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LEZIONE 1 LA COGNIZIONE SOCIALE In questa lezione affronteremo il tema della cognizione sociale. In particolar modo, analizzeremo: • la definizione; • le basi (approccio olistico e la concezione della persona come individuo attivo); • caratteristiche; • conoscenza della realtà sociale; • processi di conoscenza; • categorie e schemi. Che cos'è la "social cognition"? • È uno degli approcci più recenti della psicologia sociale. • La psicologia sociale sin dai suoi albori ha elaborato un approccio cognitivo in base al quale la persona viene considerata come un individuo attivo in grado di elaborare le informazioni provenienti dall'ambiente in modo da orientare il proprio comportamento. • Si interessa delle strutture e dei processi che permettono alla persona di accumulare conoscenza della loro realtà per trasformarla in maniera adattativa ai propri bisogni. Social cognition: un problema sociale • Si tratta di un'attività mista: in parte cognitiva e in parte sociale. • Infatti il pensiero di un oggetto non deriva solo da un'operazione mentale ma è influenzato anche da componenti sociali (comunicazione, socializzazione, ecc.). • Per questo è oggetto della psicologia sociale. • La comprensione della realtà infatti avviene nella vita sociale. Basi della social cognition - approccio olistico; - concezione della persona come individuo attivo. L'approccio olistico: la persona acquisisce conoscenza della realtà non per semplice registrazione dei dati attraverso i processi sensoriali, ma percependo immediatamente le connessioni tra i vari elementi dell'oggetto di conoscenza. • L'approccio olistico si contrappone a all'approccio elementaristico secondo il quale l'esperienza percettiva è il frutto dell'analkisi dei singoli elementi. • L'opera di Kurt Lewin (1936) rappresenta una pietra miliare per la psicologia sociale.

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LEZIONE 1 LA COGNIZIONE SOCIALE In questa lezione affronteremo il tema della cognizione sociale. In particolar modo, analizzeremo: • la definizione; • le basi (approccio olistico e la concezione della persona come individuo attivo); • caratteristiche; • conoscenza della realtà sociale; • processi di conoscenza; • categorie e schemi. Che cos'è la "social cognition"? • È uno degli approcci più recenti della psicologia sociale. • La psicologia sociale sin dai suoi albori ha elaborato un approccio cognitivo in base al quale la persona viene considerata come un individuo attivo in grado di elaborare le informazioni provenienti dall'ambiente in modo da orientare il proprio comportamento. • Si interessa delle strutture e dei processi che permettono alla persona di accumulare conoscenza della loro realtà per trasformarla in maniera adattativa ai propri bisogni. Social cognition: un problema sociale • Si tratta di un'attività mista: in parte cognitiva e in parte sociale. • Infatti il pensiero di un oggetto non deriva solo da un'operazione mentale ma è influenzato anche da componenti sociali (comunicazione, socializzazione, ecc.). • Per questo è oggetto della psicologia sociale. • La comprensione della realtà infatti avviene nella vita sociale. Basi della social cognition - approccio olistico; - concezione della persona come individuo attivo. L'approccio olistico: la persona acquisisce conoscenza della realtà non per semplice registrazione dei dati attraverso i processi sensoriali, ma percependo immediatamente le connessioni tra i vari elementi dell'oggetto di conoscenza. • L'approccio olistico si contrappone a all'approccio elementaristico secondo il quale l'esperienza percettiva è il frutto dell'analkisi dei singoli elementi. • L'opera di Kurt Lewin (1936) rappresenta una pietra miliare per la psicologia sociale. Egli considera il rapporto tra fattori cognitivi e fattori motivazionali come inestricabile nella spiegazione del comportamento sociale. La concezione della persona come individuo attivo (1) • Ricercatore di coerenza (anni '50/60): lo stato di incoerenza fra credenze o sentimenti è di per sé motivante al ripristino della coerenza tramite cambiamento dell'atteggiamento in questione. • Scienziato ingenuo (anni '70): come uno scienziato, l'individuo, dotato di capacità logico - razionali, raccoglie i dati necessari alla conoscenza di un certo oggetto e giunge a conclusioni logiche. La concezione della persona come individuo attivo (2) • Economizzatore di risorse cognitive (anni '80): Queste strategie di pensiero permettono loro di risparmiare tempo ed energie cognitive ma portano a distorsioni ed errori nel ragionamento e nel giudizio sociale. • Tattico motivato (anni '90) nei processi di elaborazione delle informazioni, le persone non tengono in considerazione tutti i fattori in gioco, ma utilizzano "scorciatoie di pensiero" (euristiche). Le caratteristiche della cognizione sociale La cognizione sociale si interessa delle strutture e dei processi che permettono alla persona di accumulare conoscenza della loro realtà per trasformarla in maniera adattativa ai propri bisogni.

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• Scopo della cognizione sociale: orientare l'azione che si definisce sociale quando il suo significato e orientamento prendono in considerazione altre persone. • Cognizione della psicologia sociale: comprensione dei processi cognitivi che affrontano oggetti di conoscenza di natura sociale. • Psicologia sociale della cognizione: comprensione degli effetti dello stare insieme ad altre persone sulla vita mentale. Come facciamo a conoscere la realtà sociale? L'accumulazione della conoscenza sulla realtà sociale deriva da due fonti di informazione: la realtà oggettivamente data che sta fuori di noi e il nostro modo di percepirla. La percezione umana non "riproduce" semplicemente la realtà esterna, ma la "ricostruisce" (Bartlett, 1932; Koffka, 1935) attraverso l'utilizzo di schemi. • Schemi: strutture cognitive che rappresentano un oggetto di conoscenza, includendo i suoi attributi e i loro legami. Influenzano la codifica delle informazioni nuove, il ricordo di informazioni già acquisite e le inferenze relative ai dati mancanti. • Categorie sociali: categorie usate per classificare la realtà sociale, hanno un'organizzazione gerarchica inclusiva dei livelli più specifici. I processi di conoscenza Secondo il modello di individuo come tattico motivato, le persone utilizzano due tipi di processi di conoscenza, a seconda degli scopi che perseguono: • Top-down: si basano su concetti, conoscenze e teorie già depositate nella memoria delle persone che permettono di trattare stimoli nuovi facendo riferimento a informazioni già possedute .Accorciano il lavoro cognitivo, ma possono indurre in errori e distorsioni dovuti all'influenza di conoscenze già possedute ed abitudini sull'interpretazione delle informazioni • Bottom-up: sono basati sui dati appena raccolti attraverso la percezione. Sono più accurati, ma dispendiosi sul piano temporale in quanto si centrano su ogni singolo elemento di informazione I processi cognitivi di tipo schematico • Si basano su una iniziale categorizzazione degli stimoli sociali in base ad alcune caratteristiche possedute. Poiché alcune caratteristiche degli oggetti di una categoria non sono chiaramente distinguibili da quelle di esemplari di altre categorie, sono possibili errori di classificazione • È difficile individuare criteri necessari e sufficienti che definiscono l'appartenenza di un oggetto ad una determinata categoria: alcuni esemplari sono più rappresentativi di altri degli attributi tipici della categoria (prototipi) • Le categorie sociali hanno un'organizzazione gerarchica inclusiva dei livelli più specifici; il livello di categorizzazione utilizzato dipende dalla situazione e dagli scopi degli individui Categoria sociale e schemi sociali Non è facili stabilire il confine, ma si può affermare che: • la ricerca sulla categorizzazione ha come focus la classificazione degli oggetti sociali; • la ricerca sugli schemi ha come focus il modo in cui si utilizza la conoscenza accumulata e depositata nella memoria. Esistono diversi tipi di schemi sociali a secondo del tipo di informazioni che contengono. Gli schemi sociali (1) • Schemi di persona: contengono le informazioni utilizzate per descrivere le persone in base a tratti di personalità o altre caratteristiche che le distinguono. Inducono aspettative che influenzano il ricordo di azioni e la comprensione di nuove informazioni. • Schemi di sé: contengono le informazioni relative a se stessi. La descrizione di sé è organizzata intorno ad alcuni tratti centrali; le informazioni relative a questi tratti sono elaborate più velocemente rispetto alle informazioni relative a dimensioni meno importanti o aschematiche. • Schemi di ruolo: definiscono le aspettative comportamentali in relazione alle posizioni che le persone occupano in una data realtà sociale: ruoli acquisiti: ottenuti tramite intenzione e impegno; ruoli ascritti: acquisiti per nascita o per via automatica.

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• Schemi di eventi: includono conoscenze relative alle sequenze di azioni appropriate in un determinato contesto, comprese le aspettative sul modo in cui si comporteranno gli altri.LE EURISTICHE (5) In questa lezione 2 approfondiremo il tema delle euristiche (sono strategie di pensiero semplificate). In particolar modo affronteremo le seguenti tipologie: • euristica della rappresentatività; • euristica della disponibilità; • euristica della simulazione. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Le euristiche Il ricorso alle euristiche è più probabile in situazioni in cui le persone devono impegnarsi nell'elaborazione di giudizi complessi in presenza di fattori che diminuiscono l'accuratezza dei processi cognitivi (ad esempio, stanchezza o mancanza di tempo). Vantaggio: guadagno di tempo. Svantaggio: giudizi poco accurati. Euristica della rappresentatività È utilizzata per stimare la probabilità che si verifichi un determinato evento. Il criterio utilizzato per decidere è quello della rilevanza o somiglianza, mentre viene trascurata la probabilità di base. Esempio: una persona è descritta come mite, timida, ritirata. Qual è la sua professione: bibliotecario, trapezista, bagnino ... ? La risposta più probabile sarà bibliotecario, in quanto le caratteristiche di personalità di questa persona rappresentano gli attributi di un bibliotecario. ESERCITAZIONE -1 Euristica della rappresentatività (valida come approfondimento da portare alt'esame) Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello delle euristiche. Vi propongo ora 2 esercitazioni riguardanti in modo specifico, l'euristica della rappresentatività. Leggete il brano nella slide successiva e, in base alle nozioni acquisite, provate a formulare, le vostre ipotesi. In fondo alla stessa slide, troverete la soluzione per verificare la vostra risposta. Stefano è una persona timida e ponderata; di solito è disposto ad aiutare gli altri, ma mostra poco interesse nelle persone e nelle cose quotidiane. È una persona mite e ordinata, mostra il bisogno di dare ordine e chiarezza alle proprie esperienze e una passione particolare per i dettagli". Si consideri le seguenti professioni: contadino, commerciante, pilota di linea, bibliotecario, chirurgo. Quali delle seguenti professioni è più probabile che sia quella di Stefano? RISPOSTA Le persone tendono a giudicare più probabile che Stefano come un bibliotecario, nonostante il fatto che, ad esempio, la percentuale di operai siamo molto più alta di quella dei bibliotecari. ESERCITAZIONE - 2 Euristica della rappresentatività (valida come approfondimento da portare alt'esame) Immaginate di essere un giocatore d'azzardo in procinto di fare una scommessa a testa o croce. Il croupier lancia una moneta per 10 volte e 10 volte si presenta "testa". Ora sta a voi scommettere, scommetterete su "testa" o su "croce"? RISPOSTA Le persone tendono a scommettere su croce, nonostante al lancio successivo la probabilità che esca testa e la probabilità che esca croce sia esattamente identica. LEZIONE 2 LE EURISTICHE (7) Euristica della disponibilità È utilizzata per valutare la frequenza o probabilità di un determinato evento. La stima di frequenza di un evento può essere influenzata da tendenze sistematiche utilizzate nella ricerca di informazioni o dalla particolare "irnrnaginabilità" di un particolare evento. Esempio: le persone valutano come cause di morte più frequenti eventi drammatici o accidentali come omicidi o atti terroristici rispetto a malattie cardiocircolatorie (Slovic, Fischoff e Lichtenstein, 1976). ESERCITAZIONE - 3 Euristica della disponibilità (valida come approfondimento da portare alt'esame) Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello delle euristiche. Vi propongo ora 2 esercitazioni riguardanti in modo specifico, l'euristica della disponibilità. Leggete il brano nella slide successiva e, in base alle nozione acquisite, provate a formulare, le vostre ipotesi. In fondo alla stessa slide, troverete la soluzione per verificare la vostra risposta.C Linda ha 32 anni ed è una ragazza single e indipendente. Ha una laurea in filosofia

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e ha svolto una tesi in filosofia politica. È molto sensibile ai temi della giustizia sociale e ha partecipato a manifestazioni contro il nucleare. Quale delle due opzioni è più probabile: • Linda è un'impiegata di banca; • Linda è un'impiegata di banca ed è attiva nel movimento per le pari opportunità tra i sessi. RISPOSTA Nel 90% dei casi le persone tendono a indicare la seconda opzione violando così una delle regole fondamentali del calcolo probabilistico: co-occorenza tra due eventi non può essere più probabile di ciascuno dei due eventi presi singolarmente. ESERCITAZIONE 4 Euristica della disponibilità (valida come approfondimento da portare alt'esame) È più probabile che la lettera IIR" compaia nella prima posizione o nella terza posizione nelle parole del vocabolario inglese? Le persone tendono a indicare come maggiormente probabile che la lettera IIR" compaia nella prima posizione, anche se in realtà non è così. La frequenza della terza posizione è significativamente superiore rispetto alla posizione iniziale, ma la facilità con cui si ricordano parole che iniziano per IIR" è superiore rispetto a quella con cui si ricordano parole che hanno la IIR" alla terza lettera. LEZIONE 2 LE EURISTICHE (8) Euristica della simulazione È utilizzata per immaginare scenari ipotetici relativi a come potrebbero evolversi o avrebbero potuto evolversi certi eventi. La simulazione mentale di come certi eventi avrebbero potuto svolgersi nel passato, o pensiero controfattuale (lise non fosse successo così..."), ha importanti implicazioni per il giudizio sociale e le reazioni emotive ad eventi drammatici. Euristica della simulazione (valida come approfondimento da portare alt'esame) Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello delle euristiche. Vi propongo ora 2 esercitazioni riguardanti in modo specifico, l'euristica della simulazione. ESERCITAZIONE 5 Leggete il brano sottostante e, in base alle nozione acquisite, provate a formulare, le vostre ipotesi. In fondo alla seconda slide, troverete la soluzione per verificare la vostra risposta. Il Sig. Jones ha 47 anni ed è un affermato funzionario di banca con tre figli. Sua moglie è ammalata da diversi mesi e deve stare a casa. Un giorno il Sig. Jones uscì dall'ufficio all'orario consueto. Qualche volta usciva prima per fare le compere per sua moglie, ma quel giorno non era necessario. Il tempo era eccezionalmente bello e così il Sig. Jones non percorse con l'auto la solita strada. Disse ai suoi colleghi che avrebbe preso la strada panoramica, lungo il mare, per godersi la vista. L'incidente avvenne all'incrocio. Quando arrivò a metà della panoramica, all'incrocio principale, si accorse che il semaforo stava passando dal verde al giallo. Molto prudente nella guida, il Sig. Jones frenò, anche se in realtà avrebbe potuto benissimo fare in tempo. Non riuscì però a fermarsi e passò l'incrocio quando ormai il semaforo era appena passato sul rosso. Nel momento in cui passava arrivò un camioncino che travolse la sua macchina. Il Sig. Jones morì sul colpo. Più tardi si seppe che il camioncino era guidato da un ragazzo che era sotto l'influenza della droga. Come capita usualmente in queste circostanze, i familiari di Jones e i loro amici spesso pensavano e dicevano, "Se solo ... ", durante i giorni che seguirono l'incidente. Considerando le variabili "percorso", "tempo", "incrocio" e "ragazzo", qual è quella che più probabilmente ha causato l'incidente? RISPOSTA Le persone tendono a indicare come causa più probabile dell'incidente il "percorso", poi I"/incrocio", poi illiragazzo" e infine illitempo", poiché viene considerato come causa il comportamento che sembra più facile da evocare. ESERCITAZIONE 6 Euristica della simulazione (valida come approfondimento da portare alt'esame) Mr X e Mr Y dovevano prendere aerei differenti previsti per il medesimo orario. A causa dell'intenso traffico di New York arrivano 30 minuti in ritardo rispetto all'orario di partenza: • a Mr X venne comunicato che il suo aereo era partito in orario; • a Mr Y venne comunicato che il suo aereo era partito con 25 minuti di ritardo. Chi è più triste? (Mr X, Mr Y o entrambi allo stesso modo?) RISPOSTA Le persone tendono a indicare entrambi tristi alla stessa maniera poiché non sono riusciti a prendere l'aereo. In realtà Mr Y sarà più triste poiché si è avvicinato molto di più all'orario esatto di partenza dell'aereo

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LA SPIEGAZIONE DELLA REALTÀ SOCIALE (9) INTRODUZIONE ALLE LEZIONE 3 In questa lezione 3 affronteremo: • il tema dell'ancoraggio e accomodamento (come ultima modalità di emettere giudizi con poche o non coerenti informazioni); • la spiegazione della realtà sociale: nella vita quotidiana ci sono eventi che richiedono una spiegazione: gli individui infatti necessitano di interpretarli e spiegarli, in modo da poter scegliere i comportamenti più idonei alle situazioni Verranno presi in considerazione diversi studi, tra cui: • la teoria di Heider; • la teoria dell'inferenza corrispondente di Jones e Davis; • il modello di covariazione di Kelley; • le tendenze sistematiche, le distorsioni che entrano in gioco nei processi di attribuzione causale: • self serving bias; • errore fondamentale di attribuzione; • discrepanza attore-osservatore. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Ancoraggio e accomodamento In situazioni di incertezza, per emettere un giudizio le persone tendono ad ancorarsi a una conoscenza nota ed accomodarla sulla base di informazioni pertinenti: I propri tratti, le proprie credenze ed i propri comportamenti rappresentano spesso punti di ancoraggio per il giudizio sociale. Esempio: nella previsione di risultati elettorali, le persone tendono ad esagerare la numerosità dei voti ottenuti dal partito da loro sostenuto (Palmonari, Arcuri e Girotto, 1994). ESERCITAZIONE 7 Ancoraggio e accomodamento (valida come approfondimento da portare alt'esame) Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello delle euristiche. Vi propongo ora 2 esercitazioni riguardanti in modo specifico, ancoraggio e accomodamento. Leggete il brano nella slide successiva e, in base alle nozione acquisite, provate a formulare, le vostre ipotesi. In fondo alla stessa slide, troverete la soluzione per verificare la vostra risposta. Ancoraggio e accomodamento Quale, tra i due prodotti seguenti, da un risultato maggiore? A)8x7x6x5x4x3x2xl B) lx2x3x4x5x6x7x8 RISPOSTA Le persone tendono a indicare come prodotto che dà risultato maggiore il primo, poiché rimangono ancorati al numero iniziale che essendo maggiore fa pensare a un risultato maggiore. ESERCITAZIONE 8 Ancoraggio e accomodamento (valida come approfondimento da portare alt'esame) La percentuale dei paesi africani all'ONU è superiore o inferiore al 65%? E qual è la percentuale corretta? RISPOSTA Le persone tendono a indicare delle percentuali vicine alla percentuale indicata nella domanda, poiché le percentuali funzionano come ancore. L'esperienza personale come base per l'ancoraggio Ecco l'abstract con un esempio del funzionamento. McCauley C. , Durham M., Copley J. and Johnson J. (1985), Patients' perceptions of treatment for kidney failure: The impact of personal experience on population predictions Journal of Experimental Social Psychology, Volume 21, Issue 2, Pages 138-148 Abstract Estimates of the probability of various outcomes associated with treatment for kidney failure were made by chronic dialysis patients, dialysis patients awaiting transplant, successful transplant patients, and unsuccessful transplant patients back on dialysis. The latter two groups can be considered a natura I experiment testing the impact of personal experience on population predictions. Consistent with the law of small numbers and the availability heuristic, successful transplant patients gave higher estimates of the population success rate for transplantation than unsuccessful transplant patients gave. Fritz Heider Ha influenzato i modelli teorici dell'attribuzione casuale. Secondo l'autore la psicologia del senso comune, ossia quelle interpretazioni che le persone utilizzano nella vita quotidiana è altamente informativa di come funzionano le inferenze causali. Secondo Heider le persone sentono il bisogno di anticipare che cosa succederà a sé stessi e a coloro che li circondano e lo strumento più pertinente per fare questo è comprendere le cause del comportamento sociale. Locus o origine della causalità: la causa di un comportamento può risiedere in fattori interni o personali (motivazioni, abilità) o in fattori esterni o situaziona li. Teoria dell'inferenza corrispondente - Jones e Davis (1965) Lo scopo dell'attribuzione di causa è compiere inferenze corrispondenti, ossia giungere alla conclusione che il comportamento di una

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persona riflette disposizioni interne o qualità stabili. Le inferenze si basano su fattori quali: • analisi degli effetti non comuni: il confronto fra il comportamento scelto e le opzioni possibili è informativo su qualità della persona; • desiderabilità sociale: minore la desiderabilità sociale di un comportamento, più questo è attribuito a disposizioni interne; • libera scelta: i comportamenti messi in atto liberamente sono più informativi rispetto a comportamenti messi in atto per costrizione; • aspettative comportamentali legate ai ruoli il comportamento è maggiormente informativo se non deriva da norme legate ai ruoli. LEZIONE 3 LA SPIEGAZIONE DELLA REALTÀ SOCIALE (12) Il modello di covariazione di Kelley (1) Per giungere a un giudizio causale le persone valutano le informazioni riguardanti la covariazione di tre elementi informativi: • Distintività: l'effetto si produce solo quando l'entità è presente? • coerenza temporale e nelle modalità: l'effetto si manifesta tutte le volte in cui l'entità è presente allo stesso modo? • Consenso tutte le persone presenti percepiscono l'effetto come dovuto alla presenza dell'entità? Il risultato di tale processo è un'attribuzione causale disposizionale se l'effetto presenta alta distintività, alta coerenza e alto consenso. Il modello di covariazione di Kelley (2) I tre fattori non hanno uguale valore predittivo: le informazioni riguardanti la coerenza nel tempo sono le più importanti. Esempio: perché non capisco la lezione del docente X? • distintività: il fatto di non capire la lezione è legato al docente X? O si verifica anche con altri docenti? • coerenza temporale e nelle modalità: il fatto di non capire la lezione del docente X è limitato a questa mattina? O è sempre così? • consenso: anche gli altri studenti non capiscono la lezione del docente X? In presenza di alta distintività, alta coerenza ed alto consenso, l'attribuzione causale risulta tutta a carico dell'entità in questione, ossia del docente X. Tendenze sistematiche nei processi di attribuzione: Self-serving bias Tendenza ad attribuire i propri successi a cause interne e gli insuccessi a cause esterne. Possibili spiegazioni alla base dei self-serving bias: • Spiegazione cognitiva in genere le persone hanno più esperienze di successi che di insuccessi, e fanno ricorso a questa conoscenza personale nella formulazione di giudizi di causalità rispetto ai propri risultati. • Spiegazione motivazionale indipendentemente dalle esperienze reali di successi ed insuccessi, le persone sono motivate a valorizzarsi e a considerare se stesse positivamente. Errore fondamentale di attribuzione • la tendenza a sovrasti mare il peso dei fattori disposizionali • rispetto a quelli situazionali (Heider 1958; Jones e Harris 1967; Ross 1977), cioè a minimizzare le circostanze esterne. Due interpretazioni: • secondo Heider (1958) e Taylor e Fiske (1975) le cause vengono attribuite a fattori salienti dal punto di vista percettivo: poiché l'individuo è l'attore mentre la situazione LEZIONE 4 GLI ATTEGGIAMENTI (13) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 4 In questa lezione 4 prenderemo in considerazione gli atteggiamenti. In particolar modo affronteremo i seguenti temi: • l'aspetto valutativo del mondo sociale; • il rapporto tra atteggiamenti e valori sociali; • la misurazione; • il problema della definizione degli atteggiamenti con particolare riferimento alla definizione di Allport); • la concezione tripartita degli atteggiamenti; • l'atteggiamento come struttura cognitiva. • Gli atteggiamenti • • Il modo in cui noi cogliamo le cose, le persone, gli eventi è in primo luogo valutativo: le rappresentazioni del mondo sociale sono costituite dall'orientamento positivo o negativo che assumiamo nel corso dell'esperienza. • Il costrutto di atteggiamento è quello che gli psicologi sociali hanno principalmente utilizzato per studiare questo sguardo valutativo sul mondo da parte dell'attore sociale. • Il termine atteggiamento è stato usato per la prima volta da Thomas e Znaniek (1918) nel corso di una ricerca sui contadini polacchi emigrati negli Stati Uniti e in Europa. Atteggiamenti e valori sociali Il rapporto di dipendenza reciproca tra cultura e individui emerge se si studiano gli individui attraverso: • atteggiamenti: processi di conoscenza sociale che determinano l'azione (es. la fame porta alla ricerca di cibo); • valori sociali: ogni oggetto che ha significato in connessione con determinate azioni dell'individuo (es. una moneta). Rileggendo oggi questa definizione

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possiamo dire che è una definizione aspecifica: non ci dice molto sapere che gli atteggiamenti sono processi di coscienza individuale. Gli autori fanno in oltre riferimento a uno stato motivazionale che causa il comportamento ed è una posizione molto innovativa per l'epoca. Le scale per la misurazione degli atteggiamenti A partire dagli anni '20 si profila l'idea che il costrutto di atteggiamento potesse essere considerato come antecedente dei comportamenti e quindi utile al fine di spiegare il comportamento umano in termini scientifici. Viene ipotizzata una relazione causale tra atteggiamenti e comportamenti e ne deriva la costruzione di numerose scale per la misurazione degli atteggia menti. Thurstone è il primo che propone una procedura che consente di tradurre un costrutto non osservabile dall'esterno in qualcosa di quantificabile. Il problema della definizione degli atteggiamenti Le possibilità che si aprono agli scienziati sociali grazie a queste procedure appaiono entusiasmanti; purtroppo però si devono scontrare con le difficoltà di definizione dell'oggetto che ci si propone di misurare. In psicologia sociale si stavano moltiplicando a dismisura le definizioni di atteggiamento e questo determinò una sorta di scetticismo negli studiosi circa l'utilità di investire tanti sforzi intellettuali nello studio di un concetto che non garantiva di possedere un reale potenziale euristico e rallentò la produzione di risultati empirici in quest'area. La definizione di Allport Gli studiosi della social cognition concepiscono l'atteggiamento come una struttura cogn itiva. Una delle prime definizioni di atteggiamento è stata data da Allport (1935): listato mentale neurologico di prontezza, organizzata attraverso l'esperienza, che esercita un'influenza direttiva o dinamica sulla risposta dell'individuo nei confronti di ogni oggetto o situazione con cui entra in co ntatto". Si tratta di una definizione piuttosto generica che può corrispondere a molteplici stati, ma bisogna considerare il fatto che mette in evidenza che si tratta di uno stato non direttamente osservabile, ma da inferire sulla base della risposta individuale che esso influenza: è una variabile che interviene fra lo stimolo e la risposta. Il modello tripartito - Rosenberg e Hovland (1960) Rosemberg e Hovland (1960) hanno elaborato il modello tripartito. Si sostiene che gli atteggiamenti sono un costrutto psicologico costituito da 3 componenti di natura diversa: • componente cognitiva: informazioni e credenze verso un oggetto; • componente affettiva: reazione emotiva verso l'oggetto; • componente comportamentale: azioni di avvicinamento o allontanamento dall'oggetto. • Come funziona il modello tripartito? • Componente cognitiva: per studiare gli atteggiamenti nei confronti dei centri commerciali occorre riuscire a cogliere le caratteristiche che le persone associano a questo genere di distribuzione (sono forniti, sono convenienti, sono affollati, sono lontani dai centri urbani) . • • Componente affettiva: la valutazione che esse attribuiscono a queste caratteristiche e la risposta emotiva che ne deriva (fastidio, entusiasmo, noia ... ). • Risposta comportamentale: l'intenzione comportamentale e l'azione (assiduità nella frequenza, adesione a campagne di fidelizzazione, proporzione di acquisti in centri commerciali sul totale degli acquisti). L'atteggiamento come struttura cognitiva Più di recente nell'ottica della social cognition si tende a considerare l'atteggiamento come una struttura cognitiva costituita dall'associazione in memoria tra la rappresentazione dell'oggetto e la sua valutazione (Fazio,1986). In quanti struttura cognitiva è caratterizzata da: • disponibilità: la persona ha effettivamente immagazzinato nella memoria a lungo termine un'associazione fra la rappresentazione dell'oggetto e al sua valutazione; • accessibilità: quanto tempo e sforzo richiede il recupero di questa struttura. L'atteggiamento verso Internet (esempio) Per esemplificare il funzionamento dell'atteggiamento come struttura cognitiva, si può utilizzare l'esempio dell'atteggiamento verso Internet. Se una persona nel corso dell'esperienza ha acquisito qualche forma di rappresentazione dell'oggetto Internet e ne ha formulato una qualche valutazione si può dire che l'atteggiamento è disponibile. Se l'associazione fra la rappresentazione dell'oggetto e l'aspetto valutativo è forte si può dire che

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l'atteggiamento è altamente accessibile: in questo caso quando la persona si troverà a leggere o parlare di Internet riuscirà ad attivare rapidamente nella memoria anche la propria valutazione. L'atteggiamento verso Internet (esempio) Per esemplificare il funzionamento dell'atteggiamento come struttura cognitiva, si può utilizzare l'esempio dell'atteggiamento verso Internet. Se una persona nel corso dell'esperienza ha acquisito qualche forma di rappresentazione dell'oggetto Internet e ne ha formulato una qualche valutazione si può dire che l'atteggiamento è disponibile. Se l'associazione fra la rappresentazione dell'oggetto e l'aspetto valutativo è forte si può dire che l'atteggiamento è altamente accessibile: in questo caso quando la persona si troverà a leggere o parlare di Internet riuscirà ad attivare rapidamente nella memoria anche la propria valutazione. LEZIONE 4 GLI ATTEGGIAMENTI (16) La forza dell'associazione Il punto innovativo della concezione dell'atteggiamento come struttura cognitiva sta nel fatto che introduce un ulteriore parametro che caratterizza gli atteggiamenti: il concetto di forza dell'associazione tra oggetto e valutazione, misurato attraverso il tempo di latenza. La forza dell'associazione va tenuta in considerazione nell'obiettivo di individuare le relazioni con altri costrutti o con il comportamento. Due persone possono manifestare lo stesso orientamento nei confronti dell'oggetto di atteggiamento, ma un diverso grado di sicurezza circa tale orientamento. Il grado di sicurezza Il grado di sicurezza ha a che fare con la diversa forza di associazione fra oggetto e valutazione. Esempio: un'attivista di una associazione ambientalista e una persona con una media consapevolezza circa i problemi causati all'ambiente dall'inquinamento. Entrambe possono dichiararsi molto favorevoli alla raccolta differenziata ma per il primo sarà più facile recuperare questa valutazione dalla propria memoria che per il secondo. Il tempo di latenza È possibile ottenere un indicatore quantitativo di tale forza se si rileva il tempo che occorre all'individuo per formulare la sua valutazione: • quando il legame è particolarmente forte, la semplice presenza dell'oggetto attiverà in modo automatico l'intera struttura cognitiva; • quando il legame è debole, all'esposizione dell'oggetto, l'individuo deve far seguire una certa elaborazione consapevole per arrivare a esprimere una valutazioneLEZIONE 5 COME SI FORMANO GLI ATTEGGIAMENTI (17) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 5 In questa lezione 5 approfondiremo il tema degli atteggiamenti, focalizzandoci su 2 importanti temi: • la formazione evidenziando le tre principali modalità; • la misurazione (in particolare l'applicazione delle scale Likert e del differenziale semantico). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Come si formano gli atteggiamenti La forza dell'associazione fra i nodi che compongono la struttura dell'atteggiamento è strettamente connessa con il modo in cui si formano gli atteggiamenti oltre che con le esperienze ripetute con l'oggetto di atteggiamento. Esperienza diretta: forte associazione in memoria tra la rappresentazione dell'oggetto e la sua valutazione. Il ripetersi dell'esposizione rende l'associazione automatica (memory based). Sarà facile richiamare alla memoria ogni volta che l'individuo si trova confrontato all'oggetto in questione, la sua valutazione. Esempio: ricordo la prima volta che ho assaggiato le lumache anni fa e non mi erano piaciute, né come consistenza né come sapore. Osservazione dell'esperienza altrui: l'associazione tra la rappresentazione dell'oggetto e la sua valutazione è meno forte. Esempio: ricordo la prima volta che al ristorante francese la mia amica si lasciò convincere dal cameriere a provare quel piatto di lumache e dopo aver assaggiato la prima fece una smorfia di disgusto. Comunicazione: associazione tra rappresentazione e oggetto molto debole, difficile recupero dalla memoria (atteggiamento formulato on-line). In questo caso può risultare più difficoltoso recuperare alla memoria la valutazione quando ci si trovi di fronte all'oggetto. In questo caso il legame oggetto-valutazione è da rielaborare sulla base delle informazioni disponibili nel contesto. Per questa ragione gli atteggiamenti così formati sono anche meno resistenti al cambiamento. Esempio: ricordo che una volta mia madre andò a una cena a base di lumache e mi raccontò

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che il giorno dopo aveva provato la nausea solo alla vista di una lumaca nel cortile di casa. LEZIONE 5 COME SI FORMANO GLI ATTEGGIAMENTI (18) Come si misurano gli atteggiamenti A partire dagli anni '20 alcuni studiosi si dedicarono alla messa a punto di metodi per la misurazione degli atteggiamenti: scale che permettevano di attribuire un punteggio alle posizioni espresse dagli individui intervistati e le rendesse confrontabili. Bisognava partire dall'evidenza del fatto che gli atteggiamenti non si osservano essi sono inferibili da alcuni indicatori quali le risposte manifeste delle persone o i loro comportamenti. La natura e l'intensità delle credenze e delle opinioni così come la frequenza di determinati comportamenti permettono di risalire alla posizione che l'individuo occupa nella dimensione valutativa di un dato oggetto e costituiscono quindi il fulcro degli item che vengono inclusi nelle scale. La scala Likert (1932) Likert propose di ottenere un punteggio di atteggiamento attraverso una scala di relativamente semplice costruzione: si tratta di generare un certo numero di item che coprano gli aspetti rilevanti dell'area semantica relativa all'oggetto che si intende studiare. Sono per lo più affermazioni favorevoli o sfavorevoli che traducono credenze, reazioni emotive o comportamenti in relazione all'oggetto. Ciascuna affermazione è seguita da un formato di risposta a scelta multipla tra le opzioni: fortemente d'accordo, d'accordo, né d'accordo né in disaccordo, in disaccordo, fortemente in disaccordo. Le risposte previste per ciascun item sono in un ordine definito e quindi può essere loro attribuito un codice numerico. Esempio: La mia famiglia dovrebbe eliminare la carne dalla dieta. Totale disaccordo 1 2 3 4 5 6 7 Pieno accordo Differenziale semantico È costituito da un insieme di coppie di aggettivi bipolari separati da 7 spazi che rappresentano una gradazione dall'uno all'altro. L'oggetto di atteggiamento viene posto all'inizio della pagina del questionario in cui il differenziale è contenuto e l'intervistato deve scegliere in riferimento ad esso lo spazio fra ciascuna coppia di aggettivi che meglio rappresenta la propria valutazione dell'oggetto in questione. Esempio: Come giudica il conformismo? Buono Cattivo Bello Brutto Tecniche indirette Le scale per la misurazione degli atteggiamenti possono essere considerate tecniche che mirano a quantificare in modo diretto la valutazione soggettiva dell'oggetto: il soggetto in prima persona riporta il proprio punto di vista come risposta a una serie di domande. Si incorre il rischio di raccogliere dati che riproducono più un'immagine di desiderabilità sociale che di realtà del fenomeno studiato. Per queste ragioni a volte gli studiosi impiegano tecniche meno dirette di misurazione. • Risposta elettrogalvanica della pelle (capacità della pelle di condurre elettricità: la variazione di tale risposta indica uno stato di attivazione emotiva che si ha quando il soggetto è posto di fronte ad un oggetto di particolare rilevanza). • Attività dei muscoli del viso (questo genere di misure ovviano al problema della distorsione delle risposte sulla base della loro desiderabilità sociale ma rimangono allo stato attuale intrusive ed elaborate). LEZIONE 5 COME SI FORMANO GLI ATTEGGIAMENTI (19) ESERCITAZIONE 9 (valida come approfondimento da portare alt'esame) Locus of control Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello delle scale Likert. Vi propongo ora due esercitazioni riguardanti questo tema. Si tratta di domande riguardante 2 temi specifici (Iocus of control e fiducia nell'agire), leggete le domande poste e rispondete in modo immediato e spontaneo, calcolate il vostro punteggio e potrete trovare la spiegazione psicologica data al vostro punteggio. Locus of control: percezione di riuscire o meno a controllare in modo significativo il proprio destino. Le persone tendono ad attribuire le probabilità di successo a fattori interni (Iocus of control interno) e di insuccesso a fattori esterni (Iocus of control esterno). Le domande con (R) il punteggio va calcolato all'opposto: esempio, ove si risponde con 1, bisogna calcolare 7. 1) Quando mi capita qualcosa in genere attribuisco la colpa a me stesso, perchè in genere è colpa mia. Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 2) Molti degli eventi infelici nella vita delle persone sono dovuti a cattiva sorte (R) Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 3) Diventare una persona di successo è una questione di duro lavoro, la fortuna ha poco o nulla a che fare con

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esso. Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 4) Quando faccio piani, sono quasi certo di farli funzionare. Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 5) Purtroppo, il valore di un individuo passa spesso sotto silenzio, non importa quanto duramente si lavori (R). Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo RISPOSTA 5-19 (punteggio basso): locus of control esterno 21-35 (punteggio alto): locus of control interno LEZIONE 5 COME SI FORMANO GLI ATTEGGIAMENTI (20) ESERCITAZIONE 2(valida come approfondimento da portare all'esame) Fiducia nell'agire Capacità di mantenere o meno un sentimento positivo di sé nelle difficoltà o nelle situazioni impreviste. Le domande con (R) il punteggio va calcolato all'opposto: esempio, ove si risponde con 1, bisogna calcolare 7. 1) Con ciò che faccio ottengo sempre la stima degli altri. Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 2) Ho molte buone qualità. Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 3) Non riesco sempre ad esprimere liberamente le mie opinioni. (R) Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 4) Credo di aver realizzato diverse cose fino ad oggi. Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo 5) Mi scoraggio spesso di fronte alle critiche altrui. (R) Per niente d'accordo 1 2 3 4 5 6 7 Molto d'accordo RISPOSTA 5-19 (punteggio basso): bassa fiducia nell'agire 21-35 (punteggio alto): alta fiducia nell'agire LEZIONE 6 COMPORTAMENTI E ATTEGGIAMENTI (21) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 6 In questa lezione 6 prenderemo in considerazione altri temi legati agli atteggiamenti: • previsione del comportamento a partire dall'atteggiamento (teoria dell'azione ragionata di Fishben e Ajzen, 1975); • cambiamento degli atteggiamenti (focus dissonanza cognitiva); • fattori che influenzano l'efficacia persuasiva di una comunicazione (scuola di Yale con metodo sperimentale e modello di probabilità di elaborazione di Petty e Cacioppo). La teoria dell'azione ragionata - Fishben e Ajzen, 1975 Formularono una proposta concettuale che si proponeva di integrare il costrutto di un atteggiamento come fattore causale del comportamento con altri fattori cruciali in un'ottica che consentiva di non mettere in discussione la razionalità sostanziale dell'agire umano. Gli autori sostengono che i comportamenti sono in primo luogo frutto dell'intenzione di metterli in atto. L'intenzione è il prodotto a sua volta delle credenze che l'individuo ha circa le conseguenze di quel comportamento, associate alla valutazione che dà di queste conseguenze. Questo è per Fishben e Ajzen un atteggiamento specifico, non generico. Il rapporto tra atteggiamento e comportamento Nella determinazione dell'intenzione i due autori includono anche il ruolo dell'ambiente sociale che fornisce norme condivise sui comportamenti adeguati in determinate situazioni. Le credenze circa le norme sociali unitamente alla motivazione individuale ad aderire a tali aspettative dei gruppi di riferimento costituiscono il secondo insieme di fattori casuali del comportamento. Schema del rapporto fra atteggiamento e comportamento (nella slide successiva) . Credenze circa le Atteggiamento f---- (val utazione conseguenze com portamento) Percezione delle Credenze circa le f-----. aspettative degli norme sociali altri significati I Intenzione ~ fomportament9 _j LEZIONE 6 COMPORTAMENTI E ATTEGGIAMENTI (22) Il cambiamento degli atteggiamenti Nonostante la tendenza al conservatorismo cognitivo che porta spesso l'individuo a porre una maggiore attenzione alle informazioni coerenti con le sue credenze e valutazioni gli atteggiamenti possono subire cambiamenti nel corso del tempo attraverso. • Mera esposizione: l'esposizione ripetuta può essere sufficiente a modificare l'atteggiamento relativo. • Dissonanza cognitiva: l'individuo ha la necessità di mantenere la coerenza fra le cognizioni che possiede (opinioni, credenze su sé stessi, proprio comportamento e ambiente) quando queste siano in una relazione di attinenza reciproca. Definizione: È un modello introdotto dallo psicologo Leon Festinger nel 1957. Questo modello parte dal presupposto che l'individuo nella vita sociale tende a mantenere armonia e coerenze nella realtà sociale che lo circonda cioè mira alla coerenza con se stesso a livello di comportamenti, conoscenze e opinioni (cognizioni). La relazione entro una coppia di cognizioni può essere di consonanza

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o di dissonanza. Se esiste una relazione di dissonanza tra due cognizioni questa genera un'attivazione emotiva (arousal) di disagio che spinge il soggetto a ristabilire la coerenza modificando l'elemento meno resistente al sistema. Definizione dissonanza cognitiva: Quando in un individuo entrano in conflitto due credenze o due atteggiamenti appartenenti all'individuo stesso, l'individuo prova uno stato spiacevole e fastidioso per il suo equilibrio che l'individuo cerca di far cessare eliminando le cause del conflitto che l'hanna determinata. Egli può far ricorso a tre modalità diverse: 1) l'individuo può modificare uno degli elementi del conflitto 2) può decidere di aggiungere nuovi elementi che siano consonanti con alcuni dei precedenti, in modo da modificare il rapporto con gli elementi dissonanti; 3) può provare a cambiare il valore e l'importanza dei dati disponibili. (tratto da Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano, 2006. Voce redatta da Francesca Romana Puggelli) LEZIONE 6 COMPORTAMENTI E ATTEGGIAMENTI (23) La riduzione della dissonanza cognitiva (1) Modificare uno degli elementi del conflitto che è l'elemento dissonante meno resistente al cambiamento. Esempio: se una persona viene indotta a mettere in atto un comportamento che non corrisponde al proprio atteggiamento relativo sperimenta uno stato di dissonanza in grado di motivare il cambiamento dell'elemento meno resistente. La riduzione della dissonanza cognitiva (2) Decidere di aggiungere nuovi elementi che siano consonanti con alcuni dei precedenti, in modo da modificare il rapporto con gli elementi dissonanti .Esempio: se una persona riscontra che il numero degli elementi non congruenti sia troppo alto può decidere di non vedere o di non ascoltare un programma televisivo, non viene alterata così la memorizzazione e la rievocazione di quegli elementi. La riduzione della dissonanza cognitiva (3) Provare a cambiare il valore e l'importanza dei dati disponibili. Esempio: se una persona disprezza chi ruba, e sta per comprare una autoradio (presumibilmente rubata), può decidere, nei termini della risoluzione della dissonanza, di non comprare più l'autoradio o di cambiare la propria opinione su chi ruba, giustificandolo come uno stato di bisogno. Esempio: credo che mettere il casco in moto possa salvarmi la vita in caso di incidenti e a volte non lo metto. Possiamo scomporre l'esempio in un elemento esterno all'individuo (la potenzialità preventiva del casco) difficilmente modifica bile da questo, un elemento interno non osservabile ( la credenza relativa alle potenzialità di prevenzione dell'uso del casco) e un elemento sotto il controllio dell'individuo ma osservabile dall'esterno (il comportamento: uso/non uso il casco). L'individuo può allora cambiare il suo comportamento cominciando a utilizzare sempre il casco oppure modificare la credenza relativa alla sua potenzialità preventiva attraverso l'esposizione selettiva alle informazioni. In questo caso egli farà particolare attenzione a ricordare quelle informazioni che mettono in dubbio l'efficacia del casco nel prevenire gravi conseguenze in caso di incidenti. LEZIONE 6 COMPORTAMENTI E ATTEGGIAMENTI (24) Fattori che influenzano l'efficacia persuasiva di una comunicazione I cambiamenti di atteggiamento che avvengono a fonte di una pressione esercitata sull'individuo dall'esterno hanno ricevuto grande attenzione da parte degli psicologi sociali. Scuola di Yale (1942): studio sulle campagne persuasive utilizzate per ottenere il consenso dei cittadini alla partecipazione degli USA alla guerra. Il metodo sperimentale In questa occasione è stato applicato per la prima volta il metodo sperimentale allo studio dei cambiamenti di atteggiamento. Il programma in questione si sviluppò per una ventina d'anni e portò un ricco patrimonio di evidenze empiriche circa quali caratteristiche della fonte del messaggio e del ricevente esercitino un ruolo nel rendere più o meno probabile l'accetttazione di un aposizione presentata attraverso una comunicazione persuasiva. L'evoluzione della ricerca Anni '80: elaborazione di due modelli a due percorsi che si ponevano lo scopo di colmare le lacune degli studi precedenti: il cambiamento di atteggiamenti come esito di due processi di diversa natura. • Modello della probabilità di elaborazione (Petty e Cacioppo, 1981) • Modello euristico-sistematico

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(Chaiken 1980; Eagly e Chaiken 1984) Entrambi i modelli sono spiegati nelle prossime lezioni. LEZIONE 7 LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA (25) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 7 In questa lezione 7 prenderemo in considerazione altri temi legati agli atteggiamenti: • previsione del comportamento a partire dall'atteggiamento (teoria dell'azione ragionata di Fishben e Ajzen, 1975); • cambiamento degli atteggiamenti (focus dissonanza cognitiva); • fattori che influenzano l'efficacia persuasiva di una comunicazione (scuola di Yale con metodo sperimentale e modello di probabilità di elaborazione di Petty e Cacioppo). Il modello della probabilità di elaborazione (1) Prevede che il cambiamento di atteggiamento che può derivare dall'esposizione ad un messaggio persuasivo è l'esito di due possibili processi: • Percorso centrale: elaborazione attenta delle argomentazioni e delle informazioni contenute nel messaggio persuasivo. Questo processo richiede una certa quantità di risorse cognitive: focalizzazione dell'attenzione, comprensione delle argomentazioni presentate, confronto e integrazione fra le informazioni e le credenze che l'individuo ha già in proposito e quelle presentate nel messaggio, valutazione. Il modello della probabilità di elaborazione (2) • Percorso periferico: basato su elementi che non hanno a che fare con le argomentazioni ma sul modo in cui vengono presentate e su elementi del contesto (attrattività della fonte, musica, colori vivaci) Queste informazioni non relative al contenuto sono quelle chi gli autori chiamano indici periferici. LEZIONE 7 LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA (26) Le condizioni per l'elaborazione A fronte di un gran numero di richiami persuasivi di cui sono fatti bersaglio nella vita quotidiana, gli individui non possono procedere sempre a elaborare in modo approfondito le informazioni disponibili per arrivare ad una conclusione di accettazione o meno delle posizioni perorate pena l'immobilismo. I fattori determinanti per l'elaborazione (1) I due fattori chiave che determinano la probabilità che essi arrivino ad una conclusione dopo aver attentamente vagliato le informazioni in gioco sono: • Motivazione: fa riferimento alla rilevanza che il tema del messaggio persuasivo ricopre per il soggetto in relazione agli scopi che egli si prefigge di raggiungere (per es: se deve comprare un auto è motivato a valutare attentamente le informazioni relative ai modelli di auto di un certo tipo) I fattori determinanti per l'elaborazione (2) • Abilità cognitiva: si riferisce sia a capacità stabili (livello di intelligenza) (per es: capacità di confrontare le caratteristiche tecniche di diversi modelli). sia a condizioni contingenti(livelio di allerta, carico cognitivo) (per es: rumori o presenza di altri segnali che attirano l'attenzione). LEZIONE 7 LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA (27) Esperimento di Petty, Cacioppo e Goldman, 1981 (1) I soggetti sperimentali erano studenti di un college a cui è fatta ascoltare una comunicazione sulla necessitò di istituire un nuovo esame generale prima della conclusione del corso universitario. I ricercatori hanno creato le condizioni sperimentali attraverso la manipolazione di tre variabili indipendenti: • rilevanza personale: a una metà degli studenti viene detto che si tratta di un provvedimento che deve essere preso l'anno successivo e quindi anche loro dovranno sostenere l'esame (alta rilevanza). All'altra metà viene detto che il provvedimento dovrebbe essere preso entro i 10 anni successivi; Esperimento di Petty, Cacioppo e Goldman, 1981 (2) • qualità delle argomentazioni a sostegno dell'utilità dell' stituzione dell'esame. Metà studenti ascolta un messaggio costruito con 8 argomenti risultanti ad un pre-test altamente convincenti; l'altra metà ascolta un messaggio costruito con 8 argomenti risultati allo stesso pre-test debolmente convincenti; • livelli di expertise della fonte: in una condizione la proposta di istituire l'esame viene attribuita alla commissione Carnegie (fonte altamente esperta). Nell'altra condizione lo stesso messaggio viene attribuito ad un rapporto preparato da una classe di studenti (fonte poco esperta). I risultati I risultati mostrano che nelle condizioni di alta rilevanza personale del tema (motivazione) gli studenti formulano atteggiamenti più in linea con la posizione a cui sono stati esposti quando è sostenuta con argomentazioni fortemente

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convincenti rispetto a quando sono state utilizzate argomentazioni deboli mentre non emergono differenze di atteggiamenti dovuti all'expertise della fonte (elemento periferico). Nella condizione di bassa rilevanza del tema, gli studenti che pensano che la comunicazione provenga da una fonte esperta manifestano maggiore accordo con questa rispetto a quelli che pensano che provengano da una fonte non esperta. LEZIONE 7 LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA (28) Schema (spiegazione) Nella slide successiva viene presentato uno schema riassuntivo del modello di Petty Cacioppo. Il modello illustra, in estrema sintesi i fattori intervenienti nei due percorsi ipotizzati dagli autori. Dalle condizioni iniziali illustrate in precedenza fino ai risultati distinti dei percorsi. Le persone hanno l'abiliti e la motivazione per prestare allenzione? I I I I SI NO I I PERCORSO CENTRALE: la persuasione PER CORSO PERifERICO: la persuasione ha luogo se gli argomenti ha luogo se i segnali di 1I0ndo sono çonvinnnti sono çonvinnnti I I RISULTATO: si produce un effello RISULTATO: si produçe un effetto persuasivo stabile persuasivo temporaneo I e durevole soggello a mutamenti CONSEGUENZE NEL TEMPO • Percorso centrale: produce mutamenti più consistenti e durevoli perché fondati sull'integrazione del messaggio negli schemi mentali del soggetto. • Percorso periferico: produce mutamenti più labili perché maggiormente legati a fattori extra - cognitivi. LEZIONE 8 MODELLO EURISTICO SISTEMATICO E MODELLO UNIMODALE (29) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 8 In questa lezione 8 prenderemo in considerazione altri modelli. • Il modello euristico-sistematico (Chaiken); • Il modello unimodale (Kruglanski, Thompson, Spiegel). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Il modello euristico-sistematico (Chaiken) Prevede due processi di natura diversa attraverso i quali un individuo può arrivare alla conclusione di accettare o meno la tesi veicolata in una comunicazione persuasiva. Due processi di elaborazione che non si escludono a vicenda: • processo sistematico: elaborazione approfondita del messaggio; • processo euristico: applicazione di euristiche utilizzate come modalità per arrivare a un giudizio. Anche in questo caso si tratta di una strategia di risparmio di energie cognitive resa possibile dal fatto che in precedenti esperienze l'individuo ha appreso una regola euristica come modalità per arrivare a un giudizio valido. Anche nel modello euristico sistematico le capacità cognitive del soggetto e la sua motivazione sono fattori fondamentali. Il modello unimodale (Kruglanski, Thompson, Spiegel) Questi autori sostengono che il cambiamento degli atteggiamenti è l'esito di un processo che risponde alle stesse regole di qualsiasi altro processo epistemico di formazione dei giudizi. Esso consiste nella verifica di ipotesi e nella generazione di inferenze a partire da informazioni o evidenze che la persona percepisce come rilevanti. La verifica delle ipotesi e la generazione di inferenze avvengono attraverso il ragionamento sillogistico (se ... allora). Le evidenze rilevanti sono costituite dalle credenze pertinenti al giudizio che si deve formulare e che il soggetto ha già nella memoria e è in grado di attivare, e dai segnali che può ricavare nel caso della comunicazione persuasiva, dalla comunicazione stessa I segnali euristici Questi autori non distinguono tra segnali di tipo centrale e di tipo periferico: essi dimostrano che non sono ragioni per sostenere una differenza funzionale fra le due classi di informazioni. I segnali euristici o periferici e gli argomenti sono concepiti come casi speciali della cosiddetta categoria "evidenze persuasive". La forma del ragionamento che vi si applica è la medesima. Anche l'euristica è un sillogismo: se lo dice un esperto allora è vero (premessa maggiore); XV è un esperto (premessa minore); l'opinione di XV è valida (conclusione). LEZIONE 8 MODELLO EURISTICO SISTEMATICO E MODELLO UNIMODALE (30) La rappresentazione del modello unimodale Nella slide successiva, lo schema rappresenta il modello unimodale della persuasione (va letto prima a sinistra dall'alto in basso e poi a destra sempre dall'alto in basso, il messaggio persuasivo centrale è comune ai

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due sillogismi) Credenza in memoria: B Se una sostanza danneggia rozono deve essere abolita (premessa maggiore) r,nessaggio persuasive Dr Smith dice: uso freon è da abolire redenza in memoria: un esperto esprime una pinione questa è valida premessa maggiore) Dr Smith è un esperto (premessa minore) ! Conclusione Il freon è da abolire Conclusione Il freon è da abolire MOTIVAZIONE E CAPACITÀ COGNITIVE • Motivazione: influenza i processi persuasivi per mezzo di fattori come l'autostima, le impressioni legate al benessere psicofisico ed economico. • Capacità cognitive: capability (aspetto software); capacity (aspetto hardware). LEZIONE 8 MODELLO EURISTICO SISTEMATICO E MODELLO UNIMODALE (31) DUE IPOTESI SUL FUNZIONAMENTO DELL'UNIMODEL • Appreciation Hypothesis: • l'abilità di un soggetto nell'apprezzare la rilevanza di un'informazione nella formulazione di un giudizio è positivamente collegata all'accordo con cui la sua motivazione e le sue capacità cognitive fanno fronte al compito inerente la questione. • Override Hypothesis: • le informazioni più rilevanti dal punto di vista soggettivo possono soverchiare gli effetti di informazioni soggettivamente meno rilevanti. VANTAGGI DELL'UNIMODEL • Costituisce un ponte tra gli studi che enfatizzavano i processi di natura sillogistica e le analisi contemporanee sulla persuasione. • Consente nuove opportunità dal punto di vista concettuale, perché si tratta di un sistema che tende alla "parsimonia" e all'integrazione. • Può dare un valido apporto agli studi di psicologia sociale e nelle analisi sulla pubblicità. UNIMODEL E MODELLI DUALISTICI: UGUAGLIANZE E DIFFERENZE • Punti in comune: • la motivazione e le capacità cognitive possono influenzare la persuasione; • esiste una variazione quantitativa nell'estensione delle variabili di persuasione. • Differenze • gamma più vasta di motivazioni che possono influire sulla persuasione; • viene attuata una distinzione tra aspetti hardware e software dell'abilità cognitiva; • i segnali periferici e quelli centrali funzionano allo stesso modo. LEZIONE 8 MODELLO EURISTICO SISTEMATICO E MODELLO UNIMODALE (32) LE POSIZIONI DEGLI STUDIOSI • A favore dell'Unimodel (Herb, Kerchof, Strack, 2000): • critica nei confronti della caratterizzazione dicotomica dei modelli dualistici; • l'Unimodel è un'efficace prospettiva in grado di superare ELM. • Contro l'Unimodel (Petty, Wheeler, Bizer, 2000): • alla base dell'Unimodel c'è una scarsa comprensione deIl'ELM; • viene ignorata la dimensione quantitativa presente anche in questo modello. ESERCITAZIONE 10 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto varie teorie che si sono occupate di studiare i meccanismi per cui la pubblicità riesce a mettere in atto una comunicazione di tipo persuasivo: alcune di queste sono nate originariamente come teorie psicologiche e applicate in seguito alla pubblicità, altre invece nate specificamente in ambito pubblicitario. Vi propongo ora alcuni brevi contributo filmati che ci serviranno da spunto per riflettere sulle teorie esposte. Si tratta di pubblicità italiane che potete trovare a questi indirizzi: Spot Enel 2010 con Federica Pellegrini http://www.youtube.com/watch?v=Q-tpSthLDdE Spot Air Action Vigorsol 2008 - Cippi tra i pinguini http://www.youtube.com/watch ?v=M DVgltJd8tE Spot Wind 2008: Aldo,Giovanni e Giacomo - I Condor http://www.youtube.com/watch?v=EdfRjUtV 6k Barilla Mulino Bianco - Il mulino che vorrei http://www.youtube.com/watch?v=ciDmUlnZV6E Garnier - Fructis Hydra-Liss http://www.youtube.com/watch?v=XyNh5vXJQEU LEZIONE 9 FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI E DELLA REPUTAZIONE (33) INTRODUZIONE GENERALE ALLA LEZIONE 9 In questa lezione 9 prenderemo in considerazione le modalità attraverso le quali un individuo si muove in modo efficace nella realtà, per farlo infatti c'è bisogno di formulare un orientamento non solo descrittivo ma anche valutativo e questo riguarda in particolar modo gli altri individui con cui si entra in contatto. Per questo è importante approfondire il processo attraverso il quale l'individuo arriva alla rappresentazione degli altri. Verrà quindi messo in evidenza come awiene la

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formazione delle impressioni (attraverso l'illustrazione del modello configurazionale di Asch, il modello algebrico di Anderson e il modello di Fiske e Neuberg). Inoltre verrà sottolineato come le impressioni che gli individui si formano non rimangono ritratti isolati ma costituiscono argomenti di scambio comunicativo: si ha quindi la possibilità di avere informazioni sugli individui in modo indiretto (formazione della reputazione). La formazione delle impressioni Per muoverci efficacemente nel mondo sociale abbiamo la necessità di formulare un orientamento non solo descrittivo, ma anche valutativo di cose ed eventi. Il comportamento delle persone in interazione è in primo luogo orientato dal modo in cui gli attori sociali si percepiscono reciprocamente. Modello configurazionale (Asch) Il problema di individuare il processo attraverso il quale arriviamo a una rappresentazione delle persone è stato in primo luogo al centro dell'attenzione di Asch. L'ipotesi di partenza di Asch prevede che le persone si formino in primo luogo una impressione globale degli altri entro la quale fanno poi rientrare le ulteriori informazioni che li descrivono. Concepiamo cioè le persone come delle unità psicologiche e le diverse informazioni che possediamo vengono ricondotte ad un nucleo interpretativo unificante. Il modello algebrico nella formazione delle impressioni (Anderson) Alcuni anni dopo la pubblicazione di Asch, Anderson propose il modello algebrico: le impressioni si formano dalla media ponderata delle informazioni su una persona. Attraverso una elaborata procedura aveva ottenuto una lista di valutazioni ponderali delle connotazioni di oltre 500 aggettivi riferibili ad una persona. L'impressione che ci formiamo di una persona è costituita dalla media ponderata delle informazioni a disposizione su quella persona. Di fronte alla persona sconosciuta la nostra impressione si forma attraverso un processo che prevede una prima valutazione delle informazioni che abbiamo a disposizione e una successiva combinazione. LEZIONE 9 FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI E DELLA REPUTAZIONE (34) La formazione delle impressioni - Fiske e Neuberg I due autori sostengono che processi governano il giudizio possono essere collocati su un continuum che rappresenta la misura in cui le informazioni vengono elaborate. A un estremo di tale continuum si collocano i processi basati sulle informazioni relative alla appartenenza categoriale del target mentre all'estremo opposto si collocano i processi esclusivamente basati sulle informazioni individuali del target. I processi non si escludono a vicenda. Di fronte a uno sconosciuto la prima operazione che un individuo mette in atto consiste nelle formulazione di un impressione a partire dalle apparenze categoriali più evidenti. Questo richiede pochissimo sforzo di attenzione ed elaborazione. Se la persona target ha scarsa rilevanza rispetto agli scopi del soggetto questa prima formulazione è soddisfacente. Se la persona è più rilevante l'impressione viene formulata sulla base di un elaborazione approfondita. La categorizzazione confermativa Quanto più il soggetto percepisce i dati della realtà come conformi all'impressione formulata su base categoriale tanto più si fermerà ad utilizzare il processo basato sulla categoria (categorizzazione confermativa). Se il soggetto percepisce una certa incongruenza fra le informazioni acquisite procede alla ricategorizzazione. Se poi le informazioni non coincidono con nessuna rappresentazione categoriale che egli già possiede procederà a una elaborazione dei singoli elementi informativi su base individuale. ~/~ . a ,?ersona-tar "<, ~ e rilevante? get Categorizzazione iniziale ateqonzzazrone confermativa E' sufficiente? si Ricategori=azione E' sufflclente? Integrazione analitica Impressione LEZIONE 9 FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI E DELLA REPUTAZIONE (35) La formazione della reputazione Le impressioni che le persone si formano non rimangono ritratti isolati nella mente di ciascun individuo, ma costituiscono uno degli argomenti essenziali di scambio comunicativo. Abbiamo tre modalità per conoscere gli altri. Supponiamo di dover affittare il nostro appartamento per un anno perché abbiamo deciso di fare un soggiorno di studio all'estero e nell'appartamento rimangono la maggior parte delle nostre cose. Per questa ragione vogliamo lasciare la nostra casa a una persona affidabile e diffondiamo la voce tra gli

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amici. Le tre modalità • Osservazione diretta del comportamento (sulla base della quale ci formiamo le impressioni). • Ascoltare ciò che gli altri dicono di loro stessi (intervistiamo i potenziali candidati per la casa). • Avere informazioni da terzi = formazione della reputazione (si forma così la reputazione delle persone). Emler (1994) definisce la reputazione: un giudizio formulato da una comunità su un individuo in particolare che generalmente, ma non necessariamente, appartiene alla comunità stessa. Riguarda in particolare la storia delle relazioni di un individuo così come le sue debolezze o i punti di forza particolari. Ma ciò è possibile solo dove esiste una struttura sociale. A che cosa serve la reputazione Perché un individuo abbia una reputazione sono necessaria 3 condizioni: • che egli faccia parte di una comunità con membri relativamente stabili; • che questi facciano del comportamento e delle qualità altrui un oggetto di conversazione; • le persone siano legate tra di loro in una rete che collega anche in modo indiretto chi non si conosce per via diretta. LEZIONE 9 FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI E DELLA REPUTAZIONE (36) La percezione degli individui La prima funzione di questo genere di conoscenza è quella di assicurare scambi comunicativi: l'organizzazione umana in sistemi sociali richiede la coordianzione e la pianificazione degli sforzi. Controllo sociale: limita l'accesso alle interazioni a persone potenzialmente dannose. Promuove autocontrollo: l'individuo ha interesse ad avere una reputazione positiva per avere accesso agli scambi comunicativi. Di conseguenza l'individuo agisce attivamente e consapevolmente nella costruzione della propria reputazione. Percepire le persone e i gruppi Hamilton e Sherman hanno mostrato che le persone percepiscono un certo livello di unità anche nel caso dei gruppi sociali. I fattori che fanno variare la percezione di un gruppo sulla dimensione di unità sono: • somiglianza o prossimità fra gli elementi dell'insieme; • organizzazione reciproca; • Interdipendenza; • aspettative di comportamenti congruenti. Il processo circolare Si tratta di un processo circolare: vedere un gruppo come un insieme di elementi molto simili e strettamente connessi porta a una percezione di alta entitatività che a sua volta porta a sovrastimare l'organizzazione reciproca dei membri. Nel caso in cui il gruppo sia percepito come fortemente unitario l'osservatore formula una impressione che segue gli stessi principi delle impressioni individuali. Per questa ragione formulerà inferenze sul gruppo, si sorprenderà di fronte a informazioni incoerenti e tenderà a compiere attribuzioni casuali che riconducano tali informazioni alla coerenza. • Gruppi ad alta unità (membri di un club esclusivo) • Gruppi a bassa unità (clienti di un negozio)LEZIONE 10 LE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI (37) INTRODUZIONE ALLA LEZIONE 10 In questa lezione 10 affronteremo il tema delle rappresentazioni sociali. In particolar modo: • il contributo della psicologia sociale Europea; • l'evoluzione del concetto di rappresentazione sociale da Durkheim a Moscovici; • la definizione di Moscovici. Il contributo della psicologia sociale europea Alla crisi della psicologia sociale che ha coinciso con il tramonto del paradigma teorico-empirico rappresentato dal comportamentismo gli psicologi sociali europei reagirono in modo diverso rispetto alla maggioranza rappresentata dalla psicologia sociale accademica degli Stati Uniti. Mentre al di là dell'Oceano, ma non solo, si imponeva la corrente della social cognition in Europa si tentò di rivitalizzare la disciplina seguendo una strada diversa. Gli psicologi sociali europei sostenevano che la psicologia sociale non poteva essere considerata una branca della psicologia, ma piuttosto una disciplina autonoma. È nella vita con gli altri che si sviluppano pensieri, sentimenti, motivazioni umane: la psicologia sociale deve superare la contrapposizione fra analisi centrata sull'individuo e analisi centrata sulla società. La psicologia sociale come scienza sociale In questo senso la psicologia sociale può essere considerata una scienza sociale il cui compito è quello di occuparsi del linguaggio, dei fenomeni della comunicazione e dell'ideologia. In Europa con Moscovici nasce un nuovo approccio allo studio dei fenomeni psicosociali: egli per primo impiega la nozione di rappresentazioni sociali per la quale si è ispirato a Durkheim.

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Durkheim sosteneva che: • le rappresentazioni collettive sono l'oggetto principale della sociologia e riguardano quelle forme intellettuali che comprendono la religione, la morale, il diritto, la scienza; • le rappresentazione collettive devono essere distinte dalle rappresentazioni individuali che sono oggetto della psicologia. Le rappresentazioni collettive Queste rappresentazioni sono collettive per tre motivi: • per le origini; • per l'oggetto; • per essere comuni a tutti i membri di una società o gruppo. Con Durkheim si arriva alla separazione tra la psicologia, focalizzata sull'individuo, e la sociologia, focalizzata sulla società e sulle rappresentazioni collettive. Differenze tra Durkheim e Moscovici (1) La ricerca di Moscovici, pubblicata nel 1961, si rifà agli studi di Durkheim, ma viene utilizzata la nozione di rappresentazioni sociali e non collettive perché si differenzia su due punti essenziali: • specificità della nozione di rappresentazione sociale • Stabilità e flessibilità delle rappresentazioni sociali Differenze tra Durkheim e Moscovici (2) 1) Specificità della nozione di rappresentazione sociale • Durkheim comprendeva nelle rappresentazioni collettive un insieme molto vasto di prodotti della mente espressi da una comunità (religione, miti, scienza, morale, diritto, ecc.). • Moscovici, considera le rappresentazioni sociali come una forma di conoscenza specifica, il modo di esprimere la conoscenza in una società e nei gruppi che la compongono, i cui contenuti manifestano l'operazione di processi generativi e funzionali socialmente rilevanti. Le rappresentazioni sono sistemi cognitivi con un linguaggio proprio: non solo opinioni, immagini o atteggiamenti nei confronti di un oggetto sociale, ma teorie utili ad organizzare la realtà. Differenze tra Durkheim e Moscovici (3) Possono essere condivise da tutti i membri di un gruppo ampio e fortemente strutturato (nazione, etnia, partito) anche se non sono state elaborate dal gruppo stesso. Sono il prodotto della circolazione della conoscenza e delle idee proprie di sottogruppi in contatto più meno stretto entro un dato contesto sociale. Sono rappresentazioni che la società nel suo complesso non condivide e che sono elaborate nel corso di conflitti sociali: in questo caso sono determinate dalle relazioni antagonistiche fra diversi gruppi sociali. Il proprium di ogni rappresentazione sociale consiste nel fatto che è elaborata da un gruppo per il quale l'oggetto di rappresentazione è socialmente rilevante. Essa assume le caratteristiche di una conoscenza condivisa da tutti i membri del gruppo sottoforma di una teoria del senso comune. Differenze tra Durkheim e Moscovici (4) 2) Stabilità e flessibilità delle rappresentazioni sociali (1): • Durkheim considerava le rappresentazioni collettive come forze stabilizzatrici della realtà sociale, entità statiche e poco mutabili che frenano il cambiamento • Moscovici osserva la società contemporanea e la vede aperta e pluralista dove gli universi simbolici sono molteplici e spesso contraddittori. • I mass media accelerano la diffusione di conoscenze riguardanti mondi diversi. • Quindi vede come funzione specifica delle rappresentazioni sociali quella di dar corpo alle idee che circolano incarnandole in esperienze. • Le intende come forme dinamiche dal carattere mobile e circolante, che si trasformano con facilità. Differenze tra Durkheim e Moscovici (5) Stabilità e flessibilità delle rappresentazioni sociali (2) • La funzione delle rappresentazioni è concretizzare le idee in interazioni sociali ed esperienze, collegando il sapere e le conoscenze alla vita reale. • Il luogo privilegiato dove vengono elaborate le rappresentazioni sociali sono i gruppi, dove le persone si confrontano con altri che ritengono significativi. • Le rappresentazioni sociali sono una modalità di ricostruzione della realtà sociale (e non di "costruzione") perché trattano materiale simbolico rilevante già esistente. Differenze tra Durkheim e Moscovici (6) Mentre il concetto di Durkheim è stato frequentemente ripreso in sociologia riferendolo a elementi dati (es: la religione di una setta esoterica, un'ideologia obsoleta che pure persiste), trattandoli come se fossero esistenti indipendentemente dalla vita sociale e perciò immutabile, le rappresentazioni sociali sono fenomeni le cui origini possono e devono essere individuate, le cui dinamiche interne devono essere spiegate, la cui struttura deve essere descritta. LEZIONE 10 LE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI (40) Che cosa sono le rappresentazioni

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sociali Sono l'elaborazione che un gruppo o una comunità fanno di un oggetto sociale che permette ai suoi membri di comportarsi e di comunicare in modo comprensibile. Più specificamente sono sistemi cognitivi con una logica e un linguaggio propri. Non sono "opinioni su ... /I o "atteggiamenti verso ... /I ma "teorie" o "branche di conoscenza vere e proprie/l utili per organizzare la realtà. Le rappresentazioni sociali ricostruiscono, non costruiscono da zero la realtà perché partono da un fenomeno rilevante, da una struttura materiale o intellettuale e non da un dato bruto e perché ripetono e riordinano ciò che è stato formulato e ordinato da qualcun altro in altra sede. La ricostruzione della realtà sociale Perché: • partono da un fenomeno percepito come rilevante, da una struttura materiale o intellettuale e non da un dato bruto; • ripetono e riordinano ciò che è stato formulato e ordinato da qualcun altro in altra sede. Ogni vera azione di risposta all'ambiente presuppone un'immagine dell'avvenimento percepito e una rappresentazione concettuale dello stesso che trasforma il dato in qualcosa di comprensibile e dotato di senso. La catena di significati Ne deriva che la valutazione di un comportamento deve tenere conto del fatto che esso è una risposta ad un significato scelto fra molti. In altre parole: mentre una teoria scientifica presuppone una ricostruzione razionale di insieme, una rappresentazione sociale presuppone una ricostruzione di tutta la catena di significati che congiunge il dato obiettivo al soggettivo e lo rende condiviso. LEZIONE 11 FORMAZIONE DELLE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI (41) INTRODUZIONE LEZIONE 11 In questa lezione 11 approfondiremo il tema delle rappresentazioni sociali. In particolar modo: • processi generatori delle rappresentazioni sociali; • origine rappresentazioni sociali (ancoraggio e oggetivazione); • a che cosa servono le rappresentazioni sociali; • le funzioni delle rappresentazioni sociali. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Processi generatori delle rappresentazioni sociali Nella ricerca sulla psicoanalisi Moscovici si pone il problema di quali siano i processi attraverso i quali un elemento socialmente rilevante viene fatto oggetto di rappresentazione sociale. Studiare il modo in cui la psicoanalisi era penetrata nella società francese è servito a Moscovici per rendersi conto di come gli individui facciano proprie le informazioni nuove che mettono in discussione molti aspetti del pensiero tradizionale, come cioè una nuova teoria possa diventare un nuovo strumento per la comprensione sociale della realtà. Origine rappresentazioni sociali Usando le tecniche empiriche della ricerca sociale (inchiesta per gruppi socialmente significativi di persone, questionari, analisi del contenuto della stampa) l'autore dimostra come la conoscenza della psicoanalisi si sia diffusa in ampi settori della popolazione francese alla fine degli anni '50. Moscovici ha individuato due processi da cui prendono origine le rappresentazioni sociali: • ancoraggio; • oggettivazione. Ancoraggio Permette di classificare, denominare e spiegare qualcosa che non è familiare mettendolo in rapporto con le categorie sociali già possedute dall'attore sociale. Questo processo implica che l'oggetto in questione sia classificato e denominato sulla base delle categorie e dei significati correntemente utilizzati dai gruppi entro i quali la rappresentazione si costituisce. Si tratta di un meccanismo finalizzato a ridurre la paura, lo stupore che un oggetto o un fenomeno rilevante per l'attore sociale, ma non familiare, produce facendolo entrare in una categoria familiare. Esempio: alla psicoanalisi viene attribuita nella società francese degli anni '50 una precisa funzionalità: sono definiti i suoi ambiti di intervento, i risultati che si possono attendere. Diventa una forma laica di confessione che permette di individuare categorie diverse di persone (con o senza complessi) e di avvenimenti (traumatici e non traumatici). Oggettivazione (1) Dà consistenza materiale alle idee e dà corpo a degli schemi concettuali traducendo in immagini i concetti astratti. Il processo di oggettivazione fa entrare la realtà percepibile, concreta, figurata nei concetti e nei fenomeni che non sono familiari. In una prima fase oggettivazione significa scoprire l'aspetto iconico di un'idea o di

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un fenomeno mal definiti e mischiare il concetto con l'immagine. Viene tratto dal concetto "strano" un nucleo figurativo che riproduce la struttura concettuale in modo visibile. Oggettivazione (2) Esempio: lo schema figurativo della psicoanalisi seleziona alcune informazioni fondamentali, e le materia lizza in uno schizzo sintetico che ne trascura altre più pericolose per neutralizzarle (la libido). Conscio Rimozione Complessi Inconscio Nella seconda tappa del processo le idee astratte diventano categorie sociali sicure in grado di ordinare gli avvenimenti concreti (naturalizzazione): i concetti della psicoanalisi (inconscio, complessi, rimozione) diventano quasi entità percepibili materialmente, che producono risultati tangibili. La psicoanalisi diventa un oggetto gestibile nella conoscenza delle personeESERCITAZIONE 11 (valida come approfondimento da portare all'esame) Ancoraggio Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello delle rappresentazioni sociali. Vi propongo ora 2 esercitazioni riguardanti i due processi individuati da Moscovici cui prendono origine le rappresentazioni sociali: l'ancoraggio e l' oggettivazione. In particolare: Si tratta di riflettere su alcuni esempi riguardanti i processi presi in esame. Nelle slide successive, è possibile trovare alcuni esempi chiarificatori. Pensare a degli esempi di ancoraggio. Ancoraggio: il nuovo viene categorizzato sulla base di categorie già possedute. Esempio: L'Aids come la sifilide. ESERCITAZIONE 12 Oggettivazione (valida come approfondimento da portare alt'esame) Pensare a degli esempi di oggettivazione. Oggettivazione: idee complesse e astrette vengono rese concrete e comprensibili. Esempio: Un vulcano in eruzione per indicare la creatività. A che cosa servono le rappresentazioni sociali (1) Le rappresentazioni sociali sono elementi costituenti dell'ambiente psicologico in cui vivono individui e gruppi e la loro importanza si può cogliere in modo particolare nelle circostanze in cui appaiono in movimento, trasformabili, utilizza bili per dare senso comune ai fenomeni che si mostrano in un primo momento come estranei alla mentalità corrente. È necessario interrogarsi sul perché del fenomeno delle rappresentazioni sociali. Perché gli attori sociali e i gruppi creano le rappresentazioni? 11 FORMAZIONI DELLE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI A che cosa servono le rappresentazioni sociali (2) Le rappresentazioni sociali sono realtà consensuali costruite dai gruppi sociali per affrontare la realtà con criteri e linguaggi dotati di senso, comprensibili non solo per chi compone il gruppo, ma anche per i membri di altri gruppi. Esempio: le discussioni dei caffè, dei circoli, dei salotti come le chiacchiere fatte dalle casalinghe nei centri commerciali o sui pianerottoli dei condomini sono piene di argomenti scientifici, religiosi, morali, ideologici, trattati in modo competente, anche se a un livello di precisione misurato su quanto appare nei giornali o alla televisione. Su ognuno di questi argomenti si constata l'accordo e il disaccordo, l'esistenza o meno di un discorso comune. LEZIONE 11 FORMAZIONE DELLE RAPPRESENTAZIONI SOCIALI (44) Le funzioni delle rappresentazioni sociali (1) Moscovici considera 3 ipotesi sulle funzioni delle rappresentazioni sociali: • Ipotesi dell'interesse: un individuo o gruppo sociale tenta di crearsi delle immagini, di costruirsi dei discorsi che possano rispondere all'esigenza di conciliare gli obiettivi contrapposti di due gruppi sociali o di un individuo nei confronti della collettività. Tali immagini o discorsi costituiscono una distorsione della realtà obiettiva a favore di una delle posizioni in campo, in genere quella che ha più potere. • Ipotesi dell'equilibrio: i discorsi a contenuto ideologico e le elaborazioni concettuali che costituiscono le rappresentazioni sociali sono impiegati come mezzi per risolvere tensioni psichiche o emotive dovute all'insuccesso o alla mancanza di integrazione sociale. Costituiscono perciò delle compensazioni immaginarie che hanno come scopo quello di ricostituire equilibrio nell'individuo e nel gruppo. Le funzioni delle rappresentazioni sociali (2) • Ipotesi del controllo: i gruppi producono delle rappresentazioni per usarle come filtri nei confronti delle informazioni che giungono dall'ambiente esterno, al fine di controllare la lealtà di ognuno dei

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membri rispetto agli scopi del gruppo. Lo stesso Moscovici segnala i limiti di queste tre definizioni in quanto: • sono ipotesi troppo generali; • rischiano di non essere falsificabili e perciò di non cogliere il senso proprio della funzione di ogni rappresentazione; • presentano una concezione meccanicistica del controllo sociale. Le funzioni delle rappresentazioni sociali (3) Secondo Moscovici le principali funzioni delle rappresentazioni sociali sono: • di rendere familiare ciò che è estraneo e distante dalla esperienza dei membri di un gruppo; • di permettere una continuità tra vecchio e nuovo, provocando modificazioni di valori e sentimenti. Per quanto frammentata e contraddittoria possa essere la vita quotidiana, le rappresentazioni sociali danno sostanza ad un discorso comune, ad un senso comune della realtà che serve ad affrontarla in modo diretto, senza distruttivi sentimenti di isolamento. LEZIONE 12 RAPPRESENTAZIONI SOCIALI E COMUNICAZIONE (45) INTRODUZIONE LEZIONE 12 In questa lezione 12 approfondiremo il tema delle rappresentazioni sociali. In particolar modo: • rappresentazioni sociali e sistemi di comunicazione; • forme di espressione delle rappresentazioni sociali. Nel corso della lezione verranno proposte 2 APPROFONDIMENTI • la pubblicita' come rappresentazione sociale nelle pubblicità per bambini approfondimento; • lettura abstract sulle rappresentazione sociali. Queste esercitazioni sono valide come approfondimenti da portare all'esame. Rappresentazioni sociali e sistemi di comunicazione Per studiare le rappresentazioni sociali è necessario collegare le loro caratteristiche ai rapporti sociali fra gli individui e fra i gruppi. Si scopre così che le rappresentazioni si modificano quando sono espresse in sistemi di comunicazione diversi. Moscovici studiò come 3 settori di stampa francese presentavano alla fine degli anni '50 la psicoanalisi: stampa a grande diffusione (indipendente), stampa cattolica, stampa militante comunista. Moscovici rilevò che l'organizzazione cognitiva dei messaggi è diversa per ognuna delle modalità di comunicazione. • Dal momento che i vari sistemi di comunicazione producono rappresentazioni sociali differenti e specifiche, essi suggeriscono anche comportamenti particolari: 1) Sistema di comunicazione caratterizzato dalla Diffusione. Metodo di comunicazione della stampa indipendente. Scopo: creare un sapere comune senza preoccuparsi della sua unitarietà, puntando piuttosto ad adattarsi alle esigenze del pubblico. Informazioni debolmente organizzate e a volte contraddittorie. Giornalisti trasmettono l'informazione come ricevuta dagli specialisti. Tale sistema di comunicazione non fornisce elementi perché i lettori si pongano in modo coerente verso la psicoanalisi. La propagazione (1) Metodo di comunicazione della stampa cattolica. Scopo: fornire elementi che portino gli individui ad assumere una posizione interessata e anche critica verso la psicoanalisi, in modo da discriminare gli aspetti da accogliere e quelli da rifiutare. La psicoanalisi è presentata come disciplina che supera il positivismo materialista e anti-religioso ed è considerata perciò idonea a fornire una visone scientifica dell'uomo che non si ponga necessariamente in conflitto con una prospettiva spiritualista. La propagazione (2) Questo sistema fornisce elementi perché i lettori siano consapevolmente interessati e critici nei confronti della psicoanalisi, capaci di comporre tra loro diversi dati di conoscenza e di discriminare gli aspetti da accogliere e quelli da rifiutare. La propagazione suscita la nascita di ATTEGGIAMENTI. Sistema di comunicazione caratterizzato dalla Propaganda. Metodo di comunicazione della stampa comunista. Scopo: produrre nei lettori una presa di posizione negativa e di netto contrasto nei confronti della psicoanalisi (ci si riferisce agli anni della guerra fredda). La propaganda La psicoanalisi è presentata come un' ideologia mistificatrice importata dagli Stati Uniti. Questa opposizione sistematica collega così l'ambito della politica a quello della psicologia. Come l'Unione Sovietica è riconosciuta paese della pace in contrasto con gli Stati Uniti paese della guerra così alla psicologia russa è riconosciuto un vero valore scientifico, mentre la psicologia americana viene presentata come scientifica soltanto in apparenza. La propaganda suscita la nascita di STEREOTIPI.

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Forme di espressione delle rappresentazioni sociali Secondo Moscovici le rappresentazioni possono essere espresse sotto forma di: • opinione: asserzione valutativa su un oggetto sociale che ha caratteri di instabilità, plasticità e specificità. Non ha rapporti diretti e immediati con i comportamenti (per esempio attraverso la diffusione); • atteggiamento: orientamento positivo o negativo verso l'oggetto sociale si rivela attraverso comportamento globale (per esempio attraverso la propagazione); • stereotipo: risposta stabile e priva di ambiguità nel rifiutare un oggetto sociale (per esempio attraverso la propaganda). APPROFONDIMENTO 1 LA PUBBLICITA' COME RAPPRESENTAZIONE SOCIALE NELLE PUBBLICITÀ PER BAMBINI (valida come approfondimento da portare all'esame) La pubblicità costruisce una vera e propria rappresentazione sociale del mondo per i bambini. In questo senso il meccanismo di costruzione e il ruolo di queste strutture è ben spiegato dalla teoria delle rappresentazioni sociali di Moscovici (1984): "l'atto di rappresentazione è un mezzo per trasferire ciò che ci disturba, ciò che minaccia il nostro universo, dall'esterno all'interno, da un luogo lontano a uno spazio prossimo. ( ... ) Lo scopo di tutte le rappresentazioni è quello di rendere qualcosa di inconsueto, o l'ignoto stesso, familiare" (p.45). La realtà delle rappresentazioni sociali è legata a due processi: • quello di ancoraggio(nel classificare e dare un nome a qualcosa); • quello di oggettivazione ("satura di realtà l'idea della nonfamiliarità"). LA PUBBLICITA' COME RAPPRESENTAZIONE SOCIALE NELLE PUBBLICITÀ PER BAMBINI (2) Entrambi questi processi possono essere collegati a meccanismi di esigenza psicologica, che sono facilmente riscontrabili nella realtà sociale e che trovano conferma anche nel più generale immaginario collettivo. Il processo di ancoraggio, infatti, risolve, con la classificazione, il problema relativo alla natura di una cosa, identificandola, secondo lo schema aristotelico, in genere prossimo (quello a cui la realtà viene di fatto ancorata) e differenza specifica. Ma questo processo ha il suo momento di maggior forza nella nominazione, ossia nel dare un nome alla realtà rappresentata, che "non è un'operazione puramente intellettuale mirante alla chiarezza o alla coerenza logica. È un operazione connessa a un atteggiamento sociale" (p.58). LA PUBBLICITA' COME RAPPRESENTAZIONE SOCIALE NELLE PUBBLICITÀ PER BAMBINI (3) Attraverso questi meccanismi la pubblicità trasmette le norme e i valori fondamentali del vivere sociale: in questo senso la pubblicità concorre - con i suoi contenuti, le sue forme espressive, le sue pratiche diffusive e la sua ricezione - alla costruzione dei significati e dei valori che vengono immessi nella cultura. Ma, secondo Pollay (1986), è interessante notare come nessuna di queste forme di comunicazione crei nuovi valori o nuovi atteggiamenti, ma sia tesa a rispecchiare valori già diffusi e atteggiamenti preesistenti. È quindi parte integrante della società, una sorta di specchio deformante che tuttavia, mentre riflette tali valori, li trasforma: "la pubblicità è qualcosa di più di una semplice forza economica; ha anche un notevole influsso sulla cultura, sui valori e sulla qualità della vita" (p.19). LEZIONE 12 RAPPRESENTAZIONI SOCIALI E COMUNICAZIONE (48) APPROFONDIMENTO 2 LETTURA ABSTRACT SULLE RAPPRESENTAZIONE SOCIALI (valida come approfondimento da portare all'esame) • Presenting Social Representations: A Conversation • Serge Moscovici - École des Hautes Études en Sciences Sociales, France • Ivana Markova RAPPRESENTAZIONI SOCIALI E COMUNIACAZIONE University of Stirling, Scotland, UK Abstract Serge Moscovici's theoretical system of social representations is by now nearly 40 years old; yet, today, various social psychological activities surrounding this field seem to flourish more than ever; much research into social representations is being carried out ali over Europe and on other continents; there is a European PhD APPROFONDIMENTO 2 Programme on social representations and communication; there is an association and a network on social representations; and a journal on social representations is in the pipeline. At the same time the theory has its critics; some of them argue that the theory is too loose; others, that it is too cognitive; that it is not clear how the concept of social representation

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differs from other concepts, say, from attitudes, social cognition, beliefs, stereotypes, and so on; stili others would like to marry the theory either to discourse analysis or to social constructivism(s) and constructionism-or to both of them at the same time. Readers of French, in addition, are familiar with Moscovici's work in the history and philosophy of science, human invention and technology, the psychology of resistance and dissidence, and, most recently, with his magnificent autobiographical recit Chronique des annees egarees (Chronicle of Stray Years) (Moscovici, 1997). APPROFONDIMENTO 3 Although based permanently in Paris, Serge Moscovici has worked at a number of American Universities, has been invited to lecture ali over the world, and has received a number of honorary doctorates at various European Universities. Since this Speciallssue in Culture & Psychology is devoted to the concept of collective and social representation, we shall be concerned, in this dialogue, primarily with the origin of Moscovici's own ideas on the concept of social representations and how these ideas have developed into a broad programme of research. LEZIONE 13 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE STRUTTURALISTA (49) INTRODUZIONE ALLA LEZIONE 13 In questa lezione 13 affronteremo gli sviluppi recenti delle teorie sulle rappresentazioni sociali. Le due scuole che se ne sono occupate seguono due diverse impostazioni: • l'impostazione strutturalista (scuola di Aix-en-Provence); • l'impostazione socio-dinamica (scuola di Ginevra) che verrò affrontato nella lezione 14. Sviluppi recenti Lo studio e la ricerca sulle rappresentazioni sociali seguono attualmente due direttrici: • una orientata alla struttura della conoscenza oggettiva e condivisa che da luogo alla rappresentazione; • l'altra più caratterizzata in chiave sociodinamica e orientata ad indagare i modi in cui gli attori sociali elaborano e organizzano la conoscenza della realtà. L'impostazione strutturalista scuola di Aix-en-Provence L'impostazione strutturalista analizza: • la struttura interna della rappresentazione sociale; • come la struttura della rappresentazione può modificarsi; • le rappresentazioni sociali sono strutture costituite da: • Nucleo centrale • Rappresentazioni periferiche LEZIONE 13 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE STRUTTURALISTA (50) Nucleo centrale (definizione) Nucleo centrale: elemento fondamentale e necessario a determinare il significato e l'organizzazione. Il nucleo centrale è la componente non negoziabile che determina la natura, il significato e l'organizzazione della rappresentazione sociale. Rappresenta la base sociale e collettiva su cui si esercita il consenso quasi unanime. Nucleo centrale (funzioni) Il nucleo ha diverse funzioni: • funzione stabilizzatrice: assicura stabilità e coerenza poiché è la parte consensuale e non negoziabile della rappresentazione sociale; • funzione generatrice: assicura il significato degli elementi del nucleo centrale e degli elementi periferici; • funzione organizzatrice: organizza il legame tra nucleo centrale e elementi periferici. La struttura del nucleo centrale Gli elementi contenuti nel nucleo hanno due proprietà: • salienza quantitativa: elementi su cui c'è il maggior grado di accordo; • salienza quantitativa: elementi senza i quali la rappresentazione cambia. Il nucleo centrale si può definire sistema, perché se si produce anche una sola modifica al suo interno, cambia l'intera rappresentazione. LEZIONE 13 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE STRUTTURALISTA (51) Rappresentazioni periferiche Elementi che fanno parte della rappresentazione. Funzioni che assicurano: • flessibilità alla rappresentazione; • possibilità di integrare l'eterogeneità dei contenuti e dei comportamenti; • l'evoluzione della rappresentazione sociale: i cambiamenti si verificano prima negli elementi periferici e poi nel nucleo. Le rappresentazioni sociali contengono: • aspetti normativi (i valori di riferimento per i gruppi sociali che le utilizzano) che guidano la formulazione di giudizi su ciò che è giusto o apprezzabile in un particolare contesto; • aspetti funzionali (relativi alle pratiche sociali) che guidano l'azione (illicome si fa"). I tre criteri Di recente, gli studiosi di Aix hanno ipotizzato che gli elementi contenuti nel nucleo centrale possano essere attivati in maniera differenziata, a seconda della situazione, e secondo

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tre criteri principali: • finalità della situazione: per es. in situazioni operative si attivano i contenuti funzionali, in situazioni di giudizio quelli normativi; • distanza tra gruppo sociale e oggetto della rappresentazione: cioè la conoscenza più o meno approfondita dell'oggetto: se è maggiore si attivano gli elementi funzionali, se è minore quelli normativi.; • il contesto di enunciazione: anche se contenuti nel nucleo possono essere difficilmente attivati elementi contronormativi. Con quali metodi si studiano le rappresentazioni sociali? Per distinguere gli elementi del nucleo centrale da quelli periferici sono stati messi a punto diversi metodi. L'approccio della scuola di Aix-en Provence utilizza metodo del rifiuto, metodo dello scenario ambiguo e metodo della messa in discussione. Metodo del rifiuto Consiste nel chiedere ai soggetti di immaginare l'oggetto della rappresentazione senza una caratteristica particolare. Ad esempio, nella sua ricerca sul gruppo ideale, Flament (1982) ha utilizzato il metodo del rifiuto per valutare queste probabilità: • un gruppo è ideale quando non c'è gerarchia tra i suoi membri; • un gruppo è ideale quando c'è convergenza di opinioni tra i suoi membri. I risultati evidenziano grande consenso sulla prima caratteristica, minore sulla seconda: l'assenza di gerarchia è dunque un elemento del nucleo centrale, la convergenza di opinioni un elemento periferico (nella rappresentazione del gruppo ideale). LEZIONE 13 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE STRUTTURALISTA (52) Metodo dello scenario ambiguo Utilizzato da Abric e Tafani (1995) in una ricerca sulle rappresentazioni dell'impresa. E' stata raccolta una serie di affermazioni che descrivono cosa sia un'impresa e quali caratteristiche abbia; quindi, attraverso una procedura in tre fasi, sono emerse molte dimensioni discriminanti, alcune adatte a descrivere solo l'impresa e non le organizzazioni differenti, altre adatte a descrivere entrambe. Le prime sono elementi del nucleo centrale, le seconde elementi periferici. Metodo della messa in discussione (o metodo della doppia negazione) E' una modifica del metodo del rifiuto. Moliner (1995) propone di effettuare la ricerca utilizzando la doppia negazione nelle domande, per indurre ad una elaborazione cognitiva più complessa. Ad esempio, invece di chiedere: "secondo lei il gruppo ideale deve essere formato da persone che la pensano allo stesso modo?" è più appropriato dire: lisi può dire che un gruppo è ideale se non è formato da persone che la pensano allo stesso modo?" La funzione descrittiva Oltre a nucleo centrale ed elementi periferici, Moliner (1995) propone di distinguere anche la funzione descrittiva o valutativa degli elementi presenti in entrambi i livelli: quindi si hanno: • fattori descrittivi centrali (le caratteristiche imprescindibili) o periferici (le caratteristiche più frequenti o probabili); • fattori valutativi centrali ( criteri per valutare l'oggetto di rappresentazione) o periferici (caratteristiche desiderabili dell'oggetto ). Trasformazioni delle rappresentazioni sociali Secondo Flament le rappresentazioni sociali possono cambiare soltanto nel lungo periodo e solo attraverso la lenta evoluzione degli elementi periferici. Tali trasformazioni possono essere di due tipi: • lo scoppio (cambiamento radicale che avviene raramente grazie a particolari eventi sociali che portano a grandi innovazioni); • la ristrutturazione (cambiamento più probabile e progressivo verso un nuovo oggetto). LEZIONE 14 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE SOCIO-DINAMICA (53) INTRODUZIONE LEZIONE 14 In questa lezione 14 si continuerà ad affrontare gli sviluppi recenti delle teorie sulle rappresentazioni sociali. Dopo esserci occupate dell' impostazione strutturalista (scuola di Aix-enProvence) nel corso della lezione 13. In questa lezione affronteremo l'impostazione socio-dinamica (scuola di Ginevra). La scuola di Ginevra La seconda direttrice di studio ha conosciuto il proprio sviluppo con la Scuola di Ginevra. L'impostazione socio-dinamica analizza: • come gli attori sociali elaborano e organizzano la conoscenza della realtà; • come si articola la condivisione della realtà simbolica e livello di consenso. La ricerca di Mugny e Carugati (1985) si è concentrata sulle rappresentazioni sociali dell'intelligenza e del suo sviluppo e ha messo a fuoco in che modo gli adulti interpretano il fenomeno della distribuzione diseguale dell'intelligenza. L'intelligenza infatti

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rappresenta un oggetto sociale prototipico per elaborazione di rappresentazione perché: esiste una carenza di informazioni scientifiche definitive sull'intelligenza e i soggetti devono prendere posizione su questo fenomeno. La teoria del dono (Mugny e Carugati) Secondo questa teoria, la natura distribuisce l'intelligenza in misura diversa agli individui, secondo criteri misteriosi che nemmeno la scienza è in grado di spiegare. Due temi sono complementari alla teoria del dono: • essere intelligenti significa saper aderire alle norme sociali, dunque è importante predisporre strumenti educativi per facilitare l'apprendimento di queste norme • (di fronte all'insuccesso scolastico dell'alunno, gli insegnanti si appelleranno a questa rappresentazione ritenendo responsabili i genitori); • essere intelligenti comporta il successo scolastico in materie "forticome matematica e lingua (di fronte all'insuccesso scolastico del figlio, i genitori si appelleranno a questo principio ritenendo responsabile l'insegnante). Il principio organizzatore L'identità parentale o professionale è dunque il principio organizzatore delle rappresentazioni degli stessi attori, cioè è in base al fatto di essere genitori o insegnanti che ci si costruisce un concetto di intelligenza piuttosto che un altro. Infatti, quando in individuo è contemporaneamente genitore e insegnante non può appellarsi alla responsabilità diretta dei genitori (in quanto genitore) né a quella degli insegnanti (in quanto insegnante) e dunque ricorrerà alla "teoria del dono" per spiegare l'insuccesso scolastico del figlio o dello scolaro. I diversi attori, quindi, non si rappresentano l'intelligenza come un'entità dotata di un unico significato ricavato dalle conoscenze scientifiche, ma come l'insieme di una molteplicità di immagini e cognizioni. LEZIONE 14 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE SOCIO-DINAMICA (54) Architetture di cognizioni Nelle ricerche successive, Carugati ha definito le rappresentazioni sociali come architetture di cognizioni, strutture complesse dotate di significato e costruite socialmente allo scopo di conciliare tra loro teorie e opinioni contrastanti, tenendo conto del ruolo che gli attori stessi (individui e gruppi) occupano nel sistema sociale. Rapporto tra sistemi e metasistemi (Doise) A Doise si deve una rilettura delle ricerche di Moscovici (la parte riguardante il rapporto tra sistemi e metasistemi) in chiave sociodinamica. Il pensiero adulto Nel suo studio Moscovici nota che nella vita quotidiana spesso il pensiero adulto presenta importanti analogie con quello infantile: a volte le conclusioni del ragionamento vengono esplicitate prima degli argomenti logici che le sostengono, o si fondano su argomentazioni molto povere, oppure sono sopravvalutate o ridondanti. Moscovici si chiede come mai sopravvivano queste modalità del pensiero infantile, domandandosi anche se ciò avvenga perché esse sono le più adatte in particolari situazioni di interazione collettiva. La sua conclusione è che nel pensiero adulto e in quello infantile operano due sistemi cognitivi: • un sistema che attiva associazioni, discriminazioni, induzioni, deduzioni: dunque che elabora; • un metasistema che controlla e seleziona con l'aiuto di regole logiche o meno: dunque che rielabora la materia prodotta dal primo. I metasistemi Esistono diversi metasistemi, a seconda dei contesti in cui l'individuo si trova ad agire. I principi del metasistema variano a seconda degli ambiti in cui il pensiero adulto si attiva: possono richiedere un'applicazione rigorosa della logica (ad esempio in ambito scientifico) oppure essere finalizzati alla coesione sociale (ad esempio in una controversia tra amici). Lo studio delle rappresentazioni sociali deve analizzare le regolazioni che il metasistema opera sul pensiero. Doise rielabora queste tesi e puntualizza tre assunti fondamentali. LEZIONE 14 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE SOCIO-DINAMICA (55) Gli assunti di Doise (1) Il primo assunto su cui questa definizione si fonda sostiene che i diversi membri di una popolazione condividono delle conoscenze comuni sull'oggetto a cui si riferiscono nel corso delle conversazioni. Le rappresentazioni sociali sono dunque elaborate entro sistemi di comunicazione che necessitano di quadri di riferimento per gli individui e i gruppi impegnati nelle relazioni. Il secondo assunto considera che si organizzano delle differenze nelle prese di posizione individuali entro l'ambito della

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conoscenza condivisa: gli individui possono differire a seconda dell'intensità della loro adesione ai vari aspetti delle rappresentazioni sociali. Gli assunti di Doise (2) Esempio: la mappa mentale dei paesi della terra non prescinde da una organizzazione degli stessi secondo la loro collocazione geografica in un campo organizzato nelle dimensioni Nord-Sud-Ovest-Est. Si può immaginare che le categorie sociali che privilegiano una prospettiva economica attribuiscono un significato particolare all'opposizione Nord-Sud e tenderanno a organizzare la mappa sulla base di questa opposizione. AI contrario le categorie sociali più significative nell'ambito politico privilegeranno la dimensione che oppone Est e Ovest. Per cogliere la diversità delle prese di posizione che modulano le possibili organizzazioni del campo descritto occorre individuare i principi organizzatori delle differenze individuali in un campo rappresentazionale (nell'es. o quello economico, o quello politico). Gli assunti di Doise (3) Il terzo assunto sostiene che le differenze fra le prese di posizione individuali siano ancorate alle appartenenze a gruppi e alle realtà simboliche che questi elaborano, a esperienze socio psicologiche condivise in diversa misura dagli individui, alle loro credenze circa la realtà sociale. LEZIONE 14 SVILUPPI RECENTI: L'IMPOSTAZIONE SOCIO-DINAMICA (56) Le differenze (1) Una tale rielaborazione della teoria delle rappresentazioni si differenzia in modo consistente dalla scuola di Aix-en-Provence. La scuola di Ginevra definisce in modo più puntuale: 1) il rapporto fra oggettivazione e ancoraggio. • l'oggettivazione (= un concetto astratto si trasforma in un'immagine o uno schema) rende più familiari i concetti astratti, ma rischia di banalizzarli e di separarli dal resto del contesto. • Esempio: la ricerca sulle rappresentazioni della malattia mentale (Di Giacomo 1987). • I poli di questa rappresentazione si riferiscono agli: • à individui normali (cui sono associati gli aggettivi calmo, equilibrato, sicuro, coerente, ecc.); • à ai folli (strano, originale, agitato,ecc.); • àai malati (sofferente, dipendente, debole, ecc.). • Occuparsi di rappresentazioni sociali solo in termini di oggettivazione. • Rischia di stravolgere il senso dei fenomeni studiati. • Per quel che riguarda l'ancoraggio, Doise ne distingue tre tipi diversi: • sociologico (all'interno di un quadro ben definito di rapporti sociali); • sociopsicologico (in rapporto all'appartenenza a gruppi o categorie); • psicologico (in rapporto alle proprie credenze e sistemi di valori). 2) concetto di atteggiamento si amplia il loro significato. Se la social cognition considera gli atteggiamenti come la presa di posizione di un individuo o un gruppo nei confronti di un oggetto, Doise ne evidenzia anche gli elementi funzionali (= il come si fa) e normativi (= il come dovrebbe essere). LEZIONE 15 LA DEFINIZIONE DEL SÉ (57) INTRODUZIONE ALLA LEZIONE 15 In questa lezione 15 affronteremo il tema della soggettività dell'attore sociale, analizzando i contributi più strettamente pertinenti alla psicologia sociale. In particolar modo: • James (1893) che ha introdotto la nozione di Sé; • Mead (1934) che si è posto come obiettivo di descrivere il processo attraverso cui si forma la capacità di conoscere il Sé. La centralità dell'Io e del Sé - James, 1893 (1) William James (1893) ha introdotto la nozione di Sé con lo scopo di chiarire il modo in cui il mondo mentale (interno) e il mondo degli oggetti, delle persone, degli eventi (esterno, sociale) si articolano fra di loro. James sostiene che è necessario distinguere due componenti nel sé: • lo: soggetto consapevole, in grado di conoscere, prendere iniziative e riflettere su di Sé. La centralità dell'Io e del Sé - James, 1893 (2) • Me: quanto del Sé è conosciuto dall'Io (il modo in cui mi vedo quello che vedo di me, percepisco di me). Il Me contiene gli elementi costituenti, le qualità reali che definiscono il sé conosciuto. Include una componente materiale (il Me corporeo: il corpo così come è percepito e autorappresentato dal soggetto stesso, le cose che il soggetto possiede), una sociale (il Me in rapporto con gli altri: come il soggetto si vede nel rapporto con gli altri) e una spirituale (il Me consapevole e capace di riflessione: il sapersi consapevole, capace di pensare e di riflettere su di sé, di funzionare

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sulla base di determinati meccanismi psicologici). LEZIONE 15 LA DEFINIZIONE DEL SÉ (58) La struttura gerarchica del Me Secondo James ognuno organizza il contenuto del Me in una struttura gerarchica che assegna valori diversi ai costituenti materiali, sociali e spi ritua li. Il Me corporeo è in fondo a tale gerarchia, il Me spirituale alla sommità e i vari Me materiali extracorporei e sociali nel mezzo. L'autore non contempla possibili variazioni in questa gerarchia tra individui diversi: fa riferimento a un concetto del Sé piuttosto rigido. Il contatto con la realtà L'individuo secondo James è consapevole dell'Io come componente del Sé che continuamente interpreta e organizza il contatto con la realtà attraverso tre modalità: • Continuità: l'esperienza di continuità dell'Io costituisce la base del sentimento di identità • Distinzione: l'esperienza di distinzione è il fondamento del sentimento di individualità • Volizione: l'esperienza di volizione è il sentimento di partecipare attivamente alla propria esperienza James sottolinea che le relazioni sociali hanno un ruolo importantissimo nella definizione del Sé, in particolare nella componente del Me sociale. La matrice sociale dello sviluppo del Sé - Mead, 1934 (1) Il filosofo comportamentista e sociologo Mead (1934) si è posto come obiettivo di descrivere il processo attraverso cui si forma la capacità di conoscere il Sé. Egli sostiene che il Sé non esiste alla nascita in quanto per emergere sono necessarie due condizioni: • la capacità di produrre e rispondere a simboli; • la capacità di assumere gli atteggiamenti degli altri. La matrice sociale dello sviluppo del Sé - Mead, 1934 (2) Soltanto quando un individuo può fare riferimento con simboli agli oggetti del proprio ambiente può definire il Sé come uno di questi oggetti. Un organismo biologico, giunto a un adeguato livello di maturazione del sistema nervoso, diventa individuo dotato di mente e di Sé attraverso il linguaggio. Il linguaggio è lo strumento che permette a un insieme di organismi biologici di partecipare a un atto sociale. Il linguaggio permette inoltre di indicare gli oggetti e in particolare il Sé con un nome assegnato dagli altri e utilizzato anche dall'individuo, e l'uso dei pronomi: io, me, il mio. Con questo minimo di capacità linguistiche è possibile differenziare il Sé come uno degli oggetti del proprio mondo. LEZIONE 15 LA DEFINIZIONE DEL SÉ (59) La conversazione di gesti Prima di acquisire capacità linguistiche vere e proprie gli individui compiono azioni costituite da gesti che guidano il compimento dell'atto. Mead parla di "conversazioni di gesti" per riferirsi a una comunicazione costituita da uno scambio coordinato di azioni: uno agisce in base a quello che l'altro fa. I gesti in questo caso sono simbolici perché indicano dei significati. Dal sistema di gesti simbolici si passa al linguaggio quando i significati diventano organizzati nella mente e condivisi. L'individuo diventa in grado di interpretare il significato del proprio gesto, di quello degli altri e di conseguenza di controllare i propri gesti. La mente sociale Quando l'individuo può usare intenzionalmente i simboli ha acquisito una mente. La mente è la capacità di indicare a se stessi la risposta che il proprio gesto induce negli altri: controllare il proprio gesto al fine di comunicare. Secondo Mead la mente è sociale: il bambino osserva i comportamenti degli altri nei propri confronti e ne inferisce che tipo di oggetto egli è. Il Sé si costituisce nella capacità dell'individuo di divenire oggetto a se stesso e ciò avviene nel processo di assunzione dei ruoli altrui e delle prospettiva altrui. L'assunzione di ruoli (1) Secondo Mead, il processo di assunzione dei ruoli e della prospettiva altrui si realizza attraverso due stadi successivi: • Gioco semplice (play): il bambino è in grado di assumere, in successione temporale, i ruoli di persone presenti nel suo ambiente sociale: gioca per esempio ad essere la mamma o il dottore. Così facendo comincia a divenire oggetto a se stesso in quanto si osserva dal ruolo che ricopre: gioca per esempio a vendersi qualcosa e l'acquista, parla a se stesso nelle vesti della mamma. Ma in questa fase la situazione sociale vista come un tutto non è ancora interiorizzata; il bambino si costruisce così soltanto dei Sé parziali, non organizza se stesso in un insieme organico. L'assunzione di ruoli (2) • Gioco organizzato (game): il bambino assume contemporaneamente i ruoli di tutti i partecipanti al gioco. Ciò implica la

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possibilità di poter svolgere il proprio ruolo in modo coordinato con gli altri. La differenza fondamentale tra gioco semplice e gioco organizzato consiste nel fatto che nel primo caso il bambino assume uno dopo l'altro, in successione temporale, i ruoli di persone, mentre nel secondo caso egli deve avere in sé gli atteggiamenti di tutti gli altri partecipanti a quel determinato gioco contemporaneamente. In quest'ultimo caso egli deve interiorizzare gli atteggiamenti generali del gruppo. Si costituisce quello che Mead chiama l'Altro Generalizzato. LEZIONE 15 LA DEFINIZIONE DEL SÉ (60) L'Altro generalizzato Il processo di interiorizzazione degli atteggiamenti generali della comunità permette la costituzione dell'Altro generalizzato. Per Altro Generalizzato Mead intende la comunità o il gruppo sociale organizzato che gli permettono di costruire l'unità del proprio Sé. La costruzione dell'Altro Generalizzato è atto di assunzione di ruoli nella sua universalità. Attraverso questo processo l'individuo acquisisce la sicurezza che il mondo ha la stessa apparenza anche per gli altri. Egli trascende la sua esperienza personale e grazie alla comunicazione scopre che la sua esperienza è condivisa da altri. In questo confronto l'individuo diventa capace di distinguere la sua esperienza privata. Assumendo l'atteggiamento dell'Altro Generalizzato l'individuo diviene un membro organico e cosciente della società. Il Sé nasce dall'interazione fra lo e Me (1) il Me riflette la società e le sue aspettative; l'Io costituisce la parte creativa del Sé, attraverso cui l'individuo può agire sulla struttura sociale. Il Sé nasce dall'interazione fra lo e Me (2) Ogni azione dell'individuo produce qualche cambiamento nella struttura sociale, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di cambiamenti limitati. Secondo Mead si deve focalizzare lo studio del Sé sulla comprensione che ogni individuo ha sia del me che dell'Io. Lo studio del Me è la comprensione di sé come oggetto, mentre lo studio dell'Io concerne il Sé che conosce e cioè la concezione che ha il soggetto delle proprie esperienze di continuità, distinzione, volizione e riflessione su di sé. LEZIONE 16 LO SVILUPPO DEL SÉ (61) INTRODUZIONE ALLA LEZIONE 16 In questa lezione 16 continueremo ad affrontare il tema della soggettività dell'attore sociale, analizzando altri contributi sempre strettamente pertinenti alla psicologia sociale. In particolar modo: • Asch (1955) che ha analizzato l'Io e il Sé nella prospettiva gestaltista; • Lewin (1935) che ha dato un contributo fondamentale nella prospettiva gestaltista; • Neisser (1988) che ha analizzato la questione dei processi e delle forme di conoscenza di sé è stata oggetto di ricerca. L'Io e il Sé nella prospettiva gestaltista - Asch, 1955 (1) Asch (1955) afferma che non si può parlare a lungo dell'Io senza introdurre il Sé. Asch ha rielaborato le posizioni gestaltiste sull'importanza dell'io distinguendo tra: • lo fenomenico o Sé: complesso di vissuti e qualità che l'individuo ritiene pertinente a se stesso. Questo termine sta a designare gli aspetti fisici e psicologici dell'Io che ogni soggetto assume a livello di coscienza a un momento dato. • lo reale o transfenomenico: l'Io nella sua completezza oggettiva. L'Io e il Sé nella prospettiva gestaltista - Asch, 1955 (2) Questo significa che il Sé non comprende tutto quanto è proprio dell'Io: l'Io transfenomenico è precedente e più ampio del Sé. Ci possono essere differenze rilevanti fra come una persona è descritta dalle scienze fisiche o biologiche e come percepisce se stessa. Il Sé è qualcosa di originale rispetto agli altri oggetti del campo psicologico: è unico perché ad un tempo soggetto ed oggetto dell'esperienza: l'Io può rivolgersi a se stesso come a un tu, può cioè parlare con se stesso a volte in modo amichevole e altre volte in modo esigente. In conseguenza di ciò ogni individuo elabora un Sé ideale, corrispondente a come vorrebbe essere agli occhi propri e del suo mondoLa costruzione del Sé Il Sé si forma attraverso le relazioni con gli altri e con le realtà fisiche e istituzionali. Il bambino si affaccia nel mondo in modo attivo: è curioso della realtà che incontra, esprime bisogni e desideri che possono essere comprensibili da chi si prende cura di lui ed è in condizione di rispondergli. A seconda delle risposte che riceve il bambino esperisce sentimenti di gratificazione, di rabbia, di fiducia, di collera, di amore o di

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aggressività che implicano evidenti riferimenti sia a sé che agli altri. Nello stesso tempo i suoi interlocutori si rivolgono a lui come ad un essere pensante e cosciente: il bambino se ne rende conto e percepisce di avere una esistenza per gli altri. Ne consegue che, essendo oggettivo per gli altri, diventa oggettivo anche per se stesso. La dinamica della persona - Lewin, 1935 (1) Lewin ha il merito di aver elaborato la concezione gestaltista dell'Io come entità complessa che consta di una molteplicità di parti a un tempo autonome e interdipendenti. La motivazione al raggiungimento di uno scopo comporta uno stato di tensione psicologica, che non riguarda l'Io nella sua totalità ma alcuni sottosistemi, e che viene superato quando l'obiettivo viene raggiunto. Ogni volta che l'individuo è motivato a raggiungere uno scopo il suo apparato psichico entra in uno stato di tensione. La dinamica della persona - Lewin, 1935 (2) Tale stato di tensione si risolve soltanto se e quando l'obiettivo perseguito viene raggiunto. Esempio: "effetto Zeigarnik": L'interruzione di un compito durante la sua esecuzione, provocando uno stato di tensione, rende migliore il ricordo di tali attività rispetto a compiti completati. I processi motivazionali non devono essere mai considerati isolati gli uni rispetto agli a Itri.L'apparato mentale è un entità attiva continuamente motivata a raggiungere gli obiettivi di adattamento o di realizzazione. Lewin ha anche chiarito che lo stato di tensione connesso a una intenzione specifica (proposta, bisogno) non riguarda l'Io nella sua totalità, ma soltanto una parte di esso. L'Io come entità complessa (1) L'Io costituisce una entità complessa costituita da sottosistemi interdipendenti ma allo stesso tempo relativamente autonomi, caratterizzati da confini più o meno fluidi. Tali sottosistemi si sono differenziati nel corso dello sviluppo e sono fra loro organizzati pur mantenendo una relativa indipendenza. L'Io come entità complessa (2) Ogni stato di tensione riguarda uno o più sottosistemi. Può accadere che quando uno stato di tensione coinvolge diversi sottosistemi, il raggiungimento di un obiettivo parziale risolva lo stato di tensione di uno soltanto o dei sottosistemi implicati. Lewin ha esposto questa teoria e l'ha in seguito confermata empiricamente dirigendo una serie di ricerche che i suoi allievi condussero nel laboratorio berlinese degli psicologi della Gestalt. La conoscenza del Sé - Neisser, 1988 L'affermarsi in psicologia dell'impostazione cognitivista ha rilanciato gli studi e la ricerca sui diversi processi e le forme di conoscenza del Sé. In particolare la psicologia dello sviluppo e la psicologia sociale hanno approfondito questo campo di studi. Una sintesi assai efficace sui progressi compiuti dagli studi sulla conoscenza di Sé è stata messa a punto da Neisser (1988), come emerge dalle successive slide. Il Sé ecologico (1) Riguarda come il Sé è percepito in rapporto all'ambiente fisico; il Sé ecologico ha origine dalla percezione che ogni individuo ha delle parti che può vedere del proprio organismo posto fra gli altri oggetti dello spazio percettivo. Gli studi sulla percezione infantile hanno dimostrato che il Sé ecologico compare molto precocemente nell'esperienza di ognuno. A partire dai 3 mesi di età il bambino percepisce lo stesso tipo di mondo che noi percepiamo: un mondo fatto di oggetti distinti, solidi, permanenti di cui il proprio Sé è uno. I bambini rispondono all'apparire e al fluire dello stimolo visivo fin da un'età molto precoce, discriminano tra loro gli oggetti e distinguono facilmente le conseguenze immediate delle proprie azioni da eventi di altro tipo. Il Sé ecologico (2) La percezione di Sé, tuttavia, si sviluppa e può diventare più adeguata con l'aumento dell'età e delle competenze. Il Sé ecologico non è necessariamente un oggetto del pensiero; i bambini molto piccoli non hanno rappresentazioni di Sé interne di cui essere consapevoli. Il Sé ecologico è direttamente percepito. Importante per il Sé ecologico, oltre alla percezione visiva, è l'osservazione. I bambini molto piccoli amano guardare le proprie mani che si muovono e possono distinguere in tempo reale, su uno schermo tv, le proprie gambe che si muovono da quelle di un altro coetaneo. Il Sé ecologico come l'ambiente ha un'esistenza oggettiva. Il Sé interpersonale (1) È il Sé coinvolto in un'interazione immediata con un'altra persona; del Sé interpersonale ci si rende conto fin dalla prima infanzia. Viene individuato grazie a segnali

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riguardanti rapporti emozionali e comunicativi. È in altre parole il Sé coinvolto in una interazione immediata e non riflessa con un' altra persona. Compare precocemente: già a 2-3 mesi esiste una coordinazione nelle interazioni madre - bambino che crea intersoggettività. Il Sé interpersonale (2) Madre e figlio interagiscono sia nell'azione sia negli stati d'animo in modo immediato e coerente: le loro attività reciproche sono strettamente coordinate nel tempo. La consapevolezza del Sé interpersonale quasi sempre si accompagna a quella del Sé ecologico. La percezione interpersonale è ben presto accompagnata, nel procedere dello sviluppo, da altre forme di conoscenza. Il bambino impara che gli altri non partecipano soltanto alle interazioni, ma hanno credenze, intenzioni, sentimenti propri LEZIONE 17 LO SCHEMA DI SÉ (65) INTRODUZIONE LEZIONE 17 In questa lezione 17 affronteremo: • altri tipi di conoscenza di sé secondo la prospettiva di Neisser; • la prospettiva della social cognition focalizzandoci su: lo schema di Sé; schemi di Sé positivi e negativi e le funzioni regolatrici del Sé ; • introdurremo il primo processo fondamentali di regolazione del Sé: Sé operativo. Il Sé esteso Si definisce in rapporto a esperienze significative del passato e a aspettative per il futuro; è il Sé come era nel passato e come ci aspettiamo sia in futuro. Si basa principalmente su quanto ricordiamo e quanto anticipiamo. Il bambino di tre anni che ricorda come si svolgono molte routine familiari, nel momento in cui non sono eseguite mostra di essere consapevole dell'esistenza di Sé al di fuori del momento presente, dunque del Sé esteso. Il Sé esteso diventa sempre più importante nel corso della crescita. Il Sé privato Riguarda la consapevolezza che alcune esperienze non sono condivise con altri; si manifesta quando il bambino si accorge, per la prima volta, che alcune delle sue esperienze non sono condivise con gli altri: Ilio" sono la sola persona che può sentire questo unico e particolare sentimento o gioia, o paura, o dolore. È ancora oggi difficile dire quando il bambino si accorge che certe esperienze sono esclusivamente sue. La maggior parte degli studi mostra che verso i 4 anni e mezzo il bambino diviene consapevole che la sua vita mentale è esclusivamente sua. Non soltanto abbiamo esperienze private, ma le ricordiamo anche, arricchendo così il Sé estesoIl Sé concettuale (1) È costituito da un insieme di assunzioni o sub-teorie che riguardano i ruoli sociali (ad es., essere padre), il corpo, la mente, nonché tratti che l'individuo si attribuisce (ad es., essere intelligente). Ogni concetto di Sé si forma nella vita sociale, così in ogni società e cultura vi sono concetti di Sé diversi. Anche all'interno di una stessa cultura ognuno definisce in modo diverso dagli altri il proprio concetto di Sé. Il Sé concettuale (2) Ma le differenze non sono così rilevanti e sono riferibili a un numero determinato di variabili che definiscono le somiglianze e le differenze fra gli oggetti sociali significativi di tale cultura. Il concetto di Sé come tutti i concetti è definito in rapporto a una rete di altri concetti, cioè a una teoria. Il concetto di Sé tende a guidare quello che ciascuno rivela di se stesso. Il sé concettuale si distingue da gli altri quattro aspetti del Sé per il fatto che si costruisce soprattutto su idee elaborate nel sociale e comunicate verbalmente. Il Sé concettuale non è il solo Sé di cui disponiamo, ma la sua rilevanza è assai elevata. Il comportamento sociale Il comportamento sociale è modellato non solo dalle qualità direttamente percepite dalle interazioni concrete, ma anche dalle nostre teorie concernenti il modo in cui ci mettiamo in rapporto con gli altri. Il Sé diviene un oggetto privilegiato nell'esperienza quotidiana di ognuno, il punto di riferimento a cui ogni esperienza è ricondotta. LEZIONE 17 LO SCHEMA DI SÉ (67) Lo schema di Sé (1) Uno schema di Sé si costruisce nel momento in cui l'individuo utilizza in modo prevalente una dimensione specifica per caratterizzare se stesso e la considera particolarmente rilevante per sé in quel contesto. Si tratta dunque di componenti centrali del concetto di Sé. Le funzioni che questi schemi ricoprono sono quelli di consentire all'individuo un rapido recupero di informazioni dalla memoria grazie al quale egli può identificare rapidamente ciò che è e ciò che non è, nonché prevedere e orientare il proprio comportamento. Lo schema di Sé (2) Esse inoltre guidano

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il processo inferenziale: a partire dalle informazioni contenute in uno schema di Sé l'individuo trae conclusioni su se stesso anche relativamente a aspetti a questo associati. Gli schemi di Sé sono caratterizzati da disponibilità (effettiva presenza o meno dello schema nella memoria) e da accessibilità (rapidità di recupero dello schema adeguato in una situazione data). Lo schema di Sé (3) Esempio: le dimensioni del concetto di Sé a cui si riferiscono gli schemi possono essere profondamente diversi da persona a persona: Claudio si definisce in primo luogo una persona ordinata e su questa dimensione ha elaborato uno schema di Sé particolarmente puntuale, mentre per Fabio questo aspetto è del tutto indifferente, egli non saprebbe dire con sicurezza se si ritiene una persona ordinata o meno, la dimensione gli appare irrilevante per la rappresentazione che ha di se stesso. In un eventuale compito di autodescrizione Claudio fornirebbe una risposta rapida e sicura alla domanda "Ouanto l'aggettivo ordinato ti descrive?", mentre Fabio riporterebbe tempi di latenza di risposta superiori. LEZIONE 17 LO SCHEMA DI SÉ (68) Gli schemi di sé negativi Non tutti gli schemi di Sé sono positivi, ognuno ha concezioni molto precise anche sui propri attributi negativi. In questo caso il soggetto identifica rapidamente i tratti che non lo caratterizzano, mentre fatica a riconoscere quelli che possiede. Esempio: chi si considera pigro può arrivare rapidamente a dire che non è iperattivo e infaticabile, ma impiega più tempo a identificare come tratto proprio il fatto di essere indolente, sonnolento e così via. Le funzioni regolatrici del Sé I teorici della social cognition si sono occupati delle funzioni regolatrici del Sé, cioè del modo in cui i soggetti assumono il proprio Sé come riferimento per controllare e dirigere le proprie azioni. In questa prospettiva il concetto di Sé è considerato un'entità relativamente stabile, anche se è stato accertato che diverse dimensioni salienti del Sé possono cambiare in modo rilevante in rapporto ai fattori situazionali. Le componenti che assumono una funzione regolatrice sono evidenziate nelle slide successive. Sé operativo La nozione che concilia l'aspetto della flessibilità in riferimento ai contesti con quello di relativa stabilità del concetto di Sé è quello di Sé operativo (o working-self): la parte di conoscenza di sé attivata in una situazione precisa. Non tutta la conoscenza di Sé è sempre accessibile: quello che è accessibile è un sottoinsieme di informazioni e schemi di Sé compresi nel repertorio di cui il soggetto dispone. Tale specifico sottoinsieme è messo a fuoco dalla conoscenza del soggetto in rapporto con le caratteristiche della situazione contingente e costituisce il Sé operativo. Il Sé operativo è sempre attivo e si modifica in rapporto alle riflessioni su di sé che fa il soggetto, ai bisogni personali e alle esigenze situazionali. I SÉ POSSIBILI (69) INTRODUZIONE LEZIONE 18 In questa lezione 18 affronteremo: • gli altri 2 processi fondamentali di regolazione del Sé: • sentimento di efficacia del sé; • gestione delle impressioni. • Markus e Nurius (1986): I Sé possibili • Higgins (1987): le discrepanze del Sé • il sé nelle diverse culture: distinzione fra sistemi socio-culturali • le culture individualiste Il sentimento di efficacia del Sé (1) Accanto al concetto di Sé operativo assume una funzione regolatrice il Sentimento di efficacia del Sé: la convinzione dell'individuo di poter eseguire un certo compito con successo aumenta l'impegno effettivo (Bandura, 1986). Quanto più l'individuo si sentirà efficace in un ambito problematico tanto più si sforzerà di farcela e sarà tenace nel suo impegno. Chi invece avrà fin dall'inizio la sensazione di trovarsi di fronte a difficoltà insuperabili abbandonerà ben presto l'impegno considerando inutile ogni sforzo. Il sentimento di efficacia del Sé (2) Quando una situazione attuale o attesa sembra troppo difficile il soggetto tende a evitarla o comunque a affrontarla con scarso impegno. È evidente che questo atteggiamento prepara all'insuccesso che pure egli vorrebbe evitare. Se di fronte alle stesse difficoltà un soggetto sente che vale la pena di impegnarsi perché, sia pure con fatica, il risultato potrà essere positivo, le probabilità di riuscita sono decisamente più elevate. La presentazione del Sé Un altro dei processi fondamentali di regolazione del Sé è costituito dalla presentazione di Sé e gestione delle impressioni. Per dare un'impressione di sé

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favorevole, le persone controllano il proprio comportamento in modo che sia appropriato al contesto e sia conforme alle norme situazionali implicite. Ciascuno di noi cerca di fare buona impressione sugli altri e la capacità di assumere il punto di vista dell'interlocutore per capire come egli ci vede fa parte delle competenze sociali che sviluppiamo nel corso delle interazioni. I Sé possibili - Markus e Nurius, 1986 (1) Gli schemi di Sé sono il frutto dell'esperienza passata e presente, ma nel concetto di Sé sono rappresentate anche concezioni ipotetiche di Sé che il soggetto percepisce come aspetti del Sé realizzabili nel futuro. Markus e Nurius (1986) riprendono il tema dei Sé possibili affrontato in passato dalla psicologia clinica e dalla psicologia della personalità. I Sé possibili, secondo le autrici, rappresentano le idee degli individui circa quello che possono diventare, che vorrebbero diventare, che temono di diventare. Costituiscono, per il rapporto che creano fra il presente del Sé reale e il futuro da perseguire o da evitare, una connessione fra cognizioni e motivazioni. I Sé possibili - Markus e Nurius, 1986 (2) I Sé possibili sono le componenti cognitive delle speranze, delle paure, degli scopi. Questi costituiscono delle guide per l'azione tanto più efficaci quanto più sono chiari, non troppo difficili da raggiungere e focalizzati attorno al Sé. I Sé possibili sono dunque importanti perché funzionano come incentivi per il comportamento rivolto al futuro, ma anche perché rendono disponibile agli attori sociali un quadro di riferimento valutativo e interpretativo per dare un giudizio immediato sul proprio SéL'ottimismo irrealistico In genere il contenuto dei Sé attesi risulta positivo, è quello che nella letteratura scientifica viene definito come ottimismo irrealistico. È la tendenza che ogni persona ha a sottovalutare la probabilità che eventi negativi possano accadere proprio a sé stessi rispetto alla valutazione della probabilità che accadano a altri. Questa distorsione sistematica di giudizio è stata interpretata in termini motivazionali e cognitivi Le interpretazioni motivazionali e cognitiviste Le interpretazioni motivazionali fanno riferimento al bisogno di ridurre l'ansia del rischio e di mantenere un buon livello di autostima grazie all'illusione di poter controllare gli eventi. Le interpretazioni di stampo cognitivista invece fanno riferimento all'euristica della disponibilità: quando una persona deve formulare la stima di probabilità che accada un certo tipo di evento nel futuro, lo fa a partire dal numero di esempi di eventi dello stesso tipo già occorsi in passato. Per questa ragione se pensa a se stessa finisce per sottostimare tale possibilità rispetto a quando pensa a una categoria di persone. Le discrepanze del Sé - Higgins, 1987 (1) Gli studi di Higgins (1987) offrono un'altra prospettiva sul modo in cui la gente pensa di essere o di poter essere. L'autore ha messo in rilievo le discrepanze del Sé: • Sé reale: l'individuo ha una rappresentazione di come è; • Sé ideale: di come gli piacerebbe essere; • Sé normativo: di come dovrebbe essere. Le discrepanze del Sé - Higgins, 1987 (2) Ogni discrepanza provoca un coinvolgimento emotivo più o meno rilevante nel soggetto; talvolta un tale stato cognitivo-emotivo spinge a mettere in atto azioni costruttive per ridurre la discrepanza. Se la discrepanza tra Sé reale e Sé ideale (es: sono grassa e vorrei essere più magra; sono timido e vorrei essere più brillante), tuttavia, non è risolta, l'individuo vive emozioni più o meno intense connotate nel senso dello scoraggiamento: insoddisfazione, tristezza, delusione. Se non è superata la discrepanza tra Sé reale e Sé normativo (es: sono pigro e dovrei essere più attivo; sono lento e dovrei essere più svelto), invece, il soggetto proverà più emozioni connotate nella direzione dell'agitazione: paura, senso incombente di minaccia, irrequietezza e ansia. LEZIONE 18 I SÉ POSSIBILI (72) Distinzione fra sistemi socio-culturali Lo sviluppo del senso del Sé è un processo non solo interpersonale, ma anche strettamente connesso alle idee condivise nei gruppi e nelle culture circa cosa significhi essere una persona come si deve, appropriata e morale. Oyserman e Markus sostengono che questo problema diventa oggetto di una vera e propria elaborazione di rappresentazioni sociali del Sé differenziate nelle varie culture. Per dimostrare questa affermazione hanno operato un confronto del modo in cui le persone costituiscono e organizzano la conoscenza di Sé sulla

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base di una distinzione principale fra i sistemi socioculturali: quella fra le culture individualiste e le culture collettiviste. Le culture individualiste (1) Le varie culture elaborano diverse rappresentazioni sociali che riguardano le caratteristiche ritenute appropriate e positive del Sé. Le culture individualiste sono prevalentemente quelle occidentali e sono basate sue principali caratteristiche: • il Sé è l'unità di base; • La società è un insieme di individui autonomi e indipendenti; Le culture individualiste (2) Il principale compito di sviluppo è il raggiungimento di un senso di realizzazione personale; per questa ragione l'attenzione degli individui è focalizzata su obiettivi di successo personale. In questo tipo di cultura si tendono a valorizzare i processi mentali come l'astrazione, l'intelligenza e la competenza personale. L'elaborazione della propria unicità è alla base dell'identità: la distinzione più saliente è fra Sé e non-Sé, e in seconda istanza fra ingroup e outgroup. Nelle caratteristiche ideali la rappresentazione qui delineata come tipica di un sistema individualista è una concezione propria soprattutto di occidentali bianchi che vivono in ambiente urbano, di classe media e laici. LEZIONE 19 IL SÉ NELLE CULTURE (73) INTRODUZIONE LEZIONE 19 In questa lezione 19 continueremo ad analizzare il sé nelle diverse culture: distinzione fra sistemi socio-culturali prendendo in considerazione le culture collettiviste. Affronteremo il tema dell'identità attraverso: • la teoria di Marcia (1980); • il modello di Codol, 1980. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Le culture collettivistiche (1) Le culture collettivistiche, per lo più quelle orientali, hanno le seguenti ca ratteristiche: • il gruppo è l'unità di base; • la società è vista come un insieme di gruppi sociali; Il principale compito di sviluppo è il raggiungimento di obiettivi comuni: mantenimento di credenze e atteggiamenti condivisi dal gruppo e degli obblighi sociali che regolano bisogni e desideri degli individui; Le culture collettivistiche (2) L'identità è organizzata intorno al senso di affiliazione e le differenze personali sono concepite come specifiche alla situazione. L'unicità dell'individuo deriva piuttosto dalla configurazione di relazioni che egli intrattiene. In questo tipo di società si valorizza la costanza, la persistenza nel compito, lo sforzo. La distinzione più saliente è fra ingroup e outgroup: ostilità a priori nei confronti dell'outgroup. IL SE' NELLE CULTURE Le differenze tra le due culture In società a sempre più alta mobilità come le nostre il problema posto da queste differenze risulta sempre più rilevante quando un individuo si muove da un contesto culturale all'altro. Persone che passano da un contesto collettivista a uno individualista sperimentano pressioni sociali alla ridefinizione di Sé nel quadro di sistemi di rappresentazione in contrapposizione fra loro. I gruppi sociali di cui entrano a far parte sono portatori di sistemi di credenze che definiscono in modo diverso dalla cultura di origine che cosa è una persona adeguata, quali sono i comportamenti appropriati, che cosa è morale. LEZIONE 19 IL SÉ NELLE CULTURE (74) L'identità - Marcia, 1980 Marcia ha focalizzato la sua attenzione sui diversi stati dell'identità che ogni adolescente elabora nella realtà in cui è inserito. Ogni stato è definito su due dimensioni: • l'esplorazione di alternative possibili di scelta nell'area del lavoro, della politica, della religione, dei ruoli sessuali e della sessualità; • l'impegno, il coinvolgimento verso l'alternativa prescelta. Gli stati dell'identità (1) In rapporto a quanto afferma Marcia gli stati dell'identità sono quattro: • Acquisizione dell'identità: l'individuo raggiunge questo stato attraverso un processo di esplorazione di varie alternative possibili a cui segue l'impegno in rapporto ai ruoli sociali prescelti. Gli stati dell'identità (2) • Blocco dell'identità: l'individuo si impegna in certi ruoli e valori ispirati alle figure di identificazione infantili, in assenza di una fase precedente di conflitto ed esplorazione. I soggetti che raggiungono sia lo stato di acquisizione sia dell'identità che quello di blocco dell'identità hanno tutti assunto impegni in rapporto a precisi ruoli sociali. Ma mentre i primi hanno assunto il loro impegno dopo una esperienza di esplorazione di varie possibili alternative

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(cioè dopo una crisi), quelli in stato di blocco hanno evitato tale fase di incertezza e conflitto adottando ruoli e valori ispirati dalle figure di identificazione infantile. Esempio: i figli di professionisti che, senza alcun apparente problema, assumono i valori, le competenze e lo stile di lavoro di uno dei genitori illustrano molto bene questo stato di blocco dell'identità. LEZIONE 19 IL SÉ NELLE CULTURE (75) Gli stati dell'identità (3) • Moratoria: l'individuo non attua alcun impegno preciso ma procede nello sforzo di esplorazione della realtà, in questo è guidato dalle capacità sintetiche dell'Io, alla ricerca di ruoli sociali convenienti alle proprie aspirazioni. • Diffusione dell'identità: l'individuo passa da una identificazione momentanea all'altra, senza sviluppare alcun reale interesse e senza impegnarsi in alcun ruolo. Il modello di Codol, 1980 (1) Un modello che illustra in una prospettiva marcatamente sociocognitiva l'interdipendenza fra i concetti di Sé e di Identità è stato elaborato da Codol. Il sentimento di identità personale si basa su: • il Sé come oggetto unico, il sentimento della differenza. Non vi è rappresentazione di Sé se l'individuo non può identificare un certo oggetto come se stesso. Questa identificazione suppone che l'individuo possa concepirsi come oggetto particolare, diverso da ogni altro. La percezione di Sé, quindi, esprime necessariamente il riconoscimento che un individuo ha di essere diverso da ogni altro oggetto e da quegli altri oggetti particolari che sono le altre persone. Il sentimento di differenza è essenziale alla presa di coscienza di Sé; Il modello di Codol, 1980 (2) • coerenza e stabilità dell'immagine di Sé, il sentimento dell'unità e dell'identità con Sé stesso. L'organizzazione dei tratti in un insieme strutturato presenta sempre una certa coerenza, una certa stabilità, una certa costanza nel tempo. È questo il punto, in senso proprio, in cui è in gioco il sentimento di identità con se stessi. L'identità di un individuo è ciò che fa sì che egli si senta lo stesso nello spazio e nel tempo. LEZIONE 19 IL SÉ NELLE CULTURE (76) ESERCITAZIONE 11 Le fonti di conoscenza del sé (valida come approfondimento da portare alt'esame) Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è la riflessione sulla nozione di identità dell'Io. In particolare modo, è utile sottolineare come le fonti di conoscenza del sé sono molteplici. Possono infatti derivare da: comportamenti, pensieri e sentimenti, reazioni degli altri e confronto sociale. Ognuno di questi porta a un'inferenza diversa. Gli individui poi cercheranno di arrivare alla formazione di un concetto di sé coerente e stabile in modo di conciliare le incongruenze. Le strategie per raggiungere la coerenza sono: accessibilità, memoria selettiva, attribuzione, focalizzazione su un tratto chiave. Vi propongo ora uno schema da compilare pensando a una situazione accaduta recentemente. Nella slide successiva, è possibile visualizzare lo schema completato con un esempio. LA FONTE DELLA CONOSCENZA DEL SE' Fonte della conoscenze del sé Confrooto $OCrale Comporlgmel1l0 Infc..-onza rtsuttante COME SONO VERAMENTE? Strategia per conseguire la coerenza focalizzazione su un trittto ~ Accessrbr/lf.i Memorar setettrVil Risultato concerto di sé LA FONTE DELLA CONOSCENZA DEL SE' IFome dolla conosoenza det sé ComQOrlamento eenSlen é sentlment, Es esco spesso con i Es se devo partare di fronte a sconoscnm mi sento In ansra I Inferenza risultante Es. sono estroversa Es sono timida Es. sono estrwerrsa Es sono timida COME SONO VERAMENTE? Stl'ategla per conseguire la coerenza Foçal'lzaZ/Q09 su un l@tto ~ Es. quando sono con persone che conosco (e capua molto spesso) mi sento estroverse Risultato concetto di sé Es. sono estroversa Es sono timida Es . sono estroversa Es sono timida LEZIONE 20 L'INTERAZIONE SOCIALE (77) INTRODUZIONE LEZIONE 20 In questa lezione 20 affronteremo il tema delle interazioni sociali. In particolar modo: • Caratteristiche del e relazioni significative; • prospettive dello studio delle relazioni sociali (teoria della interdipendenza e approccio cognitivo); • elaborazione di scale per quantificare i diversi tipi di sentimenti; • classificazione di Sternberg e Barnes; • formazione delle relazioni; • approcci di studio relativi alla soddisfazione delle relazioni

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(teoria dello scambio e teoria dell'equità) nella lezione 21. Le relazioni significative Lo studio delle relazioni affettive ha origine dal punto di vista teorico nell'eredità di Kurt Lewin, con l'idea che le relazioni non possano essere studiate a partire dagli individui che le intrattengono, ma dall'interazione fra: • le proprietà dei partner; • le proprietà delle situazioni (in termini di ambiente sia fisico sia sociale). Una relazione è significativa quando si basa su una forte interdipendenza fra i partner. Gli indicatori di interdipendenza consistono nel fatto che i partner influenzano i comportamenti reciproci e tale influenza non è limitata a qualche ambito ma estesa a molti contesti e tale influenza ha caratterizzato l'interazione da tempo. Sono stati molti i tentativi di classificare le relazioni i base a diverse caratteristiche. Due prospettive caratterizzano lo studio delle relazioni sociali teoria della interdipendenza (Kelley e Thibaut, 1959) e successivi sviluppi; approccio cognitivo (Baldwin, 1992). La teoria della interdipendenza (di matrice Lewiniana): considera l' interdipendenza come influenza reciproca tra i partner dell'interazione: influenza estesa a molti contesti e non limitata nel tempo. Studia i processi e i fattori causali che spiegano l'interazione come: • caratteristiche peculiari dei partner (es. personalità); • caratteristiche comuni dei partner (es. somiglianza di atteggiamenti); • caratteristiche dell'ambiente sociale (es. reti di rapporti in cui si inserisce la relazione; • caratteristiche dell'ambiente fisico (es. elementi di facilitazione). Metodo di studio più adeguato ricerca longitudinale. Approccio cognitivo Si focalizza sui tre componenti della struttura cognitiva dello schema di relazione: • il sé in relazione; • le credenze riguardanti il partner; • lo script interpersonale (sequenza attesa delle interazioni). Oggetti di studio: • somiglianze e differenze tra le rappresentazioni di sé e degli altri significativi; • componenti automatiche degli script di relazione. LEZIONE 20 L'INTERAZIONE SOCIALE (78) Misurazione tipologie relazioni Elaborazione di tassonomie per classificare le tipologie di relazioni. Tassonomie di tipo descrittivo: non individuano le cause o le conseguenze associate ai diversi tipi di relazioni Rubin (1973): Elaborazione di scale per quantificare i diversi tipi di sentimenti Liking scale: si propone di cogliere il grado di piacevolezza attribuito al partner in termini di affetto e rispetto. Gli item di questa scala sono per es: "questa persona è il genere di persona che io vorrei essere", "questa persona è una delle persone più piacevoli che io conosca". Altra scala di Rubin Love scale: intende operazionalizzare tre componenti: l'attaccamento (il bisogno della presenza fisica e del sostegno dell'essere amato), il prendersi cura (un sentimento di coinvolgimento rispetto all'essere amato che si manifesta attraverso l'interesse e il desiderio di aiutare e sostenere) e l'intimità (il desiderio di contatto stretto e confidenziale con l'essere amato in un'atmosfera di fiducia). Es. di item: "Sento che posso fidarmi di questa persona praticamente in ogni ambito", "perdonerei a questa persona praticamente tutto". La classificazione di Sternberg e Barnes (1) Una della classificazioni che ha conosciuto maggiore considerazione è quella proposta da Sternberg e Barnes, ovvero il triangolo dell'amore: l'amore ha tre componenti che entrano in diversa misuranei vari tipi di relazione. • componente emotiva: intimità (essa implica la comprensione reciproca, la complicità e il sostegno emotivo); • componente motivazionale: passione (ha natura emotiva e comprende l'attrazione fisica, il desiderio sessuale, la sensazione di essere innamorati); • componente cognitiva: livello di impegno/decisione verso il partner. La classificazione di Sternberg e Barnes (2) Le tre componenti individuate si combinano fra loro in diversa misura in una tipologia che comprende 7 classi di sentimenti (attrazione, infatuazione, amore abitudinario, amore romantico, amicizia profonda, amore fatuo, amore completo). Le tre componenti individuate, secondo gli autori, assumono un ruolo differenziato anche in relazione allo stadio di sviluppo della relazione. L'innovazione di questa concezione riguarda il fatto che il modello di Sternberg esce dalla dicotomia amore romantico/amicizia, in favore di una visione un po' più complessa del fenomeno. LEZIONE 20 L'INTERAZIONE SOCIALE (79) La formazione delle relazioni

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La formazione delle relazioni è influenzata da condizioni fisiche e sociali. Il primo fattore è quello della prossimità fra le persone: la vicinanza crea occasioni di contatto che aumentano la familiarità tra le persone. Una ricerca condotta da Festinger sul modo in cui si stabilivano le relazioni fra veterani che abitavano in un complesso di 17 palazzine, ognuna delle quali composta da 20 appartamenti, aveva mostrato che i legami di amicizia si stabilivano fra persone abitanti nello stesso edificio dieci volte più frequentemente che fra persone abitanti in edifici differenti. La prossimità fisica delle persone non rende soltanto più probabile il contatto necessario per l'avvio della interazione, ma agisce anche attraverso l'aumento della familiarità dei potenziali partner. La somiglianza La percezione di somiglianza aumenta l'attrazione tra le persone. La condivisione da parte di altri delle nostre opinioni ci fornisce quel sostegno necessario a assicurarci una sorta di validazione dei nostri punti di vista, per questa ragione ci rende gli altri attraenti. Attraverso una procedura sperimentale Byrne ha manipolato il grado di somiglianza fra le opinioni dei soggetti sperimentali e quelle di eventuali partner (fittizi). L'autore ha evidenziato una relazione lineare fra i due costrutti: più i partecipanti percepivano il partner fittizio come simile (per le opinioni) più essi esprimevano attrazione verso quel partner. Critiche: Newcomb (1961): la prossimità fisica prevale rispetto alla percezione di somiglianza; Rosembaum IILa Legge della Repulsione" (1986): più che attrazione verso le persone simili si tratta di repulsione verso le persone diverse. La bellezza fisica Questo è un aspetto spesso considerato nelle ricerche. Un analisi condotta da Feingold mostra che le persone più piacevoli sul piano fisico sono meno sole, più popolari, hanno maggiori abilità sociali e più esperienza sessuale delle persone meno attraenti. Le persone più attraenti sono percepite nel quadro di uno stereotipo che associa la bellezza fisica a altre qualità positive. Nell'interazione, quindi, le persone attraenti hanno molte probabilità di ricevere feedback positivi da parte degli interlocutori. L'apertura agli altri Dal momento dell'incontro fra due persone all'avvio di una relazione significativa intercorre una fase in cui assume una grande importanza lo scambio di informazioni su di Sé. L'apertura all'altro non è solo una condizione necessaria per raggiungere una conoscenza reciproca approfondita, ma contribuisce anche alla percezione di attrazione reciproca. Collins e Miller affermano che le persone che si aprono più facilmente sono più apprezzate di coloro che lo fanno meno; le persone tendono a aprirsi maggiormente con coloro dai quali sono attratte; infine aprirsi a una persona induce un maggior apprezzamento di quest'ultima. LEZIONE 20 L'INTERAZIONE SOCIALE (80) Stabilità e soddisfazione nelle relazioni Uno dei quesiti cruciali della ricerca psicosociale sulle relazioni interpersonali riguarda quali fattori rendono una relazione soddisfacente e stabile. Per rispondere a questo quesito sono state studiate quasi esclusivamente coppie di sposi, meno frequentemente rapporti fra amici o parenti. Questo è dovuto sia all'aumento dei divorzi, sia a un esigenza metodologica (presenza di segnali oggettivi di durata di una relazione). Due approcci di studio relativi alla soddisfazione delle relazioni La teoria dello scambio (1) Un individuo rimane in una relazione finché i benefici ricevuti superano i costi e quando non è più soddisfatto esce dalla relazione (Homans). Questo principio è applicabile a qualsiasi tipo di relazione sociale. Tre fattori influenzano la percezione di soddisfazione: i profitti, le alternative e gli investimenti. I profitti non sono soltanto materiali ma anche simbolici e derivano dalla sottrazione dei costi ai benefici. Un partner può essere fonte di ricompensa per lo status che garantisce, per l'allegria che assicura, per l'affetto che sostiene. I costi sono costituiti da tutto ciò che nella relazione o nel partner l'individuo valuta negativamente: l'assenza prolungata dell'altro, i tradimenti, le cattive abitudini, gli obblighi. La teoria dello scambio (2) Le ricerche mostrano che i benefici sono associati con la durata della relazione, mentre i costi non lo sono. La valutazione delle alternative influenza fortemente lo sviluppo delle relazioni in termini di assunzione di impegno, in quanto l'essere disposti a impegnarsi in una relazione implica una sospensione, almeno temporanea,

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dell'esplorazione delle alternative. Il livello individuale di autostima influisce sulla valutazione: una persona con alta autostima avrà alte aspettative personali, valuterà in modo meno negativo l'alternativa della solitudine e crederà più facilmente nella possibilità di trovare opportunità migliori nel contesto rispetto alle persone a bassa autostima. L'investimento • Il terzo fattore che influenza le probabilità di mantenimento di una relazione riguarda l'ammontare dell'investimento (tempo, sforzo, risorse) che gli individui hanno posto nella relazione stessa. Si tratta di quei vincoli psicologici e materiali che i membri di una coppia si costruiscono nel tempo e nella vita comune. Critiche: • non considera le differenze individuali nell'impegnarsi in una relazione o nella capacità di tollerare la solitudine; • modello economico di difficile applicazione ad un fenomeno complesso come le relazioni umane; • le emozioni e i comportamenti impulsivi quale posizione occupano?LEZIONE 21 L'INTENZIONALlTÀ (81) In questa lezione 21 approfondiremo la seconda teoria sulla soddisfazion delle relazioni (teoria dell'equità). Analizzeremo il fenomeno della comunicazione. In particolare: • la questione dell'intenzionalità attraverso 2 approcci contrapposti: • uno che la considera come un fenomeno intenzionale con scopi strumentali: cioè indurre una risposta negli altri (Esempio: Miller e Steinberg, 1975); • l'altro che invece ritiene che la comunicazione va oltre l'intenzionalità di chi lo attua (Modello pragmatico della comunicazione, Watzlavick et al. 1976); • intenzione di comunicare - Burgoon, Hunsaker e Dawson, 1994 ; • Il processo di comunicazione - Shannon e Weaver, 1949 . La teoria dell'equità (1) In una relazione soddisfacente un individuo e il proprio partner ricevono benefici commisurati ai costi (Walster, Walster e Berscheid). Costituisce uno sviluppo della teoria dello scambio in quanto attribuisce un ruolo al principio della giustizia distributiva nel processo di valutazione della relazione. Nelle relazioni in cui uno dei membri riceve molto più di quanto offre e significativamente più dell'altro partner la stabilità è fortemente a rischio. La teoria dell'equità (2) Anche in questo caso i benefici e i costi sono di natura simbolica oltre che materiale. Esempio: se una coppia è formata da una giovane e splendida ragazza e da un maturo e poco attraente signore tenderemo a pensare che lo squilibrio apparente della coppia sia compensato con altri benefici che il signore assicura alla compagna. Diversamente lo squilibrio presente nella coppia ne minaccia fortemente la durata. La teoria dell'equità prevede individui che confrontano il proprio bilancio personale con quello del partner. Critiche: difficile applicazione alle coppie che hanno una lunga storia; secondo Clark e Milis (1982) si applica alle relazioni di scambio (es. relazioni di lavoro fra estranei) più che alle relazioni di condivisione (es. relazioni tra genitori e figli). Critiche alle teoria di scambio e alla teoria di equità: • si fondano su un ragionamento di tipo "problern solving"; • sottovalutano il ruolo degli obiettivi, delle aspettative e dell'evolve di essi nel tempo; • sottovalutano il ruolo di pressioni sociali, resistenza al cambiamento e delle abitudini; • non sono in grado di elaborare un quadro teorico generale che spieghi le cause; • si riferiscono a culture individualistiche (occidentali). LEZIONE 21 L'INTENZIONALlTÀ (82) La comunicazione: intenzionalità Le definizioni di comunicazione sono molteplici e solo in parte sovrapponibili. Le aree di sovrapposizione riguardano il fatto che parlare di comunicazione significa, per tutti, riferirsi a un processo dinamico e circolare che richiede la condivisione di codici astratti (il linguaggio e i significati da attribuire ai segnali non verbali). Il punto più controverso riguarda l'aspetto di intenzionalità: la comunicazione è un fenomeno intenzionale? A questo proposito gli studiosi hanno sviluppato un dibattito. Fra i sostenitori di una risposta positiva vi sono, per esempio: secondo Miller e Steinberg la comunicazione è sempre un fenomeno intenzionale con scopi strumentali, indurre una risposta negli altri. La comunicazione è un fenomeno intenzionale? Due scuole di pensiero. 1) La comunicazione è sempre un fenomeno intenzionale con scopi strumentali: indurre una risposta negli altri Esempio: Miller e Steinberg (1975): intenzione di comunicare e influenzare sono sinonimi 2) La comunicazione va oltre l'intenzionalità di chi lo attua Modello pragmatico della

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comunicazione (Watzlavick et al. 1976): ogni comportamento in una interazione fornisce informazione sull'ambiente e sulla relazione fra gli attori Il modello pragmatico AI contrario per altri studiosi la comunicazione va oltre l'intenzionalità di chi lo attua: modello pragmatico della comunicazione (Watzlavick, Beavin, Jackson). Il primo assioma del modello pragmatico della comunicazione afferma che non si può non comunicare, dato che in una interazione ogni comportamento veicola qualche genere di informazione, sull'ambiente o sulla relazione fra i partecipanti, che produce conseguenze sui comportamenti successivi. Esempio: anche una persona che trovandosi in uno scompartimento di un treno non desideri comunicare con altri viaggiatori e per questa ragione finga di dormire, comunica con il proprio desiderio di isolamento. Shannon e Weaver: comunicazione = tutti i processi attraverso i quali una mente ne influenza un'altra (linguaggio scritto, parlato, teatro .. ) LEZIONE 21 L'INTENZIONALlTÀ (83) L'intenzione di comunicare - Burgoon, Hunsaker e Dawson, 1994 (1) Una mediazione fra le posizioni precedenti è quella proposta da Burgoon, Hunsaker e Dawson, i quali considerano in modo differenziato l'eventuale intenzionalità degli interlocutori e la percezione di tale intenzionalità. La fonte ha La fonte non ha intenzione intenzione di di comunicare comunicare Ricevente percepisce A. Comunicazione B. Comunicazione attribuita intenzione di comunicare Ricevente non C. Tentativo di D. Comportamento percepisce intenzione di comunicazione comunicare L'intenzione di comunicare - Burgoon, Hunsaker e Dawson, 1994 (1) Secondo questa tabella, fra due condizioni ideali in cui fonte e ricevente riconoscono e percepiscono l'intenzione di comunicare (A), o al contrario entrambi non riconoscono e non percepiscono tale intenzione (D), si collocano due possibilità di discrepanza fra le intenzioni e le percezioni degli i nte rlocuto ri. Nella condizione C la comunicazione che la fonte vuole rivolgere al ricevente fallisce. Ciò può succedere, per esempio, quando qualcuno si sforza di attirare l'attenzione di una persona, ma viene ostacolato dal rumore o dalla distanza o da altre fonti di distrazione per il ricevente. L'intenzione di comunicare - Burgoon, Hunsaker e Dawson, 1994 (3) Nella condizione B il ricevente attribuisce alla fonte l'intenzione di veicolare messaggi che, al contrario, questa non ha formulato o non lo ha fatto in modo consapevole. Questa discrepanza si verifica soprattutto nella decodifica dei segnali non verbali che accompagnano o sostituiscono il parlato. Esempio: Marina accetta un invito a cena da Mario e quando questi la vede uscire di casa pensa: lisi è vestita con cura particolare per farmi capire il suo interesse nei miei confronti". In realtà non sa che Marina era vestita allo stesso modo da 2 giorni e non si è neppure preoccupata di cambiarsi per lo scarso interesse che l'evento riveste per lei. Il processo di comunicazione - Shannon e Weaver, 1949 (1) L'idea che si possa parlare di comunicazione come di un processo che lega alcuni elementi strutturali può essere fatta risalire a Aristotele. Affrontando il tema della comunicazione retorica egli prende in considerazione le caratteristiche di fonte, messaggio e ricevente, con l'obiettivo di delineare le migliori condizioni di efficacia argomentativa. Shannon e Weaver (1949) propongono un modello di comunicazione centrato sul problema della trasmissione accurata dell'informazione. Questo modello ha avuto una grande diffusione grazie all'introduzione dell'idea di rumore, l'elemento che impedisce una perfetta simmetria fra il processo di codifica da parte dell'emittente e quello di decodifica da parte del ricevente Il processo di comunicazione - Shannon e Weaver, 1949 (1) Una fonte traduce un pensiero in un codice che lo rende messaggio veicolato da un canale verso il ricevente il quale retro-traduce il codice in un pensiero. Il primo obiettivo che si erano proposti i due studiosi era quello di avere uno strumento utile per individuare le cause di non coincidenza tra i processi di codifica e decodifica. Essi fanno notare allora che al canale si associa sempre una certa quota di rumore che influenza la probabilità di interpretazione di interpretazione corretta del messaggio da parte del ricevente. Esempio: nel caso della comunicazione telefonica si può

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trattare di interferenze. DECODIFICA 1 MESSAGGIO I 1"1 RICEVENTE ICANAtE I I RUMJRE I I CODIFICA I EMITTENTE I l l LEZIONE 22 IL SISTEMA VERBALE E NON VERBALE (85) INTRODUZIONE LEZIONE 22 In questa lezione 22 affronteremo nello specifico i due sistemi di comunicazione: • sistema verbale; • sistema non verbale. Analizzando le caratteristiche e le diverse tipologie. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Due sistemi di comunicazione: Sistema verbale Sistema non verbale Il sistema verbale (1) Del codice verbale fa parte il linguaggio: • codice simbolico; • accomuna tutte le società umane; • le differenzia da tutte le specie non umane; • è un codice governato da regole ben precise. Il sistema verbale (2) Tale codice è strutturato su regole che governano l'articolazione dei suoni elementari chiamati fonemi. I fonemi si compongono in unità significative chiamate morfemi (parole elementari o parti di parola). I morfemi e le parole si associano in sequenze più lunghe secondo le regole della grammatica e tali sequenze si articolano a seconda delle regole della sintassi. La semantica infine fa riferimento alla relazione fra le parole, le frasi, i periodi e gli oggetti e significati che questi assumono. LEZIONE 22 IL SISTEMA VERBALE E NON VERBALE (86) Il linguaggio Il linguaggio è uno strumento che viene usato come risorsa strutturante nell'interazione comunicativa. Il linguaggio è stato visto da Semin, Rubini e Fiedler come un mezzo che consente di presentare strategicamente un'idea o un aspetto della realtà in modo da influenzare i processi cognitivi messi in atto dal ricevente, uno strumento per trasformare la realtà veicolando il significato. Infatti rispondere anche a una semplice domanda implica sempre qualche cambiamento nello stato cognitivo e provoca conseguenze sul comportamento. Il sistema non verbale a) Segnali paralinguistici b) Espressioni del volto c) Comportamento spaziale È caratterizzato da segnali paralinguistici: sono quelli che produciamo con la voce nel pronunciare le parole. Essi riguardano in primo luogo la qualità della voce. Esempio: l'intonazione che si dà al discorso modulando l'intensità. In assenza di segnali non verbali di altra natura (es: al telefono), questi rendono disponibile una serie di prime informazioni sulla base delle quali si costruiscono le prime fasi di una interazione: dalla voce sappiamo se parliamo con un uomo o una donna, deduciamo l'età, dall'accento ci orientiamo sull'appartenenza regionale. Le espressioni del volto Costituiscono l'insieme di segnali più importanti con cui esprimiamo le emozioni e gli atteggiamenti verso gli altri e comprendiamo lo stesso tipo di informazioni a partire dall'osservazione dei nostri interlocutori. È il canale di comunicazione più importante soprattutto nelle interazioni precoci fra adulto e neonato. Molto psicologi sono concordi nel riconoscere l'esistenza di un certo numero di emozioni (es: felicità, sorpresa, tristezza, paura, disgusto e rabbia) alle quali sono associate determinate configurazioni dei muscoli facciali che provocano espressioni universalmente riconoscibili, quindi non influenzate dal conteso culturale. Esempio: nella nostra cultura viene ritenuto naturale piangere a un funerale, non altrettanto a una festa. LEZIONE 22 IL SISTEMA VERBALE E NON VERBALE (87) Il comportamento spaziale (1) Riguarda la posizione del corpo, i gesti e il contatto fisico tra i parlanti. Il contatto fisico tra i parlanti costituisce la forma più primitiva di comunicazione sia fra gli esseri umani che fra gli animali: precede infatti l'apprendimento del linguaggio verbale. Il contatto fisico contribuisce alla costruzione della relazione fra i parlanti. Il contatto fisico è un segnale che varia notevolmente su base culturale: si va da culture nelle quali sfiorarsi casualmente nel corso dell'interazione è pressoché impossibile (nei paesi anglosassoni) a quelli in cui è del tutto normale (es: America Latina). Altro elemento di grande importanza riguarda la distanza che viene mantenuta fra i partner dell'interazione. Il comportamento spaziale (2) I comportamenti spaziali sono influenzati da: • Fattori culturali • Differenze di status • Differenze di genere Fattori culturali (Hall, 1964) • Culture di contatto = stile di comunicazione tatti le e olfattive •

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Culture non di contatto = stile di comunicazione visiva Differenze di status: è più probabile che persone di status superiore sfiorino quelle di status inferiore Differenze di genere: è più probabile che un uomo sfiori una donna del Distanza tra gli interlocutori La distanza interpersonale in termini propriamente spaziali viene usata per regolare il grado di intimità fra le persone. Hall sostiene che ogni persona percepisce 4 zone di distanza progressiva alle quali mantenere gli altri: zona intima (ammesse solo persone in relazioni molto strette), zona personale (distanza quando gli interlocutori sono due), zona sociale (un gruppo di persone che comunicano fra loro), zona pubblica (quella che separa un oratore dal suo pubblico). L'altra classe di segnali che rientrano nel comportamento spaziale riguarda i gesti: quei simboli, movimenti delle mani e delle braccia che si esprimono nello spazio discorsivo comune agli interlocutoriESERCITAZIONE 12 Le caratteristiche comunicazione verbale e non verbale (valida come approfondimento da portare alt'esame) Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello della comunicazione verbale e non verbale. Vi propongo ora 3 esercitazioni riguardanti in modo specifico: la prima entrambi i tipi di comunicazioni, le altre 2 invece la comunicazione non verbale presa in considerazione attraverso aspetti diversi. Leggete la batteria di domande sottostante e, in base alle nozione acquisite, provate a rispondere a quale tipo di comunicazione (verbale o non verbale) sono attribuibili le seguenti caratteristiche. Nella slide successiva, troverete la soluzione per verificare le vostre risposte. DOMANDE - è per lo più consapevole è intenzionale - fornisce informazioni sul soggetto che la esprime - ha grande efficacia nelle relazioni - è ambigua - è idonea a veicolare descrizioni, argomentazioni, narrazioni - è in gran parte inconsapevole, non intenzionale e non controllabile - fornisce informazioni sugli argomenti espressi - è poco idonea ad esprimere concetti - è meno rilevante nelle relazioni RISPOSTE - è per lo più consapevole è intenzionale - fornisce informazioni sul soggetto che la esprime - ha grande efficacia nelle relazioni - è ambigua verbale non verbale non verbale non verbale - è idonea a veicolare descrizioni, argomentazioni, narrazioni verbale - è in gran parte inconsapevole, non intenzionale e non controllabile non verbale - fornisce informazioni sugli argomenti espressi - è poco idonea ad esprimere concetti verbale verbale non - è meno rilevante nelle relazioni LEZIONE 23 IL DISCORSO (89) INTRODUZIONE LEZIONE 23 In questa lezione 15 affronteremo altri argomenti relativi alla comunicazione. In particolar modo: • la teoria di Argyle (1975) sui gesti come simboli che si esprimono nello spazio discorsivo comune agli interlocutori; • conclusioni: sul comportamento non verbale; • comunicazione cooperativa; • massime di Grice (1975); • approccio psico-socio-pragmatico della comunicazione (Ghiglione, 2000). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. ESERCITAZIONE 13 Emozioni ed espressioni facciali (valida come approfondimento da portare alt'esame) Osservate le diverse espressioni facciali della figura nella pagina successiva, a quali emozioni corrispondono? L.e prineipali e$pressioni del volto umano 2 3 4 FIGURA 4 le principali espressioni del volto umano Legenda:. 1. felic ilA: 2. so.rpresa: ). pau 1Ol: 4. ltis1ezza; 5. coltera: 6. d i:sgusto. Fonte adattala da Ekman 119821- LEZIONE 23 IL DISCORSO (90) ESERCITAZIONE 14 Comportamento spazi aie (valida come approfondimento da portare alt'esame) A quale tipo di rapporto corrispondono i diversi orientamenti delle figure intorno ai rispettivi tavoli nella slide successiva? co::> ~D qy C(?I I I , ~D~ LEZIONE 23 IL DISCORSO (91) Argyle (1975): gesti Gesti: simboli che si esprimono nello spazio discorsivo comune agli i nte rlocuto ri. Argyle (1975) distingue tra: • Gesti illusori e altri segnali correlati al linguaggio (indice che indica la direzione) • Segni convenzionali e linguaggio dei segni (pollice verso l'alto) • Movimenti che esprimono stati

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emotivi e atteggiamenti interpersonali (sfregarsi le mani) • Movimenti che esprimono la personalità e lo stile personale • Movimenti usati come rituali e nelle cerimonie (stingersi la mano destra quando ci si presenta) A che cosa serve il comportamento non verbale? • Funzione chiarificatrice: riduce l'ambiguità del linguaggio • Fornisce informazioni sugli stati d'animo e sugli atteggiamenti degli interlocutori • Definisce il tipo di relazione che intercorre fra i parlanti: grado di intimità • Regola l'avvicendarsi dei turni di parola • Permette agli individui di presentare se stessi La comunicazione cooperativa (1) Conversazione come azione cooperativa nella quale gli attori sociali riconoscono almeno uno scopo comune o insieme di scopi comuni Gli scambi comunicativi non sono costituiti da un succedersi di frasi e segni distribuiti in modo casuale. Una conversazione fra persone avviene in modo relativamente ordinato e coordinato fra i partecipanti. Partecipare a una conversazione comporta un'azione cooperativa nella quale gli attori sociali riconoscono almeno uno scopo comune o insieme di scopi comuni. Secondo Grice la comunicazione è implicitamente regolata da alcune regole. La comunicazione cooperativa (2) • massima di quantità: dare l'informazione necessaria, e non dare un contributo più informativo di quanto richiesto; • massima di qualità: presunzione di verità: quando parliamo con le altre persone diamo per scontato che la probabilità che esse ci dicano cose vere superi la probabilità che ci dicano cose non vere. Questo ci risparmia lo sforzo di chiederci se ogni informazione che riceviamo da un interlocutore sia vera o falsa; • massima di relazione: l'informazione deve essere pertinente; • massima di modo: essere brevi, ordinati nell'esposizione e non prolissi: riguarda le modalità di formulazione del messaggio. LEZIONE 23 IL DISCORSO (92) Massime di Grice (1975) Secondo Grice (1975) le regole si concretizzano in 4 massime: • Massima di quantità = dare l'informazione necessaria • Massima di qualità = presunzione di verità: si presuppone che la probabilità che gli altri dicano cose vere (o che le ritengano tali) sia superiore della probabilità che dicano il falso • Massima di relazione = l'informazione deve essere pertinente • Massima di modo = essere brevi, ordinati nell'esposizione e non prolissi Approccio psico-socio-pragmatico della comunicazione (Ghiglione, 2000) Il modello del contratto di comunicazione si basa su due principi fonda menta li: • il primo riguarda il fatto che ogni interazione comunicativa può essere pensata come una situazione in cui gli interlocutori stabiliscono implicitamente un contratto fondato su un certo numero di regole. Si tratta dell'insieme di diritti e doveri di ciascuno, degli obblighi di natura sociale ai quali gli interlocutori sono vincolati. • Il secondo principio riguarda il fatto che il contratto si stabilisce implicitamente fra gli attori sociali in riferimento a una posta in gioco, dato che non esiste una comunicazione senza scopi. Attraverso i sistemi dei segni verbali e non verbali, questi cocostruiscono una realtà comune. Le regole del contratto Le regole del contratto che gestisce la comunicazione possono essere così schematizzate: • Principio di pertinenza: è il riconoscimento delle competenze necessarie per lo svolgimento dello scambio comunicativo. • Principio di coerenza: gli attori sociali riconoscono di funzionare secondo regole simili. • Principio di reciprocità: gli interlocutori si riconoscono a vicenda il diritto di entrare in comunicazione. • Principio di influenza: lo scambio comunicativo è portatore di poste in gioco e costruzione della realtà, ogni interlocutore tenta in qualche modo di imporre la propria visione del mondo. La compentenza comunicativa La comunicazione implica dunque conoscenza di Sé, conoscenza dell'altro e del mondo sociale co-costruito. La comunicazione presuppone la presenza di una certa competenza comunicativa perché: • è un'attività sociale congiunta e coordinata; • implica sia l'acquisizione del linguaggio sia le competenze necessarie per usarlo: norme che regolano le espressioni verbali e non verbali; regole che governano l'interazione; • implica la gestione del controllo; • implica l'uso di risorse disponibili; • implica il mantenimento dell'equilibrio fra i vari sistemi coinvolti.

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LEZIONE 24 L'ALTRUISMO (93) INTRODUZIONE LEZIONE 24 In questa lezione 24 affronteremo 2 temi con le relative teorie: Gli esseri umani sono "naturalmente" buoni o cattivi? • Freud (1929 Il disagio della civiltà). • Approccio etologico, Lorenz . • Dollard, Miller (1939): ipotesi: frustrazione-aggressività. • Teoria di Berkowitz. Imitazione • Studi sulla psicologia delle folle (LeBon, 1895; Tarde, 1904); • Teoria dell'apprendimento sociale (Bandura et al., 1961; 1963). Gli esseri umani sono "naturalmente" buoni o cattivi? Storicamente: Hobbes: individui inclini all'aggressività, sono le istituzioni sociali che reprimono le tendenze antisociali. Rousseau: gli individui sono buoni ma corrotti dalle esigenze sociali. Tre approcci: 1) Freud (1929 Il disagio della civiltà): aggressività: tensione tra 2 istinti primari (autoconservazione e autodistruzione) la civiltà limita la manifestazione delle pulsioni aggressive, il singolo quindi rinuncia a una parte della libertà in cambio di sicurezza. 2) Approccio etologico, Lorenz Parte dallo studio dell'aggressività in specie diverse da quella umana. I comportamenti aggressivi sono funzionali alla sopravvivenza individuale e al mantenimento della specie. Sia l'approccio freudiano che quello etologico considerano dunque l'aggressività come "naturale" ed inevitabile. 3) Dollard, Miller (1939): ipotesi: frustrazione-aggressività (1) Un individuo agisce in modo aggressivo perché indotta da una pulsione che deriva da una frustrazione (si presenta quando l'individuo incontra degli ostacoli che gli impediscono di raggiungere il suo obiettivo) Rapporto biunivoco frustrazione - aggressività: alla frustrazione segue sempre una risposta di aggressività, l'aggressività è sempre causata da una frustrazione LEZIONE 24 L'ALTRUISMO (94) 3) Dollard, Miller (1939): ipotesi: frustrazione-aggressività (2) Può rivolgersi alla causa stessa della frustrazione, o a oggetti / persone esterni. Aspetti positivi: l'ipotesi frustrazione-aggressività supera una concezione di aggressività come prodotto di un istinto innato. Aspetti negativi: la frustrazione può indurre risposte diverse dall'aggressività (es. pianto), così come non sempre i comportamenti aggressivi sono causati da frustrazioni individuali (es. terrorismo). 4) Teoria di Berkowitz Rivede la teoria con suggerimenti che derivano da teoria apprendimento sociale. L'aggressività è solo una delle risposte possibili a un sentimento negativo; diventa dominante quando nella situazione sono presenti stimoli a cui la persona ha associato una connotazione aggressiva in esperienze passate. Studio sull' "effetto arma": in presenza di uno stato d'animo negativo, la presenza di un'arma rende saliente una risposta aggressiva. L'imitazione (1) 1) Studi sulla psicologia delle folle (LeBon, 1895; Tarde, 1904): nelle situazioni collettive, il controllo individuale risulta inibito; l'imitazione (secondo Tarde) e la suggestione (secondo LeBon) spingono le persone a comportamenti socialmente negativi. L'imitazione (2) 2) Teoria dell'apprendimento sociale (Bandura et al., 1961; 1963) Aggressività è un comportamento sociale che viene acquisito e mantenuto; mediante l'osservazione del comportamento altrui, può realizzarsi un'associazione in memoria tra un comportamento aggressivo e conseguenze positive, che porta all'acquisizione di aggressività; un individuo osserva un comportamento aggressivo di un altro, questo comportamento porta a conseguenze desiderate e quindi in situazione analoghe, l'individuo imiterà i comportamenti dell'altro. LEZIONE 24 L'ALTRUISMO (95) APPROFONDIMENTO 3 Considerato la rilevanza del tema, si è ritenuto necessario aggiungere un approfondimento teorico soprattutto nel rapporto bambini violenza in rapporto al mezzo televisivo. (tratto da Spot generation. I bambini e la pubblicità di Francesca Romana Puggelli). Violenza e televisione Le possibilità nella connessione tra violenza e televisione sono tre: la televisione ha un effetto catartico nei confronti della violenza, sublimandola nelle immagini; la televisione ha un effetto mimetico, per cui il bambino assiste alla violenza e, in qualche modo, la imita; la televisione non ha alcun effetto sulla violenza. Ci sono ricerche e dimostrazioni a sostegno di tutte e tre le ipotesi, ma la seconda sembra quella più suffragata dai risultati. È chiaro,

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però, che sarebbe assolutamente ingenuo imputare completamente il comportamento violento alla televisione: è infatti ampiamente dimostrato come la violenza sia spesso un fattore ambientale che può certamente essere esasperato dalla televisione. Primo effetto della violenza televisiva (1) La attivazione (arousa/): modo migliore per attirare l'attenzione. La ricerca pionieristica di Eron, Lefkowitz, Huesmann e Walder (1972), condotta nell'arco di dieci anni, ha dimostrato che le abitudini televisive stabilite attorno agli otto-nove anni influenzano, anche se non causano direttamente, il comportamento aggressivo sia a breve, sia a lungo termine. Primo effetto della violenza televisiva (2) Si può accettare come ipotesi plausibile che la preferenza per la televisione violenta sia un forte contributo allo sviluppo di comportamenti aggressivi, ma non ne sia la causa principale: per i bambini fattori co-scatenanti possono essere anche l'aggressività familiare, le punizioni subite, lo status sociale, aspirazioni e aspettative del padre, ore trascorse davanti allo schermo. Condry (1989) ritiene infatti che la televisione abbia la capacità di esasperare atteggiamenti violenti già preesistenti: ovviamente dipende tutto dallo stato cognitivo della persona implicata. Molte ricerche hanno dimostrato che il livello più alto di arousal è dato dal sesso e da situazioni di suspense, oltre che dalla violenza. LEZIONE 24 L'ALTRUISMO (96) Zilmann (1982) ha mostrato che spesso la funzione di arousal della televisione si attiva quando già preesiste una situazione di violenza sopita, una sorta di frustrazione che crea identificazione con il personaggio televisivo, da cui si apprende la risposta liberatoria. Secondo effetto della violenza televisiva È certamente l'imitazione (Gunter e McAleer, 1990). Il problema è che per come la violenza viene presentata in televisione, essa non viene punita come dovrebbe e quindi i bambini non la percepiscono come sbagliata. Bandura, Ross e Ross (1963) hanno dimostrato che, mentre per quanto riguarda l'esempio dal vivo, il bambino impara e interiorizza il comportamento, per quanto riguarda un comportamento visto in televisione, solo se esso si presenta come realistico, verrà acquisito; altrimenti, come nel caso dei cartoni animati, sarà molto difficile che esso venga imitato. Terzo effetto della violenza televisiva Si tratta di un effetto a lungo termine: disinibizione (Gross, 1990). La violenza diventa un modo di permettere o legittimare il ricorso alla violenza in certe situazioni. Le ricerche di Berkowitz (1984) hanno dimostrato che se viene presentata una violenza "giustificata", scatta nei bambini un meccanismo generale di giustificazione del ricorso alla violenza, estendendo il principio da una situazione all'altra. Si tratta quindi di un processo attivo da parte dei media che attivano idee, pensieri ed emozioni e comportamenti associati con l'idea di aggressione. Quarto effetto della violenza televisiva Anch'esso a lungo termine: desensibilizzazione (Van Evra, 1998). L'eccessiva quantità di violenza mostrata in televisione, non fa più effetto, diventa una parte della vita e si perde l'effetto drammatico. Importante sottolineare che: • la violenza mostrata in televisione: • non soltanto genera comportamenti violenti; • ma essa fa diminuire in maniera decisa i comportamenti prosociali: i bambini diventano meno sensibili al dolore degli altri e sono anche più spaventati da ciò che li circonda. La violenza diventa per loro l'unico modo per risolvere le situazioni in un mondo dominato dalla violenza: da questo consegue una scarsa fiducia negli altri e la tendenza ad associare esiti positivi a comportamenti aggressivi. LEZIONE 25 IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO (97) INTRODUZIONE LEZIONE 25 In questa lezione 25 continueremo ad analizzare l'approfondimento e affronteremo tre temi salienti: • le norme sociali; • la dinamica del comportamento aggressivo; • l'altruismo è una caratteristica individuale (con il caso di Kitty Genovese). Lo sviluppo cognitivo e le reazioni alla violenza (1) Ci sono molte differenze nel consumo e nelle reazioni alla violenza da parte dei bambini in funzione dell'età. I bambini fino ai tre anni: i bambini, come conseguenza della loro preferenza per cartoni animati e immagini che si muovono velocemente, tendono a consumare molte ore di programmi dall'alto contenuto violento. I

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bambini dai tre ai cinque anni: affrontano la televisione con un approccio esplorativo: cercano un significato nei contenuti, ma sono soprattutto attratti da aspetti formali particolarmente vividi, come rapidi movimenti dei personaggi, rapidi cambi di scena, intensi e inaspettati suoni e rumori. Lo sviluppo cognitivo e le reazioni alla violenza (2) Dal momento che la violenza televisiva è spesso accompagnata da questi aspetti produttivi, i bambini sono predisposti ad accordare particolare attenzione alla violenza: non è cioè la violenza ad attirare l'attenzione dei bambini sui cartoni animati, quanto piuttosto certe caratteristiche formali che accompagnano la violenza stessa. I bambini dai sei agli undici anni: sviluppano la capacità di seguire interamente una trama, di comprendere anche contenuti impliciti e di fare inferenze sulle azioni dei personaggi: ma essi iniziano anche a sviluppare maggiormente il senso morale e legano quindi i contenuti a questo giudizio. Lo sviluppo cognitivo e le reazioni alla violenza (3) Per esempio, accettano tranquillamente la violenza, e questa non genera ulteriore aggressività, se è presentata come un male o se è seguita una punizione o comunque da una disapprovazione. Tuttavia sembra che la violenza aumenti molto la loro aggressività quando essa riflette la vita reale, se essi si identificano con illicattivo", cosa che accade spesso nei maschi. E questa è anche l'età in cui i bambini si mettono alla prova, sottoponendosi alla visione di film horror per provare a se stessi di poter andare oltre la paura. Lo sviluppo cognitivo e le reazioni alla violenza (3) Secondo Nathanson e Cantor (2000), esistono comunque tre possibilità di intervento per frenare o rallentare la reazione aggressiva ai programmi te levisivi: • la mediazione attiva, ovvero il parlare ai bambini del contenuto di alcuni programmi per renderli più critici nella scelta di visione e nella valutazione dei programmi stessi; • la mediazione restrittiva, ovvero lo stabilire regole e orari fissi che limitino la fruizione; • la co-visione, che rimane l'opzione migliore di affiancamento al bambino. Le norme sociali (1) Milgram (1963): voleva dimostrare che "gente normale, che si occupa soltanto del suo lavoro e che non è motivata da nessuna aggressività può, da un momento all'altro, rendersi complice di un processo di distruzione": studio dell'obbedienza a richieste dell'autorità Procedura: un partecipante, nel ruolo di "maestro", deve infliggere scosse elettriche di diversa intensità ad un "allievo" quando questi compie errori in un compito di ricordo. Risultati: il 65% dei rispondenti arriva a infliggere la scossa più forte. Le norme sociali (2) In particolare: • Minore distanza soggetto-vittima procura: minore obbedienza (minore intensità scosse) • Maggiore distanza soggetto-sperimentato re procura minore obbedienza (minore intensità scosse) Quindi: le pressioni situazionali + condizioni contesto, spiegano particolari comportamenti non spiega bili né con fattori legati alla personalità né in termini di esperienza di frustrazione. Importanza delle norme sociali definiscono il comportamento appropriato in determinate situazioni. LEZIONE 25 IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO (99) Le norme sociali (3) E quando entrano in conflitto? Nella situazione sperimentale di Milgram: due norme in conflitto (norma di obbedienza all'autorità e norma di responsabilità verso la vittima): vi è una prevalenza della norma di obbedienza (si suppone che l'autorità si assuma la responsabilità del comportamento di cui ha impartito l'ordine). Condizioni che concorrono al prevalere della norma di obbedienza: • percezione di legittimità dell'autorità; • adesione al sistema di autorità (educazione all'obbedienza nel processo di socializzazione); • pressioni sociali. Le norme sociali (4) Secondo Milgram: Comportamenti particolarmente aggressivi e distruttivi non sono necessariamente la conseguenza di disposizioni di personalità di singoli attori sociali, ma sono spiega bili in base a pressioni situazionali e condizioni del contesto. Spesso in una determinata situazione coesistono norme in contrasto: la probabilità di messa in atto di un comportamento aggressivo sarà influenzata dal tipo di norma percepita come pertinente nel contesto.

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Definizione dell'evento: attribuzione di intenzionalità Percezione delle Percezione delle conseguenze Livello di attivaz i o ne norme pertinenti della risposta emotiva negativa nella situazione Motivazione ad agire in modo aggressivo Effettiva decisione di aggredire LEZIONE 25 IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO (100) L'altruismo è una caratteristica individuale? Secondo Moscovici le scienze sociali si devono occupare anche dell'altruismo. Fattore scatenante: episodio di Kitty Genovese (1) La Genovese tornò a casa in auto molto tardi, il 13 marzo 1964. Arrivò nei pressi della sua casa circa alle 3 e 15 della notte e parcheggiò a circa 30 metri dall'uscio dello stabile, in modo da lasciar dormire Mary Ann nel loro appartamento sulla via; fu quindi avvicinata da un uomo chiamato Winston Moseley. Moseley le corse dietro e la raggiunse in breve tempo, accoltellandola alla schiena per due volte. Episodio di Kitty Genovese (2) Quando la donna gridò, le sue urla furono udite da parecchi vicini; ma, in una fredda notte, con le finestre chiuse, solo pochi di loro riconobbero quei suoni per richieste di aiuto. Quando uno dei vicini gridò contro l'aggressore: «Lascia stare quella donna!», Moseley fuggì e Kitty Genovese, lentamente, si fece strada verso il suo appartamento, ubicato alla fine del fabbricato. Era gravemente ferita; tuttavia ora si trovava fuori dal campo visivo di quei pochi che potevano aver ragione di credere che ella avesse bisogno di aiuto. Le registrazioni delle prima chiamate fatte alla polizia erano poco chiare, e la polizia stessa non dette evidentemente alta priorità a quella faccenda. Episodio di Kitty Genovese (3) Un testimone riferì che suo padre chiamò la polizia dopo il primo attacco e affermò che una donna «era picchiata selvaggiamente ma era levata in piedi e barcollava all'intorno». Altri testimoni videro Moseley entrare nella sua auto e andarsene, solo per tornare dieci minuti più tardi. Eglì cercò sistematicamente la sua vittima nell'area del parcheggio, alla stazione ferroviaria, ed in un piccolo complesso di appartamenti, finché non la trovò, adagiata, appena cosciente, in un corridoio sul retro dell'edificio. Fuori dalla vista della strada e di quelli che potevano aver sentito o visto qualcosa dell'attacco precedente, Moseley procedette ad un secondo assalto, pugnalandola per diverse volte. Le ferite di coltello alle mani hanno suggerito che la donna abbia tentato di difendersi. Mentre Kitty Genovese era in fin di vita, l'uomo la violentò. Quindi le rubò circa 49 dollari e la lasciò agonizzante nel corridoio. La durata complessiva dell'aggressione fu di circa mezz'ora. LEZIONE 26 ALTRUISMO E AGGRESSIVITÀ (101) INTRODUZIONE LEZIONE 26 In questa lezione 26 continueremo ad approffondire il caso di Kitty Genovese e affronteremo la tematica dell'altruismo indagando se può essere considerato una dimensione di personalità. Nel corso della lezione verranno proposte un approfondimento e un esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Episodio di Kitty Genovese (4) Pochi minuti dopo la fine dell'aggressione, un testimone, Karl Ross, chiamò la polizia. Le forze dell'ordine ed il personale medico arrivarono entro pochi minuti dalla chiamata di Ross; la Genovese venne portata via in ambulanza e morì nel tragitto in ospedale. Successivamente, le indagini disposte dalla polizia e dal pubblico ministero rivelarono che approssimativamente una dozzina di persone vicine (anche se quasi certamente non i 38 citati dall'articolo del New York Times) avevano avuto modo di udire od osservare parti dell'attacco, sebbene nessuno avesse potuto vedere, od essere stato consapevole, dell'intero episodio. Solo un testimone (Joseph Fink) si era reso conto che la donna era stata pugnalata già nel primo attacco e soltanto Karl Ross era conscio di questo fatto nel secondo. Molti erano del tutto inconsapevoli che un'aggressione o un omicidio era in corso; alcuni dissero di aver pensato che ciò che avevano visto o udito era un litigio amoroso, o schiamazzi di ubriachi, o un gruppo di amici che erano usciti da un bar, quando Moseley aveva effettuato il primo attacco contro la Genovese. (da wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Kitty Genovese) La ricerca di una spiegazione Latané e Darley (1968) cercarono una spiegazione: l'attuazione di comportamenti altruistici non è legata solo a fattori individuali, ma anche a fattori situazionali. L'intervento di soccorso a

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qualcuno in difficoltà è molto più probabile se l'individuo ritiene di essere l'unica persona presente nella situazione. La numerosità dei presenti influisce sulla decisione di aiutare: più sono le persone che assistono alla richiesta di aiuto, minore è la probabilità che l'individuo intervenga in soccorso della "vittima”. Interpretazione in termini di diffusione della responsabilità: non potendo osservare i comportamenti reciproci, ciascuna delle persone presenti finisce per pensare che qualcun altro abbia già provveduto al soccorso. LEZIONE 26 ALTRUISMO E AGGRESSIVITÀ (102) L'altruismo può essere considerato una dimensione di personalità? Secondo alcune ricerche, la personalità altruistica sarebbe associata a tratti di personalità come: alta stima di sé, alta competenza morale, locus of control interno, basso bisogno di approvazione esterna, forte senso di responsa bi lità socia le Penner e al. (1995) a parità di struttura di personalità, il fattore più predittivo del comportamento d'aiuto: percezione della propria efficacia. Secondo altri studi, il fattore che meglio permette di predire il comportamento di aiuto è la percezione della propria efficacia Occorre però considerare che la dimensione di personalità spesso non è sufficiente per prevedere la messa in atto di comportamenti altruistici; è necessario considerare anche altri livelli, quali ad esempio le caratteristiche del contesto e fattori culturali (considerare spiegazioni più psicosociali). APPROFONDIMENTO 4 Considerato la rilevanza del tema, si è ritenuto necessario aggiungere un approfondimento teorico sui tipi di altruismo (tratto da "Gestire l'emotività sul lavoro" di Francesca Romana Puggelli). Uno dei modi per uscire dalla tristezza o comunque da una situazione in cui non si ha una buon autostima di sé, è quello di compiere un'azione altruistica. Esistono infatti due tipi di altruismo: il primo definito endocentrico che ha appunto come scopo quello di preservare o aumentare la propria immagine positiva e il secondo escocentrico che è invece rivolto a un altro individuo e ha lo scopo di migliorare la sua situazione. Entrambe queste motivazioni intrinseche portano alle azioni spinte da un desiderio di autorealizzazione o di autorinforzo (fin da piccoli s'impara che l'altruismo è una cosa buona), cessazione della sofferenza da empatia (se empatizziamo con una persona che soffre, soffriamo anche noi), appagamento del senso di giustizia (che porta alla credenza di un mondo giusto o di un sé giusto). ESERCITAZIONE 15 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo analizzato il fenomeno dell'altruismo. Vi propongo nella lezione successiva alcune pubblicità sociali italiane e straniere che serviranno da spunto per riflettere su questo tema. LEZIONE 26 ALTRUISMO E AGGRESSIVITÀ (103) Con la ricerca, contro il cancro. CONTRO IL CANCRO LA NOSTRA FORZA SEI TU. ANCHE QUANDO SCEGLI UN'ARANCIA ROSSA cMelC~~NCV diritto al cuore 48587 Un SiliS per costruire in Africa un ospedale cardiochirurgico gratuito. r:JI~t=~~: ~~g~Ir~~~~~~~~:Jf:~=~~~~~~ ~~~ ~=~r~~~p:og::~ ~~~a~e~~~~~1 ~~I,I~~:=,awr:J,a~ italia e daltelefml direte fissa TeleooA1 ttalla abllltaUoemUlli una chiamata d9J costo 1112 iuro al numaro 48587 Ila rlta rase Telacom nalla UN MESSAGGIO CHE ARRIVERÀ DIRlnO Al CUORE.. cJcJr..4h"ln~lltG8[JM~fq'-""~-_l'I".'_·go11C).n ® EMERGENCY DAI ENERGIA AI DIRITTI UMANI! GIORNATE AMNESTY 2008 GEH IrDRI (OIITRO U I)I~IROW, liUSCOLUE eH EI'iWE E BHKER DNlUS DAL 10 Al29 FEBBRAIO SMS 48584 SOSTIENILJ RI(ER(A iIn r.1!: ;t.IE rr.!trA.~",,..u -.t,rJlIlII' .• "IJt-... 'Tm:IJ'rJrna rnnu "1. J:I~-.illlnrtl lI!1'll-'lII~:1 m:. troi! TPlQJErf.lT IL SANGUE UMANO È DI UN SOLO COLORE 14 GIUGNO 2007 GIORNATA MONDIALE DEL DONATORE DI SANGUE Alza la mano e aderisci anche tu. Diventa donatore di sangue con AVIS. E:I _ .......... 800261$80 www.avls.it LEZIONE 27 EMPATIA (105) INTRODUZIONE LEZIONE 27 In questa lezione 27 affronteremo: • il ruolo dell'empatia; • dibattito tra gli studiosi sul tema se i comportamenti pro sociali sono esempi della capacità dell'individuo di agire per puro interesse verso l'altro; • norme sociali; • tre forme di altruismo, Moscovici, 1994. Nel

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corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Nestaacç.lofulizada noslavat6flos delocals pùbllcos, tar-se umapeloa $olldafledade dO$ utenres, pass,tndo a mensaoem de qUI: cenos gesto$ $lo umversats. ao secarem es mJcs,as pesseas cQo por etas, Inadvertidam ente, a fepelir o mesmo gesto que muitas oultas que scnem de teme em Pertugal, crlando assìm empatia para com OS mais nectssllado$. Il ruolo dell'empatia (1) Hoffman (1975): è un elemento che precede l'attuazione di una risposta d'aiuto. Elementi caratterizzanti l'empatia sono: • la compassione, • la tenerezza, • la simpatia verso una persona in difficoltà. A queste emozioni si aggiunge un processo cognitivo: l'osservatore assume la prospettiva dell'altro. L'empatia rende più probabile l'attuazione di una risposta di aiuto. Il ruolo dell'empatia (2) L'osservazione della sofferenza altrui può attivare due emozioni: • disagio personale; • reale preoccupazione per l'altra persona. Dibattito tra gli studiosi: i comportamenti pro sociali sono esempi della capacità dell'individuo di agire per puro interesse verso l'altro? (1) Cialdini et al. (1973): Ipotesi del sollievo dallo stato negativo I comportamenti di altruismo derivano da una motivazione fondamentalmente egoistica: rimuovere l'angoscia causata dall'osservazione della sofferenza altrui. La percezione di diffusione di responsabilità rende la fuga una risposta funzionale alla riduzione dell'angoscia. I comportamenti pro sociali sono esempi della capacità dell'individuo di agire per puro interesse verso l'altro? (2) • Batson et al. (1989): Modello dell'empatia - altruismo: Se le persone percepiscono la vittima simile a sé, decidono di aiutarla anche se potrebbero sottrarsi alla vista delle sue sofferenze. • Cialdini et al. (1997): ripresa la concezione dell'essere umano come egoista: il fattore motivante l'azione non è l'empatia mail senso di unità interpersonale che l'osservatore sperimenta nei confronti della vittima: se la somiglianza percepita è forte, si crea un senso di unità interpersonale che causa una certa sovrapposizione sé - altro: risulta difficile distinguere motivazioni altruistiche ed egoistiche. LEZIONE 27 EMPATIA (107) ESERCITAZIONE (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo affrontato il tema dell'empatia (ruolo, caratteristiche e modalità di funzionamento). Vi propongo ora alcuni brevi contributi filmati che ci servirà da spunto per riflettere su questo tema e sulle modalità con cui si cerca di attivarlo nei destinatari della comunicazione. Si tratta di pubblicità italiane che potete trovare a questi indirizzo: BANCO FARMACEUTICO http://www.youtube.com/watch?v=FlilllgAwv4&feature=related AIRC http://www.youtube.com/watch?v=a3rDTBFfQ5U PARENT PROJECT http://www.youtube.com/watch?v=6TX5 RVTnNo&feature=related SA VE THE CHILDREN http://www.youtube.com/watch ?v=Q TUe Vz rFfYQ& feature=chan nel TELETHON http://www.youtube.com/watch ?v=89YNoC80i K c& feature=related ARCHé http://www.youtube.com/watch ?v=2T6HOBd NX9s AVIS http://www.youtube.com/watch ?v= 7xTNV6WVQfo&featu re=re lated UILDM http://www.youtube.com/watch?v=lFZw3pogXM4 AlDO http://www.youtube.com/watch ?v=j wBM I ERN BA&N R=l LEZIONE 27 EMPATIA (108) Norme sociali (1) La convivenza civile rende necessaria il riconoscimento e l'adesione alle norme sociali che regolano la solidarietà verso le persone in difficoltà: • norma di reciprocità: bisogna restituire l'aiuto a chi ce l'ha offerto o potrà farlo in futuroo; • norma di responsabilità sociale: dobbiamo aiutare chi dipende da noi, soprattutto se appartenente alla nostra famiglia (bambini, malati), ma anche i membri deboli della società; • norme di non intervento: in alcuni casi (es. nelle dispute familiari), intervenire in aiuto significa intromettersi. Seguono il principio di Ili panni sporchi vanno lavati in famiglia". Norme sociali (2) Affinché una norma influenzi il comportamento, deve: essere stata appresa e interiorizzata durante la socializzazione; essere percepita come pertinente nella specifica situazione. Tre forme di altruismo, Moscovici, 1994 (1) 1) Altruismo

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partecipativo: comportamenti che favoriscono la vita collettiva nella comunità Esempio: volontariato ( i benefici di queste azioni si riflettono sull'intera collettività) Tre forme di altruismo, Moscovici, 1994 (2) 2) Altruismo fiduciario: comportamenti finalizzati a stabilire un legame di fiducia con l'altro, creando vincoli di reciprocità. Esempio: relazioni di vicinato. 3) Altruismo normativo: aiuto alle persone in difficoltà da parte delle istituzioni sociali, regolato da sistemi di norme formali. Esempio: cassa integrazione.LEZIONE 28 COMPORTAMENTI ALTRUISTI ED EGOISTI (109) INTRODUZIONE LEZIONE 28 In questa lezione 28 affronteremo due temi salienti: • la dinamica del comportamento altruistico; • motivazioni al comportamento egoista. Nel corso della lezione verranno proposte un approfondimento e un esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. La dinamica del comportamento altruistico (1) Come si arriva all'offerta di aiuto: Prima fase: definizione dell'evento. Ognuno da una personale definizione dell'evento sulla base delle info che possiede. Ma in questa definizione possono subentrare 2 distorsioni: • errore fondamentale di attribuzione (tendenza a sopravvalutare le cause interne nella spiegazione dei comportamenti altrui; • credenza in un mondo giusto: le persone tendono a rappresentarsi l'ambiente in un modo ordinato e razionale, in cui la causalità ha un ruolo limitato. La dinamica del comportamento altruistico (2) Incidono anche: • presenza di altri (come si comportano); • norme sociali rilevanti. Seconda fase: dopo aver stabilito che si tratta di un'emergenza, prima di decidere se intervenire: valutazione dei costi attribuiti all'aiuto. Questo processo è ben illustrato nello schema presente nella slide successiva. Credenza nel "mondo giusto" Attribuzione di causa "Errore fondamentale, di attribuzione" : .• I Definizione dell'evento I ./ Valutazione dei costi attribuiti all'aiuto l Effettiva decisione di aiutare APPROFONDIMENTO 5 Considerato la rilevanza del tema, si è ritenuto necessario aggiungere un approfondimento teorico soprattutto nella definizione difficoltosa del fenomeno. • E' difficile riuscire a dare una definizione di questa modalità di comportamento, in quanto include concetti che vanno dall'altruismo al comportamento d'aiuto. Ciò che si può individuare con certezza è lo schema: • Colui che aiuta - colui che riceve l'aiuto - azione fatta dal primo nei confronti del secondo - rapporti tra questi - stato di bisogno eventuali presenti all'azione. • Questo schema è ben rappresentato nella slide successiva. 1 Colui che riceve l'aiuto '] -ra-p-po-rti-tra-i-du-e--'I /' Eventuali presenti all'azioneCC I comportamenti sociali positivi hanno infatti in comune il fatto di essere volti a beneficiare un altro individuo senza spinta di ricompense, ma anche questo tentativo di definizione può presentare, come ha sottolineato Staub (1978), alcune difficoltà. Infatti non è facile definire quali comportamenti siano del tutto disinteressati o quali ad esempio riescano a raggiungere l'effetto positivo proposto. APPROFONDIMENTO 6 E' possibile comunque, cercare degli elementi che accomunino queste tipi di comportamenti: • intenzionalità: è necessario un comportamento consapevole nei confronti degli altri; • obiettivo: deve avere come scopo la ricerca di un beneficio nei confronti di un'altra persona, o gruppo, senza avere, come secondo fine, un tornaconto personale; • scelta: si deve essere liberi di mettere in atto un comportamento altruistico, non soltanto perché non si hanno alternative o perché obbligati da qualche fattore; • successo: l'azione compiuta deve raggiungere l'obiettivo per cui è stata concepita. Motivazioni al comportamento egoista (l) Si cercherà ora di prendere in esame quali possano essere le motivazioni che soggiacciano e che spingono un individuo a mettere in atto un comportamento positivo: • valore: nella maggiore parte delle culture l'aiutare gli altri viene considerato un atteggiamento positivo; • vantaggio personale: se l'aiuto dato a un altro individuo raggiunge il suo scopo, ne beneficerà anche colui che aiuta nel caso in cui questo sia entrato in empatia con lo star male altrui; • motivazioni interne: come desiderio di autorealizzarsi, soddisfare la propria curiosità, bisogno di stare con gli altri Motivazioni al comportamento egoista (2) Senso di giustizia: si cerca o di ristabilire una sorta di giustizia

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nel mondo o riequilibrare una situazione interiore; ovvero può capitare di assumere un comportamento poco altruistico e poi cercare di ristabilire equità con un comportamento positivo nei confronti di altri. Un comportamento positivo, che vorrebbe quindi aiutare un altro individuo, può suscitare in quest'ultimo reazioni che possono andare dall'indifferenza al rifiuto, fino a raggiungere rabbia e disprezzo. Motivazioni al comportamento egoista (3) Ciò avviene perché non sempre chi decide di fornire un aiuto valuta in modo obiettivo lo stato di bisogno del ricevente oppure è in grado di tenere conto delle sue esigenze: molte volte infatti viene svolta un'analisi sommaria, magari considerando solo il proprio punto di vista e trasferendolo sulla situazione. Oppure possono entrare in gioco dinamiche che dipendono dal ricevente come il sentirsi poi in debito con il suo beneficiari, la perdita di autostima o la considerazione che il beneficiario si stia comportando in questi modo solo per raggiungere un secondo fine, al momento poco esplicito, ma che poi si presenterà con chiarezza. ESERCITAZIONE (valida come approfondimento da portare all'esame) In questa lezione abbiamo affrontato la dinamica del comportamento d'aiuto cioè come si arriva all'effettiva decisione di aiutare qualcuno (considerando tutte le variabile che intervengono in questo processo). Vi propongo ora un esperimento ispirato alla parabola del samaritano che, lungo la strada da Gerusalemme a Gerico, soccorre un uomo aggredito dai ladri e si prende cura di lui condotto da J.MDarley e C.D. Bateson (1973). Lo potete trovare a questo indirizzo: http://faculty.babson.edu/krollag/orgsite/socpsych/darleysamarit.html LEZIONE 29 IL GRUPPO (113) INTRODUZIONE LEZIONE 29 In questa lezione 29 affronteremo alcuni temi classici della dinamica di gruppo. In particolar modo: • definizione di gruppo; • tipologie (gruppo, aggregato, categoria); • gruppi primari e gruppi secondari; • la prospettiva sociopsicologica (Lewin, 1948); • status. Definizione di gruppo La definizione del concetto di gruppo è tuttora controversa sia per motivi di carattere filosofico e metafisico, sia per ragioni legate alla posizione epistemologica del concetto utilizzato da diverse discipline nell'ambito delle scienze sociali. Il gruppo è un'entità psicologica diversa dalla somma dei suoi componenti. La diversità è data dalle relazioni dinamiche che si instaurano tra i suoi individui. Il presupposto fondamentale, in sociologia, è che tali interazioni si sviluppino con una certa regolarità. Il gruppo sociale Un gruppo sociale è costituito da un numero limitato di individui che interagiscono con regolarità. Questa regolarità di interazione tiene insieme i partecipanti dando vita a una distinta unità con una propria complessiva identità sociale. I membri di un gruppo si aspettano determinate forme di comportamento l'uno dall'altro, che non sono richieste ai non appartenenti. Esempio: una famiglia, un circolo sportivo L'aggregato Distinto invece per i sociologi è il concetto di aggregato. Un insieme di individui che si trovano nello stesso luogo allo stesso momento, senza tuttavia condividere tra loro alcun preciso legame. Esempio: gli spettatori in una sala cinematografica, viaggiatori che condividono la medesima sala d'aspetto, studenti che fanno la coda per la segreteria. La categoria sociale La categorie sociale è un raggruppamento statistico di individui classificati nella stessa categoria in base ad una particolare caratteristica comune, come il medesimo livello di reddito o la stessa attività lavorativa. Non è necessario che essi interagiscano tra loro, né che si ritrovino nello stesso luogo. Non è fondamentale che essi attribuiscano una particolare importanza alle caratteristiche che li accomunano. Esempio: le donne, i vegetariani. Gruppi primari e gruppi secondari I gruppi si distinguono in (suddivisione considerata eccessivamente schematica ma ancora ampiamente utilizzata): • gruppi primari ovvero insieme di persone che interagiscono direttamente e sono legate da vincoli di natura emotiva; • gruppi secondari invece formati da persone che hanno rapporti più o meno frequenti ma di tipo prevalentemente impersonale, in quanto determinati esclusivamente da scopi pratici. È evidente che incontri ripetuti di un gruppo secondario possono creare

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legami tra i suoi membri tali da trasformarlo in un gruppo primario. Lewin è stato il primo teorico a definire lo statuto socio psicologico dei gruppi sociali. La prospettiva sociopsicologica - Lewin, 1948 (1) Un gruppo è una totalità dinamica, cioè un'entità diversa (non superiore) rispetto alla somma degli individui che lo compongono. Il criterio fondamentale per la definizione di gruppo è l'esistenza di interazione o altri tipi di interdipendenza fra gli individui che lo compongono. Esempio: essi condividono uno scopo o un destino comune. La prospettiva sociopsicologica - Lewin, 1948 (2) Questa precisazione è importante perché molto spesso un gruppo è definito sulla base della somiglianza tra i suoi membri, trascurando l'interdipendenza tra di essi. La somiglianza fra i componenti non è sufficiente a definire un gruppo. Se non si evidenzia però alcuna interdipendenza tra i membri, nel senso che non condividono alcuno scopo o non hanno alcuna attesa in comune non possono essere definiti un vero gruppo. Non c'è nessuna limitazione numerica. Esempio: un insieme di persone con un obiettivo condiviso Il sistema di status I temi classici della dinamica di gruppo sono stati individuati dalla prima generazione di allievi di Lewin e hanno continuato sino a oggi a essere integrati da nuovi contributi. Il sistema di status si riferisce alla posizione che una persona occupa in un gruppo sociale e alla valutazione di tale posizione in una scala di prestigio (Scilligo, 1973). Gli indicatori essenziali dello status sono: • la tendenza da parte di chi occupa uno status elevato a promuovere iniziative (idee e attività) che poi vengono continuate dal gruppo Le differenze di status (1) Lo status implica che all'interno del gruppo esistono le gerarchie (differenziazioni di status). Tali gerarchie si manifestano attraverso il comportamento verbale e non verbale. • Status elevato (a livello verbale) si esprime attraverso maggiori proprietà linguistiche, affermazioni critiche, comandi, regolano la conversazione. • Status elevato (a livello non verbale) si manifesta con una postura più eretta, voce ferma e maggiore contatto visivo: Le differenze di status (2) La gerarchia non è affatto immutabile. Gli studi sul campo di Sherif (1953) mostrano che diversi eventi realizzatesi nel gruppo, come l'introduzione di un nuovo membro, l'abbandono da parte di un altro, l'introduzione di nuove attività di gruppo o un conflitto intergruppi possono cambiare la gerarchia di status. Questi eventi comportano in genere un movimento verso l'alto o il basso dei membri situati nei ranghi intermedi. La creazione dello status (1) Ma come si produce lo status? Secondo alcuni studi lo status può derivare dalla messa in atto di alcuni comportamenti, come aiutare il gruppo a raggiungere i propri obiettivi, sacrificarsi a favore del gruppo, conformarsi alle norme interne. Esistono prevalentemente 2 teorie. I teorici degli stati d'aspettativa: che sostengono che già nei primi incontri del gruppo le posizioni vengono attribuite in accordo con le aspettative riguardo al possibile contributo di ognuno al raggiungimento degli obiettivi del gruppo; I teorici della corrente etologica: che sostengono che i membri sin dall'inizio valutano la forza di ciascuno a partire dalla sua apparenza e dal suo contegno. Su questa valutazione iniziale influiscono diverse caratteristiche personali come la statura, la muscolatura, l'espressione facciale. In generale si può affermare che le differenziazioni di status nei gruppi corrispondono a un bisogno di prevedibilità e di ordine. LEZIONE 30 LE DINAMICHE DI GRUPPO (117) INTRODUZIONE LEZIONE 30 In questa lezione 30 affronteremo altri temi classici della dinamica di gruppo. In particolar modo: • lo status (metodi di studio, come si produce e l'assegnazione); • i ruoli; • le norme. Metodi di studio dello status (1) Fra i metodi per misurare lo status all'interno di un gruppo sono state utilizzate tecniche di osservazione dei comportamenti verbali e non verbali: • indicatori non verbali di status elevato: postura eretta, voce ferma, contatto visivo; • indicatori verbali di status elevato: turni di parola più lunghi, critiche, comandi, interruzioni frequenti degli interlocutori. Le persone che occupano uno status elevato interagiscono più frequentemente con gli altri membri del gruppo e svolgono un maggior numero di interventi verbali. Le persone di status

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elevato ricevono un maggior numero di comunicazioni da parte dei membri del gruppo. Metodi di studio dello status (2) Sono state spesso usate tecniche di indagine che consistono nel richiedere valutazioni dei membri del gruppo: • ciascun appartenente al gruppo valuta gli altri in termini di popolarità, influenza, competenza; • esiste una maggiore concordanza rispetto alle valutazioni dei livelli estremi della struttura gerarchica. I giudizi concordano maggiormente quando si considerano il livello più elevato e quello più basso nella struttura gerarchica. Ovviamente la gerarchia di status all'interno di un gruppo non è un fatto imutabile. Come si produce un sistema di status Lo status può derivare dalla messa in atto di alcuni comportamenti, come aiutare il gruppo a raggiungere i propri obiettivi, sacrificarsi a favore del gruppo, conformarsi alle norme interne. Due spiegazioni teoriche. 1) Teoria degli listati di aspettativa" I teorici degli stati di aspettativa (Berger, Rosenholtz e Zelditch,1980) sostengono che sin dai primi incontri, le persone si formano aspettative, in base alle caratteristiche personali esibite, rispetto al possibile contributo di ogni individuo al raggiungimento degli scopi di gruppo. Le posizioni vengono attribuite in base a tali aspettative. LEZIONE 30 LE DINAMICHE DI GRUPPO (118) 2) Corrente etologica I teorici della corrente etologica (Mazur, 1985) sostengono invece che l'assegnazione di status avviene in base a una distinzione iniziale fra ipotetici "vincitori" e "perdenti", effettuata valutando la forza di ciascuno a partire da caratteristiche quali statura, muscolatura, espressione facciale. Le differenziazioni di status nei gruppi corrispondono a un bisogno di prevedibilità e di ordine; la posizione di status è attribuita in base alle aspettative riguardanti le competenze di ciascuno in ordine al raggiungimento degli scopi comuni e le aspettative si formano attraverso un serrato confronto sociale che permette ai membri del gruppo di valutare le proprie e altrui capacità rispetto agli obiettivi del gruppo. Il ruolo Il ruolo può essere definito come l'insieme di aspettative condivise circa il modo in cui dovrebbe comportarsi un individuo che occupa una determinata posizione nel gruppo. La divisione dei ruoli permette una vita di gruppo prevedi bile e ordinata; è funzionale al conseguimento degli scopi di gruppo. Secondo Levine e Moreland (1989) in quasi tutti i gruppi è possibile distinguere tre ruoli: • leader • nuovo arrivato • capro espiatorio I tre ruoli del gruppo Lord (1985) sostiene che spesso i membri del gruppo condividono delle immagini prototipiche del leader ideale e che la loro valutazione del leader reale può dipendere dalla prototipicità del suo comportamento. Per colui che incarna il ruolo del nuovo arrivato invece ci si aspetta che sia ansioso, dipendente, conformista, passivo e che più egli gioca con efficacia il suo ruolo maggiori saranno le possibilità di essere accettato dagli "anziani" del gruppo. Il ruolo del capro espiatorio è funzionale alla vita del gruppo, in quanto permette ai suoi membri di liberarsi di parti negative della propria immagine di sé (o caratteristiche che minacciano la vita del gruppo) proiettandole su chi detiene tale ruolo. LEZIONE 30 LE DINAMICHE DI GRUPPO (119) Conflitti legati al ruolo (1) I conflitti sono connessi alle differenziazioni di ruolo nei piccoli gruppi possono insorgere: • a livello personale (l'individuo sente incompatibilità tra il ruolo che gioca nel gruppo e quelli che agisce altrove, oppure non ritiene di possedere le qualità o la motivazione per svolgere quel determinato ruolo). • a livello di gruppo (il gruppo non concorda su come il ruolo è interpretato o sulla persona che ricopre tale ruolo). Conflitti legati al ruolo (2) L'insorgenza di conflitti di ruolo all'interno dei gruppi di lavoro comporta secondo Jackson e Schuler (1985): • un aumento della tensione tra i membri; • un decremento della produttività. Corso di Laurea: Insegnamento: nO Lezione: Titolo: SCIENZE TECNICHE PSICOLOGICHE - (classe 34) PSICOLOGIA SOCIALE 30 LE DINAMICHE DI GRUPPO Una possibile soluzione è rappresentata dalle transizioni di ruolo, ma Moreland e Levine (1984) avvertono che il passaggio da un ruolo a un altro può essere a sua volta fonte di conflitto. Le norme di gruppo Le norme costituiscono aspettative condivise rispetto a come dovrebbero comportarsi i membri del gruppo. Riguardano un set di comportamenti e opinioni cui ci si

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aspetta che i membri si uniformino. La trasgressione può comportare delle sanzioni per coloro che deviano. Permettono di definire la "latitudine" entro la quale sono accettate le differenze individuali. Non hanno lo stesso carattere di obbligatorietà per tutti i membri: le persone di status elevato sono più vincolate alle norme centrali. Chi non rispetta le norme del gruppo, cioè il deviante, riceve un maggior numero di comunicazioni dagli altri membri nel tentativo di ricondurlo entro le norme del gruppo. LEZIONE 30 LE DINAMICHE DI GRUPPO (120) Le norme e le loro funzioni (1) La costruzione di norme di gruppo assolve quattro funzioni: l'avanzamento del gruppo (group locomotion): cioè le norme servono al gruppo per raggiungere i propri obiettivi. Festinger (1950) sostiene che le pressioni verso l'uniformità nascono dal momento in cui essa viene considerata desiderabile o necessaria perché il gruppo possa avanzare verso il raggiungimento degli obiettivi stabiliti; il mantenimento del gruppo: cioè le norme permettono al gruppo di preservarsi in quanto tale; alcune norme di gruppo servono semplicemente come supporti perché il gruppo possa sopravvivere in quanto entità, come le richieste per incontri regolari del gruppo mentre sono osteggiati comportamenti che possono arrecare minaccia o portare divisioni all'interno del gruppo o demotivare i membri all'appartenenza a quest' ultimo; LE DINAMICHE DI GRUPPO Le norme e le loro funzioni (2) Costruzione della realtà sociale: nel senso che le norme offrono sostegno alle opinioni dei vari membri per costruire attraverso il consenso una realtà condivisa, una realtà sociale. Molto spesso non esiste una realtà obiettiva che dia corpo e validità alle opinioni soggettive; tale validità può essere stabilita tramite il processo di confronto sociale per questo l'individuo prende atto che gli altri sostengono opinioni simili alle proprie (Festinger, 1954). Le pressioni per mantenere un'uniformità di convinzioni assicurano al gruppo una concezione comune della realtà sociale, che è utilizzata dai membri anche come spunto di riferimento per l'autovalutazione e nei casi in cui si presentino situazioni non familiari che diano luogo ad emozioni. Nel caso delle emozioni quando la situazione è ambigua e non interpreta bile in termini di esperienza passata, sorgono pressioni per stabilire una realtà sociale, condivisa. Le norme e le loro funzioni (3) La definizione dei rapporti con l'ambiente sociale: nel senso che le norme permettono ai membri del gruppo di definire le proprie relazioni rispetto all'ambiente sociale più vasto, che è composto di gruppi, organizzazioni e istituzioni. È importante che i membri di un gruppo possano raggiungere un consenso riguardo alle relazioni fra il proprio gruppo e l'ambiente sociale circostante, stabilendo per esempio quali gruppi siano da considerare "alleati" o "nemici", quali siano i risultati del confronto fra il proprio e gli altri gruppi, quali siano i risultati del confronto fra il proprio e gli altri gruppi, quali contributi possa offrire l'appartenenza al gruppo alla valutazione di sé dei membri. Diversi autori affermano che le norme, una volta formate, dimostrano una certa resistenza al cambiamento, anche se esistono evidenze sperimentali sulla possibilità che cambino (per es.: gli operai vengono coinvolti nella decisione del cambiamento lavorativo). LEZIONE 31 LE RETI DI COMUNICAZIONE (121) INTRODUZIONE LEZIONE 31 In questa lezione 31 affronteremo altri temi classici della dinamica di gruppo. In particolar modo: • le reti di comunicazione; • il potere all'interno del gruppo con riferimento alle 5 possibili fonti di potere individuate da French e Raven (1959). Le reti di comunicazione (1) Le comunicazioni sono la trama, la causa e il riflesso della struttura interna del gruppo, collegano e determinano le relazioni interpersonali, le amicizie e le inimicizie, gli accordi o i disaccordi, la collaborazione o la competizione (Flament, 1965). Secondo l'autore tutti i processi di gruppo possono essere studiati a partire dalle comunicazioni che vengono svolte all'interno del gruppo. Tre correnti di studio sulle comunicazioni nei gruppi: 1) Bales e colleghi (1951) studiano le strutture di comunicazione nei gruppi di discussione; evidenziano che la quantità di comunicazioni date e ricevute riproduce la gerarchia di status. Esempio: in una struttura centralizzata il leader riceve e trasmette più comunicazioni di tutti. Le reti di

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comunicazione (2) 2) Festinger e Schacter (1950,1951) analizzano i processi comunicativi in rapporto ad altri fenomeni di gruppo. Esempio: studi sulle comunicazioni verso i devianti. 3) Bavelas (1948), propone un modello matematico di descrizione delle reti di comunicazione: riprende l'idea lewiniana di rappresentazione del campo psicologico mediante mappe topologiche. LEZIONE 31 LE RETI DI COMUNICAZIONE (122) Gli indici delle reti di comunicazione Gli indici importanti per descrivere i vari tipi di reti sono: Indice di distanza: il numero minimo di legami di comunicazione che un individuo deve attraversare per comunicare con un altro membro del gruppo; Indice di centralità: che misura il grado di centralizzazione di una rete ovvero misura quanto le comunicazioni in un gruppo siano centralizzate in una persona o distribuite più o meno uniformemente fra i membri. Leavitt (1951) evidenzia che esiste una correlazioni tra l'indice di centralità di una rete e certe espressioni del lavoro di gruppo: più la rete è centralizzata, meno numerose sono le comunicazioni e più rapido è lo svolgimento del compito, anche se il morale medio del gruppo diminuisce (mentre è più elevato nella rete circolare). Reti di comunicazione secondo l'indice di centralità I risultati sperimentali di Shaw (1954) correggono l'idea che i gruppi centralizzati risolvano più rapidamente i compiti: questo vale per i compiti semplici, mentre per i compiti complessi le reti decentralizzate (rete circolare) forniscono prove più rapide. La natura del compito è quindi una variabile fondamentale; nei compiti complessi i gruppi decentralizzati distribuiscono in modo uniforme la quantità di informazioni necessarie per risolvere il compito e per questo hanno più probabilità di svolgere rapidamente ed efficacemente la prova rispetto ai gruppi centralizzati, in cui il leader rischia di non essere in grado di elaborare tutta la mole delle informazioni necessarie per la soluzione. L'efficenza delle reti Oltre al problema dell'efficienza di una rete di comunicazione nello svolgere un compito (efficienza che corrisponde all'utilizzazione del minor numero di comunicazioni e del minor tempo di svolgimento), diversi ricercatori si sono posti il problema della soddisfazione dei membri del gruppo rispetto all'attività svolta. Dai primi studi di Leavitt emergeva che il morale del gruppo era più elevato nelle reti decentralizzate che in quelle centralizzate; gli studi successivi confermano questa tendenza, e dimostrano che nelle reti centralizzate la persona che occupa la posizione centrale si rivela più soddisfatta, forse perché colui che occupa la posizione centrale sente di poter influenzare il comportamento degli altri. Tale problema è da ricollegare all'esperienza del potere, che nel caso delle reti centralizzate è distribuito fra i membri, nessuno dei quali è a rigore periferico. LEZIONE 31 LE RETI DI COMUNICAZIONE (123) Il potere all'interno del gruppo (1) Il potere indica la capacità di influenzare o di controllare altre persone. È necessario tenere in considerazione il fatto che, nella realtà, il potere raramente deriva da un'unica fonte; le relazioni fra O e P sono caratterizzate da molte variabili, ciascuna delle quali può essere una base di potere. French e Raven (1959) individuano 5 possibili fonti di potere: • il potere di ricompensa (reward power) che si basa sull'abilità di O nel dare o promettere a P ricompense, di tipo materiale o simbolico. La forza di questo potere aumenta con l'ampiezza delle ricompense che P percepisce di ottenere da o. L'uso di ricompense fa aumentare l'attrazione di P per O e può trasformare il potere di ricompensa nel potere di esempio; Il potere all'interno del gruppo (2) • il potere coercitivo può essere considerato alla stregua del potere di ricompensa visto nella valenza negativa, in quanto O può influire su P attraverso sanzioni punitive, effettivamente comminate o minacciate. Il potere coercitivo riduce l'attrazione di P per O, perciò esso deve corredarsi di forze restrittive che limitino la possibilità di P di fuggire dal campo di azione di o. Entrambi questi due tipi di potere (1 e 2) possono indurre comportamenti di conformismo esteriore, ma non adesione autentica del "dominato" rispetto al "dominatore"; Il potere all'interno del gruppo (3) • Il potere legittimo: di O su P è il potere che proviene da norme interiorizzate da P, norme che stabiliscono che O ha il

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diritto legittimo di influenzare P e che P è obbligato ad accettare questa influenza. Le basi di questo potere possono essere nei valori di una certa cultura che conferiscono autorità ad alcune persone in base a certe caratteristiche (anzianità, appartenenza ad una casta, ecc) oppure nel fatto che nella struttura sociale O occupa una posizione di leader o sulla base di una designazione sociale legittima come un'elezione. Il potere legittimo anche se si fonda su norme e valori interiorizzati ricorre all'impiego di sanzioni positive o negative; LEZIONE 31 LE RETI DI COMUNICAZIONE (124) Il potere all'interno del gruppo (4) • Il potere di esempio: (referent power) le cui basi sono poste nell'identificazione di P con O, indifferentemente che O sia una persona o un gruppo. Maggiore è l'identificazione di P con O più elevato è il potere d'esempio di O su P. I concetti di "gruppo di riferimento" e di "suggestione da prestigio" possono essere considerati come illustrazioni del potere d'esempio. Da rilevare che non sempre P è consapevole del potere d'esempio che O esercita su di lui; Il potere all'interno del gruppo (5) • il potere di competenza (expert power) si basa sul fatto che P ritiene O un esperto in un determinato ambito. Questo tipo di influenza sociale riguarda la struttura cognitiva di P e probabilmente non altre aree. Affinché si realizzi tale potere sono necessarie 2 condizioni: • P deve pensare che O abbia le conoscenze rispetto ad un dato ambito; • P deve avere fiducia che O dica la verità. Il potere all'interno del gruppo (6) French e Raven distinguono potere di competenza e potere dell'informazione. Il primo si basa sulla credibilità di O nel quadro di una più o meno durevole relazione tra O e P, mentre il secondo si basa sulle caratteristiche dello stimolo, quali ad esempio la logica dell'argomentazione o l'evidenza dei fatti, ed è "impersonale" nel senso che non implica alcuna relazione fra O che offre l'informazione e P che la riceve. Inoltre il primo è più limitato del secondo sia perché riguarda solo la sfera cognitiva, sia perché è limitato ad un'area specifica. LEZIONE 32 LA LEADERSHIP (125) INTRODUZIONE LEZIONE 32 In questa lezione 32 affronteremo i altri temi classici della dinamica di gruppo. In particolar modo: • la leadership; • la differenza tra influenza e potere; • elementi su cui si basa la capacità di influenzare: • modello della contingenza (Fiedler, 1964); • modelli transazionali; • i processi decisionali nei gruppi. La leadership Hollander (1985) tra i tanti studiosi che si sono occupati del concetto di leadership evidenzia tra le numerose definizioni delle caratteristiche salienti. La leadership implica un processo d'influenza fra un leader e i seguaci in ordine al raggiungi mento degli obiettivi di un gruppo. Il leader mostra più iniziativa rispetto agli altri membri, (dirige, suggerisce, consiglia, propone idee, ecc) occupa una posizione elevata nella gerarchia di status e nella rete di comunicazioni del gruppo, si trova in posizione centrale. La differenza tra influenza e potere Distinzione fra influenza e potere: è illustrata dagli effetti della maggioranza e della minoranza sulle opinioni dell'individuo. L'influenza della minoranza consiste nel produrre accettazione soggettiva e persuasione, mentre quella della maggioranza implica coercizione e accondiscendenza pubblica (Moscovici, 1976). Prima del contributo teorico di Moscovici era normale considerare il potere come base dell'influenza e l'influenza come esercizio del potere, mentre nelle più recenti concettualizzazioni l'influenza sociale e il potere sono considerati come processi alternativi di modificazione dei comportamenti degli altri. Elementi su cui si basa la capacità di influenzare Esistono alcuni tratti di personalità che distinguono i leader dagli altri: un individuo con tali caratteristiche è un leader "naturale" indipendentemente dalla situazione. La teoria del"grande uomo" Tratti tipici di un leader naturale (il grande uomo): propensione alla responsabilità e alla esecuzione del compito, tenacia nel perseguire gli obiettivi, originalità nell'affrontare i problemi, tendenza a prendere l'iniziativa, fiducia in sé, capacità di tollerare le frustrazioni, abilità nell'influenzare gli altri. (Stodgill,1974) Critiche: come dice Holander (1985) nella sua rassegna sulla leadership, ricerche come quelle considerate da Stodgill non hanno individuato un set consistente di tratti

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di personalità che distingua il leader, poiché i comportamenti delle persone variano a seconda delle situazioni ed i tratti non sono statici ma dinamici. LEZIONE 32 LA LEADERSHIP (126) Il comportamento del leader e le sue funzioni (1) Dalla ricerca di alternative alla teoria del "grande uomo" derivano due sviluppi teorici: lo studio delle diverse funzioni del leader e l'approccio situazionista . 1) Lo studio delle funzioni e dello stile di leader Bales e Siater (1955 Si distinguono due tipi di funzioni del leader: • leader socioemozionale: presta attenzione ai sentimenti dei membri del gruppo; è teso ad assicurare armonia nel gruppo; • leader centrato sul compito: concentrato sulla realizzazione del compito e sull'organizzazione del lavoro di gruppo. I due ruoli sono complementari, e difficilmente possono essere svolti dalla stessa persona. Ricerca sulla leadership dell'Ohio state University mise in luce 2 comportamenti del leader: • la considerazione nei riguardi dei membri del gruppo (comportamenti di aiuto nei confronti dei subordinati, essere amicale e disponibile); • la capacità di strutturazione (portare i subordinati a seguire regole e procedure, mantenere gli standard di produzione, rendere evidenti le differenze gererchiche). Altro esempio: studio di Lewin, Lippit e White sullo stile della leadership Esistono tre diversi stili di leadership: • stile autoritario; • stile democratico; • laissez-faire. Secondo Turner (1991) lo stile democratico e quello autoritario rappresentano rispettivamente il leader socioemozionale e quello centrato sul compito, e lecito chiedersi se il leader ideale sia quello che incarna entrambi gli stili oppure l'uno o l'altro alternativamente a seconda delle rich ieste situaziona li. LEZIONE 32 LA LEADERSHIP (127) Approccio situazionista Si fonda sull'idea che in situazioni diverse il leader deve assolvere funzioni diverse. Tale ruolo può quindi essere assunto da diversi membri del gruppo, caso per caso Esperimento di Carter e Nixon (1949): variando il tipo di compito, osservano che persone diverse emergono come leader Fattori situazionali collegati all'emergere di un leader: natura del compito; presenza nel gruppo di un membro con esperienza di leader, grandezza del gruppo, stabilità ambientale ... Critiche all'approccio situazionista: Trascura troppo le caratteristiche delle persone con ruoli di leader; La definizione della situazione (centrata sulle richieste relative al compito) è riduttiva e considera poco elementi importanti come la storia, la struttura, le risorse del gruppo. Modello della contingenza, Fiedler, 1964 (1) • Idea interazionista: l'efficienza del leader dipende dalla corrispondenza fra stile adottato e controllo della situazione; • Stile di leadership misurato mediante punteggio Lpc (Least Preferred Co-worker): descrizione su scale bipolari (collaborativo / non collaborativo; amichevole / ostile ... ) del collaboratore con cui la persona trova più difficile lavorare. LEZIONE 32 LA LEADERSHIP (128) Modello della contingenza, Fiedler, 1964 (2) Alto Lpc = leader centrato sulle relazioni Basso Lpc = leader centrato sul compito Fattori presenti nella situazione: • qualità dei legami leader membri; • livello di struttura del compito (es., chiarezza dello scopo); • potere del leader (es., controllo di sanzioni e premi). Modello della contingenza, Fiedler, 1964 (3) Le ricerche compiute sulla base del modello di Fiedler hanno evidenziato che le combinazioni efficaci di stile di leadership e situazione sono le seguenti: Leadership centrata sulla relazione + controllo moderato della situazione Leadership centrata sul compito + controllo alto o basso della situazione Modelli transazionali Sono quei paradigmi che insistono sulla relazione bidirezionale fra leader e membri del gruppo. Si presuppone anche i membri del gruppo (e non solo il leader) influenzano con le loro aspettative e le loro richieste il leader stesso. I processi decisionali nei gruppi (1) Un ampliamento molto rilevante del campo di interesse della dinamica di gruppo è stato raggiunto a partire dall'inizio degli anni '60 con la messa a fuoco delle dinamiche sottostanti alle decisioni in situazioni di gruppo. Secondo il senso comune, i gruppi sono luogo di ricerca del compromesso: sono perciò poco efficaci nella presa di decisioni. È da sempre noto che gruppi istituzionali o formali debbano prendere delle decisioni, così come è altrettanto noto nella letteratura sull'argomento che i

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gruppi che devono prendere una decisione complichino i termini della questione considerata in modo da non giungere a nessuna conclusione. LEZIONE 33 I PROCESSI DECISIONALI (129) INTRODUZIONE LEZIONE 33 In questa lezione 33 affronteremo altri temi classici della dinamica di gruppo. In particolar modo approfondiremo i processi decisionali nei gruppi. Analizzeremo i processi di presa di decisione nei gruppi: dall'assunzione di rischio alla polarizzazione. I processi decisionali nei gruppi (2) È per paura di questi "deliri confusi di gruppo" che molti pensano che le decisioni importanti non possano essere lasciate a nessun gruppo, per quanti qualificati ne siano i membri, ma debbano essere prese da una sola persona che possa assumersi la responsabilità diretta su esse. AI massimo, certi gruppi di lavoro o di consulenza, possono offrire al responsabile una riflessione più accurata sui fattori che sono in gioco nel problema che si affronta. Non sono però in grado di decidere perché tutti i membri tengono troppo a far valere il proprio punto di vista. I processi decisionali nei gruppi (3) Per questo motivo cercano un compromesso che possa andare bene a tutti e in tal modo non decidono nulla. È noto che per decidere bisogna scegliere tra diverse opzioni disponibili e una scelta implica sempre che una di tali opzioni venga accolta. Alle altre bisogna rinunciare. Il senso comune è pienamente allineato con tale punto di vista quando considera il gruppo un luogo di mediazione, non di decisione. Quando i componenti di un gruppo si incontrano non fanno altro che soppesare i vantaggi e gli inconvenienti di ogni soluzione, tentano cioè di trovare quella più conveniente per tutti, che non potrà non situarsi nel punto di compromesso più equanime possibile fra le diverse soluzioni. LEZIONE 33 I PROCESSI DECISIONALI (130) I processi di presa di decisione nei gruppi Secondo il senso comune, i gruppi sono luogo di ricerca del compromesso: sono perciò poco efficaci nella presa di decisioni Effetto di normalizzazione È la tendenza a moderare le proprie opinioni e la propria condotta in rapporto alle opinioni e alle condotte degli altri. Attraverso l'effetto di normalizzazione il gruppo si dà una norma poiché l'uomo, secondo Allport (1924) possiede una naturale tendenza a moderare le proprie opinioni e la propria condotta in rapporto alle opinioni e alle condotte degli altri. Secondo Stoner, le decisioni prese in gruppo sono decisamente più rischiose delle decisioni prese individualmente dai singoli membri dello stesso gruppo sullo stesso argomento. La decisione rischiosa Decisione rischiosa è una decisione in cui si mette in gioco qualcosa di acquisito (la posta), rischiando di perderlo, in vista dell'ottenimento di qualcosa di molto più rilevante (il premio). È evidente che, quanto minori sono le possibilità di ottenere il premio, tanto più la decisione di giocarsi la posta (sicura) per ottenere il premio è rischiosa. Ma è anche evidente che non può esserci assunzione di rischio se la possibilità di ottenere il premio fosse nulla. In tal caso non si porrebbe alcun problema di scelta, né esisterebbe il problema se il premio e la posta fossero ambedue ugualmente disponibili. La rilevanza dei risultati, in contrasto con la tesi secondo cui la normalizzazione è la sola soluzione possibile nelle decisioni di gruppo fece fiorire diverse interpretazioni teoriche. Esperimento di Stoner (1) 3 fasi: decisone individuale; formazione di gruppi e decisione di gruppo; nuova decisione individuale dopo alcune settimane. Esempio di problema usato: il capitano di una squadra universitaria di calcio, negli ultimi secondi di una partita, giocata contro i più accaniti tra gli avversari dell'istituto, ha la possibilità di scegliere fra due tecniche di gioco: una che quasi certamente porterebbe al pareggio e l'altra che in caso di successo porterebbe ad una vittoria completa ma, in caso di insuccesso, alla totale disfatta. Richiesta del compito: valutare la probabilità minima di riuscita considerata accettabile nel consigliare al personaggio principale della situazione di scegliere l'alternativa più rischiosa. LEZIONE 33 I PROCESSI DECISIONALI (131) Esperimento di Stoner (2) Risultati ottenuti: 12 gruppi su 13 modificarono la decisione iniziale, presa individualmente, verso un maggior rischio. Come interpretare questo spostamento nelle decisioni di gruppo verso la

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direzione rischiosa? La diffusione delle responsabilità: se un individuo deve decidere circa il rischio che può assumere, si sente responsabile di quanto farà di fronte a se stesso, sia di fronte ad amici colleghi ecc. Ciò lo induce a essere cauto, per timore di "perdere la faccia". Quando però lo stesso individuo discute con gli altri come procedere, si sente meno direttamente responsabile della scelta cui si giunge. Esperimento di Stoner (3) Familiarità: la discussione di gruppo aumenta la familiarità dei singoli rispetto a problemi delicati "Rischio come valore": nel corso della discussione di gruppo, diventa saliente un valore proprio della cultura americana, ossia l'apprezzamento per chi sa correre dei rischi (Brown, 1965) Egli sostiene che ci sia qualcosa che fa sì che i soggetti, nel corso della discussione di gruppo, diano più importanza alle tesi a favore del rischio che a quelle a favore della cautela. Limiti teoria di Stoner Effetto "storia": E' possibile costruire storie che spingono a scelte orientate verso la cautela invece che verso il rischio. Ogni storia utilizzata mostra uno spostamento di intensità e direzione ca ratte ristico. E' possibile prevedere la direzione e l'intensità dello spostamento a partire dal pattern dei giudizi ottenuto nella fase di decisione individuale. Dopo la discussione di gruppo: • gli item con punteggio iniziale in favore del rischio mostrano uno spostamento consistente verso il rischio; • gli item con punteggio iniziale in favore della cautela mostrano invece uno spostamento consistente verso la cautela. LEZIONE 33 I PROCESSI DECISIONALI (132) Il valore del rischio Questo qualcosa è un vero valore della cultura americana e cioè l'apprezzamento per chi sa correre, a ragion veduta dei rischi. La discussione di gruppo serve proprio per far comprendere agli individui in che modo esprimere la propria propensione per il rischio di fronte a un compito particolare. Tuttavia alcuni studi successivi a quelli di Stoner misero in evidenza che dopo una discussione di gruppo alcuni individui non modificavano la propria opinione individuale nei confronti di scelte caratterizzate da un rischio maggiore. Brown modificò allora la sua teoria del rischio come valore sostenendo che il contesto culturale valorizza il rischio ma lo fa soltanto in alcune circostanze, mentre in altre valorizza la prudenza. Effetto polarizzazione Moscovici e Zavalloni (1969): Gli effetti della discussione di gruppo sono limitati alle situazioni di assunzioni di rischio? O sono in rapporto ad un processo socio psicologico più ampio? Replica dello studio di Stoner, utilizzando un tradizionale questionario di atteggiamenti invece di dilemmi alla Stoner. Risultato: gli atteggiamenti del gruppo sono più estremi di quelli dei singoli individui che ne fanno parte. Tale effetto viene denominato di polarizzazione per sottolineare la specificità (incremento dato dal gruppo ad un orientamento già presente nei singoli componenti) e per distinguerlo da generici fenomeni di estremizzazione non rivolti verso un polo specifico. La polarizzazione Moscovici e Zavalloni hanno dimostrato che: • l'intensità della polarizzazione dipende dal livello di implicazione dei membri del gruppo verso il problema affrontato; • il conflitto dei punti di vista favorisce un tal processo invece di limitarlo. Si può dunque affermare che ogni situazione di gruppo che richiede una scelta o presa di decisione implica l'esistenza di due categorie di fenomeni: la normalizzazione; la polarizzazione. LEZIONE 34 LA SCELTA (133) INTRODUZIONE LEZIONE 34 In questa lezione 34 affronteremo le conseguenze del processo decisionale. In particolar modo analizzeremo le conseguenze di decisioni "disastrose". Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. La scelta Ogni situazione di gruppo che richiede una scelta, o una decisione, fa sì che si produca un conflitto tra opinioni o giudizi, o alternative diversi. Se non ci sono differenze tra le opzioni, e non c'è conflitto non esiste il problema di scegliere o decidere. Quel che succederà dipende in gran parte da come gli attori sociali si pongono di fronte al conflitto. Possono cercare a tutti i costi di evitarlo o oppure possono affrontarlo con risolutezza. Group Thinking (Janis, 1972) AlI'intermo del processo detto group thinking (pensiero gruppale) la discussione e il

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confronto tra i diversi attori sono ostacolati e ridotti al minimo. Soltanto affrontando con risolutezza il conflitto tra i diversi punti di vista rappresentati nel gruppo è possibile evitare silenzi e complicità che, se nella maggioranza dei casi semplificano la vita quotidiana permettendo partecipazione di routine a molti eventi, possono talvolta rendere il soggetto (attore) responsabile di decisioni radicalmente in contrasto con le sue idee o aspettative. LEZIONE 34 LA SCELTA (134) Le caratteristiche del processo decisionale • forte coesione di gruppo; • isolamento del gruppo rispetto a informazioni esterne; • pressione a decidere in tempi brevissimi; • quasi sempre, presenza di un leader molto direttivo. Conseguenze: • forti pressioni alla ricerca dell'accordo; • autocensura; • fiducia nella "moralità interna" del gruppo; percezione di unanimità; decisione disastrosa. • • Le decisioni disastrose (1) Janis (1972) descrisse con chiarezza diversi episodi storici in cui gruppi particolarmente qualificati di esperti giunsero a consigliare interventi che si rivelarono velleitari (inutili) e disastrosi. Esempio: il caso più famoso è quello riguardante il tentativo di invadere Cuba autorizzato dal presidente Kennedy nel 1961 all'inizio del suo mandato. Decisione presa dal presidente dopo essersi consultato con un prestigioso staff di esperti in maggioranza, tra l'altro di idee liberaI. Come mai tale staff, formato da personaggi tanto razionali, non fu capace di evitare degli errori che neanche un uomo comune avrebbe commesso? Le decisioni disastrose (2) Dalle testimonianze raccolte da Janis, che si riferiscono al processo interattivo attraverso cui essi giunsero alla decisione emerge che: • tutti i partecipanti si sentivano vincolati da una moralità interna di gruppo che impediva di valutare con accuratezza le conseguenze morali più ampie della decisione; • ognuno avvertiva la necessità di decidere in tempi brevissimi e allo stesso tempo una pressione sociale ad astenersi da obiezioni nei confronti di quello che tutti i membri leali devono fare; LEZIONE 34 LA SCELTA (135) Le decisioni disastrose (3) di conseguenza, una sorta di autocensura che lo portava ad astenersi dalla critica. Diventava così connivente con la maggioranza. È evidente l'effetto dell'influenza della maggioranza; tutti alla fine hanno contribuito, senza rendersene conto, alla costruzione sociale di un'unanimità che ha portato inevitabilmente al disastro. ESERCITAZIONE 17 Interazione tra i gruppi (valida come approfondimento da portare alt'esame) Il tema affrontato in questa lezione, è quello del gruppo inteso come unità psicologica diversa dalla somma dei suoi componenti. La diversità è dovuta alle relazioni dinamiche fra gli stessi componenti. Vi propongo ora un'esercitazione che vi permetterà di verificare personalmente quanto studiato. Per questa esercitazione, sono necessari alcuni volontari. Potete coinvolgere 4 o 5 amici e voi stessi svolgere il ruolo dell'osservatore esterno. Istruzioni per voi Esercizio svolto in gruppo: 15 min. di tempo. L'osservatore ha una griglia e valuta i costrutti indicati, inserendo anche i nomi di chi spicca e la valutazione. Nell'ultima slide sono presenti esempi di elementi di valutazione. i partecipanti devono concludere l'esercizio facendo una unica lista di oggetti condivisa dal gruppo, sia come tipologia sia come ordine di importanza; Finito l'esercizio l'osservatore riferisce cosa ha visto e chi si è distinto per cosa. LEZIONE 34 LA SCELTA (136) Istruzioni da dare al gruppo La nave su cui state viaggiando, insieme ad altri passeggeri, improvvisamente ha un guasto e comincia a colare a picco. Il guasto comprende anche tutta la strumentazione di bordo, quindi non vi è modo di avvisare di ciò che sta avvenendo, né di chiedere soccorso. L'unica possibilità di salvezza è utilizzare la scialuppa di salvataggio, per cercare di raggiungere un'isola deserta, e prendere gli oggetti più utili per la sopravvivenza. A causa delle grandezza della scialuppa potete prendere solo 10 tra questi oggetti presenti sulla nave: una scatola di fiammiferi; una rete da pesca; un libro; un telone impermeabile; una corda; una tanica di benzina; un paio di forbici; un sestante; una torcia; alcune bottiglie d'acqua; due razzi segnalatori; un coltello; un orologio; alcune barrette di cioccolato; un kit di medicazione; una mappa dell'isola; due pile (batterie); una vanga; due coperte. Griglia di osservazione 1 2 3 4 5 Comunicazione Leadership (capacità d'influenza)

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Membership (capacità collaborative) Esempi di elementi di valutazione Modalità di comunicazione: aggressiva, remissiva, ecc. Gestione del gruppo: leader, gregario, ecc. Capacità di ascolto Esercizio non finito ... perché? Es. troppi leader LEZIONE 35 LE RELAZIONIINTERGRUPPI (137) INTRODUZIONE LEZIONE 35 In questa lezione 35 affronteremo gli studi sulle relazioni intergruppi. In particolar modo: • caratteristiche del comportamento interpersonalefintergruppi; • etnocentrismo approfondendo il lavoro di Sherif (1961). Gli studi sulle relazioni intergruppi Nelle relazioni fra i gruppi sociali le persone si pongono in modo differenziato di fronte ai membri del proprio gruppo (ingroup) e a quelli di altri gruppi (outgroup). In generale si può affermare che gli attori sociali mettono in atto comportamenti di discriminazione positiva nei confronti dei componenti del gruppo cui appartengono, a discapito dei membri di gruppi diversi dal proprio. Gli studi sulle relazioni intergruppi si concentrano: • sulle modalità con cui gli individui agiscono in quanto componenti di un gruppo; • sulle dimensioni cognitive, valutative, emozionali che tale dato implica; • sul fatto che gli stessi individui si pongano di fronte ai propri interlocutori considerandoli come membri di un "altro" gruppo con le medesime caratteristiche. Caratteristiche del comportamento interpersonalefintergruppi (1) L'obiettivo è distinguere il comportamento che un individuo assume in quanto entità unica e originale operante in un contesto di relazioni interpersonali e sociali più ampi dal comportamento assunto dal singolo individuo, o da altri individui, in quanto membri di un gruppo. Secondo Tajfel (1981) esistono due tipi di comportamento che possono essere situati agli estremi di un continuum teorico: • a un estremo si trova il comportamento interpersonale basato sulle caratteristiche individuali degli attori che interagiscono; • e all'altro estremo è posto il comportamento intergruppi basato sulle appartenenze a gruppi o categorie sociali degli attori in interazione. LEZIONE 35 LE RELAZIONIINTERGRUPPI (138) Caratteristiche del comportamento interpersonalefintergruppi (2) Le situazioni ai due estremi sono da considerarsi prettamente teoriche. È impossibile trovare un incontro tra due o più persone in cui non entrino in gioco anche fattori sociali di appartenenza: sono però possibili situazioni di "incontro diretto" (es. rapporto tra innamorati, amici del cuore, ecc.) che si avvicinano all'estremo "interpersonale". Tutte le situazioni sociali si pongono ad un qualche punto tra i due estremi di questo continuum. Quanto più il comportamento sarà prossimo all'estremo intergruppi tanto più tenderà a essere indipendente dalle differenze individuali, nel senso che ogni attore coinvolto si sente "necessitato" ad agire come agisce, sa che gli altri membri del suo gruppo agirebbero come lui e non distingue in alcun modo gli interlocutori che compongono l'outgroup. Caratteristiche del comportamento interpersonalefintergruppi (3) Esso sarà inoltre indipendente dalle relazioni personali tra i singoli membri dei due gruppi e non sarà influenzato dagli stati motivazionali degli attori coinvolti nell'incontro. Per contro, quanto più il comportamento sarà prossimo all'estremo interpersonale, tanto più saranno messe in risalto le differenze e le affinità dei protagonisti, ciascuno dei quali avvertirà che ogni sua iniziativa e ogni risposta alle iniziative dell'interlocutoreji potranno essere decisive per l'evoluzione dell'interazione. Etnocentrismo Gli atteggiamenti verso l'outgroup possono essere (Merton, 1957): positivi, neutrali, negativi. Nel 1906 (Sumner) compare per la prima volta il termine "etnocentrismo", ovvero le condizioni che inducono i membri di un gruppo a svalutare i gruppi diversi dal proprio (outgroup). Non è chiaro, tuttavia, come si concretizzi questa tendenza svalutativa dell'outgroup. Schmidt (1960) riteneva che lo sviluppo della coscienza di un gruppo comporta atteggiamenti di rifiuto verso chi non è parte dello stesso La ricerca sperimentale ha però dimostrato come sia sorprendentemente facile generare ostilità tra gruppi. Il prototipo di tali studi è considerato il lavoro di Sherif (1961) e dei suoi colleghi riguardanti la genesi delle ostilità fra gruppi di adolescenti. LEZIONE 35 LE RELAZIONIINTERGRUPPI (139) La nozione di SCOpO sovraordinato - Sherif, 1966 Lo

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studio di Sherif e colleghi (1961) è prototipico per l'analisi della genesi delle ostilità fra gruppi. Sherif prende le distanze dai teorici che considerano i problemi di personalità o le frustrazioni individuali come causa esclusiva dell'animosità tra due gruppi. Secondo l'autore bisogna considerare le proprietà dei gruppi stessi e le conseguenze a cui porta l'appartenenza al gruppo sugli individui. Per spiegare interamente i fenomeni intergruppi bisogna, secondo Sherif, valutare le caratteristiche dei gruppi stessi e le conseguenze che si possono creare facendo parte del gruppo da parte dei suoi membri. La ricerca di Sherif (1) La ricerca dell'autore, durante i campi estivi per ragazzi effettuata tra il '48 e il '52, ha messo in evidenza le caratteristiche peculiari dei rapporti intergruppi. I ragazzi erano completamente inconsapevoli di essere osservati. Gli esperimenti furono realizzati in diverse fasi nel corso delle quali i ricercatori mettevano a fuoco aspetti diversi del gruppo e del comportamento intergruppi. Prima fase, i soggetti arrivavano al campo ed entravano in contatto tra di loro e con le diverse strutture logistico-organizzative. In questa fase, tutte le attività riguardavano tutti i partecipanti del campo: mangiavano, dormivano, giocavano e svolgevano piccoli lavori come un unico gruppo. Amicizie e pattern di interazione erano scrupolosamente annotati. La ricerca di Sherif (2) Seconda fase, dopo circa una settimana i ragazzi furono divisi in due gruppi distinti: i rossi e i blu. Furono separati gli amici più stretti e posti in gruppi separati. La spiegazione fornita ai ragazzi fu di carattere organizzativo sostenendo che in questo modo sarebbe stato più semplice organizzare le attività del campo. Le attività comuni cessarono, i gruppi avevano alloggi in baracche separate, svolgevano ogni attività separatamente. Sherif notò che in questa seconda fase ci fu un'evoluzione delle abitudini e delle gerarchie intragruppo. Le caratteristiche dei due gruppi si definirono e consolidarono. LEZIONE 35 LE RELAZIONIINTERGRUPPI (140) La ricerca di Sherif (3) Terza fase i due gruppi furono messi in competizione l'uno con l'altro. Furono organizate attività sportive competitive, le attività di mantenimento del campo furono anch'esse impostate su questa base in modo che un gruppo potesse essere premiato per aver prevalso sull'altro. Fu stilata una classifica e premiato il gruppo migliore. Gli sperimentatori in questa fase notarono un rapido e grave deterioramento delle relazioni intergruppi. Apparvero stereotipi negativi dell'<altro" gruppo e non furono rari atti di aperta ostilità: in pratica i due gruppi erano solidi e coesi alloro interno, ma la distanza tra essi era molto grande. Nell'ultimo dei suoi esperimenti Sherif aggiunse una quarta fase. Egli si sentiva molto a disagio nel rimandare a casa a casa i ragazzi con dei forti sentimenti competitivi e quindi cercò di creare una situazione tale da far diminuire l'ostilità intergruppi. La ricerca di Sherif (4) Quarta fase, i due gruppi furono posti in una situazione in cui dovevano combinare i loro sforzi per ottenere dei risultati desiderati da entrambi. Dovevano, ad esempio, spingere insieme il furgone che portava i pasti al campo estivo e che sembrava essersi guastato ad una certa distanza dal campo stesso. Oppure dovevano collaborare finanziariamente per realizzare uno spettacolo cinematografico per tutto il campo. In queste situazioni i membri dei due gruppi ostili erano obbligati dalla situazione stessa a condividere uno scopo sovraordinato. La teoria dello SCopo sovraordinato Egli elabora la teoria dello scopo sovraordinato: è scopo percepito come molto importante per i membri di ciascun gruppo, ma che nessuno dei gruppi può raggiungere senza la partecipazione dell'altro. Durante la 4 fase dell'esperimento ci fu una diminuzione della tensione e dell'ostilità intergruppi: fu notato che anche i vecchi amici membri di gruppi diversi, riallacciavano i loro rapporti, interrotti alla fine della fase uno. Conclusione dell'esperimento: se due gruppi che sono in rapporto tra loro si pongono degli scopi competitivi giungeranno rapidamente a un conflitto intergruppi; al contrario se si pongono degli scopi sovraordinati comuni giungeranno ad una collaborazione reciproca. In altre parole un conflitto d'interessi è la causa dei conflitti fra gruppi.

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LEZIONE 36 In questa lezione 36 affronteremo il tema del conflitto. In particolar modo: • nascita discriminazione (Rabbie e Horwitz); • la spiegazione della teoria del destino comune; • gruppi minimi e categorizzazione in gruppi: gli orientamenti scientifici; • il paradigma sperimentale del gruppo minimo; • la teoria del confronto sociale (Festinger); • competizione sociale (Tajfel) analizzando il primo processo (categorizzazione sociale), gli altri due saranno analizzati nella lezione 37. Nascita discriminazione Rabbie e Horwitz, 1969 (1) A questo punto nasce l'esigenza di chiarire quale sia nella dinamica delle relazioni fra gruppi, la fonte dell'antagonismo, nel caso in cui non esistano interessi oggettivi, come quelli manipolati negli esperimenti di Sherif, volti a giustificarlo. Rabbie e Horwitz (1969) idearono una ricerca volta a isolare le "condizioni minime" sufficienti a generare atteggiamenti discriminatori fra ingroup e outgroup (gruppo di appartenenza e un altro gruppo). Gli autori per elaborare la ricerca si basarono sulla seguente riflessione di Lewin (riguardante adolescenti ebrei): "non ha importanza che il gruppo degli Ebrei sia un gruppo religioso, nazionale o culturale, il fatto che sia classificato dalla maggioranza come un gruppo distinto è quello che conta [ ... ] il criterio principale di appartenenza è il destino comune" (Lewin, 1948, p.184). Nascita discriminazione Rabbie e Horwitz, 1969 (2) Gli autori esplorano l'effetto del destino comune attraverso la manipolazione dell'interdipendenza percepita, entro e fra i due gruppi. Condividere la stessa sorte, indipendentemente dal fatto che sia positiva o negativa, sembra sufficiente a suscitare una discriminazione valutativa a favore del proprio gruppo di appartenenza (bias ingruop-outgroup). Descrizione del paradigma sperimentale: Anche in questo caso i soggetti sono degli adolescenti: sono convocati otto per volta e sono tra loro estranei; viene comunicato che non dovranno interagire tra loro ma che saranno assegnati dallo sperimentatore, per ragioni amministrative, e in modo del tutto casuale, a due gruppi, quelli dei Blu o quello dei Verdi. Dovranno esprimere individualmente le loro impressioni sui membri del loro e dell'altro gruppo. LEZIONE 36 IL CONFLITTO (142) Nascita discriminazione Rabbie e Horwitz, 1969 (3) Ai soggetti vengono poi somministrati un test, un questionario e una prova di valutazione di due foto di persone sconosciute da descrivere sulla base di scale preordinate. Lo sperimentatore fa presente, a questo punto, che per un'inaspettata carenza di fondi, la ricompensa per la partecipazione all'esperimento consiste in 4 radio a transtor, per cui solo i membri di uno dei due gruppi potranno essere premiati. In una condizione sperimentale ciò avviene in base al lancio di una moneta, in altre condizioni sperimentali in base alla decisione arbitraria dello sperimentatore o al voto degli otto partecipanti all'esperimento. Poi i membri di uno dei gruppi ricevono i quattro transistor. Per un gruppo di controllo, attivato con la stessa procedura, non si parla mai di ricompense. Nascita discriminazione Rabbie e Horwitz, 1969 (4) I soggetti riferiscono dopo la suddetta manipolazione, le loro impressioni su tutti i partecipanti, impiegando le scale già utilizzate per descrivere le foto. Viene loro chiesto di descrivere l'atmosfera dei due gruppi; non emergono differenze tra i due gruppi di controllo, fra le descrizioni del proprio sottogruppo e dell'altro. Le differenze sono invece significative per i gruppi sperimentali. Chi ha ricevuto la ricompensa, ma anche quelli frustrati dal non averla ottenuta, descrivono i membri del proprio gruppo e l'atmosfera in esso percepita in modo più favorevole dei membri e dell'atmosfera dell'altro gruppo. La spiegazione della teoria del destino comune (1) Rabbie e Horwitz considerano diverse alternative per spiegare perché la condivisione di un destino comune ha un tale effetto: il fatto di attribuire un premio tirando a sorte è solo apparentemente banale. Se lo si considera come un intervento nel sistema sociale dell'esperimento, questo atto implica dei cambiamenti nello status dei due gruppi, dei membri dei due gruppi, delle relazioni fra gruppi e membri. Mentre prima del lancio della moneta ogni soggetto era in rapporto con lo sperimentatore, con i due gruppi non facilmente distinguibili, anche se uno di essi faceva parte, e con un certo numero di persone relativamente distinguibili all'interno del gruppo,

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dopo il lancio soltanto lo sperimentatore continua ad essere visto come prima (l'azione da lui eseguita, infatti, appariva, regolata dal caso). LEZIONE 36 IL CONFLITTO (143) La spiegazione della teoria del destino comune (2) I due gruppi diventano ben distinti (vincente e perdente) e i componenti dei due gruppi altreattanto distinti (soddisfatti e insoddisfatti per i risultati). Il bias intergruppi è dunque elaborato dai soggetti sulla base di uno o di tutti questi cambiamenti. L'interpretazione più plausibile di quanto si è verificato è che i soggetti, oltre al cambiamento legato alla facilità o difficoltà di interazione faccia a faccia (difficoltà a interagire con l'outgroup, facilità a interagire con l'ingroup sia nel caso dei soddisfatti che in quello degli insoddisfatti), abbiano reagito ai cambiamenti emozionali percepiti in se stessi e negli altri. Gruppi minimi e categorizzazione in gruppi Nello stesso periodo in cui Rabbie e collaboratori eseguivano le loro ricerche, Tajfel e colleghi affrontarono lo stesso problema precisando le condizioni minime che creano discriminazione fra i due gruppi (Paradigma dei Gruppi Minimi). In quegli anni (si parla degli anni '60) l'esigenza degli psicologi sociali di spiegare fenomeni come la guerra, il razzismo, il fascismo, l'antisemitismo, era molto forte e talvolta era stata provata come esperienza diretta dagli stessi autori. Tale esperienza aveva insegnato che forme apparentemente innocenti di pregiudizio possono facilmente trasformarsi in forme aperte e crudeli di ostilità. Gli orientamenti scientifici (1) La scuola di Francoforte (psicologia marxista e Freud) che tentava di spiegare questi fenomeni chiamando in causa distorsioni quasi patologiche dello sviluppo personale degli attori implicati (Adorno). Fenomenologia della filosofia europea e psicologia della Gestalt che vedeva gli stessi fenomeni di distruzione e crudeltà come manifestazioni assurde, anche perché tragicamente banali, di processi psicologici e sociali "normali" e non attribuibili a distorsioni della personalità. LEZIONE 36 IL CONFLITTO (144) Gli orientamenti scientifici (2) I contributi di Lewin, Sherif, Rabbie e Tajel si possono ricondurre a questo secondo filone di interpreatazione psicologia di fenomeni sociali così fortemente sentiti a quel tempo. Gruppi minimi: secondo Tajfel, in una situazione in cui si pongono a confronto due gruppi, si attiva, nei membri di ognuno di essi, il bisogno di affermare la specificità positiva del proprio gruppo a scapito dell'altro (favoritismo dell'ingroup). Il paradigma sperimentale del gruppo minimo (1) Tajfel elaborò l'ipotesi secondo la quale non è necessario richiamare in causa, per dar conto delle discriminazioni intergruppi, né i conflitti oggettivi di interessi, né l'interdipendenza del destino. È sufficiente, a suo giudizio una categorizzazione in gruppi di certi attori del mondo sociale. L'autore (insieme ai suoi collaboratori) tentò di eliminare dalle situazioni sperimentali tutte le variabili che di norma portano a favorire il proprio gruppo e a discriminarne uno esterno. Il paradigma sperimentale del gruppo minimo (2) Eliminò quindi: • evitando tutte le interazioni faccia a faccia fra i soggetti (sia entro che tra gruppi); • garantendo l'anonimato di tutti i membri; • evitando un legame strumentale o razionale fra i criteri della categorizzazione intergruppi e la natura delle risposte dei soggetti e il loro interesse personale; • creando le condizioni perché le risposte da dare riguardino argomenti realmente rilevanti per i singoli soggetti. LEZIONE 37 LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE (145) INTRODUZIONE LEZIONE 37 In questa lezione 37 approfondiremo gli studi sulle relazioni intergruppi In particolar modo: • verranno analizzato gli altri due processi che entrano in gioco nella competizione sociale: identità sociale e il confronto sociale; • la teoria della categorizzazione del sé Turner at al., 1987; • differenze fra teoria della categorizzazione di Sé (SCT) e teoria dell'Identità Sociale; • i livelli della categorizzazione del Sé; • la categorizzazione di sé e degli altri; • solidarietà intragruppo e conflitti intergruppi. La categorizzazione sociale La categorizzazione sociale, ovvero il fatto di definire sé stessi come membri di un gruppo e di definirsi attraverso le caratteristiche che lo contraddistinguono, provoca negli individui la messa in atto di comportamenti che tendono a favorire il gruppo di appartenenza e a

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discriminare l'outgroup. Gli individui tentano di raggiungere una differenziazione positiva a favore del proprio gruppo di appartenenza anche a costo di non essere imparziali con i membri dell'outgroup. Una rete di categorizzazioni intergruppi è onnipresente nell'ambiente sociale: influenza la nostra socializzazione ed educazione a partire dalla suddivisione in classi in età scolare insieme alla percezione di gruppi di tipo sociale, nazionale, razziale, etnico o religioso. La categorizzazione diventa per l'individuo una guida di condotta del suo comportamento. La teoria del confronto sociale - Festinger, 1954 (1) In contrasto con la teoria di Tajfel, Festinger elabora la teoria del confronto sociale che consiste nel verificare che le proprie opinioni e competenze sociali, gli individui, non avendo a dispozione criteri naturali o fisici di misura (es. come valutare la propria forza fisica) si confrontano con altri, ma per evitare di mettere a repentaglio la propria stima di sé attraverso confronti LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE troppo azzardati, realizzano il confronto con altri appartenenti al proprio gruppo di riferimento dalle abilità non troppo diverse dalle proprie. Il confronto intergruppi, a differenza per quanto accade nelle relazioni interindividuali che implicano un'omogeneità intragruppo, conduce ad evidenziare una differenza volta a sottolinera la specificità positiva del gruppo di appartenenza. Mentre il confronto sociale a livello individuale si manifesta nell'avvicinarsi a chi ci assomiglia, i confronti sociali tra gruppi sono volti a stabilire distinzioni fra il gruppo di appartenenza e altri gruppi (Tajfel, 1972). LEZIONE 37 LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE (146) Nascita conflitto: la competizione sociale Tajfel, 1972 Secondo l'autore un conflitto intergruppi può essere la conseguenza di una competizione per assicurarsi prestigio allo stesso modo in cui può essere causato da una competizione per acquisire risorse materiali (competizione sociale). Nella competizione sociale entrano in gioco 3 processi: • la categorizzazione sociale: permette di costruire una rappresentazione semplificata dell'ambiente sociale, in cui le differenze tra categorie sono accentuate mentre quelle all'interno della stessa categoria sono ridotte. Inoltre, certe caratteristiche o valori associati in modo corretto o stereotipico ad un gruppo possono essere ascritti anche ai singoli membri dello stesso gruppo; Competizione sociale (1) • l'identificazione sociale (l'identità sociale di un individuo è legata alla conoscenza della sua appartenenza a certi gurppi sociali e al significato emozionale e valutativo che risulta da tale appartenenza) si riferisce al fatto che in molteplici circostanze gli individui si definiscono (e sono percepiti dagli altri) come membri di una certa categoria sociale. Nel caso in cui l'identificazione si dimostri particolarmente forte, gli individui possono sentirsi obbligati ad agire in quanto membri del gruppo, mettendo in atto fra l'altro comportamenti discriminatori intergruppi. L'aspetto fonadamentale del processo di identificazione sociale è che le persone definiscono sè stesse nei termini della loro appartenenza di gruppo. Competizione sociale (2) • il confronto sociale con altri gruppi serve per determinare quale sia il valore relativo di certe caratteristiche del gruppo. Un contributo importante alla definizione di un'identità sociale positiva è fornito da un confronto positivo fra il gruppo cui si appartiene e altri gruppi. I risultati combinati di vari confronti intergruppi si riflettono sulla posizione di status di un gruppo. Quando un gruppo può essere distinto positivamente da altri gruppi di rilievo ha uno status alto; al contrario un gruppo di status basso è il risultato di confronti intergruppi prevalenetemente negativi. In questi casi per mantenere un'identità sociale positiva si attiva una vera e propria lotta. LEZIONE 37 LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE (147) Identità sociale Chi appartiene ad un gruppo dallo status basso e vole acquisire un'identità sociale più positiva si sforzerà di uscire, da solo, dal proprio gruppo per inserirsi in uno più prestigioso nel caso in cui la mobilità sociale sia possible e approvata. Tenderà invece ad allearsi con altri dello stesso staus al fine di cambiare il significato delle caratteristiche del proprio gruppo o addiritura gli equilibri di potere far i gruppi, se il cambiamento sociale è percepito come l'unica via che permette di incrementare il proprio prestigio grazie al raggiungimento di uno status più elevato da parte del gruppo di

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appartenenza. Coloro che invece appartengono a gruppi con status elevato dovranno difendere la propria posizione da individui percepiti come arrampicatori soci a li. La teoria della categorizzazione del sé [SCT] - Turner at al., 1987 La SCT viene considerata come uno degli sviluppi più importanti della SIT in quanto si concentra sui processi fondamentali concernenti i rapporti fra identità sociale e fenomeni di gruppo. Spostamento dell'attenzione da parte dei teorici degli anni '80 verso le tematiche dei processi intragruppo e del gruppo sociale concepiti come entità psicologica. Una delle teorie più fertili in questo senso è la Teoria della categorizzazione del sè, elaborata da un gruppo di studiosi facenti riferimento a Turner (1987). La SCT considera l'identità sociale non solo un aspetto di sé derivante dall'appartenenza al gruppo (e.g. mi definisco studente universitario perché appartengo al gruppo degli studenti universitari), ma anche un meccanismo capace di attivare il comportamento di gruppo (e.g. difesa dei diritti degli studenti universitari), quindi un agire nei termini del sé. Le differenze tra SIT e SCT Mentre i primi lavori sul comportamento intergruppi erano focalizzati sul raggiungimento di una specificità positiva per il proprio gruppo come nozione esplicativa fondamentale, la SCT pone l'identità sociale quale base sociocognitiva del comportamento di gruppo e meccanismo che lo rende possible, non considerandola soltanto un aspetto del sè derivante dall'appartenenza di gruppo. Inoltre, mentre per la SIT il continuum interpretativo intergruppi è concettualizzato come procedente dall'agire nei termini del sè all'agire nei termini del gruppo, come se quest'ultimo non fosse espressione del primo, la SCT considera sia il comportamento individuale che di gruppo come "un agire nei termini del sè" ma di un sè che opera a diversi livelli di astrazione (diversi livelli di identificazione). L'obiettivo della teoria è quello di mostrare attraverso quali processi le persone giungano a concettualizzare se stesse come appartenenti a determinate categorie sociali. LEZIONE 37 LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE (148) I livelli della categorizzazione del Sé Il processo di base della categorizzazione del Sé è il processo cognitivo della categorizzazione, che comporta un'accentuazione delle somiglianze intracategoriali (accentuo le somiglianze tra i membri del mio ingroup) e delle differenze intercategoriali (accentuo le differenze tra il mio gruppo e l' outgroup). Esistono diversi livelli della categorizzazione del Sé. Infatti, quando le persone categorizzano sé e gli altri, possono usare diversi livelli di astrazione: • il livello sovraordinato del sé come essere umano (human identity); • il livello intermedio del sé come membro di un gruppo in confronto con membri di un altro gruppo (social identity); • il livello subordinato del sé personale come individuo unico rispetto agli altri membri dell'ingroup (personal identity). La categorizzazione di sé e degli altri La categorizzazione di sé e degli altri (appartenenti all'ingroup all'outgroup) a livello intermedio (quello dell'identità soiciale) accentua il carattere prototipico (prototipicality) e stereotipico del gruppo. Ciò comporta un incremento della somiglianza percepita tra sé e i membri del proprio gruppo, una sorta "omogeneità intragruppo". Omogeneità intragruppo Incremento della somiglianza percepita tra sé e i membri del proprio gruppo, definita anche da Turner (1987), come depersonalizzazione della percezione di sé dell'individuo. La depersonalizzazione dell'individuo si riferisce al processo di stereotipizzazione del Sè, per cui l'individuo percepisce se stesso più come un esemplare intercambiabile di una categoria sociale che come una persona unica definita dale differenze individuali dagli altri (Turner, 1987). Per la SCT il processo di depersonalizzazione della percezione del sé è il processo basilare sottostante a fenomeni di gruppo quali: • la stereotipizzazione sociale; • la coesione di gruppo; • l'etnocentrismo; • il comportamento collettivo. LEZIONE 38 I PROCESSIINTERGRUPPI (149) INTRODUZIONE LEZIONE 38 In questa lezione 38 affronteremo i processi intergruppi. In particolar modo: • la solidarietà intragruppo e conflitti intergruppi; • il contributo critico di Brown alla SIT; • fattori che influenzano i processi intergruppi; • le dimensioni di Hinkle e Brown; • gli effetti della

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discriminazione intergruppi; • stereotipi sociali (stereotipi cognitivi, stereotipi sociali) e pregiudizi. La depersonalizzazione Questo concetto non ha nessuna implicazione negativa ovvero non significa deumanizzazione nè deindividuazione. Si riferisce seplicemente a un cambiamento contestuale del livello di identità messo a fuoco, non ad una perdita di identità. Il concetto sociale di sè dipende dal contesto, nel senso che è l'ambiente sociale ad attivare le diverse categorizzazioni sociali del sè. Solidarietà intragruppo e conflitti intergruppi (1) Molte teorie sulle relazioni intragruppi sostengono che la solidarietà intragruppo aumenta quando sono in corso conflitti intergruppi. Alcune interpretazioni dei concetti di solidarietà intragruppo e conflitti intergruppi: 1 . Contributo di Freud e Lewin La psicologia sociale di Freud sostiene la necessità di individuare un nemico al di fuori del proprio gruppo perchè questo sia libero da conflitti. Lewin (1951) afferma che è tipico dei dittatori inventare un nemico esterno per convogliare su di esso tutta l'aggressività che si genera all'interno del paese da essi governato, e fa l'esempio della persecuzione hitleriana verso gli ebrei. Solidarietà intragruppo e conflitti intergruppi (2) 2. È su una interpretazione psicodinamica di questo assunto che Adorno e colleghi hanno costruito il concetto di personalità autoritaria. Secondo l'autore, l'autoritarismo come meccanismo di deferenza nei confronti dell'autorità, consiste in una caratteristica di personalità, in particolare in una tendenza patologica e legata soprattutto al processo di sviluppo dell'individuo. 3. Marques (1986) ha descritto l'effetto "pecora nera". Secondo Marques (1986) al fine di dimostrare la superiorità del proprio gruppo in rapporto ad altri outgroups significativi, gli attori sociali svalutano i membri devianti dell'ingroup, quelli comunque che non dispongono delle caratteristiche positive dei membri più prototipici dell'ingroup. Soltanto questi sono considearti importanti per definire un'identità positiva in confronto con l'outgroup. Solidarietà intragruppo e conflitti intergruppi (3) Secondo Worchel (1987) i membri di gruppi appena formati tendono a percepire l'ingroup in modo più omogeneo dell'outgroup perchè si sentono coinvolti nell'elaborazione di una nuova identità. Quando però l'identità è stata definita, gli stessi soggetti non hanno più difficoltà a soffermarsi sulle diversità presenti nel loro gruppo. Il contributo critico di Brown alla SIT , 1978 (1) L'autore, erede della tradizione Tajfeliana, individua delle contraddizioni nei postulati fondamentali della SIT su tre argomenti in particolare. In diversi esperimenti riguardanti i rapporti di status fra gruppi si evidenzia un favoritismo nei confronti dell'outgroup da parte dei gruppi di stutus inferiore. Differenti tipi di comparazione intergruppi. Hinkle e Brown hanno dimostrato che quando a uno o più gruppi è richiesto di impegnarsi in confronti multidimensionali con altri gruppi, uno stesso gruppo manifesta favoritismo verso l'ingroup su certe dimensioni, favoritismo verso l'outgroup su altre e nessun favoritismo su altre ancora. La conseguenza più evidente riguarda la difficoltà di poter prevedere in un contesto multidimesionale come e quando le varie forme di bias si manifesteranno e quali saranno le conseguenze per l'identità dei soggetti. Il contributo critico di Brown, 1978 (2) Secondo alcuni autori il favoritismo verso l'ingroup si manifesta su dimensioni che i soggetti ritengono importanti per il proprio gruppo, mentre quello verso l'outgroup si manifesta su dimensioni che non sono importanti per il soggetto. Questo modello però non è ingrado di prevedere in anticipo quail saranno le dimensioni importanti e quelle di nessun interesse per i soggetti: l'unico modo per venirne a conoscenza è quello di chiederlo agli stessi interessati. Relazione tra identificazione con l'ingroup e processo di individuazione intergruppi: non sempre l'identicazione con il proprio gruppo e il favoritismo verso l'ingroup sono positivamente associati. Fattori che influenzano i processi intergruppi (1) Hinhle e Brown analizzando i risultati di 14 studi hanno rilevato che soltanto in due di essi la correlazione tra identificazione con il gruppo di appartenenza e favoritismo verso lo stesso appare consistente e robusta. Negli altri 12 gruppi la correlazione è inesistente, se non negativa. Appare chiaro che l'identificazione con il proprio gruppo e il bias favorevole verso l'ingroup non sono sempre positivamente associati. Da quest one deriva

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l'ipotesi che molto probabilemnte i processi alla base dell'identità socilale siano più complessi ddi quelli indicati da Tajfel e Turner. Fattori che influenzano i processi intergruppi (2) Si può affermare che le teorie intergruppi sembrano ignorare il fatto che i gruppi differiscono gli uni dagli altri in diverso modo: per dimensione, status, per tipo e per attività svolte. Le dimensioni di Hinkle e Brown Hinkle e Brown: introduzione di due dimensioni che permettono di differenziare fra tipologie di gruppi LEZIONE 38 I PROCESSIINTERGRUPPI (152) Prima dimensione: individualismo e collettivismo L'individualismo è quanto una cultura enfatizza la competizione, le conquiste individuali e l'indipendenza del soggetto dal proprio ingroup, mentre con collettivismo ci si riferisce a quanto una cultura enfatizza la cooperazione tra i membri del gruppo, i risultati collettivi e la compatezza dei legami che uniscono ogni individuo agli altri. Nei casi estremi di colletivismo gli individui non hanno obiettivi personali, atteggiamenti, credenze e valori che non riflettano quelli del gruppo. Il gruppo e la sua sopravvivenza sono gli obiettivi di questa società. Seconda dimensione: orientamento autonomo - relazionale Esistono gruppi che, pur essendo collettivisti, non sono interessati a confrontarsi con altri gruppi: i gruppi di terapia, i gruppi uniti dalla passione per un hobby, ecc. Essi appaiono generalmente autonomi e non interessati a comparizioni intergruppi. Esistono invece altri gruppi che sono interessati al confronto, come i gruppi sportivi o i partiti politici, la cui esistenza dipende proprio dalla possibilità di confronto. Per questo Hinkle e Brown hanno proposto una seconda dimensione ovvero la dimensione autonomo-relazionale, ortogonale a quella individualismocollettivismo. La nuova dimensione si riferisce al tipo di ideologia o orientamento adottato da un gruppo. Seconda dimensione: orientamento autonomo - relazionale I componenti di un gruppo con orientamento relazionale valuteranno il proprio ingroup e i propri risultati confrontandosi con gli altri gruppi presenti nel contesto di confronto e con i loro risultati. I componenti di un gruppo autonomo non avvertiranno tale esigenza, ma metteranno in atto confronti con standard astratti o con i risultati ottenuti in precedenza dal gruppo stesso. Secondo gli stessi autori i processi sociopsicologici descritti dalla SIT possono verificarsi soltanto in individui o gruppi collettivisti con orientamento relazionale. LEZIONE 39 PREGIUDIZI E STEREOTIPI (153) INTRODUZIONE LEZIONE 39 In questa lezione 39 affronteremo gli effetti della discriminazione intergruppi In particolar modo: • pregiudizi e stereotipi sociali; • razzismo e discriminazione; • il razzismo secondo Bauman. APPROFONDIMENTO (da portare all'esame): Applicazione degli stereotipi in pubblicità Gli effetti della discriminazione intergruppi: stereotipi sociali e pregiudizi (1) Tutti i processi intergruppi possono dar luogo a stereotipi sociali. I processi intergruppi che abbiamo analizzato sinora portano come conseguenza della discriminazione, a costituire uno o più stereotipi nei confronti dell'outgroup. Cosa si intende quando si parla di stereotipi? Gli stereotipi consistono in una serie di generalizzazioni diventate patrimonio degli individui. Possono essere infatti suddivisi in: • stereotipi cognitivi: in gran parte derivati del processo cognitivo generale della categorrizzazione, la cui funzione principale è semplificare e sistematizzare, ai fini di un adattamento cognitivo e comportamentale, l'abbondanza e la complessità dell'informazione che l'organismo umano riceve dal suo ambiente. Gli effetti della discriminazione intergruppi: stereotipi sociali e pregiudizi (2) • Stereotipi sociali: ovvero stereotipi cognitivi che divengono sociali quando condivisi da grandi masse di persone all'interno dei gruppi e delle istituzioni sociali (Tajfel, 1981). La storia sociale, l'antropologia culturale e l'etnologia convergono nell'affermare che gli stereotipi sociali (e i pregiudizi) sono solitamente creati e diffusi in condizioni che richiedono: • la spiegazione di eventi sociali complessi, e di solito dolorosa, che si verificano su larga scala; • la giustificazione di azioni, progettate o commesse, contro certi outgroups • la differenziazione positiva dell'ingroup nei confronti di outgroup in condizioni di difficoltà del primo LEZIONE 39 PREGIUDIZI E STEREOTIPI (154) Pregiudizi e stereotipi sociali (1) Strettamente connessi agli stereotipi

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sociali sono i pregiudizi. Il pregiudizio è un giudizio (o opinione) dato a priori che si manifesta in termini di atteggiamenti ed espressioni emotive negative o di comportamenti discriminatori messi in atto verso i membri di un gruppo sociale e mantenuto anche se riscontri empirici ne dimostrano l'infondatezza (ad esempio, in alcuni ambiti lavorativi, a parità di mansione svolta, uomini e donne vengono retribuiti diversamente). Il Devoto Oli definisce il pregiudizio come: un'opinione preconcetta, capace di far assumere atteggiamenti ingiusti, specialmente nell'ambito del giudizio e dei rapporti sociali. Pregiudizi e stereotipi sociali (2) Si attribusice in questo modo al pregiudizio un significato di istigatore di atteggiamenti scorretti che è comprensibile ma resta un pò vago. Gli stereotipi sociali costituiscono immagini semplificate, socialmente condivise, di quelle caratteristiche attribuite a un gruppo o a una categoria sociale esistente (e.g. i russi sono persone fredde). Consentono la spiegazione di eventi complessi, la giustificazione di azioni progettate o commesse verso altri gruppi e permettono la differenziazione positiva del proprio gruppo rispetto a questi ultimi. APPROFONDIMENTO 7 Applicazione degli stereotipi in pubblicità Tra i temi affrontati in questa lezione, c'è quello degli stereotipi, vi propongo ora un'approfondimento teorico di questo tema e poi, di seguito, alcune esercitazioni. L'approfondimento riguarda l'applicazione degli stereotipi alla pubblicità. LEZIONE 39 PREGIUDIZI E STEREOTIPI (155) La discriminazione etnica Il modo in cui i media rappresentano un gruppo sociale è in grado di influenzare l'atteggiamento degli spettatori verso quel gruppo, e addirittura di incidere sulla percezione che il gruppo ha di se stesso. Oggi pochi assumono in maniera esplicita posizioni di intolleranza razziale e, anzi, sottolineano come il valore dell'uguaglianza, che esclude ogni riferimento all'appartenenza etnica, sia un elemento costitutivo di quella correttezza formale che da alcuni anni domina tanto la vita pubblica quanto le relazioni interpersonali ESERCITAZIONE 18 Discriminazione etnica (valida come approfondimento da portare alt'esame) Vi propongo ora alcuni brevi contributi filmati utili come spunti per riflettere su questi temi. Si tratta di una pubblicità che potete trovare a questo indirizzo: (Caffè Lavazza) - http://www.youtube.com/watch?v=GvcgYSvF EY (Peugeot 106) - http://www.youtube.com/watch?v=WEooHBQyFvo (Caramelle Ricola) http://www.youtube.com/watch?v=LHUxlpV-EEs Provate a commentarle alla luce di quanto studiato nella lezione. Gli attributi fisici delle persone La pubblicità enfatizza da sempre l'apparenza fisica e la sessualità per vendere ogni genere di prodotto, dai soft drink alle automobili.L'esposizione a pubblicità con modelli altamente attrattivi fa alzare gli standard di comparazione per la bellezza e influisce sulla percezione della propria apparenza fisica. La pubblicità, in altre parole, gioca con l'autostima delle donne e con il loro senso di inadeguatezza, rinforzando la preoccupazione per il proprio aspetto fisico ESERCITAZIONE 19 Gli attributi fisici delle persone (valida come approfondimento da portare all'esame) Vi propongo ora alcuni brevi contributi filmati utili come spunti per riflettere su questi temi. Si tratta di una pubblicità che potete trovare a questo indirizzo: (Acqua Rocchetta) - http://www.youtube.com/watch?v=SpApITku5aw (Silicone Saratoga) - http://www.youtube.com/watch?v=asyJqDC Ez4 (Dove Evolution) - http://www.youtube.com/watch?v=iYhCnOjf46U Provate a commentarle alla luce di quanto studiato nella lezione. LEZIONE 39 PREGIUDIZI E STEREOTIPI (156) La differenziazione sessuale Gli stereotipi di genere sono credenze comunemente accettate e condivise circa le attività, i ruoli, gli attributi fisici e i tratti di personalità che consentono di distinguere gli individui di sesso femminile da quelli di sesso maschile Dal punto di vista della comunicazione pubblicitaria televisiva, questa stereotipizzazione sessuale contiene in sé i chiari segni di una discriminazione ESERCITAZIONE 20 Differenziazione sessuale (valida come approfondimento da portare all'esame)

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Vi propongo ora alcuni brevi contributi filmati utili come spunti per riflettere su questi temi. Si tratta di una pubblicità che potete trovare a questo indirizzo: (Birra Peroni) - http://www.youtube.com/watch?v=4QfMvVDzi9k (Cuci na Smoby) - http://www.youtube.com/watch ?v=SckijoCM8-0 (Cuci na Smoby) - http://www.youtube.com/watch ?v=SckijoCM8-0 (Sottilette Kraft) - http://www.youtube.com/watch?v=vAZVYHeb191&NR=1 Provate a commentarle alla luce di quanto studiato nella lezione. LEZIONE 40 IL RAZZISMO (157) INTRODUZIONE ALLA LEZIONE 40 In questa lezione verrà affrontato il tema del razzismo e delle teoria interpretative che la psicologia sociale fornisce per spiegare il fenomeno. Razzismo e discriminazione (1) Come avviene il passaggio dalla discriminazione alla violenza verso i componenti dell'outgroup? Secondo Taguieff (1988) razzimo e eterofobia sono equivalenti e si manifestano a 3 livelli: • Razzismo primario: è a parere dell'autore universale. È la reazione naturale alla presenza di un estraneo: la prima risposta all'estraneità è l'antipatia che il più delle volte conduce all'aggresività. Costituisce un fenomeno universale e spontaneo: il razzismo primario non ha bisogno di essere fomentato, nè di una teoria che legittimi la reazione spontanea di antipatia e di aggressività. Può tuttavia essereutilizzato come strumento di mobilità politica. Razzismo e discriminazione (2) • Razzismo secondario: sostenuto da una teoria che giustifica la discriminazione. al razzismo secondario si può giungere quando sia disponibile una teoria che fornisca basi logico-razionali alla discriminazione. L'Altro è rappresentato come animato da intenzioni malvage e come oggettivamente pericoloso, una minaccia per il gruppo. Tutte le teorie del complotto, che cosistono nell'attribuire all'outgroup una strategia ostile e distruttiva nei confronti dell'ingroup, costituirebbero secondo Taguifell, traduzioni storiche del razzismo secondario. Xenofobia ed etnocentrismo, a loro volta, sarebbero l'esemplificazionepiù comune di esso. Razzismo e discriminazione (3) • Razzismo terziario: che presuppone i due livelli inferiori, sarebbe caratterizzato dall'uso di argomentazioni che si richiamano alla biologia. Bauman critica Taguifell per la distinzione non sufficientemente chiara tra le forme secondaria e terziaria. Un argomontazione di tipo biologico non è assimilabile a qualsiasi altra argomentazione che prestende di rendere razionale l'avversione primaria per l'estraneo? LEZIONE 40 IL RAZZISMO (158) Il razzismo secondo Bauman, 1989 (1) Critica di Bauman (1989) nei confronti della distinzione non sufficientemente chiara tra le forme secondaria e terziaria di razzismo. Distigue: razzismo, eterofobia e inimicizia competitiva. Lo stesso Bauman enfatizza come siano la natura, la funzione e il modo di operare del razzismo a differenziarlo radicalmente dalla eterofobia, cioè quel diffuso (ed emozionale piuttosto che pratico) senso di disagio (di fronte all'estraneo), imbarazzo e ansia che gli individui normalmente esperiscono quando, in una certa situazione, si trovano di fronte a "presenze umane" che non comprendono pienamente, con cui non riescono a comunicare facilmente e da cui non possono attendersi un comportamento consuetudinario e familiare (Bauman, 1989). Il razzismo secondo Bauman, 1989 (2) Dall'eterofobia poi lo stesso autore distingue l'inimicizia competitiva è intesa come spinta alla separazione e all'antagonismo generata da esigenze personali e sociali di distinzione dagli estranei. È una forma di antagonismo più specifica, generata dall'esigenza personale e sociale di costruire una propria identità, che distingua ogni persona ed ogni gruppo da altre persone ed altri gruppi. Il razzismo, secondo Barman, esprime la convinzione che una certa categoria di essere umani non possa essere incorporata nell'ordine razionale, per quanti sforzi si facciano in questo senso. [ ... ] Il razzismo secondo Bauman, 1989 (3) III razzismo proclama che determinati difetti di una certa categoria di individui non possono essere eliminati o corretti, che essi rimangono al di là dei confini delle pratiche riformatrici e che lì resteranno per sempre. [ ... ] Il razzismo è inevitabilmente associato alla strategia dell'allontanamento. Grazie alla teoria delle relazioni intergruppi fenomeni così

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importanti come l'etnocentrismo, la xenofobia, l'intolleranza nei confronti di minoranze possono essere in gran parte compresi e non soltanto descritti. LEZIONE 40 IL RAZZISMO (159) ESERCITAZIONE 21 Il razzismo (valida come approfondimento da portare alt'esame) Vi propongo ora alcune pubblicità cartacee utili come spunti per riflettere sulla teoria (e in particolar modo sulle tipologie) di Bauman (1989). LEZIONE 41 L'INFLUENZA SOCIALE (161) INTRODUZIONE LEZIONE 41 In questa lezione 41 affronteremo il tema dell'influenza sociale: • gli studi sull'influenza sociale distinguono l'influenza esercitata da una maggioranza (conformismo) e quella esercitata da minoranze (innovazione); • interpretazione dell'influenza sociale: • conformismo: Sherif (1935) e di Asch (1952); • modello funzionalista: Moscovici (1976). L'influenza sociale Studiare i processi di influenza sociale significa approfondire "le modalità con cui i processi mentali, le emozioni e i comportamenti degli individui (o dei gruppi) sono modificati dalla presenza (effettiva o simbolica) di altri individui (o gruppi)" (Mucchi Faina, 1996, p.11). Gli studi sull'influenza sociale In passato gli studiosi di psicologia sociale consideravano i processi di influenza sociale determinati unicamente dall'esercizio di potere (ad esempio, dal leader del gruppo); si dava quindi per scontato che essa conducesse necessiaramente al conformismo (le persone del gruppo necessariamente si conformano alle sue norme). Un esempio è rappresentato dalla Psicologia delle Folle di Le Bon sviluppata nei primi Noevecento, secondo il quale quando le persone si trovano in gruppo, la massa, perdono la propria individualità e perseguono indiscutibilmente il volere del leader e gli interessi del gruppo. Maggioranza e minoranza (conformismo e innovazione) Gli studi più recenti sull'influenza sociale distinguono l'influenza esercitata da una maggioranza (conformismo) e quella esercitata da minoranze (innovazione) che adottano stili di comportamento coerenti. La prima genera conformismo mentre la seconda può innescare processi di innovazione: gli autori del testo, infatti, sostengono l'importanza di andare oltre alla sola 'concezione maggioritaria', secondo cui nel gruppo sono decisivi i rapporti di potere e coloro che non si conformano vengono etichettati come devianti, e considerare invece la 'concezione minoritaria' la sola capace di stimolare processi di innovazione all'interno del gruppo. LEZIONE 41 L'INFLUENZA SOCIALE (162) Conformismo: Sherif (1935) e di Asch (1952) Come si formano le norme in situazioni di gruppo? Lo studio scientifico del fenomeno del conformismo può essere fatto risalire ai contributi di Sherif (1935) e di Asch (1952) riguardanti la genesi delle norme in situazioni di gruppo. Sherif (1935) Obiettivo dello studio di Sherif: in situazioni di cambiamento sociale, quindi instabili, capire come si formano nuove norme di gruppo capaci di orientare il comportamento di tutti i membri. Sherif trova un'analogia tra una tale situazione sociale e la situazione molto più elementare, in cui l'individuo è posto in una condizione percettiva ambigua, in cui manca ogni struttura di riferimento esterna rispetto allo stesso campo percettivo. Esperimento sull'effetto autocinetico (illusione ottica per cui un punto luminoso immobile nel buio sembra muoversi). L'esperimento di Sherif (1) Un individuo è posto in una sala completamente oscura e senza alcun punto di riferimento deve giudicare l'ampiezza del movimento apparente di un puntino luminoso, in realtà immobile, proiettato su uno schermo bianco. La persona che guarda la luce sa che essa non si muove anche se nella stanza buia appare come instabile e irregolare tanto da sembrare in uno secondo tempo mobile e presente in diversi punti della stanza. Poi viene chiesto al soggetto di valutare il più esattamente possible lo spostamento del puntino luminoso presentato a più riprese. L'esperimento di Sherif (2) L'esperimento prevede tre situazioni specifiche: • Situazione individuale. Un individuo è posto in una sala completamente oscura e senza alcun punto di riferimento deve giudicare l'ampiezza del movimento apparente di un puntino luminoso, in realtà immobile, proiettato su uno schermo bianco. • Situazione individuale seguita da una situazione di gruppo. I soggetti valutano il movimento apparente in un gruppo di persone dopo aver già indicato da soli il proprio

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giudizio in merito allo spostamento del puntino. Tali campi di variazione a convergere, anche se non in modo così netto come che comincia la prova già in una situazione di gruppo. • Situazione di gruppo seguita da situazioni individuali per ogni soggetto. Situazione opposta alla precedente. L'esperimento di Sherif (3) Nell'affrontare per la prima volta lo stimolo instabile e non strutturato come membri di un gruppo, gli individui stabiliscono un campo di variazione del giudizio e una norma specifici per il proprio gruppo. Se nel gruppo, in sedute successive, si verifica un cambiamento di norme già definite, questo avviene proprio per effetto del gruppo. Quando poi i soggetti sono soli, le norme di ciascuno mostarno un cambiamento nella direzione del gruppo. LEZIONE 41 L'INFLUENZA SOCIALE (163) L'interpretazione dei risultati (1) Tale esperimento secondo Sherf spiega come avviene il processo psicologico fondamentale implicito nello stabilirsi delle norme sociali. Risultato: il giudizio degli individui e la norma che ne deriva rispetto a come avviene un fenomeno (ad esempio, il movimento di un puntino) sono diversi da quelli formulati dalla totalità del gruppo: nelle situazioni individuali, il soggetto emette un giudizio ed elabora una particolare norma capace di spiegare l'evento. L'interpretazione dei risultati (2) Nelle situazioni di gruppo, invece, i soggetti tendono a convergere nei loro giudizi verso la formulazione della norma che spiega l'evento. Questo avviene principalmente perchè "colui che diverge si sente incerto e insicuro, nella posizione deviante, dei propri giudizi (Sherif, 1967). Sherif non ha quindi utilizzato per spiegare il sorgere della norma di gruppo la teoria della suggestione, tanto utilizzata in passato per spiegare i comportamenti delle folle, ma ha assunto una linea interpretativa del tutto diversa sostenendo, in pratica, che l'effetto convergenza è una risposta logica alle condizioni date. Spiegazione razionale del consenso sociale - Asch, 1952 (1) Lo studio dell'influenza sociale viene a definirsi come studio delle pressioni esercitate sulle persone allo scopo di farle agire contrariamente alle loro convinzioni e ai loro valori, e come studio delle forze che a loro volta gli individui possono mettere in atto per resistere a minacce e coercizioni. Esperimento: si crea una situazione di compito percettivo non ambiguo: 8 individui giudicano quale di 3 linee verticali di diversa lunghezza è uguale a una linea standard. Spiegazione razionale del consenso sociale - Asch, 1952 (1) Giudizio espresso pubblicamente Condizione sperimentale: 7 complici dello sperimentatore danno risposte appositamente non corrette in modo unanime. Condizione di controllo: ciascun soggetto da risposte non concordate al compito percettivo Risultati: condizione sperimentale: 1/3 dei soggetti sposta il proprio giudizio verso la maggioranza. In seguito ai suoi esperimenti Asch sostiene la tesi che il soggetto si trova a dover fronteggiare un conflitto molto acuto fra le informazioni dategli dalla sua percezione visiva (evidenza percettiva) e le informazioni che gli vengono dalla sua situazione sociale (consenso maggioritario per una risposta assurda). LEZIONE 41 L'INFLUENZA SOCIALE (164) Spiegazione razionale del consenso sociale - Asch, 1952 (2) La spinta a conformare il proprio giudizio a quello degli altri è: • un processo di ragionamento e non di suggestione; • determinato da informazioni sulla realtà; • finalizzato a ottenere una visione oggettiva del mondo. Secondo Deutsch e Gerard (1955) è necessario distinguere tra: • influenza normativa: la forza che spinge un soggetto, in quanto membro di un gruppo, a rispondere alle attese positive di uno o più membri del proprio gruppo; • influenza informativa: la forza che spinge un individuo isolato ad accettare le informazioni degli altri come prova circa la realtà L'influenza normativa risulta essere più forte di quella informativa. Spiegazione razionale del consenso sociale - Asch, 1952 (3) In una situazione di questo tipo egli dovrà definire il proprio comportamento (giudizio) non solo sulla base delle proprie coordinate personali, ma tenendo anche conto del gruppo con cui è in rapporto. Se le condizioni lo permettono il singolo si muove verso il gruppo; i cambiamenti di giudizio avvengono in modo prepoderante nel senso della maggiora nza. Dall'esperimento condotto, Asch conclude che la spinta a rendere conforme il proprio giudizio

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a quello degli altri non è inconsapevole bensì dovuta a un processo di ragionamento del tutto cosciente e consapevole. Il modello funzionalista dell'influenza sociale - Moscovici, 1976 (1) Propone una interpretazione alternativa all'influenza sociale. Secondo l'autore i molteplici contributi considerati non hanno uno sfondo omogeneo: si trovano infatti tra essi lavori gesta listi, lewiniani, comportamentisti o psicoanalitici. Tutti però con sfumature diverse sembrano convergere su alcuni punti essenziali che danno corpo al "paradigma dipendenza controllo sociale" e al paradigma "pressione verso il conformismo". Il modello funzionalista dell'influenza sociale - Moscovici, 1976 (2) 1) L'influenza sociale è distribuita in modo disuguale e viene esercitata secondo una modalità unilaterale: • solo chi ha potere esercita influenza; • chi ha il potere costituisce la maggioranza in grado di influenzare la minoranza; • chi non ha potere può adeguarsi o porsi in posizione di marginalità. 2) La funzione dell'influenza sociale è quella di mantenere e rinforzare il controllo sociale • Gli individui formano un gruppo solo grazie al controllo sociale • Approccio di tipo strutturai-funzionalista LEZIONE 42 IL MODELLO FUNZIONALISTA (165) INTRODUZIONE LEZIONE 42 In questa lezione 42 approfondiremo l'interpretazione dell'influenza sociale di Moscovici (1076) con il modello funzionalista e il suo passaggio al modello genetico (condiscenza e conversione) Affronteremo: • teoria dell'innovazione Homans, 1961; Hollander, 1958, 1960; • l'influenza delle minoranze; • naturalizzazione elaborata da Doise, Deschamps e Mugny. Il modello funzionalista dell'influenza sociale - Moscovici, 1976 (3) 3) Le relazioni di dipendenza determinano la direzione e la rilevanza dell'influenza sociale esercitata in un gruppo. Asimmetria legata a status, ruolo e competenza: • chi ha un status alto esercita maggiore influenza rispetto a chi ha uno status inferiore; • chi ha uno status alto influenza chi ha uno status inferiore. Esempio: esperimento di Milgram (1964) sull'obbedienza all'autorità. 4) Il consenso che l'influenza è tesa a raggiungere è basato sulla norma de II' obiettività Quando non c'è una verità obiettiva: gli individui cercano una verità convenzionale sulla base dell'ampiezza di consenso che l'opinione riceve. Esempio: teoria del confronto sociale (Festinger, 1954). Il modello funzionalista dell'influenza sociale - Moscovici, 1976 (4) 5) Tutti i processi sono visti nella prospettiva del conformismo, e il conformismo è considerato sottofondo comune di questi processi. Kiesler (1969): ogni cambiamento nel comportamento e delle credenze in direzione del gruppo è il risultato di una pressione di gruppo reale o immaginaria. Ogni forma di influenza porta al conformismo. Secondo Moscovici il "modello funzionalista dell'influenza sociale": • rappresenta una visione troppo riduttiva e meccanicistica dell'influenza sociale; • non spiega i fenomeni di innovazione nei gruppi. Moscovici contrappone al modello funzionalista dell'influenza sociale il modello genetico dell'influenza sociale. Teoria dell'innovazione - Homans, 1961; Hollander, 1958, 1960 (1) Gli autori criticano la concezione funzionalista dell'influenza sociale secondo cui occorre sempre ridurre le divergenze fra i membri, e coloro che rifiutano le norme proposte devono essere esclusi. Si nega dunque ogni possibilità d'innovazione. Tuttavia, visto che non è possibile negare l'esistenza reale dei fenomeni d'innovazione nella vita dei gruppi, si è tentato di darne conto restando all'interno del paradigma conformista. È quanto proposto da Homans e Hollander, e la concezione elitaria dell'innovazione. L'obiettivo della teoria è cogliere le differenze tra potere e l'influenza che la teoria funzionalista non era stata in grado di cogliere: il potere e l'influenza non sono tra loro distinti, ma l'origine di qualsiasi processo d'influenza risiede nel potere. LEZIONE 42 IL MODELLO FUNZIONALISTA (166) Teoria dell'innovazione - Homans, 1961; Hollander, 1958, 1960 (2) L'innovazione all'interno di un gruppo avviene in quanto i membri che occupano una posizione inferiore si conformano alle idee dei membri superiori. Le relazioni di dipendenza tra autorità e membri sono così un preliminare necessario a qualsiasi cambiamento di norme e di valori, e il conformismo risulta una condizione dell'innovazione.

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La teoria fornisce una concezione elitaria dell'innovazione e considera la devianza propria di un'élite: Non è concepibile in essa altro cambiamento se non quello che procede dall'alto verso il basso. Modello genetico dell'influenza sociale - Moscovici, 1979 (1) Moscovici abbandona il modello funzionale dell'influenza sociale e lo sostituisce con un nuovo modello genetico, focalizzando l'attenzione sull'influenza esercitata da individui o gruppi minoritari. Secondo il modello genetico dell'influenza sociale tutti i membri di un gruppo o di un sistema collettivo devono essere considerati sia come portatori, sia come bersagli di influenza: è infatti scorretto dare per scontato, come fa il modello funzionalista, che l'influenza proceda necessariamente in modo asimmetrico, dalla maggioranza verso la minoranza. Modello genetico dell'influenza sociale - Moscovici, 1979 (2) In questo caso l'influenza minoritaria non appare solamente possible in astratto, ma entra a far parte integrante dell'insieme dei fattori sociali che concorrono all'interpretazione della realtà. Inoltre l'influenza non è solo funzionale al conformismo e all'uniformità delle reazioni. Scopo dell'influenza è perciò il cambiamento sociale e non il conformismo. Lo scopo di ogni entità sociale maggioritaria è quello di esercitare un controllo sociale; lo scopo delle entità sociali minoritarie è l'innovazione (ovvero cambiare le norme maggioritarie). Modello genetico dell'influenza sociale - Moscovici, 1979 (3) Quando si parla di maggioranza e minoranza esse non devono essere intese in senso quantitativo, ma nel senso del rapporto dominante/dominato. Per cui è minoritario un gruppo sociale che si batte per norme in contrasto con le norme dominanti; mentre è definito maggioritario il gruppo che assume e diffonde le norme e l'ideologia dominanti. La diffusione dell'innovazione anche se avviene in contesto contrassegnato dall'asimmetria degli status sociali, non è mai riducibile all'esercizio di un potere: le variabili invocate hanno a che vedere non con la dipendenza, ma con il negoziato tra agenti sociali. Il rovesciamento di prospettiva da parte di Moscovici è quindi totale: il punto nodale non è costituito dai contenuti delle proposte alternative, ma dall'organizzazione e dalla struttura di questi contenuti. LEZIONE 42 IL MODELLO FUNZIONALISTA (167) L'influenza delle minoranze - Moscovici, 1979 (1) Un ruolo fonadamentale in tale processo è rappresentato dallo stile di comportamento e secondo Moscovici è questo concetto che può reintrodurre, nel fenomeno dell'influenza sociale, una dimensione simbolica di natura prettamente psicologica. Una minoranza può divenire influente attraverso l'affermazione e la stabilità del proprio stile di comportamento. L'influenza delle minoranze - Moscovici, 1979 (2) Lo stile di comportamento di una minoranza si evidenzia attraverso diversi parametri quali: • ripetizione ferma sistematica e non contradditoria di uno stesso modo di risposta; • stabile consenso fra i membri del gruppo nell'espressione delle posizioni minoritarie. Attraverso una tale consistenza la minoranza non fornisce soltanto indicazioni ai bersagli potenziali di influenza circa il proprio modo di vedere una realtà specifica; fornisce indicazioni anche a proposito di se stessa. Mette in risalto il proprio impegno in una tale posizione e testimonia una fermezza a tutta prova. Grazie a tale sicurezza essa garantisce un autorinforzo: chi si schiera con la minoranza è certo di trovarvi un sostegno sociale nel quadro di un consenso durevole. Naturalizzazione elaborata da Doise, Deschamps e Mugny (1) Altri autori si sono occupati del rapporto tra maggioranza e minoranza, e di come vengono trattati i membri devianti all'interno del gruppo. Meccanismi che coinvolgono la minoranza nel gruppo. Naturalizzazione elaborata da Doise, Deschamps e Mugny (1978) che indica uno dei meccanismi con cui il sistema sociale s'immunizza contro i devianti, svuotando di significato la loro credibilità. Essa consiste nel considerare come causa di comportamenti o discorsi devianti delle proprietà idiosincrasiche stabili. Può assumere forme diverse: biologizzazione (perchè è una donna, perchè è tarato .. ), psicologizzazione (è per il suo carattere, per la sua intelligenza limitata, ecc), riduzione al sociologico (perchè è comunista, è fascista, ecc). Naturalizzazione, devianza e innovazione (2) Risulta a questo punto importante sottolineare che l'innovazione indotta da una minoranza attiva non deve essere confusa con la

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devianza pura e semplice. La devianza si definisce come trasgressione delle norme senza metterne in discussione la loro validità e la contraddizione che le sostiene. L'innovazione perseguita da una minoranza attiva mette, invece, in discussione una (o più) delle norme esistenti per superarla e per trovare un nuovo rapporto tra sistema sociale e norme. LEZIONE 42 IL MODELLO FUNZIONALISTA (168) Condiscendenza e conversione (1) Il modello genetico di influenza è stato utilizzato soprattutto per dar conto di fenomeni di innovazione portati dall'ifluenza sulle minoranze. Moscovici ha sottolineato più volte che tutta la psicologia sociale deve impegnarsi soprattutto a capire il cambiamento e l'innovazione, lasciando in secondo piano conformismo e dipendenza. Tuttavia non è possibile spiegare il meccaniscmo dell'influenza senza considerare lo stile di comportamento specifico dell'entità sociale (che sia gruppo o individuo) portatore potenziale di influenza. A questo proposito, la ricerca di Asch risulta corretta. Egli non può quindi essere accusato di aver confuso maggioranza e minoranza, ma di non aver colto l'importanza cruciale dello stile di comportamento nella maggioranza. Anche i lavori di Lage e Moscovici confermano l'importanza dello stile di comportamento nella fonte di influenza (che sia maggioritaria o minoritaria). Condiscendenza e conversione (2) Inoltre, vi sono tra queste due forme d'influenza (maggioritaria o minoritaria) alcune differenze che appaiono a livello delle risposte con cui viene espresso il cambiamento prodotto: risposte manifeste (o sociali) e risposte latenti o a livello del codice percettivo. Il comportamento della maggioranza provoca un cambiamento rilevante delle risposte a livello manifesto, ma non fa altrettanto per le risposte latenti. Il comportamento della minoranza, invece, ottiene a volte un cambiamento delle risposte manifeste, ma produce soprattutto un cambiamento delle risposte latenti che generalmente è più significativo di quello ottenuto a livello manifesto. Si può dunque presentare due tipologie di fenomeni che caratterizzano da un lato l'influenza maggioritaria e dall'altra quella minoritaria. Condiscendenza e conversione (3) Condiscendenza: i cambiamenti prodotti dalle maggioranze sono evidenti a livello sociale. Superficialmente, i soggetti modificano il loro giudizio conformando la propria opinione a quella di gruppo. Si tratta di quel fenomeno che in psicologia sociale viene definito di condiscendenza spesso citato per dar conto dell'influenza maggioritaria. Fenomeno legato all'influenza minoritaria: Conversione: i cambiamenti prodotti dalle minoranze attive nel gruppo non sempre sono evidenti a livello sociale, ma latenti. Tuttavia, coinvolgendo livelli profondi dell'esperienza psicologia dei soggetti, comporta una modifica dell'opizione più solida e duratura. Per Moscovici la conversione è proprio l'effetto prodotto in modo latente o indiretto dall'influenza minoritaria. Influenza maggioritaria Moscovici e Personnaz nel 1980 descrivono i modi attraverso cui si attivano i processi sia maggioritari che minoritari di influenza. Condiscendenza (si adegua al pensiero espresso dalla maggioranza); dissenso (se resiste ed esprime il proprio dissenso andrà in contro a tutte le pressioni che la maggioranza è in grado di esercitare). Di fronte a una maggioranza consistente il soggetto per non sentirsi deviante spesso si adegua perché non attiva un processo cognitivo che crerebbe un conflitto. Influenza minoritaria Quando la fonte di influenza è minoritaria le cose cambiano. i soggetti si identificano in apparenza con la norma maggioritaria, ma in realtà la rifiutano. L'influenza maggioritaria si realizza attraverso un processo di confronto tra il soggetto sottoposto a influenza e la fonte di questa, mentre l'influenza minoritaria si realizza attraverso un processo di validazione del punto di vista minoritario sull'oggetto in discussione, da parte dei soggetti-bersaglio d'influenza. LEZIONE 43 IL LINGUAGGIO PUBBLICITARIO (169) In questa lezione 43 affronteremo il tema del linguaggio pubblicitario. In particolar modo: • l'obiettivo del messaggio pubblicitario; • il linguaggio come strumento di descrizione oggettiva; • il linguaggio e merce: • il rapporto con la lingua italiana; • il rapporto con le immagini; • le funzioni nei confronti delle immagini; • il lessico della pubblicità; • tipologie di codici. Nel corso

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della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Titolo: Il linguaggio pubblicitario Attività n": 1 Docente: Il linguaggio pubblicitario Una lingua "venduta". Già dalla fine degli anni '50, la pubblicità è vista come un fenomeno che manipola le coscienze (Packard). L'autore vede il pubblicitario come un 'persuasore occulto' dotato di potenti e paurosi strumenti capaci di influenzare il comportamento degli individui. L'individuo spettatore è visto come passivo di fronte alla pressione pubblicitaria. Questa azione, quasi coercitiva, viene attuata attraverso quello specifico strumento che è il linguaggio pubblicitario. Da tempo invece si parla di pubblicitario come un persuasore disarmato poiché i consumatori sono soggetti attivi capaci di decidere in modo autonomo cosa acquistare. Titolo: Il linguaggio pubblicitario Attività n": 1 Docente: Caratteristiche del linguaggio pubblicitario Secondo Eco: "II discorso pubblicitario riesce a convincere solo là dove gioca su sistemi di attese (opinioni, propensioni emotive, stereotipi ideologici e di gusto) già assestati. In altri termini il discorso pubblicitario riesce a convincere l'utente solo di ciò che esso conosce (crede o desidera già''). Per ottenere questo fine, senza peraltro stancare il consumatore o logorare il messaggio stesso, è necessario presentare ogni volta qualcosa di nuovo, enfatizzando l'effetto sorpresa e dando l'idea che ciò di cui si sta parlando è qualcosa di diverso rispetto a pnma. Titolo: esercitazione Attività n": 1 Docente: L'obiettivo del messaggio pubblicitario L'obiettivo di un messaggio commerciale non è quello di creare dimostrazioni logiche incontrovertibili, ma di conquistare il consenso del target a cui si rivolge e motivarlo all'acquisto di un prodotto. La capacità di essere efficace e persuasivo si realizza quindi non a livello della denotazione, cioè del significato letterale e immediato di un termine, ma a quello della connotazione, cioè del significato 'ulteriore' del termine, ovvero di quel valore supplementare, allusivo, evocativo, affettivo del segno, che fornisce un sovrappiù di senso. Titolo: esercitazione Attività n": 1 Docente: Il linguaggio come strumento di descrizione oggettiva Esempio: 'il brandy che crea un'atmosfera' . Non viene infatti proposta una bevanda alcolica, illustrandone il gusto o la qualità, cosa che rappresenterebbe l'aspetto denotativo del prodotto, quanto piuttosto enfatizzando una impalpabile 'atmosfera' che il prodotto dovrebbe generare, aspetto assolutamente connotativo al messaggio pubblicitario. Il linguaggio stesso è appunto ancora più potente in pubblicità quando si maschera, presentandosi come uno strumento di descrizione oggettiva. Il modello di comunicazione privilegiato, è quindi costituito da un messaggio ultra - semplificato e ripetuto in maniera quasi ossessiva: la riproposizione di cliché ha infatti la funzione di evocare una risposta acritica e condizionata, e costituisce per il pubblico una sorta di riposo mentale. Ecco la ragione per cui si può definire il linguaggio pubblicitario una 'lingua venduta' (Altieri Biagi) Titolo: esercitazione Attività n": 1 Docente: ESERCITAZIONE (valida come approfondimento da portare all'esame) In questa lezione abbiamo accennato ad alcune caratteristiche del linguaggio pubblicitario, in particolare all'importanza di "presentare ogni volta qualcosa di nuovo, enfatizzando l'effetto sorpresa e dando l'idea che ciò di cui si sta parlando è qualcosa di diverso rispetto a prima". Vi propongo ora due brevi contributi filmato che ci serviranno da spunto per riflettere su questa caratteristica. Si tratta di due pubblicità italiana che potete trovare a questi link: (SPOT FORD) - http://www.youtube.com/watch?v=bbkCh50mcJ8&feature=search (SPOT FIAT 500) - http://www.youtube.com/watch?v=XFbJHnoT7iO&feature=search Provate a commentarle alla luce di quanto studiato nella lezione. Titolo: I rapporti del linguaggio pubblicitario Attività n": 1 Docente: Linguaggio e merce Sebbene i messaggi pubblicitari si presentino come un discorso informativo sul prodotto, in realtà è la merce reclamizzata il vero discorso. Le persone acquistano il prodotto non tanto per le sue caratteristiche tecniche, quanto per la suggestione emotiva racchiusa in esso

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(aspetto connotativo del messaggio) che desiderano sia riprodotta nella loro esistenza. Esempio: un orologio non è mai solo un 'segnatempo', ma è soprattutto un agente evocativo di uno status sociale e di un benessere di cui il prodotto è il segnale . . pnrnano Titolo: I rapporti del linguaggio pubblicitario Attività n": 1 Docente: Il rapporto con la lingua italiana Il linguaggio pubblicitario risente di quella tendenza, già insita nella lingua italiana, che lo fa definire come 'subalterno': • alle immagini; l'immagine domina sulla parola, In particolare la subalternità nei confronti delle immagini deriva da una proprietà tipica dei segni linguistici, di avere una pluralità di sensi, quindi è necessario l'uso del linguaggio per precisarne il senso; • agli usi linguistici già affermati nella lingua comune; • ai fenomeni strutturali della società: esso si brucia velocemente, perché, nella sua ossessi va corsa alla novità, deve continuamente rinnovarsi per non stancare lo spettatoreTitolo: Attività n": Docente: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE (D.M. 270/04) PSICOLOGIA SOCIALE 43/S2 I rapporti del linguaggio pubblicitario 1 Rapporto tra linguaggio pubblicitario e immagini (1) La combinazione tra linguaggio pubblicitario e immagini si può esplicitare in tre categorie diverse: • omologia completa (registro verbale e visivo attualizzano parallelamente le stesse funzioni); • omologia parziale (registro verbale e visivo sono dominati da funzioni in parte uguali e in parti differenti); • omologia totale (i due registri rivestono funzioni diverse). Funzioni linguaggio pubblicitario 1 Funzioni linguaggio pubblicitario nei confronti delle immagini (1) ancoraggio denominativo: la parola precisa quale dei sensi possibili debba essere desunto dall'immagine; registro verbale e registro visivo, in questo caos, stanno in rapporto di ridondanza reciproca; ancoraggio ideologico: la parola fornisce la chiave interpretativa di tutto il messaggio audiovisivo, ancora una volta scegliendo fra le varie concettualizzazioni possibili; Funzioni linguaggio pubblicitario 1 Funzioni linguaggio pubblicitario nei confronti delle immagini (2) • relazione di complementarità e inscindibilità: la parola e l'immagine non riescono a significare se non simultaneamente e non è lecito prescindere dalla loro unione neppure in un'analisi; • relazione di complementarità e interdipendenza: parola e immagine significano insieme, ma in maniera autonoma, anche se l'unica significazione reale è quella manifestata congiuntamente. Attività n": 1 Docente: Il lessico della pubblicità Non esiste un lessico della lingua pubblicitaria. Non si dovrebbe quindi parlare propriamente di 'lingua pubblicitaria', ma piuttosto di 'uso pubblicitario della lingua'. Il rapporto tra linguaggio pubblicitario e lingua italiana è duplice. Da un lato il primo sfrutta e accentua le possibilità espressive dell'italiano contemporaneo, dall'altra parte, tendendo a creare la parola-merce, favorisce quel fenomeno di anemia della lingua definito 'reificazione o mercificazione linguistica'. Il linguaggio pubblicitario si presenta così come un sistema di produzione linguistica sempre in fermento. Infine, il linguaggio pubblicitario svolge il suo compito non quando fornisce il massimo di informazioni ma quando procura il massimo di sorpresa nello spettatore. Funzioni linguaggio pubblicitario 1 Classi di codici (1) In ogni messaggio pubblicitario, sono manifestati quattro piani di discorso: • piano semiotico non linguistico; • piano linguistico; • piano sistema semantico connotativo; • sistema ideologico. , E sugli ultimi due piani che si costruisce la strategia persuasiva LEZIONE 44 LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO (173) INTRODUZIONE LEZIONE 44 In questa lezione 44 continueremo ad affrontare il tema del linguaggio pubblicitario. In particolar modo: • i toni pubblicitari; • le funzione linguistiche; • le strategie del fantalinguaggio; • l'uso insolito della lingua italiana; • il richiamo al passato; • l'importanza della scientificità; • l'uso delle lingue straniere. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Classi di codici (2) Il piano semantico è fondamentale per la ricezione e decodifica del messaggio da parte dello spettatore. È quello che permette di 'capire' le implicazioni

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contenute nel messaggio e di interpretarle nel modo corretto (ad esempio, l'utilizzo di un testimoniai che viene utilizzato per il suo ruolo sociale: se il personaggio è conosciuto, la sua fama diventa parte integrante della comunicazione pubblicitaria). Il sistema ideologico: la pubblicità utilizza astrazioni facilmente riconoscibili all'interno della cultura dominante Tipologie di codici Il discorso pubblicitario utilizza quattro grandi classi di codici: • codici del veicolo tipici del mezzo di comunicazione utilizzato; • codici culturali che si rifanno a una cultura e che riguardano quindi psicologia, economia, sociologia, psicanalisi, etc.; • codici narrativo-semantici che riguardano direttamente il contenuto; • codici retorici desunti dalle strategie persuasive sviluppate dalla retorica. Questa molteplicità dei codici ammette più livelli di lettura e di interpretazione aprendo quindi la possibilità di letture multiple. Spesso, anche questa possibilità, viene utilizzata dai creativi pubblicitari per selezionare i loro potenziali consumatori attraverso comunicazioni pubblicitarie che siano effettivamente comprensibili solo da un particolare target. LEZIONE 44 LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO (174) ESERCITAZIONE 22 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo fatto riferimento alle tipologie di codici utilizzati nel discorso pubblicitario focalizzando l'attenzione sui diversi tipi di comprensione del testo da parte dei fruitori e sull'utilizzo di questa molteplicità di senso da parte dei pubblicitari. Vi propongo ora un breve contributo filmato che ci servirà da spunto per riflettere su questa caratteristica. Si tratta di una pubblicità italiana che potete trovare a questo link: (Cynar Elio e le storie tese) http://www.youtube.com/watch?v=ehXccl5PVRE&NR=1 Provate a commentarla alla luce di quanto studiato nella lezione. I toni pubblicitari I pubblicitari possono ricorrere ai "toni pubblicitari", utilizzati per attirare l'attenzione degli spettatori. Si possono distinguere tra: • tono banale esprime significati di chiarezza, correttezza e semplicità; • tono elevato utilizzo di un vocabolario scelto e ricercato, ricco di immagini anche poetiche; • tono grossolano tipo di comunicazione non presa a prestito dalla gente, ma fabbricata appositamente • tono divertente trasmissione di soli valori positivi; • tono altisonante comunicazione che ricorre alla pretenziosità e all'altezzosità. Funzione linguistiche (1) Applicazione della classificazione delle funzioni dei segni linguistici (Jacobson, 1956) per determinare quale tra esse sia la principale nella comunicazione persuasiva pubblicitaria: • Funzione denotativa o referenziale (illustra le doti del prodotto) • Funziona fàtica o di contatto (il prodotto è evocato da una sensazione o da un'immagine) • Funzione conativa o imperativa (spinge direttamente l'acquisto del prodotto) LEZIONE 44 LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO (175) Funzione linguistiche (2) • Funzione metalinguistica (si rivolge al prodotto stesso in maniera autoreferenziale) • Funzione emotiva o espressiva (si prefigge di evocare, piuttosto che di informare) • Funzione estetica o poetica (lo slogan è espresso in rima o in modo accattivante) La funzione conativa è dominante in quanto il fine ultimo di ogni comunicazione pubblicitaria è quello di indurre il ricevente ad acquistare un prodotto. Ma questa funzione appare di solito mascherata inoltre in ogni messaggio possono coesistere e sovrapporsi tutte queste sei funzioni. ESERCITAZIONE 23 (valida come approfondimento da portare all'esame) In questa lezione abbiamo fatto riferimento alle diverse funzioni del linguaggio pubblicitario riprendendo la classificazione delle funzioni dei segni linguistici (Jacobson, 1956). Vi propongo alcuni brevi contributi filmati che ci servirà da spunto per riflettere su questa classificazione. Si tratta di alcune pubblicità italiana che potete trovare a questo link: (DASH FABIO DE LUIGI) - http://www.youtube.com/watch?v=jEPYILBkW2E (SPOT PERUGINA) - http://www.youtube.com/watch?v=2nGHh2LgX Y&feature=related Provate a individuare le funzioni presenti. Le strategie del fantalinguaggio Nel linguaggio della pubblicità si deve perseguire il più alto libello di e di suggestione psicologica. A tal fine si ricorre a un vero e proprio 'fantalinguaggio', in quanto esso travalica e forza al massimo le possibilità formali della lingua stessa. Si può distinguere due forme di creatività linguistica: di 'Iangue' e di

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'parole': • La prima opera nel sistema astratto della lingua, introducendo nuove categorie o eliminandone di esistenti (ad esempio, il suffisso del superlativo aggiunto ai nomi). • La seconda opera sul piano individuale, del singolo parlante, e consiste nella possibilità di realizzare un segno linguistico in un numero infinito di espressioni. LEZIONE 44 LE FUNZIONI DEL LINGUAGGIO (176) Awenture di parole (1) Partendo dal presupposto che un annuncio attiri l'attenzione quanto più sconvolge un sistema di attese precostituito, il linguaggio pubblicitario utilizza in modo creativo e insolito la lingua italiana. Ecco alcuni esempi: • Neologismo . • Utilizzo del suffisso • 'Criptocomparativo': cioè il comparativo senza il secondo termine di paragone Omo lava più bianco (Unilever detersivo) Più lo mandi giù, più ti tira su! (Lavazza caffè); C'est plus facile! SAN BITIER (bevanda anaalcolica). Awenture di parole (2) • Usi imperativo Energizzatevi (Gatrorade bevanda). • Deformazione di frasi voluta mente popolaresche il bianco che più bianco non si può (Dash detersivo) lo ce l'ho profumato ... l'alito ... Perché Mental profuma l'alito ... e che avevi capito? (Mental- caramelle balsamiche) • Rima, per aiutare la memorizzazione Brio blu, mi piaci tu. (Brio blue - acqua minerale); Ottima direi, è cera gray (Gray - cera per pavimenti); Il metano di dà una mano (Snam - rete gas). • Giochi di parole Vivere alla GRUNDIG (Grundig . elettrodomestici);"E allora, come va il tuo mal di gola?" "Bene, Benagol!" (Benagol, antiinfiammatorio); Chiamami Peroni, sarà la tua birra! (Peroni - birra); Entra in una Valleverde ... (Velleverde - calzature). • Ripetizioni Acqua Vera, acqua pura (Vera acqua minerale); Anticipo zero, tasso zero ( Alfa Romeoautomobili) La nostalgia dei bei tempi andati (1) • Uso di 'parole - magiche', il cui ruolo è l'assimilazione evocativa di un significato connotativo alla mera materia denotativa della parola stessa ('gratis' e 'nuovo': altre come 'regalo' e 'originale' sono variazioni delle prime). • Uso di 'furr - words' (parole-fusa) parole che hanno una scarsa relazione con la realtà o addirittura nessuna Mordi e vinci (Algida gelati); Racchiusa nel cuore tutta la bontà del gelato (Algida - gelati); Cuor di mela, piacere naturale (Mulino Bianco - biscotti) • Uso di 'avanti', 'futuro': sottolineano come uno dei miti del nostro tempo sia proprio il continuo e inarrestabile progresso industriale e della tecnica. LEZIONE 45 STRATEGIE PERSUASIVE (177) INTRODUZIONE LEZIONE 45 In questa lezione 45 affronteremo Due strategie persuasive particolarmente utilizzate in pubblicità: • la ripetizione (con riferimento alla teoria delle rappresentazioni sociali di Moscovici); • la paura (uso, meccanismi e modalità). La nostalgia dei bei tempi andati (2) Uso di parole che risvegliano nell'uomo la nostalgia per i suoi paradisi perduti e la smarrita innocenza della fanciullezza con richiamo agli affetti più teneri ('la ricetta della nonna '). Da qui il tema del rapporto uomo - natura. Nostalgia di un passato, quindi, ideale, illusorio, memoriale, in cui la natura esiste in veste fanciullesca e poetica: 'mangia sano, torna alla natura', consigliava Barilla e la campagna pubblicitaria è diventata storica facendo leva su quel bisogno di fuga che è presente in ciascun individuo e a ciascuna età. Oppure più recenti: Digerire secondo natura (ULIVETO acqua minerale); L'amore per la terra dà solo buoni frutti (VALLE DEGLI ORTI surgelati); L'importanza della scientificità Importanza della scientificità in pubblicità: • viene suggerita da persone che sono scienziati solo perché indossano il camice); • prove a dimostrazione, scientifica, verrebbe da dire, della sua efficacia, come, ad esempio, la 'prova vino' dello Scottex casa, la 'prova carta assorbente' dei nuovi Pampers, la 'prova freschezza' della Vigorsol, ecc. • impiego massiccio di tecnicismi tratti dalle scienze, ovvero di parole prese a prestito dai linguaggi scientifici della chimica, della biologia o della medicina (Iiposomi, microgranuli, ecc.) LEZIONE 45 STRATEGIE PERSUASIVE (178) Straniero è meglio (1) Il pubblicitario attinge infatti da queste lingue il prestigio legato agli stereotipi delle stesse, stereotipi che vivono anche al di fuori dell'uso effettivo della lingua: essi rappresentano una costellazione di segni che viene evocata da un qualunque elemento del paese e di cui la lingua

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è l'epifania più evidente. Le lingue usate sono molteplici: • il greco per donare al messaggio prestigio o aristocraticità ('Alfa' indica una marca di automobili; 'Omega' una marca di orologi; 'Ariston' una marca di elettrodomestici); oppure il gran numero di prefissi e di suffissi utilizzati in pubblicità per formare tecnicismi quali il dentifricio anticarie che contiene 'gardol', il prodotto 'ipersnellente'; numerose sono anche le parole composte con elementi greci, come 'Idrolitina', 'Chlorodent', 'Kaloderma' e 'Diadermina'; Straniero è meglio (2) • il latino: 'Venus' o 'Nivea', per indicare una crema di bellezza, o 'Aiax' per indicare un detersivo, 'Rex' per una marca di elettrodomestici. Vengono anche creati termini simili al latino, ma privi di significato, come si può osservare in 'Findus', 'Duplo', 'Solex', 'Traspirodor', etc. ; • il tedesco viene usato molto raramente nonostante il richiamo alla solidità e perfezione tecnica; • lo spagnolo è usato pochissimo, in quanto suggerisce qualcosa di maliziosamente intimo e caldo, oppure a fini caricaturali per topi veloci e messicani pigri, anche se un po' di questa lingua (che ricorda molto da vicino i dialoghi dei western all'italiana) va a finire in quello che i pubblicitari credono sia portoghese o brasiliano; Straniero è meglio (3) • il giapponese compare qualche volta di più; in un caso c'è una frase di due righe con traduzione e la traduzione ('Onorevoli amici giapponesi questa macchina [fotografica] sta per darvi delle noie') cerca di rendere in modo convenzionale la cerimoniosità delle forme di cortesia giapponesi; • il francese fa pensare al buon gusto e alla raffinatezza, tanto che viene spesso associato alla moda e ai prodotti di bellezza; • senza dubbio la lingua più utilizzata è l'inglese dove gli esempi non mancano: No Martini, no party (Martini alcoolici); Connecting people. (Nokia telefonia), Just do it (Nike, abbigliamento sportivo). La ripetizione e la paura Esistono altre strategie creative per sviluppare la funzione persuasiva del messaggio. Esse riguardano: • Ripetizione del messaggio che può avvenire a due livelli: come ridondanza dell'assunto all'interno del messaggio stesso e come ripetizione del messaggio all'interno del palinsesto mediatico. • Utilizzo di messaggi che evocano sentimenti negativi come paura, ansia o terrore che possono diminuire o scomparire attraverso l'acquisto del prodotto o l'adozione di un comportamento proposto nel messaggio pubblicitario. La replica infinita (1) Applicando la teoria di Propp (1966) alla pubblicità, si può dire che ogni comunicato pubblicitario si basi su variazioni fatte su schemi generali. Come le fiabe raccontano sempre una stessa storia con lo stesso finale, così in pubblicità, il consumatore arriva alla soddisfazione del suo desiderio dopo aver acquistato ciò che desiderava. Il racconto delle fiabe prevede gli stessi personaggi, e nella pubblicità vengono usati figure stereotipiche codificate che riescono a rendere in pochissimo tempo personaggi, situazioni e storie. La replica infinita (2) La ripetizione, in particolare, si realizza a un duplice livello: ripetizione dello stesso clichè in spot diversi e ripetizione dello stesso stereotipo più volte nello stesso spot. Funzioni della ripetizione: • ricordare al pubblico un messaggio precedente, che altrimenti sarebbe dimenticato; • ricordare e dare ulteriore accentuazione a un tale messaggio passato; • superare una barriera di resistenza psicologica che può aver inibito un'efficace comunicazione precedente • affrontare il compito della persuasione da un punto di vista diverso, variando cioè l'approccio creativo. Riferendosi al concetto di rappresentazioni sociali (Moscovici, 1984), la ripetizione ha lo scopo di rendere noto l'ignoto, di rendere familiari i messaggi della pubblicità e i prodotti in essi pubblicizzati al pubblico dei consumatori. LEZIONE 45 STRATEGIE PERSUASIVE (180) NOTA DIDATTICA Essendo il tema dei fear arousing appeals un tema in costante aggiornamento si è ritenuto opportuno integrare il testo con ricerche e aggiornamenti più recenti, pertanto non tutto il materiale presente nelle slide è presente nel testo adottato. Per un miglior risultato si consiglia quindi di utilizzare le slide come materiale di studio e integrarle, ove fosse necessario con il testo. I meccanismi di paura (1) Fear arousing appeals: messaggi che puntano a incutere timore nell'utenza, timore che può essere, in qualche modo, alleggerito

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solo attraverso la messa in azione del comportamento proposto nel messaggio pubblicitario. Utilizzati in genere nelle campagne sociali anche se non molto in Italia. AII'estero: grande utilizzo e una altrettanto grande letteratura critica (obiettivo è stabilire la possibilità di usare le emozioni 'forti' per vendere prodotti). Sono spesso utilizzati nelle comunicazioni salutistiche per persuadere i consumatori ad adottare un nuovo tipo di comportamento (es: sesso sicuro), perché il loro attuale comportamento (sesso senza protezioni) è suscettibile di provocare conseguenze dannose (Hoeken e Geurts (2005). I meccanismi di paura (2) L'obiettivo di questo tipo di approccio comunicativo, è quello di suscitare paura, timore o apprensione, creando nel destinatario livelli più o meno alti di tensione emotiva che lo induca all'azione, che a quel punto è percepita come necessaria. Ma il sentimento ansiogeno che spinge il destinatario all'azione non è in grado di garantire che l'azione stessa vada nella direzione indicata dallo spot, numerosi studi sperimentali hanno dimostrato che, nel caso di un impatto estremamente sconvolgente per il destinatario della comunicazione, tali messaggi possono suscitare l'attivazione di una controreazione in grado di diminuirne l'efficacia definibile, come rimozione a scopo difensivo. LEZIONE 46 FEAR AROUSING APPEAL (181) INTRODUZIONE LEZIONE 46 In questa lezione 46 continueremo ad affrontare il tema dei fear arousing appeals come strategie persuasive utilizzate in pubblicità cercando anche di mettere in luce punti di forza e di debolezza. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. I meccanismi di paura (3) L'utilizzo maggiore si verifica essenzialmente in tre ambiti di comunicazione: • comportamenti salutistici, come l'interruzione del tabagismo e la prevenzione di malattie (AIDS); • comportamenti volti ad assicurare la sicurezza personale, come evitare la pratica del drink & drive, uso di cinture di sicurezza o del casco; • comportamenti a favore dell'ambiente, come raccolta differenziata, tutela degli animali. Le fasi dei fear arousing appeal I messaggi contenenti gli appelli alla paura si compongono normalmente di tre fasi: • creazione di una situazione minacciosa e paurosa atta a stimolare la sensazione di rischio e vulnerabilità; • descrizione del pericolo in modo da essere sufficientemente serio da giustificare l'attenzione e la tensione del destinatario; • viene fornita la soluzione come mezzo indispensabile per la riduzione della paura, spesso seguita da rassicurazioni in modo da sottolineare che seguendo le raccomandazioni fornite dal messaggio non si corre alcun rischio .. salutistici attraverso Fear arousing appeal è inoltre quella di includere all'interno della strutturazione pubblicitaria degli esempi che sono utilizzati per riportare un immagine vivida e concreta delle conseguenze in cui il soggetto potrebbe incorrere nel caso in cui non adottasse il comportamento suggerito (Hoeken e Geurts ,2005). La strutturazione dei messaggi (2) Affinché il soggetto si senta motivato ad attuare comportamenti di protezione, devono sussistere quattro variabili Rogers (1983): • il problema viene percepito come effettivamente grave (Perceived Severity); • il soggetto si senta vulnerabile rispetto a esso (Perceived Susceptibility); • i comportamenti raccomandati vengano percepiti come efficaci nel fronteggiare la minaccia (Response-Efficacy); • il soggetto si percepisca in grado di attuarli (Self-Efficacy). Le ricerche sui fear appeals (1) Nonostante la frequenza con cui i fear appeal sono utilizzati in campo di pubblicità della salute, la gran quantità di studi che se ne sono occupati, da oltre cinque decenni, attesta conclusioni contraddittorie in merito al modo in cui la paura si leghi alla persuasione. A causa di questa ambiguità le recenti ricerche empiriche in questo campo si stanno occupando di studiare le possibili variabili che sono in grado di influenzare il rapporto esistente tra paura e persuasione. L'unica evidenza su cui tutti gli studi concordano è «che al fear arousing appeal deve seguire una indicazione facile e concreta che aiuti a risolvere il problema, allontanando la minaccia accettata da chi sta elaborando il messaggio: un elemento cognitivo deve rassicurare dopo aver sollevato forti emozioni» (Lombardi, 2006, pago 206). Le ricerche sui fear appeals (2) Sono state condotte numerose ricerche sul ruolo degli

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appelli alla paura nel processo persuasorio con risultati contrastanti: Janis e Feshbach (1953) e Goldstein (1959): hanno osservato che, anche se un appello stimolante un forte grado di paura provoca una notevole ansietà negli ascoltatori, i soggetti sottoposti a un messaggio stimolante un livello minimo di paura mostrano un grado maggiore di adeguamento al comportamento suggerito dalla comunicazione. Le ricerche sui fear appeals (3) Janis e Mulholland (1954): hanno eseguito un test sulla memorizzazione delle informazioni e delle raccomandazioni contenute in due messaggi: uno contenente fear arousing appeals e uno no. Ne è risultato che chi è stato sottoposto al primo messaggio ha ricordato un numero inferiore di raccomandazioni rispetto all'altro gruppo. I risultati sono stati contestati in seguito perché i messaggi contenenti appelli alla paura erano molto più lunghi e per questi più difficili da memorizzare. Le ricerche sui fear appeals (4) Janis e Terwillinger (1962): hanno ipotizzato che i fears appeals riducano l'accettazione delle comunicazioni antifumo stimolando, invece, una forte aggressività verso la comunicazione stessa. Hanno rilevato che le critiche nei confronti di questi messaggi siano molto più intense e che di conseguenza la predisposizione a mutare il proprio comportamento è ridotta. Leventhal, Singer e Jones (1965) hanno dimostrato che l'aggressività verso la comunicazione contenente appelli alla paura può accompagnare sia il rifiuto sia l'accettazione della stessa. Le ricerche riportate hanno avvalorato la tesi secondo cui un forte grado di minaccia non sia efficace per la persuasione in quanto andrebbe a stimolare reazioni difensive del destinatario. I risultati hanno portato alla conclusione che i messaggi stimolanti un alto grado di paura sono più persuasivi rispetto a quelli stimolanti un basso grado di paura per quanto concerne le attitudini e le intenzioni. Per quanto riguarda l'effettiva interruzione del fumo, non ci sono differenze apprezzabili tra l'efficacia di messaggi facenti uso di un alto o di un basso grado di paura. Conclusioni (2) Contrariamente al numero esiguo di studi che sostengono gli effetti negativi degli appelli alla paura sulla persuasione, il numero di quelli che ne sostengono l'efficacia e l'utilità è molto più vasto. La relazione positiva tra fear arousing appeals e persuasione è stata riscontrata attraverso esperimenti su argomenti differenti e target vari. Molti studi sono stati condotti sugli effetti degli appelli stimolanti paura nelle comunicazioni riguardanti lo smettere di fumare e il sottoporsi a radiografie polmonari. Aspetti positivi nell'uso dei fear appeals I risultati di numerose ricerche hanno dimostrato che gli appelli stimolanti un alto grado di paura sono più efficaci: i soggetti esposti a messaggi fortemente ansiogeni hanno modificato in misura maggiore il loro atteggiamento, ma solo quando l'argomento in discussione risultava per loro mediamente coinvolgente; nel caso di un forte coinvolgimento l'efficacia è fortemente ridotta. L'unica riserva sull'uso dei fear arousing appeals riguarda il grado di paura da suscitare nel destinatario: in alcuni casi messaggi particolarmente forti possono causare reazioni di rifiuto, soprattutto se non supportati da rassicurazioni efficaci. Lezione n": 47 Titolo: I modelli teorici dei Fear Attività n": 1 Introduzione alla lezione 47 • In questa lezione approfondiremo il tema dei fear arousing appeals, in particolar modo verranno presentati i principali modelli: Parallel Response Model (Leventhal, 1970 ripreso da LaTour e Pitts, 1989); Modello stimolo - organismo - risposta (Hill, 1988); Fear Drive Model (LaTour e Pitts, 1985); Third Person Effect (Duck, Terry e Hogg, 1995 Attività n": 1 Esercitazione 24 ESERCITAZIONE 24 (Valida come esercitazione da portare all'esame) • In questa lezione abbiamo parlato di una tipologia particolare di comunicazione pubblicitaria, ovvero quella che adotta i fear arousing appeals a scopi persuasivi. • Come si è visto la letteratura scientifica a riguardo è molto vasta ed è giunta conclusioni contraddittorie in merito al modo in cui la paura si leghi alla persuasione anche se vi è concordanza su alcune evidenze. • Vi propongo ora alcuni contributi filmati che ci servirà da spunto per riflettere su questa tipologia di appelli.

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Lezione n": 47 Titolo: I modelli teorici dei Fear Attività n": 1 Si tratta di alcune pubblicità italiane che potete trovare a questi indirizzi. {Pubblicità Progresso Donazioni di Sangue} http://www.youtube.com/watch?v=LbsbvEF4VXM {ANIA Incidenti Stradali «PENSA A GUIDARE»} http://www.youtube.com/watch?v=rMICgB2-g4s {Provincia di Treviso incidenti stradali} http://www.youtube.com/watch?v=jIJCwhjgzA8 Lezione n": 47 Titolo: I modelli teorici dei Fear Attività n": 1 E qui tratta di alcune pubblicità estere che potete trovare a questi indirizzi: Never ever drink and drive http://www.youtube.com/watch ?v= BYO 14Ags n D4 {DOE NO seatbelt NO excuse} http://www.youtube.com/watch ?v=2 GVj cps Ra rw {AXION Even can wait} http://www.youtube.com/watch?v=TvVFjGGMuYY&feature= LEZIONE 47 I MODELLI TEORICI DEI FEAR (186) Lezione n": 47/S1 Titolo: MODELLI FEAR Attività n": 1 Parallel Response Model (Leventhal, 1970 ripreso da LaTour e Pitts, 1989) • La premessa che sta alla base del parallel response model: due differenti "forze" (danger control e fear control) si attivano simultaneamente all'interno dell'individuo, nel momento in cui esso reagisce di fronte alla paura. • LaTour e Pitts (1989) spiegano che, una volta che l'individuo ha percepito la situazione di paura, il danger contrai attivi in lui il desiderio di far fronte alla minaccia che è stata presentata, la risposta alla paura porta quindi il soggetto a ricercare delle alternative alla situazione presentata. L'attivazione di tale risposta risulta essere massimamente efficace, nel momento in cui viene attivato un livello moderato di danger contraI. • In contrasto a questa forza, si oppone il fear contrai, che porta l'individuo ad eliminare lo stato di paura, di solito attraverso un rifiuto della stessa (es. "Non potrà mai accadere a me ... ''). FEARAPPEAL genera una situazione di paura Controllo del PERICOLO Controllo della PAURA © 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004 Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - [email protected] Corso di Laurea: SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE - GENERALE 2010 Insegnamento: PSICOLOGIA SOCIALE Lezione n": 47/S1 Titolo: MODELLI FEAR Attività n": 1 Modello stimolo - organismo - risposta (Hill, 1988) • Nell'ottica di questo modello, l'ansia è intesa come una spiacevole risposta dell'organismo ad un determinato stimolo. Hill individua due modalità di espressione dell'ansia: stato d'ansia e tratto d'ansia. La prima ha un carattere transitorio ed è legata ad una determinata situazione, come ad esempio la reazione ad un fear appeal. La seconda invece non è altro che una predisposizione ad essere ansiosi. • Hill (1988) descrive poi i tre fattori che generano stati d'ansia negli individui: • Overstimuletion, iperstimolazione: si verifica quando il limite di tolleranza degli individui viene superato. • Cognitive incongruif:y, incongruenza cognitiva: avviene quando lo schema mentale dell'individuo non coincide con la realtà rappresentata da uno stimolo. • Response Unavai/abi/if:y, impossibilità di dare una risposta: l'individuo, per una serie di motivi non è in grado di reagire. • Se una particolare situazione percepita come significante, ad esempio una pubblicità di prevenzione dell'AIDS, è in grado di generare questi tre fattori e di portare il destinatario in uno stato d'ansia l'individuo sarà spinto a cercare una soluzione per rimediare allo stato in cui si trova. La pubblicità risulterà quindi maggiormente efficace se oltre ad un fear appeal conterrà anche un efficace coping response. Lezione n": 47/S2 Titolo: MODELLI FEAR (2) Attività n": 1 Fear Drive model ( LaTour e Pitts , 1989) • All'interno di uno studio di LaTour e Pitts del 1989 viene esposto questo modello, la cui creazione risale ai primi anni '80. • Secondo il fear drive model esiste un processo tramite il quale il pericolo percepito porta a una risposta emozionale che suscita tensione, immediatamente seguita da una riduzione della paura a dal desiderio di seguire le prevenzioni consigliate all'interno della pubblicità. Secondo tale processo, dunque, il perseguimento di ciò che viene raccomandato come prevenzione, è sufficiente ad estinguere la paura ed i sentimenti di tensione. • LaTour e Pitts (1989), hanno giudicato questo modello difficile da verificare ed hanno quindi messo in

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luce l'insufficienza della sua validità. • Secondo gli autori, inoltre, il modello fear drive sembra non tenere conto delle differenze individuali, che portano ad una diversa reazione agli stimoli per ogni individuo, in determinate situazioni. LEZIONE 47 I MODELLI TEORICI DEI FEAR (188) Lezione n": 47/S3 Titolo: MODELLI FEAR (3) Attività n": 1 Third Person effect (Duck, Terry e Hogg, 1995) (1) • Secondo le teorie di tale modello, esposto all'interno di uno studio di Duck, Terry e Hogg del 1995, le persone sono solite affermare che le strategie di persuasione attuate dai media hanno un impatto più forte sugli altri, piuttosto che su se stessi. Tale meccanismo difensivo, affermano gli autori, si verificherebbe anche nei confronti di un fear appeal. Gli individui sopravalutano gli effetti dei media sugli altri, mentre sottovalutano quelli su se stessi. La sensazione di essere meno suscettibili di fronte ai messaggi derivanti dai media, permette all'individuo di aumentare la propria autostima e preservare il senso di seti-control. • Inoltre, continuano Duck et AI. (1995), l'ammissione dell'individuo di essere suscettibile dai messaggi mediatici risulta essere ancora più minacciosa per l'ego se i messaggi portano contenuti negativi (violenza, paura). Attività n": 1 Third Person effect (Duck, Terry e Hogg, 1995) (2) • Tuttavia, secondo il punto di vista di questi studiosi, l'individuo sarebbe portato ad attivare il third-person effect di fronte a messaggi negativi, mentre sarebbe portato ad ammettere e motivare l'influenza ricevuta da un messaggio con contenuti positivi o intelligenti (es. pubblicità a fini sociali). In generale si può affermare che quando si ritiene socialmente preferibile resistere alla persuasione, le persone percepiscono se stesse come molto più forti rispetto agli altri nella resistenza di fronte a un messaggio. AI contrario, quando è socialmente accettabile pensare di essere influenzati da un messaggio, le persone si ritengono maggiormente colpite da esso rispetto agli altri. Gli individui si paragonano agli altri nella misura in cui possono mettere se stessi sotto una buona luce, in modo da rinforzare e mantenere la propria autostima. Attività n": 1 Third Person effect (Duck, Terry e Hogg, 1995) (3) • In relazione alle pubblicità sociali di contenuto positivo, le percezioni degli effetti sugli individui, risultano essere più complesse in quanto i soggetti percepiscono se stessi più o meno vulnerabili in base a quanto ritengano l'impatto di questi messaggi desiderabile e rilevante, indesiderabile e irrilevante .. • Dali' esperimento condotto da Duck e colleghi (1995) in un college australiano sulla percezione delle self - other differences, è risultato che gli studenti erano molto più disposti ad ammettere l'impatto persuasivo delle pubblicità di prevenzione dell'AIDS, se esposti alla ricezione di messaggi contenenti la vere minacce fisiche della malattia, piuttosto che a minacce moderate. LEZIONE 48 LA RETORICA PUBBLICITARIA (189) INTRODUZIONE LEZIONE 48 In questa lezione 48 affronteremo il tema della retorica. In particolare: • il rapporto con la pubblicità; • le funzioni; • gli obiettivi della retorica; • la retorica aristotelica; • l'argomentazione attraverso i mezzi razionali ed emozionali. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Pubblicità e retorica Il linguaggio pubblicitario, come abbiamo visto, ha lo scopo di convincere un individuo a esercitare un corretto comportamento d'acquisto nei confronti del prodotto che è oggetto del messaggio stesso. Appare quindi chiaro l'intento persuasivo. La comunicazione pubblicitaria si lega alla retorica perché si avvale di processi persuasivi. La retorica • studio delle condizioni generali del discorso persuasivo; • tecnica generativa dei meccanismi argomentativi per la creazione di argomentazioni persuasive; • deposito di tecniche argomentative già provate e assimilate dal corpo sociale. È in questa terza accezione che considereremo il termine retorica, in quanto è proprio in questo senso che essa si esterna nel discorso pubblicitario. Le funzioni della retorica Duplice funzione del discorso retorico applicato alla pubblicità

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LA RETORICA PUBBLICITARIA • informare, dire qualcosa di nuovo e attrarre l'attenzione; • far leva su qualcosa che il destinatario già conosce. Si crea un divario tra l'informazione "nuova" e la ridondanza generata dalla ripetizione, che viene superato a livello dell'emissione pratica del messaggio. Le informazioni date dal messaggio sono nuove, ma solo all'interno di un'ideologia (dove per ideologia si intende il vissuto del destinatario', ovvero il suo sapere, le sue attese, i suoi atteggiamenti, le sue esperienze, i suoi principi morali, etc. ) già esistente. LEZIONE 48 LA RETORICA PUBBLICITARIA (190) L'obiettivo della retorica Il discorso pubblicitario riesce dunque convincente solo là dove gioca su sistemi di attese (opinioni, propensioni emotive, stereotipi) già assestati: in altri termini il discorso pubblicitario riesce a convincere il destinatario solo di ciò che esso conosce già. L'obiettivo della retorica è quindi quello di cercare di raggiungere contemporaneamente tre obiettivi: il 'docere', ovvero trasmettere informazioni, il 'movere', suscitare, cioè, una reazione emotiva, il 'delectare', cioè riuscire a tener vivo l'interesse dell'uditorio. Tre funzioni che attualmente coincidono con quelli che sono i presupposti di una pubblicità efficace: fornire informazioni, evocare un'emozione e catalizzare l'attenzione del pubblico. Discorso retorico e discorso pubblicitario Legami tra il discorso retorico e il discorso pubblicitario: Entrambi non fanno riferimento alla necessità logica (come il discorso scientifico) ma alla probabilità. Retorica: nasce da due fonti, dall'ambito oggettuale (questioni morali, politiche, filosofiche e religiose in cui si collocano gli 'endoxa' (le opinioni) aristotelici) e dagli strumenti argomentativi incapaci di produrre risultati necessari e universali. Il discorso pubblicitario Discorso pubblicitario: struttura le sue argomentazioni razionali in entimemi ed 'exempla' e si occupa di un ambito oggettuale (le scelte di acquisto) dove niente può essere reso logicamente necessario. Si rivolgono all'uomo nella sua interezza (cercano sia assenso razionale sia consenso emotivo). Hanno lo scopo di determinare nel destinatario una disposizione della volontà a compiere una certa azione. LEZIONE 48 LA RETORICA PUBBLICITARIA (191) La retorica aristotelica Excursus storico: Aristotele nella Retorica: il primo compito che si presenta all'oratore è l'inventio, cioè "la scoperta di quegli argomenti che, per la loro natura, sono più adatti a persuadere intorno a una certa materia". Questo è un momento cruciale anche per il pubblicitario, la comunicazione quotidiana, il politico, ecc. Secondo Aristotele e tutta la tradizione retorica, due sono le modalità che l'oratore utilizza per convincere il suo uditorio: • l'argomentazione attraverso i mezzi razionali; • l'argomentazione attraverso i mezzi emozionali. L'argomentazione attraverso i mezzi razionali (1) Informazione: il testo pubblicitario presenta al consumatore dati informativi riguardanti il prodotto e il suo uso, oppure anche la sua sola esistenza. Argomentazione deduttiva o entimema: (è il sillogismo che parte da premesse probabili); l'argomentazione deduttiva suggerita nei testi pubblicitari possiede questo carattere, in quanto si fonda su premesse che costituiscono l'opinione comune dei consumatori, e non è mai sviluppata nella sua interezza, ma si limita alla sola premessa minore, dando per scontato quella maggiore e lasciando al destinatario il compito di arrivare alla conclusione L'argomentazione attraverso i mezzi razionali (2) Argomentazione induttiva o exemplum: tutti i messaggi pubblicitari, che presentano il consumatore tipo del prodotto soddisfatto dell'uso di questo, fondano la loro argomentazione sull'exemplum. Argomentazione attraverso figure retoriche: in questo caso la struttura argomentativa è offerta da una figura retorica. LEZIONE 48 LA RETORICA PUBBLICITARIA (192) L'argomentazione attraverso i mezzi emozionali L'enfasi è posta sui seguenti aspetti: • il carattere del mittente della comunicazione,: presentato di volta in volta come simpatico, accattivante, ecc.; • al contesto rappresentato in modo allusivo e idealizzato in grado di raggiungere la persuasione nel destinatario attraverso l'evocazione di sensazioni piacevoli. ESERCITAZIONE 2S (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto come secondo Aristotele e tutta la tradizione retorica, due sono le modalità che l'oratore utilizza per

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convincere il suo uditorio: l'argomentazione attraverso i mezzi razionali e attraverso i mezzi emozionali. Vi propongo ora alcuni brevi contributo filmati che ci serviranno da spunto per riflettere su queste due modalità. Si tratta di pubblicità che potete trovare ai link nella pagina successiva. (Pubblicità Nuova FIAT BRAVO) http://www.youtube.com/watch ?v=blJ-EXkPKls&featu re=related (Charlize Theron : Dior J'Adore Perfume) http://www.youtube.com/watch?v=lx-DAUMiyzo&feature=fvst (Diesel - Only The Brave - Daniel-l) http://www.youtube.com/watch?v=TcHSEhOggMg (Spot nuova Eco Micra RDS) http://www.youtube.com/watch?v=bShOOHNN2mg&feature=related LE FIGURE RETORICHE (193) INTRODUZIONE LEZIONE 49 In questa lezione 49 affronteremo il tema delle figure retoriche: • figure morfologiche (approffondite in questa lezione); • figure sintattiche (affrontate nelle lezione successive) ; • figure semantiche (affrontate nelle lezione successive). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. La retorica pubblicitaria Problemi della comunicazione pubblicitaria in relazione alla retorica: • equilibrio tra razionalità e emotività; • perdita di referenzialità del linguaggio pubblicitario; Contesto pubblicitario: • influisce sulla struttura del messaggio, rapido e conciso, e tende ad assolutizzare l'elemento emotivo; • il disordine della comunicazione televisiva può provocare una perdita di efficacia del messaggio. Rime, assonanze, metonimie L'utilizzo di precise figure retoriche, codificate all'interno del sistema ideologico condiviso, è una pratica comune al linguaggio retorico e a quello pubblicitario. Si distinguono in: • figure morfologiche; • figure sintattiche; • figure semantiche. Figure morfologiche (1) Strumenti retorici espressivi e poetici in grado di produrre coerenza e gradevolezza fonica. Rima: identità di suono delle ultime sillabe (dopo l'accento tonico) di due o più parole collocate alla fine dei versi. HEAD BODY PRODOTTO Chi dorme sano va Scegli sempre Prodotto per la casa lontano materassi Pirelli 100% lattice. Scegli sempre materassi i'A",LLI@ 100% lattice. Oggi ti offrono anche eccezionali sconti e bellissimi premi. ow It~j Wtl/J molu; J/I P'~ pe-r steg.~t""t un marerassc ~~letmI4Itke.unoç{m~~16t1E!JIOPfI' WS!c~(·),mepWM7i"lr!ff!IO.1.40Euroe~w3fidi >;J16,ct.1: pret'IO da Vltaft $LOIta: 10 r.;r.tast~ \'.t.:afIZt a CliJa tk 9 gom' 'al /rrJ.S1'e." rs roe, 100 ~!tpI ();'fI'll.G GJire:JI~ J.l.'fe9apIl9 e ".000 "ziJlflettH!uie( GOL fO po/ral, 5f)(lrltMto, rtpl)SJI? S'J 00 lfI~ternsc sruCt. r!SICI/(I~jlrnd55i~((),.,forloo.,leSl!t7ronedlpc d/f1~'"t"Zhlra;perusosregM'deiJleaCi.scurrapa corpo e le propflffd i~,'enif.he r iHla/i~p/(he eH la!!icedjgtlmma,certifiCiled.Jll1stltutoP~euTdI •. ~ V~Io'e jrGlca!JwQ del momtOrt'ml. 121.910 f~~ c;:;o~=~~ Dormire Sano. !'/"""""'_'D-__" ,,,..,._.,tJJ '-;.~_~.'w ,.,/WI."'"' ..... ,p..",,,_ s.. .... ~fa ,..,5:...,.",~<~.,.=':O':1 __ -'l~\oOofr..cvQ')IIIC~·I"l~ Figure morfologiche (2) Consonanza: è l'accordo delle sillabe finali, giocato sull'identità delle consonanti (ponte - vento). HEAD BODY PRODOTTO Angstrom prendi solo il Angstrom gialli come il Cosmetici buono del sole sole neri come l'a bbronzatura LEZIONE 49 LE FIGURE RETORICHE (195) PRENDI SOLO IL BUONO DEL SOLE Figure morfologiche (3) Assonanza: è una forma di rima imperfetta presente quando le parole terminali di due o più versi contengono le medesime vocali (emozioni - sapori). HEAD BODY PRODOTTO Pelle secca? Avena idratante corpo è Cosmetici Dissetala con una formula esclusiva l'essenza dell'avena. con Avena Colloidale. Pelle Secca? Dissetala con l'essenza dell'avena. Figure morfologiche (4) Allitterazione: ripetizione di una o più consonanti in uno stesso enunciato (Amaro Lucano. Voglio il meglio). Figure morfologiche (5) Apocope: caduta di una vocale o di una sillaba alla fine di una parola (san, da santo). HEAD BODY PRODOTTO Col sapor di Nesquik Plus, vitamine! Nesquik cioccolato, rende il latte prelibato!

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LEZIONE SO LE FIGURE MORFOLOGICHE (197) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE SO In questa lezione 50 approfondiremo il tema delle figure retoriche: • figure morfologiche (approffondite nella lezione precedente); • figure sintattiche (affrontate in questa lezione); • figure semantiche (affrontate in questa lezione). Figure morfologiche (6) Sincope: soppressione di una o più lettere all'interno di una frase (core, da cuore). HEAD BODY PRODOTTO Anto' fa caldo! Limone e pesca bevanda Figure sintattiche (1) Ripetizione: figura retorica di amplificazione che è usata in campo pubblicitario quando si vuole insistere su un concetto o su una parola allo scopo di richiamare l'attenzione (Motorola. Dicono che l'uomo non può volare. Dicono che volare è solo per chi ha le ali) HEAD BODY PRODOTTO Vero legno, vero porte amore. Figure sintattiche (2) Enumerazione: consiste nella presentazione puntuale, per l'appunto nell'esposizione, di tutti gli elementi validi ai fini della comprensione di un concetto (Lecologico. Si beve la polvere, purifica l'aria e ... rimborsa il tuo usato) HEAD BODY PRODOTTO Lecologico si beve la Ideale contro le Aspirapolvere polvere, purifica l'aria allergie e ... rimborsa il tuo Aspira polvere e usato liquidi Niente più Figure semantiche (1) Sono le figure più usate in campo pubblicitario e hanno un ampio impiego soprattutto dal punto di vista visivo. Definizione: figura retorica particolarmente chiarificante, che presenta il senso del messaggio (Rosa del deserto. Oasi di bontà) HEAD BODY PRODOTTO Rosa del deserto. Oasi Il biscotto con i Biscotti di bontà cornflakes. La novità per la colazione ... LEZIONE 51 LE FIGURE SEMANTICHE (201) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 51 In questa lezione 5a approfondiremo il tema delle figure retoriche: • figure morfologiche (approffondite nella lezione precedente); • figure sintattiche (approffondite nella lezione precedente); • figure semantiche (affrontate in questa lezione). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Figure semantiche (2) Paralogismo: molto usata in ambito visivo pubblicitario, permette di arrivare a conclusioni partendo da un ragionamento falso che vuole apparire vero (Dopo 30 anni passati a pulire piatti, ora Svelto ha deciso di sporcarli) HEAD BODY PRODOTTO Dopo 30 anni passati a Per il 30° anniversario Detersivo pulire i piatti, ora Svelto dona 50.000 Svelto ha deciso di pasti caldi. .. sporcarli Figure semantiche (3) Metonimia e sineddoche: entrambe fondate sulla volontà di sostituzione mediante artifici per cui un'idea o un oggetto sono evidenziati o sostituiti o sostituiscono altri elementi: con la metonimia si stabiliscono rapporti di contiguità, con la sineddoche rapporti di quantità, in riferimento all'oggetto sostituito (Voglia di Lana) HEAD BODY PRODOTTO Voglia di lana Lana Figure semantiche (4) Metafora: figura espressiva consistente nell'utilizzo di un segno con il suo significato proprio (denotativo) per indicare simbolicamente, in un altro contesto, un significato simile (II ritratto della salute) HEAD BODY PRODOTTO Il ritratto della salute Cosa sai di una sana Supermercato alimentazione Figure semantiche (5) Catacresi: quando si deve indicare un oggetto o un concetto per i quali la lingua è priva del termine appropriato, si impiega un neologismo oppure un vocabolo già in uso che abbia un significato ampio e figurato (Ti senti spento? Forza attiva ti riaccende) HEAD BODY PRODOTTO Ti senti spento? Il tonico di nuova Integratori Forzattiva ti riaccende generazione per essere sempre al 100% ... Figure semantiche (5) Ossimoro: figura retorica di grande effetto, consistente nell'accostamento di termini che esprimono concetti assolutamente antitetici (Cointreau. Sole di mezzanotte) HEAD BODY PRODOTTO Cointreau. Sole di The spirit of orange Alcolici mezzanotte inside. Figure semantiche (5) Similitudine: paragone istituito tra immagini, cose, persone e situazioni, attraverso la mediazione di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali HEAD

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BODY PRODOTTO Dolce come un Alpenliebe, un Caramelle abbraccio dolcissimo abbraccio di latte LEZIONE 52 LE FIGURE SEMANTICHE - 2 (205) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE 52 In questa lezione 52 approfondiremo il tema delle figure retoriche: • figure morfologiche (approffondite nella lezione precedente); • figure sintattiche (approffondite nella lezione precedente); • figure semantiche (affrontate in questa lezione). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Luogo comune: viene frequentemente usato per sottolineare ciò che il consumatore si attende (La casa del caffé). HEAD BODY PRODOTTO La casa del caffè Caffè LEZIONE 52 LE FIGURE SEMANTICHE - 2 (206) Figure semantiche (7) Epifonema: simile al luogo comune, si muove sull'utilizzo di concetti universalmente conosciuti, dando però a essi valore sentenzioso, esclamativo, spettacolare (Come fatta in casa) Figure semantiche (8) Iperbole: consiste in una esagerazione paradossale del concetto centrale del discorso (Deauville. Due posti vicino al finestrino) HEAD BODY PRODOTTO Due posti vicino al Moto finestrino Figure semantiche (9) Preterizione: figura retorica in cui è prevista l'omissione più o meno pronunciata dall'argomento, si verifica ogni volta in cui si riveli l'intenzione di andare oltre l'informazione centrale (Le galline in gabbia mi fanno rabbia) HEAD BODY PRODOTTO Le galline in gabbia mi Uovo libero Prodotti alimentari fanno rabbia Figure semantiche (10) Antonomasia: figura retorica con cui è possibile sostituire l'oggetto del discorso con un segno che costituisca modello (E oggi di che Lumberjack sai?) HEAD BODY PRODOTTO E oggi, di che Scarpe Lumberjack sei?LEZIONE S3 LE FIGURE SEMANTICHE - 3 (209) INTRODUZIONE GENERALE LEZIONE S3 In questa lezione 53 approfondiremo il tema delle figure retoriche: • figure morfologiche (approffondite nella lezione precedente); • figure sintattiche (approffondite nella lezione precedente); • figure semantiche (affrontate in questa lezione). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Figure semantiche (11) Litote: altra figura di omissione in cui il concetto centrale del messaggio è espresso indirettamente attraverso una negazione (Nuona PT Cruiser 2.2 CRD common rail. Non l'ha disegnata il vento) HEAD BODY PRODOTTO Nuova PT Cruiser 2.2 CRD Automobili common rail. Non l'ha disegnata il vento Figure semantiche (12) Antifrasi: figura espressiva simile all'eufemismo, rivela una punta di ironia nell'affermazione centrale che si presenta con significato contrario (Una crociera in un posto così non può esistere) HEAD BODY PRODOTTO Una crociera in un Viaggi posto così non può esistere Figure semantiche (13) Ironia: consiste in un gioco provocatorio, in cui il pensiero che si vuole comunicare viene sostituito da un pensiero di senso contrario (Voglia di vacanza?) HEAD BODY PRODOTTO Voglia di vacanza? Prima prenoti, più Viaggi vantaggi hai. Puoi risparmiare fino a ... LEZIONE 53 LE FIGURE SEMANTICHE - 3 (211) Figure semantiche (14) Personificazione: consiste nel dare corpo a concetti o oggetti, animandoli (Mastro Lindo) HEAD BODY PRODOTTO Geox, la scarpa che scarpe respira Figure semantiche (15) Sinestesia: gioco di parole che permette di associare sensazioni appartenenti a campi sensoriali diversi (La dolce vista) HEAD BODY PRODOTTO La dolce vista Mangia sano e vivi Prodotti dolciari meglio • ESERCITAZIONE 26 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto come sia nel linguaggio retorico sia in quello pubblicitario, vengono utilizzate precise figure retoriche. In particolar modo sono state distinte in: figure morfologiche, figure sintattiche e figure semantiche.

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Vi propongo ora alcuni immagini estrapolate da periodici, provate a individuare il tipo di figura retorica rappresentatata. Nelle slide successive a ogni figura, troverete la soluzione corrispondente. ESERCIZIO 1 RISPOSTA Rima Identità di suono delle ultime sillabe di due o più parole collocate alla fine dei versi Identità di suono della sillaba SI' nelle parole dimmidisì e così I .. ~ I I I I ..... • ...1. •.• : ...... , I:.-e_·te.·~ .. '<l'h:" .......... L ..... oIUA'-:"-oCI noi .... r· .. ..iL..N,.. y...;c._.':...:. "'I:ttl. ~l ...... Llu' .. if •• LEZIONE S4 LA PERSUASIONE PUBBLICITARIA (213) INTRODUZIONE LEZIONE S4 In questa lezione S4 affronteremo il tema della persuasione pubblicitaria. In particolare: • definizione di pubblicità; • la seduzione della merce (Baudrillard); • la smaterializzazione del prodotto; • la strada per persuadere (introduzione). Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame ESERCITAZIONE 27 RISPOSTA Similitudine E' un paragone esplicito tra due elementi che hanno qualcosa in comune paragone tra il pane e i cracker. CROCCANTI COME LA C'ROSTA DEL PANE.. Allitterazione Ripetizione di una o più consonanti in uno stesso enunciato: ripetizione della S e della T ESERCITAZIONE 29 RISPOSTA Domanda retorica Consiste nel porre una domanda che presuppone già una risposta: la domanda ti piace vincere facile presuppone una risposta positiva ESERCITAZIONE 30 RISPOSTA Ripetizione Si usa per insistere su un concetto o su una parola allo scopo di richiamare l'attenzione ripetizione della parola "più" ESERCITAZIONE 31 RISPOSTA Climax Parole accostate in ordina di intensità crescente: il crescente è dato dalla descrizione delle possibilità che offre il prodotto finanziario: chiama - prendi - parti Domanda retorica: consiste nel porre una domande che presuppone già una risposta Definizione di pubblicità /ILa pubblicità è un'attività di comunicazione di massa con carattere persuasorio, oneroso: la fonte, ovvero l'utente dell'attività in esame è identificabile, le finalità perseguite sono di carattere commerciale" (Brioschi, 1984). La pubblicità si rivolge al singolo ricevente solo in quanto questi risulta accomunato da un insieme di caratteri che ne fanno il consumatore potenziale di un determinato prodotto. La seduzione della merce Argomentazione pubblicitaria = argomentazione persuasoria sia per l'ambiguità del suo linguaggio simbolico, sia in quanto tende a produrre non solo un cambiamento di atteggiamento, ma anche un'azione concreta d'acquisto. Rapporto di complicità tra consumatore - corteggiato e pubblicitario - corteggiatore (Baudrillard, 1979). Questa ricerca della 'seduzione' da parte della merce - prodotto, nella competizione con le altre porta a: • spettacolarizzazione immagine pubblicitaria; • gratificazione dei sogni del consumatore; • impoverimento contenuto referenziale; La smaterializzazione del prodotto E ha come conseguenza: smaterializzazione del prodotto in quanto il prodotto a cui la pubblicità si riferisce non è inteso come semplice e reale oggetto, con le sue caratteristiche 'oggettive', ma è tutto ciò che il pubblicitario ha creato intorno al prodotto stesso: il suo valore aggiunto (emotivo, simbolico, sociale) e le gratificazioni e promesse di cui si fa portatore. LEZIONE 54 LA PERSUASIONE PUBBLICITARIA (216) La strada per persuadere L'obiettivo della pubblicità è quindi quello di motivare il comportamento del consumatore al fine di vendere un prodotto, un servizio, un'idea. Affinché un messaggio pubblicitario sia efficace deve: • far conoscere il prodotto (il consumatore acquista consapevolezza dalla non consapevolezza del prodotto); • far capire le potenzialità del prodotto (cosa esso può fare per lui); • convincere (il consumatore è disposto psicologicamente all'acquisto); • spingere all'azione (il consumatore acquista il prodotto). Il comportamentismo Il comportamentismo, o behaviorismo, individua quale unico oggetto possibile di una psicologia scientifica il comportamento manifesto, cioè l'insieme delle reazioni dell'organismo animale o umano, osservabile dall'esterno dello stesso e verificabile intersoggettivamente; la coscienza è una questione privata che riguarda il singolo individuo e non l'osservazione scientifica

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(Watson 1913). Scopo della psicologia comportamentista è quindi quello di prevedere una risposta dato uno stimolo, ovvero scoprire le leggi che determinano il comportamento. Il paradigma stimolo - risposta (1) Il processo di apprendimento si basa proprio sul paradigma stimolorisposta, secondo il quale il soggetto riceve uno stimolo dall'ambiente, che spesso coincide con un bisogno fisiologico a cui egli fa seguire una reazione. Le risposte dell'individuo migliorano progressivamente tramite una sequenza di prove ed errori, fino a che un tipo di risposta si dimostri valida a soddisfare sistematicamente un bisogno. Le volte successive in cui l'individuo sia nuovamente motivato da un analogo bisogno, tenderà a replicare quello stesso comportamento che è stato coronato da successo. LEZIONE 55 LE TEORIE PERSUASIVE (217) INTRODUZIONE LEZIONE 55 In questa lezione 55 affronteremo il tema delle teorie persuasive. In particolare: • comportamentismo; • modello AIDA; • i persuasori occulti (Packard); • modello think-feel-do; • la teoria di McGuire; • percorso centrale e periferico della persuasione. Il paradigma stimolo - risposta (2) La risposta a una certa situazione viene cioè rafforzata ogni volta in cui ne consegue una riduzione del bisogno. Trasportando sul piano pubblicitario la teoria comportamentistica. Spot (stimolo) deve indurre il consumatore all'acquisto (risposta) creando forti associazioni tra il soddisfacimento del bisogno del soggetto e l'acquisto del prodotto reclamizzato. I soggetti sono ritenuti passivi. Il modello A.I.D.A. Elaborato da Hepner, 1947, è costruito sull'acronimo di 'Attenzione', 'Interesse', 'Desiderio', 'Acquisto'. Perché la comunicazione pubblicitaria sia efficace deve: attrarre l'attenzione del potenziale consumatore; suscitare l'interesse del potenziale consumatore; attivare il desiderio di possedere il prodotto nel potenziale consumatore; condurre all'acquisto il potenziale consumatore. I persuasori occulti (1) Elaborato da Packard, 1957.8 bisogni segreti influiscono sugli atteggiamenti e sulle decisioni dei consumatori: • sicurezza emotiva; • stima e considerazione; • esigenze dell'Ego; • impulsi creativi; • speculazione sull'affetto; • senso di potenza; • legami familiari; • bisogno di immortalità. I persuasori occulti (2) Packard, con la sua esemplificazione, ha mostrato come bisogni, nostalgie, desideri, aspirazioni dell'inconscio possono servire ai pubblicitari per potenziare la forza di attrazione dei prodotti, promettendo al pubblico di soddisfarli mediante l'uso dell'oggetto. La pubblicità deve quindi comunicare per allusione: se presenta solo fatti e informazioni compromette una comunicazione efficace con il destinatario. Le argomentazioni razionali non devono per questo essere bandite in pubblicità: c'è bisogno di rassicurazione circa le caratteristiche reali dei prodotti usati, per poter così motivare con argomentazioni razionali i criteri di scelta cui non si saprebbe dare nessuna giustificazione logica. Il cognitivismo (1) Reagendo contro il comportamentismo, che, come abbiamo visto, sottolineava l'importanza di connessioni semplici e dirette tra stimoli e risposte, si sviluppa negli anni '60 uno dei più importanti movimenti della psicologia sperimentale contemporanea: il cognitivismo. Neisser (1967), uno dei fondatori della psicologia cognitiva: "i processi cognitivi esistono. Pertanto la ragione fondamentale per studiarli" Il cognitivismo (2) Obiettivo: scoprire in che modo gli esseri umani elaborino gli eventi esterni interpretandoli e costruendone una rappresentazione interna, scoprire i modi in cui le nostre percezioni vengono elaborate fino a produrre giudizi, decisioni o soluzioni di problemi. Per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria questo approccio: considera il consumatore come un individuo orientato a un obiettivo, che tenta di soddisfare i propri bisogni attraverso la ricerca di informazioni sul prodotto e l'acquisto finali del prodotto migliore a disposizione. Il consumatore è visto come un essere più razionale e complesso di quanto avvenisse nella prospettiva comportamentistica: i cognitivisti focalizzano la propria attenzione sulle variabili che intervengono nella mente del consumatore. Think, Feel, Do Elaborato da Lavidge, Steiner, 1961. È un modello gerarchico basato su 7 fasi attraverso cui la

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pubblicità influenza gli individui: • situazione iniziale: non consapevolezza riguardo al prodotto; • consapevolezza della sua esistenza; • conoscenza delle qualità del prodotto; • atteggiamento favorevole nei confronti del prodotto; • preferenza verso il prodotto; • desiderio di acquistare il prodotto; • situazione finale: acquisto del prodotto. Apprendimento dell'elaborazione di informazione Elaborato da McGuire, 1968. La prima esplicita interpretazione della persuasione in termini di processo cognitivo di elaborazione delle informazioni. La pubblicità ha un impatto sul ricevente solo se si verificano tutte le seguenti fasi: • presentazione del messaggio; • attenzione al messaggio; • comprensione del messaggio; • accettazione dell'opinione presentata dal messaggio; • memorizzazione dell'opinione; • azione dell'individuo sulla base della nuova opinione. La comunicazione persuasiva esercita un impatto sul ricevente solo se si verificano tutte le sei fasi. LEZIONE 55 LE TEORIE PERSUASIVE (220) Il percorso centrale e periferico ELM - Elaboration Likelihood Model (Petty, Cacioppo, 1981, 1983). Filone delle ricerche contemporanee sulla persuasione in ambito psicologico. Individua due percorsi differenziati nel processo che porta i soggetti a cambiare le proprie attitudini: • percorso centrale; • percorso periferico. Il percorso centrale Riflessione attenta sulle argomentazioni e sulle informazioni contenute nel messaggio persuasivo. Elaborazione cognitiva approfondita e critica. Comprensione, apprendimento. Il percorso periferico Riguarda un processo di mutamento basato su elementi extra-cognitivi non direttamente pertinenti al tema, cioè i segnali periferici. Agisce sul livello di motivazione. Si basa su elementi extra cognitivi come: attrattiva della fonte, semplicità, piacevolezza del messaggio. LEZIONE 56 PERCORSO CENTRALE E PERIFERICO (221) INTRODUZIONE LEZIONE 56 In questa lezione 56 approfondiremo la teoria del: percorso centrale e periferico della persuasione. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Le variabili Importanza data a fattori cognitivi e fattori motivazionali. Fattori personali, competenza della fonte, attrattiva del messaggio, presenza di una molteplicità di comunicatori piuttosto che uno solo. I Le persone hanno l'abilità e la motivazione per prestare attenzione? I I I I SI NO I I PERCORSO CENTRALE: la persuasione PERCORSO PERIFERICO: la persuasione ha luogo se gli argomenti ha luogo se i segnali di sfondo sono convincenti sono convincenti I I RISULTATO:si produce un effetto RISULTATO: si produce un effetto persuasivo stabile persuasivo temporaneo e e durevole soggetto a mutamenti Le conseguenze nel tempo Percorso centrale: produce mutamenti più consistenti e durevoli perché fondati sull'integrazione del messaggio negli schemi mentali del soggetto. Percorso periferico: produce mutamenti più labili perché maggiormente legati a fattori extra - cognitivi. Unimodel Per esigenze di completezza, si è ritenuto opportuno aggiungere anche questo modello. Kruglansky e Thompson (1999) propongono una riconcettualizzazione deIl'ELM: la persuasione avviene attraverso un unico percorso. Si basa sulla Lay Epistemic Theory: la persuasione è connessa al processo di formazione del giudizio, durante il quale le convinzioni vengono costituite in relazione a un'appropriata evidenza. Motivazione e capacità cognitive Motivazione: influenza i processi persuasivi per mezzo di fattori come l'autostima, le impressioni legate al benessere psicofisico ed economico. Capacità cognitive: • capability (aspetto software); • capacity (aspetto hardware). LEZIONE 56 PERCORSO CENTRALE E PERIFERICO (223) Due ipotesi sul funzionamento dell'unimodel Appreciation Hypothesis l'abilità di un soggetto nell'apprezzare la rilevanza di un'informazione nella formulazione di un giudizio è positivamente collegata all'accordo con cui la sua motivazione e le sue capacità cognitive fanno fronte al compito inerente la questione. Override Hypothesis le informazioni più rilevanti dal punto di vista soggettivo possono soverchiare gli effetti di informazioni soggettivamente meno rilevanti. Vantaggi dell'unimodel Costituisce un

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ponte tra gli studi che enfatizzavano i processi di natura sillogistica e le analisi contemporanee sulla persuasione Consente nuove opportunità dal punto di vista concettuale, perché si tratta di un sistema che tende alla "parsimonia" e all'integrazione. Può dare un valido apporto agli studi di psicologia sociale e nelle analisi sulla pubblicità. Unimodel e modelli dualistici: uguaglianze e differenze Punti in comune: • la motivazione e le capacità cognitive possono influenzare la persuasione; • esiste una variazione quantitativa nell'estensione delle variabili di persuasione. Differenze: gamma più vasta di motivazioni che possono influire sulla persuasione; viene attuata una distinzione tra aspetti hardware e software dell'abilità cognitiva; i segnali periferici e quelli centrali funzionano allo stesso modo. LEZIONE 56 PERCORSO CENTRALE E PERIFERICO (224) Le posizioni degli studiosi A favore dell'Unimodel (Herb, Kerchof, Strack, 2000): • critica nei confronti della caratterizzazione dicotomica dei modelli dualistici; • l'Unimodel è un'efficace prospettiva in grado di superare ELM. Contro l'Unimodel (Petty, Wheeler, Bizer, 2000): alla base dell'Unimodel c'è una scarsa comprensione deIl'ELM; viene ignorata la dimensione quantitativa presente anche in questo modello. ESERCITAZIONE 33 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto varie teorie che si sono occupate di studiare i meccanismi per cui la pubblicità riesce a mettere in atto una comunicazione di tipo persuasivo: alcune di queste sono nate originariamente come teorie psicologiche e applicate in seguito alla pubblicità, altre invece nate specificamente in ambito pubblicitario. Vi propongo ora alcuni brevi contributo filmati che ci serviranno da spunto per riflettere sulle teorie esposte. Si tratta di pubblicità italiane che potete trovare a questi indirizzi: (Spot Enel 2010 con Federica Pellegrini) http://www.youtube.com/watch?v=Q-tpSthLDdE (Spot Air Action Vigorsol 2008 - Cippi tra i pinguini) http://www.youtube.com/watch ?v=M DVgltJd8tE (Spot Wind 2008 : Aldo,Giovanni e Giacomo -I Condor) http://www.youtube.com/watch?v=EdfRjUtY 6k (Barilla Mulino Bianco Il mulino che vorrei) http://www.youtube.com/watch?v=ciDmU1nZV6E (Garnier - Fructis Hydra-Liss) http://www.youtube.com/watch?v=XyNh5vXJQEU LEZIONE 57 LA PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE (225) INTRODUZIONE LEZIONE 57 In questa lezione 57 affronteremo il tema della pubblicità non commerciale. In particolar modo: la definizione della pubblicità non commerciale; la nascita della pubblicità non commerciale; le tipologie: pubblicità sociale, advocacy Advertising e propaganda o pubblicità politica. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Il caso della pubblicità sociale Una pubblicità al servizio del cittadino. Definizione di pubblicità non commerciale. La pubblicità non commerciale si avvale di mezzi e modalità persuasive uguali a quelle della pubblicità commerciale, ma le sue finalità sono diverse. Lo scopo non è quello di vendere un prodotto, ma promuovere un'idea, un comportamento civico, o segnalare servizi ai cittadini. La nascita della pubblicità non commerciale Anni Settanta: la pubblicità è associata al consumismo e a bisogni superflui. Esigenza di reagire creando una nuova identità: la pubblicità ridimensiona i suoi connotati economici, per assumere contenuti sociali. 1970 nasce Pubblicità Progresso: • assenza di qualsiasi fine di lucro. • importanza data all'interesse collettivo. LEZIONE 57 LA PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE (226) La definizione della pubblicità non commerciale LA PUBBLICITA' NON COMMERCIALE La pubblicità non commerciale viene spesso definita attraverso l'uso di negazioni in grado di sottolineare ciò che la pubblicità esclude: • "comunicazione persuasoria non avente finalità commerciali" • "pubblicità non a scopo di profitto (no profit)" • "non ha per oggetto un prodotto commerciale" Viene anche definita comunicazione di pubblica utilità o comunicazione pubblica Le costanti Pur nella difficoltà e nell'enorme varietà di proposte di classificazione del fenomeno 'pubblicità non

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commerciale', due sono le costanti che emergono con chiarezza: • da una parte l'assenza di qualsiasi finalità di lucro • dall'altra l'importanza data all'interesse collettivo, che varia a secondo del genere cui si fa riferimento. La pubblicità sociale (1) Esistono diverse definizioni. L'utilizzo dell'aggettivo 'sociale', allude alle specifiche finalità che essa si propone di perseguire, cioè: • educare e formare nell'opinione pubblica una nuova e duratura sensibilità verso tutte le problematiche sociali e consolidare la consapevolezza di una utilità collettiva nella pratica di alcuni valori che risultano sempre più a rischio; • informare, far conoscere, sensibilizzare, instaurare un atteggiamento favorevole e quindi convincere l'opinione pubblica ad adottare i suggerimenti cui esso fa riferimento, cioè quelli che riguardano problematiche di interesse generale. LEZIONE 57 LA PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE (227) La pubblicità sociale (2) Promossa da: • La pubblica amministrazione (Stato, Regioni, Province, Comuni, altri enti) • Le organizzazioni non profit (Associazioni, fondazioni, cooperative sociali, comitati, Ong, Onlus, Pubblicità Progresso) • Le grandi istituzioni (Organizzazioni imprenditoriali, sindacati, chiese) • Le aziende pubbliche e private (In quanto soggetti portatori di responsabilità sociale) AI fine di: • sensibilizzare la società verso argomenti e problemi di interesse universale. Rivolta a: • tutta la società civile. Advocacy Advertising (1) Accezione più positiva rispetto alla pubblicità commerciale vera e propria, in quanto anche l'advocacy richiama il concetto di utilità sociale e non quello di vendita di un prodotto. Si distingue dalla pubblicità sociale poiché non promuove idee condivisibili dall'intera collettività, bensì posizioni quantomeno opinabili, di parte, proposte solamente da un gruppo, un'organizzazione o uno schieramento ideologico. Obiettivo: promuovere il consenso intorno a tematiche su cui esiste una manifesta o latente divergenza di opinioni. Advocacy Advertising (2) Promossa da: • associazioni, gruppi di imprese o consumatori, organizzazioni e leghe. AI fine di: • promuovere il consenso intorno a specifiche problematiche controverse. Rivolta a: • l'opinione pubblica. La propaganda o pubblicità politica (1) Obiettivo: promozione di un candidato, di un partito o di un programma specifico, e, proprio attraverso la promozione di un simbolo elettorale o di un candidato, si richiamano poi una molteplicità di argomenti che presumibilmente dovrebbero rientrare nella sfera dell'interesse generale. Rapporto con la pubblicità sociale: si distingue in quanto ha scopi diversi: mentre la prima ha infatti come priorità promuovere l'interesse di chi riceve la comunicazione, la seconda non ha nessun interesse nel beneficiare il destinatario di qualche cosa, ma, al contrario, cerca di attivare l'approvazione e la legittimazione intorno a certe questioni La propaganda o pubblicità politica (1) Rapporto con advocacy: entrambe presentano come caratteristica comune quella di essere comunicazioni di parte, con la differenza di ricercare, la prima, approvazione intorno a certe tematiche non da tutti condivisibili, e di suscitare in più, la seconda, il consenso e la legittimazione intorno a uomini e programmi, legati però a un contesto ideologico complessivo. Promossa da: • partiti politici o gruppi ideologici. AI fine di: • suscitare il consenso e la legittimazione per uomini e programmi. Rivolta a: • cittadini - elettori. ESERCITAZIONE 34 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto le tipologie di pubblicità non commerciale (sociale, advocacy e propaganda politica). Vi propongo ora tre affissioni sulle tre tipologie, in modo che possiate applicare anche a livello pratico quanto appena appreso. La soluzione è nell'ultima slide. LEZIONE 58 LA PUBBLICITÀ SOCIALE (229) INTRODUZIONE LEZIONE 58 In questa lezione 58 approfondiremo il tema della pubblicità sociale, le dinamiche di relazione tra comunicatore e destinatario: • appelli al pubblico; • comunicazione di sensibilizzazione; • comunicazione di educazione. Affronteremo il tema di Pubblicità Progresso: la Fondazione; i patrocini. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide

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come approfondimenti da portare all'esame. Usare la testa, si deve:'Evitare l,a croc~"si può. -_. -.. Soluzione Pubblicità1- Pubblicità sociale Pubblicità 2 - Advocacy Pubblicità 3 - Propaganda politica Promossa da: Promossa da: Promossa da: pubbliche associazioni, gruppi di partiti politici o gruppi amministrazioni, imprese o consumatori, ideologici organizzazioni no organizzazioni leghe profit, grandi istituzioni, aziende pubbliche e private AI fine di: AI fine di: AI fine di: sensibilizzare la promuovere il consenso suscitare il consenso e società verso intorno a specifiche la legittimazione per argomenti e problemi problematiche uomini e programmi di interesse universale controverse Rivolta a: Rivolta a: Rivolta a: tutta la società civile l'opinione pubblica cittadini - elettori La pubblicità sociale Per pubblicità sociale si intende ogni pubblicità volta a promuovere finalità non lucrative, e avente per oggetto tematiche di interesse sociale ampiamente condivise. Differisce dal termine "comunicazione sociale" poiché si riferisce alla sola pubblicità, mentre la comunicazione include altri strumenti quali, ad esempio, le relazioni pubbliche, il direct marketing, gli eventi, ecc. La pubblicità sociale classificata in base alle dinamiche di relazione tra comunicatore e destinatario: • appelli al pubblico; • comunicazione di sensibilizzazione; • comunicazione di educazione. Appelli al pubblico I messaggi che sollecitano direttamente o indirettamente, il volontario apporto di contribuzioni in denaro, beni, o in prestazioni di qualsiasi natura, nell'ambito di iniziative finalizzate a sensibilizzare il destinatario al raggiungimento di obiettivi di interesse generale e sociale. Un soggetto mette in atto una comunicazione per ottenere direttamente dei contributi dal destinatario: tali contributi sono destinati al sostegno di terzi. Comunicazione di sensibilizzazione La comunicazione di sensibilizzazione è diretta a sensibilizzare il destinatario su tematiche di solidarietà e difesa dei più deboli. Il messaggio intende stimolare o rinforzare un comportamento positivo, o modificarne uno negativo, nei confronti di persone, di animali o di un bene riconosciuto come valore comune. Un soggetto stimola un comportamento che è direttamente rivolto a terzi. Comunicazione di educazione La comunicazione di educazione è diretta a educare il destinatario intorno a comportamenti scorretti che costituiscono un danno per sé o per la collettività. Essa quindi promuove messaggi diretti al singolo, con l'intento di modificare o di "correggere" i comportamenti dannosi messi in atto dalle persone, o di suggerire comportamenti positivi. Il comunicatore agisce direttamente sul destinatario, l'azione stimolata dalla comunicazione è rivolta verso se stessi ovvero il beneficiario e il destinatario coincidono. LEZIONE 58 LA PUBBLICITÀ SOCIALE (232) Pubblicità progresso: la Fondazione (1) Dal 2005 Pubblicità Progresso è diventata una Fondazione, si è reso quindi necessario aggiornare anche questa parte. La Fondazione Pubblicità Progresso è un organismo istituzionale senza fini di lucro. Il suo scopo è di contribuire alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi della comunità, ponendo la comunicazione al servizio della collettività. Come Centro Permanente della Comunicazione Sociale, la Fondazione: • dà vita a campagne di comunicazione di pubblico interesse, stimolando la coscienza civile ad agire per il bene comune; • facilita il confronto sui temi della comunicazione sociale, mettendo a disposizione una biblioteca multimediale con campagne sociali da tutto il mondo; Pubblicità progresso: la Fondazione (2) • promuove la cultura della comunicazione sociale, organizzando eventi nazionali e internazionali, momenti formativi anche in collaborazione con altre Fondazioni, Enti Pubblici e Locali, Università; • affianca le Organizzazioni Non Profit offrendo il proprio patrocinio alla loro comunicazione; • si mette a disposizione degli Enti Pubblici per collaborare nella realizzazione delle campagne sociali; • mette a disposizione dei richiedenti le proprie mostre itineranti dedicate a importanti temi sociali; • invita al dibattito sui temi più attuali, attraverso il suo blog aperto a tutti. Pubblicità Progresso: i patrocini Il Patrocinio

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moltiplica l'efficacia e la forza della tua campagna. Grazie alla sua attività, Fondazione Pubblicità Progresso ha favorito, e in alcuni casi prodotto, una serie di cambiamenti a livello sociale che hanno contribuito a migliorare la qualità della vita delle persone. Le campagne patrocinate sono dunque l'espressione di un costante impegno per la diffusione di una cultura della comunicazione sociale di qualità. Le Organizzazioni Non Profit possono proporre le proprie campagne sociali all'esame della Fondazione che con il suo Patrocinio ne garantisce la qualità e ne favorisce la visibilità e la forza presso la community dei media (Tv, radio, stampa etc LEZIONE 59 PUBBLICITÀ PROGRESSO (233) INTRODUZIONE LEZIONE 59 In questa lezione 59 approfondiremo il tema di Pubblicità Progresso:. In particolar modo: • i temi; • le campagne; • gli esempi stranieri Ad Council, COI e SIG. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. I temi di Pubblicità Progresso Devono essere di vasto richiamo, collegandosi a un interesse permanente, potenziale, attuale o emergente. Non devono avere carattere commerciale o confessionale Devono essere tali da giustificare il ricorso alle tecniche pubblicitarie Le campagne (1) 1971-1972 RACCOLTA SANGUE 1972-1973 DIFESA DEL VERDE 1973 RISPETTO DELL'OPINIONE ALTRUI 1974 PULIZIA DEI CENTRI ABITATI 1975 CONTRO I RIFIUI ABBANDONATI 1975-1976 CONTRO IL FUMO LEZIONE 59 PUBBLICITÀ PROGRESSO (234) Le campagne (2) 1976 TURISMO IN ITALIA 1977 A DIFESA DELL'ACQUA 1977-1978 A FAVORE DEI DISABILI 1978 TUTELARE IL PATRIMONIO ARTISTICO 1980 COMUNICAZIONE E CONSUMI 1980 INFORTUNI DOMESTICI Le campagne (3) 1981 RESPONSABILITA' DEI GENITORI 1982 LA SALUTE DEI FIGLI 1983 TUTELARE GLI ANZIANI 1984 INCIDENTI DOMESTICI 1985 LEGGERE 1987 AIDS Le campagne (4) 1987-1988 INSERIMENTO DEI GIOVANI NEL LAVORO 1988-1989 MALTRATIAMENTI AI MINORI 1989 INFORMAZIONE CORRETTA 1990-1991 NO AL RAZZISMO 1991-1992 VOLONTARIATO 1992 DIFESA DEI NON VEDENTI Le campagne (5) 1993-1994 SOLIDARIETA' VERSO I MALATI 1995 PER UN AUTOMIGLIORAMENTO 1996 EDUCARE ALLA CIVIT À 1997-1998 IL PIACERE DI FARE UN GESTO BUONO 1999-2000 PROMUOVERE L'ALFABETIZZAZIONE INFORMATICA DEL PAESE 2001-2002 IL VALORE DELL'ASCOLTO LEZIONE 59 PUBBLICITÀ PROGRESSO (235) Le campagne (6) 2003-2004-2005 E ALLORA? 2006-2007 CAMPAGNA MOVIMENTO 2008 CAMPAGNA SICUREZZA SUL LAVORO 2009 CAMPAGNA SICUREZZA SUL LAVORO 2010 in progress Gli esempi stranieri Nelle società moderne esistono organizzazioni o organismi che, pur presentando caratteristiche proprie dovute principalmente ai differenti contesti ideologici, sociali ed economici, perseguono gli stessi fini. Vengono qui di seguito presentati alcuni esempi. Ad Council (USA) Nato nel 1941, si pone come compito quello di creare messaggi sociali convincenti e tempestivi, producendo, distribuendo, promuovendo e valutando le campagne. I progetti de II' Ad Council: • devono essere non commerciali; • devono avere scopi nazionali; • devono essere tali da giustificare l'uso di mezzi a copertura nazionale; • devono avere obiettivi raggiungi bili attraverso la pubblicità; http://www.adcouncil.org LEZIONE 59 PUBBLICITÀ PROGRESSO (236) COI (Gran Bretagna) Nato nel 1946, si occupa dell'organizzazione delle campagne pubblicitarie sociali o informative, a mezzo stampa o in televisione, produce materiale stampato come opuscoli o manifesti, e organizza mostre o esposizioni. Servizi messi a disposizione dal COI: comunicazioni di marketing, pubblicità, promozione delle campagne, marketing diretto, ricerche, sponsorizzazioni, servizi tecnici, pubblicazioni, traduzioni, multimedialità http://www.coi.gov.uk SIG (Francia) Nato nel 1976, si tratta di un organo governativo che si occupa dell'elaborazione della strategia di comunicazione e delle ricerche sull'efficacia delle campagne realizzate. Attività del SIG: • informare il governo sull'evoluzione dell'opinione pubblica e dei media; • informare l'opinione pubblica e i mezzi di comunicazione sulle

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attività del governo; • coordinare le azioni di comunicazione governativa; http://www.gouvernement.fr/premier-ministre. Aggiornamento: Nicolas Sarkozy ha deciso di rendere il SIG uno strumento di comunicazione governativo. Per questo le campagne promosse non sono più solo a tema sociale, l'ultima era sul potere d'acquisto. Le campagne sociali vengono svolte anche da altri enti, come ad esempio INPEShttp://www.inpes.sante.fr/ ESERCITAZIONE 35 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto alcuni esempi stranieri (AD COUNCIL, COI, SIG) di enti che si occupano di pubblicità non commerciale. Vi propongo ora quattro filmati video di quattro pubblicità sullo stesso tema prodotte dai 3 enti presi in considerazione e Pubblicità Progresso (per l'Italia) in modo da poter vedere tecniche e modalità persuasive diverse. Tema comune: FUMO (Pubblicità di Pubblicità Progresso) http://www.pubblicitaprogresso.it/campagna.aspx?id=42 (Pubblicità del COI) http://www.nationalarchives.gov.uk/films/1979to2006/filmpagesmoker.ht m (Pubblicità dell'AD COUNCIL) http://my.adcou nci I.org/becomea nex/ (Pubblicità deIl'INPES) http://www.youtube.com/watch?v=Z8-E4PkJhuM LEZIONE 60 ESERCIZI DI VERIFICA (237) INTRODUZIONE LEZIONE 60 In questa lezione avrete la possibilità di verificare quanto imparato, attraverso domande a scelta multipla sui diversi argomenti affrontati da questo corso. AI termine di ogni serie di domande troverete le risposte corrette. 1) Le euristiche sono: (una sola risposta è quella corretta) • Influenze comunicative reciproche all'interno di un gruppo sociale. • Nuclei di informazioni che ci aiutano a descrivere le persone in base ai loro tratti di personalità. • Strategie cognitive che semplificano e accorciano i percorsi cognitivi che portano alla soluzione dei problemi. 2) Su quali principi si basa il modello della covariazione di Kelley (1967)? (una sola risposta è quella corretta) • La distintività e il consenso • La coerenza temporale e nelle modalità • Tutte le precedenti 3) Quali sono i processi di conoscenza? (una sola risposta è quella corretta) • Ancoraggio e accomodamento • Processi top-down e bottom-up • Le euristiche 4) Gli schemi: (una sola risposta è quella corretta) • Rappresentano un oggetto di conoscenza, includendo i suoi attributi e i loro legami. Influenzano la codifica delle informazioni nuove, il ricordo di informazioni già acquisite e le inferenze relative ai dati mancanti Lezione: Titolo: SCIENZE TECNICHE PSICOLOGICHE - (classe 34) PSICOLOGIA SOCIALE 60 ESERCIZI DI VERIFICA • Sono usati per classificare la realtà sociale, hanno un'organizzazione gerarchica inclusiva dei livelli più specifici • Nessuna delle precedenti LEZIONE 60 ESERCIZI DI VERIFICA (238) 5) Gli schemi di eventi forniscono informazioni: (una sola risposta è quella corretta) • Sulle aspettative che gli altri hanno nei nostri confronti • Sulle persone, sulla base dei loro tratti di personalità e delle caratteristiche che li distinguono • Sul modo in cui ci si dovrebbe comportare in un determinato contesto SOLUZIONI 1) Le euristiche sono: (una sola risposta è quella corretta) Strategie cognitive che semplificano e accorciano i percorsi cognitivi che portano alla soluzione dei problemi. 2) Su quali principi si basa il modello della covariazione di Kelley (1967)? (una sola risposta è quella corretta) Tutte le precedenti 3) Quali sono i processi di conoscenza? (una sola risposta è quella corretta) Processi top-down e bottom-up 4) Gli schemi: (una sola risposta è quella corretta) Rappresentano un oggetto di conoscenza, includendo i suoi attributi e i loro legami. Influenzano la codifica delle informazioni nuove, il ricordo di informazioni già acquisite e le inferenze relative ai dati mancanti ESERCIZI DI VERIFICA 5) Gli schemi di eventi forniscono informazioni: (una sola risposta è quella corretta) Sul modo in cui ci si dovrebbe comportare in un determinato contesto LEZIONE 60 ESERCIZI DI VERIFICA (239) 1) Quali tra i seguenti elementi NON rappresenta una componente degli atteggiamenti: (una sola risposta è quella corretta) •

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Componente affettiva • Componente iconica • Componente cognitiva 2) A che cosa serve la reputazione? (una sola risposta è quella corretta) Assicura gli scambi comunicativi e coordina gli sforzi degli individui Promuove autocontrollo e controllo sociale Tutte le precedenti 3) Il modello della probabilità di Petty e Cacioppo (1981) ritiene che la persuasione sia l'esito di due processi: (una sola risposta è quella corretta) • Il percorso centrale e il percorso periferico • Il percorso centrale e il processo euristico • Il percorso periferico e il processo sistematico 4) Secondo il modello tripartito di Rosemberg e Hovland, gli atteggiamenti sono un costrutto psicologico costituito da tre componenti: (una sola risposta è quella corretta) • • Componente razionale, componente affettiva, componente comportamentale • Componente cognitiva, componete affettiva, componente comportamentale • Componente affettiva, componente iconica, componente cognitiva ESERCIZI DI VERIFICA 5) Secondo il modello tripartito di Rosemberg e Hovland, gli atteggiamenti sono un costrutto psicologico costituito da tre componenti: (una sola risposta è quella corretta) • Componente razionale, componente affettiva, componente comportamentale • Componente cognitiva, componete affettiva, componente comportamentale • Componente affettiva, componente iconica, componente cognitiva LEZIONE 60 ESERCIZI DI VERIFICA (240) SOLUZIONI 1) Quali tra i seguenti elementi NON rappresenta una componente degli atteggiamenti: (una sola risposta è quella corretta) Componente iconica 2) A che cosa serve la reputazione? Tutte le precedenti 3) Il modello della probabilità di Petty e Cacioppo (1981) ritiene che la persuasione sia l'esito di due processi: (una sola risposta è quella corretta) Il percorso centrale e il percorso periferico 4) Secondo il modello tripartito di Rosemberg e Hovland, gli atteggiamenti sono un costrutto psicologico costituito da tre componenti: (una sola risposta è quella corretta) Componente cognitiva, componete affettiva, componente comportamentale 5) Secondo il modello tripartito di Rosemberg e Hovland, gli atteggiamenti sono un costrutto psicologico costituito da tre componenti: (una sola risposta è quella corretta) Componente cognitiva, componete affettiva, componente comportamentale ESERCIZI DI VERIFICA 1) Quali tra i seguenti autori è più importante quando si parla di rappresentazioni sociali in psicologia sociale? (una sola risposta è quella corretta) • Lewin • Wundt • Moscovici 2) Che cos'è il processo di ancoraggio? (una sola risposta è quella corretta) • E' un processo che permette di classificare, denominare e spiegare qualcosa che non è familiare mettendolo in rapporto con le categorie sociali già possedute dall'attore sociale. • E' un processo che dà consistenza materiale alle idee • E' un processo che dà corpo a degli schemi concettuali traducendo in immagini i concetti astratti ESERCIZI DI VERIFICA LEZIONE 61 ESERCIZI DI VERIFICA - 2 (241) INTRODUZIONE LEZIONE 61 In questa lezione avrete la possibilità di verificare quanto imparato, attraverso domande a scelta multipla sui diversi argomenti affrontati da questo corso. AI termine di ogni serie di domande troverete le risposte corrette. 3) Secondo Moscovici a cosa servono le rappresentazioni? (una sola risposta è quella corretta) • Rendere familiare ciò che è estraneo e distante dalla esperienza dei membri di un gruppo; • Permettere una continuità tra vecchio e nuovo, provocando modificazioni di valori e sentimenti. • Tutte le precedenti 4) Secondo Moscovici quali sono i processi generatori delle rappresentazioni sociali? (una sola risposta è quella corretta) • La propaganda e la diffusione • L'ancoraggio e l'oggettivazione • L'ancoraggio e l'accomodamento SOLUZIONI 1) Quali tra i seguenti autori è più importante quando si parla di rappresentazioni sociali in psicologia sociale? (una sola risposta è quella corretta) Moscovici 2) Che cos'è il processo di ancoraggio? (una sola risposta è quella corretta) E' un processo che permette di classificare, denominare e spiegare qualcosa che non è familiare mettendolo in rapporto con le categorie sociali già possedute dall'attore sociale.

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ESERCIZI DI VERIFICA - 2 (242) SOLUZIONI 3) Secondo Moscovici a cosa servono le rappresentazioni? (una sola risposta è quella corretta) Tutte le precedenti 4) Secondo Moscovici quali sono i processi generatori delle rappresentazioni sociali? (una sola risposta è quella corretta) L'ancoraggio e l'oggettivazione 1) Secondo Mead è necessario distinguere due componenti del Sé, ossia: (una sola risposta è quella corretta) • lo come soggetto consapevole e Me come Sé conosciuto dall'Io • lo fenomenico e lo transfenomenico • Nessuna delle precedenti 2) All'interno della prospettiva della Social Cognition, quale affermazione sugli schemi di sé è VERA: (una sola risposta è quella corretta) • Gli schemi di sé possono essere solo positivi. • Gli schemi di sé non sono facilmente modifica bili. • Gli schemi di sé sono meno accessibili in memoria rispetto agli schemi riguardanti gli altri. 3) Secondo Mead (1934) quali condizioni sono necessarie al Sé per emergere? (una sola risposta è quella corretta) • La capacità di produrre e rispondere a simboli • La capacità di assumere gli atteggiamenti degli altri • Tutte le precedenti ESERCIZI DI VERIFICA 4) James ognuno organizza il contenuto del Me in una struttura gerarchica che assegna valori diversi ai costituenti materiali, sociali e spirituali. Qual è il posto del Me spirituale? (una sola risposta è quella corretta) • In fondo alla gerarchia • Alla sommità • Nel mezzo LEZIONE 61 ESERCIZI DI VERIFICA - 2 (243) SOLUZIONI 1) Secondo Mead è necessario distinguere due componenti del Sé, ossia: (una sola risposta è quella corretta) Nessuna delle precedenti 2) All'interno della prospettiva della Social Cognition, quale affermazione sugli schemi di sé è VERA: (una sola risposta è quella corretta) Gli schemi di sé non sono facilmente modifica bili. 3) Secondo Mead (1934) quali condizioni sono necessarie al Sé per emergere? (una sola risposta è quella corretta) Tutte le precedenti 4) James ognuno organizza il contenuto del Me in una struttura gerarchica che assegna valori diversi ai costituenti materiali, sociali e spirituali. Qual è il posto del Me spirituale? (una sola risposta è quella corretta) Alla sommità 1) Le relazioni sociali possono essere studiate: (una sola risposta è quella corretta) • A partire dagli individui che le intrattengono ESERCIZI DI VERIFICA • Dall'interazione fra le proprietà dei partner e le proprietà delle situazion i. • Attraverso la formazione delle impressioni 2) Definire l'approccio di studio relativo alla soddisfazione delle relazioni: (una sola risposta è quella corretta) • Teoria dello scambio:un individuo rimane in una relazione finché i benefici ricevuti superano i costi (Homans) • Teoria dell'equità: in una relazione soddisfacente un individuo e il proprio partner ricevono benefici commisurati ai costi (Walster, Walster e Berscheid) • Tutte le precedenti LEZIONE 61 ESERCIZI DI VERIFICA - 2 (244) 3) Un analisi condotta da Feingold mostra che le persone più piacevoli sul piano fisico sono: (una sola risposta è quella corretta) • Più popolari • Più superficiali • Più interessanti 4) Secondo la classificazione di Sternberg e Barnes, la componente emotiva del triangolo dell'amore, è costituita da: (una sola risposta è quella corretta) • Intimità • Passione • Impegno SOLUZIONI 1) Le relazioni sociali possono essere studiate: (una sola risposta è quella corretta) Dall'interazione fra le proprietà dei partner e le proprietà delle situazioni. ESERCIZI DI VERIFICA 2) Definire l'approccio di studio relativo alla soddisfazione delle relazioni: (una sola risposta è quella corretta) Tutte le precedenti 3) Un analisi condotta da Feingold mostra che le persone più piacevoli sul piano fisico sono: (una sola risposta è quella corretta) Più popolari 4) Secondo la classificazione di Sternberg e Barnes, la componente emotiva del triangolo dell'amore, è costituita da: (una sola risposta è quella corretta) Intimità ESERCIZI DI VERIFICA LEZIONE 62 ESERCIZI DI VERIFICA - 3 (245) INTRODUZIONE LEZIONE 62 In questa lezione avrete la possibilità di verificare quanto imparato, attraverso domande a scelta multipla sui diversi argomenti affrontati da questo corso. AI termine di ogni serie di domande troverete le risposte corrette. l)La teoria di Bandura si chiama: (una sola risposta è quella corretta) • Teoria dell'apprendimento sociale • Teoria della

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frustrazione-aggressività • Nessuna delle precedenti 2) Gli studi di Milgram (1963) hanno dimostrato che il grado di sottomissione dei soggetti alle richieste dello sperimentatore variava in funzione di: (una sola risposta è quella corretta) • La distanza fra soggetto e sperimentatore • Il genere sessuale della vittima • La distanza fra vittima e sperimentatore 3) L'altruismo endocentrico ha lo scopo di: (una sola risposta è quella corretta) • Preservare o aumentare la propria immagine positiva • Preservare o aumentare illocus of control interno • Preservare o aumentare l'empatia 4) Ipotesi del sollievo dallo stato negativo è di: (una sola risposta è quella corretta) • Cialdini et al. (1973) • Batson et al. (1989) • Staub (1978) ESERCIZI DI VERIFICA - 3 (246) SOLUZIONI l)La teoria di Bandura si chiama: (una sola risposta è quella corretta) Teoria dell'apprendimento sociale 2) Gli studi di Milgram (1963) hanno dimostrato che il grado di sottomissione dei soggetti alle richieste dello sperimentatore variava in funzione di: (una sola risposta è quella corretta) La distanza fra soggetto e sperimentatore 3) L'altruismo endocentrico ha lo scopo di: (una sola risposta è quella corretta) Preservare o aumentare la propria immagine positiva 4) Ipotesi del sollievo dallo stato negativo è di: (una sola risposta è quella corretta) Cialdini et al. (1973) 1) Quali tra i seguenti autori è più importante quando si parla di gruppi in psicologia sociale? (una sola risposta è quella corretta) • Bandura • Piaget • Lewin 2) Nell'ambito dello studio delle norme di gruppo, quale affermazione è VERA: (una sola risposta è quella corretta) • Hanno lo stesso carattere di obbligatorietà per tutti i membri • Costituiscono aspettative condivise rispetto al modo in cui dovrebbero comportarsi i membri del gruppo ESERCIZI DI VERIFICA • Chi non rispetta le norme del gruppo, cioè il deviante, riceve un minor numero di comunicazioni LEZIONE 62 ESERCIZI DI VERIFICA - 3 (247) 3) Secondo Lewin (1948) un gruppo sociale è: (una sola risposta è quella corretta) • Un insieme di individui classificati nella stessa categoria sulla base di caratteristiche comuni • Un insieme limitato di persone motivate dal raggiungimento dello stesso obiettivo • Una totalità diversa (non superiore a) dalla somma delle sue parti 4) Gli indici importanti per descrivere i vari tipi di reti sono: (una sola risposta è quella corretta) • Indice di distanza e indice di centralità • Indice di vicinanza e indice di centralità • Indice di distanza e indice di lontananza SOLUZIONI 1) Quali tra i seguenti autori è più importante quando si parla di gruppi in psicologia sociale? (una sola risposta è quella corretta) Lewin. 2) Nell'ambito dello studio delle norme di gruppo, quale affermazione è VERA: (una sola risposta è quella corretta) Costituiscono aspettative condivise rispetto al modo in cui dovrebbero comportarsi i membri del gruppo 3) Secondo Lewin (1948) un gruppo sociale è: (una sola risposta è quella corretta) Una totalità diversa (non superiore a) dalla somma delle sue parti ESERCIZI DI VERIFICA 4) Gli indici importanti per descrivere i vari tipi di reti sono: (una sola risposta è quella corretta) Indice di distanza e indice di centralità LEZIONE 62 ESERCIZI DI VERIFICA - 3 (248) 1) Gli psicologi sociali (e.g. Tajfel, 1972) usano il termine "identità sociale" per riferirsi: (una sola risposta è quella corretta) • Agli aspetti dell'immagine di sé che derivano dall'appartenenza a certi gruppi sociali e al significato emozionale e valutativo che risulta da tale appartenenza. • Alla tendenza a considerare l'appartenenza al gruppo più importante rispetto all'i ndividua lità. • Agli aspetti dell'immagine di sé che provengono dal ruolo svolto nel contesto. 2) Definire il concetto di pregiudizio (una sola risposta è quella corretta) • E' un' immagine semplificata, socialmente condivisa, di quelle caratteristiche attribuite a un gruppo o a una categoria sociale esistente • E' un giudizio dato a priori espresso in termini di atteggiamenti, espressioni emotive negative o di comportamenti discriminatori messi in atto verso i membri di un gruppo sociale • Deriva dal processo cognitivo generale della categorizzazione la cui funzione principale è semplificare e sistematizzare. 3) Secondo Sherif e collaboratori (1961), l'introduzione di uno scopo sovraordinato: (una sola risposta è quella corretta) • Conduce a un superamento

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del conflitto intergruppi • Conduce a un superamento del conflitto intergruppi ma solo momentaneo • Conduce a un superamento del conflitto intergruppi ma superficiale 4) La teoria del confronto sociale è di? (una sola risposta è quella corretta) ESERCIZI DI VERIFICA • Tajfel • Sherif • Festinger SOLUZIONI 1) Gli psicologi sociali (e.g. Tajfel, 1972) usano il termine "identità sociale" per riferirsi: (una sola risposta è quella corretta) Agli aspetti dell'immagine di sé che derivano dall'appartenenza a certi gruppi sociali e al significato emozionale e valutativo che risulta da tale appartenenza. 2) Definire il concetto di pregiudizio (una sola risposta è quella corretta) E' un giudizio dato a priori espresso in termini di atteggiamenti, espressioni emotive negative o di comportamenti discriminatori messi in atto verso i membri di un gruppo sociale INTRODUZIONE LEZIONE 63 In questa lezione avrete la possibilità di verificare quanto imparato, attraverso domande a scelta multipla sui diversi argomenti affrontati da questo corso. AI termine di ogni serie di domande troverete le risposte corrette. SOLUZIONI 3) Secondo Sherif e collaboratori (1961), l'introduzione di uno scopo sovraordinato: (una sola risposta è quella corretta) Conduce a un superamento del conflitto intergruppi 4) La teoria del confronto sociale è di? (una sola risposta è quella corretta) Festinger, 1) Qual è lo scopo dell'influenza sociale secondo Moscovici (1979)? (una sola risposta è quella corretta) • Il cambiamento sociale • Il conformismo • L'influenza 2) Il modello dell'influenza sociale di Moscovici (1976) è denominato: (una sola risposta è quella corretta) • Il modello funzionalista dell'influenza sociale • Modello strutturalista dell'influenza sociale • Modello cognitivista dell'influenza sociale ESERCIZI DI VERIFICA - 4 (250) 3) Lo studio scientifico del fenomeno del conformismo può essere fatto risalire ai contributi di: (una sola risposta è quella corretta) • Sherif e Moscovici • Moscovici e Tajfel • Sherif e di Asch 4) L'influenza esercitata da una maggioranza,viene denominata: (una sola risposta è quella corretta) • Conformismo • Innovazione • Persuasione SOLUZIONI 1) Qual è lo scopo dell'influenza sociale secondo Moscovici (1979)? (una sola risposta è quella corretta) Il cambiamento sociale 2) Il modello dell'influenza sociale di Moscovici (1976) è denominato: (una sola risposta è quella corretta) Il modello funzionalista dell'influenza sociale 3) Lo studio scientifico del fenomeno del conformismo può essere fatto risalire ai contributi di: (una sola risposta è quella corretta) Sherif e di Asch ESERCIZI DI VERIFICA 4) L'influenza esercitata da una maggioranza,viene denominata: (una sola risposta è quella corretta) Conformismo LEZIONE 63 ESERCIZI DI VERIFICA - 4 (251) 1) La combinazione tra linguaggio pubblicitario e immagini si può esplicitare in: omologia completa (una sola risposta è quella corretta): • Omologia parziale • Omologia totale • Tutte le precedenti 2) Qual è la funzione della ripetizione dei messaggi pubblicitari? (una sola risposta è quella corretta) • Ricordare al pubblico un messaggio precedente, che altrimenti sarebbe dimenticato • Mantenere una barriera di resistenza psicologica che può aver inibito un'efficace comunicazione precedente • Ricordare, a livello inconscio, un messaggio 3) La capacità di essere efficace e persuasivo di un messaggio si realizza a livello di: (una sola risposta è quella corretta) • Denotazione • Connotazione • Entrambi 4) Qual è la funzione dominante in ogni comunicazione pubblicitaria? (una sola risposta è quella correttaESERCIZI DI VERIFICA • Funzione emotiva • Funzione conativa • Funzione denotativa 5) Qual è l'obiettivo di un messaggio commerciale? (una sola risposta è quella corretta) • Creare dimostrazioni logiche incontrovertibili • Conquistare il consenso del target • Far conoscere un prodotto 6) Quale rapporto c'è tra il linguaggio pubblicitario e le immagini? (una sola risposta è quella corretta) • Il linguaggio pubblicitario è subalterno alle immagini • Le immagini sono subalterne al linguaggio pubblicitario • Devono essere coerenti tra loro LEZIONE 63 ESERCIZI DI VERIFICA - 4 (252) SOLUZIONI 1) La combinazione tra

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linguaggio pubblicitario e immagini si può esplicitare in: omologia completa (una sola risposta è quella corretta): Tutte le precedenti 2) Qual è la funzione della ripetizione dei messaggi pubblicitari? (una sola risposta è quella corretta) Ricordare al pubblico un messaggio precedente, che altrimenti sarebbe 3) La capacità di essere efficace e persuasivo di un messaggio si realizza a livello di: (una sola risposta è quella corretta) Connotazione 4) Qual è la funzione dominante in ogni comunicazione pubblicitaria? (una sola risposta è quella corretta) Funzione conativa 5) Qual è l'obiettivo di un messaggio commerciale? (una sola risposta è quella corretta) Conquistare il consenso del target 6) Quale rapporto c'è tra il linguaggio pubblicitario e le immagini? (una sola risposta è quella corretta) Il linguaggio pubblicitario è subalterno alle immagini LEZIONE 64 ESERCIZI DI VERIFICA - 5 (253) INTRODUZIONE LEZIONE 64 In questa lezione avrete la possibilità di verificare quanto imparato, attraverso domande a scelta multipla sui diversi argomenti affrontati da questo corso. AI termine di ogni serie di domande troverete le risposte corrette. 1) Affinché un messaggio pubblicitario sia efficace deve: (una sola risposta è quella corretta) • Convincere e spingere all'azione • Convincere a livello emotivo • Convincere a livello razionale 2) Quali sono le conseguenze nel tempo del percorso centrale nel modello ELM di Pettye Cacioppo (1981): (una sola risposta è quella corretta) • Produce mutamenti più labili perché maggiormente legati a fattori extra - cognitivi • Produce mutamenti più consistenti e durevoli perché fondati sull'integrazione del messaggio negli schemi mentali del soggetto • Nessuna delle precedenti 3) In quale accezione si considera il termine retorica quando si parla di nel discorso pubblicitario? (una sola risposta è quella corretta) • Studio delle condizioni generali del discorso persuasivo • Tecnica generativa dei meccanismi argomentativi per la creazione di argomentazioni persuasive • Deposito di tecniche argomentative già provate e assimilate dal corpo sociale 4) A quale figure retoriche appartiene la consonanza? (una sola risposta è quella corretta) • Sintattiche • Semantiche • Morfologiche LEZIONE 64 ESERCIZI DI VERIFICA - 5 (254) 5) Che cosa è che crea un divario tra l'informazione "nuova" e la ridondanza? (una sola risposta è quella corretta) • La persuasione • La ripetizione • Il linguaggio 6) L'argomentazione induttiva o exemplum avviene attraverso: (una sola risposta è quella corretta) • I mezzi razionali • I mezzi emotivi • Nessuno dei precedenti SOLUZIONI 1) Affinché un messaggio pubblicitario sia efficace deve: (una sola risposta è quella corretta) Convincere e spingere all'azione 2) Quali sono le conseguenze nel tempo del percorso centrale nel modello ELM di Pettye Cacioppo (1981): (una sola risposta è quella corretta) Produce mutamenti più consistenti e durevoli perché fondati sull'integrazione del messaggio negli schemi mentali del soggetto 3)ln quale accezione si considera il termine retorica quando si parla di nel discorso pubblicitario? (una sola risposta è quella corretta) Deposito di tecniche argomentative già provate e assimilate dal corpo 4) A quale figure retoriche appartiene la consonanza? (una sola risposta è quella corretta) Morfologiche LEZIONE 64 ESERCIZI DI VERIFICA - 5 (255) SOLUZIONI 5) Che cosa è che crea un divario tra l'informazione "nuova" e la ridondanza? (una sola risposta è quella corretta) La ripetizione 6) L'argomentazione induttiva o exemplum avviene attraverso: (una sola risposta è quella corretta) I mezzi razionali 1) Da chi è promossa l'advocacy advertising? (una sola risposta è quella corretta) • Associazioni, gruppi di imprese o consumatori, organizzazioni e leghe • Partiti politici o gruppi ideologici • Pubbliche amministrazioni, organizzazioni no profit 2) Qual è il fine della pubblicità sociale? (una sola risposta è quella corretta) Promuovere il consenso intorno a specifiche problematiche controverse Sensibilizzare la società verso argomenti e problemi di interesse universale Suscitare il consenso e la legittimazione per uomini e programmi 3) Pubblicità Progresso è: (una sola risposta è quella corretta) • Un'Associazione • Una Fondazione • Un Ente morale 4) Chi si occupa dell'organizzazione delle campagne pubblicitarie sociali o informative in Gran Bretagna? (una sola risposta è

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quella corretta) • COI • SIG • ADCOUNCIL LEZIONE 64 ESERCIZI DI VERIFICA - 5 (256) 5) Quale comunicazione funziona in questo modo: "un soggetto mette in atto una comunicazione per ottenere direttamente dei contributi dal destinatario: tali contributi sono destinati al sostegno di terzi?" (una sola risposta è quella corretta) • Appelli al pubblico • Comunicazione di sensibilizzazione • Comunicazione di educazione 6) Qual è un tema che Pubblicità Progresso non hai mai trattato? (una sola risposta è quella corretta) • Anziani • Aids • Pena di morte SOLUZIONI 1) Da chi è promossa l'advocacy advertising? (una sola risposta è quella corretta) Associazioni, gruppi di imprese o consumatori, organizzazioni e leghe 2) Qual è il fine della pubblicità sociale? (una sola risposta è quella corretta) Sensibilizzare la società verso argomenti e problemi di interesse universale 3)Pubblicità Progresso è: (una sola risposta è quella corretta) Una Fondazione 4) Chi si occupa dell'organizzazione delle campagne pubblicitarie sociali o informative in Gran Bretagna? (una sola risposta è quella corretta) COI 5) Quale comunicazione funziona in questo modo: "un soggetto mette in atto una comunicazione per ottenere direttamente dei contributi dal destinatario: tali contributi sono destinati al sostegno di terzi?" (una sola risposta è quella corretta) Appelli al pubblico 6) Qual è un tema che Pubblicità Progresso non hai mai trattato? (una sola risposta è quella corretta) Pena di morte LEZIONE 65 INTRODUZIONE COMUNICAZIONE SOCIALE (257) INTRODUZIONE LEZIONE 65 In questa lezione 65 affronteremo il tema della comunicazione sociale. In particolar modo: la definizione di marketing sociale; la comunicazione sociale; la pubblicità sociale (vengono ripresi e ampliati temi della lez. 58); la comunicazione sociale in Italia con focus sui soggetti promotori e sulle motivazioni della comunicazione; presentazione di pubblicità sui soggetti promotori. Definizione di marketing sociale (1) Di marketing sociale si incomincia a parlare negli Usa nell'ambito della prevenzione della salute. Kotler e Andreasen (1998) sono i primi ad affermare che alcune tecniche del marketing potevano essere applicate in modo utile al sociale. Negli anni le definizioni di marketing sociale si sono diversificate e sono cambiate in relazione al tipo di organizzazione a cui si fa riferimento Definizione di marketing sociale (2) Riferendosi al mondo dell'impresa: il marketing che le imprese adottano quando all'interno delle politiche aziendali comprendono le istanze sociali che diventano parte integrante delle dinamiche di approccio al mercato. Riferendosi al Terzo Settore: la creazione, progettazione, realizzazione e controllo dei programmi finanziati ad aumentare l'accettabilità di una causa o di un'idea sociale. LEZIONE 65 INTRODUZIONE COMUNICAZIONE SOCIALE (258) Definizione di comunicazione sociale Tra le attività di marketing, c'è anche la comunicazione. Fondamentale quando si parla di comunicazione sociale. Sono molte le definizioni di comunicazione sociale e molti gli studiosi che se ne sono occupati nel tentativo di trovare una definizione che fosse condivisa e soddisfacente da tutti. Puggelli e Sobrero (2010) definiscono la comunicazione sociale come "uno strumento persuasivo di conoscenza utilizzato da soggetti pubblici e privati per coinvolgere la persona e spingerla all'azione, rendendola partecipe dei problemi, ma anche delle possibili soluzioni." Definizione di pubblicità sociale (1) La pubblicità sociale si colloca con l'advocacy e la pubblicità politica all'interno di quell'ampia sfera che è la pubblicità non commerciale. I confini della pubblicità sociale sono piuttosto difficili da definire. Volli (2005) sottolinea che la pubblicità sociale si occupa di temi non controversi. Si assume che "sociale" sia rivolto al persegui mento di un interesse che non sia limitato a singoli gruppi di individui, ma che si proponga obiettivi e finalità universalmente condivisi. Definizione di pubblicità sociale (2) L'advocacy ha vastissimi campi di applicazione, accomunati dalla caratteristica di promuovere interessi di una specifica categoria, in nome di una presunta universalità dei temi trattati (es. battaglie degli animalisti contro la vivisezione, pellicce). La propaganda politica può essere definita come "un'azione consapevole e sistematica diretta a influenzare le opinioni e i

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comportamenti di un certo pubblico o di un'intera società" (Romano, 1990, p.35). LEZIONE 65 INTRODUZIONE COMUNICAZIONE SOCIALE (259) La comunicazione sociale in Italia La comunicazione sociale nasce nei paesi anglosassoni nel primo dopoguerra e arriva in Italia in tempi relativamente recenti. Molti associano la nascita di questa comunicazione alla prima campagna promossa da Pubblicità Progresso sulla donazione del sangue. INTRODUZIONE COMUNICAZIONE SOCIALE Per molti anni la comunicazione sociale è stata appannaggio delle più importanti ONP internazionali, le piccole associazioni si limitavano a realizzare campagne locali a volte con scarsi mezzi e non sempre con la professionalità necessaria. Oggi la situazione è molto cambiata: sono aumentate le campagne, sono cresciute le organizzazioni e si sono moltiplicati i soggetti che operano a diverso titolo e che comunicano con una molteplicità di target. Chi comunica e perché (1) Il percorso comunicativo si sviluppa sempre in modo circolare: emittente e ricevente collaborano per creare un circolo virtuoso, l'unico che consente una comunicazione efficace. Lo scopo è quello di creare una comunicazione diretta a un target stabilito, impresa non facile proprio per la difficoltà di definizione del target stesso. Chi comunica e perché (2) Le organizzazioni profit o non profit, pubbliche o private comunicano per entrare in contatto con i propri pubblici e per raggiungere uno o più obiettivi specifici. Oggi grazie al web e ai social network anche i cittadini possono diventare creatori e diffusori di messaggi di comunicazione. La finalità comune a tutti i tipi di organizzazione è quella di attirare l'attenzione e di persuadere il proprio target dell'importanza di un servizio, idea o progetto. LEZIONE 65 INTRODUZIONE COMUNICAZIONE SOCIALE (260) Le organizzazioni no profit Il Terzo settore si è molto trasformato negli ultimi anni: c'è chi ritiene che si sia rafforzato e chi sostiene che all'aumento delle organizzazioni non abbia corrisposto una crescita del "peso" di questo comparto. La frammentazione del Terzo settore costituisce un serio problema anche per la comunicazione. Il grande numero di associazioni per esempio rende difficile per il donatore scegliere.Esiste ancora una scarsa cultura della comunicazione negli organismi dirigenti del Terzo settore che spesso considerano la comunicazione una spesa e non un investimento. Esempi di campagne - Save the children LEZIONE 66 I SOGGETTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (261) INTRODUZIONE LEZIONE 66 In questa lezione 66 continueremo ad approfondire la comunicazione sociale in Italia con focus sui soggetti promotori, soprattutto sulla presentazione di pubblicità. Nel corso della lezione verranno proposte diverse esercitazioni valide come approfondimenti da portare all'esame. Le imprese Le imprese, soprattutto le grandi, considerano la comunicazione sociale molto importante. La Responsabilità sociale sta diventando una modalità per gestire l'azienda. L'attenzione delle aziende al sociale si concretizza spesso in un'alleanza con un'organizzazione non profit: alcune collaborazioni durano nel tempo, altre si concludono al termine della campagna. Esempi di Campagne- Intesa San paolo La pubblica amministrazione La pubblica amministrazione ha aumentato il numero di campagne con contenuto sociale finalizzato a informare, per esempio, i cittadini sui problemi sanitari, a coinvolgerli nella raccolta differenziata. La pubblica amministrazione usa la comunicazione sociale per migliorare la propria immagine. Il settore pubblico inizia a guardare con attenzione a un diverso modo di comunicare per coinvolgere i cittadini/clienti. Esempi di Campagne- Ministero del Lavoro __ " .. il ...... pilLi ,,_ p.r I ...... c_i,l."""-ri .... h" .. ,_._"." w i., .., I ... o .. o ... o ... il Esempi di Campagne- Ministeri della salute LEZIONE 66 I SOGGETTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (263) ESERCITAZIONE 35 (valida come approfondimento da portare alt'esame) In questa lezione abbiamo visto diversi enti che si occupano di fare comunicazione sociale (organizzazioni no profit, imprese e pubblica amministrazione). Vi propongo ora tre affissioni fatte dai tre enti in questione, in modo che possiate applicare

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anche a livello pratico quanto appena appreso. La soluzione è nell'ultima slide della lezione. AFFISSIONE 1 LEZIONE 67 OBIETTIVI E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (PARTE 1)(265) INTRODUZIONE LEZIONE 67 In questa lezione 67 affronteremo sempre il tema della comunicazione sociale. In particolar modo: gli obiettivi della comunicazione sociale; gli obiettivi dei vari enti promotori; l'uso dei diversi tipi di strumenti Gli obiettivi della comunicazione sociale Il successo di un progetto di comunicazione sociale dipende dalla chiarezza dei suoi obiettivi che devono essere specifici e coerenti con strategie, missioni e valori dell'organizzazione; raggiungibili, misurabili e definiti nel tempo. In generale gli obiettivi possono essere informare, motivare, spingere all'azione o modificare un comportamento Le organizzazioni no profit Che cosa spinge una ONP a comunicare? Tra le motivazioni per esempio possiamo ricordare: portare l'attenzione su un problema, denunciare una discriminazione, un abuso, cercare volontari, motivare quelli già attivi. A volte l'obiettivo è farsi conoscere, far sapere che la ONP esiste e che si occupa di quella causa. Spesso comunque le finalità principali restano la raccolta fondi e la ricerca dei volontari. Le imprese Le imprese possono decidere di realizzare una campagna sociale per motivi diversi: far conoscere il proprio impegno sociale, lanciare prodotti e servizi che hanno valori ambientali, sostenere progetti di marketing sociale, modificare il comportamento nell'uso dei prodotti. La pubblica amministrazione La pubblica amministrazione fa comunicazione sociale, per esempio, per promuovere l'utilizzo di servizi esistenti, informare sulla nascita di nuovi servizi e iniziative. La finalità prioritaria dovrebbe essere l'educazione del cittadino. LEZIONE 67 OBIETTIVI E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (266) Integrare gli strumenti Indicazioni preliminari. Per affrontare una strategia di comunicazione e decidere gli strumenti da utilizzare è fondamentale decidere con chiarezza: target; budget a disposizione. Indicazioni principali 1. imparare a pianificare; 2. valutare il posiziona mento ed essere coerenti; 3. condividere le scelte con il pubblico interno; 4. credere nelle grandi idee e saperle comunicare bene; 5. essere responsabili. Imparare a pianificare Per un'organizzazione è importante realizzare il DBC (Documento di buona causa), uno strumento metodo logico che insegna a ragionare e definire il proprio programma d'azione. Bisogna prevedere i seguenti passi: • analisi dello scenario e dei punti di forza e debolezza; • definizione degli obiettivi generali e operativi; • determinazione di pubblici (target diretti e indiretti); • definizione dell'approccio strategico. Procedere alla stesura di un piano di comunicazione aiuta l'organizzazione ad ancorare l'attività a scopi definiti.Valutare il posizionamento ed essere coerenti Il messaggio e la missione devono essere chiari. Talvolta è difficile per il cittadino collegare la missione all'organizzazione. La coerenza: non bisogna sottovalutare che ogni strumento di comunicazione è importante (sito internet, biglietto da visita, spot) e deve garantire la riconoscibilità e veicolarne i valori. La coerenza è fondamentale anche per la reputazione. Condividere le scelte con il pubblico interno Importante è coinvolgere i vari soggetti che operano all'interno o a stretto contatto con l'organizzazione. La condivisione è necessaria anche per raggiungere gli obiettivi. In Italia spesso si trascura il pubblico interno anche se soci e volontari. Credere nelle grandi idee e saperle comunicare bene Le risorse economiche sono certamente molto importanti per lanciare una nuova iniziativa o progetto sociale. Ma è possibile comunicare idee o progetti anche con risorse limitate utilizzando al meglio le Relazioni Pubbliche o gestendo in modo creativo il budget a disposizione anche se contenuto. Es. Emergency LEZIONE 67 OBIETTIVI E STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (268) Essere responsabili Per essere maggiormente responsabile la comunicazione deve chiedersi quali effetti, anche non voluti, provoca un messaggio. E' necessario considerare sempre le ricadute che la

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campagna può avere sui diversi target. Il messaggio influenzerà il comportamento di chi lo riceve. Le relazioni pubbliche Con RP si intende quel complesso di azioni, definite in una strategia precisa che servono per "governare le relazioni" con i principali stakeholder (soggetti sostenitori nei confronti di un'iniziativa economica, sia essa un'azienda o un progetto) di un'organizzazione. Il sistema di relazioni diventa efficace basandosi sui seguenti principi: le relazioni devono basarsi sulla reciprocità; devono essere asimmetriche; devono partire da una comunicazione chiara e trasparente. RP: media relations Per media relations si intendono tutte le attività di relazione, comunicazione e informazione che si rivolgono espressamente ai mezzi di informazione che hanno lo scopo di trasferire un messaggio all'esterno dell'organizzazione. Per gestire le Media Relations è necessaria una conoscenza approfondita delle caratteristiche dei mezzi per decidere a quale media rivolgersi, selezionare i giornalisti da contattare, valutare programmi e rubriche in cui inserire interviste, ecc. Media e non profit dovrebbero avere un reciproco vantaggio dall'intrattenere buone relazioni: da una parte le ONP riconoscono la capacità dei media di formare l'opinione pubblica; dall'altra i media sanno che il sociale è una realtà diffusa e radicata in quella parte della società più difficile da esplorare e raccontare LEZIONE 68 In questa lezione 68 approfondiremo il tema degli strumenti. In particolar modo: verranno presentate I diversi strumenti e, per alcuni di essi, saranno presentati anche alcune case history. RP: gli eventi L'evento è uno strumento modulare, multimediale, ad alta comunicabilità, "caldo", interattivo e duttile. Aiuta a instaurare o a sviluppare il rapporto tra l'organizzazione promotrice e i suoi diversi pubblici di riferimento. Gli elementi che lo caratterizzano sono: interattività; contatto diretto; comunicazione one-to-one; alto coinvolgimento emotivo. Es. One kiss, one euro • Per diversificare e rinnovare la propria strategia di raccolta, a Natale 2009 il Cesvi (con la collaborazione di UBI Banca) ha lanciato l'iniziativa "One kiss, one euro". In occasione di LED, il primo Festival Internazionale della Luce di Milano, UBI Banca ha sponsorizzato "Kiss", una installazione realizzata da Paul Cocksedge e collocata in Galleria a Milano, che trasforma in una bolla scintillante la volta dell'Ottagono e libera l'energia dei baci. Per ogni bacio che le persone si sono date dal 6 dicembre allO gennaio 2010, sotto il vischio al centro dell'installazione, UBI Banca ha donato un euro al Cesvi che verrà utilizzato per il sostegno di un progetto della ONG nel Nord Uganda. Un contatore automatico ha registrato ogni bacio: l'obiettivo di raggiungere a gennaio 100.000 baci per contribuire a salvare alla fame migliaia di bambini in Uganda è stato raggiunto. LEZIONE 68 STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (PARTE 2) (270) RP: premi e concorsi Premi e concorsi possono essere considerati come un"evento". Possono servire a raccogliere fondi. L'organizzazione comprende diverse fasi: 1. chiedersi se il premio (o concorso) può avere un certo appeal per i target che intendiamo coinvolgere 2. definire gli obiettivi specifici dell'iniziativa, i pubblici e gli stakeholder da coinvolgere, i messaggi i valori i contenuti da veicolare 3. articolare e decidere il budget Es. Miss mina • Esistono moltissimi eventi che potremmo portare come esempio. Abbiamo invece voluto mettere in luce un'iniziativa che ci pare particolarmente interessante e curiosa: il concorso "Miss mina antiuomo Cambogia" realizzato in Cambogia (su un'esperienza precedente progettata in Angola nel 2003 dal regista norvegese Traavic Morten). Durante una sua visita in Angola il regista fu impressionato dalla passione angolana per i concorsi di bellezza e dal grande numero di mutilazioni causate dalle mine. Decise di sfruttare la sua esperienza da palcoscenico per sposare le due cose. Le due vincitrici dell'edizione angolana del 2008 hanno potuto ottenere una protesi su misura oltre che portare all'attenzione del pubblico il problema. • Il regista ha quindi deciso di riproporre il concorso anche in Cambogia, uno dei Paesi più colpiti dalla piaga delle mini antiuomo: 63.000 le vittime, almeno 25.000 quelle

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rimaste senza un arto. Tra le donne mutilate che si sono presentate al concorso ne sono state scelte le 20 come finaliste, una per provincia. Le loro foto, corredate da dettagli sugli incidenti che le ha mutilate, sono state inserite sul sito www.miss-Iandmine.org dove chiunque poteva votare chi doveva essere incoronata come vincitrice del concorso. La pubblicità La pubblicità è una comunicazione che viene progettata e pagata da un soggetto (committente) che viene realizzata in modo professionale (in genere da un'agenzia di comunicazione) che provvede all'acquisto di uno spazio su un medium (attraverso una concessionaria). La pubblicità: televisione E' considerato il mezzo di comunicazione di massa per eccellenza in grado di raggiunger nello stesso momento un gran numero di persone. Molte organizzazioni, sia profit che non profit lo considerano il mezzo principe. Es. la campagna di AGIRE Abbiamo scelto di proporre lo spot della campagna AGIRE realizzata nei giorni successiva all'emergenza terremoto di Haiti. Una campagna che ha visto per la prima volta un soggetto unico proporsi per la raccolta fondi a nome di 12 organizzazioni umanitarie. Lo spot si apre con il tracciato grafico delle oscillazioni che hanno provocato il terremoto, a cui seguono le immagini del disastro: edifici crollati, morti, persone sofferenti. A completare le immagini, una sorta di spiritual che ripete varie volte il nome di Haiti, quasi a suggerire che una rinascita è possibile. Soprattutto con l'aiuto del telespettatore, invitato a donare due euro con un SMS o con una telefonata, il cui numero compare in sovrimpressione per tutto lo spot. La garanzia del buon fine delle donazioni è rappresentata dalla presenza coordinata di 12 grandi organizzazioni internazionali conosciute dal pubblico (tra le atre: Save the Children, Cesvi, Terres des hommes etc.). La pubblicità: radio La radio è un mezzo in grado di raggiungere molte persone in diversi momenti della giornata e in varie situazioni. Crea un rapporto molto personale con l'ascoltatore: questo significa anche un alto livello di fedeltà di ascolto. Ha bassi costi di produzione e costi di pianificazione accettabili. LEZIONE 68 STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (PARTE 2) (272) La pubblicità: stampa La stampa consente di dedicare maggiore spazio all'argomentazione e permette di fornire informazioni più dettagliate rispetto ad altri mezzi. Fondamentale è la funzione di approfondimento del messaggio. Es. Campagna di Emergency La pubblicità: cinema Il cinema è uno strumento estremamente coinvolgente, spettacolare, emotivo e suggestivo. Una campagna di comunicazione pensata per il cinema assomiglia più a un film, sia per la durata (si tratta a volte di un cortometraggio) sia per l'utilizzo degli effetti speciali. La pubblicità esterna E' un mezzo storico tra i più antichi. Ha come svantaggio quello di essere dispersivo rispetto agli obiettivi che l'organizzazione vuole raggiungere. Esistono diversi tipologie di affissione: • statica (sui muri o spazi riservati); • "speciale" (con postazioni particolari, anche interattive); • "dinamica" (che viaggia sui mezzi di trasporto). Es. SOS Sostenibilità LEZIONE 69 In questa lezione 69 continueremo ad approfondire il tema degli strumenti. In particolar modo: verranno presentate i diversi strumenti e, per alcuni di essi, saranno presentati anche alcune case history. Il web La comunicazione di successo è quella a rete, tipica della comunità all'interno delle quali le persone condividono valori, interessi e conoscenza: molti pensano che il web 2.0 cambierà il modo di fare comunicazione, molti pensano che il futuro sarà nel marketing relazionale ovvero lo sviluppo di tecniche e strumenti in grado di creare e mantenere relazioni sempre più coinvolgenti tra le persone. L'utente attraverso la rete ha sempre più potere espressivo attraverso creazione di contenuti, web tv, blog ecc. Direct Marketing Il direct marketing (direct mail e telemarketing) è la tecnica con la quale il promotore della campagna si propone di raggiungere e ottenere una risposta diretta da parte del cliente finale. Può trattarsi di un ordine d'acquisto, una richiesta di informazioni, la prenotazione di un servizio sanitario, o di una donazione. Un esempio sono le iniziative scolastiche che non raggiungono solo studenti e docenti ma anche le famiglie (kit didattici, iniziative di animazione, giochi, siti, guide per docenti, concorsi).

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LEZIONE 69 STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (PARTE 3) (273) Marketing non convenzionale Si parla di marketing non convenzionale quando ci si riferisce a tecniche di comunicazione che non utilizzano i canali tradizionali. Una forma di comunicazione che esce dal circuito tradizionale dei media per scendere tra la gente, come lo street marketing un'attività che si sviluppa attraverso azioni organizzate per strada con il solo supporto di mezzi e persone. Quando si parla invece di guerrilla marketing si fa riferimento a iniziative inaspettate e sorprendenti che hanno l'obiettivo di spiazzare il pubblico. Es. Cancelli Altri strumenti di fundraising il cause related marketing raccolta fondi con 8 x 1000 e 5 per 1000 eventi culturali e spettacoli carte di credito solidali asta, vendite on line, merchandising Cause related marketing Il CRM è un'azione di marketing in cui imprese profit e ONP formano una partnership al fine di promuovere un'immagine, in prodotto o un serio traendone reciprocamente beneficio. Nasce negli USA con la campagna per la raccolta fondi promossa da American Express per il restauro della Statua della Libertà. Oggi è molto diffuso anche in Italia. LEZIONE 69 STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (PARTE 3) (274) Diversi tipi di CRM • CRM di transazione (l'azienda profit contribuisce all'iniziativa della ONP fornendo risorse finanziarie proporzionali al fatturato derivante dalla collaborazione) • CRM di promozione della causa (l'operazione si incentra sull'uso del prodotto come mezzo di "trasmissione" della causa • CRM di licensing (la ONP concede l'uso del proprio marchio in cambio di una qualificazione economica dell'apporto) • CRM di joint fundraising (l'azienda profit sostiene la causa ponendosi come intermediario tra i propri clienti e la ONP) La raccolta fondi con 8X1000 e 5X1000 I cittadini hanno la possibilità di destinare 1'8 x 1000 delle imposte a una confessione religiosa per interventi assistenziali, sociali e culturali. Più recentemente è stata introdotta anche la possibilità di destinare il 5 X 1000 a organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte in apposito registro predisposto dall'Agenzia delle Entrate. Es. Telethon Eventi culturali e spettacoli La creazione di spettacoli (musicali, teatrali ecc.) finalizzati a promuovere un progetto sociale è diventata abbastanza comune in questi ultimi anni. Il contenuto deve essere coerente con la missione dell'organizzazione che lo promuove e viene utilizzato per veicolare valori e messaggi concreti. Per essere efficace deve essere inserito in modo strategico nel piano di comunicazione dell'organizzazione. Es. Pinocchio nero LEZIONE 69 STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE (PARTE 3) (276) Carte di credito solidali Sono strumenti di raccolta fondi che nascono nel 2003. Le carte di credito solidali uniscono la praticità di uno strumento di pagamento ormai diffuso anche in Italia alla possibilità di effettuare una donazione a un'organizzazione del Terzo settore. Utilizzando i propri pagamenti la carta di credito si contribuisce al sostegno della buona causa scelta. Es. La carta Lilit Aste, vendite on line, merchandising Le modalità di raccolta fondi attraverso le aste benefiche, le venite on line che prevedono un ristorno da parte del prezzo a ONP, le attività di merchandising con prodotti che riportano illogo di una ONP. Molte ONP hanno creato veri e propri cataloghi con articoli diversi: t-shirt, tazze da caffè con illogo. Es. Compro e La "cassetta degli attrezzi" Ecco gli strumenti più utilizzati negli ultimi anni dalle imprese per comunicare l'attenzione ai valori sociali e ambientali: brochure e pieghevoli informativi; bilancio sociale; codice etico; certificazioni. LEZIONE 70 PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE E PERSUASIONE (277) INTRODUZIONE LEZIONE 70 In questa lezione 70 riprenderemo il tema della pubblicità non commerciale. In particolar modo: la differenza tra campagne sociali e campagne commerciali (come già accennato in lezione 57); la dimensione ideologica della pubblicità commerciale e sociale; il concetto di frame; le teorie psicologiche e persuasione (alcune sono già state analizzate, nella lezione 45, qui ne verranno presentate altre); le teorie psicologiche del cambiamento sociale Health belief model (Becker, 1974). Differenza tra campagne sociali e campagne

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commerciali (1) Come già accennato (lezione 57), definire il confine tra pubblicità commerciale e sociale presenta molte difficoltà: si potrebbe pensare che la caratteristica fondamentale che le distingue sia il fatto che la prima abbia l'unico scopo di vendere un prodotto e la seconda promuovere idee (Puggelli, 2000). La pubblicità commerciale si trova sempre più spesso a fare riferimento al mondo delle idee e dei valori per vendere i proprio prodotti. La pubblicità sociale usa spesso le stesse tecniche e gli stessi canali di quella commerciale per promuovere comportamenti "positivi". C'è una costante commistione tra oggetti e linguaggi almeno da un punto di vista tecnico, tale da far considerare la pubblicità sociale come un ulteriore nuovo prodotto da commercializzare a cui si applicano le stesse logiche pubblicitarie. Differenza tra campagne sociali e campagne commerciali (2) Lo scopo della pubblicità sociale non è di vendere un prodotto, ma stimolare un comportamento sociale. In questo senso le principali differenze tra le campagne commerciali e quelle sociali sono facili da definire: - budget più limitati; obiettivi più complicati rispetto alle pubblicità commerciali: si tratta di smuovere opinioni radicate nel profondo che spesso sono parte dell'identità stessa delle persone. LEZIONE 70 PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE E PERSUASIONE (278) La dimensione ideologica della pubblicità commerciale e sociale (1) • La pubblicità cerca costantemente di salvaguardare formule, valori, tradizioni e lo status quo vigente, ostacolando nuovi atteggiamenti e comportamenti. • Riflette i valori, i comportamenti e le relazioni sociali più comuni utilizzando le strutture di significazione che appoggiano il sistema socioeconomico presente. • Apparentemente questo discorso sembra valere solo per la pubblicità commerciale, ma non è così. • L'ideologia di una società viene divulgata e rafforzata attraverso la pubblicità che aiuta a mantenere lo status quo presente. La dimensione ideologica della pubblicità commerciale e sociale (2) • L'aspetto ideologico della pubblicità si riverbera anche nella pubblicità sociale. • Anche i temi della pubblicità sociale cambiano a seconda delle società e del momento storico, tanto che spesso un problema rimane nascosto nonostante gli sforzi dei promotori, fino a che eventi sufficientemente drammatici per attivare la copertura giornalistica e l'attenzione del pubblico ne determinano l'emergenza. • Ma più ancora che la difficoltà di inserire un certo problema in agenda, quello che pare fondamentale è il frame con cui questo problema viene posto all'attenzione del pubblico. • Non è rilevante solo il fatto che un tema venga considerato una priorità, ma in modo specifico anche la sua definizione perché è la definizione che veicola un modo per risolvere quel problema. Il frame • Il framing è l'effetto sulle percezioni del pubblico di un evento o problema nei modi di inquadrarlo nelle notizie. • E' chiaro che anche la pubblicità sociale agisce all'interno di un orizzonte ideologico di mantenimento dello status quo; agisce a livello di modifica degli atteggiamenti e dei comportamenti sociali. • I temi stessi della pubblicità sociale cambiano a seconda della società: temi che in alcune società sono considerati controversi, non lo sono in altre. • Dal punto di vista ideologico qualunque comunicazione pubblicitaria, commerciale o sociale, ha come obiettivo "profondo" quello di mantenere lo status quo. Ma non è questa l'unica identità tra le comunicazioni orientate a vendere un prodotto e quelle orientate a vendere idee: anche dal punto di vista dei meccanismi psicologici che agiscono nell'individuo-spettatore, infatti, esistono moltissime similitudini. LEZIONE 70 PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE E PERSUASIONE (279) Teorie psicologiche e persuasione Alcune teorie psicologiche inerenti al tema della persuasione, sono già satate analizzate (lezione 45). L'obiettivo di questa lezione non è quello di rendere ragione diffusamente di tutte le teorie psicologiche che riguardano il tema della persuasione, quanto piuttosto di passare in rassegna le principali ed evidenziare quegli aspetti che possono contribuire a meglio comprendere i meccanismi che soggiacciono alla persuasione pubblicitaria, in modo da trarre utili insight per formulare e costruire campagne sociali. Il focus di queste lezioni sarà quindi quello di gettare le fondamenta per capire meglio come costruire una campagna sociale efficace. I mass media e la comunicazione

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pubblicitaria hanno due generi di effetti sul pubblico: di breve e lungo termine. Teoria della coltivazione Gerbner (1973) • La tesi centrale di questa teoria è che l'uso massiccio del mezzo televisivo non ha effetti immediati sul pensiero, ma produce nel lungo termine un effetto di coltivazione e provoca un cambiamento della percezione della realtà, facendo vivere lo spettatore in un mondo modellato su ciò che viene trasmesso dalla televisione. • Applicando questo modello all'ambito pubblicitario ne deriva che è l'insieme continuo e continuato delle pubblicità che contribuisce a generare una specifica percezione della realtà. La teoria degli usi e gratificazioni di Rosengran (1974) • La teoria degli usi e gratificazioni di Rosengran (1974) guarda al ruolo degli individui: a come essi scelgono di esporsi ai messaggi trasmessi dai media e a come vi reagiscono. • L'audience usa i media allo scopo di soddisfare i propri bisogni e ottenere delle gratificazioni diventando parte integrante del processo comunicativo. LEZIONE 70 PUBBLICITÀ NON COMMERCIALE E PERSUASIONE (280) Le teorie psicolociche del cambiamento sociale (1) • Le teorie che riguardano il cambiamento sociale integrano e completano le teorie psicologiche che riguardano la persuasione (vedere lezione 45) • Per creare un programma di marketing sociale che sia efficace è necessario combinare la comprensione delle regole della persuasione con quelle relative al motivo di cambiamento del comportamento. • Per creare messaggi che producano effetti positivi a lungo termine sul pubblico bisognerebbe comprendere le teorie che spiegano come awiene il cambio di comportamento. Le teorie psicolociche del cambiamento sociale (2) • Un cambiamento nella vita di una persona coinvolge un complesso processo della mente. • Prima di entrare nella rassegna delle diverse teorie, occorre definire quattro costanti che sono definibili come «mediatori cognitivi dei comportamenti di salute» • Esistono quattro costanti definibili come mediatori cognitivi dei comportamenti: l'aspettativa; la motivazione; illocus of control (percezione che l'individuo ha di poter o meno controllare gli eventi); l'attitudine. Health belief model (Becker, 1974) Questo modello cerca di spiegare le condizioni necessarie per far si che avvenga un cambiamento nel comportamento. Un individuo prenderà atto di dover prevenire, curare, controllare una malattia o una condizione basandosi su questi fattori: suscettibilità percepita: l'individuo deve credere che la condizione proposta lo coinvolga; gravità percepita: l'individuo deve credere che impegnarsi nel comportamento preventivo ridurrà la minaccia e avrà effetti positivi; limiti percepiti: l'individuo deve credere che i costi psicologici o tangibili di mettere in atto un certo comportamento siano minori rispetto ai benefici. Health belief model (Becker, 1974) Health BeliefModel (Becker, 1974) Suscettibilità percepita Variabili demografiche Gravità percepita Motivazione alla salute AZIONE Benefici percepiti Variabili psicologiche Limiti percepiti LEZIONE 71 TEORIE PSICOLOGICHE DEL CAMBIAMENTO SOCIALE (281) INTRODUZIONE LEZIONE 71 In questa lezione 71 approfondiremo le teorie psicologiche del cambiamento sociale. Nella lezione precedente è stata illustrata Health belief model (Becker, 1974), qui verranno illustrate le altre. In particolar modo: Self efficacy Model (Bandura, 1977); Theory of planned behavior (Ajzen, 1985); Transtheorical model; Health action process approach (Schwarzer, 1992); Diffusion of innovations model; Integrative model (Fishbein, 2000). Self efficacy Model (Bandura, 1977) (1) • Il cambiamento del comportamento è influenzato da fattori all'interno dell'individuo e del suo ambiente. • L'individuo sarà più motivato se crede che gli esiti positivi del comportamento abbiano maggior peso e superino quelli negativi. • Se qualcuno ha precedentemente messo in atto il comportamento, questa valutazione generalmente deriva dall'osservazione di cosa accade quando lo fanno gli altri. Self efficacy Model (Bandura, 1977) (2) • La percezione di quanto si abbia la possibilità di agire su cambiamento è determinante: filtrata attraverso le aspettative, gli obiettivi e i fattori sociali, genera l'azione positiva di cambiamento del

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comportamento. • Per mettere in atto un comportamento di salute occorre: considerare il livello di rischio; credere che il cambiamento riduca il rischio; credere di essere in grado di modificare il comportamento. Theory of planned behavior (Ajzen, 1985) • Secondo questa teoria le intenzioni comportamentali sono la componenti più determinante dell'atteggiamento. • Se una persona programma di mettere in atto un comportamento in una situazione particolare questo comportamento si verificherà più facilmente. • L'intenzione è influenzata da: attitudine verso il comportamento: le credenze dell'individuo riguardo alle conseguenze positive o negative del comportamento e il relativo peso di importanza di ognuna; norme soggettive associate al comportamento: le credenze dell'individuo riguardanti ciò che le persone importanti della sua vita pensano del comportamento e quanto fortemente l'individuo è motivato ad andare incontro alle loro aspettative; controllo percepito del comportamento stesso: la percezione dell'individuo sulla forza di fattori esterni che facilitano o rendono più difficile il verificarsi del comportamento. TEORIE PSICOLOGICHE DEL CAMBIAMENTO SOCIALE Theory of planned behavior (Ajzen, 1985) Theory ofPlanned Behaviour (Ajzen,1985) V Aspettative Vi IV Attitudine sul risultato IV V V Variabili Credenze Norme esterne normative soggettive V V V Percezione Controllo abilitàllimiti percepito Comportamento Transtheorical model • Questo modello descrive i passi che un individuo compie prima di acquistare un nuovo comportamento: Precontemplazione: un individuo non è a conoscenza del potenziale problema e non si considera a rischio. In questa fase i messaggi sul cambiamento non riceveranno molta attenzione. Contemplazione: l'individuo capisce che potrebbe essere a rischio e inizia a considerare se fare qualcosa. In questa fase può essere utile porre l'accento sui benefici del comportamento. Determinazione: l'individuo ha deciso che è il momento di agire. I messaggi in questa fase dovrebbero minimizzare le barriere percepite dal soggetto per far si che l'individuo non decida di abbandonare il proposito di agire. Azione: l'individuo mette in atto il suo nuovo comportamento una volta sola e determina se ne vale la pena. Mantenimento: l'individuo persiste nel nuovo comportamento nelle situazioni che lo richiedono. Trasntheoretical Model (Prochaska e Di Clemente, 1982) Prencontemplazione <7 Contemplazione <7 Determinazione <7 Azione <7 Mantenimento LEZIONE 71 TEORIE PSICOLOGICHE DEL CAMBIAMENTO SOCIALE (283) Health action process approach (Schwarzer, 1992) (1) • L'approccio alle azioni salutari si sviluppa in due fasi: motivazionale: in cui viene presa la decisione di modificare il comportamento; volitiva: che può realizzarsi con modalità diverse. La fase decisionale è influenzata sia dalle aspettative sul risultato sia dalla propria self-efficacy. Health action process approach (Schwarzer, 1992) • Il modello prevede due percorsi di sviluppo del meccanismo decisionale, entrambi attivati dalla percezione del rischio: da una parte attraverso le aspettative sul risultato viene sviluppata la self-efficacy, che a sua volta diventa uno dei fattori che influenza l'altra parte, ovvero le considerazioni delle intenzioni, del piano di azione e del controllo sull'azione stessa che sono gli antecedenti dell'health actions. Health action process approach (Schwarzer, 1992) Health Action Process Approach (Schwarzer, 1992) Aspettative ~ sul risultato y SELF EFFICACY Percezione del rischio o O 91 Intenzione Il Piano di azione Il Controllo azione O O HEALTHACTIONS Risorse I Barriere esterne LEZIONE 71 TEORIE PSICOLOGICHE DEL CAMBIAMENTO SOCIALE (284) Diffusion of innovations model • Il modello di diffusione delle innovazioni descrive la diffusione nel tempo di una particolare innovazione. • Con qualunque prodotto o pratica, alcune persone saranno le prime ad adottarlo, altre aspetteranno fino a quando la maggior parte dei pari l'avranno accettato e altre non cambieranno mai i propri comportamenti. • Rispetto a una qualsivoglia innovazione gli individui entreranno a far parte di uno di questi gruppi: innovatori: coloro

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che si adattano velocemente; coloro che si adattano più tardi; indolenti: coloro che sono più difficili da raggiungere e convincere. Diffusion of innovations model Diffusion ofInnovation Process (Rogers, 1995) Adozione {> Conoscenza I I Persuasione I I Decisione CONFERMA o Rifiuto Integrative model (Fishbein, 2000) • Secondo il modello l'intenzione è i primo determinante del comportamento, ipotizzando che il comportamento abbia tante più probabilità di essere messo in atto quanto più il soggetto ha intenzione di cambiare, quanto più pensa di avere le capacità per adottare il nuovo comportamento e quanto più non vi sono particolari impedimenti ambientali al cambiamento. • Per poter costruire un messaggio efficace occorre agire su tre variabili: attitudine al cambiamento; le norme soggettive dell'individuo; la sua self-efficacy. Integrative model (Fishbein, 2000) Integrative Model (Fishbein, 2000) V IV Credenze comportamentali I Attitudine I I Abilità IV IV Variabili Credenze I Norme soggettive I I Intenzione esterne normative V V Credenze Vincoli self-efficacy I Self-efficacy I ambientali © 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004 Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - [email protected] • Pagina 7/7 Corso di Laurea: Insegnamento: nO Lezione: Titolo: SCIENZE TECNICHE PSICOLOGICHE - (classe 34) PSICOLOGIA SOCIALE 72 COSTRUZIONE DI UNA CAMPAGNA SOCIALE EFFICACE LEZIONE 72 COSTRUZIONE DI UNA CAMPAGNA SOCIALE EFFICACE (285) INTRODUZIONE LEZIONE 72 In questa lezione 72 affronteremo il tema della costruzione di una campagna sociale efficace. In particolar modo: gli elementi che entrano in gioco; la progettazione di una campagna sociale; l'efficacia di una campagna sociale. La comunicazione sociale Si è assistito a una crescita di interesse verso la comunicazione sociale dovuta a: • un aumento dei soggetti che se ne occupano; • una crescita generalizzata dell'uso di questa modalità comunicativa; • un incremento degli interessi economici attorno a essa. Gli elementi importanti Per capire quindi come "funzioni" a livello psicologico una campagna di pubblicità sociale, è necessario inquadrarla all'interno del più generale ambito delle comunicazioni persuasive. Per essere persuasiva, sono importanti questi elementi: • ricerca della "seduzione" da parte del prodotto-comportamento positivo; • la scelta del medium; • la frequenza di trasmissione del messaggio; • la serie di operazioni considerate come obiettivo dalla campagna; • utilizzare un mix di comunicazione per stimolare l'interazione interpersonale con i promotori della campagna; • l'i m patto della "loca lità"; • la scelta della tematica o dell'approccio da tenere. LEZIONE 72 COSTRUZIONE DI UNA CAMPAGNA SOCIALE EFFICACE (286) Gli obiettivi di una campagna sociale I quattro obiettivi chiave: • cambiamento cognitivo (cognitive change); • cambiamento d'azione (action change); • cambiamento comportamentale (behavioral change); • cambiamento di valori (value change). Il percorso di costruzione del messaggio della comunicazione sociale (1) 1) Definizione degli obiettivi. La prima fase di ogni comunicazione è quella della definizione degli obiettivi. Ciascuno degli obiettivi richiede modelli di persuasione diversi e mette in atto stili comunicativi diversi. Il percorso di costruzione del messaggio della comunicazione sociale (2) 2) Generazione dei messaggi. Dopo aver definito l'obiettivo, è necessario tradurlo in messaggio adottando schemi deduttivi formali: • schema razionale, emotivo e morale; • schema soddisfazione/situazione; • schema del cambiamento d'atteggiamento; • schema del cambiamento delle convinzioni. LEZIONE 71 COSTRUZIONE DI UNA CAMPAGNA SOCIALE EFFICACE (287) Il percorso di costruzione del messaggio della comunicazione sociale (3) 3) Elaborazione dei messaggi. Dopo aver definito il contenuto del messaggio e la sua strategia comunicativa, occorre tradurli in atto, lavorando, secondo Kotler e Andreansen (1998), su stile, tono, parole, ordine e formato

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Il percorso di costruzione del messaggio della comunicazione sociale (4) 4) Valutazione e selezione del messaggio. L'ultimo passo della costruzione di una comunicazione efficace, secondo Kotler e Andreasen (1998), è quello di scegliere il messaggio migliore da utilizzare alla luce delle tre fasi precedenti Come progettare una campagna sociale Le regole per la costruzione di una comunicazione efficace risultano estremamente utili nella definizione più generale relativa alla strategia di esecuzione della campagna. I sei passaggi della progettazione del messaggio: • definizione del target; • definizione del problema; • descrizione dell'organizzazione; • descrizione della tipologia di intervento; • motivazione all'intervento; • drammatizzazione dell'importanza e dell'urgenza del messaggio. LEZIONE 72 COSTRUZIONE DI UNA CAMPAGNA SOCIALE EFFICACE (288) Formulazione della strategia creativa • Qual è il target di riferimento? • Quale azione è richiesta al target come conseguenza della comunicazione? • Quale ricompensa dovrebbe promettere il messaggio? • Come si può rendere la promessa credibile? • Quale comunicazione e quale mezzo? • Quale immagine dovrebbe essere utilizzata per il messaggio? Le condizioni alla base di una campagna efficace Le condizioni alla base di una campagna efficace sono relative certamente alla sua efficacia comunicativa (il messaggio è stato compreso?), ma anche alla rilevanza e allivello di memorabilità che ha riscosso nel fruitore (il messaggio è stato notato e ricordato?) e infine nei cambiamenti di tipo cognitivo e comportamentali che è riuscita a suscitare (il destinatario della comunicazione ha cambiato opinione/atteggiamento?). Il successo di una campagna (1) Esistono tre differenti dimensioni in grado di determinare il successo o meno di una campagna: • la durata del comportamento richiesto; • il grado di coinvolgimento richiesto; • la discriminante sociale legata al comportamento individuale o di gruppo. Il successo di una campagna (2) Elementi di successo: • abbinare alle campagne sociali numeri di telefono e recapiti ai quali rivolgersi per la richiesta di informazioni e chiarimenti; • utilizzo della meccanica del cosiddetto happy end; • ricorso all'appello del vantaggio personale; • il messaggio che contiene una proposta di azione che faciliti il ricorso all'atteggiamento desiderato; • corretto utilizzo del supporto linguistico; • ogni forma di appello deve basarsi preferibilmente su richiami positivo piuttosto che su proibizioni o negazioni