Scrittura per Orientamento e Outplacement

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www.francescamarchegiano.com Percorsi di Scrittura Autobiografica per l’Orientamento e l’Outplacement Quando apriamo il quaderno su una pagina bianca, o un nuovo documento di Word, soprattutto se il tema su cui dobbiamo scrivere è libero, spesso proviamo una sorta di vertigine. Come iniziare? Cosa dire? Come riuscire a tradurre i pensieri, in una forma grafica e semantica che abbia una precisa logica, un suo disegno? Questa è una sensazione che spesso si prova di fronte al dover prendere una decisione: “A quale scuola mi iscrivo?”, “Che professione devo scegliere?”, “In quale ambito posso ricollocarmi?”. Ecco che il futuro, anche vicino temporalmente come il domani, assume nella sua indefinitezza una valenza che fa paura. Si teme di non saper “scrivere” la risposta giusta, di non soddisfare se stessi e gli altri, si teme di fallire, fare errori, non arrivare al lieto fine. Cosa accomuna la capacità di riempire pagine bianche, con la possibilità di far scelte, nella vita, Per cominciare a capire chi siamo, dobbiamo raccontarci. (Antonio Tabucchi) DI: FRANCESCA MARCHEGIANO

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Scrittura autobiografica per Orientamento e Outplacement

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Percorsi di Scrittura Autobiografica per l’Orientamento e l’Outplacement

Quando apriamo il quaderno su una pagina bianca, o un nuovo documento di Word, soprattutto se il tema su cui dobbiamo scrivere è libero, spesso proviamo una sorta di vertigine.

Come iniziare? Cosa dire? Come riuscire a tradurre i pensieri, in una forma grafica e semantica che abbia una precisa logica, un suo disegno?

Questa è una sensazione che spesso si prova di fronte al dover prendere una decisione: “A quale scuola mi iscrivo?”, “Che professione devo scegliere?”, “In quale ambito posso ricollocarmi?”. Ecco che il futuro, anche vicino temporalmente come il domani, assume nella sua indefinitezza una valenza che fa paura. Si teme di non saper “scrivere” la risposta giusta, di non soddisfare se stessi e gli altri, si teme di fallire, fare errori, non arrivare al lieto fine.

Cosa accomuna la capacità di riempire pagine bianche, con la possibilità di far scelte, nella vita,

Per cominciare a capire chi siamo,

dobbiamo raccontarci.

(Antonio Tabucchi)

D I :FRANCESCA

MARCHEGIANO

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ispirate al valore della qualità? L'abilità di scrivere, di conoscere l'argomento (quindi noi stessi) e saperlo trattare nel modo migliore. Scrivere non in senso grammaticalmente corretto, non necessariamente poetico, non seguendo un tracciato comune a quello che hanno preso altri prima di noi.

Perché la cosa più importante è che sulle pagine di un quaderno o sui fogli bianchi che sono i giorni a venire, noi si impari a scrivere con verità, esprimendo la nostra inconfondibile voce.

La voce di chi scrive è una voce che viene dall'interno, che rappresenta il proprio modo di stare al mondo e interpretarlo, che contiene (pur a volte distaccandosene) le voci della famiglia di origine, del Paese di provenienza, racchiude le nostre abitudini nel dire o tacere alcuni argomenti, è una voce presente fin dalla nascita e che si perderà solo alla fine della vita. Ma non si perderà del tutto. La voce scritta resta infatti anche dopo di noi, a testimoniare chi eravamo e in cosa abbiamo creduto o sbagliato, cosa abbiamo fatto. A volte queste voci diventano lezioni per le generazioni future.

Quello che distingue le voci, le voci sulla carta, è la nostra dimestichezza ad esternarle. Ad ascoltarle e permettere che abbiano il loro spazio.

Il blocco della pagina bianca, e nel processo di scelta, è quindi spesso la nostra mancanza di allenamento a superarlo, la dimestichezza ad arrenderci e chiudere il quaderno, seguendo la via più facile o quello che fanno gli altri. Se la nostra voce non può esprimersi, non arriveremo ad esprimere la nostra essenza: fatta di sogni, paure, progetti.

Con questo testo vorrei invitarvi a riprendere la scrittura, a riprendere la vostra unica, antica, coraggiosa voce d'inchiostro, affinché con essa possiate scrivere il capolavoro, per il quale sapete di essere al mondo.

Noi che conosciamo siamo sconosciuti a noi stessi: e ciò ha le sue buone ragioni.

Non siamo mai andati in cerca di noi

stessi, come potrebbe quindi accadere che ci

troviamo?

(F. Nietzsche)

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Lo facciamo in automatico, perché la scrittura per la maggior parte delle persone è diventato un mezzo per non dimenticare di comprare ciò che serve in cucina, per altri è un modo per pubblicare su Facebook il pensiero di un momento, o prenotare via mail un albergo per le vacanze.

Ovviamente non ci ricordiamo quanta fatica abbiamo fatto per arrivare a svolgere questa azione, ci siamo dimenticati delle “a” e delle “f ” esercitate sul quaderno a quadretti, ci siamo dimenticati, soprattutto, l'attenzione che avevamo in quel momento, la concentrazione sulla pagina bianca.

E ancor più non ricordiamo l'importanza che ha avuto questa azione sulla Terra quando, più di tremila anni prima di Cristo, la scoperta della scrittura ha segnato il passaggio dalla preistoria alla storia.

Questo passaggio, non solo ha permesso che oggi si abbia testimonianza di civiltà da tempo scomparse, ma ha consentito il formarsi, nell'individuo, dei processi di logica, analisi, classificazione, sintesi e ipotesi. Quest'ultimo è stato la base per la formazione di nuove teorie, per l'esplorazione (con il pensiero prima che con la pratica) e per tutte le invenzioni che hanno portato le civiltà allo stato attuale.

Prima che si affermasse la scrittura, la memoria e gli insegnamenti erano trasmessi in forma orale, non restava quindi in nessun luogo traccia delle azioni dei popoli, delle loro credenze e dei loro pensieri. Con la scoperta della scrittura, invece, le comunità poterono finalmente seguire il proprio sviluppo attraverso la registrazione di ciò che erano state, in altre

I LIMITI DEL MIO

LINGUAGGIOSONO I LIMITI

DEL MIO MONDO.

(L. Wittgenstein)

Scriviamo, scarabocchiamo una

lista della spesa o rispondiamo a una mail e a un sms.

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parole: darsi un'identità. Solo con un'identità, i nuclei urbani poterono iniziare a comunicare e confrontarsi con gli altri, perdendo quella valenza di comunità segrete e “mute” (perché basate su codici decifrabili solo a loro) per aprirsi all'esterno.

Non può passare inosservato quanto questo processo, la cui valenza antropologica è di enorme rilievo, sia esattamente lo stesso che avviene tutt'ora nell'interazione tra gli individui e, cosa ancor più importante, nella costruzione di se stessi come identità definite, con una precisa collocazione nel mondo, una memoria e un futuro dove collocare i propri sogni e progetti.

Purtroppo negli ultimi anni ci siamo disabituati alla forma scritta. Siamo più consoni agli appunti, le abbreviazioni, i neologismi che fanno parte dei codici linguistici usati al posto di descrizioni e approfondimenti.

Se nelle persone adulte questo può essere un altro modo per comunicare, che nulla toglie alla forma scritta più classica (la maggior parte di noi è ancora in grado di scrivere una lettera se dovesse esternare un sentimento o una notizia importante), per quanto riguarda le nuove generazioni non è proprio così.

Emerge quindi, nei contesti formativi, la necessità che i ragazzi tornino a scoprire il valore della parola scritta, nel quale risiede la loro capacità futura per l'esercizio attivo della cittadinanza, poiché essere competenti della parola scritta significa estendere la propria possibilità di comprendere e innovare se stessi e il proprio contesto di riferimento.

Se infatti i ragazzi sono in grado di scrivere a livello grafico, stanno perdendo l'abilità nella “testualità”, che è la capacità di produrre testi con unità linguistiche dal significato complesso, coese e coerenti. L'affermarsi dei media elettronici può attenuare la dimensione esecutiva del grafismo, ma non può escludere quella della testualità, che riguarda le operazioni di pensiero.

La ricerca degli ultimi vent'anni ha dimostrato che scrivere è un'attività complessa: oltre che alla padronanza della lingua, essa implica un elevato carico cognitivo dovuto alla necessità di coordinare numerose abilità (grafiche, linguistiche, testuali) e processi (cognitivi, meta cognitivi,

E’ l’ignoto che abbiamo dentro: scrivere vuol dire

raggiungerlo. È questo o niente.

(M. Duras)

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motivazionali). Imparare a scrivere non è quindi assimilabile al “trascrivere” la lingua parlata o disporre qualche idea in sequenza: significa saper governare il processo del “farsi” testo, governando il pensiero e la sua costruzione. Imparare a scrivere può, quindi, essere del tutto assimilato all'imparare a pensare.

Da qui la sua importanza.

Essendo sacro e magico, ogni segno era anche considerato “vivente” e chi scriveva doveva prestare molta attenzione a questo aspetto. Perciò, per esempio, tracciando il geroglifico di un leone o di un uomo armato, gli scribi ne mutilavano una zampa o spuntavano la punta della lancia, per impedire che punta e artigli potessero balzare fuori dal testo e ferissero il lettore.

Ancora oggi, le parole scritte hanno un potere “magico”: nascono nel profondo e vi ritornano immediatamente con il processo di lettura, ci riportano al centro.Sono magiche, non perché realizzino incantesimi, ma perché fermano il tempo, aprono porte su scenari dimenticati e fanno rivivere incontri, riportano alla mente progetti dimenticati, parlano a noi stessi dei nostri sogni. Difficilmente ci ricorderemo qualcosa che abbiamo detto durante un'ora qualsiasi dei nostri anni di scuola, ma chiunque di noi, aprendo un quaderno di allora e rileggendo un tema, potrà trovare se stesso non solo nei

In Egitto, la scrittura era considerata una forma di magia: gli

scribi tracciavano con cura ogni “segno sacro”, fino a farne un’opera

d’arte.

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Le parole sono pietre: servono per

costruire case.

(C. Levi)

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pensieri espressi sopra le pagine, ma collegando ad essi qual era il suo mondo, che odore aveva la classe, che tipo di atmosfera c'era nella propria casa al rientro. La scrittura è magica perché non dimentica, per questo è una pratica che deve essere mantenuta anche da adulti, perché nessuno scordi le idee avute, i desideri espressi, quali sono le aree della sua vita nelle quali deve attuare un miglioramento, in quali invece è avvenuto un processo di crescita che, se non fosse stato registrato, non potrebbe essere confrontato con il punto di partenza, perderebbe valore, rimarrebbe incerto.

La parola scritta ferma il tempo e al contempo lo accelera, ci porta al passato ma anche a parlare con chi saremo quando avremo ottant'anni, chiedere consiglio e ascoltare la nostra voce “futura”, rispondere. Chi scrive percorre distanze, e più traccia strade d'inchiostro sulla pagina bianca, più, simmetricamente, scende all'interno. Non è possibile che raccontando un evento sulla pagina, concentrandosi su un'idea o progetto, descrivendolo oppure ordinandolo in una semplice lista di passi, la persona non compia un movimento evolutivo dentro e fuori se stessa. La scrittura si distanzia quindi dall'improduttiva (anche se piacevole) oziosità del fantasticare o sognare ad occhi aperti, e dalla “gassosità” della parole dette e subito evaporate nell'aria, che diventano quindi ritrattabili, modificabili, facilmente dimenticabili da noi stessi e dagli altri.

La parola scritta non esce di bocca per svanire nell'aria, fa un percorso più lungo: dalla mente scende verso il basso attraversando la giugulare, lì dove passa la vita, e dalle spalle percorre tutta la lunghezza del braccio, attraversando il palmo della mano fino a spingersi in cima alle dita. La parola scritta è figlia di un movimento fisico, a volte un chinare la schiena sopra il tavolo e la pagina aperta, oppure avvicinare la faccia alla luce bianca che emette uno schermo, crea una spossatezza negli arti che merita un'attenzione doppia, è un lavoro artigianale, uno sforzo che unisce la mente al corpo. Questa attenzione non sarà mai raggiunta durante una conversazione, nella quale la velocità delle parole mantiene forzatamente il pensiero ad un livello

Scrivere è cercare la calma, e qualche volta trovarla. È

tornare a casa. Lo stesso che leggere.

Chi non scrive e non legge mai, è sempre fuori casa, anche se

ne ha molte. È un povero, e rende la vita più povera.

(A. M. Ortese)

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“superficiale”. Per superficiale si intende quello delle abitudini, delle parole scelte per automatismi e dove, più di questo, spesso la parola non ci permette di scoprire, di noi, terre inesplorate e sorprendenti.Apriamo la bocca e percorriamo binari noti, non abbiamo tempo di scegliere vocaboli nuovi e diversi, provare a spiegarci attraverso metafore sulle quali abbiamo riflettuto e corretto affinché fossero le più esaustive possibili.

È questo il motivo per cui nella conversazione terapeutica o di consulenza, è necessario affidarsi meno alla parola che al comportamento para-verbale e non-verbale, perché si possa comprendere della persona ciò che è nascosto anche ai suoi stessi occhi.Nella scrittura questo non è necessario, se essa è stata sollecitata nel modo opportuno, se la persona è stata guidata nel superare l'ostacolo della pagina bianca, allora si osserveranno comportamenti legati all'espressione creativa: il corpo rilassato e chino in avanti, lo sguardo che segue le parole farsi d'inchiostro senza quasi rileggerle, la grafia che cambia e diventa calcata, ampia, senza punteggiatura. Questi segni sono esplicativi di un'apertura avvenuta dentro se stessi, e quando la persona alzerà la testa e leggerà (o riassumerà) le parole scritte, ci sarà coesione tra il contenuto del testo e il tono di voce, l'emozione trasmessa, la tensione del corpo.

Anche durante la fase di insight creativo, durante la scrittura i processi del pensiero sono costretti a rallentare. Quando si comincia a scrivere, ci si trova nella condizione di seguire un'idea fino alle sue conclusioni logiche, dipanandola dal groviglio di altri pensieri e considerazioni nella quale è immersa, e rendendo quell'idea una strada con una direzione chiara, anche se potrebbe condurci in zone mai esplorate fino a quel momento.Inoltre, un fenomeno che si osserva quando una persona scrive (o viene invitata a scrivere) più volte dello stesso episodio o ricordo, è un graduale cambiamento di prospettiva. Questo cambiamento di visuale permette anche di diventare, con il passare del tempo, più distaccati rispetto all'argomento trattato. “Distaccati” non significa “meno coinvolti”, ma sicuramente più lucidi e precisi nel catalogare

Come si potevano perdere le parole che

correvano per il mondo, e con le

parole perdere intere vite, intere storie che

nessuno avrebbe potuto ricostruire

uguali?

(R. Cotroneo)

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l'esperienza vissuta, e le sue possibili cause o effetti. La scrittura crea una distanza, seppure piccola, tra la parola detta e l'evento. Traducendo un fenomeno in parole scritte, modifichiamo il modo in cui lo intendiamo e ce lo rappresentiamo nella nostra mente.La parola scritta può quindi essere considerata uno strumento per approfondire e nel contempo semplificare le nostre esperienze. Per dissipare le nebbie interiori.

Il fatto di narrare per iscritto le proprie esperienze può contribuire infine a migliorare la propria salute fisica o psicologica. Le persone che scrivono dei pensieri e sentimenti più profondi, relativi a loro esperienze traumatiche, evidenziano infatti un funzionamento immunitario più intenso.Questo avviene in quanto è faticoso trattenere o inibire attivamente i propri pensieri e sentimenti. Col passare del tempo, il lavoro di inibizione può gradualmente indebolire le difese dell'organismo. Come altre fonti di stress, l'inibizione può influire sul sistema immunitario, sul sistema cardiovascolare e sul funzionamento biochimico del cervello e del sistema nervoso.Se l'inibizione è potenzialmente dannosa, il confronto con i nostri pensieri e sentimenti più profondi può provocare notevoli benefici alla salute sul breve e lungo periodo. L'espressione scritta può neutralizzare molti dei problemi dell'inibizione. Inoltre, il fatto di scrivere di ciò che ci turba, può avere l'effetto di modificare i nostri valori profondi, il nostro modo quotidiano di pensare e ciò che proviamo nei nostri stessi confronti. Questo avviene perché, scrivendo delle esperienze inibite, le persone traducono e incanalano l'evento in linguaggio. Una volta tradotta in parole, l'esperienza può essere meglio compresa e superata.

Non si tratta quindi di un semplice “sfogo” sulla pagina bianca, ma del fatto che le persone, con la tecnica della scrittura, riescono a conoscersi e comprendersi meglio. In seguito a questo la salute migliora, e avviene una significativa riduzione di ansia e depressione, che consente un miglioramento in altri ambiti di vita delle persone, quali un maggiore rendimento scolastico, e la capacità di trovare un nuovo lavoro.

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Per quanto tentiamo di sottrarci a noi stessi, scopriamo di non poterci sottrarre alla nostra impronta, unica e personale.

La scrittura ci permette di riflettere su un aspetto che parlando non abbiamo tempo di cogliere: le parole che usiamo e il modo in cui esse plasmano la nostra esperienza del mondo.

Siamo abituati a scegliere il termine che ci è più comodo, ed esso ci impedisce di vedere, pensare ed esplorare.

Esercitandoci con la scrittura, possiamo estendere e cambiare la nostra percezione, in quanto cambiare la percezione e cambiare le parole che utilizziamo per descriverla, vanno di pari passo.

U n m e t o d o m o l t o e f fi c a c e p e r sperimentare la visione della nostra esperienza da punti di vista inesplorati, così da ampliare la percezione di noi stessi e definire più precisamente la nostra storia e identità in vista di future scelte, è quella che risiede nell'uso delle metafore.

La parola metafora viene dal greco (metaphorà) e significa trasferimento. La metafora è una figura retorica che consiste nel trasferire ad un oggetto il termine proprio di un altro, secondo un rapporto di analogia. Per

Persino quando scriviamo a caso, si distingue la nostra inconfondibile

voce.

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Aristotele la metafora era “senza confronti la cosa più importante.. la sola cosa che non si potesse imparare, il segno della genialità”.

Nel suo saggio intitolato New Words, George Orwell sostiene che ognuno di noi possiede una vita mentale esterna e una interna: la prima si manifesta nel comune linguaggio quotidiano, la seconda in un altro tipo di pensiero (forse un’espressione migliore potrebbe essere “il pensiero dei sentimenti”) che affiora raramente poiché le parole comuni non ne possono esprimere la complessità.

Lo scopo dell'esercitarsi a raccontare la propria esperienza per metafore è quindi quello di scandagliare l’attività più profonda della mente, usando un linguaggio visivo alternativo per conferirle una forma tangibile, in breve, per rendere visibile il pensiero interiore.

Nel momento in cui ci abbandoniamo alla scrittura spontanea, ecco che ci si presentano associazioni, collegamenti, nessi inattesi. Cominciamo a vedere la rete di significati che unisce le cose, invisibile nel mondo lineare e più angusto della causa-effetto verificabile.

Apparentemente la metafora descrive una cosa nei termini di un’altra, in realtà trova i nessi nascosti, misteriosi fra le cose.

L'immagine-guida della metafora serve ad organizzare le esperienze che cercano di esprimersi ma non riescono a venire alla superficie. Rappresenta una mini teoria riguardo la vita della persona, un'ipotesi da verificare e modificare in funzione dei successivi sviluppi di quella stessa vita.

Creare un significato più ampio per un singolo oggetto è uno strumento per rafforzarsi. Attribuire valore a una cosa ( r i cordo, even to, p roge t to ) , s i gn ifica a s segnare contemporaneamente valore alle proprie reazioni rispetto a quella cosa. Se si prosegue in questo processo, il suo effetto cumulativo sarà quello di porre chi scrive in una condizione più pienamente attiva e interattiva. E ciò condurrà inevitabilmente a un più profondo apprezzamento del mondo, di se stessi e della pagina scritta. E dunque anche una maggiore percezione e comprensione.

Scrivendo, le persone si appropriano, o riappropriano, di loro stesse.

Ingenua forse, e magari presuntuosa e certo di troppe cose ignorante; ma, spinta ad annotare, ogni volta, da una

intima appassionata necessità di intendere: intendere

sensazioni e idee, intendere lo spettacolo del mondo e la sua

musica or melodiosa or furente, intendere l'anima verace della

vita: con modi miei, e per riconoscermi e per attestarmi.

(S. Aleramo)

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Chi scrive, e mantiene questa pratica viva negli anni, svilupperà una mente responsabile, consapevole, curiosa, attenta. Caratteristiche necessarie in questi tempi di crisi nel mondo del lavoro e in quasi tutti gli altri campi dell'esistente, dove l'abitudine rende deboli, immobili, non soddisfatti e non centrati sul nostro miglioramento.

Una persona che scrive è responsabile perché prende posizione, quantomeno sulla carta, e difficilmente mente a se stessa. Una posizione scritta è un pensiero che ha subito un processo di analisi ed è diventato più chiaro e lineare di quando l'avevamo in testa, perso in mezzo a tante altre immagini prive di importanza. È responsabile perché sa che la scrittura di sé non può essere fatta da nessun altro, richiede quindi una presa di coscienza, un ritagliarsi tempo per sé, sapere che qualsiasi consiglio ci verrà dato, davanti alla pagina bianca ci troveremo soli.

Questo aspetto è uno dei tanti per cui scrivere è una pratica indispensabile per una persona che si presenti a un colloquio di Orientamento o ad una consulenza di Outplacement. Per togliere immediatamente l'equivoco o la speranza che sarà il consulente a lavorare per lui/lei, il fatto di proporre un esercizio scritto, fosse anche un semplice test o il mettere nero su bianco il proprio obiettivo della seduta, permette immediatamente che la persona si assuma la responsabilità di un viaggio che dovrà percorrere in prima persona.

Una mente che scrive è una mente che si esercita nella consapevolezza. Usando tecniche diverse di scrittura, la persona si concentra sull'ampia gamma di esperienze che essa in altro modo potrebbe trascurare, o riconoscere solo vagamente. Grazie a questa accentuazione della consapevolezza, l'individuo può prendere decisioni in tutta autonomia. Queste decisioni possono spaziare in ogni ambito della propria vita, ma sicuramente trovano ampio campo di applicazione nelle scelte che

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creano uno sviluppo futuro, quali ad esempio la scelta di un adatto percorso di studio o un miglioramento della propria vita professionale.

La consapevolezza la si può paragonare alla messa a fuoco di una macchina fotografica: più precisa sarà la messa a fuoco, più la scelta sarà fondata su basi sicure. Senza esercitare la consapevolezza, le persone vengono private di una funzione fondamentale di autoaffermazione: ossia della capacità di riconoscere con immediatezza la loro realtà.

Perché una mente che scrive è una mente che si esercita nella consapevolezza? Perché, prima di questo, una persona che scrive è una persona curiosa. Che non si basa solo su quello che sa o sapeva un tempo, che si esercita nell'arte dell'ascolto, che attribuisce valore ai dettagli, che non si accontenta delle definizioni con le quali viene descritta dagli altri (i media, la famiglia, i propri contesti di riferimento) ma sente il bisogno di spingersi sempre un po' più avanti, sulla carta come nel mondo, cercando parole che ne svelino i doni e gli ostacoli, aprendo scenari chiusi dietro porte reali o di carta.

Ogni mente che scrive è quindi una mente attenta, e questa capacità del “restare desti” è la chiave migliore per vivere una vita che non sia soltanto un susseguirsi di giorni e azioni con moto d'inerzia. La persona attenta sa “cogliere al volo”, esplora, è in continua definizione di sé, pronta a capire se stia per arrivare ad un incrocio di strade e di scelte, pronta a prenderle scegliendo il suo “meglio”, è una mente che non si accontenta di un narcisistico riflettersi su una pagina di diario, ma usa la scrittura per stare sempre connessa, proiettata in avanti, per ricaricarsi e balzare fuori dalla pagina, come il leone o il guerriero dei geroglifici dell'antico Egitto.

Una mente che scrive è una mente che non si annoia e non dorme, perché ogni situazione e pensiero (anche il più semplice o doloroso), è per lei un trampolino di lancio.

La poesia è un donofatto agli attenti.

Un dono che implicadestino.

(P. Celan)

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Tale intervento non coincide con un particolare momento dell'esistenza, ma riguarda una modalità educativa permanente, ovvero “un'attenzione della persona che corrisponde alla piena espressione della sua identità, professionalità e vocazione, in riferimento alla realtà in cui essa vive”.

Nelle diverse definizioni di Orientamento esistenti, con conseguenti pratiche messe in atto in ambito di Consulenza, emerge come esso possa essere esclusivamente volto a favorire scelte formative e professionali, oppure possa riguardare anche altri aspetti, legati alla vita delle persone intesa nella sua globalità.

Attivare competenze nei bambini e negli adulti, affinché essi imparino a scegliere con coscienza di sé, qualità e autonomia in ogni ambito e momento della propria vita, è un'attività indispensabile per costruire una società di individui soddisfatti di sé e concorrenti alla piena realizzazione della Comunità e del bene comune.

Ad ogni età, anche la più vicina all'infanzia, è opportuno se non necessario insegnare a gestire se stessi di fronte al cambiamento. Cambiamenti nell'età dell'infanzia non saranno per scelta autonoma, ma derivanti da scelte di figure adulte. Nonostante questo, starà sempre al singolo la capacità di adattarsi efficacemente alla nuova situazione (si tratti di un cambio di scuola, di casa, di amici, fosse solo per il tempo di una vacanza). Cosa può destabilizzare, e continuerà a farlo anche nell'età adulta, un individuo di fronte a una nuova condizione di vita (lavoro, città, salute)?

L'Orientamento è un intervento finalizzato a porre la persona nelle condizioni di poter effettuare delle scelte personali circa il proprio progetto personale/professionale e di vita.

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L'incapacità, dovuta alla mancanza di abitudine, di conoscere se stesso e la propria storia, “appartenersi” prima che “appartenere”, nominare il proprio percorso di vita e, di conseguenza, saperlo narrare.

Molto spesso, le persone si trovano ad essere come le civiltà precedenti l'avvento della scrittura: sanno di loro solo frammenti di storia (a volte raccontata da altri) e, non prendendosi la responsabilità di narrarsi, restano “mute”, prive della capacità di evolvere o quanto meno mettersi in gioco, in modo costruttivo, nella nuova situazione. Se la nostra storia non ci appartiene, non saremo certamente in grado di prevederne gli sviluppi, guidare la trama verso intrecci favorevoli, saremo spettatori che attendono passivamente di leggersi sopra pagine scarabocchiate dagli altri.

È quindi di fondamentale importanza che il consulente di Orientamento attui percorsi affinché, fin dalle scuole elementari, si insegni ai bambini a conoscere se stessi e narrarsi, non solo in riguardo al presente e al passato, ma anticipando il futuro con sogni che emergano dai propri talenti.

Quelli che seguono, sono alcuni tra i tanti esempi di laboratori o percorsi di Orientamento, che possono essere attuati con successo negli ambiti formativi.

SCUOLE ELEMENTARI

Nella Scuola Elementare, un percorso significativo prevederà la lettura di favole (o parti di esse) tratte dalla cultura classica italiana e straniera. Si avrà cura di scegliere favole nelle quali sia presente una scelta attuata dall'eroe protagonista, in seguito alla quale la trama assumerà un significativo cambiamento di “rotta” (il povero diventa ricco - o viceversa -, il personaggio buono fa un'azione errata che lo mette nei guai, oppure il cattivo si redime). Si solleciteranno gli alunni a narrare se stessi come i personaggi della favola e,

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arrivati al punto di scelta, scrivere (aiutandosi con disegni) cosa sarebbe successo loro, che scelte originali e creative avrebbero potuto mettere in atto, a quale futuro sarebbero andati incontro e come sarebbe stato il finale della loro storia.

Alla conclusione dei lavori, ogni bambino (oppure ogni gruppo di lavoro) illustrerà all'insegnante e ai compagni la propria storia.

In seguito a questa prima parte del percorso, si inviteranno i bambini a descrivere se stessi, sollecitandoli a narrarsi come eroi di una favola, attuando similitudini, quali ad esempio: “Mi sono sentito come il Brutto Anatroccolo, quando...”, “Mi ero perso come Pollicino, ma...”. In questo modo, si abitueranno i bambini a narrare se stessi, a dar valore alla propria esperienza e quotidianità, a rilevare paure oppure interessi sui quali pongono maggiormente attenzione, indicatori di talenti inespressi.

Sarà quindi un percorso di scoperta della propria identità, nella quale i bambini cominceranno a sentirsi non solo spettatori, ma anche protagonisti della loro “piccola” storia, inserita in altre storie più grandi (di genitori e figure di riferimento), comprendendo quanto, alle scelte di ognuno, corrispondano conseguenze, felici o infauste e quanto sia importante riconoscerle o anticiparle, per dare alla propria vita una trama “da favola”.

SCUOLE MEDIE E SUPERIORI

In questi ambiti, il consulente di Orientamento proporrà agli alunni esercizi scritti di ricordo e racconto di sé, attraverso la stimolazione data da frasi celebri di poeti, letterati e cantanti, così da creare un'identificazione con il tema scritto e permettere ai ragazzi una riflessione approfondita su di sé: sui propri limiti e i propri talenti.

La scrittura, in ambito scolastico di Scuola Media e primo ciclo di Scuole Superiori, permetterà al formatore di considerare e rispettare il bisogno di privacy dei ragazzi, che verranno quindi in un primo momento

E tu chi sei? – domandò il Bruco.

Non era incoraggiante come

inizio di una conversazione. Alice

rispose, un po’ timidamente: - Io… a questo punto quasi

non lo so più, signore.. o meglio, so

chi ero quando mi sono alzata stamane, ma da allora credo di

essere stata cambiata parecchie

volte.

(L. Carrol)

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invitati ad esprimersi individualmente. Questo permetterà inoltre la partecipazione allargata a tutta la classe, evitando che i soggetti più carismatici catalizzino su di sé il tempo e l'attenzione.

Per stimolare la libera espressione, si leggeranno le regole di “Scrittura Bop” di Jack Kerouac, che offrono spunti creativi e liberatori, inerenti la stesura della propria esperienza individuale.

Alla fine del lavoro, ogni ragazzo dovrà leggere o riassumere oralmente il proprio scritto, così da esercitare la capacità di esternare e sostenere positivamente i propri pensieri.

Sarà importante far lavorare i ragazzi sulla presa di coscienza del concetto di “scelta”, facendoli riflettere sulle porte che aprono o precludono il futuro, a volte definitivamente. Questo aspetto verrà sottolineato perché i ragazzi di quest'età escano dalla logica dei “video-game”: nella quale tutte le scelte sono revocabili e niente, compresa la fine della vita, è definitiva o può essere riattivata a piacimento.

Lo stesso procedimento sarà attuato nella Scuola Superiore, ponendo l'attenzione nel fornire stimoli e citazioni adeguate all'età. In quest'ambito, infatti, sarebbe opportuno che una parte di esse derivasse da persone esistenti: che abbiano raggiunto un grado di realizzazione ed eccellenza nella propria esperienza di vita e lavoro.

In questo modo i ragazzi potranno cominciare a confrontarsi con tematiche inerenti il mondo che li aspetta fuori dal contesto scolastico, misurando se stessi e le proprie aspettative, con esperienze reali legate al mondo contemporaneo.

In entrambi i contesti formativi, i clicli d'incontro prevederanno i seguenti passaggi: conoscenza di sé e della propria storia, descrizione del contesto di vita, immaginazione libera del futuro e proiezione dell'immagine di sé su una figura di successo stimata e conosciuta (del proprio ambito familiare o sociale, o trasmessa dai media). Si sosterranno infine i ragazzi a ideare azioni (formative e lavorative) per “sovrapporre” la loro situazione presente a quella del futuro desiderato.

In questa ultima fase, si trasmetteranno agli studenti le regole di base (tratte da esercizi di orientamento e coaching) per ideare e abbozzare un proprio progetto di vita, e si insisterà affinché essi utilizzino un quaderno dove mantenere vivo il monitoraggio di sé e dei propri cambiamenti di strade e interessi, così da essere sempre consapevoli dei propri obiettivi e valori di riferimento.

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CENTRI PER L’ORIENTAMENTO

Anche in questi contesti, si utilizzeranno esercizi di scrittura, dove far emergere tratti della personalità, definire i talenti e crearsi un progetto di vita (di studio o professionale) a breve, medio e lungo termine. Portando esempi concreti (da citazioni o interviste) si solleciteranno inoltre i candidati ad essere curiosi, leggere, viaggiare, tenersi informati, ricercare e confrontarsi con chi opera al di fuori del proprio contesto.

La scrittura servirà per la stesura del proprio curriculum e della lettera di marketing. Il mantenimento di un proprio “Diario di Studio

e Professionale”, permetterà ai soggetti di mantenere viva la concentrazione sui propri obiettivi, non perdendo l'autostima quando qualche tentativo o esperienza potrebbero non avere gli esiti sperati.

Inoltre, un quaderno nel quale siano stati registrati i corsi frequentati, gli esami sostenuti, le esperienze professionali svolte (con nominativi e recapiti per eventuali referenze future) e le competenze acquisite, farà sì che la persona abbia sempre una chiarezza di sé, che le consenta di sostenere colloqui di lavoro con competenza ed entusiasmo, conoscendo a memoria il suo percorso di vita, sapendolo narrare in forma coesa e attraverso l'utilizzo di metafore incisive e accattivanti.

Il quaderno professionale permetterà ad ogni individuo di monitorare se il suo bagaglio di conoscenze sia sempre aggiornato, adeguato e innovativo, mantenendo il confronto con le realtà (soggettive o aziendali) esterne e sviluppando la dote già citata dell'attenzione: per informarsi, aggiornarsi e riflettere, confrontando i propri bisogni con i settori di interesse.

Questo formerà giovani pronti ad affrontare l'incerto e mutevole mercato del lavoro, affinché essi possano migliorare costantemente la propria carriera e preparazione, e siano pronti a sperimentare nuove strade, nelle quali trovare idee vincenti e spunti di crescita.

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Si tratta quindi di una qualificata consulenza e assistenza che viene offerta, esclusivamente su mandato dell'Azienda, al lavoratore di ogni livello che, dovendosi riproporre al mercato del lavoro, potrà avvantaggiarsi dell'intervento specialistico di professionisti esperti in tutte le problematiche connesse alla riqualificazione professionale, alla gestione di carriera e al riorientamento del lavoratore nel contesto produttivo.

Dare ai propri dipendenti in uscita supporto, significa per un'Azienda non dimenticare collaboratori che magari hanno contribuito al successo dell'impresa, pensando concretamente al loro futuro, proprio come indicato dalle direttive emanate dall'Unione Europea.

Il servizio di Outplacement è nato negli U.S.A. alla fine degli anni '60. Esempio-tipo della sua applicazione fu la drastica riduzione dei dipendenti specializzati della NASA l'ente spaziale americano, che erano stato impegnati nel "Progetto Apollo": si decise di offrire quindi a tutti il servizio di Outplacement, per consentirgli di riqualificarsi e potersi ricollocare in altri contesti aziendali.

In Italia quest'attività ha iniziato a comparire verso la metà degli anni '80: rispetto agli altri Paesi europei, si tratta ancora di un servizio innovativo, che sta iniziando a diffondersi in questi ultimi anni nel privato e nel pubblico.

L'intervento di Outplacement può essere individuale (cioè può risultare frutto di un accordo diretto tra il dipendente e l'Azienda) o collettivo (cioè è il risultato di accordi sindacali, riguardanti gruppi di lavoratori).

In ambito di consulenza per l'Outplacement, la scrittura si dimostra indispensabile per diversi motivi.

L'Outplacement è la branca della consulenza nell'ambito delle risorse umane, che si occupa di accompagnare le persone in uscita da un'Azienda nella ricerca di nuove opportunità professionali.

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Innanzitutto serve a far sì che la persona possa prendere coscienza di sé e della propria esperienza, redigendo una corretta e aggiornata autobiografia professionale, affinché il passato assuma un disegno coeso e logico, nel quale riconoscersi.

Osservare i passaggi svolti e le sfide sostenute, infatti, ha l'effetto di aumentare l'autostima personale, aiutando a far ritrovare all'individuo le capacità e l'energia necessarie per affrontare il cambiamento professionale in modo costruttivo.

Utilizzare la scrittura, inoltre, farà sì che nella persona avvenga una “presa in carico” di se stessa, spostando il focus dalla responsabilità esterna degli eventi che si sta trovando a dover affrontare (“È colpa del mercato, del datore di lavoro, del destino”, ecc) a una positiva responsabilità interna, nella quale prendere coscienza delle proprie capacità ed obiettivi. Questo eviterà, inoltre, un'errata speranza che il lavoro venga svolto dal consulente di Outplacement, mantenendo al contrario attiva la propria capacità di assumere su di sé tutto il processo di cambiamento.

Far mettere su carta il proprio percorso professionale e gli sbocchi desiderati, permetterà la creazione di uno “spazio mentale” libero da pressioni esterne, nel quale poter ricominciare a considerare le proprie necessità e il proprio benessere, e decidere in autonomia i percorsi di maggior interesse.

In Outplacement, la scrittura consentirà agli individui di esternare i propri vissuti, considerandoli da prospettive nuove e trasformandoli in risorse sulle quali puntare.

Un esempio dell'efficacia nell'uso di questa tecnica, è narrato da Pennebaker, in una delle sue ricerche: in un esperimento effettuato nel '91, venne chiesto, a metà degli uomini licenziati da un'Azienda, di scrivere i pensieri e i sentimenti più profondi riguardo al licenziamento, per mezz'ora al giorno, per cinque giorni consecutivi. L'altra metà scrisse di come usava il suo tempo.

L’inizio è difficile. Abbiamo paura di fallire.

Abbiamo paura di non aver nulla da dire.

Abbiamo paura che ciò che diremo possa essere

banale o noioso. Abbiamo paura che possa

danneggiarci. Abbiamo paura che possa

essere una menzogna. Abbiamo paura che possa

essere la verità. Abbiamo paura che

nessuno se ne accorga. Abbiamo paura che

qualcuno impari ciò che abbiamo detto, magari

noi stessi. Abbiamo paura che ci saranno conseguenze.

Abbiamo paura che staremo attenti.

Abbiamo paura di dover cambiare la nostra vita. Abbiamo paura di non

riuscire a cambiare. Ma più di questo, abbiamo paura di

riuscirci.

(D. Meetzger)

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Gli uomini con la consegna di scrivere i propri pensieri e sentimenti, furono estremamente aperti e sinceri nei loro scritti: descrissero l'umiliazione e il risentimento per la perdita del lavoro, e altri problemi più intimi, connessi alle difficoltà coniugali, alla malattia e alla morte, al denaro e alla paura per il futuro.

Nell'arco di tre mesi, il 27% del gruppo sperimentale riuscì a procurarsi un lavoro, contro il 5% dell'altro gruppo.

Sei mesi dopo avere scritto, il 53% di coloro che avevano scritto i propri pensieri e sentimenti aveva trovato lavoro, contro il 18% dei soggetti assegnati all'altro gruppo – a parità di colloqui di lavoro effettuati.

Molto probabilmente, la risposta a questi risultati è che chi aveva potuto esplorare i propri pensieri e sentimenti, aveva avuto maggiori probabilità di scendere a patti con essi, soprattutto quelli più demotivanti e negativi, quali l'ostilità verso il precedente datore di lavoro. Questi uomini si erano sentiti traditi. Forse, quindi, quando il gruppo che non aveva esternato i propri vissuti per scritto partecipò ai colloqui di lavoro, molti di loro senza accorgersi abbassarono la guardia e parlarono del trattamento ingiusto subito. Quelli che invece avevano potuto sfogarsi per scritto, si rivelarono al colloquio più sereni, quindi più promettenti, e vennero assunti.

CONSULENZE INDIVIDUALI

Nelle consulenze individuali di Outplacement, la pratica della scr i t tura ( e g l i e serc iz i autobiografici e creativi ad essa connessi), entrerà in gran parte nella prima fase: il supporto psicologico del cliente. I l c o n s u l e n t e d i Outplacement, attraverso mirati esercizi, aiuterà la persona a focalizzarsi sul considerare la situazione di

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crisi e cambiamento come un'opportunità: quella di ripensare a se stessi, alla propria carriera, a quello che si è fatto finora e a ciò che si desidera per il futuro.

Il consulente proporrà esercizi per aiutare a stilare la propria autobiografia personale e professionale, ponendo l'attenzione sul fatto che vengano sviluppate narrazioni di successi, oppure eventi nei quali vi è stato il superamento di ostacoli o, infine, dove sono state espresse risorse e talenti.

Il fatto che il candidato, grazie alla scrittura, possa rileggere e conseguentemente riflettere su quanto emerso dai propri elaborati, non solo durante il colloquio con il consulente, ma soprattutto in modo autonomo nei propri contesti di vita, favorirà la velocizzazione dei suoi processi di rimotivazione e autostima. Essi, infatti, sviluppati solo verbalmente nell'incontro di Outplacement, potrebbero indebolirsi al di fuori, confondendosi con altre opinioni e pensieri limitanti.

Come si è già visto nella sezione precedente, il fatto di creare uno spazio mentale privato, nel quale sfogare le proprie frustrazioni legate alla perdita del lavoro, permetterà al cliente di liberarsi dal trauma personale e professionale subito, focalizzandosi positivamente sull'ascolto di sé, nella ricerca di nuove strategie professionali da mettere in atto.

Alla conclusione di questa fase, egli sarà pronto per scrivere il bilancio di carriera, redigendo accuratamente le proprie esperienze, competenze e capacità trasferibili.

A seguire, il cliente verrà stimolato a scrivere il nuovo Obiettivo Professionale, nel quale far confluire quanto elaborato nelle fasi precedenti e trasformandolo in progetto, coerente con la sua storia personale e professionale, e realizzabile.

La scrittura, a questo punto, verrà utilizzata per affrontare aspetti più tecnici, quali stendere (o correggere) il proprio curriculum e scrivere una lettera di marketing: che siano rappresentativi della propria individualità ed efficaci rispetto alla promozione di se stessi nei contesti desiderati.

Nell'ultima fase della Consulenza, in cui il cliente dovrà attivarsi personalmente con azioni pratiche, il fatto di scrivere il proprio “Diario Professionale”, gli permetterà di sviluppare competenze di auto-analisi, monitorare le iniziative intraprese e i propri comportamenti, annotarne i risultati e mantenere viva la consapevolezza sul percorso che sta effettuando.

Mettere su carta i propri pensieri e obiettivi, permetterà di non mancare a se stessi, facendosi fuorviare da pressioni esterne, o da offerte di lavoro non in linea con i propri valori e progetti, che presto si trasformerebbero in un fallimento.

Scrivere la propria storia professionale, e il futuro desiderato, farà sì che ogni giorno questo funga da monito e “specchio”, nel quale riflettere, il più presto possibile, l'obiettivo finalmente raggiunto.

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CONSULENZE DI GRUPPO

La pratica della scrittura può essere utilizzata con successo anche in Consulenze d'Outplacement di gruppo.

Anche qui, essa permetterà ad ogni soggetto di focalizzarsi su se stesso, attivandosi in prima persona nella ricostruzione del proprio percorso lavorativo e nello stilare l'elenco delle capacità apprese e spendibili in altri contesti.

Il consulente avrà cura di spiegare le “regole” dell'uso della scrittura, specificando quanto non sia necessario scrivere bene ma semplicemente trovare il proprio modo e le parole per nominare (anche solo a se stessi) il momento psicologico e pratico che si sta affrontando. Questa narrazione permetterà di affrontare il presente con maggiore competenza, in attivo e orientato verso il futuro.

Il fatto di essere invitati a prendere tempo per “scrivere a se stessi”, in modo sintetico e incoraggiante, sarà l'avvio per aiutare tutti i componenti del gruppo a prendere un proprio spazio, alimentando l'autostima. Nutrire la fiducia in se stessi sarà il primo passo per combattere due “nemici” che, soprattutto in momenti di crisi come può essere la perdita del lavoro, ogni persona si trova a dover affrontare: lo scetticismo, riguardante sia la propria capacità di reazione, che quello espresso (dichiaratamente o meno) dai familiari verso i nuovi sogni e progetti; e la critica, verso il mercato, la società o, nello specifico, le persone che ci stanno privando della nostra identità professionale e delle nostre sicurezze.

Il consulente farà riflettere anche sulla rabbia e la vergogna, ad esempio invitando a scrivere una sorta di lettera o ipotetico discorso, indirizzato a una o più persone che si ritengono responsabili o che si teme potrebbero giudicarci. Il fatto di mettere nero su bianco i propri pensieri, contribuirà a distaccarsene, liberando la mente da discorsi inutili che bloccano il processo di evoluzione e di crescita. La scrittura, sarà quindi un valido supporto per ritrovare un senso di integrità in se stessi,

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facendo ri-allineare le persone con i propri sentimenti e pensieri, così che diminuiscano le ambiguità e si possa arrivare a quella chiarezza interiore che è la base per il cambiamento.

Il fatto di attivarsi, in un contesto di gruppo, nella ricerca di soluzioni alternative alla realtà frustrante che si sta vivendo, e poter condividere alcune riflessioni scritte, farà sì che gli individui avvertano una “vicinanza” con gli altri, che li faccia diminuire e superare la sensazione di isolamento.

Ascoltare altre voci e altri modi di affrontare il presente, inoltre, favorirà un processo indispensabile per la creazione di una mente più consapevole e attenta ai suoi processi interni: quella di ascoltare le opinioni contrastanti presenti nella propria mente, così da nominare desideri e paure correlate, slanci e critiche, portandoli alla coscienza ed ampliando il proprio campo del pensiero e dell'azione conseguente.

Se il consulente attiverà nel gruppo discussioni, inerenti ad esempio le diverse modalità e atteggiamenti utilizzati dai singoli per affrontare il cambiamento imminente, ogni individuo potrà

riflettere le parti di sé nelle diverse voci del gruppo, mettendo in atto soluzioni alternative e creative, che non avrebbe attuato se avesse ascoltato soltanto i propri pensieri più ricorrenti. La scrittura interverrà per deviare l'attenzione dalle difficoltà immediate e quotidiane che si stanno vivendo, aprendo una sorta di “varco” nel mondo del possibile, e facendo sì che all'interno di esso si possano trovare idee nuove e stimolanti. Chiedere ad esempio di rispondere per iscritto alla seguente sollecitazione: “Se avessi cinque vite parallele, ognuna delle

quali realizzata e di successo, cosa staresti facendo in ciascuna di esse?”, consentirà ai soggetti di fare un salto nell'immaginario, permettendosi di nominare anche solo a se stessi altre possibilità, sogni che sempre si sono tenuti nel cassetto per paura o pigrizia, talenti che si vorrebbero approfondire ma di cui non si è mai avuto il coraggio. E chiedere inoltre: “Cosa puoi fare questa settimana, per avvicinarti a una di queste vite?”, attiverà una serie di considerazioni probabilmente mai portate dal mondo dei sogni alla pratica.

La mia depressione svanì, quando in ciò che mi

deprimeva riconobbi una struttura: la sua descrivibilità.

(P. Handke)

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Ovviamente il consulente dovrà anche attivarsi per passare tutte le informazioni necessarie ad affrontare la realtà contingente, mantenendo l'attenzione del gruppo sia su se stessi che sulla realtà circostante. In questo sarà molto utile far emergere in tutti la consapevolezza che il mercato attuale richiede, e richiederà sempre più, di sapersi mettere in gioco più spesso in ambiti e professioni diverse: per questo si inviterà a riflettere sul fatto che la propria identità non dovrà essere legata esclusivamente al posto di lavoro o alla professione svolta, ma associata alla propria storia ed evoluzione personale più ampia.

Il fatto di svolgere questo percorso all'interno di un gruppo nel quale si era invece conosciuti solo (o soprattutto) per il proprio ruolo professionale, permetterà che si crei una maggiore coesione tra i soggetti coinvolti e un migliore sostegno, umano, reciproco.

Sentire di avere intorno a sé un gruppo di persone che condividono pensieri ed emozioni simili, infatti, potrà sostenere il soggetto nel proprio percorso individuale di ricostruzione di sé in vista del futuro, aumentando la sua capacità narrativa, relazionale e di cambiamento.

MEDIAZIONE CULTURALE

L'uso della scrittura viene spesso associato esclusivamente ai ceti sociali e culturali medio-alti. Sicuramente questa tipologia di cliente è in vantaggio rispetto al comprendere l'importanza della stesura di un'autobiografia personale e professionale, oltre che un quaderno nel quale annotare una precisa progettualità rivolta al futuro.

Ma non bisogna pensare che persone di ceti sociali più bassi, o persone straniere, con una scarsa dimestichezza della lingua parlata nel Paese dove viene svolta l'attività di

I due uomini, per risarcire le brecce aperte dall’esilio, si sono

messi a scrivere. La scrittura si è imposta a loro

come un’urgenza. Passeggiavano con la somma

della loro malinconia, delle loro angosce e delle loro speranze,

affidata a un grande quaderno tenuto sotto

braccio. Scrivere. Scrivere per non impazzire, per aggrapparsi alle proprie radici, per tradurre i lunghi e

dolorosi silenzi che attraversano le nostre vite.

(T. B. Jelloun)

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Outplacement, siano messe in difficoltà o impossibilitate a seguire un procedimento di consulenza, che preveda tra le sue tecniche la forma scritta.

Sicuramente le persone devono avere le competenze di base per la scrittura: non essere analfabete e possedere l'abilità motoria di scrivere. Senza questa premessa, la tecnica della scrittura è fuori luogo e mortificante.

Per tutti gli altri, la scrittura può essere un “rifugio”: un luogo dove trovare la propria concentrazione, una strada da percorrere e, cosa più importante, dove trovare se stesse.

Si ricorda quanto poco sia rilevante, in queste situazioni, il fatto di produrre testi corretti a livello ortografico e grammaticale; ognuno deve essere sollecitato a rispondere nel modo che più gli appartiene: per immagini, parole sparse sulla pagina, definizioni, appunti, svolgimenti dalla lunghezza variabile. L'unica cosa importante è “rispecchiarsi” nel testo scritto, leggere con calma ed esporlo a voce dopo aver trovato una precisa logica, una propria chiarezza. Se si consente a persone straniere di scrivere nella propria lingua d'origine, si permette loro di ritornare a “casa” per un momento, trovare una zona protetta nella quale hanno sicurezze, competenze e talenti, nonché parole per esprimere se stesse e le risorse necessarie per affrontare il nuovo percorso.

Aiutare le persone a creare la propria autobiografia personale e il progetto professionale, pur nella propria lingua di origine, farà sì che esse ricostruiscano la loro identità, e la possano esprimere e sostenere all'esterno.

Il consulente di Outplacement chiederà invece alle persone straniere di scrivere nella lingua del Paese ospitante, quando sarà utile che esse sperimentino l'espressione di sé con vocaboli che dovranno utilizzare nei colloqui lavorativi che sosterranno. Scrivere (e ri-scrivere) le aiuterà ad apprendere la nuova lingua, correggendo gli errori grammaticali in un contesto protetto, servirà ad apprendere termini t e c n i c i e u t i l i z z a r e i l “ D i a r i o professionale” come trait-d'union tra la loro vita (e lingua) d'origine e quella nella quale hanno riposto il futuro: le loro “pagine bianche”.

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Rispondere è difficile, soprattutto perché spesso è la prima volta che pensiamo alla risposta. Come affrontare, quindi, questa “pagina bianca”?

Prima di tutto raccogliendo le parti della storia che ci riguardano. Facendo un rapido viaggio all'indietro e rivedendo, come in un film, i passaggi che abbiamo svolto, i desideri espressi, le strade intraprese e le direzioni che, retrospettivamente, abbiamo percorso.

Non possiamo vederci tra cinque anni se non sappiamo dove siamo adesso, e tanto meno se non sappiamo raccontare il percorso che abbiamo fatto.

La capacità di sognare e progettare può essere innata, ma sicuramente è poco allenata, e richiede una figura professionale che ci aiuti in questo. Una figura che sappia, con poche domande aperte, farci svolgere una meta-riflessione, facendoci scrivere, anche solo per punti, la nostra autobiografia personale e professionale.

Nella vita siamo spesso scrittori che aprono una pagina bianca e improvvisano o riscrivono lo stesso concetto del giorno o degli anni precedenti. Scriviamo quello che gli altri si aspettano.

Per questo è di fondamentale importanza il ruolo del consulente di Orientamento, fin dall'età scolastica.

Egli infatti si pone come il lettore di un romanzo. Ascoltando, va in cerca di storie, con una sensibilità esercitata che gli permette di capire se la

Il Consulente di Orientamento e Outplacement, o il Coach, può essere definito come un “sollecitatore di storie a lieto fine”, egli infatti porrà domande, come: “Qual'è il tuo dono?”, “Che lavoro faresti gratuitamente?”, “Dove ti vedi tra cinque anni?”.

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storia che viene narrata ha prevedibili esiti, o è bloccata davanti a una “pagina bianca”. Altre volte egli non si limiterà ad ascoltare, ma guiderà la consapevolezza del proprio cliente sugli sviluppi della trama, ponendogli delle domande.

Esse avranno innanzitutto lo scopo di far riconoscere, la persona stessa, come protagonista della storia che sta vivendo.

Il consulente di Orientamento si prenderà cura di preparare lo spazio affinché il cliente possa scrivere comodamente, spiegando brevemente e con chiarezza che, per focalizzarsi su di sé, egli verrà invitato a sperimentare in alcuni momenti la pratica della scrittura.

Gli chiederà, quindi, di fornirsi di una penna con la quale possa scrivere comodamente e velocemente, perché quando sarà nel flusso dell'espressione creativa, dovrà seguire con l'inchiostro il “farsi parola” dei suoi pensieri.

Chiederà anche di fornirsi di un quaderno, o blocco di fogli, che non abbia nessuna pretesa di pregio o “bellezza”, ma sopra il quale possa sentirsi libero di esternare anche i pensieri peggiori o che ritiene più sciocchi. La dimensione dovrà essere di un foglio A4, perché se userà un quaderno piccolo, anche se più maneggevole, i pensieri saranno anch'essi “piccoli” e non spazieranno in immagini esplorative nella sua mente.

Avere una pagina bianca significherà, a questo punto, avere un vero e proprio spazio per pensare. In esso, egli potrà farsi domande sui propri

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desideri e talenti, potrà immaginare se stesso libero da qualsiasi condizionamento esterno e trovare nuove parole per nominarsi. Questo ancor prima di doverlo dichiarare all'esterno, fosse anche una figura professionale orientata all'ascolto.

Il consulente di Orientamento e Outplacement indirizzerà quindi il cliente alla ricerca e scoperta dei propri valori (e conseguentemente del proprio valore).

Per supportarlo nella costruzione di una trama personale e professionale efficace, egli considererà i seguenti elementi:

1. Ogni parte, nella storia del cliente, prima o poi dovrà trovare una sua coerenza. Se nella trama dovesse regnare infatti un senso d'indefinitezza e la sensazione di confusione, o se le conseguenze di azioni ed eventi tardassero ad avere una propria collocazione, l'attenzione e l'interesse del narratore (oltre che dell'ascoltatore) cadrebbero.

Il consulente dovrà quindi individuare selettivamente i passaggi e le metafore che possano consentire al cliente di ricomporre le contraddizioni, ricordando che alla radice del malessere individuale vi è spesso proprio l'incoerenza: la sensazione di non essere intero né appartenere a un “disegno”.

2. Consulente e cliente dovranno avvertire di stare procedendo in una direzione. Anche chi sta vivendo una situazione professionale o emotiva “statica”, avrà infatti bisogno di sentire che qualcosa (seppur solo dentro di sé) si sta muovendo.

Scrivere potrà servire a colmare il lasso di tempo che deve trascorrere prima che sia possibile fare qualcosa di concreto. Inoltre definire e nominare con precisione una sequenza di compiti e passaggi ancora in sospeso, potrà essere d'aiuto per comprendere ciò che si vuole veramente fare, preparandosi a farlo con maggiore sicurezza, armonia e cognizione di causa.

3. Bisognerà fare attenzione affinché il cliente usi la scrittura di sé per attivarsi realmente, e non per illudersi di essere impegnato nel cambiare la propria situazione, in realtà rimandando la presa in carico di se stesso e la decisione di esprimersi con concretezza.

È importante notare, però, che far raccontare la propria storia, immaginando

Alla fine, alla fine di tutto, è con i fatti della propria vita che si risponde agli

interrogativi che il mondo ci rivolge con tanta insistenza.

Chi sei? Cosa volevi veramente? Cosa sapevi veramente? A chi e a che cosa sei stato fedele o infedele? Nei confronti di

chi o che cosa ti sei mostrato coraggioso o vile? Sono queste le domande capitali. E

ciascuno risponde come può, in modo sincero o mentendo, ma questo non ha

molta importanza. Ciò che importa è che alla fine ciascuno

risponde con la propria vita.

(S. Màrai)

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un futuro desiderato oltre gli ostacoli presenti al momento, può aiutare a scaricare l'energia e lo stress accumulati.

Per far sì che il cliente sperimenti diversi modi di interpretare ed annotare la propria esperienza, si potranno, oltre al già citato uso delle metafore (che verrà stimolato chiedendo di rappresentare un evento o pensiero con immagini e parole in associazione libera), usare altri stimoli, tra i quali:

1. Far stilare una sequenza cronologica di ricordi, azioni, o progetti

futuri. Oppure, al contrario, far immaginare e descrivere accuratamente una scena del proprio futuro ideale, senza chiedersi come arrivarci (ma permettendosi di lavorarci in un secondo momento).

2. La digressione: rispettando gli interessi con i quali il cliente si è presentato, si può invitarlo, con domande mirate, a scrivere utilizzando un punto di vista e una prospettiva nuova (mettendosi ad esempio nei panni di un altra persona, soprattutto se stimata). Questo lascerà aperto un varco perché si affaccino, nella mente del cliente, soluzioni e idee inaspettate.

3. Stringere la sequenzialità: questa tecnica può essere anche chiamata di “Scrittura Zen” e consiste nel porre al cliente diverse domande in successione, alle quali dovrà rispondere per iscritto d'istinto, senza avere quindi il tempo di ragionare e applicare gli schemi mentali a cui è avvezzo. Un esempio, può essere rappresentato dal dover rispondere a una sequenza stretta di affermazioni, quali: “Io sono”, “Io sono”, “Io non sono”, “Io ho”, “Io sono”... ecc, alla cui fine sarà il cliente stesso a riflettere sull'immagine emersa, molto spesso sorprendendosi delle risposte.

4. Allargare la sequenzialità: in questo caso, all'opposto, si chiederà al cliente di descrivere minuziosamente (al limite del paradosso) un'attività di routine che svolge quotidianamente in ambito lavorativo oppure di vita privata. All'interno di essa, dovrà annotare dettagli ed elementi secondari che non aveva mai considerato, sia dell'ambiente esterno che di se stesso. Questo servirà a fargli esercitare l'attenzione, così da scoprire quanto la sua esperienza di vita sia più ricca di come può apparire superficialmente, e di

La maggior parte delle persone si ammala per non saper esprimere quello che vede e quello che pensa.

(F. Pessoa)

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quanti stimoli e input si possano cogliere, per mettere in atto dei miglioramenti.

Indipendentemente dalle tecniche usate (che saranno diverse in base al tipo di clientela), si solleciterà una scrittura che tocchi alcune aree tematiche, quali: la cronologia della propria vita (personale e professionale), l'orientamento etico (i valori di riferimento) e pedagogico (ciò che si ritiene di aver imparato fino a questo momento).

Sarà quindi una ricerca delle proprie radici, del proprio “sentirsi” al mondo.

Al termine del colloquio, si attuerà con il cliente una sintesi del lavoro svolto, delle tematiche trattate e dei passaggi successivi da mettere in atto. Insegnare a redigere un proprio “Diario Professionale”, permetterà che il lavoro intrapreso non termini, né si sospenda, con la fine del singolo incontro.

Dare altre domande e stimoli a cui rispondere per iscritto, infatti, farà sì che le persone restino attive e vigili sul lavoro iniziato anche in altri contesti, abituandosi ad effettuare un'autoanalisi e rendersi autonome da una figura di riferimento.

Questo è infatti lo scopo principale a cui deve aspirare un consulente di Orientamento e Outplacement: insegnare una tecnica e far sì che, dalla pagina scritta, le persone si stacchino per vivere pienamente il futuro, senza aver più bisogno di una guida e del suo intervento.

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Non sarà quindi un semplice diario adolescenziale con flusso di coscienza, ma un lavoro ragionato, nel quale tenere acceso il focus sulla propria esperienza di studio, lavoro, vita.

Questo quaderno dovrà uscire dalla logica che spinge a riflettere su di sé solo nei momenti di difficoltà e bisogno. Si inviterà, al contrario, a mantenere questa pratica durante ogni fase di studio e lavoro, annotando e valorizzando, in sintesi, gli obiettivi raggiunti, oltre alle situazioni problematiche reali o ipotetiche.

Bisogna ricordare che ogni esperienza di crescita porta in sé momenti di crisi. Per affrontarli, potrà essere utile effettuare in anticipo un esame della realtà a cui si sta andando incontro, rispondendo per iscritto a domande, quali ad esempio: Che errori posso commettere in questa circostanza? A quali conseguenze potrei andare incontro?

Rispondendo in anticipo, si potrà affrontare e risolvere la situazione nella propria mente, prevenendo il verificarsi degli ostacoli e scaricando l'ansia e il suo potere di bloccarci di fronte alla “pagina bianca”, che rappresenta un futuro nel quale ancora non sappiamo orientarci.

Nella fase di annotazione degli avvenimenti sul diario professionale, sarà importante registrare gli stessi a fine giornata, o alla fine dell'attività nella quale si cerca un miglioramento.

Il consulente di Orientamento e Outplacement dovrà formare i suoi clienti affinché essi imparino a redigere un “Diario Professionale”, nel quale annotare le esperienze svolte, gli obiettivi e i sogni che si vogliono raggiungere, i successi ottenuti e le aree sulle quali si necessita ancora di un miglioramento.

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Mantenendo con se stessi l'impegno di annotare gli avvenimenti salienti, si eserciterà una caratteristica che tornerà poi utile nel mondo del lavoro e nella realizzazione dei propri progetti: la disciplina. Essa, sarà esercitata con la scrittura concentrandosi sui seguenti aspetti:

1. Il tempo. Fissare un limite di tempo ben definito per scrivere, e rispettarlo, servirà a migliorare la propria capacità di concentrazione. Inoltre rispettare un tempo deciso a priori, manterrà l'individuo libero dalla necessità di produrre una considerazione “notevole”: si è fatto del proprio meglio e quando il tempo è finito ci si può fermare, senza che il tempo sulla pagina diventi una scusa per rimandare azioni importanti.

2. Il focus. Spesso imparare a scrivere creativamente e per associazioni o metafore, se da una parte libera l'intelligenza facendo scoprire connessioni nuove e utili, dall'altra può essere scambiato per un poter uscire “fuori tema” e fare digressioni che spostano l'attenzione dall'obiettivo o l'esperienza sulla quale ci si sta confrontando. È quindi essenziale tenere sempre presente lo scopo (di analisi di sé e miglioramento) per cui si sta utilizzando il proprio Diario.

3. Il risultato. Alla fine di ogni “pagina bianca” riempita, o meglio di ogni seduta di scrittura (che può avere una durata anche di soli quindici minuti) si ha un risultato. Bisogna infatti avere chiare le tematiche emerse e, anche se può al momento sembrare noioso e inutile, è necessario mantenere la disciplina di concludere con frasi, quali: “Ora capisco che...”, “Questo mi ha fatto accorgere di..”, “Non avrei mai pensato di essere..”. Questo servirà a mettere in luce i risultati, e far risaltare il vantaggio di aver svolto la sessione di scrittura.

La fase di rilettura, invece, avverrà in un momento successivo, per avere una visione più logica. Essa, oltre all'analisi, avrà un effetto liberatorio, perché i pensieri ordinati sulla pagina assumeranno una dimensione più oggettiva e meno coinvolgente. Questo avrà il potere di stimolare nuove idee, confermando aspetti conosciuti e facendo scoprire soluzioni creative, prima nascoste al nostro ragionamento.

Non viaggio mai senza il mio diario: bisogna

sempre avere qualcosa di sensazionale da

leggere in treno.

(O. Wilde)

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Sarà quindi una fase di rielaborazione: l'occasione per attivare un momento di self-coaching, visto come un “allenamento al governo di se stessi”.

La rilettura del proprio quaderno aiuterà a comprendere il funzionamento della propria mente e le conseguenze dei comportamenti: ci si renderà conto di dove avremmo potuto osare di più e non lo abbiamo fatto, per paura o pigrizia. Si potranno vedere quali azioni mettiamo in atto per abitudine, perdendo del tempo senza accorgerci.

Ovviamente risalteranno anche i successi: per esempio piccole azioni messe in atto con disciplina e

costanza, che hanno portato a mete un tempo irraggiungibili e che ora, viste nero su bianco, assumono tutta la loro importanza, facendoci provare la gratificazione che spinge verso altre azioni di miglioramento.

Quest'ultimo punto ci permetterà anche di ricordare di non utilizzare la scrittura come un sostituto all'azione o una strategia di evitamento. Essere focalizzati sul compito, comporta infatti anche darsi e rispettare limiti nella trascrizione di stati d'animo e fatti, chiudendo il quaderno per affrontare la realtà circostante.

Infine, anche se si potranno (e dovranno) utilizzare spunti tratti dal Diario Professionale (per esempio nelle sedute di Consulenza di Orientamento e Outplacement), chi tiene il diario dovrà avere sempre presente che non vi è la necessità di mostrarlo ad alcuno, perché questa predisposizione falserebbe l'esplorazione di sé e della propria esperienza.

La scrittura sarà quindi interpretata e utilizzata come una “parentesi”, costruttiva e attiva, per mantenere viva in ogni momento la consapevolezza di ciò che si vuole, e delle azioni (e direzioni) da intraprendere per ottenerlo.

Qualsiasi cosa scelga dovrà essere portata a termine seguendo un

programma preciso e in una prospettiva creativa e molto

disciplinata, altrimenti non valgo nemmeno la carta su cui sto

scrivendo.

(S. Plath)

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Da quanto esposto, si evince come la pratica della scrittura sia utile, se non indispensabile, per formare individui con una precisa identità personale e professionale, competenti di sé oltre che della propria posizione negli ambiti di studio e lavoro.

Scrivere libera non solo l'immaginazione ma anche l'intelligenza: permette di scorgere ciò che altrimenti sfuggirebbe all'attenzione razionale e allo sguardo che posiamo su noi stessi e sull'esistente, senza curiosità ma solo per abitudine.

La scrittura può aiutare a formare persone consapevoli, che sappiano monitorare se stesse e la propria evoluzione, tanto quanto il prodotto, la tematica o le persone di cui sono responsabili, così da apportare alla loro vita personale e professionale (e alla società) i cambiamenti evolutivi auspicati e necessari.

A questo scopo, affinare e mantenere viva la pratica della scrittura, sarà compito indispensabile anche per i consulenti di Orientamento e Outplacement: affinché essi mantengano viva l'attenzione sulla loro esperienza, sviluppando al contempo le necessarie abilità di autoanalisi e self-coaching che, se vissute quotidianamente, potranno essere insegnate e trasferite ad altri con competenza.

In questo modo, una frase d'inchiostro sulla pagina bianca contribuirà a segnare per tutti un passaggio fondamentale: quello da una preistoria indefinita e frammentata, a una storia di evoluzione e successo.

È un momento molto importante per te. È il momento in cui devi scegliere tra la

contemplazione e l'azione. E tra l'abitudine e la creazione.

(D. Grossman)

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IMMAGINI TRATTE DA:W W W , M O R G U E F I L E . C O MW W W . F L I C K R . C O M

C o n l i c e n z a C r e a t i v e C o m m o n s

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Siti consultati:

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www.orientamento.it

www.wikipedia.it