOVA FACOLTÀ DI SCIE NZE MM.F F.NN.

Corso di Laurea in Scienza dei Mater ia li

TESI DI LAUREA

MORFOLOGIA DI FILM DI NIOBIO DEPOSITATI PER SPUTTERING A DIFFERENTI ANGOLI

TARGET – SUBSTRATO

Rela tore: P rof. V. Pa lmier i

Correlatore: Dot t . M. Musiani

Candidato: Diego Tonini

N° matr .: 422383/MT

Anno Accademico 2002/03

III

INTRODUZIONE VII

CAPITOLO 1 3

PROCESSO DI SPUTTERING 3

1.1 Scarica a bagliore 4

1.2 Configurazioni di sputtering 7

1.3 Magnetron sputtering 8

1.4 Caratteristiche tensione corrente 11

1.5 Degassamento delle superfici 11

CAPITOLO 2 15

APPARATI DI DEPOSIZIONE 15

2.1 Portacampioni 15

2.2 Magnetron 17 2.2.1 Magnetron planare 2 pollici 18 2.2.2 Magnetron planare 10 pollici 19 2.2.3 Magnetron cilindrico 21

2.3 Condizioni di deposizione 24 2.3.1 Magnetron 2 pollici 24 2.3.2 Magnetron 10 pollici 25 2.3.3 Magnetron cilindrico 26

2.4 Misura delle caratteristiche tensione – corrente 27

2.5 Sistema di baking 31

CAPITOLO 3 37

SPESSORE DEI FILM E VELOCITÀ DI DEPOSIZIONE 37

3.1 Determinazione degli spessori 37

CAPITOLO 4 41

MISURA DELLE PROPRIETÀ SUPERCONDUTTIVE 41

4.1 Generalità 41

III

4.2 Apparato di misura 42

4.3 Testa di misura e montaggio del campione 44

4.4 Procedura 46

4.5 Risultati 48 4.5.1 Film depositati in corrente continua 48 4.5.2 Film depositati in corrente pulsata 50 4.5.3 Deposizione con riscaldamento del substrato 52

CAPITOLO 5 55

DIFFRATTOMETRIA A RAGGI X 55

5.1 Scansione goniometrica 55 5.1.1 Generalità 55 5.1.2 Risultati ottenuti 56

5.2 Tessiture 60 5.2.1 Generalità 60 5.2.2 Risultati ottenuti 63

CAPITOLO 6 71

MICROSCOPIA A FORZA ATOMICA 71

6.1 Generalità 71

6.2 Risultati 73 6.2.1 Film depositati in corrente continua 73 6.2.2 Film depositati in corrente pulsata 77

CAPITOLO 7 81

SPETTROSCOPIA ELETTROCHIMICA DI IMPEDENZA 81

7.1 Generalità 81

7.2 Apparato sperimentale 84

7.3 Preparazione dei campioni 85

7.4 Risultati delle misure 86 7.4.1 Film depositati in corrente continua 86 7.4.2 Film depositati in corrente pulsata 90

CAPITOLO 8 95

IV

ANALISI MAGNETO-OTTICA 95

8.1 Superconduttori di tipo I e tipo II 95

8.2 Generalità sull’analisi magneto-ottica 97

8.3 Apparato sperimentale 98

8.4 Preparazione dei campioni e risultati 99

CAPITOLO 9 103

SIMULAZIONE DI CRESCITA DI UN FILM SOTTILE 103

9.1 Introduzione 103

9.2 Struttura del programma 103 9.2.1 Condizioni iniziali 104 9.2.2 Deposizione sul substrato 106

9.3 Risultati ottenuti 107

CAPITOLO 10 111

CONCLUSIONI 111

Ringraziamenti 115

INDICE DELLE FIGURE 117

APPENDICE 121

Listato del programma di simulazione 121

Bibliografia 125

V

INTRODUZIONE

L’utilizzo di materiali superconduttori per la costruzione di cavità per acceleratori

di particelle consente di produrre campi elettrici estremamente elevati con consumi elettrici

contenuti. Il guadagno in termini di potenza dissipata a parità di campo generato rispetto ad

una cavità non superconduttiva è di un fattore 105, che compensa ampiamente il dispendio

di energia aggiuntivo necessario per portare e mantenere la cavità alla temperatura dell’elio

liquido1.

La realizzazione e l’utilizzo di cavità acceleratrici in niobio depositato per

sputtering su rame anziché in niobio massiccio rappresentano un grande vantaggio sia in

termini di costi del materiale che di prestazioni, con questa tecnologia è infatti possibile

aumentare notevolmente il fattore di qualità Q della cavità, definito come il rapporto tra

l’energia immagazzinata e la potenza dissipata in ogni ciclo di radiofrequenza immesso

all’interno della cavità stessa.2

PUQ ω

= Equazione 0.1

Le cavità in niobio depositato su rame in più possiedono una maggiore stabilità

meccanica e hanno una migliore dissipazione del calore grazie all’elevata conducibilità

termica della struttura di rame.

Sfortunatamente questo tipo di cavità possiede un grande limite, cioè la

diminuzione di Q in funzione del campo accelerante che causa forti dissipazioni di potenza

all’aumentare del gradiente di campo.

Da studi effettuati al CERN sulle cavità a medio β (β = v/c) realizzate in niobio

depositato per sputtering su rame, sembra che l’angolo di arrivo degli atomi di niobio sulla

superficie della cavità sia un parametro fondamentale per la qualità del film. In particolare

è stato calcolato che l’angolo formato dalla direzione di arrivo degli atomi di niobio con la

superficie del substrato deve essere maggiore di 28° per ottenere rivestimenti dalla

proprietà superconduttive soddisfacenti3,4.

VII

Figura 0.1 diminuzione del fattore di qualità in funzione del campo accelerante quando si aumenta l’angolo di deposizione

È ben noto in letteratura che l’incidenza obliqua degli atomi che si depositano su di un

substrato causa l’originarsi di una morfologia particolare del film in crescita, a causa

soprattutto di effetti di ombra generati dalle rugosità del substrato, oppure da nuclei di

crescita di atomi del film (auto ombreggiatura)5. L’ombreggiatura genera un aumento di

rugosità della superficie del film in base a due meccanismi:

1. le depressioni sul substrato ricevono un minor flusso di atomi quando questi

arrivano ad angoli di incidenza radenti,

2. la bassa mobilità impedisce agli atomi già depositati di diffondere sulla superficie

e ricoprire gli avvallamenti.

Ci si aspetta quindi un aumento di rugosità di un film depositato quanto più la direzione di

arrivo degli atomi si allontana dalla normale alla superficie del substrato6.

La morfologia del film influisce anche su altre proprietà, in particolare si è

osservato che la resistenza residua di un film superconduttore aumenta con la sua rugosità7;

data la forma complessa di una cavità acceleratrice ci si aspetta quindi una forte differenza

nella rugosità dello strato di niobio depositato, e quindi una dipendenza delle proprietà

superconduttive dalla posizione sulla superficie interna della cavità stessa.

Le cavità esistenti nei moderni acceleratori hanno forme varie e complesse e

tipicamente presentano regioni in cui l’angolo di deposizione molto elevato, fino a 90°,

perciò la deposizione di un film di niobio dalla morfologia uniforme al loro interno è un

problema scientifico e tecnologico di grande rilevanza.

VIII

Figura 0.2 modelli di cavità con la stessa frequenza di risonanza ma a diverso Beta.

La Figura 0.2 mostra tre modelli di cavità con diverso β, si nota come la superficie presenti

un’elevata curvatura, con angoli limite che raggiungono i 90° rispetto alla verticale. La

curvatura della cavità si riflette inevitabilmente sull’angolo di arrivo degli atomi emessi dal

catodo (inserito lungo l’asse della cavità stessa) durante il processo di sputtering.

Figura 0.3 sezione di tre differenti cavità a quarto d’onda (QWR), la diversa curvatura della superficie modifica gli angoli limite di arrivo degli atomi depositati. In viola è evidenziata la posizione del catodo di

niobio utilizzato per lo sputtering.

Il problema dell’angolo è fortemente sentito in molti tipi di cavità diverse, come ad

esempio nei Quarter Wave Resonator (QWR) dove il raggio di curvatura della parte

superiore (mostrato in Figura 0.3) modifica la distribuzione angolare degli atomi che

collidono con la superficie, originando film di morfologia variabile. analogamente i

Quadrupoli a RadioFrerquenza(RFQ) avendo una forma complessa, presentano lo stesso

IX

problema, con angoli di incidenza degli atomi da depositare che variano in modo continuo

da 0° a 90° in funzione della posizione sulla superficie interna (Figura 0.4).

Figura 0.4 interno di un quadrupolo a radiofrequenza (RFQ). Si nota la forma complessa che causa una variazione continua dell’angolo di deposizione.

Per realizzare un film dalle proprietà uniformi su tutta la superficie da depositare è

perciò necessaria una profonda comprensione dei meccanismi che si instaurano durante lo

sputtering; la realizzazione di un rivestimento che soddisfi i requisiti richiesti dagli

utilizzatori degli acceleratori è quindi una sfida scientifica – prima ancora che tecnologica

– di importanza fondamentale per la fisica degli acceleratori.

Scopo di questa tesi è analizzare l’effetto che l’angolo di deposizione – qui definito

come l’angolo che sottendono due rette parallele alla superficie del target e del substrato –

ha sulla morfologia e sulle proprietà superconduttive di un film di niobio depositato per

magnetron sputtering. Lo studio è stato condotto in maniera sistematica, depositando serie

di 7 campioni simultaneamente a differenti angoli. In questo modo tutte le condizioni di

processo sono mantenute costanti e l’unico effetto morfologico sui film è dovuto alla

diversa inclinazione rispetto alla direzione di incidenza degli atomi. I film ottenuti sono

stati analizzati dal punto di vista delle proprietà superconduttive (temperatura critica,

rapporto di resistività residua, analisi magneto-ottica), strutturali (diffrazione di raggi X) e

morfologiche (microscopio a forza atomica, spettroscopia di impedenza). Ogni tecnica

utilizzata è stata trattata prima dal punto di vista generale con una breve introduzione sui

processi fisici analizzati e sulla teoria alla base dei sistemi di misura. Successivamente si è

descritto sommariamente l’apparato strumentale impiegato per ciascuna analisi e infine si

sono presentati i dati ottenuti dal candidato e la loro interpretazione.

Lo studio ha comportato la deposizione di un numero elevato di campioni (38 serie

per un totale di circa 150 substrati) e la messa a punto delle tecniche di analisi per

X

soddisfare le nostre esigenze. Si è cercato cioè di riunire competenze e tecnologie afferenti

ad ambiti diversi fra loro e di adattarle ad uno scopo unico, quale l’analisi morfologica dei

film di niobio depositati per sputtering, al fine di raggiungere una comprensione il quanto

più possibile profonda delle relazioni che intercorrono tra il processo di deposizione per

sputtering, la morfologia dei film accresciuti e le loro proprietà superconduttive. In questo

modo si potrà fornire alla comunità dei fisici degli acceleratori uno strumento il quanto più

possibile utile per lo sviluppo di nuove macchine dalle migliori prestazioni.

Questo lavoro si distingue da altri studi simili già effettuati per la sua sistematicità e

per la caratteristica di analizzare l’influenza dell’angolo di deposizione mantenendo

rigorosamente costanti tutti gli altri parametri. L’analisi della morfologia su film depositati

all’interno di cavità di prova, già studiata da altri3,4 non permette infatti un controllo di

tutte le condizioni di processo in quanto ad esempio la distanza tra il target ed il substrato

non può essere mantenuta costante ad ogni angolo di deposizione, ma segue la forma della

cavità (Figura 0.5). Per contro il lavoro svolto dal candidato si basa appunto sulla

sistematicità delle analisi e sulla eliminazione di tutti i parametri variabili ad esclusione

dell’angolo target – substrato.

Figura 0.5 angolo di arrivo degli atomi di niobio emessi dal target in diverse posizioni della superficie interna di una cavità acceleratrice3. Oltre all’angolo c’è una variazione della distanza target – substrato.

Struttura della tesi Data la diversità delle tecniche di caratterizzazione utilizzate in questo lavoro si è

preferito dedicare un capitolo separato ad ogni tipo di misura anziché raggrupparli assieme.

La struttura di questa tesi è quindi la seguente:

XI

• il capitolo 1 fornisce una breve introduzione teorica sul processo di sputtering e

sulla sua applicazione alla deposizione di film sottili; vengono quindi persentate

alcune configurazioni possibili, con particolare riferimento al magnetron

sputtering ed alla teoria del confinamento magnetico.

• Nel capitolo 2 vengono descritti gli apparati di deposizione impiegati,

soffermandosi sui portacampioni realizzati, sui tipi di magnetron utilizzati per lo

sputtering e sui sistemi da vuoto in cui sono stati montati.

• I capitoli 3,4,5,6,7,8 descrivono le tecniche di caratterizzazione dei campioni,

prima attraverso una breve introduzione teorica, poi con uno schema

dell’apparato di misura ed infine presentato i risultati delle misure sui campioni.

• Il capitolo 9 tratta la realizzazione di un semplice programma di simulazione di

crescita di film sottili, descrivendone prima la struttura e mostrando poi i

risultati ottenuti eseguendo la simulazione.

• In appendice è riportato il listato MatLab™ del programma.

XII

Capitolo 1 PROCESSO DI SPUTTERING

Viene qui descritto lo sputtering nei suoi processi fisici di base e la sua applicazione alla deposizione di film sottili. Si evidenziano inoltre le differenze fra diverse possibili configurazioni di sputtering.

Lo sputtering è un processo in cui atomi di un materiale sono emessi dalla

superficie di un solido (o di un liquido) attraverso il trasferimento di momento causato dal

bombardamento di particelle energetiche, solitamente ioni positivi di un gas inerte8.

I fenomeni che avvengono sulla superficie di un materiale soggetto a bombardamento

dipendono largamente dall’energia cinetica delle particelle incidenti e quando questa

supera l’energia di legame degli atomi del solido hanno luogo processi di riarrangiamento

delle posizioni reticolari e di danneggiamento della superficie. Ad energie più elevate di

4H – con H = calore di sublimazione del materiale bersaglio – si assiste ad un forte

aumento degli atomi espulsi dalla superficie del solido, cioè ad un processo di sputtering.

L’emissione di un atomo per sputtering è il risultato di una catena di urti binari che

trasferiscono momento dalla particella bombardante all’atomo emesso. Il materiale passa

in fase gassosa attraverso un processo meccanico invece che termico o chimico come in

altre tecniche di deposizione di film sottili. Ciò rende possibile depositare per sputtering

virtualmente qualsiasi tipo di materiale con rese molto simili fra loro9.

Figura 1.1 visione schematica del processo di sputtering

Come si può vedere dalla Tabella 1.1, lo sputtering è un processo che coinvolge energie

relativamente alte rispetto ad altri fenomeni superficiali.

Tabella 1.1 energie coinvolte in alcuni processi superficiali8

PROCESSO FISICO ENERGIE COINVOLTE

Bombardamento ionico 100 – 1000 eV

Energia di sublimazione degli atomi del target 2 – 10 eV

Energia cinetica degli atomi emessi per sputtering 10 – 40 eV

Energia cinetica degli atomi evaporati 0.2 – 0.3 eV

Energia di legame di atomi chemisorbiti 1 – 10 eV

Energia di legame di atomi fisisorbiti 0.1 – 0.5 eV

Il bombardamento di ioni sulla superficie causa anche emissione di elettroni secondari,

attraverso due meccanismi:

• Gli ioni una volta giunti in prossimità della superficie vengono neutralizzati da

elettroni emessi per effetto di campo; l’energia rilasciata può essere trasferita

agli elettroni reticolari attraverso processi non radiativi di tipo Auger e causare

l’emissione di elettroni secondari.

• Quando gli ioni incidenti raggiungono una certa velocità possono causare

emissione cinetica di elettroni secondari che si sovrappone a quella di tipo

Auger.

L’emissione di elettroni secondari è fondamentale per il sostentamento della scarica nel

caso gli ioni energetici per lo sputtering siano generati attraverso un plasma.

1.1 Scarica a bagliore

Il problema fondamentale nell’implementare un sistema da sputtering è la disponibilità

di una sorgente di ioni uniforme ed abbondante al di sopra della superficie del target, e

una scarica a bagliore in bassa pressione è essenzialmente uno dei sistemi più efficaci per

fare questo. Un’ampia gamma di geometrie è stata sviluppata nel tentativo di:

1. aumentare il numero di ioni e quindi la velocità di deposizione

2. aumentare l’area utilizzabile del target

3. ridurre il riscaldamento del substrato da parte del target

4. abbassare la pressione di lavoro

4

5. facilitare la deposizione su substrati dalle forme particolari (ad esempio l’interno

di una cavità).

Il meccanismo ala base della formazione della scarica rimane comunque lo stesso.

In generale se si applica un potenziale DC tra due elettrodi posti ad una distanza d

in un gas a bassa pressione, la corrente che fluisce è trascurabile finché non si supera una

tensione di soglia detta potenziale di scarica; se però il catodo emette elettroni, la corrente

tra gli elettrodi assume un valore finito. Si osserva che tale corrente aumenta con la

distanza fra i due elettrodi se il potenziale applicato supera il valore necessario per la

ionizzazione del gas a causa del fatto che gli elettroni, muovendosi dal catodo all’anodo,

effettuano un numero fissato di collisioni ionizzanti per unità di lunghezza, e quindi il

numero totale di ioni prodotti aumenta con la distanza percorsa dagli elettroni stessi. Gli

ioni risultanti da questi urti vengono a loro volta accelerati verso il catodo dal campo

elettrico e, quando il potenziale è sufficientemente elevato, possono produrre elettroni

secondari collidendo con la superficie dell’elettrodo positivo. I due processi di

ionizzazione ed emissione di elettroni secondari controllano la corrente totale che fluisce

nel sistema secondo l’equazione10:

[ ]1)exp(1)exp(0

−−=

ddII

αγα

Equazione 1.1

dove I0 è la corrente elettronica primaria prodotta dalla sorgente esterna,

α è il numero di ioni per unità di lunghezza prodotti dagli elettroni,

d è la distanza tra gli elettrodi,

γ è il coefficiente di emissione di elettroni secondari.

Questa formula, detta equazione di Townsend descrive il comportamento della corrente

attraverso un gas per tensioni al di sotto del potenziale di scarica; quando la tensione

aumenta, sia α che γ crescono rapidamente, annullando il denominatore e facendo tendere

ad infinito la corrente totale; a questo punto l’equazione non ha più validità e si è

raggiunto il potenziale di scarica.

Una volta avvenuta la scarica, il numero di elettroni secondari prodotti al catodo è

sufficiente a generare abbastanza ioni da bilanciare quelli perduti e la scarica si auto

sostiene; il potenziale a cui questo avviene dipende dal prodotto fra la pressione del gas e

la distanza tra gli elettrodi.

5

La distribuzione del potenziale e delle cariche in una scarica di questo tipo si riflette

visivamente in un alternarsi di regioni luminose e spazi bui lungo la sezione trasversale

della scarica stessa.

Figura 1.2 visione in sezione della struttura di una scarica a bagliore11

Di particolare importanza è la zona chiamata spazio oscuro catodico dove gli ioni positivi

si accumulano per formare una distribuzione di carica spaziale; la sua ampiezza è

approssimativamente la distanza media percorsa da un elettrone prima di effettuare una

collisione ionizzante e vale all’incirca 5-10 volte il libero cammino medio elettronico λ. A

causa dell’elevato campo elettrico presente in questa regione gli elettroni la attraversano

velocemente senza effettuare collisioni e quindi non viene emessa luce. Una volta

raggiunto il limite di questa zona gli elettroni iniziano a produrre collisioni ionizzanti

generando una regione globalmente neutra in cui il numero di ioni e di elettroni si bilancia,

cioè un plasma; questa zona (negative glow) è luminosa a causa dell’energia rilasciata

sotto forma di radiazione durante gli urti. Una volta perduta la loro energia nelle collisioni,

gli elettroni percorrono la regione successiva senza causare ionizzazione o eccitazione

degli atomi, perciò non viene emessa luce visibile (spazio oscuro di Faraday); in questa

zona non sono prodotti ioni negativi e quindi si forma una carica spaziale negativa. Gli

elettroni che oltrepassano per diffusione lo spazio oscuro di Faraday vengono accelerati

verso l’anodo ed hanno sufficiente energia per effettuare altre collisioni ionizzanti

originando una regione luminosa detta colonna positiva.

Nei processi di sputtering solitamente la separazione tra gli elettrodi è piccola ed l’anodo si

trova all’interno di negative glow, perciò la colonna positiva e lo spazio oscuro di Faraday

non esistono, scarica anormale.

6

1.2 Configurazioni di sputtering

Il più semplice sistema da sputtering consiste in due elettrodi posti in una camera da

vuoto ai quali viene applicata una differenza di potenziale tale da creare una scarica

anormale tra i due. Il substrato da ricoprire viene posto sull’anodo, mentre il materiale da

depositare rappresenta il catodo, cioè l’elettrodo negativo sul quale collidono gli ioni

positivi del plasma causando l’emissione di atomi da depositare. Le qualità del film

ottenuto dipendono fortemente dalla pulizia della camera da sputtering, perciò, soprattutto

per il niobio, le cui proprietà superconduttive decadono drammaticamente in presenza di

impurità, è necessario eliminare il più possibile i gas contaminanti dalla camera da vuoto

pompando fino a raggiungere pressioni molto basse (UHV, P ≈ 10-8 mbar); una volta fatto

ciò, lo sputtering viene condotto in atmosfera controllata, riempiendo la camera con la

pressione voluta di gas inerte (solitamente Argon).

Il numero di atomi emessi dal target per ione incidente è detto sputtering yield e

dipende da vari fattori:

• energia cinetica degli ioni incidenti

la resa di sputtering aumenta con l’energia degli ioni fino a raggiungere un

valore di saturazione attorno a 10 KeV, poi un ulteriore incremento di energia

diminuisce lo yield a causa della comparsa di fenomeni di impianto ionico.

È da notare inoltre che esiste un valore di soglia al di sotto del quale non è

possibile effettuare sputtering.

• Massa atomica degli atomi interessati

Il trasferimento di energia tra ioni e atomi del materiale bersaglio è dato da:

2)(4

MmmME+

= Equazione 1.2

con M massa degli ioni del plasma e m massa degli atomi del target. Si vede

quindi che la massima resa si ha quando le due masse sono all’incirca le

stesse.

• Gas nobili

I gas inerti non hanno la tendenza a catturare elettroni liberi per completare la

shell più esterna, quindi non li sottraggono ai processi di ionizzazione per

urto.

• Angolo di incidenza degli ioni

7

La resa aumenta quando è necessario un piccolo cambiamento di direzione

del momento per scalzare un atomo dalla superficie del target, cioè per

incidenze ad angolo radente.

È possibile applicare un potenziale negativo minore di quello applicato al target anche al

substrato (biased sputtering) in modo da causare un bombardamento ionico sulla

superficie del film in crescita e modificarne così la morfologia.

Figura 1.3 schema del processo di biased sputtering

1.3 Magnetron sputtering

Lo sputtering a diodo non è un processo molto efficiente perché gli elettroni riescono

ad effettuare un numero limitato di collisioni ionizzanti prima di venire persi sul catodo,

perciò per ottenere velocità di deposizione ragionevoli è necessario impiegare molta

potenza oppure innalzare di molto la pressione di argon in camera. È possibile ottenere una

resa migliore aumentando il numero di ioni prodotti da un singolo elettrone, cioè

aumentando la lunghezza del percorso che questo compie prima di collidere con l’elettrodo

positivo del sistema; un metodo per realizzare questo è applicare un campo magnetico di

confinamento parallelo alla superficie del catodo.

Un sistema magnetron sputtering consiste essenzialmente in un sistema a diodo in cui

un campo magnetico esterno opportunamente sagomato agisce in modo da aumentare

l’efficienza di ionizzazione degli elettroni. Il campo applicato causa due effetti:

8

1. induce gli elettroni ad un movimento ad elica attorno alle linee di forza

aumentando drasticamente la lunghezza del loro percorso e quindi il numero di

collisioni ionizzanti;

2. impedisce la diffusione degli elettroni al di fuori del plasma riducendo fortemente

le perdite (bottiglia magnetica).

Quando un elettrone è immerso in un campo magnetico uniforme, orbita attorno alle linee

di B con la sua frequenza di ciclotrone

e

c meB

=ω Equazione 1.3

se possiede anche una componente del moto lungo la direzione delle linee di campo, il suo

percorso sarà un’elica attorno alle linee stesse. In tal caso l’elettrone è intrappolato su una

linea del campo magnetico applicato e per spostarsi da una linea all’altra deve

necessariamente subire un urto come mostrato in Figura 1.4.

In presenza di campo elettrico l’elettrone si muove anche lungo una direzione

perpendicolare alle direzioni dei due campi (deriva ExB ); il moto risultante sarà quindi

una cicloide .

Figura 1.4 traiettorie degli elettroni in un campo magnetico7

L’effetto netto dell’applicazione di un campo magnetico è quello di effettuare lo

sputtering a pressioni più basse o, analogamente, di ottenere correnti più elevate (e quindi

deposition rate maggiori) a parità di pressione rispetto ad un sistema a diodo. Per contro

questo causa un forte riscaldamento del target che deve essere scrupolosamente

9

raffreddato, anche nell’ottica di un possibile superamento della temperatura di Curie che

renderebbe inefficaci i magneti.

È possibile disegnare sistemi di magnetron sputtering virtualmente di qualsiasi

geometria, ma i più utilizzati sono magnetron planari di forma circolare oppure magnetron

cilindrici; per il lavoro di questa tesi sono stai impiegati due magnetron planari di diverso

diametro (2 e 10 pollici) e sono state effettuate delle prove con un post-magnetron

cilindrico.

Figura 1.5 schema del processo di magnetron sputtering

Post-magnetron cilindrico La configurazione chiamata post-magnetron cilindrico è costituita da un catodo

centrale di materiale da depositare e da un arrangiamento di magneti permanenti tale da

produrre un intenso campo in direzione assiale. In tal modo il moto degli elettroni è

confinato lungo il catodo centrale dove si forma un plasma che si estende in direzione

radiale per una distanza W. Per evitare che gli elettroni – liberi di muoversi lungo le linee

di campo, cioè parallelamente al catodo – vengano persi agli estremi del sistema, il catodo

possiede due alette in corrispondenza delle basi che, essendo a potenziale negativo,

10

fungono da schermo elettrostatico riflettendo gli elettroni avanti e indietro lungo

l’estensione del catodo e quindi aumentando ulteriormente l’efficienza di ionizzazione.

Un’equazione empirica permette di calcolare le dimensioni delle alette W in funzione del

campo magnetico e della tensione operativa7:

B

VW ⋅=

10 Equazione 1.4

1.4 Caratteristiche tensione corrente

La caratteristica tensione corrente di un magnetron rivela abbondanti informazioni sui

processi di ionizzazione in una scarica in plasma; maggiore è l’efficienza della

ionizzazione e minore è la tensione necessaria per raggiungere una data densità di corrente

catodica, cioè è necessario impiegare minore potenza elettrica per ottenere una fissata

velocità di deposizione. Esistono due possibili modelli che tentano di descrivere la

dipendenza della corrente in funzione della tensione imposta:

il primo – dovuto a Thornton7 – prevede un andamento del tipo:

Equazione 1.5 naVI =

dove l’esponente n (compreso tra 5 e 10) è tanto maggiore quanto più efficace è il

confinamento da parte del campo magnetico.

Un secondo modello prevede invece una curva caratteristica del tipo:

Equazione 1.6 20 )( VVaI −=

dove V0 rappresenta il potenziale di innesco del plasma.

1.5 Degassamento delle superfici

Ogni superficie a contatto con il vuoto mostra un’emissione di gas che è dovuta

essenzialmente a quattro fattori12:

• Permeazione, cioè passaggio di gas attraverso la parete di separazione tra un

ambiente a pressione maggiore ed uno a pressione più bassa,

• Diffusione dalla massa interna del solido, che può essere di tipo interstiziale o

attraverso le vacanze,

• Desorbimento di molecole precedentemente adsorbite

• Tensione di vapore del materiale componente la superficie stessa.

11

L’effetto combinato di tali fenomeni prende il nome di degassamento, e rappresenta

(assieme ad eventuali fughe) il principale limite alla minima pressione raggiungibile in un

sistema per Ultra Alto Vuoto.

La velocità specifica di degassamento di un sistema viene espressa in termini di quantità di

gas emesso per unità di tempo e di superficie, cioè in (Pa⋅m3)/(s⋅m2) o in (mbar⋅l)/(s⋅cm2) e

dipende dal tipo di materiale considerato oltre che dalla sua storia; le caratteristiche

principali del fenomeno possono essere riassunte nei seguenti punti:

1. il degassamento dipende dalle caratteristiche del materiale, dal trattamento subito e

dall’atmosfera con cui è stato a contatto prima di essere posto in vuoto

2. è proporzionale all’area della superficie degassante

3. cresce fortemente con la temperatura e diminuisce con il tempo (quando non

determinato dalla permeazione di gas attraverso le pareti)

4. dipende dalla forma delle superfici degassanti e dal loro stato di pulizia.

Nel caso di gas adsorbiti sulle superfici di un sistema da vuoto, il bombardamento da

parte di particelle cariche ne stimola il desorbimento; questo fenomeno può essere

volutamente provocato per effettuare un trattamento di pulizia (sputter cleaning) delle

superfici sulle quali si vuole depositare un rivestimento oppure per eliminare la

contaminazione da un target prima di usarlo come sorgente di atomi da depositare, ma può

anche costituire una fonte di impurezze durante lo sputtering, quando le superfici interne

della camera da vuoto possono venire in contatto con il plasma. È da notare inoltre che

durante le deposizioni il bombardamento ionico provoca anche un riscaldamento del

sistema stimolando il degassamento delle pareti.

Per evitare di incorrere in questo problema è quindi prassi comune aumentare di

proposito la velocità di degassamento della camera da vuoto prima di effettuare la

deposizione, attraverso un opportuno trattamento termico, indicato con il termine baking;

in tal modo si stimola l’emissione di gas che poi viene pompato via dal sistema. Analisi in

spettrometria di massa della composizione del gas residuo in camera dopo il baking

mostrano una netta riduzione dei contaminanti, in particolare viene abbassato

notevolmente il flusso parziale di vapor d’acqua.

In Tabella 1.2 sono evidenziati a titolo di esempio flussi parziali di gas presenti in una

camera da vuoto dopo alcuni trattamenti termici. Si nota la riduzione del flusso di vapore

acqueo dopo riscaldamento ad elevata temperatura.

12

Tabella 1.2 degassamento di camere da vuoto dopo alcuni tipi di trattamento termico (le unità di misura sono mbar⋅l/(cm2⋅s)11

Trattamento Flusso

totale

H2 H2O CO CO2

Pompaggio per 75 ore 1.6⋅10-10 89⋅10-12 57.3⋅10-12 8.7⋅10-12 1.3⋅10-12

Baking a 150 °C per 50

ore

4.0⋅10-11 38⋅10-12 2⋅10-12 0.6⋅10-12 0.04⋅10-12

Baking a 300 °C per 40

ore

8.5⋅10-12 8.2⋅10-12 0.07⋅10-12 0.2⋅10-12 0.01⋅10-12

13

Capitolo 2 APPARATI DI DEPOSIZIONE

Si dà una descrizione dei sistemi utilizzati per la deposizione: portacampioni, tipi di magnetron, sistemi da vuoto, sistemi di baking. Successivamente vengono descritte le condizioni di deposizioni utilizzate per realizzare i film da analizzare.

2.1 Portacampioni

Lo studio morfologico in funzione dell’angolo di deposizione – definito come l’angolo

tra la superficie del target e la superficie del campione – richiede che le condizioni di

processo vengano mantenute il più possibile uniformi in ogni serie di campioni, in modo

da ricondurre qualsiasi differenza nelle proprietà del film all’effetto dell’angolo e

minimizzare di conseguenza le differenze dovute ad altri parametri non mantenuti costanti.

In particolare è necessario depositare un’intera serie a diversi angoli mantenendo costanti:

• Il livello di contaminazione del sistema da vuoto, cioè la pressione residua in

camera prima dello sputtering

• La velocità di deposizione

• La dinamica con cui gli atomi di niobio giungono sulla superficie del substrato,

che dipende prevalentemente dalla pressione di argon utilizzata per la

deposizione e dalla distanza fra target e substrato.

Il metodo più semplice per mantenere costanti tutti i parametri eccetto l’angolo target –

substrato è quello di depositare l’intera serie di film in un unico run; allo scopo si è

proceduto a disegnare e realizzare un portacampioni che potesse sostenere più substrati

contemporaneamente posizionandoli a differenti angoli rispetto al target. Data la simmetria

cilindrica del magnetron utilizzato è sufficiente campionare gli angoli da 0 (superficie del

substrato parallela a quella del target) fino a 90 gradi (substrato perpendicolare al target), si

è perciò scelto di costruire un portacampione di forma tronco-piramidale irregolare con sei

facce laterali orientate a 15°, 30°, 45°, 60°, 75°, 90° rispetto al piano del target e con la

base superiore parallela al target stesso (campione a 0°). In tal modo è possibile depositare

contemporaneamente su sette substrati disposti in modo da coprire uniformemente l’intero

range angolare.

Figura 2.1 portacampione multi-angolo nella versione per quarzi 5x10 mm (sinistra) e per quarzi di dimensioni maggiori (destra). Sono indicate le inclinazioni di ciascuna faccia.

Data la necessità di depositare su substrati di dimensioni differenti si sono realizzate tre

versioni del portacampioni:

• La prima, costruita in acciaio inox, possiede degli incavi per alloggiare quarzi

5x10 mm che vengono fissati con delle viti la cui posizione è studiata per evitare

ombreggiature (Figura 2.1).

• Una seconda versione con gli stessi ingombri e costruita in rame è stata usata

direttamente come substrato per il film di niobio.

• L’ultima versione ha invece dimensioni doppie rispetto alle altre due, non

possiede incavi ed è stata utilizzata per substrati di dimensioni maggiori che

venivano fissati con una piccola quantità di sospensione di argento in acetone.

Utilizzando questo portacampioni si sono potuti depositare i quarzi 25x70 mm

con cui è stata fatta l’analisi in spettroscopia di impedenza.

In tutti i casi la deposizione avveniva sospendendo il portacampioni sopra il magnetron

mediante un’asta di acciaio fissata alla flangia superiore della camera.

Nella Figura 2.2 si vede il portacampione multi-angolo di dimensioni maggiori estratto

dal sistema da vuoto dopo la deposizione. I campioni sono stati fissati con silver paint,

mentre il portacampioni è agganciato alla flangia CF 100 attraverso un asta filettata

opprtunamente limata per permettere il pompaggio dei fori ed impedire fughe virtuali che

possano rovinare il vuoto di base.

16

Figura 2.2 portacampioni multi-angolo con quarzi depositati incollati con silver paint. La flangia è del tipo CF 100

2.2 Magnetron

Le deposizioni sono state effettuate utilizzando 3 diversi magnetron:

1. magnetron planare con diametro di 2 pollici (5.08 cm)

2. magnetron planare con diametro di 10 pollici (25.4 cm)

3. post-magnetron cilindrico.

Il magnetron planare da 2 pollici è stato utilizzato con i portacampioni multi-angolo

per studiare le variazioni morfologiche e delle proprietà superconduttive dei film

depositati, il magnetron da 10 pollici è stato utilizzato per uno studio di fattibilità sulla

deposizione di film ad elevato spessore mentre il post-magnetron cilindrico è stato

utilizzato come sistema di prova per deposizioni su substrati di forma particolare e come

confronto rispetto al magnetron planare da 2 pollici.

17

2.2.1 Magnetron planare 2 pollici

Figura 2.3 magnetron planare 2” sviluppato ed utilizzato per le deposizioni ad angolo target – substrato

variabile.

La Figura 2.3 mostra il magnetron planare da 2 pollici di diametro utilizzato per le

deposizioni; la parte sinistra costituisce il magnetron vero e proprio che va inserito

all’interno della camera da vuoto e fissato ad essa tramite la flangia CF 100 che si vede al

centro e che garantisce anche la tenuta da vuoto. Il campo magnetico viene generato da un

magnete permanente ad anello che viene raffreddato da un sistema a liquido. Il target viene

appoggiato su un backing plate di rame e bloccato a contatto con esso da un coperchio di

acciaio fissato lateralmente con quattro viti; il contato termico è assicurato da una piccola

quantità di eutettico indio-gallio interposto tra il backing plate e il target.

La parte a destra della foto è di alluminio e contiene all’interno i contatti elettrici necessari

per porre il target a potenziale catodico ed i collegamenti per l’acqua di raffreddamento.

Il magnetron è stato inserito nella parte inferiore di una camera da vuoto cilindrica

progettata appositamente, il portacampioni invece è stato posizionato superiormente,

collegandolo attraverso un’asta filettata alla parte interna della flangia CF 100 superiore.

L’altezza totale della camera da vuoto è di circa 30 cm.

Il sistema è composto da quattro camere identiche disposte a croce e collegate ad un

raccordo centrale da dei tombak con all’estremità una valvola tutto metallo che può isolare

settori diversi del sistema. Sulla croce sono innestati il sensore di vuoto di tipo full range (a

doppia modalità, Pirani per basso vuoto e Bayard-Alpert per alti vuoti) e le valvole leak per

l’introduzione di argon per lo sputtering e di azoto per il rientro. Il sistema è collegato

18

attraverso la croce ad un unico gruppo di pompaggio costituito da una pompa

turbomolecolare e da una rotativa.

Figura 2.4 sistema per sputtering equipaggiato con magnetron planare 2”

2.2.2 Magnetron planare 10 pollici

Il magnetron da 10 pollici è stato realizzato dal candidato con una serie di magneti

in Nd-Fe-B di forma trapezoidale disposti in una configurazione a “cuore” e ricoperti da

una resina trasparente anticorrosione. Il sistema durante la deposizione viene posto in

rotazione da un motore elettrico, la configurazione dei magneti è studiata per garantire la

massima uniformità di erosione del target di niobio. Il magnetron è raffreddato ad acqua,

che funge anche da lubrificante durante la rotazione del piatto contenente i magneti.

Il target a forma di disco viene fissato al piatto di metallo sul quale sono posti i magneti

attraverso delle viti in niobio realizzate su misura, che durante lo sputtering vengono erose

assieme al disco. Per favorire il contatto termico e quindi assicurare il raffreddamento del

target viene interposto un eutettico di gallio – indio tra il target stesso e il piatto del

magnetron.

19

Figura 2.5 arrangiamento dei magneti nel magnetron rotante 10”

Nella Figura 2.5 si vede la disposizione dei magneti per realizzare il magnetron da 10

pollici, i due cilindri visibili nella parte bassa servono da contrappeso per bilanciare il

magnetron e garantire una rotazione uniforme; il perno rotante collegato al motore

elettrico viene inserito nel foro pentagonale al centro.

Il magnetron è posto nella parte superiore di una camera da vuoto cilindrica alla

quale è collegato mediante una flangia progettata e realizzata su misura le cui tenute da

vuoto sono garantite da degli o-ring in viton. La camera è alta circa 50 cm ed ha un

diametro di 40 cm, è collegata inferiormente al gruppo di pompaggio costituito da una

pompa turbomolecolare e da una rotativa che garantiscono un vuoto limite di 10-8 mbar

(Figura 2.18). La pressione nel sistema viene misurata attraverso un vacuometro a

ionizzazione del tipo Bayard-Alpert e da un vacuometro Pirani posti in camera, da un

vacuometro Penning posizionato immediatamente a prima della pompa turbomolecolare e

da un vacuometro Pirani tra le due pompe. Durante lo sputtering la valvola gate principale

del sistema viene chiusa in modo da evitare l’ingresso di flakes direttamente nella

turbomolecolare ed il pompaggio viene effettuato attraverso un bypass comandato da

un’elettrovalvola. L’introduzione di gas in camera viene effettuata attraverso apposite

valvole leak collegate direttamente alla camera stessa.

20

2.2.3 Magnetron cilindrico

Figura 2.6 schema del magnetron cilindrico con valori del campo magnetico in differenti posizioni

(sinistra) e magnetron cilindrico durante lo sputtering (destra)

Nella Figura 2.7 si può vedere uno schema del magnetron (alto circa 10 cm) con la

posizione dei magneti e la mappatura delle intensità di campo in varie posizioni del catodo.

Gli schermi metallici superiori ed inferiori servono per proteggere i magneti dall’elevato

calore sviluppato dal catodo durante il processo di sputtering (fino ad 800 °C). si può

vedere che il magnetron non è simmetrico e che le alette superiore ed inferiore hanno

dimensioni diverse. Nella figura di destra si vede il magnetron durante lo sputtering, con il

plasma che si estende radialmente partendo dal catodo.

Questo magnetron è stato utilizzato per una prova di deposizione di niobio solo

sullo spessore di un vetrino 10x10x1 mm senza ricoprire le facce. Si è scelto un post-

magnetron perché l’elevato confinamento del plasma permette di lavorare a basse pressioni

(1.8⋅10-3 mbar), in tal modo gli atomi emessi dal target non subiscono sostanziale

scattering da parte degli atomi di argon e viaggiano in linea retta dal target al substrato,

depositandosi solo sulle superfici che si affacciano direttamente al magnetron (line of sight

deposition). Per la prova è stato realizzato appositamente un portacampioni “a scaletta” in

allumino capace di alloggiare 10 quarzi esponendone verso il catodo lo spessore, ma

21

lasciando scoperte le facce in modo da verificare se la deposizione avviene solo in linea

retta o anche su superfici orientate diversamente. La distanza scelta è stata la massima

possibile permessa dalle dimensioni della camera da vuoto, cioè 175 mm, così da

permettere l’arrivo sui substrati solo degli atomi che non hanno subito collisioni in fase

gassosa tali da variarne di molto la direzione; in questo modo ci si garantisce una

deposizione quanto più possibile in linea retta ma si riduce di molto la velocità di

deposizione calcolata, misurando lo spessore del film, in 0.4 Å/s. i quarzi sono stati

posizionati con lo spessore parallelo all’asse del catodo cilindrico con il portacampioni in

corrispondenza del punto medio del catodo, dove la velocità di deposizione è maggiore.

Figura 2.7 schema del portacampioni realizzato per la deposizione sugli spigoli di quarzi 10x10x1 mm

Il magnetron utilizzato non prevede un sistema di raffreddamento, perciò durante lo

sputtering raggiunge temperature molto elevate a causa dell’intenso bombardamento da

parte degli ioni di argon, tanto da diventare incandescente. La temperatura del catodo è

stata misurata durante il processo di deposizione attraverso un pirometro a raggi infrarossi

e si è osservato che ha raggiunto i 734°C di valore massimo dopo 30 min. di deposizione.

Un calore così elevato ha effetti macroscopici sulla struttura cristallina del catodo, che

ricristallizza formando grani dal diametro di circa 5 mm chiaramente visibili in Figura 2.8.

22

Figura 2.8 catodo del post-magnetron cilindrico. È visibile la ricristallizzazione del niobio dovuta alle alte temperature raggiunte durante lo sputtering

Gli schermi metallici funzionano da scudo termico che evita un eccessivo riscaldamento

dei magneti posizionati in corrispondenza delle basi del catodo, ma è comunque opportuno

interrompere la deposizione quando vengono raggiunte temperature così elevate e

permettere il raffreddamento del sistema.

Lo scopo di questa prova è dimostrare l’importanza dell’angolo target – substrato

nella deposizione all’interno delle cavità. Dall’esperimento si nota come ad un angolo di

90° (superficie del substrato perpendicolare al target) non ci sia crescita del film e quindi

questo tipo di processo non sia adatto per rivestire superfici interne di cavità come le RFQ

(Radio Frequency Quadrupole) in cui sono presenti angoli di 90°.

Ultimamente questo studio si è dimostrato di particolare interesse per l’industria del

packaging che sta sperimentando la realizzazione di ologrammi attraverso la deposizione

di oro e allumino da due magnetron posizionati perpendicolarmente fra loro.

Le deposizioni effettuate hanno mostrato come sia possibile depositare un rivestimento

solo sulle superfici direttamente affacciate al plasma inibendo il ricoprimento su zone

diversamente orientate, semplicemente regolando la pressione di processo e la distanza del

portacampioni, senza dover utilizzare delle opportune maschere.

23

2.3 Condizioni di deposizione

2.3.1 Magnetron 2 pollici

I film sono stati depositati in corrente continua ed in corrente impulsata, a diverse

condizioni di pressione, potenza erogata al magnetron e a due differenti distanze del

portacampioni dal target, 70 e 180 mm.

Si è osservato che la distanza maggiore conduce ad una deposizione prevalentemente in

linea di vista, con film ad alti angoli molto sottili o addirittura assenti; l’aumento della

pressione diminuisce questo effetto portando a depositi più consistenti anche ad angoli

elevati, ma in ogni caso i rivestimenti realizzati mantenendo il portacampioni a 180 mm

dal target mostrano proprietà superconduttive piuttosto scadenti.

Si è allora avvicinato il substrato fino a 70 mm dal target, ottenendo film dalle migliori

proprietà superconduttive. La pressione è stata mantenuta il più bassa possibile in modo da

evidenziare gli effetti dell’angolo di deposizione e realizzare film più compatti.

Tabella 2.1 condizioni di deposizione con magnetron planare 2”

N° Pressione

base (mbar)

Pressione

argon (mbar)

Distanza

(mm)

Tensione Corrente Potenza RRR

massima

Nb19 1.6⋅10-8 2.2⋅10-3 180 416 V 1.04 A 415 W 5.86

Nb20 2.0⋅10-8 2.2⋅10-3 70 407 V 1.04 A 408 W 16.5

Nb37

pulsed

3.2⋅10-9 2.2⋅10-3 70 490 V 1.04 A 510 W 23.5

Nb39 4.3⋅10-9 2.2⋅10-3 70 403 V 1.04 A 403 W 12.1

La tabella mostra alcune serie di deposizione effettuate variando i parametri di

deposizione; si osserva chiaramente che la distanza di 180 mm dal target non è adatta per

ottenere film dalle buone proprietà superconduttive. Non è chiaro il motivo per cui il

valore di RRR massimo della serie Nb39, depositata ad una pressione di base un ordine di

grandezza minore, sia così basso. Per confronto è stata inserita la serie depositata in

corrente pulsata.

Le deposizioni in corrente pulsata sono state condotte con un alimentatore

Advanced Energy® MDXII collegato ad un impulsatore Advanced Energy® MDX Sparc-

LE® V che ha generato impulsi alla frequenza di 70 KHz. Il controllo dell’alimentatore era

in corrente costante I=1.04 A e ci si è posti in condizioni tali da riprodurre la stessa

24

quantità di erosione del target delle deposizioni effettuate in corrente continua. La tensione

di uscita dell’impulsatore è stata calcolata attraverso la formula:

Ta

tTVV onoops )1( +

−= Equazione 2.1

dove Vo è la tensione di uscita dall’impulsatore, Vops è la tensione erogata dall’alimentare, a

il valore di tensione di segno opposto all’impulso principale (reverse voltage), T il periodo

in ms dell’impulsatore, ton il tempo in ms durante il quale l’impulsatore eroga una tensione

positiva.

Nelle condizioni in cui ci si è posti si ottiene una tensione in uscita dall’impulsatore di 490

V quando l’alimentatore eroga 476 V, il reverse voltage è stato impostato al 20% della

tensione di impulso.

2.3.2 Magnetron 10 pollici

Lo scopo di questa deposizione era ottenere un film spesso 1 mm su due lamine di

niobio accostate ed effettuare delle prove di trazione per verificare se la deposizione di un

film spesso possa sostituire la saldatura Electron Beam sul niobio. Allo scopo sono state

effettuate tre prove ponendosi a differente distanza dal target e calcolando la velocità di

deposizione e l’uniformità di spessore in lungo una direzione radiale al magnetron. La

potenza erogata dal sistema è stata fissata a 3.5 KW che corrisponde ad una corrente di 8.5

A a 412V, il vuoto iniziale era di 10-7 mbar e la pressione di argon introdotta era 9.3⋅10-3

mbar.

Tabella 2.2 taratura della velocità di deposizione a diverse distanze target – substrato per magnetron planare 10”

Distanza Tempo di deposizione Spessore medio al centro Spessore medio a R=70 mm

40 mm 20 min 2.89 ± 0.02 µm 2.40 ± 0.02 µm

50 mm 20 min 2.70 ± 0.06 µm 2.62 ± 0.04 µm

70 mm 20 min 2.17 ± 0.01 µm 1.71 ± 0.02 µm

La distanza target – substrato in cui c’è il miglior compromesso tra velocità di deposizione

e uniformità di spessore lungo il raggio è 50 mm, per cui ci si è posti a questo valore per

effettuare la deposizione. Si è calcolato che la deposizione di 2.70 µm richiede 1 KWh,

perciò un film spesso 1mm necessita che vengano erogati:

25

KWhKWhmm

4.37014.370

4.37070.2

1000

=⋅

=µµ

Equazione 2.2

che con una potenza erogata di 3.5 KW corrispondono a 105 ore di sputtering.

Che con 10 ore di deposizione al giorno corrispondono a circa 11 giorni lavorativi. A

prima vista questa tecnica può sembrare impraticabile dato il tempo necessario per la

deposizione, ma può rivelarsi estremamente interessante per la realizzazione di nuove

strutture quali le cavità a banda fotonica Figura 2.9 dove è necessario fare un alto numero

di saldature tutte uguali e sulla stessa faccia. La deposizione di film spessi può saldare in

un solo ciclo.

Figura 2.9 schema di cavità a banda fotonica (pianta)

2.3.3 Magnetron cilindrico

La prima deposizione è servita di taratura, si è quindi utilizzato un vetrino con la

faccia rivolta verso il catodo e parzialmente coperta in modo da poter misurare lo spessore

del film. Si è scelto di mantenere la pressione di processo bassa così da evitare il più

possibile lo scattering in fase gassosa degli atomi emessi dal target. L’alimentatore del

magnetron era controllato in corrente, mantenuta fissa a 0.38 A.

Tabella 2.3 taratura della velocità di deposizione per magnetron cilindrico

Pressione

base

Pressione

argon

tensione corrente potenza Tempo di

deposizione

Spessore

4.2⋅10-5 1.8⋅10-3 370 V 0.38 A 130 W 30 min 70 nm

26

La Tabella 2.3 indica i parametri di deposizione per il campione di taratura, il vuoto di base

non è molto alto perché in questo caso non interessavano le proprietà superconduttive del

film e quindi non era necessario controllare in modo accurato il livello di impurezze

presenti. Con questi parametri si è ottenuta una velocità di deposizione di 0.4 Å/s, pari a

2.4 nm/min.

La deposizione sugli spigoli dei quarzi è stata effettuata nelle stesse condizioni del

campione di taratura per un tempo di 13 min.

2.4 Misura delle caratteristiche tensione – corrente

La verifica di quale di questi due modelli fosse verificato per i magnetron utilizzati in

questa tesi ha portato a misurarne le curve caratteristiche, in particolare per il magnetron

planare da 2 pollici e per il post-magnetron cilindrico; si è quindi realizzato un apposito

programma in LabVIEW™ per controllare un alimentatore Advanced Energy MDXII e per

acquisire automaticamente il valore di tensione applicando una rampa predefinita di

corrente (e viceversa). I dati ottenuti sono stati poi immagazzinati in un file .DAT e poi

elaborati con un programma di analisi per calcolare le curve di interpolazione dei dati.

Figura 2.10 esempi di caratteristiche tensione – corrente7

27

Figura 2.11 caratteristiche tensione – corrente di magnetron planare 2” a varie pressioni base

Figura 2.12 caratteristiche tensione – corrente di post magnetron cilindrico a varie pressioni base

Sia le curve per il magnetron planare che quelle per il magnetron cilindrico indicano un

aumento della pendenza all’aumentare della pressione di lavoro, si vede cioè che una

pressione più elevata contribuisce ad aumentare l’efficienza di ionizzazione, mantenendo

la stessa corrente e spostando la tensione verso valori più bassi.

28

Si è tentato di interpolare i dati con entrambi i tipi di curva, verificando quale fosse

migliore caso per caso. I risultati ottenuti sono diversi a seconda del tipo di magnetron.

Magnetron planare Nel caso planare, il fitting migliore sembra essere del tipo : naVI =

Tabella 2.4 risultati del fitting delle caratteristiche per il magnetron planare 2”. L’ultima colonna stima la bontà dell’interpolazione

Pressione (mbar) Valore dell’esponente n Sum of square due to error

2.2⋅10-3 4.81 0.11

2.5⋅10-3 4.90 0.04

3.0⋅10-3 4.92 0.19

4.0⋅10-3 7.03 0.04

5.0⋅10-3 10.50 0.08

8.0⋅10-3 6.51 0.03

L’ultima colonna della tabella dà una stima della bontà del fit, minore è il valore più alta è

la corrispondenza dei dati interpolati. Si osserva che una pressione maggiore genera un

esponente più alto e quindi un confinamento più efficiente, il dato alla massima pressione

però si discosta dall’andamento, forse a causa di un problema nel programma di

interpolazione.

Figura 2.13 andamento dell’esponente della curva I = aVn in funzione della pressione

29

l’andamento dell’esponente in funzione della pressione di lavoro segue una legge di tipo

esponenziale.

le caratteristiche misurate a basse pressioni sembrano essere interpolabili anche con una

curva del tipo : 20 )( VVaI −=

Tabella 2.5 risultati del fitting quadratico delle caratteristiche per il magnetron planare 2”

Pressione (mbar) Potenziale di innesco V0 Sum of square due to error

2.2⋅10-3 193.1 0.002

2.5⋅10-3 236.6 0.041

3.0⋅10-3 220.9 0.077

Dato lo scarso numero di dati non è stato possibile in questo caso determinare un

andamento del potenziale di innesco in funzione della pressione di lavoro.

Magnetron cilindrico Per quanto riguarda il magnetron cilindrico invece l’unica interpolazione riuscita è

stata quella con una curva : 20 )( VVaI −=

Tabella 2.6 risultati del fitting quadratico delle caratteristiche per il post-magnetron cilindrico

Pressione (mbar) Potenziale di innesco V0 Sum of square due to error

9.0⋅10-4 320.5 0.045

1.0⋅10-3 318.7 0.011

1.5⋅10-3 341.7 0.107

2.0⋅10-3 317.4 0.270

Confrontando le caratteristiche per il magnetron planare e per quello cilindrico si può

vedere come il fitting con esponente n variabile sia più adatto per le curve a pressione più

alta, mentre quello di tipo quadratico interpoli meglio i dati a basse pressioni. Una

possibile spiegazione avanzata era che l’andamento quadratico valesse nel caso di un

raffreddamento del sistema efficiente, mentre quello a potenza per un cattivo

raffreddamento. Se questo può essere ritrovato nel caso del magnetron planare per cui le

curve a bassa pressione seguono un andamento quadratico mentre le curve ad alta

30

pressione – quando cioè il bombardamento ionico elevato causa un maggior riscaldamento

– seguono l’andamento a potenza, non sembra valere nel caso cilindrico, visto che questo

tipo di magnetron non è raffreddato. Un’alternativa può essere che il tipo di curva

interpolante dipenda dalla pressione di processo e che ci sia una pressione di soglia alla

quale la caratteristica passa da una dipendenza quadratica ad una di tipo a potenza, sono

necessarie comunque ulteriori misure per verificare questa ipotesi.

2.5 Sistema di baking

Il trattamento di baking in un sistema da vuoto viene solitamente eseguito applicandovi

all’esterno delle fasce riscaldanti o degli anelli riscaldanti da stringere attorno alle flangie,

alimentati a 220V e controllati in temperatura attraverso termocoppie o termoresistenze. Il

baking delle camere da sputtering utilizzate in questa tesi è stato effettuato accoppiando gli

elementi riscaldanti ad una scatola di controllo realizzata appositamente in serie, dotata

anche di un cronometro per programmare i tempi di trattamento termico.

Figura 2.14 visione frontale della scatola di baking

Come si può vedere dalla Figura 2.14 è possibile utilizzare il sistema di riscaldamento in

modalità manuale oppure automatica, regolando il timer sul tempo di baking desiderato; gli

elementi riscaldanti possono essere suddivisi in tre gruppi (zone) e controllati

indipendentemente in temperatura attraverso gli appositi pannelli, così da rendere possibili

differenti trattamenti termici in diverse zone del sistema. La temperatura viene controllata

attraverso sensori a termoresistenza collegati alla scatola di controllo da posizionare in

31

corrispondenza dei riscaldatori. La scatola è poi dotata di allarmi che disattivano il

riscaldamento in caso di superamento della temperatura impostata, in tal modo è stato

possibile effettuare trattamenti di baking notturni o comunque in momenti di assenza

dell’operatore senza il timore di danni al sistema dovuti a guasti negli elementi riscaldanti.

Figura 2.15 interno della scatola di baking (sinistra) e scatola di baking montata sul sistema da sputtering

Il baking nel sistema del magnetron da due pollici è stato eseguito suddividendo le

fasce riscaldanti nella seguente modalità:

• zona 1: camera da sputtering in uso

• zona 2: tombak di collegamento tra le quattro camere di processo e la croce

centrale, e rispettive valvole

• zona 3: croce centrale che collega le camere con il gruppo di pompaggio.

Figura 2.16 sistema di baking con fasce riscaldanti in fibra di vetro sul sistema per il magnetron planare 2”. I numeri indicano le tre zone in cui sono divisi i gli elementi riscaldanti

32

Essendo il sistema costituito interamente in metallo la temperatura di baking impostata può

essere abbastanza elevata, in questo caso 200 °C usualmente per 14 ore.

La pompa turbomolecolare è dotata di un sistema di riscaldamento autonomo azionabile

dal controller della pompa stessa.

Data la presenza dei magneti permanenti è assolutamente necessario accendere il

raffreddamento ad acqua del magnetron durante il baking.

La pressione minima raggiunta, dopo una settimana di pompaggio e più di 60 ore di baking

a 200 °C (non continuate) è stata di 6.6⋅10-10 mbar.

Figura 2.17 pressione limite ottenuta nel sistema per il magnetron 2“ dopo trattamento di baking prolungato

Nel caso del sistema per il magnetron planare a 10 pollici la suddivisione ha seguito

questo schema:

• zona 1: coperchio inferiore della camera e relative flangie

• zona 2: parte sinistra della camera da sputtering

• zona 3: parte destra della camera da sputtering.

La temperatura in questo caso è stata impostata a 100 °C a causa della presenza di tenute

attraverso guarnizioni polimeriche che potrebbero danneggiarsi con riscaldamenti elevati;

in considerazione di questo sono necessari tempi di baking più lunghi per raggiungere

pressioni di base comparabili con quelle del sistema da due pollici che subisce un

riscaldamento più elevato. Anche in questo caso è comunque preferibile accendere il

raffreddamento del magnetron durante il baking.

33

Figura 2.18 sistema di baking con fasce riscaldanti in metallo per il sistema del magnetron a 10”. I numeri indicano la suddivisione delle zone. Nella parte superiore si può vedere il magnetron parte del sistema di

raffreddamento

34

Figura 2.19 curve di degassamento della camera per magnetron 10”

La Figura 2.19 mostra il tasso di degassamento della camera del magnetron a 10

pollici senza nessun trattamento termico e dopo qualche ora di baking a 100°C. il sistema

era molto sporco e quindi il degassamento rimane elevato anche dopo il baking, ma se ne

osserva comunque una netta riduzione.

Velocità di degassamento prima del baking 6.8⋅10-11 mbar⋅l/(s⋅cm2)

Velocità di degassamento dopo il baking 2.6⋅10-11 mbar⋅l/(s⋅cm2)

Trattamenti di pulizia della camera e successivi cicli di baking hanno diminuito

ulteriormente il degassamento delle pareti.

35

Capitolo 3 SPESSORE DEI FILM E VELOCITÀ DI DEPOSIZIONE

La prima caratterizzazione sui campioni è stata la determinazione dello spessore. In questo capitolo viene prima descritto l’apparato sperimentale utilizzato e poi vengono presentati i risultati delle misure effettuate dal candidato.

3.1 Determinazione degli spessori

A causa della particolare forma del portacampioni e della necessità di avere quarzi

completamente ricoperti di niobio per le analisi da effettuare, non è stato possibile misurare

lo spessore dei campioni dopo ogni deposizione; si è perciò effettuata una misura su

campioni di taratura in modo da poter poi calcolare gli spessori di film depositati nelle

stesse condizioni.

La misura dello spessore è stata fatta su quarzi parzialmente mascherati utilizzando un

profilometro Tencor Instruments Alpha-step 200. Lo strumento è costituito da una punta di

diamante che scorre sul campione da misurare premendo su di esso con una forza costante

(7 mg), le asperità della superficie si riflettono in un movimento verticale della punta, che

viene misurato e mostrato su un grafico. Il campione da misurare deve essere piano e

sufficientemente duro da non venire scalfito dalla punta, inoltre deve avere una zona non

depositata i modo tale da poter misurare la differenza di altezza tra questa e la zona

rivestita dal film. La scansione va sempre effettuata passando dalla zona depositata a quella

senza film perché nella direzione opposta la punta può incidere il ricoprimento

danneggiandolo e falsando la misura.

Una volta misurati gli spessori in funzione dell’angolo si è calcolata la velocità di

deposizione dividendo per il tempo di sputtering.

La taratura è stata effettuata per due serie di campioni, realizzati nelle seguenti

condizioni sperimentali:

prima serie Seconda serie

Pressione di Ar 2.2⋅10-3 mbar 2.2⋅10-3 mbar

Corrente di sputtering 0.5 A 1.04 A

Distanza target - substrato 180 mm 70 mm

Figura 3.1 profilometro Alpha Step 200

Figura 3.2 spessore del film in funzione dell’angolo di deposizione nelle due differenti condizioni di processo

38

Figura 3.3 velocità di deposizione in funzione dell’angolo target – substrato calcolata in base agli spessori misurati

Questi parametri sono stati scelti in modo da avere spessori bassi nel primo caso e elevati

nel secondo.

Come ci si aspettava, lo spessore del film – e quindi la velocità di deposizione –

decrescono all’aumentare dell’angolo di deposizione. Si nota però che il film a zero gradi

ha uno spessore molto più basso di tutti gli altri, sia nella prima che nella seconda serie di

campioni; ciò è probabilmente dovuto a re-sputtering causato dal bombardamento da parte

di ioni o atomi neutri energetici. Questo substrato è infatti posto direttamente sopra il

centro del magnetron e quindi viene investito direttamente dagli atomi di niobio emessi dal

target ma anche dalle particelle cariche sfuggite al confinamento magnetico; a

testimonianza di questo si è visto che alcuni film depositati a 0° presentavano sulla

superficie in corrispondenza del centro del magnetron una zona opaca e fortemente rugosa

di film danneggiato, possibile indizio di una perdita di confinamento in quella zona (cioè di

un leggero sbilanciamento del magnetron) che causa il bombardamento del substrato da

parte degli ioni del plasma.

39

Tralasciando il dato a 0°, influenzato dal re-sputtering, la variazione dello spessore con

l’angolo di orientazione α dipende da cos(α), anche se ovviamente non si annulla per i

campioni posti perpendicolarmente alla superficie del target5.

Figura 3.4 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione dell’angolo target – substrato per campioni posti a 180 mm dal target

Figura 3.5 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione dell’angolo target – substrato per campioni posti a 70 mm dal target

40

Capitolo 4 MISURA DELLE PROPRIETÀ SUPERCONDUTTIVE

Vengono prima presentati i fondamenti teorici delle proprietà analizzate, poi viene descritto l’apparato sperimentale e la sua messa a punto. Si descrive il protocollo di misurazione impiegato. Infine vengono presentati i risultati delle misurazioni effettuate sui campioni realizzati.

4.1 Generalità

Il comportamento superconduttore di un materiale viene caratterizzato essenzialmente

attraverso due parametri fondamentali:

• La temperatura critica (Tc)

• Il Rapporto di Resistività Residua (RRR)

La temperatura critica è la temperatura alla quale il campione effettua la transizione

superconduttiva, cioè il punto al di sotto del quale la resistenza elettrica DC scende,

idealmente, ad un valore inferiore ai limiti di sensibilità strumentali e quindi può essere

assunta come nulla. La resistenza elettrica al di sopra della temperatura di transizione è

composta dalla somma di due termini13:

resph RTRTR += )()( Equazione 4.1

dove

Rph(T) è causata dalle collisioni elettrone – fonone e decresce con la temperatura in quanto

le vibrazioni reticolari vengono progressivamente inibite;

Rres è la resistenza residua indipendente dalla temperatura.

Il rapporto di resistività residua è definito come:

res

ph

res

ph

res

resph

resph

resph

KR

KRR

RKRRKRRKR

KRKRRRR

ρρ )300(

1)300(

1

)300()10()300(

)10()300(

+=+=

=+

≈+

+==

Equazione 4.2

dove il terzo passaggio è giustificato dal fatto che a 10K la resistività fononica è

trascurabile.

ρph(300K) è una costante che vale 15 µΩ⋅cm.

Siccome la resistenza residua è essenzialmente determinata dalla quantità di impurezze

presenti nel campione, RRR fornisce una stima immediata della qualità del materiale: più è

elevato e più il campione è puro, cioè si comporta da “buon” superconduttore.

4.2 Apparato di misura

Sia Tc che RRR vengono misurate con l’apparato mostrato in Figura 4.1. In Figura 4.2

è rappresentato invece uno schema dei collegamenti fra la strumentazione e la sonda id

misura.

Figura 4.1 foto del sistema per la misura delle proprietà superconduttive. 1: voltmetro per la misura della tensione ai capi del campione, 2: generatore di corrente per il campione, 3: nanovoltmetro per la misura della tensione sul termometro, 4: sonda di misura, 5: personal computer per l’acquisizione dei dati, 6: contattiera

per trasferire il segnale dal rack alla sonda di misura.

42

Figura 4.2 schema dell’apparato di misura di RRR

La misura di resistenza viene effettuata con il metodo voltamperometrico a quattro

punte: su campione vengono fissati quattro contatti, i due esterni iniettano una corrente

costante prodotta dal generatore Keithley 220, la caduta di potenziale viene misurata

attraverso i contatti interni che sono collegati ad un nanovoltmetro Keithley 181.

Applicando la legge di Ohm R = V/I si ottiene la resistenza del campione. La misura della

temperatura è di tipo resistivo, un generatore di corrente inietta 10 µA in un termometro a

resistenza al germanio e la tensione corrispondente viene misurata da un voltmetro digitale

Keithley 182. L’elaboratore a cui è collegata la strumentazione provvede a calcolare la

43

resistenza e a convertire questo dato in temperatura, a schermo compare la curva della

resistenza del campione in funzione di T.

per evitare errori sistematici dovuti alle resistenze di contatto (le punte non sono

saldate sul campione ma solo premute su di esso, le boccole dei fili che collegano la

strumentazione possono essere ossidate, la testa portacampione può non essere collegata ai

misuratori in modo ottimale) il sistema provvede automaticamente ad invertire il segno

della corrente iniettata al campione in modo da ottenere la tensione come media di due

valori ed eliminare l’errore sistematico.

Se è presente una tensione di offset V0 costante, la tensione misurata Vm, sarà composta

dalla tensione vera V ai capi dei contatti più il valore dell’offset e di conseguenza il calcolo

della resistenza del campione sarà errato. L’inversione del segno della corrente ha effetto

solo sulla tensione misurata dai contatti e non sulla tensione di offset, perciò mediando la

misura sui due valori V1, V2 ottenuti con corrente di segno opposto si dovrebbe eliminare o

almeno limitare l’offset:

VVVVVVVVm ≈+

=−−+

=22

)()( 212001 Equazione 4.3

Dove V è il valore vero della tensione ai capi delle punte.

4.3 Testa di misura e montaggio del campione

La misura della temperatura di transizione richiede che il campione raggiunga una

temperatura inferiore a 9.25K (Tc del niobio Bulk), per fare ciò il campione deve essere

immerso in un dewar di elio liquido attraverso una apposita sonda di misura costituita da

un’asta di metallo che può scorrere attraverso un foro praticato in una flangia KF da

collegare all’apertura del dewar stesso. L’estremità immersa della sonda è formata da un

cilindro di rame all’interno del quale viene posto il campione a contatto con le quattro

punte che premono su di esso grazie ad un sistema di serraggio a vite; il termometro è

annegato in un foro praticato nel cilindro di rame il più vicino possibile al campione e

spalmato di grasso per criogenia Apiezon così da migliorare il contatto termico. Otto cavi

(quattro per i contatti ohmici e quattro per il termometro) sono avvolti numerose volte

attorno alla base del cilindretto e fissati con resina per criogenia in modo da garantire

l’ancoraggio termico; poi scorrono all’interno dell’asta fino alla boccola di collegamento

con il rack della strumentazione. È importante che i cavi vengano ritorti su loro stessi il più

44

possibile così da impedire che si formino spire che concatenano eventuali campi magnetici

esterni, dando origine a correnti induttive parassite.

Originariamente i cavi di collegamento all’interno dell’asta erano fili di rame smaltato

da 0.2 mm di diametro, si è però osservato che la loro resistenza meccanica era

insufficiente e tendevano a spezzarsi. Per ovviare al problema, prima di effettuare le

misure il candidato ha provveduto a ricablare la sonda sostituendo i cavi originari con fili

di rame argentato più

spessi e ricoperti da una guaina polimerica, lasciando quelli di rame smaltato solo

nell’avvolgimento di ancoraggio termico perché la loro conducibilità termica è nettamente

più alta.

Figura 4.3 testa di misura (sinistra) e posizionamento del campione al suo interno (destra)

Si è poi provveduto ad eliminare lo strato di ossido che nel tempo si era formato su contatti

e a migliorare il sistema di serraggio a vite delle punte. Anche i contatti presenti sulla

scatola di giunzione fissata al rack (di tipo a “coccodrillo”) sono stati sostituiti con nuove

boccole del tipo a “banana”, più affidabili e robuste. Si è poi controllato che il termometro

seguisse l’andamento della curva di taratura fornita dal costruttore e infine si è verificato

che la corrente reale fornita dai due generatori corrispondesse a quella effettivamente

indicata. Il controllo dell’apparecchiatura è stato molto accurato in modo da raggiungere

un elevato grado di sicurezza sull’affidabilità delle misure e sull’assenza di fonti di errore

incontrollabili.

45

Figura 4.4 visione di insieme della sonda di misura. 1: parte collegata al rack, 2: parte da inserire nel dewar

4.4 Procedura

Il sistema è interfacciato ad un Personal Computer equipaggiato con un programma in

Instrument Basic, che genera in automatico le curve Resistenza su Temperatura e da queste

calcola il Rapporto di Resistività Residua. La Tc viene determinata successivamente in fase

di elaborazione dei dati raccolti. La temperatura viene variata manualmente, immergendo

progressivamente la sonda nel dewar in modo che la testa si trovi a contatto con vapori di

elio a temperatura via via più bassa ed infine raggiunga eventualmente l’elio liquido. La

procedura da seguire è la seguente:

1. montare il campione sulla testa della sonda, stringendo la vite finché il

contatto delle punte è buono, attendere poi che la lettura di resistenza sia stabile.

2. far partire il programma e fermarlo immediatamente, in modo che venga

registrata la resistenza del campione a temperatura ambiente.

3. collegare la sonda di misura all’imboccatura del dewar di elio stringendo la

flangia KF con l’apposita cravatta. Ogni volta che la sonda viene posizionata o

rimossa e il dewar si trova per breve tempo aperto all’atmosfera, la valvola che

collega il circuito di recupero dei vapori di elio deve essere chiusa in modo da

evitare che l’aria venga aspirata nel sistema e possa inquinarlo oppure congelare

formando dei tappi.

4. una volta inserita la sonda, assicurarsi che la valvola che collega il dewar al

circuito di recupero dei vapori di elio sia aperta: questo passo è fondamentale per

evitare che il recipiente dell’elio vada in pressione, cosa che oltre ad impedire

l’abbassamento di temperatura comporta un severo rischio di rottura delle valvole

di sicurezza o addirittura esplosione del dewar.

5. iniziare ad immergere la sonda. Il termometro misura a temperature più

basse di 70K e la Tc del niobio è 9.25K quindi si può inizialmente procedere

velocemente per poi rallentare una volta raggiunti i 10K.

6. raggiunta una temperatura leggermente superiore alla Tc prevista del

campione, far partire il programma di misurazione e continuare ad abbassare

46

lentamente la sonda, sullo schermo del computer verrà visualizzato il grafico

Resistenza vs. Temperatura e il valore di RRR.

7. dopo che il campione è transito, arrestare il programma ed estrarre la sonda.

Figura 4.5 esempi di curve resistenza vs. temperatura per campioni depositati a basso (sopra) ed alto (sotto) angolo target – substrato

Il Rapporto di Resistività Residua è calcolato automaticamente dal programma

dividendo la resistenza del campione misurata a temperatura ambiente per quella alla

temperatura di 10K, cioè appena al di sopra della transizione.

47

La temperatura di transizione viene invece calcolata successivamente, dopo aver

ottenuto tutta la curva di resistenza, attraverso la formula:

2

2

:

%)10(%)90(

%)10(%)90(

TTT

TTT

TT

c

c

cc

−=∆

+=

∆+

Equazione 4.4

definendo

T(90%) come la temperatura alla quale la resistenza ha un valore pari al 90% di quella

prima dell’inizio della transizione,

T(10%) come la temperatura alla qual la resistenza è il 10% di quella sopra la transizione.

∆Tc rappresenta l’incertezza sulla stima della temperatura critica.

4.5 Risultati

4.5.1 Film depositati in corrente continua

Le proprietà superconduttive sono state misurate su diverse serie di campioni, con

gradi di impurezze variabili. Sia la temperatura critica che RRR dipendono fortemente

dal grado di contaminazione, cioè dalla pressione residua nella camera da vuoto prima

dello sputtering. La frazione di contaminanti fi della specie i intrappolata durante la

crescita del film è data da8

RNNfii

iii +=αα

Equazione 4.5

dove Ni è il numero di atomi della specie i che colpiscono il film nell’unità di area e di

tempo; αi è lo sticking coefficient e R la velocità di deposizione. Di conseguenza ci sono

tre strategie per ridurre il grado di contaminazione:

• ridurre la pressione residua in camera, cioè diminuire Ni

• aumentare la temperatura del substrato durante la deposizione, cioè

abbassare αi

• incrementare la quantità di atomi di niobio che colpiscono il target rispetto

agli ioni di impurezze presenti, cioè aumentare la velocità di deposizione R.

48

I film sono stati depositati a diversi valori di pressione residua in modo da variare il

grado di contaminazione e poter così investigare la dipendenza angolare delle proprietà

superconduttive anche nelle regioni a basso RRR della curva di Testardi.

Come mostrato in Figura 4.6 il rapporto di resistività residua decresce in maniera

monotona all’aumentare dell’angolo target – substrato; come ci si attendeva, elevati livelli

di impurezze intrappolate conducono ad RRR più bassi, ma l’andamento delle curve non

viene modificato.

Anche la temperatura critica diminuisce all’aumentare dell’angolo, passando da valori

prossimi a quelli del Niobio massivo per campioni depositati a 0° fino a valori molto bassi

per film realizzati con un angolo di 90°, addirittura per alcune serie non è stato possibile

effettuare la misura perché a 4.2K (cioè con la sonda completamente immersa nell’elio

liquido) la transizione non si era ancora verificata

.

49

Figura 4.6 TC ed RRR in funzione dell’angolo target – substrato per campioni a vari livelli di contaminazione

4.5.2 Film depositati in corrente pulsata

L’utilizzo come sorgente di un magnetron impulsato anziché in corrente continua

dovrebbe portare al deposito di film a struttura più compatta, senza caratteristiche

formazioni colonnari, e quindi le proprietà superconduttive dovrebbero risentirne

positivamente. Partendo da questo assunto si sono realizzate nuove serie di campioni

analizzandole sia dal profilo della superconduttività che della morfologia in modo da

determinare il reale effetto della pulsazione sulle caratteristiche del rivestimento di niobio.

50

Figura 4.7 confronto fra RRR di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa pressione base di 4⋅10-9 mbar

Figura 4.8 confronto fra Tc di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa pressione base di 4⋅10-9mbar

51

La deposizione pulsata ha portato a film migliori dal punto di vista di RRR e temperatura

critica rispetto a campioni preparati nelle stesse condizioni di pressione e potenza del

magnetron (3.9⋅10-9 mbar, 177 kWh) ma in corrente continua.

4.5.3 Deposizione con riscaldamento del substrato

Lo sviluppo di morfologie superficiali differenti in funzione dell’angolo di arrivo

degli atomi sul substrato è probabilmente favorito dalla scarsa mobilità degli atomi stessi

una volta che hanno raggiunto la superficie dei quarzi. Si è perciò tentato di verificare se

un’elevata mobilità degli atomi sulla superficie del film in crescita, cioè un elevata

temperatura del substrato, avesse un effetto positivo sulle proprietà superconduttive,

riducendone il degradamento ad alti angoli di deposizione.

Il sistema per lo sputtering con magnetron 2 pollici è stato equipaggiato con un

fornetto sul quale è stato fissato il portacampioni multi-angolo. Il fornetto è stato

alimentato controllandolo in corrente e la temperatura è stata misurata attraverso due

termocoppie, una posizionata sull’elemento riscaldante, la seconda inserita nel

portacampioni.

La deposizione è stata condotta con gli usuali parametri (controllo in corrente 1.04 A,

pressione di argon 2.2⋅10-3mbar, tempo di sputtering 20 min.) mantenendo la temperatura

dei substrati attorno a 600 °C per tutta la deposizione. L’aumento della temperatura dei

substrati ha certamente un effetto di miglioramento delle proprietà (RRR =24.5 è il

massimo valore ottenuto in questo lavoro) e provoca una riduzione della dipendenza

dall’angolo facendo ottenere film piuttosto buoni anche ad angoli di deposizione elevati, ai

quali non si aveva un RRR soddisfacente senza riscaldamento del substrato (Figura 4.9,

Figura 4.10). L’elevata temperatura contribuisce quindi a ridurre tutti gli effetti

morfologici causati dall’angolo di incidenza degli atomi di niobio, come per esempio la

formazione di strutture colonnari inclinate verso la direzione di arrivo oppure la presenza

di forti orientazioni nei piani cristallini,ed inoltre favorisce l’accrescimento di cristalliti di

maggiori dimensioni.

52

Figura 4.9 temperatura di transizione in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su substrati riscaldati a 600°C

Figura 4.10 RRR in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su substrati riscaldati a 600°C

53

Capitolo 5 DIFFRATTOMETRIA A RAGGI X

5.1 Scansione goniometrica

In questo capitolo viene descritta l’analisi dei campioni con tecniche di diffrazione ai raggi X. Prima viene fornita una descrizione teorica generale dei metodi di analisi impiegati, con riferimenti particolari alla strumentazione utilizzata, poi vengono presentati i risultati ottenuti dal candidato.

5.1.1 Generalità

L’identificazione della struttura cristallina dei film realizzati è stata effettuata

attraverso la diffrazione di raggi X condotta con uno strumento Philips X’Pert Pro. Si è

utilizzata una sorgente di raggi X Cu Kα con lunghezza d’onda λ = 1.5418 Å, mantenuta

ad un angolo costante rispetto al campione e si è variata la posizione del rivelatore; la

scansione ha coperto l’intervallo 35° <2θ < 125° in cui cadono i picchi del niobio. Si sono

mantenute le stesse condizioni di misurazione per i campioni ottenuti a diverso angolo di

deposizione e per ogni film le altezze dei picchi sono poi state normalizzate rispetto al

riflesso più intenso, che in tutti i casi è quello corrispondente al piano cristallografico (110)

rivelato a 2θ = 38.5° (per il niobio massivo).

Figura 5.1 Diffrattometro Philips X’Pert Pro utilizzato per le analisi

Attraverso la diffrazione dei raggi X ci si è proposti di studiare le modificazioni che

la deposizione di film a diversi angoli target – substrato attua sulla struttura cristallina del

niobio. Nello specifico si è voluto verificare la variazione di dimensione dei grani

cristallini (indice della tendenza più o meno marcata verso l’amorfizzazione) e la presenza

di stress residui nel film, determinata calcolando la variazione della distanza interplanare

attraverso la legge di Bragg.

λθ nd hkl =sin2 )( Equazione 5.1

La Tabella 5.1 elenca i picchi di diffrazione e la loro intensità relativa per un

campione standard di polveri di niobio, per confronto con i risultati ottenuti dalla

misurazioni sui film.

Tabella 5.1 picchi di diffrazione delle polveri per il Niobio.

(Fonte: JCPDS-International Centre for Diffraction Data)

2 θ (gradi) Intensità relativa Indici di Miller (hkl)

38.507 100 1 1 0

55.591 16 2 0 0

69.651 20 2 1 1

82.534 5 2 2 0

95.004 4 3 1 0

107.728 1 2 2 2

121.451 4 3 2 1

137.685 <1 4 0 0

5.1.2 Risultati ottenuti

Si è osservata una notevole variazione delle intensità relative dei picchi a diversi

angoli di deposizione, in particolare si vede come il campione depositato con un angolo di

0° presenti quasi esclusivamente il picco (110), indice di un’orientazione preferenziale dei

grani, e come questa orientazione tenda ad essere modificata quando l’angolo fra target e

substrato cambia. L’intensità dei picchi tende a diminuire drasticamente per campioni

depositati ad angoli maggiori di 60° ad indicazione della tendenza verso la formazione di

film con un alto grado di amorfizzazione.

Per fornire una stima delle dimensioni dei grani cristallini si è utilizzata la formula

di Debye – Sherrer, applicandola sul picco più intenso degli spettri di diffrazione, cioè

(110), situato attorno a 2θ = 38.5°:

56

)2()cos(9.0

θθλ∆⋅

=D Equazione 5.2

dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione x incidente (1.5418 Å ), θ è l’angolo

di diffrazione e ∆2θ l’ampiezza a mezza altezza (FWHM) del picco di diffrazione

considerato. L’errore su queste misure è stato calcolato propagando l’errore sulla

determinazione dell’ampiezza dei picchi, a sua volta ottenuto misurando più volte uno

stesso campione e calcolando o scarto quadratico medio dei risultati.

20 40 60 80 100 120 1400

20

40

60

80

100

321222310220

211200

110

75 degrees

60 degrees

45 degrees

30 degrees

15 degrees

Rel

ativ

e In

tens

ity

2 Theta (degrees)

Figura 5.2 spettri di diffrazione a diversi angoli target - substrato

15 30 45 60 75

60

80

100

120

140

crys

tallit

e di

men

sion

(Ang

stro

m)

deposition angle (degrees)

Figura 5.3 dimensione dei grani cristallini determinata con la formula di Debye-Sherrer in funzione dell’angolo di deposizione.

57

Si nota dalla Figura 5.3 che c’è una brusca diminuzione della dimensioni dei

cristalliti passando da un angolo target – substrato di 45° ad uno di 60°, variazione che si

può notare anche nel grafico dell’intensità degli spettri (Figura 5.2). i film depositati ad

alto angolo tendono infatti verso una sempre maggiore amorfizzazione, probabilmente

perché la percentuale di atomi che si depositano dopo aver subito collisioni anelastiche in

fase gassosa aumenta e quindi l’energia media di arrivo degli atomi di niobio è troppo

bassa per superare i salti energetici diffusivi necessari all’accrescimento dei grani

cristallini. Di conseguenza si assiste alla nucleazione di un elevato numero di grani che

però non riescono ad accrescersi.

Si osserva inoltre uno spostamento nella posizione dei picchi di diffrazione al

variare dell’angolo fra target e substrato, che è riportato in Tabella 5.2 assieme alla

distanza interplanare calcolata attraverso la legge di Bragg.

La variazione della distanza interplanare in funzione dell’angolo di deposizione testimonia

la comparsa di stress all’interno del film in crescita e assume un’andamento molto simile a

quello della rugosità dei film.

Tabella 5.2 posizione del picco (110) in funzione dell’angolo di deposizione. Lo spostamento è calcolato

rispetto al picco di (110) di diffrazione delle polveri posto a 2θ = 38.507

Angolo target-substrato Posizione del picco (110) (2θ) spostamento d110 (Å)

15° 38.366° 0.141° 1.245

30° 38.497° 0.010° 1.076

45° 38.386° 0.122° 1.216

60° 37.386° 1.121° 2.502

75° 38.164° 0.342° 1.716

La Figura 5.4 rappresenta la posizione del picco (110) in funzione dell’angolo

target – substrato, si nota immediatamente l’andamento a minimo piccato attorno a 60°. Il

calcolo della distanza interplanare mostra ugualmente un andamento piccato attorno allo

stesso angolo, si osserva in particolare che per i film ottenuti a basso angolo d110 è minore

di quella misurata in letteratura per polveri di niobio (1.75Å), a testimonianza di una

situazione di stress compressivo, mentre per alti angoli si ha un passaggio a stress di tipo

tensile che raggiunge un massimo per poi ritornare compressivo. L’andamento è molto

simile a quello della rugosità misurata con AFM e spettroscopia di impedenza (capitoli 6,7)

e fa quindi pensare che esista un valore dell’angolo di deposizione in corrispondenza del

quale l’aspetto morfologico-strutturale del film cambia radicalmente.

58

15 30 45 60 7537,2

37,4

37,6

37,8

38,0

38,2

38,4

38,6

posit

ion

of p

eak

(110

) (2θ)

deposition angle (degrees)

Figura 5.4 posizione del picco (110) in funzione dell’angolo target – substrato

15 30 45 60 75

1,0

1,2

1,4

1,6

1,8

2,0

2,2

2,4

2,6

2,8

3,0

d 110 (A

ngst

rom

)

deposition angle (degrees)

Figura 5.5 variazione della distanza interplanare per il picco (110) in funzione dell’angolo di deposizione. La linea orizzontale rappresenta il valore di d110 per niobio non stressato.

59

In conclusione le analisi diffrattografiche hanno mostrato che:

1. esiste una variazione dei rapporti di intensità tra i picchi di diffrazione al variare

dell’angolo target – substrato;

2. le dimensioni dei cristalliti tendono ad essere costanti a bassi angoli target –

substrato per poi diminuire bruscamente attorno ai 60°, cioè il film depositato ad

angoli target – substrato elevati tende verso un elevato grado di amorfizzazione;

3. la posizione del picco (110) varia con l’angolo target – substrato, a testimonianza di

uno stato di stress all’interno del film che passa da compressivo a tensile per poi

tornare compressivo.

La notevole differenza nei rapporti delle altezze dei picchi al variare dell’angolo e il

fatto che nessun campione presenti altezze relative riconducibili a quelle tipiche del niobio

bulk, ha fatto ritenere che la crescita dei film avvenga secondo orientazioni

cristallografiche preferenziali tali da modificare il comportamento superconduttivo dei

campioni. Per questa ragione si è proceduto ad ulteriori analisi diffrattometriche volte a

evidenziare la presenza di tessiture.

5.2 Tessiture

5.2.1 Generalità

Le sostanze solide, e quindi anche i film di niobio depositati per sputtering, sono

generalmente costituite da un elevato numero di cristalliti. L’ipotesi che i cristalli che

compongono un materiale siano orientati con distribuzione casuale è un approssimazione

troppo restringente, in quanto numerose cause fisiche contribuiscono ad impartire

orientazioni preferenziali dei piani cristallini, che comunemente vengono indicate con il

termine tessiture14. Le analisi diffrattometriche sui campioni mostrano chiaramente una

variazione dell’orientamento dei piani cristallini in funzione dell’angolo fra target e

substrato, infatti le altezze relative dei diversi picchi in rapporto al picco più intenso (110)

cambiano variando l’angolo di deposizione. Per verificare l’esistenza di tali orientamenti

preferenziali e determinare la loro dipendenza dall’inclinazione del substrato si è quindi

60

proceduto con l’analisi delle tessiture utilizzando il diffrattometro con una culla

portacampioni che possa esplorare lo spazio di Eulero15.

Figura 5.6 culla di Eulero utilizzata per l’analisi tessiturale

Dato un sistema di riferimento cartesiano solidale con il campione OXYZ, ed una

terna di assi Oxyz solidale con un singolo grano cristallino, la relazione che intercorre tra i

due sistemi è data da una rotazione Ω prodotto di tre rotazioni parziali fra loro indipendenti

definite nel seguente modo:

• una rotazione Ψ attorno all’asse OZ

• una rotazione ϑ attorno al nuovo asse OY1 definito dalla prima rotazione

• una rotazione Φ attorno al all’asse OZ2 definito dalle due rotazioni precedenti.

Gli angoli Ψ, ϑ, Φ sono detti angoli di Eulero16.

Figura 7 definizione degli angoli di Eulero in un cristallo rispetto alla terna di assi di riferimento solidali con il campione

61

Se si pone un campione costituito da un solo cristallo al centro della sfera di

proiezione stereografica e si considerano solo i poli di un certo tipo hkl, si ottiene la

figura polare diretta del grano relativa alla famiglia di piani hkl, rappresentata come dei

punti in precise posizioni del cerchio della proiezione. Se il campione, come nel caso dei

film realizzati, è costituito da un materiale policristallino, occorre sostituire ai punti che

corrispondono ai poli una funzione normalizzata della densità dei poli, ottenendo così la

figura polare diretta del materiale policristallino, che rappresenta l’informazione

sperimentale ottenuta dal diffrattometro per la determinazione degli orientamenti

preferenziali.

In una geometria di tipo θ-2θ la perpendicolare alla superficie del campione in

esame deve giacere nel piano definito dai fasci incidenti e diffratti. Per l’analisi delle

tessiture sono invece necessari altri due gradi di libertà in modo che la normale al

campione possa assumere tutte le posizioni nello spazio e di conseguenza ogni cristallite si

trovi in condizione di riflettere la radiazione X incidente; l’intensità della radiazione

diffratta sarà proporzionale al numero di cristalli con un particolare piano in posizione di

riflessione. Questa configurazione geometrica è ottenuta montando sul normale cerchio θ-

2θ la culla di Eulero che supporta altri due cerchi: uno per la rotazione di un angolo Φ

attorno alla normale alla superficie del campione e un secondo per la rotazione Ψ attorno

ad un asse parallelo alla superficie del campione (tilting); nello specifico Φ varia da 0° a

360° mentre Ψ va da 0° a 90°.

La misura viene condotta in riflessione (sorgente e rivelatore si trovano dallo stesso lato

rispetto alla superficie del campione) secondo lo schema seguente:

1. Con una breve scansione di tipo θ-2θ si identifica l’esatta posizione del picco

(110) del niobio per il campione in esame che nel materiale massivo e privo di

stress è a 2θ = 38.503° mentre nei film può essere leggermente spostato a causa di

fenomeni di stress o errori indotti dalla non perfetta planarità del campione o dal

montaggio non esattamente orizzontale sul portacampioni.

2. Si posizionano sorgente e rivelatore in modo che il campione sia in condizione di

riflessione per il picco (110), da ora in poi l’angolo 2θ non verrà più variato per

tutta la durata della misura.

3. Inizia la scansione per esaminare le tessiture: l’angolo Φ viene variato in modo

continuo da 0° a 360°.

62

4. Dopo una rotazione completa di Φ, il campione viene inclinato di Ψ = 5° e si

effettua una nuova scansione completa di Φ.

5. La misura procede in questo modo finché Ψ non vale 90°, a questo punto l’analisi

è completa.

Il sistema memorizza i conteggi del rivelatore per ogni coppia di coordinate (Φ,Ψ) e le

restituisce rappresentati in una figura polare in cui Ψ è definito come la lunghezza di un

vettore con l’origine nel cerchio di proiezione, Φ è l’angolo che tale vettore fa con l’asse

orizzontale e l’intensità è riportata come curve di diversi colori che collegano fra loro i

punti corrispondenti ad un ugual numero di conteggi.

5.2.2 Risultati ottenuti

L’analisi tessiturale fornisce uno strumento di indagine molto potente sulla

dinamica di crescita di un film sottile, in quanto può rivelare le orientazioni preferenziali

dei grani causate dalle condizioni di deposizione. Nella figura polare i punti corrispondenti

ad uno stesso numero di conteggi, cioè alla stessa quantità di piani cristallini che sono in

posizione di riflessione, sono collegati fra loro da curve di livello; in un film cresciuto

senza orientazioni preferenziali le linee a intensità costante sono rappresentate come cerchi

concentrici perché non sono presenti direzioni parallele alla superficie del campione in cui

si osserva un incremento del numero di piani posti in riflessione. L’inclinazione

preferenziale dei piani cristallini rispetto alla superficie del campione è invece descritta

dalla posizione del massimo di conteggi sul raggio del cerchio di proiezione, cioè sulla

coordinata Ψ: se il massimo è posto nel centro della figura, la maggior parte dei grani è

orientata parallelamente alla superficie, uno spostamento lungo il raggio indica che la

crescita dei grani procede con una certa inclinazione rispetto alla superficie.

Film depositati in corrente continua Osservando le tessiture dei campioni depositati, si osserva una chiara dipendenza

dell’orientazione preferenziale dall’angolo fra target e substrato:

nel caso del film depositato a 0° non si notano orientazioni dipendenti da Φ e il massimo di

conteggi è posto a Ψ = 0, come ci si aspetta per un incidenza degli atomi di niobio

63

prevalentemente normale alla superficie che dà origine a strutture con i cristalli orientati

parallelamente alla superficie stessa.

Aumentando l’angolo di deposizione, il massimo dei conteggi si sposta lungo il raggio

della figura polare di un valore all’incirca uguale all’inclinazione del campione rispetto alla

superficie del target; questa è una chiara indicazione che l’angolo fra target e substrato

influenza la struttura del film in crescita ed in particolare impartisce una orientazione

preferenziale ai grani cristallini tale che il piano (110) tenda ad essere sempre

perpendicolare alla direzione di arrivo degli atomi di niobio.

L’effetto è marcato fino a 45°, angolo in cui cominciano a verificarsi tessiture anche lungo

Φ che deformano i cerchi delle curve di livello; ad inclinazioni maggiori il film tende ad

amorfizzarsi e quindi l’inclinazione preferenziale dei piani cristallini, seppur ancora

riconoscibile, tende ad essere mascherata dal rumore di fondo. A 90 gradi il film è troppo

sottile per essere analizzato con la diffrazione dei raggi X.

La struttura cristallina influenza le proprietà superconduttive del film, in particolare la

presenza di bordi di grano aumenta la resistività residua diminuendo di conseguenza RRR.

La crescita così fortemente orientata evidenziata dalla misura delle tessiture può spiegare il

decadimento delle proprietà superconduttive all’aumentare dell’angolo di deposizione: alti

angoli target – substrato causano forti orientazioni dei grani e di conseguenza un’elevata

anisotropia nella struttura del film, anisotropia che necessariamente si riflette sulle

proprietà elettriche. Osservando i grafici RRR in funzione dell’angolo di deposizione e

l’andamento delle tessiture, è ragionevole ipotizzare che la direzione favorita per il

trasporto di cariche – cioè quella con minore resistenza elettrica – sia la parallela ai piani

cristallografici (110); di conseguenza RRR assumerà il valore massimo quando verrà

misurata lungo tale direzione e decrescerà progressivamente mano a mano che

l’allineamento dei piani (110) si allontanerà da questa condizione ideale. Assumendo la

validità di questa ipotesi, il peggioramento delle proprietà superconduttive del film

all’aumentare dell’angolo di deposizione è determinato dal fatto che la direzione di più

facile trasporto di cariche cambia con l’orientazione preferenziale dei grani e si allontana

sempre più dalla parallela alla superficie del campione e quindi dalla direzione di misura di

RRR.

Oltre un certo angolo – che può essere stimato attorno ai 60 gradi – va comunque

considerato anche il grado di amorfizzazione del film che comincia ad essere piuttosto

elevato e domina il comportamento elettrico del film, mascherando l’effetto di tipo

tessiturale osservato ad angoli più bassi.

64

1

0°°

30°

0

65

45°

45°60°

75°

Figura 5.8 figure polari che mostrano le tessiture a diversi angoli di deposizione per film depositati in corrente continua

66

Film depositati in corrente pulsata il primo effetto strutturale osservato nei film depositati in corrente pulsata è una

minore tendenza dei film ad alto angolo verso l’amorfizzazione, è stato infatti possibile

analizzare le tessiture anche nel campione ad angolo di 90°, cosa molto difficoltosa nel

caso continuo in cui il campione corrispondente era quasi completamente amorfo. Per

quanto riguarda le tessiture si nota una sostanziale differenza di comportamento tra i film

depositati a basso angolo (0°, 15°, 45°) e quelli ad angolo maggiore, infatti i primi

mostrano figure polari molto simili fra loro con le linee di livello dei conteggi di forma

pressoché circolare che tendono a deformarsi aumentando l’angolo di deposizione, mentre

nei film successivi le figure delle tessiture sono molto più complesse e non evidenziano

un’orientazione preferenziale molto forte lungo la direzione di arrivo degli atomi di niobio

come nel caso dei campioni realizzati in corrente continua. In tutta la serie di campioni si

osserva una più lieve tendenza alla crescita del piano (110) in modo orientato rispetto alla

direzione di deposizione, soprattutto per i campioni a basso angolo che come già accennato

hanno un’orientazione preferenziale poco evidente, mentre nei campioni ad angolo elevato

è evidente una tessitura molto pronunciata che però segue direzioni che sembrano non

essere dipendenti dall’angolo di deposizione in modo così semplice come nel caso

continuo.

Si può quindi ragionevolmente affermare che la pulsazione della corrente favorisce la

cristallinità del film depositato, anche ad angoli di deposizione elevati e tende a diminuire

l’effetto orientante i grani cristallini dell’angolo target – substrato, rendendo la struttura del

film meno dipendente dalla sua orientazione rispetto alla sorgente di atomi che si

depositano.

67

68

15°

30°

45°

7

60°

69

90°

Figura 5.9 figure polari che mostrano le tessiture in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati

in corrente pulsata

70

Capitolo 6 MICROSCOPIA A FORZA ATOMICA

Il capitolo descrive il principio di funzionamento dei microscopi SPM, con particolare riferimento al microscopio a forza atomica. Vengono poi presentati i risultati delle analisi morfologiche effettuate dal candidato con questa tecnica.

6.1 Generalità

Un microscopio con sonda a scansione (Scanning Probe Microscope – SPM) è uno

strumento capace di fornire informazioni fedeli sulla topografia tridimensionale del

campione, cioè sul rilievo altimetrico della superficie, espresso come deviazione punto per

punto da una superficie piana ideale17. Tutti i tipi di SPM hanno in comune il fatto che

utilizzano un dispositivo piezoelettrico per variare la posizione (x,y) di un sensore a punta

sulla superficie del campione da analizzare e la distanza (z) tra la punta e la superficie; il

segnale generato dal sensore viene poi utilizzato per costruire un’immagine

tridimensionale attraverso un computer interfacciato al microscopio.

In un Microscopio a Forza Atomica (AFM) il segnale che genera l’immagine del campione

è prodotto dalla forza di interazione tra gli atomi superficiali del campione stesso e della

punta. Comunemente, il sensore utilizzato consiste in una microleva estremamente

flessibile, detta cantilever, su cui viene fissata ad un’estremità una punta molto sottile e in

un raggio laser che colpisce una superficie riflettente posta sul retro del cantilever stesso;

durante la scansione, la punta viene mossa sopra la superficie del campione e, se esiste una

forza di interazione, la leva si flette facendo deviare il raggio laser riflesso. Il sensore di

forza è costituito da un fotodiodo a due o quattro quadranti, quando la punta si muove

sopra le asperità del campione il punto di incidenza del raggio riflesso.

Sul sensore cambia posizione generando un segnale di sbilanciamento tra un quadrante e

l’altro che sarà una funzione della forza con cui la punta interagisce con il campione.

In Figura 6.1 è mostrato uno schema del funzionamento del microscopio a forza atomica:

la punta scorrendo sul campione si flette e il movimento si ripercuote sul raggio riflesso

dallo specchio posto sul retro del cantilever.

Figura 6.1 principio di funzionamento di un microscopio a forza atomica (modalità in contatto)18

L’acquisizione dell’immagine può avvenire misurando semplicemente la tensione

del fotodiodo senza intervenire sulla coordinata z (modo ad altezza costante) oppure

utilizzando il segnale stesso come retroazione per controllare l’altezza della punta rispetto

al campione in modo da mantenere sempre costante la forza di deflessione sulla leva

(modo a forza costante). Questa seconda modalità è preferibile perché si ottiene una

migliore linearità del segnale.

Approssimando il potenziale di interazione fra due atomi nella usuale forma di Lennard-

Jones19:

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛=

612

4)(RR

RU σσε Equazione 6.1

si nota che esiste una zona a bassa distanza R in cui il potenziale è repulsivo, mentre una

zona a distanze maggiori in cui questo è attrattivo, di conseguenza è possibile utilizzare il

microscopio a forza atomica in due diverse modalità: contatto, quando si sfrutta il

potenziale repulsivo tra atomi della punta e del campione e quindi la leva tende a flettersi

allontanandosi dalla superficie; non contatto nella situazione opposta. Nell’acquisizione in

non contatto le forze in gioco sono diversi ordini di grandezza minori rispetto a quella in

contatto, perciò anche la sensibilità dello strumento è molto più bassa, di conseguenza la

modalità in contatto è preferibile a meno che non si misurino campioni molto delicati che

rischiano di danneggiarsi nei contatti con la punta.

Nel caso dei film di niobio le immagini sono state ottenute con il microscopio che lavorava

in contatto e a forza costante, in quanto la superficie è abbastanza resistente da non venire

rigata dalla punta.

72

Figura 6.2 posizioni sulla curva del potenziale di Lennard-Jones nelle modalità di analisi in contatto ed in non contatto

6.2 Risultati

6.2.1 Film depositati in corrente continua

I primi campioni analizzati sono stati depositati in un unico run, quindi avevano

spessori diversi in quanto la velocità di deposizione decresce all’aumentare dell’angolo

target – substrato. La scansione è stata effettuata due volte per ogni vetrino, prima su un

area di 20x20 µm, poi restringendo la zona di analisi ad un quadrato di 2x2 µm,

posizionandosi sempre al centro del campione; dalla scansione ad ingrandimento

maggiore, dove erano più evidenti le caratteristiche morfologiche superficiali, sono state

ottenute delle immagini tridimensionali della topografia.

La rugosità è stata calcolata con il programma di elaborazione dei dati del microscopio,

utilizzando la funzione “analisi di linea” che permette di misurare le caratteristiche del

campione lungo una linea orizzontale o verticale posizionabile a piacimento. L’analisi dei

campioni è stata fatta lungo quattro rette orizzontali equispaziate e su altrettante verticali

ed i risultati forniti dal programma sono poi stati mediati in modo da ottenere un dato di

rugosità che fosse il meno influenzato possibile dalla scelta di una particolare posizione

sull’area di analisi. I dati ottenuti mostrano un andamento a massimo della rugosità in

funzione dell’angolo di deposizione, con il picco posto a 75 gradi ed un valore a 90° basso.

73

Figura 6.3 andamento della rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente continua

Oltre che l’aumento di rugosità si nota dalle immagini anche un incremento di

dimensione laterale delle strutture in crescita sul film, che è particolarmente marcato

nell’intervallo 45° - 75° dove si possono osservare picchi ed avvallamenti molto

pronunciati in altezza ma anche in larghezza (nel piano xy). Tale effetto non è presente nel

film a 90° che invece possiede una morfologia più simile a quelli a basso angolo con

formazioni colonnari di bassa estensione laterale.

La morfologia dei film a 45°, 60°, 75° è chiaramente influenzata dagli effetti di

ombreggiatura, come è logico aspettarsi dalle condizioni di deposizione che favoriscono la

deposizione in “linea di vista” inibendo lo scattering in fase gassosa (bassa pressione di

argon) e limitano la diffusione superficiale degli atomi (bassa temperatura del substrato).

La struttura maggiormente compatta dei film a basso angolo è dovuta alla deposizione di

atomi che giungono sul substrato prevalentemente senza aver subito collisioni in fase

gassosa e quindi mantengono un’elevata energia cinetica spostando la struttura verso la

zona T del noto diagramma di Thornton20.

74

Figura 6.4 topografia 3D di film depositati in corrente continua a diversi angoli target – substrato

siccome lo spessore del film può influenzarne la morfologia, si è proceduto ad una nuova

serie di deposizioni, variando il tempo di sputtering in funzione delle differenti deposition

rate in modo da ottenere film dello stesso spessore ad ogni angolo; in tal modo si è voluto

verificare se l’andamento a picco della rugosità fosse un effetto dello spessore o del

meccanismo di arrivo degli atomi di niobio sul substrato. Gli stessi campioni (spessi 500

nm) dopo essere stati analizzati con AFM sono stati sottoposti anche a spettroscopia

elettrochimica di impedenza (EIS) (capitolo 7).

75

Sui nuovi campioni a spessore uniforme sono state effettuate le stesse misure dei

film precedenti, con l’unica differenza che in questo caso l’area di scansione più grande era

5x5 µm e non 20x20; la rugosità è stata calcolata a tutti e due gli ingrandimenti secondo il

procedimento precedentemente descritto così da poter verificare la variazione dei dati

ottenuti in funzione dell’area campionata.

La serie di campioni a spessore uniforme si presenta mediamente più rugosa di quella a

spessore variabile (Figura 6.6), ma la dipendenza dall’angolo di deposizione non varia e si

ritrova lo stesso andamento a massimo piccato sui 75 gradi, ad ulteriore riprova che la

morfologia del film è essenzialmente determinata dall’angolo di deposizione; è interessante

notare poi che il film a 15° sembra essere meno rugoso di quello a zero gradi, fatto

testimoniato anche dalle misure in spettroscopia di impedenza riportate nel capitolo 7.

Figura 6.5 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per due diversi livelli di ingrandimento (campioni a spessore uniforme)

La Figura 6.5 mostra l’andamento della rugosità in funzione dell’angolo ai due diversi

ingrandimenti, si nota che per l’area più grande (ingrandimento minore) la rugosità è

sistematicamente più alta, ma comunque l’andamento a massimo è verificato per entrambi

i casi.

76

Figura 6.6 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore variabile o costante

Il grafico comparativo mostra che l’andamento della rugosità è lo stesso

indipendentemente dal fatto che lo spessore dei film vari o si mantenga costante in

funzione dell’angolo. Sembra però che film più spessi (pallini rossi) abbiano una rugosità

in valore assoluto maggiore, certamente a causa di un maggiore sviluppo in altezza delle

strutture colonnari che si formano durante la crescita del film, dovuto ad un maggior

apporto di materiale.

6.2.2 Film depositati in corrente pulsata

Le condizioni di analisi per i film depositati in corrente pulsata sono analoghe a

quelle per i film in corrente continua, l’area di misura è la stessa ed i campioni sono stati

realizzati tutti in un unico run, quindi lo spessore non è costante ma varia in funzione

dell’angolo fra target e substrato.

77

Figura 6.7 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente pulsata

(area della scansione 2x2 µm)

Anche in questo caso si osserva un andamento a massimo della rugosità, con il picco però

spostato verso angoli più bassi; inoltre sembra che il film depositato a 90° non presenti una

riduzione così drastica di rugosità come nelle deposizioni in corrente continua, ma si

mantenga piuttosto rugoso, anche se comunque in maniera minore dei film a 60 e 75 gradi.

Confrontando la morfologia dei film depositati in continua e in corrente pulsata, si nota che

la pulsazione non ha un effetto positivo, anzi la superficie è sistematicamente più rugosa:

78

Figura 6.8 confronto fra le rugosità di film depositati in corrente continua oppure pulsata

calcolando la variazione percentuale di rugosità tra i corrispondenti film in corrente

continua e pulsata, l’effetto sistematico è quantificabile più chiaramente:

100×−

=∆ cont

pulsedcont

RRRR Equazione 6.2

79

Figura 6.9 variazione relativa di rugosità per deposizioni in corrente pulsata o continua

La figura mostra che la pulsazione aumenta la rugosità a qualsiasi angolo di

deposizione, senza un particolare andamento; si nota la grossa variazione a 60 gradi, tale

da spostare il picco di rugosità rispetto a quello misurato per i film in corrente continua.

Resta da capire quale sia il meccanismo che determina tale aumento di rugosità sistematico

e come interagisca con l’angolo target – substrato. In conclusione sembra comunque che la

pulsazione non contribuisca a migliorare la morfologia dei film depositati e che le

variazioni di rugosità rispetto ai film cresciuti in corrente continua non abbiano una

dipendenza dall’angolo di deposizione riconoscibile facilmente.

80

Capitolo 7 SPETTROSCOPIA ELETTROCHIMICA DI IMPEDENZA

7.1 G

L’imped

passaggio d

alternato ad

risposta al p

armoniche

segnale di

risposta lin

potenziale a

Supponendo

)( 0VtV =

la risposta i

)( 0= ItI

e di consegu

)()(

=tItVZ

l’impedenza

Passando al

eZZ 0=

La prima parte del capitolo descrive i fenomeni elettrochimici alla base della spettroscopia di impedenza e la teoria di base di questo tipo di analisi. Viene poi descritto l’apparato sperimentale impiegato per la caratterizzazione dei film. Infine vengono presentati i risultati delle misure effettuate sui diversi campioni

eneralità

enza è una misura della tendenza che un circuito elettrico ha di opporsi al

i corrente. L’impedenza elettrochimica viene misurata applicando un potenziale

una cella e misurando il passaggio di corrente attraverso la cella stessa; la

otenziale è un segnale in corrente contenente la frequenza di eccitazione e le

superiori (caso generale). Solitamente le misure vengono condotte con un

eccitazione piccolo (dell’ordine di 10 milliVolt) in modo da ottenere una

eare in corrente (o approssimabile come tale), in tale regime la risposta al

pplicato avrà la stessa frequenza ma una fase diversa.

di utilizzare un potenziale di tipo sinusoidale21:

)cos( tω Equazione 7.1

n corrente sarà del tipo:

)cos( ϕω −t Equazione 7.2

enza l’impedenza sarà definita come:

)cos()cos(

)cos()cos(

00

0

ϕωω

ϕωω

−=

−=

ttZ

tItV

Equazione 7.3

è perciò espressa da un modulo Z0 e da una fase ϕ.

le quantità complesse si ottiene:

ϕj Equazione 7.4

Disegnando su un grafico cartesiano la parte reale dell’impedenza sull’asse X e quella

immaginaria sull’asse Y si ottiene il cosiddetto diagramma di Nyquist in cui ogni punto

rappresenta l’impedenza del sistema ad una fissata frequenza. Le curve in coordinate

logaritmiche del modulo e della fase dell’impedenza complessa in funzione della frequenza

sono invece dette diagrammi di Bode22,23.

Parametri elettrochimici di una cella tipica

• Resistenza dell’elettrolita

La resistenza della soluzione elettrolitica dipende dalla concentrazione ionica,

dal tipo di ioni, dalla temperatura e dalla geometria del sistema.

• Capacità del doppio strato

Un doppio strato elettrico si forma all’interfaccia tra l’elettrodo e la soluzione

che lo bagna, le cariche sull’elettrodo sono separate dalle cariche in soluzione e

quindi si forma un condensatore. Il valore di questa capacità dipende dalla natura

dell’elettrodo e dalla composizione della soluzione ed è influenzato dalla vera

area elettrodica, cioè dalla rugosità.

• Resistenza al trasferimento di carica

Rappresenta la resistenza per processi di trasferimento di carica tra la superficie

dell’elettrodo e la soluzione.

• Impedenza di diffusione

La diffusione origina un’impedenza chiamata impedenza di Warburg, che

dipende dalla frequenza del segnale di eccitazione; ad alte frequenze l’impedenza

di Warburg è piccola perché le specie che diffondono hanno troppa inerzia per

seguire il potenziale applicato, diminuendo f il movimento degli ioni si fa più

ampio e l’impedenza aumenta. L’impedenza di diffusione compare solo a

correnti elevate, quando il trasporto di carica ionica è rilevante, nelle condizioni

a cui sono state effettuate le nostre misure, cioè a circuito aperto o comunque a

correnti molto basse, la diffusione è trascurabile.

La spettroscopia di impedenza è un metodo molto potente per indagare le proprietà

di sistemi elettrochimici e per separare contribuiti originati da diverse sorgenti, come la

formazione del doppio strato, il trasferimento elettronico ed il trasporto di massa. Un

interfaccia elettrochimica è comunemente schematizzata con un circuito equivalente

formato da capacitori e resistenze: la capacità dovuta al doppio strato (Cdl) è posta in

parallelo con la resistenza al trasferimento di carica del campione (Rct) e con l’impedenza

82

causata dai fenomeni diffusivi (ZW); questo circuito è poi in serie con la resistenza della

soluzione (Rs).

Figura 7.1 circuito equivalente per un elettrodo poroso

Una corrente continua può fluire solo attraverso il ramo resistivo del circuito, mentre una

corrente alternata può passare anche attraverso il condensatore che contribuisce

all’impedenza totale del circuito con il termine 1/(2πfCdl), dove f è la frequenza del segnale

applicato. Nelle condizioni di prova la resistenza al trasferimento di carica è molto elevata,

quindi la corrente tende a passare solo attraverso il ramo capacitivo ed il circuito

precedente si riduce ad una combinazione in serie di Rs e Cdl.

Figura 7.2 circuito equivalente quando la resistenza al trasferimento di carica è molto elevata

In questo circuito semplificato la parte reale dell’impedenza rappresenta Rs a qualsiasi

frequenza, mentre la parte immaginaria varia con la frequenza; di conseguenza il

diagramma di Nyquist corrispondente è una retta verticale che intercetta l’asse reale a Rs.

Nel caso di elettrodi porosi o rugosi – come ci si aspetta siano i film di niobio realizzati –

la capacità apparente Cdl dipende dalla frequenza del segnale imposto perché la lunghezza

di penetrazione del campo nei pori aumenta al diminuire della frequenza. A frequenze

sufficientemente basse viene campionata tutta l’interfaccia elettrodo/soluzione elettrolitica

all’interno dei pori ed la capacità del doppio strato misurata è pari a quella di un elettrodo

idealmente piano con un’area complessiva uguale alla superficie del sistema poroso, quindi

la rugosità superficiale dei film di niobio depositati ad angoli differenti può essere stimata

come il rapporto tra Cdl misurata a basa frequenza e la capacità di un elettrodo ideale

perfettamente piano che possieda la stessa area geometrica24, ,25 26.

83

0 2 4 60

2

4

6porous electrodeideally flat electrode

Im(Z

) /ar

bitra

ry u

nits

Re(Z) / arbitrary units

Figura 7.3 diagrammi di Nyquist per un elettrodo idealmente piano e per un elettrodo poroso (calcolo teorico)

7.2 Apparato sperimentale

Le misure sono state condotte utilizzando una cella elettrolitica in vetro contenente una

soluzione 0.2 M di Na2SO4; al suo interno sono stati immersi il controelettrodo a filo di

platino ed un elettrodo di riferimento standard al calomelano (SCE). Il film da misurare fa

da elettrodo di lavoro ed è posto in contatto con la soluzione attraverso una guarnizione

forata sul fondo della cella. Il sistema è alimentato da un potenziostato che fornisce una

tensione alternata ed il segnale di corrente viene analizzato da un analizzatore di frequenza

ed acquisito tramite un elaboratore.

84

Figura 7.4 schema della cella di misura utilizzata per le analisi EIS

7.3 Preparazione dei campioni

I primi film misurati erano stati depositati su quarzi da microscopio di dimensioni

25x70 mm; questa dimensione è stata scelta per permettere un agevole contatto sulla

superficie dei campioni e per fornire la maggior area di interfaccia tra la soluzione ed il

rivestimento. La deposizione è stata condotta con gli stessi tempi per ogni angolo, quindi

gli spessori erano inevitabilmente diversi per ogni campione. In aggiunta un substrato così

grande rispetto al diametro del target ed alla distanza del portacampioni da esso, conduce

inevitabilmente a disuniformità di spessore nel film stesso.

Per ovviare a ciò si è proceduto con un secondo run di deposizioni su substrati più piccoli

(10x10 mm) variando il tempo di sputtering in funzione dell’angolo in modo da ottenere

film di spessore uniforme pari a 500 nm. Date le ridotte dimensioni dei campioni è stato

necessario adattare la cella a campioni di dimensioni minori e studiare un diverso sistema

per il contatto elettrico, visto che era impossibile garantire la tenuta della cella saldando il

filo sulla superficie del film perché l’indio di riporto impediva il contatto fra elettrodo e

guarnizione.

Si è perciò realizzato un deposito metallico sullo spessore del vetrino e su parte del film e

poi si è saldato il contatto lateralmente. Il portacampioni utilizzato solitamente per lo

sputtering di Niobio non permetteva di realizzare il nuovo deposito agevolmente, inoltre si

sarebbe dovuto pompare il sistema fino a 10-8 mbar per evitare l’inquinamento del target; si

85

è perciò utilizzato un sistema per magnetron sputtering da target d’oro che lavora in basso

vuoto ed utilizza aria come gas di processo. L’apparato consiste in un magnetron planare

del tutto analogo a quello usato per il niobio, posizionato superiormente ad un

portacampioni, la camera è di vetro e la deposizione avviene a tensione costante di 450V.

si è effettuato sputtering in 4 sequenze da tre minuti per evitare di surriscaldare il

magnetron, mantenendo una pressione di processo di circa 10-2 mbar.

Essendo l’oro un metallo nobile l’utilizzo dell’aria come gas di sputtering non provoca la

formazione di ossidi, ma è possibile che il film non aderisca al substrato; si è però

osservato che lo strato di niobio sulla superficie e la forte rugosità dello spessore del

vetrino hanno garantito un’adesione sufficiente per lo scopo che ci si era prefisso.

Si è poi proceduto a realizzare i contatti elettrici incollando con una dispersione di argento

in acetone dei fili di rame da 0.2 mm sullo spessore dei campione. Per assicurare una

tenuta migliore tra il foro della guarnizione ed il film è stato posto un o-ring in viton da 6

mm di diametro.

7.4 Risultati delle misure

7.4.1 Film depositati in corrente continua

Figura 7.5 confronto fra i diagrammi di Nyquist per film depositati a basso ed alto angolo

86

Figura 7.6 variazione nei valori di resistenza per film depositati a 45° e 75°

La figura 7.5 confronta i diagrammi di Nyquist ottenuti da campioni depositati con

un angolo di 0 e di 45 gradi; entrambi mostrano una risposta di tipo capacitivo, ma solo

quello ad angolo più alto mostra nella zona ad alta frequenza una linea inclinata di 45°

rispetto all’asse reale, tipico di un elettrodo ad alta rugosità superficiale (poroso). Inoltre il

film ad angolo maggiore ha una capacità maggiore – testimoniata da una frequenza più

bassa per lo stesso valore di Im(Z) – e di conseguenza una rugosità più alta. Nella figura

7.6 si vede invece il raffronto fra le resistenze ad alta frequenza (intercette della curva con

l’asse reale) fra il campione depositato a 45° e quello a 75°. La conduzione sull’elettrodo

avviene lungo la direzione parallela alla superficie, quindi un film più sottile rappresenta

un conduttore di sezione minore, cioè di resistenza più elevata; il valore di resistenza

nettamente più alto per un angolo maggiore testimonia quindi il minore spessore dei film

ottenuti ad alto angolo mantenendo costante il tempo di processo.

La Figura 7.8 mostra l’andamento della capacità misurata a 23.7 Hz – e quindi della

rugosità del campione – in funzione dell’angolo target – substrato per campioni con

spessori variabili e con spessore costante = 500 nm. Si nota immediatamente l’andamento a

massimo della rugosità, con un picco centrato tra i 60 e i 75 gradi. Il fenomeno peculiare è

la bassa capacità del film a 90 gradi, che testimonia una rugosità superficiale molto simile

a quella del film depositato a 0°. Una prima giustificazione per questo comportamento era

che per questo campione il rivestimento fosse così sottile da impedire la formazione di una

87

superficie molto rugosa; questa ipotesi era suffragata anche dall’andamento della resistenza

ad alta frequenza (Figura 7.7) che cresce monotonamente con l’angolo testimoniando una

progressiva diminuzione dello spessore.

Figura 7.7 andamento della resistività in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore uniforme oppure variabile con l’angolo.

Figura 7.8 capacità misurata a 23.7 Hz in funzione dell’angolo di deposizione per film a spessore uniforme o variabile

88

La seconda serie di deposizioni volta a realizzare film di spessore uniforme ha però

invalidato il ragionamento in quanto anche in questo caso si ritrova lo stesso andamento a

massimo della capacità, mentre la resistenza ad alta frequenza tende a mantenere un valore

costante. Si può quindi concludere che la formazione di film di rugosità paragonabile a 0 e

90 gradi è un effetto determinato dalla particolare dinamica di crescita in funzione

dell’angolo e non dipende dallo spessore del film, almeno fino a 500 nm.

La serie di campioni a spessore uniforme è stata ulteriormente analizzata con una tensione

applicata di 4V. Un potenziale anodico imposto causa l’ossidazione del film formando uno

strato superficiale di Nb2O5 isolante; lo spessore dell’ossido dipende solamente dal

potenziale perché si instaura un equilibrio dinamico tra le due reazioni competitive di

dissoluzione e di formazione dello strato. A 4V si stima uno spessore di equilibrio pari a 8-

10 nm. Se la crescita di questo film segue la morfologia della superficie di Nb sottostante,

la capacità misurata seguirà l’andamento in funzione dell’angolo già osservato a potenziale

di circuito aperto, anche se con valori diversi in quanto ora si sta misurando la capacità

dielettrica dell’ossido e non più quella del doppio strato.

Confrontando la curva a circuito aperto con quella a 4V si vede come l’andamento sia lo

stesso, a testimonianza che la crescita dello strato di Nb2O5 segue la morfologia

superficiale del film sottostante, la capacità a 4V è però nettamente inferiore a causa della

minore quantità di carica che si accumula sulle due facce dell’ossido dielettrico rispetto a

quella che si accumula all’interfaccia metallo elettrolita.

Figura 7.9 andamento della capacità in funzione dell’angolo per gli stessi film misurati a potenziale di circuito aperto o con un potenziale imposto di +4V (condizioni di passivazione)

89

La similitudine nei due comportamenti è più evidente normalizzando le rugosità

rispetto al film depositato a 0 gradi che viene assunto di rugosità unitaria; in questo modo

si osserva una corrispondenza quasi perfetta fra le curve ottenute per potenziali diversi (è

da notare che per questa serie di campioni il film a 90° sembra essere meno rugoso di

quello 0°)

Figura 7.10 rugosità normalizzate rispetto alla rugosità del film depositato a 0° nel caso di circuito aperto o di potenziale imposto a 4V

7.4.2 Film depositati in corrente pulsata

Dopo aver ottenuto le immagini AFM i film in corrente pulsata sono stati analizzati

anche con la spettroscopia elettrochimica di impedenza, i risultati delle due misure sono

sostanzialmente in accordo e confermano un aumento di rugosità rispetto ai film di

spessore uniforme realizzati in corrente continua. In Figura 7.11 sono mostrate le tre serie

di misure effettuate, si osserva chiaramente il già menzionato aumento di rugosità dei film

pulsati rispetto ai film depositati in continua a spessore uniforme, mentre c’è una quasi

coincidenza con la curva dei film realizzati in continua ma a spessori differenti. Questo fa

dedurre che l’effetto morfologico della pulsazione è sostanzialmente nullo oppure

peggiorativo, almeno nelle condizioni sperimentali scelte, tale ipotesi è suffragata anche

dai risultati della microscopia a forza atomica.

90

Figura 7.11 confronto delle capacità misurate per 3 diverse serie di campioni

Calcolando anche in questo caso una differenza percentuale di rugosità secondo la

formula:

100×−

=∆ pulsedac

pulsedac

contac

CCCR Equazione 7.5

si può vedere meglio la variazione di rugosità fra le serie di campioni.

Confrontando la serie di campioni depositati in corrente pulsata con i film realizzati in

corrente continua e spessori non uniformi si osserva che la pulsazione diminuisce la

rugosità a basso angolo target – substrato, mentre la aumenta ad alto angolo di deposizione.

In corrispondenza degli angoli di massima rugosità (60° – 75°) la pulsazione non ha

sostanzialmente effetto (Figura 7.12).

Il confronto con i film di spessore uniforme invece mostra un aumento sistematico

della rugosità – osservato anche con AFM – in particolare per i film depositati ad alto

angolo target – substrato.

91

Figura 7.12 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente continua a spessore variabile o pulsata

0 15 30 45 60 75

-3000

-2500

-2000

-1500

-1000

-500

0

90

∆R

%

deposition angle (degrees)

Figura 7.13 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente continua a spessore costante o pulsata

92

0 15 30 45 60 75

-400

-200

0

200

Figura 7.14 ingrandimento del grafico precedente

La resistenza in serie misurata ad alta frequenza nei campioni depositati in corrente

pulsata è largamente indipendente dall’angolo: essa varia fra 30.24 e 31.92 Ohm cm2,

senza un trend ben definito,indicando una maggiore uniformità di spessore rispetto ai

campioni depositati in continua, cioè una velocità di deposizione che dipende in maniera

più limitata dall’angolo target – substrato.

93

Capitolo 8 ANALISI MAGNETO-OTTICA

Il capitolo descrive le diverse caratteristiche dei superconduttori di tipo I e II in modo da fornire una base teorica per valutare le grandezze misurate con l’analisi magneto-ottica. vengono poi presentate la teoria di base per questo tipo di misurazione e l’apparato utilizzato per le misure. Infine sono mostrati i risultati ottenuti da queste analisi su campioni preparati dal candidato.

8.1 Superconduttori di tipo I e tipo II

Una delle manifestazioni peculiari della superconduttività è il comportamento da

diamagnete perfetto di un materiale raffreddato al di sotto della sua temperatura critica13,18:

il vettore di induzione magnetica B è nullo in qualsiasi punto all’interno del

superconduttore (eccetto che per una sottile regione superficiale di spessore λ, dove sono

indotte le correnti di schermo). L’effetto di espulsione del campo magnetico dall’interno di

un campione superconduttivo è noto come effetto Meissner.

Lo stato superconduttivo di un materiale può essere distrutta non solo aumentando la

temperatura al di sopra della temperatura critica, ma anche incrementando la corrente che

fluisce al suo interno sopra ad un valore critico Ic. Tale limite è legato all’esistenza di un

campo critico Hc sopra il quale la superconduttività non può manifestarsi.

In natura esistono due classi di superconduttori:

• Tipo I solitamente metalli puri, in cui il campo critico è di solito piuttosto basso e

l’effetto Meissner si manifesta in modo completo al di sotto di Hc

• Tipo II, solitamente leghe o composti, che si distinguono fenomenologicamente

per il loro comportamento magnetico peculiare: esistono infatti due campi critici,

Hc1 sotto il quale il campione è completamente superconduttivo e Hc2 sopra il

quale il campione è interamente normal conduttivo. Lo stato intermedio ha un

comportamento particolare che è detto stato misto.

Figura 8.1 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore di tipo I

Figura 8.2 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore di tipo II

Nello stato misto il campione mostra un effetto Meissner incompleto caratterizzato da una

parziale penetrazione del flusso magnetico sotto forma di una complicata struttura

microscopica costituita da sottili filamenti normal conduttivi circondati da regioni

superconduttive. Questi filamenti sono denominati vortici13. Ognuno di essi è costituito da

un nucleo non superconduttivo contenente un quanto di flusso magnetico φ0 circondato da

correnti che ruotano attorno all’asse del vortice; minore è la distanza dall’asse a cui la

corrente circola, maggiore è il suo valore, finché non viene raggiunta una certa distanza

96

alla quale la corrente è superiore alla corrente critica: questo spiega perché il nucleo del

vortice è normal conduttivo.

Aumentando il campo magnetico il numero di vortici aumenta sempre più, fino ad

occupare tutta la superficie del campione, quando ciò accade il campo assume il valore

Hc2. una corrente che attraversa un superconduttore nello stato misto agisce sui vortici con

la forza di Lorentz:

0φ×= jF Equazione 8.1

causandone lo spostamento; il flusso dei vortici causa una dissipazione dell’energia

trasportata dalle correnti e quindi introduce una resistenza elettrica nel campione, la

presenza di difetti che bloccano il movimento dei vortici (pinning sites) impedisce questa

dissipazione fino al momento in cui la corrente non raggiunge un valore tale da strappare i

vortici dalla posizione in cui sono bloccati (depinning).

La corrente critica assume quindi significati diversi in relazione alla classe di

superconduttori considerata:

• Per i superconduttori di tipo I rappresenta la corrente alla quale il campo

magnetico indotto eguagli il campo critico del materiale

• Per i superconduttori di tipo II non è una proprietà intrinseca del materiale, ma

dipende dalla sua storia e dalla sua purezza e rappresenta la corrente necessaria

per il depinning dei vortici.

8.2 Generalità sull’analisi magneto-ottica

L’analisi magneto-ottica è uno strumento che permette di esaminare la distribuzione

locale del campo magnetico sulla superficie di un campione superconduttore, misurando in

contemporanea ogni punto della superficie di interesse in modo da fornire una valutazione

precisa e locale delle quantità elettrodinamiche B, J, E27, ,28 29. il risultato del processo di

misura consiste in una serie di immagini che rappresentano la superficie di un indicatore

ferromagnetico posto sopra il campione. La misura sfrutta l’effetto Faraday di rotazione

del piano della luce polarizzata in presenza di un campo magnetico esterno che altera la

distribuzione dei momenti magnetici interni all’indicatore.

L’intensità della luce dei pixel nelle immagini in magneto-ottica fornisce informazioni sul

campo magnetico locale sul piano dell’indicatore. L’energia di interazione dell’indicatore

con il campo magnetico B può essere valutata attraverso l’equazione:

97

)]cos(1[)cos1(int φαφ −−+−= sA BMEE Equazione 8.2

con EA energia di anisotropia, Ms magnetizzazione spontanea e φ angolo tra il vettore di

induzione magnetica e il piano xy.

Dall’equazione precedente si ricava la posizione di equilibrio:

Axy

z

BBB+

= arctanφ Equazione 8.3

con Bz = Bsinα, Bxy=Bcosα.

Il piano di polarizzazione della luce incidente è ruotato per effetto Faraday e il grado di

rotazione è proporzionale al valore della magnetizzazione lungo la direzione di incidenza

dei raggi luminosi:

φα sinSF CM= Equazione 8.4

dove C è un parametro che dipende dallo spessore dell’indicatore.

La rotazione Faraday è rilevata dall’indicatore, che è fissato ad un angolo θ rispetto alla

direzione di polarizzazione, come una variazione di intensità espressa in funzione del

campo magnetico:

⎥⎥

⎢⎢

⎡+

+++=

++=

θ

θα

22

20

20

)(cos

)(cos

zxyA

zsMAX

FMAX

BBBBCMIII

III

Equazione 8.5

una volta ottenuta la distribuzione del campo magnetico si può applicare l’inversione della

legge di Biot-Savart ber calcolare la distribuzione delle correnti all’interno del

superconduttore.

8.3 Apparato sperimentale

Il sistema di misura utilizzato per queste misure è situato al Politecnico di Torino ed è

cosi costituito26:

la luce originata da una lampada a vapori di mercurio viene focalizzata da un sistema di

lenti, passa attraverso un filtro centrato a 530 nm e viene polarizzata da un primo

polarizzatore. Il raggio incide poi su uno specchio semiriflettente e viene focalizzato da

una lente obiettivo sulla superficie dell’analizzatore, posto al di sopra del campione

all’interno di un criostato. Il film indicatore è trasparente quindi la luce colpisce il

campione di niobio e viene riflessa indietro verso lo specchio semiriflettente; il raggio

98

trasmesso passa attraverso un secondo polarizzatore e viene focalizzato sul sensore CCD di

una videocamera che registra l’immagine ottenuta. Il campo magnetico perpendicolare alla

superficie del campione viene generato da un magnete esterno raffreddato ad acqua.

Figura 8.3 schema dell’apparato sperimentale per l’analisi magneto-ottica27 1: lampada a Hg, 2: lente biconvessa, 3: polarizzatore, 4: beam splitter, 5: lente obiettivo, 6:indicatore, 7: criostato, 8: magnete, 9: analizzatore, 10: lente della videocamera, 11: CCD, 12: Personal Computer per l’elaborazione dei dati.

8.4 Preparazione dei campioni e risultati

La prima serie di campioni preparati per queste analisi consisteva negli usuali substrati

di quarzo ricoperti da un film sottile di niobio; il set-up sperimentale utilizzato però non

consentiva di raffreddare i campioni immergendoli direttamente nell’elio liquido, ma

solamente di appoggiarli su un supporto raffreddato internamente da un flusso di elio, tale

configurazione, adatta per superconduttori ad alta temperatura, non riusciva a garantire un

buon contatto termico tra il supporto refrigerato ed il campione e quindi non permetteva di

far raggiungere al niobio una temperatura minore di 9.2 K necessaria per la transizione.

Supponendo che il problema fosse dovuto al substrato isolante su cui è stato depositato il

film, si è allora proceduto con delle deposizioni su substrato di rame e si è riusciti ad

effettuare le misurazioni.

99

Figura 8.4 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo

target – substrato di 0°

La figura mostra l’immagine magneto-ottica di un campione di niobio depositato su ramo

OFHC con un angolo target – substrato di zero gradi. I vortici sono mostrati come zone

chiare, mentre le zone di campo magnetico dirette verso l’osservatore sono mostrate in

colore scuro. Il film ha una buona connettività nella parte centrale e l’effetto del substrato è

scarsamente riconoscibile.

Figura 8.5 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo

target – substrato di 45°

100

Il campione depositato sullo stesso substrato ma con un angolo di 45° fa vedere come ad

alto angolo la morfologia del substrato giochi un ruolo fondamentale, infatti i difetti

macroscopici del film rappresentati come linee scure seguono le tracce lasciate sul rame

dal trattamento di pulizia meccanica. I campi magnetici intrappolati sono chiusi attorno ai

difetti e il film ha una bassa connettività, i vortici penetrano cioè nel niobio lungo i bordi di

grano e le discontinuità del substrato.

L’effetto del substrato si manifesta in modo più evidente nelle deposizioni ad alto

angolo a causa di tre effetti combinati:

1. l’ombreggiatura dovuta alla rugosità del substrato ha maggiore importanza quando

gli atomi da depositare arrivano a basso angolo rispetto alla superficie, di

conseguenza il niobio si deposita prevalentemente sulle asperità del substrato

generando una morfologia del film che segue quella del materiale sottostante.

2. la deposizione a bassi angoli avviene prevalentemente in linea di vista, in quanto

alle pressioni di processo fissate per questi esperimenti il cammino libero medio

degli atomi di niobio è abbastanza lungo da permettere che una percentuale

significativa degli atomi di niobio colpisca il substrato senza aver subito

sostanziali urti in fase gassosa. Quando l’angolo target – substrato aumenta una

frazione maggiore degli atomi depositati deve arrivare sul substrato con una

direzione diversa da quella con cui hanno lasciato il target e quindi dopo una serie

di collisioni che hanno alterato la direzione iniziale del loro momento. Di

conseguenza l’energia cinetica media degli atomi che si depositano è più bassa

rispetto ai bassi angoli e non è sufficiente a permettere un’elevata diffusione

superficiale degli adatomi, che quindi si fissano preferenzialmente sui siti

energeticamente favoriti, cioè sui difetti.

3. la velocità di deposizione diminuisce con l’angolo seguendo un andamento del

tipo cosθ (dove θ è l’angolo target – substrato) perciò i film ad alto angolo sono

più sottili. L’influenza della morfologia del substrato è ovviamente maggiore

quando lo spessore del film depositato si assottiglia.

101

Capitolo 9 SIMULAZIONE DI CRESCITA DI UN FILM SOTTILE

Questo capitolo descrive la struttura di un programma di simulazione di crescita di film sottili realizzato dal candidato. Sono poi presentati i risultati ottenuti eseguendo la simulazione.

9.1 Introduzione

Grossa parte del lavoro di questa tesi è stata la realizzazione di una simulazione

computerizzata della crescita di un film30,31 allo scopo di correlare le misure ottenute con l’

ipotesi iniziale dell’influenza dell’angolo di deposizione sulla morfologia del film

depositato. Rispetto alle applicazioni commerciali o disponibili liberamente, solitamente

molto complesse e dispendiose in termini di potenza di calcolo necessaria, si è scelto di

semplificare al massimo il problema da modellizzare e di realizzare appositamente un

breve programma in Matlab™, prevedendone l’ampliamento in vista di lavori successivi.

La simulazione è stata realizzata in Matlab™ 6.5 Release 13 ed eseguita su un computer

portatile Pentium™ III 1GHz equipaggiato con 256 MB di memoria RAM.

9.2 Struttura del programma

La filosofia di base del lavoro è stata la minimizzazione dei tempi di esecuzione del

codice, così da poterne verificare immediatamente la funzionalità ed eseguire di

conseguenza il maggior numero di simulazioni possibile; più che all’ottenimento di

risultati e al loro confronto con le situazioni reali, si è mirato alla realizzazione

dell’interfaccia di base di un programma che poi possa essere ampliato in tempi successivi

aggiungendo controlli su parametri fisici addizionali e ottimizzando il codice.

Il programma è composto essenzialmente da tre parti:

1. la scelta delle condizioni iniziali

2. la generazione degli atomi alla sorgente

3. la deposizione degli atomi sul substrato.

La geometria è bidimensionale, quindi ogni immagine ottenuta rappresenta una sezione

della struttura di un film reale in crescita lungo un piano perpendicolare alla superficie. Gli

assi cartesiani del sistema sono orientati in modo che la distanza tra sorgente e substrato

rappresenti l’asse x e la dimensione della sorgente e del substrato siano espresse lungo y;

l’origine degli assi è posta sulla sorgente se questa è puntiforme oppure nel punto medio

delle sorgenti estese.

9.2.1 Condizioni iniziali

Il programma richiede per prima cosa il numero di atomi che deve generare,

ovviamente un numero elevato avvicina la simulazione maggiormente ad un sistema reale

ma richiede tempi di calcolo molto lunghi.

Figura 9.1 tempi di calcolo in funzione del numero di atomi depositati

In Figura 9.1 è mostrato a titolo d’esempio un grafico dei tempi necessari per portare a

termine la simulazione di crescita da sorgente puntiforme in funzione del numero di atomo.

Si vede che l’andamento è di tipo parabolico.

Il secondo parametro da inserire è la distanza tra la sorgente di atomi ed il substrato,

in unità arbitrarie. La simulazione considera gli atomi come oggetti rigidi che si propagano

in modo “balistico”, cioè seguendo una retta; aumentando la distanza di propagazione si

avrà di conseguenza una maggiore ampiezza della zona in cui gli atomi possono

depositarsi.

Per ovviare all’inconveniente di atomi depositati in una regione troppo ampia, si è aggiunto

un controllo sulle dimensioni del substrato, in modo tale che tutti gli atomi che cadono al

104

di fuori di questo intervallo vengano trascurati nella visualizzazione. In questo modo

ovviamente il numero di atomi depositati sarà minore di quelli generati dalla sorgente.

L’ultimo valore richiesto è il raggio degli atomi.

Sorgenti

Sono state previste 3 diverse modalità di generazione degli atomi:

1. sorgente puntiforme:

tutti gli atomi originano nell’origine degli assi e si propagano in linea retta verso il

substrato. L’angolo che la retta di propagazione di ogni atomo fa con l’asse

orizzontale è determinato da un generatore di numeri casuali con distribuzione

uniforme nell’intervallo [-π/2,π/2]. Utilizzando questo tipo di generatore ogni

direzione di uscita degli atomi dalla sorgente è equiprobabile, è comunque

possibile generare gli angoli con una distribuzione gaussiana centrata attorno ad un

valore definito, in modo da privilegiare la propagazione degli atomi con angoli

nell’intorno di un valore medio.

2. sorgente lineare:

lo schema di generazione e propagazione degli atomi è lo stesso che nel caso

precedente, ma la coordinata y di origine di un atomo varia lungo un segmento di

lunghezza definita in input e con il punto medio posto sull’origine degli assi. In tal

modo è possibile simulare una sorgente estesa con una simmetria assiale, come

può essere per esempio il magnetron planare utilizzato per effettuare le deposizioni

di film di niobio. Questo tipo di sorgente in combinazione con la variazione delle

dimensioni del substrato può schematizzare situazioni spesso incontrate negli

esperimenti reali, come la deposizione da target più grandi del substrato (per

esempio la realizzazione di campioni per analisi su quarzi 5x10 mm) oppure il

caso opposto di un target piccolo e di un substrato molto più esteso (per esempio

l’interno di una cavità accelerante).

3. sorgente lineare inclinata rispetto al substrato:

è un’elaborazione successiva della sorgente lineare con in aggiunta un grado di

libertà in più: è possibile infatti definire in ingresso un angolo di inclinazione della

sorgente rispetto all’asse orizzontale; gli atomi vengono originati con angoli di

propagazione casuali ma con la distribuzione centrata attorno all’angolo di

inclinazione della sorgente e non più attorno allo zero. Questa soluzione permette

di ricreare le condizioni di deposizione reali dei campioni che sono stati utilizzati e

105

verificare l’andamento della morfologia in funzione dell’angolo anche al

calcolatore.

Figura 9.2 schema dei tipi di sorgenti simulati nel programma

9.2.2 Deposizione sul substrato

Una volta arrivati sul substrato gli atomi si fermano nella posizione che hanno

raggiunto. Attualmente la simulazione non prevede la possibilità di meccanismi diffusivi

che possano riarrangiare la morfologia del film in crescita, quindi è possibile ricreare solo

le condizioni di deposizione su substrati “freddi”, in cui cioè il fattore determinante la

morfologia del film è l’angolo di arrivo degli atomi e non la diffusione. Dalla letteratura

sullo sputtering di niobio è verificata l’ipotesi che gli atomi hanno bassa mobilità dopo

aver raggiunto il substrato.

Per ogni atomo generato il programma calcola il punto di collisione con il substrato e

controlla che abbia una distanza dagli atomi già depositati maggiore del diametro atomico;

in caso affermativo l’atomo colpisce il substrato, altrimenti viene calcolata una nuova

posizione lungo la traiettoria tale da porre l’atomo in arrivo impilato (tangente) su quello

che occupa il sito di arrivo.

Come già accennato, la dimensione e la distanza del substrato sono parametri definiti

dall’utente, ed è inoltre presente un controllo che scarta gli atomi che hanno traiettorie tali

da collidere su punti esterni al substrato stesso, disabilitandolo è possibile simulare un

substrato infinitamente esteso lungo la coordinata y.

È previsto un futuro miglioramento con l’introduzione di meccanismi diffusivi sul

substrato: si assegna ad ogni tipo di salto diffusivo (diffusione superficiale, di bulk,

106

intergranulare, intergranulare…) una probabilità di avvenire che dipende dalla sua energia

di attivazione secondo l’espressione di Arrhenius TKE

B

att

Ae−

e si confronta l’output di un

generatore di numeri casuali con questo valore: se è maggiore l’atomo effettua il salto

diffusivo, altrimenti l’energia di attivazione è troppo elevata ed il salto non può avvenire.

Inoltre si prevede di modificare la distribuzione angolare degli atomi emessi

introducendone una di tipo cosθ.

9.3 Risultati ottenuti

Per prima cosa si è provveduto ad un test del programma utilizzando la sorgente

puntiforme prima con distribuzione angolare uniforme, poi con distribuzione gaussiana, in

modo da evidenziare possibili differenze nei risultati ed identificare l’eventuale

generazione di film dalle caratteristiche impossibili fisicamente. Si è osservato che per un

numero sufficientemente elevato di atomi l’effetto del tipo di distribuzione, perlomeno con

questo tipo di sorgente, è irrilevante. I film ottenuti mostrano in entrambi i casi le strutture

colonnari tipiche di un sistema in cui la diffusione è fortemente inibita e perciò gli effetti di

ombra sono molto forti; si nota inoltre una direzione preferenziale di accrescimento lungo

le traiettorie che collegano le sommità delle colonne con il punto di origine degli atomi,

effetto tipico di una sorgente molto meno estesa del substrato.

Figura 9.3 simulazione di crescita da sorgente puntiforme con distribuzione angolare uniforme (sopra) e gaussiana (sotto)

107

la Figura 9.3 mostra la crescita di un film da sorgente puntiforme, utilizzando una

distribuzione angolare uniforme (sopra) e gaussiana (sotto). In entrambi i casi si è fissato il

numero di atomi a 2000.

Le condizioni di deposizione simulate in questi due test non erano adeguate per

ricreare la situazione fisica dello sputtering da magnetron planare sui quarzi 5x10

posizionati a diversi angoli, perciò si è proceduto con una serie di simulazioni da sorgente

estesa con angolo variabile.

°

Figura 9.4 simulazione di deposizione da sorgente lineare con angoli target – substrato di0°,15°,30°,45°,60°,75°,85° (dall’alto verso il basso)

108

0

°

15

°

30

°

45

°

60

°

75

°

85

Fissati i parametri iniziali, si è ottenuta una serie di immagini variando l’angolo tra

sorgente e substrato nello stesso modo che per le deposizioni reali (0°, 15°, 30°, 45°, 60°,

75°, 90°), generando gli atomi sia con distribuzione angolare uniforme che gaussiana. In

tutti i casi il numero di atomi è fissato a 2000 in modo da avere una simulazione piuttosto

accurata pur mantenendo relativamente brevi i tempi di elaborazione.

La Figura 9.4 mostra le immagini del film ottenuto ad angoli tra sorgente e

substrato crescenti, con una distribuzione delle traiettorie uniforme (l’ultima immagine è

ottenuta per un angolo di 85° anziché di 90° perché 2000 atomi sono troppo pochi per

ottenere una crescita ad angoli molto vicini alla perpendicolare). Si osserva chiaramente la

formazione di strutture colonnari con inclinazione prossima all’angolo di deposizione

scelto, e si vede inoltre che il film tende ad essere molto più sottile per angoli elevati. È

interessante notare inoltre come il film ad 85° non presenti una struttura ricca di vuoti e

formazioni di tipo dendritico, ma sia molto compatto ed abbia una superficie molto poco

rugosa, addirittura meno del film simulato a zero gradi; la struttura maggiormente ricca di

vuoti sembra situarsi tra i 45 ed i 60 gradi, mentre a 75° già si vede una riduzione degli

spazi vuoti tra gli atomi. Questi risultati sono molto interessanti perché ricalcano quelli

ottenuti dalle misure AFM e di spettroscopia di impedenza, a testimonianza che la

simulazione, pur nella sua semplicità, riesce a descrivere in modo abbastanza accurato la

morfologia dei film.

Una volta ottenute le immagini del film si è calcolata la porosità relativa in

funzione dell’angolo tra target e substrato facendo il rapporto fra l’area occupata dalle

sferette che rappresentano gli atomi e l’area lasciata vuota. I risultati sono in notevole

accordo con quanto visto dalle analisi morfologiche, infatti è presente un picco di rugosità

fissato sull’angolo di deposizione pari a 75°. Gli errori sulla determinazione della porosità

sono stati determinati ripetendo 5 volte la simulazione e calcolando la media e lo scarto

quadratico medio dei risultati ottenuti (Figura 9.5).

Oltre che sulla morfologia superficiale, l’angolo tra sorgente e substrato influisce anche

sulla formazione di orientazioni preferenziali durante la crescita del film. Questo effetto è

stato chiaramente evidenziato dalle analisi tessiturali a raggi X e costituisce un’importante

conferma della profonda influenza che l’angolo di deposizione ha sulla morfologia dei

rivestimenti depositati per sputtering. Le orientazioni simulate sono essenzialmente

allineate con l’angolo sorgente – substrato, a differenza di quelle osservate ai raggi X che

109

seguono quasi esattamente l’angolo target – substrato se questo è basso, per poi deviare da

esso a valori più alti, quando la percentuale di atomi che arrivano sul substrato dopo aver

subito urti in fase gassosa diventa più alta e la struttura del film tende ad amorfizzarsi. La

simulazione invece non prevede lo scattering in fase gassosa, quindi la morfologia del film

è determinata esclusivamente dall’angolo di deposizione.

Figura 9.5 andamento della porosità in funzione dell’angolo target substrato per film simulati con sorgente lineare e distribuzione angolare uniforme.

Successivi cicli hanno ripetuto le stesse condizioni utilizzate per ottenere le

immagini di figura 9.4, sostituendo alla distribuzione uniforme degli angoli una

distribuzione gaussiana. Si è però visto che questa scelta non portava modifiche di rilievo

nei film a basso angolo, mentre peggiorava l’aderenza con la situazione reale nei film ad

alto angolo, in quanto, venendo privilegiata l’emissione di atomi con angolo vicino alla

perpendicolare al target, gran parte degli atomi generati veniva perduta prima di depositarsi

sul substrato. Si può quindi affermare che la distribuzione uniforme delle traiettorie, pur

non rispecchiando la situazione reale di atomi emessi a causa del bombardamento di ioni

su un substrato policristallino, riesce comunque a ricrearla adeguatamente; la spiegazione

probabilmente sta nel fatto che nello sputtering gli atomi prima di depositarsi subiscono

collisioni in fase gassosa con gli ioni del plasma tali da far tendere le direzioni di arrivo sul

substrato verso una distribuzione angolare uniforme.

110

Capitolo 10 CONCLUSIONI

L’analisi delle proprietà superconduttive ha evidenziato un peggioramento in

funzione dell’angolo target – substrato in ogni condizione di deposizione, sia per film con

un basso tenore di impurezze, depositati cioè con un vuoto residuo dell’ordine di 10-10

mbar, sia per film realizzati ad una pressione base attorno a 10-8 mbar e quindi con un

livello di impurezze incorporate maggiore. L’utilizzo di una corrente pulsata anziché

continua per alimentare il magnetron sembra innalzare il valore di RRR a tutti gli angoli di

deposizione, senza tuttavia eliminare o limitarne il decadimento all’aumentare dell’angolo

di deposizione.

Efettuando le deposizioni con un sistema di riscaldamento del substrato fino a 600°C si

ottiene un netto miglioramento delle proprietà superconduttive ed una riduzione della loro

dipendenza dall’angolo di deposizione che comunque non viene mai del tutto eliminata ma

permane anche nei film depositati ad alta temperatura. Si è visto poi che il riscaldamento

dei substrati ha un effetto moderato sul film depositato a 90° che presenta proprietà

superconduttive sempre piuttosto scarse.

0 15 30 45 60 75 900

5

10

15

20

25

RR

R

deposition angle (degrees)

DC PULSED HEATED

Figura 10.1 andamento di RRR in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua

(Pbase = 4.3⋅10-9 mbar), pulsata (Pbase =3.2⋅10-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase =

5.1⋅10-9 mbar)

0 15 30 45 60 75 90

7.8

8.0

8.2

8.4

8.6

8.8

9.0

9.2

9.4

9.6

T C (K

)

deposition angle (degrees)

DC PULSED HEATED

Figura 10.2 andamento di TC in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase= 4.3⋅10-9 mbar), pulsata (Pbase=3.2⋅10-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato

(Pbase=5.1⋅10-9 mbar)

Gli effetti rilevati sono certamente da ricondursi ad una variazione della morfologia

del film anche se, come evidenziato dalle differenti misure effettuate, la dipendenza non è

semplice, infatti la rugosità dei rivestimenti depositati non cresce monotonamente con

l’angolo ma assume un andamento a massimo con un picco tra i 60 ed i 75 gradi (Figura

10.3. Tale angolo di massima rugosità è in buon accordo con quello calcolato da lavori

riguardanti prettamente lo studio di deposizione su cavità reali.

Una caratteristica peculiare dei film depositati evidenziata attraverso la

diffrattometria a raggi X è la presenza di orientamenti preferenziali del picco cristallino

(110) del niobio che tende ad allinearsi con l’angolo di deposizione. La presenza di queste

tessiture potrebbe spiegare l’andamento in funzione dell’angolo del rapporto di resistività

residua, ammettendo che la direzione parallela al piano (110) rappresenti una direzione di

facile propagazione della corrente e che quindi una variazione di orientazione dei grani

causi un incremento di resistenza nei fenomeni di trasporto paralleli alla superficie; è da

notare che la deposizione in corrente pulsata tende a ridurre l’orientazione preferenziale dei

grani cristallini, senza influire sulla rugosità del film o addirittura aumentandola.

112

0 15 30 45 60 75 90

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

norm

aliz

ed in

tens

ity

deposition angle

Impedance spectroscopy AFM simulated

Figura 10.3 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato misurata con spettroscopia elettrochimica di impedenza ed AFM e calcolata attraverso la simulazione realizzata dal candidato.

Lo sviluppo di una semplice simulazione computerizzata di crescita dei film ha

permesso di verificare l’andamento della rugosità anche al calcolatore, confermando

sostanzialmente i dati ottenuti degli esperimenti.

Infine, attraverso l’acquisizione di immagini della distribuzione di campo

magnetico all’interno del film attraverso la tecnica di analisi magneto-ottica, si è posta in

evidenza che per film depositati ad angolo target – substrato di 0° c’è buona connettività

nello stato superconduttivo rispetto alla penetrazione di vortici, mentre per angoli diversi i

vortici penetrano nel film di niobio lungo le discontinuità del substrato.32.

Si può quindi concludere affermando che lo studio sistematico della correlazione

tra proprietà morfologiche e superconduttive dei film depositati per magnetron sputtering

in funzione dell’angolo fra target e substrato, attraverso tecniche afferenti a diversi campi

della chimica e della fisica ha contribuito ad una migliore comprensione delle relazioni

esistenti tra il meccanismo di deposizione degli atomi e le proprietà dei film così ottenuti

aprendo la strada per altre e più approfondite analisi ed indicando possibili percorsi di

soluzione al problema del degradamento delle proprietà nelle cavità acceleratrici. Una

possibile soluzione per limitare il decadimento di RRR e temperatura critica potrebbe

essere quella di incrementare la diffusione superficiale degli atomi appena arrivati sul

113

substrato, in modo da mascherare la dipendenza morfologica dall’angolo di incidenza; ciò

si può ottenere attraverso un riscaldamento dei substrati durante lo sputtering.

Alternativamente, l’utilizzo di tecniche di deposizione che permettano di ottenere un

plasma più denso ed una maggiore efficienza di deposizione – come ad esempio ECR

sputtering – potrebbe condurre a dei film con morfologia maggiormente indipendente

dall’angolo di deposizione e quindi con un degradamento della proprietà superconduttive

più contenuto.

Un’altra soluzione potrebbe essere quella di modificare la forma dei catodi da

inserire all’interno della cavità, realizzandoli in modo che la superficie del target sia

sempre parallela a quella del substrato e di conseguenza non ci siano zone in cui gli atomi

emessi arrivano con un’incidenza radente.

114

Ringraziamenti

Prof. Palmieri, dire che è esigente con i sui studenti è solo un eufemismo, ma a lei va

tutta la mia stima e la mia gratitudine per avermi dato i mezzi e l’opportunità di condurre questo lavoro.

Dott. Musiani, le discussioni – di carattere scientifico e non – fatte con lei durante le misure in impedenza sono state sempre piacevoli e stimolanti. La ringrazio per la sua grandissima disponibilità e per la velocità con cui ha soddisfatto alle mie pressanti richieste, averla come correlatore per questa tesi è un onore e spero che la nostra collaborazione possa continuare ancora in futuro.

Prof. Torzo, la sua disponibilità e la sua gentilezza sono incomparabili. La ringrazio infinitamente per l’aiuto con le misure AFM ed i suggerimenti sull’analisi dei dati.

Dott. Laviano, grazie per aver contribuito a questo lavoro di tesi spiegandomi la teoria dell’analisi magneto-ottica ed aiutandomi con le analisi.

In rigoroso ordine alfabetico: Carlo, Cristiano, Fabrizio, Federico, Giorgio, Giulia, Marco,Vanessa: grazie di tutto, senza il vostro aiuto (soprattutto il tuo, Giorgio) gran parte di questo lavoro non sarebbe stato realizzato. Sono felice di avervi conosciuto, vi siete rivelati dei buoni amici oltre che dei validi collaboratori.

Tutto il personale dei Laboratori Nazionali di Legnaro che non ho citato direttamente. Andrea, Roberto, Enrico, Serena e tutti gli amici che non ho nominato, so che sono

stato pesante e che mi sono lamentato un po’ troppo, spero di riuscire a ripagare la vostra pazienza e la vostra comprensione in qualche modo…

Valentina, grazie per come sai ridimensionarmi quando indulgo un po’ troppo all’autocommiserazione.

Papà, mamma, Dario… voi dovete sopportarmi per forza, so che è già difficile nei periodi normali, figuriamoci in momenti di tensione come durante la stesura di questa tesi. Grazie.

Tutti gli altri familiari, non posso nominarvi uno per uno, accettate questo grazie globale.

Elena, ti avrei voluta vicina in questo periodo, ma non è stato cosi. Ti ringrazio ugualmente per i bellissimi momenti che abbiamo passato assieme, per aver creduto in me e per avermi fatto ritrovare la fiducia in me stesso e la voglia di ridere. Grazie, senza di te adesso non sarei qui. Un ringraziamento alla prima persona che ha creduto in me e che mi ha detto che sarei diventato dottore. Non sei più qui e non so adesso dove sei, comunque spero che tu possa vedermi, ed essere fiero di me.

INDICE DELLE FIGURE Figura 0.1 diminuzione del fattore di qualità in funzione del campo accelerante

quando si aumenta l’angolo di deposizione VIII Figura 0.2 modelli di cavità con la stessa frequenza di risonanza ma a diverso Beta. IXFigura 0.3 sezione di tre differenti cavità a quarto d’onda (QWR), la diversa

curvatura della superficie modifica gli angoli limite di arrivo degli atomi depositati. In viola è evidenziata la posizione del catodo di niobio utilizzato per lo sputtering. IX

Figura 0.4 interno di un quadrupolo a radiofrequenza (RFQ). Si nota la forma complessa che causa una variazione continua dell’angolo di deposizione. X

Figura 0.5 angolo di arrivo degli atomi di niobio emessi dal target in diverse posizioni della superficie interna di una cavità acceleratrice3. Oltre all’angolo c’è una variazione della distanza target – substrato. XI

Figura 1.1 visione schematica del processo di sputtering 3 Figura 1.2 visione in sezione della struttura di una scarica a bagliore 6 Figura 1.3 schema del processo di biased sputtering 8 Figura 1.4 traiettorie degli elettroni in un campo magnetico7 9 Figura 1.5 schema del processo di magnetron sputtering 10 Figura 2.1 portacampione multi-angolo nella versione per quarzi 5x10 mm (sinistra) e

per quarzi di dimensioni maggiori (destra). Sono indicate le inclinazioni di ciascuna faccia. 16

Figura 2.2 portacampioni multi-angolo con quarzi depositati incollati con silver paint. La flangia è del tipo CF 100 17

Figura 2.3 magnetron planare 2” sviluppato ed utilizzato per le deposizioni ad angolo target – substrato variabile. 18

Figura 2.4 sistema per sputtering equipaggiato con magnetron planare 2” 19 Figura 2.5 arrangiamento dei magneti nel magnetron rotante 10” 20 Figura 2.7 schema del portacampioni realizzato per la deposizione sugli spigoli di

quarzi 10x10x1 mm 22 Figura 2.8 catodo del post-magnetron cilindrico. È visibile la ricristallizzazione del

niobio dovuta alle alte temperature raggiunte durante lo sputtering 23 Figura 2.9 schema di cavità a banda fotonica (pianta) 26 Figura 2.10 esempi di caratteristiche tensione – corrente7 27 Figura 2.11 caratteristiche tensione – corrente di magnetron planare 2” a varie

pressioni base 28 Figura 2.12 caratteristiche tensione – corrente di post magnetron cilindrico a varie

pressioni base 28 Figura 2.13 andamento dell’esponente della curva I = aVn in funzione della pressione

29 Figura 2.14 visione frontale della scatola di baking 31 Figura 2.16 sistema di baking con fasce riscaldanti in fibra di vetro sul sistema per il

magnetron planare 2”. I numeri indicano le tre zone in cui sono divisi i gli elementi riscaldanti 32

Figura 2.17 pressione limite ottenuta nel sistema per il magnetron 2“ dopo trattamento di baking prolungato 33

Figura 2.18 sistema di baking con fasce riscaldanti in metallo per il sistema del magnetron a 10”. I numeri indicano la suddivisione delle zone. Nella parte superiore si può vedere il magnetron parte del sistema di raffreddamento 34

Figura 2.19 curve di degassamento della camera per magnetron 10” 35

Figura 3.1 profilometro Alpha Step 200 38 Figura 3.2 spessore del film in funzione dell’angolo di deposizione nelle due differenti

condizioni di processo 38 Figura 3.3 velocità di deposizione in funzione dell’angolo target – substrato calcolata

in base agli spessori misurati 39 Figura 3.4 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione

dell’angolo target – substrato per campioni posti a 180 mm dal target 40 Figura 3.5 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione

dell’angolo target – substrato per campioni posti a 70 mm dal target 40 Figura 4.1 foto del sistema per la misura delle proprietà superconduttive. 1: voltmetro

per la misura della tensione ai capi del campione, 2: generatore di corrente per il campione, 3: nanovoltmetro per la misura della tensione sul termometro, 4: sonda di misura, 5: personal computer per l’acquisizione dei dati, 6: contattiera per trasferire il segnale dal rack alla sonda di misura. 42

Figura 4.2 schema dell’apparato di misura di RRR 43 Figura 4.4 visione di insieme della sonda di misura. 1: parte collegata al rack, 2: parte

da inserire nel dewar 46 Figura 4.5 esempi di curve resistenza vs. temperatura per campioni depositati a basso

(sopra) ed alto (sotto) angolo target – substrato 47 Figura 4.6 TC ed RRR in funzione dell’angolo target – substrato per campioni a vari

livelli di contaminazione 50 Figura 4.7 confronto fra RRR di film depositati in corrente continua e pulsata alla

stessa pressione base di 4⋅10-9 mbar 51 Figura 4.8 confronto fra Tc di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa

pressione base di 4⋅10-9mbar 51 Figura 4.9 temperatura di transizione in funzione dell’angolo target – substrato per

film depositati su substrati riscaldati a 600°C 53 Figura 4.10 RRR in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su

substrati riscaldati a 600°C 53 Figura 5.1 Diffrattometro Philips X’Pert Pro utilizzato per le analisi 55 Figura 5.2 spettri di diffrazione a diversi angoli target - substrato 57 Figura 5.3 dimensione dei grani cristallini determinata con la formula di Debye-

Sherrer in funzione dell’angolo di deposizione. 57 Figura 5.4 posizione del picco (110) in funzione dell’angolo target – substrato 59 Figura 5.5 variazione della distanza interplanare per il picco (110) in funzione

dell’angolo di deposizione. La linea orizzontale rappresenta il valore di d110 per niobio non stressato. 59

Figura 5.6 culla di Eulero utilizzata per l’analisi tessiturale 61 Figura 7 definizione degli angoli di Eulero in un cristallo rispetto alla terna di assi di

riferimento solidali con il campione 61 Figura 5.8 figure polari che mostrano le tessiture a diversi angoli di deposizione per

film depositati in corrente continua 66 Figura 5.9 figure polari che mostrano le tessiture in funzione dell’angolo di

deposizione per film depositati 70 Figura 6.1 principio di funzionamento di un microscopio a forza atomica (modalità in

contatto) 72 Figura 6.2 posizioni sulla curva del potenziale di Lennard-Jones nelle modalità di

analisi in contatto ed in non contatto 73 Figura 6.3 andamento della rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per

film depositati in corrente continua 74

118

Figura 6.4 topografia 3D di film depositati in corrente continua a diversi angoli target – substrato 75

Figura 6.5 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per due diversi livelli di ingrandimento (campioni a spessore uniforme) 76

Figura 6.6 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore variabile o costante 77

Figura 6.7 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente pulsata 78

Figura 6.8 confronto fra le rugosità di film depositati in corrente continua oppure pulsata 79

Figura 6.9 variazione relativa di rugosità per deposizioni in corrente pulsata o continua 80

Figura 7.1 circuito equivalente per un elettrodo poroso 83 Figura 7.2 circuito equivalente quando la resistenza al trasferimento di carica è molto

elevata 83 Figura 7.3 diagrammi di Nyquist per un elettrodo idealmente piano e per un elettrodo

poroso (calcolo teorico) 84 Figura 7.4 schema della cella di misura utilizzata per le analisi EIS 85 Figura 7.5 confronto fra i diagrammi di Nyquist per film depositati a basso ed alto

angolo 86 Figura 7.6 variazione nei valori di resistenza per film depositati a 45° e 75° 87 Figura 7.7 andamento della resistività in funzione dell’angolo di deposizione per film

con spessore uniforme oppure variabile con l’angolo. 88 Figura 7.8 capacità misurata a 23.7 Hz in funzione dell’angolo di deposizione per film

a spessore uniforme o variabile 88 Figura 7.9 andamento della capacità in funzione dell’angolo per gli stessi film misurati

a potenziale di circuito aperto o con un potenziale imposto di +4V (condizioni di passivazione) 89

Figura 7.10 rugosità normalizzate rispetto alla rugosità del film depositato a 0° nel caso di circuito aperto o di potenziale imposto a 4V 90

Figura 7.11 confronto delle capacità misurate per 3 diverse serie di campioni 91 Figura 7.12 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente

continua a spessore variabile o pulsata 92 Figura 7.13 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente

continua a spessore costante o pulsata 92 Figura 7.14 ingrandimento del grafico precedente 93 Figura 8.1 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore

di tipo I 96 Figura 8.2 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore

di tipo II 96 Figura 8.3 schema dell’apparato sperimentale per l’analisi magneto-ottica27 1:

lampada a Hg, 2: lente biconvessa, 3: polarizzatore, 4: beam splitter, 5: lente obiettivo, 6:indicatore, 7: criostato, 8: magnete, 9: analizzatore, 10: lente della videocamera, 11: CCD, 12: Personal Computer per l’elaborazione dei dati. 99

Figura 8.4 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo 100

Figura 8.5 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo 100

Figura 9.1 tempi di calcolo in funzione del numero di atomi depositati 104 Figura 9.2 schema dei tipi di sorgenti simulati nel programma 106

119

Figura 9.3 simulazione di crescita da sorgente puntiforme con distribuzione angolare uniforme (sopra) e gaussiana (sotto) 107

Figura 9.4 simulazione di deposizione da sorgente lineare con angoli target – substrato di 0°,15°,30°,45°,60°,75°,85° (dall’alto verso il basso) 108

Figura 9.5 andamento della porosità in funzione dell’angolo target substrato per film simulati con sorgente lineare e distribuzione angolare uniforme. 110

Figura 10.1 andamento di RRR in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase = 4.3⋅10-9 mbar), pulsata (Pbase =3.2⋅10-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase = 5.1⋅10-9 mbar) 111

Figura 10.2 andamento di TC in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase= 4.3⋅10-9 mbar), pulsata (Pbase=3.2⋅10-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase=5.1⋅10-9 mbar) 112

Figura 10.3 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato misurata con spettroscopia elettrochimica di impedenza ed AFM e calcolata attraverso la simulazione realizzata dal candidato. 113

120

APPENDICE Listato del programma di simulazione clear all global M global YSTART natom = input ('number of atoms: '); distance = input ('distance target - substrate: '); subrad = input ('substrate radius: '); atomrad = input ('atom radius: '); pos = zeros(natom,2); %initialize atoms position vectors 'select source type: ' %the switch select between 3 kind of source stype = input ('0 = point source, 1 = line source, 2 = line source with fixed arrival angle '); switch stype; case 0 %point source 'select angular distribution: ' choose = input ('0 = uniform, 1 = gaussian ') time1 = clock; figure; for i = 1:natom %atom generation pointsource(choose); pos(i,1) = distance; pos(i,2) = M*distance + YSTART; sortrows(pos); for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)-pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 - 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end axis equal %set axis aspect ratio if abs(pos(i,2))<subrad %drop atoms with ypos too large rectangle ('position',[pos(i,1)-atomrad,pos(i,2)-atomrad,2*atomrad,2*atomrad],'curvature',[1,1],... 'facecolor','r') else continue end end time = etime(clock, time1) case 1 %line source targetrad = input ('target radius: '); 'select angular distribution: ' choose = input ('0 = uniform, 1 = gaussian ') figure; for i = 1:natom linesource (targetrad); line (0,-YSTART) pos(i,1) = distance; pos(i,2) = M*distance+YSTART; sortrows(pos); for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)-pos(j,2))^2);

if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 - 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end %axis([0,distance,-subrad, subrad]) %set axis scale axis equal %set axis aspect ratio if abs(pos(i,2))<subrad %drop atoms with ypos too large rectangle ('position',[pos(i,1)-atomrad,pos(i,2)-atomrad,2*atomrad,2*atomrad],'curvature',[1,1],... 'facecolor','r') else continue end end case 2 %fixed angle line source targetrad = input ('target radius: '); fangle = input ('angle of atoms arrival (degrees): '); 'select angular distribution: ' choose = input ('0 = uniform, 1 = gaussian ') figure; for i = 1:natom fixedangle (targetrad,fangle,choose); pos(i,1) = distance; pos(i,2) = M*distance+YSTART; sortrows(pos); for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)-pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 - 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end axis([0,distance,-subrad, subrad]) %set axis scale axis equal %set axis aspect ratio if abs(pos(i,2))<subrad %drop atoms with ypos too large rectangle ('position',[pos(i,1)-atomrad,pos(i,2)-atomrad,2*atomrad,2*atomrad],'curvature',[1,1],... 'facecolor','r') else continue end end otherwise 'please select a correct source type' end

122

function [angle] = pointsource(choose); global M global YSTART; if choose == 0 angle = (pi*rand(1)-pi/2); else angle = pi*randn; end M = tan(angle); YSTART = 0; function linesource(targetrad,choose); global M global YSTART YSTART = (2*targetrad*rand(1)-targetrad); if choose == 0 angle = (pi*rand(1)-pi/2); else angle = pi*randn; M = tan(angle); function linesource(targetrad,choose); global M global YSTART YSTART = (2*targetrad*rand(1)-targetrad); if choose == 0 angle = (pi*rand(1)-pi/2); else angle = pi*randn; M = tan(angle); function [separation] = calcdistance(x1,x2,y1,y2); separation = sqrt((x1-x2)^2+(y1-y2)^2); global M; global YSTART; function pos = controlpos(i,atomrad,pos) for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)-pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 - 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end

123

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