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  • 7/30/2019 Riassunto+Diritto+Internazionale

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    RIASSUNTODiritto Internazionaledi Valentino Longo

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    CAPITOLO 1: I CARATTERI PRINCIPALIDELL'ORDINAMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE

    1.1 I soggetti

    Mentre nelle organizzazioni statali gli individui sono i soggetti giuridici primari e glienti sono soggetti giuridici secondari, nelle organizzazioni internazionali sono gli Statiad essere i soggetti primari e gli individui solo secondari.Oggi la popolazione mondiale (6 mld di persone) sono ripartite tra circa 200 Stati.Agli Stati si affiancano altri soggetti che per hanno una diversa e pi limitatacapacit giuridica a livello di relazioni internazionali: gli insorti, i movimenti diliberazione nazionale, le organizzazioni internazionali e gli individui.-Gli Stati e gli insorti sono i soggetti tradizionali delle relazioni internazionali. Solo inun momento successivo hanno acquisito un status internazionale gli altri soggetti.- stato normale dare uno status giuridico alle organizzazioni internazionali, in quantogli Stati hanno accettato di autolimitarsi per conferire alle organizzazioni internazionali

    la gestione di alcuni compiti in nome e per conto propri.-L'attribuzione di status internazionale ai movimenti di liberazione nazionale e agliindividui, invece, il risultato di un fattore ideologico, secondo cui si afferma ilprincipio di autodeterminazione dei popoli.-Lo status giuridico internazionale agli individui, la conseguenza di una sempremaggiore importanza dei diritti inviolabili degli individui, e col tempo anche di obblighi.

    1.2 Produzione, accertamento e attuazione coercitiva del diritto.

    Le tre funzioni fondamentali per uno Stato e cio Esecutivo, Legislativo e Giudiziario,non sono riuscite ad uscire fuori dalla sfera statale. Infatti nessuna organizzazione

    internazionale mai riuscita a centralizzare questi tre compiti che sono rimastisuddivisi per i singoli stati, cos che le organizzazioni internazionali avvenisserosempre a livello orizzontale.Nel secondo dopo-guerra si voluto "accentrare" l'uso legittimo della forza armata. LaCarta delle Nazioni Unite ha imposto agli Stati il divieto di minacciare e usare la forzanelle loro relazioni internazionali, salvo in caso di legittima difesa, e ha attribuito alConsiglio di Sicurezza (CdS) il monopolio dell'uso legittimo della violenza armata.

    1.3 Responsabilit collettiva e responsabilit individuale

    Negli ordinamenti giuridici interni prevale la responsabilit individuale, secondo cui l'individuo ad essere indicato singolarmente come violatore di una determinata norma.Sono pochi i casi in cui sono diversi i soggetti ai quali attribuita la violazione sonodiversi da quelli che effettivamente sono i responsabili (responsabilit indiretta).Negli ordinamenti internazionali, invece, la responsabilit individuale pococonsiderata, a scapito della responsabilit collettiva, secondo cui uno Stato che hasubito un illecito da parte di un altro Stato o soggetti o organi di un altro Stato, purivalersi contro l'intera comunit, attraverso il pagamento di una somma di denaro daprelevarsi nell'erario dello Stato, o in altre misure che possono colpire anche singoliindividui di quello Stato.Solo ultimamente si sta rivalutando la responsabilit individuale anche a livellointernazionale, soprattutto a livello penale, e in particolar modo per i reati di guerra: a

    pagare non sar (solo) l'intera comunit che ha commesso l'illecito, ma anche chi inprima persona ha compiuto l'atto.

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    1.4 I rapporti con gli ordinamenti interni

    Di norma, le norme internazionali, per essere effettive devono prima essere trasmesseagli Stati che a loro volta le trasformano in norme nazionali."Il diritto internazionale come un feldmaresciallo che pu impartire ordiniunicamente ai generali, attraverso i quali tali ordini possono raggiungere la truppa;

    perci, se i generali non trasmettono quegli ordini ai soldati, egli finir col perdere labattaglia" (Triepel, 1923).

    1.5 L'importanza del principio di effettivit

    Il diritto internazionale un ordinamento giuridico realistico e pragmatico. Crea, cio,le sue norme sulla base di fatti reali. tenuto molto in considerazione, pertanto, ilprincipio di effettivit.Nel diritto internazionale tradizionale, addirittura, non erano accettate finzionigiuridiche. E cos fu fino alla Prima Guerra Mondiale, in cui si inizia a cercare di farprevalere la "legalit" sulla forza o sull'autorit di fatto (a partire dalla c.d. dottrinaStimson). Ad oggi esistono dei principi ritenuti intrasgredibili.

    1.6 La reciprocit come fondamento delle norme internazionali el'emergere di interessi solidali

    L'organizzazione orizzontale che hanno le organizzazioni internazionali, in cui nessunodomina sull'altro, fanno s che ogni Stato agisca sulla base di interessi individuali.I trattati e i rapporti di tipo internazionale, in realt sono dei accordi bilaterali basatisul principio della reciprocit. Essi si dicono di natura "sinallagmatica". Ancheaccordi tra pi Stati o trattati pi complessi sono in sostanza pi accordi bilaterali

    insieme. Infatti, in caso di violazione del trattato spetter solo allo Stato lesorichiedere un risarcimento.Dal secondo dopo-guerra, per sono venuti a formarsi una serie di normeconsuetudinarie che costituiscono obblighi internazionali per ogni Stato. Sono 1)obblighi che proteggono valori fondamentali per la comunit internazionale; 2)obblighi di natura solidale; 3) ad essi corrisponde un diritto sostanziale che appartienead ogni membro della comunit internazionale; 4) l'azione a tutela di tale diritto esercitata per conto dell'intera comunit internazionale.

    1.7 Il "vecchio" e il "nuovo" diritto internazionale

    Dalla Seconda Guerra Mondiale il diritto internazionale ha subito importantitrasformazioni. Nuovi soggetti hanno affiancato gli Stati, che sono aumentati con ladecolonizzazione. La sfera di libert di cui godevano, inoltre, si notevolmente ridottae contemporaneamente sono aumentati i trattati tra gli Stati. I vecchi istituti giuridicicoesistono ancora con i nuovi, ma solo per il tempo necessario al completo passaggioal nuovo ordinamento.

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    CAPITOLO 2: L'EVOLUZIONE STORICA DELLA COMUNITINTERNAZIONALE

    2.1 La nascita della comunit internazionale

    Di norma si fa risalire la nascita delle comunit internazionali intorno al XVI secolo e inparticolar modo con la pace di Westfalia (1648) dopo la guerra dei Trenta anni.Indubbiamente accordi di tipo diplomatico e consolare c'erano gi stati da moltotempo prima, ma la peculiarit di questo periodo la struttura degli Stati che hannosottoscritto il trattato, molto pi simili ai nostri, rispetto a prima.Il trattato di Westfalia riconosceva il protestantesimo a livello internazionale(dissociando la dominazione del culto cattolico all'esistenza di uno Stato), legittimaval'esistenza di molti piccoli Stati e consacrava una distribuzione del potere in Europache dur pi di un secolo.

    2.2 Dalla pace di Westfalia alla fine della Prima Guerra Mondiale

    2.2.1 La composizione della comunit internazionale

    2.2.1.1 Gli Stati pi importanti

    A partire dalla pace di Westfalia, sicuramente il centro dei rapporti internazionali sisviluppava quasi esclusivamente tra gli Stati Europei. Questi a loro volta stringevanorapporti con stati extra-europei, ma con l'avvento della rivoluzione industriale questiStati sono stati tagliati fuori dagli accordi. Con la colonizzazione dell'America, in pocotempo anche gli Stati Uniti e i paesi dell'America Latina divennero principali fautoridell'organizzazione internazionale.

    2.2.1.2 Il sistema di capitolazioni e il colonialismo

    Per lungo tempo i paesi non europei accettarono la superiorit dei paesi occidentali econ essa anche le loro regole. L'"Occidente" svilupp due diverse tipologie di rapporticon il "mondo esterno": le "capitolazioni" per i veri e propri Stati e il "colonialismo"per quei territori in cui non esisteva un potere forte di controllo sul territorio. Lecapitolazioni erano dei trattati in cui si disciplinavano le condizioni di residenza deglieuropei nei paesi non-europei, e in particolar modo 1) non potevano essere espulsi senon con assenso del console; 2) potevano praticare il culto cristiano, e quindi erigerechiese e cimiteri; 3) avevano libert di scambio e commercio senza alcuni dazi di

    importazione ed esportazione; 4) non potevano essere oggetto di rappresaglie; 5) incaso di controversie con altri cittadini europei, erano sottoposti alla giurisdizione delconsole. Per quanto riguarda il colonialismo, gli Stati Europei avevano sviluppato unaserie di normative che facilitarono l'intromissione in territori di nessuno, cio in cuiessi non riconoscevano alcun potere.

    2.2.2 La distribuzione del potere

    In questo periodo nessuno Stato era riuscito a prendere il sopravvento sugli altri e lacompetenza orizzontale aveva sempre resistito. Ovvio che c'erano una serie di Statipi influenti di altri. Un tentativo di bilanciare il potere fu effettuato nel 1815, dopo la

    sconfitta di Napoleone, con il c.d. "Concerto d'Europa", costituito da una serie ditrattati che stabilivano 1) che le parti contraenti avrebbero adottato i precetti dellareligione cristiana; 2) un'alleanza militare (la "Santa Alleanza") tra Austria, Russia,

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    Prussia e poi Francia, in cui si impegnavano ad accordarsi sulle misure da adottare incaso di minaccia all'ordine costituito in Europa; 3) che per risolvere questioni di naturadi politica internazionale avrebbero adottato una serie di incontri tra i sovraniinteressati.Dopo, per, le rivoluzioni successive e lo sviluppo dei movimenti nazionalistici, siripristin la tradizionale politica dell'equilibrio del potere, anche se per un po' gli

    incontri tra i capi di Stato si susseguirono ancora. 2.2.3 I precetti giuridici tradizionali

    Sempre in questo periodo stata coniata la parola diritto internazionale.Le norme che si crearono in questo periodo hanno due caratteristiche principali.Sicuramente hanno avuto l'influenza dell'idea cristiana e liberista dell'epoca, causadella quale tutti gli Stati godono di pari potere, e in secondo luogo stata elaborataesclusivamente dalle grandi potenze coloniali occidentali.Un notevole contributo alla nascita e ai primi passi del diritto internazionale statodato da un gruppo di eminenti giuristi europei che nel 1873 fondarono l'Institut de

    droit international. Da annoverare le prime importanti norme che influenzarono itrattati degli Stati riguardano l'impossibilit di trattare schiavi o di utilizzaredeterminate armi e la libert di navigazione.

    2.2.4 Tentativi di limitare il predominio delle grandi potenze: ladottrina Calvo a la dottrina Drago

    2.3 Dalla Prima alla Seconda guerra mondiale

    2.3.1 La svolta: la Prima guerra mondiale e le sue conseguenze

    Per la prima volta un conflitto fu talmente grande da coinvolgere tutti i principalimembri della comunit internazionale. E fu proprio questo a mostrare il decadimentodell'Europa come centro della politica internazionale. Infatti in quegli anni aveva presopiede da una parte gli USA e dall'altra parte l'Unione Sovietica. L'Europa andavaperdendo tutti i suoi possedimenti coloniali e il suo declino si manifest in tutti gliambiti.

    2.3.2 La divisione della comunit internazionale in seguitoall'emergere dell'URSS

    Nel passato tutti gli stati non-europei si erano sottomessi alla dottrina cristiano-

    liberista europea. A partire dal 1918, l'Unione Sovietica promosse una politica eun'ideologia per la prima volta in contrapposizione con quella europea. Essa affermava1) l'autodeterminazione dei popoli; 2) l'uguaglianza sostanziale degli Stati; 3)l'internazionalismo socialista e il parziale rifiuto dell'ordinamentointernazionale, ma solo per la sua impostazione borghese-capitalistica.

    2.3.3 Un esperimento di coordinamento collettivo dell'uso dellaforza: la Societ delle Nazioni

    Per evitare il verificarsi di una nuova Prima guerra mondiale gli Stati vincitoriistituirono un organo internazionale per la prevenzione delle ostilit: la Societ delleNazioni (1919). Con questa organizzazione non si proibiva l'uso della forza in toto,ma si ponevano dei limiti alla guerra. Non erano per, vietate le misure coercitivediverse dalla guerra. Se uno degli Stati membri veniva aggredito la Societ delle

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    Nazioni poteva solo esortare gli Stati ad intervenire, non obbligarli. Oltretutto ilprincipale motivo per cui la SdN fall, fu perch divenne lo strumento politico di Franciae Gran Bretagna.

    2.3.4 I precetti normativi

    In questo periodo non sono state prodotte norme di particolare rilievo. L'URSS eraisolata e si limitava a criticare le norme internazionali esistenti. Il settore che ebbe pisuccesso fu quello della soluzione arbitrale e giudiziale delle controversie. Vennecreata nel 1921 la CPGI (Corte Permanente di Giustizia Internazionale) e furonoistituiti numerosi tribunali arbitrali ad hoc. Molti sono stati i ricorsi a questi istituti e ciha permesso uno sviluppo del settore della normativa internazionale. Inoltre si progressivamente andati verso un riconoscimento delle esigenze degli individui.

    2.4 Dalla Carta delle Nazioni Unite alla fine della Guerra Fredda

    2.4.1 Le conseguenze principali della Seconda guerra mondiale

    Nel 1945 avvennero 3 fatti esemplari: lo scoppio delle bombe atomiche su Nagasaki eHiroshima; il 26 giugno a San Francisco fu adottata la carta delle Nazioni Unite; l'8agosto nacque il tribunale militare di Norimberga. Questi accadimenti esaltarono latensione tra "forza" e "diritto": da una parte i Paesi potevano avere una forzasmisurata, dall'altra si cerca di frenare l'uso della violenza con ulteriori norme eprincipi. Con la Carta delle Nazioni Unite si cerc di mirare al raggiungimento dellasituazione non bellica come la situazione normale. In contemporanea si continu asmantellare il residuo dell'impero coloniale, soprattutto grazie alle richieste dellapopolazione, che vedevano con le colonie solo profitti per pochi e costi per tutti.

    2.4.2 La creazione dell'ONUDopo la Seconda guerra mondiale gli Alleati sottoscrissero la Carta delle Nazioni Unitein cui sostanzialmente allungavano l'alleanza bellica (soprattutto tra USA e URSS).Come gli accordi internazionali precedenti l'ONU si occupava di garantire la pace tra lenazioni. Un grande passo avanti si ebbe con il divieto per gli Stati anche solo di"minaccia o dell'uso della forza armata". Si istituito, inoltre, il Consiglio diSicurezza che contava 11 membri (oggi 15) in cui per rimanevano a titolopermanente USA e URSS (poi Russia). Per la prima volta alcuni stati erano consideratisuperiori ad altri. Inoltre, nelle decisioni c' necessit dell'accordo del veto di cinquemembri permanenti. L'ONU usc indebolita gi dall'anno successivo con le bombe di

    Nagasaki e Hiroshima, e negli anni successivi con la guerra fredda.

    2.4.3 La composizione della comunit internazionale

    La composizione dell'ONU rispetto a quella del 1815 o del 1919 praticamenteribaltata. Nel secondo dopoguerra molti Stati si sono resi indipendenti e molti altrihanno adottato la dottrina socialista dell'URSS. Nei rapporti internazionali URSS e itantissimi altri stati del terzo mondo avevano una numerosit tale da poter averesempre la maggioranza nelle decisioni dell'organizzazione. Ma l'enorme potereeconomico e politico dei "pochi" paesi occidentali, ha sempre prevalso, soprattuttograzie alla fitta rete di enti intergovernativi che si sono venuti a formare in quegli

    anni.

    2.4.4 La lotta per un nuovo diritto

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    La numerosit dei paesi del terzo mondo, per, ha saputo dare una svolta positiva atutto il contesto internazionale facendo adottare dall'ONU una serie di risoluzioni perl'abolizione della discriminazione razziale e per il riconoscimentodell'autodeterminazione dei popoli. Inoltre tutte le norme internazionali furonoriviste nella direzione di una maggiore presa di considerazione verso gli stati del terzo

    mondo. Nel 1977, infine, il "gruppo dei 77" (formato dai paesi dell'Asia, dell'Africa edell'America Latina) cerc di rivoluzionare l'assetto economico della comunitinternazionale e ha ottenuto una raccomandazione, cio un atto giuridico nonvincolante.

    2.5 Dalla fine della guerra fredda ad oggi

    Dal crollo dell'Unione Sovietica, la Russia non riuscita a prendere il suo posto disuper-potenza all'interno delle relazioni internazionali lasciando da soli gli USA. GliUSA adesso si ritrovano a fare sempre da mediatori, influenzando il pareredell'organizzazione internazionale, per, solo verso ci che ritiene degno di nota. Non

    sono mancate, infatti, le occasioni in cui, per esclusivo interesse degli USA, siaintervenuta (anche militarmente) l'ONU. Quando gli USA non sono riusciti ad ottenerel'appoggio dell'ONU sono ricorsi alla NATO e, talvolta, sono corsi da soli. Ci atestimonianza dell'egemonia che gli USA hanno sul resto del mondo. Dal Secondodopoguerra alcuni Stati del terzo mondo si sono molto sviluppati (Brasile, Cina eIndia), mentre il potere degli Stati occidentali andato sempre di pi scemando. Lafase attuale delle relazioni internazionali, inoltre, si sta orientando verso un ricorso adalleanze militari, come la NATO e la tendenza alla regionalizzazione. I paesi del terzomondo hanno abbandonato l'ideologia socialista, comprendendo che pi semplicefare accordi con i paesi industrializzati piuttosto che convincere l'organizzazioneinternazionale a prendere determinate posizioni.

    Oggi, il diritto internazionale sta cercando di normalizzare ogni aspetto della vita e sinota come le varie sfumature del diritto siano tra loro sempre pi strettamenteinfluenzate.

    CAPITOLO 3: LO STATO E LA SUCCESSIONE TRA STATI

    3.1 Lo stato come soggetto di diritto internazionale

    Gli Stati sono i soggetti primari del diritto internazionale, cos come gli individui losono per i singoli Stati. Ma governare un insieme di (relativamente) pochi soggettimolto differenti tra loro un impresa ardua. Mentre gli individui acquistano il loro

    status di soggetto giuridico alla nascita, difficile identificare il momento di nascita diuno Stato. Per prassi uno Stato, per essere considerato tale dalla comunitinternazionale deve risiedere stabilmente in un territorio non gi occupato da un altroStato sovrano e deve avere una popolazione stabile che sottostia (per scelta) ad ungoverno legittimo e sovrano. Sono molti i casi in cui una di queste caratteristiche venuta a mancare. Si parla in tal caso di "failed States" o "collapsed States". Inquesti casi l'organizzazione internazionale decide di intervenire per ristabilire la pace ocomunque per salvaguardare lo Stato in questione. Quella di intervenire unadecisione difficile in quanto bisogna far fronte alle conseguenze che si possonosviluppare a livello globale.

    3.2 Il riconoscimento di Stati

    3.2.1 Gli effetti

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    difficile determinare lo status giuridico di uno Stato. Pu, per, risultare utile sentireil parere degli Stati gi effettivi. Ma questa modalit ha molte critiche poich vedrebbela superiorit di alcuni Stati su altri e perch contrasta con il principio di effettivit, invirt del quale le situazioni "effettive" sono considerate pienamente legittime. Ma ilriconoscimento di uno Stato da parte di altri mostra la volont degli Stati di voler

    trattare politicamente, economicamente e giuridicamente con il nuovo ente. 3.2.2 La prassi

    Mentre prima per dare lo Status giuridico internazionale ad uno Stato bisognavaconsiderare solo l'esistenza di un governo stabile che governasse su una popolazioneresidente in un determinato territorio, negli ultimi decenni si sono sviluppate maggioririchieste per tale approvazione. I nuovi Stati, infatti, devono rispondere anche dieventuali comportamenti ritenuti inidonei all'accettazione nell'organizzazioneinternazionale, come l'uso della forza per conquistare il governo, la politica pi o menorazzista, la salvaguardia delle minoranze etniche e religiose, ecc. Quindi spesso capita

    che i nuovi Stati preferiscano restare per un periodo in disparte e, magari, intrattenererelazioni solo con gli Stati che lo riconoscono tale.

    3.3 Le regole fondamentali a protezione della sovranit eindipendenza degli Stati

    3.3.1 Sovranit e indipendenza

    La sovranit di uno Stato il suo diritto ad esercitare in via esclusiva ed originaria,entro una data porzione del globo, le funzioni dello Stato. Sostanzialmente lasovranit statale coincide con l'indipendenza di uno Stato da un altro. Uno Stato,

    infatti, pu essere considerato tale anche se economicamente dipendente da un altroe pu sottostare alle norme internazionali, quando per, queste non lo rendanoassoggettato ad un altro. I poteri dello Stato sono ampi. Gli Stati posseggono il poteredi imperio sugli individui e sui beni presenti sul loro territorio, qualora per questi noncontrastino con le norme internazionali, e in particolare con quei principi di tutela dellapersona e dell'ambiente imposti dalla comunit internazionale.

    3.3.2 La tutela internazionale degli Stati e della loro sovranit

    Il diritto internazionale consiste in norme volte ad assicurare la coesistenza degli statinel rispetto della loro naturale indipendenza. Non infatti concesso agli Stati di

    interferire con la politica interna di altri, neanche qualora ci fosse una guerra interna(a meno che i ribelli non facciano parte di un movimento di liberazione nazionale).Inoltre non possono essere processati i funzionari statali che, in ambito delle relazioniinternazionali abbia commesso un illecito ufficiale. Infatti in questi casi lo Statostesso ad essere giudicato, mentre il funzionario o l'ente deve essere processatoall'interno dello Stato di appartenenza. Unica eccezione costituita dai criminiinternazionali. Oggi, la fitta rete di accordi che ci sono e di enti internazionali, c'molta pi possibilit di alcuni Stati di influenzarne altri, tanto che si dovutiintervenire con norme internazionali per delimitare i campi in cui era vietata alcunainterferenza esterna. Uno dei pochi motivi in cui uno Stato pu intervenire su un altroriguarda i diritti umanitari. In linea generale il diritto internazionale vuole mettere

    sullo stesso piano tutti gli Stati e nessuno pu prevalere sull'altro.

    3.4 Successione tra Stati

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    3.4.1 Successione in fatto

    I mutamenti di sovranit su una data comunit territoriale, ossia la sostituzione di unoStato ad un altro nell'esercizio della potest d'imperio su una comunit territoriale(c.d. successione in fatto tra Stati), pu portare all'estinzione di uno Stato in

    favore di un altro (c.d. successione in fatto totale), oppure alla formazione di unnuovo Stato, senza che vi sia l'estinzione di quello preesistente (c.d. successione infatto parziale).La successione in fatto totale comporta l'estinzione di uno Stato sul cui territorioavviene il cambiamento di sovranit e, in alcuni casi, la formazione di uno o pi nuoviStati. Si dice "incorporazione" la sostituzione di uno Stato preesistente con un altroStato sovrano che governi su tutto il territorio. Si chiama, invece "fusione" quandodue o pi Stati si estinguono e si viene a formare un unico Stato.La successione in fatto parziale, invece, avviene nella mutazione di sovranit solo suuna parte di territorio. Vi pu essere una "scissione", ossia la perdita di sovranit suparti di un territorio di uno Stato preesistente a vantaggio di un altro Stato

    preesistente che inglober i territori distaccatisi. Vi pu essere anche la "cessione"territoriale, ossia la cessione di alcuni territori da uno Stato ad un altro.

    3.4.2 Successione giuridica

    Nel caso delle cessioni bisogna valutare se vi una successione giuridica, cio se idiritti e gli obblighi dello Stato predecessore si trasmettono allo Stato che si sostituito al primo nel governo di tale territorio.

    3.4.2.1 La successione nei trattati

    In tutti i casi di successioni tra Stati, i c.d. trattati localizzabili, cio quelli cheimpongono obblighi e conferiscono diritti soggettivi rispetto ad un determinatoterritorio, non sono mutabili e continueranno ad esistere anche con il nuovo Stato (o inuovi Stati). Nel caso, invece, dei trattati non localizzabili esistono due casi, a secondache si tratti di incorporazione, fusione, scissione o cessione. Nel caso di incorporazioneo di cessione territoriale si applica il c.d. principio della mobilit delle frontiere deitrattati, cio i trattati conclusi dallo Stato predecessore cessano di avere valenza inquel dato territorio e si applicano i trattati dello Stato che ha preso governo nelterritorio. Nel caso, invece, della formazione di nuovi Stati vige il principio della tabularasa, secondo cui svaniscono tutti i trattati del vecchio Stato. Ultimamente i anche itrattati in merito a diritti umanitari stanno diventando permanenti.

    3.4.2.2 La successione rispetto ai beni, archivi e debito pubblico erispetto alle organizzazioni internazionali

    Nella successione tra Stati, i beni e gli archivi vengono trasmessi automaticamente alnuovo Stato, cos anche il debito pubblico. In quest'ultimo caso, se si tratta discissione o comunque vi la nascita di pi Stati, il debito viene diviso in manieraequa. Non si tramandano, invece, i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali.Nel tal caso il nuovo Stato dovr, se vuole, riproporre la sua candidaturaall'organizzazione internazionale a cui vuole aderire.

    3.5 Successione tra governiI cambiamenti rivoluzionari o extra-costituzionali di governo non hanno alcunaincidenza sulla personalit di uno Stato; di conseguenza lo Stato che subisce tali

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    cambiamenti vincolato agli atti internazionali posti in essere dal Governoprecedente.

    CAPITOLO 4: L'AMBITO SPAZIALE DI ESERCIZIO DELLASOVRANIT STATALE

    4.1 Introduzione

    Non si pu pensare uno Stato senza un territorio ben delineato entro il quale lo Statosvolge quasi interamente la propria attivit. Tradizionalmente i confini erano delimitatimolto semplicemente: terra, mare e spazio aereo erano divisi in zone di competenzaesclusiva dello Stato. Le terrae nullius potevano essere prese da altri Stati, ma solo seeffettivamente governavano la popolazione residente e avevano intenzione di nonabbandonare il territorio. Ovviamente, con il passare del tempo, l'ente che possedevamezzi superiori di controllo di terra mare e aria, aveva pi possibilit e potere peresercitare il proprio dominio su un pi ampio spazio. L'unica eccezione sempre statoil mare aperto che fin dal XVI secolo sempre stato considerato bene comune e nonattribuibile a nessuno.

    4.2 Il territorio

    Il territorio statale la porzione di terraferma soggetta a dominio esclusivo di unoStato. Ad oggi non esiste pezzo di terra non assoggettato ad uno Stato, eccezion fattaper l'Antartide.Gli Stati sono autorizzati ad esercitare sul proprio territorio i poteri inerenti allasovranit, entro i limiti stabiliti dal diritto internazionale.

    4.2.1 Modi d'acquisto del territorioLe modalit per ottenere un altro pezzo di territorio sono le seguenti: 1) attraversol'occupazione di terrae nullius (cosa oggi impossibile); 2) la conquista di un territorio(non accettata a livello internazionale perch non legittima); 3) l'accessione di unnuovo pezzo di terra formatosi vicino a un territorio gi esistente; 4) la cessionepacifica di un territorio da uno Stato ad un altro per mezzo di trattato.

    4.2.2 Delimitazione delle frontiere: la dottrina dello"uti possidetis"

    Nei paesi che si stavano decolonizzando si instaur la prassi di mantenere i confini dei

    territori colonizzati. Cos si mantenne la struttura geografica, sia sud-americana, siaafricana, identica a quella per cui si erano accordati i coloni.

    4.3 Gli spazi marini

    In epoca recente il mare stato gradualmente suddiviso in varie porzioni, ciascunasottoposta ad uno specifico regime giuridico. Tutta la legislazione in merito racchiusanella Convenzione di Montego Bay .

    4.3.1 Il mare territoriale

    Il mare territoriale comprende quella parte di mare adiacente alle coste di unoStato, comprese le baie, i golfi e gli stretti. L'ampiezza delle porzioni di mare non pusuperare le 12 miglia dalla linea di base, che si pu calcolare con il sistema delle linee

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    rette. Un limite al passaggio controllato in queste acque costituito dal passaggioinoffensivo delle navi mercantili e delle navi da guerra straniere, sempre che il loropassaggio non arrechi pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Statocostiero. Lo Stato non pu esercitare la propria giurisdizione penale in relazione a fatticommessi a bordo della nave straniera ad eccezione di quando: 1) il reato di naturatale da recare pregiudizio alla pace del paese o al buon ordine del mare territoriale; 2)

    le conseguenze del reato si estendono allo Stato costiero; 3) l'intervento delle autoritlocali richiesto dal comandante della nave o da un agente diplomatico o funzionarioconsolare dello Stato di bandiera della nave; 4) l'intervento necessario per larepressione del traffico illecito di stupefacenti.

    4.3.2 Le acque interne

    Le acque interne comprendono fiumi, laghi e la parte di mare compresa nella linea dibase. Queste sono considerate al pari della terra ferma e di conseguenza sono sotto ildiretto controllo dello Stato. In queste acque non esiste il diritto di passaggio pacificoper la navi da guerra se non su consenso dello Stato. Le navi straniere che transitano

    in acque interne debbono sottostare alla legislazione dello Stato ospitante. 4.3.3 Le baie

    Le baie sono le insenature ben marcate la cui penetrazione nella terraferma, inrapporto con la larghezza della sua entrata, tale che le acque dell'insenatura sianoracchiuse dalla costa.

    4.3.4 La zona contigua

    La zona contigua si estende oltre il mare territoriale fino ad un'ampiezza massima di

    24 miglia marine dalla linea di base. Questa zona stata costituita per consentire alloStato costiero di catturare coloro che commettano reati in mare territoriale e cerchinodi scappare prendendo il largo.

    4.3.5 L'estensione del diritto di sovranit oltre il mare territoriale

    Le nuove tecnologie hanno permesso di scoprire delle importanti risorse nel sottosuolomarino, soprattutto lontano dalle coste degli Stati, sulla piattaforma continentale. Cosle organizzazioni internazionali hanno deciso di lasciare libero l'accesso a queste zone.In questo modo ricominciata la corsa allo sfruttamento illimitato del sottosuolomarino. Solo per la zona extra-atmosferica, sulla carta, si deciso di adottare un

    principio solidaristico di sfruttamento, cio di distribuzione equa delle risorse, maforse solo perch non si hanno ancora gli strumenti per poter delimitare la sovranitstatale.

    4.3.5.1 La piattaforma continentale

    Con la scoperta di risorse naturali nel sottosuolo marino si partiti con la corsa allosfruttamento di tali risorse anche in mari internazionali. Cos si dovuto legiferareanche in merito alle piattaforme continentali che sono considerate degli Staticostieri fino al margine esterno della piattaforma. Qualora non esistessero piattaformecontinentali (che hanno profondit di massimo 200 m) considerata piattaforma

    continentale fino a 200 miglia dalla linea di base. Lo Stato vanta diritti concernenti losvolgimento di determinate attivit di sfruttamento delle risorse naturali sullapiattaforma. Nel caso di piattaforma tra due o pi Stati vale il principiodell'equidistanza.

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    4.3.5.2 La zona economica esclusiva

    Anche la zona economica esclusiva arriva fino a 200 miglia dalla linea costiera dibase e d diritto agli Stati costieri all'esplorazione, sfruttamento e conservazione egestione delle risorse naturali.

    4.3.6 Il mare internazionale

    Oltre la zona contigua e la zona economica esclusiva c' il mare internazionale,retto dal principio di libert di navigazione. Nell'alto mare ogni Stato ha libert dinavigazione e di sorvolo come anche di far passare cavi e tubature nei fondali marini,oltre che libert di pesca e di ricerca scientifica.Ogni Stato esercita in via esclusiva la giurisdizione sulle proprie navi. Tuttavia unoStato pu, con le sue navi da guerra, esercitare in casi eccezionali la propriagiurisdizione su navi di altre nazionalit; pu abbordare navi straniere per verificarnela bandiera e che non siano impegnate in atti di rilevanza penale internazionale. Ogni

    Stato pu inoltre inseguire e catturare navi sospettate di aver commesso un illecito nelmare territoriale di quello Stato.

    4.3.7 Il fondo marino internazionale e la nozione di patrimoniocomune dell'umanit

    Il fondo marino internazionale comprende il suolo e il sottosuolo dell'alto mare.Nella seconda met del XX secolo, in vista delle risorse che si stavano scoprendo nelfondo marino internazionale, fu coniata l'espressione "patrimonio comunedell'umanit", secondo il quale 1) nessuno poteva avere il diritto esclusivo sullerisorse; 2) si aveva l'obbligo di sfruttare queste risorse nell'interesse dell'umanit

    (PVS compresi), 3) l'obbligo di condurre esperimenti e ricerche a fini pacifici; 4)l'obbligo di tenere le esigenze della ricerca scientifica in debita considerazione; 5)l'obbligo di proteggere adeguatamente l'ambiente.

    4.4 Gli spazi aerei

    Ogni Stato sovrano dello spazio aereo sovrastante il proprio territorio e il propriomare territoriale. Per quanto riguarda l'altitudine, si pu dire che comprende lo spaziomassimo dove un aereo riesce a volare. Ogni aereo pu attraversare lo spazio aereo diun altro Stato solo con il consenso dello Stato ospitante.

    4.5 Lo spazio extra-atmosfericoLo spazio extra-atmosferico quella parte del pianeta al di sopra di un'altezzaancora non ben definita.Prima si riteneva teoricamente per assodato che fosse di autorit statale anche lospazio extra-atmosferico, ma con i lanci spaziali di USA e URSS gli altri Statiaccettarono la superiorit tecnologica delle superpotenze e deciseroconvenzionalmente di lasciare lo spazio extra-atmosferico libero, ma con principisolidaristici. In questo caso, come per il mare aperto ogni sfruttamento di risorse,purch non nocive per la popolazione mondiale, dovevano essere consideratepatrimonio dell'umanit.

    CAPITOLO 5: I LIMITI DI ESERCIZIO DELLA SOVRANITPERSONALE

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    5.1 Introduzione

    L'esercizio di sovranit di uno Stato nei confronti degli individui limitato dal dirittointernazionale e, ovviamente varia da Stato a Stato. Ogni Stato ha l'obbligo diapprestare un particolare trattamento ai cittadini stranieri e di rispettare le immunit

    internazionali degli Stati stranieri e dei loro organi.

    5.2 Il trattamento degli stranieri e dei loro beni

    5.2.1 La rilevanza della distribuzione tra cittadini e stranieri

    L'appartenenza ad uno Stato determinata dall'istituto della cittadinanza. OgniStato decide al suo interno chi pu essere considerato cittadino e con quali modalit sipu acquisirne il titolo. Verso i suoi cittadini lo Stato ha diritti e doveri, ma verso lostraniero deve sottostare a determinate regole volte ad un trattamento che non siainferiore a quello del cittadino stesso. Per determinare un cittadino, l'unica verifica per

    lo Stato che esista un rapporto "effettivo" Stato/cittadino. Tale rapporto, oltre checon le persone fisiche, si applica anche alle persone giuridiche.

    5.2.2 Gli obblighi in materia di trattamento degli stranieri

    I cittadini stranieri godono all'interno degli Stati di un trattamento dovuto a normeinternazionali volte per lo pi a tutelare la vita e l'integrit fisica dello straniero,nonch dei suoi beni. Lo Stato territoriale non pu obbligare lo straniero ad adempierea obblighi di natura politica o militare, n pu impedire che egli si allontani perrientrare nel proprio Paese o andare altrove. invece consentita l'imposizione diobblighi di natura patrimoniale o di natura civica. anche ammesso l'esercizio della

    potest punitiva qualora lo straniero commetta reato nello Stato territoriale. Ildiritto internazionale, nei casi di punibilit dello straniero nello Stato territoriale perreati commessi in altri Stati non ancora arrivato ad una precisa definizione. Iltrattamento dello straniero deve essere non al di sotto di un certo standard (secondol'opinione dei paesi occidentali) generale, anche se il trattamento dei cittadini al disotto di tale standard. Secondo i PVS, invece, lo straniero deve essere trattato al paridei cittadini.

    5.2.3 La protezione diplomatica

    Nel caso di diniego di giustizia verso uno straniero, lo Stato di nazionalit dello

    straniero pu intervenire in sua difesa attraverso la c.d. "protezione diplomatica".La protezione diplomatica, per, un diritto dello Stato, e non del cittadino, anche se,per prassi, lo Stato solito intromettersi nella difesa di un suo cittadino all'estero. Lecondizioni per tale esercizio sono due: innanzitutto lo straniero deve essereeffettivamente cittadino dello Stato che utilizza tale strumento e lo deve essere anchedurante la procedura; in secondo luogo il cittadino, prima di poter ottenere laprotezione diplomatica, deve avere effettivamente utilizzato tutti gli strumenti giuridicidello Stato territoriale, per potersi difendere. Lo Stato di nazionalit pu intervenirequando mancano tali strumenti giuridici o questi non sono necessari alla suaassoluzione. Questo fenomeno non solo pu verificarsi per le persone fisiche, maanche per le giuridiche. In questo caso lo Stato che interviene quello di nazionalit

    della societ, o anche dei soci, nel caso in cui sono i soci in prima persona ad aversubito un illecito nello Stato territoriale.

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    5.2.4 Obblighi di trattamento degli stranieri e diritti umani

    Agli obblighi degli Stati nei confronti degli stranieri delineati nella tradizionalegiurisdizione internazionale, si affiancano i trattati in merito ai diritti umani. Anchese pu sembrare che la nuova disciplina sui diritti umani abbia scavalcato la vecchiagiurisdizione in materia dei comportamenti degli Stati nei confronti degli stranieri, si

    nota che corrono su due binari paralleli. Da un lato, i diritti umani vogliono difenderela persona in quanto essere umano, da qualunque tipo di attacco proveniente dachiunque, mentre le normative antecedenti, attraverso opportuni trattati, voglionodifendere il cittadino straniero dagli attacchi ripetuti da parte degli Stati (cheprincipalmente intendono, in questo modo, attaccare altri Stati).

    5.3 Le immunit degli Stati stranieri

    5.3.1 L'immunit della giurisdizione civile

    La consuetudine impone agli Stati dall'astenersi ad esercitare la propria giurisdizione

    civile nei procedimenti intentati contro uno Stato estero, senza il consenso diquest'ultimo. Quindi esiste il diritto per gli Stati di invocare il diritto all'immunitdalla giurisdizione civile di un altro Stato. Le motivazioni sono le seguenti: da unlato va verso il rispetto dell'indipendenza reciproca degli Stati, dall'altro segue ilprincipio della separazione dei poteri, secondo cui le autorit di uno Stato nonpossono interferire nella condotta della politica estera del proprio Stato.

    5.3.2 L'immunit della giurisdizione in materia di rapporti di lavoro

    Come per l'immunit giurisdizionale civile, anche per i rapporti di lavoro vi ladistinzione tra atti jure imperii, cio nell'attivit dello Stato come ente sovrano, e

    atti jure gestionis, cio in attivit poste in essere dallo Stato a titolo privato.

    5.3.3 L'immunit dalla giurisdizione cautelare ed esecutiva

    L'immunit dalla giurisdizione cautelare ed esecutiva concerne la possibilit diprocedere a misure cautelari sui beni dello Stato estero, oppure a misure coercitive sutali beni. Tale giurisdizione non collide e non coincide con l'immunit della giurisdizionecivile.

    5.3.4 L'immunit degli Stati esteri e violazione di norme di "juscogens"

    Nel diritto internazionale si sono affermate delle norme di carattere generaleinderogabili, ossia che non possono essere derogate per mezzo di un qualsiasi tipo diimmunit, poich esse tutelano valori fondamentali della comunit internazionale nelsuo insieme, cio il c.d.jus cogens. In alcuni casi, infatti, possibile anche negare ildiritto all'immunit di uno Stato per violazioni di norme di jus cogens.

    5.4 L'immunit funzionale degli organi di Stati esteri

    Ogni Stato ha il diritto di esigere da un altro Stato che i comportamenti posti in esseredai propri organi in tale qualit siano considerati fatti dello Stato e non dell'individuo,

    e quindi coinvolgenti la sola responsabilit dello Stato secondo il diritto internazionale(c.d. immunit funzionale). Tale immunit invocabile per tutti gli atti ufficialicompiuti da un qualsiasi organo dello Stato. Esistono, per alcune eccezioni, in

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    particolare di fronte a gravi reati, per cui pu essere sottoposto a giudizio anche lasingola persona incaricata dallo Stato. La richiesta di questo tipo di immunit incontralimiti anche nel caso di crimini internazionali.

    5.5 Le immunit degli agenti diplomatici

    Per quanto riguarda gli agenti diplomatici e le loro famiglie, questi godono, insieme aibeni utilizzati per svolgere le loro funzioni, di una serie di immunit personali verso loStato accreditario. Queste immunit hanno lo scopo di evitare influenze da parte delloStato accreditario e permettere agli agenti diplomatici di svolgere in tranquillit il lorolavoro.

    5.5.1 Il contenuto delle norme sulle immunit diplomatiche

    Le immunit degli agenti diplomatici riguardano non solo la sua persona, maanche la sede diplomatica e l'abitazione privata dell'agente, nonch i beni in essi insitie quelli utilizzati per lo svolgimento delle sue funzioni. Lo Stato territoriale ha il dovere

    di impedire che i locali della missione siano invasi o danneggiati. D'altro canto, per,lo Stato accreditato ha l'obbligo di non utilizzare i locali della missione in manieraincompatibile con le funzioni della missione stessa. In caso di abuso lo Statoaccreditario pu indicare i responsabili con "personae non gratae". Gli archivi, idocumenti, la corrispondenza ufficiale sia della missione che dell'agente diplomaticonon possono essere oggetto di misure coercitive da parte dello Stato territoriale.L'agente diplomatico non pu subire in alcun caso la giurisdizione dello Statoaccreditario, n i suoi beni. Qualora, invece, l'agente diplomatico abbia la cittadinanzadello Stato accreditario, o risieda permanentemente sul suo territorio l'immunit sirestringe solo agli atti e alle operazioni di tipo ufficiale. Ugualmente accade nel caso diattivit fuori dall'ambito diplomatico dell'agente, cio nell'ambito di attivit personali e

    completamente estranee a quella diplomatica. Inoltre le immunit diplomatichedispensano gli agenti e le missioni al pagamento di qualsiasi tipo di tassa dello Statoterritoriale.

    5.5.2 L'abuso delle immunit diplomatiche

    Nel caso in cui un'agente diplomatico o lo Stato accreditante abusino delle immunitdiplomatiche, lo Stato accreditario pu riconoscere il personale diplomatico come"persona non grata" e rompere i rapporti diplomatici con lo Stato accreditante. Oppurepu invocare l'intervento dello Stato accreditante affinch fermi l'abuso di immunit.Qualora ci non avvenisse entro un determinato tempo prefissato, lo Stato

    accreditario pu rifiutare di riconoscere alla persona in questione lo status di membrodella missione.

    5.5.3 Presupposto e durata delle immunit diplomatiche

    La durata delle immunit diplomatiche non coincide con il periodo di attivitdell'agente, anzi si estende ad un periodo antecedente e successivo alla presa incarico della missione.

    5.5.4 Immunit diplomatiche e Stati terzi

    L'obbligo di rispettare le immunit diplomatiche grava soltanto sullo Stato accreditarioe non su Stati terzi, che invece, qualora un agente diplomatico compia in esso unreato pu essere convenuto in giudizio. Solo in due casi gli Stati terzi devono

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    rispettare l'immunit: nel caso di "ius transitus inoxii", cio nel passaggio deldiplomatico nel Paese per raggiungere un'altra destinazione e nel caso degli atticompiuti a titolo ufficiale nell'esercizio della funzione diplomatica.

    5.5.5 Le immunit dei capi di Stato e di governo e dei ministri degliaffari esteri

    I capi di Stato e di Governo e i Ministri degli Affari Esteri, nell'esercizio delle lorofunzioni godono della immunit diplomatica. Fa ovviamente eccezione il caso di criminiinternazionali.

    5.5.6 Le immunit degli agenti consolari

    Gli agenti consolari svolgono funzioni pi limitate rispetto agli agenti diplomatici e diconseguenza le loro immunit sono minori e riguardano solamente le attivit ufficiali.Inoltre essi godono anche dell'inviolabilit personale e beneficiano di un'ampiaesenzione fiscale e di forme di esenzione dai diritti di dogana e dalla visita doganale.

    Gli archivi, i documenti e i locali consolari sono inviolabili.

    CAPITOLO 6: INSORTI, MOVIMENTI DI LIBERAZIONENAZIONALE E ALTRI SOGGETTI "SUI GENERIS"

    6.1 I gruppi insurrezionali

    6.1.1 Insurrezioni e soggettivit internazionale dei gruppiinsurrezionali

    Le insurrezioni sono un fenomeno che nasce praticamente con la politicainternazionale, e tutt'oggi continuano a sussistere casi di questo tipo. In alcuni casi possibile attribuire ai gruppi insurrezionali uno status internazionale, ma ovviamente ascapito dello Stato in cui l'insurrezione si verifica. Per poter ottenere tale status, ilgruppo insurrezionale deve dimostrare di avere un controllo effettivo e responsabiledel territorio con un apparato organizzativo. Inoltre lo stato di insurrezione non deveessere sporadico, ma continuato. Gli Stati terzi non possono appoggiare gliinsurrezionali, a meno che non si tratti di movimenti di liberazione nazionale, mapossono sostenere, anche con le forze armate, gli Stati sotto attacco.

    6.1.2 Il riconoscimento di belligeranza

    Il riconoscimento degli insorti non deve essere confuso con il riconoscimento dibelligeranza, che pu essere effettuato solo quando gli insorti abbiano acquisito uneffettivo controllo del territorio e abbiano, una volta vinta la guerra civile, la possibilitdi instaurare uno Stato effettivo con apparati organizzativi e di responsabilit. Con ilriconoscimento di belligeranza al movimento degli insorti viene attribuito uno statusinternazionale e la guerra civile dovr sottostare alle regole di diritto internazionale.

    6.1.3 Riconoscimento e soggettivit internazionale del gruppoinsurrezionale

    Per essere riconosciuto dal diritto internazionale, un gruppo insurrezionale deve averel'approvazione degli altri Stati. Ci deriva principalmente dal comportamento delloStato in cui avviene l'insurrezione. Infatti molto pi probabile che il movimento

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    venga riconosciuto nello status internazionale quando nel territorio stabilmenteoccupato e governato dal movimento esistano persone di altri Stati. Altra possibilitdei gruppi insorti di ottenere tale status la linea ideologico-politico-religiosa, maanche di collaborazioni militari che possono avere con altri Stati.

    6.1.4 Carattere provvisorio del gruppo insurrezionale

    Gli insorti presentano caratteristiche simili a quelle degli Stati, ma hanno naturatransitoria e dunque una capacit internazionale limitata, almeno finch nonsostituiscano per intero, o solo sul parte del territorio un altro Stato.

    6.1.5 Le norme consuetudinarie applicabili agli insorti

    Le norme consuetudinarie applicabili agli insorti sono scarse. Tra queste ci sono normein materia di trattati, secondo cui i movimenti insurrezionali possono stipulare accordicon gli Stati terzi che hanno accettato il loro status internazionale. Gli insorti, inoltre,devono garantire agli stranieri residenti nel territorio da loro controllato, il trattamento

    derivato dal diritto internazionale. Se un cittadino sottoposto al controllo effettivo degliinsorti risiede nel territorio di uno Stato che non ne ha riconosciuto lo statusinternazionale, l'obbligo di tale Stato di proteggere l'individuo in questione opera conriguardo al Governo dello Stato in cui in corso il conflitto. I ribelli devono garantireagli organi di Stati esteri il trattamento previsto dal diritto internazionale. Le missionidiplomatiche di Stati che non hanno accettato lo status internazionale degli insorti,residenti nel territorio sottoposto a controllo degli insorti, possono trattare irappresentanti di tale movimento come normali cittadini.

    6.2 I movimenti di liberazione nazionale

    6.2.1 Guerre di liberazione nazionaleLe guerre di liberazione nazionale sono caratteristiche del secondo dopoguerra,soprattutto nell'area africana. Rispetto ai movimenti insurrezionali, questi sonogarantiti dal diritto internazionale poich seguono il principiodell'autodeterminazione dei popoli. Mentre i primi movimenti erano inerenti imovimenti per la liberazione dai coloni, adesso mutata in parte la motivazione.Infatti molti movimenti di liberazione nazionale nascono per difendere il territorio daiGoverni razzisti o stranieri.

    6.2.1.1 Le origini "politiche" del principio

    Il principio di autodeterminazione dei popoli ha definitivamente soppiantato l'otticatradizionale della sovranit statale, poich in questo modo uno dei principali parametridi autorit degli Stati era la soddisfazione dei bisogni e l'accettazione da parte dellapopolazione. palese che tale principio sta alla base della democrazia e ha dato ilcolpo di grazia agli Stati multinazionali e coloniali.

    6.2.1.2 Il contenuto normativo attuale

    Nonostante la forte accettazione del principio di autodeterminazione dei popoli, questotrova normazione solo in tre aree: come postulato anti-coloniale, come divieto

    all'instaurazione e mantenimento di regimi di occupazione straniera e come condizioneper il pieno accesso al governo di tutti i gruppi razziali. Un popolo sottoposto a regimemilitare di uno Stato terzo legittimato all'autodeterminazione. Il principio stabilisce il

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    metodo attraverso il quale gli Stati devono assumere decisioni concernenti i popoli.

    6.2.1.3 Le conseguenze giuridiche

    Gli Stati razzisti, militari stranieri, coloniali, sono obbligati a riconoscerel'autodeterminazione dei popoli. I movimenti di liberazione nazionale, in questi casi,

    vantano diritti maggiori a livello internazionale, rispetto agli Stati oppressori.Innanzitutto possono richiedere il non intervento degli Stati terzi in favore dello Statooppressore, anzi, possono richiedere ad essi un aiuto (non bellico) nei loro confronti. Ildiritto internazionale vieta agli Stati terzi di aiutare gli Stati oppressori, e lascia liberascelta di aiutare o meno i movimenti. I movimenti di liberazione nazionale, poi, sonolegittimati all'utilizzo della forza per reagire contro lo Stato oppressore.L'autodeterminazione impedisce, inoltre, di considerare terrae nullius quei territori incui non presente un'autorit sovrana.

    6.2.1.4 I limiti

    Sotto il profilo normativo, il principio di autodeterminazione non previsto per i gruppietnici, religiosi e culturali. questo un forte limite a tale principio, soprattutto alla lucedegli avvenimenti odierni, ma, riprendendo Rooslvelt, un allargamento sproporzionatodel principio di autodeterminazione porterebbe al caos.

    6.2.2 La soggettivit internazionale dei movimenti di liberazionenazionale

    A differenza dei movimenti insurrezionali, per il riconoscimento di statusinternazionale ai movimenti di liberazione nazionale non c' bisogno del controlloeffettivo sul territorio. In molti casi, infatti, capita che questi vengano ospitati dagli

    Stati limitrofi e da qui conducano le loro battaglie. Ovviamente l'obiettivo finale deimovimenti l'acquisizione dell'autorit sul territorio, quindi l'elemento territorialeacquista importanza, ma in prospettiva. Per acquisire lo status internazionale,comunque, i movimenti hanno bisogno di un apparato organizzativo in grado di gestirele relazioni internazionali.

    6.2.3 Le norme consuetudinarie applicabili ai movimenti diliberazione nazionale

    Tra le norme consuetudinarie applicabili ai movimenti di liberazione nazionale vi sono,oltre al diritto all'autodeterminazione dei popoli, anche quello di stipulare trattati

    internazionale e sono destinatari delle norme sulla protezione e immunit degliindividui che agiscono per conto loro.

    6.3 Enti "sui generis"

    Nella comunit internazionale esistono anche alcuni soggetti che hanno acquisito lostatus internazionale tramite avvenimenti storici o che non posseggono un territorio equello in cui agiscono parte di uno Stato sovrano. Si tratta, in molti casi di micro-stati.

    6.3.1 La Santa Sede

    La Santa Sede costituisce l'organizzazione centrale della Chiesa Cattolica. Il suoterritorio nato con gli accordi presi con l'Italia nel 1929. a tutti gli effetti uno Stato

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    internazionale e come tale pu stipulare dei trattati (i c.d. concordati) con gli altriStati, prende parte alle relazioni diplomatiche e i suoi agenti godono dell'immunitdiplomatica.

    6.3.2 Il Sovrano Ordine di Malta

    Il Sovrano Ordine di Malta stato istituito durante le crociate e aveva un territorio as stante (Malta), spodestatogli da Napoleone nel 1814. Successivamente acquisto unpalazzo a Roma e una villa sull'Aventino. Il suo status internazionale haevidentemente ragioni storiche e in riguardo alle attivit umanitarie che da sempre locontraddistinguono. Tuttavia, gli stretti rapporti con la Santa Sede e il sempremaggiore controllo di quest'ultima su di essa stanno portando alcuni ripensamenti daparte di altri Stati.

    6.3.3 Il Comitato Internazionale della croce Rossa (CICR)

    Il CICR un'istituzione relativamente moderna, nata in Svizzera nel 1963 con scopi

    umanitari. La sua sede a Ginevra gode dell'immunit internazionale e non pu esserevarcata dalle autorit svizzere senza l'esplicito consenso del Comitato. Il CICRpromuove la stipulazione di trattati multilaterali in materia di diritto internazionale neiconflitti armati e prende contatti con gli Stati per indurli ad osservare tali trattati.Qualora il CICR chiedesse ad uno Stato in guerra di accettare il loro aiuto, tale Stato obbligato ad accettarlo.

    CAPITOLO 7: IL RUOLO DELLE ORGANIZZAZIONIINTERNAZIONALI E IN PARTICOLARE DELL'ONU

    CAPITOLO 8: GLI INDIVIDUI E LE ORGANIZZAZIONIINTERINDIVIDUALI

    CAPITOLO 9: LE FONTI DI PRODUZIONE DELLE NORMEINTERNAZIONALI E LO "JUS COGENS"

    9.1 Fonti di produzione giuridica e rapporti tra norme

    Le fonti internazionali sono principalmente derivanti da consuetudini e daitrattati. Tali fonti sono contemplate da due norme fondamentali: "consuetudo estservanda", gli Stati devono rispettare le norme scaturite dal diritto internazionale;"pacta sunt servanda", le parti devono rispettare gli accordi contenuti in un trattato.Esistono altre fonti del diritto internazionale: i principi generali di dirittoriconosciuti dalle nazioni civili, e le decisioni giudiziarie adottate "ex aequo etbono", ossia alla luce di principi di equit. Tra le fonti vi sono dei gradi di importanza.Ci sono infatti delle fonti primarie, come le fonti consuetudinarie, dei trattati e quelleunilaterali, e le fonti secondarie, che sono invece previste da norme prodotte da unafonte primaria. Inoltre le fonti successive (di pari grado) modificano o abrogano lefonti precedenti inerenti lo stesso tema, cos come le norme di carattere speciale

    prevalgono su quelle di carattere generale. Oggi esistono dei valori "supremi" che nonsono negoziabili, n, quindi, modificabili in alcun modo e riguardano l'ordinamentogiuridico internazionale, il c.d.jus cogens.

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    9.2 Lo "jus cogens" internazionale

    9.2.1 L'emergere della nozione

    Le principali norme dello jus cogens, quindi inviolabili con altri mezzi, riguardano

    l'autodeterminazione dei popoli, il divieto di aggressione, la proibizione delgenocidio, della schiavit, della discriminazione razziale e delle segregazionirazziale (apartheid). La richiesta di istituire delle norme di jus cogens arriv dagliStati socialisti e dai Paesi del Terzo Mondo. Questi ultimi infatti volevano rafforzare lacondanna ai paesi coloniali e eliminare per sempre schiavit e discriminazioni razziali.I Paesi socialisti, invece, vedevano con lo jus cogens, la speranza di una pace duraturatra le nazioni e di un pi ampio confronto. Solo Francia e, in maniera minore, laSvizzera ebbero dei dubbi sull'istituzione di queste norme, ma tutti gli altri Stati, apoco a poco e spinti dai paesi socialisti e i PVS accettarono tale ipotesi.

    9.2.2 Lo "jus cogens" nella Convenzione di Vienna del 1969

    Nel 1969, con la Convenzione di Vienna, gli Stati accettarono la concezione di juscogens, ma a condizione che lo Stato che invocava il carattere imperativo di talenorma internazionale fosse pronto ad accettare in materia la giurisdizione obbligatoriadella Corte Internazionale di Giustizia (CIG). La Convenzione di Vienna del 1969prevede all'art. 53 che un trattato nullo se, al momento della sua conclusione, esso in contrasto con una norma imperativa di diritto internazionale generale (che puessere abrogata solo con una norma generale successiva della stessa natura). L'art.64 continua dicendo che nel caso in cui emerga una nuova norma imperativa di dirittointernazionale generale, ogni trattato esistente che in contrasto con tale norma,diviene nullo o si estingue. Quindi nel caso di controversia in un accordo tra due o pi

    Stati in merito ad una norma di jus cogens questi possono ricorrere al parere dellaCIG, o ad un arbitrato. Ma la nozione di jus cogens proveniente dalla Convenzione diVienna molto generica poich fa riferimento agli effetti giuridici di una norma e nonalla sua natura intrinseca. Comunque per poter modificare una norma di jus congensc' bisogno dell'approvazione della maggioranza degli Stati. Pur se la loro naturainderogabile dovrebbe essere accettata da tutti in via generale, questo metodo divotazione dissuade uno Stato dall'opporsi ad una norma di tale fattezza.

    9.2.3 La portata delle norme convenzionali sullo "jus cogens" e ildiritto consuetudinario

    Le disposizioni della Convenzione di Vienna, per, presentano un forte limite poich larichiesta di annullamento di un trattato per la violazione di norme di jus cogens, puessere effettuata solo da Stati che prendono parte sia alla Convenzione di Vienna siaal trattato. Non quindi possibile per Stati terzi chiedere tale annullamento. Questaprassi, per stata superata nel 1979 quando gli USA chiesero l'annullamento deltrattato tra URSS e Afghanistan, poich in una sua clausola, era previsto l'uso dellaforza, vietato dallo jus cogens. Uno Stato che invoca l'annullamento di un trattato percontrariet allo jus cogens, deve essere pronto a sottoporre le proprie preteseall'accertamento giudiziale o arbitrale di un terzo. Inoltre, se lo Stato che procede contale richiesta non fa parte della Convenzione o del trattato in questione, pu vedersirespinta tale richiesta dalla comunit internazionale.

    9.3 L'individuazione della norme di "jus cogens"

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    Nella Convenzione di Vienna non si esplicitano, neanche a titolo esemplificativo, i casiin cui esista una norma di jus cogens. Esiste un breve elenco, invece, nell'originarioart. 19 del Progetto di articoli sulla responsabilit internazionale degli Stati.Nel testo di quest'articolo si faceva riferimento ad alcune norme che ponevanoobblighi "cos essenziali per la tutela degli interessi fondamentali della comunitinternazionale che la loro violazione era riconosciuta come crimine dalla comunit

    internazionale nel suo complesso". In esso erano annoverate le norme che impongonoil divieto di aggressione, quelle che vietano il genocidio e l'apartheid, el'inquinamento massiccio dell'atmosfera e dei mari. Oggi potremmo aggiungervil'autodeterminazione dei popoli, il divieto della discriminazione e della tortura el'uso in generale della forza.

    9.4 Gli effetti indiretti dello "jus cogens"

    L'effetto tipico delle norme imperative di rendere nulli sin dal principio i trattati adesse contrari. Ma dalle norme di jus cogens scaturiscono anche altri effetti. possibileche la CIG decida di abrogare solo l'articolo del trattato in cui presente la contrariet

    alla norma di jus cogens, anche se lo Stato che ne ha richiesto il controllo deverichiederlo sull'interezza del trattato. In materia di interpretazione, fra le varie possibiliinterpretazioni occorre optare per il significato pi conforme alle norme di jus cogens.Lo jus cogens, inoltre, pu avere anche un'incidenza in materia di riconoscimento diStati, poich uno Stato che (anche al suo interno) produce norme contrarie allo juscogens, pu essere non pi legittimato dalla comunit internazionale. Ma tutte questemisure non sono ancora mai state adottate poich nessuno Stato ha mai fatto ricorsoalla CIG per l'abolizione dei trattati.

    9.5 La scarsa utilizzazione della nozione di "jus cogens" a livellointernazionale

    La nozione di jus cogens non mai stata invocata dagli Stati, ma solo in alcuneoccasioni dai tribunali internazionali. Questo principalmente perch le normeimperative svolgono una funzione deterrente, nonch gli Stati ancora agisconoesclusivamente per interesse nazionale e non internazionale.

    9.6 Il ricorso alla nozione di "jus cogens" nella giurisprudenza enella legislazione interna

    In rari casi la nozione di jus cogens stata utilizzata dalla giurisprudenza interna perdecidere il merito di una controversia. In realt si usata per giustificare la mancata

    applicazione di norme di origine convenzionale.

    CAPITOLO 10: LA CONSUETUDINE INTERNAZIONALE E LACODIFICAZIONE DELLE NORME CONSUETUDINARIE

    10.1 Introduzione

    I rapporti tra soggetti internazionali sono determinati principalmente da normeconsuetudinarie, che constano di due elementi fondamentali: una prassigeneralizzata e la convinzione che questa prassi corrisponda al diritto

    vigente o sia dettata da impellenti esigenze politiche, sociali e economiche .La norma consuetudinaria determinata dal comportamento degli Stati in relazione adeterminati fenomeni politici, sociali ed economici. In passato, al contrario, si riteneva

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    che queste norme consuetudinarie fossero il prodotto tacito della volont degli Stati.Le norme di natura consuetudinaria, oggi, sono inviolabili.

    10.2 Gli elementi della consuetudine

    Per essere accettata come norma, la consuetudine deve rispondere a due

    caratteristiche principali: deve essere una consuetudine diffusa e generalizzata(elemento oggettivo) e deve essere accettata consapevolmente dagli Stati(elemento psicologico). Il secondo caso pi difficile da stabilire. Uno Stato deveessere consapevole che quella prassi che sta accettando, a livello internazionale stadiventando una norma consuetudinaria, mutabile solo da un'altra della stessa natura.Il fattore tempo relativo, poich dipende dalla convinzione degli Stati e dallafermezza con cui si formata la prassi.

    10.2.1 Il ruolo dell'"usus"

    importante notare che, quando sussistono forti divergenze d'interessi (economici o

    politici), l'usus pu avere una grande importanza nella formazione di una normaconsuetudinaria.

    10.2.2 Il diverso ruolo degli elementi della consuetudine in materiadi diritto nei conflitti armati

    Nel Preambolo della II Convenzione dell'Aia del 1899, il giurista russo Martens inserirla seguente clausola: "Fino a che non sar adottato un pi completo codice delleregole applicabili ai conflitti armati, le popolazioni ed i belligeranti restano sotto lasalvaguardia e sotto l'imperio dei principi del diritto delle genti, quali risultano dagliusi stabiliti fra le nazioni civili, dalle leggi d'umanit e dalle esigenze della coscienza

    pubblica". In questo modo ha modificato la struttura delle norme consuetudinarie per icasi di conflitti armati riuscendo a coniugare le esigenze dei paesi ricchi e di quellipoveri. Con questa clausola l'usus non pi elemento fondamentale per l'accettazionedi una consuetudine. Viene invece maggiormente valorizzato l'elemento psicologico,cio l'accettazione da parte degli Stati. Questo giustificato dal fatto che in questi casi preferibile un approccio verso le esigenze umanitarie.

    10.3 La rilevazione delle norme consuetudinarie

    difficile identificare norme consuetudinarie. Queste devono provenire da un'attentaanalisi tratta dai documenti diplomatici degli Stati, dalle posizioni espresse da questi

    ultimi in seno a conferenze multilaterali, dalla giurisprudenza internazionale, dallalegislazione e giurisprudenza interni. Molto spesso, inoltre, capita che gli Statiassumano deliberatamente determinati comportamenti per influenzare maggiormenteil diritto consuetudinario (il c.d. intervento volontario).

    10.4 La portata generale delle norme consuetudinarie e ladottrina dell'obiettore persistente

    Secondo la vecchia concezione del diritto consuetudinario, perch esso fosse applicatoc'era la necessit di un accordo tacito di tutti gli Stati, il che era estremamente difficilevalutare. Inoltre esisteva la figura dell'obiettore persistente, ossia di quello Stato

    che pi volte si opponeva a che tale norma non fosse accettata. Oggi le cose sonocambiate, sia per l'orientamento pi solidale dell'organizzazione internazionale, sia perl'aumento smisurato della partecipazione degli Stati agli accordi internazionali. Oggi,

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    infatti, la figura dell'obiettore non esiste pi, n avrebbe pi possibilit di esistere(anche se probabilmente l'opposizione ad una norma consuetudinaria di uno Statoinfluente pu rallentarne l'entrata in vigore o bloccarla). Una volta accettata la normacome consuetudinaria dalla maggioranza degli Stati, questa diviene applicata per tuttala comunit internazionale, anche per quelli Stati che non l'hanno sostenuta e perquelli di nuova formazione che non hanno partecipato a tale accettazione.

    10.5 Le c.d. consuetudini locali o particolari

    L'esistenza di norme consuetudinarie si pu applicare anche a casi particolari regionalie deriva dall'accordo tacito di due o pi Stati che abbiano accettato tale prassi inquella regione. Oltre che caratteri oggettivi e soggettivi, come tutte le normeconsuetudinarie, le consuetudini particolari devono anche essere accettate da tuttele parti interessate e provate dallo Stato che le invoca. Se tale Stato non riuscisse aprovarne l'esistenza la richiesta di norma consuetudinaria verrebbe respinta.

    10.6 Il ruolo della consuetudine nella comunit internazionale

    odiernaDopo la Seconda guerra mondiale, il ruolo della consuetudine diminuitodrasticamente sia per la nuova prassi contrastante con la vecchia, sia per le esigenzedei nuovi Stati entrati nell'organismo internazionale (quelli del Terzo Mondo e i Paesisocialisti). L'elevato numero di componenti dell'organismo internazionale impediscesempre pi la possibilit che si affermi una prassi, anche se l'esistenza di numerosienti internazionali continua ad influire sulla creazione di tali norme. Anche in altrisettori le norme consuetudinarie sono molto rilevanti. il caso dei diritto del mare o diaree in cui si delineano nuovi interessi economici. Invece, nei settori in cui vi sonomarcati conflitti politici e istituzionali e in cui nuovi bisogni della comunit

    internazionale possono condurre a profondi disaccordi tra gli Stati, pu essere moltodifficile stabilire una disciplina per via convenzionale. Infine, un settore il cui ruolo delprocesso di formazione di norme consuetudinarie molto importante concerne tuttequelle parti del diritto consuetudinario che gli Stati di nuova indipendenza hannoreputato "accettabili", ma bisognosi di modifiche e specificazioni.

    10.7 La codificazione delle norme consuetudinarie

    10.7.1 Le convenzioni di codificazione

    A partire dagli anni '60 si sentita una forte richiesta di trascrivere quelle norme

    consuetudinarie che regolavano i rapporti internazionali. Infatti molto pi utilizzato,tra gli accordi, il metodo del trattato. Per fare ci necessario un processo dicodificazione, inteso come quell'insieme di azioni e procedimenti il cui scopo epossibile risultato l'elaborazione di norme giuridiche vincolanti. Ma si puparlare di codificazione in merito a due diverse accezioni: la codificazione strictusensu, cio formulare in forma scritta le consuetudini che regolano i rapporti, e lacodificazione che intende influire sulle norme consuetudinarie, colmandonealcune lacune e scegliendo l'accezione migliore.

    10.7.2 Convenzioni di codificazione e diritto consuetudinario

    Le convenzioni di codificazione possono avere tre effetti sul diritto consuetudinario: 1)effetto dichiarativo, volto a contenere norme che si limitano a trascrivere le normeconsuetudinarie esistente; 2) effetto di cristallizzazione, le norme contenute in una

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    convenzione di codificazione possono portare a compimento il processo di formazionedelle norme consuetudinarie; 3) effetto di creare una nuova regolaconsuetudinaria, inserita nella convenzione di codificazione.

    10.7.3 Codificazione e risoluzioni non vincolanti

    L'adozione di risoluzioni di carattere normativo, in molti casi pu sostituire in manieraveloce una norma consuetudinaria, prima che le convenzioni di codificazioneintervengano in maniera pi dettagliata. Risoluzioni di questo tipo, anche se hannocarattere giuridicamente non vincolante, esprimono un consenso generale degli Statisu una determinata materia.

    CAPITOLO 11: I TRATTATI INTERNAZIONALI

    11.1 Introduzione

    Il metodo maggiormente utilizzato per la creazione di norme internazionali quella deltrattato, o comunque di accordi stipulati in maniera volontaria e conseguenza di unanorma consuetudinaria. Le regole per la stipula di tali accordi sono previsti in unimportante strumento di codificazione, la Convenzione di Vienna del 1969, entratain vigore nel 1980. La Convenzione ha recepito norme all'epoca molto innovative:innanzitutto ha posto un limite alla libert condizionata degli Stati in materia distipulazione (per es. sono nulli i trattati che violano norme di jus cogens); in secondoluogo si orientata verso una maggiore democratizzazione, togliendo agli Stati piinfluenti il potere di giogare gli Stati pi poveri; in ultimo la Convenzione cerca digarantire la prevalenza di valori internazionali su quelli nazionali, soprattuttoadottando un metodo di analisi delle norme oggettivo, cio nel rispetto di tutti e nonsoggettivo con cui ogni Stato cercava di difendere la propria sovranit statale. La

    Convenzione, comunque ha deciso di non avere carattere retro-attivo, ma di applicarsisolo agli accordi successivi alla sua entrata in vigore.

    11.2 La stipulazione, la formazione e l'entrata in vigore deitrattati

    11.2.1 La libert nella scelta delle modalit di stipulazione

    Esistono molti metodi di stipulazione di trattati, ma nella prassi sono molto limitati. Imaggiormente utilizzati sono: la "forma solenne" con la quale il trattato siglato dauna firma formale da parte del capo dello Stato o da altra autorit nazionalecompetente; la "forma semplificata", con cui la manifestazione di volont delloStato a ritenersi giuridicamente vincolato dal trattato avviene con la firma da parte delplenipotenziario che ha negoziato il trattato. Con l'apposizione della firma da partedegli Stati non si ratifica un trattato gi esistente, ma si d vita ad un nuovo trattato. la Convenzione di Vienna del 1969 che ha al suo interno gli articoli che regolano lemodalit dei trattati (artt. 11-13). L'art. 11 accoglie il principio di libert dei modi distipulazione dei trattati ed elenca: la firma, lo scambio di strumenti che costituiscono iltrattato, la ratifica, l'adesione e qualsiasi altro mezzo. Uno Stato pu manifestare ilsuo consenso ad un trattato (a cui, magari, non ha partecipato ai lavori di accordo)attraverso la forma di "adesione" qualora il trattato stesso lo preveda.

    11.2.2 L'"iter" di formazione

    Per la stipulazione dei trattati, l'iter formativo ha sempre inizio con i "negoziati",

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    condotti dai plenipotenziari, ossia, rappresentanti dello Stato incaricati di intrattenerele trattative, da parte degli organi nazionali. Ovviamente la procedura per rendere unrappresentante dello Stato plenipotenziario non si applica per alcune cariche, comequella di Capo dello Stato e di Governo e Ministri degli Affari Esteri, capi di missionediplomatica (per trattati inerenti determinati argomenti) e rappresentanti di Statiaccreditati presso conferenze internazionali, ecc. (sempre limitatamente alla loro

    missione). Se i negoziati vanno a buon fine, si passa alla fase della "adozione" deltesto. Secondo la Convenzione di Vienna l'adozione del testo deve avvenireall'unanimit, e se si tratta di un trattato scaturito da una conferenza internazionale,esso ha bisogno della maggioranza dei due terzi degli Stati (qualora questa stessamaggioranza non preveda diversamente). All'adozione del testo segue la "firma" daparte dei plenipotenziari. Nel caso di trattati con forma semplificata si passadirettamente alla fase successiva; nel caso, invece, di trattati in forma solenne, dopola firma dei plenipotenziari si passa alla firma da parte del capo dello Stato. La fasesuccessiva lo "scambio degli strumenti della ratifica" che permette al trattato di"entrare in vigore".

    11.3 La competenza a stipulare i trattati nell'ordinamentoitaliano

    Il diritto internazionale lascia ogni Stato libero di decidere le modalit di formazionedei trattati, premettendo che ad ogni inflazione manifesta il trattato sar giudicatonullo.

    11.3.1 La stipulazione in forma solenne

    L'ordinamento italiano disciplina solo la forma solenne di stipulazione dei trattati,quella, cio, in cui deve intervenire il capo dello Stato e per i trattati: 1) di natura

    politica; 2) che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari; 3) che importanovariazioni del territorio; 4) che importano oneri alle finanze; 5) che importanovariazioni di leggi (art. 80 Cost.). Ma la firma posta da quest'ultimo non considerata valida se non controfirmata dal Ministro proponente, che ne assume laresponsabilit (art. 89 Cost.). ovvio che la persona pi indicata alla ratifica deitrattati internazionali non sia altro che il capo dello Stato, sia per le ragioni didelicatezza e importanza dei temi, sia per la sua funzione di massimo esponente delloStato.

    11.3.1.1 La natura dell'atto di ratifica da parte del capo dello Stato

    Il capo dello Stato non tenuto a ratificare un trattato internazionale, anche seripresentato insistentemente dal Governo. Infatti l'effetto di un trattato non siesaurisce con le maggioranze parlamentari, ma pu essere modificato solo in sedeinternazionale. Un altro problema che si potrebbe verificare avviene quando il capo diStato firmi un trattato che si rivela successivamente essere contrario alle normeCostituzionali interne. In tal caso il trattato non potrebbe pi avere seguito nelloStato, con conseguente inadempienza dello Stato al trattato stesso a livellointernazionale.

    11.3.1.2 La natura della partecipazione del Parlamento allaformazione dei trattati

    Secondo l'art.80 Cost. le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattatiinternazionali, quindi si rileva una piena compartecipazione delle Camere alla ratificadei trattati. Infatti, la ratifica da parte del capo dello Stato senza una legge di ratifica

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    delle Camere, rende nullo il trattato, con conseguenze in ambito internazionale. Lalegge di autorizzazione alla ratifica pu naturalmente assumere la veste di leggeordinaria o costituzionale, e non pu essere emanata n da una commissionedeliberante, n da un decreto legislativo, n da un decreto legge.

    11.3.1.3 I trattati che necessitano di previa autorizzazione

    parlamentare alla ratificaLe cinque categorie citate nell'art. 80 della Costituzione Italiana riguardano aspettiimportanti della vita. Per questo non possono essere ratificati trattati in merito aquesti argomenti senza il consenso delle Camere. Con eccezione della parteriguardante gli arbitrati e i regolamenti giudiziari, che deriva da una tradizione disovranit statale, gli altri tipi di trattato (tranne quello politico) sono intuitivi efacilmente delineabili dato il loro contesto concreto. Per quanto riguarda invece ilmovente politico in principio da escludere la possibilit che si riferisca alla politica ingenerale, sia perch ricomprenderebbe anche gli altri tipi di trattato, sia perch tutti itrattati anche se in minima parte, hanno una rilevanza politica. Quindi si pu ritenere

    che essi comprendano qualunque trattato che abbia una diretta e manifesta rilevanzaper tutta la comunit statale.

    11.3.1.4 Legge di autorizzazione alla ratifica e referendum abrogativo

    L'art. 75 comma 2 della Costituzione vieta la possibilit di ricorso a referendumabrogativo totale o parziale per i trattati internazionali. stato previsto ci per evitareche una maggioranza della popolazione potesse, senza un dibattito costruttivo,abrogare un trattato internazionale con le conseguenze di responsabilitinternazionale del nostro Paese.

    11.3.2 La stipulazione in forma semplificataL'art. 80 della Costituzione non prevede una forma semplificata di stipulazione deitrattati ma enuncia cinque categorie in cui necessaria la firma del capo dello Stato el'approvazione con legge da parte delle Camere. Per tutti gli altri casi non enunciatinell'art.80, quindi, si presuppone che possano essere trattati in forma semplificata,cio, esclusivamente dal Governo. Ci, per, ha insorto il problema di un forte poterenelle mani della maggioranza parlamentare che potrebbe evitare in questo modo ilcontrollo di costituzionalit da parte del capo dello Stato. Di norma per questionidelicate, anche se non elencate nell'art. 80 si dovrebbe comunque far ricorso allaforma solenne.

    11.3.3 La competenza a stipulare delle Regione e delle Provincieautonome

    Dopo la riforma del titolo V della Costituzione le Regioni a Statuto speciale e leProvincie autonome di Trento e Bolzano possono concludere accordi internazionali.L'iter, per, estremamente rigido e complesso, poich la Regione deve presentarealla Presidenza del Consiglio e al Ministero degli Affari Esteri comunicazione delletrattative. Il Ministero degli Affari Esteri pu indicare i principi e i criteri da seguirenella conduzione dei negoziati. Se il Governo accetta la trattativa, pu conferire allaRegione o alla Provincia autonomi i pieni poteri ad ottemperare all'iter del trattato. Sequesto si svolge all'estero le agenzie diplomatiche e i consolati devono collaborare coni rappresentanti della regione o delle province alla buona esecuzione del trattato. Datala procedura cos complessa, di solito si procede non attraverso trattati internazionali,ma con accordi con enti territoriali interni ad altro Stato per cui serve solo una

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    comunicazione e approvazione del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli AffariEsteri.

    11.4 Le riserve ai trattati

    Uno Stato che intende prender parte ad un accordo multilaterale, ma che reputi

    alcune clausole troppo onerose, pu ratificare tale trattato "con riserva". Questeriserve, che sono accordi unilaterali tra lo Stato che la richiede e gli altri Stati deltrattato, possono essere di due tipi: 1) sono eccettuative quando si intendeescludere nei propri confronti l'applicazione di alcune clausole; 2) sonointerpretative quando lo Stato intende modificare nei propri confrontil'effetto giuridico di alcune norme del trattato precisando l'esatto significatoche esso le attribuisce.

    11.4.1 La disciplina in materia di ammissibilit delle riserve

    Per chiedere una riserva in un trattato necessario che lo Stato richiedente lo esprima

    in fase di negoziazione, o in fase di approvazione, ma qualora il trattato preveda lapossibilit di ratifica. Nel passato non erano ammesse riserve nei trattati per ilprincipio di integrit dei trattati, ma l'entrata dei paesi socialisti e dell'elevatonumero dei paesi del Terzo Mondo il principio di integrit stato sostituito con ilprincipio della "universalit dei trattati".

    11.4.1.1 Il parere della CIG sulle "Riserve alla Convenzione sulgenocidio"

    Quando nel 1951 gli Stati socialisti chiesero delle riserve alla Convenzione sulgenocidio, inizialmente furono respinte per il principio di integrit dei trattati, ma

    successivamente questa decisione fu rivista per le richieste previste nella convenzionestessa e cio, un elevato numero di aderenti al trattato, l'universalit dell'ONU,l'adozione della Convenzione secondo un voto di maggioranza (contrario al principio diintegrit, che vuole l'unanimit). Quindi si desunse che l'assenza di una norma cheautorizza le riserve in una convenzione multilaterale non implica l'inammissibilit delleriserve, che vanno interpretate prendendo in considerazione molti fattori del trattato.

    11.4.1.2 Le regole contenute nella Convenzione di Vienna

    La Convenzione di Vienna delinea le modalit di richiesta e ammissione di una riserva.Innanzitutto non possibile presentare una riserva qualora sia esplicitamente esposto

    nel trattato. Se, invece esso previsto, non necessaria l'approvazione degli altriStati membri. Qualora uno Stato sollevi un'obiezione sulla riserva, il trattato non entrain vigore fra lo Stato promotore della riserva e lo Stato che ha posto l'obiezione.

    11.4.2 L'ammissibilit delle riserve ai trattati in materia di tuteladei diritti umani

    Per i trattati in materia di tutela dei diritti umani, le riserve hanno una proceduraparticolare. Quando uno Stato presenta una riserva ritenuta inammissibile poichvietata dal trattato o incompatibile con l'oggetto e lo scopo del trattato, la riserva ritenuta invalida. Questo per garantire la preminenza dei principi di umanit sulla

    sovranit statale. Ovviamente, prima di rendere invalida una riserva si cerca diavviare un dialogo con lo Stato promotore della riserva.

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    11.4.3 La competenza a formulare riserve nell'ordinamento italiano

    Nelle materie inserire nell'art.80 della Costituzione l'approvazione con legge da partedel Parlamento non solo deve avvenire per la ratifica dei trattati internazionali, maanche su eventuali riserve. Il Parlamento potrebbe (ipotesi mai verificatasi) ancheinserire all'interno della stessa legge una riserva al trattato e, se il Governo ignorasse

    questa riserva il trattato diverrebbe nullo, per manifesta violazione delle normeinterne.

    11.5 Il rispetto dei trattati e la loro efficacia per gli Stati terzi

    I trattati internazionali, una volta entrati in vigore, devono essere adempiuti dalle particontraenti, infatti "ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere eseguito inbuona fede". Non si pu ricorrere al diritto interno per giustificare un'inadempienza deltrattato. Inoltre le regole del trattato non ricadono in alcun modo su Stati terzi chenon hanno preso parte al trattato a meno di diversa volont dello Stato.

    11.6 L'interpretazione dei trattatiL'interpretazione l'attivit con la quale si intende chiarire il senso della portata diuna norma giuridica. L'interpretazione pu avere per oggetto solo norme scritte, tracui i trattati. In base al soggetto che intende interpretare, si possono distinguerediversi tipi di interpretazione. Innanzitutto c' l'interpretazione che i singoli Statidanno al trattato mediante le c.d. "dichiarazioni interpretative", o da parte degliorgani giudiziari al momento dell'applicazione del trattato. Pu essere inoltre fatta conun accordo internazionale tra tutti gli Stati contraenti. In ultima analisi la competenzaad interpretare una norma internazionale pu essere attribuita ad un giudice o arbitrointernazionale con conseguente giudizio vincolante (interpretazione giudiziale).

    Nell'interpretazione non ci si pu discostare dal testo letterale e dalla volont espressadagli Stati contraenti nell'oggetto e scopo del trattato (interpretazione teleologica).L'interpretazione, inoltre, deve essere effettiva, cio non sono ammissibiliinterpretazioni tali da rendere le norme del trattato prive di significato. Leinterpretazioni devono essere autenticate in due o pi lingue, stabilendo che il testodel trattato fa fede a ciascuna delle lingue.

    11.7 Le cause di nullit

    Nel diritto internazionale tradizionale le cause di nullit dei trattati ricoprivano un ruolomarginale ed erano in sostanza esclusivamente a vantaggio dei paesi pi influenti. I

    casi di corruzione o di violenza per la firma di un trattato non erano causa di nullit. Sipoteva firmare un trattato per l'invasione di uno Stato e la sua spartizione. Le unichecause di nullit potevano consistere in: 1) violenza esercitata contro ilrappresentante dello Stato; 2) il dolo, ossia l'uso di mezzi fraudolenti per indurrel'altra parte a firmare l'accordo; 3) l'errore materiale. Con la Convenzione di Viennadel 1969 le cause di nullit sono state elencate, comprendendo ovviamente anchequelle sopracitate. Esse possono ricondursi a tre principali categorie che tengonoconto: 1) della competenza, secondo il diritto interno, dell'organo che stipula iltrattato; 2) della regolarit della formazione della volont vincolante altrattato; 3) della liceit dell'oggetto del trattato.

    11.7.1 La violazione delle norme interne sulla competenza astipulare

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    L'art. 46 par.1 della Convenzione di Vienna stabilisce che un trattato consideratonullo qualora si evidenza una "violazione manifesta di una norma di dirittointerno sulla competenza a stipulare. Il par.2 continua dicendo che unaviolazione manifesta quando essa obiettivamente evidente per qualsiasi Statoche si comporti secondo la pratica abituale in materia e in buona fede.

    11.7.2 L'irregolarit nella formazione della volont a stipulare iltrattato

    Gli art. 48, 49 e 51 della Convenzione di Vienna elencano tre ipotesi tradizionali dinullit dei trattati, i c.d. vizi della volont: errore, dolo e violenza. L'art. 50,invece, prevede l'ipotesi della corruzione. Quindi, un trattato che rientri in questi 4casi, anche se stipulato dall'organo competente, rester nullo. Per quanto riguarda ilcaso dell'errore, esso riguarda un fatto o una situazione che lo Stato (che chiede lanullit) supponeva esistente al momento della conclusione del trattato e che costituivabase essenziale al consenso dello Stato stesso, cio una falsa rappresentazione dellarealt. Nel caso del dolo, invece, esso non ha natura specifica, date le molte

    interpretazioni che la giurisprudenza attribuisce a tale espressione. La CID, infatti, havolutamente utilizzato il nome dolo per lasciare ampio margine di discrezione allagiurisprudenza successiva e alla prassi. Altra causa di nullit del trattato deriva dallacorruzione del rappresentante di uno Stato da parte di un altro Stato che hapartecipato ai negoziati. Ovviamente sono esclusi gesti di pura cortesia e minimifavori. Infine sono nulli i trattati conclusi grazie all'uso della violenza. Durante ildibattito sulla Convenzione di Vienna gli Stati di nuova indipendenza hanno voluto (adispetto degli Stati occidentali) sottolineare che il termine violenza poteva riferirsianche ad ambiti politici ed economici.

    11.7.3 L'illiceit del contenuto del trattato

    L'art. 53 della Convenzione di Vienna prevede la nullit di un trattat