Seconda Lettura per l’Ufficio delle letture nel Tempo ...
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Chiesa di Bologna
Seconda Lettura per
l’Ufficio delle letture
nel Tempo Ordinario
II
Da lunedì 14 gennaio a martedì 12 febbraio 2013
BOLOGNA 2012
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PRESENTAZIONE In occasione dell’Anno della Fede il Cardinale
Arcivescovo, tenendo presente la possibilità offerta dal n.
248 delle Premesse e norme per la Liturgia delle Ore, ha
desiderato venisse offerta a sacerdoti, religiosi e laici che
celebrano l’Ufficio delle Letture la possibilità di sostituire
il testo patristico con una lettura alternativa di commento al
Simbolo di fede, sempre dalla tradizione patristica.
Si intende così aiutare la preghiera personale e
comunitaria a sintonizzarsi e ad accompagnare il cammino
ecclesiale, come già accaduto nell’Anno Paolino e
dell’Anno Sacerdotale, con buoni frutti.
La proposta prevede l’interruzione solo nelle
memorie obbligatorie, feste e solennità, così come avviene
nel calendario della Liturgia delle Ore.
In questa seconda parte, fino all’inizio della
Quaresima, vengono offerti testi dalle opere di
sant’Ambrogio e sant’Agostino.
Per chi lo desidera è possibile avere copia del
fascicolo presso il C.S.G., al terzo piano della Curia.
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Lunedì 14 gennaio
SECONDA LETTURA
Da «La spiegazione del Credo» di sant’Ambrogio, vescovo 1-4
Il simbolo custodisce tutte le verità della nostra fede
Fino a questo momento si sono celebrati i misteri degli scrutini. Si è
fatta un’indagine per avere la certezza che nessuna impurità restasse
attaccata al corpo di qualcuno. Per mezzo dell’esorcismo si è cercata
e comunicata la santificazione non solo del corpo ma anche
dell’anima. Ora è il tempo e il giorno di trasmettere il simbolo, il
simbolo che è un sigillo spirituale, il simbolo che è la meditazione
del nostro cuore e ne è come una difesa sempre presente: senza
dubbio, è il tesoro che custodiamo nel nostro petto.
Anzitutto dobbiamo conoscere la spiegazione del nome stesso. In
greco si dice «simbolo», in latino «contributo».E soprattutto sono
soliti parlare di contributo i commercianti, quando mettono in
comune il loro denaro, e questo, per così dire, riunito in un unico
mucchio formato dal contributo dei singoli, si conserva intatto ed
inviolabile, in modo che nessuno tenta di frodare nella contribuzione,
nessuno nel rapporto d’affari. Perciò tra gli stessi commercianti c’è
l’abitudine di respingere come disonesto chi commette frode.
I santi apostoli, dunque, radunatisi insieme compilarono un
compendio della fede, perché noi possiamo conoscere in breve tutte
le verità della nostra fede. La brevità è necessaria per poterle
conservare sempre nella memoria e nel ricordo. So che, soprattutto
nei Paesi Orientali, alcuni per frode, altri per zelo – per frode gli
eretici, per zelo i cattolici – gli uni, tentando d’insinuarsi con
l’inganno, aggiunsero ciò che non si doveva alle verità tramandate
primieramente dai nostri padri, gli altri, per l’impegno d’evitare la
frode, superarono manifestamente per una specie di pietà e di
leggerezza i limiti stabiliti dagli antichi.
I santi apostoli dunque, radunatisi insieme, compilarono in breve un
simbolo.
Fatevi il segno della croce! (Fatto il segno della croce e recitato il
simbolo)
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In questo simbolo è espressa in modo chiarissimo la divinità della
Trinità eterna: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Dove infatti non
c’è distinzione di maestà, non ci deve essere nemmeno distinzione di
fede. Vi ho poi frequentemente ricordato che nostro Signore Gesù
Cristo, Figlio di Dio, ha assunto egli solo questa carne con un’anima
umana, razionale perfetta, e una forma corporea. Per la realtà di
questo corpo è diventato come un uomo, ma conserva il privilegio
esclusivo della sua generazione divina. Non è nato infatti dal seme di
un uomo, ma è stato generato di Spirito Santo da Maria Vergine,
come dice. Conosci il privilegio del divino creatore? Certamente è
diventato come un uomo per prendere nella sua carne le nostre
infermità, ma è venuto col privilegio della sua eterna maestà.
Recitiamo dunque il simbolo! (E, dopo averlo recitato, continuò:)
Questo è il contenuto della scrittura divina. Dobbiamo forse
audacemente oltrepassare i limiti stabiliti dagli apostoli? Siamo noi
forse più prudenti degli apostoli?
Ma tu mi dici: « Dopo sono venute a galla le eresie ». Infatti anche
l’Apostolo afferma: « Bisogna che ci siano eresie, perché i buoni
siano messi alla prova ». Che dunque? Quale semplicità, quale
purezza! Quando si fecero avanti i Patripassiani, anche i cattolici in
questo paese credettero di dover aggiungere «invisibile» e
«impassibile», come se il Figlio di Dio fosse stato visibile e
passibile! Se fu visibile nella carne, visibile fu quella carne, non la
divinità, fu passibile la carne, non la divinità. Ascolta perciò che cosa
dice: Dio mio, Dio mio, guardami, perché mi hai abbandonato?
Ammettiamo pure che i nostri padri abbiano agito da medici, abbiano
voluto recare dalla malattia la salute: non si cerca un rimedio, se non
fosse stato necessario in quel tempo in cui taluni eretici erano affetti
da una grave malattia spirituale. E se allora si doveva cercare, ora
non si deve cercare più. Per quale motivo? Contro i Sabelliani la fede
è rimasta intatta, i Sabelliani sono stati cacciati specie dalle regioni
d’Occidente. Da quel « rimedio » gli Ariani hanno ricavato a loro
vantaggio una specie di tranello, cioè, siccome noi seguiamo il
simbolo della Chiesa romana, essi ritenevano invisibile e impassibile
il Padre onnipotente e dicevano: « Vedi che il simbolo dice così? »
per definire il Figlio visibile e passibile. Che dunque? Quando la fede
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è integra, bastano gli insegnamenti degli apostoli, non si cerchino
garanzie, sia pure dai vescovi. Perché? Perché al buon grano si è
mescolata la zizzania.
RESPONSORIO
R. Ora è il tempo e il giorno di trasmettere il simbolo, il simbolo che
è un sigillo spirituale, il simbolo che è la meditazione del nostro
cuore e ne è come una difesa sempre presente. * Senza dubbio è il
tesoro che custodiamo nel nostro petto.
V. I santi apostoli, dunque, radunatisi insieme compilarono un
compendio della fede, perché noi possiamo conoscere in breve tutte
le verità della nostra fede.
R. Senza dubbio è il tesoro che custodiamo nel nostro petto.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Martedì 15 gennaio
SECONDA LETTURA
Da «La spiegazione del Credo» di sant’Ambrogio, vescovo 5-6
Il simbolo ci presenta il Creatore e la sua opera di salvezza
Il simbolo comincia così: CREDO (in Dio Padre onnipotente e in
Gesù Cristo, suo Figlio) UNICO, NOSTRO SIGNORE. Dite così:
SUO FIGLIO UNICO, non «unico Signore»; c’è un solo Dio e anche
un solo Signore. Ma perché non tendano tranelli e dicano che noi
diciamo che il Figlio è una sola persona, aggiungiamo: E in (Gesù
Cristo, suo Figlio) unico, nostro Signore!
Poiché ho parlato della divinità del Padre e del Figlio, si viene
all’incarnazione di questo: CHE È NATO (di Spirito Santo da Maria
Vergine; sotto Ponzio Pilato ha patito, è morto) ED È SEPOLTO.
Hai qui sia la sua passione sia la sua sepoltura. IL TERZO GIORNO
(è risorto) DAI MORTI. Hai anche la sua risurrezione. SALÍ (al
cielo), SIEDE ALLA DESTRA DEL PADRE. Vedi dunque che la
carne non poté togliere niente alla divinità, anzi dalla incarnazione
Cristo ottenne un grande trionfo. Per quale ragione, infatti, dopo
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essere salito al cielo dalla morte, «siede alla destra del Padre»?
Perché, per così dire, recava al Padre il frutto della buona volontà.
Hai qui due fatti: «È risorto da morte, siede alla destra del Padre ».
Dunque la carne non poté recare alcun danno alla gloria della
divinità. Hai due spiegazioni: nostro Signore Gesù Cristo o « siede
alla destra », « è risorto da morte » secondo il privilegio della sua
divinità oppure, quale eterno trionfatore che « aveva procurato a Dio
Padre un buon regno », rivendicò per sé il privilegio dovuto alla sua
vittoria.
SIEDE ALLA DESTRA DEL PADRE (donde verrà a giudicare i
vivi) E I MORTI. Ascolta, uomo! Devi credere senza indugio. La
stessa fede derivi dalla carità. Chi ama, non sottrae nulla. L’amico
che ama l’amico, non gli toglie nulla. Chi ama il Signore, a maggior
ragione non deve togliergli nulla. Perché dico « siede »? Chi ama, ha
motivo anche di temere. Donde (verrà a giudicare i vivi) e i morti.
Egli in persona ci giudicherà. Guardati dunque dal togliere qualcosa
a colui che avrai per giudice. Perché questo mistero? Forse non è uno
solo il giudizio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo? Forse non
è una sola la volontà, non è una sola la maestà? Per quale motivo ti si
dice che il Figlio ti giudicherà, se non perché tu comprenda che al
Figlio non si deve togliere nulla? Vedi dunque: credi nel Padre, credi
anche nel Figlio. E in terzo luogo? E NELLO SPIRITO SANTO.
Qualunque sacramento tu riceva, lo riceverai nel nome di questa
Trinità. Nessuno t’inganni. Vedi dunque che nella adorabile Trinità
c’è una sola operazione, una sola azione santificatrice, una sola
maestà.
Comprendi esattamente il modo con il quale crediamo nel Creatore, e
quindi non dire: «Ma c’è anche nella Chiesa, c’è anche nella
remissione dei peccati, c’è anche nella risurrezione». Che significa?
Il motivo è uguale: così crediamo in Cristo, così crediamo nel Padre,
come crediamo «nella Chiesa», «nella remissione dei peccati», «nella
resurrezione della carne». Quale ne è la ragione? Perché chi crede nel
Creatore, crede anche nell’opera del Creatore. D’altronde, perché
non crediate che si tratti di un parto della nostra mente, eccovene una
testimonianza: Se non credete a me, credete almeno alle mie opere!
Sai dunque questo. Ora la tua fede splenderà maggiormente, se
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penserai che la fede autentica e senza riserve si deve estendere
all’opera del tuo Creatore, alla «santa Chiesa» e alla «remissione dei
peccati». Credi dunque che per la fede ti sono rimessi tutti i tuoi
peccati. Per questo hai letto nel Vangelo le parole del Signore: La tua
fede ti ha salvato. LA REMISSIONE (dei peccati), LA
RISURREZIONE (della carne). Credi che risorgerà anche la carne!
Infatti perché fu necessario che Cristo s’incarnasse? Perché fu
necessario che Cristo salisse sulla croce? Perché fu necessario che
Cristo soggiacesse alla morte, ricevesse la sepoltura e risorgesse, se
non per la tua risurrezione? Tutto questo mistero è quello della tua
risurrezione. Se Cristo non è risorto, la nostra fede è vana. Ma
siccome è risorto, la nostra fede è fondata.
RESPONSORIO
R. Ascolta uomo! Devi credere senza indugio. La stessa fede derivi
dalla carità. Chi ama, non sottrae nulla. L’amico che ama l’amico,
non gli toglie nulla. Chi ama il Signore, a maggior ragione non deve
togliergli nulla. * Se Cristo non è risorto, la nostra fede è vana. Ma
siccome è risorto, la nostra fede è fondata.
V. Ora la tua fede splenderà maggiormente, se penserai che la fede
autentica e senza riserve si deve estendere all’opera del tuo Creatore,
alla “santa Chiesa” e alla “remissione dei peccati”.
R. Se Cristo non è risorto, la nostra fede è vana. Ma siccome è
risorto, la nostra fede è fondata.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Mercoledì 16 gennaio
SECONDA LETTURA
Da «La spiegazione del Credo» di sant’Ambrogio, vescovo 7-9
Al simbolo non va aggiunto o tolto nulla perché espressione
della fede comune
Ho detto che gli apostoli hanno composto il simbolo. Se dunque i
commercianti che esercitano il traffico delle merci terrene e coloro
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che vi contribuiscono con il loro denaro hanno la norma che, se uno
viene meno ai suoi impegni contributivi, viene considerato disonesto
e indegno di fiducia, tanto più dobbiamo guardarci dal togliere
qualcosa al simbolo degli antichi, dal momento che trovi
nell’Apocalisse di Giovanni – libro che è considerato canonico e che
giova in sommo grado al fondamento della fede; in esso
manifestamente egli chiama «onnipotente» nostro Signore Gesù
Cristo, benché anche in altri luoghi – dunque in questo libro: « Se
uno, dice, aggiunge o toglie, stabilisce per sé il giudizio e la pena ».
Se non si deve togliere nulla agli scritti di un solo apostolo e nulla si
deve aggiungere, come potremo noi contaminare il simbolo che
abbiamo ricevuto, trasmesso e composto dagli apostoli? Nulla
dobbiamo togliere, nulla aggiungere. Questo è il simbolo accolto
dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli
apostoli, e là egli portò l’espressione della fede comune.
Dunque, come vi sono dodici apostoli, vi sono anche dodici articoli.
Fatevi il segno della croce! (Fatto il segno della croce:)
CREDO (in Dio Padre onnipotente e in Gesù Cristo suo Figlio unico,
nostro Signore, che è nato di Spirito Santo da Maria) VERGINE: hai
la divinità del Padre, la divinità del Figlio, hai l’incarnazione del
Figlio, come ho detto.
SOTTO (Ponzio Pilato ha patito, è morto ed è stato) SEPOLTO: hai
la passione, la morte e la sepoltura. Ecco qui quattro articoli!
Vediamone altri: IL TERZO GIORNO (è risorto dai morti, è salito al
cielo, siede alla destra del Padre, donde verrà a giudicare i vivi e) I
MORTI. Ecco altri quattro articoli, cioè, in totale, otto articoli.
Vediamo ancora altri quattro articoli:
E NELLO SPIRITO SANTO, (la santa Chiesa, la remissione dei
peccati) LA RISURREZIONE (della carne). Ecco in corrispondenza
con i dodici apostoli, sono stati definiti anche dodici articoli.
Desidero che voi siate chiaramente ammoniti che il simbolo non
deve essere scritto, perché lo dovete restituire. Ma nessuno lo scrive.
Per quale motivo? Lo abbiamo ricevuto alla condizione che non
debba essere scritto. Ma che si deve fare? Saperlo a memoria. Ma tu
obietti: «Come può essere ricordato, se non si scrive?». Si può
ricordare di più, se non si scrive. «Perché mai?». Ascoltate! Ciò che
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scrivi, non cominci a ripassarlo meditandolo ogni giorno, perché non
ti preoccupi, pensando di poterlo rileggere. Al contrario, ciò che non
scrivi, temi di dimenticarlo, cominci a ripassarlo ogni giorno.
È poi una grande difesa. Capitano intorpidimenti dell’animo e del
corpo, la tentazione del nemico che non concede mai tregua, qualche
tremito del corpo, il male di stomaco. Ripassa il simbolo e scruta
dentro di te. Perché? Per farne un’abitudine e, ripetendolo da solo ad
alta voce, dove ci sono dei fedeli, non cominciare a ripeterlo tra i
catecumeni e gli eretici.
RESPONSORIO
R. Se non si deve togliere nulla agli scritti di un solo apostolo e nulla
si deve aggiungere, come potremmo noi contaminare il simbolo che
abbiamo ricevuto, trasmesso e composto dagli apostoli? * Nulla
dobbiamo togliere, nulla aggiungere. Questo è il simbolo accolto
dalla Chiesa di Roma.
V. Ascoltate! Ciò che scrivi, non cominci a ripassarlo meditandolo
ogni giorno, perché non ti preoccupi, pensando di poterlo rileggere.
Al contrario, ciò che non scrivi, temi di dimenticarlo, cominci a
ripassarlo ogni giorno.
R. Nulla dobbiamo togliere, nulla aggiungere. Questo è il simbolo
accolto dalla Chiesa di Roma.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Venerdì 18 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 1,1-4
Il Simbolo aiuta a custodire le verità della fede
È stato scritto ed è stato confermato dalla saldissima autorità
dell'insegnamento apostolico che il giusto vivrà in virtù della fede.
Tale fede richiede da parte nostra l'impegno conforme sia del cuore
che della lingua. L'Apostolo infatti dice: Con il cuore si crede per
ottenere giustizia, con la bocca si fa la professione di fede per avere
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la salvezza. Occorre pertanto che ci ricordiamo sia della giustizia sia
della salvezza. Dal momento che siamo destinati a regnare in una
giustizia eterna, non riusciamo ad essere immuni dalla malizia
dell'età presente se non ci adoperiamo anche per la salvezza del
prossimo, professando con la bocca la fede che coltiviamo con il
cuore. Dobbiamo provvedere con pia e prudente vigilanza perché tale
fede non ci venga intaccata in qualche punto dalle ingannatrici
sottigliezze degli eretici. Per questo la fede cattolica è fatta conoscere
ai fedeli per mezzo del Simbolo, ed è affidata alla loro memoria, per
quanto la materia lo consenta, in un testo molto breve. In tal modo i
principianti e i lattanti, cioè coloro che sono rinati da poco in Cristo e
che non sono ancora fortificati da una frequentazione assidua e
spirituale delle Sacre Scritture e dalla loro conoscenza, sono posti in
condizione di credere, con l'aiuto di poche formule, ciò che dovrà poi
essere loro esposto con ampi discorsi mano a mano che
progrediranno e si disporranno a comprendere la dottrina divina sulla
solida base dell'umiltà e della carità. La maggior parte degli eretici,
dunque, hanno cercato di nascondere il loro veleno sotto le stesse
brevi formule contenute nel Simbolo; ma ai loro tentativi la divina
misericordia ha resistito e resiste mediante l'opera di uomini
spirituali, i quali si sono resi meritevoli non solo di ricevere e di
credere alla fede cattolica espressa in quelle formule, ma anche,
grazie alla rivelazione di Dio, di comprenderla e di conoscerla. È
stato scritto infatti: Se non crederete, non comprenderete. Dunque, la
chiarificazione della fede serve a difendere il Simbolo, però non nel
senso che essa, per il fatto che deve essere appresa e mandata a
memoria, sia destinata a prendere il posto del Simbolo in coloro che
ricevono la grazia di Dio, ma nel senso che possa custodire le verità
contenute nel Simbolo contro le insidie degli eretici con l'autorità
della Chiesa cattolica e con una difesa più solida.
RESPONSORIO
R. L'Apostolo dice: Con il cuore si crede per ottenere giustizia, con la
bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. * Per questo
la fede cattolica è fatta conoscere ai fedeli per mezzo del Simbolo.
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V. Dal momento che siamo destinati a regnare in una giustizia eterna,
non riusciamo ad essere immuni dalla malizia dell'età presente se non
ci adoperiamo anche per la salvezza del prossimo, professando con la
bocca la fede che coltiviamo con il cuore.
R. Per questo la fede cattolica è fatta conoscere ai fedeli per mezzo
del Simbolo.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Sabato 19 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 2.2-5
Dio Padre onnipotente
Alcuni hanno cercato di persuadere che Dio Padre non è onnipotente;
non perché hanno osato affermarlo apertamente, ma perché nel loro
insegnamento lasciano ritenere che così pensino e così credano.
Quando, infatti, sostengono l'esistenza di una realtà che Dio
onnipotente non avrebbe creato, dalla quale tuttavia avrebbe formato
questo mondo, a cui concedono che sia magnificamente ordinato,
finiscono con il negare l'onnipotenza di Dio al punto di escludere che
abbia potuto creare il mondo se, per formarlo, si fosse servito di
un'altra realtà che esisteva già e che egli non aveva creato. In ciò
naturalmente si adeguano all'abitudine carnale di vedere i manovali, i
muratori e gli operai di ogni genere, i quali non possono rendere
operativa la loro arte senza l'aiuto di materiali già pronti. Così
pensano che il creatore del mondo non sia onnipotente, dal momento
che non avrebbe potuto creare il mondo, se non fosse ricorso, come
materia, ad una realtà da lui non creata. D'altro canto però, se
concedono che Dio onnipotente è l'artefice del mondo, devono
necessariamente ammettere che ha fatto dal nulla ciò che ha creato.
Infatti, dato che è onnipotente, non ci può essere nulla di cui non sia
stato creatore. Poiché, anche se ha fatto qualcosa da qualcos'altro,
come è il caso dell'uomo dal fango, non lo ha assolutamente fatto da
ciò che egli stesso non aveva creato, perché la terra da cui proviene il
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fango l'aveva creata dal nulla. E se avesse fatto il cielo stesso e la
terra, vale a dire l'universo con ciò che ne fa parte, ricavandolo da
qualche materia, come sta scritto: Tu che hai fatto il mondo da una
materia invisibile oppure " informe ", come riportano alcuni
manoscritti, in nessun modo si deve credere che quella stessa
materia, da cui è stato tratto il mondo, anche se informe, anche se
invisibile e di quale che fosse la sua natura, abbia potuto essere per
se stessa, come se fosse coeterna e coesistente con Dio. Al contrario,
la sua natura, quale che fosse la condizione in cui si trovava per poter
essere in qualunque modo e poter assumere forme di cose ben
distinte, l'aveva solo in quanto ricevuta da Dio onnipotente, grazie al
quale esiste non solo ogni cosa che è formata, ma anche ogni cosa
che può divenire tale. Tra ciò che è formato e ciò che può divenire
tale c'è questa differenza, che quello formato ha già ricevuto una
forma e quello che può divenire tale invece può riceverla. Ma colui
che garantisce alle cose la loro forma è lo stesso che garantisce loro
la possibilità di essere formate, poiché da lui procede e in lui risiede
la forma bellissima ed immutabile di tutti gli esseri. Per questo,
appunto, egli è l'unico che consente a qualsiasi cosa non soltanto di
essere bella, ma anche di poter essere tale. Di conseguenza, a pieno
diritto noi crediamo che Dio ha creato tutte le cose dal nulla, poiché,
anche se il mondo è stato tratto da qualche materia, questa stessa
materia è stata creata dal nulla, in modo che, per un dono
perfettamente ordinato di Dio, dapprima essa divenisse capace di
ricevere le forme e poi fossero formate tutte le cose che furono
formate. Abbiamo detto ciò perché nessuno pensi che le sentenze
delle divine Scritture siano tra loro in contraddizione, poiché vi è
scritto sia che Dio ha creato tutte le cose dal nulla sia che il mondo è
stato tratto da una materia informe.
RESPONSORIO
R. Dio onnipotente è l'artefice del mondo, che ha fatto dal nulla ciò
che ha creato. * Di conseguenza, a pieno diritto noi crediamo che
Dio ha creato tutte le cose dal nulla.
V. Se Dio è onnipotente, non ci può essere nulla di cui non sia stato
creatore.
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R. Di conseguenza, a pieno diritto noi crediamo che Dio ha creato
tutte le cose dal nulla.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 20 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 2,3-3,4
Il Verbo di Dio è della stessa sostanza del Padre
Dunque, in quanto crediamo in Dio Padre onnipotente, dobbiamo
pensare che non esiste nessuna creatura che non sia stata creata
dall'Onnipotente. Ora, Dio ha creato tutte le cose per mezzo del
Verbo, e il Verbo è chiamato anche Verità, Potenza e Sapienza di
Dio. È chiamato con molti altri nomi, che fanno pensare che il
Signore Gesù Cristo, cioè il nostro liberatore e guida, che è proposto
alla nostra fede, è il Figlio di Dio. Infatti, quel Verbo per mezzo del
quale tutte le cose sono state create, non l'avrebbe potuto generare se
non colui che ha creato tutte le cose per mezzo suo.
Noi crediamo anche in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio Padre,
cioè Figlio unico, nostro Signore. Non dobbiamo tuttavia intendere
tale Verbo alla maniera delle nostre parole, le quali, una volta
proferite dalla nostra bocca mediante la voce, passano attraverso
l'aria percuotendola e non permangono più a lungo del tempo in cui
risuonano. Quel Verbo invece rimane sempre, senza mutare; di lui
infatti, allorché si parlava della Sapienza, fu detto: Pur rimanendo in
se stessa, tutto rinnova. D'altra parte però è detto Verbo del Padre
perché il Padre si manifesta mediante lui. Come dunque noi, con le
nostre parole, facciamo in modo che, quando diciamo qualcosa di
vero, il nostro animo si manifesti a chi ci ascolta e qualunque segreto
nascondiamo nel nostro cuore, mediante tali segni, sia portato alla
conoscenza altrui, così quella Sapienza che Dio Padre ha generato,
poiché per mezzo suo vengono rivelati alle anime che ne sono degne
i segreti più intimi del Padre, in modo del tutto appropriato è
chiamata il suo Verbo.
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C'è comunque una grandissima differenza tra il nostro animo e le
parole mediante le quali cerchiamo di mostrare l'animo stesso. Invero
noi non generiamo le parole che risuonano, ma le proferiamo e nel
far ciò il corpo funge da strumento. Ora, c'è una grandissima
differenza tra l'anima e il corpo: Dio invece, nel generare il Verbo,
generò quello che è egli stesso, e non già dal nulla o da qualche
materia già creata e costituita, ma generò da se stesso quello che è
egli stesso. E questo è quanto anche noi cerchiamo di fare quando
parliamo, se consideriamo attentamente l'inclinazione della nostra
volontà; però non quando mentiamo, ma quando diciamo il vero. A
che altro, infatti, aspiriamo se non a trasferire la nostra stessa anima,
se fosse possibile, nell'anima di chi ci ascolta perché la conosca e la
osservi bene, cioè a far sì che, pur rimanendo in noi stessi e senza
distaccarci da noi stessi, tuttavia forniamo un indizio tale per cui
l'altro faccia la nostra conoscenza e, per quanto ci è consentito, dalla
nostra anima sia prodotta, per così dire, un'altra anima con la quale si
riveli? Facciamo ciò adoperandoci con le parole, con il suono stesso
della voce, con l'espressione del volto e con i gesti del corpo; sono
tanti, infatti, gli espedienti ai quali ricorriamo quando desideriamo
mostrare ciò che è dentro di noi. Ma poiché non siamo in grado di
produrre un tale effetto, e quindi l'animo di chi parla non riesce a
farsi conoscere completamente, per questo in noi resta aperta la porta
perfino alle menzogne. Dio Padre invece, che voleva e poteva
mostrarsi in tutta la sua verità alle anime destinate a conoscerlo, per
mostrare se stesso generò un essere che fosse identico a se stesso: e
questo essere viene anche chiamato la sua Potenza e Sapienza,
perché è per mezzo di Lui che ha fatto e disposto tutte le cose. È per
questo che di Lui si dice: Si estende da un confine all'altro con forza,
e governa con soavità tutte le cose .
RESPONSORIO
R. Dio ha creato tutte le cose per mezzo del Verbo, e il Verbo è
chiamato anche Verità, Potenza e Sapienza di Dio. * Il Signore Gesù
Cristo, cioè il nostro liberatore e guida, che è proposto alla nostra
fede, è il Figlio di Dio.
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V. Dio nel generare il Verbo, generò quello che è egli stesso, e non
già dal nulla o da qualche materia già creata e costituita, ma generò
da se stesso quello che è egli stesso.
R. Il Signore Gesù Cristo, cioè il nostro liberatore e guida, che è
proposto alla nostra fede, è il Figlio di Dio.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Martedì 22 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 4,5-6
Tutto è stato fatto per mezzo del Figlio generato dal Padre
Il Figlio unigenito di Dio non è stato fatto dal Padre, perché, come
dice l'Evangelista: Tutto è stato fatto per mezzo di lui; neppure è
stato generato nel tempo perché, essendo eternamente sapiente, Dio
ha con sé eternamente la sua sapienza; e neppure è diseguale dal
Padre, cioè inferiore a Lui in qualche cosa, poiché anche l'Apostolo
afferma: Pur essendo di natura divina, non pensò che fosse
un'usurpazione l'essere uguale a Dio. Da questa fede cattolica
pertanto sono esclusi anche coloro che dicono che il Figlio è il
medesimo del Padre. Essi non tengono presente il fatto che il Verbo
non potrebbe essere presso Dio se non fosse presso Dio Padre: chi è
solo, infatti, non è uguale a nessuno. Sono esclusi anche coloro che
dicono che il Figlio è una creatura, sebbene non come le altre. Per
quanto eminente concepiscano questa creatura, se è una creatura, è
stata prodotta e fatta. Produrre, infatti, è la medesima cosa che
creare; sebbene nell'uso della lingua latina si adoperi talora creare per
generare, invece non è così in quella greca, in cui essi sono distinti.
Noi latini, infatti, chiamiamo creatura quella che i greci chiamano
“essere creato” o “creazione” e, quando vogliamo esprimerci in
modo chiaro, non diciamo " creare " ma " produrre ". Se dunque il
Figlio è una creatura, per quanto eminente sia, è stato fatto. Noi,
invece, crediamo in colui per mezzo del quale tutte le cose sono state
fatte e non in colui per mezzo del quale sono state fatte le altre cose:
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in questo caso, infatti, non possiamo prendere "tutte le cose" in un
senso diverso da quello di " qualunque cosa che è stata fatta ".
Ma poiché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi,
la stessa Sapienza, che è stata generata da Dio, si è degnata anche di
farsi uomo tra gli uomini. A questo evento si riferisce quella famosa
sentenza: Il Signore mi ha creato all'inizio delle sue vie. L'inizio delle
sue vie, infatti, è il capo stesso della Chiesa, cioè Cristo, che si è
rivestito di umanità perché, attraverso Lui, ci fosse dato un modello
per la nostra vita: questo modello è la via sicura per giungere a Dio.
Noi, infatti, non potevamo farvi ritorno che attraverso l'umiltà, dal
momento che eravamo caduti a causa della superbia, come era stato
detto ai nostri progenitori. Mangiate [il frutto] e sarete come dèi. Di
questa umiltà, cioè della via attraverso la quale avremmo dovuto
ritornare, il nostro stesso Redentore si degnò di mostrarci l'esempio
in se stesso, lui che non pensò che fosse un'usurpazione l'essere
uguale a Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di
servo, al punto che fu fatto uomo all'inizio delle sue vie, Lui, il
Verbo, per mezzo del quale tutte le cose furono fatte. Per la qual
cosa, in quanto è unigenito, non ha fratelli; invece, in quanto è
primogenito, si è degnato di chiamare fratelli tutti coloro che, in
seguito e in virtù della sua primogenitura, rinascono nella grazia di
Dio che li adotta come figli, come dà in custodia l'insegnamento
apostolico. Così il Figlio è, per sua natura, l'unico nato dalla stessa
sostanza del Padre, che è quello che è il Padre: Dio da Dio, Luce da
Luce. Noi invece non siamo luce per natura, ma siamo illuminati da
questa luce perché possiamo risplendere di sapienza. Egli era, dice
l'Apostolo, la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo
mondo. Alla fede nelle realtà eterne, perciò, noi aggiungiamo anche
la vita e l'azione temporale che nostro Signore si è degnato di
sostenere per noi e di portare a compimento per la nostra salvezza.
Infatti, per quello che è, in quanto è unico Figlio di Dio, di Lui non si
può dire: Egli fu, oppure: Egli sarà, ma soltanto: Egli è; poiché ciò
che è stato ormai non è più e ciò che sarà ancora non è. Egli pertanto
è immutabile, senza origine o variazione nel tempo. Del resto, penso
che non abbia altra provenienza il fatto che suggerì tale nome a Mosè
suo servitore. Infatti, quando gli chiedeva da chi dovesse dire che era
17
mandato, qualora il popolo al quale era inviato lo accogliesse con
disprezzo, ricevette questa risposta da colui che gli stava parlando: Io
sono colui che sono; quindi aggiunse: Questo dirai ai figli di Israele:
Colui che è mi ha inviato a voi.
RESPONSORIO Cfr Ez 44, 2; Lc 1, 1, 31.34.35; Mt 1, 21
R. Noi crediamo in colui per mezzo del quale tutte le cose sono state
fatte. * Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, Lui, il
Verbo, per mezzo del quale tutte le cose furono fatte.
V. Alla fede nelle realtà eterne noi aggiungiamo anche la vita e
l'azione temporale che nostro Signore si è degnato di sostenere per
noi e di portare a compimento per la nostra salvezza.
R. Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, Lui, il
Verbo, per mezzo del quale tutte le cose furono fatte.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Mercoledì 23 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 4,7-8
Il Verbo di Dio si è incarnato per la nostra salvezza
Da ciò (che è già stato esposto), confido (che) ormai apparirà ben
chiaro alle anime spirituali che nessuna natura può essere contraria a
Dio. Se infatti egli è, e questa parola si può dire in modo appropriato
soltanto di Dio, egli non ha nulla che gli sia contrario. Infatti ciò che
veramente è, resta tale in modo immutabile, poiché ciò che è
suscettibile di mutamento è stato qualcosa che non è più e in seguito
sarà ciò che ancora non è. Se, appunto, ci venisse chiesto che cosa sia
contrario al bianco, risponderemmo: il nero; se ci venisse chiesto che
cosa sia contrario al caldo, risponderemmo: il freddo; se ci venisse
chiesto che cosa sia contrario a ciò che è veloce, risponderemmo: ciò
che è lento, e così per qualunque cosa. Ma, se ci viene chiesto che
cosa sia contrario a colui che è, la risposta corretta è: ciò che non è.
Ma, come ho già detto, in virtù della bontà di Dio, la nostra natura,
soggetta a mutamenti, fu assunta dalla Sapienza immutabile di Dio,
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mediante una missione temporale, per la nostra salvezza e
redenzione. Per questo noi aggiungiamo la fede negli atti salvifici
compiuti per noi durante la vita terrena, credendo nel Figlio di Dio
che è nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Per il
dono di Dio, cioè per lo Spirito Santo, infatti ci è stata elargita
un'umiltà così grande da parte di un Dio così grande, al punto che si è
degnato di assumere tutta intera la natura umana nel seno della
Vergine: egli dimorò nel corpo materno conservandolo intatto; ne
uscì lasciandolo incontaminato. A questa sua missione temporale gli
eretici tendono insidie in molti modi. Ma colui che si rimetterà alla
fede cattolica in modo da credere che la natura umana tutta intera -
vale a dire corpo, anima e spirito - è stata assunta dal Verbo di Dio,
sarà abbastanza premunito contro di loro. Dal momento infatti che
questa assunzione fu compiuta per la nostra salvezza, bisogna
guardarsi dal pensare, qualora si credesse che qualche aspetto della
nostra natura non sia incluso in questa assunzione, che non rientri
nella nostra salvezza. Ora l'uomo, all'infuori della disposizione delle
membra, che è assegnata in modo diverso alle diverse specie di esseri
viventi, non differisce dall'animale se non perché possiede un'anima
razionale, che è chiamata anche mente. Come, dunque, potrebbe
essere sana una fede per la quale si crede che la sapienza di Dio ha
assunto quello di nostro che abbiamo in comune con l'animale,
mentre non ha assunto quello che in noi è illuminato dalla luce della
sapienza, e che è proprio dell'uomo?
RESPONSORIO
R. In virtù della bontà di Dio, la nostra natura, soggetta a mutamenti,
fu assunta dalla Sapienza immutabile di Dio, mediante una missione
temporale, per la nostra salvezza e redenzione. * Per lo Spirito Santo,
ci è stata elargita un'umiltà così grande da parte di un Dio così
grande, al punto che si è degnato di assumere tutta intera la natura
umana nel seno della Vergine.
V. Colui che si rimetterà alla fede cattolica in modo da credere che la
natura umana tutta intera - vale a dire corpo, anima e spirito - è stata
assunta dal Verbo di Dio, sarà abbastanza premunito contro gli
eretici.
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R. Per lo Spirito Santo, ci è stata elargita un'umiltà così grande da
parte di un Dio così grande, al punto che si è degnato di assumere
tutta intera la natura umana nel seno della Vergine.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 27 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 4,9-10
Cristo nacque dalla Vergine Maria
Sono ugualmente da detestare coloro che negano che nostro Signore
Gesù Cristo abbia avuto Maria per madre in terra. La sua missione ha
reso onore ad entrambi i sessi, quello maschile e quello femminile, e
ha mostrato come appartenesse a Dio prendersi cura non soltanto del
sesso che ha assunto, ma anche di quello per mezzo del quale lo ha
assunto, prendendo la natura dell'uomo e nascendo da una donna. Né
ci deve indurre ad escludere l'apporto della madre di Cristo quello
che da lui fu detto: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora
giunta la mia ora! Voleva farci comprendere che, in quanto Dio non
aveva madre, si preparava a mostrare la persona della maestà divina
col mutare l'acqua in vino. Invece, per quello che riguarda la sua
crocifissione, egli fu crocifisso in quanto uomo. Ed era quella l'ora
che non era ancora giunta, quando fu detto: Che ho da fare con te, o
donna? Non è ancora giunta la mia ora, quella cioè nella quale ti
riconoscerò. Fu allora infatti che, come uomo crocefisso, riconobbe
sua madre nella sua natura di uomo e la affidò in modo del tutto
umano al suo dilettissimo discepolo. E non spinga a pensare
diversamente il fatto che, quando gli fu annunziata la venuta della
madre e dei suoi fratelli, egli rispose: Chi è mia madre e chi sono i
miei fratelli? Ma piuttosto ci insegni quale è il nostro ministero, con
il quale offriamo la parola di Dio ai nostri fratelli, e che non
dobbiamo riconoscere i parenti, se la loro presenza ci è di
impedimento. Se qualcuno, infatti, ritenesse che non abbia avuto una
madre su questa terra per il fatto che disse: Chi è mia madre?,
dovrebbe essere costretto anche ad escludere che gli Apostoli
abbiano avuto dei padri in questa terra, poiché li ammaestrò dicendo:
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Non chiamate nessuno 'padre' sulla terra, perché uno solo è il Padre
vostro, quello che è in cielo.
E non indebolisca in noi questa fede il pensiero che sia nato da
viscere femminili, di modo che sembri che una siffatta generazione,
poiché è ritenuta spregevole da uomini spregevoli, si dovesse evitare
a nostro Signore. Non per nulla, infatti, l'Apostolo dice in modo
molto giusto: Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e
tutto è puro per i puri. Coloro che la pensano così dovrebbero dunque
osservare i raggi di questo sole, che di certo non considerano come
una creatura di Dio ma che adorano come Dio stesso: vedrebbero che
essi si diffondono dappertutto sopra i fetori delle cloache e su
qualunque oggetto ripugnante, operando secondo la propria natura e
senza restarne affatto contaminati, malgrado che la loro luce visibile
sia per sua natura in più stretta relazione con le lordure visibili. A
maggior ragione, dunque, il Verbo di Dio, che non è né corporeo né
visibile, non poteva essere contaminato col nascere da un corpo
femminile, nel quale, insieme all'anima e allo spirito, aveva assunto
la carne umana, congiunzione che comunque non vieta alla maestà
del Verbo di abitare ben in disparte rispetto alla fragilità del corpo
umano! Da ciò deriva con evidenza che in nessun modo il Verbo di
Dio avrebbe potuto essere macchiato dal corpo umano dal quale non
è macchiata la stessa anima dell'uomo. L'anima, infatti, è macchiata
dal corpo non quando lo guida e lo vivifica, ma quando si abbandona
al desiderio dei suoi beni mortali. Se, dunque, essi volessero evitare
all'anima le macchie, dovrebbero temere piuttosto queste sacrileghe
menzogne.
RESPONSORIO
R. Quando a Gesù fu annunziata la venuta della madre e dei suoi
fratelli, egli rispose: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?
Voleva farci comprendere che, in quanto Dio non aveva madre.
* Non per nulla l'Apostolo dice in modo molto giusto: Ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e tutto è puro per i puri.
V. Il Verbo di Dio, che non è né corporeo né visibile, non poteva
essere contaminato col nascere da un corpo femminile, nel quale,
insieme all'anima e allo spirito, aveva assunto la carne umana.
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R. Non per nulla l'Apostolo dice in modo molto giusto: Ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e tutto è puro per i puri.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Martedì 29 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo
5,11-12; 6,13; 7,14; 8,15
Gesù morì, fu sepolto, risore dai morti, ascese al cielo,
siede alla destra del Padre e tornerà nella gloria
Sarebbe stata ben poca l'umiltà di nostro Signore se si fosse risolta
nel nascere per noi: vi aggiunse anche che si degnò di morire per noi
mortali. Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla
morte di croce, affinché nessuno di noi, pur potendo non temere la
morte, non avesse orrore di un genere di morte ritenuto dagli uomini
sommamente disonorevole. Noi perciò crediamo in colui che fu
crocifisso e sepolto sotto Ponzio Pilato: il nome del giudice andava
aggiunto per l'individuazione delle date. In verità, quando si pensa a
quella sepoltura, si evoca anche quel monumento sepolcrale del tutto
nuovo, che doveva fornire la testimonianza della sua resurrezione ad
una vita nuova, come il seno verginale lo aveva fatto per la sua
nascita. Infatti, come in quel monumento sepolcrale non era stato
sepolto nessun altro morto né prima né dopo di lui, così in quel seno
nessuna creatura mortale era stata concepita né prima né dopo di lui.
Crediamo anche che il terzo giorno egli resuscitò dai morti,
primogenito dei fratelli che lo seguiranno e che egli adottò come figli
di Dio, e si degnò di renderli suoi compartecipi e suoi coeredi.
Crediamo che è salito al cielo, in quel luogo di beatitudine che
promise anche a noi quando disse: Essi saranno come gli angeli nel
cielo, in quella città che è madre di tutti noi, la Gerusalemme eterna
del cielo. D'altra parte, capita spesso che alcuni, o empi pagani o
eretici, si urtino perché crediamo che un corpo terreno sia stato
assunto in cielo. I gentili, per lo più, cercano di opporsi a noi con gli
argomenti dei filosofi, sostenendo che è impossibile per un oggetto
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che appartiene alla terra essere in cielo. Ma questo avviene perché
non conoscono le nostre Scritture e non sanno che fu detto: Si semina
un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Infatti, non è stato
detto così come se il corpo si tramuti in spirito e diventi esso stesso
spirito; poiché anche il nostro corpo attuale, per il fatto che è detto
"animale", non è stato tramutato in anima e non è diventato anima.
Ma con corpo spirituale si deve intendere un corpo che è così
sottomesso allo spirito da essere adatto per la dimora celeste non
appena ogni fragilità e bruttura terrena si saranno trasformate e
mutate in purezza e stabilità celeste. Questa è la trasformazione della
quale parla anche l'Apostolo: Risuscitiamo tutti, ma non tutti saremo
trasformati. E questa trasformazione avverrà non in peggio ma in
meglio, come insegna ancora l'Apostolo quando dice: E noi saremo
trasformati. Cercare però dove e come si trovi in cielo il corpo del
Signore è una curiosità del tutto vana: si deve soltanto credere che è
in cielo. Non si addice alla nostra fragilità dissolvere i segreti del
cielo; invece si addice alla nostra fede coltivare sentimenti alti e
nobili intorno alla dignità del corpo del Signore.
Noi crediamo anche che siede alla destra del Padre. Non per questo,
tuttavia, bisogna immaginare Dio Padre delimitato quasi in forma
umana, di modo che a coloro che riflettessero su di lui venga in
mente un lato destro o un lato sinistro; e neppure bisogna ritenere,
per il fatto che si dice che il Padre siede, che lo faccia ripiegando i
ginocchi, per non incappare in quell'atto sacrilego, condannato
dall'Apostolo in coloro che hanno cambiato la gloria del Dio
incorruttibile con l'immagine dell'uomo soggetto a corruzione. È cosa
empia, infatti, introdurre simili rappresentazioni di Dio in un tempio
cristiano; perciò lo è molto di più introdurle nel cuore, in cui risiede
il vero tempio di Dio, se è purificato dalle cupidigie terrene e
dall'errore. Quando, dunque, si dice " alla destra " di Dio si deve
intendere nella suprema beatitudine, dove regnano la giustizia, la
pace e la gioia; così come quando si dice che " i capri sono posti alla
sua sinistra ", si deve intendere nell'infelicità a causa delle iniquità,
che hanno procurato loro sofferenze e tormenti. Di conseguenza,
quando si dice che Dio siede, non si allude ad una posizione delle
membra, ma al suo potere di giudice supremo, di cui non è mai priva
23
la sua maestà nell'attribuire sempre la giusta ricompensa secondo i
meriti, anche se nel giudizio finale sarà il Figlio unigenito di Dio nel
suo irresistibile splendore che apparirà molto più manifestamente
davanti agli uomini, in qualità di giudice dei vivi e dei morti.
Infine crediamo che ritornerà a tempo opportuno per giudicare i vivi
e i morti. Con questi termini si possono intendere i giusti e i
peccatori; ma sono anche chiamati vivi coloro che troverà in terra
ancora in vita e morti invece coloro che risusciteranno al momento
della sua venuta. Questa disposizione dei tempi non vale soltanto per
il presente, come avviene per la sua generazione in quanto Dio, ma
anche per il passato e per il futuro. Infatti nostro Signore fu in terra,
ora è in cielo e apparirà nel suo splendore come giudice dei vivi e dei
morti. Ritornerà, infatti, così come ascese al cielo, secondo la
testimonianza autorevole degli Atti degli Apostoli. Di questa
disposizione si parla nell'Apocalisse, dove sta scritto: Queste cose le
dice colui che è, che fu e che verrà.
RESPONSORIO
R. Sarebbe stata ben poca l'umiltà di nostro Signore se si fosse risolta
nel nascere per noi: vi aggiunse anche che si degnò di morire per noi
mortali. Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla
morte di croce. * Crediamo anche che il terzo giorno egli resuscitò
dai morti, primogenito dei fratelli che lo seguiranno e che egli adottò
come figli di Dio.
V. Nel giudizio finale sarà il Figlio unigenito di Dio nel suo
irresistibile splendore che apparirà molto più manifestamente davanti
agli uomini, in qualità di giudice dei vivi e dei morti.
R. Crediamo anche che il terzo giorno egli resuscitò dai morti,
primogenito dei fratelli che lo seguiranno e che egli adottò come figli
di Dio.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Mercoledì 30 gennaio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 9,16-17
24
La Trinità è un solo Dio
Esposte e affidate alla nostra fede, sia la generazione divina di nostro
Signore che la sua missione umana, si aggiungono alla nostra
professione, per rendere perfetta la nostra fede intorno a Dio, lo
Spirito Santo, che non è di natura inferiore al Padre e al Figlio, ma,
per così dire, consustanziale e coeterna, poiché questa Trinità non è
che un solo Dio. E questo non va inteso nel senso che il Padre è il
medesimo del Figlio e dello Spirito Santo, ma nel senso che il Padre
è il Padre, il Figlio è il Figlio e lo Spirito Santo è lo Spirito Santo e
questa Trinità è un solo Dio, come sta scritto: Ascolta, Israele: il
Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo. Tuttavia, se fossimo
interrogati su ciascuno di essi e ci fosse domandato: "Il Padre è
Dio?", risponderemmo: "Sì, il Padre è Dio". Se ci venisse chiesto se
il Figlio è Dio, risponderemmo di sì. E qualora la stessa domanda ci
venisse rivolta sullo Spirito Santo, dovremmo rispondere che non è
altro che Dio. Dobbiamo comunque guardarci bene dal prendere tutto
ciò nel senso in cui fu detto degli uomini: Voi siete dèi. Non sono
infatti dèi per loro natura coloro che sono stati fatti e creati dal Padre
per mezzo del Figlio con il dono dello Spirito Santo. È proprio la
Trinità che viene designata dall'Apostolo quando dice: Poiché da lui,
grazie a lui e per lui sono tutte le cose. Pertanto, se saremo interrogati
su ciascuno di essi, risponderemo che è Dio colui su cui la domanda
verte, che si tratti del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Nessuno
tuttavia dovrà pensare che noi adoriamo tre dei.
Non c'è da meravigliarsi che si dicano tali cose sulla natura
ineffabile, dal momento che anche per le cose che osserviamo con gli
occhi del corpo e che discerniamo mediante i sensi del corpo accade
qualcosa di simile. Infatti, qualora fossimo interrogati sulla sorgente,
non potremmo rispondere che è essa stessa il fiume; come pure,
qualora fossimo interrogati sul fiume, non potremmo chiamarlo
sorgente. Inoltre: l'acqua da bere, attinta dalla sorgente o dal fiume,
non potremmo chiamarla né sorgente, né fiume; tuttavia l'acqua
costituisce il nome comune di questa trinità e, se siamo interrogati
sui singoli, per ciascuno rispondiamo che è acqua. Infatti, se chiedo
se nella sorgente ci sia l'acqua, mi si risponderà che c'è l'acqua. E
ancora: se chiediamo se nel fiume ci sia l'acqua, ci si risponderà che
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non vi è altro che l'acqua. Come pure non potrà essere diversa la
risposta relativamente all'acqua da bere. Pur tuttavia non parliamo di
tre acque, ma di una soltanto. Senza dubbio, occorre guardarsi bene
dal pensare l'ineffabile sostanza della maestà divina alla stessa
maniera di questa sorgente visibile e corporea del fiume e dell'acqua
da esso attinta. In questi casi infatti quell'acqua, che ad un dato
momento è nella sorgente, si riversa nel fiume senza restare in se
stessa e quando poi, attinta dal fiume o dalla sorgente, diviene
bevanda, non rimane più nella sede da cui viene attinta. Così può
accadere che la stessa acqua serva a designare ora la sorgente, ora il
fiume, ora l'acqua da bere; nella Trinità invece abbiamo detto che
non può accadere che il Padre sia talora il Figlio e talora lo Spirito
Santo. È come nell'albero dove la radice non è altro che la radice, il
tronco non altro che il tronco e i rami non possiamo chiamarli che
rami; infatti, ciò che chiamiamo radice non può essere chiamato
tronco o rami, e neppure il legno che appartiene alla radice può
trovarsi, con qualche passaggio, ora nella radice, ora nel tronco, ora
nei rami, ma soltanto nella radice. Pertanto, rimane valida la regola
del denominare, per la quale legno è la radice, legno è il tronco e
legno sono i rami, senza che tuttavia si parli di tre legni ma di uno
soltanto. È un caso simile a quello in cui, se tra questi tre elementi si
riscontra una qualche difformità, si può parlare senza alcuna
assurdità di tre legni, in considerazione della loro diversa solidità. Di
certo, invece, tutti concludono che, se si riempiono tre tazze con
acqua attinta da una sola sorgente, si può parlare di tre tazze, ma non
di tre acque. L'acqua, infatti, è una soltanto, malgrado che, qualora tu
sia interrogato sul contenuto delle singole tazze, risponderesti che in
ciascuna di esse c'è l'acqua, senza che, in questo caso, sia avvenuto
alcun passaggio dall'una all'altra, come quello dalla sorgente al
fiume, di cui abbiamo parlato in precedenza. Sono stati proposti
questi esempi del mondo fisico non per una loro conformità alla
natura divina, ma per mostrare che l'unità esiste anche nelle realtà
visibili, di modo che si comprenda che può accadere che tre oggetti,
non soltanto considerati singolarmente ma anche insieme, siano
chiamati con un solo ed unico nome. Nessuno quindi si meravigli e
reputi cosa assurda che noi diciamo Dio il Padre, Dio il Figlio, Dio lo
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Spirito Santo, senza intendere tuttavia che in questa Trinità vi siano
tre dei, ma un solo Dio ed un'unica sostanza.
RESPONSORIO
R. La Trinità è un solo Dio non nel senso che il Padre è il medesimo
del Figlio e dello Spirito Santo, ma nel senso che il Padre è il Padre,
il Figlio è il Figlio e lo Spirito Santo è lo Spirito Santo. * Il Signore è
il tuo Dio, il Signore è uno solo.
V. Può accadere che la stessa acqua serva a designare ora la sorgente,
ora il fiume, ora l'acqua da bere; nella Trinità invece non può
accadere che il Padre sia talora il Figlio e talora lo Spirito Santo.
R. Il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Venerdì 1 febbraio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 9,18-19
Il Figlio di Dio e lo Spirito Santo
Del Padre e del Figlio si sono occupati uomini dotti e spirituali in
molti libri. In tali libri, per quanto è consentito di farlo da parte di
uomini ad altri uomini, si sono sforzati di mostrare in che modo il
Padre e il Figlio non sono un solo individuo ma una sola realtà, che
cosa è propriamente il Padre e che cosa è il Figlio: l'uno è colui che
genera, l'altro colui che è generato; l'uno non proviene dal Figlio,
l'altro proviene dal Padre; l'uno è il principio dell'altro per cui è detto
anche capo del Cristo, sebbene anche Cristo sia principio, ma non del
Padre, e l'altro è la sua vera immagine, benché in nulla dissimile e
assolutamente eguale, cioè senza alcuna differenza. Questa dottrina è
trattata da costoro più ampiamente di quanto non facciamo noi, in
quanto si ripromettono di illustrare la professione della fede cristiana
nella sua interezza. Pertanto, poiché è il Figlio, dal Padre ha ricevuto
di essere tale, mentre il Padre non ha ricevuto da Lui di esser tale. In
quanto poi ha assunto la natura umana suscettibile di mutare, vale a
dire la condizione di creatura capace di cambiare in meglio, lo ha
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fatto nel corso della sua missione temporale, per un'ineffabile
misericordia. Su di Lui nelle Sacre Scritture si trovano molti testi
formulati in modo che hanno indotto in errore le empie menti degli
eretici, bramosi di insegnare prima ancora di conoscere, al punto da
ritenere che egli non è uguale al Padre e neppure della stessa
sostanza. Tali passi, per esempio, sono: Perché il Padre è più grande
di me, e: Capo della donna è l'uomo, capo dell'uomo è Cristo, capo di
Cristo è Dio; oppure: Allora anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a
Colui che gli ha sottomesso ogni cosa; come pure: Io salgo al Padre
mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro, e alcuni altri dello stesso
genere. Ma tutti questi testi non sono stati scritti per significare
un'ineguaglianza di natura e di sostanza, altrimenti sarebbero falsi
questi altri: Io e il Padre siamo una cosa sola, Chi ha visto me, ha
visto anche mio Padre, inoltre: Il Verbo era Dio: non fu creato,
infatti, colui per mezzo del quale furono create tutte le cose; e
ancora: Non pensò che fosse un'usurpazione l'essere uguale a Dio, e
altri simili. Questi testi sono stati scritti, in parte, per indicare la sua
condizione dopo l'assunzione della natura umana; per questo è detto:
Spogliò se stesso, tuttavia non già perché la divina Sapienza sia
mutata, dal momento che è assolutamente immutabile, ma perché
volle manifestarsi agli uomini in tanta umiltà. Questi testi dunque,
sulla base dei quali gli eretici tessono calunnie, sono stati scritti, in
parte, per mostrare la sua condizione, in parte, per indicare che,
siccome il Figlio deve al Padre ciò che è, deve senz'altro a Lui anche
che è uguale o pari al Padre, mentre il Padre non deve a nessuno
quello che è.
Intorno allo Spirito Santo invece ancora non si è ricercato da parte
dei dotti e dei grandi commentatori delle divine Scritture con tanta
ampiezza e profondità, che si possa facilmente comprendere ciò che
è suo proprio, e in virtù di cui avviene che non possiamo chiamarlo
né Figlio né Padre, ma soltanto Spirito Santo. Di lui non affermano
altro che è il dono di Dio, ma in modo che crediamo che Dio non può
fare un dono inferiore a se stesso. Pur tuttavia sono attenti a
dichiarare che lo Spirito Santo non è generato dal Padre, come invece
avviene del Figlio - Cristo infatti è unico -; né dal Figlio, come fosse
il nipote del sommo Padre. Non per questo si può dire che ciò che è
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non lo debba a nessuno, ma lo deve al Padre dal quale tutto proviene.
Occorre dire tutto ciò per non ammettere due principi senza
principio, cosa che è assolutamente falsa e del tutto assurda, e che
non va imputata alla fede cattolica, ma all'errore proprio di alcuni
eretici. Alcuni di quei dotti, tuttavia, hanno spinto la loro indagine
fino a credere che lo Spirito Santo sia lo stesso elemento comune che
intercorre tra il Padre e il Figlio. E così, poiché il Padre è Dio e il
Figlio è Dio, la divinità stessa in virtù della quale essi sono tra loro
uniti - il Padre in quanto genera il Figlio e il Figlio in quanto resta
congiunto al Padre - lo renderebbe uguale a colui dal quale egli è
generato. Questa divinità dunque, che essi vogliono che sia intesa
anche come l'amore e la carità che hanno l'uno per l'altro, dicono che
viene chiamata Spirito Santo. A sostegno della loro opinione portano
molte testimonianze delle Scritture sia quella per cui fu detto: Perché
l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato, sia molte altre dello stesso genere.
E, per il fatto stesso che siamo riconciliati con Dio per mezzo dello
Spirito Santo, per cui questo è chiamato anche dono di Dio, essi
esigono come definizione adeguata che la carità di Dio è lo Spirito
Santo. In effetti, noi non siamo riconciliati con lui se non per mezzo
dell'amore, grazie al quale siamo chiamati anche figli di Dio: non
siamo più sotto il timore come degli schiavi, perché l'amore perfetto
scaccia via il timore; e abbiamo ricevuto lo Spirito della libertà, nel
quale gridiamo: Abbà, Padre. E, una volta riconciliati e riammessi
nell'amicizia di Dio mediante la carità, potremo conoscere tutti i
segreti di Dio. Appunto perciò dello Spirito Santo è detto: Egli vi
guiderà alla verità tutta intera. Per lo stesso motivo la fermezza nel
predicare la verità, della quale furono riempiti gli Apostoli nella
discesa dello Spirito Santo, è giustamente attribuita alla carità; la
sfiducia infatti proviene dal timore, che invece è escluso dalla
perfetta carità. Lo Spirito Santo, dunque, è pure detto dono di Dio,
perché nessuno può godere di quello che conosce se anche non lo
ama. Ora, godere della sapienza di Dio non è niente altro che essere
unito a Lui attraverso l'amore. Pertanto, lo Spirito è detto Santo
perché tutto ciò che viene sancito lo è in modo irrevocabile, e non vi
è dubbio che il termine " santità " deriva da sancire. Ma i sostenitori
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di questa concezione si servono soprattutto di quel passo in cui è
scritto: Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo
Spirito è Spirito, perché Dio è Spirito. In questo passo, infatti, è
affermata la nostra rigenerazione, la quale non proviene dalla carne
secondo Adamo, ma dallo Spirito Santo secondo Cristo. Per questo
motivo, dal momento che nel passo citato viene fatta esplicita
menzione dello Spirito Santo in quanto è detto: poiché Dio è Spirito,
quei dotti fanno osservare che non è detto poiché lo Spirito è Dio, ma
poiché Dio è Spirito, di modo che, a loro avviso, in questo testo la
stessa divinità del Padre e del Figlio, vale a dire lo Spirito Santo, è
chiamata Dio. A questa si aggiunge un'altra testimonianza, offerta
dall'apostolo Giovanni: poiché Dio è amore. Anche in questo caso,
infatti, non è detto: l'amore è Dio, ma Dio è l'amore, perché si
comprenda che la stessa divinità è amore. È indubbio che, in quella
enumerazione di argomenti tra loro connessi, dove si dice: Tutto è
vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio, e ancora: Capo della
donna è l'uomo, capo dell'uomo è Cristo, capo di Cristo è Dio, non si
fa alcuna menzione dello Spirito Santo. Ma ciò dipende, dicono quei
dotti, dal fatto che, per così dire, in quegli argomenti, che pure sono
tra loro connessi, non si è soliti enumerare l'elemento stesso che fa la
connessione. Per questo, appunto, sembra che i lettori più attenti
riconoscano un'indicazione della Trinità stessa anche in quel passo in
cui è detto: Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose: da
lui, come da colui che a nessuno deve quello che è; grazie a lui, come
per indicare un mediatore; per lui, come per richiamare colui che li
contiene, ovvero che li congiunge unendoli insieme.
RESPONSORIO
R. In certi libri, per quanto è consentito di farlo da parte di uomini ad
altri uomini, alcuni si sono sforzati di mostrare in che modo il Padre
e il Figlio non sono un solo individuo ma una sola realtà, che cosa è
propriamente il Padre e che cosa è il Figlio: l'uno è colui che genera,
l'altro colui che è generato. * Di lui non affermano altro che è il dono
di Dio, ma in modo che crediamo che Dio non può fare un dono
inferiore a se stesso.
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V. Questa divinità dunque, che essi vogliono che sia intesa anche
come l'amore e la carità che hanno l'uno per l'altro, dicono che viene
chiamata Spirito Santo, che è pure detto dono di Dio, perché nessuno
può godere di quello che conosce se anche non lo ama.
R. Di lui non affermano altro che è il dono di Dio, ma in modo che
crediamo che Dio non può fare un dono inferiore a se stesso.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 3 febbraio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo
9,20-21; 10,21-22
Crediamo nelle tre persone della stessa sostanza,
la Chiesa cattolica, la remissione dei peccati
A questa concezione (della consustanzialità delle tre Persone) si
oppongono coloro i quali ritengono che questa comunione, che
chiamiamo sia divinità, sia amore, sia carità, non è di tipo
sostanziale. Richiedono pertanto che lo Spirito Santo sia loro esposto
secondo le modalità proprie della sostanza, e non comprendono che
non si sarebbe potuto dire "Dio è amore" qualora l'amore non fosse
una sostanza. Di certo, costoro nel loro giudizio sono guidati da ciò
che di solito avviene con le realtà fisiche: infatti, se due corpi sono
uniti in modo da essere vicendevolmente l'uno accanto all'altro, il
legame che li unisce non è di per sé un corpo, poiché, una volta
separati i corpi che erano uniti, non resta nulla, né si capisce come i
corpi in questione, per così dire, si sono separati e allontanati. Ma
costoro piuttosto dovrebbero purificare i loro cuori, per quanto è
possibile; solo allora saranno in grado di vedere che nella sostanza
divina non c'è nulla di simile, come se in essa una cosa sia la
sostanza e un'altra ciò che si aggiunge alla sostanza senza essere tale,
ma che è sostanza tutto ciò che in essa può essere compreso. In
verità, tutte queste cose sono facili a dirsi e a credersi, mentre non è
affatto possibile vedere come effettivamente stiano, se non si ha il
cuore puro. Perciò, che sia questa la concezione vera oppure un'altra
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ancora, occorre mantenere una fede salda, in modo da poter dire che
Dio è il Padre, Dio è il Figlio, Dio è lo Spirito Santo, che non sono
tre dèi ma che questa Trinità è un solo Dio, che non sono diversi per
natura ma di una medesima sostanza, né che il Padre talora è il Figlio
e talora lo Spirito Santo, ma che il Padre è sempre il Padre, il Figlio è
sempre il Figlio e lo Spirito Santo sempre lo Spirito Santo. Inoltre,
sulle verità invisibili guardiamoci dal fare sconsideratamente
affermazioni come persone che sanno; facciamole piuttosto come
credenti. Infatti, tali verità possono essere viste soltanto con il cuore
purificato e colui che le vede in questa vita, come fu detto, in parte e
in modo confuso, non può far sì che le veda anche il suo
interlocutore, se è impedito dalle impurità del cuore. Beati i puri di
cuore, perché essi vedranno Dio. Questa è la nostra fede riguardo a
Dio, nostro creatore e nostro rinnovatore.
Quando è stato detto: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente, non ci è stato
comandato di amare Dio soltanto, ma anche il prossimo, perché è
detto: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Se, dunque, questa fede
non comprende anche un'assemblea e una società degli uomini in cui
la carità fraterna possa operare, essa darà meno frutti.
Noi crediamo pure nella Santa Chiesa, indubbiamente in quella
cattolica. Anche gli eretici e gli scismatici chiamano chiese le loro
assemblee. Ma gli eretici, poiché hanno idee errate intorno a Dio,
tradiscono la fede stessa; gli scismatici a loro volta, con le loro
ingiuste separazioni, rompono con la carità fraterna, benché credano
le stesse verità che noi crediamo. Perciò la Chiesa cattolica non
comprende né gli eretici, perché ama Dio, né gli scismatici, perché
ama il prossimo. E perdona facilmente i peccati del prossimo, perché
implora per se stessa il perdono da parte di colui che ci ha riconciliati
con Lui, cancellando tutte le nostre colpe passate e chiamandoci ad
una vita nuova. Ora, però, fino a che non possederemo questa vita nel
suo grado perfetto, non possiamo essere immuni dai peccati. È
importante, peraltro, sapere di quali peccati si tratti.
Non è comunque ora che si deve trattare della differenza fra i peccati;
occorre piuttosto assolutamente credere che in nessun modo ci
saranno perdonati i peccati, se saremo stati inflessibili nel non
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concedere il perdono agli altri. È per questo che crediamo anche
nella remissione dei peccati.
RESPONSORIO
R. Occorre mantenere una fede salda, in modo da poter dire che Dio
è il Padre, Dio è il Figlio, Dio è lo Spirito Santo, che non sono tre dèi
ma che questa Trinità è un solo Dio, che non sono diversi per natura
ma di una medesima sostanza. * La Chiesa cattolica ama Dio e ama
il prossimo.
V. Tali verità possono essere viste soltanto con il cuore purificato:
Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio.
R. La Chiesa cattolica ama Dio e ama il prossimo.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Lunedì 4 febbraio
SECONDA LETTURA
Da “La fede e il simbolo” di sant’Agostino, vescovo 10,23-25
Crediamo la resurrezione della carne
Tre sono gli elementi di cui l'uomo è costituito: lo spirito, l'anima e il
corpo. Si dice anche che siano due, perché l'anima è spesso nominata
insieme con lo spirito; infatti la sua parte razionale, di cui sono privi
gli animali, si chiama spirito ed è per noi la cosa principale. Il
principio vitale che ci unisce al corpo, invece, si chiama anima.
Infine, il corpo di per sé è il nostro ultimo elemento, poiché è
visibile. Ora questo insieme di elementi creati geme e soffre fino ad
oggi nelle doglie del parto; lo spirito, tuttavia, ha già dato i primi
frutti mediante la fede in Dio e ha dimostrato di essere di buona
volontà. Lo spirito è chiamato anche mente, quando di lui l'Apostolo
dice: Con la mente servo la legge di Dio; o, parimenti, in un altro
passo: Dio stesso mi è testimone, al quale rendo culto nel mio spirito.
L'anima invece, fino a che desidera i beni carnali, è chiamata carne:
una parte di essa, infatti, fa resistenza allo spirito, non per sua natura,
ma per la consuetudine che ha con i peccati. È per questo che è detto:
Con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del
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peccato. Questa consuetudine si è poi trasformata in una tendenza
naturale in seguito alla generazione mortale che dobbiamo al peccato
del primo uomo. Per questo è scritto: Un tempo anche noi siamo stati
per natura figli d'ira, vale a dire sotto la sanzione che ci ha fatto
servire la legge del peccato. L'anima, invece, conserva la perfezione
della sua natura quando è sottomessa al suo spirito e lo segue come
esso segue Dio. Per questo è detto: L'uomo animale non comprende
le cose dello Spirito di Dio. Tuttavia l'anima, ai fini delle buone
azioni, non si sottomette allo spirito con la stessa sollecitudine con
cui lo spirito si sottomette a Dio ai fini della vera fede e della buona
volontà; inoltre, talora assai lentamente è frenato l'impulso per cui si
perde nei legami carnali e temporali. Ma, dal momento che anch'essa
si purifica, riacquistando la stabilità della propria natura sotto il
dominio dello spirito, che è per essa il suo capo come lo è Cristo per
lui, non si deve disperare che anche il corpo sia restituito alla propria
natura; senza dubbio, però, non altrettanto sollecitamente dell'anima
e neppure per quest'ultima altrettanto sollecitamente dello spirito, ma
nel tempo opportuno, cioè al suono dell'ultima tromba, quando i
morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. Crediamo
anche nella resurrezione della carne, non soltanto perché sarà
rinnovata l'anima, la quale ora, per effetto degli appetiti carnali, è
chiamata " carne ", ma anche perché questa carne visibile che è tale
per natura e dalla quale l'anima prese il nome non per la sua natura,
ma per gli appetiti carnali, questa carne visibile dunque, che è
propriamente detta carne, si deve credere senza dubbio che risorgerà.
Sembra infatti che l'apostolo Paolo la mostri quasi con il dito, quando
dice: È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di
incorruttibilità. Quando infatti dice "questo" è come se tendesse il
dito verso di esso: in realtà, ciò che è visibile può essere mostrato
mediante il dito. L'anima, del resto, potrebbe anche essere detta
corruttibile, poiché si corrompe per effetto dei suoi perversi costumi.
È necessario che questo corpo mortale si vesta di immortalità: nel
leggere queste parole ci si riferisce alla stessa carne visibile, perché è
come se il dito dell'Apostolo fosse di continuo teso verso di essa.
L'anima infatti, come può essere detta corruttibile a causa dei suoi
perversi costumi, per lo stesso motivo può essere detta mortale. Di
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certo, la morte dell'anima consiste nell'allontanarsi da Dio e questo,
secondo le Sacre Scritture, fu il suo primo peccato commesso in
Paradiso.
Dunque, secondo la fede cristiana che non può trarre in inganno, il
corpo risorgerà. E se a qualcuno la cosa sembra incredibile, vuol dire
che pone attenzione alla condizione attuale della carne e non
considera invece quella futura; infatti, nel tempo della trasformazione
angelica, essa non sarà più carne e sangue, ma soltanto corpo. Nel
parlare della carne, in effetti, l'Apostolo dice: Altra è la carne degli
animali, altra quella degli uccelli, altra quella dei pesci, altra quella
dei serpenti. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri. In verità, non ha
detto: " carne celeste ", ma: corpi celesti e corpi terrestri; ogni carne,
infatti, è anche corpo, ma non ogni corpo è anche carne. Lo si vede in
primo luogo nelle realtà terrestri; il legno, infatti, è un corpo, ma non
è carne; invece il corpo dell'uomo o dell'animale è sia corpo che
carne. Nelle realtà celesti, invero, non c'è affatto carne, ma corpi
semplici e lucidi, che l'Apostolo chiama spirituali e che altri invece
chiamano eterei. Non per questo è in contraddizione con la
resurrezione della carne ciò che dice quando afferma: La carne e il
sangue non possederanno il regno di Dio; ma preannuncia quale sarà
in futuro ciò che ora è carne e sangue. Chiunque non crede che
questa carne possa trasformarsi nella natura descritta, dovrà esser
condotto alla fede per gradi. Se, infatti, gli chiedi se la terra può
trasformarsi in acqua, data la vicinanza che c'è tra i due elementi, la
cosa non gli sembrerà incredibile; ancora, se gli chiedi se l'acqua può
trasformarsi in aria, risponderà che neppure questo è assurdo, poiché
si tratta di elementi vicini. E se gli si chiede se l'aria può trasformarsi
in un corpo etereo, cioè celeste, sarà la vicinanza stessa tra gli
elementi che lo indurrà ad assentire. Se, dunque, per gradi concede
che possa avvenire che la terra si trasformi in un corpo etereo, perché
non dovrebbe credere che, con la partecipazione della volontà di Dio,
per la quale un corpo umano poté camminare sulle acque, questa
trasformazione può aver luogo molto rapidamente, in un batter
d'occhio, come è scritto, senza alcuno di tali gradi, al modo stesso in
cui per lo più il fumo si trasforma in fiamma con straordinaria
rapidità? La nostra carne in effetti viene certamente dalla terra; ma i
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filosofi, i cui argomenti sono assai spesso usati per opporsi alla
resurrezione della carne, in quanto asseriscono che non vi può essere
nessun corpo terreno in cielo, ammettono che qualsiasi corpo può
trasformarsi e mutarsi in qualsiasi altro. Una volta avvenuta questa
resurrezione del corpo, noi, liberati dalla condizione del tempo,
godremo di una vita eterna in una carità ineffabile e in una duratura
stabilità. Allora, infatti, avverrà quanto è scritto: La morte è stata
ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o
morte, il tuo pungiglione?
Questa è la fede che, con brevi formule, è offerta dal Simbolo ai
nuovi cristiani perché la conservino. Queste brevi formule sono
presentate ai fedeli affinché, credendo, si sottomettano a Dio,
sottomessi a lui vivano rettamente, vivendo rettamente purifichino il
loro cuore e, una volta purificato il cuore, comprendano ciò che
credono.
RESPONSORIO
R. Una volta avvenuta questa resurrezione del corpo, noi, liberati
dalla condizione del tempo, godremo di una vita eterna in una carità
ineffabile e in una duratura stabilità. * La morte dell'anima consiste
nell'allontanarsi da Dio e questo, secondo le Sacre Scritture, fu il
primo peccato commesso in Paradiso.
V. Queste brevi formule sono presentate ai fedeli affinché, credendo,
si sottomettano a Dio, sottomessi a lui vivano rettamente, vivendo
rettamente purifichino il loro cuore e, una volta purificato il cuore,
comprendano ciò che credono.
R. La morte dell'anima consiste nell'allontanarsi da Dio e questo,
secondo le Sacre Scritture, fu il primo peccato commesso in
Paradiso.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Giovedì 7 febbraio
SECONDA LETTURA
Dal “Discorso sul Simbolo, rivolto ai catecumeni” di sant’Agostino,
vescovo 1,1-3
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La formula della fede
Ricevete la formula della fede che è detta Simbolo. E quando l'avete
ricevuta imprimetela nel cuore e ripetetevela ogni giorno
interiormente. Prima di dormire, prima di uscire, munitevi del vostro
Simbolo. Nessuno scrive il Simbolo al solo scopo che sia letto, ma
perché sia meditato. E perché la dimenticanza non distrugga ciò che
la diligenza ha tramandato, funzioni da libro per voi la vostra
memoria. Ciò che udrete sarà l'oggetto della vostra fede e quello che
crederete lo ripeterete anche con la lingua. Ha detto infatti
l'Apostolo: Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la
bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Questo è il
Simbolo che ripasserete e che ripeterete. Le parole che avete sentito
recitare si trovano qua e là nelle Scritture divine, ma da lì sono state
raccolte e riassunte in un unico testo per evitare fatica alla memoria
degli uomini più lenti e perché ogni uomo possa dire, possa ritenere
quello che crede. Non avete proprio appena adesso sentito che Dio è
onnipotente? Ebbene voi cominciate ad averlo anche come Padre, dal
momento in cui foste nati da quella Madre che è la Chiesa.
Così dunque avete già imparato, avete meditato, avete ritenuto il
concetto, siete nella situazione di poter dire: Credo in Dio Padre
onnipotente. Dio è onnipotente. Essendo tale, non può morire, non
può ingannarsi, non può mentire, e, come dice l'Apostolo: Non può
rinnegare se stesso Quante cose non può fare pur essendo
onnipotente, anzi proprio perché non le può fare è onnipotente!
Infatti se potesse morire, non sarebbe onnipotente; così se potesse
mentire, ingannarsi, ingannare, agire ingiustamente, non sarebbe
onnipotente; se tali possibilità ci fossero in lui, ciò non
corrisponderebbe alla onnipotenza. Indubbiamente il nostro Padre
onnipotente non può peccare. Può fare quel che vuole perché è la
onnipotenza stessa. Fa qualunque cosa voglia di bene, di giusto; una
cosa che sia male a farsi non la vuole. Nessuno resiste
all'Onnipotente così da non fare quello che egli vuole. Egli fece il
cielo, la terra, il mare e tutto quello che essi contengono, realtà
invisibili e realtà visibili. Invisibili come, nei cieli, i Troni, le
Dominazioni, i Principati, le Potestà, gli Arcangeli, gli Angeli, i
nostri concittadini, se vivremo bene. Creò nel cielo anche realtà
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visibili: il sole, la luna, le stelle. Ornò la terra dei suoi animali
terrestri, popolò l'aria di volatili; popolò la terra di esseri che
camminano e di esseri che strisciano, il mare di esseri che nuotano.
Tutto popolò di creature appropriate. Fece anche l'uomo, con la
mente a sua immagine e somiglianza. Nella mente infatti c'è
l'immagine di Dio, perciò la mente non può essere compresa neppure
da se stessa, in quanto c'è in essa l'immagine di Dio. Noi siamo stati
fatti per aver dominio sulle altre creature, ma per il peccato siamo
caduti, nel primo uomo, e divenuti tutti partecipi di un'eredità di
morte. Siamo divenuti poveri mortali, siamo pieni di timori, di errori,
e questo a causa del peccato: con questo demerito e questa colpa
nasce ogni uomo. Perciò, come avete visto oggi, come sapete, anche i
bambini vengono purificati col soffio, ed esorcizzati per scacciare da
loro il potere nemico del diavolo, che inganna l'uomo per possedere
gli uomini. Nei bambini non viene esorcizzata e purificata col soffio
la creatura di Dio, ma colui sotto il potere del quale si trovano tutti
coloro che nascono nel peccato: [Satana] è infatti il capo dei
peccatori. Perciò a causa di uno che cadde nella colpa e mandò tutti
alla morte fu inviato Uno senza colpa per condurre alla vita tutti
quelli che credono in lui, liberandoli dal peccato.
Perciò crediamo anche nel suo Figlio, Figlio cioè del Padre
onnipotente, unico Signore nostro. Quando senti "Unico Figlio di
Dio" riconosci che è Dio. Non potrebbe infatti l'Unico Figlio di Dio
non essere Dio. Quello che egli è questo generò, anche se non
s'identifica col generato. Se è vero Figlio, è quello che è il Padre. Se
non è quello che è il Padre non è vero Figlio. Guardate nel campo
delle creature terrene e mortali: ogni essere genera quello che è lui
stesso. L'uomo non genera il bue, la pecora non genera il cane, né il
cane la pecora. Di qualunque specie sia chi genera, non può che
generare ciò che è lui stesso. Ritenete dunque con certezza,
fortemente, fermamente, fedelmente, che Dio Padre generò quello
che è lui stesso, l'Onnipotente. Queste creature mortali generano sul
piano della corruttibilità. Forse che Dio genera così? Chi è nato
mortale genera come è lui stesso, l'immortale ugualmente, quello che
è. Il corruttibile genera il corruttibile, l'incorruttibile genera
l'incorruttibile; ciò che è soggetto a corruzione, sul piano della
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corruttibilità, ciò che non vi è soggetto sul piano della incorruttibilità,
al segno che uno è quello che è l'altro, un tutto unico. Sapete che
quando ho premesso la recitazione del Simbolo, così ho detto e così
dovete credere: Crediamo in Dio Padre onnipotente e in Gesù Cristo,
Unico suo Figlio. Già quando dico Unico dovete intenderlo
onnipotente; non avviene infatti che Dio Padre fa quello che vuole e
Dio Figlio non fa quello che vuole. Unica è la volontà del Padre e del
Figlio perché unica è la natura. Non si può infatti fare una
separazione neanche minima tra la volontà del Figlio e la volontà del
Padre, come da Dio a Dio: sono ambedue lo stesso Dio. Non c'è un
Onnipotente e un altro Onnipotente. Sono ambedue lo stesso
Onnipotente. Il Padre e il Figlio sono un solo Dio.
RESPONSORIO
R. Dio essendo onnipotente non può morire, non può ingannarsi, non
può mentire. * Credo in Dio Padre onnipotente.
V. Indubbiamente il nostro Padre onnipotente fa qualunque cosa
voglia di bene, di giusto; una cosa che sia male a farsi non la vuole.
R. Credo in Dio Padre onnipotente.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Venerdì 8 febbraio
SECONDA LETTURA
Dal “Discorso sul Simbolo, rivolto ai catecumeni” di sant’Agostino,
vescovo 2,4-5
Il Padre e il Figlio sono un unico Dio
Non introduciamo certo due dèi [nella fede], come alcuni [eretici] li
introducono e dicono: "Dio Padre e Dio Figlio: il Dio Padre è
maggiore, il Dio Figlio minore". Come è possibile "due"? Due dèi?
Vergògnati a dirlo, vergògnati a crederlo! Tu dici: "Signore Dio
Padre", e dici anche: "Signore Dio Figlio". Lo stesso Figlio dice:
Nessuno può servire a due padroni. Nella famiglia di Dio ci
troveremmo forse come in una grande casa dove c'è un padre di
famiglia che ha un figlio e possiamo dire: "Il padrone più grande, il
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padrone più piccolo"? Lungi da noi tale pensiero. Se voi ammettete
qualcosa di simile, ponete idoli nell'anima. Respingete del tutto
questa opinione. Prima credete, poi cercate di capire. È un dono di
Dio, non certo prerogativa dell'umana fragilità, poter capire subito,
appena creduto. Tuttavia se ancora non capite, credete: In Dio unico
Padre, in Cristo Dio, Figlio di Dio. Forse due? No, un solo Dio. E
come due possono essere detti: un solo Dio? In che modo? Te ne
stupisci? Negli Atti degli Apostoli è scritto: Coloro che erano venuti
alla fede avevano un cuore solo e un'anima sola. Molte erano le
persone ma la fede le aveva rese tutte una sola. Migliaia erano: si
amavano ed è allora che i molti sono [divenuti] uno. Amavano Dio
con fuoco di carità e, da una moltitudine che erano, raggiunsero la
bellezza dell'unità. Se la carità rese una tale pluralità di anime
un'anima sola, quale mai sarà la carità in Dio, dove non c'è alcuna
disparità, ma una totale uguaglianza? Se tra gli uomini sulla terra ci
poté essere tanta carità, così da fare di tante un'anima sola, lì dove il
Padre fu sempre inseparabile dal Figlio e il Figlio dal Padre non
potevano essere, di due, che un solo Dio. Quelle anime, che erano
molte, poterono essere chiamate un'anima sola. Dio, dove c'è la
somma, ineffabile unione, può essere detto un solo Dio e non due
dèi.
Il Padre fa quello che vuole, il Figlio fa quello che vuole. Non
pensate che il Padre sia onnipotente e il Figlio no. Sarebbe un errore.
Cancellatelo, si stacchi dalla vostra mente. Non sia bevuto con la
bevanda della fede, e, se qualcuno di voi lo avesse bevuto, lo rigetti.
È onnipotente il Padre, è onnipotente il Figlio. Se l'Onnipotente non
generò un Onnipotente, non generò un vero Figlio. E che diremo,
fratelli, di una condizione di superiorità del generante rispetto al
generato? Che cosa vuol dire: "generò"? È un fatto che un uomo più
grande genera un figlio più piccolo e, come quello invecchia, costui
cresce e giunge, solo col crescere, all'aspetto del padre. Il Figlio di
Dio invece, dal momento che non cresce perché Dio non può
invecchiare, è nato perfetto. Se dunque è nato perfetto, e non è stato
mai minore, è uguale. Perché sappiate che dall'Onnipotente è nato
l'Onnipotente, ascoltate lui stesso che è la Verità. Ciò che la Verità
dice di se stessa, questo è il vero. Che cosa dice la Verità? Che cosa
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dice il Figlio, che è la Verità? Dice: Quel che fa il Padre, anche il
Figlio lo fa. Il Figlio è onnipotente, dal momento che fa tutto ciò che
vuole. Se il Padre facesse qualcosa che il Figlio non può fare, il
Figlio avrebbe affermato il falso quando disse: Quello che fa il
Padre, anche il Figlio lo fa. Ma poiché il Figlio disse il vero, credete
alle parole: Quello che fa il Padre, anche il Figlio lo fa. E avete
creduto nel Figlio onnipotente. Non avete pronunziato questa parola
nel Simbolo, tuttavia è ciò che avete espresso quando avete
professato di credere in un unico stesso Dio. Ha forse qualcosa il
Padre che non abbia anche il Figlio? Questo lo affermano gli eretici
blasfemi ariani, non io. Io invece vi sto dicendo che se il Padre
avesse qualche attributo che non ha anche il Figlio, il Figlio
mentirebbe quando dice: Tutto quello che il Padre possiede è mio.
Molte, innumerevoli sono le testimonianze dalle quali scaturisce che
il Figlio, vero Dio, è Figlio del Padre, e che Dio Padre generò un
Figlio vero Dio, e che il Padre e il Figlio sono un unico Dio.
RESPONSORIO
R. È un dono di Dio, non certo prerogativa dell'umana fragilità, poter
capire subito, appena creduto. * Prima credete, poi cercate di capire.
V. Perché sappiate che dall'Onnipotente è nato l'Onnipotente,
ascoltate lui stesso che è la Verità. Ciò che la Verità dice di se stessa,
questo è il vero.
R. Prima credete, poi cercate di capire.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Sabato 9 febbraio
SECONDA LETTURA
Dal “Discorso sul Simbolo, rivolto ai catecumeni” di sant’Agostino,
vescovo 3,6-9
L’opera del Figlio unico di Dio
Vediamo ora che cosa ha fatto per noi questo Figlio unico di Dio
Padre onnipotente, che cosa ha sopportato per noi. Egli è nato dallo
Spirito Santo e dalla Vergine Maria. Egli, così grande Dio, uguale al
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Padre, è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria: umile per
risanare i superbi. L'uomo volle esaltarsi e cadde. Dio si abbassò e lo
risollevò. Che cos'è l'umiltà di Cristo? È Dio che diede la mano
all'uomo caduto. Noi siamo caduti, egli si è abbassato [fino a noi].
Noi giacevamo a terra. Egli si è chinato su di noi. Aggrappiamoci a
lui e rialziamoci, per non incorrere nella punizione. Dunque il suo
abbassarsi consiste in questo: che è nato dallo Spirito Santo e dalla
Vergine Maria. La stessa sua natività umana è al tempo stesso umile
e sublime: umile perché è nato uomo da uomini; sublime perché dalla
Vergine. Vergine concepì, Vergine partorì, e dopo il parto rimase
Vergine.
Segue: Patì sotto Ponzio Pilato. Quando Cristo patì, Ponzio Pilato
teneva il governo della regione ed era giudice. Col nome di quel
giudice venne indicato il tempo in cui Cristo patì: sotto Ponzio
Pilato. Quando si dice: patì, si aggiunge: fu crocifisso e sepolto. Ma
chi patì? E che cosa patì e per chi? A patire fu il Figlio di Dio unico,
il nostro Signore. E patì questo: fu crocifisso e sepolto. Per chi? Per
empi e peccatori. Grande condiscendenza e grazia. Che cosa renderò
al Signore per tutto quello che mi ha dato?
È nato prima del tempo, prima di tutti i secoli. Nato prima. Ma prima
di che cosa, dove non c'è un prima? Certo non vorrete pensare che ci
sia stata una porzione di tempo prima della nascita di Cristo dal
Padre. Parlo di quella nascita per cui è Figlio di Dio onnipotente, è
unico Signore nostro; di questa parlo. Non pensate che l'inizio del
tempo sia in questa nascita. Non pensate che ci sia stato un
intermezzo di eternità in cui c'era il Padre e non c'era il Figlio. Da
quando c'è il Padre, da allora c'è il Figlio. E come si può dire: "da
quando" se non c'è inizio? Dunque: il Padre da sempre, senza inizio,
il Figlio da sempre, senza inizio. E allora "Come può essere nato - mi
potresti ribattere - se non ha inizio?". Dall'eterno, coeterno. Non ci fu
mai il Padre senza che ci fosse il Figlio, e tuttavia il Figlio è generato
dal Padre. Dove possiamo trovare qualche paragone? Siamo tra cose
terrene, tra creature visibili. Provi la terra a darmi un paragone. Non
me lo dà. Provino le onde del mare. Nulla. Provi qualche animale.
Non lo può neppure lui. Nel regno animale c'è bensì chi genera e chi
è generato, ma prima, nel tempo, c'è il padre e poi nasce il figlio.
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Cerchiamo qualcosa di coevo e consideriamolo coeterno. Se
potessimo per assurdo trovare un padre coevo di suo figlio e un figlio
coevo di suo padre, potremmo pensare a Dio Padre, coevo di suo
Figlio e a Dio Figlio, coeterno a suo Padre. Sulla terra possiamo
trovare qualcuno di cui si possa dire "coevo", non possiamo trovare
nessuno di cui si possa dire "coeterno". Intendiamo "coevo" e
crediamo "coeterno". State bene attenti, qualcuno può dire: "Come si
può trovare un padre coevo del suo figlio o un figlio coevo del suo
padre?". Per poterlo generare il padre lo precede nell'età; perché
nasca il figlio lo segue nell'età. E qui invece abbiamo il Padre coevo
al Figlio, e il Figlio al Padre. Come può essere? Vi proporrò
un'analogia: il fuoco come padre, lo splendore di luce che ne emana,
come figlio; ecco trovati i coevi. Da quando il fuoco ha cominciato
ad essere fuoco, subito ha generato la luce, né ci fu il fuoco prima
della luce, né la luce dopo il fuoco. E se ci interroghiamo chi sia il
generante, se è il fuoco che genera la luce o la luce il fuoco, subito,
per istinto naturale e per l'intelligenza che è nelle vostre menti,
proclamereste: "È il fuoco che genera la luce, non la luce il fuoco".
Ecco un padre che dà inizio, ecco un figlio insieme, né precedente,
né seguente. Ecco dunque un padre all'inizio, e un figlio ugualmente
all'inizio. Se vi ho mostrato che un padre è all'inizio e un figlio pure
all'inizio, ebbene credete che il Padre non ha inizio, e con lui neppure
il Figlio ha inizio; l'uno eterno, l'altro coeterno. Se voi seguirete il
progresso del ragionamento, capirete. Fate in modo di seguirlo. Voi
dovete nascere, ma poi dovete crescere, perché nessuno all'inizio è
perfetto. E invece al Figlio di Dio fu lecito nascere perfetto, perché è
nato al di fuori del tempo, coeterno al Padre, anteriore non di un
periodo di tempo, ma dall'eternità a tutte le cose. Questo nato
coeterno al Padre della cui generazione il profeta disse: Chi narrerà la
sua generazione? è nato fuori del tempo dal Padre ed è nato dalla
Vergine nella pienezza dei tempi. Questa nascita sì era stata
preceduta da un periodo di tempo. Egli nacque in un tempo
opportuno, quando volle lui, quando sapeva di voler nascere. Senza
dubbio non è nato senza volerlo. Nessuno di noi nasce in quanto lo
vuole, e nessuno di noi muore quando lo vuole. Egli invece nacque
quando volle, morì quando volle; nacque nella maniera in cui volle,
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da una Vergine, morì nella maniera in cui volle, su una croce. Fece
qualunque cosa volle: perché era tale uomo che era anche Dio, ma
Dio celato. Dio aveva assunto l'umanità, l'umanità era stata assunta,
un solo Cristo Dio e Uomo. Alla morte segue la resurrezione.
Della sua croce come parlerò, che cosa dirò? Scelse il peggiore
genere di morte perché i suoi martiri non temessero appunto alcun
genere di morte. Rivelò la sua dottrina facendosi uomo, mostrò un
esempio di pazienza sulla croce. Qui, nella croce, consiste la sua
opera perché lui crocifisso è l'esempio dell'opera; il premio poi
dell'opera è la risurrezione. C'insegnò, sulla croce, che cosa
dobbiamo giungere a sopportare; c'insegnò, nella risurrezione, che
cosa dobbiamo sperare. In una parola, con il suo esempio ci ha detto,
come un sommo presidente dei giochi: "Fa' e prendi, compi l'opera
ed abbi il premio, combatti nella gara e avrai la corona di vittoria".
Che cosa è l'opera? L'ubbidienza. Qual è il premio? La risurrezione
senza più morte. Perché ho aggiunto: "senza più morte"? Perché
anche Lazzaro risorse e poi morì [di nuovo]. Cristo invece è
risuscitato e non muore più, la morte non ha più potere su di lui.
RESPONSORIO
R. Il Figlio, così grande Dio, uguale al Padre, è nato dallo Spirito
Santo e dalla Vergine Maria: umile per risanare i superbi. * È Dio
che diede la mano all'uomo caduto.
V. Il Figlio di Dio unico, il nostro Signore scelse il peggiore genere
di morte perché i suoi martiri non temessero alcun genere di morte.
R. È Dio che diede la mano all'uomo caduto.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 10 febbraio
SECONDA LETTURA
Dal “Discorso sul Simbolo, rivolto ai catecumeni” di sant’Agostino,
vescovo 3, 10
La pazienza senza calcolo di Giobbe
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La Scrittura dice: Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e
avete visto la sorte finale che gli riservò il Signore. Quando si legge
quante pene ha dovuto sopportare Giobbe, si inorridisce, ci si
spaventa, si trema. Ma quale fu il suo premio? Il doppio di quello che
aveva perduto. Tuttavia l'uomo non eserciti la pazienza in vista di
beni temporali, dicendo a se stesso: "Coraggio, sopporto il danno. Il
Signore mi ricompenserà così come ha restituito il doppio dei figli a
Giobbe. Giobbe ricevette il doppio di tutto e generò tanti figli quanti
ne aveva seppelliti. Non gli furono forse raddoppiati?". Certo, perché
anche questi vivevano [nella vita eterna]. Nessuno dica: "Sopporterò
le tribolazioni e il Signore mi restituirà i beni come ha fatto con
Giobbe". Non sarebbe qui in gioco la pazienza, ma il calcolo
dell'avidità. Se quel santo infatti non avesse avuto la pazienza non
sarebbe riuscito a sopportare con fortezza le avversità che gli
piombavano addosso. Non avrebbe avuto dal Signore la
testimonianza che invece ebbe. Disse di lui il Signore: Hai posto
attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra,
uomo irreprensibile, il vero devoto a Dio. Quale testimonianza,
fratelli, ricevette da Dio questo uomo santo! E tuttavia la cattiva
moglie cercava, con i suoi malvagi argomenti, di trarlo in errore ed
era simile a quel serpente che nel paradiso terrestre ingannò il primo
uomo creato da Dio. Così ora, suggerendo bestemmie, credeva di
poter far cadere quell'uomo caro a Dio. Quanti mali sopportò
quell'uomo, fratelli! Chi ne potrebbe sopportare di uguali? Nella sua
sostanza, nella sua casa, nei figli, nel suo fisico, nella sua stessa
moglie tentatrice che gli era rimasta. [Il diavolo] a un certo punto gli
avrebbe tolto anche costei, che gli era rimasta, se non se la fosse
serbata come aiutante, in quanto era riuscito a debellare anche il
primo uomo per mezzo di Eva. Aveva serbato Eva. Quante cose
soffrì! Perse tutto quello che aveva. La sua casa crollò e magari essa
sola! Essa schiacciò i figli sotto le macerie. Ma poiché in lui la
pazienza aveva grande spazio, sentite quale fu la sua risposta: Il
Signore ha dato, il Signore ha tolto. Come al Signore piacque, così è
avvenuto; sia benedetto il nome del Signore. Gli tolse quel che gli
aveva dato. Forse che perì lui che aveva dato? Giobbe ammise che
Dio gli aveva tolto i beni, ma si comportò come se dicesse: "Mi ha
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tolto tutto, mi tolga pure tutto, mi lasci nudo ma si serbi lui per me.
Che cosa mi mancherà infatti se avrò Dio, o che cosa mi giovano
tutte le altre cose se non avrò Dio?". Fu colpita la sua carne, fu
colpito con ulcere dalla testa sino ai piedi, colava giù l'umore
corrotto, formicolava di vermi ed egli si mostrava saldo nel suo Dio,
in lui era fisso. Quella moglie, aiutante del diavolo, non consolatrice
del marito, voleva persuaderlo alla bestemmia: Fino a quando vorrai
sopportare questo e quello? Di' qualcosa contro Dio e muori. Giobbe
dunque, poiché era stato umiliato, doveva essere esaltato. E così fece
il Signore per dare un esempio agli uomini. In cielo, poi, al suo servo
destinò premi maggiori. Dunque esaltò Giobbe umiliato e umiliò il
diavolo che si era esaltato perché egli abbatte l'uno ed innalza l'altro.
Fratelli carissimi, quando qualcuno qui patisce qualcuna di tali
tribolazioni, non si aspetti la ricompensa qui e se patisce qualche
danno non abbia intenzione di ricevere il doppio, quando dice: Il
Signore ha dato, il Signore ha tolto. Come al Signore piacque, così
avvenne; sia benedetto il suo nome. Dio loda la pazienza non il
calcolo dell'avidità, perché se vuoi ricevere il doppio di quello che
hai perduto e per questo lodi Dio, lodi non per amore ma per
cupidigia. Non puoi in partenza portare davanti l'esempio di quel
sant'uomo. Ti inganneresti. Quando Giobbe sopportava tutti quei
dolori, non contava sulla ricompensa del doppio di quello che aveva.
Si può notare quello che dico sia nella sua prima testimonianza,
quando subì danni e fece i funerali ai figli, sia nella seconda quando
già pativa tormenti nella sua carne. Queste sono le parole della sua
prima testimonianza: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Come al
Signore piacque, così è avvenuto; sia benedetto il nome del Signore.
Avrebbe potuto dire: "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; può
darmi di nuovo quello che mi ha tolto, può ridarmi più di quel che mi
ha tolto". Ma non disse così. Disse: Come al Signore piacque, così
avvenne. Cioè: "Poiché piace a lui, deve piacere anche a me; ciò che
piacque al padrone buono non dispiaccia al servo a lui sottomesso;
ciò che piacque al medico non dispiaccia al malato". E nel secondo
caso sentì la sua testimonianza. Disse alla moglie: Hai parlato come
una donna stolta. Se da Dio accettiamo il bene perché non dovremmo
accettare il male? Non aggiunse quello che, se l'avesse detto, era pur
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vero: "Il Signore può far ritornare come prima la mia carne, può
moltiplicare quello che ci ha tolto", per non sembrare che sopportasse
quei mali in vista di questa speranza. Queste cose non disse, queste
cose non sperò. Ma il Signore le diede ugualmente a lui che non ci
contava perché noi fossimo ammaestrati; perché imparassimo che il
Signore gli era vicino. Perché se non gli avesse restituito quei beni,
noi non saremmo riusciti a vedere la ricompensa che gli teneva
nascostamente in serbo. Perciò la sacra Scrittura dice, esortando alla
pazienza e all'aspettativa di ricompensa per la vita futura, non per la
presente: Avete udito parlare della pazienza di Giobbe, e avete visto
la fine del Signore [sulla terra]. Perché sottolinea la pazienza di
Giobbe, e non dice: "Avete visto la fine dello stesso Giobbe"?
Avresti rinfocolato la tua avidità nella prospettiva di avere il doppio.
Avresti detto: "Sopporto, grazie a Dio. Avrò il doppio come Giobbe".
La pazienza di Giobbe, la fine del Signore [sulla terra]. Conosciamo
la pazienza di Giobbe, conosciamo la fine del Signore. Parole del
Signore sulla croce furono: Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato? Sono le parole del Signore sulla croce. Lo abbandonò
riguardo alla presente felicità, non lo abbandonò in quanto all'eterna
immortalità. La fine del Signore è questa: i Giudei lo arrestano, i
Giudei lo insultano, lo legano, lo coronano di spine, lo imbrattano di
sputi, lo flagellano, lo coprono di scherni, lo crocifiggono, lo
trapassano con la lancia, e infine lo seppelliscono; ed è quasi
abbandonato. È mai possibile? Si facevano beffe di lui. Perciò abbi
pazienza per poter risorgere e non morire, come Cristo non morire
più. Così infatti noi leggiamo: Cristo, risuscitato dai morti non muore
più.
RESPONSORIO
R. Se il santo Giobbe non avesse avuto la pazienza non sarebbe
riuscito a sopportare con fortezza le avversità che gli piombavano
addosso. * Perciò abbi pazienza per poter risorgere e come Cristo
non morire più.
V. La fine del Signore è questa: i Giudei lo arrestano, i Giudei lo
insultano, lo legano, lo coronano di spine, lo imbrattano di sputi, lo
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flagellano, lo coprono di scherni, lo crocifiggono, lo trapassano con
la lancia, e infine lo seppelliscono; ed è quasi abbandonato.
R. Perciò abbi pazienza per poter risorgere e come Cristo non morire
più.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Lunedì 11 febbraio
SECONDA LETTURA
Dal “Discorso sul Simbolo, rivolto ai catecumeni” di sant’Agostino,
vescovo 4,11-12; 5,13
Il Signore Gesù nella gloria e lo Spirito Santo
[Il Signore Gesù] ascese al cielo. Credetelo. Siede alla destra del
Padre. Credetelo. Per sedere intendete abitare, così come quando
diciamo di un uomo: "Ha risieduto in quel luogo per tre anni". Lo
dice anche la Scrittura: che è risieduto un tale in città per un
determinato tempo. Vuol dire forse che sedeva e che mai si alzò?
Anche le abitazioni degli uomini sono dette "sedi", ma non per
questo vi si sta seduti. Ci si alza, si cammina. Non si sta seduti e
tuttavia si chiamano "sedi". Così intendete l'abitare di Cristo alla
destra del Padre: è lì. Ma non andate pensando: "Che cosa fa?". Non
cercate quello che non si può trovare. È lì. Vi basti questo. È beato e
per la sua beatitudine gli viene il nome di "destra del Padre", per il
fatto che appunto "destra del Padre" significa felicità. Se noi
volessimo intendere in modo materiale dovremmo dire che se egli
siede alla destra del Padre, il Padre sarà a sinistra. È mai lecito che ce
li figuriamo così? Il Figlio a destra, il Padre a sinistra? Là è tutto
destra perché non c'è alcuna infelicità.
Da lì verrà a giudicare i vivi e i morti: i vivi, cioè coloro che siano
allora ancora in vita; i morti, cioè quelli che sono morti prima [del
giudizio]. Si potrebbe anche interpretare così: vivi, i giusti; morti, gli
iniqui. Dio infatti giudica ambedue le categorie, dando ad ognuno la
retribuzione dovuta. Ai giusti dirà nel giudizio: Venite, benedetti del
Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla
fondazione del mondo. A questo preparatevi, questo sperate, per
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questo vivete e vivete così perché credete, perché siete stati
battezzati, perché vi si possa dire: Venite, benedetti del Padre mio,
ricevete il regno che è stato preparato per voi dalla fondazione del
mondo. E a quelli che stanno alla sua sinistra che dice? Andate nel
fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Così
saranno giudicati da Cristo i vivi e i morti. Abbiamo parlato della
prima nascita di Cristo, quella fuori del tempo e di quella avvenuta
dalla Vergine nella pienezza dei tempi; abbiamo parlato della
passione di Cristo, abbiamo parlato del giudizio finale di Cristo.
Abbiamo svolto tutti gli argomenti riguardo a Cristo, unico Figlio di
Dio, nostro Signore. Ma la Trinità non è ancora stata esposta
completamente.
Segue nel Simbolo: E nello Spirito Santo. Questa Trinità è un solo
Dio, una sola natura, una sola sostanza, una sola potenza: somma
uguaglianza con nessuna divisione, nessuna diversità, perpetuo
amore. Volete sapere quale Dio è lo Spirito Santo? Battezzatevi e
sarete il suo tempio. L'Apostolo dice: Non sapete voi che il vostro
corpo è tempio in voi dello Spirito Santo, che avete da Dio? Dio ha
un tempio. Infatti a Salomone, re e profeta, fu comandato di costruire
un tempio a Dio. Se avesse innalzato un tempio al sole o alla luna o a
qualche stella, o a qualche angelo, Dio lo avrebbe condannato. Ma in
quanto egli edificò un tempio a Dio mostrò di venerare Dio. Con che
materiali lo costruì? Con legno e pietre, perché Dio volle, per mezzo
del suo servo, farsi un'abitazione in terra, per esservi pregato, per
dimorarvi. Per cui disse il beato Stefano: Salomone gli edificò una
casa, ma l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo.
Se dunque i nostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, quale Dio
ha costruito il tempio allo Spirito Santo? Ma si tratta di Dio! Se
infatti i nostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, chi ha costruito i
nostri corpi ha costruito anche il tempio allo Spirito Santo. Osservate
che cosa dice l'Apostolo: Dio ha composto il corpo conferendo
maggior onore a ciò che ne aveva di meno, parlando delle diverse
membra, affinché non vi fossero divisioni nel corpo. Dio ha creato il
nostro corpo. Come potrebbe non averlo creato lui se ha creato anche
l'erba? Come ci teniamo sicuri che ha creato l'erba? Chi veste, crea.
Leggi il Vangelo: Se Dio veste così l'erba del prato che oggi c'è e
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domani è buttata nel forno. Chi veste, crea dunque. E senti
l'Apostolo: Stolto, ciò che tu semini non prende vita, se prima non
muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un
semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. Dio gli dà un
corpo come ha stabilito e a ciascun seme il proprio corpo. Se Dio
dunque costruisce i nostri corpi, se Dio costruisce le nostre membra e
se i nostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, non dubitate che lo
Spirito Santo è Dio ma non aggiungetelo come un terzo dio, perché il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un unico Dio. Così dovete
credere.
RESPONSORIO
R. A questo preparatevi, questo sperate, per questo vivete e vivete
così perché credete, perché siete stati battezzati, perché vi si possa
dire: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato
preparato per voi dalla fondazione del mondo. * Là è tutto destra
perché non c'è alcuna infelicità.
V. Se dunque i nostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, quale
Dio ha costruito il tempio allo Spirito Santo? Ma si tratta di Dio! Se
infatti i nostri corpi sono tempio dello Spirito Santo, chi ha costruito i
nostri corpi ha costruito anche il tempio allo Spirito Santo.
R. Là è tutto destra perché non c'è alcuna infelicità.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Martedì 12 febbraio
SECONDA LETTURA
Dal “Discorso sul Simbolo, rivolto ai catecumeni” di sant’Agostino,
vescovo 6,14; 7,15; 8,16; 9,17
Credo la Chiesa, la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne
Alla proclamazione di fede nella Trinità segue: La santa Chiesa. È
stato detto così di Dio e del suo tempio. Il tempio di Dio, che siete
voi - dice l'Apostolo - è santo. Ma la stessa Chiesa è santa, una, vera,
cattolica, che combatte contro tutte le eresie; combattere può, ma non
essere vinta. Tutte le eresie sono uscite da lei ma come gli inutili
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tralci tagliati via dalla vite. Essa rimane sulla sua radice, nella sua
vite, nella sua carità. Le porte degli inferi non prevarranno su di lei.
La remissione dei peccati. Realizzate in voi in modo completo le
verità del Simbolo, quando vi battezzate. Nessuno dica: "Ho
commesso la tal colpa. Forse non mi sarà perdonata". Pensi così
perché l'hai commessa e perché è grave? Ma dimmi pure che hai
compiuto qualcosa di mostruoso, di grave, di orrendo, che faccia
inorridire il solo pensarlo. Che cosa puoi aver fatto? Forse hai ucciso
Cristo? Non c'è nulla di peggio di questo misfatto, perché non c'è
nulla di meglio di Cristo. Nefanda enormità uccidere il Cristo.
Tuttavia i Giudei lo uccisero e molti di loro poi credettero in lui e
bevvero il suo sangue: fu loro perdonato il peccato che avevano
commesso. Quando sarete battezzati, mantenete una vita buona nei
precetti di Dio, per custodire il Battesimo sino alla fine. Non vi dico
che sia possibile vivere qui senza peccato: vi sono i peccati veniali,
di cui non è priva questa vita [mortale]. Per tutti i peccati c'è il
Battesimo, per quelli leggeri, dai quali non possiamo essere esenti,
c'è la preghiera. Come dice la preghiera? Rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Se una volta sola siamo
purificati dal Battesimo, ogni giorno possiamo essere purificati dalla
preghiera. Ma non vogliate commettere di quelle colpe che
inevitabilmente vi separano dal Corpo di Cristo; lungi da voi! Coloro
che voi vedete fare pubblica penitenza, hanno commesso delitti:
adultèri o altri grossi misfatti, perciò fanno penitenza. Se infatti
avessero commesso colpe leggere, basterebbe a cancellarli la
preghiera quotidiana.
Dunque in tre modi nella Chiesa vengono rimessi i peccati: nel
Battesimo, nella preghiera e nell'umiltà, maggiore, della [pubblica]
penitenza. Tuttavia Dio non perdona che ai battezzati. Quando? Al
momento del Battesimo. Quando poi i peccati sono perdonati a chi
prega e a chi fa penitenza, si tratta di gente che ha già ricevuto il
Battesimo. Diversamente è come se si dicesse: Padre nostro da chi
non è ancora nato. Nei catecumeni, finché sono tali, restano tutti i
loro peccati. Se così avviene per i catecumeni, quanto più per i
pagani! Quanto più per gli eretici! E tuttavia non rinnoviamo il
Battesimo agli eretici. Perché? Perché essi hanno il Battesimo come
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il disertore ha un marchio. Come un marchio hanno il Battesimo, ma
per la condanna, non per la vittoria. E se il disertore pentito
ricomincia a fare il suo servizio militare, nessuno penserebbe di
rinnovargli il marchio.
Crediamo anche nella risurrezione della carne, di cui c'è il precedente
in Cristo, perché il corpo speri che avvenga quello che è avvenuto nel
suo capo. Il capo della Chiesa è Cristo, la Chiesa è il corpo di Cristo.
Il nostro Capo è risorto, è asceso al cielo; dove è il capo lì ci sono
anche le membra. Come sarà questa risurrezione? Perché non creda
qualcuno che sia come quella di Lazzaro, perché ben si sappia che
non è così, è stato aggiunto: nella vita eterna. Vi rinnovi Dio, Dio vi
mantenga e vi custodisca; Dio vi conduca a lui, che è la Vita eterna.
Amen.
RESPONSORIO
R. Tutte le eresie sono uscite dalla Chiesa, ma come gli inutili tralci
tagliati via dalla vite. Essa rimane sulla sua radice, nella sua vite,
nella sua carità. Le porte degli inferi non prevarranno su di lei. * Dio
ci rinnovi. Dio ci mantenga e ci custodisca, ci conduca a lui, che è la
Vita eterna. Amen.
V. Manteniamo una vita buona nei precetti di Dio, per custodire il
Battesimo sino alla fine.
R. Dio ci rinnovi. Dio ci mantenga e ci custodisca, ci conduca a lui,
che è la Vita eterna. Amen.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
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Pro manuscripto
a cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano e del Centro Servizi Generali dell’Arcidiocesi
Via Altabella, 6 - 40126 Bologna - tel. 051.64.80.777 - fax 051.235.207
posta elettronica: [email protected]
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