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-AIM MAGAZINE- - 23 - Didattica macromolecolare I polimeri divertenti. Esperienze di didattica (Unijunior e Notte dei ricercatori) Eleonora Polo CNR-ISOF, U.O.S. di Ferrara, c/o Dip. Di Chimica, via L. Borsari 46, 44121 Ferrara, Italia. Fax: +39 0532240709; Tel: +39 0532455159; E-mail: [email protected] Una divulgazione scientifica seria, e tuttavia divertente e alla portata di tutti, nel nostro paese, fatica a trovare spazio ed è poco apprezzata, spesso proprio dagli stessi scienziati. Non ci dobbiamo poi lamentare se la diffusione delle conoscenze scientifiche in Italia sia un po’ carente. Questo dato emerge da vari studi statistici ed il risultato più allarmante riguarda proprio i giovani delle scuole medie superiori: l’Italia risulta ultima nella classifica tra i paesi dell’Europa occidentale ed al 28° posto nella graduatoria dei 30 paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), seguita solo da Turchia e Messico (studio PISA). Non è un caso il fatto che il numero degli iscritti alle facoltà scientifiche universitarie sia così basso rispetto agli altri paesi industrializzati e che i finanziamenti alla ricerca scientifica siano a livelli da terzo mondo. Secondo i dati MIUR (http://statistica.miur.it), nell’A.A. 2007/08, la percentuale di iscritti al gruppo di scienze matematiche, fisiche e informatiche, rispetto al totale degli studenti universitari, era appena del 3,07%, saliva all’11,62% aggiungendo i gruppi chimico-farmaceutico e geo-biologico fino ad arrivare al 33,26% con i gruppi medico, ingegneria e agrario. Questo nonostante le buone possibilità di occupazione. C’è dunque un problema culturale e di comunicazione, per cui sono benedette quelle iniziative che cercano di avvicinare giovani, ragazzi e - perché no? - bambini alle tematiche scientifiche, perché non restino qualcosa di esoterico, ma diventino un patrimonio culturale comune. Lo studio internazionale PISA (Programme for International Student Assessment) è un progetto OCSE a cui hanno aderito 41 Paesi coinvolgendo 275'000 studenti di tutto il mondo. Si tratta della valutazione internazionale più vasta che sia mai stata svolta in termini geografici ed economici (riguarda le nazioni che producono circa i nove decimi del prodotto economico mondiale). La supervisione e la conduzione scientifica sono state assicurate da un consorzio di ricerca internazionale, in cui operano molti tra i massimi esperti nel settore della valutazione di competenze. La valutazione PISA è costruita su di un quadro concettuale che definisce le competenze che le nazioni vogliono valutare. Questo quadro concettuale è stato discusso con le nazioni, sviluppato dal consorzio di ricerca e valutato attentamente per evitare distorsioni dovute alla diversità culturale delle nazioni partecipanti. Tra le varie procedure di validazione scientifica vi è pure un “test pilota”, svolto per valutare la consistenza e la validità degli esercizi. In particolare, PISA fornisce informazioni su ciò che gli studenti sono in grado di fare in alcune discipline (lingua materna, matematica, scienze) e dà indicazioni in merito all’equità dei sistemi educativi nella distribuzione delle opportunità di apprendimento. L'indagine PISA si articola su sei anni e tre ambiti di indagine principali: lettura, matematica e scienze naturali.

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Didattica macromolecolare

I polimeri divertenti.

Esperienze di didattica (Unijunior e Notte dei ricercatori)

Eleonora Polo

CNR-ISOF, U.O.S. di Ferrara, c/o Dip. Di Chimica, via L. Borsari 46, 44121 Ferrara, Italia. Fax: +39 0532240709; Tel: +39 0532455159; E-mail: [email protected]

Una divulgazione scientifica seria, e tuttavia divertente e alla portata di tutti, nel nostro paese,

fatica a trovare spazio ed è poco apprezzata, spesso proprio dagli stessi scienziati. Non ci dobbiamo

poi lamentare se la diffusione delle conoscenze scientifiche in Italia sia un po’ carente. Questo dato

emerge da vari studi statistici ed il risultato più allarmante riguarda proprio i giovani delle scuole

medie superiori: l’Italia risulta ultima nella classifica tra i paesi dell’Europa occidentale ed al 28° posto

nella graduatoria dei 30 paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo

Economico), seguita solo da Turchia e Messico (studio PISA). Non è un caso il fatto che il numero

degli iscritti alle facoltà scientifiche universitarie sia così basso rispetto agli altri paesi industrializzati e

che i finanziamenti alla ricerca scientifica siano a livelli da terzo mondo. Secondo i dati MIUR

(http://statistica.miur.it), nell’A.A. 2007/08, la percentuale di iscritti al gruppo di scienze matematiche,

fisiche e informatiche, rispetto al totale degli studenti universitari, era appena del 3,07%, saliva

all’11,62% aggiungendo i gruppi chimico-farmaceutico e geo-biologico fino ad arrivare al 33,26% con

i gruppi medico, ingegneria e agrario. Questo nonostante le buone possibilità di occupazione.

C’è dunque un problema culturale e di comunicazione, per cui sono benedette quelle iniziative che

cercano di avvicinare giovani, ragazzi e - perché no? - bambini alle tematiche scientifiche, perché non

restino qualcosa di esoterico, ma diventino un patrimonio culturale comune.

Lo studio internazionale PISA (Programme for International Student Assessment) è un progetto OCSE a cui hanno aderito 41 Paesi coinvolgendo 275'000 studenti di tutto il mondo. Si tratta della valutazione internazionale più vasta che sia mai stata svolta in termini geografici ed economici (riguarda le nazioni che producono circa i nove decimi del prodotto economico mondiale). La supervisione e la conduzione scientifica sono state assicurate da un consorzio di ricerca internazionale, in cui operano molti tra i massimi esperti nel settore della valutazione di competenze. La valutazione PISA è costruita su di un quadro concettuale che definisce le competenze che le nazioni vogliono valutare. Questo quadro concettuale è stato discusso con le nazioni, sviluppato dal consorzio di ricerca e valutato attentamente per evitare distorsioni dovute alla diversità culturale delle nazioni partecipanti. Tra le varie procedure di validazione scientifica vi è pure un “test pilota”, svolto per valutare la consistenza e la validità degli esercizi. In particolare, PISA fornisce informazioni su ciò che gli studenti sono in grado di fare in alcune discipline (lingua materna, matematica, scienze) e dà indicazioni in merito all’equità dei sistemi educativi nella distribuzione delle opportunità di apprendimento. L'indagine PISA si articola su sei anni e tre ambiti di indagine principali: lettura, matematica e scienze naturali.

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Vorrei raccontarvi due esperienze in cui mi sono lasciata coinvolgere quest'anno nel campo della

divulgazione. Mi sono divertita moltissimo, mi hanno dato una soddisfazione che non provavo da

anni nel mio lavoro e mi hanno convinta del fatto che non è vero che ai giovani questi argomenti

non interessino, anzi, sembra esserci una vera fame di informazioni, meglio se condite con un po' di

ironia e con qualche… effetto speciale!

Metti un bambino all’Università…

Nel corso dell’Anno Accademico 2009-10 a Ferrara e

Bologna è stato avviato il progetto “Unijunior. Conoscere per

crescere” e quest’anno si è aggiunta anche Modena che, insieme

a progetti simili a Milano (Kids University), Trieste (Children

University) e Pescara (Unibam Children University), sono entrate a far parte di Eucunet (European

Children’s Universities Network, sito web: http://eucu.net). L’iniziativa promuove una università a

misura di bambino, rivolta a bambini e ragazzi dagli otto ai quattordici anni, perché imparino

divertendosi.

Di che cosa si tratta?

Unijunior nel Mondo

Negli ultimi otto anni in molti paesi europei ed in alcuni extraeuropei sono

nate 150 Università per bambini e ragazzi. Tutti gli organizzatori delle

Università per ragazzi sono in contatto tra loro, anche se ci sono forti

differenze da un paese all’altro: in alcune ci sono tantissime lezioni ed in altre

meno, alcune fanno lezione solo in estate, altre soltanto durante l’anno

scolastico, le materie trattate e le modalità di frequenza variano da sede a

sede. Per far sì che esistano sempre più università per ragazzi, una commissione europea ha incaricato

una delle prime università per ragazzi, quella di Vienna (www.kinderuni.at), insieme a Bratislava,

Tübingen, Strasburgo, Costanza e Basilea, di creare una rete che metta in collegamento tutte queste

attività. L’Associazione Fun Science (http://www.scienzadivertente.net/portada2.html), che ha dato

l’input a Unijunior in Emilia, fa parte proprio di questa rete.

Unijunior a Ferrara

All’Università di Ferrara l’iniziativa didattica Unijunior è stata promossa dall'Associazione

Fun Science col patrocinio di Unife, Unibo, Comune di Ferrara, Comune di Bologna, Regione

Emilia Romagna, Ufficio Scolastico Provinciale di Bologna, Ferrara e Regionale.

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Nella prima edizione a Ferrara sono state tenute a 197 bambini, divisi in due turni, da

gennaio a marzo, sei vere lezioni universitarie (doppio turno) in aule universitarie, tenute da

docenti universitari. Il tutto naturalmente su base volontaria e gratis.

Come in una vera Università anche ad Unijunior è richiesta l’iscrizione in cui viene

consegnato ad ogni studente un libretto da timbrare alla fine di ogni lezione; al termine dei

corsi ogni partecipante riceve un diploma di laurea personalizzato (Fig.1).

Figura 1: Diploma di Unijunior

Le lezioni durano 60 minuti e comprendono anche filmati, esperimenti ed esercizi pratici per

coinvolgere attivamente i ragazzi, che possono anche porre, compatibilmente con il tempo

disponibile, tutte le domande che vogliono (Fig.2). Non ci sono voti né esami. I genitori non

sono ammessi nelle aule, ma possono seguire in videoconferenza le lezioni in un altro locale.

Figura 2: Studenti di Unijunior

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Quest’anno si raddoppia: quattro lezioni ogni pomeriggio, sempre in due turni, in modo da

offrire ai ragazzi la possibilità di scegliere ogni volta fra due argomenti diversi. In totale, si

passerà dalle sei tematiche dell’anno scorso alle quattordici di quest’anno.

La mia esperienza ad Unijunior

Quando ho ricevuto la mail di una collega che cercava adesioni per questo progetto ho

detto subito di sì. Ho pensato di proporre una lezione divertente sulla storia della gomma e

del chewing-gum (Fig. 3).

Figura 3: Il titolo nella prima diapositiva

Nel corso della lezione ho cercato per prima cosa di spiegare che cosa sia un polimero

facendolo “mimare” dagli studenti (Fig. 4) e preparando lo slime (quella roba gelatinosa di

colore verdastro che piace tanto ai ragazzini) con l’aiuto degli animatori dell’Associazione

Fun Science, che sono stati un aiuto prezioso per la buona riuscita del progetto.

Si è trattato di un’esperienza veramente esaltante nel corso della quale mi sono chiesta

tante volte “Ma quand’è che li perdiamo?”, perché l’attenzione, la curiosità inestinguibile, la

voglia di imparare sembravano così lontane dalle amebe che spesso si vedono a lezione

all’Università o alle superiori. Non credo che sia sufficiente spiegare il cambiamento soltanto

con l’incremento dei livelli di ormoni. Non mi era mai capitato di arrivare a fine lezione e

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Figura 4: La lezione sulla gomma: a) polimerizzando i bambini/e; b) ma quante domande!

sentire una vocina dalla sala che chiedeva “Ma è già finito?”… ed era già trascorsa un’ora.

Una mia collega mi ha detto di aver sentito una ragazzina discutere con sua madre perché

voleva seguire anche la replica della lezione al turno successivo.

Quest’anno sono già stata reclutata per il nuovo ciclo, ma lascerò i polimeri per occuparmi

di un altro argomento stimolante: ”Chi ha dipinto l'arcobaleno? La Fantastichimica del

colore”… Magari qualche polimero colorato ci scappa!

La Notte dei Ricercatori 2010… speriamo non della Ricerca!

Proprio il successo della lezione di Unijunior mi ha procurato un

nuovo “lavoro”: uno spazio di due ore alla Notte dei Ricercatori che

si è tenuta a Ferrara il 24 settembre (http://www.nottericercatori.it).

Il filo conduttore era la serendipity, cioè la scoperta casuale che si verifica quando si sta

lavorando a qualcos’altro, o, come ha maliziosamente suggerito il ricercatore biomedico

americano Julius H. Comroe, «Serendipity è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia

del contadino».

Ho pensato che la storia delle prime materie plastiche fosse particolarmente adatta, perché

quasi tutti questi polimeri sono stati scoperti un po’ per caso e perché l’argomento mi

permetteva di fare esperimenti di sintesi in loco senza mandare in bancarotta gli

organizzatori. Il titolo: “C’era una volta un polimero… e c’è ancora! Scoperte casuali nella

scienza dei polimeri che hanno cambiato la vita di tutti i giorni” (Fig. 5).

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Figura 5: La prima diapositiva

L’orario era un po’ infelice, dalle 20 alle 22, ora in cui a Ferrara di solito si cena e, infatti,

il tecnico che doveva aiutarmi a collegare il computer al monitor e all’impianto audio era

svanito nel nulla per andare a mangiare. Mi sono dovuta arrangiare. Aveva iniziato a piovere

a dirotto e la piazza si era svuotata. In contemporanea stava parlando il nuovo Rettore in un

altro gazebo. Ho pensato: “Oggi butta male! Tanto lavoro per niente!”

Poi ho cominciato a parlare, proiettare immagini e filmati, realizzare piccoli esperimenti…

e il miracolo si è avverato: dopo dieci minuti tutti i posti a sedere nel gazebo erano stati

occupati, la gente in più si era stipata in piedi al riparo dalla pioggia e c’erano persino due file

di ombrelli dietro... e non erano teenager!

Mi ha fatto da assistente il figlio di una mia amica, matricola fresca fresca di Scienze

Biologiche (sic!), perché nessuno degli studenti di chimica a cui ho chiesto si è reso

disponibile. O meglio, uno degli studenti del mio corso di Chimica Metallorganica ha lanciato

una battuta sul fatto di avere qualche punto in più all’esame in cambio… piuttosto avrei

girato la bacchetta con i denti!

Ho iniziato spiegando, per prima cosa, come è fatto un polimero con l’aiuto di una

manciata di graffette colorate ed un po’ di magia, poi ho estratto la caseina dal latte con

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l’aceto, quasi un formaggino in diretta!

Ho continuato narrando dalla storia delle varie gomme fino alla vulcanizzazione,

realizzando una reticolazione in diretta con la preparazione dello slime dalla mitica colla

vinilica di Art Attack e sodio tetraborato (Fig.4).

Figura 4: Preparazione dello slime, mi assiste Gianluca Artioli.

E poi, i polimeri derivati dalla cellulosa (nitrocellulosa, celluloide, acetato di cellulosa,

viscosa, rayon, cellophane) per arrivare alle prime plastiche interamente di sintesi (bachelite,

nylon), con preparazione del nylon 6,6 in diretta (che fa sempre la sua bella figura!).

E ancora, teflon, polistirene, PVC, polietilene, polipropilene (non è stato scoperto per

caso, ma è stato fatto a Ferrara) e kevlar.

Per il gran finale, la sintesi di una bioplastica a partire da amido di mais, aceto, acqua e

glicerolo. E la pubblicità-progresso conclusiva: “se la plastica inquina, se la plastica sporca, è

colpa nostra, non della plastica!”

Le due ore previste? Volate via in un soffio!