Racconto Lentobre, tratto da "Un treno di Vita"

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di Gianpaolo Trevisi, edito da Gabrielli editori

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Gianpaolo Trevisi

UN TRENO DI VITA dodici racconti italiani

Presentazione diAntonella Elena Rossi

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Per contatti con l’Autore:www.gianpaolotrevisi.itFacebook.com/Gianpaolo-Trevisi

© Il Segno dei Gabrielli editoriPrima edizione 2009Seconda edizione 2011Via Cengia, 67 – 37029 S. Pietro in Cariano (Verona)Tel. 045 7725543 – fax 045 6858595mail: [email protected]

ISBN 978-88-6099-124-9

StampaLitografia de “Il Segno dei Gabrielli editori’’ San Pietro in Cariano (VR)Marzo 2011

Progetto di copertina:Lucia Gabrielli

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Alla mia Lalla cuore belloe al mio Pappeno orecchie che pregano...

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UN TRENO DI VITA

A gennaio c’è un vecchio che parla della guerrae un giovane che ride e cade per terra.

A febbraio lui e lei non ridono, ma giocanoe finito il viaggio scendono e si amano.

A marzo ci sono solo due animalicon il cervello piccolo negli stivali.

Ad aprile il lungo viaggio non finiràe lei con il cappellino rosso non tornerà.

A maggio il treno pare incantatoe sveglia un mondo addormentato.

A giugno ci sono solo due buchi neri

e un filo di ferro che lega pensieri.

A luglio c’è un uomo triste e solitarioe due piedi soli lontani dal binario.

Ad agosto c’è una pancia tonda e pienae un dolore che scorre come in una vena.

A settembre c’è una bomba bellae un panino con la mortadella.

A ottobre c’è una bambina nuda e vestitae una donna che non è mai esistita.

A novembre con una valigia in mano ci sono ioe il mio papà piccolo e grande come un dio.

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A dicembre c’è la fine dell’anno del potentee in tanti dicono “era ora, finalmente”.

Ala fine di tutto, c’è Lentobre e il treno è rallentato,

alla fine di tutto il mondo di correre si è stancatoe più che partire all’improvviso

o arrivare senza preavviso,preferisce in senso contrario girare

e senza meta sempre viaggiare...

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INDICE

Presentazione di Antonella Elena Rossi

Gennaio OGGI, LA GUERRA 13

Febbraio TU 23

Marzo NELLE PALLE DEGLI OCCHI 31

Aprile IL VIAGGIATORE 39

Maggio UN TRENO COLORATO 49

Giugno MICHELE E FEDERICA 54

Luglio LA VITTIMA 63

Agosto GIULIA 77

Settembre TIC-TAC 86

Ottobre ANITA 99

Novembre PAPÀ 107

Dicembre CAPODANNO 116

Il mese che non c’è LENTOBRE 115

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Il mese che non c’è

LENTOBRE

Esiste un treno che non si sa bene da quale città o paese parta, ma di sicuro, una volta partito, si ferma in tutte le stazioni del mondo, preferendo sempre quelle più piccole e ancora di più quelle ormai abbandonate, con le finestre soffocate dai mattoni e le ragnatele che ballano con vecchie valigie dimenticate.

Viaggia sempre m o l t o, ma m o l t o l e n t a- m e n t e e va talmente piano che quando parte non ci si accorge neppure subito che è partito e quando si fer-ma sembra si sia già fermato da chissà quanto tempo e il passeggero che ne esce sembra lì da sempre.

Riguardo a questo treno, nelle stazioni, non trovi mai nulla segnato sui tabelloni degli orari, né in quello degli arrivi, né in quello delle partenze. Solo se scorri pia-no piano, senza sapere neanche cosa cercare, le varie destinazioni con accanto i numeri dei binari, appaiono magicamente sotto il dito e solo per qualche istante il luogo e l’ora della sua partenza. Non appena alzi il dito velocemente per leggere meglio, tutto sparisce e non torna più; ti riesci a ricordare il posto da dove puoi par-tire e l’ora in cui lo devi fare solo se in quel momento magico avevi in testa un solo unico pensiero e non mil-le, confusi, distratti e veloci.

Tu cerchi di scovare la voglia di viaggiare nascosta dietro un dito e ti fermi per tanto tempo davanti ai ta-belloni, cercando di ricordare o sperando possa riap-

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parire qualcosa, mentre tutti gli altri passeggeri s’incaz-zano con te, perché hanno fretta di sapere a che ora devono partire e arrivare.

Il treno ha una locomotiva vecchia e non si sa se va a carbone, come quelle di una volta, a energia elettrica, solare, a gasolio, benzina o a pedali, ma intanto va.

Ha tantissime carrozze e dentro non ci sono poltrone o rigidi sedili, ma divani morbidi e comodi e tantissimi enormi cuscini sparsi su pavimenti colorati.

Esistono tanti finestrini e anche se non si riescono ad abbassare, atraverso loro, riesci a far entrare dentro tutto il cielo del mondo e le stelle, se è già notte.

Questo treno non ha un nome e l’unica cosa che si sa è che viaggia solo nel mese di Lentrobre, che poi Len-tobre non è neanche un mese, ma solo una manciata di chissà quanti giorni a cavallo tra settembre e ottobre, solo in quello spazio-tempo necessario per far viaggiare questo treno e nulla più.

A Lentobre fa caldo e fa freddo e ci possono essere il sole, la pioggia, la neve; anzi, spesso ci sono tutti insie-me, perché le nuvole vanno via o arrivano sempre così lentamente che i tempi e i cieli si confondono.

Ci sono notti talmente lente ad andare via che anche le lune si addormentano e ci sono soli che tramontano in così tanto tempo che si stancano perfino le montagne su cui si appoggiano prima di andare via.

Il viaggiatore del treno di Lentobre questa volta si chiama Libero ed è l’unico che sa quando il viaggio fi-nirà e sa che deve stare attento a scendere al momento giusto, né prima né dopo, per incontrare lei, che ha il nome e il profumo come quello di una rosa.

Libero non ha pagato un biglietto, non ha prenota-to titoli di viaggio, non ha fatto obliterazioni e abbo-namenti, perché il viaggio sul treno di Lentobre non

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si paga e perché per salirci a bordo bisogna fare solo due cose: la prima è cantare una canzone (e anche se si è stonati va bene uguale) e la seconda è entrare piano piano, come se si iniziasse a camminare dentro un treno di cristallo.

Libero viaggia solo nel mese di Lentobre e in tutto il resto del tempo ha programmato molto lentamente il viaggio. È anche vero che durante il viaggio non si riposa mai, perché parla e ascolta tutti quelli là fuori dai finestrini, mentre cantano, parlano, ricordano, ri-mangono in silenzio o pensano, perché Libero sa anche sentire i pensieri,

Mentre tutti dormono, sa ascoltare anche la sua voce, registrata su una foglia di un albero che ha mille anni e che lui appoggia vicino all’orecchio, con la punta rivol-ta verso il cuore.

Oltre a Libero, ci sono il capotreno Ruga Tarta e il vice Mica Formi e il macchinista Pole Pole, aiutato da Mando Cori e Chittelo Fafa’.

Sul treno di Lentobre sono vietati telefonini, com-puter e orologi e durante il viaggio Libero legge ad alta voce libri e pagine, anche pagine bianche da riempire a piacere.

La cosa più strana, però, che accade sul treno di Len-tobre è che il tempo, una volta saliti, si ferma, magari solo per il tempo di un viaggio, ma si ferma, per fare ascoltare a Libero le storie del mondo intero che si ri-posa lì dentro, su quei cuscini profumati.

Un uomo e una donna abbracciati a un ricordo il giorno prima che la loro storia stia per finire, quando l’amore non si conclude per un’altra lei o un altro lui, ma solo perché non c’è più vento.

Un uomo e una donna che, invece, il primo giorno del loro amore, ancora prima di fare l’amore, vorrebbe-

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ro fermare sui loro visi tutti quei colori e legare i sorrisi ai battiti dei loro cuori impazziti.

Uomini e donne veramente grandi la notte prima del giorno in cui la comparsa di un dolore, la scomparsa di un amico, una foglia che cade, una pasticca in più da prendere, gli fanno ricordare di essere diventati vecchi.

Un bambino nato da pochi giorni, ma già così cre-sciuto da capire che vorrebbe restare bambino per sem-pre.

Una mamma e un papà con in braccio il loro neona-to a cui non vorrebbero smettere di raccontare la loro storia, perché vorrebbero che il loro figlio restasse per sempre in quel mondo chiuso tra le loro braccia.

Un uomo scappato davanti alla porta di uno studio medico, prima di aprirla per sentire una signora con la falce in mano e il camice bianco a coprire il cuore, che senza neanche guardarlo negli occhi gli dice quanti pochi mesi restano di vita.

Un poeta appena è finita la sua poesia, un pittore su-bito dopo la fine del suo più bel quadro e un musicista che balla sulla sua ultima nota, perché solo su Lentobre si possono sentire le note prima che uno strumento le possa suonare e appena ha finito di farle girare nell’aria.

Romina il giorno in cui torna in Argentina dopo tanti anni in cui non ha mai potuto sentire i profumi della sua terra.

Francesca con una camicia da notte cucita con un filo di sogno e sul petto il suo respiro diventato un bambino.

Ornella il sabato sera, quando i suoi genitori escono e lei resta con la sua nonna a giocare tutti i giochi del mondo.

Libero ascolta tutte queste storie, arrivano da dentro o da fuori del treno di Lentobre, non lo sa, non impor-ta, le ascolta, le impara, le sa tutte a memoria e sono

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storie che non hanno inizio né fine, come il suo viaggio. Con il naso schiacciato contro i finestrini, guarda

fuori un mondo in cui tutto si muove, come quando arriva all’improvviso la neve in città: le macchine vanno a passo d’uomo, anche quelle enormi e le persone cam-minano piano per paura di scivolare e cadere e insieme a loro sembra vadano più lentamente anche i rumori, le parole, che se ti fermi per un istante ti sembra di poter sentire il suono di ogni singolo fiocco di neve che cade dall’alto e si appoggia su ogni cosa per proteggerla dal freddo.

Il treno ha un binario tutto suo e va sempre alla stessa bassissima velocità, sia in discesa che in salita, entrando o uscendo da una stazione o in mezzo a una pianura così grande che sembra che il mondo non sia più tondo.

La locomotiva è appesa a un filo trainato da una nuvola ribelle in un giorno con poco vento e si porta dietro l’intero treno con così tanta calma che anche i semafori e i passaggi a livello smettono di funzionare e iniziano a ridere quando gli si avvicina.

Non esiste un sindaco, un amministratore o un politi-co qualsiasi, neanche fra quelli che fanno finta di essere diversi da tutti gli altri, che si dà da fare perché il treno di Lentobre possa passare attraverso la città, dove ci sono gli elettori che senza sapere neanche chi sono gli hanno dato un voto. I saggi eletti pensano di sapere che tutti vogliono andare veloce, arrivare prima e non perdere tempo e fanno o non fanno le cose in maniera così veloce da non accorgersi che, invece, molti non ve-drebbero l’ora di iniziare a rallentare un po’.

Loro sanno bene, però, che quando si corre più ve-locemente a piedi, in macchina, in treno e in ogni luo-go, anche quando non si vuole, come se i piedi fossero incollati a un infinito tapis roulant che gira senza mai

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fermarsi, si ha meno tempo per pensare e tutto ti scorre accanto così rapidamente da avere paura. E quando si ha paura, si diventa creta da plasmare a proprio piaci-mento.

Strano a dirsi, ma il treno di Lentobre a molti fa pau-ra, proprio perché non fa venir paura ed è per questo che c’è chi decide di non andare mai alla sua stazione di partenza e chi quando ci va lo fa ad occhi chiusi e spaventato e chi, infine, lo fa con consapevolezza, sa che sta facendo la cosa più rivoluzionaria della sua vita e arriva al binario con gli occhi lucidi, una gioia incon-tenibile nel cuore e un’energia inarrestabile nel corpo.

Oggi è Lentobre e il treno viaggia lentamente in un angolo del mondo e una formica più piccola di tutte le altre dice all’orecchio di Libero una cosa che aveva sen-tito prima da un pettirosso, a cui l’aveva detto un pesce rosso che girava nell’oceano di una sfera di cristallo.

Libero ferma immediatamente il treno e consideran-do la velocità ci mette un istante, ma ora il suo vero problema è ripartire subito e farlo nel senso opposto.

Libero sa bene che l’unica regola da seguire è quella che il viaggio si concluda solo quando finisce il mese di Lentobre, anche se non si è mai capito bene se invece è proprio il mese di Lentobre che finisce quando si con-clude il viaggio.

Libero, comunque, sa che sta facendo qualcosa di grande, di enorme e mentre tutto il mondo fuori dai fi-nestrini cerca di guardare attraverso per chiedergli cosa stia succedendo, lui non guarda nessuno se non i suoi occhi dentro uno specchio e pensa a lei che si chiama come una rosa.

Libero, alla partenza, credeva di aver fatto bene i suoi conti ed era convinto di tornare prima che lei si sentisse davvero da sola, ma ora ha paura e vorrebbe

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arrivare dopo un solo soffio di vento uscito dalle sue labbra, ma sente che lei sta già gridando e che la sua mano cerca la sua.

Il treno parte nel senso contrario, ma anche questa volta non sembra neanche partito e allora Libero inizia come un pazzo a spingere da dentro e tutte le storie che ha letto e conosciuto spingono insieme a lui, ma un treno che per una vita è andato solo lentamente, viag-giando lungo i giorni di Lentrobre non può andare più veloce neanche con cento motori in più e tutte le strade sembrano salite.

Libero è disperato, perché da sempre sognava il mo-mento in cui avrebbe potuto stringere la sua mano, perché sin dall’inizio del viaggio pensava che solo per quel momento e nient’altro potesse valere la pena di viaggiare.

Tutti si disperano e danno una mano e il macchinista Pole Pole costruisce altri cento acceleratori da mette-re accanto a quel pedale che ha già iniziato a spinge-re come se dovesse spostare una montagna... ma tutto procede così lentamente e Libero vede già le braccia di lei allargarsi a stringere il nulla e ha paura, paura di non essere dentro quell’abbraccio.

La terra, però, abbandona per qualche istante le sue regole e inizia a girare velocemente in senso contrario rispetto al treno e i cieli, le stelle, la luna e il sole non sanno se andargli dietro o lasciar perdere una terra im-pazzita.

A tutti gli uomini e le donne del mondo inizia a girare la testa e mentre le maree salgono e scendono come nel più bel gioco di sempre, il treno di Lentobre, come per magia, riesce ad arrivare a destinazione in un lampo, pur non essendosi quasi mosso.

Libero riconosce la stazione di arrivo, sente la voce

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di lei che grida e scende velocissimo dal treno, corre come mai ha fatto, tanto da scivolare giù, cade come da un precipizio e ha paura che tutto possa finire lì, a pochi passi da lei.

È disperato e urla, urla con tutto il fiato che ha e per la prima volta sente la propria voce, acuta come quella di un uccello ferito, dire: “Sono arrivato, sono qui, non avere paura!”, ma tutte le parole che aveva imparato dalle storie del treno sono scomparse e può solo gridare forte.

Sente il freddo penetrargli dentro e pensa che è dav-vero finita, sente uno strattone più forte, come se qual-cuno lo stesse prendendo per i piedi per gettarlo via e quasi non sente più la voce di lei, lei che è sempre stata l’unico scopo del viaggio.

All’improvviso, però, si sente avvolgere tutto dal profumo di una rosa, dal calore intenso di un abbrac-cio, dallla musica più bella, quella del battito del suo cuore e capisce che è arrivato in tempo da lei.

Allora Libero affonda la testolina nel seno di mamma Tea, che smette di piangere e inizia a ridere e comincia a vivere.

Il mese di Lentobre finisce e la lacrima di un bambi-no ancora sporco di sangue e sogni cade sul pavimento a ringraziare la terra, che sa bene che c’è solo un motivo per cui vale la pena correre, perfino in senso contrario.