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Alessandra Serraglio GLI ADULTI PARLANO… I BAMBINI DISEGNANO! Manuale per l’interpretazione del disegno infantile ARMANDO EDITORE

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GLI ADULTI PARLANO… I BAMBINI DISEGNANO!

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Alessandra Serraglio

GLI ADULTI PARLANO…I BAMBINI DISEGNANO!

Manuale per l’interpretazionedel disegno infantile

ARMANDOEDITORE

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Sommario

1. La psicoterapia infantile 11Il gioco – Il gioco simbolico

2. L’evoluzione del disegno del bambino 17Fase prefigurativa – Fase rappresentativa – Fase figurativa – Le fasi del realismo di Luquet (1969) – L’ambiente – Tipolo-gia – Schematismi del disegno

3. Dagli scarabocchi al disegno realistico 27Stadio I: gli scarabocchi – Stadio II: le forme – Stadio III: la figura umana – Stadio IV: lo schema visivo – Stadio V: il rea-lismo – Stadio VI: l’adolescenza

4. Aspetti proiettivi del disegno 39Linea – Spazio – Posizione dell’Io – La posizione degli altri

5. Aspetti strutturali del disegno 45La posizione del foglio – La collocazione nello spazio – La sequenza – Le dimensioni – La pressione – Il tratto – Le can-cellature – I dettagli – La simmetria – Il movimento

6. Il disegno in sede terapeutica 53Il dialogo terapeutico – Regole metodologiche – I vissuti del bambino – Resistenza a disegnare – Approccio fenomenologi-co – Diario clinico (o report)

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7. Il colore 69Come si percepisce il colore – Il colore emotivo – Significato dei colori – Rosso – Arancione – Rosa – Marrone – Blu – Gial-lo – Verde – Viola – Grigio – Nero – Bianco

8. I simboli nei disegni 77Acqua – Aereo e missile – Animali feroci – Arcobaleno – Au-tomobili e motociclette – Barca – Carro armato – Cielo – Cuo-re – Fiori – Frutta – Grotta – Luna – Montagne – Mostri – Neve – Nido – Pioggia – Robot e figure spaziali – Sole – Spada e bastone – Terra – Animali

9. Il trauma e la violenza 97Contenuti violenti, sessuali e depressivi – L’utilizzo del dise-gno nella diagnosi e nel trattamento – Il trauma – La violenza e gli abusi in famiglia

10. Le paure 105Le paure nei disegni

11. Il padre e i suoi simboli 113Sole – Arcobaleno – Fuoco – Animali – Funzioni genitoriali – Il padre e il figlio – Il padre e la figlia – Presenza e assenza paterna

12. Il disegno della figura umana 125Il test della figura umana – Materiale – Istruzioni – Osserva-zione e interpretazione – Simboli del corpo – Evoluzione del disegno – La dimensione – La testa – Il volto – Gli occhi – La bocca – I capelli – Le orecchie – Il naso – Il collo – Il tronco – Gli organi sessuali – Le braccia – Le mani – Le gambe – I pie-di – Gli abiti – Il movimento – Le caricature – Orientamento della figura – Il tratto e il gesto – In breve – Varianti – Persona

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sotto la pioggia – Questionario sulla prima figura – Questiona-rio sulla seconda figura

13. Il disegno della famiglia 153La famiglia e la sua rappresentazione grafica – Test della fami-glia – Materiale – Istruzioni – Osservazione e interpretazione – Il tratto e il gesto – Collocazione sul foglio – Dimensione – Valorizzazione del personaggio – Svalorizzazione del per-sonaggio – Somiglianze tra personaggi – I legami familiari – Altre particolarità – I genitori – Relazioni spaziali e rapporti familiari – Dialogo – Gioco della gita in macchina – Gioco dell’identificazione – Questionario sulla famiglia

14. Disegno della famiglia di animali 177Materiale – Istruzioni – Osservazione e interpretazione – Let-tura della fiaba-test

15. Il disegno della casa 181Evoluzione del disegno – Materiale – Istruzioni – Osserva-zione e interpretazione – Il tetto – Le pareti – La porta – Le finestre – Il camino – Il fumo – La dimensione – La prospetti-va – La linea di terra – Viottolo e stradine – Dettagli – Vissuti familiari – Il test delle cinque case

16. Il disegno dell’albero 195Evoluzione del disegno – Materiale – Istruzioni – Osservazio-ne e interpretazione – Elementi strutturali dell’albero – Radici – Tronco – Corteccia – Superficie del tronco – Base del tronco – Linea di terra – Chioma – Orientamento – Rami – Foglie e fiori – Frutta – Sole – Nidi – Abete – Cipresso – Salice pian-gente – Dettagli

17. Il disagio infantile in breve 211Aggressività – Ansia e ipersensibilità – Chiusura emotiva e

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comunicativa – Egocentrismo – Insicurezza – Ipercontrollo – Malinconia e depressione – Narcisismo – Paura – Emotività travolgente – Senso di colpa – Sentimenti di abbandono – Ses-sualità precoce – Traumi fisici

Bibliografia 217

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1. La psicoterapia infantile

La psicoterapia infantile nasce nella prima metà del Ventesimo se-colo, ramifi candosi in diverse teorie e altrettante tecniche. Io mi baserò soprattutto sulla tecnica da me adottata, ovvero quella psicoanalitico-fenomenologica. La psicoanalisi infantile è nata con gli studi di Freud, di Winnicott e di Melanie Klein. Nel corso degli anni è stata ampliata, modifi cata e ridimensionata. Con un bambino la relazione terapeutica non si instaura con le parole, ma con tutto il resto: gesti, sguardi, dise-gni, giochi, ecc. Per questo motivo la fenomenologia ci viene in aiuto, in quanto attenta a tutto quello che avviene oltre le parole.

Lavorare coi bambini è molto impegnativo, soprattutto perché è presente il rischio di collusione con le gelosie e i fantasmi genitoriali. Il paziente è uno solo, il bimbo, ma i genitori, seppur fuori dalla stanza, esistono e con essi ci si deve accordare. Una delle maggiori paure dei genitori è legata al fatto che il terapeuta possa sostituirsi alla madre, come fi gura accogliente che offre intimità ed empatia. Il lavoro con i bambini è delicato: il terapeuta si trova a dover gestire con maggior cura e attenzione la scelta dei momenti e degli interventi, prestando la massima attenzione alle comunicazioni non verbali (come il gioco, la messa in scena, o i silenzi).

Il setting deve essere a misura di bambino, con oggetti che lui possa toccare e utilizzare perché, a differenza di un adulto, il piccolo “usa” il mondo esterno per dar voce al proprio mondo interno. Per questo motivo è importante evitare di esporre in studio oggetti che possano ferire o che si possano rompere. Il bambino nella stanza deve essere lasciato libero di esprimersi, anche utilizzando quello che trova. È bene

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possedere una cesta con dei giochi, quali ad esempio bambole, pasta da modellare, costruzioni, cibi e animaletti di plastica. Altrettanto im-portante è permettere al bambino di utilizzare, se ne avesse voglia, i colori, che devono essere a sua disposizione, facilmente raggiungibili e sempre integri.

I bambini chiedono all’adulto di essere se stesso, con un atteggia-mento libero da pregiudizio e giocoso. Diffi cilmente i bambini scam-biano il terapeuta per un compagno di giochi, se ci si presenta come adulto che gioca e ascolta, che si offre a loro totalmente, senza rigidi-tà.

Semplici e chiare regole poste dall’inizio aiutano il piccolo a com-prendere dove si trova e con chi ha a che fare, ovvero un adulto che è interessato al suo benessere, al suo modo di pensare e al suo mondo, in modo attento e affettivo.

Il metodo che utilizzo per la terapia infantile si avvale della tecnica psicoanalitica e del metodo fenomenologico, essendo la mia forma-zione di questo tipo. Sia psicoanalisi che fenomenologia condividono la scelta di rivolgersi non al comportamento o al sintomo della perso-na (in questo caso del bambino), ma al suo vissuto. Fondante quindi è l’incontro tra terapeuta e piccolo paziente, un “essere-con” l’altro, che per Benedetti (1997) è la risposta terapeutica all’esistenza nega-tiva. Si tratta di un abbraccio controtransferale, fatto di condivisione profonda dell’esperienza vissuta dall’altro. Sempre Benedetti afferma che l’ascolto dell’altro sia il “paradigma più eloquente”, poiché se la comunicazione è empatica e autentica, il paziente può, nel setting tera-peutico, ri-costruire un nuovo rapporto con se stesso e il mondo.

In questo senso è importante che il terapeuta si rapporti col bambino nel “suo” mondo e nel “suo” modo, che è quello del gioco, del disegno e del simbolo.

Nella terapia infantile conta il vissuto del bambino, che comprende il suo mondo intrapsichico, le sue modalità adattive e relazionali, che agiscono in quel particolare momento, in quella particolare famiglia, in quel particolare contesto.

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Il gioco

Nietzsche, nella sua opera Al di là del bene e del male, scrive: «La maturità dell’uomo signifi ca aver ritrovato la serietà che si metteva nel gioco da bambini». Il gioco è un fatto serio, per il bambino. Altrettanto lo deve essere per l’adulto che “gioca-con” il piccolo. Nella Repubbli-ca Platone scrive «si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazione». Il fi losofo greco riconosceva nel gioco l’espressione principale dell’indole infantile, sottolineando quanto il gioco andasse valorizzato perché permetteva la socializzazio-ne. Il gioco svolge una funzione essenziale nel corso della maturazio-ne, più importante via via che si sale nella scala evolutiva. È il primo e più importante comportamento spontaneo del bambino (e del cucciolo) determinato dai suoi bisogni e dalle pulsioni. Il gioco è molte cose, e ha diverse funzioni:

– Esplorazione: il gioco serve per esplorare l’ambiente, per scopri-re se stessi, le proprie potenzialità e i propri limiti. Piaget (1966) spiega come il bambino possa interagire con l’ambiente attra-verso modalità di assimilazione e accomodamento, che portano all’equilibrazione cognitiva. Per assimilazione si intende la ca-pacità di comprendere l’ambiente attraverso la propria organiz-zazione cognitiva. Prendiamo ad esempio il bambino che succhia e vediamo le quattro tipologie di assimilazione. L’assimilazione funzionale (o riproduttiva) permette al bambino di esercitare le sue modalità di interazione, ripetendole e rafforzandole: in que-sto caso il bambino succhia ripetutamente. Poi sarà in grado di raggiungere l’assimilazione generalizzatrice, ovvero applicando queste modalità a diversi stimoli, generalizzando. In questo caso il bambino inizia a succhiare diversi oggetti: seno, biberon, dito, giocattolo, copertina, ciuccio, ecc. Questo permetterà poi di rico-noscere i diversi oggetti (assimilazione ricognitiva) fino a riusci-re a coordinare queste modalità con altre, ad esempio succhiare il pollice, ma osservando e afferrando qualcos’altro con l’altra

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mano (assimilazione reciproca degli schemi). L’accomodamen-to avviene contemporaneamente, permettendo di produrre man mano degli aggiustamenti cognitivi per comprendere gli stimo-li.

– Ripetizione: il bambino inizia a giocare in maniera casuale, ri-petendo qualcosa che si è prodotto per caso ma che lui stesso ha fatto sì che si ripetesse, perché ha provato piacere.

– Piacere: il gioco è un’esperienza piacevole, rilassante e molto amata dai bambini. La loro indole li porta naturalmente a gioca-re, con qualsiasi cosa. Sin dai primi mesi, i bambini giocano: pri-ma col capezzolo materno, poi con le loro manine e coi piedini, fino ad arrivare al gioco con gli oggetti.

– Esercizio: il gioco è un susseguirsi di capacità individuali da esercitare. Il bambino perfeziona le proprie attitudini fisiche e mentali, mentre gioca. Ancora non sa che tali attitudini saranno ciò di cui avrà bisogno nell’età adulta.

– Imitazione e apprendimento: verso l’anno e mezzo il bambino inizia a giocare imitando l’altro, soprattutto l’adulto. Sta giocan-do, ma sta anche imparando. Grazie ai neuroni a specchio, imita naturalmente il comportamento dell’altro, e questo gli permette di comprendere ed apprendere le azioni altrui. Imitando l’altro, il bambino gioca, ma contemporaneamente apprende e conosce.

– Liberazione: il gioco libera in due modi. Da un lato permette di liberare la tensione psicofisica naturale nel bambino. Significa che permette il movimento, e attraverso questo, permette la libe-razione di un’energia fisica e mentale in esubero e che necessita di essere scaricata. Un’altra modalità di liberazione è, secondo molti autori (tra cui Klein, A. Freud, e altri) la possibilità che il gioco offre di riprodurre un’esperienza spiacevole subita, stavol-ta in modo attivo e non passivo, al fine di permettere la liberazio-ne dell’angoscia.

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Il gioco simbolico

I bambini intorno all’anno e mezzo iniziano a sperimentare il gioco simbolico, perché hanno raggiunto uno stadio dello sviluppo che per-mette loro di rappresentarsi l’oggetto anche se non è presente. Nel gio-co simbolico, un oggetto diventa qualcos’altro. Viene messo in scena il “come se”, usando, per esempio, la matita come fosse un aeroplano, oppure il manico della scopa come fosse un cavallo. Nel gioco simboli-co si rappresenta qualcosa (andare a cavallo) utilizzando qualcos’altro (non c’è un vero cavallo, perché è rappresentato, ma si usa il manico della scopa “come se” fosse il cavallo). La fantasia permette di uscire dalla realtà e di immergersi nel “fare finta”, nel “come se”. Nel gioco simbolico il bambino riesce a realizzare quanto desidera e sogna, pro-iettando i propri bisogni e le proprie emozioni.

Inoltre, il gioco simbolico assolve alla funzione di liberazione dalle pressioni interne o esterne. Secondo Freud è l’abreazione che permette di ridurre o mantenere costante la tensione nervosa. Il gioco simbolico permette al bambino di abreagire, ovvero esprimere un affetto represso o rimosso, come può essere un’esperienza dolorosa o traumatica. La ri-petizione attiva (e non subita) dell’evento traumatico permette al bam-bino di non sostare nella posizione passiva che genera angoscia, ma di diventare finalmente attivo. Vengono scaricati affetti quali ansia, paura o rabbia, legati ad un’esperienza negativa. I bambini, infatti, ripeto-no nel gioco quello che ha suscitato in loro qualcosa, e abreagiscono quella sensazione per diventare attivi nella situazione. Se il bambino è attivo, riesce a dominare ciò che accade. Se resta passivo, subisce sen-tendosi impotente. Pensiamo ad esempio ad un bambino che ha rischia-to di venire investito da un’auto. In questo caso, abreagisce attraverso il gioco simbolico: utilizza un legnetto come fosse un’automobilina, muovendola e giocandoci. Non siamo più dentro la realtà, ma nemme-no totalmente fuori da essa. Si crea un ponte, tra realtà e fantasia, per poter elaborare i significati e i conflitti (interni ed esterni) che il bam-bino prova. In questo gioco, il bambino riesce a superare la posizione passiva di spettatore (o vittima) e diventa attivo: è lui che guida l’auto

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e la padroneggia, così come tenta di padroneggiare la paura di essere investito. Utilizzando l’automobilina il bambino gioca, ma ci mostra anche le sue paure e i suoi bisogni, aprendo un piccolo spiraglio verso il suo inconscio. È un momento simile al sogno dell’adulto, che per-mette, secondo la psicoanalisi, di aprire una finestra nell’inconscio.

In seduta il bambino va lasciato libero di fare e di giocare, perché continuerà a mettere in scena quanto, inconsciamente, fatica a gestire. Qui l’adulto, in questo caso il terapeuta, ha un ruolo fondamentale: è l’osservatore ma anche il ricettore di quanto, faticosamente, il bambino comunica. La diffi coltà resta nel capire il messaggio del piccolo. A mio parere, più che capire, noi terapeuti dovremmo tentare di comprende-re, nel senso di prendere dentro di noi ed elaborare quanto il bambino esprime. Si tratta della funzione bioniana di elaborazione, compiuta dalla madre suffi cientemente buona di Winnicott. La fenomenologia ci vene in aiuto, perché da osservatori passivi, diventiamo ricercatori attivi di signifi cato, che co-costruiremo col piccolo paziente, insieme, nel calore della nostra relazione.