rosario battiato e agata sapienza LEGGERE D’AUTUNNO filedelusione dell’estate, il periodo...
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SE di nuovo ritorna l’autunno: la stagione delle foglie cadute vi-sta da sei cantautori italiani.PIERO CIAMPIAutunno a MilanoCome Bianciardi ne La vita agra, Piero Ciampi ci ricorda che l’autunno milanese è il più duro da digerire, perché nella solitudine di una grande città le promesse estive non mantenu-te ritornano come fantasmi nel-le grigie strade del capoluogo lombardo.FRANCESCO GUCCINI AutunnoL’autunno del Maestrone è fred-do e noioso, occupato solo da rimpianti e ricordi della bella stagione appena finita, quell’e-state in cui si diceva ‘io faccio’ e mai ‘io ricordo’.ALBERTO FORTISSettembreFortis riflette su un amore esti-vo giunto al suo termine, ma come uno studente che torna a scuola pensando già all’esta-te successiva, affida a settem-bre l’arduo compito di custodi-re i suoi sentimenti fino alla fine della stagione.STADIO - AutunnoPer il gruppo guidato da Gae-tano Curreri l’autunno è fatto di coperte rimboccate, vestiti che cambiano armadio, giornate sempre più corte e canzoni dolorose, e neanche i colori pastello che invadono i viali al-berati sembrano darci sollievo.DIMARTINO Maledetto autunnoDimartino è palermitano, ma la sua canzone ci rimanda nuo-vamente alle grandi città del nord, nelle quali, quando viene l’autunno, è più facile incontrar-si in metro che mentre si pas-seggia per i giardini comunali; si ha appena il tempo di scam-biarsi un freddo ‘come stai’ e bi-sogna tornare alla frenetica vita della metropoli. FRANCO BATTIATOVeni L’autunnuLe giornate si accorciano, gli alberi si spogliano, la scuola è alle porte. Ritorna l’autunno, e con esso questa Sicilia cam-bia colore, odore e ritornano i ricordi, i sentimenti indescrivibili e irrequieti. In lontananza solo i “riuturi” a mare che riecheggia-no nei versi arabi di ineluttabile disincanto.
Loris Magro
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LA SOFFITTA DI CARTA a cura di asterischi.it, un progetto di rosario battiato e agata sapienza
LEGGERE D’AUTUNNOAutunno, stagione sleale. Gesualdo Bufalino, Il malpensante, 1987
è uno tra gli esponenti più inte-ressanti di quella che alcuni co-minciano già a definire come la nuova scuola cantautorale siciliana. Al suo attivo due al-bum, collaborazioni con Dario Brunori, Marta sui Tubi e Le Luci della Centrale Elettrica e un paio di pezzi dispersi tra compi-lation e dischi-tributo.Con Loris Magro di Asterischi.it ha parlato del suo ultimo al-bum Sarebbe bello non lasciar-si mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile.
Quando si parla di canzoni, si potrebbe pensare che le stagioni più ‘adatte’ siano l’e-state e l’inverno, in ossequio al luogo comune secondo cui le mezze stagioni non esistono più. Eppure basta una rapida carrellata musicale per ren-dersi conto di come tanto i cantautori quanto i cantanti pop abbiano scelto l’autunno come tema per un loro pezzo. Tu perché l’hai fatto in Male-detto autunno? da cosa na-sce questa canzone?
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NTERVISTE CON UOMINI IMPOSSIBILIAntonio Dimartino
Bufalino scriveva “autunno, sta-gione sleale” . Per me vale più o meno lo stesso, in sicilia il primo giorno di autunno si può ancora andare al mare e il giorno dopo può pioverti addosso l’universo. Ho dei ricordi molto intensi le-gati a questa stagione , per me è una falsa stagione di pas-saggio, l’illusione dell’inverno la delusione dell’estate, il periodo migliore per rincontrarsi, per questo Maledetto autunno.
Anche altre canzoni del tuo ul-timo disco, Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbando-narsi ogni tanto è utile, riman-dano ad attività e momenti che cominciano in autunno: l’università, il catechismo... E’
forse questo il filo rosso che unisce tutte le canzoni del di-sco?In realtà non ci avevo mai pen-sato, le canzoni di questo disco per me sono fotografie di un momento al di fuori di uno spa-zio temporale ben definito. Se c’è un filo che tiene tutti i pezzi uniti lo ritroverei proprio nel con-cetto di tempo di come cam-bia a seconda delle età e delle esperienze personali. Tornando all’autunno è proprio la stagio-ne in cui è più difficile accor-gersi del tempo che passa, le giornate si accorciano e si ritor-na con difficoltà ai ritmi abituali.
Loris Magro
ALa soffitta di carta sarà uno speciale inserto di Univertinforma. A curarlo sarà la redazione di Asterischi.it, il blog ludico culturale, che dalla sua nascita, tre anni or sono, gioca con l’arte e la letteratura, offrendo e miscelando contenuti ‘alti’ e ‘bassi’ e credendo fermamente nel potere della parola verso e per tutti. La scelta non è casuale, infatti non abbiamo voluto un finissimo salotto rococò per parlare dei nostri autori, ma una soffitta lace-ra, consunta, stantia, che è un luogo riservato, occultato, rispetto le vie abituali della casa, dove solitamente si accomodano gli amici e non gli ospiti illustri. Da questa stanza sospesa, dove spesso si accatasta la roba vecchia e inutilizzata, offriremo piccoli contenuti e tesori nascosti, ma sen-za esagerare perché non vogliamo sfasciare la vostra pazienza e il vostro momento di svago. Insomma, le parole pesanti non sovraccaricheranno l’intera abitazione.E veniamo al tema di questo primo numero. L’autunno si presenta fastidio-so e male acconciato perché porta con sé un vago senso di incompiuto, che, in realtà, è solo un amaro lascito dei sogni potenziali della primavera, puntualmente bruciati durante le estati della nostra vita. Amori, lavori, viag-gi, bagni, speranze. L’autunno spezza il corteo dell’illusione e ci rimette, più che il passare degli anni, di fronte al bilancio dell’esistenza. Per accompa-gnarvi in questa delicatissima fase dell’anno abbiamo preparato un nume-ro per farvi rilassare che si intitola appunto Leggere d’autunno, per rendervi più Leggère queste giornate.
Agata Sapienza, Rosario Battiato
L EGGÈRE GIORNATE AUTUNNALI
Salutare l’ingresso di una stagio-ne complessa come l’autunno richiede attenzione e delica-tezza. Si può, infatti, facilmen-te cadere nell’ovvia ricerca di un’estate che non c’è più, o nel tentativo di accelerare il temuto incombere dell’inverno. Così per sfatare questi rischi vi consigliamo di vedere La città dei mostri (1963) dell’immenso Roger Corman. Menu saporito. Mettete assieme Vincent Price e Lon Chaney junior, una città senza stagioni, che non è l’in-verno eterno, ma un ricamo de-licato tra luci e ombre che non spinge alla disperazione ma suggerisce un mondo surgela-to, impassibile. È un passaggio freddo e inospitale, come l’au-tunno, che non è l’inferno della dannazione né la beatitudine della salvezza. Confezionate il tutto con un protagonista che si chiama Charles Dexter Ward (lo specchio deformato di Howard P. Lovecraft) e vedrete che im-plorerete l’inverno più nero. Come diceva lo scrittore ame-ricano, ma citiamo a memoria, il buio ha, infatti, la miracolosa facoltà di nascondere il male.
Filippo Grasso
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ASalutare l’ingresso di una stagio-ne complessa come l’autunno richiede attenzione e delica-tezza. Si può, infatti, facilmen-te cadere nell’ovvia ricerca di un’estate che non c’è più, o nel tentativo di accelerare il temuto incombere dell’inverno. Così per sfatare questi rischi vi consigliamo di vedere La città dei mostri (1963) dell’immenso Roger Corman. Menu saporito. Mettete assieme Vincent Price e Lon Chaney junior, una città senza stagioni, che non è l’in-verno eterno, ma un ricamo de-licato tra luci e ombre che non spinge alla disperazione ma suggerisce un mondo surgela-to, impassibile. È un passaggio freddo e inospitale, come l’au-tunno, che non è l’inferno della dannazione né la beatitudine della salvezza. Confezionate il tutto con un protagonista che si chiama Charles Dexter Ward (lo specchio deformato di Howard P. Lovecraft) e vedrete che im-plorerete l’inverno più nero. Come diceva lo scrittore ame-ricano, ma citiamo a memoria, il buio ha, infatti, la miracolosa facoltà di nascondere il male.
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La soffitta di carta sarà uno speciale inserto di Univertinforma. A curarlo sarà la redazione di Asterischi.it, il blog ludico culturale, che dalla sua nascita, tre anni or sono, gioca con l’arte e la letteratura, offrendo e miscelando contenuti ‘alti’ e ‘bassi’ e credendo fermamente nel potere della parola verso e per tutti. La scelta non è casuale, infatti non abbiamo voluto un finissimo salotto rococò per parlare dei nostri autori, ma una soffitta lace-ra, consunta, stantia, che è un luogo riservato, occultato, rispetto le vie abituali della casa, dove solitamente si accomodano gli amici e non gli ospiti illustri. Da questa stanza sospesa, dove spesso si accatasta la roba vecchia e inutilizzata, offriremo piccoli contenuti e tesori nascosti, ma sen-za esagerare perché non vogliamo sfasciare la vostra pazienza e il vostro momento di svago. Insomma, le parole pesanti non sovraccaricheranno l’intera abitazione.E veniamo al tema di questo primo numero. L’autunno si presenta fastidio-so e male acconciato perché porta con sé un vago senso di incompiuto, che, in realtà, è solo un amaro lascito dei sogni potenziali della primavera, puntualmente bruciati durante le estati della nostra vita. Amori, lavori, viag-gi, bagni, speranze. L’autunno spezza il corteo dell’illusione e ci rimette, più che il passare degli anni, di fronte al bilancio dell’esistenza. Per accompa-gnarvi in questa delicatissima fase dell’anno abbiamo preparato un nume-ro per farvi rilassare che si intitola appunto Leggere d’autunno, per rendervi più Leggère queste giornate.
Agata Sapienza, Rosario Battiato
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ACi sono degli autori che im-mancabilmente si presentato alla porta quando pensi alla lande marroni, alle foglie mor-te, ai primi tè caldi, alle burra-sche, alla fosca intransigenza di una stagione che ti accom-pagna nel periodo dell’anno da passare in casa, avvolto tra comodi plaid, qualche libro, una scacchiera e pochi amici. Come dicevamo, alla porta del nostro scantinato, si è presenta-to un vecchio scrittore, morto purtroppo appena qualche mese fa, ma sicuramente dono di questa stagione. Ray Brab-dury, conosciuto certamente per Fahrenheit 451 e Cronache marziane, in realtà ha prodotto due splendidi esemplari di let-teratura autunnale (e non solo per i titoli): Paese d’ottobre e Il popolo dell’autunno. Nel pri-mo caso ci troviamo di fronte ad una raccolta di racconti scritta per un Paese «fatto più che altro di cantine, cellieri, carbonaie, soffitte, credenze, sgabuzzini, tutti sul lato oppo-sto al sole». Insomma, scrive Bradbury, è un Paese «di gente autunnale, con pensieri soltan-to autunnali, il cui passo di not-te sui marciapiedi ha suono di pioggia...». Così queste piccole e deliziose perle dalle atmosfe-re rarefatte, dagli istinti malati, dal vago sapore di neogotico, scivoleranno via come biscotti-ni da intingere nelle vostre tazze di latte caldo (o tè, se preferite). Il popolo dell’autunno, invece, vi porta in stagione inoltrata – siamo ad una settimana dalla festa di Halloween – quando un circo magico, la più classica delle apparizioni fanciullesche, si presenta in città. Saranno proprio due ragazzi a vivere la loro battaglia contro le forze del male. Seguendo il buon
esempio del vecchio Ambro-se Bierce vi diciamo che biso-gna avere rispetto dell’autore e della sensazione che vuole creare, quindi da leggere rigo-rosamente rannicchiati sotto le coperte, preferibilmente da soli (non vi stiamo chiedendo il lume di candela, ma sarebbe preferibile) così da agevolare il viaggio nei mondi oscuri e inaccessibili dell’adolescenza. Per alcuni critici senza Il popo-lo dell’autunno non avremmo avuto It di Stephen King. Questo non lo sappiamo, ma di certo possiamo dirvi che senza il po-polo non avrete l’autunno che meritate.Poi ci sono gli autori che ave-te sempre sul comodino e che non pensate possano cade-re giù come foglie, in silenzio, senza inneggiare troppo alla stagione del letargo. Cambia-mo anche genere, e sentiamo il ritmo cadenzato dei passi stanchi di Pablo Neruda, che nella sua Residenza sulla terra II ci informa, alla fine, del ritor-no dell’autunno. «Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa/e la bava della paura gli copre le mascelle/e l’aria che lo segue è simile all’oceano/e profuma di un vago marciume sotterrato»; una raccolta dai toni, più che riposati, volti al ri-poso: «Voglio solo un riposo di pietre o di lana,/voglio solo non vedere stabilimenti né giardini,/né mercanzie, né occhiali, né ascensori». Per ricordarci che Neruda non è solo amore, che qualche volta ha bisogno di riposare anche da quello, per ritrovare un po’ di sé perduto. Nel tempo che non passerete guardandovi allo specchio per controllare cosa avete perso durante l’anno e cosa invece è rimasto uguale, leggete Ne-
L ETTURE D’AUTUNNO
hanno scritto:rosario battiato
filippo grassoloris magro
agata sapienzagrafica:
stefania rifuggiatoillustrazioni:
germana ferlito
ruda. E se proprio non vi trovate più passate a La cura di Her-mann Hesse. Chissà che assie-me a lui non possiate sentirvi un po’ lontani dal mondo, immersi nei dettagli della vita, riscopren-do pure il piacere del cibo, che l’estate di certo avrà un po’ smorzato. Nutrire anima e cor-po. Noi, per esservi d’aiuto al cento per cento, vi consigliamo anche il nutrimento del corpo; quello dell’anima è dentro i libri, che scrivete dentro e leggete fuori. «Così, probabilmente, an-che questa pioggia era opera mia ed io mi sentii pronto ad assumerne la responsabilità».
Agata Sapienza Rosario Battiato
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«Le patate alla paprika borbogliavano nel te-game. Jutka affettava i cetrioli.[…] Controllò di nuovo le patate, ormai cotte, e versò tutto in un piatto da portata di porcellana, mise in tavola anche l’in-salata di cetrioli e bussò alla porta dello studio.»Cuoco: Péter NádasRicettario: La casa della signora KláraIngredienti:600 grammi di patateOlio extravergine di olivaAcetoPaprika piccanteCetrioliPreparazione: Pelare le patate, sciacquarle e tagliarle a cubetti. Porre le patate in una pentola con acqua leggermente salate, e portare l’acqua a temperatura d’ebolli-zione. Dopo cinque mi-nuti dall’inizio dell’ebolli-zione, scolare le patate e condirle con un dell’olio extravergine d’oliva e un cucchiaio di paprika pic-
cante.Mescolare le patate e la papri-ka e disporre il tutto in una teglia foderata con carta da forno.Portare il forno a 200° e inforna-re le patate.Far cuocere per circa venti minuti, controllando che siano ben dorate, e infine servire il piatto ancora caldo, accom-pagnandolo con un’insalata di cetrioli condita con aceto, olio, sale e pepe.Come si mangia: «Sembra-vano due persone ben al di sopra del semplice piacere dell’alimentazione […] due persone che riescono a osser-vare dall’alto tutti coloro che si alimentano co voracità e so-spese a quelle altezze godo-no due volte: provano la gioia del disprezo e di conseguenza quella consapevolezza impal-pabile che rende le patate alla paprika al pari di un’insalata di gamberi o di una bistecca.»Opinione: “Non vorrà mica dire che le è piaciuto?”“Non voglio, ma lo dico.”
Loris Magro
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PATATE ALLA PAPRIKA DI PÉTER NÁDAS
AAnche quell’anno, l’ultimo tocco della campanella ave-va visto Piero, con il biglietto tra le mani, pronto per il viaggio delle vacanze. “Dove vai stavolta?” “Ad Autun-no” rispose, come ogni anno. Ormai la maggior parte dei suoi colleghi, che sin dai i primi giorni di giugno por-tava il costume sotto i vestiti sobri del professore, non si prendeva più il disturbo di chiederglielo. Solo Marcello si ostinava ancora, sperando che la vicinanza fedele du-rante tutto l’anno scolastico gli facesse vincere il premio confidenza. Diventare insegnante per avere tutta l’estate libera da dedicare all’autunno era la scelta migliore che avesse mai fatto. E partiva per luoghi di cui non cono-sceva nemmeno il nome, e che noi, ovviamente, non riferiremo. Lara, la moglie, l’aveva perso da un po’ e non si sentiva più in colpa di preferire il mare e l’atmosfera da spiaggia. Quaderni, sigari e una scacchiera senza pezzi. Ah, e la sua compagna di viaggio, che ritrovava a ogni partenza sempre più luminosa, ma di quella luce che puoi guardare senza aggrottare la fronte. Perché il primo autunno di Piero serviva a fare l’amore, con lei, con se stesso e con tutti i fogli che riusciva a portarsi die-tro. Il secondo, sul quale si distendeva al suo ritorno, era per la memoria. E la memoria consisteva nella ricerca di qualcosa che parlasse del periodo trascorso: legge-va le storie che aveva appena riprodotto e quelle che avrebbe vissuto l’anno seguente. Il secondo autunno era quello della letteratura, perché c’era di certo qualcuno che aveva già scritto di lui, in qualche parte del mondo. Era quello il momento in cui si sentiva in letargo, lontano da tutto, mentre faceva la sua stanca lezione, mentre rimetteva tutti quegli inutili pezzi sulla scacchiera per fare in modo che lo muovessero, rapidamente, diagonal-mente, trasversalmente, verso un altro autunno, pieno di silenzio.
Filippo Grasso
ACCONTI D’ASPORTORI DUE AUTUNNI DI PIERO LETTURE D’A
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AR«Le patate alla paprika borbogliavano nel te-game. Jutka affettava i cetrioli.[…] Controllò di nuovo le patate, ormai cotte, e versò tutto in un piatto da portata di porcellana, mise in tavola anche l’in-salata di cetrioli e bussò alla porta dello studio.»Cuoco: Péter NádasRicettario: La casa della signora KláraIngredienti:600 grammi di patateOlio extravergine di olivaAcetoPaprika piccanteCetrioliPreparazione: Pelare le patate, sciacquarle e tagliarle a cubetti. Porre le patate in una pentola con acqua leggermente salate, e portare l’acqua a temperatura d’ebolli-zione. Dopo cinque mi-nuti dall’inizio dell’ebolli-zione, scolare le patate e condirle con un dell’olio extravergine d’oliva e un cucchiaio di paprika pic-
cante.Mescolare le patate e la papri-ka e disporre il tutto in una teglia foderata con carta da forno.Portare il forno a 200° e inforna-re le patate.Far cuocere per circa venti minuti, controllando che siano ben dorate, e infine servire il piatto ancora caldo, accom-pagnandolo con un’insalata di cetrioli condita con aceto, olio, sale e pepe.Come si mangia: «Sembra-vano due persone ben al di sopra del semplice piacere dell’alimentazione […] due persone che riescono a osser-vare dall’alto tutti coloro che si alimentano co voracità e so-spese a quelle altezze godo-no due volte: provano la gioia del disprezo e di conseguenza quella consapevolezza impal-pabile che rende le patate alla paprika al pari di un’insalata di gamberi o di una bistecca.»Opinione: “Non vorrà mica dire che le è piaciuto?”“Non voglio, ma lo dico.”
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Ci sono degli autori che im-mancabilmente si presentato alla porta quando pensi alla lande marroni, alle foglie mor-te, ai primi tè caldi, alle burra-sche, alla fosca intransigenza di una stagione che ti accom-pagna nel periodo dell’anno da passare in casa, avvolto tra comodi plaid, qualche libro, una scacchiera e pochi amici. Come dicevamo, alla porta del nostro scantinato, si è presenta-to un vecchio scrittore, morto purtroppo appena qualche mese fa, ma sicuramente dono di questa stagione. Ray Brab-dury, conosciuto certamente per Fahrenheit 451 e Cronache marziane, in realtà ha prodotto due splendidi esemplari di let-teratura autunnale (e non solo per i titoli): Paese d’ottobre e Il popolo dell’autunno. Nel pri-mo caso ci troviamo di fronte ad una raccolta di racconti scritta per un Paese «fatto più che altro di cantine, cellieri, carbonaie, soffitte, credenze, sgabuzzini, tutti sul lato oppo-sto al sole». Insomma, scrive Bradbury, è un Paese «di gente autunnale, con pensieri soltan-to autunnali, il cui passo di not-te sui marciapiedi ha suono di pioggia...». Così queste piccole e deliziose perle dalle atmosfe-re rarefatte, dagli istinti malati, dal vago sapore di neogotico, scivoleranno via come biscotti-ni da intingere nelle vostre tazze di latte caldo (o tè, se preferite). Il popolo dell’autunno, invece, vi porta in stagione inoltrata – siamo ad una settimana dalla festa di Halloween – quando un circo magico, la più classica delle apparizioni fanciullesche, si presenta in città. Saranno proprio due ragazzi a vivere la loro battaglia contro le forze del male. Seguendo il buon
esempio del vecchio Ambro-se Bierce vi diciamo che biso-gna avere rispetto dell’autore e della sensazione che vuole creare, quindi da leggere rigo-rosamente rannicchiati sotto le coperte, preferibilmente da soli (non vi stiamo chiedendo il lume di candela, ma sarebbe preferibile) così da agevolare il viaggio nei mondi oscuri e inaccessibili dell’adolescenza. Per alcuni critici senza Il popo-lo dell’autunno non avremmo avuto It di Stephen King. Questo non lo sappiamo, ma di certo possiamo dirvi che senza il po-polo non avrete l’autunno che meritate.Poi ci sono gli autori che ave-te sempre sul comodino e che non pensate possano cade-re giù come foglie, in silenzio, senza inneggiare troppo alla stagione del letargo. Cambia-mo anche genere, e sentiamo il ritmo cadenzato dei passi stanchi di Pablo Neruda, che nella sua Residenza sulla terra II ci informa, alla fine, del ritor-no dell’autunno. «Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa/e la bava della paura gli copre le mascelle/e l’aria che lo segue è simile all’oceano/e profuma di un vago marciume sotterrato»; una raccolta dai toni, più che riposati, volti al ri-poso: «Voglio solo un riposo di pietre o di lana,/voglio solo non vedere stabilimenti né giardini,/né mercanzie, né occhiali, né ascensori». Per ricordarci che Neruda non è solo amore, che qualche volta ha bisogno di riposare anche da quello, per ritrovare un po’ di sé perduto. Nel tempo che non passerete guardandovi allo specchio per controllare cosa avete perso durante l’anno e cosa invece è rimasto uguale, leggete Ne-
LETTURE D’AUTUNNO
hanno scritto:rosario battiato
filippo grassoloris magro
agata sapienzagrafica:
stefania rifuggiatoillustrazioni:
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ruda. E se proprio non vi trovate più passate a La cura di Her-mann Hesse. Chissà che assie-me a lui non possiate sentirvi un po’ lontani dal mondo, immersi nei dettagli della vita, riscopren-do pure il piacere del cibo, che l’estate di certo avrà un po’ smorzato. Nutrire anima e cor-po. Noi, per esservi d’aiuto al cento per cento, vi consigliamo anche il nutrimento del corpo; quello dell’anima è dentro i libri, che scrivete dentro e leggete fuori. «Così, probabilmente, an-che questa pioggia era opera mia ed io mi sentii pronto ad assumerne la responsabilità».
Agata Sapienza Rosario Battiato
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Ahanno scritto:rosario battiato
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agata sapienzagrafica:
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PATATE ALLA PAPRIKA DI PÉTER NÁDAS
Ci sono degli autori che im-mancabilmente si presentato alla porta quando pensi alla lande marroni, alle foglie mor-te, ai primi tè caldi, alle burra-sche, alla fosca intransigenza di una stagione che ti accom-pagna nel periodo dell’anno da passare in casa, avvolto tra comodi plaid, qualche libro, una scacchiera e pochi amici. Come dicevamo, alla porta del nostro scantinato, si è presenta-to un vecchio scrittore, morto purtroppo appena qualche mese fa, ma sicuramente dono di questa stagione. Ray Brab-dury, conosciuto certamente per Fahrenheit 451 e Cronache marziane, in realtà ha prodotto due splendidi esemplari di let-teratura autunnale (e non solo per i titoli): Paese d’ottobre e Il popolo dell’autunno. Nel pri-mo caso ci troviamo di fronte ad una raccolta di racconti scritta per un Paese «fatto più che altro di cantine, cellieri, carbonaie, soffitte, credenze, sgabuzzini, tutti sul lato oppo-sto al sole». Insomma, scrive Bradbury, è un Paese «di gente autunnale, con pensieri soltan-to autunnali, il cui passo di not-te sui marciapiedi ha suono di pioggia...». Così queste piccole e deliziose perle dalle atmosfe-re rarefatte, dagli istinti malati, dal vago sapore di neogotico, scivoleranno via come biscotti-ni da intingere nelle vostre tazze di latte caldo (o tè, se preferite). Il popolo dell’autunno, invece, vi porta in stagione inoltrata – siamo ad una settimana dalla festa di Halloween – quando un circo magico, la più classica delle apparizioni fanciullesche, si presenta in città. Saranno proprio due ragazzi a vivere la loro battaglia contro le forze del male. Seguendo il buon
esempio del vecchio Ambro-se Bierce vi diciamo che biso-gna avere rispetto dell’autore e della sensazione che vuole creare, quindi da leggere rigo-rosamente rannicchiati sotto le coperte, preferibilmente da soli (non vi stiamo chiedendo il lume di candela, ma sarebbe preferibile) così da agevolare il viaggio nei mondi oscuri e inaccessibili dell’adolescenza. Per alcuni critici senza Il popo-lo dell’autunno non avremmo avuto It di Stephen King. Questo non lo sappiamo, ma di certo possiamo dirvi che senza il po-polo non avrete l’autunno che meritate.Poi ci sono gli autori che ave-te sempre sul comodino e che non pensate possano cade-re giù come foglie, in silenzio, senza inneggiare troppo alla stagione del letargo. Cambia-mo anche genere, e sentiamo il ritmo cadenzato dei passi stanchi di Pablo Neruda, che nella sua Residenza sulla terra II ci informa, alla fine, del ritor-no dell’autunno. «Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa/e la bava della paura gli copre le mascelle/e l’aria che lo segue è simile all’oceano/e profuma di un vago marciume sotterrato»; una raccolta dai toni, più che riposati, volti al ri-poso: «Voglio solo un riposo di pietre o di lana,/voglio solo non vedere stabilimenti né giardini,/né mercanzie, né occhiali, né ascensori». Per ricordarci che Neruda non è solo amore, che qualche volta ha bisogno di riposare anche da quello, per ritrovare un po’ di sé perduto. Nel tempo che non passerete guardandovi allo specchio per controllare cosa avete perso durante l’anno e cosa invece è rimasto uguale, leggete Ne-
L ETTURE D’AUTUNNO
ruda. E se proprio non vi trovate più passate a La cura di Her-mann Hesse. Chissà che assie-me a lui non possiate sentirvi un po’ lontani dal mondo, immersi nei dettagli della vita, riscopren-do pure il piacere del cibo, che l’estate di certo avrà un po’ smorzato. Nutrire anima e cor-po. Noi, per esservi d’aiuto al cento per cento, vi consigliamo anche il nutrimento del corpo; quello dell’anima è dentro i libri, che scrivete dentro e leggete fuori. «Così, probabilmente, an-che questa pioggia era opera mia ed io mi sentii pronto ad assumerne la responsabilità».
Agata Sapienza Rosario Battiato
«Le patate alla paprika borbogliavano nel te-game. Jutka affettava i cetrioli.[…] Controllò di nuovo le patate, ormai cotte, e versò tutto in un piatto da portata di porcellana, mise in tavola anche l’in-salata di cetrioli e bussò alla porta dello studio.»Cuoco: Péter NádasRicettario: La casa della signora KláraIngredienti:600 grammi di patateOlio extravergine di olivaAcetoPaprika piccanteCetrioliPreparazione: Pelare le patate, sciacquarle e tagliarle a cubetti. Porre le patate in una pentola con acqua leggermente salate, e portare l’acqua a temperatura d’ebolli-zione. Dopo cinque mi-nuti dall’inizio dell’ebolli-zione, scolare le patate e condirle con un dell’olio extravergine d’oliva e un cucchiaio di paprika pic-
cante.Mescolare le patate e la papri-ka e disporre il tutto in una teglia foderata con carta da forno.Portare il forno a 200° e inforna-re le patate.Far cuocere per circa venti minuti, controllando che siano ben dorate, e infine servire il piatto ancora caldo, accom-pagnandolo con un’insalata di cetrioli condita con aceto, olio, sale e pepe.Come si mangia: «Sembra-vano due persone ben al di sopra del semplice piacere dell’alimentazione […] due persone che riescono a osser-vare dall’alto tutti coloro che si alimentano co voracità e so-spese a quelle altezze godo-no due volte: provano la gioia del disprezo e di conseguenza quella consapevolezza impal-pabile che rende le patate alla paprika al pari di un’insalata di gamberi o di una bistecca.»Opinione: “Non vorrà mica dire che le è piaciuto?”“Non voglio, ma lo dico.”
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