RELAZIONE TRA BENESSERE ANIMALE E QUALITÀ DEL … · 2.2 Studio comportamentale con la scienza...
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CORSO DI LAUREA IN
VALORIZZAZIONE E TUTELA DELL’AMBIENTE E
DEL TERRITORIO MONTANO
RELAZIONE TRA BENESSERE ANIMALE
E QUALITÀ DEL LATTE BOVINO
Elaborato finale di:
Federica Ghilardi
Relatore: Prof. Alberto Tamburini
Anno accademico 2016-2017
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CORSO DI LAUREA IN
VALORIZZAZIONE E TUTELA DELL’AMBIENTE E
DEL TERRITORIO MONTANO
RELAZIONE TRA BENESSERE ANIMALE
E QUALITÀ DEL LATTE BOVINO
Elaborato finale di:
Federica Ghilardi
Relatore: Prof. Alberto Tamburini
Anno accademico 2016-2017
4
Indice
INDICE ………………………………………………………………………….. Pag. 4
INTRODUZIONE ………………………………………………………………. Pag. 6
Capitolo 1 - UNIONE EUROPEA E NORMATIVA PER LA PROTEZIONE
DEGLI ANIMALI
1.1 Introduzione ……………………………………………………… Pag. 7
1.2 La politica per la tutela e la valorizzazione del benessere animale.. Pag. 8
1.3 La normativa per la protezione durante il trasporto ………....……. Pag. 9
Capitolo 2 - BENESSERE ANIMALE: DEFINIZIONE E ANALISI
2.1 Il benessere animale è un costo? ……………..…………………. Pag. 13
2.2 Studio comportamentale con la scienza dell’etologia………….… Pag. 15
2.3 Interazione uomo-animale e la sua misurazione…………………. Pag. 16
2.4 Metodi di valutazione del benessere animale……………………. Pag. 18
Capitolo 3 - PRINCIPI DI APPRENDIMENTO ANIMALE
3.1 Introduzione ……………………………………………………... Pag. 19
3.2 Processi di apprendimento ………………………………………. Pag. 20
Capitolo 4 - SALUTE ANIMALE
4.1 Introduzione ……………………………………………………... Pag. 22
4.2 Mastite: principali agenti e prevenzione …..……………………. Pag. 23
4.3 Il riflesso del benessere animale sulla qualità delle produzioni …. Pag. 28
Capitolo 5 - STRUTTURE E IMPIANTI ADEGUATI AGLI ANIMALI E
CONSEGUENZE SULLA QUALITÀ DEL LATTE
5.1 La mungitura meccanica ………………………………………… Pag. 30
5.2 Automatic Milking System ………………..…………………….. Pag. 31
5.3 L’effetto dell’Automatic Milking System sul latte bovino …….... Pag. 33
5
CONCLUSIONI ………………………………………………………………... Pag. 35
BIBLIOGRAFIA E SITOLOGIA …….……………………………………….. Pag. 37
RIASSUNTO …………………………………………………………………… Pag. 42
RINGRAZIAMENTI …………………………………………………………... Pag. 45
6
Introduzione
Il benessere animale è un concetto che fino a pochi anni fa aveva la sua importanza ma,
ad oggi, è il tema più importante quando si parla di allevamenti e anche di scienze
alimentali. Indubbiamente, l’interesse dei consumatori di voler essere consapevoli anche
di come vengono prodotti gli alimenti ingeriti, ha contribuito notevolmente
all’incremento di popolarità di questo tema. Il loro interesse è rivolto anche alla volontà
di voler che agli animali vivano nelle migliori condizioni, durante tutte le fasi della vita
produttiva.
Lo stato di benessere, quindi, deve essere studiato sia dal punto di vista dello stato di
salute e dello stress dell’animale, ma anche dal punto di vista di interazione e
connessione con l’essere umano (Rossi, 2005).
È un argomento non solo di interesse pubblico ma ha anche ottenuto attenzione dagli
Organi legislativi dell’Unione Europea e del Governo italiano che hanno adottato
misure e interventi per garantirne il giusto e corretto rispetto.
Al pari delle problematiche del benessere animale vi sono quelle relative alla qualità del
prodotti di origine animale, argomenti tra loro molto legati, sotto diversi punti di vista:
un animale in condizioni idonee e trattato come merita riesce a produrre, in termini
quali-quantitativi, un prodotto migliore.
Gli animali hanno sviluppato metodi per valutare il proprio benessere, discorso
interessante per l’uomo che invece riesce sono a quantificare il loro malessere (Rossi,
2005). Ovviamente con il passare del tempo e con l’avanzare della tecnologia e lo
sviluppo della scienza, l’uomo è riuscito a sviluppare metodi e strumenti di misura e
valutazione che riescono a quantificarlo ed a reagire in caso di necessità.
L’obiettivo di questo elaborato è quello di studiare il benessere animale e i fattori che lo
limitano o lo amplificano, in modo da avere mezzi per cercare di migliorarlo, così da
cercare di risolvere alcuni fondamentali problemi.
L’elaborato ha l’intenzione di fornire le basi in ambito di benessere animale, dello
studio del comportamento animale, del rapporto con l’uomo (molto influente sulle
condizioni animali), e anche sulle conseguenze che un malessere (non benessere) può
avere sulla quantità e qualità del latte bovino, legato all’utilizzo delle più innovate
tecnologie.
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Capitolo 1 - Unione Europea e normativa per la protezione
degli animali
1.1 – Introduzione
Il tema del benessere animale, legato agli attuali sistemi di allevamento degli animali, è
sempre più d’attualità per l’opinione pubblica. Lo dimostrano i risultati di una inchiesta
realizzata nell’Unione Europea (EC, 2007) che ha visto assegnare un punteggio medio
pari a 7,8, alla domanda “Quanto risulta importante garantire un adeguato livello di
benessere agli animali da reddito presenti nei nostri allevamenti?” (scala da 1 = minima
a 10 = massima).
È emerso, inoltre, che l’opinione pubblica europea ammette che ci sia stato un enorme
miglioramento nell’ambito delle condizioni di allevamento per gli animali zootecnici,
ma il 77% crede che siano necessari altri interventi (Cozzi, 2008).
Questo interesse per il miglioramento del benessere per gli animali ha coinvolto anche il
legislatore europeo, che ha agito a tale proposito inserendo questo aspetto tra i requisiti
che un’azienda zootecnica deve avere per avere il sostegno comunitario.
È qui che l’animal welfare assume importanza insieme ad altri punti delle filiere
zootecniche, come l’impatto ambientale dell’allevamento e la sicurezza delle produzioni
prodotte.
L’Unione Europea tratta l’argomento per garantire la sicurezza alimentare nei confronti
dei consumatori, la protezione dell’ambiente e il benessere degli animali, per poter
soddisfare i quattro obiettivi fondamentali, cioè garantire che tutto ciò che entra nella
catena alimentare umana sia sicuro e nutriente, assicurare un elevato livello di
protezione dell’ambiente, promuovere il benessere degli animali, dare la possibilità al
consumatore di scegliere, fornendo tutte le informazioni sull’etichetta in merito
all’origine, le caratteristiche, le proprietà nutritive e l’utilizzo di prodotti alimentari
(Macrì, 2017).
Questo significa che ciò dà importanza anche dalla sanità animale, cioè che sia buona e
con regolare controllo veterinario, igiene nei processi produttivi degli alimenti, ma
anche nelle fasi di macellazione, compresi la conservazione, la trasformazione, la
lavorazione, il deposito, il trasporto e la vendita; da ultimo, importante è anche l’igiene
8
degli allevamenti, compresi la produzione e l’impiego di alimenti e farmaci destinati
agli animali.
1.2 – La politica per la tutela e la valorizzazione del benessere animale
Il benessere animale è considerato come un vero e proprio problema legato alla salute e
all’igiene degli allevamenti. Ha assunto importanza anche perché la questione è
diventata un problema anche etico, legato anche alle crisi sanitarie, come è stato lo
scandalo della “mucca pazza” (BSE).
Limiti sono stati istituiti per evitare lo sfruttamento produttivo animale con
ingrandimento dell’importanza del benessere animale e il tentativo di diminuire la
sofferenza gratuita, come dichiarato nell’articolo 13 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea1 (Cozzi, 2008).
La Direttiva 98/58/CE è una direttiva per la protezione di animali negli allevamenti,
riguarda tutte le specie e si può applicare a tutti gli animali allevati per la produzione di
alimenti, come pesci e anfibi, ma anche a materiali di origini animale come pelle, lana,
pellicce. Essa stabilisce che agli animali non soffrano alla morte, non vengano
sottoposti a sofferenze inutili, e cita alcune norme utili per la gestione dell’allevamento,
prendendo in considerazione le caratteristiche del personale, che deve essere capace e
dotato di conoscenze e competenza, della libertà di movimento degli animali,
dell’idoneità dei locali, la libertà di movimento, la disponibilità di cibo e acqua e
l’applicazione di attenzioni per il controllo sanitario.
Nell’ambito dei bovini, i vitelli hanno una Direttiva specifica che sostituisce la Direttiva
91/629/CEE, cioè la 2008/119/CE, istituita per i vitelli e che stabilisce le norme minime
per la protezione dei vitelli.
Mettendo a confronto le due direttive, la direttiva 91/629/CEE sostiene che i vitelli
allevati devono essere controllati almeno una volta al giorno e che i locali di
stabulazione devono essere costruiti in modo che i vitelli riescano a vedersi tra loro
(punti 6 e 7 della direttiva);
1 Più precisamente, la disposizione recita: “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori
dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio,
l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto
esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale”
9
Per quanto riguarda l’alimentazione, questa direttiva sostiene che i vitelli debbano
essere nutriti una volta al giorno, tenendo conto che il contenuto di ferro deve essere
sufficiente a garantire le buone condizioni di salute e di benessere ed un buon ritmo di
crescita (Punti 11 e 12).
Invece la direttiva 2008/119/CE dice che tutti i vitelli debbano essere controllati dal
proprietario due volte al giorno e sulle caratteristiche dei locali di stabulazione stabilisce
soltanto che debbano essere grandi abbastanza da permettere al vitello di coricarsi (punti
6 e 7 della direttiva);
La direttiva, inoltre, affronta l’argomento dell’alimentazione ricordando che i vitelli
debbano essere nutriti due volte al giorno, tenendo conto del fatto che gli alimenti
debbano avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di
almeno 4,5 mmol/litro (punti 11 e 12); è importante notare che è soltanto la direttiva
2008/119/CE che affronta il tema della somministrazione del colostro, da dare il prima
possibile dopo la nascita e entro le prime sei ore di vita (punto 15) (Macrì, 2017).
1.3 – La normativa per la protezione durante il trasporto
Il trasporto è un altro punto critico da considerare per definire il benessere degli animali
che subiscono molte movimentazioni nel corso della vita, essendo spesso allevati in
aziende diverse da quelle di nascita e poi trasferiti per essere macellati. Dal punto di
vista del benessere, difficoltosi e a cui fare attenzione sono in particolare i lunghi
spostamenti, quelli cioè superiori alle 8 ore di viaggio che, secondo la Commissione,
ogni anno, interessano circa 4 milioni di bovini. La prima regolamentazione in merito
risale alla Direttiva 77/489/CEE, relativa alla protezione degli animali nei trasporti
internazionali, poi superata dalla Direttiva 91/628/CEE relativa alla protezione degli
animali durante il trasporto e, infine, dal Regolamento (CE) n.1/2005, sulla protezione
degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate. La scelta di intervenire con
uno strumento normativo più forte, cioè il regolamento, nasce dalla constatazione che il
diverso recepimento della Direttiva 91/628/CEE aveva prodotto difficoltà nel processo
di armonizzazione della legislazione comunitaria (Macrì, 2017). Il Regolamento scende
nel dettaglio degli operatori e delle rispettive responsabilità, introducendo modalità più
severe di autorizzazione e di controllo, e regole più restrittive per quanto riguarda il
10
trasporto di più lunga durata, coinvolgendo anche gli operatori prima e dopo la
macellazione, dopo un’adeguata formazione.
Nonostante tutto però alcune problematiche appaiono ancora irrisolte e l’attenzione sul
tema rimane elevata, considerando che dopo l’introduzione del Regolamento (CE) n.
1/2005 (COM(2011) 700 definitivo), un miglioramento c’è stato, ma comunque
persistono gravi problemi, soprattutto a causa della poca attenzione di alcune
prescrizioni del Regolamento, in particolare relativamente al trasporto di animali non
idonei, il sovraffollamento dei veicoli, l’altezza interna inadeguata dei compartimenti
nei veicoli, l’insufficienza di acqua per gli animali durante il trasporto, il trasporto di
animali per tempi più lunghi di quanto consentito (Commissione Europea, 2011).
Comunque alcune norme presenti nel Regolamento non sembrano essere coerenti con le
più attuali conoscenze scientifiche, considerando il parere scientifico richiesto dalla
Commissione all’Autorità europea per la sicurezza alimentare, l’EFSA. (Macrì, 2017).
Allo stesso tempo, sempre nel regolamento, vengono nominati alcuni possibili
suggerimenti o miglioramenti, tenendo conto di alcuni fattori, come le caratteristiche
della specie e dell’animale, del loro peso e di possibili elementi influenti sul benessere
animale.
Il 12 dicembre 2012, con una risoluzione apposita, il Parlamento europeo ha preso atto
della relazione della Commissione sullo stato di attuazione del Regolamento (CE) n.
1/2005 del Consiglio, e di quelle che sono le preoccupazioni sul fatto che le norme in
materia di trasporto di animali siano attuate in modo molto differente tra i singoli Stati
membri, incitando una revisione del Regolamento che recepisca le nuove conoscenze
scientifiche acquisite (Cozzi, 2008).
11
Capitolo 2 - Benessere animale: definizione e analisi
L’argomento del “benessere animale” è, ad oggi, uno dei più grandi argomenti e grande
tema di dibattito a livello nazionale ed internazionale.
La cosa più importante è definire il benessere animale, cioè attribuirne una definizione,
ma questa azione sembra difficile, complicata e complessa, perché caratterizzata dalla
presenza di molti fattori influenzanti.
È possibile definire il benessere come un “equilibrio tra individuo e ambiente che lo
circonda e il legame che si crea” (Ferrante, 2008). Con il termine ambiente non si
intende soltanto il luogo fisico, inteso come strutture, ma anche l’ambiente sociale, la
presenza di predatori, la possibilità di ammalarsi e soprattutto il legame con l’essere
umano.
Tra le altre opzioni, la più quotata è quella che definisce il benessere animale come la
“capacità dell’animale di adattarsi all’ambiente che lo circonda” (Panzera, 2008),
definizione alla quale bisogna allegare alcune implicazioni, come il fatto che l’animale
può star bene sotto alcuni punti di vista e rispetto ad alcune situazioni (strutture, ad
esempio) ma a un livello scarso da altri punti di vista (ad esempio, dal punto di vista
sanitario o dal rapporto animale-uomo). Altri sintomi che si notano possono essere i
cambiamenti comportamentali, ma anche i comportamenti fisiologici che possono avere
conseguenze negative sulla salute dell’animale e sul suo accrescimento (Broom e
Johnson, 1993).
Per benessere si intende generalmente “la qualità della vita di un animale come viene
percepita da un singolo animale”: ciò non include solo la salute e il benessere fisico ma
anche quello psicologico e la capacità dell’animale di esprimere i suoi comportamenti
naturali (Mattiello e Panzera, 2008).
Se si vuole invece cercare di ricavare una data in cui questo argomento ha iniziato a
interessare gli studiosi, bisogna partire dal 1964 quando, in Gran Bretagna, è stato
pubblicato il libro di Ruth Harrison “Animal machines”, titolo che mette in evidenza
l’inadeguatezza del sistema di allevamento intensivo (Ferrante, 2008).
Un anno dopo, un Comitato governativo entrò nel merito del problema, cercando di
trovare un collegamento tra il tipo di allevamento, il comportamento animale e il
welfare, concetto che intende il benessere sia fisico che mentale di un animale. Tutto ciò
12
fu indispensabile per sottolineare l’assenza di metodi di calcolo, o studi specifici che
dimostrassero e rappresentassero il benessere, e stabilì che la valutazione dei singoli
parametri produttivi non fosse sufficiente a garantire l’adeguatezza dei sistemi di
allevamento (Amadori e Bertocchi, 2005). Fu questo un punto di svolta: infatti con la
pubblicazione di questo report, nel 1967 si costituì il Farm Animal Advisor Committee,
avente il compito di tenere aggiornato il Ministero dell’Agricoltura inglese sulle
operazioni necessarie per migliorare il benessere animale. Nel 1979, il Farm Animal
Advisor Committee venne sostituito dall’attuale Farm Animal Welfare Council
(FAWC), che ha ancora oggi il compito di mantenere e assicurare il benessere animale,
non solo nell’allevamento ma anche durante il trasporto e la macellazione.
Una delle prime idee sviluppate, fu quello di riprendere le cinque libertà definite nel
report Brambel del 1965 (Corsi et al., 2014). Le cinque libertà esprimono lo stato di
salute dell’animale e sono la libertà di sete, di fame e malnutrizione, la libertà dal
disagio, la libertà da dolore, la libertà di manifestare il proprio repertorio
comportamentale normale e la libertà dalla paura.
Alcune di queste libertà (come la seconda relativa alla fame) sono facilmente applicabili
dagli allevatori nella quotidianità della gestione dell’allevamento, mentre altre come le
ultime due, non sono facilmente esprimibili e controllabili, ma comunque ritenute
necessarie per un completo benessere. Ad esempio, se un bovino non ha a disposizione
spazi ottimali affinché possa riposare e ruminare, oppure perché le strutture sono poco
confortevoli, l’animale sarà portato ad effettuare questi comportamenti indispensabili in
luoghi non adatti, nei quali può entrare in contatto con deiezioni e avere, di
conseguenza, problematiche di salute.
Nel caso della paura, un comportamento adeguato da parte dell’uomo-allevatore
rappresenta il fattore necessario per la produzione di latte2.
Successivamente, la Gran Bretagna propone questa problematica oltre le frontiere fino a
raggiungere l’Europa, dove nel 1987, è stato pubblicato un report che sollecitava la
Commissione Europea a mettere in atto azioni contro i sistemi di allevamenti intensivi,
con obiettivo la protezione animale, evitare le sofferenze e garantire loro le migliori
condizioni di vita (Ferrante, 2009).
2 È di estrema importanza che il timore dell’animale sia controllato: tema affrontato nel capitolo
Benessere Animale, al paragrafo Interazione uomo-animale.
13
2.1 – Il benessere animale è un costo?
Ciò che è indispensabile capire è che il benessere animale comporta dei costi da
sostenere per garantirne la riuscita e, legato a questo, la popolazione ha sviluppato
un’opinione negativa nei confronti degli allevamenti intensivi, dove anche l’agricoltura
assume un ruolo fondamentale.
Nel dopoguerra, l’agricoltura ha evidenziato un notevole incremento dell’efficienza
economica dovuto all’attenzione verso gli animali e ai diversi sistemi di allevamento
(Rassu et al., 2005). Quando parliamo di agricoltura intendiamo soprattutto la
produzione di foraggi, elemento che unisce allevamento e territorio, e soprattutto i
prodotti DOP, legati al territorio, rafforzano questo legame.
In pianura è più semplice organizzare la gestione dell’azienda, poiché il centro
dell’azienda è fortemente legato al territorio e alla possibilità di produrre foraggi, dato
che in questo luogo i terreni sono molto fertili, grazie alla continua presenza di
allevamenti che chiudono il ciclo con l’utilizzo dei reflui.
In montagna, la gestione è molto più complessa, c’è anche la necessità di acquistare
alimenti dall’esterno, ad esempio concentrati e foraggi, in modo da creare la migliore
razione possibile, con la produzione di alimenti più l’integrazione di alimenti
dall’esterno, scelti per soddisfare le esigenze nutritive del bestiame.
Nel secondo dopoguerra, gli allevamenti a conduzione familiare e medio-piccoli (non
più di 50 capi da latte) avevano poca tecnologia, perché le macchine agricole presenti
all’epoca erano molto costose e quindi la tecnologia non era usuale per la gestione degli
allevamenti. Gli animali erano multi-specie, da razze non specializzati, utilizzati per la
produzione di latte e carne e per il lavoro fisico. Dal punto di vista delle strutture, la
tendenza di quel preciso periodo era di costruire stalle che trattenessero calore, con
costruzioni basse e chiuse, con un basso rapporto tra finestre e muri.
Dopo la seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di essere autosufficienti, anche per la
paura di non riuscire a resistere ad una eventuale terza guerra mondiale, si spinse verso
un aumento della produzione agricola e zootecnica, che sviluppo anche un aumento
della domanda interna dei prodotti di alimentari, e quindi un aumento della produttività
a tutti i livelli agro-zootecnici. Con l’applicazione di molte nuove scoperte scientifiche,
ci fu un enorme passo avanti, come la selezione e il miglioramento genetico, ma
14
soprattutto il miglioramento delle tecniche di allevamento e di alimentazione, e di
conseguenza anche il benessere animale e la qualità delle sue produzioni.
Fu questo il momento in cui la situazione subito dopo la guerra si stravolse
completamente, gli allevamenti diventarono di tipo industriale, aumentarono di
dimensione, arrivando a dimensioni medio-grandi con circa 100 bovine in lattazione, di
un'unica specie e di razze altamente specializzate.
“La pressione per la produzione di alimenti per l’uomo a basso costo ha modificato i
metodi di produzione che sicuramente hanno avuto un impatto sul benessere animale.
Infatti in alcuni casi, il miglioramento ha determinato una riduzione dei costi di
produzione, come quando si adottano le misure per ridurre l’incidenza delle malattie o
le cause di mortalità; in altri casi, il miglioramento del benessere comporta un aumento
dei costi, come ad esempio quando si aumenta lo spazio disponibile per animale”
(Rassu et al., 2005). Questo incremento del costo può essere bilanciato da un
incremento di reddito, con un maggior prezzo di vendita del prodotto.
Il rapporto tra benessere animale e il costo di produzione è stato rappresentato da
Appleby nel 2005 (Figura 2.1).
dove A rappresenta il momento in cui l’uomo comincia a sfruttare l’animale, B il
momento in cui il benessere animale è al massimo e anche i vantaggi per l’uomo sono
elevati, fino ad arrivare ad E, il punto in cui c’è la massima produttività ma ad un costo
troppo elevato per il benessere degli animali; oltre questo punto, il peggioramento del
benessere è tale da comportare anche una minor produttività.
A
B C
D
E
Produttività
Benessere
percepito
Figura 2.1 - Modello della relazione tra produttività degli animali zootecnici e il
loro benessere animale (Appleby, 2005)
15
Comunque per migliorare la situazione di benessere animale negli allevamenti, è quindi
necessario adottare delle politiche che mirino ad alti livelli di qualità, garantendo la
salute dell’animale (Appleby, 2005).
Gli scienziati che si occupano del benessere animale hanno evidenziato alcuni problemi,
come la definizione stessa di benessere, spesso considerato come una misura univoca,
piuttosto che un elemento multivariato (Rushen, 2003).
Uno di questi problemi sorge nel momento in cui si cerca di capire cosa sia esattamente
il benessere animale. Alcune scuole di pensiero pensano che comprendere le sensazioni
animali, le loro emozioni e la loro coscienza sia un errore o non sia così fondamentale,
dato che sembra scientificamente difficile studiare o analizzare la coscienza degli
animali, tema invece su cui si basa l’etologia (Rassu et al., 2005).
2.2 – Studio comportamentale con la scienza dell’etologia
“Abitudini di vita”, “studio del comportamento”, l’etologia è una scienza che studia e
analizza il comportamento animale, inteso come la manifestazione di comportamenti,
l’assunzione delle diverse posizioni del corpo, utilizzati come indicatori comunicativi e
cambiamenti quantitativi delle produzioni. L’etologia comunque si basa sull’influenza
di alcuni fattori, come l’ambiente e tutte le componenti inanimate che collaborino per
ottenere la quantità e la qualità di stimoli che determinano le reazioni degli animali
(Verga, 2008).
Ovviamente il primo comportamento è il comportamento spontaneo, e a seguito delle
interazioni dell’ambiente i comportamenti indotti da esso (Panzera e Verga, 2008).
Altro elemento è il patrimonio genetico che con l’evoluzione consente la sopravvivenza
degli organismi più adatti, e di conseguenza, della loro specie. Un altro aspetto da
considerare è la capacità di apprendimento, cioè quanto il singolo individuo impara
dall’ambiente in seguito alle proprie azioni (Verga, 2008).
A questo punto, possiamo dire che lo studio del comportamento tende a individuare
quali siano i fattori che influiscono, ma soprattutto cerca di rispondere alle domande
“perché” e “come” si manifestano alcuni comportamenti (Mattiello e Panzera, 2008).
Risulta ovvia e importante la scelta del metodo, come l’osservazione, un processo che si
distingue dal semplice guardare, perché cerca di ottenere informazioni utili e necessarie
16
a raggiungere l’obiettivo prefissato. L’osservazione non è totalmente obiettiva se non
effettuata rispettando norme e regole che ne garantiscano l’oggettività.
Ogni specie animale esprime delle caratteristiche di comportamento a cui fare
riferimento e sulle quali vengono svolti studi, comunemente chiamati FAPs (fixed
action patterns o “schema fisso d’azione”). Studiandoli, è possibile compilare un
etogramma della singola specie, che consiste in un elenco di moduli comportamentali
dedotti tramite osservazione (Mattiello e Panzera, 2008). Si parla invece di catalogo
comportamentale quando, in un periodo di tempo prolungato e in ambienti differenti,
non si aggiungono nuovi moduli comportamentali.
Un catalogo comportamentale è definibile come un inventario dei moduli
comportamentali catalogati da un punto di vista qualitativo, invece un etogramma
fornisce la possibilità di quantificare la durata dei singoli moduli comportamentali e la
loro organizzazione temporale (Mattiello e Panzera, 2008).
2.3 – Interazione uomo-animale e la sua misurazione
Si tratta di un rapporto tipicamente presente negli allevamenti intensivi, dove la ricerca
ha capito che questo legame influenza e limita, a volte, la produttività ed il benessere
degli animali di interesse zootecnico (Rassu et al.,2005). L’effetto del comportamento
umano nei confronti degli animali è essenziale e influente sul benessere animale, poiché
si traduce in termini di paura che l’animale può provare nei confronti dell’uomo: l’uso
frequente di alcuni comportamenti di routine da parte dell’allevatore creano paura e, di
conseguenza, insieme a condizioni di stress, limitano la produttività ed il benessere
animale (Rassu et al., 2005).
“La paura è un’emozione fortemente soggettiva e molto complessa, in quanto si tratta di
una risposta razionale ad una minaccia, la cui percezione è seguita dall’impulso di
svolgere un’azione per evitare il pericolo” (Webster, 1999).
Il rilascio di adrenalina dalle ghiandole surrenali per fenomeni di stress o paura (come
rumori forti ed improvvisi, trattamento violento da parte del mungitore, macchina
mungitrice che fa male), blocca l’effetto dell’ossitocina e il flusso di latte è
compromesso (Hemsworth e Coleman, 1998, citato da Hemsworth, 2003).
17
È necessario considerare che cercare di cambiare le abitudini dell’allevatore è molto
difficile, dato che la maggior parte delle volte questi sono comportamenti, modalità di
allevamento, convinzioni e abitudini ben radicate, trasmesse di generazione in
generazione. Fino ad ora, il tema affrontato era quello del rapporto uomo-animale, ma
importante ancora di più sono gli strumenti utili per quantificarlo (De Passille e Rushen,
2005).
Il metodo di misure di distanza è usato per rilevare quanto l’animale si avvicini o eviti
l’uomo, basandosi sulla teoria che se l’animale ha paura dell’uomo cercherà di
allontanarsi. Dobbiamo però qui fare delle differenziazioni: ovvero si tratta di “distanza
di avvicinamento o approach distance” la distanza cui un animale si avvicina
volontariamente a una persona statica; invece si tratta di “distanza di fuga o flight
distance” la distanza di sicurezza che un animale mantiene prima di scappare, quando
l’uomo cerca di avvicinarsi (De Passillé e Rushen, 2005).
Altro metodo è quello delle misure di maneggiamento, cioè il comportamento che gli
animali manifestano a seguito dell’attività dell’uomo, quando li maneggia in routine
giornaliere, come la mungitura e la distribuzione dell’alimento.
Ultimo metodo è quello delle misure di valutazione, tramite una valutazione soggettiva
basata sulla descrizione del comportamento visibile o sul temperamento dell’animale
(De Passillé e Rushen, 2005).
Questi sono tutti metodi che vengono applicati a livello aziendale e ciò crea problemi al
momento del confronto dei dati.
Ovviamente l’adozione di comportamenti positivi di genere tattile, come carezze,
poggiare la mano sul dorso o sulla coscia, ha delle conseguenze positive sul benessere
dell’animale. Anche l’utilizzo di un tono di voce opportuno e appropriato, per fare stare
tranquillo l’animale, è altamente consigliato.
Il comportamento umano positivo ha un’influenza positiva sulla produzione quanti-
qualitativa di latte delle vacche, infatti è noto che un comportamento idoneo riduce il
contenuto di cellule somatiche del latte, mentre un atteggiamento negativo causi un
aumento del cortisolo ematico e delle cellule somatiche nel latte (Rassu et al., 2005).
Ricordiamo che il quantitativo di cellule somatiche è uno dei parametri che vengono
considerati per il pagamento del latte a qualità.
18
2.4 – Metodi di valutazione del benessere animale
Per riuscire a valutare il benessere animale è necessario avere a disposizione gli
indicatori che rappresentano il benessere animale, divisi in due categorie: diretti o
indiretti e la loro collaborazione riesce a rilevare le cause di eventuali problemi di
benessere (Ferrante, 2008).
Gli indicatori indiretti o environmental factors, sono quelli indicatori che analizzano e
studiano le caratteristiche dell’ambiente, data la presenza degli animali, come le
caratteristiche strutturali degli edifici.
Gli indicatori diretti, o animal-based, cercano di misurare le reazioni degli animali
all’ambiente in cui sono abituati a stare (Ferrante, 2008).
Ci sono quattro tipo di indicatori diretti: produttivi, fisiologici, patologici e etologici.
Gli indicatori produttivi esaminano la quantità di prodotto che l’animale riesce a dare e
se la condizione di benessere dell’animale o welfare è scarsa, ed è quindi ovvio
aspettarsi che la quantità di prodotto sia più bassa dello standard.
Gli indicatori fisiologici sono indicatori che vengono presi in considerazione perché
dimostrano che, all’interno dell’organismo dell’animale, qualcosa è cambiato dato le
cattive condizione di vita.
Gli indicatori patologici valutano le condizioni ambientali, che se non idonee, possono
sottoporre l’animale ad uno stato di stress cronico e esporlo a patologie, causando così il
calo delle difese immunitarie e, di conseguenza, la resistenza dell’animale ad ulteriori
attacchi (Panzera e Albertini, 2008).
19
Capitolo 3 - Principi di apprendimento animale
3.1 – Introduzione
È, a questo punto, implicito il fatto che il rapporto animale-ambiente sia uno degli
elementi più importanti per la salute dell’animale, sia dal punto di vista igienico-
sanitario ma anche dalla possibilità di acquisire informazioni dell’ambiente e di
memorizzarle. Il punto di partenza è la consapevolezza della presenza dei
comportamenti innati, cioè quelli geneticamente presenti e che necessitano d’esperienza
per manifestarsi in modo evidente (Verga, 2008).
L’esperienza e quindi anche l’apprendimento vengono determinati sia dalle
predisposizioni genetiche (quindi innate) sia dall’ambiente: ogni individuo impara
quanto l’ambiente gli insegna (Verga, 2008).
Tornando al discorso dell’ambiente, è qui che esso assume importanza, dato che tutti gli
animali acquisiscono ed elaborano informazioni e, grazie a queste, riescono a capire
cosa accade nell’ambiente, sia in senso positivo che negativo. Un certo stimolo
ambientale fa sì che l’animale risponda manifestando un determinato tipo di
comportamento. Le informazioni ricavate da uno specifico episodio vanno a formare
l’esperienza dell’animale, che piano piano si plasma. Basandosi su di essa, l’animale
cambierà il suo comportamento di fronte ad una certa situazione (Baragli, 2011).
Il concetto di adattamento è strettamente legato al concetto di apprendimento, che si può
per questo definire come una forma di “adattamento comportamentale” (Verga, 2008),
oppure come “ogni modificazione adattativa del comportamento” (Lorenz, 1980).
Di solito, nell’ambiente naturale, l’apprendimento avviene gradualmente durante lo
sviluppo dell’organismo, invece negli allevamenti, l’uomo riassume un compito
fondamentale, quello di gestire gli animali e quindi insegnargli ad adattarsi alle diverse
tecnologie di allevamento e a tutti quelli stimoli presenti nell’ambiente. Ciò significa
che la possibilità di adattamento è legato alla capacità dell’uomo di trasmettere gli
stimoli in modo adeguato e comprensibile dagli animali (Verga, 2008).
Ciò che spinge un animale a voler imparare sono le motivazioni, cioè quello che lo
spinge ad esplorare, e gli trasmette interesse. Seguendo questo pensiero, si può dire che
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la capacità di apprendere è presente per tutta la vita, anche se con intensità differenti,
dato che cambia l’identità delle motivazioni (Verga, 2008).
Generalmente, la voglia di esplorare è presente nei primi periodi di vita, dove sia ha
maggiore curiosità e una maggiore motivazione ad agire per conoscere e sperimentale
l’ambiente. Da tutto questo, si capisce che l’elemento chiave per definire
l’apprendimento è la motivazione, intesa come la necessità di soddisfare particolare
esigenze, tra cui quelle legate alla sopravvivenza dell’individuo stesso e della specie
stessa (Baragli, 2011).
Non sempre l’apprendimento si traduce in un’immediata modifica del comportamento:
ci possiamo trovare davanti a situazioni ambientali in cui l’animale, alla prima
occasione, si comporta in un determinato modo, mentre alla seconda volta può
comportarsi in maniera molto diversa; questo fenomeno è ciò che si chiama
“apprendimento latente”: l’animale apprende un determinato comportamento che non
manifesta subito (Sovrano et al., 2009).
3.2 – Processi di apprendimento
La possibilità di apprendere è data principalmente dalle caratteristiche anatomiche e
fisiologiche di ogni individuo e, per generalizzare, sono stati inventati dei processi di
apprendimento adattati per più specie.
L’imprinting, un fenomeno che fa riferimento alla formazione dei legami sociali tra il
piccolo e i componenti della propria specie: di solito l’oggetto di imprinting è la madre
che si prende cura del piccolo proteggendolo e raffigurando per lui un punto di
riferimento. Il fenomeno segue una crescita graduale, presenta un picco e
successivamente un decadimento fino alla scomparsa, dove si lascia spazio alle reazioni
di timore nei confronti di tutto ciò che è diverso dall’oggetto di imprinting (Lorenz,
1980).
I processi di apprendimento più semplici sono costituiti dall’abitudine e dal suo
opposto, la sensibilizzazione. L’abitudine consiste in una diminuzione delle reazioni a
uno stimolo che viene ripetutamente presentato e per il quale l’animale ha totale
indifferenza. Si parla di sensibilizzazione quando si ha un aumento della risposta in
funzione di una stimolazione ripetitiva. Può anche succedere che uno stimolo venga
21
percepito come pericoloso o presentato in modo traumatico all’animale, che potrà
reagire in modo molto evidente tramite risposte di orientamento e di attenzione, e
successivamente in modo timoroso o aggressivo, indotto dalla paura. Le volte
successive, il verificarsi di quello stimolo determinerà la manifestazione delle stesse
reazioni (Verga, 2008).
Il condizionamento classico è un processo di apprendimento più complesso, di tipo
associativo, studiato dal Ivan Pavlov, premio Nobel per la medicina nel 1904. Egli
studiava, all’inizio del Novecento, l’ingestione dei cani e notò che il cane in esame
presentava un aumento della salivazione (risposta incondizionata), non solo davanti al
cibo, ma anche prima, nell’attesa di riceverlo. La tecnica studiata si basava sul
presupposto per cui se associamo, per un elevato numero di volte, uno stimolo
condizionato (un suono o un’immagine) e uno stimolo incondizionato (il cibo),
l’animale tenderà ad unire i due stimoli e attribuire loro lo stesso significato,
manifestando la stessa reazione (Sovrano et al., 2009).
Il condizionamento operante/strumentale o “apprendimento per prove ed errori” fu
studiato da Thorndike nel 1911, che capì che l’apprendimento nell’animale avveniva
attraverso prove ed errori. Attraverso l’utilizzo di gabbie dotate di vari strumenti atti a
consentirne l’uscita, dopo alcuni tentativi, l’animale imparava quale strumento utilizzare
per uscire. Capì così che l’animale non arriva alla soluzione utilizzando il
ragionamento, ma ci arriva dopo tentativi ed errori (Verga, 2008).
L’ultimo processo di apprendimento è l’insight, che consiste nella comprensione di una
situazione nuova, in seguito alla quale l’animale manifesta azioni corrette, messe in atto
per risolvere il problema (Verga, 2008).
22
Capitolo 4 - Salute animale
4.1 – Introduzione
Partendo dalle definizioni di benessere animale considerate nel capitolo 2, è implicita
l’importanza della sua valutazione, considerando che il benessere degli animali può
essere considerato una variabile quantitativa e non qualitativa e in teoria, può essere
misurato.
La valutazione del benessere animale si può basare sulla valutazione di test applicati
agli animali, divisibili in due categorie fondamentali: quelli che valutano la risposta
biologica (nero-endocrina e comportamentale) e quelli che valutano i cambiamenti delle
funzioni biologiche (Amadori et al., 2002). Questi non tengono conto della presenza di
patogeni, considerati invece per la valutazione dello stato di “malessere animale” e
indirettamente quindi anche dello stato di benessere.
Tanta è più alta la presenza di processi patologici, tanto più elevata è la condizione di
“malessere animale” e, di conseguenza, tanto più basso sarà lo stato di benessere
animale. Perciò valutando lo stato di malessere, è possibile determinare se l’animale sta
migliorando o peggiorando la sua condizione di benessere (Morgante et al., 2005).
Quando si parla di malattie, dobbiamo introdurre la definizione di tre parole:
tolleranza, che è la capacità di tollerare l’infezione di un patogeno e resistere agli
effetti della malattia;
resilienza, intesa come l’attitudine di un animale a mantenere la sua produzione
nonostante l’infestazione;
resistenza, intesa come la capacità di un individuo di ostacolare lo sviluppo del
patogeno.
La resistenza alle malattie può essere sia innata oppure indotta, dopo la prima
esposizione. La resistenza innata previene l’ingresso dei microrganismi nei tessuti e, in
caso di ingresso, li elimina prima che lo sviluppo della malattia inizi; nella resistenza
acquisita o indotta, il sistema immunitario si adatta alla presenza di molecole
sconosciute, cioè la prima volta reagisce più lentamente ma nelle infezioni successive è
molto più veloce, grazie alla presenza di cellule di memoria che riconoscono il patogeno
(Panzera e Albertini, 2008).
23
Le cause principali di malattia vengono suddivise in 3 categorie principali e cioè quelle
legate all’ambiente, quelle legate all’individuo e quelle legate ad un altro essere vivente,
un agente patogeno.
4.2 – Mastite: principali agenti e prevenzione
La mastite è una delle principali patologie, in quanto la mammella è uno degli organi
maggiormente sottoposti a stress funzionale anche causa della crescente necessità di
avere animali altamente produttivi per soddisfare le richieste del mercato e sostenere i
costi aziendali sempre più elevati (Schalm et al., 1975). Per “mastite” si intende uno
stato infiammatorio della ghiandola mammaria, causata da agenti contagiosi come
streptococchi, stafilococchi, colibatteri e salmonelle che entrano quasi sempre dallo
sfintere capezzolare, e influenzata da agenti ambientali sfavorevoli.
Questa infiammazione può passare inosservata, cioè senza sintomi (mastite subclinica),
ma a volte può dare sintomi clinici a livello mammario, come il gonfiore e il rossore
della mammella (Figura 4.1) (Schalm et al., 1975).
La mastite, per la maggior parte delle volte, si presenta per azione di batteri che
penetrano nella mammella tramite il canale del capezzolo, e riescono a colonizzare il
Figura 4.1 - Mammella affetta da mastite clinica
24
tessuto ghiandolare. Le vie di entrata dei microrganismi nell’animale sono
principalmente tre: attraverso l’orifizio capezzolare (via galattogena o via ascendente),
tramite ferite del capezzolo o della cute della mammella (via linfogena o detta anche
infezione da ferita) o tramite focolai presenti in altre parti del corpo dell’animale (via
ematogena) (Giussani, 2005).
La presenza dell’infiammazione può essere monitorata attraverso il conteggio delle
cellule somatiche, cellule dell’organismo della bovina che si ritrovano normalmente nel
latte e che sono segnale di malessere dell’animale: aumentano nel latte quando devono
difendere la ghiandola mammaria e gli alveoli da un’infezione (Pazzona, 1994), e infatti
rappresentano il livello di infezione, più sono elevate e più il problema è complicato.
Per questo è stata stabilita una soglia oltre la quale è il caso di intervenire, che
normalmente viene posta ad un contenuto di 200.000 cellule/ml di latte.
Tra i metodi che si possono utilizzare per rilevare la temperatura e le zone di
infiammazione del corpo dell’animale, uno dei più interessanti è la termografia ad
infrarossi. Essendo la cute il mezzo di comunicazione dell’animale con l’ambiente
esterno, si adegua a bilanciare le condizioni interne ed esterne, rispondendo alle
esigenze fisiologiche del corpo (Amadori e Bertocchi, 2005). Gli infrarossi sono stati
accettati come strumento accurato e affidabile per effettuare esami medici e diagnostici,
poiché riesce a individuare i punti caldi della cute.
Poiché il calore è uno dei segnali per accertare la presenza di infiammazioni e infortuni,
si possono utilizzare gli infrarossi per individuare e diagnosticare con largo anticipo
molte patologie (Morgante et al., 2005).
Esistono numerosi fattori che possono essere presi in considerazione per evitare la
contaminazione delle malattie e della mastite stessa, come ad esempio le caratteristiche
dell’animale, le macchine e le tecniche mungitrici non idonee, le condizioni ambientali
in cui vive l’animale (comprensive di aspetti igienici e parametri climatici) (Amadori e
Bertocchi, 2005).
È qui che la morfologia della mammella assume importanza, infatti è preferibile che la
mammella sia soda e con capezzoli non pendenti, aventi forma ad imbuto piuttosto che
cilindrica, con lunghezza adeguata e un’epidermide liscia. Anche l’età dell’animale
viene considerato, poiché le sue difese immunitarie diminuiscono con l’avanzare
25
dell’età e la perdita di tono muscolare della mammella fa sì che lo orifizio capezzolare
rimanga aperto, permettendo così l’ingresso di patogeni (Schalm et al., 1975).
L’animale, già di natura, possiede un sistema di protezione, infatti dopo la mungitura,
l’orifizio capezzolare si ricopre di cheratina, che indurendosi diventa una specie di
pellicola protettiva. Questa, se in giuste quantità, impedisce l’entrata dei patogeni
all’interno del capezzolo (Giussani, 2005).
L’uomo, durante la mungitura può effettuare due tecniche utili alla prevenzione: il pre-
dipping e il post-dipping, rispettivamente prima e dopo la mungitura (Figura 4.2).
Il pre-dipping consiste in un trattamento igienico dei capezzoli prima della mungitura,
cioè nella pulizia dei capezzoli, così da eliminare una gran parte di germi presenti
sull’epidermide dei capezzoli. La fase successiva alla pulizia, eseguita con acqua
corrente potabile tiepida, è l’asciugatura che necessita di particolare attenzione da parte
dell’operatore, poiché deve asciugare con cura il capezzolo utilizzando salviettine di
carta o salviettine in tessuto, ricordando di cambiarle per ogni bovina e avendo
l’accortezza di eseguire la procedura delicatamente (Giussani, 2005).
Figura 4.2 - Fase del Pre-dipping (a sinistra) e fase di asciugatura (a destra)
Dopo la pulizia e l’asciugatura dei capezzoli, avviene la mungitura, che deve anch’essa
avere determinate accortezze per garantire la salute dell’animale. La mungitura
meccanica prevede l’estrazione del latte mediante l’applicazione di una depressione (-42
kPa) alla parte distale del capezzolo dell’animale. Il gruppo di mungitura è composto da
4 prendicapezzoli, aventi ognuno un cannello d’acciaio (o in materiale plastico
trasparente) con all’interno guaine in silicone o in gomma naturale per far aderire il
capezzolo e dotati di flussimetri elettronici, che ne permettono il distacco automatico
26
quando il flusso è inferiore a 400 grammi al minuto. Ogni prendicapezzolo scarica il
latte nel collettore e lo convoglia nel sistema di raccolta del latte (Pazzona, 1994).
Queste guaine possono rappresentare un mezzo di trasmissione dei batteri, in particolare
quando vengono utilizzate su un animale sano, dopo averne munto uno infetto. È per
questo motivo che di solito gli animali infetti vengono munti per ultimi, dopo aver
effettuato il lavaggio e la disinfezione del gruppo di mungitura tra un animale e l’altro
durante la mungitura, in modo manuale oppure automatico (chiamato anche back-
flushing) (Giussani, 2005).
Altro materiale al quale è importante fare attenzione sono i guanti dell’operatore, per cui
diventa necessario lavare spesso le mani e le braccia e sostituirli.
Per evitare conseguenze sul capezzolo stesso, è importante verificare che il livello di
vuoto e la depressione del gruppo di mungitura siano adeguati, cioè devono essere
utilizzati in modo che non rechino danno all’animale, ad esempio potrebbero condurre a
problemi di edemi o di ipercheratosi, che possono causare la perdita della funzionalità
dello sfintere capezzolare (Pazzona, 1994) (Figura 4.3).
Figura 4.3 - Orifizi capezzolari - normale (a sinistra), aperto (centrale), con ipercheratosi (a destra)
Dopo la mungitura, lo sfintere capezzolare rimane aperto, aumentando così la
probabilità di contaminazione. È per questo motivo che l’uomo in mungitura interviene
effettuando la prevenzione con il post-dipping, l’immersione nel capezzolo in una
sostanza colorata che, a contatto con l’aria, si solidifica e crea uno strato protettivo
(Giussani, 2005).
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Figura 4.4 - Capezzolo correttamente disinfettato (a sinistra) e capezzoli disinfettati male dopo la
mungitura (a destra)
Il latte all’interno delle mammelle sane è considerato sterile, mentre la contaminazione
avviene esclusivamente con la fuoriuscita del latte, o in casi particolari anche a livello
della cisterna del capezzolo, e quindi la contaminazione è dovuta essenzialmente da una
questione di igiene (Schalm et al., 1975). Le fonti di inquinamento sono, quindi, zone in
cui l’animale può entrare in contatto con superfici sporche, con animali contagiati o con
materiale fecale, come ad esempio l’ambiente stalla, la sala di mungitura e il suo
sistema, la modalità di conservazione del latte e il suo trasporto (Pazzona, 1994).
Un altro parametro per la quotazione del latte assume importanza, la carica batterica,
che rappresenta il numero di germi per unità di millilitro di latte. Anche se una parte di
questi microrganismi sono utili e interessanti, la carica batterica possiede una soglia
oltre la quale la sicurezza del latte è compromessa (che viene indicata come 60.000
cellule/ml)
La mastite è una patologia che colpisce ovviamente l’animale, ma si ripercuote anche
sull’economica dell’allevatore, che sarà testimone di una diminuzione della produzione
di latte e del suo valore commerciale, inoltre dovrà sostenere le spese per i trattamenti
sanitari e una serie di costi aggiuntivi dovuti all’aumento delle ore di lavoro così da
garantire la prevenzione e per evitare il contagio della malattia (Giussani, 2005).
28
4.3 – Il riflesso del benessere animale sulla qualità delle produzioni
Il benessere animale è condizionato dall’ambiente in cui l’animale vive, e anche
dall’alimentazione e dal rapporto con l’essere umano, comportando stress nell’animale
(Rassu et al., 2005).
Le condizioni di allevamento associate allo stress sono numerose (Stefanon et al.,
2005): un periodo molto particolare e delicato per i ruminanti da latte è il periparto che
si caratterizza spesso per malattie che possono essere di origine metabolica o legate
all’ambiente (pulizia delle cuccette, interazione con l’operatore, condizioni climatiche),
o all’alimentazione (mastiti, ritenzione di placenta, zoppie, metriti); in altri casi la
gestione dell’allevamento influisce molto, come ad esempio l’introduzione di tecniche
di mungitura differenti dalla normalità (Sorensen et al., 2001) o l’utilizzo del pascolo.
Altre condizioni di stress possono essere collegate a variazioni di orari di esecuzione
delle mungiture o addirittura all’impianto di mungitura stesso, che possono portare
disagio all’animale e comportano cambiamenti qualitativi e quantitativi del latte.
Tutto questo però è di difficile valutazione, cioè è dimostrato che questi fattori hanno
delle influenze negative sulla qualità del prodotto ma non è quantificabile il danno o
l’influenza che questi elementi hanno sull’animale e di conseguenza al latte (Stefanon et
al., 2005).
È importante cercare, quindi, di contenere i danni di questi fattori, non soltanto per il
benessere animale ma anche perché questo si ripercuote sui costi da sostenere, sia per
l’allevatore e sia per l’industria casearia di trasformazione. Quest’ultima è molto
interessata al mantenimento delle caratteristiche del latte, dato che la variazione della
composizione fisico – chimica e una differente coagulazione potrebbero condurre a
problemi di tipo tecnologico, oltre che a un decadimento delle caratteristiche qualitative
del prodotto finito (Amadori e Bertocchi, 2005).
Lo stress derivato da numerosi eventi durante la vita dei vitelli e dei bovini può portare
alla comparsa di fenomeni patologici e alla scarsa assunzione di alimenti (Stefanon et
al., 2005): quest’ultima deve essere controllata con una corretta gestione nutrizionale,
avente come obiettivo quello di ottimizzare la funzionalità ruminale e di stimolare la
risposta del sistema immunitario (Baldi et al., 2015). Perché la funzionalità ruminare sia
ottimale è opportuno che il substrato presente sia bilanciato, in modo che l’attività
fermentativa del rumine sia costante. Per questo è consigliabile fornire all’animale un
29
livello energetico moderato, così da sostenere l’accrescimento e la funzionalità
immunitaria, evitando gli eccessi energetici o l’assunzione di carboidrati velocemente
fermentescibili (Baldi et al., 2015).
Lo stress e la qualità del latte possono, a volte, trovare un altro punto di incontro, non
ottimale per il benessere animale. Le cellule secretrici della mammella sono
intimamente connesse grazie a giunzioni, collegamenti che garantiscono la separazione
fisica fra sangue e latte. Queste, in condizioni di stress, possono spezzarsi e permettere
così il trasferimento di alcuni composti del sangue all’interno del latte, situazione non
gradita né al produttore né al consumatore (Stefanon et al., 2005).
30
Capitolo 5 – Strutture e impianti adeguati agli animali e
conseguenze sulla qualità del latte
5.1 – La mungitura meccanica
Secondo la apposita Direttiva CEE il latte destinato all’alimentazione e alla
trasformazione deve possedere determinate caratteristiche qualitative che richiedono,
un’accurata mungitura e in caso di necessità anche una refrigerazione. È qui che la
mungitura meccanica assume un ruolo fondamentale, poiché è stata studiata e messa in
atto per ridurre la fatica e l’impegno dell’operatore, ma anche per garantire le più
adeguate condizioni igieniche e di sanità del latte, rispettando le richieste di legge
(Pazzona, 1994).
I primi tentativi di applicazione avvennero negli Stati Uniti intorno al 1860 e la rapida
evoluzione della tecnologie nell’ambito delle macchine per la mungitura e la
refrigerazione ha portato a notevoli acquisizioni tecnologiche nell’industria lattiero-
casearia, anche allo scopo di contenere i costi di produzione e di ottenere determinate
garanzie igieniche e qualitative (Giussani, 2005).
L’introduzione della mungitura meccanica è uno dei momenti più importanti nel
processo di sviluppo di questo ambiente perché essa insieme alla genetica e
all’alimentazione, ha contributo al forte aumento della produttività dei singoli animali
che ha caratterizzato la zootecnia nell’ultimo decennio (Pazzona et al., 2005).
La base da cui parte questo sistema di mungitura è l’utilizzo di una macchina
mungitrice, il cui funzionamento è stato spiegato nel capitolo 4 (Figura 5.1).
Figura 5.1 - Gruppo di mungitura
Fonte : DELAVAL.IT (visitato in Novembre 2017)
31
Esistono diversi tipi di impianti di mungitura, a partire dai più tradizionali a quelli più
tecnologicamente avanzati. Siamo passati dagli impianti mobili (con secchio o con il
carrello) agli impianti fissi, fino ad arrivare alle sale di mungitura, dove si riduce e si
semplifica notevolmente il lavoro del mungitore. Questo passaggio, dalla mungitura
manuale a quella di sala ha portato all’aumento della produttività, anche 10 volte
maggiore, e a un dimezzamento della difficoltà del lavoratore (Pazzona, 1994).
5.2 – Automatic Milking System
La più avanzata innovazione nell’ambito della mungitura è l’Automatic Milking System
(AMS), una macchina che sostituisce completamente il mungitore (Figura 5.2).
Figura 5.2 - Automatic Milking System o AMS
(Robotics Business Review, 2017)
Questo innovativo sistema è molto complesso, ma è la sua tecnologia così avanzata che
lo rende particolare. Il sistema automatico, tramite un sistema di riconoscimento, riesce
a riconoscere le bovine che si sottopongono a mungitura all’interno di un box, che ha
una dimensione tale da vincolare i movimenti e la posizione dell’animale in modo da
garantire un’area di lavoro al braccio robotizzato, ma sempre nel rispetto del benessere
32
dell’animale. Componente fondamentale è il braccio meccanico robotizzato che, tramite
un raggio laser, è capace di rilevare i movimenti dell’animale e di individuare la
posizione del capezzolo. Quando l’animale si presenta al box di mungitura, il robot non
è capace di valutare le condizioni di pulizia della mammella e per questo interviene
automaticamente con lavaggio e disinfezione. Questo avviene tramite l’utilizzo di un
prendicapezzolo speciale, dotato di iniettori, che prima dell’attacco del gruppo di
mungitura viene prelevato e utilizzato per lavare i capezzoli. Il lavaggio del capezzolo è
una fase che comprende sia l’eliminazione dei primi getti, che vengono eliminati
insieme all’acqua utilizzato per il lavaggio, sia la fase di massaggio, utile per la
fuoriuscita del latte (Ronchi, 2013).
Figura 5.3 - Lely, Astronaut Fulwood Merlin
Fonte : LELY.IT (visitato in Novembre 2017)
Figura 5.4 - DeLaval VMS
Fonte : DELAVAL.IT (visitato in Novembre 2017)
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5.3 – L’effetto dell’Automatic Milking System sul latte bovino
La mungitura tramite l’Automatic Milking System (AMS) ha avuto un'ampia diffusione,
in particolare nell'Europa, dove i primi dispositivi erano disponibili già dal 1992. Il
primo sistema di mungitura robotica commerciale in Nord-America è stato installato
nell’Ontario (Canada) nel marzo 1999 (Rodenburg, 2012).
La sua funzionalità dipende totalmente dalla decisione dell’animale di visitare
volontariamente l’impianto con una frequenza sufficiente da garantire un buon risultato
economico (Rodenburg, 2012).
L'effetto dell’AMS e l’applicazione di differenti frequenze di mungitura sono stati
oggetto di studio (Abeni et al., 2003) in un monitoraggio biennale in un allevamento
della Pianura Padana, per cercare di individuare le differenze e l’influenza che questi
fattori hanno sulla qualità del latte per la produzione di formaggi. La frequenza
quotidiana di mungitura è molto variata, con una media di 2,56 mungiture per vacca al
giorno. Lo studio ha dimostrato che l’AMS modifica alcuni parametri qualitativi
rispetto alla mungitura tradizionale ma, anche se vi è una riduzione di contenuto di
grasso e di proteine nel latte, le caratteristiche di coagulazione sembrano essere a un
livello accettabile per l'industria lattiero-casearia (Abeni et al., 2003).
In un altro studio (Spolders et al., 2004) con l’utilizzo dell’AMS le primipare hanno
aumentato la produzione di latte da 24,6 kg/d a 26 kg/d e invece le pluripare hanno
aumentato poco la produzione, da 29 kg/d a 29,9 kg/d. L’utilizzo dell’AMS ha
comportato anche una diminuzione del contenuto di grasso (Spolders et al., 2004).
Parlando invece di frequenza di mungitura, le primipare (3,5 mungiture/d) tendono a
farsi mungere più spesso rispetto alle pluripare (2,9 mungiture/d), legato anche al
concetto di accettazione del nuovo metodo di mungitura. Una delle possibili ragioni per
spiegare questo comportamento, potrebbe essere che gli animali senza alcuna
precedente esperienza di mungitura, siano risultati meno titubanti nell’utilizzo
dell’Automatic Milking System (Spolders et al., 2004).
Considerando questi fattori possiamo dire che i due studi sono arrivati allo stesso
risultato: l’installazione l’AMS non migliora di molto la produzione di latte e ha
comportato una diminuzione delle componenti chimiche del latte che sono
fondamentali, ad esempio per il pagamento del latte.
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Ovviamente piano piano, questa tecnologia cerca di migliorarsi e negli ultimi anni ha
subito una sostanziale evoluzione, cercando di affrontare nuove sfide per ottimizzare la
sanità delle mammelle e la produzione di latte di qualità (Rodenburg, 2012).
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Conclusioni
Come abbiamo visto, dopo aver definito il benessere animale, è importante andare ad
analizzare tutti i fattori che lo caratterizzano e che contribuiscono a condizionare il
benessere animale e la qualità delle produzioni.
Quando si parla di benessere animale non si parla di una cosa scontata e semplice, è un
argomento che affronta numerosi temi, ognuno avente una conseguenza sulla salute
dell’animale, sulla qualità del latte, sulla sua resa e quindi sul bilancio economico che
può ottenere l’allevatore.
Ogni animale risponde alle differenti situazioni con un diverso comportamento: è questo
il tema dell’etologia, una scienza che ha assunto importanza nel tentativo di determinare
il “malessere animale” che, di conseguenza, funge da mezzo per la determinazione del
benessere.
I tre rapporti fondamentali che si creano in relazione con gli animali sono il rapporto
animale-ambiente, quello animale-uomo e quello animale-condizioni igieniche sanitarie.
Dopo averli studiati e analizzati, è possibile definire questi rapporti come indispensabili
per il concetto di “qualità del latte” e sugli eventuali interventi necessari per la
produzione del miglior prodotto possibile. Questi interventi comportano però dei costi
soprattutto inerenti alla produzione di alimenti e al concetto di benessere animale, infatti
con l’introduzione di tecniche di miglioramento in questo ambito, alcuni costi tendono
ad aumentare ed altri a diminuire, differenza colmabile con un maggior prezzo di
vendita.
Questo legame tra i diversi fattori è ciò che caratterizza la classificazione dei metodi di
valutazione del benessere animale, sia quelli indiretti che quelli diretti, utilizzati per
rilevare le cause di eventuali problemi di benessere.
Una delle più importanti problematiche legate alle condizioni di vita nell’animale, è
quella che si crea quando l’igiene della stalla e delle strutture utilizzate dall’animale è
scarso, importante da considerare per limitare lo sviluppo della mastite nelle bovine,
un’infiammazione della mammella che comporta problemi anche sulla quantità, sanità e
qualità del latte.
Con il passare del tempo e con lo sviluppo di macchine per la mungitura sempre più
tecnologiche, si ha ora la possibilità di effettuare la mungitura in modo del tutto
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automatico con l’automatic milking system (AMS), macchina che non garantisce una
migliore qualità del latte, anzi alcuni studi hanno dimostrato gli animali munti con
questa tecnica producono un latte con un contenuto di grasso e proteine minore data la
più alta frequenza di mungitura, totalmente dipendente dalla volontà dell’animale.
In conclusione, possiamo dire che il benessere animale è un tema che sta assumendo
sempre più importanza, non solo da parte dell’allevatore ma anche del consumatore,
spinto dalla voglia di essere maggiormente consapevole della qualità del cibo e del latte
di cui si nutre e anche delle condizioni dell’animale durante le fasi della sua vita.
Per quanto riguarda le tecnologie e gli impianti di mungitura, sono sempre in via di
sviluppo: la collaborazione tra uomo e mungitura meccanica ha fatto sì che l’igiene sia
ormai garantito, poiché è questo tipo di legame che ne permette l’assicurazione ma è
importante che l’uomo cerchi sempre più di migliorarsi nelle piccole cose, come ad
esempio il cambio dei guanti di lavoro durante la mungitura. Parlando di tecnologia,
l’automatic milking system rappresenta il macchinario più innovativo e
tecnologicamente avanzato ma non per questo non necessita di aggiornamenti, sempre
con l’obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro dell’operatore e la sanità
dell’animale.
37
Bibliografia e sitologia
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Riassunto
Il benessere animale è un concetto sconosciuto fino a non molti anni fa e che oggi è
divenuto uno dei temi più importanti quando si parla di allevamenti, poiché affronta
numerosi aspetti, ognuno avente una conseguenza sulla salute dell’animale, sulla qualità
del latte, sulla sua resa e quindi sul bilancio economico che può ottenere l’allevatore.
È un argomento che ha ottenuto l’attenzione sia dai consumatori sia dagli Organi
legislativi dell’Unione Europea e del Governo italiano, che hanno adottato misure e
interventi per garantirne il giusto e corretto rispetto.
Ogni animale risponde alle differenti situazioni con un diverso comportamento,
concetto che si trova alla base dell’etologia, scienza molto utile per determinare
l’influenza che elementi come l’ambiente, l’uomo e le condizioni di vita hanno sulla
condotta degli animali.
L’ambiente viene preso in considerazione perché è da esso che l’animale impara e
apprende in seguito alle proprie azioni. È dietro questo aspetto che si basa il rapporto
animale-ambiente, inteso sia come condizioni igienico-sanitarie, sia come la possibilità
di acquisire informazioni dall’ambiente e di memorizzarle.
Lo stato di benessere deve essere anche studiato dal punto di vista di interazione e
connessione con l’essere umano, che si dimostra spesso anche in allevamento come un
rapporto molto complicato, motivo per il quale sono stati sviluppati alcuni metodi che
cercano di misurare la paura che gli animali hanno nei confronti dell’uomo. Per
rispondere a questi requisiti è molto importante che l’animale si trovi a suo agio, in base
al comportamento dell’operatore.
Anche le condizioni di vita dell’animale sono significative per comprendere il grado di
benessere animale: esse assumono importanza per le differenti reazioni del metabolismo
degli animali alle condizioni di stress, ma anche per le differenti conseguenze che si
possono presentare nel latte, incidendo quindi anche nella sua qualità.
Una delle più importanti problematiche legate alle condizioni di vita nell’animale, è
quella che si crea quando l’igiene della stalla e delle strutture utilizzate dall’animale è
scarso, e quindi si creano le condizioni di sviluppo delle malattie, soprattutto la mastite
nelle bovine da latte.
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Esistono numerosi fattori che possono essere presi in considerazione per evitare la
contaminazione delle malattie e della mastite stessa, come ad esempio le caratteristiche
morfologiche dell’animale, macchine e tecniche mungitrici non idonee, le condizioni
ambientali in cui vive l’animale: è appunto su questi elementi che si basano le tecniche
di miglioramento delle condizioni igieniche degli allevamenti.
Tutto ciò che limita e condiziona il benessere animale si ripercuote sulla qualità del
latte: esso viene valutato considerando le sue caratteristiche organolettiche, proteine e
grasso, e l’assenza (o numero ridotto) di cellule somatiche e carica batterica. Esistono
dei limiti di quantità di questi fattori all’interno del latte per poterlo considerare buono
ed è anche interesse dell’allevatore cercare di migliorarne la qualità, poiché rispetto a
questi valori vengono attributi premi o penalizzazioni.
Sono numerosi i vari trattamenti (alla base della “routine di mungitura”) che devono
essere effettuati per cercare di mantenere e garantire il benessere, sia a livello di igiene
della mammella ma anche a livello della stalla e delle macchine mungitrici. Sono
quest’ultime che si sono sempre più sviluppate tecnologicamente, con l’intento sia di
ridurre la fatica dell’operatore ma anche di garantire le condizioni igieniche-sanitarie
del latte. Esistono diversi tipi di impianti di mungitura, a partire dai più tradizionali fino
a quelli più tecnologicamente avanzati, dagli impianti mobili fino alle diverse tipologie
di sale di mungitura.
Ad oggi, la più avanzata tecnologia analizzata e studiata nell’ambito delle strutture e
impianti adeguati agli animali è l’Automatic Milking System (AMS), dotato di un
braccio meccanico robotizzato capace di effettuare la routine di mungitura e individuare
la posizione dei capezzoli degli animali.
La sua funzionalità dipende totalmente dalla decisione dell’animale di visitare
volontariamente l’impianto con una frequenza sufficiente da garantire un buon risultato
economico. Determinati studi tuttavia, hanno dimostrato che l’AMS modifica alcuni
parametri qualitativi del latte, soprattutto induce una diminuzione del contenuto di
grasso e di proteine, anche se le caratteristiche di coagulazione rimangono all’interno di
un range accettabile per l’industria lattiero-casearia. Altro effetto verificatosi per
l’utilizzo di questa tecnologia, è un aumento della produzione di latte nelle primipare
(da 24,6 kg/d a 26 kg/d) e un piccolo aumento nelle pluripare (da 29 kg/d a 29,9 kg/d).
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Gradualmente questa tecnologia sta cercando di provvedere ad effettuare miglioramenti,
così da essere in grado in futuro di rispondere alle nuove esigenze delle nuove sfide.
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Ringraziamenti
Ringrazio il mio relatore, Alberto Tamburini, per la grandissima disponibilità e il
supporto datomi durante la stesura dell’elaborato finale.
Il più grande ringraziamento va ai miei genitori, mia madre Donatella e mio padre
Franco: grazie per essermi sempre stati vicini, per il grande sostegno che mi avete dato
ma soprattutto per avermi dimostrato che “famiglia” non significa vivere sempre sotto
lo stesso tetto; un grazie speciale va mio fratello Matteo, un punto di riferimento, una
persona che stimo e che per me rappresenta un esempio da seguire, dato che mi ha
insegnato e dimostrato cosa significa impegnarsi per realizzare i propri sogni.
Grazie agli amici del “Ciclo di vino” e a Benedetta, amica che ha saputo sostenermi ed
essermi vicina anche se fisicamente lontane.
Infine, un grazie a Marina, per l’amicizia dimostrata ogni giorno, e a tutti gli amici che
hanno caratterizzato questa bellissima e indimenticabile esperienza.