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REGIONE SICILIANA AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 6 – PALERMO
DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE (Responsabile: Dott. Nicolò Governanti)
MODULO DIPARTIMENTALE DI SALUTE MENTALE N. 7 Cefalù - Petralia Sottana
(Direttore: Dott. Francesco La Rosa)
MODELLO DI ETNOPSICHIATRIA E PSICHIATRIA SOCIALE (Dirigente Medico Referente: Dott. Giovanni Iannuzzo)
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NNEELL PPAARRAANNOORRMMAALLEE
N. 4, APRILE 2004
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REGIONE SICILIANA AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 6 – PALERMO
DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE (Responsabile: Dott. Nicolò Governanti)
MODULO DIPARTIMENTALE DI SALUTE MENTALE N. 7 Cefalù - Petralia Sottana
(Direttore: Dott. Francesco La Rosa)
MODELLO DI ETNOPSICHIATRIA E PSICHIATRIA SOCIALE (Dirigente Medico Referente: Dott. Giovanni Iannuzzo)
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N. 4 APRILE 2004
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PREMESSA
Le attività del Modello di Etnopsichiatria e Psichiatria Sociale continuano
attualmente ad essere centrate sulle problematiche afferenti al cosiddetto
paranormale, ed alle implicazioni della ricerca su di essi sulla teoria e la pratica
psichiatrica. Si tratta di un tema limite dell’etnopsichiatria (ampiamente
presente, ed in modo ancora più rilevante, nell’opera di Nathan, fra gli altri), ma
che più di altri sembra potere fornire contributi rilevanti alla comprensione di
modalità di comunicazione e azione terapeutica in qualche modo fondamentali.
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Benché le ricerche sul campo proseguano, diventa comunque importante una
riflessione teorica, al tempo stesso epistemologica e metodologica, su alcuni
concetti di fondo, come la stessa definizione di ciò che comunemente è chiamato
‘paranormale’ ed in particolare sulla sua dimensione descrittiva e persino
psicodiagnostica. La riflessione, pertanto, sul rapporto fra la psicologia e la
psicopatologia delle credenze nel paranormale acquisisce una importanza
strategica nel contesto di riflessioni sempre e comunque relative all’integrazione
di pratica clinica, studi epistemologici e ricerca empirica, all’interfaccia di una
dimensione scientifica che sicuramente merita di essere esplorata. G.I.
NOTA I Research Reports non sono una rivista. Essi sono esclusivamente i rapporti periodici interni di una attività scientifica e clinica formale, costituita nel contesto del Modulo D.S.M. n. 7 di Cefalù-Petralia Sottana. I materiali pubblicati nei Research Reports sono comunque vincolati dal Copyright, e pertanto essi non possono essere in alcun modo riprodotti senza il consenso scritto degli Autori. Ne è tuttavia consentito l’uso per scopi didattici, clinici e di ricerca, citando la fonte. Tutti i diritti sono riservati. Qualora non altrimenti specificato, autore dei Research Reports è il Dr. Giovanni Iannuzzo.
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N. 4 APRILE 2004
STUDI E RICERCHE
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N. 4 APRILE 2004
STUDI E RICERCHE
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DDEELLLLAA CCRREEDDEENNZZAA NNEELL PPAARRAANNOORRMMAALLEE
“...sappiamo bene che sotto qualsiasi cielo, in qualsiasi cultura, i meccanismi cognitivi che rendono possibili le illusioni sono partecipi d’ogni credenza personale e collettiva. Le stesse ideologie sociali, i movimenti religiosi e politici, fanno tutti presa su quelle vele della motivazione soggettiva che sono appunto le “illusioni positive” : il vento della storia, della trascendenza e dell’avventura o del cambiamento, non sarebbero possibili senza questa disposizione della mente umana” (Taylor, 1991).
INTRODUZIONE
I fenomeni parapsicologici fanno parte della storia e della cultura umana. In
fondo, l'interesse propriamente scientifico verso questi misteriosi eventi,
indipendentemente dal grado di comprensione di essi raggiunto, è abbastanza
recente, se paragonato con la loro storia 'culturale'. La caratteristica
sostanziale dei fenomeni che oggi definiamo 'parapsicologici' è, insomma,
quella di rappresentare in prima istanza delle 'credenze'. Alla telepatia, alla
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chiaroveggenza o alla psicocinesi, insomma si può, o meno,'credere'. Se non si
crede alla loro realtà, si crede almeno alla loro 'possibilità'. Senza
quest’atteggiamento mentale essenziale, l'idea stessa di paranormale non
esisterebbe sia nell'immaginario individuale sia in quello collettivo.
E' una caratteristica che riguarda, tra i fenomeni in ogni modo oggetto di studi
scientifici solo le pretese parapsicologiche. Nessuno metterebbe mai in dubbio
che esiste la percezione, né tanto meno 'crederebbe' alla percezione. La
percezione semplicemente esiste, e ne siamo tutti consapevoli per il semplice
fatto che tutti la sperimentiamo. Nessuno, allo stesso modo, metterebbe in
discussione l'esistenza del sogno, perché chiunque, per quanto raramente, ha
sognato.
Nel caso dei fenomeni parapsicologici, la loro natura particolare, la loro
erraticità, il fatto che essi non siano condivisi da tutti, li rende
fondamentalmente oggetto di credenza. C'è chi crede alla loro esistenza, e chi
no. Ora, mentre è abbastanza facile comprendere perché le persone possano
non credere ai fenomeni parapsicologici - il motivo fondamentale essendo
legato alla semplice adesione alle nozioni scientifiche acquisite sulla natura
del mondo - è abbastanza più difficile spiegarsi i motivi per cui la gente crede
al 'paranormale'. Il livello e i modelli di credenza possono modificarsi in
differenti periodi storici, ma il dato generale dell'esistenza di una credenza
resta, sebbene con modalità differenti di volta in volta. In realtà, infatti, la
'credenza' è assai spesso aprioristica: intendo dire che essa è presente o assente
in maniera del tutto autonoma rispetto ai dati scientifici disponibili. Insomma,
indipendentemente dal fatto che i fenomeni paranormali siano veri o no, molte
persone credono che essi esistono. E questo basta.
DEFINIZIONE E MISURAZIONE DEL PARANORMALE E' ovvio che, parlando di credenze nel 'paranormale', bisogna intendersi su ciò
che si intende per paranormale, poiché, in mancanza di indicazioni precise, il
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range di fenomeni che può essere definito in questo modo è vastissimo. Se
allora indaghiamo quali siano le credenze sul paranormale della gente, a cosa
esattamente ci riferiamo?
Esistono diverse 'scale di valutazione' della credenza nel paranormale (Jones,
Russel, & Nickell, 1977; Randall & Desrosiers, 1980; Scheidt, 1973;
Thalbourne e Delin, 1993; Tobacik, 1988); uno degli argomenti più indagati è
stata la credenza nella percezione extrasensoriale (psi), nei confronti della
quale esistono scettici e credenti. Ma si possono anche indagare, in maniera
più estensiva altre credenze, come in una scala ideata da Thalbourne e Delin
(1993), nella quale vengono prese in considerazione anche la credenza in una
vita dopo la morte e quella relativa alla possibilità di contatti con gli spiriti dei
defunti. Altri criteri di valutazione prendono in considerazione la psicocinesi,
la proiezione del corpo astrale e le guarigioni paranormali, l'astrologia, il
mostro di Loch Ness, il voodu, la comunicazione con le piante, il deja-vu, la
reincarnazione, la grafologia e altro ancora.
Dopo i primi entusiasmi rispetto alla possibilità di misurare un singolo fattore
paranormale (Randall & Desrosiers, 1980), si è lentamente imposta la
convinzione che un’accurata misurazione della credenza nel paranormale
passasse attraverso la misurazione di molteplici fattori (Clarke 1991; Grimmer
e White, 1990; Sobal & Emmons, 1982; Thalbourne e Delin, 1983). Questo
problema metodologico non è indifferente. Credere nell’esistenza della ESP è
proprio la stessa cosa che credere nell'esistenza del mostro di Loch Ness? Se
adottassimo rigorosamente questo punto di vista, ci troveremmo a dovere
appiattire in maniera indiscriminata tutte le tipologie di credenze. In realtà, c'è
chi crede che l'esistenza della ESP sia possibile, e non credere ai dischi
volanti, al mostro di Loch Ness. Le credenze quindi possono essere molto
selettive, e per valutarle vanno probabilmente considerate molteplici
dimensioni. Una conferma dell’utilità di questo approccio è data dai numerosi
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studi che hanno dimostrato come determinate caratteristiche psicologiche
siano associabili soltanto a determinate tipi di credenza, e non ad altre.
Tra tutte le scale prese in considerazione nelle ricerche sulla credenza nel
paranormale, una particolare attenzione merita quella costruita da Tobacik
(Tobacik e Milford, 1983; Tobacik 1988) per la sua diffusione (Lawrence,
1995) e per l’approfondimento psicometrico e concettuale di cui è stata
protagonista negli ultimi anni (in relazione alla definizione di paranormale ma
soprattutto in relazione al problema del numero dei fattori in cui è scomponibile
la credenza). Essa nasce nel 1983 (Tobacik e Milford, 1983) attraverso una
analisi fattoriale che riduce un iniziale questionario di 61 item ad uno più
ristretto di 26 misurati su una scala a 5 punti. Vengono evidenziati sette fattori:
Credenze Religiose Tradizionali, Credenza nella psi, Stregoneria,
Superstizione, Spiritualismo, Forme di Vita Straordinarie, e Precognizione.
Come si può constatare la definizione di paranormale su cui si basa la scala di
Tobacik è alquanto ampia; egli riprendendo una definizione di Broad
(1949/1978), definisce come paranormale tutto ciò che: a) non può essere
spiegato dalle attuali conoscenze scientifiche; b) per essere spiegato comporta
una revisione sostanziale dei principi basilari su cui si basano le scienze; c) non
è compatibile con le percezioni, credenze e aspettative riguardo la realtà
normalmente condivise (Tobacik, 1983; Tobacik, 1995a). Nel 1988 Tobacik
(1988) propone una revisione della scala con l’obiettivo di migliorarne la
qualità metodologica: gli item diventano 26, la scala assume un range che va da
1 a 7, gli item sulla precognizione diventano e 4 e vengono completamente
riformulati, due dei quattro item sulla stregoneria ed uno sulle forme di vita
straordinarie vengono sostituiti. Nel 1995 Lawrence (1995) ne mette in
discussione i criteri di selezione dei fattori nonché la definizione stessa di
paranormale; l’utilizzazione di quattro differenti criteri avrebbe condotto
all’estrazione di troppi fattori e l’idea di selezionare quelli dotati di significato
interpretativo darebbe troppo spazio alla soggettività (Lawrence addirittura
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parla di metodica equiparabile ad un test proiettivo!); la definizione di
paranormale dovrebbe secondo lui essere più ristretta, comprendendo (Irwin,
1993): a) processi che sono fisicamente impossibile; b) processi che sono al di
là del regno delle capacità umane come attualmente sono intese dagli scienziati.
Egli applicando l’uso dello scree slope analysis individua invece quattro fattori:
Credenze Religiose Tradizionali, Credenza nella psi, Stregoneria, Superstizione.
Tobacik (1995a) risponde che è in realtà l’uso della scree slope analysis
soggettivo, poiché essa si basa su una lettura intuitiva di un grafico.
Successivamente Lawrence, Roe e Williams (1997) e Lawrence e De Cicco
(1997) effettuano due nuove somministrazioni della scala giungendo ad un
modello a cinque fattori (Oblique Five), mentre Hartman (1999) propone un
modello a quattro fattori. Lange, Irwin e Houran (2000) invece, pur
confermando la presenza di sette fattori, sostengono che la presenza di sue
singoli fattori sia in grado di migliorare le qualità psicometriche della scala (in
particolare riferendosi all’effetto del sesso e dell’età ed alla non additività di
alcuni item). Tobacik sintetizza probabilmente al meglio i motivi di tali
disaccordi: “Una parte della mancanza di accordo sull’analisi fattoriale della
PBS è dovuta al fatto che non esistono criteri quantitativi esatti per
l’applicazione dell’analisi fattoriale esploratoria. Così, molte decisione
sull’analisi dei fattori dipende dal giudizio del ricercatore” (Tobacik 1995b, pag.
142). In attesa di un miglioramento delle qualità psicometriche della scala –
miglioramento che tutti i ricercatori auspicano – la scala di Tobacik (1988)
rimane attualmente il migliore strumento di misurazione della credenza del
paranormale ed i sette fattori, ormai abbondantemente in uso, dovrebbero
verosimilmente essere abbandonati di fronte ad una convergenza di studi in
grado di identificare in maniera inequivocabile il numero dei fattori. I sette
fattori hanno infatti consentito di effettuare una notevole mole di ricerche che
appare molto produttiva, anche se psicometricamente non perfettamente
corretta.
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Naturalmente, esistono molte altre classificazioni delle credenze, che
comprendono fattori tra i più diversificati.
LA FUNZIONE DELLA CREDENZA Diversi studi si sono occupati di capire quale sia l'origine delle credenze nel
paranormale e quale sia la loro funzione nel contesto della personalità e della
vita degli individui. La gente può ovviamente 'credere' nel paranormale per
una serie di motivi apparentemente plausibili: per aver letto testi scientifici
convincenti, per aver letto qualcosa di suggestivo e affascinante (l'articoletto
sulla rivista popolare) o anche per personali esperienze 'psichiche'.
Naturalmente esiste un'altra chiave di lettura. Ci si può infatti chiedere se tutte
le persone, di fronte a questi stimoli, reagirebbero allo stesso modo. E la
risposta è che dipende probabilmente dalla personalità dell'individuo fare di
certe letture (scientifiche o meno) o di certe esperienze (realistiche o meno) un
mezzo per credere al paranormale. L'avvicinamento al paranormale, insomma,
non è casuale e solo alcune persone, rispetto alla popolazione generale, si
trovano, tutto sommato, in situazioni che incoraggiano la credenza nel
paranormale. Allora la credenza nel paranormale può essere spiegata come
fatto implicito alla personalità, come se, insomma, esistessero soggetti più o
meno 'predisposti'a credere al paranormale. E' chiaro che quando parliamo di
'paranormale' ci si riferisce un po' a tutte le credenze relative a fenomeni
genericamente 'irrazionali', e sebbene vari tipi di credenza possano essere
differenziati,questo ha abbastanza poca importanza, in realtà. E' come se
esistesse un fattore generale che chiamiamo 'credenza nel paranormale'. Che
poi questa credenza possa essere diversificata in vari modi è tutt'altro
argomento. Un argomento che, in effetti (e lo vedremo più oltre) può essere
oggetto di valutazioni controverse.
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Che senso ha, per l'individuo, credere nel paranormale? Una risposta possibile
è che questa credenza gli serve per il suo adattamento psicologico.
La credenza nei fenomeni paranormali può essere considerato uno dei prodotti
della pratica all’auto-inganno che caratterizza in talune occasioni la mente
umana. Le credenze, con la loro capacità di dare significato ad eventi
apparentemente casuali e incontrollabili, consentono la costruzione di una
trama cognitivo-emotiva che favorisce l’adattamento dell’uomo. Detto in altre
parole, la mente umana è pronta a ritenere esistenti relazioni inesistenti o
quantomeno indimostrabili (“correlazioni illusorie”) purché queste
favoriscano il benessere psicologico dell’individuo: “...le illusioni
mantengono una immagine favorevole nell’anticipazione degli eventi
probabili” (Taylor, 1991). Per alcune persone, quindi, è possibile - è l'opinione
dello psicologo americano Schumaker (1987)- costruire una trama concettuale
e cognitiva del mondo quotidiano solo credendo nel paranormale. Il fatto che
queste credenze possano essere del tutto illusorie, erronee o addirittura false
ha poca importanza, in quanto la cosa importante e prioritaria è l'adattamento
psicologico. Si tratta di un concetto che è stato bene espresso da Taylor e
Brown (1988) quando suggeriscono l'immagine di "self-serving illusion"
(illusione auto-sufficente), in altre parole di un’illusione che è sicuramente
falsa, ma che comunque ha la funzione, fondamentale per la salute mentale, di
creare un 'filtro' attraverso il quale la realtà acquista un suo ordine e un suo
senso.
Credere in fenomeni come i sogni premonitori, la chiaroveggenza, gli
extraterrrestri, ecc., significa ritenere come esistenti enti, leggi o comunque
fenomeni per i quali non esiste alcuna condivisa evidenza. Potrebbe stupire il
pensiero che una persona dotata di normali capacità di ragionamento possa
lasciarsi ingannare in tal modo. In realtà una serie di studi hanno
inequivocabilmente dimostrato che la nostra capacità di percepire relazioni tra
i fenomeni in cui siamo inseriti, può essere considerata come una funzione al
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servizio del nostro benessere psicologico. La mente sana pratica l’autoinganno
per adattarsi all’ambiente e sopravvivere.
La credenza nei fenomeni paranormali può essere considerata allora una
illusione che nasce da una fiducia eccessiva nelle proprie capacità di controllo
personale su eventi che sono per loro natura caotici o inevitabili. Fin da
piccolo il bambino sembra possedere una motivazione autonoma a
padroneggiare l’ambiente in cui vive (White, 1959): cerca di conoscerlo, e
quando è possibile modificarlo, in modo da rendere più probabile il
raggiungimento dei suoi scopi.
Le persone non sembrano distinguere bene tra eventi i cui esiti sono
determinati dal caso, e quindi incontrollabili, da eventi condizionabili da
abilità personali. La possibilità di controllare gli eventi è una capacità cui
l’uomo non vuole rinunciare. E’ stato dimostrato che quando si sottopongono
dei soggetti ad attività in cui il successo è puramente casuale (es.
partecipazione ad una lotteria), e in tale attività vengono inseriti fattori
normalmente legati a situazioni controllabili (competizione, scelta, familiarità,
coinvolgimento, pratica), tali soggetti mettono in atto comportamenti che
chiaramente tradiscono un tentativo di controllo ed una quantomeno sfumata
percezione della casualità degli esiti in cui sono coinvolti (Langer, 1975). Una
semplice coincidenza casuale tra un comportamento prodotto da un organismo
ed l’evenienza di un fenomeno esterno può generare la convinzione che quel
comportamento possa generare l’evento concomitante. Questo è il senso del
famoso esperimento di Skinner sulla ‘superstizione nei piccioni’ (Skinner,
1992) : una contiguità casuale (adventitious reinforcement) tra la
somministrazione di cibo (rinforzo) ed un comportamento del piccione,
spingeva l’animale a compiere automaticamente quel comportamento nella
‘convinzione’ di poter causare di nuovo l’acquisizione del cibo. Benché la
prassi sperimentale su cui si è fondato tale esperimento sia stata criticata
(Staddon, 1992), sono stati prodotti nuovi studi che hanno dimostrato in modo
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inequivocabile, la ‘conflittualità’ della razza umana nei confronti del caso.
Soggetti sottoposti ad una prova di problem solving in un gioco
computerizzato, tendono a considerare come soluzioni comportamenti
assolutamente inefficaci, se questi vengono rinforzati qualche volta in maniera
assolutamente casuale (Heltzer e Vyse, 1994). Quindi uno dei processi
cognitivi sottostanti la credenza nei fenomeni paranormali è la suscettibilità a
credere in correlazioni illusorie (Tobacyk, 1991) : una sorta di bias cognitivo
che porta a sostituire coincidenze con connesioni causa-effetto. Non è un caso
che i credenti nei fenomeni paranormali tendono a preferire giochi i cui esiti
sono determinati dal caso : la percezione di correlazioni illusorie li porta a
sovrastimare la loro abilità nel controllare gli esiti di tali giochi (Tobacyk e
Wilkinson, 1991).
La percezione di tali ingiustificate correlazioni nasce probabilmente dalla
incapacità a rinunciare alla possibilità di controllare gli eventi. Per altro si sa
che una perdita anche temporanea di controllo è ansiogena : meglio illudersi
di poter controllare che sentirsi impotenti (learned helplesness) (Matute,
1994). L’uomo ha bisogno di sentirsi capace di svolgere una prestazione
perché il percepirsi come in grado di agire sulla realtà è un preludio
indispensabile per una efficace azione su di essa. L’auto-efficacia può essere
definita come l’aspettativa di poter portare avanti con successo comportamenti
necessari al raggiungimento di obiettivi desiderati; l’auto-percezione di sé
stessi come ‘efficaci’, modifica pattern di pensieri, azioni e l’arousal
emotivo : insomma l’aver fiducia nelle proprie capacità di performance porta
cocretamente a prestazioni migliori (Bandura, 1982) . Non è un caso che i
credenti nei fenomeni paranormali hanno punteggi significativamente più
bassi nella scala di misurazione dell’auto-efficacia (Tobacyk e Shrader, 1991).
Il credente nei fenomeni paranormali può essere considerato una persona che
ha sperimentato il fallimento in una o più aree della propria vita, è convinto di
non essere capace di influenzare con il proprio comportamento aspetti
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rilevanti della sua esistenza, così che, per non rinunciare alla possibilità di
influenzare gli esiti della propria vita, è più portato a praticare l’autoinganno :
meglio la percezione di un controllo illusorio, che la perdita di controllo.
D’altro canto, benché la letteratura sull’argomento non sia chiara (Averill,
1973), sembra che anche l’impatto di uno stimolo doloroso (in termini
soggettivi, comportamentali e fisiologici) è ridotto se tale stimolo può essere
somministrato, o in qualche misura comunque controllato, dal soggetto stesso
che lo riceve (Miller, 1979 ; Geer e Maisel, 1972). Anche la semplice
convinzione, non reale, di poter effettuare un controllo su uno stimolo
avversivo è in grado di diminuire la sua capacità di indurre stress (Geer,
Davison & Gatchel, 1970). L’aspetto che sembra più influire sull’effetto di
stimoli dolorosi è, non tanto il senso stesso di controllo in sè, ma il significato
che si attribuisce ad una condizione frustrante ; se tale condizione può essere
prevista, se ne si conosce la durata e se fa parte di un insieme di circostanze
desiderate da un soggetto, allora tale condizione produrrà una frustrazione
meno intensa (Thompson, 1981). In altre parole una qualsiasi condizione
stressante può essere tollerata meglio se inserita in una trama cognitiva che le
dia un senso. La credenza nei fenomeni paranormali può essere così
considerata un complesso tessuto di conoscenze che, per quanto ingiustificate,
forniscono un modo per controllare e quindi attenuare situazioni
potenzialmente minacciose, e di fatto inevitabili. Una persona che sperimenta
il fallimento in aree quali ad esempio l’acquisizione di un lavoro o nella
gestione della vita amorosa e affettiva, può più facilmente rivolgersi ad un
cartomante per ‘conoscere’ ed essere rassicurato su questioni che una
mancanza di auto-afficacia personale circonda di una ansia difficilmente
gestibile.
Le persone mostrano per altro una sorta di ottimismo ingiustificato che le
porta a ritenere che alcuni eventi frustranti (come le malattie, gli incidenti, il
divorzio...) possano più probabilmente accadere ad altri che a se stessi ; esiste
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cioè una sorta di motivazione alla protezione di se stessi (Self-Serving bias)
che porta a distorcere la percezione della causalità di eventi qualora questi
possono minacciare la sopravvivenza dell’organismo (Miller & Ross, 1975 ;
Kunda, 1987) La nostra mente sembra quindi pronta ad alterare la percezione
dei fatti, se questo può servire a sentirsi più protetti. Ad esempio la
formulazione di un giudizio sulla covariazione tra eventi comporta una serie
di opearzioni mentali che possono essre svolte scorrettamente se la nostra
mente ha bisogno di confermare convinzioni di cui ha bisogno (Crocker,
1981). E’ realmente difficile raccogliere indizi per confutare le nostre
convinzioni se queste ci servono : una teoria sul funzionamento della realtà
che ci serve, difficilmente viene abbandonata. Una persona convinta che i
sogni premonitori esistono tenderà a selezionare tra i propri sogni solo quelli
che si realizzano, tenderà a prendere in considerazione soltanto un campione
di sogni che più somigliano ad eventi che si realizzano, distorcerà il contenuto
del sogno per farlo somigliare ad un evento realmente accaduto, considererà i
sogni che non si realizzano non una confutazione ma una dimostrazione che le
nostre capacità premonitorie non sempre funzionano, riterrà la frequenza dei
sogni che si realizzano maggiore di quella che non si realizzano, per
concludere infine che esistono prove più che convincenti dell’esistenza di
fenomeni in realtà invisibili.
LA CREDENZA NEL PARANORMALE: SALUTE O MALATTIA? Schumaker afferma che le credenze nel paranormale hanno 'spostato' le
tradizionali credenze religiose, quasi a costituire una sorta di 'religione non
religiosa' che ha il valore sostanziale di essere 'mental health prophilactics'.
Credere nel paranormale servirebbe, anche se il costo di questa credenza è
l'autoinganno, la sospensione del pensiero razionale e critico e un certo
impoverimento della realtà. Se Schumaker pensa, in conclusione, che credere
nel paranormale può essere un modo di salvaguardare la propria salute
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mentale, altri non solo affatto d'accordo. Zusne e Jones (1982) pensano per
esempio, esattamente al contrario, che credere nel paranormale sia un segno
evidente di instabilità emozionale. E Greyson (1977) ha notato come la
credenza nel paranormale sia molto più frequente tra i pazienti con disturbi
psicologici. Due altri studiosi (Tobacyk e Mildford,1983) hanno notato la
stessa cosa: le persone che credono di più al paranormale sono persone con un
cattivo adattamento (rivelato dal Test del Locus of Control). D'altra parte
numerose ricerche dimostrano che esiste una correlazione diretta tra credenza
nel paranormale e pensiero magico, ed il pensiero magico è tipico di certe
gravi forme di disturbo psichiatrico (per esempio il disturbo schizotipico) o
comunque di propensione alla schizofrenia. Irwin (1994b) e Woldraft (1997)
hanno invece riscontrato un’associazione tra tendenza ad avere esperienze
dissociative e credenza (in particolare con la credenza nella psi, nella
precognizione, nello spiritualismo e nelle forme di vita straordinarie). Questo
ovviamente non significa che credere nel paranormale sia segno di malattia
mentale, almeno nella stessa misura in cui credere al paranormale non è segno
di salute mentale. E' un dato di fatto che la credenza nel paranormale può
essere associata facilmente a disturbi mentali, o comunque a disturbi della
sfera emotiva, come hanno tra gli altri ancora visto Windholz e Diamant
(1974) e Thalbourne (1994, 1998), che hanno evidenziato come i credenti nel
paranormale esaminati nel loro studio mostrino risposte tipiche di soggetti
schizoidi e di problematiche collegate asse psicotico (ideazione magica e
alterazioni percettive). Thalbourne e French (1995) e Andrews e Lester
(1998), Thalbourne, Keogh e Crawley (1999), hanno riscontrato invece la
presenza di problematiche che riguardavano anche l’umore, notando che la
tendenza a credere nei fenomeni paranormali era associata alla presenza di
depressione, mania ed esperienze maniaco-depressive.
Un’indagine recente di Willging e Lester (1997) non ha rilevato invece alcuna
associazione tra disturbi psicologici e credenza in un campione di adolescenti,
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piuttosto rilevando una relazione con la presenza di esperienze paranormali
nell’infanzia
D'altra parte non è possibile ignorare il numero notevole di studi compiuti su
questo argomento, i cui risultati mostrano come la credenza nel paranormale
sia associata con una serie di caratteristiche psicologiche che con la salute
mentale hanno abbastanza poco a che vedere, come per esempio ideazione
magica, dogmatismo, scarso interesse verso il sociale, convinzione di essere
dominati da forze esterne e misteriose (locus di controllo esterno). Allo stesso
modo, in genere, la superstizione si collega all'ideazione magica, ma anche a
una serie di fattori che denotano un cattivo adattamento psicologico.
Il concetto di locus of control è andato assumendo una importanza sempre più
determinante nella ricerca sulle credenze. Il costrutto teorico del 'locus of
control' è stato elaborato nel 1966 dallo psicologo Rotter, e si riferisce alle
credenze che possiede una persona relativamente al controllo degli eventi
dell'esistenza. Diciamo che le persone, da questo punto di vista possono essere
divise in due grandi categorie: quelli che credono che siano personalmente
responsabili di ciò che accade loro (e sono definiti individui 'interni'); e quelli
che ritengono che gli eventi della vita siano determinati da forze esterne che
sfuggono al loro controllo, per esempio dal fato, da altre persone o entità,
dalla sorte ('individui esterni'). Secondo questo costrutto teorico, insomma,
esiste una sorta di continuum di credenze che va da una tendenza alla
'internalità' ad una tendenza dalla 'esternalità', con una serie, ovvia, di
sfumature intermedie. Esistono delle differenze tra i vari tipi di credenza: per
esempio è stato notato, sempre con quel suggestivo strumento che è il Locus
of Control, che credenze religiose tradizionali, credenza nello spiritismo e
superstizione sono in genere associate ad un Locus of Control esterno, mentre
la credenza nella stregoneria e nelle capacità psi è legata maggiormente ad un
locus of control interno. Diversa è la situazione per le credenze religiose per
così dire 'ortodosse', tradizionali: l'unico tratto comune è una certa frequenza
19
di locus of control esterno, ma le credenze religiose in genere sono associate
ad indici di salute mentale, con una maggiore aderenza tra ideale e concetto di
se: si trovano correlazioni infatti con un buon funzionamento sociale, con un
buon adattamento, con alti interessi sociali. Persino la relazione con
l'ideazione magica è variabile, essendo probabilmente correlata con una
maggiore o minore intransigenza religiosa.
Insomma, Schumaker (1987) è un ottimista. I dati riportati dagli studiosi che
si sono occupati dell'argomento non sono sono molto a favore della sua
ipotesi, e la credenza nel paranormale più che essere un fattore di salute
mentale sembra, al contrario, essere un indice di psicopatologia. A fronte di
queste interpretazioni ne esiste un'altra che è particolarmente suggestiva. Si
tratta di quel fenomeno psicologico che viene definito 'propensione alla
fantasia"; questa caratteristica psicologica è tipica di quelle personalità che
fantasticano una gran parte del loro tempo, e che sono profondamente
assorbiti nelle loro fantasie tanto da essere assorbiti o comunque esperire ciò
che stanno 'fantasizzando' (Lynn e Rhue, 1988). La gente 'propensa alle
fantasie' è fortemente portata a riportare esperienze parapsicologiche personali
(Wilson e Barber, 1983).
Insomma, le fantasie iperattive sembrano più portate ad essere protagoniste di
presunti fenomeni paranormali, il che, se fosse così semplice, la direbbe assai
lunga sulla realtà di questi fenomeni. Una spiegazione alternativa è che
persone con grande fantasia possono essere indotte ad avvicinarsi al
paranormale, e questa credenza essere a sua volta un modo per produrre
autenticamente esperienze 'psichiche' (è una spiegazione stiracchiata, ma
poiché è stata suggerita è giusto citarla).
La propensione alle fantasie in relazione alle credenze paranormali è stata
indagata, per esempio, in un campione di soggetti australiani dallo psicologo
Irwin (1990a) che ha rilevato come questa caratteristica di personalità sia
correlata ad una serie piuttosto complessa di 'credenze', che vanno dalla
20
credenza in concetti religiosi tradizionali, a quella nella precognizione, nello
spiritismo, nella stregoneria, in forme di vita straordinarie e nella
superstizione.
Le persone così propense alla fantasia sono, comunque, soggetti
particolarmente labili sul piano mentale? Sembra proprio di no. Wilson e
Barber (1983), che hanno studiato attentamente il problema, ritengono che la
persona con una forte propensione alle fantasie sia sostanzialmente ben
adattata, sia insomma nella media per quanto attiene la salute mentale,
escludendo che questa estrema propensione alla fantasia sia dovuta ad una
certa incapacità a vivere nella vita reale. Certo, è pur vero che in certi disturbi
mentali (l'isteria, la schizofrenia) esiste una maggiore incidenza di personalità
'inclini alla fantasia', ma è altrettanto vero che la psicopatologia è in genere
indipendente da questa caratteristica di personalità, nel senso che non è ad
essa causalmente correlata. Si intende dire che essere inclini alla fantasia è
tipico degli schizofrenici e degli isterici, esattamente quanto lo è delle persone
medie, in medie condizioni di salute mentale. D'altra parte, negli studi
psicometrici condotti su questo argomento (per esempio Rhue e Lynn, 1987)
si è visto che solo tra il 10 e il 20 per cento dei soggetti del campione preso in
esame presentavano segni di disadattamento; questi studiosi ne conclusero che
l'atteggiamento incline alle fantasie non precede disturbi psicopatologici, e
che anzi, per un certo numero di persone questo atteggiamento può essere un
modo per migliorare il proprio adattamento.
Anche in questo caso non tutti sono d'accordo, e due altri studiosi , Huff e
Council (1987) hanno riportato risultati meno incoraggianti. Secondo essi,
l'alta propensione alla fantasia si associa ad un'alta percentuale di
psicopatologia e, comunque, a modalità di adattamento decisamente inferiori
rispetto a quelle di persone con una bassa attitudine alle fantasie. I 'grandi
fantasticatori', presenterebbero con più frequenza rispetto ai 'piccoli'
21
fantasticatori tratti schizoidi, disturbi borderline di personalità, ansia, un
concetto di se negativo, e una sostanziale incapacità a far fronte allo stress.
Questi soggetti potrebbero necessitare, in ogni caso, anche in assenza di
psicopatologia, di maggiore sostegno da parte di un insieme di meccanismi di
difesa dell'Io per prevenire psicopatologia significativa. Insomma, se si
concorda sul fatto che, sicuramente, credere nel paranormale non è affatto
indice di salute mentale, c'è un certo disaccordo sul fatto che essere
particolarmente inclini alle fantasticherie sia un buon modo di migliorare il
proprio adattamento.
Uno degli studi più recenti e più interessanti al riguardo è stato condotto da
Harvey J. Irwin, che già ripetutamente si era occupato del problema della
correlazione tra credenze nel paranormale e tratti di personalità. Egli sottopose
ad un triplice questionario un campione di 200 studenti (solo 122 dei quali,
comunque, risposero). I tre questionari erano relativi ai tre aspetti in
discussione nel suo studio, ovvero la credenza nel paranormale, il livello di
adattamento (e quindi di salute mentale) e la propensione alla fantasia. La
propensione alla fantasia fu indagata mediante un test chiamato ICMIC
(Inventory of Childhood Memories and Imaginings); l'adattamento
psicologico mediante l'LMHS (Langner's Mental Health Scale) e la credenza
nel paranormale mediante un altro questionario specifico, PBS (Paranormal
Beliefs Scale). I risultati della ricerca furono decisamente interessanti.
Anzitutto, per l'ennesima volta, i dati di Schumaker vennero smentiti: non solo
non risultava che vi fosse una correlazione diretta tra credenza nel
paranormale e salute mentale, ma anzi, che credenze maggiori nel
paranormale si associano a un maggior numero di sintomi psicopatologici.
Williams e Irwin (1991) hanno proposto di discriminare tra credenza normale
e patologica. Nel primo caso le persone sono perfettamente consapevoli degli
aspetti irrazionali della credenza e degli aspetti cognitivi legati alla percezione
del caso; in questi casi l’ideazione magica convive con il pensiero logico. Nel
22
secondo caso invece la credenza è associata in maniera patologica al pensiero
magico; essa diventa sintomatica di un funzionamento cognitivo difettoso che
porta a non comprendere la natura irrazionale della credenza, che serva
piuttosto per far fronte ad esperienze psicopatologiche bizzarre, anomale.
La relazione tra credenza nel paranormale e salute mentale dunque esiste, ma
è inversa. Soprattutto sono i 'forti credenti' ad avere più problemi con
l'equilibrio mentale, mentre lo scetticismo o una credenza molto moderata
possono essere meno devianti, e quindi fungere da 'self-serving cognitive bias,
e quindi essere realmente un fattore di salute mentale. Riguardo alla relazione
tra credenza nel paranormale e propensione alla fantasia, Irwin trovò che essa
in realtà esiste. Riguardo alla relazione tra propensione alla fantasia e salute
mentale, anche in questo caso la relazione fu evidenziata, nel senso che le
persone con 'propensione alla fantasia' presentano anche una maggiore
'propensione' alla psicopatologia, presentano cioè più sintomi psicopatologici
della media. Insomma esiste un continuum tra credenza nel paranormale e
propensione alla fantasia, così come propensione alla fantasia e disturbo
mentale.
RAGIONAMENTO E CREDENZA NEL PARANORMALE Le persone che credono nel paranormale, insomma, hanno certe caratteristiche
di personalità. Quanto queste caratteristiche possono influenzare i
ragionamenti a favore o contro il paranormale? Si tratta di un discorso
estremamente importante. Gli scettici hanno ripetutamente sostenuto che
esiste una relazione inversa tra le capacità di ragionamento (logico) e il grado
di credenza nel paranormale, sia come insieme di fenomeni che come trama
teorica. Chi crede nel paranormale sarebbe, infatti, dogmatico, credulone e
sostanzialmente incapace di ragionamenti critici. Tali ipotesi - perché di
questo si tratta - sono state vagliate attraverso una serie di studi sperimentali
condotti da diversi psicologi. Alcock e Otis (1980), per esempio, hanno
23
confrontato le capacità di pensiero critico in due gruppi di studenti, uno di
'credenti' e l'altro di 'scettici' ed hanno dimostrato che gli studenti che
credevano nel paranormale erano carenti riguardo al pensiero critico rispetto
agli studenti scettici. Risultati simili furono trovati da Gray e Mill (1990), che
per valutare la capacità di pensiero critico utilizzarono dei sommari, inventati,
di lavori scientifici difettosi. Non si trattava di una differenza dovuta a carenza
di intelligenza o cultura: anzi, i due autori sostennero che persone che hanno
peraltro ricevuto una formazione valida, sono propense ad accettare il
paranormale perché applicano le loro capacità di pensiero critico ad argomenti
selezionati, e non a tutti gli argomenti. Più recentemente Mogan e Morgan
(1998) hanno confermato la presenza di una associazione negativa tra pensiero
critico e due sole forme di credenze: religiose e spirituali.
Un altro lavoro (Polzella, Popp e Hinsman, 1975) aveva osservato che le
persone che credevano nel paranormale (in particolare nell'ESP), avevano
meno successo in un test che implicava prove di ragionamento - sebbene i
risultati da loro ottenuti non fossero poi particolarmente significativi. Non si
tratta comunque di risultati generalizzabili: anche le performances di fronte ad
una prova di sillogismi possono dipendere da diverse variabili, visto che,
come è stato dimostrato, anche il ragionamento fondato sui sillogismi può
essere alterato dalle convinzioni individuali (Janis e Frick, 1943; Morgan e
Morton, 1944).
Thalbourne e Nofi (1997) hanno invece osservato come sia l’eccessiva
intensità della credenza ad essere associata con la presenza di abilità
intellettive inferiori alla media .
E' stato Irwin (1991b) a riproporre il problema in termini molto razionali. Le
ipotesi possibili sono infatti solo due: i credenti nel paranormale hanno scarse
capacità di ragionamento razionale, oppure, il ragionamento a favore o contro
la parapsicologia varia con sistematicità in dipendenza del livello di credenza
nel paranormale. Per studiare l'argomento Irwin utilizzò un gruppo di studenti
24
ai quali sottopose un questionario fondato su sillogismi e il questionario PBS
per la valutazione delle credenze sul paranormale. I risultati di Irwin furono
interessanti: egli trovò che la capacità di ragionare a favore o contro il
paranormale non era in diretta correlazione con il grado di credenza nel
paranormale stesso, con una sola eccezione: le persone che avevano credenze
paranormali di tipo 'religioso', che sembravano in realtà mostrare una più
bassa attitudine al ragionamento critico. Il suo studio contrastava con la
massima parte degli studi precedenti, e la discrepanza nei risultati doveva
avere una spiegazione. Irwin ritiene che ad influenzare i risultati sia
l'atteggiamento del ricercatore. Un ricercatore che è palesemente scettico,
trasmette al gruppo di soggetti che sta sottoponendo ai test la sensazione che i
credenti nel paranormale siano necessariamente irrazionali, creduloni e
dogmatici, un ricercatore che invece appare disponibile verso il paranormale
(come Irwin, per esempio) può trasmettere una maggiore sensazione di
sicurezza. Questi differenti atteggiamenti possono condizionare le risposte, in
quanto nel caso di un ricercatore scettico i soggetti possono essere
maggiormente in allarme, e quindi fornire risposte adeguate all'aspettativa del
ricercatore (e questo vale anche nel caso opposto). I risultati, quindi, sarebbero
dovuti ad un 'effetto dello sperimentatore' rilevante quanto non intenzionale.
Gli scettici hanno ripetutamente rimarcato come la credenza nel paranormale
può essere importante nel fare scambiare per eventi paranormali fatti normali.
Questo allora potrebbe essere un indice di disagio sociale, e comunque di
inadeguatezza dei programmi scientifici scolastici, che dovrebbero appunto
evitare la credenza nel paranormale. E' stato anche rilevato come credere nel
paranormale può indurre a trascurare una certa quantità di informazioni non
coerenti con una ipotesi paranormale, con un meccanismo di
selezione.(pag.3). Questa ipotesi è stata successivamente studiata e
corroborata sperimentalmente da Smith, Foster e Stovin (1998). Essi hanno
osservato come la presenza di un contesto sperimentale favorevole
25
all’esistenza dei fenomeni paranormali era in grado di aumentare l’intensità
della credenza del gruppo, e che questa tendenza si produceva maggiormente
nei soggetti più intelligenti, creando conseguentemente delle correlazioni
spurie tra credenza ed intelligenza. Merla (2000) ha invece notato come sia
possibile riscontrare una relazione tra credenza nel paranormale e difficoltà di
soluzione di sillogismi solo nel caso in cui il contenuto della credenza e quello
dei sillogismi coincide; nessuna differenza era invece riscontrabile per i
sillogismi di contenuto neutro.
ALCUNE IPOTESI Sono state formulate numerose ipotesi per comprendere le motivazioni della
credenza nel paranormale. Una delle più interessanti, di natura sociologica, si
fonda sul concetto di 'marginalità sociale' (Bainbridge, 1978; Wuthnow,
1976). Secondo questa ipotesi la credenza nel paranormale è maggiormente
presente in strati della popolazione caratterizzati da una posizione sociale
marginale - quindi con scarsa educazione scientifica e culturale, o disoccupati
o comunque persone che sono in una posizione piuttosto bassa sulla scala
sociale. Questa condizione si associa ovviamente ad una condizione di
alienazione e povertà generale, frustrante, che pertanto renderebbe queste
persone più predisposte a credenze religiose o 'paranormali', anche come
compensazione delle frustrazioni del loro status. In realtà, per quanto
interessante, questa ipotesi non è stata dimostrata inconfutabilmente. Esistono
delle evidenze, ma esse non consentono di stabilire che l'ipotesi è
incontestabilmente vera, anche se suggeriscono la sua fruibilità come
orientamento di ricerca.
Più interessante appare il problema generale delle credenze individuali, quello
che è stato chiamata “ipotesi della visione del mondo” (Zusne e Jones, 1982).
Dagli studi empirici effettuati si sono evidenziati alcuni dati di grande
interesse: in genere sono più portati a credere nel paranormale persone che
26
hanno avuto (o pensano di avere avuto) esperienze paranormali, con un tipo di
relazione tra le due cose che appare sostanzialmente circolare: la credenza
incoraggia il coinvolgimento nelle esperienze psichiche, e le esperienze
psichiche rafforzerebbero la credenza. Un altro fattore di una qualche
rilevanza è la credenza religiosa in generale, che sembra essere positivamente
correlata con la credenza nel paranormale. Chi è religioso, insomma, tende ad
essere maggiormente un 'credente' nel paranormale rispetto a chi non lo è,
anche se tale dato non appare univoco.
In genere, dal punto di vista psicologico, il 'credente' nel paranormale adotta
una visione del mondo soggettiva, non ha particolari attitudini scientifiche nei
confronti delle indagini sull'ESP, anche se non ha necessariamente una visione
'antiscientifica' o 'antitecnologica' del mondo. E' un 'dualista' (convinto, cioè,
che mente e cervello non siano la stessa cosa), e, detto in termini più
palesemente psicologici, adotta il punto di vista di un 'locus of control '
esterno.
Un'altra ipotesi è quella del 'deficit cognitivo '. Nel paranormale, insomma,
crederebbero solo i creduloni, gli irrazionali, le persone prive di una sana
mentalità critica. Ma anche in questo caso, i dati disponibili non sono affatto
univoci, anzi questa è forse l'ipotesi meno confermata. Un solo dato presenta
una certa importanza ed un certo interesse: quello relativo alla 'propensione
alle fantasie ' (Alcock, 1981).
Gli scettici hanno spesso messo in evidenza come esista un legame tra
problemi psicologici e credenza nel paranormale. Questa credenza,
pertanto,sarebbe la risposta ad un preciso bisogno psicologico. L'ipotesi può
essere definita delle 'funzioni psicodinamiche'. I dati ottenuti sono abbastanza
curiosi, e significativi. Almeno due ricerche (Tobacyk, e Tobacyk e Pirtilla-
Backman) hanno trovato che le credenze nel paranormale sono in genere
correlate in qualche modo ad alienazione sociale.
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In realtà, l'interesse sociale, cioè la capacità di trascendere i propri interessi
personali, prestando attenzione ai bisogni di altre persone, sembra essere
negativamente correlato con la credenza nel paranormale. Insomma il
'credente', in genere, è sostanzialmente un 'egoista', al contrario del 'credente'
in senso religioso tradizionale. I credenti nel paranormale hanno in genere una
motivazione sociale molto bassa, con un'ansia sociale bassa, mentre non
hanno una particolare tendenza a rispondere in modi socialmente desiderabili,
mentre non hanno paura del ridicolo. D'altra parte si tratta di dati
perfettamente comprensibili, se pensiamo che i credenti nel paranormale
hanno in genere un maggiore interesse alle proprie esperienze soggettive che
non ai bisogni di altra gente.
E' stata anche valutata la percezione individuale di se. E' stato evidenziato
come alcuni 'credenti' nel paranormale hanno un senso grandioso della propria
importanza e unicità. Sono tendenzialmente narcisiste. La credenza nel
paranormale è stata anche messa in correlazione diretta con una quota di
neuroticismo. Inoltre, i credenti nel paranormale con estrema difficoltà
modificano le proprie idee, sono tendenzialmente rigidi e dogmatici. Questo
potrebbe essere indicativo di un adattamento psicologico abbastanza povero.
Shumaker (1987) è convinto (ed è uno dei pochi ad esserlo) che la credenza
nel paranormale sia compatibile con un adattamento psicologico superiore. In
realtà, altri studi hanno trovato risultati completamente opposti, e la credenza
nel paranormale si correla assai spesso con un adattamento psicologico
difettuale.
IL RUOLO DELLA CULTURA
La cultura decide quanto credere nel paranormale, ma soprattutto la forma di
questa credenza. Avviene, in qualche modo, ciò che succede con disturbi
mentali in culture non occidentali, dove, come dice Devereux: la cultura decide
il modo in cui ci si può ammalare di mente, secondo forme codificate a priori.
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Ma esiste anche un bisogno fondamentale: per mezzo dell'inserimento nel
proprio sistema di credenza delle credenze paranormali, l'individuo riesce ad
ottenere una trama concettuale per strutturare e rendere plausibili molti eventi
che altrimenti potrebbero apparire incomprensibili. La credenza nel
paranormale, pertanto, costituirebbe un 'bias' cognitivo, mediante il quale la
realtà viene filtrata, aumentando il senso di sicurezza emozionale individuale.
La credenza nel paranormale creerebbe pertanto una 'illusione di controllo' su
eventi che sono anomali, o che non sono realmente controllabili
dall'individuo.
Dipende, questo, molto dalle caratteristiche individuali, ovviamente. I credenti
nel paranormale hanno un maggior bisogno di senso di controllo sulla realtà e
sul loro mondo in particolare. Ma perché hanno questo bisogno? La credenza
nel paranormale è correlata con la propensione alla fantasia, e la propensione
alla fantasia appare chiaramente correlata (è uno dei maggiori fattori) con la
presenza nella storia personale di esperienze infantili traumatiche, in
particolare abuso fisico. I traumi infantili possono pertanto costituire una delle
origini delle credenze paranormali. Irwin (1992, 1994) ha trovato una
correlazione positiva tra credenze paranormali e abuso fisico intrafamiliare
durante l'infanzia. Il bisogno di un maggiore controllo sulla realtà sembra
pertanto essere in diretta correlazione con il verificarsi di eventi imprevedibili
anche dopo l'infanzia. Qualunque acuta sofferenza può orientare il pensiero di
una persona verso il paranormale. La sequenza dei meccanismi psicologici
sembra quindi essere: trauma infantile, bisogno di controllo, propensione alle
fantasie, illusione di controllo sugli eventi della vita: tutto ciò porta alla
nascita e al mantenimento di credenze paranormali1 (Irwin, 1993). D'altra
parte, la propensione alla fantasia può anche essere incoraggiata dalla
1 Lawrence , Edwards, Barraclough, Church e Hetherington (1995) hanno invece osservato che ad essere legato al trauma infantile è la presenza di esperienze paranormali, le quali a loro volta influenzerebbero lo sviluppo delle credenze.
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famiglia, e sarebbe pertanto necessario studiare anche questo aspetto, oltre a
quello dell'abuso fisico. Il bisogno di controllo tende a rendere ancora più
rilevanti l'occorrenza di eventi anomali e incontrollabili nella vita
dell'individuo.
Perché si scelgono le credenze paranormali? Perché queste credenze offrono
l'illusione di controllo. La facilitazione delle credenze paranormali per mezzo
della tendenza alla fantasia è incoraggiata da una serie di fattori: educazione,
ambiente sociale e culturale, i modelli di credenza offerti dalla famiglia, dagli
insegnanti, dai media, da altri credenti. Inoltre queste credenze possono
ancora maggiormente essere incoraggiate da esperienze paranormali; ma è un
circolo vizioso: la credenza nel paranormale e il bisogno di controllo tende a
fare interpretare come paranormali esperienze anomale e l'incontro con
esperienze che sembrano paranormali tende ad incoraggiare la credenza.
Inoltre quando una credenza paranormale fornisce all'individuo un senso di
controllo su eventi incontrollabili, si attenua la sensazione di aver bisogno di
aiuto, e questo rinforza la credenza nel paranormale e probabilmente anche la
sottostante tendenza alle fantasie.
Le ricerche sull'origine e il significato della credenza nel paranormale
rappresentano un'area di indagine di importanza fondamentale. Esse hanno
chiarito già molte cose, ma non tutte. La credenza nel paranormale, infatti,
sembra rappresentare una delle costanti psicologiche e sociali della storia
dell'umanità.
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Tabella 1
Autore Fattori Sullivan (1982) 1. CREDENZA SUPERSTIZIOSA GENERALE
(ESP, astrologia, UFO, case infestate, bioritmi,lettura dei Tarocchi)
2. FATTORE RELIGIOSO ORTOGONALE
(Dio, evoluzione, possessione degli spiriti)
Sobal e Emmens (1982)
1. CREDENZA NEI FENOMENI PSICHICI;
2. CREDENZA RELIGIOSA;
3. CREDENZA NELL’ESISTENZA DI ALTRI
ESSERI
(Loch Ness, Spiriti)
Clarke (1991)
1. CREDENZE RELIGIOSE TRADIZIONALI,
2. CREDENZE PARAPSICOLOGICHE,
3. CREDENZE IN FORME DI VITA
STRAORDINARIE
Tobacyk (1988)/Tobacyk E Mildford (1983
1. CREDENZA RELIGIOSA TRADIZIONALE,
2. CREDENZA NELLA PSI,
3. STREGONERIA
4. SPIRITUALISMO
5. SUPERSTIZIONE
6. FORME DI VITA STRAORDINARIE
7. PRECOGNIZIONE
Gimmer e White (1990)
1. SCIENZA POPOLARE,
2. OBSCURE UNBELIEF,
3. RELIGIONE TRADIZIONALE,
4. TERAPEI ALTERNATIVE,
5. PARATERAPIE,