RELAZIONE DEL PRESIDENTE LUCIANA SAVAGNONE · Prima di iniziare la relazione, ... La cerimonia di...
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SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
2018
RELAZIONE DEL PRESIDENTE
LUCIANA SAVAGNONE
PALERMO, VILLA WHITAKER A MALFITANO
23 FEBBRAIO 2018
CORTE DEI CONTI
_______________________
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2018
RELAZIONE DEL PRESIDENTE
LUCIANA SAVAGNONE
UDIENZA DEL 23 FEBBRAIO 2018
Palermo, Villa Whitaker a Malfitano
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
2 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
3 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Signore e signori,
in apertura di questa cerimonia porgo un saluto caloroso a tutti voi
intervenuti, autorità religiose, politiche, militari, amministrative,
accademiche, rappresentanti delle diverse magistrature, delle Istituzioni,
rappresentanti del foro, che avete voluto partecipare a questa
Inaugurazione dell'anno giudiziario, e vi ringrazio per la vostra qualificata
e numerosa presenza che conferma l’interesse per il lavoro di questa
magistratura.
Saluto e ringrazio il rappresentante del Consiglio di presidenza, prof.
Antonio Saitta, la cui partecipazione oggi attesta l’attenzione del nostro
organo di autogoverno per l’attività svolta dalla Sezione giurisdizionale
che presiedo.
Ringrazio anche il rappresentante dell'Associazione magistrati dott.
Francesco Cancilla che, insieme agli altri colleghi che fanno parte
dell’associazione, si occupa dei problemi di noi tutti magistrati contabili.
Quest’anno siamo ospiti della Fondazione Whitaker che ci ha messo
a disposizione la sua prestigiosa sede e questa magnifica sala,
testimonianza di fasti e di bellezze di altri tempi di questa nostra città.
Ringrazio, quindi, con gratitudine il Presidente, prof. Paolo
Matthiae e tutto il consiglio di Amministrazione per questo regalo che ha
voluto fare alla Corte e a tutti gli ospiti presenti.
Prima di iniziare la relazione, ho il piacere di leggere un indirizzo di
saluto che il nuovo Presidente della Corte dei conti, dott. Angelo Buscema,
manifestando la sua consueta cortesia ed interesse per la Corte che
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rappresenta, ha voluto rivolgere a tutti noi e di cui lo ringrazio
infinitamente.
Cara Presidente,
A pochi giorni dal mio insediamento quale Presidente
della Corte dei conti intendo far giungere, per tuo tramite, il mio
saluto a tutti i presenti alla cerimonia inaugurale dell'anno
giudiziario 2018.
È mio intendimento poter sottolineare, anche in questa
importante circostanza, il ruolo svolto dagli Uffici regionali della
Corte dei conti, quale presidio sul territorio a tutela degli equilibri
finanziari del pubblico Erario.
Sono convinto della importanza del ruolo che la Corte è
chiamata a svolgere nei singoli ambiti territoriali anche in sinergia
con gli Enti ad essi preposti.
Sarà mia cura, con il Vostro prezioso contributo, far sì
che la presenza della Corte assicuri sempre di più legalità e certezza
per tutti i cittadini e, di conseguenza, diventi motivo di crescita per
tutte le comunità amministrate.
Auguro a tutti un buon lavoro.
Angelo Buscema
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5 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Premessa
La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è il momento in
cui i magistrati sono chiamati a riferire in merito al lavoro svolto durante
l’anno appena trascorso. E’ un momento di consuntivi ed impone
pubbliche riflessioni circa l’efficienza dell’attività, da effettuare in
contraddittorio, per usare un termine processuale, con le altre parti in
causa - organo inquirente e rappresentante del libero foro - e da illustrare
dinanzi alla cittadinanza ed ai rappresentanti politici di essa, nonché agli
uffici amministrativi dell’intera regione, nell’ambito della quale la
funzione giurisdizionale viene esercitata.
E’ evidente, tuttavia, che lo scopo dell’inaugurazione non è solo
espositivo e di verifica di quanto fatto, ma deve avere un necessario
risvolto funzionale al futuro assetto della giurisdizione, per evidenziare
criticità alle quali cercare di fare fronte con opportuni correttivi.
Questo è, anche, il senso delle linee guida dettate dal Consiglio di
Presidenza della Corte dei conti in merito allo svolgimento della cerimonia,
in base alle quali la relazione del Presidente dovrà illustrare l'attività della
Sezione medesima, con cenni agli interventi legislativi e normativi che
hanno riguardato la Corte nell'ultimo anno e con l'eventuale indicazione di
indirizzi giurisprudenziali di particolare rilievo.
Occorre, in definitiva, cercare di comprendere se attraverso
l’applicazione delle norme messe a nostra disposizione dal legislatore, come
incise dalle sentenze della Corte Costituzionale, secondo i principi di diritto
espressi dalla Corte di Cassazione, che ci indica i limiti della nostra
giurisdizione, ed ancora, esaminate ed interpretate dalle sentenze delle
nostre Sezioni riunite, le cui pronunce hanno un carattere nomofilattico
espressamente voluto dal legislatore, siamo stati in grado di incidere nella
realtà che ci circonda in tutti i molteplici campi di nostra competenza, viste
le diverse tipologie di giudizi che, come è noto, vengono trattati dalle
Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti: accertamento della
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responsabilità amministrativa, esame dei conti giudiziali, contenzioso
pensionistico, e giudizi ad istanza di parte, di contenuto vario anche se
sempre attinente alle materie della contabilità pubblica.
Nel settore relativo alla responsabilità amministrativo-contabile,
questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti nell’anno 2017 ha
pronunciato 105 sentenze di condanna nei confronti di amministratori,
pubblici dipendenti, percettori di contributi pubblici e soggetti legati alla
PA da un rapporto di servizio, per un importo complessivo di €
14.463.034,52, (oltre il doppio dell’importo delle condanne pronunciate
nell’anno precedente). Nell’ambito delle sentenze in cui si è accertata la
responsabilità amministrativa, il risarcimento è stato riconosciuto a favore
di amministrazioni statali per € 3.421.479,92, in favore della Regione e
degli enti locali per € 10.055.975,47 ed in favore di aziende sanitarie per €
888.344,56. Sono state pronunciate anche 7 sentenze di assoluzione e con
altra tipologia di sentenza sono stati definiti altri 15 giudizi.
Nelle varie fattispecie di cui ci siamo occupati, si è accertata una
sostanziale inerzia da parte delle amministrazioni a procedere ad un
controllo in merito alla spendita di denaro pubblico, così che sembra che
nessuno si accorga di chi, agendo al suo interno, sperpera, sottrae denaro,
spende male.
Anche nel complesso meccanismo della concessione del
finanziamento pubblico e specie nella fase che precede la definitiva
erogazione delle risorse economiche, che proprio per consentire
un’osservazione costante dell’attività del soggetto beneficiario vengono
corrisposte in più tranche, occorrerebbe intensificare le verifiche, al cui esito
deve essere condizionata via via l'assegnazione delle somme ed il saldo
finale.
Si assiste, invece, spesso, ad una liquidazione quasi automatica degli
importi, senza che i soggetti intermedi, preposti al controllo della
erogazione dei ratei, come ad esempio le banche o le agenzie all’uopo
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costituite nell’ipotesi di contributi agricoli, si preoccupino di svolgere la
costante attività di verifica, necessaria non solo relativamente alla fase
preliminare della concessone del contributo ma ancora di più a quella del
suo utilizzo, omettendo di segnalare le anomalie inficianti la possibilità per
il soggetto ammesso a fruire dell’agevolazione, di ottenere il pagamento
delle quote in cui quell’agevolazione era frazionata.
Tra l’altro, frequentemente accade che questo tipo di condanne,
emesse per importi considerevoli, difficilmente siano di ristoro alle
pubbliche finanze, in quanto frequentemente le risorse comunitarie sono
già state sperperate e le sentenze vengono emesse nei confronti di società
fantasma e spesso già fallite, o di soggetti altrettanto nullatenenti: si tratta
di casi in cui il giudice contabile arriva troppo tardi.
In materia di giudizi di pensione l’attività della Sezione dovrebbe
avere dato risposte concrete alle istanze dei ricorrenti, che nel corso
dell’anno hanno fatto pervenire 1.088 ricorsi. Sono state emesse, infatti,
745 sentenze, di cui 673 in materia di pensioni civili, 67 in materia di
pensioni militari e 5 in materia di pensioni di guerra, e 143 ordinanze
istruttorie.
Come risulta dai dati numerici sopra riportati, c’è stata
un’impennata nella proposizione di ricorsi pensionistici e sussiste il serio
pericolo che si riformi un arretrato patologico, come era avvenuto negli
anni passati.
Il settore certamente più critico è quello dei conti giudiziali non solo
per l’enorme numero di quelli sottoposti al nostro esame ma anche per la
varietà delle tipologie trattate, che comportano, volta per volta, un
particolare approfondimento delle tematiche e dei meccanismi di spesa.
Al primo gennaio 2017 il carico dei conti pendenti ammontava a
17.274, nel corso dell’anno sono pervenuti 2.098 nuovi conti, (ma ne sono
stati presi in carico 9.630, di cui 7.532 erano conti già presentati ma non
ancora inseriti nel sistema informatico). La Sezione ne ha definiti 7.180, di
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cui 253 con decreto di discarico e 16 con sentenza, con un ammontare
complessivo delle condanne di € 87.234,57.
Quello dei conti giudiziali è un contenzioso che appartiene alla nostra
storia ma che, via via, nel corso del tempo, è stato trascurato, così come ne
è stata sottovalutata l’importanza: sono convinta, invece, che attraverso
un attento controllo del maneggio di denaro pubblico, il giudizio di conto
potrebbe diventare un vero e proprio mezzo di verifica della correttezza
della circolazione e dell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche.
Certo, i meccanismi processuali del giudizio dovrebbero essere rivisti,
semplificati, così come le disposizioni che disciplinano la materia adeguate
alle norme costituzionali, non solo assicurando la terzietà del giudice e
l’alterità tra soggetti del processo, ma anche tutelando il rispetto del
principio del contraddittorio e del diritto di difesa dei soggetti chiamati in
giudizio.
Come rilevato nella relazione dello scorso anno, le problematiche
evidenziate avrebbero potuto e dovuto essere affrontate e risolte
attraverso apposite previsioni normative contenute nel nuovo codice di
contabilità, alla cui predisposizione è stato dedicato il tempo ed il talento
di tanti giuristi e colleghi, ma che, tuttavia, sotto questo profilo ha
costituito un’occasione mancata.
Nel novero dei conti giudiziali rientrano, come è noto, genericamente
tutte le gestioni non solo di denaro ma anche di beni delle pubbliche
amministrazioni, cosicché le fattispecie trattate sono le più diverse,
riguardando tutti gli agenti contabili che operano per conto dello Stato,
della Regione, degli enti locali e delle Aziende sanitarie.
Con un’elencazione puramente indicativa ma non esaustiva delle
varie tipologie dei conti esaminati si possono menzionare:
le gestioni economali ed i conti dei tesorieri degli enti locali;
il conto a materia e a denaro delle targhe automobilistiche, dei
passaporti e delle carte di identità;
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il conto dei parcheggi degli enti locali e delle Aziende sanitarie;
i proventi dei tickets delle Aziende sanitarie;
i ricavi dei biglietti dei Musei regionali e dei siti archeologici;
i conti degli Istituti autonomi case popolari;
i conti dei tesorieri e degli economi dei Rettorati delle Università
degli studi.
Recentissimo è l’avvio dell’istruttoria dei conti presentati dal
Comune di Palermo relativi all’imposta di soggiorno riscossa dalle
strutture ricettive operanti a Palermo. Data la complessità delle operazioni
di verifica da condursi a carico dei singoli agenti contabili (in conformità
all’indirizzo espresso dalle SS.RR. di questa Corte dei conti con la sentenza
n. 22 del 22 settembre 2016), la Sezione, d’accordo con l’ufficio responsabile
presso il Comune di Palermo, si è avvalsa dell’ausilio della Guardia di
Finanza, cui ha conferito delega di indagine.
Riepilogato, così, brevemente il lavoro svolto, volendo fare un
bilancio dell’attività con uno sguardo rivolto al futuro, penso che si
potrebbe ottenere una maggiore tutela delle pubbliche risorse ove si
consentisse al giudice contabile di intervenire ogniqualvolta vi sia la
lesione di un interesse dell’erario, accentuando il carattere di esclusività
della sua giurisdizione, ormai abbandonato dopo la nota ordinanza n.
14792 del 2016 della Corte di Cassazione, che ha trovato sostanziale
conferma nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.
28504 del 2017.
Sarebbe, altresì, necessario che il giudice contabile potesse esercitare
la sua attività con strumenti più efficaci e moderni, considerato che le
esigenze processuali non sono state per nulla soddisfatte dall’entrata in
vigore del nuovo codice di giustizia contabile che, alla prova dei fatti, ha
mostrato tutte le lacune e le incongruenze cui avevo fatto cenno nella
relazione dello scorso anno.
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10 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Nella stessa ottica di modernità, sarebbe indispensabile che fosse
disciplinato compiutamente il processo digitale, come sta avvenendo in
tutte le altre giurisdizioni, strumento assolutamente imprescindibile per
consentire di velocizzare i tempi processuali e consentire un gran risparmio
di spesa.
Vorrei, infine, sottolineare che, come già altre volte ho osservato,
quando la Corte dei conti agisce per il ristoro del danno erariale, la
Pubblica Amministrazione lo ha già subìto e non sempre esso è facilmente
recuperabile. Se si vuole, allora, incidere in modo significativo nella realtà
e tutelare il patrimonio pubblico, cioè il “nostro” patrimonio, occorre che
prima di tutto all’interno della Pubblica amministrazione venga svolta
una seria attività di prevenzione, un attento controllo e monitoraggio dei
meccanismi di spesa, al fine di cercare di evitare non solo le consapevoli
appropriazioni di risorse da parte di impiegati o amministratori infedeli,
ma anche gli sperperi di denaro commessi con indifferenza e superficialità.
E’, infatti, assolutamente indispensabile che la politica e la pubblica
amministrazione imparino ad amministrare e gestire se stesse, curando, il
rispetto delle norme e delle regole che governano la loro attività,
anticipando, se possibile, gli interventi da parte della magistratura, così da
riacquistare anche credibilità nei confronti della cittadinanza.
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La legislazione
Nell’anno 2017 appena trascorso, pochissime disposizioni legislative
hanno riguardato il comparto della giurisdizionale contabile.
Tra di esse la più rilevante è certamente quella contenuta nella Legge
8 marzo 2017, n. 24, che ha ad oggetto le Disposizioni in materia di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di
responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.
La vera innovazione della legge è contenuta nell’art. 7 che,
distinguendo tra la responsabilità civile della struttura e quella
dell'esercente la professione sanitaria, nei confronti del paziente, qualifica
espressamente come contrattuale quella della struttura sanitaria (sia
pubblica che privata), ed invece come extra-contrattuale, e cioè
esercitabile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., quella dell’operatore sanitario.
Le ricadute di una tale scelta legislativa, ispirate ad un consolidato
orientamento giurisprudenziale, sono evidenti sia sotto il profilo
sostanziale che processuale, per il diverso regime in materia di onere della
prova e di prescrizione.
Nell’ipotesi di responsabilità contrattuale, infatti, il debitore, che
non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del
danno, se non prova che l’inadempimento è stato determinato da
impossibilità della prestazione dovuta, derivante da causa a lui non
imputabile: l’onere della prova è, quindi, a carico del debitore, mentre il
creditore, cioè, nell’ipotesi qui esaminata, il paziente, deve dimostrare solo
l’esistenza del rapporto contrattuale ed il danno derivatogli dall’
inadempimento.
Diversamente accade in base alle note regole in materia di
responsabilità aquiliana: in tale ipotesi, infatti, è il danneggiato che deve
fornire la prova non solo del danno subito ma anche della responsabilità,
cosicché, riportando la fattispecie al rapporto medico-paziente, è
quest’ultimo che deve provare il dolo o la colpa dell’operatore sanitario e,
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non potendosi limitare semplicemente ad allegare l’inadempimento, deve
dimostrare il nesso causale tra il danno subito e l’attività svolta dal medico.
Inoltre, ulteriore sostanziale difformità tra il regime giuridico dettato
in materia di responsabilità contrattuale rispetto a quella
extracontrattuale è quello relativo al regime della prescrizione, il cui
termine è quinquennale o decennale a seconda che si tratti di responsabilità
extracontrattuale o contrattuale.
In definitiva, quindi, l’esercente la professione sanitaria si trova in
una posizione meno svantaggiata rispetto alla situazione antecedente
all’emanazione della legge, in quanto il paziente – creditore avrà interesse,
proprio per la maggiore facilità ad ottenere una pronuncia favorevole da
parte degli organi giudicanti, a citare in giudizio sempre, se non
esclusivamente, la struttura sanitaria.
La disposizione della citata legge che si occupa della azione di rivalsa
o di responsabilità amministrativa è costituita dall’art. 9 che così recita
testualmente:
1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria
può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.
2. Se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio o
della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l'azione di rivalsa nei
suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento
avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed è esercitata, a pena
di decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.
3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura
sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di assicurazione non fa stato nel
giudizio di rivalsa se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del
giudizio.
4. In nessun caso la transazione è opponibile all'esercente la professione
sanitaria nel giudizio di rivalsa.
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5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal
danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica,
ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o dell'esercente la professione sanitaria,
ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l'azione di responsabilità
amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la
professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei
conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto previsto
dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dall’art. 52,
secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214,
si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura
organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui
l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo della condanna per la
responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all’articolo 1916,
primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non
può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del
corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa
dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato
per il triplo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione
di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato,
l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o
sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali
superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica
valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi
superiori.
6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei
confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti
dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la
misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall'impresa di
assicurazione, ai sensi dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per
singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari
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14 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda,
conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno
immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Il limite
alla misura della rivalsa, di cui al periodo precedente, non si applica nei
confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma
2.
7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilità amministrativa il
giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio
instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o
sociosanitaria o dell'impresa di assicurazione se l'esercente la professione
sanitaria ne è stato parte.
Si tratta di una norma che disciplina le ipotesi della c.d.
responsabilità indiretta, dettando le disposizioni attraverso le quali la
struttura sanitaria può procedere giudizialmente nei confronti del medico-
responsabile per il recupero di quanto abbia dovuto corrispondere per
ristorare il pregiudizio subito dal paziente danneggiato.
In essa vengono distinte due ipotesi, a seconda che la condanna al
risarcimento sia pronunciata nei confronti di una struttura sanitaria
privata o di una struttura sanitaria pubblica: nel primo caso è previsto che
la struttura eserciti l’azione di rivalsa; nel secondo caso verrà esperita da
parte del Pubblico ministero contabile l’azione di responsabilità
amministrativa.
Poche modifiche ha comportato l’entrata in vigore della norma
sull’impianto e sui presupposti dell’azione di responsabilità
amministrativo-contabile, qualificata in tale ipotesi dalla giurisprudenza
della Corte dei conti quale responsabilità indiretta, che il Procuratore
regionale esperisce nei confronti del sanitario: la condotta deve essere
legata al danno dal nesso di causalità; l’elemento soggettivo di tale
condotta deve essere caratterizzato da dolo o da colpa grave, escluse come
per tutti gli altri casi di responsabilità contabile, le ipotesi di mera colpa
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lieve; l’azione è subordinata alla spendita di denaro pubblico e, quindi, alla
sussistenza di un danno erariale costituito dall’avvenuto risarcimento al
danneggiato; la sentenza emessa in sede civile non fa stato nel giudizio
contabile, stante l’assoluta autonomia dei processi.
In ossequio alla tutela del diritto di difesa e nel rispetto del principio
del contraddittorio, è dettata la norma contenuta nell’ultimo comma
dell’art. 9, secondo cui sia il giudice che si occupa del giudizio di rivalsa che
quello contabile che accerta la responsabilità amministrativa hanno la
possibilità di desumere degli argomenti di prova dalle prove che sono state
assunte nel giudizio che il danneggiato ha instaurato nei confronti della
struttura sanitaria o sociosanitaria, purché però l'esercente la professione
sanitaria ne sia stato parte.
Tuttavia, rispetto alla precedente azione di responsabilità
amministrativa, la posizione del sanitario risulta alquanto alleggerita
poiché egli fruirà dei nuovi limiti fissati per la quantificazione del danno
da risarcire, corrispondente a una somma nel massimo pari a non oltre il
valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale
conseguiti nell’ anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’ anno
immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo.
La norma, infine, introduce, per la prima volta, una speciale ipotesi
di responsabilità sanzionatoria, prevedendo che in caso di responsabilità
amministrativa, l'esercente la professione sanitaria, se è passata in
giudicato la decisione di accoglimento della domanda di risarcimento
proposta dal danneggiato, per tre anni non possa essere preposto ad
incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti. Il giudicato,
inoltre, costituisce l'oggetto di una valutazione specifica dei commissari nei
concorsi pubblici per incarichi superiori.
Con il decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 74, sono state introdotte,
in attuazione dell'art. 17, comma 1, lett. r), della L. n. 124/2015, modifiche
al decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150, in materia di ottimizzazione
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del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nella pubblica
amministrazione.
In particolare, l'art. 10 del d.lgs. n. 150/2009 è stato modificato
dall'art. 8, lett. e, del decreto legislativo in esame, con l'introduzione di una
nuova ipotesi di responsabilità tipizzata. Viene, infatti, previsto che, nei
casi in cui la mancata adozione del Piano sulla performance dipenda da
omissione o inerzia dell'organo di indirizzo politico amministrativo di
ciascuna amministrazione, l'erogazione dei trattamenti e delle premialità
collegate alla valorizzazione del merito e alla incentivazione della
produttività costituisca fonte di responsabilità amministrativa del titolare
dell'organo stesso che ha concorso alla mancata adozione del Piano,
necessario presupposto per le erogazioni in questione.
Il decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 75, anch'esso emesso in
attuazione della L. n. 124/2015, ha introdotto modifiche al decreto
legislativo 30 marzo 2001 n. 165 in materia di riorganizzazione della
pubblica amministrazione.
In relazione alla gestione delle risorse umane e, in particolare, nella
erogazione di trattamenti economici accessori, è stato vietato alle
amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si
concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali,
continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal
committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti
posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano
responsabilità erariale.
Ancora, una ipotesi di responsabilità amministrativa c.d. tipizzata è
stata prevista nel decreto legislativo 15 settembre 2017 n. 147, recante
disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla
povertà (reddito di inclusione), che impone (art.12), al fine di prevenire e
sanzionare abusi nella erogazione dei servizi, una serie di obblighi
comunicazionali all'INPS, a carico di funzionari appartenenti alle
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17 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
amministrazioni attuatrici, finalizzati a dare luogo alle sanzioni di
decurtazione o decadenza delle prestazioni: la mancata comunicazione dà
luogo a responsabilità amministrativa, ai sensi dell'art.1 della L.14 gennaio
1994 n. 20.
A tutela dei denuncianti del danno erariale è stata emanata la legge
30 novembre 2017 n. 149, recante, appunto, disposizioni per la tutela degli
autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza
nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato. All’art. 1 di essa,
che modifica l'art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, si
prevede che, nel giudizio di competenza della Corte dei conti, non possa
essere rivelata la identità del dipendente pubblico che segnala illeciti, fino
alla chiusura della fase istruttoria e, cioè, sino al deposito dell'atto di
citazione in giudizio.
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Le sentenze della Corte Costituzionale
Con l’Ordinanza n. 225 del 25 ottobre 2017, è stato dichiarato
ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato
sollevato dal Presidente della Repubblica nei confronti della Corte dei
conti, in relazione alla sentenza della sezione II giurisdizionale centrale
d'appello, n. 1354 del 19 dicembre 2016, nonché alla sentenza della sezione
giurisdizionale regionale per il Lazio, n. 894 del 25 settembre 2012 e di ogni
altro atto presupposto, connesso o collegato.
Il ricorrente domandava che il giudice delle leggi, previa concessione
della tutela cautelare, dichiarasse che non spettava alla Corte dei conti
esercitare, con gli atti di cui sopra, la giurisdizione sulla responsabilità
amministrativa nei confronti di dipendenti della Presidenza della
Repubblica, assimilandola impropriamente ad un'amministrazione
pubblica, in quanto così facendo avrebbe ecceduto dalle proprie
attribuzioni di cui all’art. 103, secondo comma, della Costituzione,
interferito con le attribuzioni presidenziali di cui all’art. 84, terzo comma,
Cost., e, altresì, violato la consuetudine costituzionale che riserva alla
Presidenza della Repubblica l'esclusiva disponibilità dei rimedi, anche
giurisdizionali, atti a garantire la corretta amministrazione della propria
dotazione, ed esclude la stessa Presidenza dalla giurisdizione non solo di
conto, come già affermato nella sentenza n. 129 del 1981, ma anche di
responsabilità della Corte dei conti.
La menomazione delle attribuzioni presidenziali sarebbe avvenuta,
altresì, a seguito dell’invio della nota del 22 marzo 2017 con la quale la
Procura regionale della Corte dei conti per il Lazio, oltre a trasmettere, per
l'esecuzione, la sentenza d'appello, citando l'art. 212 del Codice di giustizia
contabile, ha "invitato" la Presidenza della Repubblica a "seguire" una
"Circolare dell'Ufficio Monitoraggio sentenze di condanna della Procura
Regionale per il Lazio"
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19 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
La Corte costituzionale, in camera di consiglio e senza
contraddittorio, in sede di delibazione preliminare e interlocutoria
concernente l'esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione
spettasse alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed
oggettivi indicati dal primo comma dello stesso art. 37, impregiudicata
ogni ulteriore determinazione, ha ritenuto che nella fattispecie ricorressero
i requisiti previsti ai fini dell’ammissibilità del ricorso per conflitto di
attribuzione.
Sotto il profilo soggettivo, infatti, sarebbero pacifiche la natura di
potere dello Stato del Presidente della Repubblica e, di conseguenza, la sua
legittimazione ad avvalersi dello strumento del conflitto a tutela delle
proprie attribuzioni costituzionali, e ciò anche in relazione ai compiti,
serventi rispetto alle predette attribuzioni, svolti dal Segretariato generale
della Presidenza e dal personale ad esso addetto, come ritenuto nella
sentenza n. 129 del 1981.
Ugualmente, è stata riconosciuta la legittimazione a essere parte del
conflitto in capo alle due sezioni (sezione II giurisdizionale centrale
d'appello e sezione giurisdizionale regionale per il Lazio) della Corte dei
conti, poiché, anche nell'ambito contabile, quello giurisdizionale è un
potere diffuso.
Anche sotto il profilo oggettivo, per quanto riguarda le decisioni con
cui le due sezioni della Corte dei conti hanno affermato la propria
giurisdizione, il ricorso è stato ritenuto ammissibile, in quanto il ricorrente
non ha chiesto che le decisioni siano riesaminate, ma ha lamentato il
superamento, per mezzo di esse, dei limiti che la giurisdizione contabile di
cui all’art. 103 Cost. incontra nell'ordinamento a garanzia delle
attribuzioni costituzionali del Presidente della Repubblica, analogamente
a quanto già rilevato, in relazione ai giudizi di conto.
E’ stata ugualmente riconosciuta la legittimazione a essere parti di
conflitti di attribuzione anche in capo alle Procure regionali della Corte dei
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20 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
conti, in quanto anch'esse sono organi giurisdizionali "competenti a
dichiarare definitivamente la volontà dei poteri cui appartengono" e tale
conclusione può essere confermata anche in relazione ai poteri di vigilanza
e indirizzo assegnati alle Procure regionali dagli artt. 213 e seguenti del
Codice di giustizia contabile, con riguardo all'esecuzione delle sentenze di
condanna, per garantirne l'effettività.
Dal punto di vista dell’oggetto del conflitto esso è stato dichiarato
ammissibile anche in relazione alla nota della Procura regionale per il Lazio
della Corte dei conti, giacché, in relazione a tale nota, nella motivazione
del ricorso è lamentata una specifica progressione della lesione delle
attribuzioni presidenziali, per la pretesa della Procura regionale, espressa
attraverso la nota stessa, di "monitorare l'attività dell'apparato funzionale
all'esercizio delle attribuzioni del Presidente della Repubblica"
nell'esecuzione della sentenza contestualmente trasmessa.
Con la sentenza n. 257 del 6 dicembre 2017 la Corte costituzionale ha
dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell' art.
5, comma 3, lett. a), del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito con
modificazioni, dalla L.14 gennaio 1994, n. 19, nella parte in cui non prevede
che la designazione del giudice sia effettuata sulla base di criteri oggettivi
e predeterminati, sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 25,
primo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, Sezione
giurisdizionale per la Puglia.
Il Giudice delle leggi ha voluto premettere che il principio del giudice
naturale precostituito per legge impone di considerare i rimedi che, sul
piano ordinamentale, possono essere apprestati al fine di dare concretezza
ed effettività al richiamato principio, senza alterare la continuità e la
tempestività della funzione giurisdizionale. In tale prospettiva, la Corte ha
richiamato il principio, da essa stessa affermato, della previa
predisposizione da parte degli organi di autogoverno delle magistrature di
criteri obiettivi per l'assegnazione degli affari e per l'esplicitazione dei
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21 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
poteri organizzativi dei capi degli uffici giudiziari, ricordando, tuttavia,
che esiste, peraltro, un distinto profilo critico che riguarda l'applicazione
concreta dei criteri da parte dei dirigenti di detti uffici.
Alla duplicità di tali profili è corrispondente anche una diversità di
rimedi per i soggetti pregiudicati da un uso distorto o deviante dei criteri
di assegnazione, siano essi le parti del processo o gli stessi magistrati
destinatari dei provvedimenti assunti dai rispettivi organi di autogoverno.
Al primo profilo pertiene la verifica degli strumenti di tutela che i
vari ordinamenti processuali accordano nei confronti di tali violazioni
nell'ambito del giudizio, al secondo, invece, il sindacato sull'esercizio, ad
opera degli organi di autogoverno delle varie magistrature, del potere-
dovere di predisporre adeguati criteri obiettivi e predeterminati, con
possibilità di impulso da parte dei soggetti che se ne ritengano lesi.
In ogni caso, l'eventuale pregiudizio immediato e diretto arrecato alle
posizioni giuridiche soggettive nei confronti di modalità di assegnazione
dei giudizi lesive della sfera soggettiva dell'assegnatario, consente la
garanzia della tutela dinnanzi al giudice assicurata dal fondamentale
principio degli 24 e 113 Cost..
La giurisprudenza di legittimità, sia civile che penale, ritiene, con
orientamento consolidato, che le decisioni assunte in contrasto con le
disposizioni di assegnazione delle cause all'interno dell'ufficio non integrino
un vizio di costituzione del giudice, ma comportino una violazione di
carattere interno che, in difetto di un'espressa sanzione di nullità, non
incide sulla validità degli atti né è causa di nullità del giudizio o della
sentenza. Conforme risulta l'orientamento del giudice contabile.
In definitiva, la Corte costituzionale ha ritenuto che il remittente
avrebbe potuto rilevare d'ufficio un vizio di costituzione del giudice solo in
relazione all’art. 158 c.p.c., norma applicabile al rito contabile nei giudizi
a quibus in ragione del rinvio dinamico a suo tempo previsto, al fine di
consentire una valutazione in merito alle predette disposizioni - tanto più
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22 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
alla luce della consolidata interpretazione datane dalla giurisprudenza –
affermando, invece, l'irrilevanza processuale dei casi di assegnazione delle
cause all'interno di uno stesso ufficio, in violazione (o in difetto) di criteri
generali e predeterminati, per accertare se soddisfino o meno quell'esigenza
di prefigurare appropriati rimedi dei quali le parti e il magistrato designato
possano avvalersi con riguardo al principio di precostituzione del giudice
e, in particolare, a quelli di imparzialità e di indipendenza interna dello
stesso.
Quanto alla tematica dei criteri obiettivi e predeterminati da parte
degli organi di autogoverno per l'assegnazione degli affari e per
l'esplicitazione dei poteri organizzativi dei capi degli uffici giudiziari, ha
rammentato che, diversamente da quanto previsto per gli organi di
autogoverno della giustizia ordinaria e del giudice amministrativo, gran
parte delle competenze riconosciute all'organo di autogoverno della
magistratura contabile, per effetto dell' art. 11, comma 7, della L. n. 15 del
2009, sono state trasferite a un organo monocratico, il Presidente della
Corte dei conti, qualificato "organo di governo dell'istituto", e tale
disposizione, al successivo comma 8, oltre ad aver definito il Consiglio di
presidenza della Corte dei conti non più organo di autogoverno bensì
"organo di amministrazione del personale di magistratura", afferma che lo
stesso "esercita le funzioni ad esso espressamente attribuite da norme di
legge", mentre, parallelamente, il comma 7 del medesimo articolo prevede
che il Presidente della Corte dei conti "esercita ogni altra funzione non
espressamente attribuita da norme di legge ad altri organi collegiali o
monocratici della Corte".
Ciò premesso, poiché la disposizione istitutiva dell’organo di
autogoverno della magistratura contabile (art. 10 L. n. 117/1988) richiama
solo parzialmente le attribuzioni del Consiglio di presidenza della giustizia
amministrativa, escludendo espressamente i criteri di massima per la
ripartizione degli affari consultivi e dei ricorsi, per effetto della riduttiva
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23 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
delimitazione delle funzioni a quelle sole espressamente previste dalla
legge, deve escludersi che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti
disponga attualmente - come avviene invece per gli organi di autogoverno
delle altre magistrature - del potere di dettare i criteri di massima per la
ripartizione degli affari e la composizione dei collegi.
Ha affermato, quindi, la Corte che l'eventuale vulnus alle garanzie
assicurate dall’art. 25, primo comma, Cost., nella prospettiva
"sopravvenuta" evidenziata dallo stesso giudice a quo, andrebbe semmai
rinvenuto nel combinato disposto dell'art. 10 della L. n. 117 del 1988 e
dell’art. 11 della L. n. 15 del 2009, e non nella disposizione censurata dal
rimettente.
Nell’anno 2017 la Corte Costituzionale si è occupata più volte della
materia pensionistica.
Con la sentenza n. 148 del 23 giugno 2017, la Corte Costituzionale ha
dichiarato la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
proposta per la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, da parte
dell’art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315, e degli artt. 204 e 205 del
D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevedono che i
provvedimenti di liquidazione definitiva del trattamento di quiescenza
possano essere "rettificati in ogni momento da enti o fondi erogatori, in
caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione,
erogazione o riliquidazione della prestazione", secondo quanto disposto
dall' art. 52, comma 1, della L. n. 88 del 1989 per le pensioni dei lavoratori
del settore privato.
Secondo la Corte Costituzionale, l’inammissibilità della questione
deriva proprio dalla impossibilità di ritenere, la disposizione invocata nelle
ordinanze di rimessione come tertium comparationis, l'unica soluzione
regolatoria della materia, compatibile ed anzi imposta dai principi
costituzionali.
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24 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
La disciplina prevista dalla citata disposizione, infatti, nel prevedere
la possibilità di rettifica delle pensioni del settore del lavoro privato "in
ogni momento" e "in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di
attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione", non
costituirebbe quella soluzione "obbligata" della regolazione della specifica
materia in esame che, ai sensi della giurisprudenza costituzionale, deve
invece ravvisarsi nella normativa invocata in termini di tertium
comparationis.
E’ al legislatore che compete, dunque, nell'equilibrato esercizio della
sua discrezionalità, valutati tutti i diversi e spesso contrapposti valori ed
esigenze in campo, bilanciare i fattori costituzionalmente rilevanti, fissati,
in particolare, dagli artt. 3 e 97 Cost., ma anche dagli artt. 36 e 38 Cost. A
tal fine, l'intervento normativo dovrà, in particolare, armonizzare le
esigenze di ripristinare la legittimità del trattamento pensionistico con
l'opposta esigenza di tutelare, in presenza di situazioni e condizioni di
rilevanza sociale, l'affidamento del pensionato nella stabilità del suo
trattamento, decorso un lasso temporale adeguato e coerente con il
complessivo ordinamento giuridico.
Con la sentenza n. 250 del 1° dicembre 2017 la Corte Costituzionale
ha respinto tutte le censure alle disposizioni contenute nel decreto legge n.
65/2015, riguardante la perequazione dei trattamenti pensionistici.
Preliminarmente ha rilevato che non vi è stata alcuna violazione del
giudicato costituzionale contenuto nella sentenza n. 70 del 2015, in quanto
il decreto-legge n. 65 non costituisce per nulla una “mera riproduzione» del
Decreto legislativo n. 201 del 2011, avendo introdotto una disciplina
«nuova» e «diversa», ancorché temporanea, della rivalutazione
automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013, riconoscendo la
rivalutazione in misura proporzionale decrescente anche alle pensioni –
prima escluse – comprese tra quelle superiori a tre volte il trattamento
minimo Inps e quelle fino a sei volte lo stesso trattamento”.
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25 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Secondo la Corte, con quel Dl il legislatore aveva fatto un «cattivo
uso» della propria discrezionalità, bilanciando in modo irragionevole
l’interesse dei pensionati alla conservazione del potere d’acquisto delle
pensioni con le esigenze finanziarie dello Stato, in quanto «aveva
irragionevolmente sacrificato il primo», in particolare quello dei titolari di
«trattamenti previdenziali modesti», in nome di esigenze finanziarie
neppure illustrate. Era, così, stato sollecitato un nuovo intervento
legislativo, in modo da bilanciare i valori e gli interessi coinvolti in modo
diverso, nei limiti di «ragionevolezza e proporzionalità», senza sacrificare
irragionevolmente nessuno dei due.
Il Dl n. 65/2015 ha seguito queste indicazioni, ovviamente con effetto
retroattivo, seppure limitatamente al biennio 2012-2013 e secondo la
Corte, il blocco della perequazione per due soli anni e il conseguente
“trascinamento” dello stesso agli anni successivi «non costituiscono un
sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze, di interesse generale»,
perseguite dalle disposizioni impugnate.
La sentenza ha ribadito che la rivalutazione automatica è uno
«strumento tecnico» necessario per salvaguardare le pensioni dall’erosione
del loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione, e per assicurare nel tempo
il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti di
quiescenza. Ha ribadito, anche, che va salvaguardata la garanzia di un
reddito che non comprima le esigenze di vita cui era precedentemente
commisurata la prestazione previdenziale.
È su questo «solido terreno» che il legislatore deve muoversi
bilanciando, secondo criteri non irragionevoli, i valori e gli interessi
costituzionali coinvolti: l’interesse dei pensionati a preservare il potere
d’acquisto delle proprie pensioni; le esigenze finanziarie e di equilibrio di
bilancio dello Stato.
In questo bilanciamento il legislatore, nell’esercizio della sua
discrezionalità, non può «eludere il limite della ragionevolezza», principio
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26 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
cardine intorno al quale ruotano le scelte in materia pensionistica.
Pertanto, se queste scelte si prefiggono risparmi di spesa, questi ultimi
devono essere «accuratamente motivati», e cioè «sostenuti da valutazioni
della situazione finanziaria basate su dati oggettivi». Ha ritenuto così il
giudice delle leggi che dalla Relazione tecnica e dalla Verifica delle
quantificazioni relative al Ddl di conversione del Dl n. 65/2015 emergono
«con evidenza» le esigenze finanziarie di cui ha tenuto conto il legislatore
nell’esercizio della sua discrezionalità. Esigenze che, nell’attuazione dei
principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti pensionistici,
«sono preservate attraverso un sacrificio parziale e temporaneo
dell’interesse dei pensionati a preservare il potere di acquisto dei propri
trattamenti». Ne è una conferma la scelta «non irragionevole» di
riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti
all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico,
sino ad escluderla per quelli superiori a sei volte il minimo Inps. «Il
legislatore ha dunque destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in
via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici
più bassi», limitando il blocco a quelli medio-alti che, per giurisprudenza
costituzionale, hanno margini di resistenza maggiori contro gli effetti
dell’inflazione, peraltro contenuta nel biennio 2011-2012 come si ricava
dalla Relazione tecnica.
Sempre in materia pensionistica è stata emessa la sentenza n. 259 del
7 dicembre 2017, che ha deciso, dichiarandone l’infondatezza, la questione
della legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 36 e 38 Cost.,
dell'art. 220 del D.P.R. n. 1092 del 1973, come modificato dall’art. 22 della
L. 29 aprile n. 177, che nel determinare il trattamento di quiescenza degli
"iscritti al Fondo pensioni", non applicherebbe all'indennità integrativa
speciale, pur confluita nello stipendio tabellare, l'incremento del 18 per
cento previsto invece per l'ultimo stipendio e per gli assegni e per le
indennità pensionabili espressamente indicati dalla legge.
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27 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Secondo la Corte, le garanzie degli artt. 36 e 38 della Costituzione che
assicurano al lavoratore, in caso di vecchiaia, mezzi necessari adeguati alle
sue esigenze di vita e proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro
prestato, prevedono un rapporto di corrispondenza tra pensioni e
retribuzioni, pur tendenziale e imperfetto che deve essere preservato
mediante meccanismi di raccordo, atti a scongiurare il rischio di un
"irragionevole scostamento", sintomatico dell'inadeguatezza del
trattamento previdenziale corrisposto. In definitiva, la determinazione
della base retributiva utile ai fini del trattamento di quiescenza è rimessa
alle scelte discrezionali del legislatore, chiamato a compiere "una congrua
valutazione che contemperi le esigenze di vita dei lavoratori, che ne sono
beneficiari, e le disponibilità finanziarie" senza valicare il limite della
garanzia delle esigenze minime di protezione della persona, ed è proprio la
molteplicità delle variabili sottese a tale bilanciamento a imporre una
valutazione globale e complessiva, che non si esaurisca nella parziale
considerazione delle singole componenti. In tale ottica, è stato affermato
che il meccanismo prefigurato dalla legge, circoscritto a una singola voce
del trattamento previdenziale, non vanifica la rilevanza dell'indennità
integrativa speciale, che ha "natura retributiva" e assolve alla "funzione di
adeguamento della retribuzione al costo della vita" cosicché, pur se esclusa
dall'incremento del 18 per cento, non cessa di costituire, come parte
integrante della retribuzione, una componente utile ai fini del computo
della base pensionabile.
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28 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
La giurisdizione contabile nelle sentenze delle Sezioni
Unite della Corte di Cassazione
In materia di concessione di contributi pubblici, la Cassazione (Cass.
civ. Sez. Unite, Sent., n. 18991/2017 e n. 19088/2017) ha ribadito il principio
della sussistenza di un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un
contributo statale ed i soggetti privati. Così risponde per danno erariale
innanzi alla Corte dei conti non solo il percettore del finanziamento, ma
anche l'amministratore di una società privata di capitali destinataria di
fondi pubblici, atteso che la società beneficiaria dell'erogazione concorre
alla realizzazione del programma della P.A., instaurando con questa un
rapporto di servizio, sicché la responsabilità amministrativa attinge anche
coloro che intrattengano con la società un rapporto organico, ove dai
comportamenti da loro tenuti sia derivata la distrazione dei fondi in
questione dal fine pubblico cui erano destinati.
Nell’ipotesi di responsabilità sopra descritta, è la natura del danno
conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la
contribuzione ad assumere, invero, decisiva rilevanza ai fini della
giurisdizione ((Cass. civ. Sez. Unite, Sent., n. 21297/2017) attesa
l'irrilevanza, da un canto, della qualità del soggetto che gestisce il denaro
pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario
della contribuzione, e, per altro verso, del titolo in base al quale la gestione
del pubblico denaro è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico
impiego o di servizio ma anche in una concessione amministrativa o in un
contratto di diritto privato, ivi compreso quello di sponsorizzazione.
Nell’ipotesi di recupero della somma finanziata, la Suprema Corte si
è occupata, altresì, della concorrenza della giurisdizione contabile con altre
giurisdizioni (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., n. 28504/2017). Sul punto ha
ricordato che, a norma dell’art. 386 c.p.c., la giurisdizione va determinata
sulla base dell'oggetto della domanda, verificato alla stregua del c.d.
"petitum sostanziale". Quest'ultimo deve essere identificato, non solo e non
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29 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice (c.d.
petitum immediato), quanto, soprattutto, in funzione della "causa
petendi", ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da
individuarsi con riguardo ai fatti allegati. Ciò premesso, non sussiste
alcuna interferenza tra la giurisdizione contabile e le altre giurisdizioni, in
quanto la giurisdizione civile e quella amministrativa, da un lato, e la
giurisdizione contabile, dall'altro, sono reciprocamente indipendenti nei
loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto
materiale, sottolineando, peraltro, che nessun pregiudizio può arrecare al
ricorrente l'esistenza di un doppio titolo esecutivo a suo carico, in quanto,
gli eventuali pagamenti effettuati dalla parte, in forza di un titolo
esecutivo, sarebbero comunque conteggiati in sede di esecuzione del
diverso titolo.
****
In materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice
contabile sulle domande risarcitorie, conseguenti all’asserito illegittimo
utilizzo dei contributi erogati ai gruppi consiliari, le Sezioni Unite della
Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, n. 4880/2017) hanno confermato
l’orientamento giurisprudenziale già espresso in materia. La Corte, quindi,
ha affermato il principio di diritto secondo il quale la gestione dei fondi
pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla
giurisdizione della Corte dei conti, che può giudicare, quindi, sulla
responsabilità erariale del componente del gruppo autore di "spese di
rappresentanza" prive di giustificativi. Ha quindi escluso ogni rilevanza,
ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile, alla natura -
privatistica o pubblicistica - dei gruppi consiliari, attesa l'origine pubblica
delle risorse e la definizione legale del loro scopo, o il principio
dell'insindacabilità di opinioni e voti ex art. 122 Cost., comma 4, che non
può estendersi alla gestione dei contributi, attesa la natura derogatoria
delle norme di immunità.
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30 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
****
In materia di danni subiti dalle società partecipate, le Sezioni Unite
della Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, n. 11983/2017 e n.
30978/2017) hanno esplicitamente voluto premettere che la Corte dei conti
non è il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela
da danni pubblici (Corte cost. 5 dicembre 2010, n. 355), di modo che
l'affermazione della relativa giurisdizione richiede l'interposizione del
legislatore, che si traduce in norme che prevedono la giurisdizione contabile
in fattispecie determinate, riconoscendo che la tendenza del legislatore è
volta, già sul piano generale, a riconoscere alle società in mano pubblica lo
statuto delineato dal diritto societario, cui consegue l'assoggettamento
delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria.
In tale cornice, le Sezioni Unite hanno già avuto numerose occasioni
per sottolineare che, nella società di diritto privato a partecipazione
pubblica, il pregiudizio patrimoniale arrecato dalla mala gestio dei suoi
organi sociali, di norma, non integra il danno erariale, in quanto si risolve
in un vulnus gravante in via diretta esclusivamente sul patrimonio della
società, soggetta alle regole di diritto privato e dotata di autonoma e
distinta personalità giuridica rispetto ai soci. Nelle particolari fattispecie
trattate nelle pronunce citate, in cui convenute in giudizio dinanzi alla
Corte dei conti erano imprese ferroviarie, è stato ribadito il principio di
diritto già espresso con la sentenza n. 1159 del 2015, emessa in relazione ad
un'azione promossa anche in quel caso dalla Procura della Corte dei conti
nei confronti di componenti del consiglio di amministrazione di s.p.a.
Ferrovie dello Stato. E’ stato, quindi, riaffermato che la fisionomia
dell'impresa ferroviaria delineata dal legislatore interno, in conformità al
diritto dell'Unione, è contrassegnata dall'indipendenza e dall'autonomia,
dall'apertura al libero mercato e dall'adozione del modello privatistico, che
non ne consentono la riconducibilità all'ente pubblico o anche alla società
in house. Si è, così, affermata la giurisdizione del giudice ordinario in base
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31 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
alla considerazione che la società in questione svolge un'attività economica
e commerciale in regime di mercato libero e la sua veste giuridica non
rappresenta un mero schermo di copertura di una struttura
amministrativa pubblica.
Circa la verifica in ordine alla ricorrenza dei requisiti propri della
società "in house", come delineati dal D.Lgs.18 agosto 2000, n. 267, art.
113, comma 5, lett. c), come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. d), del
D.L. n. 269/2003, convertito con modificazioni nella L. n. 326/2003, la cui
sussistenza costituisce il presupposto per l'affermazione della giurisdizione
della Corte dei conti sull'azione di responsabilità esercitata nei confronti
degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio della società,
essa deve compiersi con riguardo alle previsioni contenute nello statuto
della società al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita e
non a quelle, eventualmente differenti, esistenti al momento in cui risulti
proposta la domanda di responsabilità del P.G. presso la Corte dei conti
(Cass. civ. Sez. Unite, n. 962/2017).
Nella descrizione dei requisiti necessari, la Suprema Corte si è
soffermata sulle caratteristiche del cosiddetto controllo analogo,
specificando che esso comporta che l'ente pubblico partecipante abbia
statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative
della società in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a
trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica. Si tratta
di un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente con
modalità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente
spettano al socio in base alle regole dettate dal codice civile, e sino al punto
che agli organi della società non resta affidata nessuna rilevante autonomia
gestionale.
Si è affermata, invece, la sussistenza della giurisdizione della Corte
dei Conti (Cass. civ. Sez. Unite, n. 11139/2017) quando l'azione di
responsabilità trovi fondamento nel comportamento di chi, quale
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
32 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
rappresentante dell'ente partecipante o comunque titolare del potere di
decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri
diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione,
ovvero in comportamenti degli amministratori o dei sindaci tali da
compromettere la ragione stessa della partecipazione sociale dell'ente
pubblico, strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed implicante
l'impiego di risorse pubbliche, o da arrecare direttamente pregiudizio al suo
patrimonio. In altri termini, l'azione di responsabilità per danno erariale
può configurarsi nei confronti di chi, essendone incaricato, non abbia
esercitato i poteri ed i diritti sociali spettanti al socio pubblico al fine
d'indirizzare correttamente l'azione degli organi sociali, cosicchè
appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti la cognizione sull'azione
risarcitoria proposta nei confronti del rappresentante di un ente pubblico
non economico, titolare di una partecipazione totalitaria in una società,
che abbia esercitato, in nome e per conto dell'Ente, i diritti e le facoltà
inerenti alla posizione di socio, in modo non conforme al dovere di diligente
cura del valore di tale partecipazione, così causando un pregiudizio diretto
al patrimonio dell'Ente stesso.
****
Più volte la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di
ricorsi proposti nel presupposto che il giudice contabile avesse valicato i
limiti esterni della propria giurisdizione. Sul punto, le Sezioni Unite hanno
ripetutamente affermato che in tema di sindacabilità del difetto di
giurisdizione delle sentenze della Corte dei Conti, è inammissibile il ricorso
che si fondi su vizi processuali relativi a violazioni dei principi
costituzionali del giusto processo, quali quelli che ledono il contraddittorio
tra le parti o la loro parità di fronte al giudice o l'esercizio del diritto di
difesa, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di
giudizio, al pari di tutti gli altri "errores in procedendo" e non inerenti
all'essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa,
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33 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
ma piuttosto al modo in cui è stata esercitata. (Cass. civ. Sez. Unite, n.
4221/2017; n. 18164/2017; n. 19086/2017; n. 26337/2017; n. 27092/2017; n.
27283/2017; n. 22251/2017; n. 22252/2017).
E’ stata così affermata l’inammissibilità di un ricorso avverso
l'ordinanza di una sezione giurisdizionale della Corte dei Conti che aveva
sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., un processo per responsabilità
amministrativa, avverso la quale non è stato ritenuto ammissibile il
regolamento di giurisdizione, configurandosi il potere di sospendere il
giudizio quale norma sul procedimento, come tale non sindacabile. (Cass.
civ. Sez. Unite, n. 1916/2017).
In virtù delle medesime considerazioni è stato escluso il sindacato
sulla giurisdizione (Cass. civ. Sez. Unite, n. 18164/2017) sul ricorso per
violazione di norme da parte del giudice contabile di non avere limitato la
propria statuizione, su una domanda di risarcimento del danno
all'immagine di enti pubblici, ai soli fatti costituenti delitti contro la P.A.,
accertati con sentenza passata in giudicato, trattandosi di una verifica in
merito ad una condizione di mera proponibilità dell'azione di
responsabilità, anche se sanzionata con la nullità degli atti.
Alcune fattispecie in cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione
hanno esaminato la violazione dei limiti esterni della giurisdizione hanno
riguardato la applicazione dell’art. 1, legge n. 20 del 1994, come modificato
dal D.L. n. 543 del 1996, convertito nella legge n. 639 del 1996, nella parte
in cui tale disposizione impedisce il sindacato delle scelte discrezionali
operate dall'amministrazione.
In materia di sindacabilità delle scelte discrezionali, le Sezioni Unite
(Cass. civ. Sez. Unite, n. 6820/2017) hanno affermato la possibilità di
un'estesa applicazione della L. n. 241 del 1991, le cui clausole generali
consentono in sede giurisdizionale un controllo di ragionevolezza sulle
scelte operate dalla pubblica amministrazione. Ne consegue che il criterio
di razionalità nella valutazione delle scelte cui si riferisce la giurisprudenza
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34 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
contabile non è strumento limitato all'esame del merito, che conserva la
sua rilevanza solo se inserito in un metodo di valutazione che lo individua
come summa di sintomi dell'eccesso di potere, ma investe nella sua
interezza il percorso logico seguito dall'amministrazione, onde evitare la
deviazione dell'attività amministrativa dai propri fini istituzionali, che
devono essere perseguiti nel quadro complessivo degli equilibri della
finanza pubblica cui il giudizio amministrativo-contabile è specificamente
orientato. L'irragionevolezza equivale al vizio della funzione; di contro,
l'esigenza di razionalità insita nello svolgimento della funzione
amministrativa corrisponde a correttezza e adeguatezza della funzione; di
modo che la ragionevolezza consente di verificare la completezza
dell'istruttoria, la non arbitrarietà e la proporzionalità nella ponderazione
e scelta degli interessi, nonché la logicità e l'adeguatezza della decisione
finale allo scopo da raggiungere. In questo contesto, gli obblighi di servizio
diventano obblighi di risultato e il mancato raggiungimento degli obiettivi,
laddove comporti un danno per la pubblica amministrazione e sia
imputabile al dolo o alla colpa grave degli operatori, può essere oggetto di
valutazione in sede giurisdizionale di responsabilità.
Il giudice contabile ha, per tale via, il potere di accertare tutti i fatti
e comportamenti causa di danno erariale e, pertanto, ferma restando la
scelta dell'amministratore di apprestare gli strumenti più idonei al
soddisfacimento degli obiettivi dell'ente, può valutare i modi di attuazione
delle scelte discrezionali alla luce del parametro della conformità a criteri
di efficacia ed economicità che, avendo acquistato "dignità normativa",
assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera
opportunità dell'azione amministrativa.
Sulla medesima scia motivazionale si collocano altre due pronunce,
(Cass. civ. Sez. Unite, n. 29920/2017 e 29921/2017) secondo le quali, sulla
configurazione di spazi discrezionali - e quindi di aree di insindacabilità -
svolgono un essenziale effetto conformatore i principi di economicità e di
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35 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
efficacia, i quali, anche per l'attività regolata dal diritto pubblico,
costituiscono un'ulteriore limite alla libertà di valutazione conferita alla
p.a. Tali criteri non esprimono un mero ed enfatico richiamo ai principi di
legalità e di buona amministrazione contenuti nell’art. 97 Cost.. Si tratta,
infatti, non di un vincolo ad un generale dovere (quale quello del
perseguimento del pubblico interesse affidato al singolo organo
amministrativo), la cui concreta applicazione dà luogo non ad esercizio di
discrezionalità amministrativa, ma a vere e proprie regole giuridiche, la cui
inosservanza può dar luogo alla misura - correttiva o repressiva - che il
giudice deve applicare ad esito della sua verifica. Tali principi, quindi,
costituiscono una regola di legittimità dell'azione amministrativa, la cui
osservanza può essere oggetto di sindacato giurisdizionale, nel senso che lo
stesso comporta il controllo della loro concreta applicazione, essendo
estraneo alla sfera propriamente discrezionale. Il principio di
insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, quindi, non preclude al
giudice contabile di esaminare l'operato della pubblica amministrazione
con riferimento ai parametri dell'efficacia, dell'efficienza e della
economicità.
****
In tema di accertamento del rapporto di servizio dal quale possa
scaturire una responsabilità per danno erariale, la Corte di Cassazione
(Cass. civ. Sez. Unite, n. 1308/2017) ha affermato la giurisdizione della
Corte dei conti nei confronti di un direttore dei lavori, che, nell'ottica
dell'esigenza di snellimento della procedura di erogazione di un
finanziamento regionale, previa disposizione autorizzativa della Giunta,
aveva redatto e sottoscritto il certificato di regolare esecuzione dei lavori,
in sostituzione delle attività di collaudo e del relativo verbale di
accertamento da predisporre da parte dei funzionari regionali. Si era,
infatti, in questa ipotesi, realizzato quel temporaneo inserimento del
ricorrente nell'apparato organizzativo della p.a., quale organo tecnico e
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36 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
straordinario della stessa, ritenuto sufficiente dalla giurisprudenza
consolidata di questa Corte a radicare la giurisdizione del giudice contabile,
senza che rilevi la circostanza che il soggetto non rivesta alcuna formale
qualifica nell'ambito della p.a., ma essendo sufficiente, in proposito, lo
svolgimento, a qualsiasi titolo, di attività riconducibili all'ente pubblico.
E’ stato, in questa fattispecie, applicato il principio consolidato per il quale
in tema di danno erariale, sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei
Conti i soggetti privati destinatari di fondi pubblici (concessi per attuare
interventi di loro interesse, ma rientranti in un piano o in un programma
che, attraverso l'erogazione di tali fondi, l'amministrazione si propone di
realizzare) i quali distolgono le risorse ottenute dalle finalità cui erano
preordinate (disponendone in modo diverso da quello preventivato o
distraendole per altre attività o ponendo in essere i presupposti per la loro
illegittima percezione), così recando all'amministrazione stessa il danno
corrispondente al mancato conseguimento degli obiettivi da essa
perseguiti.
Diversamente è stato deciso in altra fattispecie, in cui il direttore dei
lavori chiamato a rispondere del danno erariale subito dalla P.A.
committente, era stato nominato dal contraente generale per la
realizzazione delle opere (Cass. civ. Sez. Unite, n. 10231/2017).
La Suprema Corte ha voluto rammentare la natura giuridica del
rapporto contrattuale che lega la stazione appaltante al contraente
generale, al quale affida, globalmente, la "realizzazione con qualsiasi mezzo
dell'opera" (art. 176 del codice dei contratti pubblici), nel rispetto delle
esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo,
redatto e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in
parte dopo l'ultimazione dei lavori. Il g.c., assumendo tale complessiva
obbligazione di risultato, svolge anche compiti che altrimenti graverebbero
sulla stazione appaltante, esercitando vari poteri pubblicistici tali da
inserirlo funzionalmente nell'apparato organizzativo dell'ente pubblico
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37 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
appaltante, che glieli ha trasferiti, e da costituirlo, nei limiti di tale
esercizio di poteri, "agente dell'amministrazione". Ai fini del riparto di
giurisdizione occorre perciò distinguere tra le due contrapposte posizioni
che in concreto cumula il g.c. Ove si assuma che il danno derivi dalla
violazione del suo "dovere" (in senso lato) pubblicistico afferente
all'attività e alle funzioni svolte come "agente dell'amministrazione
pubblica", la cognizione dell'azione di responsabilità intentata dall'ente
pubblico spetta alla giurisdizione della Corte dei conti, in ragione del
temporaneo rapporto di servizio pubblico sorto per effetto dell'esercizio di
quei poteri. Ove, invece, si assuma che il danno derivi dall'inadempimento
delle obbligazioni poste a carico del g.c. come "controparte contrattuale
dell'amministrazione pubblica", cosi da squilibrare il sinallagma
contrattuale (o, può qui aggiungersi, da un mero illecito
extracontrattuale), la cognizione dell'azione di responsabilità o risarcitoria
spetta alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, in ragione del
non venire in rilievo l'esercizio di poteri pubblicistici tale da far sorgere un
temporaneo rapporto di servizio con l'ente pubblico.
Con riferimento alla responsabilità del direttore dei lavori per
l'attività da lui svolta, è stato osservato che, nel caso di nomina effettuata
dalla stazione appaltante, il direttore dei lavori può ritenersi
temporaneamente inserito nell'apparato dell'ente pubblico appaltante,
quale organo tecnico e straordinario di esso, prendendo la veste di "agente
dell'amministrazione". In questo caso la cognizione della correlativa azione
di responsabilità intentata per conto dell'amministrazione pubblica spetta
alla giurisdizione della Corte dei conti, in ragione del suddetto temporaneo
rapporto di servizio con l'ente pubblico. Nel caso, invece, di nomina
effettuata dal contraente generale, il direttore dei lavori non "esplica alcun
potere autoritativo nei confronti del medesimo contraente generale" per il
quale opera e non può ritenersi temporaneamente e funzionalmente
inserito nell'apparato organizzativo dell'ente pubblico appaltante.
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38 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Conseguentemente, ove si assuma che il danno derivi dall'esercizio
dell'incarico di direttore, la cognizione della correlativa azione di
responsabilità intentata per conto dell'amministrazione pubblica spetta
alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, in ragione
dell'inesistenza di un rapporto di servizio, ancorchè temporaneo, con l'ente
pubblico e dell'esistenza di un rapporto privatistico di prestazione d'opera
intellettuale tra g.c. e direttore.
Sempre in materia di rapporto di servizio, ne è stata ritenuta la
sussistenza in quello che si instaura tra il concessionario delle attività di
accertamento e riscossione delle imposte e l’ente pubblico ((Cass. civ. Sez.
Unite, n. 7663 /2017; n. 21546/2017; n. 21112/2017) affermando trattarsi
di attività avente natura giuridica di servizio pubblico, regolata da norme
che deviano dal regime comune delle obbligazioni civili in ragione della
tutela dell'interesse della pubblica amministrazione creditrice alla pronta
e sicura esazione delle entrate. Il soggetto esterno che si inserisce nell'iter
procedimentale dell'ente pubblico diviene compartecipe dell'attività
pubblicistica di quest'ultimo e la società concessionaria riveste la qualifica
di agente contabile non rilevando in contrario né la sua natura di soggetto
privato, né il titolo giuridico in forza del quale il servizio viene svolto,
essendo necessario e sufficiente che, in relazione al maneggio di denaro, sia
costituita una relazione tra ente pubblico ed altro soggetto, per la quale la
percezione del denaro avvenga, in base a un titolo di diritto pubblico o di
diritto privato, in funzione della pertinenza di tale denaro all'ente pubblico
e secondo uno schema procedimentale di tipo contabile.
****
Le Sezioni Unite hanno ribadito il proprio orientamento (Cass. civ.
Sez. Unite, n. 8688/2017) affermando che la controversia avente ad oggetto
la domanda della P.A. rivolta ad ottenere dal proprio dipendente il
versamento dei corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non
autorizzato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario,
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39 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Argomenta, in proposito la Corte di Cassazione, che l'obbligo di
versamento di cui trattasi rappresenta una particolare sanzione ex lege al
fine di rafforzare la fedeltà del dipendente pubblico e quindi prescinde dai
presupposti della responsabilità per danno (evento; nesso di causalità;
elemento psicologico). Non va, perciò, confuso il concetto attinente alla
mera reversione del profitto con quello del danno, confusione, questa, che
condurrebbe all'estensione del limite della giurisdizione contabile al di fuori
dei suoi confini istituzionali. Sostiene, ancora, la Suprema Corte che, se
l'ipotesi di responsabilità erariale fosse attivata dal mero inadempimento
dell'obbligo di denuncia di percezione di compensi corrisposti da terzi al
pubblico dipendente, a prescindere dal danno che dall'inadempimento
potrebbe derivare, sarebbe perfino dubbia la possibilità per
l'amministrazione di richiedere il versamento dei compensi, ossia
l'adempimento della obbligazione, prescindendo dall'interessarne la
Procura della Corte dei conti; ma, soprattutto, non sarebbe dubbio che il
debitore non avrebbe alcuna tutela giurisdizionale, dato che non potrebbe
adire, egli, la Corte dei conti, presso la quale il processo (di responsabilità
erariale) inizia esclusivamente ad istanza della Procura: se ne dovrebbe
concludere che il dipendente, debitore del versamento dei compensi, può
rivolgersi soltanto al giudice delle controversie relative al suo rapporto di
lavoro. Hanno ritenuto, quindi, le Sezioni Unite che la responsabilità di cui
trattasi, se limitata all'inadempimento dell'obbligo di denuncia, senza
dedurre l'esistenza di conseguenze dannose per l'amministrazione di
appartenenza, non può sottrarsi alle ordinarie regole di riparto di
giurisdizione e quindi, trattandosi di rapporto di pubblico impiego
contrattualizzato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. Solo
se ad essa si accompagnino profili di danno (danno da immagine; danno da
sottrazione di energie lavorative per essersi compiuta l'attività oggetto di
denuncia in costanza di rapporto di lavoro), allora potrà dirsi interessata
la giurisdizione contabile.
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40 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
****
La Corte di Cassazione nell’anno 2017 si è occupata anche della
giurisdizione in materia di contenzioso pensionistico.
E’stato, così, affermato che la giurisdizione esclusiva della Corte dei
conti in materia si estende all'azione di rivalsa esercitata dall'ente datore
di lavoro nei confronti del dipendente in quiescenza nella specie,
dipendente comunale, per i ratei erogati in misura superiore al dovuto a
causa di errate comunicazioni datoriali, a tal fine rilevando il contenuto
pubblicistico del rapporto previdenziale, relazione trilatera infrazionabile
(Cass. civ. Sez. Unite, n. 21971/2017).
Ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie relative alla
computabilità dell'indennità di amministrazione nel trattamento
pensionistico, la Suprema Corte (Cass. civ. Sez. Unite, n. 15057/2017 e n.
15058/2017) ha rilevato che occorre distinguere tra domanda proposta nel
corso del rapporto di lavoro e diretta all'accertamento della computabilità
dell'emolumento nella base contributiva - che attiene agli obblighi, pur con
connotazione previdenziale, nascenti dal rapporto d'impiego e alla base di
calcolo dei contributi sulla retribuzione che l'Amministrazione è tenuta a
versare - e domanda, proposta dal dipendente già in quiescenza, diretta al
conteggio di detta indennità nella pensione o nella base pensionistica ai fini
della quantificazione del trattamento pensionistico. Nel primo caso, la
controversia è devoluta alla cognizione del giudice del rapporto di lavoro,
nel secondo caso, invece, la domanda appartiene alla giurisdizione della
Corte dei conti, in quanto il presupposto della giurisdizione esclusiva è
l'assenza di conseguenze della pronunzia invocata su un rapporto di
servizio o di lavoro in corso o sui provvedimenti determinativi del relativo
trattamento economico globalmente considerato, quando non sul
complessivo status attuale e futuro: tale assenza costituendo la condizione
per escludere la giurisdizione del giudice del rapporto di lavoro.
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41 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Una particolare decisione ha riguardato la giurisdizione in una
controversia riguardante l'ammontare della ritenuta fiscale operata
dall'INPS sulla pensione di riversibilità (Cass. civ. Sez. Unite, n.
21971/2017).
La Suprema Corte ha voluto premettere che, per giurisprudenza
costante delle Sezioni Unite, le controversie tra sostituto d'imposta e
sostituito, relative al legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa delle
ritenute alla fonte versate direttamente dal sostituto, volontariamente o
coattivamente, non sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario,
trattandosi di diritto cui resta estraneo l'esercizio del potere impositivo
sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto
tributario. Ha poi richiamato il pacifico principio giurisprudenziale
secondo cui la Corte dei conti giudica sui ricorsi in materia di pensione in
tutto o in parte a carico dello Stato ed in questo ambito la sua giurisdizione
è esclusiva e ricomprende tutte le controversie funzionali e connesse al
diritto alla pensione dei pubblici dipendenti, concernenti la sussistenza del
diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti,
comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa,
l'inadempimento o l'inesatto adempimento della prestazione pensionistica
da parte dell'ente obbligato, ancorché non sia in contestazione il diritto al
trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimità dei
provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano.
Tutto ciò premesso, ha affermato che la controversia rientra tra
queste ultime, poiché l'ammontare della ritenuta fiscale operata dall'INPS
sulla pensione di riversibilità attiene al trattamento pensionistico e il
giudice del rapporto è, quindi, il giudice contabile.
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42 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Le sentenze delle Sezioni Riunite Con la sentenza n. 2/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa, con l’ordinanza n. 47/2016, dalla Sezione
prima giurisdizionale centrale d’Appello avente il seguente quesito:
“se l’art. 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, possa essere
interpretato nel senso che l’obbligo di denuncia di un danno erariale
sussista anche nell’ipotesi in cui esso si risolva in una autodenuncia del
soggetto agente”.
Accertata l’ammissibilità e la rilevanza nel giudizio a quo della
questione di massima, le Sezioni Riunite, ricostruito il quadro normativo,
hanno dato al quesito risposta positiva.
Hanno voluto premettere i giudici che l’obbligo di denuncia grava,
quale conseguenza insita nel rapporto di servizio, su determinati soggetti
individuati in base alle funzioni loro assegnate, di regola ricollegabili alla
cosiddetta verticalizzazione dell’organizzazione amministrativa e al
sistema dei controlli.
Ripetuti interventi del legislatore, poi, rafforzano ed estendono la
“rete” dei soggetti onerati dell’obbligo di denuncia, al fine di rendere
indefettibile per la procura la conoscenza degli eventi di danno,
assicurando in questo modo una tutela erariale ampia ed effettiva.
In definitiva non è dubitabile che le disposizioni in materia di
denuncia delle ipotesi dannose per l’Erario “rivestano carattere generale e
rappresentino altrettanti, precisi doveri gravanti sulle figure esponenziali di
ogni struttura pubblica” (SS.RR. n. 12/QM/2011 del 03.08.2011).
L’articolo 52 del codice di giustizia contabile ha sostanzialmente
confermato il quadro normativo precedente, giungendo a dare spessore
normativo all’obbligo di denuncia collegato ad un generalizzato rilievo
delle funzioni di vertice, di controllo e ispettive. Il soggetto onerato,
proprio in base al rapporto di servizio, si trova in una posizione propria
differenziata che presuppone e legittima l’onere stesso. Di converso,
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43 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
qualsiasi limitazione all’obbligo de quo finisce con il comprimere
l’effettività e l’efficacia della azione del Pubblico Ministero contabile,
titolare esclusivo della legittimazione attiva al processo di responsabilità.
Così delineato l’obbligo di denuncia, le Sezioni Riunite si sono
preoccupate di rapportarlo al principio del nemo tenetur se detegere,
accertando se il soggetto onerato della denuncia venga liberato dall’obbligo
e dalle sue conseguenze in caso di inottemperanza, qualora possa
ragionevolmente ritenere che l’evento segnalato sia causalmente
riconducibile a sue condotte con addebito del danno a titolo di
responsabilità amministrativa.
Nell’ordinamento penale la guarentigia è stata attuata, in termini
generali, mediante il riconoscimento del diritto dell’imputato a non
collaborare nel processo, non sussistendo alcun obbligo di presenza fisica,
di rilasciare dichiarazioni o di dire la verità, mentre, come rilevato nella
pronuncia, non esiste una norma che preveda la non perseguibilità
dell’illecito contabile di cui all’art. 1, comma 3, della l. n. 20 del 1994, nei
casi in cui dalla denuncia potrebbe emergere la responsabilità
dell’obbligato, analoga all’art. 384 del codice penale.
E’ stato ricordato, invece, che nel caso in cui l’obbligato ometta (o
ritardi), mediante condotta gravemente colposa (in quanto avrebbe potuto
conoscere i fatti dannosi mediante la diligenza esigibile in relazione alle
funzioni espletate) o intenzionale-dolosa, di denunciare il danno erariale,
derivandone la prescrizione del diritto alla compensazione, risulterà
perfezionato l’illecito amministrativo-contabile disciplinato dall'art. 1,
comma 3, della l. n. 20 del 1994.
Peraltro in presenza di norme che consentono l'esercizio dell'azione di
danno erariale solo a fronte di specifica e concreta notizia, appare evidente
il ruolo centrale che assume la denuncia dell’Amministrazione, in quanto
consente di non sottrarre al potere di indagine del PM, non esercitabile in
via generalizzata e permanente, comportamenti che lascino presumere
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44 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
l’avvenuto perfezionamento di un illecito produttivo di danno erariale. Né
sarebbe vulnerato irragionevolmente il diritto di difesa ed i suoi corollari
anche nell’ipotesi in cui il denunciante risulti unico autore del fatto
dannoso: anche in tale evenienza è da escludere l’animus confitendi ed egli
potrà esporre le sue difese in fase istruttoria ed in corso di giudizio, restando
fermo, anche in tal caso, che l’individuazione degli elementi costitutivi
dell’illecito sotto il profilo oggettivo e soggettivo rientra tra i compiti del
Procuratore regionale.
Con la sentenza n. 18/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dalla seconda Sezione giurisdizionale
centrale di appello con la sentenza-ordinanza n. 1092/2016, avente il
seguente quesito:
“se la norma recata dall’articolo 1, comma 263, della legge n. 662 del
1996 (nel testo sostituito dall’articolo 38, I comma, della legge n. 448 del
1998), debba intendersi nel senso che sia escluso dal recupero nei confronti
degli eredi anche l’indebito formatosi a seguito della provvisoria esecuzione
di una sentenza di primo grado riformata in appello”.
Le Sezioni Riunite, preliminarmente, si sono occupate della natura
giuridica dell’indebito, affermando che, nell’ipotesi, non si è in presenza di
un indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 del c.c., ma della restitutio in
integrum della situazione patrimoniale della parte definitivamente
vittoriosa in giudizio.
Ciò posto, è stato affermato che la norma in esame, laddove prescrive
che il recupero non si estende agli eredi, salvo che si accerti il dolo del
pensionato, deve applicarsi solo in caso di indebiti conseguenti ad errori
avvenuti nella fase amministrativa di riconoscimento del diritto
pensionistico, limitando l’esercizio dei poteri di autotutela
dell’amministrazione nei confronti degli eredi del pensionato.
Conseguentemente, a seguito di una sentenza definitiva del giudice
contabile sulla non spettanza di somme al pensionato, viene in rilievo il
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45 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
significato stesso di indebito pensionistico che non può essere esteso, come
detto, alle somme liquidate in esecuzione di una sentenza del giudice
provvisoriamente esecutiva e successivamente da restituire da parte
dell’accipiens, a seguito della riforma della stessa in appello. In altre parole,
allorchè l’indebito si è concretizzato a seguito della riforma in appello di
una sentenza di primo grado di per sé provvisoriamente esecutiva, sussiste
l’obbligo di restituzione sia a carico dell’accipiens sia a carico dei suoi eredi,
a nulla rilevando che l’indebito sia maturato su somme relative alla
liquidazione dei trattamenti pensionistici.
E’ stato, quindi, formulato il seguente principio di diritto, che “la
norma di cui all’art. 1 comma 263 della legge n. 662 del 1996 non debba
intendersi nel senso che sia escluso dal recupero nei confronti degli eredi
l’indebito formatosi a seguito della provvisoria esecuzione di una sentenza
di primo grado riformata in appello”.
Con la sentenza n. 29/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dalla prima Sezione giurisdizionale centrale
di appello con la sentenza-ordinanza n. 15/2017, avente il seguente quesito:
“Se al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l’indennità
integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima
mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di
quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
Hanno osservato le Sezioni Riunite che, dalla disciplina che, in
parallelo e con analoghe disposizioni, ha normato la materia, sia per le
pensioni dell’A.G.O. che per quelle pubbliche, discende che il principio
della spettanza dell’adeguamento al costo della vita, seppure con i
correttivi introdotti dalla Consulta, non debba essere valutato nell’ambito
più ristretto della singola gestione, per evenienza sottoposto all’esame del
Giudice, ma debba essere considerato nel suo complesso, giacché
espressione di una regola generale corrispondente, ancor prima che allo
stretto canone interpretativo della legge, a criteri di giustizia sociale e
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contemperamento di contrapposti interessi che, da sempre, informano
l’attività del Legislatore.
Esaminata, quindi, tutta la normativa fondante l’istituto
pensionistico, come incisa dalle sentenze della Corte costituzionale, e fatta
una particolareggiata disamina delle sentenze emesse in materia, nel
tempo, dalle stesse Sezioni Riunite, al quesito posto dalla Sezione prima
centrale d’appello è stata data risposta affermativa, con la precisazione che
per i periodi, limitati per l’invero, in cui sia dato ravvisare la permanenza
del divieto di cumulo, sia esso riferito agli emolumenti che si sono definiti
principali, ovvero a quelli accessori (incrementi perequativi), sarà cura del
Giudice delle pensioni verificare nel concreto quale sia la duplicazione degli
emolumenti, e statuire di conseguenza, in applicazione del disposto di cui
all’art. 19, secondo comma, della legge n. 843/1978, tenuto conto che,
qualora la pensione dell’INPS sia stata erogata in epoca successiva alle
varie soglie temporali, diversificate in ragione della natura degli
emolumenti considerati, al percettore di trattamento pensionistico statale
con indennità integrativa speciale separata, tale beneficio spetterà nella
misura intera.
Con la sentenza n. 33/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dalla seconda Sezione giurisdizionale
centrale di appello con la sentenza-ordinanza n. 24/2017, che dichiarando
di non condividere il principio di diritto enunciato dalle stesse Sezioni
Riunite con la sentenza n. 11/2015/QM del 24 marzo 2015, secondo cui “in
caso di accertata irripetibilità di somme indebitamente corrisposte al
pensionato e fatte oggetto di recupero, le stesse devono essere restituite
all’interessato limitatamente alla sorte capitale senza aggiunta di alcuna
somma accessoria”, ripropone la questione esplicitando il proprio motivato
dissenso.
Il giudice della nomofilachia ha voluto premettere che il pensionato,
in presenza di legittimo affidamento, ha diritto fin dall’origine, quindi già
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47 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
in sede amministrativa, di opporre l’irripetibilità delle somme
all’amministrazione stessa, quando essa gli intimi la restituzione di un
indebito pensionistico in realtà non recuperabile, ovvero, allo stesso fine,
vada ad operare unilateralmente una trattenuta sulla sua pensione. Il
diritto del pensionato a far proprie le somme in questione non necessita
dunque, in quanto tale, di alcuna intermediazione giudiziale, ben potendo
- e dovendo - essere riconosciuto dall’ente di previdenza già nella sede
amministrativa. Ne discende ulteriormente che, in presenza di
controversia, qualora le ragioni del pensionato si rivelino poi fondate in
sede giurisdizionale, le trattenute effettuate sine titulo (quindi indebite)
dovranno essere restituite al medesimo con la maggiorazione degli interessi
legali, a titolo compensativo, fin dalla data della domanda, cioè dal
momento in cui questi abbia fatto valere, nei confronti dell’ente di
previdenza, il suo diritto alla definitiva acquisizione al suo patrimonio di
quelle somme.
In quest’ottica, la trattenuta effettuata per il recupero di un indebito
irripetibile può essere qualificata, a sua volta, alla stregua di un indebito
oggettivo: infatti, ove sussista l’affidamento del pensionato, il diritto di
credito dell’ente di previdenza (per la ripetizione dell’indebito originario)
viene meno, stante l’irripetibilità, con la conseguenza che le somme
recuperate dall’ente di previdenza finiscono per costituire esse stesse un
indebito, agli effetti dell’art. 2033 del codice civile. Così, l’effetto
ripristinatorio derivante dalla restituzione della trattenuta, in linea
capitale, non può essere disgiunto, a meno di non cadere in parziale
contraddizione, da quello compensativo consistente nel correlato
riconoscimento degli interessi, dalla data della formale richiesta e fino alla
retrocessione di essa al pensionato.
In definitiva, a modifica di quanto affermato con la citata sentenza
n. 11/QM/2015, le Sezioni Riunite hanno enunciato il seguente principio di
diritto:
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48 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
“Nel caso in cui, a seguito di conguaglio tra il trattamento
provvisorio e quello definitivo di pensione, a debito del pensionato, siano
state disposte dall’amministrazione, ai fini del recupero, ritenute sulla
pensione, ma sia successivamente accertato l’affidamento dell’interessato
e, per l’effetto, sia dichiarato il suo diritto alla restituzione, in tutto o in
parte, di quanto in precedenza trattenuto, sulle somme in restituzione
spettano gli interessi legali, dalla data della domanda giudiziale o, ove
proposta, dalla data della precedente domanda amministrativa”.
Con la sentenza n. 34/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dal Procuratore generale per la soluzione dei
seguenti quesiti:
“se, con riferimento al sistema normativo di diritto positivo vigente
anteriormente all’entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile (art.
1, comma 5 bis del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; art. 8 del R.D.
13.08.1933, n. 1038 – Regolamento per i giudizi innanzi alla Corte dei
conti) e sulla base delle affermazioni ermeneutiche contenute nella
sentenza delle SS.RR. n. 8/2009/QM, per le quali il termine perentorio di
trenta giorni per il deposito dell’atto di appello di cui all’art. 1, comma 5
bis del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla
legge 14 gennaio 1994, n. 19, come integrato dall’art. 1 del d.l. 23 ottobre
1996, n. 543, convertito con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996,
n. 639, deve decorrere dalla data sotto la quale la notifica si è perfezionata
anche nei confronti del destinatario e non già da quella sotto la quale la
notifica si è perfezionata per il soggetto notificante, sia possibile o meno
depositare le ricevute dell’avvenuta notifica oltre il termine perentorio di
30 giorni dal perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario
e fino all’udienza di trattazione, facendo riferimento, ai sensi dell’art. 26
dello R.D. n. 1038/1933, a norme processuali concernenti il giudizio civile,
con ciò evitando la sanzione della inammissibilità del gravame”;
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49 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
“se all’art. 180, commi 2 e 3, del Codice di Giustizia Contabile – in
relazione all’art. 2, comma 4, della Norme transitorie (All. n. 3 al Codice
della Giustizia Contabile) – debba riconoscersi carattere innovativo oppure
meramente interpretativo, in questa seconda evenienza con conseguente
efficacia retroattiva anche in relazione ad impugnazioni la cui richiesta di
notifica sia anteriore all’entrata in vigore dello stesso Codice”.
Le Sezioni Riunite, esaminate approfonditamente le norme
processuali in materia di costituzione dei ricorrenti in appello e
l’interpretazione di dette norme da parte delle Sezioni giurisdizionali che
ormai costituiscono diritto vivente, hanno enunciato in risposta al primo
profilo proposto il seguente principio di diritto:
“Il sistema normativo di diritto positivo vigente anteriormente
all’entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile, concernente i
termini e le forme della costituzione in appello dell’appellante di cui all’art.
1, comma 5 bis della l. n. 14 gennaio 1994, n. 19 e s.m.i., e dall’art. art. 8
del R.D. 13.08.1933, n. 1038, secondo l’interpretazione del medesimo
comunemente affermatasi e consolidatasi nella giurisprudenza della Corte
dei conti, tale da divenire “diritto vivente”, prevede che, al fine del rispetto
del termine perentorio di trenta giorni per il deposito dell’atto di appello,
che decorrere dalla data sotto la quale l’ultima notificazione si è
perfezionata anche nei confronti del destinatario, l’appellante possa
costituirsi in giudizio col deposito dell’atto d’appello, anche se ancora non
pervenuto al destinatario, munito della prova dell’avvenuto avvio alla
notificazione (c.d. velina dell’atto d’appello). L’appellante in questo caso
ha l’onere di depositare successivamente le ricevute che comprovano la
data dell’avvenuta notifica, anche oltre il termine perentorio di 30 giorni
dal perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, e fino
all’udienza di trattazione, al fine della verifica del rispetto da parte
dell’appellante del termine perentorio di trenta giorni tra il
perfezionamento della notifica dell’appello anche per il destinatario, ed il
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50 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
deposito del medesimo atto presso il ruolo generale, all’inosservanza del
quale termine consegue l’improcedibilità del gravame.”.
In risposta al secondo quesito proposto hanno, poi, espresso il
seguente principio di diritto:
“L’art. 180, commi 2 e 3, del Codice di Giustizia Contabile, ha
carattere meramente ricognitivo dell’esistenza del principio di diritto sopra
affermato e non può trovare diretta applicazione con riferimento a
procedimenti d’impugnazione – tra cui l’appello – instaurati con atto di cui
sia stata chiesta la notificazione prima del 07.10.2016”.
Con la sentenza n. 35/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dalla prima Sezione giurisdizionale centrale
di appello con la sentenza-ordinanza n. 51/2017, avente il seguente quesito:
“se, vigendo le norme approvate con il d. lgs. n. 174/2016, possano
ritenersi ancora operanti, per gli illeciti anteriori al 31.12.2005, quelle sul
rito alternativo contenute nell’art. 1, commi 231-233, della legge n.
266/2005, ovvero se queste ultime debbano comunque considerarsi venute
meno con l’entrata in vigore della novella riformatrice del processo
contabile, con loro conseguente inapplicabilità ai rapporti contenziosi
originati dai predetti illeciti”.
Nel decidere la questione, il Collegio ha affermato di ritenere
persuasive le argomentazioni formulate dalla Procura generale in ordine
all’inconfigurabilità di un qualsiasi effetto abrogativo dell’entrata in
vigore del rito abbreviato, previsto dall’art. 130 del codice di giustizia
contabile, sulla disciplina della c.d. definizione agevolata del contezioso in
appello, prevista dall’art. 1, commi 231-233, della legge n. 266/2005.
Il rapporto tra i due istituti (la definizione anticipata prevista
dall’art. 1, commi 231 - 232, della legge n. 266 del 23.12.2005, ed il giudizio
abbreviato introdotto dall’art. 130 del codice di giustizia contabile) si
delinea, infatti, attraverso reciproci elementi di specialità riferiti
all’ambito applicativo, alle condizioni, ai termini ed ai modi di
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51 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
formulazione delle relative istanze ed alle regole di giudizio per la
valutazione delle medesime. La presenza dei ricordati elementi di reciproca
specialità delle due normative in esame, comporta inoltre che i rapporti tra
le discipline in esame andrebbero risolti comunque in virtù del noto
strumento di risoluzione delle antinomie rappresentato dal criterio di
specialità, che nell’ambito dei propri corollari prevede il paradigma
ermeneutico generale per cui "lex posterior generalis non derogat legi priori
speciali".
Per quanto precede, il principio di diritto che è stato enunciato in
sostanziale risposta al primo profilo proposto dalla questione di particolare
importanza è il seguente:
“Agli illeciti di responsabilità amministrativa configuratisi
anteriormente al 31.12.2005, continuano a trovare applicazione, anche a
seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 174 del 26.08.2017, le disposizioni
a suo tempo dettate dall’art. 1, commi 231-233, della legge n. 266/2005, nei
limiti d’applicabilità delle stesse”.
Con la sentenza n. 39/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dalla Sezione prima giurisdizionale centrale
di appello con la sentenza-ordinanza n. 85/2017, avente il seguente quesito:
“se l’indennità di incentivazione, prevista dall'accordo sindacale del
2 settembre 1971, ratificato dal Consiglio di Amministrazione dell’Azienda
Risorse Idriche di Napoli (A.R.I.N.), già AMAN, possa essere inclusa nella
base pensionabile in quanto emolumento fisso, corrispettivo e
continuativo, ai sensi degli artt. 15 e 16 della legge 5 dicembre 1959 n. 1077,
come modificati ed integrati dall’art. 30 del D.L. n. 55 del 1983, convertito
con modificazioni nella legge 26 aprile 1983 n. 131”.
Le Sezioni Riunite, preliminarmente hanno voluto accertare la
natura giuridica dell’indennità, escludendo da essa ogni connotato
“premiale”, atteso che i dipendenti assenti per ferie, festività o infortunio
sul lavoro maturano l’indennità pur se concretamente non svolgono alcuna
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52 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
prestazione lavorativa, né è correlata ad “obiettivi ulteriori” rispetto alla
normale attività lavorativa. In conclusione, in quanto spettante in
funzione della presenza in servizio, l’indennità in parola risulta in
correlazione con l’ordinaria prestazione lavorativa ai sensi del citato art.
30, comma 2 bis, del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55.
Anche l’indagine sulla presenza dei requisiti della “fissità” e della
“continuatività”, richiesti dal citato art. 30, comma 2 bis, avrebbe
condotto ad una risposta positiva, risultando decisivo il fatto che
l’emolumento spetta istituzionalmente alla generalità dei dipendenti, ed
ogni anno, in correlazione alla sola presenza in servizio per l’espletamento
delle mansioni ordinarie e con ammontare predeterminato.
In merito al successivo accertamento, cioè se si possa o meno ritenere
che l’emolumento de quo rientri nella previsione del citato art. 15 della
legge 5 dicembre 1959, n. 1077, primo comma, per la quale gli elementi
retributivi che confluiscono nella “retribuzione annua contributiva
definita dagli artt. 12, 13 e 14 della legge 11 aprile 1955, n. 379” sono solo
quelli corrisposti “ai sensi delle vigenti disposizioni legislative o
regolamentari ovvero dei contratti collettivi di lavoro, anche aziendali”, la
risposta delle Sezioni Riunite è stata affermativa.
In definitiva, con la decisione esaminata è affermata la
pensionabilità dell’“indennità di incentivazione” ARIN alla luce delle sue
caratteristiche e del riscontro di queste con i requisiti di pensionabilità di
cui all’art. 30, comma 2 bis, del citato D.L. n.55/1983.
Con la sentenza n. 42/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una
questione di massima rimessa dalla prima Sezione giurisdizionale centrale
di appello con la sentenza-ordinanza n. 261/2017, avente il seguente
quesito:
“se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa
essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta
durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale
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53 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione
l’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”.
In via preliminare, le Sezioni Riunite hanno ritenuto che la soluzione
della questione deferita imponesse l’accertamento della portata dell’art.
139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nei suoi rapporti con l’art. 133,
contenuto nella medesima fonte normativa, onde individuare
correttamente i presupposti che il legislatore richiede ai fini della
maturazione del diritto al cumulo della pensione privilegiata militare con
il trattamento di attività. Su tale punto è stato, così, affermato che
risultano irrilevanti le situazioni di derivazione del secondo rapporto dal
primo, ed il diritto al cumulo con la pensione di privilegio è sussistente solo
che il successivo rapporto di servizio, pur se “derivato”, sia “diverso” da
quello che costituisce il titolo della pensione di privilegio medesima, in
termini oggettivi e concreti.
Secondo la sentenza in esame, il sistema normativo del “cumulo” è
basato su due principi di portata generale - il divieto di cumulo per le
pensioni ordinarie in tutti i casi di rapporti derivati (art.133) ed il diritto
al cumulo per le pensioni di privilegio in tutti i casi diversità dei due
rapporti (art. 139) - i quali differenziano la disciplina del cumulo delle
pensioni ordinarie da quella delle pensioni di privilegio, estendendo il
diritto al cumulo di queste seconde ad un maggiore ambito di fattispecie,
in ossequio ad un principio di favor che l’ordinamento riserva loro, e non in
ragione di una particolare procedura di immissione nel successivo servizio
civile. Una interpretazione “restrittiva” dell’art. 139, ult.co., per la quale
nella disciplina delle pensioni di privilegio il diritto al cumulo sarebbe
consentito agli “ex ufficiali o graduati” solo se immessi nel ruolo civile ad
esito di concorso, si porrebbe quale elemento di forte attrito con i due
principi di carattere generale espressi dagli artt. 133 e 139, e sarebbe privo
di una sua giustificabile ratio. Un regime delle pensioni di privilegio nel
quale il diritto al “cumulo” risultasse limitato all’interno della stessa
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
54 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
categoria di aventi diritto (i militari), perché riservato ai casi di nomina a
seguito di concorso, comporterebbe una deviazione dal criterio generale al
quale è improntata la disciplina del cumulo delle pensioni di privilegio, ed
un vulnus al regime di favor per la pensione di privilegio, che deve ritenersi
operante in via generale a favore di tutti i titolari.
Al quesito, pertanto, le Sezioni Riunite hanno dato la seguente
soluzione:
“ai termini e agli effetti dell’art. 139, terzo co., del D.P.R. n. 1092/73,
le fattispecie nelle quali il titolare di pensione di privilegio per infermità
contratte durante il servizio militare, cessato per inidoneità al S.M.I. ed
immesso nei ruoli civili della pubblica amministrazione, ricadono
nell’ambito della disciplina di cui ai primi due commi dell’art. 139,
ancorché l’immissione del militare nei ruoli civili sia avvenuta non ad esito
di concorso, e anche qualora il transito sia avvenuto a domanda;
anche in tali fattispecie il diritto al cumulo non è impedito, ai sensi
dell’art. 139, primo co., qualora sia accertato che il nuovo rapporto di
servizio sia diverso da quello che ha dato luogo alla pensione privilegiata,
senza che ai fini dell’accertamento della “diversità” dei due servizi possano
trovare applicazione, in via diretta o quale criterio interpretativo, le
disposizioni di cui alle lettere dalla a) alla f) dell’art. 133 del medesimo
D.P.R.”.
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55 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Attività della Sezione
Organico Nel corso dell’anno 2017 la Sezione, con un organico di diritto fissato
in 13 magistrati più 1 Presidente (vedi delibera n. 190 del 5 giugno 2006),
si è avvalsa del lavoro dei seguenti magistrati:
- Giuseppe Colavecchio, Giuseppa Cernigliaro, Adriana Parlato,
Igina Maio, Maria Rita Micci, Giuseppe Grasso e Paolo Gargiulo.
Il collega Sergio Vaccarino, in servizio presso la Sezione regionale del
controllo, ha avuto la proroga, solo fino al 9 maggio 2017, dell’assegnazione
in aggiuntiva presso questa Sezione giurisdizionale.
In definitiva nel 2016 il numero dei magistrati in servizio a tempo
pieno è stato di appena 7 unità, più il Presidente, con una scopertura di sei,
pari al 42,8%, percentuale di scopertura superiore a quello medio rilevato
per gli altri uffici.
Si tratta, invero, di un numero assolutamente insufficiente di colleghi
in servizio presso la Sezione in considerazione del carico di lavoro loro
assegnato ed è, quindi, assolutamente necessario incrementare l’organico
almeno di due magistrati a tempo pieno
Con riferimento al personale amministrativo erano in servizio il 1°
gennaio 2017 n. 42 unità così assegnate:
- n. 10 al settore pensionistico;
- n. 5 al settore responsabilità;
- n. 18 all’ufficio conti giudiziali;
- n. 7 al servizio affari generali;
- n. 2 all’ufficio copie.
Nel corso dell’anno si sono aggiunte con decorrenza 1° marzo 2017 e
29 maggio 2017 due unità, avente la qualifica di collaboratore
amministrativo 3 F1, assegnate entrambe al settore conti giudiziali con le
funzioni di revisore. Tuttavia, poiché quasi contestualmente 2 unità sono
state collocate in quiescenza, il numero del personale è sempre pari a 42
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
56 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
unità. Si rileva, comunque, che anche il personale amministrativo, come
quello di magistratura, è assolutamente insufficiente a svolgere i molteplici
compiti di cui si occupa questa Sezione Giurisdizionale.
Anche nel corso dell’anno 2017 il Presidente ha proseguito nella
riorganizzazione dei servizi, destinando sempre maggiori risorse al settore
conti giudiziali, attraverso l’assegnazione ad esso di una gran parte del
personale.
In particolare i dipendenti aventi la qualifica di revisore contabile
sono stati tutti assegnati all’esame dei conti giudiziali. Sono anche state
implementate le segreterie, operando una divisione tra conti erariali e conti
degli enti locali, per pervenire ad una definizione più celere della presa in
carico e dei compiti relativi alle estinzioni.
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57 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Giudizi nelle materie di contabilità pubblica
La giacenza iniziale al 1° gennaio 2017 dei giudizi pendenti
ammontava a 93 giudizi responsabilità, 33 giudizi di conto, 8 giudizi ad
istanza di parte e 12 istanze di resa di conto.
Nel corso dell’anno sono pervenuti 106 atti di citazione, 28 giudizi di
conto, 6 ricorsi ad istanza di parte, 4 richieste di provvedimento di urgenza
(sequestri), 2 istanze per resa di conto e 30 atti di citazione emessi a seguito
della mancata presentazione del conto.
Sono stati definiti con sentenza 127 giudizi di responsabilità, 21
giudizi di conto, 5 giudizi ad istanza di parte e 9 ricorsi per la mancata
presentazione del conto; con 4 decreti presidenziali sono stati concessi
altrettanti sequestri, di cui 2 convalidati con ordinanza; infine sono stati
emessi 12 decreti per la fissazione del temine per la resa di conto
La giacenza finale alla data del 31 dicembre 2017 ammontava a 72
giudizi di responsabilità, 40 giudizi di conto, 9 ad istanza di parte e 23
istanze per resa di conto.
La fissazione delle udienze collegiali è avvenuta attraverso la
predisposizione annuale del calendario, con una rigorosa rotazione dei
magistrati componenti i collegi, in modo che ciascuno partecipi ogni mese
ad un’udienza di responsabilità, cercando di evitare la formazione di più
collegi in uguale composizione.
La fissazione dell’udienza di trattazione dei giudizi ha avuto luogo,
nel rispetto dell’ordine cronologico di deposito delle citazioni,
nell’immediatezza e, in ogni caso, non oltre venti giorni dal suddetto
deposito.
L’assegnazione dei giudizi ai relatori è effettuata con un criterio
predeterminato ed automatico, temperato solo dall’esigenza di assicurare
un reale equilibrio tra i carichi di lavoro affidati ai vari magistrati,
assegnando, in media, due giudizi di responsabilità e due di conto a
ciascuno.
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58 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Le udienze collegiali sono state fissate in numero di 3 al mese,
ciascuna con un collegio composto più spesso di tre a volte di quattro
magistrati giudicanti, compreso il Presidente.
Nel corso dell’anno 2017 si sono tenute n. 32 udienze pubbliche
collegiali per la trattazione dei giudizi di responsabilità amministrativa,
dei giudizi di conto, dei giudizi ad istanza di parte e delle istanze per resa
di conto, compresa la fase successiva eventuale per la mancata
presentazione del conto giudiziale.
Sono stati iscritti a ruolo 172 giudizi di responsabilità, dei quali ne
sono stati discussi 147, mentre 25 sono stati rinviati.
Sono stati, altresì, iscritti a ruolo 18 giudizi di conto tutti discussi
mentre 2 sono stati definiti con procedimento monitorio.
Tra i giudizi discussi ne sono stati definiti con sentenza 127 di
responsabilità e 21 di conto, mentre per 19 di responsabilità, per 1 di conto
e per 5 ad istanza di parte è stata emessa ordinanza.
In materia di responsabilità sono state pronunciate 105 sentenze di
condanna e 7 sentenze di assoluzione, e con altra tipologia di sentenza sono
stati definiti 15 giudizi; in materia di conto sono state pronunciate 7
sentenze di condanna e 4 di discarico del contabile, mentre 5 giudizi di
conto sono stati definiti con altra tipologia di sentenza.
L’importo complessivo delle condanne è stato pari ad €
14.365.799,95, di cui € 14.365.799,95 relativo ai giudizi di responsabilità, €
87.234,57 relativo ai giudizi di conto ed € 10.000,00 relativo ad i giudizi ad
istanza di parte. Nell’ambito delle sentenze in cui si è accertata la
responsabilità amministrativa, la condanna è stata pronunciata in favore
di amministrazioni statali per la somma di € 3.421.479,92, in favore della
Regione e degli enti locali per la somma di € 10.055.975,47 ed in favore di
aziende sanitarie per la somma di € 888.344,56.
Le udienze in Camera di consiglio sono state 9 ed in esse sono stati
definiti anche 21 istanze per resa di conto.
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59 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Sono stati esperiti 16 procedimenti monitori dei quali ne sono stati
accettati dai destinatari solo 2 relativi ai giudizi di conto.
a) giudizi di responsabilità
Nell’anno 2017 questa Sezione si è occupata innumerevoli volte di
danni erariali provocati dallo spreco di fondi comunitari, perché
indebitamente erogati in favore di soggetti che non avevano i requisiti
richiesti ovvero perché utilizzati in modo improprio.
In conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale della
Corte di cassazione (Sez. Unite. n. 20434/2009; Sez. Unite n. 1515,/2016,) e
di questa Corte, è ormai pacifica la sussistenza della giurisdizione contabile
nei confronti di soggetti privati destinatari di contribuzioni pubbliche,
ex art. 103 della Costituzione, dovendosi intendere per rapporto di servizio
una relazione con la pubblica amministrazione caratterizzata per il tratto
di investire un soggetto, altrimenti estraneo all’amministrazione, del
compito di porre in essere in sua vece un’attività, senza che rilevi né la
natura giuridica dell’atto di investitura né quella del soggetto che la riceve,
che sia altra persona giuridica o fisica, privata o pubblica (Cass. S.U., n.
22513 del 2006).
Come è noto lo scopo dei contributi comunitari alle imprese è quello
di incentivarne lo sviluppo; detta incentivazione assume un ruolo assai
importante quando destinatarie del contributo sono le piccole e medie
imprese (spesso meglio indicate con l’acronimo PMI) che, costituendo la
gran parte dell’ossatura dell’economia nazionale e garantendo la
produzione di una grossa fetta di PIL, devono essere tutelate sin dall’avvio
della loro attività. Lo Stato e la Comunità europea, tuttavia, pur
consapevoli dell’importanza di offrire il sostegno ai piccoli e medi
imprenditori, richiedono agli stessi, solidità ed affidabilità sin dall’inizio,
da qui la necessità dell’apporto di capitale proprio, al fine di garantire e
dimostrare l’esistenza di salde basi e saldi presupposti per l’avvio di
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
60 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
quell’esercizio di impresa a cui destinare, in ausilio, ulteriori pubbliche
risorse.
In virtù di tali considerazioni il versamento di capitali privati, quale
requisito del rafforzamento patrimoniale dell’impresa ammessa al
beneficio, è stato riconosciuto condizione fondamentale per la realizzazione
dell’obiettivo che il contributo pubblico si pone in termini di continuità
aziendale, cosicché l’elusione di tale obbligo snatura palesemente uno dei
presupposti per l’erogazione del contributo stesso, facendolo degradare a
mero prestito a fondo perduto
Accertato proprio il fittizio apporto di risorse proprie, è stata
riconosciuta la fondatezza dell’azione risarcitoria esercitata dalla Procura
erariale nei confronti di una associazione agricola per la costruzione di una
strada interaziendale (sentenza n. 178/2017) in cui, peraltro, era stata
raggiunta la prova che l’impresa realizzatrice, non solo si era aggiudicata i
lavori ricorrendo a minacce e ad intimidazioni, ma aveva anche
notevolmente risparmiato sui costi di realizzazione dell’opera, utilizzando
materiale scadente, non versando i contributi per il personale e fatturato
alla committente somme non giustificate per consentire l’erogazione del
finanziamento, chiudendo l’attività pochi mesi dopo la liquidazione del
saldo dell’agevolazione.
Nella pronuncia è stata anche affrontata la problematica relativa
alla possibilità di esercizio dell’azione di responsabilità per illecito
arricchimento nei confronti degli eredi di un convenuto deceduto. Sul
punto il Collegio ha ritenuto che non sia configurabile una presunzione
“iuris et de iure” di arricchimento indebito degli eredi del responsabile,
come se la trasmissione di responsabilità dal dante causa agli aventi diritto
fosse automatica, bensì sia configurabile una presunzione “iuris tantum”,
alla quale l'erede ben potrà opporre prova contraria, dimostrando la
mancanza dell'arricchimento o che esso non ha carattere antigiuridico.
L’onere della prova dell’indebito arricchimento degli eredi, quindi, non
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61 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
grava sulla Procura regionale, dovendosi ritenere che spetti agli aventi
causa dimostrare che dall'illecito non sia loro derivato in concreto alcun
vantaggio patrimoniale, essendo del tutto irrilevante l’eventuale
percezione soggettiva circa l’illiceità della provenienza di quanto ad essi
pervenuto a titolo di successione ereditaria, rilevando il solo carattere
indebito dell’arricchimento, connesso all’illecita provenienza del denaro.
La Sezione, poi, ha ritenuto frustrato lo scopo per il quale il
contributo comunitario era stato concesso anche quando, pur essendo stato
realizzato l’intervento previsto dal programma di finanziamento, vi sia
uno scostamento determinante rispetto ai progetti oggetto di
contribuzione pubblica. E’ stata, così, riconosciuta la sussistenza del danno
erariale e condannata (sentenza n. 509/2017) alla restituzione del
contributo comunitario una società cooperativa che, nella realizzazione di
una struttura turistico ricettiva, oltre ad essere venuta meno agli obblighi
sugli apporti di mezzi propri e ad avere esibito fatture gonfiate rispetto ai
costi effettivamente sostenuti, non ha rispettato la conformità delle opere
realizzate a quelle approvate in progetto, violando anche le prescrizioni
urbanistiche ed ambientali.
In altra fattispecie, la Sezione ha ritenuto snaturata la finalità del
contributo, (sentenza n. 567/2017) attribuito per incentivare la nascita e
lo sviluppo dell’imprenditoria femminile e concesso per l’acquisto di una
imbarcazione da diporto da impegnare in attività di noleggio, corsi di
addestramento e attività di brokeraggio, poiché la beneficiaria ha
immediatamente dismesso il proprio ruolo di giovane imprenditrice
spogliandosi del relativo rischio di impresa. Essa, infatti, non si è limitata
ad avvalersi di società di intermediazione per la collocazione della
imbarcazione sul mercato ma, per sua stessa ammissione, confermata dai
riscontri formali della contabilità effettuati dalla Guardia di Finanza, ha
affidato a terzi l’intera gestione materiale e commerciale della
imbarcazione, limitandosi a conservarne la formale titolarità, elemento che
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62 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
da solo non integra il rispetto dei criteri richiesti per l’erogazione ed il
mantenimento del beneficio.
Con le sentenze n. 654/2017 e n. 818/2017 sono stati condannati a
restituire integralmente i contributi percepiti sia le società percettrici degli
stessi, sia gli amministratori infedeli, per non avere mai realizzato gli
interventi finanziati (rispettivamente un impianto per batterie di auto e
l’ammodernamento e il completamento di un preesistente impianto di
maricoltura). E’ ovvio che il danno, in tali ipotesi, consiste nel totale
sviamento dei contributi dalla realizzazione del programma in vista del
quale furono concessi, avvenuto attraverso le condotte dolose degli
amministratori, che hanno avuto cura di simulare un corretto impiego del
denaro mediante la contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti;
La Sezione si è occupata, anche, della indebita percezione di
contributi, erogati quali incentivi economici legati all’estensione della
superficie aziendale complessivamente destinata ad attività agricola
ovvero alla produzione, per una serie di regimi di sostegno ben delimitati
(seminativi e frumento duro di qualità, carni bovine e ovi-caprine, riso,
frutta a guscio ecc.…). La questione che si è posta in quasi tutte le
fattispecie attiene ai connotati della disponibilità dei terreni dichiarati ai
fini dell’erogazione degli aiuti comunitari.
La giurisprudenza di questa Sezione ha già affermato, sin dalla
sentenza n.1890 del 2009, che tale disponibilità deve essere “titolata” nel
senso che non è sufficiente la materiale detenzione né è surrogabile
l’esistenza di una relazione di fatto del soggetto con il fondo, anche quando
tale relazione presenti connotati tali da consentirgli di ottenere il
riconoscimento giudiziale di un diritto reale sul bene medesimo, come ad
esempio l’usucapione, ma, per poter chiedere i contributi comunitari
occorre un titolo legale a giustificazione della disponibilità dei terreni.
Anche se la disciplina comunitaria non qualifica espressamente la
richiesta «disponibilità» di estensioni di terreno su cui esercitare le attività
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63 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
agricole o di allevamento oggetto di incentivazione, deve, tuttavia,
considerarsi che nella disciplina domestica, tra le informazioni
indispensabili da fornire per l’ottenimento dei contributi, vi sono quelle
relative alle modalità di conduzione delle superfici per le quali vengono
richiesti i premi. È evidente, infatti, che trattandosi di aiuti parametrati
all’estensione dei terreni, la reale disponibilità delle superfici (delle quali,
comunque, occorre la specificazione dei riferimenti catastali dettagliati)
costituisce un fattore essenziale.
In proposito, la Corte di giustizia europea (n. C-375/08 del
24.06.2014) ha espresso il principio di diritto secondo il quale la normativa
comunitaria non osta a che gli Stati membri impongano nella loro
normativa nazionale l’obbligo di produrre un valido titolo giuridico, a
condizione che siano rispettati gli obiettivi perseguiti dalle disposizioni e
dai principi generali del diritto comunitario, in particolare il principio di
proporzionalità.
Come noto, infatti, attraverso la percezione di contributi, agricoltori
e/o allevatori sono chiamati a realizzare un più ampio programma di
intervento progettato a livello comunitario e, quindi, nazionale;
l’eventuale mancanza dei requisiti nella persona del beneficiario può
compromettere il realizzarsi di detto programma e, quindi, far sorgere
l’interesse dello Stato membro alla restituzione del finanziamento
concesso, stante la mancata destinazione, di fatto, dello stesso alla
realizzazione del programma pubblicistico cui era preposto. Per tale
motivo, l’intenzionale indicazione della disponibilità di terreni non
corrispondente al vero non è tollerata ove sia superata una determinata
soglia, stabilita, alternativamente, in valore relativo (“0,5% della
superficie determinata”) ovvero in valore assoluto (“un ettaro”) perché
vanifica l’interesse comunitario alla realizzazione del programma che,
stante la macroscopica divergenza tra situazione reale e situazione
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64 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
dichiarata, deve ritenersi necessariamente compromessa, comportando,
pertanto, la revoca dell’intero contributo erogato.
In base al difetto dei presupposti richiesti, come sopra illustrati, sono
state emesse numerosissime sentenze di condanna alla restituzione delle
somme indebitamente erogate in conseguenza della mancanza da parte dei
richiedenti dei titoli idonei a giustificare la conduzione dei terreni (vedi
sentenze nn. 4/2017, 14/2017, 22/2017, 216/2017, 231/2017, 250/2017,
263/2017, 311/2017, 317/2017, 328/2017, 397/2017, 430/2017, 467/2017,
481/2017, 547/2017, 575/2017, 576/2017, 650/2017, 678/2017, 684/2017,
702/2017, 802/2017).
La diffusione del fenomeno delle illegittimità riscontrate induce a
ritenere che difetti nel meccanismo di concessione dei suddetti contributi
un attento controllo delle sue varie fasi, da quella di individuazione dei
possibili beneficiari fino a quella di erogazione delle risorse. A conferma di
ciò, spesso nelle sentenze di condanna dei percettori, il relatore ha posto in
evidenza comportamenti negligenti da parte dei responsabili e degli
operatori dei CCA, il cui esame ha fatto emergere quantomeno una estrema
superficialità e grossolanità nella gestione delle pratiche, non fosse altro
per la poca sicurezza rivelata dal cattivo uso di inserimento dei dati nel
sistema informatico con credenziali altrui.
****
Anche nell’anno 2017 la Sezione si è occupata della nomina di esperti
e di utilizzo di professionalità esterne al di fuori delle ipotesi consentite dalla
legge, soprattutto da parte di soggetti ai vertici degli enti locali.
In materia di incarichi affidati ai sensi dell’art. 14 della legge
regionale del 1992, è stato ribadito che l’incarico deve essere finalizzato ad
attività connesse con l’esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo, che il sindaco esercita nelle competenze a lui
riconducibili, e che nel conferimento degli stessi deve essere rispettato il
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65 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
principio generale secondo cui non possono istituzionalmente coesistere più
posizioni per la soddisfazione di una stessa esigenza.
E’ stata così pronunciata sentenza di condanna (sentenza n. 47/2017)
al risarcimento corrispondente agli emolumenti pagati ad un soggetto
nominato esperto per assolvere a “compiti di collaborazione e funzioni di
assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente”.
Tali compiti, infatti, sono affidati per legge (e dalla regolamentazione
locale) al segretario comunale anch’egli, peraltro, fiduciariamente scelto
dal sindaco stesso. La corrispondente spesa, quindi, è inutile e, come tale,
insuscettibile di valutazioni compensative, cosicché, esclusa la possibilità
di valutare eventuali vantaggi comunque conseguiti dagli enti locali
interessati, deve essere considerata fonte di danno erariale.
Più volte, poi, gli amministratori di enti locali hanno cercato di
superare i vincoli imposti dalla normativa di riferimento in materia di
assunzioni non consentite o di pagamento di emolumenti non dovuti, è
stato così ritenuto sussistente il danno erariale (sentenza n. 590/2017),
derivante dalle differenze retributive corrisposte ad alcuni dipendenti
comunali, vincitori di procedure selettive riservate ai soggetti già impiegati
presso il comune, dalla loro nomina fino all’annullamento, in via di
autotutela, delle delibere relative all’espletamento dei concorsi interni. E’
stato ritenuto, infatti, del tutto ingiustificato il ricorso ad una procedura
rivolta esclusivamente all’interno, dato il palese difetto di peculiari ragioni
che potessero spiegare la preferenza per questa tipologia di selezione, che
già all’epoca, in seguito al consolidamento del diritto vivente prima
richiamato, costituiva una deroga al modello del pubblico concorso, da
prediligersi come espressione di un regola generale secondo gli
insegnamenti dettati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 234/1994.
Ancora, altro sindaco è stato riconosciuto responsabile (sentenza n.
658/2017) del cd. danno erariale indiretto subito dal Comune per
l’esecuzione di una sentenza del giudice del lavoro che aveva annullato una
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66 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
determina sindacale di attribuzione ad una dipendente di categoria C una
posizione organizzativa che avrebbe dovuto essere affidato ad un
dipendente inquadrato nella categoria D, di cui vi era disponibilità
nell’ente locale e che, avendo proposto ricorso, era stata risarcita dal
giudice ordinario.
La Sezione ha poi ritenuto (sentenza n. 111/2017) che anche gli
istituti autonomi case popolari siano destinatari delle norme contenute
nella legge regionale n. 25 del 2008, che vietano agli enti pubblici di operare
assunzioni a tempo indeterminato. La norma era stata preceduta dalla
emanazione della delibera di giunta n. 221 del 30 settembre 2008, con la
quale la Giunta regionale, al fine di contenere la spesa pubblica, faceva
divieto a tutti gli enti pubblici sottoposti a vigilanza e/o controllo della
Regione Siciliana di cui all’art. 1, commi 1 e 3, della L.R. 15 maggio 2000,
n. 10, e alle società a partecipazione maggioritaria della Regione di bandire
concorsi, effettuare selezioni di personale, indipendentemente dalla
qualifica o funzione da ricoprire, nonché di procedere all’assunzione di
personale a tempo determinato o indeterminato ovvero a promozioni.
Successivamente, il legislatore regionale ha voluto tradurre in un
provvedimento generale ed astratto avente forza di legge, quanto già
stabilito a livello amministrativo, e alla fine dello stesso anno 2008, ha
approvato la L.R. n. 25/2008, relativa ad “interventi urgenti per
l’occupazione e lo sviluppo”, il cui art. 1, comma 10, che impone il divieto
di procedere ad assunzioni a tempo determinato o indeterminato, alle
Amministrazioni regionali, Istituti, Aziende, Agenzie, Consorzi (esclusi
quelli tra enti locali), Organismi ed enti regionali comunque denominati,
che usufruiscono trasferimenti diretti da parte della regione. Il divieto è
stato, così, esteso a tutti gli enti appartenenti all’amministrazione pubblica
in generale, nel cui ambito sono espressamente ricompresi anche gli Istituti
Autonomi Case Popolari (art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001). In
applicazione della normativa in tal modo interpretata, la Sezione ha
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67 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
riconosciuto la responsabilità amministrativa del Commissario ad acta, e
del Direttore Generale di un Istituto Autonomo Case Popolari, per avere
autorizzato l’assunzione, a tempo determinato, di un dirigente esterno
dell’Ufficio Legale, condannandoli a rifondere gli emolumenti a lui
corrisposti.
Una particolare ipotesi di responsabilità erariale è stata affrontata
nella sentenza n. 631/2017 che ha condannato per danno erariale il
Commissario Straordinario di un’Azienda Ospedaliera che aveva disposto
un servizio di vigilanza aggiuntivo presso una Unità Operativa, non solo
senza il minimo rispetto delle procedure e dei presupposti previsti in
contratto, ma per esigenze personali di un singolo medico.
****
Nell’anno 2017 sono state emesse molteplici sentenze di condanna al
risarcimento del danno all’immagine subito dall’amministrazione in
conseguenza della commissione di reati da parte di soggetti ad essa legati
da un rapporto di impiego.
In proposito, costituisce fatto notorio che le Amministrazioni
Pubbliche siano tenute istituzionalmente ad impiegare sistematicamente
rilevanti risorse finanziarie, umane e strumentali nell'ottica di migliorare
gradualmente gli standards d'efficienza e d'efficacia della propria azione, in
modo anche da promuovere la diffusione all'esterno di un'immagine di sé
caratterizzata dal rispetto dei principi di legalità, di buon andamento, di
esclusiva ed efficace tutela degli interessi della collettività, così da
incrementare la fiducia dei cittadini e degli utenti nelle istituzioni e nei
servizi pubblici.
Da questo punto di vista, appare palese e indiscutibile che i
comportamenti illeciti e gravemente devianti tenuti da pubblici funzionari
e dagli incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni,
risultano normalmente percepiti dall'opinione pubblica come
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68 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
immediatamente riferibili (oltre che ai loro autori materiali) alla stessa
Istituzione cui essi appartengono, la quale viene a perdere inevitabilmente
prestigio e credibilità di fronte alla collettività.
A fondamento della azione risarcitoria esercitata dal Pubblico
ministero contabile per danno all’immagine, è posto l’art. 17, comma 30
ter, del DL n. 78/2009, convertito con modificazioni con la L. n. 102/2009
e contestualmente modificato con DL n. 103/2009, convertito, a sua volta,
con L. n. 141/2009, che aveva ristretto il campo di applicazione oggettivo
del danno all’immagine, riconoscendone la risarcibilità dinanzi al giudice
contabile per le sole ipotesi di danni derivanti da reati di cui al capo I, titolo
II, libro secondo del codice penale, accertati con sentenza di condanna
passata in giudicato.
Con il nuovo codice è stata in parte modificata la disciplina giuridica
per il danno all’immagine, attraverso l’abrogazione dell’art. 7 della legge
27 marzo 2001, n. 97, ad opera dell’art. 4, primo comma, lett. g),
dell’allegato 3 del decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 174. A seguito di
tale abrogazione, è stata eliminata la limitazione all’esercizio dell’azione
per il risarcimento del danno all’immagine introdotta con il sopracitato
art. 17, comma 30-ter, così che l’azione è ormai esperibile in tutti i casi in
cui vi sia una sentenza passata in giudicato per un qualunque reato
commesso da un soggetto legato all’amministrazione da un rapporto di
servizio, in violazione degli obblighi al servizio riconducibili, inclusi i reati
comuni che, invece, non erano contemplati dal c.d. “Lodo Bernardo”.
Un’ipotesi particolare di condanna per danno all’immagine è stata
trattata nella sentenza n. 415/2017 in cui il soggetto citato in giudizio,
aveva subìto da parte del giudice penale di una condanna per truffa
aggravata reato diverso da quelli indicati nel c.d. lodo Bernardo. Tuttavia,
l’eccezione di nullità, non rilevabile d’ufficio, non era stata sollevata da
parte del convenuto, che avrebbe dovuto proporla in via autonoma, ancor
prima dell’instaurazione del giudizio, o nella memoria di costituzione, con
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
69 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
la conseguenza che il Collegio ha ritenuto definitivamente radicato innanzi
sé il giudizio per l’esame del merito. Invero, solo a seguito dell’entrata in
vigore dell’art. 51, comma 6, del nuovo codice contabile avvenuta il 7
ottobre 2016, è previsto che la nullità per violazione delle norme sui
presupposti di proponibilità dell’azione per danno all’immagine sia
rilevabile anche d’ufficio, ma la norma in questione, ai sensi dell’art. 1,
allegato 3, del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, si applica alle
istruttorie in corso alla data di entrata in vigore del codice, fatti salvi gli
atti già compiuti secondo il regime previgente.
La Sezione, quindi, accertato che l’atto di citazione era stato
depositato prima dell’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia
contabile, ha ritenuto non applicabile alla fattispecie il comma 6 dell’art.
51 sopra citato, escludendo, in assenza di apposita eccezione
dell’interessato, di potere rilevare d’ufficio la nullità. Ha così emesso
sentenza di condanna nei confronti del convenuto, ritenendo che il suo
comportamento truffaldino, penalmente accertato con autorità di
giudicato, avesse comportato un notevole discredito all’immagine
dell’amministrazione finanziaria, avendo abusato della sua qualità di
pubblico dipendente sia all’interno degli uffici finanziari, presso cui
prestava servizio, che all’esterno, per ottenere vantaggi economici non
dovuti.
Sempre in materia di danno all’immagine, assume una valenza di
eccezionale gravità l’ipotesi di tale tipo di danno quando viene provocato
da comportamenti riprovevoli da parte dei rappresentanti delle Forze
dell’ordine, la cui presenza, non fosse altro che per l’uniforme indossata,
innegabilmente rappresenta per i consociati un punto di riferimento, di
certezza e di conforto, facendo sì che chi la indossa possa incarnare la parte
dello Stato più vicina e di aiuto per il cittadino. L’uso distorto, anzi,
l’abuso del ruolo ricoperto, aggravato dai biechi e futili motivi personali
sottesi alla condotta tenuta dall’agente, non può non ingenerare nella
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70 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
comunità disapprovazione, amarezza e sconforto, con ciò screditando
l’intera categoria, la cui immagine lesa deve essere necessariamente
ripristinata in tutta la sua integrità.
Alla luce di tali considerazioni, sono state emesse nei confronti di
soggetti appartenenti alle Forze dell’ordine le sentenze nn. 31/2017,
187/2017, 312/2017, nelle quali si è tenuto conto dell'importanza dei doveri
istituzionali dolosamente violati e della gravità delle condotte poste in
essere, poiché in funzione di tali connotati si sono determinate le
ripercussioni negative sull’immagine dell'amministrazione
d'appartenenza.
Particolarmente esecrabile è apparso il comportamento del
comandante della stazione dei Carabinieri di un comune che taglieggiava
con richieste di denaro esercenti attività commerciali, piccoli imprenditori
e soggetti privati, riconosciuto per questo definitivamente colpevole dal
giudice penale di plurime ipotesi di concussione e di falsità in atto pubblico,
omissione di atti di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità
ed anche per furto.
Per il danno all’immagine derivato dalla notizia di una condanna
definitiva per il reato di concussione, la cui commissione certamente ha
fatto vacillare la fiducia risposta dai consociati nel corretto e imparziale
funzionamento dell’apparato burocratico, è stato anche disposto (sentenza
n. 542/2017) il risarcimento a carico di un funzionario di un Distretto
minerario che facendo leva sul metus che riteneva di esercitare su un
comune cittadino lo aveva indotto a pagargli una tangente per il
compimento di atti cui lo stesso aveva diritto.
Ancora, con la sentenza n. 592/2017, la Sezione ha affermato la
sussistenza di un grave danno all’immagine provocato dalla diffusione
mediatica della condanna penale di un convenuto per i reati di tentato
abuso di ufficio e voto di scambio, commessi nelle funzioni di Presidente
della Commissione esaminatrice della procedura concorsuale per la
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71 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
mobilità volontaria di 20 posti di infermiere presso un Ospedale, dove lo
stesso era anche Direttore sanitario. E’ stato ritenuto che la diffusione
attraverso gli organi di stampa della notizia del concorso ospedaliero
truccato in cambio di favori elettorali abbia fatto vacillare la fiducia
riposta dai consociati nel corretto ed imparziale funzionamento
dell’apparato burocratico dell’ente di appartenenza, con implicazioni
relative anche all’assetto politico della regione siciliana, presso cui
l’elezione doveva avvenire, attestando una gravissima violazione delle
regole poste a tutela di un governo democratico.
Un danno all’immagine, questa volta direttamente subìto
dall’Assemblea regionale siciliana, è stato affermato (sentenza n.
437/2017) essere stato provocato dalla condanna penale per peculato
pronunciata a carico del capogruppo di un gruppo consiliare, al quale era
stato affidato il compito di ripianare alcuni debiti che si erano formati nel
corso della Legislatura precedente a carico del gruppo stesso. A tal fine, il
Presidente dell’ARS aveva stanziato una congrua somma accreditandola
su un conto del quale il parlamentare aveva la piena disponibilità. Invece,
una parte di questa somma non era stata destinata a fini istituzionali ma
impiegata per spese personali, quali giocate on line, ecc.. La vicenda ha
avuto una diffusione mediatica e giornalistica che, ha ritenuto il Collegio,
fosse avvenuta in misura direttamente proporzionale rispetto alla
importanza della carica istituzionale ricoperta, con ciò contribuendo a
screditare, inquinare, ridicolizzare e, quindi, a danneggiare, l’immagine che
dell’Assemblea Regionale, quale massimo organo rappresentativo della
comunità.
Sono state trattate dalla Sezione anche due ipotesi di danno
all’immagine per assenteismo (sentenze n. 577/2017 e n. 640/2017)
rientranti nell’ambito di applicazione del secondo comma dell’art. 55 -
quinquies del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (introdotto dall’art. 69 del D.
Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), riferibile anche ratione temporis ai
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72 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
comportamenti già sanzionati in sede penale tutti realizzati dopo il 15
novembre 2009, data di entrata in vigore della norma, in base alla quale il
dipendente di una pubblica amministrazione, che abbia giustificato
l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o
falsamente attestante uno stato di malattia, è obbligato a risarcire non solo
il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione
nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, ma anche il
danno all'immagine.
La ratio legis della previsione di danno deve essere individuata nella
frequenza del richiamato fenomeno e nella sua capacità di incrinare
fortemente il senso di fiducia dei cittadini nei confronti delle
Amministrazioni pubbliche, sempre che ricorrano i presupposti ordinari
del danno all’immagine. E’ stata, conseguentemente, negata (sentenza n.
640/2017) la sussistenza di alcuna lesione all’immagine
dell’amministrazione in mancanza del clamor fori, presupposto essenziale
per una risonanza del fatto illecito ed una conseguente lesione
dell’immagine dell’ente pubblico, attraverso la diffusione dei fatti su
organi di stampa e mass-media anche locali.
****
Nell’anno 2017 sono state accolte tre istanze di rito abbreviato
presentate dai convenuti in giudizio.
Come è noto, l’articolo 130, comma 1, c.g.c. prevede che “In
alternativa al rito ordinario, con funzione deflattiva della giurisdizione di
responsabilità e allo scopo di garantire l'incameramento certo e immediato di
somme risarcitorie all'erario, il convenuto in primo grado, acquisito il previo e
concorde parere del pubblico ministero, può presentare, a pena di decadenza
nella comparsa di risposta, richiesta di rito abbreviato alla sezione
giurisdizionale per la definizione alternativa del giudizio mediante il
pagamento di una somma non superiore al 50 per cento della pretesa
risarcitoria azionata in citazione”.
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73 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Secondo il comma 6, primo periodo dello stesso articolo 130 c.g.c., “Il
collegio, con decreto in camera di consiglio, sentite le parti, delibera in merito
alla richiesta, motivando in ordine alla congruità della somma proposta, in
ragione della gravità della condotta tenuta dal convenuto e della entità del
danno”.
Il successivo comma 7 prevede, poi, che “In caso di accoglimento della
richiesta, il collegio determina la somma dovuta e stabilisce un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per il versamento. Ove non già fissata,
stabilisce l'udienza in camera di consiglio nella quale, sentite le parti, accerta
l'avvenuto tempestivo e regolare versamento, in unica soluzione, della somma
determinata”.
In tutti i giudizi menzionati sono state pronunciate sentenze di
estinzione del giudizio (sentenze nn. 18/2017, 414/2017 e 784/2017) con
condanna dei convenuti al pagamento delle spese del giudizio.
In una particolare ipotesi, il Collegio ( ordinanza n. 159/2017) ha
rimesso in termini il convenuto che non aveva rispettato il termine
perentorio imposto dal primo comma dell’art. 130, ritenendo che, i
gravissimi motivi di salute da cui era affetto, gli avessero impedito di
operare tempestivamente la scelta di chiedere il rito abbreviato, scelta che
presuppone una preventiva valutazione comparativa tra l’esito
previsionale del giudizio ordinario introdotto dal Pubblico Ministero e
l’immediato sacrificio economico che accede al rito alternativo. Secondo la
Sezione giurisdizionale, infatti, la predetta valutazione può essere fatta
solo personalmente dall’interessato, anche tenendo conto del sacrificio
economico, di fatto immediato, legato all’esigenza di disporre, in tempi
brevissimi, della somma necessaria per la definizione alternativa del
giudizio e di sopportare gli eventuali relativi costi.
****
Nell’anno 2017 sono stati trattati dalla Sezione Giurisdizionale una
molteplicità di giudizi aventi ad oggetto fattispecie di appropriazione
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dolosa di somme da parte di pubblici dipendenti e di amministratori
infedeli, spesso facilitate dall’uso degli strumenti informatici, il cui distorto
utilizzo consente di mascherare più facilmente la distrazione del denaro.
E’ stato, così accertato il danno erariale commesso da un dipendente
dell’ufficio delle Entrate (sentenza n. 29/2017) attraverso lo sgravio
indebito di cartelle esattoriali, avvenuto a mezzo del sistema informatico,
attraverso l’uso delle apposite credenziali (password e codice fiscale) con
una motivazione puramente apparente, cui non corrispondeva alcuna
documentazione giustificativa ed in assenza di un corrispondente
versamento, simulando il più delle volte lo smarrimento del fascicolo
cartaceo.
Altra frode informatica è stata operata da un funzionario dell’INPS
che, sempre utilizzando strumenti informatici ed approfittando anche del
marcato disordine organizzativo dell’ufficio, aveva costituito una serie di
rapporti previdenziali fittizi dai quali era derivata l’indebita erogazione di
pensioni a favore di soggetti che non ne avevano diritto (sentenza n.
32/2017). Ancora, sempre a mezzo della manomissione dei dati informatici,
un dipendente dell’Automobile club d’Italia, è stato condannato (sentenza
n. 544/2017) per la indebita appropriazione delle quote del tesseramento
ACI e delle licenze CSAI e dell’importo relativo alla riscossione delle tasse
automobilistiche.
Con le sentenze n. 58/2017 e n. 188/2017, la direttrice dei servizi
generali ed amministrativi di un Istituto di istruzione secondaria superiore
è stata condannata due volte per il mancato versamento nelle casse della
scuola di somme di spettanza dell’istituto. In particolare, con la sentenza
n. 58 è stata accertata la sua responsabilità per danno erariale per non
avere mai riversato le somme corrisposte dagli alunni per la partecipazione
alle gite scolastiche, dall’anno scolastico 2011/2012 all’anno scolastico
2013/2014. Con la pronuncia n. 188 la stessa direttrice è stata condannata
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75 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
per non avere versato le quote di iscrizione di 21 partecipanti interni ad un
corso di lingua inglese, svoltosi nell’anno scolastico 2013/2014.
Nella vicenda, oltre alla ripetitività delle violazioni che inducono a
supporre un comportamento abituale della dipendente, tenuto,
possibilmente, anche in altre occasioni non pervenute all’attenzione del
pubblico ministero contabile, lascia perplessi il mancato intervento del
dirigente scolastico che, secondo le disposizioni dettate dal regolamento
interministeriale n. 44 del primo febbraio 2001, recante le "Istruzioni
generali sulla gestione amministrativo – contabile delle istituzioni
scolastiche”, deve apporre anche la propria firma sulle reversali di incasso
e sui mandati di pagamento (artt. 10 e 12), che ha un obbligo decennale di
conservare, completi dei relativi allegati.
Le riportate “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo –
contabile delle istituzioni scolastiche” attribuiscono difatti alla figura del
dirigente un ruolo determinante in materia di gestione economico-
finanziaria, in considerazione anche della spiccata autonomia,
organizzativa e finanziaria, di cui godono le predette istituzioni. Nella
fattispecie, il dirigente scolastico, disinteressandosi della gestione contabile
dell’istituto, non aveva percepito alcuna anomalia nel non avere mai
firmato (per tre anni scolastici consecutivi) alcuna reversale di incasso delle
quote versate dagli studenti per la partecipazione alle gite di istruzione, nè,
neppure in sede di approvazione del conto consuntivo annuale, si era
avveduto dell’omessa contabilizzazione delle entrate, avendo
evidentemente omesso di esercitare la doverosa attività di impulso e di
controllo, che avrebbe certamente posto fine, con immediatezza, alla
condotta gravemente negligente del direttore, rilevata, invece, a distanza
di anni, esclusivamente dall’Organo di revisione.
Sempre in materia di danni subìti da istituti scolastici è stata
riconosciuta (sentenza n. 149/2017) la responsabilità del dirigente
scolastico pro-tempore di un Istituto di Istruzione Secondaria Superiore
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76 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
che, nella gestione di progetti finanziati con i Fondi Strutturali Europei,
aveva proceduto all’acquisto di materiale informatico, non ammesso dalle
disposizioni attuative dei progetti ed aveva erogato al personale,
variamente impegnato per l’esecuzione dei corsi, compensi non dovuti.
Anche le fattispecie di appropriazione di denaro pubblico da parte di
pubblici amministratori si sono moltiplicate.
Con la sentenza n. 2/2017 è stata riconosciuta la responsabilità di un
amministratore di un Consorzio di bonifica, già condannato per peculato e
truffa aggravata in sede penale, che approfittando della carica rivestita
aveva richiesto ed ottenuto l’utilizzo di auto aziendali per sé e per i suoi
dipendenti, aveva ricevuto indennità chilometriche e rimborso pasti non
dovuti ed anche rimborsi per pasti non consumati, nonché per spese
personali.
Per la medesima tipologia di spese (acquisti presso negozi di scarpe,
pelletteria, abbigliamento e profumeria di lusso in genere) ed anche per
spese sproporzionate rispetto alle effettive esigenze istituzionali è stato
condannato il presidente del consiglio di amministrazione di un ATO
(sentenza n. 157/2017), mentre è stato addebitato (sentenza n. 261/2017)
al Segretario amministrativo di un Consorzio universitario il danno
erariale commesso per avere pagato con i fondi dell’ente, un suo debito
esattoriale personale nei confronti di Polis Equitalia, agente della
riscossione dell’Agenzia delle entrate per la provincia di Venezia.
Una sistematica violazione dei principi della contabilità commessa
da parte del sindaco, di un consigliere e del responsabile finanziario di un
comune, hanno reso opaca la gestione delle spese, al fine di non consentire
la tracciabilità dei flussi di denaro in entrata e in uscita. E’ stato, così
accertato (sentenza n. 686/2017) un danno erariale di oltre 600.000 euro per
le casse del comune per esborsi non attinenti a spese istituzionali o privi di
ogni giustificazione.
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77 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Gravissimi episodi di sperpero di denaro pubblico sono avvenuti
nell’ambito dell’assistenza pubblica ai disabili, in cui le necessità finanziate
costituiscono vere e proprie emergenze cui fare fronte per assicurare una
migliore qualità della vita ai soggetti assistiti, che, oltre a dovere
sopportare le gravissime patologie da cui sono affetti, si trovano spesso in
condizioni di estremo disagio esistenziale. Si tratta di un settore che, come
sappiamo bene, troppo spesso ha subìto la disattenzione della politica ed
ha sofferto enormemente per la carenza di risorse economiche.
Le fattispecie che sono state trattate nell’anno appena trascorso
hanno riguardato dell’IRIDAS, Istituto Regionale per l’Integrazione dei
Diversamente Abili di Sicilia, e l’AIAS, Associazione Italiana Assistenza
agli Spastici, i cui organi preposti all’amministrazione hanno utilizzato a
fini personali le risorse economiche messe a disposizione per la assistenza.
In particolare, con la sentenza n. 53/2017, è stato accertato che i
componenti del consiglio di amministrazione dell’IRIDAS, il direttore
generale, il direttore dei Servizi generali ed amministrativi ed il segretario
hanno concorso tra di loro, con diversi e più o meno sfumati contributi
causali, alla realizzazione di atti di mala gestio all’interno dell’Istituto, volti
alla locupletazione personale e al depauperamento di denaro pubblico in
uno scenario di assenza di controlli esterni che ha consentito loro di
perpetrare le condotte illecite nel tempo e di agire come veri e propri
padroni dell’Istituto.
I convenuti si sono mossi in un contesto nel quale, nell’arco
temporale di riferimento, intercorrente tra il 2003 e il 2005, volutamente
non era rispettata la normativa sulla contabilità di stato, non erano redatti
i bilanci di previsione, né quelli consuntivi, non vi erano impegni di spesa
a supporto dei mandati di pagamento emessi, che non riportavano neanche
gli estremi degli atti di autorizzazione alla spesa, non si teneva la gestione
dei residui, non era allegata alcuna documentazione giustificativa ai
mandati oppure questa non era pertinente con l’oggetto della spesa
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78 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
indicata. In definitiva, questo giudice contabile ha addebitato ai convenuti
un danno di circa 400.000 euro, oltre al danno all’immagine calcolato
complessivamente in € 300.000.
Analogamente, è stato accertato (sentenza n. 629/2017) che il legale
rappresentante e Presidente dell’AIAS, negli anni dal 2008 al 2013, ha
proceduto ad una gestione dell’Associazione finalizzata unicamente alla
realizzazione di vantaggi personali, per sé e per amici e parenti, attraverso
la distrazione e/o appropriazione di pubbliche risorse, provocando un
danno erariale di euro 578.804,43. E’ stata, infatti, raggiunta la prova della
liquidazione a suo favore di ingentissime somme per rimborsi chilometrici
non dovuti, di spese di ristorazione e di hotel per i suoi familiari, di esborsi
per il pagamento di parcelle legali per difese personali, di somme
corrisposte al figlio quale compenso per un incarico professionale
all’interno dell’Associazione, da lui mai svolto.
Anche in questa ipotesi di danno erariale, come peraltro nella
precedente in cui era l’Amministrazione regionale a dovere procedere ai
controlli, abbiamo assistito ad una sostanziale inerzia
dell’Amministrazione danneggiata, rappresentata dalla ASP di Palermo,
che, procedendo all’erogazione di ingentissime somme di denaro, avrebbe
dovuto controllare il loro corretto utilizzo, unitamente all’organo di
vigilanza, costituito dall’Assessorato Regionale della Sanità, secondo
quanto previsto ed imposto dall’art. 10 della convenzione stipulata tra
l’AIAS e la ASP, tra le quali si era instaurato un rapporto di rilevanza
pubblicistica dato dallo svolgimento, da parte dell’AIAS, di attività di
interesse generale. L’elevato numero di richieste a fronte delle esigue
strutture offerte dalla ASP, infatti, aveva indotto quest’ultima a stipulare
e, nel tempo, a rinnovare, apposite convenzioni con l’AIAS affinché
quest’ultima, in possesso di strutture e personale idoneo, svolgesse, dietro
pagamento, in luogo e per conto della ASP medesima, quelle funzioni di
interesse generale che sarebbero state di competenza dell’ASP. L’esame dei
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79 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
bilanci associativi versati in atti ha dimostrato che l’AIAS viveva
unicamente dei proventi derivanti dalla convenzione con la ASP ed avendo
la natura giuridica di una ONLUS, mancando quindi lo scopo di lucro,
aveva l’obbligo di reinvestire gli utili e/o gli avanzi di gestione nelle attività
proprie dell’ONLUS medesima o in altre attività ad esse strettamente
connesse.
Tra l’altro, se, come non contestato dalla ASP nel corso degli anni, le
prestazioni sanitarie sono state effettivamente rese, le risorse necessarie a
coprire le spese ritenute illegittime derivano da avanzi di gestione, la cui
presenza avrebbe dovuto indurre la Asp, ove se ne fosse accorta, a rivedere
i costi previsionali per tetto di spesa fissati annualmente in convenzione,
modificandoli ed eventualmente riducendoli, in modo da non consentire
inutili risparmi che poi, come è accaduto sono stati sperperati: si potevano,
così, recuperare somme da reinvestire per la realizzazione degli scopi
solidaristici, conformemente alla destinazione delle risorse.
Anche nei confronti del Segretario amministrativo di un Istituto
Pubblico di Assistenza e Beneficenza, c.d. IPAB, è stata pronunciata una
sentenza di condanna (sentenza n. 573/2017) al pagamento della somma di
euro 329.654,92, per un’ipotesi di danno erariale derivante dalla
distrazione, appropriazione e non corretto uso dei fondi a disposizione
dell’istituto. E’ emerso dalla complessa istruttoria svolta che il convenuto,
avrebbe dilapidato e si sarebbe appropriato di parte delle risorse
economiche dell’IPAB, attraverso fatture per lavori di ristrutturazione,
di fatto, mai eseguiti, presunte consulenze rese a non ben chiaro titolo,
trasferimenti di denaro a società di cui era lui stesso l’amministratore,
nonché pagamento di emolumenti non dovuti a favore di alcuni dipendenti
dell’IPAB, con alcuni dei quali aveva rapporti di parentela, disponendo,
altresì, in suo favore rimborsi privi di documentazione giustificativa.
****
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
80 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Nell’ambito dell’Amministrazione della sanità pubblica la tipologia
più frequente di giudizi instaurati nei confronti degli operatori delle
Aziende è stata nell’anno 2017 quella derivante dalla violazione del
rapporto di esclusività da parte degli operatori sanitari.
E’ stata così emessa sentenza di condanna (sentenza n. 42/2017) per
danno erariale nei confronti di un medico, condannato anche penalmente
per il reato di truffa aggravata, che nell’esercizio di un’attività medica
libero-professionale si faceva pagare dai propri pazienti non riversando tali
somme all’amministrazione sanitaria, violando la normativa dettata per
disciplinare l’attività medica intra moenia ed extra muraria e percependo
così indebitamente, da parte della propria amministrazione, l’indennità di
esclusività.
Un più complesso danno erariale è stato accertato (sentenza n.
416/2017) a carico di un medico che non solo svolgeva una doppia attività
lavorativa, di dirigente medico del SSN in regime di esclusività presso
l’Azienda Ospedaliera universitaria Policlinico e di ricercatore confermato
presso l’Università di Palermo in regime di tempo pieno, ma esercitava
anche abusivamente la libera professione in una struttura privata
convenzionata con il SSN, indirizzando presso di essa i pazienti al fine di
lucrare su tale spostamento dei malati, dato il consistente incremento del
fatturato così realizzato dalla casa di cura privata e dei conseguenti
rimborsi a carico del SSN.
Dal quadro normativo di riferimento è, anzitutto, emerso con
assoluta chiarezza la sussistenza di un danno erariale, derivante dalla
violazione del generale dovere di esclusività che l’ordinamento impone ai
ricercatori universitari confermati, con rapporto di lavoro a tempo pieno,
che svolgano anche l’attività di dirigente medico presso una azienda
ospedaliero-universitaria. Peraltro, il rapporto di lavoro del dirigente
medico in regime di intramoenia e contemporaneamente ricercatore
universitario a tempo pieno, è connotato da una generale incompatibilità
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
81 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
allo svolgimento della libera professione, visto che la disciplina di settore
intende assicurare la totale disponibilità del medico allo svolgimento delle
funzioni dirigenziali evitando possibili conflitti di interessi o forme di
concorrenza sleale.
Oltre al danno da violazione del dovere di esclusività è stato
riconosciuto a carico della convenuta, anche un danno da disservizio per il
Policlinico. Infatti, l’attività truffaldina accertata di sviamento dei
pazienti verso una struttura privata, ha procurato una generale
diminuzione di efficienza dell’apparato pubblico, in considerazione
dell’importanza che riveste, per una pubblica struttura ospedaliera, il
volume dei casi, al fine di realizzare non solo quelle “economie di scala”
necessarie per il massimo rendimento della spesa sanitaria ma anche per
assicurare il miglioramento delle prestazioni offerte in rapporto a ciascuna
patologia trattata.
Del medesimo tenore è stata la condanna (sentenza n. 735/2017)
pronunciata in favore dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa
Sofia-Cervello per la condotta antigiuridica di un medico che prestava, a
titolo oneroso, la propria opera professionale a favore della struttura
sanitaria privata, illecitamente strumentalizzando il proprio rapporto di
servizio con la struttura pubblica, dirottando i pazienti alla casa di cura al
fine di percepire da essa una percentuale sul DRG erogato per ogni
paziente. Anche in questo caso, è stata riconosciuta la responsabilità
erariale per il danno da violazione del rapporto di esclusività e per il danno
da disservizio.
Nell’ambito dell’Amministrazione sanitaria sono stati trattati anche
giudizi instaurati nei confronti degli operatori delle Aziende per il recupero
di somme pagate a titolo di risarcimento a soggetti privati danneggiati da
errori sanitari commessi da medici in occasione dell’esercizio della
professione.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
82 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
In questi casi si tratta di ipotesi di danno indiretto, in quanto il
paziente ha già ottenuto il risarcimento dall’Azienda ed il giudice contabile
viene chiamato a decidere in merito alla fondatezza dell’azione, c.d. di
rivalsa, esercitata dal Procuratore regionale al fine di accertare la
responsabilità del sanitario nei confronti dell’ente di appartenenza.
E’ stato, così, ritenuto comportamento gravemente negligente per
tutta una equipe chirurgica (sentenza n.768/2017) la dimenticanza,
all’interno dell’addome di una paziente, di tessuti di garza utilizzati nel
corso di un intervento. Nella vicenda in esame, tuttavia, è stata ritenuta
sussistente la concorrente responsabilità della direzione sanitaria della
struttura che non ha recepito la “Raccomandazione per prevenire la
ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito
chirurgico” (raccomandazione n. 2 del marzo 2008) del Ministero della
salute. Per le finalità in parola, infatti, il dicastero ha predisposto una
scheda molto più completa di quella che è stata impiegata in occasione
dell’intervento subito dalla paziente, scheda che, tuttavia, non era stata
adottata dal presidio ospedaliero di cui si trattava.
Ancora, è stato riconosciuto (sentenza n. 318/2017) connotato da
estrema leggerezza nello svolgimento delle professione sanitaria, il
comportamento di un medico del Pronto soccorso per avere sottovalutato
i sintomi di un infarto del miocardio in evoluzione che, unitamente alle
abitudini di vita del paziente ed ai dati anamnestici raccolti, avrebbero
dovuto, secondo le basilari nozioni del percorso assistenziale previste
rispondenti agli ordinari parametri di diligenza e di perizia medica, imporre
esami specifici più approfonditi. Il medico è stato, così, riconosciuto
responsabile della morte del paziente, che aveva rimandato subito a casa,
e condannato alla rifusione delle somme che la ASP aveva dovuto
corrispondere agli eredi.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
83 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
b) giudizi di conto
In materia di conti giudiziali sono state pronunciate 16 sentenze, di
cui 7 di condanna, 4 di discarico, 3 interlocutorie e 2 di non luogo a
provvedere. Sono state anche pronunciate 2 ordinanze di condanna del
contabile.
L’importo complessivo delle condanne è stato pari ad € 87.234,57.
Passando all’esame delle tipologie più significative di sentenze
emesse nei confronti di Istituti bancari Tesorieri di comuni dell’isola,
merita attenzione la sentenza n. 5/2017, nella quale è stato esaminato il
conto giudiziale reso da un istituto bancario (Banca Agricola Popolare di
Ragusa - BAPR) che, nell’esercizio finanziario 2006, aveva svolto la
funzione di Tesoriere/Cassiere dell’Azienda Regionale di Riferimento per
l’Emergenza di 2° Livello - Ospedale Civile Maria Paternò Arezzo di
Ragusa. Il magistrato relatore, rilevate alcune anomalie nel calcolo degli
interessi passivi applicati per le anticipazioni di cassa, aveva chiesto la
fissazione dell’udienza per l’eventuale declaratoria dell’addebito a carico
dell’agente contabile dell’importo relativo. Nella pronuncia, la Sezione ha
affermato che la banca tesoriere aveva applicato, come tasso di interesse
sulle anticipazioni di cassa, un tasso variabile, dato dal Tasso Unico di
Riferimento (TUR) tempo per tempo vigente, aumentato di 0,97 punti
percentuali, anziché il tasso di interesse fisso del 2,97% previsto dalla
convenzione di tesoreria. Sul punto ha rilevato il Collegio che, prima
dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 163/2006, l’ ordinamento
consentiva che, in alcune ipotesi, il verbale di aggiudicazione tenesse luogo
del contratto, purchè venissero seguite le formalità tipiche del contratto,
con sottoscrizione del verbale da parte dell’ufficiale stipulante, dei due
testimoni, del legale rappresentante dell’impresa aggiudicataria, nonché
dell’ufficiale rogante; inoltre, per gli enti diversi dallo Stato e, come tali,
non regolati dal R.D. n.827/1924, era necessario, secondo la giurisprudenza
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84 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
del Consiglio di Stato, che una specifica previsione fosse stata inserita nella
lex specialis della gara.
Nel caso in esame, non soltanto nulla era stato previsto al riguardo
nel bando di gara, ma il verbale richiamato dalla difesa dell’istituto
bancario era soltanto un verbale di aggiudicazione provvisoria, a cui hanno
fatto seguito la deliberazione di aggiudicazione definitiva e la stipula del
contratto. La fonte che ha regolato il rapporto dell’Azienda ospedaliera
con il suo Tesoriere è, quindi, tale contratto, che all’articolo 16 prevedeva
a carico dell’Azienda la corresponsione sulle anticipazioni di cassa del tasso
debitorio annuo determinato all’atto dell’aggiudicazione, pari a 2,97%. La
Sezione ha, quindi, proceduto alla condanna del Tesoriere alla restituzione
dell’importo di € 68.482,89, pari alla differenza tra gli interessi passivi
effettivamente pagati dall’Azienda ospedaliera e quelli dovuti sulla base
delle previsioni della convenzione di tesoreria.
A seguito dell’esame del conto giudiziale reso per l’esercizio
finanziario 2005 dal Banco di Sicilia S.p.A. (oggi UNICREDIT S.p.A.)
quale tesoriere del Comune di Ramacca, è stata emessa la sentenza n.
230/2017 di condanna del tesoriere per l’addebito di commissioni di
massimo scoperto non dovute da parte del comune, pari alla somma di euro
7.804,39.
Con la sentenza n.655/2017 la Sezione si è pronunciata sul conto
giudiziale reso da UNICREDIT SPA, in qualità di Tesoriere del Comune
di Catania, per l’esercizio 2013. Il magistrato relatore sul conto, infatti,
dopo una istruttoria molto complessa, svolta anche con l’ausilio della
Guardia di Finanza, aveva individuato le seguenti irregolarità:
1. che il Tesoriere aveva computato interessi passivi non previsti
dalla convenzione con una locupletazione di € 4.188,13, a fronte
della linea di credito relativa alla anticipazione di cassa attivata dal
Comune, e di € 35.083,23 relativa alla predetta apertura di credito;
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
85 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
2. che, a chiusura dell’esercizio 2013, pur in presenza di
un’anticipazione di tesoreria rimasta inestinta, il conto giudiziale
attestava l’esistenza di un fondo cassa di € 803.317,45, circostanza
del tutto incompatibile con il persistere dell’esposizione debitoria
verso il Tesoriere;
3. che le entrate a specifica destinazione erano state utilizzate per
fare fronte alle pressanti esigenze di liquidità dell’ente, come
consentito dall’art. 195 del TUEL, ma che, tuttavia, i predetti fondi
non erano stati reintegrati con le risorse libere via via pervenute.
4. che non erano state chiarite le modalità con cui è avvenuta la
gestione dei fondi della Tesoreria unica.
Con la pronuncia definitiva è stato disposto il discarico del contabile
tesoriere, ritenendo superati i rilievi sopra indicati. Infatti, circa le
osservazioni di cui al punto 1), è stata chiarita l’esatta decorrenza della
variazione del tasso ufficiale di riferimento per quanto riguarda l’errato
computo degli interessi dovuti dall’Ente sulle anticipazioni di cassa,
mentre con riguardo all’ulteriore somma di € 35.083,23 relativa agli
interessi sull’altra linea di credito, il tesoriere ha dimostrato l’integrale
rimborso di essa al Comune.
Circa i rilievi sulle disponibilità di cassa, è stato accertato che
l’indicazione del fondo di cassa finale rispondeva all’esigenza di dare
contezza delle somme di cui il Comune era giuridicamente titolare, anche
se non disponibili perché sottoposte a vincolo per effetto di pignoramenti,
sino all’esito della procedura espropriativa intrapresa dai creditori
dell’ente. In proposito il Collegio, pur ritenendo di dovere disporre il
discarico dell’agente contabile, ha ritenuto indispensabile disporre che il
conto giudiziale andasse integrato, a cura del Tesoriere e con il visto del
Comune, con apposita annotazione che desse conto della circostanza che il
fondo di cassa finale, al 31 dicembre 2013, era indisponibile in quanto
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86 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
interamente bloccato da pignoramenti pendenti, annotazione da riportare
nei conti giudiziali afferenti gli esercizi successivi.
Con riferimento alla questione della corretta contabilizzazione delle
entrate a specifica destinazione, il Collegio ha affermato che in merito a
tale anomalia prevalgono certamente le responsabilità dell’ente locale, dal
momento che l’utilizzo di tali entrate viene attivato dal Tesoriere su
specifiche richieste del servizio finanziario dell’ente ed altrettanto dicasi
per la ricostituzione delle poste vincolate. Ha, così, meritato censura
l’omissione, imputabile al Comune di Catania (parte in causa nel giudizio
per essere volontariamente intervenuto), degli adempimenti prescritti
dall’art. 195 del TUEL.
Con le sentenze n. 156/2017 e n. 240/2017 le somme contestate al
contabile da parte del magistrato relatore sono state pagate con bonifico
da parte dell’istituto tesoriere, di cui è stato, quindi, pronunciato il
discarico.
Passando all’esame delle sentenze rese nei confronti degli economi dei
comuni, con le sentenze n. 217 e n. 218 sono stati esaminati i conti giudiziali
resi da un economo di un comune per gli esercizi 2011e 2012.
Rilevata l’anomalia nella sottoscrizione del conto firmato dallo
stesso dipendente, sia nella qualità di economo che di responsabile del
Servizio economico e finanziario, in violazione del principio di alterità tra
soggetto controllore e soggetto controllato, la Sezione, esaminate le singole
spese effettuate, ha affermato la irregolarità della liquidazione di alcune
spese di missione, di rimborso pasti per gli amministratori e di rimborso
dell’indennità chilometrica agli amministratori ed ai dipendenti
Ritenuto, tuttavia, che l’elemento soggettivo richiesto per l’addebito
della responsabilità contabile di cui al giudizio di conto, parimenti a quello
della responsabilità amministrativa, deve ritenersi identificabile con il dolo
o la colpa grave, come evincibile dai principi contenuti nella sentenza della
Corte costituzionale n. 371/1998, la Sezione ha parzialmente discaricato il
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
87 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
contabile, poiché anche se la spesa non appariva conforme alla normativa
di riferimento, nella sua condotta non era possibile ravvisare l’elemento
soggettivo del dolo o della colpa grave.
Con la sentenza n. 716/2017 emessa nel giudizio di conto relativo alle
somme riscosse sulle carte d’identità rilasciate nell’anno 2013, l’economo
del Comune di Licata è stato condannato al pagamento la somma di €
8.008,72, costituito dalla differenza tra quanto riscosso per il rilascio delle
carte di identità e quanto versato nelle casse del comune. Si è considerata,
infatti, non plausibile la giustificazione addotta dal contabile a sua difesa,
secondo cui l’ammanco si sarebbe verificato perché i richiedenti le carte
d’identità si erano impegnati a versare quanto dovuto in un momento
successivo. Tale tesi, non solo è apparsa sfornita del minimo supporto
probatorio, ma è posta nel nulla dalla considerazione che nessuna norma
autorizzava il contabile a rilasciare le suddette carte senza nel contempo
esigere dagli utenti il pagamento degli importi dovuti ex lege: trattasi, in
verità, di una giustificazione grossolana volta ad attenuare le conseguenze
del suo operato criminoso.
Diverse fattispecie sono state trattate nelle sentenze n. 689/2017 e n.
697/2017 , nelle quali è stato dichiarato che il conto presentato dal direttore
del Consorzio trapanese per la legalità e lo sviluppo, composto dal conto
del bilancio, dal conto economico e dal conto del patrimonio, attivo e
passivo, non è un conto giudiziale, ma si identifica con il rendiconto della
gestione, approvato, ai sensi dell’art.10 dello Statuto consortile,
dall’Assemblea del Consorzio e soggetto alle verifiche della locale Sezione
di controllo, ai sensi dell’art.227, d.lgs. n.267/2000.
****
Nel corso del lavoro svolto durante l’anno 2017 nel settore dei conti
giudiziali, sono state emesse anche alcune sentenze interlocutorie, come
disposto dall’art. 149, primo comma, c.g.c., ma già previsto dagli artt. 29
e 30 del Regolamento di procedura n. 1038 del 1933, in conseguenza della
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88 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
rimessione al Collegio da parte del magistrato istruttore sul conto della
decisione di alcune questioni preliminari.
Nei giudizi di conto presentati dagli agenti contabili dell’Ufficio
Passaporti della Questura di Catania e della Questura di Messina, in
conseguenza del mancato invio della documentazione giustificativa dello
scarico dei passaporti elettronici ceduti a pagamento, sono state emesse le
sentenze interlocutorie n. 190/217 e n. 213/2017.
Il magistrato istruttore chiedeva di conoscere l’orientamento della
Sezione sulle seguenti questioni preliminari:
- se, in assenza di diversa disciplina speciale, l’articolo 626,
ultimo comma, R.D. n. 827/1924 potesse essere interpretato nel senso che
l’agente contabile dovesse fornire idonea prova che lo stampato ceduto a
valore era stato rilasciato a seguito di verifica del versamento dell’importo
di legge nelle casse erariali;
- laddove al primo quesito fosse data risposta affermativa, se la
documentazione giustificativa dovesse essere allegata al conto sin
dall’origine e formare oggetto del riscontro operato dall’Amministrazione,
ai sensi dell’articolo 618, R.D. n. 827/1924, e dalla Ragioneria generale
dello Stato, a mezzo del competente Ufficio centrale del bilancio, ai sensi
dell’articolo 620, dello stesso Regio decreto.
La Sezione, delineato preliminarmente il quadro normativo
applicabile alla fattispecie, ha osservato che, in applicazione del decreto 5
maggio 2006, gli uffici competenti al rilascio dei passaporti elettronici
anche se non riscuotono più direttamente l’importo dovuto per il rilascio
del passaporto, devono comunque riscontrare che alla richiesta di
passaporto venga allegata la ricevuta di versamento dell’importo predetto
sul conto corrente postale, intestato al Ministero dell’economia e delle
finanze.
Ne è derivato che, per l’attività relativa al rilascio dei passaporti
elettronici, il contabile non ha più maneggio di denaro e, pertanto, per tale
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89 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
parte, il conto giudiziale che rende è un conto a materia, come disciplinato
dagli articoli 624 e ss., R.D. n.827/1924.
In particolare, per tali conti, l’articolo 626 prevede che il conto sia
corredato della documentazione giustificativa idonea a comprovare la
regolarità delle operazioni rendicontate “in conformità degli speciali
regolamenti”, che a quanto risulta, nella materia in esame, non sono stati
mai emanati.
La Sezione, quindi, ha dato risposta positiva sia al primo quesito, che
al secondo, ritenendo necessario che la documentazione giustificativa al
conto sia allegata sin dall’origine, al fine del riscontro operato
dall’Amministrazione e dalla Ragioneria generale dello Stato, a mezzo del
competente Ufficio centrale del bilancio.
La sentenza n, 388/2017 ha trattato i quesiti posti dal magistrato
istruttore sui conti giudiziali presentati dall’Amat spa, società
concessionaria del trasporto pubblico locale del Comune di Palermo, per
gli anni dal 2008 al 2011, relativi al servizio di riscossione dei tickets per le
aree di sosta a pagamento. Nella relazione, veniva segnalata l’esigenza di
acquisire l’orientamento della Sezione su varie questioni preliminari sulle
quali era necessario decidere prima di iniziare l’esame nel merito dei conti.
I quesiti erano i seguenti:
- se, nel caso in esame, dovesse essere presentato il conto giudiziale
pur in assenza di un obbligo, a carico del concessionario, di riversare al
Comune concedente le somme riscosse;
- se Amat spa vada considerato un agente contabile in relazione al
vincolo di destinazione impresso alle suddette entrate dall’art. 7, comma
7, del d.lgs. n. 285/1992 e se, in caso affermativo, siano sussistenti i requisiti
richiesti dall’art. 44 del R.D. n. 1214/1934, dell’art. 610 del R.D. n.
827/1924 e dell’art. 93 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL);
- in tal caso, quali siano gli elementi informativi da inserire nel conto
giudiziale e quale sia la documentazione giustificativa da allegare a questa
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90 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
tipologia di conti onde attestare l’adempimento delle prescrizioni recate
dall’art. 7, comma 7, del d.lgs. n. 285/1992.
Al primo quesito la Sezione giurisdizionale ha dato una risposta
positiva, sulla base della consolidata giurisprudenza che ha assodato
l’obbligo della resa del conto giudiziale per i concessionari del servizio di
sosta a pagamento in aree pubbliche, indipendentemente dalla forma
giuridica rivestita dall’atto di concessione e dal fatto che essi siano soggetti
pubblici o privati. Ugualmente, pacifica è stata giudicata l’appartenenza
del corrispettivo percepito dai concessionari per il servizio espletato su
suolo pubblico alla categoria delle entrate pubbliche, a prescindere se si
tratti di entrata di diritto pubblico (come le imposte) ovvero di diritto
privato (come quelle provenienti dai beni patrimoniali pubblici). Ha
ritenuto, pertanto, il collegio che i principi sopra espressi restano validi
nella fattispecie all’esame, anche se Amat Palermo spa non è
contrattualmente tenuta a corrispondere al Comune alcuna somma a titolo
di canone di concessione o, in qualche modo, riferita agli introiti derivanti
dai biglietti dei parcheggi a pagamento.
Da quanto sopra esposto ne deriva che, essendo le somme in
questione vincolate per legge allo scopo pubblico individuato dalla norma,
nessuna rilevanza può rivestire la circostanza della mancata previsione
dell’obbligo di riversamento nelle casse comunali dei proventi delle aree di
sosta a pagamento, cosicché nessun dubbio può sussistere circa la qualità
di agente contabile della società Amat spa nella gestione in commento,
tenuta, come tale, alla presentazione del conto giudiziale.
Circa la risposta da dare al terzo quesito su quali siano gli elementi
informativi da inserire nel conto giudiziale e quale sia la documentazione
giustificativa da allegare a questa tipologia di conti onde attestare
l’adempimento delle prescrizioni recate dall’art. 7, comma 7, del d.lgs. n.
285/1992, il Collegio ha ritenuto necessario compiere alcune premesse. Ha
reputato, anzitutto, che sia estranea alla peculiare natura del giudizio di
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91 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
conto la ricostruzione delle attività compiute da Amat spa per adempiere
alle prescrizioni di legge, richiamate dall’art. 21 della Sezione V del
contratto di servizio. Si tratterebbe, come è evidente, di una non consentita
interferenza con l’aspetto dell’esecuzione del contratto che lega il Comune
alla sua partecipata e che investe, oltre alla gestione delle aree di sosta a
pagamento, il complesso della gestione integrata dei servizi della mobilità
urbana, nel cui generale contesto ricevono valutazione le diverse
componenti delle risorse finanziarie che il Comune ha scelto di destinare ad
Amat spa, tra le quali rientrano appunto quelle derivanti dall’art. 7,
comma 7, del d.lgs. n. 285/1992. Né appare possibile, in sede di giudizio di
conto, ingerirsi nei controlli che il Comune ha il dovere di eseguire per
accertare il puntuale rispetto, da parte della società concessionaria, degli
obblighi di gestione e miglioramento delle aree di sosta previsti dalla legge
e richiamati dal contratto.
Alla luce delle precedenti considerazioni, è apparso sufficiente,
dunque, che l’agente contabile, nel redigere il conto giudiziale, provveda
ad elencare le voci di entrata riferite alla gestione in argomento, distinte
per tipologia, e le correlate spese, anch’esse analiticamente identificate in
base alla loro finalità, ponendo in debita evidenza tanto l’eventuale avanzo
finale della gestione quanto il riferimento, sia dal lato attivo sia dal lato
passivo, alla corrispondente registrazione operata nel bilancio della
società.
Il conto, debitamente compilato sul modello 21 del D.M. n. 194/1996
e firmato per esteso dal legale rappresentante della società, dovrà poi
ricevere apposita validazione da parte del Comune il quale dovrà apporvi
il visto di parifica di cui all’art. 618 del Rd n. 827/1924 (che costituisce
principio generale in materia di conti giudiziali).
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92 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Giudizi di pensione
Il carico dei giudizi pensionistici pendenti alla data del 1 gennaio
2017 ammontava a 1.534 ricorsi, di cui 1399 civili, 124 militari e 11 di
guerra.
Nel corso dell’anno ne sono pervenuti 1.088, di cui 1.043 civili, 35
militari e 10 di guerra.
Le udienze monocratiche dei magistrati assegnati alla Sezione sono
state complessivamente n. 62 e le camere di consiglio n. 32 e, nella
fissazione dei giudizi, i giudici unici hanno seguito l’ordine del ruolo, con
correttivi riguardanti l’età del ricorrente e le sue condizioni di salute.
Sono stati iscritti a ruolo 1.195 ricorsi, di cui 1.049 civili, 129 militari
e 17 di guerra. Di questi ne sono stati definiti 745, di cui 673 civili, 67
militari e 5 di guerra. Tra questi, 274 sono stati definiti con sentenze di
accoglimento, anche parziale, di cui 244 civili, 27 militari e 3 di guerra; 253
con sentenze di rigetto, di cui 223 civili e 30 militari; 43 con sentenze di
estinzione, di cui 41 civili e 2 militari; con altra tipologia di pronunce sono
stati definiti 170 ricorsi, di cui 161 civili, 7 militari e 2 di guerra.
Sono state emesse 143 ordinanze istruttorie, di cui 106 in materia
civile, 31 militare e 6 di guerra.
Alla data del 31 dicembre 2017 risultavano ancora pendenti 1.877
ricorsi, di cui 1.769 di pensioni civili, 92 di pensioni militari e 16 di pensioni
di guerra.
Come risulta dai dati numerici sopra riportati, la pendenza finale dei
giudizi pensionistici, già elevata alla fine dello scorso anno, è ancora
aumentata in conseguenza della proposizione di ulteriori ricorsi in materia
di pensioni civili. Il dato della sopravvenienza, nell’anno 2017, peraltro,
oltre, come già rilevato, a mantenersi abbastanza alto, è stato
caratterizzato dalla presenza di un gran numero di ricorsi collettivi: ne sono
stati presi in carico 129 con un numero di ricorrenti da 2 a 10; 55 con
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93 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
ricorrenti da 11 a 30; 9 con ricorrenti da 50 a 200; e 3 con oltre 300
ricorrenti. Questo ha comportato un enorme aggravio di lavoro per le
segreterie che hanno dovuto prendere in carico i ricorsi e per i GUP che con
una sola sentenza devono vagliare una molteplicità di istanze
pensionistiche non sempre coincidenti fra loro.
****
Le fattispecie esaminate in sede di giudizio pensionistico sono state
le più diverse, ma non è stata solo la varietà dell’oggetto a determinare la
loro complessità, da attribuire anche alla presenza di questioni disciplinate
dalla legislazione regionale, soltanto parzialmente derogatoria alla
normativa nazionale, e non sempre di facile interpretazione.
Il contenzioso è stato caratterizzato da numerosi ricorsi riguardanti
la legislazione regionale di contenimento della spesa pensionistica.
In proposito è stato affermato (sentenza n. 117/2017) che l’art. 13,
secondo comma, della legge regionale 11 luglio 2014, n. 13, che ha
introdotto il cd. “tetto alle pensioni” per i titolari di assegno pensionistico
regionale di importo superiore a € 160.000,00 annui, non ha, di fatto,
introdotto un prelievo tributario, le cui risorse concorrono al
finanziamento della spesa pubblica regionale. Non si sono ritenuti
sussistenti, infatti, gli elementi costitutivi della fattispecie tributaria come
ricostruiti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, trattandosi
anche di una misura temporalmente circoscritta. Il legislatore, infatti, può
incidere negativamente sui trattamenti di quiescenza di importo medio
alto per un periodo di tempo limitato, posto che l’art. 38 della Costituzione
non tutela l’intangibilità degli stessi, bensì il diritto del pensionato a
vedersi assicurati i mezzi per svolgere una vita dignitosa, dovendosi
effettuare, di volta in volta, una comparazione di tali esigenze con altri
interessi parimenti tutelati dalla Costituzione quali, il contenimento della
spesa pubblica o altre finalità di natura solidaristica con modalità che
siano ragionevoli e proporzionali al sacrificio imposto.
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94 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Nella medesima ottica è stato affermato (sentenza n. 824/2017 ) in
un giudizio in materia di perequazione sulle pensioni, basato
esclusivamente sui prospettati profili di incostituzionalità dell’art. 24,
commi 25, 25 bis e 25 ter, del d.l. n. 201/2011, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214,
come sostituito dall’art. 1, comma 1 del d.l. n. 65/2015, convertito in legge,
con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2015, n. 109 per violazione degli
articoli 136, 3, 36, primo comma e 38, secondo comma, della Costituzione,
che le questioni sollevate da parte ricorrente apparivano infondate.
Infatti, dalla comparazione tra la disciplina originaria del decreto-
legge n.201/2011 e la successiva, introdotta dal decreto-legge n. 65/2015,
emerge che la prima escludeva l’applicazione del meccanismo perequativo
per tutti i trattamenti di quiescenza di importo superiore a tre volte il cd.
“minimo Inps”, incidendo, quindi, su assegni pensionistici che per il loro
importo non elevato erano maggiormente esposti nei confronti
dell’inflazione, in termini di perdita del loro potere d’acquisto. La novella
legislativa del 2015 non ha, invece, escluso la perequazione per tutti i
trattamenti superiori a tre volte il minimo Inps prevedendo un
meccanismo di indicizzazione di tali pensioni sulla base di coefficienti
decrescenti all’aumentare dell’importo dell’assegno secondo determinati
scaglioni e la norma in commento è chiaramente finalizzata alla
salvaguardia dell’equilibrio di bilancio (come testualmente indicato in
apertura), principio di rango costituzionale unitamente a quello di
sostenibilità del debito pubblico (cfr. artt.81 e 97 Cost.). In ordine al punto
controverso, peraltro, la Corte costituzionale, con la recentissima
pronuncia n. 250/2017 del 25 ottobre - 1 dicembre 2017, ha respinto tutte
le censure di incostituzionalità sollevate (con riferimento alle medesime
norme parametro oggi invocate da parte ricorrente) da alcune Sezioni
regionali della Corte dei conti e da alcuni Tribunali ordinari sulla disciplina
introdotta dal decreto-legge n.65/2015, ritenendo che, diversamente dalle
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95 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015, la nuova e temporanea
disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un
bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze
della finanza pubblica.
In materia di pensioni regionali è stata affermata l’infondatezza
(sentenza n. 634/2017) della domanda di un pensionato regionale, posto in
quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art. 20, commi 1 e 2 della legge
regionale n.21/2003, come modificato dall’art.51 della legge regionale
n.9/2015, diretta ad ottenere che, ai fini del calcolo della quota retributiva,
sia considerata la media delle retribuzioni dell’ultimo quinquennio
composta dalle voci indicate dall’art. 80 CCRL, comparto non dirigenziale,
quadriennio giuridico 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 o la
retribuzione media pensionabile indicata nel foglio di calcolo allegato al
decreto pensionistico. Il limitato intervento del legislatore del 2015 non è
stato ritenuto, infatti, idoneo a fondare la richiesta. A fronte di un espresso
richiamo alle disposizioni della legge regionale n.2/1962 contenuto
nell’art.20 della legge regionale n.21/2003, su cui non è intervenuto il
legislatore del 2015, non può, infatti, ritenersi innovata la nozione di base
pensionabile, così come discendente dall’applicazione sinora data agli
artt.4 e 31 della menzionata legge regionale del 1962. Né vi sono elementi
per ritenere che ad una diversa conclusione si possa giungere sulla base di
un’interpretazione sistematica della riforma delle pensioni regionali del
2015, atteso che l’ultra-attività dell’art. 20 della legge regionale n. 21/2003
è espressione di un regime transitorio che - per quanto di maggior favore
per i dipendenti con determinati requisiti di anzianità ancora in servizio al
momento dell’entrata in vigore della l.r. n.9/2015 - non può risolversi in
un aumento della spesa pensionistica rispetto al regime previgente. Ne
discende che, affinché un emolumento possa essere qualificato come
quiescibile ai fini del calcolo della cd. prima quota, lo stesso deve essere
provvisto dei requisiti della fissità e continuità: in altri termini, non è
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
96 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
sufficiente “la sua inerenza al coacervo delle voci retributive aventi natura
stipendiale” ma deve avere una “funzione di permanente corrispettività”
(cfr., Appello Sicilia, n.100/A/2011).
Ugualmente infondata (sentenza n.806/2017) è stata ritenuta la
domanda di un pensionato regionale diretta ad ottenere la riliquidazione
del trattamento di quiescenza con gli adeguamenti ISTAT annuali
intervenuti dopo l'1.1.2012 nella misura prevista dall'art.36 della legge
regionale n.6/97, come anche la domanda, avanzata in via subordinata,
diretta ad ottenere la perequazione della pensione nella misura prevista
dall’art.69, comma 1, della legge n.388/2000, sul presupposto della
incostituzionalità delle disposizioni del decreto-legge n.65/2015, convertito
in legge n.201/2015. Come chiarito, infatti, dalla giurisprudenza delle
Sezioni riunite, la disciplina del trattamento pensionistico del personale
regionale non è oggetto di potestà esclusiva del legislatore regionale, atteso
che l’articolo 14, lettera q) dello Statuto ha riguardo allo stato giuridico e
economico del personale in servizio; piuttosto, rientra nell’ambito della
potestà legislativa concorrente in materia di previdenza sociale, di cui
all’art.17, lettera f) del medesimo Statuto (SS.RR., n.5/2006, n.5/2008 e
n.2/2010). Laddove, quindi, la disciplina statale si ponga come disciplina
di riforma economico-sociale, deve trovare applicazione sull’intero
territorio nazionale, a prescindere da un espresso rinvio da parte del
legislatore regionale. Ne consegue la legittimità dell’operato del Fondo
Pensioni Sicilia che ha applicato nel territorio regionale la disciplina della
perequazione dei trattamenti pensionistici, adottata dal legislatore
nazionale con il decreto-legge n. 65/2015, che ha superato il vaglio di
costituzionalità del giudice delle leggi come affermato dalla recentissima
pronuncia n.250/2017.
In virtù delle medesime considerazioni (sentenza n. 501/2017), è stato
rigettato il ricorso con il quale il pensionato chiedeva la rideterminazione
del trattamento di quiescenza determinato ai sensi dell’art. 52 della legge
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
97 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
regionale n. 9/2015, in quanto di gran lunga inferiore a quello determinato
ai sensi dell’art. 20 della legge regionale n. 21/2003, dal momento che, la
parte di pensione da calcolarsi con il sistema retributivo vede come base di
calcolo non già l’ultima retribuzione, bensì la media delle ultime cinque
retribuzioni, con ciò comportando una notevole riduzione del trattamento
di pensione con una palese violazione del principio del pro rata e del
legittimo affidamento nonché con una prospettata questione di legittimità
costituzionale della norma (art. 52, commi 1 e 2 LR 9/2015). Il Giudice
delle pensioni ha ritenuto non accoglibili le richieste del pensionato in
quanto l’istituto previdenziale ha agito in piena conformità alla
normativa, di natura transitoria, vigente che, innegabilmente, deve
ritenersi il frutto di scelte tutte finalizzate ad uniformare, nel lungo
periodo, il trattamento pensionistico regionale a quello statale nel più
ampio disegno di risparmio della spesa pubblica. Non può ritenersi,
pertanto, violato, il principio del pro-rata né, tanto meno, quello del
legittimo affidamento, ritenendosi, come noto, il fluire del tempo, un
elemento diversificatore che consente di trattare in modo differenziato le
stesse categorie di soggetti, dal momento che l’ordinamento, pur
assicurando l’intangibilità dei trattamenti di pensione già maturati, non
assicura l’intangibilità e la non modificabilità dei metodi di calcolo dei
trattamenti di quiescenza futuri, secondo il diverso fluire del tempo, con
conseguente rigetto anche della prospettata questione di legittimità
costituzionale.
In tema di giudizio di ottemperanza, è stato affermato (sentenza n.
63/2017) che nel caso in cui il giudice di seconde cure emetta una
statuizione che modifichi solo parzialmente la pronuncia del giudice di
primo grado, la competenza a giudicare sull’ottemperanza della sentenza
deve ricadere sul giudice di appello, non potendosi in alcun modo ritenere
che il giudizio di ottemperanza debba frazionarsi innanzi a giudici diversi
a seconda del capo della sentenza di cui è chiesta l’esecuzione e ciò sia prima
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che dopo l’entrata in vigore dell’art. 217 del codice di giustizia contabile,
approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.
Sempre in materia di ottemperanza, (sentenza n. 668/2017) premesso
che il relativo giudizio costituisce lo strumento processuale diretto ad
ottenere l’esecuzione del dictum rimasto ineseguito, volto ad assicurare
l’effettività della tutela del privato, è stato precisato che l’oggetto di esso
deve essere costituito soltanto dal decisum ed il giudice adito con
l’ottemperanza non può pronunciarsi su questioni nuove, trasformandolo
da strumento esecutivo a giudizio di cognizione, né può diversamente
qualificarlo in un ordinario giudizio di cognizione, essendone differenti i
presupposti.
In materia processuale, ai fini dell’interpretazione delle norme
introdotte a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia
contabile, è stato osservato (sentenza n. 65/2017) che l’art. 1 del regio
decreto 13 agosto 1933, n. 1038, così come il comma 7 dell’art. 6 della legge
14 gennaio 1994, n. 19, parimenti all’art. 153 del decreto legislativo 26
agosto 2016, n. 174, sanzionano con l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio,
il ricorso che non contenga la contemporanea esposizione dei fatti e delle
norme di diritto su cui è fondata la domanda giudiziale, prescindendo
dall’eventuale documentazione riversata nel fascicolo processuale. Tale
regola, valevole per ogni tipo di ricorso, deve essere maggiormente
osservata per i ricorsi cumulativi ove vengono inseriti in unico contesto
cartolare una pluralità di posizioni previdenziali del tutto differenziate
quanto a presupposti, decorrenze dei relativi trattamenti pensionistici e
titolarità di questi ultimi, accomunate, semplicemente, dalla
prospettazione della risoluzione di una identica questione giuridica. In altri
termini, anche in un’ottica non improntata a rigido formalismo, la
mancata specificazione, almeno nei tratti essenziali, dei fatti che
connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono
collettivamente (quali la decorrenza dei trattamenti di quiescenza, l’ufficio
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
99 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
di appartenenza, il numero e la data dei provvedimenti di collocamento a
riposo) preclude al giudice di entrare nel merito della loro pretesa, non
potendo emettere una sentenza contenente una mera enunciazione
giuridica astratta, del tutto avulsa rispetto alla posizione dei singoli
ricorrenti.
Ancora, in applicazione delle disposizioni del nuovo c.g.c.,si è
ritenuto (sentenza n. 687/2017) che la sanatoria prevista dall’art.155,
comma 8, del codice di giustizia contabile non possa essere applicata
all’ipotesi di inesistenza della notificazione del decreto di fissazione
dell’udienza, non sussistendo le peculiari esigenze di tutela del ricorrente
rilevate dai giudici di legittimità nel rito del lavoro, con riferimento al
dettato dell’art.415, comma 2, c.p.c., considerato che il menzionato
art.155, al comma 3, dispone espressamente la comunicazione del decreto
di fissazione dell’udienza a cura della segreteria della Sezione.
Circa la legittimazione passiva nel giudizio pensionistico, il Giudice
unico (sentenza n. 294/2017) ha dichiarato la inammissibilità del ricorso
proposto dall’amministrazione datrice di lavoro nei confronti del
pensionato deceduto, per la restituzione di somme da questo
indebitamente percepite e già rifuse dalla stessa amministrazione all’ente
previdenziale, se notificato collettivamente e impersonalmente agli eredi,
poiché, se per un verso è vero che il codice di procedura civile prevede
ipotesi in cui la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta
collettivamente e impersonalmente agli eredi stessi (articoli: 303, secondo
comma; 330, secondo comma; 477, secondo comma), per altro verso è pur
vero che le predette norme presuppongono la preesistenza di un rapporto
processuale col soggetto poi deceduto, qui invece non sussistente.
In altri termini, il ricorso doveva essere rivolto direttamente agli
eredi del pensionato e agli stessi notificato secondo le regole ordinarie.
Ugualmente inammissibile è stata, altresì, dichiarata (sentenza n.
389/2017) la domanda del titolare di pensione di reversibilità volta ad
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100 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
ottenere la rideterminazione della pensione del coniuge, con effetti sul
proprio trattamento pensionistico, con l’applicazione di benefici economici
per i quali soltanto il dante causa avrebbe potuto agire. Difetta, in tale
ipotesi, la legittimazione ad agire, trattandosi di un diritto, personale
ed intrasmissibile, vantato dal coniuge ormai deceduto e non azionabile,
quindi, dal titolare della pensione di reversibilità, essendo quest’ultima
una prestazione spettante iure proprio e collegata all’assegno pensionistico
del de cuius solo in relazione alla sua misura.
Una particolare fattispecie pensionistica è stata trattata nella
pronuncia (sentenza n. 321/2017) in cui si è deciso sul ricorso presentato
da un dipendete dell’ESA. Ha rilevato il Giudice unico che gli artt. 35, 36
e l’art. 81 del regolamento organico dell’Ente di Sviluppo Agricolo della
Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione
siciliana n.3279/RA del 24 luglio 1971, dispongono che la disciplina degli
impiegati dell’ente debba essere modellata su quella vigente per i
dipendenti civili dello Stato di qualifica corrispondente, mentre l’art. 71,
che aveva previsto che il loro trattamento di quiescenza dovesse essere
determinato nelle misure e con le modalità proprie fissate da apposita legge
è rimasto inattuato. Così il trattamento pensionistico spettante al
personale dell’E.S.A. è rimasto disciplinato dalla medesima normativa
vigente per i dipendenti civili dello Stato. Da ciò deriva che a coloro i quali
avevano avuto mantenuta “ad personam” la qualifica di ispettore capo del
ruolo ad esaurimento, in conformità a quanto espressamente previsto dal
D.P.R. n.748/1972 per i funzionari statali che non erano stati immessi nel
ruolo dirigenziale, deve essere applicata, ai fini pensionistici, la disciplina
stabilita dall’art. 73, comma 2, del D.P.R. n. 748/1972 prevista per i
funzionari statali di pari grado inseriti nel ruolo ad esaurimento.
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101 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Conti giudiziali
Alla data del 1 gennaio 2017 i conti giudiziali depositati presso la
Sezione, dopo una revisione completa degli archivi, risultavano essere
17.274, di questi 2.974 erano conti dello Stato, 12.478 conti degli enti locali,
1.822 conti delle aziende sanitarie.
Nel corso dell’anno ne sono stati presi in carico 9.630 (2.098 conti
nuovi inviati dalle amministrazioni e 4.243 vecchi conti inseriti per la
prima volta nel sistema informatico), di cui 2.899 conti dello Stato, 5.716
conti degli enti locali, 1.015 conti delle Aziende sanitarie.
Durante l’anno sono state depositate dai magistrati 3.958 relazioni
che hanno comportato la definizione di 7.196 conti, di cui 6.922 con decreto
presidenziale di estinzione e 253 con decreto presidenziale di discarico,
mentre 21 conti giudiziali sono stati definiti con sentenza.
Si tratta di un dato certamente irrisorio rispetto all’enorme quantità
di conti da esaminare e di cui occorre accertare la regolarità, ma per la
nostra Sezione è un dato molto significativo se rapportato all’esiguo
numero di soggetti che se ne occupano, tra impiegati, incaricati in via
esclusiva al settore, e magistrati che, come è evidente, devono invece
suddividere il tempo dedicato complessivamente all’attività lavorativa nei
diversi e differenziati campi di contenzioso a ciascuno affidato.
Con riferimento ai vari ambiti territoriali e per materia assegnati a
ciascun magistrato, nel settore dell’esame dei conti degli enti locali, si è
rilevata l’incompletezza delle segnalazioni e l’inadeguatezza dei controlli
interni e di quelli che fanno capo all’organo di revisione.
Per quanto concerne le gestioni economali, in particolare, è stata
riscontrata l’assunzione di spese non consentite dalla disciplina interna e
di settore ed un frequente superamento dei limiti previsti dal Tuel per la
consistenza del fondo economale; tale criticità è, in molti casi, dovuta al
mancato aggiornamento dei regolamenti di contabilità degli enti
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102 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Nell’attività di revisione, è stata anche prestata particolare
attenzione agli enti locali che hanno fatto pervenire con maggiore ritardo
i conti giudiziali, peraltro, spesso presentati sotto forma di prospetti privi
di intestazione, tabulati, registri di cassa. Si è reso, pertanto, necessario
reiterare le raccomandazioni in ordine alla necessità per l’agente contabile
di conformarsi ai modelli all’uopo previsti; in più occasioni, è stato, altresì,
necessario richiamare l’attenzione dell’amministrazione di appartenenza
dell’agente contabile sull’esigenza di assicurare la puntuale esecuzione dei
controlli previsti dall’art. 223 del TUEL.
E’ stato proficuamente portato avanti l’obiettivo di procedere alla
verifica dei conti giudiziali degli agenti contabili di tutti i comuni ricadenti
nella circoscrizione provinciale di Agrigento: a tale scopo sono stati
esaminati i conti di quei comuni che, nel 2016, non erano stati oggetto di
verifica.
Con il medesimo obiettivo, dopo avere constatato che parecchi
comuni, sempre della provincia di Agrigento, non avevano mai presentato
i conti, è stata indirizzata ai segretari comunali, dopo averli individuati
personalmente, una nota per chiedere la trasmissione dei nominativi degli
agenti contabili che avevano avuto maneggio di pubblico denaro nell’anno
2016 al fine istituire la relativa anagrafe, così come previsto dall’art. 138
del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, e nel contempo sono stati
chiesti anche i nominativi degli agenti contabili che avevano avuto
maneggio di denaro negli anni 2014 e 2015, al fine di instaurare nei loro
confronti il giudizio per resa di conto. Tale nota ha avuto l’effetto sperato
di ottenere spontaneamente il deposito dei conti, dei quali con priorità è
stata attivata la relativa istruttoria, evitando così appesantimenti e
lungaggini processuali (corre l’obbligo di segnalare che nell’anno
precedente note indirizzate allo stesso scopo impersonalmente ai sindaci
avevano trovato scarsissimo riscontro).
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103 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Destinatari della medesima nota, anche i comuni della Provincia di
Trapani, nonché la stessa amministrazione provinciale, hanno esitato le
richieste ed i comuni di maggiori dimensioni hanno anche provveduto alla
nomina del responsabile del procedimento ai sensi dell’art.139 c.g.c..
Una proficua attività di collaborazione è stata intrapresa con la
Guardia di Finanza, che è sfociata in una delega istruttoria per
l’acquisizione di documentazione di supporto ai conti giudiziali del
Comune di Sambuca di Sicilia, la cui tenuta è stata caratterizzata da
assoluta caoticità e da gravi lacune nella compilazione dei relativi registri;
la delega si è resa necessaria per la sostanziale mancata evasione delle
ripetute note istruttorie da parte del responsabile del servizio finanziario
che ha segnalato l’assenza di adeguata documentazione di supporto,
benché i conti fossero stati muniti del visto di regolarità e fossero stati
approvati con determina dirigenziale.
Una particolare attenzione è stata dedicata all’esame dei conti del
Comune di Licata poiché l’istruttoria condotta sugli incassi per il rilascio
delle carte d’identità ha palesato ripetuti ammanchi nel corso degli esercizi
finanziari oggetto di indagine (anno 2011 € 4.829,76 - anno 2012 €
10.631,28 - anno 2013 € 8.008,72 - anno 2014 € 12.595,56) a carico dello
stesso contabile e ciò nonostante, anche in questo caso, i conti fossero stati
muniti del visto di regolarità e fossero stati approvati con determine
dirigenziali; tali ammanchi hanno comportato la necessità di trasmettere
la relazione di cui all’art. 29 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, alla
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento per le
valutazioni di competenza.
Le relazioni di irregolarità hanno riguardato anche un conto
giudiziale di un consegnatario di un ente locale comprendente taluni beni
non soggetti al giudizio di conto, diverse gestioni economali dei comuni
della provincia di Catania per spese non previste dal regolamento
economale o non inerenti le funzioni dell’ente locale.
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104 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
E’ importante sottolineare che nelle ipotesi in cui è stato chiesto il
discarico del contabile, non sussistendo ipotesi di addebito, spesso nella
relativa relazione sono state inserire apposite “annotazioni” volte ad
evidenziare le irregolarità riscontrate, “annotazioni” che poi sono state
trasfuse nei decreti presidenziali di discarico; in tal modo si è cercato di
istituire una sorta di collaborazione con le amministrazioni per conformare
il loro futuro operato a legge, impedendo il protrarsi di prassi illegittime.
Con riferimento al settore Stato, tra le anomalie rilevate in sede di
istruttoria si evidenzia che nella maggior parte dei casi il conto non viene
corredato dei necessari documenti giustificativi e che l’assetto
organizzativo della struttura periferica condiziona spesso il modo di
operare dell’ufficio. Si sono frequentemente riscontrate prassi operative
diverse presso i vari uffici provinciali della medesima amministrazione e
criticità relative soprattutto alla fase della parifica interna.
Per quanto concerne, in particolare, i conti giudiziali dei ricevitori
principali dell’Agenzia delle dogane, è stata riscontrata l’omessa
trasmissione dei decreti autorizzativi del pagamento dilazionato delle
entrate doganali, nonché la mancata parifica dei conti giudiziali depositati
presso la Corte,
Con riferimento alle criticità, già segnalate negli anni precedenti,
relativamente ai conti giudiziali degli stampati ceduti a pagamento, in
particolare con riferimento al rilascio dei passaporti, si evidenzia che, sulla
scorta delle indicazioni fornite in alcune pronunce interlocutorie della
Sezione, la questura di Messina ha richiesto al CEN del Ministero
dell’interno l’adeguamento del sistema informativo, al fine di poter
estrarre i dati relativi ai versamenti effettuati dall’utenza sul conto
corrente postale dell’amministrazione centrale, evidenziando anche le
ipotesi di riutilizzo del bollettino in caso di annullamento del passaporto
(prot. n.4005/1.2.2. dell’11.9.2017). Deve, infatti, considerarsi che i conti
giudiziali relativi all’attività di rilascio dei passaporti pervengono con
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105 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
notevole ritardo, in parte addebitabile all’agente contabile, in parte alla
fase dei controlli svolti, a livello centrale, dal Ministero degli affari esteri e
dall’Ufficio centrale di bilancio – UCB; il protrarsi dei ritardi rende
particolarmente onerosa l’acquisizione della documentazione
giustificativa, spesso medio tempore trasferita in archivi di deposito
dislocati sul territorio. Il prospettato adeguamento della maschera di
acquisizione delle istanze di passaporto, ove realizzato, faciliterebbe
significativamente sia l’attività di riscontro da parte dell’amministrazione
centrale e degli uffici della Ragioneria, che la successiva revisione in questa
sede.
Nell’ottica di ampliare il novero degli enti controllati, sono stati
costituiti gruppi di lavoro, composti da due magistrati e tre revisori, per
l’esame di alcune specifiche tipologie di conti presentati dagli agenti
contabili delle Università, delle ASP e delle Aziende sanitarie, delle Camere
di commercio, dei Musei regionali e dei siti archeologici e degli Istituti
autonomi case popolari.
I Magistrati cui è stato affidato l’esame dei conti dell’Università degli
Studi di Catania e dell’Università degli studi di Palermo, che hanno
trasmesso i conti solo a seguito del giudizio per resa di conto attivato dalla
Procura su segnalazione del magistrato stesso, hanno già aperto le
istruttorie e stanno procedendo all’esame del conto giudiziale dell’economo
del Rettorato.
Solleciti per la presentazione dei conti sono stati anche inviati agli
IACP presenti nella Regione, nell’ambito del gruppo di lavoro al fine
costituito, essendo stato riscontrato, peraltro, che tali enti si sono
tradizionalmente limitati alla presentazione dei soli conti relativi alle
somme riscosse nell’interesse della Regione siciliana.
Anche le Aziende sanitarie dell’Isola sono risultate assolutamente
inadempienti nella presentazione dei conti giudiziali, che sono state
invitate a depositare, corredate da idonea documentazione giustificativa.
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106 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Nell’ambito della revisione dei conti giudiziali sulle somme riscosse a
titolo di tassa d’ingresso ai Musei regionali e ai siti archeologici, sono state
formulate raccomandazioni in ordine alla documentazione giustificativa
da allegare al conto per i riscontri che devono essere effettuati sia dal
Dipartimento Beni culturali e Identità siciliana che dalla Ragioneria
centrale presso l’Assessorato Beni culturali e Identità siciliana. È stato
evidenziato, in particolare, che le allegazioni a supporto della regolarità del
conto non possono essere limitate al conto a denaro, ma devono estendersi
anche al conto a materia, essendo assolutamente necessario ai fini della
verifica degli incassi, conoscere il numero dei biglietti staccati. E’ stata
rilevata, infine, la necessità di allegare i verbali delle verifiche ispettive e
di cassa. Quanto ai registri del servizio di biglietteria, è stato raccomandato
che per le gestioni future, sia mantenuta evidenza dei dati anagrafici dei
visitatori aventi diritto ad accesso gratuito, a tariffa ridotta e/o a tariffa
agevolata, atteso che nulla al riguardo è richiesto dalle circolari in materia.
Infine, è stata avviata l’istruttoria dei conti presentati dal Comune
di Palermo relativi all’imposta di soggiorno riscossa dalle strutture
ricettive operanti a Palermo. Anche in questo caso, data la complessità
delle operazioni di verifica da condursi a carico dei singoli agenti contabili
(in conformità all’indirizzo espresso dalle SS.RR. di questa Corte dei conti
con la sentenza n. 22 del 22 settembre 2016), la Sezione si è avvalsa
dell’ausilio della Guardia di Finanza.
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107 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Conclusioni
Concludo questa relazione formulando un profondo ringraziamento
ai colleghi della Sezione giurisdizionale, che hanno svolto con impegno ed
equilibrio, un lavoro complesso e diversificato, ottenendo risultati di
indubbia qualità.
Ciò, tuttavia, non sarebbe stato possibile senza il personale
amministrativo che, con spirito di sacrificio e senso di responsabilità, ha
affrontato i molteplici compiti a ciascuno assegnati.
Ringrazio i magistrati della Procura regionale, che ci forniscono una
parte della materia sulla quale siamo chiamati a lavorare.
Anche agli Avvocati del libero foro, che si adoperano con
professionalità, lealtà e correttezza per assicurare il diritto di difesa dei loro
assistiti, a garanzia dello svolgimento di un processo giusto, imparziale e
conforme alle disposizioni dettate dalla nostra Carta Costituzionale,
esprimo un sentito ringraziamento. Il medesimo ringraziamento rivolgo
agli Avvocati dello Stato ed ai rappresentanti di tutti gli altri Enti
pubblici, che difendono la pubblica amministrazione nei giudizi ad istanza
di parte e nel giudizio pensionistico.
Ringrazio, infine, il Presidente ed i colleghi della Sezione del controllo
(anche quest’anno una sintesi della loro attività nell’anno 2017 è allegata
alla relazione), ed il Presidente e tutti i colleghi della locale Sezione di
Appello e della Procura di appello, con i quali condividiamo il compito di
tutela della legalità.
Stima e gratitudine formulo nei confronti dei componenti del Collegio
medico legale, prezioso collaboratore della funzione giudicante in materia
pensionistica.
Un particolare ringraziamento rivolgo al Corpo della Guardia di
Finanza che troviamo sempre al nostro fianco per fornirci una
cooperazione indispensabile, come un sentito e vivo ringraziamento
indirizzo all’Arma dei Carabinieri, per i compiti di vigilanza, sicurezza ed
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108 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
anche assistenza alle udienze, alla Polizia di Stato e alle altre forze di
Polizia, per il contributo assicurato nelle attività istituzionali.
Grazie, infine, agli organi di stampa la cui presenza dimostra
l’attenzione sempre avuta per l’attività della Corte e, come sempre, grazie
a tutti voi intervenuti per la pazienza dimostrata nell’ascoltare questa mia
relazione.
A questo punto invito il Signor Procuratore Regionale a svolgere la
sua relazione.
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109 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
RASSEGNA DECISIONI 2017
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110 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’
Sentenza n. 113/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio
L’interesse ad agire del pubblico ministero contabile nell’esercizio
dell’azione revocatoria sussiste per il solo fatto che il debitore abbia
compiuto un atto di disposizione patrimoniale con un qualsiasi pregiudizio
alle ragioni creditorie dell’amministrazione danneggiata, essendo
ininfluente se il bene aggredito sia stato oggetto di iscrizione ipotecaria di
primo grado a garanzia di un mutuo; infatti, le vicende successive
riguardanti l’ipoteca, quali la possibile aggressione del bene da parte
dell’istituto di credito mutuante, sono del tutto aleatorie giacché l’ipoteca
sul bene è soggetta ad autonome vicende modificative o estintive, la cui
eventualità del loro accadimento rafforza la possibilità del soddisfacimento
anche solo parziale delle ragioni creditorie.
Sentenza n. 302 /2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio
Il vincitore di un concorso pubblico per esami per l’ammissione al
corso triennale di formazione specifica in medicina generale, indetto - ai
sensi dell’art. 24 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, - dal
Ministero della Salute, ha l’obbligo di frequentare il relativo corso,
partecipando alle attività didattiche, teoriche e pratiche, con la
conseguenza che la mancata partecipazione a tali attività per il
contemporaneo svolgimento di attività libero-professionale in orario in
parte sovrapponibile frustra le finalità formative del corso e rende indebita
la remunerazione erogata (sotto forma di borsa di studio) perché costituisce
il corrispettivo dell’intera attività professionale prestata per tale
frequenza, integrando così gli estremi dell’illecito erariale.
Sentenza n. 329/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio
Lo sfruttamento economico dell’immobile abusivo - acquisito al
patrimonio comunale per effetto del comma 5 dell’art. 7 della legge 28
febbraio 1985, n. 47, - per finalità pubbliche diverse dal godimento in capo
al responsabile dell’abuso, al quale può essere concesso il diritto di
abitazione ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, è
una decisione rimessa all’organo politico che deve stabilire, nel rispetto
della normativa di settore, il tipo di utilizzo, con la conseguenza che è onere
del pubblico ministero, qualora ravvisi grave negligenza nella condotta dei
responsabili degli uffici che non hanno avviato le procedure necessarie per
il suo sfruttamento economico contestare specifici comportamenti
integranti gli estremi dell’illecito erariale.
Sentenza n. 415/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio
Il comma 6 dell’art. 51 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174,
secondo il quale “la nullità per violazione delle norme sui presupposti di
proponibilità dell’azione per danno all’immagine è rilevabile anche d’ufficio”,
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111 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
è norma di carattere innovativo per avere disatteso il precedente
orientamento delle Sezioni Riunite della Corte dei conti espresso nella
sentenza n. 13/2011/QM e, pertanto, non può essere applicata ai giudizi
instaurati prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto legislativo,
secondo quanto stabilito dall’art. 1 dell’allegato 3 al citato testo
normativo.
Sentenza n. 802/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio
Il pubblico ministero, nel caso in cui ritenga che un imprenditore
agricolo abbia percepito contributi comunitari in violazione dell’art. 10,
capo f), della legge n. 31 maggio 1965, n. 575, per avere fraudolentemente
omesso di dichiarare nella domanda unica di pagamento di essere stato
destinatario di una misura di prevenzione, deve produrre in giudizio la
suddetta domanda, non essendo sufficiente il deposito della relazione della
Guardia di Finanza che abbia compiuto gli accertamenti investigativi; in
assenza della suddetta produzione documentale, infatti, non può ritemersi
provato, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’assunto accusatorio giacché la
domanda amministrativa costituisce il presupposto e l’elemento
costitutivo dell’illecito erariale contestato, non potendo il collegio emettere
una pronuncia di condanna senza alcuna cognizione della stessa né
tantomeno valutare la sussistenza della condotta di occultamento doloso
del danno contestata al convenuto.
Sentenza n. 15/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
Difetta la giurisdizione della Corte dei conti in caso di svolgimento di
attività lavorativa presso terzi da parte di dipendenti pubblici, in assenza
di autorizzazione dall’amministrazione datrice di lavoro, per i fatti
temporalmente collocati prima dell’entrata in vigore della legge 6
novembre 2012, n. 190 che ha introdotto il comma 7 bis all’art. 53 del
D.Lgs. n. 165/2001.
Secondo quanto affermato dalle Sezioni unite della Corte di
cassazione, con l’ordinanza n. 19072 del 28 settembre 2016, qualora il
danno erariale contestato al pubblico dipendente consista unicamente nel
mancato riversamento all’amministrazione datrice di lavoro dei compensi
ricevuti da terzi, il giudice contabile non ha la giurisdizione, salvo che le
condotte dei dipendenti infedeli siano state produttive di ulteriori profili di
danno all’erario, completo di tutti i suoi elementi strutturali (ad esempio,
in termini di danno all’immagine).
Sentenza n. 58/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
E’ produttiva di danno erariale la condotta del sostituto del direttore
dei servizi generali ed amministrativi (D.S.G.A) di una scuola superiore che
non ha riversato al tesoriere le quote in denaro corrisposte dalle famiglie
degli studenti per la partecipazione alle gite di istruzione scolastica.
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112 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
I compiti del D.S.G.A, per come disciplinati dal regolamento
interministeriale n. 44 del primo febbraio 2001, recante le "Istruzioni
generali sulla gestione amministrativo – contabile delle istituzioni
scolastiche”, prevedono che il D.S.G.A. proponga al dirigente scolastico le
reversali di incasso ed i mandati di pagamento (artt. 10 e 12) e che dette
scritture contabili vengano congiuntamente firmate dal D.G.S.A.
proponente e dal dirigente scolastico. Sotto tale profilo, emerge, dunque,
la concorrente responsabilità del dirigente scolastico il quale non ha
ritenuto anomalo il fatto di non avere mai firmato (per ben tre esercizi
contabili consecutivi) alcuna reversale di incasso delle quote versate dagli
studenti per la partecipazione alle gite di istruzione. Tale trascuratezza si
è palesata con ulteriore evidenza in sede di approvazione dei conti
consuntivi annuali, del tutto privi della contabilizzazione di tali entrate.
La doverosa attività di impulso e di controllo del dirigente scolastico
avrebbe certamente posto fine con immediatezza alla condotta gravemente
negligente del D.S.G.A. che è stata, invece, rilevata, a distanza di anni,
esclusivamente dall’Organo di revisione. Sulla base di tali considerazioni,
posto che il dirigente scolastico non è stato evocato in giudizio, a mente
dell’art. 83, secondo comma, del D.Lgs. n. 174/2016, il Collegio pone a
carico del convenuto solo una parte del danno contestato, quantificandolo
in via equitativa.
Sentenza n. 178/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
In ipotesi di sviamento di un finanziamento pubblico, la
contestazione di illecito arricchimento di uno dei convenuti, deceduto in
pendenza del giudizio, e la successiva riassunzione della causa nei confronti
dei suoi eredi, pone la questione della trasmissibilità del debito a costoro, a
norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
Al riguardo, in applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza
prevalente, il Collegio ha ritenuto non configurabile una presunzione “iuris
et de iure” di arricchimento indebito degli eredi del responsabile, in via del
tutto automatica, bensì l’esistenza di una presunzione “iuris tantum”, alla
quale l'erede può opporre la prova contraria, dimostrando la mancanza
dell'arricchimento o che esso non ha carattere antigiuridico. Da ciò
consegue che l’onere della prova dell’indebito arricchimento degli eredi non
grava sulla Procura regionale, spettando agli aventi causa dimostrare che
dall'illecito non sia loro derivato alcun vantaggio patrimoniale.
Sotto tale profilo, è del tutto irrilevante l’eventuale percezione
soggettiva degli eredi circa l’illiceità della provenienza di quanto ad essi
pervenuto a titolo di successione ereditaria, rilevando il solo carattere
indebito dell’arricchimento, connesso all’illecita provenienza del denaro.
Sentenza n. 261/2017 – Pres. ff. est. Cernigliaro
E’ imputabile alla condotta dolosa del convenuto il danno erariale
derivante dalla liquidazione, con somme fittiziamente imputate alle spese
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
113 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
di funzionamento dell’ente pubblico datore di lavoro, di un debito
esattoriale personale del soggetto evocato in giudizio il quale,
successivamente al pagamento, ha altresì posto in essere ulteriori attività
volte ad occultare la reale destinazione delle somme liquidate.
In considerazione della palese natura dolosa della condotta, non può
trovare accoglimento la richiesta di graduazione della responsabilità del
convenuto, in relazione alle affermate carenze di controllo imputabili tanto
agli organi dell’ente quanto al tesoriere.
Sentenza n. 416/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
Sussiste la responsabilità per danno erariale del ricercatore
universitario confermato, con rapporto di lavoro a tempo pieno, che svolga
anche l’attività di dirigente medico presso una azienda ospedaliero-
universitaria, in caso di contestuale svolgimento della libera professione
che abbia altresì comportato lo sviamento dei pazienti oncologici presso il
nosocomio privato col quale il convenuto collaborava. Il danno imputabile
presenta, in tale ipotesi, un duplice profilo: quello relativo all’inosservanza
del dovere di esclusività e quello concernente il danno da disservizio.
Quanto al primo, il danno consegue alla mera violazione dell’obbligo
di esclusività, realizzata attraverso lo svolgimento di non consentite
attività professionali private. Il rapporto di lavoro del dirigente medico in
regime di intramoenia, contemporaneamente ricercatore universitario a
tempo pieno, è infatti connotato da una generale incompatibilità allo
svolgimento della libera professione (salvo quella ammessa, ex art. 15-
quinquies del d. lgs. n. 502/1992) e la disciplina di settore intende assicurare
la totale disponibilità del medico allo svolgimento delle funzioni
dirigenziali, evitando possibili conflitti di interessi o forme di concorrenza
sleale. Vige, quindi, nel nostro ordinamento una presunzione legislativa (di
natura assoluta) che ritiene lo svolgimento dell'attività professionale
privata del tutto incompatibile con il predetto regime di esclusività.
Quanto al secondo profilo, concernente il danno da disservizio, lo
sviamento dei pazienti dell’unità oncologica cui il dirigente medico era
addetto presso la struttura privata ha procurato una generale diminuzione
di efficienza dell’apparato pubblico. Al riguardo, occorre considerare che i
centri di cura pubblici vengono periodicamente valutati dall’AGENAS
(Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), ente pubblico con
funzioni di supporto del Ministero della salute ed istituito con il D. lgs. 30
giugno 1993, n.266. Le analisi condotte dall’agenzia orientano il decisore
pubblico per la corretta ed efficiente allocazione delle risorse e permettono
altresì al malato di scegliere la struttura presso la quale curarsi. Altre forme
di monitoraggio vengono realizzate da associazioni private con lo scopo di
orientare i cittadini verso i nosocomi che offrono prestazioni sanitarie
migliori (si tratta, ad esempio, dei report curati da “Cittadinanzattiva”).
In considerazione dei criteri generalmente utilizzati per la
valutazione dei servizi sanitari (numero dei casi trattati, durata delle liste
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114 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
di attesa, tassi di mortalità e di infezione ospedaliera, disponibilità di
attrezzature e strutture per le terapie post-operatorie, opinioni fornite dai
pazienti, ecc.), è di intuitiva evidenza che il volume dei casi trattati sia
fondamentale al fine di realizzare non solo quelle “economie di scala”
necessarie per il massimo rendimento della spesa sanitaria ma anche di
assicurare il miglioramento delle prestazioni offerte in rapporto a ciascuna
patologia trattata; questo vale soprattutto nel settore oncologico, in cui
operava il dirigente medico convenuto, in quanto solo in un centro dove
sono curati molti tumori saranno disponibili l’esperienza e l’organizzazione
necessarie a trattare al meglio tali gravi affezioni ed i loro diversi sottotipi.
Sentenza n. 768/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
Costituisce “danno erariale indiretto” quello subito da una Azienda
sanitaria provinciale per il riconoscimento ad un paziente, a seguito di
accordo transattivo, del risarcimento del danno procuratogli dall’errore
commesso dai componenti l’equipe che aveva eseguito l’operazione
chirurgica, consistente nell’avere lasciato una garza dalla cavità
addominale del paziente.
Nella fattispecie, la transazione tra l’ente ed i terzi danneggiati è
idonea a fondare l’azione di danno erariale nei confronti dei dipendenti che,
con la loro condotta, abbiano generato il presupposto di fatto che ha
portato alla transazione medesima, anche se essi siano rimasti estranei alla
fase delle trattative. L’assenza dei convenuti alla fase procedimentale,
durante la quale l’amministrazione di appartenenza è giunta a un accordo
transattivo, non può, di per sé, generare l’inammissibilità dell’azione della
Procura Regionale, posto che nel giudizio di responsabilità sono
riconosciute ai convenuti tutte le garanzie di natura processuale per
assicurare un perfetto contraddittorio con la parte pubblica, nel rispetto
dei principi costituzionali in materia.
Sussiste la responsabilità per colpa grave dei sanitari e del personale
paramedico per avere abbandonato del materiale operatorio utilizzato
(garze) nel corso dell’intervento e per non aver correttamente proceduto al
controllo inventariale del suddetto materiale, nonostante la check list di
accettazione camera operatoria sia stata regolarmente compilata.
Ai fini della quantificazione del danno, va tuttavia considerata la
concorrente responsabilità della direzione della struttura sanitaria per non
avere recepito la “Raccomandazione per prevenire la ritenzione di garze,
strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”
(raccomandazione n. 2 del marzo 2008) del Ministero della salute che
prevede l’impiego di una scheda molto più completa ed articolata di quella
utilizzata nel caso di specie, essendo strutturata in modo da escludere
qualsiasi possibilità di errore. L’azienda ospedaliera in esame ha invece
continuato ad utilizzare un modello del tutto inidoneo a prevenire il rischio
di ritenzione di un corpo estraneo in quanto non riporta il numero delle
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115 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
garze inizialmente disponibili e di quelle impiegate nel corso
dell’intervento chirurgico.
Sentenza n. 104/ 2017 – Pres. Savagnone est. Parlato
1. L’articolo 1, comma 174, della legge 23 dicembre 2005 n. 266
(disposizione trasfusa nell’articolo 73 del Decreto Legislativo 26 agosto
2016, n. 174, recante il Codice di giustizia contabile) che attribuisce alla
giurisdizione della Corte dei conti l’esercizio dell’azione revocatoria da
parte del P.M. contabile appare pienamente compatibile con l’ordito
costituzionale pure se il giudizio riguarda anche i terzi contraenti.
La scelta del legislatore di concentrare sul giudice competente a
conoscere delle pretese creditorie derivanti da illeciti amministrativi anche
la cognizione degli strumenti volti a garantirne l’integrità non può essere
considerata né irragionevole né fonte di uno sconfinamento al di fuori della
materia allo stesso attribuita né ingiustamente discriminatorie nei
confronti degli acquirenti, estranei al giudizio di responsabilità; eventuali
divergenze procedurali fra il rito civile e quello contabile non sono
arbitrarie bensì giustificate dal collegamento dell’azione con la tutela di un
credito erariale.
2. Nell’ipotesi di cambiamento del regime patrimoniale da
comunione a separazione e di successiva stipulazione di atti volti a definire
la divisione dei beni occorre stabilire se sussista un effettivo pregiudizio alle
ragioni del creditore accertando in concreto se la garanzia generica ex art.
2740 sia diminuita tanto da rendere più incerta o difficile la soddisfazione
del credito ovvero se tale effetto non si sia realizzato.
L’eventuale esistenza dell’elemento oggettivo richiesto dall’art. 2901
c.c. dipende dall’eventualità che la divisione dei beni attuata a seguito
della scelta del regime di separazione non abbia rispecchiato le quote di
metà per ciascun coniuge della massa ricadente nella comunione ovvero
che, a seguito di un’alterazione in senso qualitativo del patrimonio, il
soddisfacimento del credito vantato dall’amministrazione danneggiata sia
stato messo in pericolo ovvero reso più difficile o gravoso.
Ordinanza n. 214/2017, est. Parlato giudice designato per la
convalida revoca o modifica del sequestro
Deve escludersi la proponibilità dell’azione cautelare erariale in
presenza dei vincoli conseguenti alla dichiarazione di fallimento poiché
l’azione esercitata dal P.M. ai sensi dell’art. 73 c.g.c. è quella stessa
prevista in via generale a tutela delle ragioni del creditore ed è assoggettata
alla stessa disciplina ed ai relativi limiti, fra cui quelli stabiliti dall’art.51
della legge fallimentare nel testo modificato dall’art. 48, comma primo, del
D.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, recante la “Riforma organica della disciplina
delle procedure concorsuali” con cui è stata espressamente ampliato il
novero delle azioni individuali il cui esercizio è inibito dall’apertura della
procedura concorsuale, ricomprendendovi quelle cautelari.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
116 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Sentenza n. 590/ 2017 – Pres. Savagnone est. Parlato
Il divieto di reclutamento mediante procedure esclusivamente
interne preesiste all’entrata in vigore dell’art. 24, comma 1 del D.Lgs
150/2009 dato il consolidato “diritto vivente” circa la necessità di un
adeguato accesso dall’ esterno”.
I soggetti che indissero tali selezioni devono rispondere del danno
pari alle differenze retributive corrisposte ai vincitori delle stesse quando
l’assoluta genericità dei bandi abbia permesso il passaggio di qualifica a
soggetti neoassunti gratificandoli di una rapida carriera, senza che
l’esigenza di valorizzazione di specifiche competenze professionali
acquisite all’interno dell’ente, genericamente professata, abbia un reale
riscontro.
Sentenza n. 2/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
La sentenza penale emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non assume nel
giudizio di responsabilità l’efficacia vincolante riconosciuta alla sentenza
emessa a seguito di dibattimento dall’art.651 c.p.p. (cfr. art.445 c.p.p.).
Ha, tuttavia, un particolare valore probatorio, affermato sia dalla
giurisprudenza della Suprema Corte che dalla giurisprudenza contabile,
che può essere superato dal convenuto solo dando prova delle ragioni che
lo avrebbero portato, in qualità di imputato, ad ammettere una
insussistente responsabilità e che avrebbero determinato il giudice penale
a prestare fede a tale ammissione (cfr., Cass., Sez. Lav., 5 maggio 2005, n.
9358; Id., 30 settembre 2005, n. 19251; Corte conti, Sez. I Centrale, 18
marzo 2003, n. 103/A).
Sentenza n. 3/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
In ipotesi di contestuale invito a dedurre rivolto ad una pluralità di
presunti responsabili, la data iniziale da prendere come riferimento per
valutare la tempestività degli adempimenti a carico del Procuratore ai fini
della chiamata in giudizio dei presunti responsabili è coincidente con la
scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte
dell’invitato che per ultimo ha ricevuto la notifica dell’invito a dedurre,
poiché, soltanto con lo spirare del termine per l’esercizio delle facoltà di
difesa preprocessuale da parte di tutti gli invitati, l’attore pubblico ha
avuto una visione unitaria e completa della vicenda, alla luce della quale
ponderare l’esercizio dell’azione di responsabilità (cfr., Sezioni Riunite,
n.1/QM/2005).
Sentenza n. 4/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
Le prove assunte in sede penale, anche se non in dibattimento, sono
utilizzabili nel processo contabile, in quanto allo stesso non sono applicabili
i commi 3 e 4 dell’art.111 della Costituzione, stante il rinvio esplicito
dellart.26 del regolamento di procedura alle norme del processo civile (cfr.,
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
117 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
ex multis, Sezione III, 10 settembre 2003, n.392; Sezione I, 16 giugno 2003,
n.210). In altri termini, poiché il processo contabile si modella su quello
civile, il principio del giusto processo applicabile a questa giurisdizione si
declina nei termini del disposto del comma 2 dell’articolo 111 della
Costituzione: non è, quindi, necessario che la prova si formi nel
contraddittorio tra le parti come è richiesto che avvenga nel processo
penale, ma è sufficiente che il materiale probatorio raccolto nel fascicolo
processuale sia oggetto del contraddittorio, anche se differito, condotto in
condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale e secondo le
modalità proprie del processo contabile. 2. Non può ritenersi che la
prosecuzione del giudizio contabile, in presenza di giudizio promosso in
sede penale sulla base della medesima informativa della Guardia di
finanza, leda i principi del giusto processo e del divieto del ne bis in idem,
come articolati nella Cedu. Valga al proposito quanto affermato dalla
Grande Camera della Corte di Strasburgo nella decisione del 15 novembre
2016: con riferimento alla legislazione norvegese che prevede, in relazione
ai reati tributari, l’applicabilità sia di sanzioni penali che di sanzioni
amministrative, la Grande Camera ha chiarito che non vi è violazione del
principio del ne bis in idem qualora, per la stessa condotta, si venga
sottoposti sia a giudizio penale che amministrativo, a condizione che i due
procedimenti perseguano finalità complementari, le prove raccolte in un
procedimento siano utilizzabili nell’altro e che le sanzioni
complessivamente applicabili all’interessato siano proporzionate (A AND
B v. NORWAY JUDGMENT - Applications nos. 24130/11 and 29758/11,
15 novembre 2016). Sulla base degli indicati criteri, deve ritenersi che la
prosecuzione del giudizio contabile sia compatibile con il giudizio penale,
poiché ha una finalità diversa da quest’ultimo, ovvero il ristoro del danno
finanziario cagionato all’amministrazione dalla condotta del convenuto;
sono utilizzabili le prove già raccolte nell’ambito del giudizio penale;
nell’esecuzione dell’eventuale sentenza di condanna si tiene conto delle
somme già recuperate dall’amministrazione danneggiata.
Sentenza n. 48/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
La condanna di un ente locale al risarcimento dei danni in favore
della ditta pretermessa nell’assegnazione di un appalto, è causalmente
riconducibile alla condotta dell’amministratore che abbia scientemente
aggiudicato definitivamente tale appalto ad un soggetto privo dei requisiti
di ammissibilità, restando priva di rilevanza la circostanza che il servizio
sia stato poi svolto, atteso che l’illiceità dell’aggiudicazione rileva quale
presupposto della condanna al risarcimento del danno e non di
un’eventuale mancata esecuzione del servizio. Né può influire la
circostanza che l’amministrazione locale non si sia costituita nel giudizio
dinanzi al Tar o che non abbia poi impugnato la sentenza di primo grado,
atteso che il giudice contabile procede a un esame nuovo ed autonomo di
tutti gli elementi di prova offerti dalle parti del giudizio, senza essere
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
118 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
vincolato alla pronuncia del giudice amministrativo, che costituisce
presupposto di fatto della fattispecie di responsabilità indiretta.
Sentenza n. 187/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
La disposizione dell’art.1, comma 1-sexies, della legge n.20/1994,
introdotta dal legislatore nel 2012, avendo natura di norma sostanziale e
non processuale, può trovare applicazione solo alle fattispecie realizzatesi
dopo la sua entrata in vigore. Si tratta, inoltre, di disposizione che
introduce un limite minimo di rigore nella quantificazione del danno
all’immagine, ma non esclude che possa motivatamente attestarsi su valori
più altri (cfr., Appello Sicilia, n.132/2013; conf. Appello Sicilia,
n.192/2016).
Sentenza n. 188/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
E’ manifestamente infondata la questione di costituzionalità della
disposizione dell’art.83, primo comma, del codice di giustizia contabile per
violazione degli articoli 111, 24 e 3 della Costituzione. Sotto un primo
profilo, deve considerarsi che, già a seguito della novella del secondo
comma dell’articolo 111 della Costituzione, operata dalla legge
costituzionale n.2 del 1999, parte della dottrina e della stessa
giurisprudenza contabile hanno dubitato della compatibilità del potere del
giudice di disporre la chiamata del terzo, in precedenza previsto dall’art.47
del regolamento di procedura (RD n.1038/1933), con la posizione di
terzietà del giudice, poichè tale potere di chiamata costituiva quanto meno
un limite del principio dispositivo, se non una manifestazione di potere
sindacatorio. D’altro canto, deve osservarsi che il Collegio ha l’obbligo di
valutare l'esistenza di fatti preclusivi alla domanda attorea ovvero di
autonome condotte di altri soggetti che, costituendo, anche solo in parte,
il motivo dell'insorgenza del danno lamentato, riducano la responsabilità
del convenuto ovvero la eliminino del tutto, e ciò senza necessità di
procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di terzi e senza
che l’eventuale statuizione abbia, naturalmente, efficacia nei loro
confronti. Tale modus operandi non comporta, evidentemente, alcun
vulnus al diritto di difesa del convenuto che, dimostrando di non essere
stato l'unico autore del danno, ovvero deducendo la responsabilità di altri
soggetti può vedere, conseguentemente, circoscritta la sua condanna a
quella parte di esso che è derivata dall'efficienza causale della sua azione o
addirittura può essere assolta da ogni contestazione.
Sentenza n. 312/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
La disposizione dell’art.1, comma 1-sexies, della legge n.20/1994,
introduce un criterio presuntivo per la quantificazione del danno
all’immagine che, per la natura del parametro scelto (il doppio del denaro
o dell’utilità percepita dal pubblico dipendente), mal si attaglia alle
fattispecie in cui vengono in rilievo anche reati diversi dalla concussione o
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
119 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
dall’induzione indebita, reati tentati e non consumati, nonché reato n cui
il valore dell’utilità non è determinabile. In tali fattispecie, l’ampiezza
della lesione prodotta all’immagine della p.a. deve essere valutata in
funzione della complessiva condotta delittuosa del convenuto attraverso i
criteri enunciati dalle Sezioni riunite della Corte dei conti nella sentenza
n.10/2003/QM.
Sentenza n. 315/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
La mancata opposizione a decreto ingiuntivo è causa sopravvenuta
idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell’amministratore
che abbia conferito un incarico esterno e il pagamento del compenso al
professionista incaricato a seguito di notificazione di decreto ingiuntivo,
solo laddove il giudizio di prognosi postuma induca a ritenere altamente
probabile l’accoglimento dell’opposizione.
Sentenza n. 495/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
Si configura la responsabilità amministrativo-contabile, a titolo
quanto meno di colpa grave, in capo agli organi decisionali di un organismo
di diritto pubblico che procedono al reclutamento del personale,
all’affidamento degli incarichi esterni e degli appalti di servizi, attraverso
procedure opache e non selettive, che prescindono da ogni verifica sulla
necessità e sull’utilità della spesa, e sulla coerenza della stessa con i fini
pubblici da perseguire.
Sentenza n. 509/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
Un’eventuale pronuncia di condanna del giudice contabile non può
ritenersi condizionata dalla circostanza che vengano in rilievo decreti di
concessione di finanziamenti pubblici non ancora revocati né revocabili in
assenza di una pronuncia definitiva del giudice penale. L’azione di
responsabilità amministrativa si svolge, infatti, su di un piano autonomo
e distinto da quello delle vicende amministrative dei provvedimenti che
vengono in rilievo, tant’è che il giudice contabile non è chiamato né ad
annullare il provvedimento amministrativo illegittimo, né a disapplicarlo:
la valutazione dell’atto amministrativo compiuta al fine di verificare la
sussistenza del danno erariale non avviene, infatti, col meccanismo della
disapplicazione in senso tecnico, giacché l’esito dell’atto illegittimo non è
disconosciuto dal giudice contabile al fine dell’affermazione di un diritto o
interesse legittimo che esso preclude, ma è considerato nella sua effettività
giuridica, per il risultato che produce (in tale senso, Sezione Sardegna, 9
ottobre 2014, n.203). In altri termini, nel giudizio di responsabilità
amministrativo-contabile gli atti della pubblica amministrazione non
vengono in rilievo come tali ma come fatti giuridici e pertanto
l’accertamento, anche incidentale, del giudice contabile non cade sulla
legittimità-illegittimità di un atto, ma sulla liceità-illiceità del fatto
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
120 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
giuridico che ha comportato una diminuzione patrimoniale per la pubblica
amministrazione (SS.RR., n.22/1996).
Sentenza n. 686/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
La misura della confisca per equivalente non è alternativa al rimedio
esperito dalla Procura contabile, anche se nelle fattispecie inquadrabili
come "reato contratto” vi può essere coincidenza tra profitto del reato
confiscabile e importo del danno erariale. Questo in quanto la confisca non
ha la finalità risarcitoria propria dell’azione di responsabilità
amministrativa, per cui non si risolve automaticamente in un beneficio per
l’Amministrazione danneggiata, ma è finalizzata a garantire
prioritariamente lo Stato-ordinamento e, solo in seconda battuta, lo Stato-
amministrazione, le cui pretese risarcitorie devono, comunque, essere fatte
valere mediante la costituzione di parte civile, tant’è che solo in ipotesi
specifiche di reato il legislatore prevede espressamente la devoluzione dei
beni confiscati in favore delle parti offese. (cfr., in senso analogo, Sezione
Piemonte, n. 214/2013 e n. 141/2012, Sezione Puglia, n. 935/2012, Sezione
Lazio, n. 1463/2004, Sezione Umbria, n. 76/2008).
Sentenza n. 573/2017 - Pres. Savagnone est. Micci
Deve ritenersi foriera di danno erariale e, come tale, presupposto per
la condanna alla restituzione di quanto indebitamente sottratto, la
condotta tenuta dall’economo di un IPAB, volta alla realizzazione di
pagamenti non dovuti in quanto non giustificati a favore dell’economo
medesimo per asserite ragioni di servizio o a favore di altri enti e/o istituti
religiosi a cui l’economo era, di fatto, comunque legato, per incarichi svolti
o per rapporti di parentela intrattenuti con legali rappresentanti e/o
amministratori degli enti e/o istituti medesimi. Devono ritenersi, altresì,
illegittimi alcuni compensi effettuati sempre da parte dell’economo a
favore dei dipendenti del medesimo IPAB e “mascherati” sotto la dicitura
anomala inserita in busta paga di “quota L/N”. Per il danno derivante da
rimborsi non giustificati a favore dello stesso economo nonché a favore di
altri enti o istituti, però, deve ritenersi responsabile anche il Presidente
dell’IPAB che ha sottoscritto, unitamente all’economo, i mandati di
pagamento con cui i suddetti rimborsi sono stati effettuati; lo stesso dicasi
per il Consiglio di amministrazione che ha avallato le operazioni di
tesoreria e approvato i bilanci incurante delle somme in eccesso accreditate
ai dipendenti a causa delle buste paga “gonfiate”. Tutte le voci di danno
da porre a carico dell’economo, pertanto, devono essere opportunamente
dimezzate, in proporzione alla riconosciuta responsabilità del Presidente
dell’IPAB e dei membri del Consiglio di Amministrazione che il Collegio ha
ritenuto responsabili ma che non sono stati citati in giudizio.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
121 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Sentenza n. 629/2017 - Pres. Savagnone est. Micci
Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di una
Associazione che svolge attività di assistenza per portatori di handicap in
convenzione con l’Azienda Sanitaria Provinciale. Tutti i proventi
derivanti dalla suddetta convenzione, infatti, confluiscono nel patrimonio
associativo e sono finalizzati unicamente alla realizzazione dello scopo
sociale che è, appunto, quello di prestare assistenza in regime di
convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Nessun rilievo può avere
il fatto che nell’atto introduttivo del giudizio sia indicato, in via
immediata, come soggetto danneggiato, unicamente l’Associazione, ben
potendo il Collegio precisare che, in via mediata, ad essere danneggiato, è
unicamente il patrimonio dell’ASP dei cui sovvenzionamenti
l’Associazione vive. Ogni attività posta in essere dai legali rappresentanti
dell’Associazione volta a distrarre immotivatamente il patrimonio
associativo dalle finalità di pubblica assistenza cui è preposto, costituisce,
pertanto, danno erariale che, come tale, deve essere risarcito.
Sentenza n. 631/2017 - Pres. Savagnone est. Micci
Costituisce danno erariale la condotta tenuta dal Commissario
Straordinario di una Azienda Ospedaliera finalizzata a concordare in via
diretta ed immediata, bypassando ogni formalità imposta
dall’organizzazione amministrativa e, segnatamente, dalle previsioni
contrattuali, un servizio di vigilanza armata organizzato H24 in via
supplementare a favore di una singola clinica ospedaliera e, segnatamente,
di un singolo Dirigente medico, in servizio presso la medesima Azienda
Ospedaliera in ragione di non ben specificati atti vandalici e/o di
sabotaggio di cui il suddetto Dirigente medico sarebbe stato vittima.
L’arbitrarietà dell’azione posta in essere nonché l’ingente ammontare delle
presunte spese prospettate, che l’Azienda ospedaliera avrebbe dovuto
sostenere, non esimono, gli altri vertici dell’Amministrazione ospedaliera
dal coinvolgimento in una corresponsabilità per la causazione del danno
prospettato, alla luce di una asserita intoccabile posizione di supremazia
ricoperta del Commissario Straordinario che avrebbe impedito ad altri
vertici dell’amministrazione sanitaria di contrastare la condotta da
quest’ultimo tenuta. Il Commissario Straordinario, pertanto, deve essere
condannato a risarcire il danno, opportunamente ridotto, però, in
proporzione della ravvisata responsabilità, da parte del Collegio, di coloro
che avrebbero potuto, secondo le rispettive posizioni di garanzia indicate
in sentenza, impedire il progredire della condotta dannosa.
Sent. n. 735/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
In tema di utilizzabilità del contenuto di intercettazioni telefoniche
nel processo di responsabilità amministrativa, va, anzitutto, considerato
che, nel caso in cui l’ingresso, in tale processo, dei fatti conosciuti dal
giudice penale avvenga - per l’assenza di una “sentenza penale irrevocabile
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
122 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
di condanna pronunciata in seguito a dibattimento” (articolo 651, comma 1
c.p.p.) o a giudizio abbreviato (articolo 651, comma 2 c.p.p., con i limiti ivi
previsti) - non attraverso la rigida traslazione prevista dal citato articolo
651, ma per mezzo di una sentenza penale di primo grado non irrevocabile,
bisogna tener conto del fatto che, sebbene la valutazione del giudice
contabile sulla sussistenza dei fatti rilevabili dalla sentenza penale non
passata in giudicato e dell’incidenza degli stessi sull’interesse erariale che
la Procura regionale ritiene leso debba, comunque, avvenire nel nuovo
contraddittorio costituito nel processo di responsabilità amministrativa,
resta, in ogni caso, fermo che – pur essendo escluso ogni automatismo, data
l’assenza di una “sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in
seguito a dibattimento” – la sentenza penale non passata in giudicato, in
linea di principio e ferma restando la libertà di apprezzamento di questa
Corte, eleva, nel giudizio di responsabilità amministrativa, l’attendibilità
degli elementi da lì presi e qui posti a sostegno della pretesa attorea
contabile, essendo anche tale pronuncia penale frutto di confronto
dialettico, con le connesse garanzie del contraddittorio, sebbene in altro
contesto processuale. Da ciò discende che, per sortire effetti favorevoli al
convenuto, la consistenza delle argomentazioni prospettate dalla difesa di
questo dovrà essere tale da superare la barriera costituita da eventuali
avversi elementi già dotati, in una certa misura, di solidità così acquisita.
Stando così le cose, quando a fronte di uno scenario, direttamente e
chiaramente delineato dalle stesse parole del convenuto e dei suoi
interlocutori, sostanzialmente rappresentativo di una situazione di
colpevolezza non vi è, nel processo di responsabilità amministrativa,
alcuna argomentazione difensiva che – lungi dal limitarsi a invocare la non
utilizzabilità delle conversazioni in argomento e, per questo, la mancanza
della prova dei fatti contestati - proponga una alternativa lettura di tali
conversazioni o ne evidenzi la collocazione in altro contesto,
inquadrandole, ad esempio, e in modo oggettivamente convincente,
nell’ambito dello scherzo o dell’esemplificazione didattica o riferendole,
comunque, ad altro ambito, il quadro emergente dalla prospettazione
accusatoria non può che trovare conferma.
Sent. n. 735/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
In tema di danno da disservizio, va osservato che la struttura
sanitaria, come del resto qualunque struttura organizzata, è articolata
secondo moduli preordinati all’esecuzione di un vero e proprio ciclo del
prodotto, che nel servizio “salute” si identifica, in estrema sintesi, nella
gestione del paziente secondo il percorso individuato sulla base del quadro
che, di volta in volta, si presenta in concreto.
Al funzionamento di questo complesso meccanismo accedono,
ovviamente, costi fissi e costi variabili, per la cui ottimizzazione, in termini
di rapporto tra risultato ottenuto e risorse impiegate, va tendenzialmente
perseguito l’obiettivo del pieno impiego, sicché se sistematicamente, dopo
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
123 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
una prima parte di esecuzione del predetto “ciclo del prodotto”, le restanti
attività vengono svolte altrove, si avranno - sotto il profilo dell’efficienza,
vale a dire quello degli obiettivi raggiunti in relazione alle risorse impiegate
- risultati inferiori, atteso che a fronte di minori attività potrà essere
riscontrata, nella più rosea delle ipotesi, solo una riduzione dei costi
variabili, restando quelli fissi, almeno nel breve periodo, comunque
insensibili a tali fenomeni.
In altri termini, ritiene il Collegio che il sistematico dirottamento di
pazienti governato dal convenuto abbia comportato il mancato
raggiungimento di quelle utilità ordinariamente ricavabili dall’impiego di
determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse
corrispondente alla generale diminuzione di efficienza dell’apparato
pubblico.
Sent. n. 540/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
L’azione di responsabilità amministrativa per danno indiretto può
essere ammessa solo se concorrono, indipendentemente dal loro ordine
cronologico, il passaggio in giudicato della pronuncia civile (o del giudice
amministrativo al quale sia stata rivolta domanda risarcitoria) a favore del
terzo danneggiato e l’effettivo pagamento delle somme a questo dovute.
Se la prima azione di responsabilità amministrativa per danno
indiretto esercitata sulla base dell’avvenuta provvisoria esecuzione della
sentenza civile di primo grado non passata in giudicato viene, comunque,
decisa nel merito con la condanna del convenuto, la successiva (seconda e,
eventualmente, anche terza) azione di responsabilità amministrativa
intesa a ottenere la condanna dello stesso convenuto per l’ulteriore
pregiudizio patito dalla stessa amministrazione per effetto di condanna
civile di secondo grado (o di Cassazione) al risarcimento di maggior danno,
effettivamente eseguita a favore del terzo danneggiato, sarà
inevitabilmente inammissibile:
• poiché riguardante lo stesso fatto dannoso (pur con differente
quantificazione del pregiudizio contestato) commesso dallo stesso soggetto
agente in pregiudizio della stessa amministrazione, già oggetto della prima
condanna per responsabilità amministrativa passata in giudicato, con la
conseguenza che, salvo che per la nuova prospettazione della sola
(ri)quantificazione del danno, gli elementi strutturali dell’illecito, inclusa
la sussistenza stessa del danno, risulteranno già accertati con la medesima
prima sentenza di condanna per responsabilità amministrativa, passata in
giudicato;
• poiché, secondo l’orientamento espresso dalla Cassazione,
oggettivamente fonte di un “aggravamento della posizione del danneggiante-
debitore” (il convenuto) - (ri)chiamato in giudizio dopo essere già stato
condannato per gli stessi fatti (ma sulla base di una non definitiva
esposizione passiva dell’amministrazione verso il terzo danneggiato),
mentre avrebbe dovuto esser citato una sola volta sulla base della
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
124 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
definitiva esposizione passiva dell’amministrazione verso il terzo
danneggiato – e di “un abuso dello strumento processuale” (Cass., Sez. VI,
sent. n. 21318 del 21 ottobre 2015).
Ordinanza n. 159/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
Nel caso di maturata decadenza per la presentazione della richiesta
di rito abbreviato di cui all’articolo 130, comma 1 c.g.c., motivata da
comprovati gravi motivi di salute, va accolta l’istanza intesa a ottenere la
rimessione in termini, poiché:
• la scelta di chiedere la definizione alternativa del giudizio
presuppone una preventiva valutazione comparativa tra l’esito
previsionale del giudizio ordinario introdotto dal Pubblico Ministero e
l’immediato sacrificio economico che accede al rito alternativo;
• pur essendo fondamentale il ruolo del difensore nel fornire al suo
assistito ogni utile elemento al riguardo - con particolare riferimento a ogni
possibile previsione sull’esito del giudizio ordinario e sulla ragionevole
attendibilità di tale previsione, alla luce degli elementi di fatto e di diritto
disponibili – è ovvio che la predetta valutazione comparativa può essere
fatta, nella sostanza, solo personalmente dall’interessato, anche tenendo
conto del sacrificio economico, di fatto immediato, legato all’esigenza di
disporre, in tempi brevissimi, della somma necessaria per la definizione
alternativa del giudizio e di sopportare gli eventuali relativi costi;
• in altri termini, una cosa è resistere lungo la strada tracciata dalla
Procura con la sua iniziativa giudiziaria, altra cosa è decidere di assumere
iniziative finalizzate a condurre il giudizio su una strada alternativa,
essendo quest’ultima eventualità - a differenza della prima, che, in linea di
principio, può essere affidata alla prevalente cura del difensore munito di
procura (Cass., Sez. 2, sent. n. 7 del 2 gennaio 2014) - inevitabilmente
rimessa a una attenta e oculata attività valutativa e decisionale diretta del
convenuto, sebbene con la necessaria consulenza e assistenza tecnica del
difensore;
alla luce del principio secondo cui, per la rimessione in termini, “la
omissione da cui è derivata la decadenza deve essere stata determinata da un
fattore estraneo alla volontà della parte” (Cass., Sez. Lavoro, sent. n. 7003 del
25 marzo 2011, anche richiamata da Sez. Lavoro, sent. n. 19836 del 28
settembre 2011), rimasta, per questo, priva di qualsivoglia ragionevole
possibilità alternativa, si deve ritenere che la condotta idonea a evitare
l’infruttuoso decorso del termine perentorio - vale a dire quella tempestiva,
attenta e oculata attività valutativa e decisionale diretta del convenuto -
sia inesigibile in presenza di gravi condizioni di salute, in ragione del fatto
che, avuto riguardo sia al profilo fisico che a quello psicologico, l’esigenza
di salvaguardia del bene primario della vita colloca comprensibilmente in
secondo piano altre, pur importanti, questioni la cui soluzione impone
un’attenzione personale o, comunque, l’esercizio di uno sforzo applicativo
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125 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
non ragionevolmente affidabile del tutto a terzi, come la scelta di chiedere
la definizione alternativa del giudizio introdotto dal Pubblico Ministero.
GIUDIZI DI CONTO
Sentenza n. 388/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
E’ tenuto a rendere il conto giudiziale per la gestione delle aree di
sosta a pagamento, anche in assenza dell’obbligo di versare al Comune il
canone concessorio, l’agente contabile che abbia ricevuto la gestione delle
aree di parcheggio a titolo gratuito, essendo onerato della gestione e del
miglioramento dei servizi di parcheggio.
In considerazione del vincolo di scopo impresso alle entrate in
questione dall’art. 7, comma 7, del decreto legislativo n. 285 del 1992, ai
fini del dovere di rendere il conto giudiziale della propria gestione, non
assume rilevanza alcuna la circostanza della mancata previsione
dell’obbligo di riversamento nelle casse comunali dei proventi delle aree di
sosta a pagamento.
Sentenza n. 429/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
Sussiste la responsabilità dell’economo comunale che abbia sostenuto
delle spese per necrologi e corone funebri in assenza di apposita previsione
del regolamento economale; secondo il consolidato orientamento del
giudice contabile, inoltre, non è ammissibile la spendita di pubblico denaro
per l’espressione di cordoglio per il decesso di parenti di dipendenti o di
amministratori dell’Ente, dovendosi provvedere a tali spese con mezzi
privati.
Sentenza n. 655/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
Nel giudizio relativo al conto giudiziale del Tesoriere di un Comune,
va ritenuto ammissibile l’intervento volontario proposto dall’ente locale, a
condizione che esso non sia spiegato in adesione del contabile bensì adesivo
alle ragioni del Pubblico ministero. Nella fattispecie, il comune, nella
propria memoria, non ha sostenuto le difese dell’istituto tesoriere ma si è
limitato a fornire ulteriori chiarimenti sui punti critici, evidenziati dal
magistrato relatore, riguardanti quelle attività del Tesoriere che sono, per
loro natura, strettamente intrecciate alle corrispondenti iniziative
gestionali dell’ente locale ovvero, nello specifico, alle problematiche del
fondo di cassa e dell’utilizzo delle entrate a specifica destinazione con
conclusioni peraltro corrispondenti a quelle formulate dal pubblico
ministero.
L’esposizione di un fondo cassa finale a chiusura dell’esercizio è
incompatibile con il contemporaneo ricorso all'anticipazione di tesoreria
(rimasta inestinta alla fine dell’anno) ed all'utilizzo, in termini di cassa, di
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126 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
entrate a specifica destinazione non reintegrate entro l'esercizio. Accertata
l’esistenza di numerosi pignoramenti notificati presso la Banca d’Italia e,
preso atto della necessità di dare contezza delle somme di cui il Comune è
giuridicamente titolare, sebbene sottoposte a vincolo per effetto del
pignoramento, è opportuno che il conto giudiziale venga integrato, a cura
del Tesoriere e con il visto del Comune, con apposita annotazione che dia
conto della circostanza che il fondo di cassa a fine esercizio era indisponibile
in quanto interamente bloccato da pignoramenti pendenti.
Sentenza n. 5/2017 – Pres. Savagnone est. Maio
Il tasso debitorio dovuto da un’Azienda ospedaliera sulle
anticipazioni di cassa ricevute dal tesoriere è quello stabilito nella
convenzione di tesoreria, intervenuta a regolare i rapporti tra le parti, non
potendo ritenersi prevalente sulla clausola contrattuale una diversa
previsione dell’offerta economica presentata in sede di gara, non ripresa né
nella deliberazione di aggiudicazione definitiva, né nella menzionata
convenzione di tesoreria.
Sentenza n. 190/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
In assenza di diversa disciplina speciale, l’articolo 626, ultimo
comma, R.D. n.827/1924 deve essere interpretato nel senso che, nei conti
giudiziali sugli stampati a valore resi dagli uffici passaporti, l’agente
contabile deve fornire idonea prova che i passaporti elettronici siano stati
rilasciati a seguito di verifica del versamento dell’importo di legge nelle
casse erariali; tale prova, allo stato attuale della disciplina relativa al
rilascio dei passaporti elettronici, è costituita dalle attestazioni di
versamento dell’importo previsto dalla legge sul c.c.p. n. 67422808; la
menzionata documentazione giustificativa deve essere allegata al conto sin
dall’origine e formare oggetto sia del riscontro operato dal Ministero degli
affari esteri, ai sensi dell’articolo 618, R.D. n.827/1924, e dalla Ragioneria
generale dello Stato, a mezzo del competente Ufficio centrale del bilancio,
ai sensi dell’articolo 620, R.D. n.827/1924.
Sentenza n. 689/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro
Il rendiconto della gestione di un Consorzio tra enti locali non è
assimilabile al conto del tesoriere e come tale non è soggetto all’esame
giudiziale della Sezione giurisdizionale, bensì alle verifiche della Sezione
regionale di controllo, ai sensi dell’art.227 del d.lgs. n.267/2000.
Sent. n. 230/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
L’avvenuta adozione del provvedimento di archiviazione del
fascicolo istruttorio da parte del Pubblico Ministero non rende
improcedibile il giudizio di conto instaurato per gli stessi fatti, potendo tale
provvedimento solo fornire elementi eventualmente utili per la formazione
del convincimento del giudice; né, al riguardo, può essere applicato
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127 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
l’articolo 70 c.g.c., poiché le limitazioni ivi poste alla riapertura di un
fascicolo archiviato accedono solo ed esclusivamente al perimetro che
circoscrive il giudizio di responsabilità amministrativa rimesso
all’iniziativa del Procuratore regionale, laddove il giudizio di conto è
caratterizzato da altra iniziativa e da altro ruolo riservato alla Procura.
GIUDIZI AD ISTANZA DI PARTE
Sentenza n. 670/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio
Nel caso in cui in un giudizio ad istanza di parte il ricorrente non
abbia provveduto a notificare, ai sensi del comma 1 dell’art. 174 del decreto
legislativo 26 agosto 2016, n. 174, il decreto presidenziale di fissazione
dell’udienza di discussione, non può trovare applicazione il successivo
comma 4 - secondo il quale il collegio in caso di mancata costituzione della
controparte dispone la rinnovazione della notifica qualora ravvisi un vizio
di nullità - poiché trattasi di un’ipotesi di inesistenza della notifica, vizio
diverso e ben più grave rispetto a quello della nullità.
Ordinanza n. 190/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
Sulla base della più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione (ord. n. 19072 del 28 settembre 2016), la giurisdizione
nel caso di giudizio a istanza di parte introdotto per l’opposizione a
provvedimento di ingiunzione di pagamento emesso per il recupero, a
favore dell’amministrazione di appartenenza, di compensi corrisposti a
dipendente pubblico per attività extraistituzionale non autorizzata,
anteriore all’entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 (il cui articolo 1,
comma 42, lettera “d” ha aggiunto il comma 7-bis all’articolo 53 del
decreto legislativo n. 165 del 2001), appartiene al giudice ordinario, sicché,
nel caso di riassunzione innanzi a questa Corte del processo
originariamente instaurato innanzi al giudice ordinario, che abbia poi
declinato la propria giurisdizione, va sollevato, d’ufficio, il conflitto di
giurisdizione ai sensi dell’articolo 17, comma 3 c.g.c..
Sentenza n. 489/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
E’ manifestamente inammissibile il ricorso introduttivo di un
giudizio a istanza di parte con il quale la parte ricorrente - lamentando,
sostanzialmente, che una denuncia di danno erariale dalla stessa
presentata alla locale Procura regionale è rimasta senza esito e sostenendo,
al riguardo, che “l’obbligo di provvedere, demandato al Procuratore Regionale
della Corte dei Conti, non risulta allo stato assolto” - chiede a questa Corte di
“sollecitare il promovimento dell’azione di responsabilità erariale nei confronti
di chi spetti […] e, per l’effetto, di “trasmettere gli atti al Procuratore
Regionale in sede per quanto di Sua competenza”, poiché:
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
128 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
• l’impalcatura processuale eretta dal fronte attoreo appare
collocata fuori dell’area della contrapposizione di interessi che sta,
ragionevolmente, sullo sfondo di ogni controversia, atteso che la parte
ricorrente chiede al giudice di adottare un provvedimento dalla cui
esecuzione discenda l’esercizio, da parte del pubblico ministero, di
un’azione di responsabilità amministrativa, “nei confronti di chi spetti”, il
cui eventuale esito favorevole alle ragioni dell’accusa andrà a vantaggio
dell’amministrazione, che, secondo la parte ricorrente medesima, ha patito
danno erariale (nella sostanza, i ricorrenti hanno agito “Contro”
l’amministrazione ritenuta danneggiata, chiamandola in un processo a
istanza di parte – fonte, peraltro, di onere di costituzione - introdotto per
ottenere, “nei confronti” della Procura regionale, tutela riguardo a un
interesse della stessa amministrazione ritenuta danneggiata);
• ogni questione inerente alla determinazione di agire in giudizio
nasce e si evolve solo ed esclusivamente all’interno della Procura regionale,
anche perché non vi è nella disciplina del giudizio di responsabilità
amministrativa una norma corrispondente all’articolo 409, comma 5
c.p.p., che consente al solo giudice penale, in un caso specifico, di ordinare
al pubblico ministero di formulare l’imputazione.
Sentenza n. 342/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo
E’ inammissibile il ricorso introduttivo di un giudizio a istanza di
parte con il quale un comune chiede l’accertamento della responsabilità del
concessionario della riscossione e la condanna della stessa società al
pagamento di una somma di denaro per tributi non riscossi, contestando
che “l’agente della riscossione non ha adempiuto alle proprie obbligazioni” -
non avendo “provveduto alla regolare notifica della cartella di pagamento” e
lasciando, così, “che il diritto di credito del Comune [stesso] si prescrivesse
irrimediabilmente” – e che “il concessionario […] nonostante la palese
irregolarità della notifica della predetta cartella è rimasto totalmente inerte per
diversi anni, omettendo sia una rinnovazione della notifica della stessa cartella
e sia l’inoltro al contribuente di un atto di avviso e/o intimazione di pagamento
idonei ad interrompere la prescrizione”, poiché:
• la verifica dei rapporti di dare ed avere tra agente della riscossione
ed ente impositore – generalmente richiamata per ammettere il giudizio a
istanza di parte introdotto da quest’ultimo - non può essere considerata
una categoria particolare dell’ambito esattoriale idonea a giustificare, in
linea generale, l’inquadramento, per blocco di materia, della relativa tutela
in quel tipo di giudizio, essendo, invece, necessario scrutinare, in vista della
qualificazione processuale, le ragioni che stanno alla base della pretesa di
“avere” e del corrispondente asserito obbligo di “dare”;
• sullo sfondo del mancato versamento da parte del concessionario
della riscossione (e, dunque, della pretesa di “avere” da parte dell’ente
pubblico) si possono individuare, in estrema sintesi, o l’indebita
appropriazione delle somme riscosse o la mancata riscossione delle stesse;
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129 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
quest’ultima, a sua volta, può derivare o da questioni riconducibili
all’inesigibilità di imposte e di altri proventi erariali (vale a dire al
discarico) o dal fatto che il concessionario non ha (o non ha correttamente)
eseguito gli obblighi sullo stesso gravanti per riscuotere con successo;
• in altri termini – prendendo le mosse dalle ragioni che stanno alla
base della pretesa di “avere” e del corrispondente asserito obbligo di “dare”
- va verificato, in concreto e sotto l’aspetto sostanziale, se la pretesa, come
prospettata dall’attore, è riconducibile al paradigma della responsabilità
amministrativa per danno erariale;
• il comune attore lamenta, nella sostanza, un danno da mancata
entrata, ritenendolo conseguenza della condotta antigiuridica del
concessionario della riscossione, con la conseguenza che quella che si
prospetta è oggettivamente una questione di responsabilità
amministrativa per danno erariale;
• allorquando il credito discende da (presunta) responsabilità
amministrativa, come nel caso di specie, la pubblica amministrazione non
ha la potestà di rivolgersi direttamente al giudice munito di giurisdizione,
vale a dire la competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti;
• la responsabilità amministrativa va accertata dal giudice
contabile solo attraverso l’ordinario processo introdotto dal pubblico
ministero, nel quale l’amministrazione danneggiata può solo intervenire a
sostegno delle ragioni di questo;
• l’ordinamento non tollera che venga introdotto, con le vesti del
giudizio a istanza di parte, un giudizio di responsabilità in cui risultino, da
un lato, sovvertite le posizioni dei protagonisti del processo rispetto al
paradigma delineato dal legislatore per quel giudizio e, dall’altro,
inesistenti i poteri e le facoltà riconosciuti, sempre per quel giudizio,
all’ufficio requirente e all’interessato;
nel giudizio a istanza di parte così introdotto, la pubblica
amministrazione si trova, infatti, ad assumere una posizione attorea che
non avrebbe in alcun modo potuto rivestire e il pubblico ministero si trova
a ricoprire, in luogo del ruolo di attore pubblico, esclusivo titolare del
potere di introdurre il corrispondente giudizio di responsabilità
amministrativa, quello di concludente.
GIUDIZI DI PENSIONE
Sentenza n. 63 /2017- GUP Colavecchio
Nel caso in cui il giudice di seconde cure emetta una statuizione che
modifichi solo parzialmente la pronuncia del giudice di primo grado, la
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
130 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
competenza a giudicare sull’ottemperanza della sentenza deve ricadere sul
giudice di appello, non potendosi in alcun modo ritenere che il giudizio di
ottemperanza debba frazionarsi innanzi a giudici diversi a seconda del capo
della sentenza di cui è chiesta l’esecuzione e ciò sia prima che dopo l’entrata
in vigore dell’art. 217 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.
Sentenza n. 65 /2017- GUP Colavecchio
L’art. 1 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, così come il comma
7 dell’art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 19, parimenti all’art. 153 del
decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, sanzionano con
l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, il ricorso che non contenga la
contemporanea esposizione dei fatti e delle norme di diritto su cui è fondata
la domanda giudiziale, prescindendo dall’eventuale documentazione
riversata nel fascicolo processuale; tale regola, valevole per ogni tipo di
ricorso, deve essere maggiormente osservata per i ricorsi cumulativi ove
vengono inseriti in unico contesto cartolare una pluralità di posizioni
previdenziali del tutto differenziate quanto a presupposti, decorrenze dei
relativi trattamenti pensionistici e titolarità di questi ultimi, accomunate,
semplicemente, dalla prospettazione della risoluzione di una identica
questione giuridica; in altri termini, anche in un’ottica non improntata a
rigido formalismo, la mancata specificazione, almeno nei tratti essenziali,
dei fatti che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono
collettivamente (quali la decorrenza dei trattamenti di quiescenza, l’ufficio
di appartenenza, il numero e la data dei provvedimenti di collocamento a
riposo) preclude al giudice di entrare nel merito della loro pretesa, non
potendo emettere una sentenza contenente una mera enunciazione
giuridica astratta, del tutto avulsa rispetto alla posizione dei singoli
ricorrenti.
Ordinanza n. 67 /2017- GUP Colavecchio
E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, della legge regionale
siciliana 12 agosto 2014, n. 211, - che ha introdotto il contributo di
solidarietà per le pensioni di importo compreso tra 50.000,00 e 91.251,16
euro in aggiunta a quello statale di cui all’art. 1, comma 486, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, - e per quanto occorra del comma 487 dell’art. 1
della suddetta legge statale, per contrasto con gli artt. 2, 3, 36 e 38 della
Costituzione e con l’art. 36 cello Statuto regionale (per la sola legge
regionale), per una duplicità di motivi:
- in base all’intreccio dell’art. 22, comma 1, con l’art. 21, comma 2
lett. b), della citata legge regionale le entrate derivanti dal contributo di
solidarietà sono utilizzate, unitamente alle risorse stanziate al comma 1 del
citato art. 21, per finanziare “il credito di imposta regionale per l’incremento
dell’occupazione”, con la conseguenza che, perseguendo finalità estranee al
circuito previdenziale, il contributo in questione acquista natura
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
131 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
tributaria, ponendosi in contrasto con i principi contenuti nella sentenza
n. 116 del 2013 di Corte costituzionale;
- a parità di reddito pensionabile, i pensionati regionali, a differenza
degli altri pensionati sui quali gravano solo le aliquote del contributo di cui
all’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013, subiscono un’altra
decurtazione, avente la stessa natura e finalità, che assume il carattere
della irragionevolezza, a prescindere dalla natura tributaria o meno, sia
perché investe solo una limitata categoria di pensionati sia perché viene a
gravare, per via delle fasce di reddito più basse, in misura maggiore sugli
stessi, frustando le finalità della sentenza n. 173 del 2016 della Corte
costituzionale.
Sentenza n. 668/2017- GUP Colavecchio
Il giudizio di ottemperanza è lo strumento processuale diretto ad
ottenere l’esecuzione del dictum rimasto ineseguito ed è volto ad assicurare
l’effettività della tutela del privato; l’oggetto di tale giudizio deve essere,
quindi, costituito soltanto dal decisum e il giudice adito con l’ottemperanza
non può pronunciarsi su questioni nuove, trasformandolo da strumento
esecutivo a giudizio di cognizione, né può diversamente qualificarlo in un
ordinario giudizio di cognizione, essendone differenti i presupposti.
Sentenza n. 389/2017- GUP Cernigliaro
E’ inammissibile la domanda del titolare di pensione di reversibilità
volta ad ottenere la rideterminazione della pensione del coniuge, con effetti
sul proprio trattamento pensionistico, con l’applicazione di benefici
economici per i quali soltanto il dante causa avrebbe potuto agire.
Difetta, in tale ipotesi, la legittimazione ad agire, trattandosi di un
diritto, personale ed intrasmissibile, vantato dal coniuge ormai deceduto e
non azionabile, quindi, dal titolare della pensione di reversibilità, essendo
quest’ultima una prestazione spettante iure proprio e collegata all’assegno
pensionistico del de cuius solo in relazione alla sua misura.
Sentenza n. 172/2017- GUP Parlato
Al pensionato che chiede il ricongiungimento di diversi periodi ai fini
pensionistici non può essere opposto il difetto dei presupposti per
l’istaurazione del rapporto di lavoro (nel caso di specie l’amministrazione
resistente aveva eccepito l’assenza del requisito della disoccupazione
richiesto dalle leggi regionali 285/1997, art. 4; legge 37/78, art. 25; L.R.8/81
artt. 5 e 7 poiché l’art. 112 del D.P.R. 1092/1973 non subordina la propria
applicazione alla circostanza che i servizi da ricongiungere siano stati
prestati in presenza delle condizioni normativamente previste; al G.U. non
compete alcun sindacato al riguardo.
Sentenza n. 321/2017- GUP Parlato
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132 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Gli artt. 35, 36 e art. 81 del regolamento organico dell’Ente di
Sviluppo Agricolo della Regione siciliana approvato con decreto del
Presidente della Regione siciliana n.3279/RA del 24 luglio 1971 dispongono
che la disciplina degli impiegati dell’ente deve essere modellata su quella
vigente per i dipendenti civili dello Stato di qualifica corrispondente; l’art.
71, che aveva previsto che il loro trattamento di quiescenza dovesse essere
determinato nelle misure e con le modalità proprie fissate da apposita legge
è rimasto inattuato; il trattamento pensionistico spettante al personale
dell’E.S.A. rimane quindi disciplinato dalla medesima normativa vigente
per i dipendenti civili dello Stato.
Ne deriva che coloro avevano avuto mantenuta “ad personam” la
qualifica di ispettore capo del ruolo ad esaurimento, in conformità a
quanto espressamente previsto dal D.P.R. n.748/1972 per i funzionari
statali che non erano stati immessi nel ruolo dirigenziale, deve essere
applicata, ai fini pensionistici, la disciplina stabilita dall’art. 73, comma 2,
del D.P.R. n. 748/1972 per i funzionari statali di pari grado inseriti nel
ruolo ad esaurimento.
Sentenza n. 387/2017- GUP Parlato
1. Sono devolute alla giurisdizione della Corte dei conti sia la
domanda di accertamento della causa di servizio proposta unitamente alla
domanda di condanna dell'ente al pagamento del trattamento
pensionistico sia la sola domanda di mero accertamento della causa di
servizio quale presupposto del trattamento pensionistico privilegiato da
richiedersi in futuro atteso il carattere esclusivo di tale giurisdizione
affidata al criterio di collegamento costituito dalla "materia".
2. Anche in capo ai dipendenti in servizio sussiste un interesse
concreto e attuale a ottenere una pronunzia giudiziale sulla dipendenza da
causa di servizio delle patologie accusate trattandosi un presupposto
essenziale ex art. 67 del D.P.R. n.1092/1973 per il successivo
riconoscimento del diritto alla liquidazione della pensione privilegiata
ordinaria.
Sentenza n. 687/2017- GUP Maio
La sanatoria prevista dall’art.155, comma 8, del codice di giustizia
contabile non può essere applicata all’ipotesi di inesistenza della
notificazione del decreto di fissazione dell’udienza, non sussistendo le
peculiari esigenze di tutela del ricorrente rilevate dai giudici di legittimità
nel rito del lavoro, con riferimento al dettato dell’art.415, comma 2, c.p.c.,
considerato che il menzionato art.155, al comma 3, dispone espressamente
la comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza a cura della
segreteria della Sezione.
Sentenza n. 693/2017- GUP Maio
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
133 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Sono manifestamente infondate le prospettate questioni di
costituzionalità dell’art.24, commi 25, 25 bis e 25 ter del d.l. n.201/2011,
convertito in legge n.214/2011, come introdotti dall’art.1, del d.l.
n.65/2015, convertito in legge n.109/2015, in relazione agli articoli 3, 36,
primo comma, 38, secondo comma e 136 della Costituzione, alla luce della
giurisprudenza costituzionale più recente che ha espressamente affermato
che “diversamente dalle disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015
– la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015
realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le
esigenze della finanza pubblica” (cfr. sentenza n.250/2017).
Conseguentemente, deve essere rigettata la domanda tesa ad ottenere la
riliquidazione del trattamento di quiescenza superiore a tre volte il cd.
minimo Inps con gli adeguamenti ISTAT annuali intervenuti dopo
l'1.1.2012 nella misura prevista dall'art.69, comma 1, della legge
n.388/2000.
Sentenza n. 133/2017- GUP Maio
Ai fini dell’interruzione del termine di decadenza previsto dall’ art.14
della legge n.271/1991 non rileva la presentazione della domanda per il
riconoscimento della causa di servizio al datore di lavoro, in quanto l’Inps
– ex-Inpdap - in cui sono confluiti gli Istituti di Previdenza presso il
Ministero del Tesoro - amministra soltanto il rapporto di quiescenza
relativo ai rapporti d'impiego di dipendenti di enti locali e ha, pertanto,
l’onere di compiere tempestive indagini in ordine ai presupposti di fatto del
trattamento privilegiato senza restare necessariamente vincolato dagli
accertamenti compiuti dagli enti datori di lavoro, estranei all’obbligazione
pensionistica (cfr., Appelli Sicilia n.86/A/2011).
Sentenza n. 375/2017- GUP Maio
E’ infondata la domanda di un pensionato regionale, collocato
anticipatamente a riposo sulla base delle disposizioni dell’art.52, comma 3
della legge regionale n.9/2015, diretta ad ottenere la rideterminazione del
trattamento di quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art.20, commi
1 e 2 della legge regionale n.21/2003. Questo in quanto sono
manifestamente infondate le prospettate questioni di costituzionalità
dell’art.51, commi 1, 2, 3 e 6 e dell’art.52, commi 1, 2, 4, 6 e 9 della legge
regionale n.9/2015, per violazione del principio del pro-rata, del principio
del legittimo affidamento nonché degli articoli 3, 36, 38 e 97 della
Costituzione.
Sentenza n. 376 /2017- GUP Maio
E’ infondata la domanda di un pensionato regionale, collocato a
riposo d’ufficio nel corso del 2015, diretta ad ottenere la rideterminazione
del trattamento di quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art.20,
commi 1 e 2 della legge regionale n.21/2003. Questo in quanto sono
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
134 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
manifestamente infondate le prospettate questioni di costituzionalità
dell’art.52, commi 1 e 2, della legge regionale n.9/2015, per violazione del
principio del pro-rata, del principio del legittimo affidamento nonché degli
articoli 3, 36, 38 e 97 della Costituzione.
Sentenza n. 634/2017- GUP Maio
E’ infondata la domanda di un pensionato regionale, posto in
quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art.20, commi 1 e 2 della legge
regionale n.21/2003, come modificato dall’art.51 della legge regionale
n.9/2015, diretta ad ottenere che, ai fini del calcolo della quota retributiva,
sia considerata la media delle retribuzioni dell’ultimo quinquennio
composta dalle voci indicate dall’art.80 CCRL comparto non dirigenziale,
quadriennio giuridico 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 o la
retribuzione media pensionabile indicata nel foglio di calcolo allegato al
decreto pensionistico. Il limitato intervento del legislatore del 2015 non è,
infatti, idoneo a fondare la richiesta di parte ricorrente: a fronte di un
espresso richiamo alle disposizioni della legge regionale n.2/1962 contenuto
nell’art.20 della legge regionale n.21/2003, su cui non è intervenuto il
legislatore del 2015, non può, infatti, ritenersi innovata la nozione di base
pensionabile, così come discendente dall’applicazione sinora data agli
artt.4 e 31 della menzionata legge regionale del 1962. Né vi sono elementi
per ritenere che ad una diversa conclusione si possa giungere sulla base di
un’interpretazione sistematica della riforma delle pensioni regionali del
2015, atteso che l’ultra-attività dell’art.20 della legge regionale n.21/2003
è espressione di un regime transitorio che - per quanto di maggior favore
per i dipendenti con determinati requisiti di anzianità ancora in servizio al
momento dell’entrata in vigore della l.r. n.9/2015 - non può risolversi in
un aumento della spesa pensionistica rispetto al regime previgente. Ne
discende che, affinché un emolumento possa essere qualificato come
quiescibile ai fini del calcolo della cd. prima quota, lo stesso deve essere
provvisto dei requisiti della fissità e continuità: in altri termini, non è
sufficiente “la sua inerenza al coacervo delle voci retributive aventi natura
stipendiale” ma deve avere una “funzione di permanente corrispettività”
(cfr., Appello Sicilia, n.100/A/2011).
Sentenza n. 806/2017- GUP Maio
E’ infondata la domanda di un pensionato regionale diretta ad
ottenere la riliquidazione del trattamento di quiescenza con gli
adeguamenti ISTAT annuali intervenuti dopo l'1.1.2012 nella misura
prevista dall'art.36 della legge regionale n.6/97. Parimenti infondata è la
domanda, avanzata in via subordinata, diretta ad ottenere la perequazione
della pensione nella misura prevista dall’art.69, comma 1, della legge
n.388/2000, sul presupposto della incostituzionalità delle disposizioni del
decreto-legge n.65/2015, convertito in legge n.201/2015. Come chiarito,
infatti, dalla giurisprudenza delle Sezioni riunite, la disciplina del
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
135 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
trattamento pensionistico del personale regionale non è oggetto di potestà
esclusiva del legislatore regionale, atteso che l’articolo 14, lettera q) dello
Statuto ha riguardo allo stato giuridico e economico del personale in
servizio; piuttosto, rientra nell’ambito della potestà legislativa concorrente
in materia di previdenza sociale, di cui all’art.17, lettera f) del medesimo
Statuto (SS.RR., n.5/2006, n.5/2008 e n.2/2010). Laddove, quindi, la
disciplina statale si ponga come disciplina di riforma economico-sociale,
deve trovare applicazione sull’intero territorio nazionale, a prescindere da
un espresso rinvio da parte del legislatore regionale. Ne consegue la
legittimità dell’operato del Fondo Pensioni Sicilia che ha applicato nel
territorio regionale la disciplina della perequazione dei trattamenti
pensionistici, adottata dal legislatore nazionale con il decreto-legge
n.65/2015, che superato il vaglio di costituzionalità del giudice delle leggi
come affermato dalla recentissima pronuncia n.250/2017.
Sentenza n. 501/2017- GUP Micci
Deve essere rigettato il ricorso con il quale il pensionato chiede la
rideterminazione del trattamento di quiescenza determinato ai sensi
dell’art. 52 LR 9/2015, in quanto di gran lunga inferiore a quello
determinato ai sensi dell’art. 20 della LR 21/2003, dal momento che, la
parte di pensione da calcolarsi con il sistema retributivo vede come base di
calcolo non già l’ultima retribuzione, bensì la media delle ultime cinque
retribuzioni, con ciò comportando una notevole riduzione del trattamento
di pensione con una palese violazione del principio del pro rata e del
legittimo affidamento nonché con una prospettata questione di legittimità
costituzionale della norma (art. 52, commi 1 e 2 LR 9/2015). Il Giudice
delle pensioni ha ritenuto non accoglibili le richieste del pensionato in
quanto l’istituto previdenziale ha agito in piena conformità alla
normativa, di natura transitoria, vigente che, innegabilmente, deve
ritenersi il frutto di scelte tutte finalizzate ad uniformare, nel lungo
periodo, il trattamento pensionistico regionale a quello statale nel più
ampio disegno di risparmio della spesa pubblica. Non può ritenersi,
pertanto, violato, il principio del pro rata né, tanto meno, quello del
legittimo affidamento, ritenendosi, come noto, il fluire del tempo, un
elemento diversificatore che consente di trattare in modo differenziato le
stesse categorie di soggetti, dal momento che l’ordinamento, pur
assicurando l’intangibilità dei trattamenti di pensione già maturati, non
assicura l’intangibilità e la non modificabilità dei metodi di calcolo dei
trattamenti di quiescenza futuri, secondo il diverso fluire del tempo, con
conseguente rigetto anche della prospettata questione di legittimità
costituzionale.
Ordinanza n. 226 /2017 - GUP. Gargiulo
Nel giudizio cautelare introdotto per ottenere la sospensione della
ritenuta operata dall’ente previdenziale sulla pensione, sussiste il
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
136 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
periculum in mora quando la misura dell’importo netto dell’ordinario
trattamento pensionistico mensile corrisposto all’interessato a valle della
rideterminazione della pensione e della decurtazione applicata è pari a poco
più del sessanta per cento dell’ordinario importo netto corrisposto sulla
base della determinazione originaria della pensione stessa, poiché tale
considerevole differenza, pur in assenza di specifiche allegazioni e sulla
base delle sole possibili considerazioni riguardo ai connessi inevitabili
incisivi mutamenti delle normali abitudini di vita, va ritenuta tale, anche
con riferimento all’assenza di altre fonti di reddito, da non far ritenere
evitabili, secondo ragionevolezza, pregiudizi gravi e irreparabili.
Sentenza n. 546 /2017 - GUP. Gargiulo
L’errore revocatorio si sostanzia nella astrattamente corretta
applicazione della regola di diritto che accede a una situazione di fatto, non
controversa, percepita dal giudice in modo errato rispetto alle risultanze
degli atti processuali.
Appare, dunque, evidente, tenendo presente i tratti caratteristici del
caso concreto, che affinché si possa ritenere che alla base della decisione
controversa sia stata erroneamente “supposta l'inesistenza di un fatto la cui
verità è positivamente stabilita” è necessario che la lamentata
diametralmente opposta percezione della realtà da parte del giudice sia
direttamente rilevabile dalla motivazione da questo espressa, anche per
relationem, atteso che se il (ritenuto) vizio revocatorio denunciato viene
dedotto dal concorso del mancato riferimento a elementi (ritenuti)
rilevanti per la decisione e della (ritenuta) erroneità di questa, si finisce per
collocare sullo stesso piano l’ipotesi di difetto di motivazione e quella di
motivazione erronea in punto di giudizio di fatto, laddove non valutare un
fatto non equivale a valutarlo male.
Sul punto – in disparte ogni possibile considerazione sulla
qualificazione propria del difetto di motivazione e sullo strumento di tutela
invocabile per ottenere rimedio - è, infatti, sufficiente osservare che
allorquando, come prospettato dalla parte ricorrente, non vi sia
riferimento alcuno a elementi (ritenuti) rilevanti per la decisione, non è
possibile stabilire se la statuizione contestata sia frutto della
(astrattamente) corretta applicazione della regola di diritto che accede alla
situazione di fatto, non controversa, percepita dal giudice in modo errato
rispetto alle risultanze degli atti processuali o se la stessa discenda
dall’errata applicazione del diritto rispetto alla situazione di fatto
correttamente percepita dal giudice medesimo.
In buona sostanza, tenendo presente i tratti caratteristici del caso
concreto, si deve ritenere che vi è errore revocatorio solo ove il giudice
abbia affermato – mostrando, così, di averlo considerato e valutato -
l’insussistenza di un fatto, non controverso, risultante invece
oggettivamente sussistente dagli atti processuali e ove, sulla base di tale
ritenuta insussistenza, lo stesso abbia assunto la decisione contestata.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
137 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Sentenza n. 294/2017 - GUP. Gargiulo
E’ inammissibile il ricorso proposto dall’amministrazione datrice di
lavoro nei confronti del pensionato deceduto, per la restituzione di somme
da questo indebitamente percepite e già rifuse dalla stessa amministrazione
all’ente previdenziale, se notificato collettivamente e impersonalmente agli
eredi, poiché, se per un verso è vero che il codice di procedura civile prevede
ipotesi in cui la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta
collettivamente e impersonalmente agli eredi stessi (articoli: 303, secondo
comma; 330, secondo comma; 477, secondo comma), per altro verso è pur
vero che le predette norme presuppongono la preesistenza di un rapporto
processuale col soggetto poi deceduto, qui invece non sussistente.
In altri termini, il ricorso doveva essere rivolto direttamente agli
eredi del pensionato e agli stessi notificato secondo le regole ordinarie.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
138 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
TABELLE
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
139 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
140 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
Organico 1 Presidente + 13 Magistrati
Presidente Luciana Savagnone
Consigliere Giuseppe Colavecchio Giuseppa Cernigliaro Adriana Parlato
Primo Referendario
Igina Maio Maria Rita Micci Giuseppe Grasso Paolo Gargiulo Sergio Vaccarino*
*magistrato assegnato in aggiuntiva fino al 9 maggio
2017
NUMERO UDIENZE COLLEGIALI 32
NUMERO CAMERE DI CONSIGLIO (correzione materiale, fissazione di termine, declaratoria di nullità etc.)
9
N. UDIENZE MONOCRATICHE DI COMPARIZIONE
3
NUMERO UDIENZE G.U.P. 62
NUMERO CAMERE DI CONSIGLIO PENS. 32
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
141 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ E DI CONTO
GIUDIZI DI
RESPONSABILITA’ GIUDIZI DI CONTO
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/17 93 33
ATTI INTRODUTTIVI (atti di citazione, revocazione)
106 28
GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 172 18
GIUDIZI DISCUSSI 147 18
GIUDIZI DEFINITI 127 21
SENTENZE DI CONDANNA 105 7
SENTENZE DI ASSOLUZIONE 7 0
SENTENZE DI DISCARICO 4
ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE
15 5
ORDINANZE
1
GIUDIZI RIUNITI
2
3
PROCEDIMENTI MONITORI 8 8
ORDINANZA DI CONDANNA DA PROCEDIMENTO MONITORIO
0 2
GIUDIZI RINVIATI 25 0
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/17 72 40
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
142 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
CONTI GIUDIZIALI
STATO ENTI LOCALI A.S.P. TOTALE
PENDENTI AL 01/01/17 2.974 12.478 1.822 17.274
DEPOSITATI NEL 2017 2.899 5.716 1.015 9.630
APPROVATI CON DECRETO PRESIDENZIALE
119 134 0 253
DEFINITI CON ALTRE MODALITA’ 2 18 1 21
DICHIARATI ESTINTI 1.579 4.742 601 6.922
DEFINITI 1.700 4.894 602 7.196
PENDENTI AL 31/12/2017 4.173 13.300 2.235 19.708
PROCEDIMENTI PER LA FISSAZIONE DI TERMINE PER LA RESA DEL CONTO
PROCEDIMENTI PENDENTI AL 01/01/2017 12
ISTANZE DEPOSITATE NEL 2017 2
ATTI DI CITAZIONE 30
GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 28
DISCUSSI 28
DEFINITI 21
RINVIATI 0
PENDENTI AL 31/12/2017 23
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
143 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/17 8
RICORSI DEPOSITATI 6
GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 12
GIUDIZI DISCUSSI 10
GIUDIZI DEFINITI 5
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2017 9
SEQUESTRI CONSERVATIVI
ISTANZE PROPOSTE NEL 2017 4
AUTORIZZATI CON DECRETO PRESIDENZIALE 4
AUTORIZZATI CON ORDINANZA NEL GIUDIZIO DI CONVALIDA
2
ORDINANZA SU RECLAMO 0
GIUDIZI DI CONVALIDA PENDENTI AL 31/12/2017 2
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
144 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
CONTENZIOSO PENSIONISTICO
CIVILE
MILITARE
GUERRA
TOTALE
RICORSI IN CARICO AL 01/01/2017 1.399 124 11 1.534
RICORSI PERVENUTI NEL 2017 1.043 35 10 1.088
RICORSI ISCRITTI A RUOLO NEL 2017 1.049 129 17 1.195
RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI
ACCOGLIMENTO 244 27 3 274
RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI
RIGETTO 223 30 0 253
RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI
ESTINZIONE 41 2 0 43
RICORSI RIUNITI EX ART. 273 C.P.C. 4 1 0 5
RICORSI DEFINITI CON ALTRE
PRONUNCE 161 7 2 170
TOTALE RICORSI DEFINITI NEL 2017 673 67 5 745
RICORSI INTERROTTI 4 0 0 4
ORDINANZE A VERBALE IN UDIENZA 143 15 0 158
ORDINANZE ISTRUTTORIE 106 31 6 143
ORDINANZE DI RIMESSIONE A CORTE
COSTITUZIONALE, CORTE EUROPEA,
SEZIONI RIUNITE
4 0 0 4
RICORSI PER PROCEDIMENTI
CAUTELARI 74 3 0 77
RICORSI RINVIATI A UDIENZA FISSA 120 16 6 142
RICORSI RINVIATI A NUOVO RUOLO 35 35
RICORSI PENDENTI AL 31/12/2017 1.769 92 16 1.877
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
145 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
RELAZIONE DELL ’ATTIVITA’
DELLA SEZIONE DI CONTROLLO E DELLE
SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO
ANNO 2017
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
146 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
CORTE DEI CONTI
SEZIONE DI CONTROLLO E SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO
PER LA REGIONE SICILIANA
ORGANICO
1 Presidente + 12 Magistrati
Presidente Maurizio GRAFFEO
Consiglieri
Consiglieri ai sensi dell'art. 7, comma 8-bis,
della legge n.131/2003
Anna Luisa CARRA
Tommaso BRANCATO *
Antonio NENNA **
Francesco ALBO
Luciano ABBONATO ***
Ignazio TOZZO ****
Primi Referendari
Giuseppe di PIETRO
Giovanni DI PIETRO
Sergio VACCARINO *****
Gioacchino ALESSANDRO
Referendari
Francesco Antonino CANCILLA
Marco FRATINI ******
* trasferito dal 16.01.2017
** a decorrere dal 15 marzo 2017
*** a decorrere dal 5 maggio 2017
**** a decorrere dal 31 ottobre 2017
***** in doppia assegnazione presso altra Sezione sino al 9 maggio 2017
****** assegnato temporaneamente ad altro Ufficio a decorrere dal 10.01.2017
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
147 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
CORTE DEI CONTI
SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA
2015 2016 2017
Adunanze 51 56 48
Camere di consiglio 28 33 37
SEZIONE DI CONTROLLO
PER LA REGIONE SICILIANA
NUMERO DELIBERAZIONI
NUMERO DELIBERAZIONI
NUMERO DELIBERAZIONI
2015 2016 2017
Pronunce ex art. 1, comma166, L. 266/2005 (Rendiconti) ai sensi
dell'art. 148 bis TUEL 212 138 98
Verifica ai sensi dell'art. 148 TUEL sulla regolarità della gestione e
sull'efficacia e adeguatezza del sistema dei controlli interni 46 33 19
Piano razionalizzazione società partecipate EELL ex art. 1, co.
611-612 L. 190/2014 13 3
Piani di riequilibrio art. 243 bis del TUEL - Approvazione/diniego 8
12
15
5
18 Piani di riequilibrio art. 243 bis del TUEL - Verifiche semestrali
Controllo spese elettorali 1 20 14
Art. 1, comma 714, 714 bis e 715 della Legge 208/2015 2
TOTALE DELIBERE ENTI LOCALI 267 231 159
Deliberazioni di controllo successivo sulla gestione 6 4 4
Verifica del rendiconto della Regione siciliana 2 2 2
Controllo rendiconti Gruppi parlamentari 4 4 2
Altre Controllo Enti SSR 23 2 2
Pareri 75 48 46
Indagine: L.R. 9/2010 – Gestione integrata dei rifiuti 1
Audizioni 1
Controllo preventivo di legittimità atti Stato ex art. 3 co. 1 L.
20/1994 3 11 12
Controllo preventivo di legittimità atti Regione ex art. 2 D. Lgs.
200/1999 6 2 2
Altre deliberazioni programmatiche e linee guida 8 6 6
TOTALE GENERALE 394 310 237
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
148 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO
PER LA REGIONE SICILIANA
2015 2016 2017
Adunanza pubblica 1 1 2
Camere di consiglio 9 13 10
SEZIONI RIUNITE PER LA REGIONE
SICILIANA IN SEDE DI CONTROLLO
NUMERO
DELIBERAZIONI
2015
NUMERO
DELIBERAZIONI
2016
NUMERO
DELIBERAZIONI
2017
Programma di lavoro per la decisione e la relazione
sul rendiconto generale della Regione siciliana 1 1 1
Giudizio di parificazione del rendiconto generale
Regione siciliana ed annessa relazione 1 1 2
Riesame
Audizioni 2 2
Certificazioni Contratti collettivi regionali di lavoro 2
Altre 1
TOTALE 4 6 4
Controllo di legittimità Giacenza
inizio anno
Totale atti
pervenuti
Atti
esaminati
Richieste
istruttorie
Atti
ammessi al
visto
Deferimenti Deliberazioni
Controllo di legittimità -
Art. 3, 3° c., legge 20/94
Atti Stato
26 518 529 44 481 19 12
Controllo di legittimità art.
2 D.lgs 200/1999 - Atti
Regione siciliana
3345 5.692 5.872 207 5.512 42 1
Controllo successivo di
legittimità - art. 10, co. 1
d.l.vo n. 123/2011
3 2 5 4 4
Totale controllo di
legittimità 374 6.212 6.406 251 5.994 65 17
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
149 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
1. CONTROLLO SULLA REGIONE
1.1. Parifica del rendiconto regionale (SS.RR.).
All’udienza del 30 giugno 2017 le Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede di
controllo, con ordinanza n.2/2017/SS.RR./PARI, ritenendo di dover instaurare il
contraddittorio con la Regione siciliana in ordine alla “composizione del risultato di
amministrazione al 31 dicembre 2016” relativamente a quattro voci riferite alla “Parte
accantonata” di detta composizione (omessi accantonamenti per residui perenti al
31.12.2016, per “Fondo perdite società partecipate”, per “Fondo contenzioso”, nonché
per mancata valorizzazione tra gli “Altri accantonamenti” del “Fondo passività
potenziali” relativo al rischio concernente i contratti derivati), ha ordinato la
sospensione del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione siciliana
per l’esercizio finanziario 2016 e ha rinviato l’udienza al giorno 19 luglio 2017,
assegnando alle parti il termine del 10 luglio 2017 per il deposito di eventuali memorie
e documenti sui punti riferiti.
In detta udienza, le SS.RR. :
1) hanno dichiarato irrilevante ai fini del giudizio attinente al rendiconto della Regione
siciliana per l’esercizio 2016, la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal
PM nel corso della stessa, dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2016, con
riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), e 81, terzo e quarto comma,
della Costituzione, pur ritenendo che possano individuarsi sotto altro aspetto profili
di criticità riferiti all’articolo 1, commi 692-701, della legge 28 dicembre 2015 n. 208
per i quali si è ravvisata la necessità di proporre, con separata pronuncia, questione di
massima al Presidente della Corte dei conti affinché possa essere espresso un indirizzo
nomofilattico sulla corretta interpretazione delle suddette norme (cfr. oltre);
2) hanno rigettato la richiesta istruttoria del P.M. di verifica ed accertamento
dell’effettività delle coperture relative ai residui attivi reimputati in quanto
tardivamente proposta e, comunque, non rilevante ai fini del giudizio di regolarità sul
rendiconto della regione per l’esercizio 2016;
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
150 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
3) in parziale difformità alle richieste del Pubblico Ministero e nei limiti degli
accertamenti compiuti:
a) hanno dichiarato regolare il conto del bilancio per l’esercizio finanziario 2016, con
esclusione della posta contabile riferita al “fondo perdite società partecipate” in
relazione all’insufficiente accantonamento predisposto con riguardo ai dati relativi
alla partecipata AST S.p.A. ;
b) visto il paragrafo 9.2. dell’allegato 4.3. al decreto legislativo n. 118 del 2011, rilevata
allo stato degli atti l’irregolarità dello stato patrimoniale e, conseguentemente, del
conto economico della Regione siciliana per l’esercizio 2016, hanno disposto che
l’Amministrazione regionale provvedesse alla regolarizzazione e al completamento
dell’attività di ricognizione straordinaria del patrimonio ed alla conseguente
rideterminazione del suo valore entro la fine dell’esercizio 2017, così come consentito
dal summenzionato paragrafo;
Nell’annessa relazione, specifica attenzione è stata dedicata ai profili relativi agli
equilibri di bilancio, al patto di stabilità, alle spese per il personale, a quella
previdenziale, all'indebitamento regionale con particolare riguardo alle operazioni in
derivati, all'organizzazione ed al sistema dei controlli interni, all'utilizzo dei fondi
comunitari ed alla politica sanitaria.
L’anzidetta decisione, in 28 luglio 2017, è stata oggetto da parte dell’Ufficio del
Pubblico Ministero operante presso la Sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei
conti per la Regione siciliana di ricorso (e di “motivi aggiunti” in data 6 settembre
2017) alle Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, ai sensi
dell’art. 11, comma 6, lett. e), del Codice di giustizia contabile, giudizio conclusosi con
la sentenza n. 44/2017/EL del 13 settembre/15 dicembre 2017 che ha dichiarato
inammissibile l’anzidetto ricorso.
Come anticipato, le Sezioni riunite per la Regione siciliana avevano ravvisato la
necessità di valutare se l’utilizzo del fondo delle anticipazioni di liquidità secondo le
modalità previste dai commi 692-701 della legge n. 208 del 2015 non si ponesse in
contrasto con la necessità, evidenziata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 181
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
151 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
del 2015 e dalla stessa Sezione delle Autonomie nella delibera n. 19 del 2014, che il
predetto utilizzo del fondo non compromettesse la finalità della sterilizzazione delle
risorse erogate a favore delle Regioni.
Con deliberazione n. 4/2017/QMIG, pertanto, hanno sottoposto al Presidente della
Corte, ai fini del deferimento alla Sezione delle autonomie o alle Sezioni riunite, la
questione di massima concernente l’applicazione dell’anzidetta normativa statale, la
quale, invero, si presta a due interpretazioni alternative: la prima - più vicina al tenore
letterale delle norme analizzate ed alla voluntas legis come espressa nei lavori
preparatori – secondo cui le Regioni possono utilizzare la quota annua di rimborso
dell’anticipazione di liquidità quale copertura del ripiano annuale del disavanzo di
amministrazione generato dalla “sterilizzazione”, con l’effetto di disimpegnare gli enti
dalla necessità di adottare misure di ripiano aggiuntive (maggiori risorse o risparmi di
spesa) di importo corrispondente alla quota annua di disavanzo (e ciò per tutta la
durata trentennale del ripiano), generando – in ciascun anno ed in tale misura -
espansione della capacità di spesa sul bilancio: l’onere complessivo per il rientro dal
disavanzo sarebbe, infatti, equivalente a quello che sarebbe conseguito pur in assenza
della sterilizzazione delle anticipazioni di liquidità. La seconda interpretazione,
costituzionalmente orientata, imporrebbe agli enti di iscrivere in bilancio accanto alla
quota annua di rimborso dell’anticipazione, anche una quota, di pari importo, a titolo
di ripiano del disavanzo, evitando gli effetti paradossali descritti. Tale opzione
ermeneutica appare più rigorosamente coerente con la finalità di sterilizzare le
anticipazioni e di evitare “plusvalenze fittizie” in linea con gli indirizzi espressi dalla
Corte costituzionale (sentenze nn. 181/2015 e 89/2017) e dalla Sezione delle Autonomie
(delibera n. 33/2015/QMIG). La questione è stata recentemente risolta dalla Sezione
delle Autonomie con deliberazione n. 28/SEZAUT/2017/QMIG.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
152 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
1.2. Altre tipologie di controllo sulla regione.
La verifica del rendiconto generale per la Regione siciliana per l'esercizio finanziario
2016 è stata effettuata, sulla base delle vigenti norme di attuazione dello Statuto
speciale, dalla Sezione di controllo con l'applicazione delle "Procedure di
campionamento" approvate con deliberazioni n. 9 del 2004 e 84 del 2017, e ha avuto
come oggetto la verifica delle entrate “proprie” accertate, riscosse e versate; delle spese
impegnate; di quelle pagate; dello stato patrimoniale. L'indagine si è conclusa con la
deliberazione n. 126/2017/GEST che ha dichiarato non regolari alcune poste del conto
del bilancio (le quali, però, non superavano la soglia di rilevanza del 5 per cento
individuata con la citata delibera n. 84/2017), nonché l’intero stato patrimoniale 2016.
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
153 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
2. CONTROLLO SUI GRUPPI PARLAMENTARI
DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA
Con la deliberazione istruttoria n. 61/FRG/2017e con la successiva n.85/FRG/2017,
sono stati esaminati i rendiconti per l’esercizio 2016 dei 12 Gruppi parlamentari
dell’A.R.S..
Rispetto alle problematiche già esaminate a conclusione dei precedenti cicli di
controllo, sono state affrontate le seguenti questioni principali:
- l’approfondimento del percorso evolutivo inerente l’accentuazione dell’aspetto
“sostanziale” della necessaria verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni
istituzionali, come tracciato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 263 del 2014,
proseguito con le pronunce n. 104 e n. 260 del 2016 e ribadito, da ultimo, con la
sentenza n. 10 del 2017;
- la ricostruzione della portata del DPA n. 139 del 2014 e del punto 1) della
deliberazione del Consiglio di Presidenza dell’ARS n. 27 del 9.2.2011, che impone ai
gruppi parlamentari di erogare ai dipendenti di cui al D.P.ARS. n. 46 del 2013,
impropriamente definiti come “stabilizzati”, l’intero importo del contributo erogato
dall’Assemblea.; è stato rilevato, a tal proposito, come l’importo in questione non
rappresenti soltanto il tetto massimo della retribuzione, come sarebbe ovvio, ma anche
l’importo minimo, da erogare obbligatoriamente, sicché le retribuzioni non sono
calcolate in proporzione alla quantità ed alla qualità delle prestazioni lavorative svolte
ed in base a parametri legali e contrattuali predeterminati, ma in rapporto al
contributo concretamente erogato dall’ARS, in palese controtendenza rispetto a tutte
le recenti tendenze legislative in materia di spending review;
- le criticità relative ai criteri adottati per la corresponsione dei buoni pasto al
personale dipendente;
- i profili problematici concernenti la riconducibilità o meno all’attività di uno
dei Gruppi di una serie di servizi televisivi, ritenuti dal Collegio come inerenti, invece,
all’attività politica di uno dei deputati;
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154 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
- i criteri per l’ammissibilità delle spese per una consulenza, sia sotto il profilo
soggettivo (requisiti culturali, titoli ed esperienza professionale della persona
incaricata), che sul piano oggettivo (individuazione di quel minimum necessario
affinché un elaborato abbia carattere innovativo e non costituisca, come nel caso
trattato, la mera copiatura pressoché integrale di ricerche e pubblicazioni altrui).
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155 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
3. CONTROLLO SUL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE
La politica sanitaria regionale, nel 2017, è stata esaminata in occasione del giudizio di
parificazione del rendiconto generale della Regione (relativo all’esercizio 2016) e gli
esiti dell’analisi condotta sono confluiti nella specifica relazione redatta dalle Sezioni
Riunite. Le principali osservazioni contenute nel predetto documento si sono
incentrate sulle tematiche di seguito illustrate.
L’ammontare del fondo sanitario regionale indistinto, definito dall’intesa Stato-
Regioni n. 62 del 2016, è risultato pari a 8.905 milioni di euro con la compartecipazione
della Regione siciliana per la quota di 4.373 milioni.
Uno specifico aspetto di criticità emerso è stato quello relativo al mancato rispetto da
parte della Regione della soglia minima relativa ai trasferimenti delle risorse per il
finanziamento del servizio sanitario regionale.
L’incidenza della spesa sanitaria è risultata pari al 57 per cento, ponendo a confronto
il dato relativo agli impegni ricompresi nella perimetrazione delle spese afferenti al
settore sanitario, in rapporto all’ammontare complessivo degli impegni assunti dalla
Regione.
Relativamente al percorso di risanamento avviato dalla Regione, alla data del 30
giugno 2017, non era ancora formalmente adottato il POCS 2016-2018; non risultava,
altresì, attuato quanto previsto dall’art.1, comma 524, della legge n. 208 del 2015 sui
piani di rientro per enti ed aziende sanitarie, né il programmato contenimento della
spesa in materia di rinegoziazione dei contratti.
In riferimento alla riorganizzazione della rete ospedaliera la Regione ha approvato un
nuovo documento di programmazione rispetto al quale il Tavolo ministeriale ha
espresso un giudizio positivo anche se le Sezioni riunite hanno evidenziato che, in
concreto, gli effetti, sul piano economico, sulla qualità e sugli standard dell’offerta ai
cittadini, potranno essere valutati solo in un momento successivo.
L’analisi funzionale dei dati relativi all’assistenza sanitaria, contenuti nel conto
economico, ha consentito di rilevare un incremento dei ricavi e dei costi, in raffronto
all’esercizio precedente. Il costo del personale ha subito un lieve decremento risultando
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156 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
così di importo inferiore a quello registrato nell’esercizio 2004 nel rispetto delle
previsioni normative. Invece i costi sostenuti per il personale a tempo determinato
hanno evidenziato un disallineamento dei dati giustificato dalla vigenza del blocco
delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e dalla necessità di sopperire,
seppure in parte, alla fuoriuscita del personale in quiescenza per riuscire a mantenere
i livelli essenziali di assistenza. Con riferimento al costo dei beni si è registrato un
incremento determinato dall’aumento del costo dei farmaci e degli altri beni sanitari.
La spesa farmaceutica territoriale (relativa al periodo gennaio-ottobre 2016) ha
evidenziato un valore di poco superiore al tetto programmato. Parimenti, nel
medesimo periodo, con riguardo specifico alla spesa farmaceutica ospedaliera si è
registrato il superamento del limite programmato. I predetti dati dimostrano che in
Sicilia la spesa farmaceutica complessiva (territoriale e ospedaliera) ha superato il
tetto di spesa programmato.
Relativamente alle procedure di acquisto di beni e servizi la Regione ha riferito che la
totalità degli enti sanitari ha fatto ricorso in via esclusiva alle procedure Consip e
Me.Pa. oltre che alle gare centralizzate regionali e di bacino e che gli acquisti autonomi
sono stati limitati alle sole ipotesi nelle quali non risultava esistente alcuna procedura
Consip ovvero il bene non era presente nei cataloghi Me.Pa.
Quanto allo stato patrimoniale, l’ammontare complessivo dei debiti delle aziende ha
registrato un lieve decremento. La porzione più consistente dei debiti continua ad
essere rappresentata dai debiti verso i fornitori. Con riguardo ai tempi medi di
pagamento sono stati rilevati aspetti di criticità (la Regione, nel corso dell’anno 2016,
non ha rispettato i termini previsti dal DPCM 22.09.2014) così da rendere auspicabile
una maggiore celerità delle procedure impiegate per i pagamenti a favore dei terzi
creditori. I crediti delle aziende, invece, hanno registrato un lieve incremento rispetto
all’ammontare quantificato al termine dell’esercizio precedente.
Con riferimento all’attuazione e all’impiego delle risorse destinate agli accordi di
programma pluriennali, le linee di investimento hanno riguardato parecchi interventi
tra cui: ristrutturazione edilizia, ammodernamento tecnologico del patrimonio
sanitario pubblico, realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti,
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157 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
riqualificazione dell'assistenza sanitaria nei grandi centri urbani, realizzazione di
strutture per cure palliative, per il superamento degli OPG, l’Addendum e
l’adeguamento alla normativa antincendio. A fronte degli interventi programmati la
Ragioneria Generale della Regione ha impegnato solo parte delle somme necessarie al
loro finanziamento.
L’esame dei principali indicatori relativi all’assistenza ospedaliera ha evidenziato il
rispetto dei parametri fissati dalle previsioni normative nazionali e, infatti, il tasso di
ospedalizzazione è rimasto al di sotto del tetto fissato a livello nazionale. Alcuni profili
di criticità, invece, sono stati rinvenuti in riferimento all’adeguatezza delle strutture
residenziali preposte all’assistenza territoriale in favore degli anziani e dei disabili.
L’attività di monitoraggio sulle aziende sanitarie svolta, nel corso del 2017, dalla
Sezione di controllo si è incentrata sui bilanci relativi all’esercizio 2015. All’esito del
controllo si è proceduto al deferimento del Policlinico Universitario P. Giaccone di
Palermo, per il quale sono state accertate rilevanti criticità, meglio esposte nella
delibera n. 93/2017/CONTR/PRSS. Inoltre, con delibera n. 77/2017/CONTR/PRSS, è
stata accertata la mancata adozione del bilancio della Gestione Sanitaria Accentrata
(GSA) e, contestualmente, la mancata redazione del bilancio consolidato. In merito
alle misure correttive conseguenti alle delibere si segnala che, nel mese di giugno 2017,
la Regione ha trasmesso la delibera di adozione del bilancio della GSA, nonché il
bilancio consolidato e nel successivo mese di luglio anche il Policlinico Universitario
P. Giaccone ha trasmesso le misure correttive conseguenti alle criticità accertate nella
deliberazione sopra citata.
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158 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
4. CONTROLLO SUGLI ENTI LOCALI
4.1. Controllo ex art. 148 bis del Tuel (art. 1, comma 166, della legge n.
266/2005).
Tale controllo sui rendiconti dell’esercizio 2015 è risultato particolarmente gravoso,
atteso che per gli enti locali si è trattato del primo anno di applicazione della c.d.
contabilità armonizzata.
In generale, è emerso che quasi tutti gli enti hanno trovato notevoli difficoltà nel
riaccertamento straordinario e nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema contabile;
rimangono significative criticità sul fronte della liquidità, la cui crisi non appare risolta
neppure dalle anticipazioni di cui al decreto legge n. 35 del 2013, nonché sul fronte dei
debiti fuori bilancio e del contenzioso, al quale spesso non corrisponde una congrua
dotazione del relativo fondo. Persistono masse notevoli di residui attivi, anche non
recenti, mentre la percentuale di riscossione dei tributi non appare ancora elevata e la
lotta all’evasione tributaria non dà i risultati previsti.
Numerose sono le pronunce della Sezione che si occupano di enti locali che versano in
situazione di crisi strutturale di bilancio.
Si segnalano:
- la deliberazione n. 216/2017/PRSP (Comune di Mazara del Vallo), con la quale sono
state rilevate gravi anomalie nella quantificazione della parte accantonata e di quella
vincolata sul risultato di amministrazione oltre che nella determinazione del fondo
pluriennale vincolato; ciò, quindi, ha condotto a dubitare -sotto molteplici profili-
dell’attendibilità complessiva del rendiconto dell’esercizio 2015;
- la deliberazione n. 217/2017/PRSP (Comune di Solarino), con la quale si sono rilevate
gravi anomalie nel riaccertamento straordinario, nel calcolo della parte vincolata e di
quella accantonata e nella quantificazione del fondo pluriennale vincolato; anche per
tale ente il rendiconto del 2015 finisce per essere inattendibile.
- la deliberazione n. 232/2017/PRSP (Comune di Messina) con la quale la Sezione ha
avuto modo di osservare in chiave problematica, che “l’eccessivo protrarsi dei tempi di
perfezionamento e di definitivo assetto del piano di riequilibrio, favorito anche da interventi
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159 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
normativi di dubbia razionalità e coerenza, impatta in termini pregiudizievoli su valori
fondamentali e costituzionalmente protetti afferenti la garanzia della tutela giurisdizionale
dei diritti (art. 24 e art. 111 Cost.), in virtù dei quale si deve escludere che, per effetto della
sospensione delle procedure esecutive di cui all’art. 243 bis, comma 4, del TUEL, i diritti
di credito dei terzi possano essere compressi per una durata irragionevole o che si possa
esentare sine die la parte pubblica degli effetti pregiudizievoli di una condanna giudiziale,
paralizzando, per tale via, i creditori e vulnerando il principio di ragionevole durata del
processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr. i principi richiamati dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 186 del 20131 nonché le preoccupazioni espresse da questa Sezione già
nella deliberazione n. 32/2014/QMIG del 25 febbraio 2014)”.
Numerose sono poi le pronunce che hanno riscontrato plurime e gravi irregolarità
contabili nella determinazione dei risultati di amministrazione quali l’erronea
contabilizzazione o l’incongruenza di accantonamenti e vincoli sui risultati di
amministrazione (ex multis, cfr. le nn. 232, 211, 198, 192, 191, 190, 150, 7); consistenti
e reiterati squilibri di cassa; segnalazioni di omessa resa del conto degli agenti contabili
(ad es. 232/2017/PRSP; 190/2017/PRSP); l’errata quantificazione del fondo
pluriennale vincolato conseguente alla scorretta applicazione del principio contabile
della competenza finanziaria potenziata per effetto della reimputazione di
obbligazioni passive esigibili che avrebbero dovuto essere mantenute a residuo passivo
(del. n. 191/2017/PRSP e 192/2017/PRSP); la mancata determinazione della cassa
vincolata (198/2017/PRSP, 190/2017/PRSP); l’inottemperanza alle pronunce della
Sezione o l’inadeguatezza delle misure correttive (232, 211, 198, 192, 190, 97);
interventi di “soccorso finanziario” e criticità relativamente ad operazioni societarie
1 “Questa Corte ha più volte affermato che un intervento legislativo − che di fatto svuoti di contenuto
i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore − può ritenersi giustificato
da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un
ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni
di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l’estinzione, siano
controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra
via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle
procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)”
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160 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
(232/2017/PRSP); mancato allineamento contabile con gli organismi partecipati;
violazione delle disposizioni sulla tempestività dei pagamenti.
Con la deliberazione n. 5/2017/PRSP si è proceduto ad analizzare i principali fattori di
criticità del comune di Palermo, anche in riferimento alla gestione delle società
partecipate. Con riferimento all’analisi del rendiconto 2014, di particolare interesse
appare la mancata ricostituzione dei fondi a destinazione vincolata, la
contabilizzazione separata di somme riscosse a mezzo di c/c postale e bancario, l’errata
conduzione delle procedure di riconoscimento dei debiti fuori bilancio (con sostanziale
inversione procedimentale tra la fase gestionale d’impegno di spesa e quella – di
controllo politico amministrativo – di riconoscimento del debito), l’errata
contabilizzazione dei proventi da permesso a costruire tra le entrate tributarie, con
refluenze sui saldi del PSI, il consistente divario tra residui attivi e passivi ai servizi
per conto terzi, il disallineamento contabile con le società partecipate e l’analisi di tutti
i fenomeni gestionali in grado di ripercuotersi sugli equilibri di bilancio dell’ente.
Per quanto concerne l’armonizzazione contabile, vanno segnalate le delibere n.
22/2017/PRSP, 29/2017/PRSP e 43/2017/PRSP, che, per la pregnanza dei rilievi
mossi, hanno dato luogo ad una riedizione, jussu iudicis, delle procedure di
riaccertamento straordinario dei residui
Diverse sono le pronunce in cui la Sezione ha sollecitato interventi di risanamento
strutturale a fronte di approfondite analisi che, sia pure all’interno del controllo ex
art. 148 bis del TUEL, hanno preso in considerazione il complesso delle criticità
dell’ente in chiave dinamica ed attraverso un confronto dell’evoluzione storica dei
fattori di squilibrio (abbinando il controllo sulle misure correttive del precedente ciclo
di bilancio), procedendo contestualmente anche alla verifica dei piani di
razionalizzazione delle società partecipate. Al contempo, nei casi più gravi, ove il
rendiconto abbia presentato debiti fuori bilancio ancora da riconoscere e disavanzi non
finanziati e dotati di copertura, sono state disposte misure interdittive dei programmi
di spesa richiamando l’art. 188, comma 1 quater, del TUEL. Tra i casi esemplificativi
si segnala la deliberazione n. 96/2016/PRSP, in ottemperanza alla quale l’ente ha
dichiarato il dissesto finanziario.
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161 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Si segnala poi la delibera n. 61/2016/INPR con la quale sono stati formulati gli indirizzi
sulla corretta attuazione dell’articolo 1, commi 611 e 612, della legge 23 dicembre 2014,
n. 190 in riferimento ai piani di razionalizzazione delle società partecipate dei comuni,
dei liberi Consorzi e delle Città metropolitane.
Il riscontro sul recepimento di siffatti criteri da parte dei singoli enti è stato effettuato
in sede di monitoraggio finanziario, mentre in sede di indagine sulla finanza locale
2014-15 sono stati analizzati a livello aggregato i dati trasmessi dai singoli enti e le
principali criticità riscontrate, in continuità con quanto stabilito nella predetta
delibera n. 61.
4.2. Controllo ex art. 148 del Tuel
Da tale tipologia di controllo sono risultate numerose e frequenti irregolarità che
hanno dato luogo a 19 pronunce specifiche recanti anche doverose segnalazioni alla
Procura Regionale della Corte. In generale, sebbene vi siano stati miglioramenti
rispetto all’esercizio precedente, il sistema dei controlli interni è reso parzialmente
inefficace a causa della diffusa assenza di una contabilità analitica, delle lacune del
ciclo della performance e della debolezza dei controlli sulle società partecipate.
4.3. Procedure di riequilibrio pluriennale.
Per quanto concerne le procedure di riequilibrio finanziario pluriennale, si segnala la
delibera n. 92/2017/PRSP adottata nei confronti del comune di Monreale, con la quale,
all’esito della terza verifica semestrale sull’attuazione del piano di riequilibrio, la
Sezione ha accertato gravi e reiterati disallineamenti rispetto agli obiettivi
programmati, ai sensi dell’art. 243 quater, comma 7, del Tuel. Il Collegio, inoltre,
all’esito del formale contraddittorio con l’amministrazione, ha acclarato una serie di
gravi criticità che compromettono la veridicità dei bilanci di previsione 2014, 2015 e
2016, nonché delle risultanze del rendiconto 2015 e dello schema di rendiconto 2016.
In ragione della grave dissimulazione, da parte dell’ente, della propria situazione
gestionale, la Sezione ha ritenuto che “l’evidente pretermissione di ingenti poste
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162 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
debitorie non possa essere privo di conseguenze sugli esiti della verifica, la quale
postula una quantificazione attendibile non solo della reale esposizione debitoria
complessiva da cui rientrare, ma anche del reale andamento gestionale dell’ente in
relazione agli obiettivi intermedi di riequilibrio fissati”.
Muovendo da queste considerazioni, il Collegio ha acclarato il venir meno dei
presupposti del riequilibrio stesso. Tale innovativo dispositivo ha superato indenne il
vaglio delle Sezioni riunite in speciale composizione, che, con sentenza n. 40/2017/EL
del 6/12/2017, hanno respinto il ricorso del comune avverso la richiamata delibera n.
97.
Con la deliberazione n. 202/2017/PRSP, la Sezione non ha approvato il piano di
riequilibrio finanziario pluriennale presentato dal Comune di Terme Vigliatore. Il
Collegio ha rilevato che, a fronte di una notevole massa di debiti fuori bilancio, per i
quali i creditori hanno concesso dilazioni al massimo triennali, il Comune non potrà
disporre delle risorse necessarie per effettuare i pagamenti conformemente al piano di
riequilibrio. Infatti, la maggior parte delle entrate sono incerte ed aleatorie, essendo
legate sia al recupero dell’evasione tributaria, per la quale soltanto recentemente sono
stati emessi numerosi avvisi di accertamento, sia alla concessione di mutui da parte
della Cassa depositi e prestiti, che, però, non ha mai manifestato formalmente tale
disponibilità. Si è peraltro notato che la percentuale di riscossione delle entrate risulta
bassa e che non vi sono presupposti tali da ritenere che tale percentuale possa subire
un incredibile incremento, come previsto nel piano.
Nella deliberazione n. 151/2017/PRSP la Sezione di controllo ha rilevato che “suscita
dubbi di costituzionalità, non manifestamente infondati, la disposizione di cui all’art.
1, comma 434, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 poiché - nel novellare l’art. 1,
comma 714 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, già finalizzato ad adeguare gli
originari contenuti di un piano di riequilibrio con gli eventuali effetti peggiorativi
derivanti dagli adempimenti imposti dal passaggio al sistema di contabilità
armonizzata - estende la facoltà di ripiano trentennale previsto dall’originaria
disposizione ad una tipologia di disavanzo - quello relativo allo “scorporo” della quota
di disavanzo risultante, ai sensi dell'articolo 243 bis, comma 8, lettera e), dalla
| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana
163 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
“revisione straordinaria” dei residui antecedenti al 1° gennaio 2015 – che, al di là di
una fuorviante omonimia, non è assimilabile al maggior disavanzo derivante dal
“riaccertamento straordinario” ai sensi del decreto legislativo n. 118/2011”. Ed invero,
la Corte costituzionale si è pronunciata, anche di recente (cfr. sentenza n. 6/2017), nel
senso della eccezionalità e della tassatività delle ipotesi di ripiano dei disavanzi onde
evitare “un indebito allargamento – in contrasto con l’art. 81 Cost. – della spesa di
enti già gravati dal ripiano pluriennale di disavanzi di amministrazione pregressi” ed
ha censurato, pur nel rispetto dell’ambito di discrezionalità del legislatore - che non
può comunque varcare il limite della compatibilità con i principi costituzionali - quelle
“soluzioni normative, mutevoli e variegate, le quali prescrivono il riassorbimento dei
disavanzi in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio
ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equità
intergenerazionale.”
La facoltà di rimodulazione di un piano di riequilibrio non può restare aperta sine die,
né si possono, surrettiziamente, riaprire termini di decadenza già scaduti, senza recare
un vulnus a quelle ragioni di certezza del diritto che impongono la tempestiva
emersione dei disavanzi occulti ed il tempestivo rilevamento dei medesimi nell’ambito
di un piano di riequilibrio suffragato da dati contabili ufficiali ed affidabili, atteso che
il piano di riequilibrio è strumento di prevenzione delle situazioni di potenziale dissesto
finanziario.
Con la deliberazione n. 70/2017/PRSP la Sezione ha deliberato la decadenza dell’ente
dalla possibilità di rimodulare il piano di riequilibrio, qualificando il termine legislativi
in termini di perentorietà ed escludendo che il competente organo consiliare possa
ratificare una deliberazione della Giunta.
La presenza di un termine da considerare perentorio o comunque “di decadenza” e la
carenza della capacità dell’organo esecutivo di surrogarsi a quello consiliare - sia in
generale sia in riferimento al caso concreto - cui si aggiunge l’insussistenza di
apprezzabili ragioni di urgenza della fattispecie considerata (ritardata nomina
dell’organo di revisione), impedisce la possibilità di configurare una “ratifica e presa
d’atto” da parte dell’organo consiliare successivamente allo spirare del termine
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164 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
perentorio (peraltro la deliberazione contiene anche rilevanti modifiche sostanziali alla
deliberazione di Giunta municipale) o comunque di ritenere, attraverso l’invocata
fictio iuris della ratifica, che l’atto consiliare sia stato tempestivamente adottato.
Nella deliberazione n. 100/2017/PRSP la Sezione ha censurato il grave ritardo con cui
l’organo di revisione ha trasmesso la relazione semestrale ai fini del monitoraggio del
piano di riequilibrio evidenziando il pregiudizio per l’esercizio dei controlli: Il
comportamento defatigante tenuto dall’organo di revisione lungo tutto questo lasso
di tempo ha ostacolato l’esercizio di funzioni fondamentali rimesse alla Corte dei conti,
tanto più se si considerano gli esiti della pronuncia n. 70/2017/PRSP (decadenza
dell’ente dalla facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio dimostratosi inattuale e
incapiente rispetto al disavanzo emerso) e le conclusioni cui la Sezione era pervenuta
nell’ultimo monitoraggio, talché l’ente si è, di fatto, sottratto al giudizio che la legge
riserva alla filiera del controllo ed alle conseguenze che derivano (e che l’ente è tenuto
a trarre) in caso di inadempienze gravi e reiterate, di mancato conseguimento degli
obiettivi intermedi e di (originaria) non congruità del piano di riequilibrio, tutte
ipotesi già tratteggiate in sede di primo monitoraggio.
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5. L’ATTIVITÀ CONSULTIVA
Deliberazione n. 177/2017/PAR, con la quale è stato affermato il seguente principio:
“Deve escludersi che l’utilizzazione -da parte del Comune- del personale assunto da
una società partecipata possa avvenire mediante l’istituto del distacco o del comando
disciplinati nell’ambito del pubblico impiego; infatti, poiché la società partecipata per
i profili lavoristici non si configura quale amministrazione pubblica, le sue unità di
personale non possono fruire del comando e del distacco”.
Invero, con riferimento alle società partecipate, il comando risulta inapplicabile per le
seguenti ragioni: a)- tali società -sotto il versante lavoristico- non costituiscono
pubbliche amministrazioni, sicché -salve le eccezioni espressamente previste dal
legislatore- non sono soggette alla disciplina del pubblico impiego e ai suoi istituti
caratteristici, come, ad esempio, il comando; b)- la mobilità del personale delle società
partecipate verso la pubblica amministrazione è regolata in modo specifico dall’art.
19, c. 8, del d.lgs. n. 175/2016, che solo in parte richiama l’art. 30 del d.lgs. 165/2001,
consentendo esclusivamente nell’ipotesi di reinternalizzazione di servizi il
riassorbimento, da parte delle amministrazioni, del personale già da esse dipendente a
tempo indeterminato e transitato alle società in occasione dell’affidamento della
gestione di detti servizi; c)- le norme sulla mobilità del personale tra società partecipate
e amministrazioni partecipanti sono di stretta interpretazione, sia in ragione del loro
tenore letterale sia perché va evitata l’elusione tanto delle disposizioni recanti vincoli
alle assunzioni quanto del principio costituzionale del concorso per l’accesso al
pubblico impiego; d)- l’applicazione del comando fra società ed amministrazione
pubblica non sarebbe un’operazione neutrale sotto il profilo finanziario, poiché
determinerebbe un’espansione della spesa pubblica complessiva, atteso che -per i
profili lavoristici- la società partecipata non è una pubblica amministrazione.
Deliberazione n. 143/2017/PAR in materia di fallimento di società a partecipazione
pubblica e disciplina del TUSPP.
L’art. 14 del TUSPP introduce un divieto che opera in modo perentorio e prescinde
dalla formale determinazione dell’ente in sede di ricognizione delle partecipazioni. Si
tratta, invero, di una disciplina a contenuto pubblicistico e sanzionatorio che impone
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166 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
all’amministrazione di dismettere la veste di imprenditore pubblico e di procedere
all’esternalizzazione del servizio in conseguenza dell’insuccesso della formula
societaria quale modulo organizzatorio di intervento diretto, comprovato dalla
dichiarazione dello stato di insolvenza del soggetto partecipato. In definitiva, il
“fallimento” dell’intervento pubblico è 4 “sanzionato” con l’obbligo di ricorrere al
mercato
Deliberazione n. 176/2017/PAR nella quale sono stati affermati i seguenti principi:
1) L’incremento dell’orario di lavoro del personale part-time e a tempo indeterminato
è ammissibile, in quanto non integra una nuova assunzione o una trasformazione del
rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno a condizione che non si trasformi
in una manovra elusiva della disciplina vincolistica in materia di assunzioni. A tal fine
è necessario rispettare e garantire i limiti generali in materia di spesa del personale, il
rispetto del principio della riduzione tendenziale della spesa annuale del personale e
del rapporto strutturale con il totale della spesa corrente includendo nel computo della
spesa predetta, l’onere derivante dalle maggiori ore retribuite.
2) Nell’ipotesi in cui si proceda a collocare il personale in soprannumero o in eccedenza
in mobilità, nella considerazione che il rapporto di lavoro è pur sempre in vigore
(sebbene sospeso), il riassorbimento, entro il periodo di 24 mesi potrebbe essere
possibile, a condizione che il personale posto in mobilità non abbia già maturato i
requisiti per il trattamento di quiescenza e che si sia medio tempore verificata la
carenza in organico.
3) Premesso che, fermo il rispetto dei parametri di spesa di cui all’art. 1, comma 557 e
seguenti, della l. n 296 del 2006, le facoltà assunzionali sono limitate per numero nel
triennio mobile e per spesa rispetto all’anno precedente, è possibile procedere
all’assunzione di personale, attraverso l’utilizzazione dei resti delle relative facoltà del
terzultimo anno del triennio precedente, purché oltre alla necessaria programmazione
del fabbisogno di personale, contestualmente all’approvazione del bilancio preventivo,
si proceda alla conseguente pubblicazione del bando di concorso nel medesimo
esercizio finanziario.
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167 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
6. CONTROLLO PREVENTIVO E SUCCESSIVO DI
LEGITTIMITÀ
Nell’ambito dell’attività di controllo preventivo sugli atti delle Amministrazioni dello
Stato aventi sede in Sicilia, si segnalano in particolare le seguenti pronunce.
- Delibera n.156/2017
Il decreto con cui un Prefetto ha conferito il rinnovo della reggenza del posto di
funzione di Dirigente in posizione di Staff dell’Ufficio di Gabinetto non è stato
ammesso al visto ed alla conseguente registrazione perché avente ad oggetto
un’illegittima reiterazione della reggenza e perché portato ad esecuzione in pendenza
della procedura di controllo preventivo.
- Delibera n.173/2017
Il decreto con cui un Prefetto ha disposto che “la scadenza” dell’incarico di Dirigente
di Area, già prorogato allo stesso viceprefetto, debba essere ulteriormente “protratta”
non è stato ammesso al visto ed alla conseguente registrazione perché avente ad
oggetto un’illegittima proroga dell’incarico e perché portato ad esecuzione in pendenza
della procedura di controllo preventivo.
- la deliberazione avente ad oggetto il rendiconto amministrativo di contabilità
speciale, relativo all’esercizio finanziario 2014, presentato dall’Ufficio del Commissario
delegato ex O.P.C.M. n. 3815/2009, con la quale sono stati affermati i seguenti principi:
“A fronte di un decreto ingiuntivo definitivo e del pedissequo atto di precetto,
l’Amministrazione non può che procedere al pagamento, anche al fine di evitare costi
ulteriori, a meno che non ravvisi vizi propri del precetto e/o irregolarità della
procedura esecutiva. Dopo aver eseguito il versamento, non può che darne atto nel
rendiconto. Non appare dunque possibile configurare come irregolare il pagamento e,
di conseguenza, anche il rendiconto, nel quale è stato semplicemente registrato un
versamento che appariva inevitabilmente come un atto dovuto. In quest’ottica, non
è apparsa condivisibile l’impostazione della Ragioneria Territoriale, che ricollega alla
pendenza dell’accertamento del danno erariale in questione l’impossibilità di
discaricare il rendiconto, in quanto si tratta di due profili diversi, che danno luogo a
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168 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
valutazioni del tutto differenti. Il pagamento delle somme dovute per interessi e spese
legali non può impedire dunque il discarico del rendiconto; il problema si sposta,
semmai, sull’individuazione, sulla segnalazione e sull’accertamento dell’eventuale
responsabilità amministrativo – contabile connessa al ritardo nel saldo della fattura,
che ha causato un esborso non giustificato. Sotto questo profilo, però,
l’Amministrazione si è comunque attivata, benché soltanto su impulso degli organi di
controllo, inoltrando l’apposita segnalazione di danno alla Procura della Corte dei
conti e mettendo in mora il responsabile.
Nell’ambito dell’attività di controllo preventivo di legittimità su atti della Regione
siciliana si segnalala deliberazione n. 144/2017/PREV. In quella sede la Sezione ha
dichiarato il non luogo a deliberare su 23 provvedimenti, emessi dal Dirigente
dell’Ufficio per l’Attività di coordinamento dei Sistemi Informativi della Regione
siciliana, con i quali veniva decretata la revoca totale dei finanziamenti concessi per
l’esecuzione di progetti, affidati a Sicilia e-Servizi S.p.A., tutti a valere sul P.O.
F.E.S.R. 2007/2013, per un importo complessivo di € 47.311.956,89, per sorte
capitale, oltre € 3.561.939,82, per interessi.
Detti provvedimenti facevano seguito alla decisione dell’Amministrazione regionale
di decertificare definitivamente dalla spesa comunitaria la predetta somma, in
dipendenza del parere dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (A.N.A.C.) del 21
ottobre 2015, prot. AG 67/2015/AP, avente il seguente oggetto: “OLAF European
Anti-Fraud Office – legittimità dell’affidamento diretto a società mista di servizi
telematici della Regione siciliana – richiesta di parere”. In particolare, l’anzidetta
Autorità, interpellata dall’OLAF, perveniva alla conclusione che gli atti della
procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato (Sicilia e-Servizi Venture
S.c.r.l.) - presupposto a monte dell’affidamento diretto del contratto de quo - fossero
stati adottati dalla Regione siciliana in aperta violazione del diritto comunitario in
materia di concorrenza, per genericità dell’oggetto dell’affidamento, sottraendo al
mercato una serie indefinita di contratti pubblici di valore indeterminato, con
conseguente sensibile aumento dei costi.
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169 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Nella parte precettiva dei provvedimenti, l’Amministrazione esercitava il potere di
autotutela decretando l’annullamento d’ufficio, per asseriti vizi di legittimità, dei
decreti con i quali, oltre al finanziamento dei singoli progetti (art. 1), era stato anche
approvato il contratto di appalto di servizi stipulato con Sicilia e-Servizi S.p.A. (art.
2).
Il potere di autotutela veniva esteso, altresì, anche ai successivi provvedimenti
modificativi e integrativi (artt. 2, 3 e 4) e, infine, veniva dichiarata la
nullità/inefficacia dei contratti (art. 5), con conseguente recupero delle somme versate
come corrispettivo a Sicilia e-Servizi.
Nell’atto di deferimento il competente Ufficio di Controllo, anche alla luce della
documentazione depositata in seguito ai rilievi istruttori, aveva ritenuto di
prospettare una questione pregiudiziale in ordine alla propria legittimazione ad
esercitare il controllo preventivo di legittimità ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.lgs.
6 maggio 1948, n. 655, come modificato dal d.lgs. 18 giugno 1999, n. 200, “su tutti gli
atti amministrativi, a carattere generale e particolare, adottati dal governo regionale
e dall'amministrazione regionale in adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea”.
Ciò in quanto, la scelta di decertificare la spesa, relativa ai 23 affidamenti, avrebbe
fatto venir meno le condizioni, previste dalla norma suddetta, che intesta alla Sezione
il controllo preventivo sui provvedimenti di spesa a valere sui fondi comunitari emessi
dalla Regione siciliana.
In punto di diritto, la Sezione, premetteva che la scelta di decertificare totalmente e
definitivamente la spesa in argomento sulla base del parere non vincolante reso
dall’A.N.A.C. all’O.L.A.F., in assenza di provvedimenti formali e definitivi adottati
dalla Commissione europea, atteneva alle scelte discrezionali e insindacabili
dell’Amministrazione regionale.
Veniva, altresì, affermato che il controllo preventivo di legittimità, che la Sezione
esercita in adempimento della norma statutaria siciliana, si inserisce tra le “misure
dissuasive” richieste dall’art. 325 del Trattato di Funzionamento dell’Unione
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170 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
Europea, anche, nell’ottica di protezione del bilancio e degli interessi finanziari
europei.
Inoltre, “tale forma di riscontro assolve, anche, a una funzione di garanzia al fine di
preservare la sana gestione finanziaria delle risorse comunitarie, affinché le spese
sostenute e di cui è chiesto il pagamento all’Unione europea, siano collegate
all’effettiva e regolare realizzazione delle azioni da parte dei promotori pubblici e
privati”.
Conseguentemente, veniva confermata l’ormai consolidata esegesi della Sezione
secondo cui “l’attività di controllo non può esercitarsi su atti che abbiano già esaurito
i loro effetti. Un riscontro di legittimità che intervenga, infatti, allorquando si sia
interamente dispiegato l’arco temporale di efficacia del provvedimento snaturerebbe
la funzione propria del controllo preventivo e inciderebbe sulla sua effettività,
provocando un inammissibile effetto di mera ratifica o sanatoria dell’azione
dell’Amministrazione in caso di esito positivo (Sezione di controllo per la Regione
siciliana, deliberazione n. 74/2010/PREV). Solo in casi eccezionali, suffragati da
motivate circostanze, può ammettersi che il provvedimento abbia un principio di
esecuzione. In tal caso, è necessario che tale procedimento sia stato tempestivamente
attivato dall’Amministrazione e che l’atto riservi ancora uno spazio di efficacia futura
rispetto alla data di assoggettamento a controllo da parte della Corte (Sezione di
controllo per la Regione siciliana, deliberazione n. 1/2009/PREV)”.
Pertanto, non ricorrendo le coordinate esegetiche di cui alle due citate deliberazioni, il
controllo preventivo della Sezione non avrebbe potuto essere esercitato e, se esercitato,
sarebbe stato inutiliter dato in quanto avrebbe avuto il solo effetto di ratificare una
decisione già adottata dall’Amministrazione.
Rilevava la Sezione che la soppressione totale delle operazioni dal programma
operativo era, di per sé, idonea a salvaguardare in via preventiva gli interessi finanziari
dell’Unione, scongiurando un pregiudizio al bilancio di quest’ultima prima che esso si
fosse realizzato.
Inoltre, il mancato coinvolgimento di risorse comunitarie e il consequenziale
spostamento sul bilancio regionale dell’onere del sostegno economico dei progetti in
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171 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
questione, promossi, organizzati e amministrati dall’Amministrazione regionale quale
beneficiario dei contributi inizialmente imputati al programma operativo, faceva
venir meno la legittimazione della Sezione all’esercizio della funzione di controllo.
Conseguentemente, la Sezione, ritenendo di non poter esercitare il controllo preventivo
di legittimità sui provvedimenti deferiti, deliberava il non luogo a provvedere sugli
stessi.
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172 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
7. CONTROLLO SULLA GESTIONE
Tra le attività di maggiore rilevanza nel 2017, si segnala l’audizione dinanzi alla
Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale sullo stato della
finanza degli enti di area vasta in Sicilia, che ha messo in risalto anche la pericolosa
situazione di stallo politico istituzionale della riforma regionale, attuata, da ultimo,
con l.r. n. 15/2015 e s.m.i. . Gli elementi conoscitivi sono stati approvati dalla Sezione
di controllo con delibera n. 75/2017/AUD e successivamente confluiti nell’apposita
indagine conoscitiva programmata nel 2017.
La relazione, all’esito del contraddittorio con le nove amministrazioni interessate e con
l’Assessorato regionale delle Autonomie locali e della Funzione pubblica (delibera n.
125/2017/GEST), ha tratteggiato un quadro estremamente allarmante, tale da
preludere, in alcuni casi, a vere e proprie situazioni di dissesto finanziario, anche se
non ufficializzate.
Anche per il 2017, è stato inoltre dedicato un capitolo della relazione di parifica del
Rendiconto regionale 2016 al tema della finanza locale in Sicilia, nel quale si fa il punto
della situazione anche sui primi esiti della riforma dell’armonizzazione contabile
Con la deliberazione n. 62/2017/GEST del 7 febbraio 2017 è stata approvata l’indagine
sul piano di razionalizzazione delle società partecipate della Regione siciliana che si
pone in continuità con le precedenti già esitate in passato (deliberazione n.
417/2013/GEST, relativa al quadriennio 2009-2012, e n. 211/2014/GEST)
Si riportano alcuni passaggi dell’indagine tratti dal capitolo di Sintesi.
Il Piano di razionalizzazione appare replicare un obiettivo già fissato nel decreto
assessoriale del 2011 relativo al vecchio piano di riordino laddove veniva prescritto
che, per le società non rientranti tra quelle strategiche in base all’art. 20 della legge
regionale n. 11/2010 e s.m.i., le procedure di dismissione avrebbero dovuto avviarsi
entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo.
Il Piano di razionalizzazione contiene, in definitiva:
a) le modalità di attuazione delle azioni (fasi della cessione, vendita delle azioni)
e la tempistica sommaria di tali fasi (cfr. tabella al par. 3.2.1) in riferimento a 8 società
da dismettere (di cui ben 7 già considerate carenti di “strategicità”). Riguardo a tale
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173 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
limitato aspetto, il piano operativo appare puntuale nel definire le fasi ed il
cronoprogramma delle azioni da effettuare, sennonché le stesse avrebbero dovuto già
in precedenza essere avviate;
b) le c.d. azioni di razionalizzazione (cfr. tabella 3.2.1.) riferite a quasi tutte le
partecipate regionali.
Questi ultimi contenuti, pur essendo declinati in maniera talvolta generica o racchiusa
in formule non univoche, avrebbero potuto, comunque, dischiudere uno scenario
decisionale ed operativo di effettiva e più radicale revisione degli assetti rispetto
all’ambiguità di soluzioni proposte, a condizione che gli spunti forniti in sede di
redazione del piano fossero stati assecondati dalle necessarie decisioni e da interventi
risolutivi senza ulteriori rinvii (cfr. capitolo 3.2.6).
In realtà, l’impressione è che, in sede di redazione del piano, gli indirizzi (macro-
opzioni) abbiano rappresentato un commodus discessus rispetto alla mancanza di
indirizzi decisionali o di validi elementi di giudizio riferiti al singolo settore di
intervento (il rinvio a futuri piani industriali, ad esempio, o alla ridefinizione dei
modelli di business, o a valutazione di presupposti decisionali non disponibili quali la
mancata definizione di contratti di servizio fondati su costi standard e scenari di
mercato) o al quadro normativo inadeguato (si pensi al continuo rinvio degli interventi
organici nel settore dei trasporti pubblici o della riscossione).
L’analisi svolta ha evidenziato come i criteri utilizzati nel piano operativo di
razionalizzazione per conseguire le finalità poste dal legislatore statale siano in parte
differenti rispetto a quelli previsti dalla legge (cfr. capitolo 3.2.1 e tabella 3).
In particolare la strategicità ex lege della partecipazione rappresenta il principale
criterio di riferimento, o quanto meno quello dirimente, nella stesura del Piano e
rispetto alla scelta primaria di mantenimento/dismissione della società. Esso appare
condizionante sia rispetto alle analisi che accompagnano il Piano medesimo, sia
rispetto alle soluzioni in esso contenute: quasi mai si perviene a un giudizio di
dismissione, piuttosto le scelte effettive vengono rinviate al futuro.
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174 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
L’unico caso in cui la Regione adotta una valutazione di (effettiva) “non
indispensabilità” è quella della società Sicilia Patrimonio Immobiliare che viene
dismessa nonostante la “strategicità”.
In generale, si può rilevare come il processo decisionale (rinviato al piano legislativo)
e quello motivazionale e valutativo che lo dovrebbe assistere non sono, di fatto,
coordinati. In altri termini, il criterio della strategicità ex lege, nonostante il suo limite
intrinseco già messo in luce dalla Sezione nella precedente indagine, ha, di fatto,
fornito il soccorso motivazionale al piano operativo di razionalizzazione,
depotenziandone la portata innovativa.
Nonostante la consapevolezza della necessità di una priorità di razionalizzazione
“alta” dichiarata per quasi tutte le società partecipate nel piano, le soluzioni alle
annose problematiche che persistono da tempo (già messe in luce dalla Sezione nelle
precedenti indagini), continuano ad essere rinviate a futuri interventi strutturali che,
peraltro, corrispondono a basilari principi di governo e programmazione delle attività.
Si fa, infatti, rinvio ora a “piani industriali” ancora da definire, ora alla definizione di
“nuovi modelli di business” cui il piano operativo di razionalizzazione rimette
l’implementazione di azioni di “valorizzazione dei ricavi” o di “esternalizzazione di
servizi non strategici” (o anche attivazione di nuovi servizi, vedi IRFIS Finsicilia
S.p.A.) che dovrebbero ripristinare condizioni di profittabilità o di equilibrio
economico finanziario e sostenibilità plausibili per giustificarne l’esistenza (cfr.
l’analisi delle c.d. macro-opzioni e degli scenari alternativi).
La valutazione di tali piani industriali e la rimodulazione dei modelli di business
appare, invece, il necessario antecedente logico motivazionale alla cui stregua
effettuare la decisione fondamentale in ordine alla indispensabilità, alla sostenibilità
ed alla vantaggiosità del ricorso allo strumento societario alla stregua di criteri di
razionalità economica.
Non è ammissibile che siano mantenute società pubbliche se il mercato può rispondere
in maniera adeguata ed efficiente alla domanda di beni e servizi proveniente dalla
pubblica amministrazione; né è pensabile che i contratti di servizio siano stipulati
senza avere valutato se il corrispettivo previsto per l’erogazione delle commesse
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175 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
pubbliche sia corrispondente o meno a quelli di mercato; allo stesso modo non risulta
che, nel settore dei servizi a rilevanza economica (come il trasporto pubblico locale),
sia stata effettuata un’analisi attenta in ordine alla compatibilità dei contributi
erogati dalla Regione, ammissibili solo in termini di compensazioni per gli obblighi di
servizio pubblico. A conferma delle perplessità emerse (cfr. par. 3.2.4.), la Ragioneria
generale, proprio in occasione dell’adunanza pubblica, ha riferito che è stato
sollecitato al competente ramo dell’amministrazione (nota n. 43418 del 20.9.2016) la
compiuta ed urgente definizione di un sistema di compensazioni per obblighi di
servizio pubblico, considerato che la Commissione Europea, con nota del 20 luglio
2016, ha sollevato la problematica della compatibilità con la vigente disciplina degli
aiuti di Stato del trasferimento in favore di AST (“contributo di gestione”) in atto
previsto nel bilancio regionale sul capitolo 478102.
Al contempo, mentre si programmano piani industriali di sostenibilità e si paventano
scenari alternativi di dismissione, permangono – fuori dalle righe della
programmazione e delle previsioni dello strumento operativo di razionalizzazione -
logiche di “soccorso finanziario” sganciate da serie valutazioni di comprovate
prospettive di risanamento e di ripristino degli equilibri strutturali e delle condizioni
di piena compatibilità con l’assetto ordinamentale.
In taluni casi, tale “soccorso” sembra ormai strutturato (o comunque tale da non
potere essere adeguatamente individuato) attraverso il mero rinvio delle decisioni tese
ad individuare il giusto corrispettivo di mercato per le commesse affidate in house (si
pensi che solo recentemente si è pervenuto a una valutazione di congruità per i
contratti di S.A.S. S.c.p.a. e S.E.U.S. S.c.p.a.) ovvero prevedendo in via normativa,
accanto ai corrispettivi, contributi trasferiti a vario titolo ed incidenti in notevole
misura sui ricavi (cfr. AST S.p.A.), laddove invece dovrebbero puntualmente
quantificarsi se mai le compensazioni per oneri di servizio pubblico in modo da
consentire di valutare l’efficienza della società. In altri casi, il soccorso deriva da
disposizioni legislative una tantum sotto forma di provviste finalizzate alla
ricapitalizzazione della società pubblica (cfr. l’esempio di Riscossione Sicilia S.p.A.), o
ancora tramite sottoscrizione di aumenti di capitale a favore di compagini da
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176 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018
dismettere (Airgest S.p.A.), di affidamenti ex lege di commesse pubbliche a soggetti di
cui il piano medesimo prevede già la liquidazione (Società degli Interporti S.p.A.) o
addirittura di mutui (Sviluppo Italia Sicilia S.p.A.) in favore di società in prossimità
della messa in liquidazione.
Con delibera n. 225/2017/GEST del 20 dicembre 2017 è stato approvato il referto
relativo ad un’indagine sul “grave movimento franoso verificatosi nel Comune di
Calatabiano il giorno 24 ottobre 2015” e al conseguente “danneggiamento
dell’acquedotto Fiumefreddo, principale fonte idrica del Comune di Messina”
(Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile n. 295 del 7 novembre
2015) che ha evidenziato, in sintesi, quanto segue:
• la mancanza degli atti con cui la competente Prefettura ha disposto i
primissimi interventi volti a fronteggiare la grave situazione verificatasi nel Comune
di Calatabiano;
• la genericità di informazioni circa le risorse umane effettivamente impegnate
ed i relativi costi nell’Ufficio commissariale;
• la eccessiva sinteticità del piano degli interventi;
• la carenza del corredo motivazionale e di specifica delle disposizioni normative
derogate nei provvedimenti commissariali;
• un caso di duplicazione “provvedimentale”;
• la carenza di raccordo organizzativo tra il Dipartimento nazionale e quello
regionale della Protezione civile;
• la mancata conoscenza da parte del DRPC delle effettive unità di personale
interessate, che dovevano mantenersi entro il limite delle 20 unità, del Dipartimento
della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri direttamente
impiegate nella sede dipartimentale nazionale;
• la mancanza di alcune relazioni semestrali.
Il Dipartimento regionale della Protezione Civile, nelle proprie controdeduzioni, ha
riscontrato tutti i profili di criticità, confermando quelle riscontrate, fornendo
(parziali) chiarimenti e documentazione integrativa. L’Amministrazione ha pure
tenuto a comunicare che, proprio alla luce delle specifiche criticità sopra elencate,
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nonché a seguito dei rilievi aventi per oggetto quelle di carattere più “generale”,
intende definire, tramite apposite linee-guida, un quadro unitario di misure e di
accorgimenti di carattere organizzativo, procedurale e giuridico in materia di gestione
degli uffici commissariali in modo da accrescere la trasparenza e l’intellegibilità dei
provvedimenti emergenziali e da evitare il ripetersi in futuro di errori o omissioni
seriali.