SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO...
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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE
PER
L’INSEGNAMENTO SECONDARIO
INDIRIZZO Fisico Informatico Matematico
CLASSE: A047 Matematica
SEDE di BOLOGNA
Direttore della Scuola: Prof. Roberto Greci Direttore Sezione di Bologna: Prof. Antonio Genovese
PER UN INSEGNAMENTO SENSATO DELL’ALGEBRA:
LE FRAZIONI ALGEBRICHE IN UNA PRIMA LICEO SCIENTIFICO
TESI DI SPECIALIZZAZIONE
Presentata da Il Supervisore Dott.ssa LARA LORIGIOLA Prof.ssa CRISTINA ZUCCHINI
Relatore
Chiar.mo Prof. GIORGIO BOLONDI
Anno accademico 2006/2007
Indice
CAPITOLO 1 - Introduzione pag. 1
CAPITOLO 2 – La sperimentazione pag. 6
Presentazione del progetto 6
L’analisi dei prerequisiti 10
La discussione delle condizioni di esistenza 11
Il senso nelle trasformazioni 17
La verifica sommativa 25
CAPITOLO 3 – Conclusioni 30
Immagine della disciplina 30
Analisi dell’errore e valutazione 36
BIBLIOGRAFIA 42
ALLEGATI 43
1
CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE
Un’analisi di diverse definizioni e rappresentazioni matematiche conduce alla
conclusione che le nozioni astratte, come ad esempio numeri o funzioni, possono essere
concepite in due modi: strutturale, come oggetti, e operativo, come processi. Questi due
approcci, sebbene apparentemente distinti, sono di fatto complementari e le abilità di
vedere una funzione o un numero sia come processo sia come oggetto è indispensabile
per una comprensione approfondita della matematica, comunque sia definito
“comprendere” (A. Sfard, 1991).
Ad esempio, la nozione di frazione algebrica potrebbe avere una descrizione
strutturale, come coppia di polinomi (un membro di un insieme di coppie
convenientemente definito) ed una operativa, come risultato della divisione tra
polinomi.
La nostra capacità di sviluppare concezioni operative e strutturali si appoggia al
tipo di comprensione raggiunta e “cercare di decidere quale componente è più
importante non è più significativo che discutere se per camminare abbiamo più bisogno
del piede destro che di quello sinistro” (Halmos, 1985). Un approfondimento dei
processi soggiacenti ai concetti matematici, forse perfino un certo grado di padronanza
nell’esecuzione di quei processi, dovrà esser visto a volte come una base per capire tali
concetti, piuttosto che come loro esito. Forse in ciò troviamo la risposta alla questione
posta spesso dagli educatori (Kilpatrick, 1988): “Come mai tanti docenti ben preparati
ed intenzionati, mettono tanto impegno per sviluppare le abilità degli studenti nel fissare
le abitudini dell’aritmetica e dell’algebra malgrado decenni di avvisi contrari da parte
dei cosiddetti esperti?”.
Questo modello di acquisizione dei concetti è dedotto dalla tesi sull’origine
operativa degli oggetti matematici. Nel processo di formazione dei concetti possono
distinguersi, infatti, tre passi: interiorizzazione, condensazione, reificazione.
Innanzitutto dev’esserci un processo eseguito su oggetti già familiari, poi deve emergere
l’idea di trasformare questo processo in un’entità autonoma, e finalmente dev’essere
acquisita l’abilità di vedere questa nuova entità come un tutto integrato e
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oggettualizzato. Ad esempio, allo stadio di interiorizzazione un allievo acquista
confidenza con i processi che daranno eventualmente origine a nuovi concetti, come le
manipolazioni algebriche, che conducono alle funzioni.
Molto spesso gli studenti risultano studiare molte abilità matematiche a un
livello di manipolazioni mnemoniche e non comprendono i concetti soggiacenti il
calcolo (Carpenter et Al., 1980). A causa della natura complessa della loro dipendenza
reciproca, sembra inevitabile che, nel processo di apprendimento, la comprensione degli
studenti (questa sensazione di competenza e padronanza che accompagna le abilità di
“vedere” strutture astratte) si celerà talvolta dietro l’abilità tecnica. Ciò implica che, in
alcuni casi, il discente dovrà sopportare una certa quantità di esercizi “meccanici”
accompagnati da dubbi sul significato e da una sensazione di insufficiente
comprensione (solo strumentale).
Dal punto di vista educativo, il principale problema legato a questo ritardo nella
reificazione ed al conseguente periodo di dubbi circa il senso è che può portare un
danno permanente: il timore della matematica per tutta la vita e la convinzione che essa
non può essere imparata. L’abilità di orchestrare bassi livelli di reificazione con alti
livelli di interiorizzazione in modo perspicace ed indolore può essere uno dei tratti più
importanti che rendono capace di affrontare la matematica (A. Sfard, 1991).
La concezione strutturale è probabilmente ciò che soggiace alla comprensione
relazionale, definita da Skemp (1976) come “sapere sia cosa fare sia perché”, oppure
avere “sia delle regole sia delle ragioni”. L’approccio puramente operativo non darebbe
altro che una comprensione strumentale, una volta presentata da Skemp come l’avere
“delle regole senza delle ragioni”.
Mi sono chiesta se il “sapere sia cosa fare sia perché”, una concezione strutturale
e la tanto agognata reificazione potessero essere forti punti di riferimento a sostegno del
mio intervento sulle frazioni algebriche. Con un po’ di pazienza e rammentando che la
reificazione è un salto qualitativo che richiede un certo “periodo d’incubazione”, mi è
sembrato di riconoscere in alcuni casi il raggiungimento, in un certo senso, di una
reificazione della operabilità delle frazioni algebriche, mentre per la maggior parte
degli altri allievi il ritardo in questa tappa ha portato ad un periodo di dubbi e di
stanchezza nella lotta per trovare il senso (per la reificazione).
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A volte capita che per la stessa formula gli allievi accendano sensi diversi, o
risultino poveri possessori del suo senso, limitandosi a coglierne solo gli aspetti segnici.
Il titolo della presente tesi parla di un insegnamento sensato dell’algebra, in
particolare delle frazioni algebriche, per indicare un insegnamento/apprendimento
mirato a fare cogliere agli allievi il senso e il significato dei simboli e delle formule
algebriche che usano (Arzarello, MPI 94).
Se analizziamo il modo in cui le espressioni simboliche vengono utilizzate in
algebra, possiamo distinguere tra senso e denotazione di un’espressione: la denotazione
di un’espressione è l’oggetto cui l’espressione si riferisce, mentre il senso è il modo con
cui l’oggetto ci è dato. Le espressioni incorporano in modo sintetico, nella propria
forma segnica, un senso algebrico, che è l’esplicitazione del modo in cui il denotato può
essere ottenuto attraverso l’applicazione di regole computazionali. Le trasformazioni
algebriche possono produrre espressioni diverse che hanno un senso algebrico diverso,
ovvero la regola di calcolo per ottenere l’insieme denotato, ma non cambiano
quest’ultimo (Arzarello, 1994).
L’abilità nel trasformare le espressioni algebriche e nell’operare con le frazioni
algebriche diventa certamente più “preziosa” se accompagnata dalla comprensione del
senso delle trasformazioni, ma c’è da tener presente che vari ostacoli si frappongono
all’apprendimento di tale abilità. Tali ostacoli possono essere di natura ontogenetica
(riferiti all’allievo e alla sua maturità), di natura didattica (legati alla scelta strategica
del docente) oppure di natura epistemologica (legati alla natura stessa dell’argomento).
Un ostacolo non è una mancanza di conoscenza, ma una conoscenza che l’allievo tenta
di usare fuori dal contesto noto, già incontrato, generando risposte scorrette; anche una
volta superato, in modo sporadico l’ostacolo riappare e questo può costituire una
barriera verso successivi apprendimenti (D’Amore, 1999).
Ad esempio, quando l’allievo apprende che per rappresentare l’opposto di un
termine si cambia il suo segno (si moltiplica il termine stesso per –1), passando da b a
–b, nel passare al nuovo contesto della somma algebrica tra due termini a e b, l’opposto
di a-b lo ottiene cambiando il segno come a+b!
Per fare un ulteriore esempio, gli allievi commettono un errore ricorrente nel
cercare i valori per i quali una somma di quadrati si annulla: da x²+4=0, scrivono x²=
-4, e poi x=2, proseguendo secondo il principio della delega formale, e rivelando
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l’ostacolo di non “vedere” la positività della potenza con esponente pari (qualunque sia
il valore di x) e, di conseguenza, l’impossibilità che si verifichi l’uguaglianza tra una
quantità positiva ed un numero negativo.
Un ultimo ostacolo è, a mio avviso, il linguaggio algebrico stesso, che “impone
una sobrietà a chi pensa e si esprime, una sobrietà nei modi di significazione che è stata
impensabile prima del Rinascimento. Impone cioè una cosiddetta contrazione semiotica
e la perdita dell’origo (origine, principio)” (Radford, 2005). Personalmente, definirei
quest’ostacolo di natura epistemologica, perchè dipende dalla storia della sua
evoluzione all’interno della matematica, in particolare dell’algebra, ma anche di natura
ontogenetica, in quanto legato alla maturazione psichica individuale dell’allievo.
L’obiettivo di far acquisire agli allievi durante il primo biennio di scuola superiore una
buona capacità espositiva ed il rigore proprio del linguaggio algebrico non sempre
riesce ad essere pienamente raggiunto, proprio per le caratteristiche dell’età degli
studenti.
Nella necessità didattica di superare tali ostacoli, si studiano situazioni didattiche
strutturate appositamente per fornire agli allievi prove della necessità di modificare le
loro concezioni (D’Amore, 1999).
Tra le varie strategie che si possono attuare in vista del superamento di alcuni
tipi di ostacolo, si possono organizzare esercitazioni in laboratorio di informatica, per
acquisire maggior consapevolezza del linguaggio algebrico, dei suoi significati e delle
sue espressioni formali e delle “traduzioni” (o cambio di registro) da operare per
comunicare con i Computer Algebra System nel linguaggio logico e simbolico proprio
di questi.
Il cosiddetto cambio di registro dovrebbe rientrare a pieno titolo in tali strategie.
Gli apprendimenti, infatti, richiedono un coordinamento dei diversi registri di
rappresentazione che un dominio di conoscenze mobilita. Le rappresentazioni
semiotiche possono essere produzioni discorsive (in lingua naturale, in lingua formale)
o non discorsive (figure, grafici, schemi,…). Il cambiamento di registro è la conversione
della rappresentazione di qualcosa in una rappresentazione di questa stessa cosa in un
altro sistema semiotico. Non è sufficiente che ci sia uno sviluppo di ogni registro; il
coordinamento dei diversi registri di cui il soggetto dispone o che l’insegnamento si
sforza di fargli acquisire (per esempio quello della scrittura algebrica) richiede
5
comunque il loro coordinamento. Il coordinamento di registri è la condizione per la
padronanza della comprensione in quanto essa è la condizione per una differenziazione
reale tra gli oggetti matematici e la loro rappresentazione. Costituisce una soglia il cui
superamento cambia radicalmente l’attitudine di fronte ad un tipo di attività o ad un
dominio (conoscenza del superamento di una soglia, iniziativa e autocontrollo nello
svolgimento dei procedimenti….) (Duval, 1995b).
Un’altra strategia da tenere in considerazione è il ricorso al lavoro di gruppo,
assegnando un compito specifico a gruppi non troppo numerosi e formati con il criterio
dell’eterogeneità delle competenze degli allievi, i quali impegnandosi nel capire insieme
sia il “cosa bisogna fare”, sia il “come dovrebbe essere fatto” insieme, comprendono
che con l’aiuto di tutto il gruppo è più facile svolgere il compito assegnato.
Affinchè l’allievo costruisca la propria conoscenza, deve occuparsi
personalmente della risoluzione del problema che gli è stato proposto nella situazione
didattica, deve cioè implicarsi in tale attività. E’ in tal caso che si usa dire che l’allievo
ha raggiunto la devoluzione della situazione. “La devoluzione è il processo o l’attività di
responsabilizzazione attraverso i quali l’insegnante ottiene che lo studente impegni la
sua propria personale responsabilità nella risoluzione di un problema (più in generale: in
un’attività cognitiva). E’ qui che scatta l’interessante metafora del gioco di strategia;
così come nel gioco solo alcune di esse portano alla vittoria, solo alcune portano alla
costruzione della conoscenza, da parte dell’allievo. Così come nel gioco c’è una posta
da vincere, nella situazione c’è come posta la conoscenza” (D’Amore, 1999).
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CAPITOLO 2 – LA SPERIMENTAZIONE
§1. Presentazione del progetto
Il mio Tirocinio attivo si è svolto nella IC del Liceo Scientifico “Leonardo Da
Vinci” di Casalecchio, sperimentazione Scienze. La classe è composta da 26 alunni, 16
ragazze e 10 ragazzi. Dal punto di vista comportamentale, sono stati sempre molto
controllati ed educati, e ciò mi ha permesso di realizzare il mio progetto in un clima di
serenità, anche se a volte percepivo di essere in pieno contratto didattico, in cui
“l’allievo, giunto al momento di dover dare risposte, non si pone domande sul
contenuto, ma su cosa l’insegnante si aspetta che egli faccia o risponda, a volte in una
continua ricerca del consenso ed in assenza di implicazione personale, indispensabile
per la costruzione della propria conoscenza (D’Amore, 1999)”.
Ho realizzato il mio intervento cercando fin dal primo giorno di attuare
concretamente le strategie da me elaborate nel progetto; in particolare, durante alcune
lezioni, ho utilizzato Derive 5 per realizzare un cambio di registro. Ho presentato, con il
videoproiettore, una scheda guida, in cui vi era il testo di alcune espressioni con frazioni
algebriche che i ragazzi dovevano tradurre, rispettando le regole ed il vocabolario del
software (Allegato 0). In questo modo gli allievi si sono abituati ad analizzare più
approfonditamente la struttura delle espressioni che veniva chiesto loro di semplificare,
e a riflettere sulla priorità di esecuzione di alcune operazioni rispetto ad altre. Ho
assegnato loro coppie o terne di frazioni algebriche, perché effettuassero su di esse le
operazioni indicate, traducendo dalla lingua italiana a quella delle procedure in Derive
(ad esempio “sottrai dal cubo della prima il quoziente della seconda per la prima”).
Ho pianificato inoltre alcuni momenti di lavoro di gruppo e l’utilizzo
dell’elaborazione di un cosiddetto informe, ogni qualvolta avevamo due ore di lezione,
con l’obiettivo di raggiungere con maggior successo l’implicazione da parte degli allievi
nel loro percorso di costruzione delle proprie conoscenze matematiche.
I punti nodali in base ai quali si sono articolate le mie lezioni sono stati
principalmente un percorso ragionato sulle condizioni di esistenza delle frazioni
algebriche, per condurre i ragazzi a comprendere la legittimità nell’operare con le
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espressioni algebriche, e la ricerca del senso delle trasformazioni algebriche, per evitare
di arrivare alla mera manipolazione algebrica delle espressioni soltanto in virtù di
alcune regole apprese.
In fase di progettazione (Allegato 1) ho supposto che gli alunni della classe
prima fossero in possesso dei seguenti prerequisiti:
Operazioni in N, Z e Q e calcolo con i numeri razionali:
o Conoscere le proprietà della somma algebrica, della moltiplicazione (in
particolare la legge di annullamento del prodotto), della divisione e
dell’elevamento a potenza
Calcolo letterale:
o Operazioni fra polinomi
o Conoscere i prodotti notevoli: differenza di quadrati, quadrato di un
binomio, cubo di un binomio
o Saper determinare il m.c.m. fra monomi e fra polinomi
o Saper riconoscere se alcuni semplici polinomi sono scomponibili
nell’insieme Q
o Saper applicare le tecniche di scomposizione dei polinomi più opportune:
raccoglimento totale e/o parziale, riconoscimento dei prodotti notevoli,
trinomio particolare di secondo grado
Saper risolvere le equazioni intere di primo grado in una incognita:
o Conoscere i principi di equivalenza e le conseguenti regole di trasporto e
semplificazione
Il mio intervento su “Le frazioni algebriche”, con l’approfondimento
dell’ulteriore metodo di scomposizione dei polinomi tramite “il teorema del resto e la
regola di Ruffini”, tendeva al raggiungimento dei seguenti obiettivi, distinti per ambiti
di conoscenze e di abilità, che concorrono insieme a sviluppare negli allievi la capacità
di far propri i significati del linguaggio dell’algebra e di usare il pensiero algebrico, in
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particolare acquisendo la capacità di astrazione che quest’ultimo favorisce (con la
consapevolezza però che tali competenze si potranno valutare solo al termine di percorsi
molto più duraturi di quello intrapreso da me):
CONOSCENZE (o SAPERE)
La definizione di frazione algebrica.
Il dominio di una frazione algebrica.
La definizione di frazioni equivalenti.
La definizione di frazioni riducibili
(mediante la proprietà invariantiva delle
frazioni algebriche) e irriducibili.
Le operazioni (e relative proprietà) delle
frazioni algebriche: somma algebrica,
moltiplicazione, elevamento a potenza,
divisione.
Le procedure in Derive e i principali
comandi nell’area algebrica .
Enunciare il teorema del resto di Ruffini.
La regola di Ruffini.
ABILITA’ (o SAPER FARE)
Determinare le condizioni per l’esistenza
di una frazione algebrica.
Riconoscere una frazione ridotta ai minimi
termini.
Semplificare una frazione algebrica.
Operare con le frazioni algebriche e
trasformare espressioni con le frazioni
algebriche.
Gestire i menu algebrici di Derive,
operando con alcuni comandi, ed
interpretare il comportamento di un
esecutore
Determinare il resto (senza eseguire la
divisione) in una divisione per un binomio
di I grado.
Determinare gli zeri razionali di un
polinomio a coefficienti in Q.
Applicare la regola di Ruffini.
Scomporre un polinomio con la regola di
Ruffini.
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Contenuti I Fase Tipo di lezione Le frazioni algebriche: definizione; le condizioni di esistenza, la semplificazione.
Esercizi e scheda "Caccia all'errore" Frontale-dialogata
Ripasso condizioni di esistenza e semplificazione. Correzione compiti per casa. Semplificazione con termini opposti, frazione equivalenti
Frontale-dialogata
Operazioni con le frazioni algebriche: il prodotto, la potenza, la divisione; esercizi di semplificazione e moltiplicazione con termini opposti
Frontale-dialogata
Correzione dei compiti per casa; riduzione di frazioni allo stesso denominatore Frontale-dialogata
Introduzione della somma; m.c.m. tra monomi, tra polinomi e tra monomi e polinomi Frontale-dialogata
Somma di frazioni algebriche con denominatori uguali, opposti, oppure i cui denominatori sono polinomi scomponibili con le tecniche conosciute. Correzione
compiti per casa. Esercizi da svolgere in piccoli gruppi
Frontale-dialogata e lavoro di gruppo
Verifica formativa sulle singole operazioni tra frazioni algebriche Verifica
Derive 5 in laboratorio: sintassi di piccole espressioni, discussione delle condizioni di esistenza; esercizi su priorità delle operazioni. Laboratorio
Contenuti II Fase Tipo di lezione
Teorema del resto, ricerca dei divisori di un polinomio, scomposizione di polinomi con Ruffini; schema di Ruffini per la semplificazione della divisione; definizione di zeri di un polinomio (interi e razionali); esercizio alla lavagna e poi individuale
Frontale-dialogata
Raccolta e correzione compiti per casa; ripasso teorema del resto; scomposizione della somma algebrica di due cubi
Frontale-dialogata
Correzione compiti per casa; correzione della verifica formativa; prime espressioni con le frazioni algebriche (struttura ad albero); lavoro di gruppo
Frontale-dialogata e lavoro di gruppo
Contenuti III Fase Tipo di lezione Correzione alla lavagna di due espressioni ed esercizi guida con scomposizione di
polinomi applicando "tecniche miste" Frontale-dialogata
In laboratorio: Derive 5 per la traduzione dal linguaggio naturale a quello simbolico ed Excel per la scomposizione di un polinomio di grado elevato con
Ruffini Laboratorio
Esercizi in preparazione del compito in classe Frontale-dialogata
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Verifica sommativa sulle espressioni algebriche e l'applicazione del teorema del resto e Ruffini Verifica
Correzione verifica sommativa e somministrazione breve questionario Frontale-dialogata
§2. L’analisi dei prerequisiti
Fedele all’idea del progetto di verificare i prerequisiti sul calcolo letterale, in
particolare sulla abilità di scomposizione dei polinomi in Q, ho analizzato i risultati
della prova sommativa svolta nella settimana precedente all’inizio del mio intervento
(Allegato 2). Nel complesso i risultati sono stati buoni, come dimostra la media dei voti
e la percentuale di sufficienze, e gli errori, riguardanti soprattutto la scomposizione della
differenza di due quadrati ed un raccoglimento a fattor comune errato, sono stati
concentrati soprattutto in alcuni compiti. Ad esempio nell’esercizio d) il polinomio
viene scomposto così: 5yy
)1)(1()1( 224 yyyyy , in due casi
)1)(1)(1)(1()1)(1()1( 224 yyyyyyyyyy , in un caso
22224 )1()1)(1()1( yyyyyyy , in un caso
Per quanto riguarda l’esercizio l) il polinomio x³-xy²+x²y-y³ viene così scomposto:
))()(())(()()( 222222 yxyxyxyxyxyxyyxx
Nell’esercizio c), viene scomposto in (x²+8x)( x²-8x), oppure in un altro
caso in:
168 24 xx
Un raccoglimento parziale per me inaspettato, per la “disinvolta” e corretta gestione dei
segni, è stato quello di Claudia:
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Infine, per quanto riguarda il polinomio i) , il 27% della classe si ferma
ad indicare (2a²+2b)², mentre il 18% scrive non correttamente [2(a²+2b)]².
224 48 bbaa
FREQ. DEI VOTI F M
3,5 1 1 100% 0%
4,5 2 2 100% 0%
5 2 2 100%
6 5 2 40% 3 60%
7 1 1 100%
7,5 2 2 100%
8 4 2 50% 2 50%
8,5 5 3 60% 2 40%
tot suff 77% 10 7
voto medio Insufficienze Sufficienze
6,8 23% 77%
0
1
2
3
4
5
6
3,5 4,5 5 6 7 7,5 8 8,5
§3. La discussione delle condizioni di esistenza
Nell’introdurre l’argomento Frazioni algebriche ho ritenuto opportuno
richiamare le conoscenze degli studenti sull’operazione di divisione nell’insieme Q e
nell’insieme dei polinomi, riflettendo sul fatto che quest’ultimo non è chiuso rispetto
alla divisione. In questo contesto un’allieva, Claudia, nota sommessamente che quando
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il numeratore è costituito da un polinomio di grado inferiore a quello del denominatore,
la divisibilità tra il primo ed il secondo non può esserci e quindi in questo caso
otterremo sempre una frazione algebrica.
Pensando poi alla definizione di divisione fra numeri (e di reciproco di un numero) ho
chiesto ai ragazzi di ricercare i valori “proibiti”, ovvero tutti quei valori che, sostituiti
alle lettere che compaiono a denominatore di una frazione algebrica data, rendono
quest’ultimo nullo e la frazione priva di significato.
Personalmente ho proposto una scrittura che metta in evidenza, ove sia possibile, la
parte di dominio che rimane dopo aver individuato i valori che l’indeterminata non può
assumere: ad esempio, Q-{2} nel caso in cui il denominatore sia x-2, per far
comprendere agli allievi quale sia l’insieme di lavoro di una data frazione algebrica e la
legittimità di operare con frazioni date. Volevo cercare di non far scrivere loro le
condizioni di esistenza solo quando venisse esplicitamente richiesto, ovvero per
contratto didattico, ma che arrivassero ad esplicitarle in modo quasi “naturale”, cioè
come una premessa a qualsiasi processo successivo, pertanto la maggior parte della mia
lezione si è svolta proprio trattando il significato delle condizioni di esistenza di una
frazione algebrica.
Scrivendo alla lavagna la frazione a³b²c/ac² ho posto la domanda: “Servono tutte queste
condizioni di esistenza: a 0, b 0, c 0?”, per riflettere sul fatto che il dividendo nella
divisione può essere nullo.
Già dall’inizio è emerso il dubbio che il dominio o campo di esistenza di una frazione
sia una sovrastruttura un po’ pesante per i ragazzi, già impegnati nella manipolazione
formale di piccole espressioni algebriche, in particolare da parte della mia tutor, che ha
proposto di limitare lo studio delle condizioni di esistenza al caso di frazioni in una sola
variabile, oppure, almeno in principio, soltanto quando venisse loro richiesto. Ho
proposto quindi una scheda da svolgere in modo autonomo ed anonimo, per evitare che
gli allievi copiassero fra loro e per vedere di far emergere la più ampia lista di dubbi ed
errori (Allegato 3). Le condizioni di esistenza sono state richieste nel primo esercizio,
ma non nel secondo, e più di qualcuno le ha ugualmente poste per tutte le frazioni
algebriche incontrate, anche se non correttamente:
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Considerare il dominio di una frazione algebrica data per me è stata una sfida da
portare avanti fino alla fine, trattando il problema anche con un cambio di registro,
ovvero durante una lezione al Centro Servizi in cui ho sfruttato il programma Derive 5.
Nel suo menu di semplificazione il programma prevede, infatti, la procedura “Variable
Substitution” con la quale i ragazzi, dopo aver congetturato sulle condizioni di
esistenza, hanno potuto verificare il risultato calcolato dal Computer Algebra System in
questione (Allegato 4), ottenendo una conferma “autorevole”, perché dettata dalla
grande fiducia riposta nel computer da molti allievi.
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Nella seconda frazione algebrica che ho pensato di proporre abbiamo notato insieme
come a –1 non ci fosse tra le condizioni di esistenza, infatti il risultato della
sostituzione era 0, mentre per a=2 veniva visualizzato sullo schermo il simbolo “?”
come risultato di 0/0.
In una scheda proposta ai ragazzi, in cui dovevano cercare eventuali errori di
semplificazione, quasi tutti gli errori sono stati riconosciuti, come ad esempio in
yx
yx , ma nel terzo esercizio, dalla struttura leggermente più complessa, la
semplificazione proposta è stata considerata corretta, nonostante vi fosse un errore dello
stesso tipo di quelli riconosciuti, ma più “mascherato”, dove il prodotto ha richiamato
l’attenzione dei ragazzi prima della differenza:
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Come azione di “rinforzo” alla lavagna, una volta mi sono permessa di semplificare
ulteriormente il risultato di una trasformazione nel seguente modo: 2
2a = 2, ottenendo
una sgranata di occhi da parte di mezza classe.
Trattando le infinite equivalenze tra frazioni, lette da destra a sinistra e
viceversa, è stata richiamata la proprietà invariantiva delle operazioni di moltiplicazione
e divisione, sulla quale si basa la semplificazione e si è riflettuto in particolare
sull’equivalenza o meno delle due frazioni:
312
xx e
)2)(3()2)(12(
xxxx ; in particolare, Luca non riusciva a capire perché le due
frazioni siano equivalenti in Q-{-3,-2}, dato che “x+2 e x+2 vanno via!”. Allora
abbiamo provato a sostituire il valore –2 alla x ed ottenuto nella prima frazione –3 e
nella seconda frazione 0/0. Il passaggio più delicato è stato capire perché “le condizioni
di esistenza si debbano mettere prima della semplificazione” e non sul risultato di
questa operazione. Anche le prime operazioni con le frazioni algebriche, ovvero la
moltiplicazione, l’elevamento a potenza e la divisione, sono state sempre introdotte con
una iniziale e puntuale discussione sulle condizioni di esistenza, cercando di non
trascurare di evidenziare tutti i valori proibiti, non escludendone a causa della
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semplificazione e scoprendone poi di nuovi, come nel caso delle condizioni sul
numeratore della frazione divisore.
Nella scheda proposta in classe di cui ho trattato precedentemente (Allegato 3), è
risultato, infatti, che il 20% dei ragazzi ha posto le condizioni di esistenza, sulla frazione
risultato, ovvero dopo la semplificazione di alcuni fattori:
Il 50% delle condizioni poste per la prima frazione erano errate, interessavano un solo
valore ed erano a volte espresse così:
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Dalla mia riflessione su tale errore ho concluso che in questo caso la condizione non era
stata posta sul denominatore del risultato della semplificazione, ma proprio sul testo,
sostituendo alla x il valore (per loro unico!) il cui quadrato fosse 4!. Gli allievi di una
prima classe infatti non hanno ancora affrontato lo studio delle equazioni di secondo
grado e non si aspettano di trovare coppie di valori che sostituiti all’incognita
verifichino un’uguaglianza data.
Dalla stessa scheda emerge poi qualche incertezza nella scomposizione in fattori dei
polinomi, soprattutto del tipo “somma di quadrati”.
Il risultato della seconda semplificazione, infatti, è errato nel 40% dei casi, per metà
dovuti alla scomposizione della somma di quadrati:
Ho voluto soffermarmi più volte, in seguito, sul denominatore del tipo a²+1, oppure
, generalizzando al caso in cui il grado dell’indeterminata sia pari e sia questa
uno dei due termini della somma con un numero positivo, per far vedere come in questo
caso il denominatore non sarà mai nullo ed il nostro dominio sia tutto Q. Per quanto
riguarda la simbologia, abbiamo visto per la prima volta il quantificatore universale
“per ogni” ed il simbolo di appartenenza (
94x
Qx ).
§4. Il senso nelle trasformazioni
Il secondo punto su cui ho inteso focalizzare il mio intervento è stata la capacità
di trasformazione delle frazioni algebriche, per arrivare, in particolare, ad una corretta
gestione dei termini opposti, sia nelle operazioni di divisione, di moltiplicazione e di
elevamento a potenza, sia nella somma algebrica, e l’occasione si è presentata
tempestivamente, quando Silvia ha chiesto se il risultato di una semplificazione dato dal
libro di testo, ovvero se 3
1 x fosse o no equivalente a quello da lei ottenuto, ovvero
3)1(x . Abbiamo affrontato quindi la semplificazione con termini opposti, curando
18
inoltre il linguaggio e l’uso appropriato dei termini, in seguito all’espressione di Elena
che esclama: “raccolgo il meno da sopra!”.
Riflettendo su quale rigore linguistico un insegnante possa e debba esigere dai
propri allievi, ho trovato interessante l’articolo di Giorgio Bagni, in cui si legge: “Il
tentativo di portare i propri allievi ad impiegare un linguaggio matematico “rigoroso” è
una lodevole intenzione, è un obiettivo importante per ogni insegnante. Non intendiamo
certamente avallare una pratica matematica linguisticamente scorretta o comunque
approssimativa! Tuttavia ogni insegnante deve essere consapevole delle reali difficoltà
che l’uso di questo linguaggio “rigoroso” comporta per l’allievo, difficoltà che si
sovrappongono, spesso pesantemente, a quelle che la risoluzione di un problema già
comporta (D’Amore & Plazzi, 1990). A ciascun insegnante spetta dunque il compito di
valutare attentamente il ruolo da assegnare al rigore e alla correttezza formale
nell’ambito della propria programmazione, tra i propri obiettivi didattici. La ricerca di
un’espressione rigorosa dei contenuti matematici deve essere condotta con
l’indispensabile prudenza (G.Bagni, 2005).
Consapevole delle difficoltà connesse all’apprendimento dell’algebra e del fatto
che nella tradizione l’algebra non viene costruita in lenta progressione, come strumento
e oggetto di pensiero, ma privilegia invece lo studio delle regole di manipolazione
formale trascurandone la semantica, ho cercato di non far apprendere ai ragazzi
l’operabilità con le frazioni algebriche come una collezione di trucchi (Arzarello, 1994).
Le lezioni frontali in classe sono state dialogate e, durante le spiegazioni, ho
proposto come esemplificazione, esercizi particolari (ricavati da un’analisi degli ostacoli
didattici e degli errori più ricorrenti), il cui svolgimento richiedesse consapevolezza e
non meccanicità, perché ciascun allievo venisse responsabilizzato nel costruire in modo
attivo le proprie conoscenze e raggiungere la cosiddetta “devoluzione della situazione”
(D’Amore, 1999).
Ad alcune allieve della classe, in particolare, mancava la consapevolezza delle
procedure in aritmetica e del modo in cui esse nascono, mancava una base concettuale
su cui costruire le conoscenze algebriche e difettavano di appropriate strutture
aritmetiche dalle quali generalizzare.
La metafora del “balbettio” elaborata all’interno del progetto ArAl mi ha
suggerito di assumere il seguente atteggiamento: aiutare i ragazzi a far propri i
19
significati e le regole dell’algebra, gradualmente, attraverso imitazioni, errori,
aggiustamenti e, perché no, gratificazioni ed approfondimenti, all’interno di un contratto
didattico tollerante verso momenti iniziali sintatticamente ‘promiscui’ (Progetto ArAl).
L’obiettivo finale è stato anche quello di far comprendere agli allievi come
trasformazioni sintattiche di espressioni formali condensino processi di pensiero
difficilmente realizzabili nel linguaggio naturale.
Ho deciso di sottolineare in molte occasioni come (x-1)² sia equivalente a (1-x)²
ed ho proposto esercizi ad hoc, del tipo 44
22
2
aaaa , trasformato in 2)2(
)2)(1(a
aa, e poi
ina
a2
1 , oppure del tipo 44
42
2
aaa , che si trasforma in 2)2(
)2)(2(a
aa, oppure in
2)2()2)(2(
aaa
.
Marco infine, forse senza aver seguito la prova dello sviluppo di (x-2)² e di (2-x)², fatta
da un compagno, ha individuato come opposti x+1 ed x-1 e mi ha chiesto: “allora prof,
se (+2)² è uguale a (-2)² posso scrivere (x-1)² uguale a (x+1)² ?”. Questo è un errore
che ricorrerà in altri due casi nella verifica sommativa finale, in cui Elena e Michele
scriveranno:
Queste ricorrenti riflessioni sui segni e sulle trasformazioni miravano anche a far
comprendere che saper trasformare una frazione algebrica vuol dire dare ad
un’espressione un senso diverso, mantenendo però la stessa denotazione.
In questo quadro teorico ho presentato le due espressioni 11-x²
x ed x+1,
provando a far riflettere i ragazzi sulla loro equivalenza o meno, perché capissero che la
procedura di semplificazione può far perdere la denotazione propria di un’espressione
algebrica, se ci si dimentica dei valori esclusi in partenza nell’analisi dell’insieme
individuato come dominio.
20
Pensando ad un possibile insegnamento sensato dell’algebra, con la mia
insegnante tutor, abbiamo deciso di introdurre il teorema del resto e la regola di Ruffini
“incidentalmente”, ovvero presentandoli come un’ulteriore tecnica di fattorizzazione dei
polinomi scomponibili, durante le esercitazioni in cui operavamo con le frazioni
algebriche, piuttosto che affrontarla nel capitolo del calcolo polinomiale.
Considerando ora la tecnica di scomposizione mediante Ruffini come un
ulteriore strumento di trasformazione di un polinomio, abbiamo potuto costruire insieme
nuovi risultati per la scomposizione in particolare della somma e differenza di cubi, che
tradizionalmente si studia “mandandola a memoria” come altri Prodotti Notevoli.
I binomi ed possono essere, o no, divisibili o per la differenza
delle basi x-a, o per la loro somma x+a e la cosa è stata facilmente studiata facendo uso
del terorema di Ruffini. Schematizzando la situazione per n pari e per n dispari, ci siamo
soffermermati sul fatto che, per n dispari ed uguale a 3, x³-a³ ed x³+a³ sono divisibili
rispettivamente per x-a e per x+a e danno luogo alla relativa scomposizione in fattori:
(x-a)(x²+ax+a²) ed (x+a)(x²-ax+a²).
nn ax nn ax
Per questa ragione, ho previsto di introdurre questa tecnica di scomposizione
soltanto in questo momento, nel cuore dell’argomento delle trasformazioni algebriche,
per fornire agli studenti uno strumento più “ragionevole” e senz’altro più potente
dell’”imparare a memoria”.
Abbiamo concluso questa fase con una seconda visita in laboratorio e per un
cambio di registro, quando, servendoci di un foglio elettronico di Excel, abbiamo
studiato i valori assunti da un polinomio di grado elevato, che il calcolatore ha calcolato
per noi, quando si attribuivano all’indeterminata tutti i valori che la teoria ci forniva
come possibili zeri del polinomio (divisori del termine noto fratto divisori del
coefficiente di grado massimo) e abbiamo cercato le radici razionali del polinomio dato
osservando dove questo si annullava. L’utilità di questa esercitazione, che può esere
realizzata con un qualsiasi foglio di calcolo elettronico, consisteva nel poter verificare
rapidamente, con un colpo d’occhio, quale tra tutti i valori “candidati” fosse uno zero
razionale del polinomio, oppure, qualora ce ne fosse stato più di uno (e “ce l’avrebbe
rivelato la macchina”), avremmo potuto eseguire più divisioni del polinomio dato. In tal
modo i ragazzi si sono sentiti “sollevati” dall’eseguire calcoli pesantissimi,
21
comprendendo la vera utilità dei programmi di calcolo e concentrandosi
prevalentemente sull’analisi dei risultati (Allegato 5).
L’operazione di somma algebrica costituisce una delle maggiori trasformazioni,
in cui, passando attraverso la ricerca del minimo comune multiplo, si attribuiscono
nuovi sensi alle frazioni algebriche su cui si opera e si ottiene un nuovo senso della
frazione algebrica risultato, nonostante il dominio di lavoro sia rimasto lo stesso.
Nell’affrontare la somma algebrica è emersa una misconcezione nel determinare
il m.c.m. dei polinomi binomi e monomi: ovvero nella somma babba2
31
34
,
secondo Michele, il m.c.m. è uguale a –3ab², ed emerge poi un’altra misconcezione nel
caso di denominatori opposti, ad esempio nella somma:
)(1
))((2
)( abbbabaab
baabba
, in cui il m.c.m. viene determinato alla lavagna
così: ab(a-b)(b-a).
In realtà, (a-b) e (b-a) spesso non sono visti come simboli che stanno ad indicare
due termini fra loro opposti e per superare questo ostacolo ho percorso due strade.
La prima, più formale, è consistita nel raccogliere il fattore –1, ottenendo la
trasformazione )()( abbaba . La seconda, che cercava di non
“trascurare” la continuità tra aritmetica ed algebra, ha visto la sostituzione delle lettere a
e b: 2-5 e 5-2 e, solo dopo aver fatto i calcoli ed aver visualizzato i risultati –3 e 3, i
ragazzi si sono convinti (per il momento) che a-b e b-a sono opposti.
La verifica in itinere è stata costruita per valutare a che punto si trovassero i
ragazzi in vista dei due obiettivi da raggiungere: comprendere la necessità di stabilire il
dominio delle frazioni algebriche e la capacità di trasformazione di queste ultime
(Allegato 6).
Dalla prova formativa svolta in classe risulta, dalla quasi totalità delle risposte,
che il senso del binomio a²+1 è stato ben compreso. Nella verifica infatti l’ho proposto
in un’esercizio in cui bisognava valutare la correttezza delle condizioni di esistenza già
indicate a fianco di alcune frazioni algebriche e vi sono state soltanto due risposte errate
nel caso di a²+1, dove due ragazze hanno corretto le condizioni con a 0 e a 1.
22
In tre casi è emerso l’ostacolo della comprensione della consegna (si richiedeva,
infatti, esclusivamente di valutare la correttezza delle condizioni di esistenza), dovuto
forse al contratto didattico secondo il quale gli allievi si sentono principalmente
chiamati ad effettuare calcoli e quindi a semplificare le frazioni algebriche fino ad
ottenere frazioni irriducibili sulle quali porre “eventualmente” le condizioni di esistenza.
Guardando la seconda frazione algebrica, mi sono trovata a sorridere nello
scoprire come il differente carattere grafico usato da Martina per scrivere la stessa
lettera “a” l’abbia portata a non semplificarla!
Per quanto riguarda le condizioni di esistenza della prima frazione algebrica, che
i ragazzi avevano già affrontato nella scheda di lavoro in classe, vi è stato più di
qualcuno che ha accettato la sola condizione proposta da me, perseverando nell’errore,
mentre l’altro tipo di errore è consistito nel porre le condizioni sul numeratore, come ad
23
esempio Monica che considera corretta la proposta in b) oppure Lorenzo che aggiunge
x 1 nel caso c). Due allievi hanno corretto nel terzo caso le condizioni, ponendo x +1 e
x -2, individuando questi valori come zeri del trinomio scomposto cosi’: (x+1)(x-2).
Per far comprendere agli allievi gli errori commessi, ho dedicato la lezione
seguen
stata svolta bene dalla maggior parte degli allievi, anche se
te ad un recupero, tramite la correzione della verifica e dei compiti a casa. Nella
stessa lezione, abbiamo ritenuto opportuno ripassare le semplici regole per la
risoluzione di equazioni elementari del tipo x-a, con a intero, affrontate molto
velocemente con la tutor, al fine di poter applicare correttamente la legge di
annullamento del prodotto.
Nel complesso la verifica è
l’esercizio sulla semplificazione con termini opposti, da me opportunamente elaborato,
non ha dato i risultati sperati. Più della metà della classe, infatti, non ha semplificato
correttamente:
’altra parte soltanto pochi ragazzi non hanno svolto correttamente un successivo D
esercizio riguardante i termini opposti (il b) del terzo gruppo), ed ho trovato la
motivazione (che mi ha un po’ consolato) nel fatto che il mancato raccoglimento
nell’esercizio precedente del fattore comune numerico “4” in molti casi (almeno sei)
non aveva permesso ai ragazzi di proseguire e di arrivare alla scomposizione opportuna
per la semplificazione con i termini opposti.
’ultimo esercizio consisteva nella somma algebrica di tre frazioni algebriche, tra le
quali due con denominatori opposti, e in quattro casi i due termini opposti (a-b) e (b-a)
sono stati “scelti” entrambi per determinare il m.c.m.
L
24
In sintesi, senza assegnare voti alle verifiche (la verifica formativa infatti non era vista
come momento finale di un percorso, ma come controllo in itinere delle abilità e degli
biettivi raggiunti per un’eventuale modifica del curricolo) abbiamo ottenuto i seguenti o
risultati:
Scarsa abilità Discreta abilità
30% 70%
Nell’arco di tutte rca sercizi con una struttura
simile, ma in un’indeterminata che veniva indicata nei testi indifferentemente con x , y ,
oppure b, in modo che gli allievi fissassero la loro attenzione maggiormente sulla
struttur
dizioni anche al numeratore
della frazione divisore.
le lezioni ho ce to di presentare e
a
a e sul tipo di polinomi-termini delle frazioni algebriche, per superare la
misconcezione, emersa nella verifica formativa, che “la variabile è sempre la x” .
Nell’esercizio (3+y)/(a+3) di una scheda svolta in classe, infatti, Chiara aveva posto
come condizioni di esistenza x -3. Si potrebbe definire quest’ultima una
“misconcezione in corso di sistemazione”: l’obiettivo infatti era individuare il valore –
3. Come si legge in D’Amore, “una misconcezione, infatti, è un concetto errato e
dunque costituisce genericamente un evento da evitare; essa però non va vista sempre
come una situazione del tutto o certamente negativa: non è escluso che per poter
raggiungere la costruzione di un concetto, si renda necessario passare attraverso una
misconcezione momentanea, ma in corso di sistemazione”.
Un piccolo successo l’ho invece ottenuto quando, durante lo svolgimento da
parte dei ragazzi del primo esercizio del terzo gruppo, ho letto, tra le condizioni di
esistenza poste da molti di loro, x 3, ampliando così le con
25
Dopo l
terrogazione alla lavagna. Devo ammettere
la loro collaborazione.
Consap
nno chiamato “prof” sin dalla prima lezione!), ma
’esame della logica degli errori, abbiamo dedicato molto spazio alla correzione
dei compiti per casa, per un recupero in itinere (e continuo) ed una valutazione
dell’apprendimento dei ragazzi in un contesto libero dall’ansia di sentirsi “sotto esame”,
come durante un compito in classe o un’in
che all’inizio è stato difficile riuscire a raccogliere qualche esercizio tra quelli svolti a
casa, ed i ragazzi, tra i vari motivi, si scusavano dicendo”Scusi prof, ma non mi sono
riusciti!”. Durante la correzione alla lavagna ho allora chiesto che ciascuno, seguendo i
passaggi delle espressioni dal proprio posto, alzasse la mano nel punto in cui aveva
interrotto lo svolgimento, ma non sono riuscita a coinvolgere in tutto ciò più di una o
due persone.
Soltanto dopo aver esplicitato loro quale fosse il mio obiettivo, ovvero quello di
riflettere sui loro passaggi errati, considerando in tal modo i loro errori una preziosa
fonte di informazioni sui problemi dell’apprendimento e dell’insegnamento, ho ottenuto
più facilmente
evole della loro paura del voto sul registro, mi sono proposta di intervenire in
qualche modo sugli aspetti relazionali nella classe, ritenendo che, in qualità di
tirocinante, potessi trasmettere agli studenti l’immagine di una persona che era pur
sempre un’insegnante (i ragazzi mi ha
più “morbida”, una persona intermediaria, con la quale si potessero chiarire i dubbi,
commettere errori e capirli serenamente, discutere, argomentare e recuperare. Pertanto,
ho deciso di continuare più volte ancora a raccogliere gli esercizi svolti a casa,
instaurando con ciascuno di loro una sorta di “rapporto epistolare”, o relazione
comunicativa anche su carta, con suggerimenti ed osservazioni.
26
§5. La verifica sommativa
In vista della conclusione del mio intervento e quindi della verifica sommativa
(Allegato 7), ho sempre fatto presente ai ragazzi cosa fosse importante per me, portando
in classe esercizi significativi, scelti da me consultando il loro libro di testo, che
proponeva una vasta scelta di espressioni. Ho selezionato quelli non troppo “artificiosi”
e tralasciato quelli con frazioni “a più piani”, ribadendo la “fattibilità” della prova che si
sarebbe basata su ciò che avevamo affrontato insieme durante le lezioni.
Tra i quattro esercizi assegnati, ho voluto caratterizzarne due per non dover essere svolti
con calcoli, in particolare congetturando sui possibili zeri di un polinomio ed applicando
il teorema del resto.
Nel primo gruppo di semplificazioni vi è stata una sorta di rottura di contratto didattico,
da parte di Francesca, la quale ha portato correttamente a termine tutte le scomposizione
in fattori, ma non ha eseguito la semplificazione dei termini uguali:
27
In un altro caso, al contrario, il numeratore della frazione algebrica risultato è stato
scomposto erroneamente (essendo la somma di quadrati), forse per poter semplificare
“il più possibile”:
28
C’è stato poi un errore relativo al calcolo dell’m.c.m., quando Licia e ed Elena, sempre
nell’ultima espressione del quarto esercizio, non hanno riconosciuto due binomi
opposti, considerandoli entrambi nel denominatore comune:
Elena poi commette due volte lo stesso tipo di errore nel raccoglimento totale in una
somma algebrica e calcola in modo curioso la somma di 1 e 1/x, sostituendo la frazione
con 1/2:
29
Nella verifica ho voluto proporre come terzo esercizio del primo gruppo di
semplificazioni, una frazione algebrica in cui il denominatore si potesse scomporre con
il metodo di Ruffini e questo è stato svolto correttamente dalla maggior parte degli
allievi senza difficoltà, soprattutto da Lorenzo che applica la tecnica appresa
ripetutamente e si affida ad essa per un numero eccessivo di volte, facendo scattare così
la clausola del contratto didattico di delega formale:
Forse l’errore più grave è stato quello commesso da Marco e da Claudia che nella prima
somma dell’ultimo esercizio (4c) non hanno calcolato il m.c.m.:
30
Nonostante questa rosa di errori sopra elencata, i risultati sono stati molto buoni, il voto
medio ha superato il sette e circa i tre quarti degli allievi hanno raggiunto, anche
ampiamente, la sufficienza. In definitiva, con grande soddisfazione mia e della mia
tutor, molti ostacoli sono stati superati, anche se alcuni purtroppo persistono, insieme a
lacune profonde nella preparazione di base di alcune allieve.
FREQ. DEI VOTI F M
3 2 2 100% 0%
4 2 2 100% 0%
5 3 1 2
6 1 1 100% 0%
7 4 1 25% 3 75%
8 5 4 80% 1 20%
8 4 50% 4 50% 9+
tot suff 72% 10 8
0
2
4
6
8
10
3 4 5 6 7 8 9+
voto medio insufficienze sufficienze
7,3 28% 72%
31
CAPITOLO 3 - CONCLUSIONI
1. Immagine della disciplina
Avviandoci alla conclusione del nostro percorso, ho elaborato un breve
uestionario di tre domande (una chiusa e due aperte), come strumento di valutazione,
particolare degli stati d’animo che accompagnano gli allievi nel loro processo di
pprendimento, anche in relazione al passaggio dall’aritmetica all’algebra. Vorrei
portare le risposte fornite dagli allievi della classe IC del Liceo Scientifico “L. Da
omministrato loro durante l’ultima lezione del
§
q
in
a
ri
Vinci” di Casalecchio al questionario s
mio tirocinio attivo (Allegato 8).
Mentre Davide sente di “farcela”, vede che le espressioni algebriche “gli riescono” e usa
come sinonimi “mi interessa” e “mi riesce”, Marco preferisce la geometria, in cui
sembra ottenere migliori risultati, rivelando una comprensione solo strutturale
dell’algebra ed una scarsa sopportazione degli esercizi “meccanici” e ripetitivi:
Il termine “algebra” è emerso in molte risposte ad indicare la separazione rigida
della matematica in “materie” diverse: aritmetica, geometria, algebra. Ciò mi ha
permesso di studiare più approfonditamente le reazioni e gli atteggiamenti degli studenti
non solo verso la matematica in generale, ma anche distintamente nei confronti
dell’algebra e nei confronti della geometria.
32
I ragazzi in questo periodo, dopo sei mesi del primo anno di liceo, sembrano
assume
vi sia un legame logico fra una qualunque
propos
re atteggiamenti più positivi verso l’algebra (sfida, serenità, chiarezza), mentre
sembrano provare sentimenti prevalentemente negativi nei confronti della geometria
(confusione, noia, sfida). Penso, infatti, che le attività di dimostrare, congetturare ed
argomentare stiano gradualmente facendosi strada nella loro mente, allenandoli a
ragionare, a parlare con rigore, a stabilire se
izione ed altre ammesse precedentemente. Probabilmente tutto ciò porta alcuni di
loro a meravigliarsi se qualche volta vengono dimostrate certe proposizioni, che pure
hanno carattere intuitivo ed, al contempo, a provare un senso di confusione perché
stanno iniziando a costruire solo ora queste nuove competenze e perciò si sentono
ancora piuttosto insicuri.
Quando a casa fai i compiti di matematica (pensando
all'algebra), provi un senso di:
4
5
0
1
2
3
sfida serenità chiarezza
Quando a casa fai i compiti di matematica (pensando alla
geometria), provi un senso di:
0
1
2
3
4
5
confusione noia sfida
33
Sommando poi tutte le risposte, senza considerare le distinzioni operate dagli
studenti, si ottiene la seguente “classifica”:
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%
sfida
confusione
divertimento
serenità
noia
entusiasmo
chiarezza
fatica
In sostanza, quindi, non prevalgono sicuramente emozioni spiacevoli o negative
nei confronti della matematica, al più gli allievi provano un senso di confusione, che
può essere positivo per condurli alla costruzione delle conoscenze matematiche,
attraverso il cosiddetto conflitto cognitivo e la rottura di contratti didattici, ed alla
cosiddetta devoluzione dell’allievo.
L’argomento del programma di matematica svolto finora che più li ha interessati
è stato:
Le frazioni algebriche: 73%
La scomposizione dei polinomi e prodotti notevoli: 19%
Risposte totali %
sfida 17 65%
confusione 10 38%
divertimento 9 35%
serenità 8 31%
noia 8 31%
entusiasmo 6 23%
chiarezza 5 19%
fatica 3 12%
34
Geometria: 1 allievo
Logica: 1 allievo
Anche se dal questionario, con mia grande sorpresa, è emersa una netta
preferenza per l’algebra (in particolare per le frazioni algebriche), un aspetto su cui
riflettere attentamente è il problema nel raccordo tra medie e superiore per i temi trattati.
In un articolo di Domingo Paola, su quest’argomento, si legge che “la causa di maggior
insuccesso per gli studenti nel biennio della scuola secondaria superiore è il calcolo
letterale. Sembra che la valutazione e la selezione si giochino quasi esclusivamente su
quest’argomento: si giudicano gli studenti su abilità di tipo più meccanico, com
eseguir
este indicazioni ed altri suggerimenti non possono,
però, s
delle superiori. Per favorire la gestione accorta ed efficace della continuità,
ovvero per rendere le necessarie discontinuità sopportabili dagli studenti, cominciano a
diffondersi i lcune province,
come a Vicenza o a Savona, in cui all’atto dell’iscrizione alla scuola superiore, agli
studenti viene consegnato un quaderno contenente proposte di esercitazioni, guidate e
no, risultato da un lavoro di progettazione comune tra insegnanti di scuola media e di
scuola
e
e correttamente la semplificazione di un’espressione letterale. Molti insegnanti
sostengono che non vi sono rimedi semplici e generali per i problemi di raccordo tra
medie e superiori. Si possono invitare e aiutare gli studenti a lavorare confrontandosi in
piccoli gruppi; far loro produrre congetture e richiedere di validarle anche con l’aiuto di
strumenti di calcolo automatici….Qu
ostituire un lavoro di confronto e di programmazione comune fra insegnanti delle
medie e
in ziative avviate in alcune scuole medie e superiori di a
superiore”.
L’insegnamento e l’apprendimento della matematica non sono, come si legge in
G. Bagni (Appunti di didattica della matematica, 2005), il prodotto di un’attività
“artistica”, ma razionale. L’insegnante e l’allievo possono (devono) riflettere
continuamente sul proprio operato, per rendersi conto delle eventuali difficoltà, per
capirne le radici e dunque per migliorare la situazione. Per rendere sempre più vivo
l’inseparabile binomio insegnamento-apprendimento.
Ho pensato, come spunto di riflessione sul tema dell’apprendimento, ad una
terza ed ultima domanda con cui si chiedeva agli allievi di pensare a cosa li avrebbe
35
aiutati maggiormente nell’apprendimento della matematica e le loro “proposte” sono
state:
Maggior esercizio a casa: 38%
Maggior concentrazione ed impegno: 35%
Il lavoro di gruppo: 19%
Le ripetizioni private: 12%
La proposta giunta da molti allievi, come aiuto nell’apprendimento della
matematica, è stata di poter attuare più spesso lavori di gruppo. Infatti, durante le lezioni
del lunedì di due ore, ho sempre proposto delle schede da svolgere insieme a gruppetti
di almeno tre o quattro elementi, omogenei tra loro ma possibilmente eterogenei al loro
interno. In questa m o sentiti più sereni e non odalità di lavoro molti allievi si son
36
giudicati e questa proposta di continuare a studiare in gruppo può essere per me un
riscontro positivo da parte degli allievi sull’esperienza fatta, emerso solo grazie a questo
modesto strumento di valutazione che è stato il breve questionario. Per me quindi la
valorazione del lavoro di gruppo, intesa come l’emissione di un giudizio sull’utilità e
sull’efficacia di quello strumento, è stata possibile grazie a quest’ultima domanda.
Questa piccola analisi, condotta da me a fine percorso, si può collocare in una
cornice teorica che vede nascere un modello caratterizzante l’atteggiamento di un
allievo verso la matematica, suggerito dallo studio “Io e la matematica: gli allievi si
raccontano”, di R. Zan e P. Di Martino, descritto nel Quaderno n. 6, elaborato nel 2006
in occasione del Settimo Seminario ArAl. Dalla lettura dei temi degli studenti emerge il
suggerime e l’atteggiamento verso la matematica attraverso tre
dimension o ne emozionale (mi piace/non mi piace), la
visione della matematica (a cosa serve), il cosiddetto senso di auto-efficacia (la
convin
litto)
fra la n
nto di caratterizzar
i n n indipendenti: la disposizio
zione di “potercela fare”). Alla luce dei temi e stralci riportati nella ricerca viene
da chiedersi: cos’è davvero “negativo”? Il fatto che la matematica “non piace”, o
piuttosto la visione strumentale della matematica che spesso è associata? O ancora il
“riuscire” in matematica identificato con i buoni voti, delegando quindi all’insegnante?
O lo scarso senso di auto-efficacia che può portare al rifiuto della disciplina?
E’ davvero “positivo” l’atteggiamento di un allievo cui la matematica piace solo
perché ha imparato qualche formula e applicandola trova il risultato corretto? E’
davvero “negativo” l’atteggiamento di chi rifiuta la matematica perché non riesce a
comprendere i “perché”? Questa complessità evidenzia che un compito estremamente
difficile per l’insegnante sia quello di gestire la dialettica (che a volte diventa conf
ecessità di promuovere un capire di tipo relazionale e quella di favorire il senso
di auto-efficacia degli allievi, che passa attraverso la percezione di “capire”. E’ possibile
che in alcuni casi si debba rinunciare ad un “capire” di tipo relazionale per non
mortificare il senso di auto-efficacia dell’allievo.
Per quanto riguarda i richiami espliciti all’algebra fatti nei temi dai ragazzi, si
osserva che spesso questi richiami rimandano alle difficoltà incontrate nel passaggio
dalle elementari alle medie, e fanno quindi dell’algebra un elemento di discontinuità, in
particolare rispetto all’aritmetica; inoltre l’approccio all’algebra appare per lo più
strumentale, e paradossalmente è proprio a questo approccio strumentale -quando è
37
accompagnato dal successo- che è associata un’emozione positiva (“l’algebra mi
piace”).
§2. Analisi dell’errore
Domingo Paola nel suo articolo scritto nell'ambito dei seminari UMI-MPI di
Viareggio “Sugli errori più frequenti in logica, probabilità e statistica”, descrive il ruolo
dell’errore nel processo di apprendimento di ogni persona, riportando anche
interpretazioni di altri autori (D. Paola, 1998). Egli scrive, in particolare, “Alan Turing
ha detto che l’errore è un segno di intelligenza; Rodari ha parlato dell’errore come di un
atto di creatività. Più frequentemente l’errore indica un disagio cognitivo o, talvolta,
emotivo. In ogni caso una seria e attenta analisi degli errori commessi dagli studenti può
essere fonte di indicazioni e suggerimenti molto significativi per l’insegnante, può
offrire indicazioni sui loro schemi concettuali, s l u modo di porsi nei confronti della
discipl
sola connotazione negativa e non interpretarli come quei segnali di malessere
cognitivo detti sopra è troppo banale: si tratta allora di dare gli strumenti necessari per
Si potrebbe pensare che tutta la carriera scolastica di un
individ
ina, sul come organizzano le conoscenze, sugli eventuali fraintendimenti relativi
ad alcuni argomenti oggetto di studio e, anche, su certe inopportunità didattiche di cui
non sempre l’insegnante è consapevole”.
“L’esplicitazione, da parte dell’allievo, di una misconcezione avviene con quella
segnalazione di un malessere cognitivo che si chiama usualmente e banalmente
“errore”: lo studente sbaglia, cioè non dà la risposta attesa dall’insegnante. Dare agli
errori una
l’elaborazione critica (…..)
uo, per quanto attiene la matematica, sia costituita dal passaggio da
(mis)concezioni a concezioni sempre più elaborate e comprensive, verso modelli
corretti dei concetti attesi e voluti dall’attività didattica” (D’Amore, 1999).
Ogni errore può essere proficuamente corretto.
Dall’analisi storica dell’evoluzione di idea di valutazione, condotta da M. Fandiño
Pinilla, emerge come l’errore, partendo dall’essere considerato una mancanza di
capacità cognitiva, passi in un secondo tempo ad essere visto come fallimento
nell’acquisizione di conoscenza, poi come esplicitazione di abilità diverse (teoria degli
ostacoli), per giungere infine ad affermare che vi sono errori di diverso tipo che
possono riflettere un modello di studente e di insegnante (Fandiño Pinilla, 2002).
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Ecco perché personalmente ho scelto di dedicare moltissimo tempo all’analisi
della logica dell’errore, cercando di ricavare il maggior numero di informazioni a
sostegn
dagli alunni,
osti, serve per regolare, per aggiustare,
ico al
lavoro
sse l’attenzione sull’aspetto grafico e
rinvias
o della mia presa di decisioni in aula. Le mie modalità d’analisi degli errori
commessi dagli studenti durante lo svolgimento degli esercizi consistevano, per prima
cosa, nell’elenco degli errori con la relativa frequenza, successivamente nella fase di
comunicazione degli stessi alla lavagna. Seguiva poi un’azione di recupero con la
correzione collettiva secondo strategie messe in atto per superare l’errore e passare,
come si legge in “Elementi di didattica della matematica” (D’Amore, 1999), “ad una
concezione più elaborata e vicina a quella corretta”, ad esempio con un cambio di
registro in laboratorio con l’intervento dei CAS.
La valutazione, quale strumento di verifica dei risultati conseguiti
in relazione alle competenze e agli obiettivi prop
per mettere continuamente a punto i percorsi di apprendimento dei singoli alunni e
quindi è utile mentre l’alunno apprende, non dopo. Sono convinta che nella
trasposizione didattica l’insegnante debba fare di tutto per motivare gli allievi e per
prevenire gli insuccessi, perché è sicuramente più agevole, o meno dannoso, prevenire
gli insuccessi che correggerli.
Durante la valutazione l’insegnante guarda con occhio analitico e crit
di costruzione della conoscenza di ciascuno dei propri allievi ed, in base a
questo, è in grado di guardare allo stesso modo al proprio operato all’interno dell’aula,
ridisegnando, se necessario, le proprie strategie metodologiche e ripensando allo
sviluppo curricolare in ogni suo aspetto (Fandino Piñilla, 2002).
Per fare una valutazione non sui “miei” allievi, bensì sui loro processi di
sviluppo, dopo una verifica formativa in itinere, ho predisposto attività di recupero per
gli allievi che non avevano ottenuto buoni risultati. Il recupero è consistito nel ripetere
un argomento ripensando da parte mia l’oggetto, la sua comunicazione o l’uso dei
registri semiotici. Ad esempio, per quanto riguarda l’aspetto algoritmico delle
espressioni ho pensato ad un’attività che pone
se il calcolo algebrico ad un secondo momento. In sostanza, ho costruito un
diagramma a forma di triangolo, chiamato “albero”, seguendo le operazioni indicate nel
testo di un’espressione, tracciando per ciascuna operazione due linee oblique che
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individuavano i termini, e si articolavano in ramificazioni successive, sempre più dense,
terminanti con gli ultimi termini elementari (UMI, 2003 e Prodi, 1980).
Oltre alle tradizionali prove, quali verifiche scritte ed interrogazioni alla lavagna,
ho ten
ervento di incaricare a
turno a
i passaggi di
una es
tato di valutare soprattutto gli interventi dal posto, le risposte alle domande
“volanti” indirizzate a singoli allievi, la puntualità e l’impegno nello svolgimento dei
compiti assegnati per casa, la capacità di rielaborazione, il coinvolgimento e l’impegno
nella scrittura del diario di bordo (informes). Per quanto riguarda quest’ultimo
strumento di valutazione, ho pensato sin dall’inizio del mio int
lcuni allievi di compilare questa sorta di relazione sul lavoro svolto in classe,
confidando nel fatto che mi sarebbe risultato molto utile per rilevare ostacoli di ogni
tipo. Le aspettative da parte mia non erano elevate, anche se il primo allievo si è offerto
di partecipare in modo volontario ed entusiasta ed anche se ritenevo di aver spiegato in
modo efficace in cosa consisteva questa pratica, perchè gli allievi di una classe prima
non sono generalmente abituati ad usarla. Devo riconoscere, infatti, che non ho ottenuto
un gran successo, perché probabilmente l’obiettivo, da parte dei ragazzi, non è stato
pienamente compreso ed il senso del prendere appunti, della sistemazione a casa in vista
dell’esposizione successiva al gruppo dei compagni di classe, è stato interpretato a loro
modo. Marco, il primo volontario, non ha presentato il proprio informe, dicendo: “Non
sapevo cosa dovevo scrivere, prof”, mentre Sivia, ad esempio, ha copiato
pressione seguendo lo svolgimento alla lavagna ed appuntando qualche
commento molto schematico, in forma più “di rimprovero” che di riflessione:
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In sostanza, quest’esperienza potrebbe essere interpretata come un esempio di
contratto didattico non rispettato: gli allievi non hanno compreso cosa l’insegnante si
aspettasse da loro e d’altra parte la scelta dell’insegnante puntava ad un metodo di
lavoro, consistente nell’analisi critica del loro operato e nell’attività di relazionare.
Personalmente però, sono convinta che questo tipo di lavoro richieda un metodo ed uno
“stile” che si acquisisce in tempi lunghi, non certo in poche settimane, e dopo un buon
periodo di allenamento. Spero pertanto di “aver gettato un seme” e di aver presentato
agli allievi un metodo di valutazione nuovo, che non si limita a correggere dei passaggi
sbagliati o a sottolineare in rosso dei risultati, ma li abitua a riflettere, a discutere, a
spiegare e a “parlare di matematica”.
A volte, la cosiddetta “stimolazione” diretta, ovvero un’interrogazione, una
scheda
o di motivare), ma soprattutto “permanente”,
“contin
di ogni persona.
sarebbe stato la più grande risorsa offerta dalla Scuola di Specializzazione per
o le prova scritte, è stata necessaria, sia per la difficoltà di presentarsi di alcuni
saperi, sia perché avevo bisogno di verificare in un dato momento se l’allievo possedeva
una data conoscenza per proseguire con il programma. Per quanto riguarda la pura
“osservazione”, anche al fine di evitare la componente emotiva dello “stress da esame”
da parte degli allievi, invece, mi rendo conto che è stato difficile utilizzarla, perché ero
troppo coinvolta nella realizzazione del mio curricolo e nell’azione della trasposizione
didattica.
Ho considerato tutti questi strumenti per rispettare le caratteristiche della
valutazione cosiddetta “critica” (che dà enfasi ai processi, senza prescindere dai
prodotti), “strategica” (con lo scop
ua” ed “aperta”.
In conclusione, ho cercato di non dimenticare che non si valuta per dare un voto,
anche se gli allievi a volte sembravano essere interessati esclusivamente a quello, ma
per prendere decisioni sulla trasposizione e sull’ingegneria didattica, per vedere se fosse
stata raggiunta l’implicazione personale dell’allievo, indispensabile per la costruzione
della conoscenza, e per comunicare agli allievi ciò che era davvero importante per me,
soprattutto dopo due anni di riflessioni sul prezioso ruolo che riveste l’insegnante nella
formazione
Ho cercato di rendere indimenticabili per me stessa (non oserei mai dire ciò
riferito ai “miei” allievi!) questi due mesi di tirocinio, consapevole che questo strumento
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Insegnanti per entrare con una valigetta zeppa di validi strumenti nel mondo
dell’insegnamento. Mi auguro di portarla sempre con me e di utilizzare tutti quegli
strumenti con l’entusiasmo che fin da ora mi accompagna!
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ALLEGATO 1
LOGNA
SECONDARIO
Progetto di Tirocinio
Specializzanda:
upervisore:
Indirizzo:
Classe di ab
cuola di a
utor:
lasse in cui viene svolto il tirocinio:
Dott.ssa Lara LorigiolaProf. ssa Cristina Zucchini Fisico-Informatico-Matematico
aL. da Vinci”
Prof. ssa Rossella Ferrarini I C (Sperimentazione: Scienze)
UNIVERSITA’ DI BOSCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO
Anno Accademico 2006/07
“LE FRAZIONI ALGEBRICHE”
S
ilitazione:
ttuazione:
A047 - MatematicLiceo Scientifico “S
T
C
45
IMMAGINE E FINALITA’ DELLA MATEMATICA
46
“La matematica è la scienza che si nasconde”. Leggere questa frase tra gli atti di n convegno intitolato “Matematica e Cultura in Europa” mi ha incuriosito e mi hu atto riflettere. Infatti, a pensarci bene, quanto di più moderno e complesso c’è nella vita fa
pratica, fra le tante novità che sfrecciano nella cronaca, presuppone l'intervento decisivodella matematica, che sostiene tutte le grandi tecnologie. C'è l'analisi numerica dietro strutture complesse o imponenti, quali grandi ponti e grattacieli, vi è l'analisi matematica del suono nella musica moderna, ma richiede esviluppa competenza matematica anche lo studio di uno strumento musicale, come hopotuto scoprire personalmente nella mia carriera di studi del pianoforte. La lettura di uno spartito in fase di studio, lasciando da parte per un attimo la capacità diinterpretazione, richiede una serie di abilità matematiche con riferimento allasuddivisione in battute e “frasi musicali”, al rispetto del ritmo (binario, terzinato, ecc.), alle regole di modulazione (da una tonalità all’altra), alla trasposizione di intervalli nellalettura e solfeggio in “setticlavio” (scritto in sette chiavi diverse).
Anche il trattamento dell'informazione oppure l’analisi statistica multivariata di dati (servendosi ad esempio delle tecniche di analisi di “regressione” e delle“componenti principali”) presenta problemi ancora una volta di natura squisitamentematematica. Insomma, sotto molte attività umane, anche le più impensabili, si cela unateoria matematica: il mio professore di Analisi I si vantava di essere consulente di unanota multinazionale per elaborare modelli matematici complessi per il design dei pannolini dei bambini! Non è quindi così sbagliato un aforisma da me letto che dice: “La matematica è come l'aria: ti sembra di non vederla da nessuna parte e poi te la ritrovi ovunque...”.
Tuttavia per molte persone tale disciplina risulta così astratta, aristocratica edistaccata, che viene lasciata coltivare a geni strampalati o incurabili “sgobboni”. Nel forum ufficiale delle Olimpiadi della matematica ho trovato una spiegazione di questofenomeno: “a molti la matematica sembra una cosa inutile, arida e sterile e per vederetutta la bellezza che racchiude occorre fare un po' di fatica; le conoscenze matematiche non sono considerate nemmeno ‘culturali’ per la maggior parte delle persone; ilprogramma medio di scuola superiore spesso dà la preferenza ad alcune parti, in cui èpiù facile imbattersi in esercizi 'noiosi' con la conseguente reazione da parte degli studenti: qualcuno tempo fa ha dimostrato che una formula è vera, adesso si sa che èvera e ci interessa solo applicarla, tanto è stata stabilita una volta per tutte”.
A queste condizioni risulta difficile spiegare a qualcuno la bellezza dellamatematica, anche se c’è chi ne è fermamente convinto, ad esempio un professore diGeometria all'Università di Trento che afferma: “La matematica comprende dell'altro: l'intuizione, la bellezza e l'eleganza (ci sono dimostrazioni più belle ed eleganti dialtre!)”. Forse arrivare a definire concetti di “estetica matematica” appare una forzaturaaccademica, se queste parole non ritrovassero eco in quelle più fresche e disarmanti diuna giovane campionessa (vincitrice delle ultime Olimpiadi della matematica): “percapire una teoria matematica bisogna andare a fondo, studiare, e tutto ciò richiedeimpegno. Insomma, una teoria matematica è meno immediata di una poesia, ma.. puo’essere anche più bella! Ci sono problemi su cui rifletto intere settimane e quando ho la soluzione è un vero piacere, come quando ci si ferma davanti a un quadro ”.
Io ritengo che uno dei motivi per cui tanta gente afferma di odiare la matematicaè perché non sia mai riuscita a capirne il vero senso, il perché le cose si facciano in un certo modo, arrivando magari alla convinzione che la comprensione della matematicasia quasi una questione genetica! Sfatare questo mito potrebbe essere pertanto un buonpunto di partenza: “matematici” non si nasce, ma certo per diventarlo (ed avere accesso
ad uno strumento tanto potente) bisogna accettare certe regole. Forse la prima è un'unica costruzione che continua enti,
comprende una parte non è possibutto ciò richiede una certa dose di pazienz
alentemente alla natura pro
che la matematica è a crescere sui risultati precede se non se ne ile sperare di capire le nozionisuccessive. T a e di fatica, ma non c’è soltanto
lla suquesto aspetto, legato prev pria della disciplina e de astoria ed epistemologia. Pese la matematica risulta a
nso, infatti, che ci sia un altrvolte “lontana ed ostica”, ci
ne, nel suo insegnamento, al momento della “agine o m
lla struttura semantica della frase matematica. Per esempio, penso che sarebbe motivoi soddifazione per un insegnante se, leggendo: "il triangolo ABC ha i lati che misurano spettivamente 3,4,5", gli studenti, conoscendo il teorema di Pitagora, "vedessero"
immediatamente il triangolo come triangolo rettangolo. Questo è sicuramente anche il passaggio che può dare più soddisfazione non solo aldocente ma anche all’alunno, avvicinando di più il sapere insegnato al sapere appreso (dall’allievo) in quel triangolo che in didattica della matematica mette in relazionel’insegnante, gli allievi ed il sapere[D99]. Sono stata guidata in questa attuale riflessione dopo aver conosciuto i risultati raggiuntida quella recente disciplina chiamata “Didattica della Matematica”, che fornisceimportanti parole chiave per interpretare ciò che succede nella pratica d’aula e checonsidero sostanziale per un’efficace formazione dell’insegnante dimatematica[DFP03a]. L’ingegneria didattica, la pratica d’aula (con il tirocinio ed il laboratorio), l’analisi degli ostacoli, la valutazione guidano l’insegnante in formazione e
o aspetto forse più problematico: ò è dovuto alla scarsa attenzione
che si po costruzione” dei modelli mentali, intendendo proprio la costruzione di un’imm odello mentale che sia isomorfo adri
portano anche gli stessi insegnanti in servizio a cambiare ed a rivalutare le propriestrategie d’isegnamento, per migliorare l’apprendimento, da parte dei giovani, di questapreziosa disciplina che è la Matematica.
Per me la matematica è infatti preziosa ed ogni qualvolta mi capita di rivedernealcune parti, si aggiungono ai miei campi concettuali sempre nuovi aspetti, nuoveapplicazioni, ripensamenti e rielaborazioni. La matematica dev’essere insegnata, perché,oltre ad essere vera cultura, è anche qualcosa di più: ha potere formativo, è unallenamento a pensare e, se ben impostata, educa alla riflessione e alla capacità diinterpretare dati e fatti visto che, come ha ribadito ormai più di qualcuno, “lamatematica è il linguaggio in cui Dio ha scritto le leggi dell’universo”!Sviluppa quelle aree di competenza (pensiero e ragionamento, argomentazione,comunicazione, modellizzazione, formulazione e risoluzione di problemi,rappresentazione, uso del linguaggio simbolico, formale e tecnico e delle operazioni,uso di sussidi e strumenti) che nel loro insieme possono essere costitutive della“competenza matematica”, anche se ciascuna di queste può essere posseduta a diversi livelli di padronanza [OP03].
La matematica è la risorsa più potente per gestire la complessità e, per usare la metafora della ragnatela dovuta a Mosterin [D99]: “noi siamo come i ragni e le teorie (matematiche) come le tele di ragni, con le quali cerchiamo di captare e catturare ilmondo”.
La matematica inoltre educa anche all’uso consapevole e critico della lingua,anche della lingua naturale. Nessuna lingua è esplicitamente universale come lamatematica e così diventa anche un mezzo di comunicazione estremamente preciso.Ricordo di aver dato lezione di matematica ad una ragazza messicana ed anche senzacondividere pienamente il linguaggio naturale, ma utilizzando quello simbolico, siamoriuscite nel nostro progetto di recupero, conseguendo ottimi risultati. Per concludere,vorrei riportare un ultimo aforisma: “se tutti parlassero il linguaggio della matematica nessuno sarebbe frainteso... “.
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VINCOLI
La mia esperienza di tirocinio si è svolta sotto la guida della mia tutor, la professoressa Rossella Ferrarini, docente presso il liceo scientifico “Leonardo da Vinci”. La scuola ha una sede centrale a Casalecchio di Reno (Bo) ed una succursale al quartiere Croce presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale “O. Belluzzi” di Bologna, la qual cosa purtroppo viene a creare qualche ulteriore esigenza organizzativa e logistica da parte di docenti e studenti rispetto all’accesso ai servizi (laboratorio, palestra, ecc.) e al trasporto stesso delle persone fisiche nel recarsi a scuola. Ogni giorno il gruppo classe si trova a cambiare aula, secondo uno schema affisso su ogni parete dell’edificio scolastico e, una volta individuata l’aula, gli studenti sono poi liberi di scegliere il proprio posto a sedere: tutto ciò ha un po’ rallentato, da parte mia, la capacità di associare il nome della classe al gruppo e soprattutto i nomi dei ragazzi ai loro volti, ma alla fine la loro conoscenza ne è sicuramente uscita più solida.
Ho avuto l’occasione di poter osservare tutte le classi presso le quali la mia tutorsvolge la sua docenza, ovvero due prime e due seconde del primo biennio. Nel liceo, oltre all’indirizzo tradizionale, vi sono varie sperimentazioni che interessano una dozzina di corsi, o sezioni: informatica “P.N.I”, scienze sociali, scienze, linguistico “Brocca”, linguistico spagnolo ed annualmente vengono confermate una o due prime classi sperimentali in relazione al numero degli iscritti richiedenti una data sperimentazione. Pur riflettendo sul fatto che le scelte dei diversi indirizzi presenti nell’Istituto sono state determinate dal fatto che il “nostro” Liceo è l’unico a cui un vasto bacino d’utenza può far riferimento, personalmente sono rimasta perplessa nel veder praticamente sparire tra le discipline del quadro orario della sperimentazione delle scienze sociali (chiamato nel POF “Liceo delle scienze sociali”) la lingua e lettere latine.
Nel corrente anno scolastico, la sperimentazione scientifica interessa il corso C, quindi uno dei due bienni in cui ho svolto il mio tirocinio osservativo e, rispetto al quadro orario del Liceo scientifico Tradizionale, è previsto un potenziamento dell’isegnamento di scienze durante l’intero quinquennio, con maggior tempo da dedicare alla sperimentazione didattica e ai laboratori. Per quanto riguarda l’accesso al laboratorio (dotato di videoproiettore), è possibile accompagnarvi i ragazzi il giorno in cui sono a lezione in sede centrale, ovvero il giovedi, in cui tutte le quattro classi hanno un’ora di matematica, oppure il venerdi per il biennio di sperimentazione di scienze (I e II).
Sin dal nostro primo incontro la mia tutor ha espresso il desiderio di farmi realizzare il progetto di tirocinio in una prima, poi individuata come I C, per permettermi di far esperienza sul campo nel modo più sereno e senza vincoli di tempo e ritmi concitati che si trova costretta a sostenere nelle classi seconde per accompagnare i suoi ragazzi nel passaggio al triennio. Lo specifico argomento da me affrontato sarà: “Le frazioni algebriche”, e concepito in modo tale che, dopo una fase importante di sviluppo del tema, ci sarà poi un approfondimento, in ambito di esercitazione, con l’ulteriore trattazione del “teorema del resto e la regola di Ruffini”, vista come ulteriore strumento per completare la competenza nella scomposizione dei polinomi.
Dopo una attenta osservazione in tutte le classi, mirata a cogliere esempi di “contratto didattico”, di “misconcezioni”, di “modelli troppo presto formati”, di “ostacoli” e soprattutto a comprendere il perché degli errori commessi dai ragazzi
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(visionando i compiti, le verifiche, i passaggi alla lavagna), ho cercato di privilegiare l’osservazione in quella che sarà la classe di attuazione del tirocinio, e, al contempo, di “diluire” in più settimane le mie ore per poter osservare come insegnante e studenti hanno affrontato una rosa più ampia di argomenti. Il mio intento principale era verificare come la mia tutor effettui la cosiddetta “trasposizione didattica”, intesa come il lavoro di adattamento e di trasformazione del sapere in oggetto di insegnamento in funzione delle caratteristiche della singola classe, congiuntamente alle finalità didattiche che si pone [D99].
Nella fase osservativa ho notato un’atteggiamento tranquillo, educato e partecipativo della maggior parte degli studenti di tutte le quattro classi, frutto, oltre che di caratteristiche proprie dell’ambiente e contesto socio-familiare dei ragazzi (noosfera), anche di un buon lavoro della professore Ferrarini che si impegna continuamente per costruire con i suoi studenti una competenza importantissima: la capacità di coordinare i diversi registri semiotici, soprattutto algebrico, simbolico e linguistico, creando un ambiente estremamente interattivo e non trascurando in nessuna occasione di correggere una frase sintatticamente scorretta pronunciata dai suoi ragazzi. Questo è uno dei suoi obiettivi didattici dichiarati più volte in classe: far acquisire durante il primo biennio una capacità espositiva che per le caratteristiche dell’età degli studenti è ancora “in divenire” e non molto buona.
Lo stile didattico dell’insegnante, perciò è basato essenzialmente su lezioni frontali-dialogate, volte spesso alla costruzione comune dei concetti matematici da possedere. La mia tutor dedica molto spazio alla risoluzione di esercizi e problemi che fa svolgere alla lavagna e spesso sono inventati da lei e si rivelano determinanti o “emblematici” per favorire nei ragazzi l’acquisizione di criticità e consapevolezza. Anche durante la spiegazione non mancano brevi domande rivolte all’intera classe, alle quali gli studenti rispondono, alzando la mano e mantenendo alta l’attenzione.
Il libro di testo utilizzato dalle classi è “Lineamenti di matematica” di Dodero, Baroncini, Manfredi, anche se alla tutor piace più la parte relativa agli esercizi e cerca di compensare alcune lacune nella trattazione teorica degli argomenti spesso sostituendo definizioni dettate da lei stessa che risultano essere molto più semplici e, al contempo, eleganti, ma soprattutto cerca di applicare il principio descritto cosi’ da Chevallard, “… il sapere insegnato non deve essere né troppo vicino né troppo distante dal sapere socio-familiare.” [D99].
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STRATEGIE
ento personale e per ricostru
lizza un progetto di apprendimento destinato al suo gruppo classe, uno special
matica. Ritengo importante quindi che le strategie di insegnamento da me scelte e messe
re a quella superio
Fino a qualche decennio fa non esistevano corsi di “Didattica della matematica” ed un neo insegnante di matematica doveva semplicemente acquisire esperienza, buon senso, disponibilità umana e servirsi dell’esperienza di colleghi anziani per affrontare il suo nuovo lavoro in aula. Ora però la sensibilità verso il bisogno di questa disciplina è molto più spiccata, anche se ancora qualcuno la confonde con la “Pedagogia”, con la “Didattica generale”, con la “Divulgazione della matematica”. La Didattica della matematica è una scienza empirica, che studia le condizioni dell’apprendimento in situazioni reali d’aula, pertanto assolutamente concreta e direi oggi, più che mai, indispensabile, grazie ad i risultati finora prodotti.
Un insegnante di matematica ha un bisogno estremo di forte competenza matematica, raggiunto auspicabilmente anche per ripensam
zione e analisi, includendo nella sua cultura matematica sia la storia della matematica sia la sua visione epistemologica come occasioni per riflettere, per paragonare e per analizzare. Allo stesso modo però un insegnante di matematica ha bisogno di cultura didattica, la quale gli fornisce le chiavi di lettura per interpretare ciò che succede in aula e tra queste vi sono: il contratto didattico, la teoria delle situazioni, gli ostacoli all’apprendimento, la trasposizione didattica, l’ingegneria didattica.
La professionalità di un docente non si riduce ad una serie di metodologie universalmente valide, da applicare in condizioni standard; è importante, al contrario, saper progettare e realizzare attività didattiche in situazioni che non evolvono in configurazioni prevedibili o replicabili [DFP03a]. Con la nascita dell’ingegneria didattica, in particolare, l’insegnante assume un nuovo volto: quello dell’”ingegnere” che rea
ista che, osservando ed agendo in prima persona, fissa un oggetto di apprendimento, ne fa’ un’analisi epistemologica, ne analizza le usuali modalità di insegnamento ed i loro effetti, sperimenta situazioni didattiche, valuta gli ostacoli, i limiti d’azione ed i risultati raggiunti in termini di obiettivi preposti.
Molto vicina alla pratica d’aula, l’ingegneria didattica è l’aspetto della Didattica che più mi ha coinvolto in questo biennio di frequenza della Scuola di Specializzazione per Insegnanti, perché la sto approfondendo in special modo ora nella stesura del mio progetto per muovere i miei “primi passi” nel mondo dell’esperienza didattica della Mate
in campo al momento del mio futuro intervento didattico tengano conto della classe destinataria, una prima liceo scientifico, da me osservata ed analizzata in molti suoi aspetti. Innanzi tutto ne ho osservato la composizione, i risultati dei tests d’ingresso, la vivacità comportamentale ed intellettuale, i prerequisiti, i modelli di apprendimento, le misconcezioni, i tipi di errori, l’andamento delle prove in classe, sia scritte sia orali, la padronanza o meno del linguaggio verbale e la capacità di passare ad altro registro (in particolare simbolico), la partecipazione ed il coinvolgimento durante le lezioni in classe, l’autonomia e la puntualità nell’esecuzione delle consegne a casa, la risposta emotiva ed organizzativa al passaggio dalla scuola media inferio
re. Dopo la fase di osservazione e di riflessione, coadiuvata dai nuovi strumenti forniti dalla Didattica della Matematica, mi sono disegnata un “profilo” della classe nel suo contesto, unico e singolare, in cui la mia insegnante tutor attua quotidianamente la
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sua opera di “trasposizione didattica”, ed ho potuto delineare di conseguenza le strategie più adeguate pensando alla metafora di una sarta che con accuratezza misura la persona da vestire per confezionarle un vestito né troppo largo, né troppo stretto.
Poiché il mio intervento, con la trattazione delle “frazioni algebriche”, si inserisce nel percorso già intrapreso dall’insegnante per avviare i suoi studenti al delicato mondo dell’algebra, ho approfondito gli studi e le riflessioni epistemologiche e didattiche in questo campo, in vista delle strategie da attuare. Sono consapevole delle difficoltà connesse all’apprendimento dell’algebra e del fatto che nella tradizione l’algeb
dai suoi significati, in un fitto intreccio con l’aritmetica. La me
e.
ica, quanto piuttosto ai diversi modelli di apprendimento dei estinatari. E’ importante allora possedere la capacità di reggere emozionalmente il schio ed eventualmente di ripensare l’oggetto riprogettando costantemente la propria omunicazione e curando soprattutto il passaggio da un registro semiotico ad un altro ’insegnante non si irrigidisce, non zittisce gli allievi, ma “cambia le parole”) [M05]. radizionalmente l’esecuzione di un’espressione algebrica è caratterizzata dalla soluzione della stessa per arrivare ad una forma più sintetica, ma equivalente, che ppresenta il risultato. Nell’esecuzione delle espressioni con le frazioni algebriche, ai ni di un maggior coinvolgimento emotivo dello studente, porrò l’attenzione ll’aspetto grafico con la costruzione verticale di un diagramma a forma di triangolo,
etto albero, i cui nodi costituiscono le varie operazioni da svolgere, rinviando il calcolo lgebrico letterale ad un secondo momento. arà possibile utilizzare il laboratorio almeno in due giornate distinte, cosi’ da avviare li studenti all’utilizzo del software Derive, il quale rende facilmente visibile il assaggio dal registro algebrico a quello logico e simbolico, con cui i ragazzi dovranno ialogare con la “macchina”, trattando i temi della priorità delle operazioni, della
ra non viene costruita in lenta progressione, come strumento e oggetto di pensiero, ma privilegia invece lo studio delle regole di manipolazione formale trascurandone la semantica. L’algebra non è e non deve essere presentata come una collezione di trucchi [A94].
Senza la consapevolezza delle procedure in aritmetica e del modo in cui esse nascono, manca una base concettuale su cui costruire le conoscenze algebriche e molte volte gli studenti difettano di appropriate strutture aritmetiche dalle quali generalizzare. Avendo conosciuto le ipotesi su cui lavora il “Progetto ArAl: percorsi nell’aritmetica per favorire il pensiero algebrico” sono d’accordo con l’idea di avviare gli allievi, già nella scuola dell’obbligo, all’algebra, partendo da una concezione di questa come linguaggio e quindi partendo
tafora del “balbettio” elaborata all’interno del progetto ArAl mi suggerisce di assumere il seguente atteggiamento: aiutare i ragazzi a far propri i significati e le regole dell’algebra, gradualmente, attraverso imitazioni, errori, aggiustamenti e, perché no, gratificazioni ed approfondimenti, all’interno di un contratto didattico tollerante verso momenti iniziali sintatticamente ‘promiscui’[PrAr]. L’obiettivo finale è far comprendere agli allievi come trasformazioni sintattiche di espressioni formali condensino processi di pensiero difficilmente realizzabili nel linguaggio natural
In questa visione di contratto didattico inizialmente più tollerante e mirato a far acquisire ai ragazzi il nuovo linguaggio dell’algebra, si colloca a mio avviso anche la competenza comunicativa dell’insegnante, dev’essere capace di mettere in atto, in ogni momento, le modalità comunicative più adatte alla propria intenzione (didattica) e ai destinatari. L’insegnante che vuole comunicare corre il rischio, momento per momento, del cosiddetto “fallimento comunicativo”, non necessariamente legato all’incertezza di una competenza matematdric(lTrirafisudaSgpd
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divisibilità dei polinomi, ed altro. Per questa attività predisporrò una scheda-guida per ogni studente, con l’obiettivo di velocizzare i tempi e considerando che, essendo ll’iniz
li errori più ricorrenti), il cui svolgimento richieda
odo la solleve
a io del primo biennio di liceo, i ragazzi non hanno ancora avuto la possibilità di essere introdotti in laboratorio.
Le lezioni frontali in classe saranno dialogate e, durante le spiegazioni, proporrò come esemplificazione, esercizi particolari (che io avrò ricavato da un’analisi degli ostacoli didattici e degconsapevolezza e non meccanicità, perché ciascun allievo venga responsabilizzato nel costruire in modo attivo le proprie conoscenze e raggiungere la cosiddetta “devoluzione della situazione” [D99]. Vorrei far sperimentare durante qualche lezione il metodo degli informes, affidando ogni giorno ad uno studente il compito di annotare su un quaderno “di classe” quel che succederà, una sorta di diario di bordo, in cui si descriveranno i contenuti trattati, le difficoltà e gli interventi dei compagni. Lo studente poi rivedrà il proprio informe a casa per poi esporlo alla classe all’inizio della lezione successiva [FP02]. Vorrei infine affidare il compito descritto anche ad una delle allieve che all’interno della mia classe vanno a formare un sottogruppo, tutto al femminile, che manca di basi concettuali aritmetiche solide, che non ha consapevolezza delle operazioni aritmetiche e delle loro proprietà, e che in questi primi mesi di scuola superiore sta già “distaccando” negativamente il resto del gruppo classe. Attuerei la cosa però apportando una variante, ovvero “quasi in forma privata”, leggendo io, per mio conto, lo scritto e valutando con lei la bontà del lavoro. In questo m
rei dall’ansia di una prestazione forse di ordine superiore e dal timore di fallire di fronte ai compagni. Potrà essere infine un elemento di valutazione, in termini di impegno e coinvolgimento, dato che queste allieve non partecipano molto alle discussioni in classe.
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PREREQUISITI
di un binomio
i
i
Operazioni in N, Z e Q e calcolo con i numeri razionali: o Conoscere le proprietà della somma algebrica, della moltiplicazione (in
particolare la legge di annullamento del prodotto), della divisione e dell’elevamento a potenza
Calcolo letterale: o Operazioni fra polinomi o Conoscere i prodotti notevoli: differenza di quadrati, quadrato di un
binomio, cuboo Saper determinare il m.c.m. fra monomi e fra polinomi o Saper riconoscere se alcuni semplici polinomi sono scomponibili
nell’insieme Q o Saper applicare le tecniche di scomposizione dei polinomi più opportune:
raccoglimento totale e/o parziale, riconoscimento dei prodotti notevoli, trinomio particolare di secondo grado
Saper risolvere le equazioni intere di primo grado in una incognita: o Conoscere i principi di equivalenza e le conseguenti regole di trasporto e
semplificazione
OBIETTIVI
Il mio intervento su “Le frazioni algebriche”, con l’approfondimento dell’ulteriore metodo di scomposizione dei polinomi tramite “il teorema del resto e la regola di Ruffini”, tende al raggiungimento dei seguenti obiettivi, distinti per ambiti di conoscenze e di abilità, che concorreranno insieme a sviluppare negli allievi la capacità di far propri i significati del linguaggio dell’algebra e di usare il pensiero algebrico, in particolare acquisendo la capacità di astrazione che quest’ultimo favorisce (con la consapevolezza però che tali competenze si potranno valutare solo al termine di percorsi molto più duraturi di quello intrapreso da me):
CONOSCENZE (o SAPERE)
La definizione di frazione algebrica Il dominio di una frazione algebrica.
La definizione di frazioni equivalenti La definizione di frazioni riducibili
ABILITA’ (o SAPER FARE)
Determinare le condizioni per l’esistenza duna frazione algebrica.
Riconoscere una frazione ridotta ai minimtermini
(mediante la proprietà invariantiva delle frazioni algebriche) e irriducibili.
Le operazioni (e relative proprietà) delle
Semplificare una frazione algebrica.
Operare con le frazioni algebriche e
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frazioni algebriche: somma algebrica, moltiplicazione, elevamento a potenza, divisione.
trasformare espressioni con le frazionalgebriche
Definir
i
ol
a
i
i
tica settimanali. Vi saranno circa otto ore di spiegazione, circa ve di esercitazioni (tra cui due di laboratorio), tre di verifica e correzione e due di cupero ed approfondimento. All’inizio della prima lezione intendo presentare agli udenti una piccola mappa concettuale sul percorso che dovremo fare per raggiungere eterminati obiettivi, in modo da conoscere il punto di partenza ed il punto d’arrivo del ostro “cammino”. Prima di intervenire con il mio progetto ho intenzione di continuare monitorare la classe con l’analisi degli esiti delle verifiche sommative, in termini di rrori, misconcezioni ed ostacoli, soprattutto alla fine della “scomposizione dei olinomi”, per evitare di iniziare il mio intervento con la prova di verifica dei rerequisiti (dato che conosco già la classe).
ASE 1 (tempo stimato: 8h) biettivi da perseguire: Determinare il dominio di una frazione algebrica
Riconoscere una frazione ridotta ai minimi termini SemplificareOperare con le frazioni algebriche
ella divisione fra polinomi non sempre il risultato è un polinomio, come nella divisione fra umeri interi non sempre il risultato è un numero intero. Farò osservare agli studenti che insieme dei polinomi non è chiuso rispetto alla divisione: il prodotto di due polinomi è sempre n polinomio, ma questo non è vero per il reciproco di un polinomio e per il quoziente di due olinomi: si arriva così al concetto di frazione algebrica. Se un numero intero può essere nsiderato un numero razionale, un polinomio può essere considerato una particolare frazione gebrica.
e una procedura in Derive e conoscere i principali comandi nell’area algebrica .
Enunciare il teorema del resto di Ruffini La regola di Ruffini
Gestire i menu algebrici di Derive, operandcon alcuni comandi, ed interpretare icomportamento di un esecutore
Determinare il resto (senza eseguire l
divisione) in una divisione per un binomio d
I grado.
Determinare gli zeri razionali di unpolinomio a coefficienti in Q. Applicare la regola di Ruffini. Scomporre un polinomio con la regola dRuffini.
ORGANIZZAZIONE DEI CONTENUTI
Il mio intervento avverrà a cavallo dei mesi di febbraio e di marzo, in un arco temporale di cinque settimane, durante le quali incontrerò la classe per quattro delle cinque ore di matemanorestdnaepp
FO
Nnl’upcoal
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Presenterò quindi le frazioni algebriche, dandone la definizione, senza ricorrere al concetto di “anello” e di “struttura” e delle due operazioni, di addizione e di
oltiplicazione, definite su di esso, per rispettare il percorso tradizionale voluto e già intr
Comesistenza, ovvela parola “cam orano il concetto algebrico di campo e della sua struttura). Ricorrerò alla definizione di divisione fra numeri (e di reciproco di un num mamente che anche nel nostro nuovo insieme di lavoro, quello dell a valori “proibiti” che non sono “lo zero” soltanto (è questa adeterminare quando x-1 è nullo, rispondono x=0!), ma tutti quei valori che, sostituiti alle lettere e llo e la frazione priva di sig i
Non chiederò di determinare le condizioni di esistenza, secondo un contrattodidattico, i uscrivono le coconsidera vali i può, faremo invece esercizio nell’individuare i valori da escludere dal campo di esistenza, e nel verificare che, sos e arà un ponte concettuale imsistemi di equazioni e disequazioni fratte (gestione dei “capisaldi”, accettazione delle soluzioni), i problemi algebrici con discussione (casi limite), fino alla determinazione degli asintoti delle funzioni in analisi e quant’altro.
mo parallelismi con tutte e quattro le operazioni e le loro proprietà, già i numerici, ponendo una particolare attenzione alla proprietà
lismo algebrico moderno Francois Viète hiamò il calcolo con le lettere logistica speciosa (calcolo con species, ossia con
ca numerosa, il calcolo con i num
SERCIZIO DA PROPORRE: e algebric
onibile i rado, la somma di due
razioni
mapreso dall’insegnante tutor.
incerò con il definire il dominio di una frazione algebrica, le condizioni di ro il campo di esistenza (senza timore di creare confusione introducendo po”, in quanto i ragazzi ign
ero) per sottolineare fere fr zioni algebriche, vi sono inf tti una misconcezione abbastanza diffusa: alcuni studenti infatti per
ch compaiono a denominatore, rendono quest’ultimo nunif cato.
n c i i ragazzi, dopo aver scritto il testo di una espressione algebrica fratta siddette “C.E.”, perché cosi’ “la prof è contenta, si sente realizzata e mi do l’esercizio!”; nel caso in cui s
titu ndo tali valori alle lettere, il denominatore si annulla. Penso che sportante per aiutare gli allievi in futuro ad affrontare la risoluzione dei
Effettueredefinite per gli insieminvariantiva della divisione, già conosciuta dalla classe nei mesi iniziali dell’anno scolastico come “la proprietà fondamentale delle frazioni”, in vista di padroneggiare al meglio la procedura di “semplificazione” (conseguenza di tale proprietà), quando si operi nel prodotto e nella divisione delle frazioni algebriche. Non cambierò l’approccio, ormai già sperimentato, di presentare la proprietà invariantiva della divisione. Diversamente infatti, si sarebbe potuto ragionare utilizzando la proprietà associativa della moltiplicazione, per la quale l’inverso di un prodotto è uguale al prodotto degli inversi [I00]. Potrò fare un accenno allo sviluppo del linguaggio algebrico nel Sedicesimo secolo, quando il creatore del simbocsimboli) per distinguerlo dalla logisti eri [B80].
E(per determinare il dominio di una frazion a che abbia come denominatore un monomio, un
n Q in due binomi di primo gbinomio di primo grado, un polinomio scompuadrati oppure una somma del tipo a+b). q
Determiniamo il dominio delle seguenti f :
a) 5x-1 b) 2x+5 c) 4a d) 3a+2b e) 3 2x+3 x²-4 a²+1 a+b 2x
cindicare esplicitamente il dominio. Nel caso e) il dominio è Q-{0}, mentre nel aso d) ci limiteremo a scrivere a -b, senza
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La semplificazione. (dapprima si introduce la semplificazione in casi semplici, co
roblema dei n facili scomposizioni ed evitando il
termini opposti. Si passa poi all’esec one di una sola operazione: moltiplicazione e composizi
ne rti neutri delle operazioni, ovvero lo tti come vi
ano ostacoli didattici e misconcezioni a riguardo. Il concetto di elemento neutro non è infatti i immediata comprensione, forse perché non appartiene alla cultura occidentale: lo zero è stato
utoue “il nulla”, associato dal
ro che uno studente ci dica che 3-3 dà comeriflettere spontaneamente anche sulla opportuni gnare ai bambini piccoli a contare partendo dallo 0. Vorrei dedicare quindi un po’ di tempo a “toglieralcuni definiti come una sorta di tabù . Ad esempio, (x+2x) è difficile vederlo come ²), pertanto chiederò ai ragazzi di esplicitare il coefficientemodo, quando è nullo, scrivendo 0x, cioè di usarl zarli il più possibile, ovvero operare con essi come con tutti gli altri numeri;
pd
uzionivisione, poi gradualmente si passerà a s
termini opposti) Nell’ambito della procedura di semplificaziodegli elemen
i più complesse lavorando in particolare con i
itengo sia opportuno puntualizzare la gestione 0 e l’1. Ho potuto constatare infa
sidimportato dall’oriente (dall’India), ma già i Babilmolto ritardo perché in Europa non si è riten
onesi del III sec. a. C. lo usavano [R03], con per secoli di dare un nome ad un concetto che mondo cristiano a qualcosa di diabolico; non è risultato “niente”. Tutto ciò mi ha spinto a
tà di inse
appunto contraddistingra
e” i possibili ostacoli dati dall’uso di 0 ed 1, da
3x, (piuttosto lo vedono come 2xquando è unitario, scrivendo 1x e, allo stesso i e visualiz
ad es. 3 si dice che “sopra non rimane niente!”, chiede 3² di cancellare a denominatore solo l’espone
rò allora di scrivere 1 a numeratore e nte scrivendoci 1, oppure di scrivere
sa equivalenti. D’altra parte, anche le frazioni sono state presentate alla classe senza ricorrere al concetto di “classe di equivalenza”
tremo fare una breve riflessione, anche se in una classe prima
zzard
3*3;ancora, l’equazione 2x+1=3x, a volte diventa: 2x+1-3x= !, oppure la scrittura a-a+x+x-2x genera un risultato/commento (verbale) del tipo “finita!”.
E’ fondamentale quindi, almeno per l’insegnante, conoscere l’epistemologia della propria materia e della didattica della disciplina stessa, per poter “trasporre”, con la sua azione didattica, un dato campo concettuale, consapevole dei passaggi e degli ostacoli che portano alla formazione di un modello concettuale.
Nel trattare l’equivalenza delle frazioni algebriche (con le proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva) estenderò ad esse le definizioni e le proprietà già viste per le frazioni numeriche, dato che le prime si trasformano nelle seconde qualora si attribuiscano valori numerici alle lettere che vi compaiono. Ritengo che non sarà possibile accennare al fatto che la relazione di equivalenza ci consente di individuare una partizione dell’insieme delle frazioni algebriche in classi di equivalenza, ciascuna delle quali è formata da una frazione algebrica qualunque e da tutte le frazioni algebriche ad esnumeriche e di un suo “rappresentante”. Po
“suona un po’ strano” (o a ato), anche sulla equivalenza o meno tra 1-x²1x
ed (x+1).
Le infinite equivalenze a e viceversa, esprimono la proprietà invariantiva, su cui zione ed, in particolare, la
tra frazioni, lette da destra a sinistri basa la procedura di semplificas
gestione del “problema dei termini opposti”. Quest’ultimo costituisce, a mio avviso, un ostacolo didattico sul quale è bene riflettere quando si opera con la moltiplicazione (o con la divisione) e con l’elevamento a potenza. Partendo da una riflessione sulla seguente equivalenza:
A = -A = _ A = _ -AB -B -B B
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proporrò, come esercizio, di scrivere una piccola lista di frazioni algebriche in tutte le forme possibili:
ESERCIZIO: (per la gestione dei termini opposti)
xx1
1
_ 4a+b² (a-1)(a+2) b-aa²-b²(x-1)²(x-1)³
1)³-(x
Un’altra tipologia di esercizi che proporrò è “la caccia all’errore”, in cui i ragazzi dovranno correggere semplificazioni eventualmente errate e “la caccia all’intruso”, in cui essi dovrano riconoscere una frazione algebrica non equivalente ad altre in una data lista. Dopo aver visto la moltiplicazione e l’elevamento a potenza, vedremo la divisione, nell’ambito della quale inviterò direttamente gli studenti a costruire la definizione di frazione inversa e a determinarne le condizioni di esistenza, ampliandole dal denominatore della frazione dividendo al numeratore e denominatore della frazione divisore. Nell’introduzione dell’addizione algebrica, con le sue proprietà (con l’accento sull’elemento neutro e l’elemento simmetrico), faremo esercizi alla lava
1)²-(x
gna sulla somma di frazioni algebriche (con de
Pr
nominatore non nullo), considerando gradualmente tutti i casi possibili: a) somma di frazioni algebriche con uguale denominatore; b) somma di frazioni algebriche i cui denominatori siano un polinomio particolare
(monomio) c) somma di frazioni algebriche i cui denominatori siano opposti d) somma di frazioni algebriche i cui denominatori siano scomponibili in base alle
tecniche conosciute.
Potrei proporre uno schema di “connessione” alla somma algebrica di frazioni numeriche del tipo:
ocedimento Frazioni numeriche Frazioni algebriche
La somma data è: 211
283
65
b²ab1
a²bba
aba²5
Sco rimponiamo in fattori i denominatoe poniamo le C.E. 7*37*²23*2
135b)b(a
1ba5 a²bb)a(a
C.E.: a 0, b 0, 0a+b
b)a²b(aa² - b)b)(a(a5ab
7*3*²21*²23*35*7*2Riduciamo le frazioni allo stesso denominatore,
cioè al m.c.m. fra i denominatori
b)a²b(aa² - b² 2aba² 5abEseguiamo le moltiplicazioni al numeratore 4970
7*3*²2
Eseguiamo le somme algebriche al numeratore 7*3*²2
75 b² 7abb)a²b(a
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Sco il numeratore, mponiamo in fattori per semplificare la frazione 7*3*²2
²5*3 b) b(7ab)a²b(a
Scriviamo il risultato 2528 b)a²(a
b 7a
Si concluderà questa fase con esercitazioni in aula sulle operazioni viste, ribadendo i concetti presentati e chiarendo gli eventuali dubbi ed incertezze, ed infine con un’esercitazione in laboratorio, con l’uso di Derive, per acquisire maggior consapevolezza del linguaggio algebrico, dei suoi significati e della sue espressioni formali e delle “traduzioni” (o cambio di registro) da operare per comunicare con i Computer Algebra System nel linguaggio logico e simbolico proprio di questi. Presenterò, con il videoproiettore, una scheda guida, in cui vi sarà il testo di alcune espressioni con frazioni algebriche che i ragazzi dovranno tradurre rispettando le regole ed il vocabolario del sftware. In questo modo gli allievi si abitueranno ad analizzare più approfonditamente la struttura delle espressioni che viene chiesto loro di semplificare, e di riflettere sulla priorità di esecuzione di alcune operazioni rispetto ad altre. Assegnerò loro coppie o terne di frazioni algebriche, perché effettuino su di esse le operazioni indicate, traducendo dalla lingua italiana a quella delle procedure in Derive (ad esempio “sottrai dal cubo della prima il quoziente della seconda per la prima”) e poi farò svolgere una verifica con una sostituzione numerica scelta da
ne.Dalla re
A(c)=0 r (x-c)
o di ricerca un polinomio dato, e per facilitare la cerca useremo la seguente proposizione:
loro e determinare le condizioni cui devono soddisfare i numeri da sostituire alle lettere affinchè le frazioni esistano.
FASE 2 (tempo stimato: 4h)Determinare il resto (senza eseguire la divisione) della divisione tra polinomi Determinare gli zeri razionali di un polinomio (numerico) Applicare la regola di Ruffini Scomporre un polinomio con la regola di Ruffini
D’accordo con la mia insegnante tutor, abbiamo deciso di introdurre il teorema del resto e la regola di Ruffini “incidentalmente”, ovvero presentandoli come un’ulteriore tecnica di fattorizzazione dei polinomi scomponibili, durante le esercitazioni in cui opereremo con le frazioni algebriche, piuttosto che vederla come una semplificazione della divisione tra polinomi, nel caso particolare in cui il divisore sia del tipo (x-c). Farò osservare che, come nel caso della divisione in N (o in Z) il resto è minore del quoziente (o del suo valore assoluto in Z), nel caso che il divisore sia un binomio di primo grado, il resto è un polinomio di grado zero, cioè un numero, ottenuto sostituendo un valore numerico alla indeterminata di un dato polinomio. La regola del resto ci dice che A(c)=R, dato dal valore del polinomio per x=c, ed in base a questa potremo quindi determinare il resto senza dover eseguire la divisio
gola del resto e dalla divisibilità tra polinomi (R=0), discende “Il teorema di Ruffini”, in base al quale se un polinomio A(x) è divisibile per il binomio (x-c) si ottiene che A(c)=0, dovendo essere nullo il resto della loro divisione e, viceversa, se A(c)=0, essendo nullo il resto della divisione tra A(x) e (x-c), il polinomio è divisibile per (x-c). A noi interesserà, ai fini di possedere uno strumento in più per la scomposizione in fattori dei polinomi (di cui uno almeno di primo grado), leggere la condizione da destra a sinistra!
A(x) è divisibile pe
re le radici, o zeri, di Il problema è quindi quellri
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“Se il coefficiente del termine di grado massimo del polinomio A(x) a coefficienti interi è un numero p diverso da 1 ed il termine noto è c, gli zeri interi vanno cercati tra i divisori, positivi o
egativi, di c, gli zeri razionali vanno cercati tra le frazioni del tipo m/n, con m divisore tivo) di c e n divisore (positivo o negativo) di p”.
uale ad 1, allora le radici razionali del polinomio, se esistono, sono numeri interi. Inoltre rifletteremo sul fatto che quando la somma dei coefficienti di A(x) è uguale a 0 il numero 1 è senz’altro una radice del polinomio, mentre se la somma dei coefficienti dei termini di grado pari di un polinomio è uguale alla somma dei coefficienti dei termini di grado dispari, allora il numero –1 è una radice del polinomio. Presenterò lo schema per applicare la regola di Ruffini, soffermandomi sulla necessità di ordinare i termini del polinomio e di porre eventuali 0 per i coefficienti dei termini mancanti nel diviE p a merito, proporrò esercizi di questo tipo:
“Esegui le divisioni nel modo classico e con la regola di Ruffini, ti accorgerai che…”
binomi (x^n - a^n) ed (x^n + a^n) possono essere, o no, divisibili o per la differenza delle basi
nto senz’altro più
no luogo alla relativa scomposizione in
ado elevato, che il ca l determinata tutti i valori che la teorcoefficiente di grado massimo) e cercheremo le radici razionali
n(positivo o nega
Osserveremo quindi che, se p è ug
dendo. er r fforzare il loro convincimento in
I(x-a), o per la loro somma (x+a) e la cosa può essere facilmente studiata facendo uso del terorema di Ruffini. Per questa ragione, la mia tutor ha affidato a me il compito di introdurla soltanto in questo momento, per fornire agli studenti un’ulteriore strumepotente dell’”imparare a memoria”. Sostituiremo +a o –a al posto di x nel binomio dividendo e prenderemo nota se esso si annulla, o no. Infine schematizzeremo la situazione per n pari e per n dispari e ci soffermeremo sul fatto che, per n dispari ed uguale a 3, (x³-a³) ed (x³+a³) sono divisibili rispettivamente per (x-a) e per (x+a) e danfattori: (x-a)(x²+ax+a²) ed (x+a)(x²-ax+a²).
Concluderemo questa fase con una seconda visita in laboratorio, quando, servendoci di un foglio elettronico di Excel, studieremo i valori assunti da un polinomio di gr
lco atore avrà calcolato per noi, quando si attribuiranno all’inia ci fornisce come possibili zeri del polinomio (divisori del termine noto fratto divisori del
del polinomio dato osservando dov 10x¹º-25x^9+2x^8-5x^7-4x+10.
ercitazione, che può esere realizzata con un qualsiasi foglio di alcolo elettronico, consiste nel poter verificare rapidamente, con un colpo d’occhio, quale tra
“ce lo dirà la macchina”), potremo eseguire più divisioni del polinomio dato. In tal modo ragazzi si sentiranno “sollevati” dall’eseguire calcoli pesantissimi, comprenderanno la vera
rogrammi di calcolo e si potranno temen
e questo si annullerà. Il polinomio scelto potrà essere ad esempio:
L’utilità di questa esctutti i valori “candidati” sia uno zero razionale del polinomio, oppure, qualora ce ne sia più di uno (eiutilità dei p concentrare prevalen te sull’analisi dei risultati.
59
-300
-200
-100
0
-2 -1 -0,5
-0,4
-0,2
-0,1 0,
10,
20,
40,
5 1 2 2,5
100
200
300
ASE 3 (tempo stiF mato: 4h+4h)
In questa fase, difficoltà incon direzioni: l’aspetto computistico (il ico (il saper organizzare). Per quest’ultimo si può pensare ad un’a e rinvia il calcolo algebrico ad
n secondo momento. In sostanza, si costruirà un diagramma a forma di triangolo, chiamato
aglianza ed è reso più evidente l’aspetto
sercizi con le espressioni, anche per rinforzare l’aspetto del
rci soprattutto per
x A(x) -10 125250000050 -5 147656280
-2,5 196858,38 -2 24210 -1 56,00
-0,5 12,11 -0,4 11,62 -0,2 10,80 -0,1 10,40 0,1 9,60 0,2 9,20 0,4 8,39 0,5 7,93 1 -12,00 2 -2686
2,5 0,00 5 49218740
10 75149999970
inizieremo ad eseguire le espressioni con le frazioni algebriche, sapendo che letrate dagli studenti si articolano sostanzialmente in due saper fare) e l’aspetto algoritmttività che ponga l’attenzione sull’aspetto grafico
u“albero”, seguendo le operazioni indicate nel testo dell’espressione, tracciando per ciascuna operazione due linee oblique che individueranno i termini, e si articolerà in ramificazioni successive, sempre più dense, terminanti con gli ultimi termini elementari [P80]. Ogni espressione sarà dunque caratterizzata da un grafico e non da una sequenza di espressioni equivalenti: viene meno, dunque, il significato di ugusemantico della semplificazione. L’osservazione della struttura grafico-algoritmica permetterà allo studente una risoluzione mentale più immediata rispetto a quella numerico-computistica [U03]. Dopo aver dedicato alcune ore agli ecalcolo, faremo una verifica in classe che si concluderà con la correzione e l’eventuale recupero. Successivamente prevedo di dedicare ancora un po’ di tempo ad esercitamigliorare la capacità espositiva degli allievi, proponendo, ad esempio, il seguente tipo di “cruciverba” al contrario, in cui loro stessi dovranno formulare le definizioni:
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C A L C F A T T O R E I N V E R S A A L T R I N O M I C T S P D I V I S O R E N U L L O I N R U L E Q U I V A L E N T I T U E L E N N E E E R O U O O T M R I O O
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VALUTAZIONE
La valutazione riveste un'importanza strategica nel processo educativo soprattutto per le due principali funzioni che assolve: fornisce allo studente strume r la presa di coscienza delle proprie capacità e competenze e, allo stesso tempo, offre a gnante un icativo riscontro dell'efficacia del suo intervento didattico. Questa dich ne oggi quasi ovvia e naturale, ma in realtà l’idea iniziale che rifletteva la concezione degli insegnanti sulla valutazione, e che circolava fino a pochi anni fa, era quella che si dovesse colpevolizzare solo lo studente nel caso di insuccesso cognitivo; che interrogazioni, comp sami e prove specifiche fossero l’unico modo e l’unico momento della valutazione, quest’u vista semp me atto finale di un processo di insegnamento e non anche come analisi del sso stesso ].
L’insegnante invece che entra in contatto con alcuni risultati di ricerca in Didattica della Matematica, ai quali ho accennato sia all’inizio del paragrafo sull , sia in quello successivo sulle “Strategie”, non può ignorarli e, molto spesso, è portato a cambiare
mento: riconosce nel comportamento dei propri studenti in aula e nel proprio agire rofessionale, la conferma di quei risultati e, di conseguenza, la propria interpretazione delle ondotte subisce una modifica, in particolare riguardo alla valutazione [DFP03b]. urante la valutazione l’insegnante guarda con occhio più analitico e critico al lavoro di struzione della conoscenza di ciascuno dei propri allievi ed, in base a questo, è in grado di
uardare allo stesso modo al proprio operato all’interno dell’aula, ridisegnando, se necessario, le ensando allo sviluppo curricolare in ogni suo aspetto
].
vi proposti, le
i Cicerone del “De senectute” e, conquistatomi un bell’otto, chiusi un po’ a malincuore i
o ed il grado di onsolidamento delle sue abilità.
Per dare un giudizio non sui “miei” allievi, bensì sui loro processi di sviluppo, ho revisto verifiche formative in itinere per predisporre eventuali attività di recupero se i risultati er qualcuno non saranno buoni. Il recupero potrà consistere nel ripetere un argomento pensando da parte mia l’oggetto, la sua comunicazione o l’uso dei registri semiotici. Ricorrerò lle tradizionali prove, quali verifiche scritte ed interrogazioni alla lavagna, ma soprattutto aluterò gli interventi dal posto, le risposte alle domande “volanti” indirizzate a singoli allievi, puntualità e l’impegno nello svolgimento dei compiti assegnati per casa, la capacità di elaborazione, il coinvolgimento e l’impegno nella scrittura del diario di bordo (informes).
nti pell'inse signifiarazio sembra
iti, eltima re coproce [FP02
e “Finalità”
atteggiapcDcogproprie strategie metodologiche e rip[FP02
La valutazione, quale strumento di verifica dei risultati conseguiti dagli alunni, serve per regolare, per aggiustare, per mettere continuamente a punto i percorsi di apprendimento dei singoli alunni e quindi è utile mentre l’alunno apprende, non dopo. Sono convinta che nella trasposizione didattica l’insegnante debba fare di tutto per motivare gli allievi e per prevenire gli insuccessi, perché è sicuramente più agevole, o meno dannoso, prevenire gli insuccessi che correggerli.
Per quanto si riferisce ai processi di sviluppo degli allievi, la valutazione cerca di determinarne i progressi raggiunti in relazione alle competenze e agli obietticonoscenze che essi hanno acquisito o costruito e fino a che punto si sono appropriati di queste, le abilità e le capacità che hanno sviluppato e gli atteggiamenti ed i valori che hanno assunto e fino a che punto tutto ciò si è consolidato. Ricordo un episodio nella mia carriera scolastica in quinta liceo scientifico che mi vide protagonista, quando a marzo fui interrogata in latino su un brano dlibri di latino (non era materia d’esame!), ma felice del voto in pagella. Il giorno successivo venni interrogata nuovamente e dissi all’insegnante, con grande senso di colpa ed al contempo di ingiustizia, che non avevo tradotto il brano da lei assegnatoci: mi chiamò ugualmente alla cattedra e traducendo a prima vista, mi confermò l’otto in pagella! Forse questo è un semplice ma efficace strumento per accertare la competenza sviluppata in un allievc
ppriavlari
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La cosiddetta “sti olazione” diretta, o ro nterrogazione od una prova scritta, spesso è nece a a, ia e la i ic ltà di presentarsi di alcuni saperi, sia perché l’insegnante ha bisogno di sapere in un dato mo e to e alliecon il programma. A volte però, quando la prestazione avviene senza che sia richiesta, si parla di osservazione, ed è questa che cer h ò di utilizzare il più possibile, anche al fine di evitare la componente em v d l s e e m ”
Ho c t t m ttare le caratteristiche della valutazione cosiddetta “c tic ” h d e a p c s senza p ai prodotti), “strategica” (con lo scopo di m ti r , a tt “ r a n ” nt ua” ed “aperta”.
La pr v t a r u b i ri ltati raggiunti, vorrei durasse un’ora soltanto, con de an o r m o r e m nte molti esercizi insieme, che non vorrei dare troppo e c s c lavorerò in una classe prima, non abituata ad af o a t p o n
Prevederò una griglia di obiettivo da raggiungere, come predispone semp i t o per accom agnare v to finale; dichiarerò cosa considero davvero impo e ssaggi nello s l mento ad esempio di un’espressione con frazioni g r h g a a o se un l e ma, un prodotto notevole o ri o e iu o o ll c u ol l tr o idattico della “delega formale”, ad sempio utilizzando meccanicamente la proprietà distributiva della moltiplicazione. Infine,
rei ntare di utilizzare il criterio, nell’attribuzione del voto finale, “dell’escursione di dim to”, poiché ritengo che possa aiutare l’accrescimento della motivazione in alcuni
gazzi che hanno una particolare sfiducia nelle proprie capacità, valutando l’escursus dei loro sultati dall’inizio dell’anno per premiare eventuali progressi.
In sintesi, cercherò di non dimenticare che non si valuta per dare un voto, ma per rendere decisioni sulla trasposizione e sull’ingegneria didattica, per vedere se è stata raggiunta implicazione personale dell’allievo, indispensabile per la costruzione della conoscenza, e per municare agli allievi ciò che è davvero importante per il loro insegnante.
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BIBLIOGRAFIA
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2421
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11,6
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,80
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10,4
00,
19,
600,
29,
200,
48,
390,
57,
931
-12
2-2
686
2,5
05
4921
8740
1075
1499
9997
0
P(x)
=10x
¹º-25
x^9+
2x^8
-5x^
7-4x
+10=
(2x-
5)(5
x^9+
x^7-
2)
2
A
1) Semplifica le seguenti frazioni algebriche, dopo aver posto le condizioni di esiste
eri razionali candidati ad essere gli zeri del polinomio seguente?
, determina, senza eseguire la divisione, se è divisi i indicati in tabella:
BINOMIO SI NO CALCOLI
ALLEG TO 7
nza:
bile per i due binom
3
2
234
3
736
84)
)
xxyxyx
b
bbba
3
2
65
2
x
xx
bb
3
)c
4xx
2) Quali sono i num
3) Dato il polinomio P(x) 3x 64 2 xx=
x-1 x-2
4) Semplifica le seguenti espressioni:
abbabbab
ab
aab
abbac
xxxx
xxx
xxxxxb
yxxxyyxx
yy
yxyxyxa
22
2
223
2
23
23
223
3
2
22
44
2:3)
112212121:
224)
2:)
274)( 23 aaaP
babbaa
2
3
xx
3
2
2
4a
ALLEGATO 8
Quando a casa fai i compiti di matematica, provi un senso di :
Noia
Sfida
Fatica
Confusione
Entusiasmo
Divertimento
Chiarezza
Ansia
Serenità
Qual è l’argomento del programma di matematica svolto finora che più ti ha interessato?
Secondo te, cosa ti aiuterebbe maggiormente nell’apprendimento della matematica?
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Volevo ringraziarvi per la vostra accoglienza nella vostra classe. Ho pensato di lasciarvi questo breve pensiero di un grande del passato sperando possa essere utile a voi quanto lo è stato a me:
Nulla egli sappia per averlo udito da voi, ma solo per averlo compreso da sè:
non impari la scienza: la scopra.
Se nella sua mente giungerete a sostituire l'autorità alla ragione, non ragionerà più;
non sarà che lo zimbello dell'opinione altrui.
Jean-Jacques Rousseau, Emile ou de l'education
Personalmente non dimenticherò mai questa esperienza: siete stati la mia prima classe e vi augurotutto il bene possibile!
Lara Lorigiola
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