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COMMESSA ANNO LIVELLO TITOLO EDIZIONE REVISIONE NUMERAZIONE
0 0 9 1 7 P D 0 0 0 0 0 0 0 6
STUDIO TECNICO di INGEGNERIAIng. Francesco D’AMICO
Via Cavour – Montalto Uffugo (CS)Tel. 0984.939321 – mob. 349.0581579
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 1
PREMESSA
Il recepimento nella normativa nazionale della Direttiva comunitaria 85/337/CEE
concernente la “Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) di determinati progetti pubblici e
privati”, come modificata ed integrata con la Direttiva 97/11/Ce del Consiglio del 3 Marzo
1997 e con la Direttiva 2003/35/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 Maggio
2003, è stato attuato per mezzo del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii..
Ai sensi dell’art. 6 di tale decreto, la valutazione di impatto ambientale riguarda i
progetti che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. Sono
comunque esclusi da tale procedura i piani di protezione civile in caso di pericolo per
l’incolumità pubblica.
I contenuti dello Studio di Impatto Ambientale qui presentato soddisfano quanto richiesto
dall’art. 22, comma 3 del dettato normativo, ovvero:
una descrizione del progetto con informazioni relativi alle sue caratteristiche, alla sua
localizzazione ed alle sue dimensioni;
una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli
impatti negativi rilevanti;
i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull’ambiente e sul
patrimonio culturale che il progetto può produrre, sia in fase di realizzazione sia in fase
di esercizio;
una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame, ivi compresa la
cosiddetta “opzione zero”, con indicazione delle principali ragioni di scelta, sotto il
profilo dell’impatto ambientale;
una descrizione delle misure previste per il monitoraggio.
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 2
Il presente studio è stato svolto con riferimento a quanto prescritto dall’Allegato IV del
Dl.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii., oltre che ai criteri contenuti nel decreto “Norme tecniche generali
per la redazione degli studio di impatto ambientale” (D.P.C.M. 27 Dicembre 1988 e ss.mm.ii).
A tale disciplina nazionale bisogna aggiungere le Linee Guida Regionali dettate con
D.G.R. della Calabria del 12 Ottobre 2004, n. 136 “Procedura di Valutazione di Impatto
ambientale ai sensi del D.P.R. 12 Aprile 1996 – Approvazione disciplinare” ed in particolare
l’art. 8 (Studio di impatto ambientale SIA) e l’allegato B (Contenuti del SIA relativo a progetti di
cui all’art.8).
Il presente SIA è, quindi, strutturato nei tre quadri di riferimento previsti:
PROGRAMMATICO (SEZIONE A):
1. l’illustrazione del progetto in relazione alla legislazione, pianificazione e
programmazione vigenti (Nazionale, Regionale e Locale) di riferimento;
2. finalità e motivazioni strategiche del progetto proposto;
3. l’indicazione del rapporto tra costi preventivi e benefici stimati, anche in
termini socio-economici;
4. l’indicazione dell’attuale destinazione d’uso dell’area, come indicato dalla
vigente strumentazione urbanistica (P.R.G.C.) e dei vincoli di varia natura
esistenti nell’area prescelta e nell’intera zona di studio.
PROGETTUALE (SEZIONE B):
5. la descrizione delle soluzioni alternative tecnologiche e localizzative
considerate, inclusa l’ipotesi di non realizzazione del progetto, con
l’indicazione dei motivi principali della scelta compiuta, tenendo conto
dell’impatto sull’ambiente;
6. la descrizione delle caratteristiche tecnologiche e dimensionabili
dell’opera/intervento;
7. la descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con
l’indicazione della natura e della quantità dei materiali impiegati;
8. la descrizione delle soluzioni tecniche prescelte, con riferimento alle migliori
tecnologie disponibili per realizzare l’opera o l’intervento, per ridurre l’utilizzo
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delle risorse, le emissioni di inquinanti, minimizzando altresì le font di
impianto;
9. la valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti
(quali inquinamento dell’acqua, dell’aria, del suolo, rumori, vibrazioni, luce,
calore, radiazioni, ecc.) risultanti dalla realizzazione e dall’attività del progetto
proposto nonché dall’eventuale successiva dismissione e/o bonifica del sito;
10. analisi incidentale e quadro delle eventuali condizioni di rischio.
AMBIENTALE (SEZIONE C):
11. l’analisi della qualità ambientale con riferimento alle componenti
dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto
proposto (popolazione, fauna, flora, suolo, acque superficiali e sotterranee,
aria, fattori climatici, paesaggio, ambiente urbano e rurale, patrimonio
storico, artistico e culturale e loro reciproche interazioni);
12. la descrizione dei prevedibili effetti positivi e negativi, diretti e indiretti, a
breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, che la realizzazione
del progetto comporta sull’ambiente, dovuti a:
a) realizzazione ed esercizio delle opere e interventi previsti;
b) utilizzazione delle risorse;
c) emissione di inquinanti, produzione di sostanze nocive e smaltimento dei
rifiuti;
13. la stima degli effetti cumulativi degli impatti nel tempo e con le altre fonti di
impatto presenti sul territorio;
14. l’indicazione dei metodi di previsione utilizzati;
15. la descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e compensare dal
punto di vista ambientale gli effetti negativi del progetto sull’ambiente.
Lo Studio di Impatto Ambientale ha lo scopo di valutare l’immissione nell’ambiente di un
intervento, individuando le molteplici interconnessioni esistenti tra l’opera e l’ambiente che la
deve accogliere. Nello Studio di Impatto Ambientale si utilizzano metodologie e strumenti in
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grado di fornire giudizi qualitativi e quantitativi, il più possibile oggettivi, su un progetto e su
una serie di alternative, attraverso lo studio di appositi indicatori ambientali.
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INDICE
1. DESCRIZIONE E RIFERIMENTI PROGETTUALI ....................................................... 8 1.1. SOGGETTO PROPONENTE ................................................................................ 8 2. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO ................................................ 10 2.1. LA PIANIFICAZIONE REGIONALE ...................................................................... 11 2.1.1. Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Cosenza ............................ 11 2.1.2. Elaborati del progetto P.T.C.P. ........................................................................... 13 2.1.3. Contenuti specifici del piano in relazione all’area di studio ................................... 13 2.1.4. Strumento urbanistico del Comune di Tarsia ........................................................ 15 2.1.5. Piano di Assetto Idrogeologico ........................................................................... 16 2.1.6. Contenuti specifici del piano in relazione all’area ................................................ 17 2.1.7. Aree protette ..................................................................................................... 18 2.1.8. Zonizzazione acustica ........................................................................................ 18 2.2. LA PIANIFICAZIONE DI SETTORE ...................................................................... 20 2.2.1. La gestione dei rifiuti nella provincia di Cosenza .................................................. 20 2.2.2. Flusso dei rifiuti nella provincia di Cosenza.......................................................... 21 2.2.3. Piano Regionale dei Rifiuti ................................................................................. 22 2.3. COERENZA DEL PROGETTO AGLI OBIETTIVI DEI PIANI E DEI PROGRAMMI ........ 27 3. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE ....................................................... 30 4. FABBISOGNO RECUPERO FRAZIONE ORGANICA ............................................ 34 5. OGGETTO RICHIESTA AUTORIZZAZIONE ......................................................... 37 6. LOCALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO ................................................................... 38 6.1. DESCRIZIONE DEL SITO E INQUADRAMENTO TERRITORIALE ............................ 38 6.2. DESTINAZIONE URBANISTICA .......................................................................... 43 6.3. VIABILITA’ DI ACCESSO AL SITO ....................................................................... 45 7. INDIVIDUAZIONE DEI RIFIUTI DA TRATTARE ...................................................... 47 8. OPERE COSTITUENTI L’IMPIANTO .................................................................... 51 9. ATTIVITA’ SVOLTE NELL’IMPIANTO .................................................................... 55 9.1. CONFERIMENTO RIFIUTI .................................................................................. 55 9.2. SCARICO RIFIUTI ............................................................................................. 55 9.3. PRETRATTAMENTO MECCANICO ..................................................................... 56
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9.4. DIGESTIONE ANAEROBICA .............................................................................. 56 9.5. MISCELAZIONE ................................................................................................ 58 9.6. BIOSTABILIZZAZIONE ....................................................................................... 58 9.7. MATURAZIONE E VAGLIATURA FINALE DEL COMPOST ...................................... 60 9.8. COGENERAZIONE E PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA .............................. 60 9.9. UPGRADING BIOMETANO ............................................................................... 61 10. CONFIGURAZIONI DELL’IMPIANTO ................................................................. 62 10.1. CONFIGURAZIONE 1 – PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA.......................... 62 10.2. CONFIGURAZIONE 2 – PRODUZIONE DI BIOMETANO .................................... 62 11. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE .......................................................... 65 11.1. CARATTERIZZAZIONE DELLE COMPONENTI AMBIENTALI .................................. 66 11.1.1. Atmosfera ......................................................................................................... 68 11.1.2. Regime pluviometrico ........................................................................................ 68 11.1.3. Regime termometrico ........................................................................................ 73 11.1.4. Regime anemologico ........................................................................................ 76 11.1.5. Qualità dell’aria ............................................................................................... 78 11.1.6. Irraggiamento solare ......................................................................................... 80 11.1.7. Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti .................................................................. 81 11.1.8. Ambiente idrico ................................................................................................ 82 11.1.9. Suolo e sottosuolo ............................................................................................ 83 11.1.10. Inquadramento geologico .................................................................................. 84 11.1.11. Rischio frane e alluvioni (Vincoli P.A.I.) ................................................................ 85 11.1.12. Patrimonio floristico e vegetazionale dell’area di studio ........................................ 86 11.1.13. Patrimonio faunistico dell’area di studio .............................................................. 91 11.1.14. Sito e paesaggio ............................................................................................. 100 11.1.15. Caratteri archeologici, artistici e storici .............................................................. 103 11.1.16. Salute pubblica e sicurezza .............................................................................. 105 11.2. ANALISI DEGLI IMPATTI AMBIENTALI ............................................................... 106 11.2.1. Emissioni in atmosfera ..................................................................................... 108 11.2.2. Gli odori ........................................................................................................ 110 11.2.3. Rumori e vibrazioni ......................................................................................... 113 11.2.4. Perdita di sostanze liquide ................................................................................ 114 11.2.5. Scarichi idrici .................................................................................................. 115 11.2.6. Produzione di rifiuti ......................................................................................... 116 11.2.7. Occupazione di aree e volumi ......................................................................... 118 11.2.8. Traffico dei mezzi e gestione della viabilità ........................................................ 118 11.2.9. Disturbi alla flora, fauna ed ecosistemi antropici ................................................ 118
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11.2.10. Potenziali impatti visivi ..................................................................................... 119 11.2.11. Rischio salute pubblica e sicurezza .................................................................... 120 11.2.12. Rischio archeologico ....................................................................................... 120 11.2.13. Assetto sociale, economico e territoriale ............................................................ 120 11.2.14. Ambito di influenza potenziale e potenziali impatti cumulativi .............................. 121 11.3. MATRICI CROMATICHE .................................................................................. 122 11.4. MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE ............................................... 134 11.4.1. Attenuazione emissioni in atmosfera e odori molesti ........................................... 134 11.4.2. Contenimenti dell’inquinamento da rumore ....................................................... 136 11.4.3. Prevenzione delle dispersioni di liquidi .............................................................. 137 11.4.4. Riduzione del rischio di incidenti ....................................................................... 139 11.4.5. Rischio incendi ................................................................................................ 139 11.4.6. Protezione dei lavoratori .................................................................................. 139 11.5. MISURE DI GESTIONE E CONTROLLO ............................................................ 140 12. CONCLUSIONI .............................................................................................. 142
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1. DESCRIZIONE E RIFERIMENTI PROGETTUALI
1.1. SOGGETTO PROPONENTE
Si riportano di seguito i dati principali della ditta WastEnergy S.r.l., promotore dell’intervento in oggetto:
Denominazione: WastEnergy S.r.l.
Forma Giuridica: SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA
Sede Legale e Sede Operativa: TORANO CASTELLO / TARSIA
Codice Fiscale / Partita IVA: 03504600788
N° Iscrizione Registro Provinciale delle Imprese
RI/PRA/2017/19049/800
Legale Rappresentante: MARCHESE GERARDO
Nato a/il: 31.03.1983 Cod. Fisc.: MRCGRD83C31D086K
Tabella 1 Dati WastEnergy S.r.l.
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SEZIONE A QUADRO DI RIFERIMENTO
PROGRAMMATICO
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2. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
Lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) fornisce un’ampia analisi dei principali atti
normativi e di indirizzo programmatico adottati in sede comunitaria, nazionale e locale nei
settori di attività che hanno attinenza con il progetto in esame.
Tale analisi verrà specificatamente descritta nel quadro di riferimento programmatico, il
quale in particolare provvede alla descrizione del progetto e delle sue motivazioni riguardo alla
pianificazione vigente, sia territoriale sia di settore.
Si individuerà la coerenza con gli obiettivi di piano, descrivendo gli effetti che il progetto
è in grado di generare a livello urbanistico e territoriale. Si tratta in sostanza di verificare la
coerenza del progetto proposto con gli obiettivi degli strumenti di pianificazione vigenti,
attraverso un esame dello stato d’applicazione e degli elementi conoscitivi della
programmazione e pianificazione territoriale e settoriale. Tali elementi costituiscono parametri di
riferimento per la costruzione del giudizio di compatibilità ambientale. Gli strumenti
programmatici sono presi in esame oltre che per il loro stato attuale anche considerando
eventuali evoluzioni in atto, ove tali informazioni siano disponibili.
Dopo avere costruito un quadro complessivo degli strumenti di pianificazione e
programmazione, si è proceduto ad un confronto tra gli scenari territoriali da essi previsti e le
possibili congruenze o disarmonie generati dall’opera in progetto. Per congruenza non si
intende la stretta conformità del progetto agli atti di programmazione e pianificazione, ma
piuttosto l’organicità della proposta progettuale con gli obiettivi e gli stati d’attuazione degli
stessi. In tale quadro l’opera in progetto è stata quindi confrontata con le linee programmatiche
e pianificatorie degli organismi ed enti pubblici competenti dopo aver definito diversi livelli di
pianificazione: nazionale, regionale e locale. L’analisi dei documenti pianificatori, predisposti
da diversi enti, avviene in rapporto alle indicazioni che tali strumenti esprimono in materia di
tutela del paesaggio e dell’ambiente, di assetto territoriale ed urbanistico, di uso delle risorse e
di gestione dei rifiuti.
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2.1. LA PIANIFICAZIONE REGIONALE
La fase di acquisizione degli atti di pianificazione e programmazione, necessaria per la
stesura e l’articolazione del Quadro di Riferimento Programmatico, è stata condotta facendo
riferimento agli Enti depositari degli stessi.
Per quanto attiene la pianificazione territoriale ed urbanistica sono stati analizzati i
seguenti strumenti, anche in fase preliminare:
Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Cosenza;
Piano Regolatore Generale del Comune di Tarsia;
Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico.
Per quanto attiene la programmazione di settore nell’ambito della gestione dei rifiuti gli
strumenti considerati sono stati:
Piano regionale per la gestione dei rifiuti.
2.1.1. Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Cosenza
La Provincia di Cosenza ha adottato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale
con Delibera di Consiglio Provinciale n. 38 del 27.11.2008.
Tenendo conto del territorio provinciale, sinteticamente e per quanto concerne il
segmento della pianificazione, si può riassumere il contenuto del documento programmatico
territoriale nei seguenti punti:
1. il collegamento su ferro ad alta capacità dell’area portuale di Corigliano con l’area
portuale di Gioia Tauro da una parte e, dall’altra, con la tratta ferroviaria, ad alta
capacità, Campania-Puglia;
2. il potenziamento e l’adeguamento delle tre direttici longitudinali di mobilità su gomma,
ovvero l’Autostrada SA-RC, il collegamento longitudinale tirrenico inferiore ed il
collegamento longitudinale jonico;
3. la realizzazione dell’aeroporto della Sibaritide;
4. la realizzazione del nodo intermodale di secondo livello localizzato nell’ambito
territoriale comprendente l’area portuale di Corigliano.
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Il Decreto legislativo 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali) affida al Piano Territoriale
di Coordinamento Provinciale il compito di indicare le diverse destinazioni del territorio in
relazione alla prevalente vocazione delle sue parti, la localizzazione di massima delle maggiori
infrastrutture e delle principali linee di comunicazione, i parchi e le riserve naturali, le linee di
intervento per la sistemazione idrica ed idraulico-forestale.
Il P.T.C.P., raccordandosi obbligatoriamente alla previsione del Quadro Territoriale
Regionale (Q.T.R. della Regione Calabria) ne specifica ulteriormente a scala territoriale
provinciale i contenuti, in particolare:
definisce i principi sull’uso e la tutela del territorio provinciale con riferimento ai diversi
indicatori territoriale;
individua ipotesi di sviluppo in relazione alle indicazioni di politica territoriale
perseguibile e sostenibile indicando le trasformazioni e le condizioni di salvaguardia e di
vincolo dei valori fisici ed antropici specifici del territorio;
programma le Linee di politica dello sviluppo infrastrutturale primario raccordandosi alle
previsioni regionali;
programma la condizione di sicurezza del territorio sotto il profilo geomorfologico e
degli eventi calamitosi, avviando il monitoraggio del contenimento del rischio;
contiene puntuali analisi delle risorse territoriali dei diversi indicatori caratterizzanti gli
specifici ambiti territoriali con rigoroso riferimento alle valutazioni di sostenibilità e di
impatto ambientale;
contiene un dettagliato quadro conoscitivo dei fattori territoriali a rischio ed opportune
prescrizioni sulle linee di tendenza evolutiva dei sistemi territoriali, quali quello urbano,
rurale e montano;
contiene il quadro definitivo delle previsioni di localizzazione anche di tipo
infrastrutturale primario con riferimento alle previsioni dei vigenti piani di settore
provinciali e/o regionali;
contiene il regime normativo di salvaguardia ai fini della tutela delle previsioni del
P.T.C.P e della regolamentazione transitoria dei limiti di efficacia dei Piani regolatori
generali Comunali.
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2.1.2. Elaborati del progetto P.T.C.P.
Gli elaborati rappresentano la parte più importante del P.T.C.P. in quanto
immediatamente capaci nelle previsioni grafiche e normative, di sortire effetti giuridici prescrittivi
e /o conformativi nei confronti dei Piani Regolatori Generali dei Comuni.
In particolare, Il Piano territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di
Cosenza è composto dai seguenti elaborati:
Presentazione;
Quadro conoscitivo – relazione Allegati al quadro conoscitivo:
studi preliminari sul sistema socio-economico;
studi preliminari sul sistema naturalistico;
studi preliminari sul sistema agro-forestale;
studi preliminari sul sistema infrastrutturale (servizi a rete);
Progetto di piano – relazione;
Quadro conoscitivo – cartografie;
Progetto di piano – cartografie;
Indirizzi per l’attuazione del PTCP e la redazione dei PSC e dei PSA;
Rapporto ambientale ai sensi della Direttiva 42/2001/CE.
Programma di Previsione e Prevenzione del Rischio nella Provincia di Cosenza;
Piano per la Valorizzazione dei Beni Paesistici e Storici della Provincia di Cosenza.
2.1.3. Contenuti specifici del piano in relazione all’area di studio
Dal P.T.C.P. si evince che il comune di Tarsia è compreso nella Zona Omogenea 12.2
Crati Nord Est (Figura 1) e, insieme ai comuni di San Marco Argentano, San Lorenzo del Vallo,
Spezzano Albanese, Santa Sofia d’Epiro, Terranova da Sibari, San Demetrio Corone, San
Cosmo Albanese, Vaccarizzo Albanese e San Giorgio Albanese, appartiene alla Media Valle del
Crati, che all’interno della provincia di Cosenza è collocata in una posizione pressoché
centrale.
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Figura 1 Tavola QC 19 – Zone omogenee PTCP provincia di Cosenza con individuazione del comune di Tarsia
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2.1.4. Strumento urbanistico del Comune di Tarsia
Dal vigente strumento urbanistico comunale (P.R.G. Comune di Tarsia) l’area in oggetto
è classificata per lo più come Zona “D.1 Industriale – artigianale di completamento” ed in parte
Zona E.2 Agricola a valenza produttiva”, così come riportato nel Certificato di Destinazione
Urbanistica.
Figura 2 Stralcio P.R.G. del comune di Tarsia con individuazione della Z.T.O. dell’area su cui insiste l’impianto
L’area occupa nel suo complesso una superficie di circa 40.000 mq, individuata al
vigente catasto fabbricati e terreni con i seguenti dati:
Foglio Particelle
43 63 - 47
43 48
Tabella 2 Inquadramento particellare dell'area di Intervento
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2.1.5. Piano di Assetto Idrogeologico
L’area di studio fa parte del bacino idrografico del Fiume Crati, nel territorio di
competenza dell’Autorità di Bacino (A.D.B.) della Calabria. L'intero bacino ha una caratteristica
forma ad “L” ed è suddiviso in tre settori strutturali: settore del Crati propriamente detto, settore
di Cassano allo Ionio e settore di Corigliano Calabro.
L’Autorità di Bacino in Calabria viene istituita a seguito della Legge Regionale n. 35 del
29 Novembre 1996, “Costituzione dell’Autorità di Bacino Regionale in attuazione della Legge
18 Maggio 1989 n. 183 e successive modificazioni ed integrazioni”.
Diventando centro di cooperazione tra le diverse competenze nel campo della difesa del
suolo, risorse idriche e tutela del paesaggio.
Tra le finalità troviamo:
la conservazione e la difesa del suolo da tutti i fattori negativi di natura fisica ed
antropica;
il mantenimento e la restituzione, per i corpi idrici, delle caratteristiche qualitative
richieste per gli usi programmati;
la tutela delle risorse idriche e la loro razionale utilizzazione;
la tutela degli ecosistemi, con particolare riferimento alle zone di interesse naturale,
generale e paesaggistico.
I piani sono costituiti sulle disposizioni della Legge quadro sulla difesa del suolo 183/89
e principalmente finalizzati alla perimetrazione delle aree ad elevato rischio idrogeologico,
idraulico o di erosione costiera potenziando le strutture tecniche per la difesa del suolo e delle
reti di monitoraggio, finanziando i programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio
geologico-idraulico. In Calabria l’istituzione è rappresentata dall’A.D.B. regionale.
Rispettando la delimitazione, sia delle aree a rischio idraulico sia delle aree a rischio
frane del piano di stralcio per l’assetto idrogeologico, il territorio d’insediamento non ricade in
nessuna di esse.
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2.1.6. Contenuti specifici del piano in relazione all’area
Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.), redatto dall’Autorità di Bacino della
Regione Calabria, che riguarda tutto il territorio regionale, comprende le aree in frana e quelle
alluvionali; esso rappresenta la sintesi di vari studi effettuati sul campo e di tutte le banche dati
esistenti in materia, fra cui, in particolare:
il censimento delle aree calabresi storicamente colpite da frane ed inondazioni (fonte:
progetto Avi C.N.R. – Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche,
versione 1.2 Dicembre 1998);
il censimento delle aree calabresi storicamente colpite da frane e inondazioni (fonte:
Archivi di Stato – PROGETTO Telcal – azione progettuale Amministrazione regionale,
progetto pilota, banca dati territoriale, versione 1.0 Dicembre 2000);
il censimento delle aree ad elevato rischio idrogeologico (D.L. 180/98), ricerca
effettuata direttamente dal personale tecnico dell’Autorità di Bacino della Regione
Calabria.
Il P.A.I., mediante il quale l’A.B.R. ha pianificato e programmato le azioni e le norme
d’uso finalizzate alla salvaguardia delle popolazioni, degli insediamenti, delle infrastrutture e del
suolo, disciplina l’uso del territorio in relazione alle diverse classi, di cui all’Atto di indirizzo e
coordinamento per l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico (D.M.
29/09/1998), e alle specifiche tecniche adottate dalla Regione Calabria e specificatamente
contrassegnare dalle sigle R4, R3, R2, R1.
Facendo pertanto riferimento a quanto contenuto nel PAI, e più precisamente alle tavole:
“Carta Inventario dei Centri Abitati Instabili” Carte delle “Aree Vulnerate ed Elementi a Rischio”
(Tav. 078-145 Tarsia), e della “Perimetrazione Aree a Rischio” (Tav. RI 078145 Tarsia/B) del
Comune di Tarsia (CS), si evince che l’area di studio, per un intorno sufficientemente cautelativo
non è interessata da vincoli di rischio frane, né sottoposta a vincolo per rischio idraulico (Tavola
05).
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2.1.7. Aree protette
Il sito oggetto di studio non ricade in aree naturali protette. Tuttavia, è localizzato a circa
700 m di distanza dal Sito di Importanza Comunitaria (SIC) identificato dal codice IT9310055 –
Lago di Tarsia, i cui confini sono pressoché corrispondenti alla Riserva Naturale Regionale
(RNR) Lago di Tarsia, istituita con L.R. n.52/1990. In aggiunta, l’area oggetto di studio ricade
nella fascia di rispetto a protezione parziale della Riserva in cui vige, ai sensi della suddetta
norma istitutiva, il solo divieto di caccia.
Nella tavola di riferimento (T-04) sono illustrate le aree tutelate, mentre per una
descrizione dettagliata del SIC IT9310055 – Lago di Tarsia si rimanda allo Studio di Incidenza
(R-07).
2.1.8. Zonizzazione acustica
La Legge quadro del 26 Ottobre 1995, n. 447, stabilisce i principi fondamentali
dell’inquinamento acustico, dovuto alle sorgenti sonore fisse e mobili, sia dell’ambiente esterno
sia dell’ambiente abitativo.
La classificazione acustica del territorio comunale (zonizzazione), introdotta dall’art. 2 del
D.P.C.M. 01/03/1991, è definita anche dall’art. 6 della Legge Quadro n. 447/95 come
l’adempimento fondamentale da parte dei Comuni, i quali sono obbligati a dotarsi di tale
strumento, il primo introdotto in Italia per una gestione del territorio che tenga conto delle
esigenze di tutela dal rumore.
L’adozione della Zonizzazione acustica del territorio comunale costituisce l’atto attraverso
cui trovano pieno recepimento nella prassi amministrativa del Comuni i principi di tutela
dall’inquinamento acustico espressi dalla Legge quadro.
Le competenze attribuite alle Amministrazioni comunali dall’art. 6 della Legge quadro
riguardano sia il governo che il controllo del territorio in materia di inquinamento acustico.
Ai comuni quindi spetta:
classificazione del territorio comunale;
coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati con il Piano di Zonizzazione Acustica;
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 19
adozione dei piani di risanamento in caso di superamento dei valori di attenzione, fissati
dall’art.6 del D.P.C.M. 14/11/1997 o di contatto diretto di aree con più di un salto di
classe in zone già urbanizzate;
controllo del rispetto della normativa per la tutela dell’inquinamento acustico nel caso di:
o concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività
produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali
polifunzionali;
o provvedimenti comunali che abilitano all’utilizzazione degli stessi immobili e
infrastrutture;
o provvedimenti di licenza o di autorizzazione all’esercizio di attività produttive;
le funzioni amministrative relative al controllo sull’osservanza:
o delle prescrizioni attinenti il contenimento dell’inquinamento acustico
prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse;
o della disciplina relativa al rumore prodotto dall’uso di macchine rumorose e
da attività svolte all’aperto;
o della disciplina e delle prescrizioni tecniche relative all’attuazioni delle
disposizioni comunali in materia;
o della corrispondenza alla normativa vigente dei contenuti della
documentazione di impatto acustico;
o i provvedimenti di autorizzazione (anche in deroga ai valori limite) per lo
svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o
aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile.
Il Consiglio Comunale di Tarsia non ha ancora approvato il Piano di Zonizzazione
Acustica e le relative Norme di attuazione.
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 20
2.2. LA PIANIFICAZIONE DI SETTORE
2.2.1. La gestione dei rifiuti nella provincia di Cosenza
Relativamente al settore dei rifiuti, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale
della provincia di Cosenza può essere considerato il documento indirizzo per qualsiasi
problematica inerente tale tematica ambientale.
Allo scopo di descrivere le dinamiche relative alla gestione dei rifiuti, per come stabilito
dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, il territorio della Provincia di Cosenza (ATO 1-
Cosenza) è stato suddiviso in sei Sottoambiti (Tabella 03; Figura 03), forme di aggregazione
territoriali finalizzate alla predisposizione di sistemi organizzativi comuni relativamente alla
raccolta e al trasporto dei rifiuti.
ATO Sottoambito N° Denominazione N° Comuni Superficie
(kmq) Densità
(ab/kmq)
1 -
CO
SEN
ZA
1 CASTROVILLARI 26 1294,23 79,72
2 COSENZA-RENDE 44 1903,32 153,46
3 PRESILA COSENTINA 17 337,58 75,50
4 SIBARITIDE 35 2037,30 85,05
5 ALTO TIRRENO 14 504,50 96,32
6 APPENNINO PAOLANO 19 573,07 159,54
Tabella 3 Sottoambiti appartenenti all’ATO 1-Cosenza (Quadro Conoscitivo del PTCP provincia di Cosenza) con individuazione del sottoambito in cui ricade il comune di Tarsia
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2.2.2. Flusso dei rifiuti nella provincia di Cosenza
Nella provincia di Cosenza il flusso dei rifiuti viene suddiviso nei processi relativi ai Rifiuti
Urbani ed in quelli relativi alla Raccolta Differenziata. I rifiuti urbani “indifferenziati” (RU)
seguono il percorso dettato dall’impiantistica esistente: è presente un solo impianto di pre-
selezionamento, sito nel Comune di Rossano (Figura 3), nel quale il ciclo dei rifiuti si completa
attraverso la raccolta, la selezione e la conseguente produzione di FOS e di frazione secca. La
restante parte di rifiuti, che rappresenta la parte più consistente, segue un percorso che va
direttamente dalla raccolta allo smaltimento in discarica.
Relativamente alla raccolta differenziata, il flusso di rifiuti è più articolato: i rifiuti
differenziati, suddivisi per frazione merceologica, vengono raccolti dalle Società Miste che
operano nei sei sottoambiti e successivamente selezionati negli impianti presenti sul territorio
Figura 3 Divisione del territorio provinciale in sottoambiti (Quadro conoscitivo del PTCP della provincia di Cosenza) con individuazione del comune di Tarsia
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calabrese. Una parte delle materie prime prodotte viene smistata ai relativi Consorzi
Obbligatori, mentre i rifiuti speciali o pericolosi provenienti da raccolta differenziata vengono
inviati ad impianti specializzati fuori provincia. Per la frazione organica derivante da raccolta
differenziata il ciclo si chiude con la produzione di compost negli impianti attivi sul territorio
provinciale.
Localizzazione Capacità tratt. RUr (t/a) Capacità tratt.
FORSU+VERDE (t/a) Capacità tratt. RD
secco (t/a)
Rossano 40.000 8.000 12.000
Tabella 4 Impiantistica pubblica provinciale – Capacità di trattamento autorizzate
Di seguito (Tabella 5) vengono riportati i dati di produzione di RSU, RUr e RD nel
periodo che va dal 2001 al 2013.
Tabella 5 Andamento della produzione dei rifiuti e della raccolta differenziata nella provincia di Cosenza (2001-2013)
2.2.3. Piano Regionale dei Rifiuti
Il forte aumento della produzione di ogni tipologia di rifiuto, in conseguenza
dell’aumento dei consumi e delle esigenze della commercializzazione, il crescere della
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
275.273 277.050 256.857 335.283 325.925 332.338 336.447 325.993 331.665 330.343 320.600 304.650 299.102
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
4.072 13.222 21.271 28.754 23.995 28.360 36.085 44.412 43.855 43.855 46.450 56.218 60.955
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
271.201 263.828 235.586 306.534 301.930 303.978 300.362 281.581 287.800 286.488 274.140 251.432 238.148
Quadro riassuntivo della produzione totale di RU nella provincia di Cosenza (ton/anno)
Quadro riassuntivo della RD nella provincia di Cosenza (ton/anno)
Quadro riassuntivo della produzione di RUr nella provincia di Cosenza (ton/anno)
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sensibilizzazione dell’opinione pubblica per le problematiche ambientali ed il conseguente
sviluppo della normativa europea, nazionale e regionale, hanno caratterizzato nell’ultimo
trentennio il settore della gestione dei rifiuti.
La Regione Calabria risulta regolamentata da un Piano regionale che ha avuto il suo
primo battesimo nel 1998.
Le evoluzioni sono le seguenti:
Piano degli Interventi di Emergenza nel Settore dello Smaltimento dei Rifiuti Solidi
Urbani ed Assimilabili – B.U.R. Calabria N° 71 del 29/07/1998;
Piano Generale della Raccolta Differenziata – B.U.R. Calabria N° 30 del
26/03/1999;
Ordinanza 30 Ottobre 2002, n. 2065 – Settore Rifiuti – Pubblicazione del Piano
Regionale di Gestione Rifiuti;
Ordinanza 10 giugno 2004, n. 3012 – Settore Rifiuti – Presa d’atto varianti al
Sistema Integrato Regionale di smaltimento rifiuti e adeguamento Paino Gestione
Rifiuti della Regione Calabria – ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. n. 22 del 5 Febbraio
1997;
Ordinanza n. 6294 del 30 ottobre 2007 – Aggiornamento e rimodulazione del
Piano Regionale dei Rifiuti; Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali rifiuti
urbani; Attuazione degli articoli 148 e 149 del decreto legislativo n. 152/2006,
mediante l’istituzione delle Autorità d’ambito per la successiva predisposizione e/o
aggiornamento dei piani d’ambito;
Piano gestione Rifiuti Regione Calabria – B.U.R. Calabria n. 20 del 31/10/2007;
Delibera di Giunta Regionale n. 49 del 11/02/2013 – Approvazione delle Linee
Guida per la rimodulazione del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti;
Legge Regionale 11 Agosto 2014, n. 14 – Riordino del servizio di gestione dei rifiuti
urbani in Calabria;
Delibera di Giunta Regionale n. 407 del 21/10/2015 – Approvazione
aggiornamento delle Linee Guida per la rimodulazione del Piano Regionale di
Gestione dei Rifiuti della Regione Calabria.
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Il servizio di Raccolta Differenziata in Calabria è stato espletato da 14 Società Miste
individuate come soggetto attuatore nel Piano Regionale dei Rifiuti.
Nella seguente figura (Figura 9) sono rappresentati i limiti degli attuali 5 Ambiti
Territoriali Ottimali (A.T.O.), coincidenti con i limiti geografici dei territori provinciali e i limiti
territoriali delle aggregazioni di comuni costituenti i 14 Sottoambiti.
Figura 4 Limiti territoriali dei 5 ATO e dei 14 Sottoambiti
Come dimostra la figura seguente (Figura 5), emergono chiaramente le difformità di
risultato gestionale della raccolta differenziata tra comune e comune e tra le diverse aree
aggregate nella gestione delle singole Società Miste.
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Figura 5 Sovrapposizione dei limiti territoriali con gli indici di RD
Occorre sottolineare la non scarsa presenza di situazioni che, seppur non definibili delle
“eccellenze”, dimostrano che anche il Calabria è possibile ottenere raccolte differenziate in
linea con le disposizioni normative. I 74 Comuni che hanno un risultato di RD compreso tra il
15 e il 25% ed i 14 Comuni che hanno superato la soglia del 25% devono rappresentare un
esempio e uno stimolo per l’intera Regione.
I motivi che hanno impedito il raggiungimento su scala regionale di importanti obiettivi
sulla RD sono diversi. L’aspetto tariffario ad esempio non è secondario, con scarsi margini
operativi per la gestione di un ciclo tendenzialmente più complesso della mera raccolta e
smaltimento del tal quale. Alcune Società Miste, inoltre, hanno carenze strutturali tali da non
consentire il raggiungimento degli obiettivi di legge in materia di RD.
Il sistema impiantistico di smaltimento dei rifiuti in Calabria è, seppur incompleto, quello
previsto dal vigente piano di gestione dei rifiuti, che definisce le seguenti azioni a valle della
raccolta differenziata:
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trattamento meccanico di selezione dei rifiuti raccolti in ambito urbano;
trattamento biologico aerobico delle frazioni umide ottenute per separazione
meccanica dei rifiuti tal quali;
trattamento termico di combustione delle frazioni secche ottenute per separazione
meccanica dei rifiuti tal quali e trasformati in CDR.
Dal vigente Piano Regionale dei rifiuti, si evince che il sistema regionale della Calabria è
dotato di sette Impianti di Trattamento Secco-Umido in esercizio con potenzialità complessiva di
circa 380.000 ton/annue (rispetto alle 950.000 ton/annue mediamente prodotte).
I territori comunali all’interno dei quali sono ubicati tali impianti sono: Rossano, Lamezia
Terme, Catanzaro, Crotone, Gioia Tauro, Siderno, Reggio Calabria.
Sulla base delle attuali disponibilità impiantistiche, la cartina seguente (Figura 11)
mostra il quadro di smaltimento degli RSU per singolo Comune.
Figura 6 Quadro Regionale di Smaltimento degli RSU
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Oltre che la chiara assenza di impianti, nell’area Nord della Regione si possono
evidenziare ulteriori criticità:
carenza di discariche di servizio integrate con le piattaforme con la conseguente
necessità di movimentare ulteriormente i rifiuti trattati;
localizzazione decentrata della piattaforma di combustione rispetto agli impianti
di produzione di CDR;
surplus di CDR prodotto dagli impipanti attualmente operanti rispetto alle
capacità di trattamento dell’impianto di termovalorizzazione di Gioia Tauro;
necessità di adeguamenti tecnologici in alcune piattaforme operanti ormai da
diversi anni (Reggio Calabria, Catanzaro, Rossano) impossibilitati ad effettuarsi
per l’assenza di discariche di supporto.
L’impiantistica si completa con le piattaforme pubbliche dedicate alla valorizzazione
della raccolta differenziata:
Rossano 20.000 t/a;
Catanzaro 40.000 t/a;
Crotone 25.000t/a;
Siderno 20.000 t/a;
Reggio Calabria.
2.3. COERENZA DEL PROGETTO AGLI OBIETTIVI DEI PIANI E DEI
PROGRAMMI
Dal punto di vista degli strumenti di pianificazione territoriale alle diverse scale (Locale,
Provinciale e Regionale) si verifica quanto segue:
il progetto non presenta discordanze rispetto allo strumento urbanistico
comunale;
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la pianificazione a livello provinciale non evidenzia criticità o regimi di tutela
particolari per l’area interessata dal progetto;
il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico mostra l’assenza di rischi significativi
di carattere idrogeologico nell’area.
Nel complesso non vi sono vincoli specifici per l’area o elementi di particolare valenza
tali da determinarne obiettivi di tutela.
Il progetto risulta, di conseguenza, congruente con i criteri espressi dalla pianificazione
di settore.
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 29
SEZIONE B QUADRO DI RIFERIMENTO
PROGETTUALE
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3. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
Il progetto è finalizzato alla realizzazione di un “Impianto per il trattamento di matrici
organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano”, a seguito del
trattamento integrato delle famiglie dei rifiuti della FORSU, della FORS, e dei RIFIUTI VERDI.
Nello specifico, si intende con il primo termine la frazione organica dei rifiuti solidi
urbani provenienti da raccolta differenziata, con il secondo la frazione organica proveniente dai
rifiuti speciali e con il terzo la frazione verde composta da sfalci, potature e legno.
Inoltre, alla famiglia della FORS, fanno riferimento le seguenti categorie di rifiuti:
Fanghi da depurazione di reflui civili;
Scarti e fanghi dalle lavorazioni di attività agroalimentari.
L’impianto in oggetto, intende ottemperare ai principi di sostenibilità economica ed
ambientale, in particolare attraverso la valorizzazione delle matrici organiche in ambiente
anaerobico con conseguente riduzione dei costi di smaltimento, oltre che abbattimento
dell'inquinamento ambientale, consentendo parallelamente ricavi dalla vendita dell’energia
elettrica e del biometano prodotto nelle varie fasi di esercizio dell’impianto.
Ciò, nel rispetto di quanto contemplato dalla recente proposta del Piano Regionale di
Gestione dei Rifiuti (D.G.R. n. 33 del 15/02/2016) che si pone come obiettivo quello di attuare
concretamente il programma di prevenzione della produzione dei rifiuti nella Regione Calabria,
anche potenziando il sistema impiantistico regionale basato sulla logica del massimo
recupero/riciclo dei rifiuti.
Con l’autorizzando impianto, di proprietà della ditta WastEnergy S.r.l., ci si pone dunque
l’obiettivo di produrre compost di qualità (del tipo ammendante compostato misto),
parallelamente alla produzione di energia elettrica e biometano.
È possibile così individuare due differenti configurazioni impiantistiche. Una prima
configurazione è funzionale alla produzione di energia elettrica da cogenerazione, sfruttando il
biogas prodotto dalle matrici organiche in fase di digestione anaerobica.
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Una seconda configurazione è invece concepita per consentire la produzione di
biometano attraverso un apposito sistema di upgrading del biogas prodotto sempre dalle
matrici organiche durante la fase di digestione anaerobica.
In estrema sintesi, si riporta di seguito un quadro sinottico delle finalità di un siffatto
impianto:
Produrre compost di qualità (biologico), per l’utilizzo agricolo o florovivaistico. Esso
rappresenta in peso circa il 25-30% del rifiuto trattato e viene classificato come
“ammendante compostato misto”, secondo l’art. 2 del D.Lgs. n.75 del 29/04/2010;
normativa vigente che regolamenta la commercializzazione dei fertilizzanti;
Produrre energia elettrica da cogenerazione del biogas da digestione anaerobica;
Produrre biometano dal biogas generato dal processo di digestione anaerobica,
classificato come un combustibile rinnovabile avanzato proveniente da fonte rinnovabile.
La capacità complessiva di trattamento dei rifiuti in ingresso all’autorizzando impianto è
pari a 50.000 t/anno così indicativamente ripartite:
FORSU e FORS: 35.000 t/a
RIFIUTI VERDI: 15.000 t/a
La valorizzazione della FORSU in impianti di digestione anaerobica permette una
sensibile riduzione dei costi di smaltimento, oltre che un abbattimento dell'inquinamento
ambientale, consentendo parallelamente ricavi dalla vendita dell’energia elettrica e del
biometano prodotto.
Figura 7 Valorizzazione della FORSU
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La produzione del compost di qualità, del tipo ammendante compostato misto, sarà
finalizzata al suo impiego in agricoltura ed in particolar modo in agricoltura biologica, mentre
la produzione di biometano sarà finalizzata alla sua immissione in consumo per autotrazione o
alla sua immissione in rete, come consentito dalle norme vigenti in materia.
Lo sviluppo del metano nel settore dell’autotrazione ha un duplice effetto rispetto gli
obbiettivi propri del Piano d’Azione Nazionale in materia di biocarburanti:
a) riduzione del fabbisogno di carburanti soggetto all’obbligo;
b) incremento della quantità di biocarburanti prodotti in Italia.
Per quanto riguarda l’effetto in materia di riduzione del costo di importazione dei
biocarburanti l’effetto potrebbe essere ancora più marcato.
Infatti è noto che l’Italia è uno dei Paesi europei con la maggiore capacità produttiva di
biodiesel. Ma nel corso del 2011 la produzione nazionale di semi di oli vegetali ha riguardato
una superficie ridotta pari a circa 20.000 ha39, stante la non attrattività dei prezzi offerti
rispetto ad altre colture. La produzione di biodiesel rinvenibile da materia prima nazionale è
quindi stimabile in poco meno di 20.000 ton nel corso del 2011. Non si intravvedono nel
prossimo futuro modifiche sostanziali delle attuali condizioni di mercato.
I consumi di biodiesel per l’autotrazione nel corso del 2011 dovrebbero essere stati pari
a circa 1.220.000 ton , pertanto prodotti per il 99% con materia prima di importazione, ovvero
prodotti e trasformati direttamente all’estero (malgrado la capacità produttiva dell’industria del
biodiesel italiana sia tra le maggiori in Europa, la maggior competitività delle produzioni estere
ha fatto sì che le importazioni di biodiesel sono stimabili nel corso del 2011 pari al 60% del
biodiesel immesso nel consumo40).
Il biometano quindi, si caratterizza per essere:
un carburante in grado di favorire una maggiore penetrazione della veicolarità
con combustibili alternativi al petrolio nel sistema dei trasporti italiano;
in virtù della politica di defiscalizzazione, di contribuire a ridurre il costo per la
mobilità pagato dai consumatori italiani;
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un carburante in grado di ridurre il costo delle importazioni per il conseguimento
degli obbiettivi al 2020 in termini di carburanti da fonti rinnovabili e alternative,
che secondo le previsioni attuali del PAN inviato dal Governo alla Commissione,
noi stimiamo essere almeno pari a 1,8Mrd di euro di extra costo rispetto i
combustibili fossili al 20201.
Il biometano immesso in rete ovvero trasportato con mezzi stradali può essere utilizzato
sia in sistemi cogenerativi che come biocarburante. L’Italia è il principale mercato dei veicoli a
gas naturale: pertanto il biometano è l’unica opzione consistente e già oggi disponibile, per la
produzione di biocarburanti “made in Italy” utilizzando materia prima italiana, utilizzabile da
subito senza limiti di miscelazione con il gas naturale.
L’impianto in progetto si configurerà come un sistema integrato di due fra le migliori
tecniche disponibili: digestione anaerobica a secco e compostaggio aerobico in biocelle.
I vantaggi e le sinergie che si ottengono si possono così riassumere:
Miglioramento del bilancio energetico dell’impianto con produzione di energia
rinnovabile;
Migliore capacità di controllo ed a costi minori delle emissioni;
Minore impegno di superficie a parità di rifiuto trattato;
Riduzione dell’emissione di CO2 in atmosfera (bilancio nullo o positivo);
Omogeneità di flussi (digestato) in ingresso alla fase aerobica, con una migliore
utilizzazione agronomica degli elementi fertilizzanti (organicazione dell’azoto);
Garanzia di riduzione degli organismi patogeni grazie al doppio passaggio
termico;
Riduzione del fabbisogno di strutturante ligneo-cellulosico rispetto al solo
trattamento aerobico;
Creazione di posti di lavoro;
Persecuzione dell’obbiettivo di prossimità.
1 2480 kte corrispondono a circa 28.9000 GWh th di biocarburanti al 2020: considerando i prezzi attuali dei biocaburanti (115 €/MWh ) ed il costo industriale dei combustibili fossili (55€/MWh) si ottiene una stima dell’extra costo.
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4. FABBISOGNO RECUPERO FRAZIONE ORGANICA
Con le sue 6 milioni di tonnellate raccolte in maniera differenziata, la frazione organica
dei rifiuti urbani (FORSU) si conferma anche nel 2015 come la porzione principale degli RSU
complessivamente avviati a recupero in Italia, giungendo a rappresentarne poco meno della
metà. Dal 1993, anno della nascita in Italia delle prime filiere per il recupero dell’organico, le
percentuali della raccolta separata di scarti alimentari, imballaggi compostabili e sfalci e
potature del verde urbano hanno conosciuto un incremento costante: nel 2010
rappresentavano il 36,6% di tutti i rifiuti differenziati, passando al 42,7% nel 2014 fino al
43,3% del 2015. Complessivamente, si legge nel rapporto Ispra rifiuti urbani 2016, nel 2015 i
sistemi di differenziata messi a punto dalle amministrazioni locali hanno intercettato 6 milioni
71mila tonnellate di frazione organica. Un aumento del 6,1% sull’anno precedente, frutto
dell’incremento della raccolta in tutte e tre le principali macroaree del Paese: +4,7% al Nord,
+10,4% al Centro, +6,1% al Sud.
Proprio il dato territoriale, però, mostra come dietro il generalizzato aumento della
raccolta dell’organico si nascondano ancora profonde differenze tra le varie aree della
Penisola: si va dalle 3,4 milioni di tonnellate raccolte al Nord, alle 1,2 del Centro, fino alle 1,5
milioni di tonnellate del Sud. Nonostante i numeri in aumento infatti, restano ancora tante,
soprattutto al Sud, le Regioni in ritardo con l’attivazione di sistemi di raccolta differenziata
dell’organico in ambiti territoriali più o meno estesi: dalla Sicilia alla Calabria, dalla Basilicata
al Lazio, fino alla Campania. Regioni che soffrono l’assenza di una rete capillare di impianti
necessari alla effettiva valorizzazione del rifiuto raccolto in maniera separata, ovvero centri di
compostaggio e di digestione anaerobica, che dalle frazioni organiche ricavano ammendante e
biogas.
Stando al Rapporto Ispra, sul territorio italiano sono attualmente presenti 263 impianti di
compostaggio e 46 impianti di digestione anaerobica. Analizzando la distribuzione degli
impianti effettivamente operativi in Italia per macroaree, risulta che il 66% degli impianti è
situato nel Nord Italia, il 13% al Centro e il rimanente 20% al Sud. Percentuali che sembrano
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riprodurre proprio la distribuzione delle quantità intercettate in maniera differenziata nelle tre
macroaree territoriali.
Senza centri di trattamento capaci di rispondere al principio di prossimità, infatti, le
amministrazioni locali si vedono costrette a spedire il rifiuto differenziato verso impianti al di
fuori del proprio ambito territoriale, sobbarcandosi oltre ai costi per il trattamento anche quelli
per il trasporto. Così, da poche decine di euro il costo per una singola tonnellata di umido può
arrivare anche a superare i 160 euro. Costi che poi finiscono inesorabilmente per gravare sulla
tassa rifiuti. Con esiti ai limiti del paradossale, dal momento che, in assenza di centri di
compostaggio e biodigestione, più la raccolta differenziata della frazione organica aumenta,
più aumentano i costi complessivi di avvio a recupero e più aumenta la tassa rifiuti.
Come in Campania, una delle Regioni dove negli ultimi anni la raccolta dell’organico è
cresciuta di più, passando dalle 494mila tonnellate del 2011 alle 685mila tonnellate del 2015,
e che però è anche una delle più sguarnite sul fronte impiantistico.
L’importo della tassa, in assenza di impianti e di un sistema di misurazione puntuale
delle quantità di rifiuti prodotte, piuttosto che riflettere il comportamento virtuoso di cittadini ed
amministratori e quindi incentivarlo, finisce invece per aumentare, scoraggiando i primi e con il
rischio che i secondi preferiscano altre soluzioni, più economiche e meno orientate alla
sostenibilità ambientale: dal non attivare la raccolta separata dell’organico al non spingerla con
il porta a porta per mantenerne basse le quantità e contenere i costi di raccolta.
La legge “Green Economy” ha obbligato, ad esempio, le regioni ad adottare, entro il 2
febbraio 2017, programmi di riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica,
fissando una serie di obiettivi: meno di 173 kg/pro capite entro il 2021, meno di 115 entro il
2024, meno di 81 entro il 2031.
In Campania, con l’aumento impressionante della raccolta non è corrisposto un
adeguato ampliamento della dotazione impiantistica. La capacità di trattamento dell’organico
in Regione, attualmente, oscilla tra le 56mila e le 190mila tonnellate annue. Tant’è vero che,
spiega Ispra, dei rifiuti organici raccolti nel 2015 solo la decima parte, pari a circa 71mila
tonnellate è stata trattata entro i confini regionali, mentre le rimanenti 614mila tonnellate di
FORSU, causa mancanza di impianti, sono state spedite in altre Regioni: al Nord, in impianti in
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Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, ma anche al Sud, in Puglia e Sicilia. A conti fatti,
considerando un costo medio di 165 euro a tonnellata, la Campania, tramite i suoi
contribuenti, per esportare la FORSU ha speso nel 2015 la bellezza di 101 milioni di euro, ai
quali vanno aggiunte le penalità da 120mila euro al giorno inflitte dalla Corte di giustizia
europea nell’ambito della procedura d’infrazione per le inefficienze del ciclo regionale dei
rifiuti: tra queste anche e soprattutto quelle legate alla carenza di centri di trattamento della
FORSU.
In conclusione, che alla Campania, e alle altre Regioni in ritardo, servano impianti per
l’umido lo chiede, oltre all’Europa, anche il portafogli dei contribuenti. Non a caso la
Campania è anche la prima Regione nella speciale classifica stilata dal Ministero dell’Ambiente
nel decreto attuativo dell’articolo 35 dello Sblocca Italia per l’individuazione, su tutto il territorio
nazionale, del fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti
urbani.
Secondo la ricognizione effettuata dal Ministero, della quale le Regioni dovranno tenere
conto in fase di pianificazione dei cicli di gestione, la Campania avrebbe bisogno di capacità di
trattamento annua oscillante tra le 767 e le 884mila tonnellate. Subito dopo la Sicilia (348-
450mila tonnellate annue stimate) e il Lazio (tra le 324 e le 442mila). Soltanto cinque Regioni
sono risultate già pienamente dotate delle strutture necessarie (Valle D’Aosta, Veneto, Friuli,
Umbria e Sardegna) mentre per altre tre la necessità è solo parzialmente soddisfatta o
comunque limitata, sia pure in prospettiva (Piemonte, Emilia Romagna e Puglia).
Da un’analisi effettuata dai dati ISPRA 2016, la produzione di Rifiuti Speciali prodotti nel
Sud Italia per le macro categorie sottoelencate che interessano l’impianto in questione è pari a
15.013.738 tonnellate. Di seguito si riporta una tabella riepilogativa:
Capitoli CER DESCRIZIONE Produzione
Rifiuti Speciali (t) Dati ISPRA 2016
Sud Italia
02 RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA, ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA, PREPARAZIONE E LAVORAZIONE DI ALIMENTI
828.629
03 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE
118.167
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Capitoli CER DESCRIZIONE Produzione
Rifiuti Speciali (t) Dati ISPRA 2016
Sud Italia
04 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DI PELLI E PELLICCE, E DELL'INDUSTRIA TESSILE
71.939
10 RIFIUTI PROVENIENTI DA PROCESSI TERMICI 2.094.915
15 RIFIUTI DI IMBALLAGGIO; ASSORBENTI, STRACCI, MATERIALI FILTRANTI E INDUMENTI PROTETTIVI (NON SPECIFICATI ALTRIMENTI)
575.256
19
RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI, IMPIANTI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE FUORI SITO, NONCHÉ DALLA POTABILIZZAZIONE DELL'ACQUA E DALLA SUA PREPARAZIONE PER USO INDUSTRIALE
10.792.410
20 RIFIUTI URBANI (RIFIUTI DOMESTICI E ASSIMILABILI PRODOTTI DA ATTIVITÀ COMMERCIALI E INDUSTRIALI NONCHÉ DALLE ISTITUZIONI) INCLUSI I RIFIUTI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
532.422
TOTALE (t) 15.013.738
Tabella 6 Produzione Rifiuti Speciali nel Sud Italia – ISPRA 2016
L’impianto in progetto, si configura pertanto di indubbia utilità al fine di soddisfare il
fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti provenienti non
solo dal circuito privato regionale ma anche da quelli provenienti dal circuito pubblico/privato
extraregionale, ed in particolari dalle regioni meridionali.
5. OGGETTO RICHIESTA AUTORIZZAZIONE
La richiesta di autorizzazione del progetto dell'impianto è effettuata secondo quanto
previsto dalle normative nazionali e regionali vigenti in materia.
In particolare, nell'impianto in oggetto verranno svolte le attività previste dalla Parte
Quarta del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, quali:
Operazioni di recupero:
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R1 (Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre
energia): produzione di energia elettrica da cogenerazione e biometano da
upgrading del biogas;
R3 (Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi,
comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche):
produzione di compost di qualità del tipo ammendante compostato misto;
R12 - Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11
(In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le
operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come,
tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione,
l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la
separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R
1 a R 11): trattamenti meccanici sui rifiuti appartenenti alla FORSU, FORS e
RIFIUTI VERDI;
R13 (Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti
da R1 a R12): relativa ai rifiuti appartenenti alla FORSU, FORS e RIFIUTI
VERDI;
6. LOCALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO
6.1. DESCRIZIONE DEL SITO E INQUADRAMENTO TERRITORIALE
Dalla consultazione del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico della Regione
Calabria (QTRP – Regione Calabria) è possibile definire l’area oggetto di indagine come
facente parte dell’Ambito Paesaggistico Territoriale Regionale (APTR) della Valle del Crati e, in
particolare, dell’Unità paesaggistica territoriale regionale (Uptr) denominata “Bacino del Lago
di Tarsia” (Figura 8), insieme ai comuni di Bisignano, San Cosmo Albanese, San Demetrio
Corone, San Giorgio Albanese, Santa Sofia D’Epiro, Terranova di Sibari, Vaccarizzo Albanese e
Corigliano Calabro.
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Figura 8 Uptr – Bacino del Lago di Tarsia
Il Comune di Tarsia è un piccolo centro agricolo della Media Valle del Crati.
Ha una superficie di 48,28 Km2 e conta 2.062 abitanti residenti (dati ISTAT aggiornati al
01/01/2015). Insieme ai comuni di Bisignano, Luzzi, San Demetrio Corone e Santa Sofia
d’Epiro, rientra nella Regione Agraria n. 13 – Medio Crati orientale.
Il comune dista da Cosenza, Capoluogo di Provincia, circa 49 Km; la sua posizione
centrale permette il facile raggiungimento della costa ionica ad est, di quella tirrenica ad ovest,
del massiccio del Pollino a nord e dell’altopiano della Sila a sud. Il centro storico sorge a 192
m s.l.m, l’altitudine massima è 369 m s.l.m., la minima 44 m s.l.m.
L’area interessata dal presente progetto ricade completamente nel territorio comunale di
Tarsia (CS), a circa 2,2 Km in direzione Sud-Ovest rispetto al nucleo urbano di Tarsia, ad una
quota di circa 78 m s.l.m.
L’intero territorio ricade nella Provincia di Cosenza (Figura 9).
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Figura 9 Localizzazione del Comune di Tarsia
Il sito su cui si intende realizzare l’impianto oggetto del presente progetto definitivo è
individuabile nel sistema di coordinate geografiche WGS84, alle seguenti coordinate:
39°36’15.28’’ N – 16°15’12.08’’ E;
I riferimenti cartografici relativi all’area di interesse sono i seguenti:
Stralcio della Carta topografica della Calabria 1:25.000 IGM – Foglio 543 II e Foglio
551 I (Tavola T-01)
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Figura 10 Stralcio localizzazione sito impianto su tavola IGM
Elemento n. 543163 della Carta Tecnica Regionale in scala 1:5.000 (Tavola T-02).
Sito impianto
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Figura 11 Stralcio localizzazione sito impianto su C.T.R.
Tarsia è un comune italiano di 2.062 abitanti (dati ISTAT aggiornati al 01/01/2015)
collocato in una posizione pressoché centrale della provincia di Cosenza, tra il massiccio del
Pollino e quello della Sila. I Comuni confinanti sono San Lorenzo del Vallo (5,7 km), Spezzano
Albanese (6,3 km), Terranova da Sibari (7,1 km), San Demetrio Corone (9,6 km), Roggiano
Gravina (9,6), Santa Sofia d’Epiro (9,6), Bisignano (12,8 km), San Marco Argentano (14,7 km),
Corigliano Calabro (21,3 km).
Il codice catastale del Comune è L055, mentre il codice Istat è 078145.
Sito impianto
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Figura 12 Immagine aerea dell’area con individuazione del sito
6.2. DESTINAZIONE URBANISTICA
Dal vigente Strumento Urbanistico Comunale (P.R.G. Comune di Tarsia) l’area è
classificata in parte come “zona industriale-artigianale di completamento – D.1”, riportata in
catasto al foglio di mappa n. 43, p.lla n. 63 e p.lla 47 per 7610 mq, in parte come “zona
agricola a valenza produttiva – E.2”, riportata in catasto al foglio di mappa n. 43, p.lla 47 per
5.500 mq e al foglio 43, p.lla 48.
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Figura 13 Estratto catastale
Per le Zone Territoriali Omogenee agricole – E, valgono le prescrizioni riportate agli artt.
36-38 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente strumento urbanistico comunale.
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Figura 14 Stralcio P.R.G. del comune di Tarsia con individuazione della Z.T.O. dell’area su cui insiste l’impianto
L’area occupa nel suo complesso una superficie di circa ca. 40.000 mq, individuata al
vigente catasto fabbricati e terreni con i seguenti dati:
FOGLIO PARTICELLE 43 63 - 47 43 48
Tabella 7 Inquadramento particellare dell'area di Intervento
6.3. VIABILITA’ DI ACCESSO AL SITO
Di seguito viene fornita la localizzazione del comune di Tarsia con l’individuazione delle
arterie viarie più importanti e dei comuni limitrofi (Figura 20).
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Il sito risulta facilmente raggiungibile per chi percorre l’autostrada, sia in direzione Nord,
sia in direzione Sud:
Autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria fino all’uscita Tarsia Sud;
Dallo svincolo autostradale Tarsia Sud proseguire sulla destra lungo la SP241
(già Strada Statale 19 delle Calabrie) in direzione SS106 bis – SS106
Figura 15 Mappa di indirizzo del comune di Tarsia (CS)
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7. INDIVIDUAZIONE DEI RIFIUTI DA TRATTARE
Nel complesso, si intendono trattare le seguenti tipologie di rifiuti:
Rifiuti urbani di matrice organica provenienti dalla raccolta differenziata (FORSU);
Frazione verde composta da sfalci, potature e legno;
Fanghi da depurazione di reflui civili;
Scarti e fanghi dalle lavorazioni di attività agroalimentari.
Si riporta di seguito l’elenco dei codici CER dei rifiuti in ingresso all’impianto:
CER DESCRIZIONE
2 RIFIUTI PRODOTTI DA AGRICOLTURA, ORTICOLTURA, ACQUACOLTURA, SELVICOLTURA, CACCIA E PESCA, PREPARAZIONE E LAVORAZIONE DI ALIMENTI
02 01 rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, silvicoltura, caccia e pesca
02 01 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
02 01 02 scarti di tessuti animali
02 01 03 scarti di tessuti vegetali
02 01 06 feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito
02 01 07 rifiuti derivanti dalla silvicoltura
02 02 rifiuti della preparazione e della trasformazione di carne, pesce ed altri alimenti di origine animale
02 02 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
02 02 02 scarti di tessuti animali
02 02 03 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 02 04 fanghi da trattamento sul posto degli effluenti
02 03 rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffè, tè e tabacco; della produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa
02 03 01 fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione
02 03 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
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CER DESCRIZIONE
02 03 05 fanghi da trattamento sul posto degli effluenti
02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero
02 04 01 terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole
02 04 03 fanghi da trattamento sul posto degli effluenti
02 05 rifiuti dell'industria lattiero-casearia
02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 05 02 fanghi da trattamento sul posto degli effluenti
02 06 rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione
02 06 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 06 03 fanghi da trattamento sul posto degli effluenti
02 07 rifiuti della produzione di bevande alcoliche ed analcoliche (tranne caffè, tè e cacao)
02 07 01 rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, pulizia e macinazione della materia prima
02 07 02 rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche
02 07 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 07 05 fanghi da trattamento sul posto degli effluenti
3 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI PANNELLI, MOBILI, POLPA, CARTA E CARTONE
03 01 rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili
03 01 01 scarti di corteccia e sughero
03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04
03 03 rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone
03 03 01 scarti di corteccia e legno
03 03 02 fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor)
03 03 07 scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone
03 03 08 scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati
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CER DESCRIZIONE
03 03 10 scarti di fibre e fanghi contenenti fibre, riempitivi e prodotti di rivestimento generati dai processi di separazione meccanica
03 03 11 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10
4 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DI PELLI E PELLICCE, E DELL'INDUSTRIA TESSILE
04 01 rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce
04 01 07 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo
04 02 rifiuti dell'industria tessile
04 02 10 materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad esempio: grasso, cera)
04 02 20 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19
04 02 21 rifiuti da fibre tessili grezze
04 02 22 rifiuti da fibre tessili lavorate
10 RIFIUTI PROVENIENTI DA PROCESSI TERMICI
10 01 rifiuti prodotti da centrali termiche e altri impianti termici (tranne 19)
10 01 01 ceneri pesanti, fanghi e polveri di caldaia (tranne le polveri di caldaia di cui alla voce 10 01 04)
10 01 02 ceneri leggere di carbone
10 01 03 ceneri leggere di torba e di legno non trattato
10 01 15 ceneri pesanti, fanghi e polveri di caldaia prodotti dal coincenerimento, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 04
10 01 17 ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, diverse da quelle di cui alla voce 10 01 16
10 01 21 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20
15 RIFIUTI DI IMBALLAGGIO; ASSORBENTI, STRACCI, MATERIALI FILTRANTI E INDUMENTI PROTETTIVI (NON SPECIFICATI ALTRIMENTI)
15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di raccolta differenziata)
15 01 01 imballaggi di carta e cartone
15 01 03 imballaggi in legno
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CER DESCRIZIONE
19
RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI, IMPIANTI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE FUORI SITO, NONCHÉ DALLA POTABILIZZAZIONE DELL'ACQUA E DALLA SUA PREPARAZIONE PER USO INDUSTRIALE
19 05 rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi
19 05 02 parte di rifiuti animali e vegetali non compostata
19 05 03 compost fuori specifica
19 06 rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti
19 06 04 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani
19 06 05 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale
19 06 06 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale
19 08 rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non specificati altrimenti
19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane
19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico di acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11
19 08 14 fanghi prodotti da altri trattamenti di acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13
20 RIFIUTI URBANI (RIFIUTI DOMESTICI E ASSIMILABILI PRODOTTI DA ATTIVITÀ COMMERCIALI E INDUSTRIALI NONCHÉ DALLE ISTITUZIONI) INCLUSI I RIFIUTI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
20 01 frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01)
20 01 08 rifiuti biodegradabili di cucine e mense
20 01 38 legno diverso da quello di cui alla voce 20 01 37
20 02 rifiuti di giardini e parchi (inclusi i rifiuti provenienti da cimiteri)
20 02 01 rifiuti biodegradabili
20 03 altri rifiuti urbani
20 03 02 rifiuti dei mercati
Tabella 8 Codici CER dei rifiuti in ingresso all’impianto
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8. OPERE COSTITUENTI L’IMPIANTO
I fabbricati costituenti l’impianto in oggetto, quali tipici capannoni industriali destinati al
trattamento delle matrici organiche per la produzione di compost di qualità, energia elettrica e
biometano, sono stati dislocati all’interno del sito tenendo conto dei processi che si svolgono al
loro interno e del rapporto con i flussi veicolari propri dei mezzi addetti al conferimento e alla
movimentazione dei rifiuti. Per garantire il confinamento e la netta separazione con le aree
circostanti, il sito è recintato su tutti i versanti e dotato di idonea barriera a verde costituita a sua
volta da filari alberati con annesse aiuole.
Come riportato nella Tavola T-08, allegata alla presente pratica, si è scelto di dislocare
le varie linee di trattamento delle matrici organiche in 2 “macro-blocchi funzionali”,
rispettivamente denominati quali: Blocco A, Blocco B.
BLOCCO A
Per quanto concerne il Blocco A, questi è ubicato sul versante ovest del sito in contiguità
con un capannone preesistente che però non rientra tra le opere della ditta a supporto
dell’impianto quivi descritto.
Tale blocco funzionale, è prevalentemente destinato alla maturazione in aia del compost
opportunamente stabilizzato in biocella e allo stoccaggio finale dell’ammendante compostato
misto.
In particolare, possiamo individuare nel Blocco A:
Area di maturazione finale compost biostabilizzato;
Area per lo stoccaggio finale dell’ammendante compostato misto;
Area per la vagliatura finale;
Aree per la movimentazione delle miscele con pala meccanica;
Biofiltro;
Torri di lavaggio Scrubber;
Locali tecnici e servizi igienici;
Parcheggi autovetture.
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Tutte le aree destinate al trattamento delle matrici organiche, sono evidentemente al
coperto.
Figura 16 Stralcio Tavola T-08 – BLOCCO A
BLOCCO B
Per quanto attiene al Blocco B, questi è posizionato in contiguità strutturale con il Blocco
A precedentemente descritto. Dei 2 “macro-blocchi” funzionali, questi presenta l’estensione
maggiore e al suo interno vengono svolte tutte le attività inerenti la linea di trattamento delle
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matrici organiche per la produzione del compost e dell’energia elettrica a mezzo di
cogeneratore.
In particolare, possiamo individuare:
Bussola di conferimento rifiuti;
Fossa di scarico rifiuti;
Linea di pretrattamento meccanico;
Digestore;
Biocelle;
Area per vagliatura intermedia;
Area per miscelazione delle matrici organiche;
Area di raffinazione del compost;
Biofiltro;
Torri di lavaggio Scrubber;
Modulo di cogenerazione;
Impianto di depurazione acque meteoriche;
Locali tecnici;
Parcheggi autovetture.
Aree per la movimentazione delle miscele con pala meccanica;
Area pesa e accettazione rifiuti;
Area di triturazione dei rifiuti verdi;
Tettoia per stoccaggio compost;
Area di upgrading e stoccaggio del biometano;
Locali tecnici e servizi igienici
Analogamente al Blocco A, tutte le aree proprie del Blocco B destinate al trattamento
delle matrici organiche, sono evidentemente al coperto.
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Figura 17 Stralcio Tavola T-08 – BLOCCO B
Tutta l’area propria dell’impianto, si estende per circa 40.000 mq ed è dotata inoltre di:
platee di pavimentazione, pozzetti e vasche di raccolta, gruppo pompe antincendio, serbatoi
antincendio, torcia, manufatti e condotte per la raccolta delle acque meteoriche.
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9. ATTIVITA’ SVOLTE NELL’IMPIANTO
9.1. CONFERIMENTO RIFIUTI
Il progetto in esame prevede una sezione di accettazione, posizionata in corrispondenza
del macro-blocco funzionale B, con annesse procedure di controllo dei rifiuti.
Il sistema, nel suo complesso, prevede una prima fase di pesatura elettronica del mezzo
con annesso carico in ingresso, al fine di consentire l’effettuazione dei bilanci di massa
dell’intero processo, accompagnata da un controllo radiometrico eseguito a mezzo di apposito
tunnel ed avente la finalità di rilevare eventuali anomalie radioattive proprie del carico.
Il personale addetto a tale procedura, operante presso la ditta, ha il compito di avviare
la fase di accettazione del carico, consistente nella verifica della completezza e correttezza
formale della documentazione di trasporto.
Questa, si concretizza nei seguenti step procedurali:
Procedure di preaccettazione, consistenti, in particolare, nella verifica della presenza
e della corretta compilazione dei formulari di accompagnamento oltre che della
corrispondenza tra documentazione di accompagnamento e rifiuti mediante
controllo visivo;
Procedure per l’ammissione allo stoccaggio, finalizzate ad accertare le caratteristiche
del rifiuto in ingresso.
Una volta superata positivamente la fase di accettazione e controllo del carico in
ingresso, questi, viene preso in consegna in maniera definitiva per essere sottoposto alle linee di
trattamento.
9.2. SCARICO RIFIUTI
Al termine delle operazioni di riconoscimento e pesatura in ingresso, i rifiuti verranno
scaricati in apposita fossa di conferimento.
Le operazioni di scarico si svolgono all’interno di un fabbricato chiuso, proprio del
Blocco B, e mantenuto costantemente in aspirazione.
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Le ruote degli automezzi non vengono in contatto con il materiale scaricato così da
evitare la diffusione di odori verso l’esterno.
I mezzi si accostano in retromarcia e scaricano disponendosi al bordo della vasca di
scarico, realizzata in fossa, servita da caricatore dotato di benna a polipo.
Il caricatore, posizionato a bordo dell’area di accumulo, provvede alla movimentazione
del materiale per l’alimentazione della linea di pretrattamento meccanico.
9.3. PRETRATTAMENTO MECCANICO
Tale attività è funzionale alla preparazione della miscela che andrà ad alimentare il
digestore in modo tale che la frazione umida venga separata da tutte quelle componenti che
evidentemente non possono essere avviate al digestore. Essa consiste nella triturazione per
l’apertura di eventuali sacchi contenitori, seguita dalla vagliatura. Questa ha la finalità di
separare parte delle plastiche presenti e di selezionare il materiale da avviare al digestore, che
deve essere di pezzatura inferiore a 60 mm.
Per l’alimentazione del digestore è previsto un sistema di accumulo e carico
meccanizzato, in modo tale da assicurare la funzionalità anche in assenza di operatori.
Le operazioni condotte nel pretrattamento meccanico dei rifiuti sono dunque le seguenti:
triturazione lenta, per consentire l’apertura di eventuali contenitori,
vagliatura per il controllo dimensionale dei materiali avviati al digestore.
9.4. DIGESTIONE ANAEROBICA
Tale attività è necessaria per effettuare la degradazione della matrice organica in
ingresso al digestore, da parte di microrganismi che operano in condizioni di anaerobiosi.
La degradazione biologica della sostanza organica in condizione di anaerobiosi (in
assenza, cioè, di ossigeno molecolare, come O2, o legato ad altri elementi, come nel caso
dell’azoto nitrico, NO3-), determina la formazione di diversi prodotti, i più abbondanti dei quali
sono due gas: il metano ed il biossido di carbonio.
La degradazione biologica in questione, coinvolge diversi gruppi microbici interagenti tra
loro: i batteri idrolitici, i batteri acidificanti (acetogeni ed omoacetogeni) ed, infine, i batteri
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metanigeni, quelli cioè che producono metano e CO2, con prevalenza del gas di interesse
energetico, che rappresenta circa i 2/3 del biogas prodotto. I batteri metanigeni occupano
quindi solo la posizione finale della catena trofica anaerobica.
L’attività biologica anaerobica avvien in un ampio intervallo di temperatura: tra – 5 e +
70 °C. Esistono, tuttavia, differenti specie di microrganismi classificabili in base all’intervallo
termico ottimale di crescita: psicrofili (temperature inferiori a 20 °C), mesofili (temperature
comprese tra i 20 °C ed i 40 °C) e termofili (temperature superiori ai 45 °C).
I fattori che influenzano le reazioni biologiche della matrice organica, sono i seguenti:
temperatura;
presenza di sostanze tossiche;
struttura dell’aggregato microbico;
tempo di detenzione;
pH;
elementi utili;
caratteristiche del substrato;
fluidodinamica del reattore.
Nello specifico si attua una digestione a secco in condizione termica termofila. Questa
viene effettuata in un digestore dotato di agitatore ad asse unico orizzontale con flusso a
pistone continuo ad una temperatura di min. 55°C con un tempo di permanenza idraulica in
media di circa 14 – 28 giorni.
Il trattamento a secco permette al materiale di passare dall'entrata all'uscita del digestore
in un flusso a pistone stabile, evitando la miscelazione del materiale in entrata con il materiale
già trattato evitando quindi i corti circuiti di materiale non trattato in uscita dal digestore.
Il tempo di ritenzione definito, permette di igienizzare il materiale eliminando organismi
patogeni, semi di piante, etc. Allo stesso tempo permette un'ottimale decomposizione del
materiale organico con relativa cospicua produzione di biogas.
L'asse agitatore orizzontale, incorporato nel digestore, previene la formazione di
sedimenti nel fondo e dell'eventuale crosta alla superficie del substrato in digestione. In più fa in
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modo che il biogas riesca ad accumularsi facilmente nella parte superiore del digestore. Tutte le
parti che necessitano di manutenzione sono accessibili dall'esterno. Questo per fare in modo
che non si debba interrompere la funzione del digestore per eventuale manutenzione.
I parametri principali del processo sono controllati dalla centrale elettronica.
Evidentemente, la fase di digestione anaerobica consente di produrre digestato in
seguito avviato al compostaggio in biocella e al tempo stesso, di produrre biogas.
Questi, per come già esplicitato nella presente relazione, viene impiegato secondo una
configurazione di tipo 1, per la produzione di energia elettrica in un sistema di cogenerazione,
mentre secondo una configurazione di tipo 2, per la produzione di biometano mediante un
sistema di upgrading del biogas.
9.5. MISCELAZIONE
Il materiale prodotto a seguito della digestione anaerobica viene scaricato dal digestore
per mezzo di pompe e di un sistema di tubazioni. Parte di esso è riciclata per inoculare il
materiale fresco in alimentazione al digestore. I residui sono trasferiti all’area di miscelazione
per la predisposizione al trattamento aerobico che si effettua nelle biocelle.
La miscelazione delle matrici avviene a mezzo di apposito miscelatore, la cui descrizione
è rimandata al Cap. 13 della presente relazione.
Tale macchinario, predispone il materiale da avviare al compostaggio, miscelando i
seguenti materiali:
matrici organiche e fanghi non avviati al digestore;
frazione verde strutturante;
sopravaglio di ricircolo dalla vagliatura del compost;
materiali estratti dal digestore.
9.6. BIOSTABILIZZAZIONE
Tale processo si trova definito in letteratura come fase attiva, definita come
“biossidazione accelerata” o “ACT – active composting time”.
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La miscela proveniente dall’area di miscelazione del digestato con altre componenti
organiche, viene trasferita con pala gommata nella sezione propria della biostabilizzazione
presente nel Blocco B, per una fase primaria del compostaggio.
La biostabilizzazione della matrice organica, avviene in apposite biocelle, strutturate in
modo tale da:
contenere le emissioni maleodoranti, conferendo il materiale e mantenendolo
durante le fasi di trattamento, in ambienti chiusi ed aspirati;
raccogliere e trattare i liquidi di condensa e percolato al fine di evitare versamenti
incontrollati, odori e sporcamenti;
operare sul materiale in trattamento un ciclo intensivo, con il controllo continuo e
la regolazione automatica dei parametri di processo.
Le biocelle sono dei reattori chiusi, di grandi dimensioni, realizzati in calcestruzzo armato
o prefabbricato, il cui pavimento è provvisto di un sistema integrato di insufflazione dell’aria di
processo. Vengono caricate attraverso la porta anteriore mediante pala meccanica, l'operatore
della pala cura anche la distribuzione del materiale all'interno delle biocelle. Durante le fasi di
carico e scarico la biocella viene ventilata mediante la condotta di sfogo.
Una volta completato il caricamento, il portone viene chiuso e inizia il processo con
gestione automatizzata. L’aria di processo viene insufflata nel materiale dal basso; dopo aver
attraversato il materiale, l’aria viene ripresa per essere ricircolata finché il suo tenore di
ossigeno è sufficiente.
Quando il tenore di ossigeno scende sotto i valori preimpostati, automaticamente viene
introdotta aria fresca.
Il ricircolo dell’aria consente di limitare la quantità di aria fresca introdotta e quindi di
mantenere l’umidità della massa nelle condizioni ottimali del processo. Viceversa, nel
compostaggio eseguito tradizionalmente in cumuli aereati, l’umidità del materiale degrada
rapidamente soprattutto nello strato superficiale inibendo l’attività microbica.
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9.7. MATURAZIONE E VAGLIATURA FINALE DEL COMPOST
Il materiale estratto dalla sezione di compostaggio accelerato viene disposto in aia per il
completamento della fase di maturazione. Le aie di maturazione dell’impianto in oggetto, sono
tutte dislocate all’interno del Blocco A, in fabbricati chiusi e mantenuti in costante aspirazione.
Durante questa fase il materiale subisce rivoltamenti periodici, operati con pala
gommata.
Alla fine di questo processo, che dura circa 30 giorni, la matrice viene trasferita alla
sezione di valorizzazione che comprende la vagliatura finale fondamentale per la produzione
dell’ammendante compostato misto. Tale ammendante compostato, viene infine stoccato in
apposita area, previa commercializzazione.
9.8. COGENERAZIONE E PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
Il biogas naturale, prodotto in sede di digestione anaerobica, alimenta l’unità di
cogenerazione. L'unità di cogenerazione è fornita in un contenitore di dimensioni standard,
pronta per la connessione e l’esercizio. La modalità di funzionamento continuo del digestore
assicura la produzione di biogas costante e utilizza al meglio le prestazioni del gruppo di
cogenerazione.
L’intento è quello di produrre energia elettrica da immettere nella rete pubblica e al
tempo stesso da utilizzare per le necessità dell’impianto stesso.
Inoltre, l’'energia termica disponibile viene utilizzata per il riscaldamento del digestore e
per favorire il processo di compostaggio. Questo utilizzo avviene tramite il riscaldamento
dell'aria insufflata nei cumuli in fase di compostaggio. La necessità e collegata alle condizioni
biologiche del materiale in trattamento, che ha subìto un processo intensivo in fase anerobica,
riducendo quindi la sostanza organica più facilmente degradabile e deve essere favorito nella
successiva fase aerobica per poter sviluppare le condizioni di temperatura ottimali alla crescita
degli organismi che operano la degradazione ulteriore della sostanza organica.
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9.9. UPGRADING BIOMETANO
Secondo quanto previsto dalla configurazione di tipo 2 dell’impianto, il biogas prodotto
in fase di digestione anaerobica della matrice organica, viene avviato ad un sistema di
upgrading per la produzione di biometano da immettere in rete o comunque da impiegare per
il settore dell’autotrazione.
La sezione specifica di upgrading, localizzata nel Blocco C dell’impianto, che si prevede
di installare ha una capacita di depurazione fino a circa 500 Nmc/h di biogas grezzo.
Il biogas grezzo inviato al sistema di upgrading è saturo di vapore acqueo ed ha un
contenuto di metano attorno al 58%, la restante parte del gas è costituita principalmente da
anidride carbonica, con piccole quantità di azoto e ossigeno molecolari e presenza di tracce di
idrogeno solforato ed ammoniaca.
Per trasformare il biogas in biometano e renderlo di qualità equivalente o migliore al
normale gas naturale prodotto da fonte fossile e, quindi, necessario sottoporlo ad una serie di
pretrattamenti (desolforazione, deumidificazione) e ad un processo di rimozione dell’anidride
carbonica, chiamato appunto upgrading.
Il sistema di upgrading che è previsto in progetto e del tipo a membrane e le specifiche
tecniche sono rimandate al Cap. 13 della presente relazione.
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10. CONFIGURAZIONI DELL’IMPIANTO
Seguendo le attuali possibilità normative in merito alla valorizzazione del biogas ottenuto
da processi di digestione anaerobica, l’impianto è concepito secondo due configurazioni
impiantistiche, di seguito esplicitate.
10.1. CONFIGURAZIONE 1 – PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
Secondo tale configurazione, l’impianto tratterà quota parte della FORSU, del FORS e
del VERDE al digestore, nella misura necessaria e sufficiente a produrre 1MWh di energia
elettrica. La restante quota parte di FORSU, FORS e VERDE, sarà fatta confluire direttamente
alla sezione di compostaggio.
Operando in questo modo si evita che vi sia una sovrapproduzione di biogas che
dovrebbe poi essere necessariamente bruciato in torcia.
In conseguenza di questa diversificazione nel trattamento della FORSU, al compostaggio
si avranno due flussi di materiale soggetti a tempi di trattamento diversi e precisamente:
Miscela composta da DIGESTATO, proveniente dalla sezione di digestione anaerobica
della FORSU, FORS, VERDE e SOVVALLI DI RICIRCOLO della sezione di compostaggio;
Miscela composta da FORSU (non trattata alla sezione di digestione anaerobica), FORS,
VERDE e SOVVALLI DI RICIRCOLO della sezione di compostaggio.
Il biogas prodotto sarà sufficiente al funzionamento di un cogeneratore da 999 kWh.
Dalla sezione di compostaggio si produrrà Ammendante Compostato Misto ACM.
10.2. CONFIGURAZIONE 2 – PRODUZIONE DI BIOMETANO
Questa configurazione risulterà attiva, nel momento in cui sarà operativamente possibile
la cessione nella rete pubblica del biometano, ottenuto attraverso la purificazione e la
compressione del biogas prodotto dell’impianto di digestione anaerobica.
In tale fase si avrà che tutta la FORSU e la FORS, assieme ad una quota di VERDE,
transita nei digestori e una volta terminato il processo di digestione anaerobica, il digestato
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prodotto sarà destinato al compostaggio, previa miscelazione con VERDE e SOVVALLI DI
RICIRCOLO.
In questa fase, in accordo con le attuali normative, il gestore potrà decidere se:
1. destinare tutta la produzione di biogas alla sezione di upgrading e compressione
producendo solo biometano da immettere in rete;
2. destinare quota parte del biogas alla produzione di biometano per l’immissione
in rete, e quota parte del biogas al motore per gli autoconsumi dell’impianto;
3. destinare tutta la produzione di biogas al motore per produrre energia elettrica.
Dalla sezione di compostaggio si produrrà Ammendante Compostato Misto (ACM),
secondo quanto previsto dal D.Lgs. 75 del 29/04/2010, normativa vigente che regolamenta la
commercializzazione dei fertilizzanti.
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SEZIONE C QUADRO DI RIFERIMENTO
AMBIENTALE
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11. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Per il quadro di riferimento ambientale, lo studio di impatto è sviluppato secondo criteri
descrittivi, analitici e previsionali, con riferimento alle componenti ed ai fattori ambientali
interessati dal progetto. In linea alla normativa vigente, si procede alla descrizione
dell’ambiente che caratterizza l’ambito territoriale di inserimento del sito, al fine di individuare i
fattori che assumono massima importanza nella caratterizzazione delle componenti ambientali
(potenziali ricettori di impatto), tenendo conto dello stato di carico che già le caratterizza.
Nel presente quadro di riferimento ambientale verranno analizzate le componenti
naturalistiche ed antropiche interessate dal progetto e le interazioni tra queste e il sistema
ambientale preso nella sua globalità.
In particolare verrà descritto l'ambito territoriale specifico (sito), l’area potenzialmente
interessata dalle interazioni con il progetto (area vasta) ed i sistemi ambientali coinvolti, sia
direttamente che indirettamente, i quali possono subire effetti significativi sulla qualità e
sull'eventuale criticità degli equilibri esistenti.
Verranno documentati i livelli di qualità preesistenti all'intervento per ciascuna
componente ambientale interessata e gli eventuali fenomeni di degrado delle risorse in atto,
attraverso la stima qualitativa e quantitativa degli impatti indotti dall'opera sul sistema
ambientale, nonché le interazioni degli impatti con le diverse componenti ed i fattori ambientali,
anche in relazione ai rapporti esistenti tra essi.
Infatti verranno valutati gli impatti di varia natura collegati alle nuove infrastrutture e del
corretto inserimento nel paesaggio e nell’ecosistema; il contenimento dei possibili impatti
connessi alle emissioni di sostanze inquinanti; la compensazione ed il ripristino del sito
conformemente al monitoraggio ed alle procedure di controllo previste.
Verrà descritta, analizzata e stimata la modifica, sia nel breve che nel lungo periodo, dei
livelli di qualità preesistenti, in relazione alle opere ed alle attività del progetto.
Inoltre verranno definiti gli strumenti di gestione e di controllo e, ove necessario, le reti di
monitoraggio ambientale, documentando la localizzazione dei punti di misura e i parametri
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ritenuti opportuni, anche in relazione ai sistemi di intervento nell'ipotesi di manifestazioni di
emergenze particolari.
Tale metodo di sviluppo del quadro di riferimento ambientale permette di avvenire
innanzitutto alla tutelata la salute e la sicurezza della popolazione, in modo da assicurare ad
ogni individuo un intorno di vita sicuro e salubre; ma anche al rispetto delle fondamentali
esigenze di un corretto sviluppo degli ecosistemi e delle specie in essi presenti; così da garantire
per le generazioni future la conservazione e la capacità di riproduzione dell’ecosistema. Inoltre
viene assicurata una fruizione corretta dell’ambiente quale bene e patrimonio culturale,
attraverso la protezione degli aspetti storici, culturali significativi del paesaggio ed un uso
corretto delle risorse naturali attraverso il ricorso, ove possibile, alle risorse rinnovabili ed alle
programmazioni economiche che ne favoriscano l’uso.
Di conseguenza, nello studio di impatto ambientale è fondamentale una
caratterizzazione dell’ambiente che comprenda l'insieme delle analisi che consentono di
delineare la natura o gli elementi strutturali e funzionali specifici del territorio in esame, per
permettere la giusta collocazione dell’opera in progetto.
11.1. CARATTERIZZAZIONE DELLE COMPONENTI AMBIENTALI
Lo studio di impatto ambientale di un'opera dovrà considerare le componenti
naturalistiche ed antropiche interessate, le integrazioni tra queste ed il sistema ambientale preso
nella sua globalità. Generalmente le componenti ambientali sono gli elementi fisicamente
individuabili che compongono l’ambiente considerato dagli Studi di impatto ambientale. Esse
possono presentare delle congruenze in base agli impatti attesi e quindi essere raggruppate in
categorie opportune.
Tale approccio permette di ricercare i possibili impatti di un nuovo intervento e le
indicazioni necessarie per effettuare la caratterizzazione dell’ambiente naturale, sociale,
paesaggistico, economico, in relazione alla situazione preesistente alla realizzazione
dell’intervento.
L’analisi delle componenti ambientali interessate al progetto sono determinate sulle
indicazioni degli allegati I e II del D.P.C.M. 27 dicembre 1988 che titola: "Norme tecniche per
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la redazione degli studi di impatto ambientale" e sulla base delle indicazioni emerse dall’analisi
delle relazioni del progetto con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore sviluppate
nel quadro di riferimento programmatico e dall’analisi del progetto in relazione al suo
inserimento nel territorio evinte dal quadro di riferimento progettuale.
Le componenti ed i fattori ambientali sono così intesi:
atmosfera: qualità dell'aria, caratterizzazione meteoclimatica e odori;
ambiente idrico superficiale: acque superficiali dolci, salmastre e marine,
considerate come componenti, come ambienti e come risorse;
ambiente idrico sotterraneo: acque sotterranee considerate come componenti, come
ambienti e come risorse;
suolo e sottosuolo: intesi sotto il profilo geologico, geomorfologico e pedologico, ed
anche come risorse non rinnovabili;
morfologia del sito e stabilità dei pendii: nel quadro dell’ambiente in esame;
clima acustico: rumore e vibrazioni considerati in rapporto all’ambiente sia naturale
che umano;
vegetazione e flora: formazioni vegetali, emergenze più significative, specie protette
ed equilibri naturali;
fauna: associazioni animali, emergenze più significative, specie protette ed equilibri
naturali;
sistemi insediativi “ecosistemi antropici”: complessi di componenti e fattori fisici,
chimici e biologici tra loro interagenti ed interdipendenti, che formano un sistema
unitario ed identificabile per propria struttura, funzionamento ed evoluzione
temporale, quali un lago, un bosco, un fiume o il mare;
sito e paesaggio: aspetti morfologici e culturali del paesaggio, identità delle
comunità umane interessare e relativi beni culturali.
assetto sociale, economico e territoriale: aspetti culturali del paesaggio, identità
delle comunità umane interessate e relativi beni culturali;
salute pubblica e sicurezza: come individui e comunità;
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11.1.1. Atmosfera
Le analisi concernenti la componente atmosfera sono effettuate attraverso i dati
meteorologici convenzionali (temperatura, precipitazioni, umidità relativa, vento), riferiti ad un
periodo di tempo significativo, nonché eventuali dati supplementari e dati di concentrazione di
specie gassose e di materiale particolato. La caratterizzazione dello stato fisico dell'atmosfera
verrà valutata attraverso la definizione di parametri quali:
regime pluviometrico;
regime termometrico;
regime anemologico;
qualità dell’aria;
irraggiamento solare.
Inoltre verrà valutata la caratterizzazione preventiva dello stato di qualità dell'aria e la
localizzazione e caratterizzazione delle fonti inquinanti.
La finalità dello studio è l’individuazione e stima delle relazioni che si determineranno tra
la componente atmosfera e l’opera in progetto, in termini di modificazione dei livelli di
concentrazione degli eventuali inquinanti, valutati con riferimento all’ambito di studio ed ai
singoli ricettori in esso presenti, e verificati rispetto ai limiti massimi imposti dalla normativa
vigente.
Le condizioni climatiche generali si possono ascrivere all’ambiente tipico mediterraneo
senza accusare la presenza di fenomeni estremi stagionali, non sono mai state segnalate
condizioni di ghiaccio e precipitazioni nevose e piovose di elevata intensità.
Il clima mediterraneo ha lunghe estati calde e asciutte ed inverni miti. È tipico delle
regioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo: il sud della Spagna, della Francia, della
penisola balcanica e l'Italia peninsulare.
11.1.2. Regime pluviometrico
Nell’analisi delle caratteristiche ambientali una particolare attenzione deve essere rivolta
all’andamento delle precipitazioni. Per esaminare le caratteristiche pluviometriche dell’area di
indagine sono stati presi in esame i dati pubblicati dall’ARPACal – Centro funzionale multirischi
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della Calabria (http://www.cfcalabria.it), relativi al punto di osservazione caratterizzante il sito. È
stata scelta la stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Tabella 9) con Codice 1140.
Tabella 9 Monografia della stazione pluviometrica di Tarsia (Cod.1140)
I dati a disposizione sono distribuiti in 85 anni (1922-2015), con rilevamenti in 999 mesi
(Tabella 10), sufficienti a stabilire un quadro pluviometrico soddisfacente.
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Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Totale1922 178.0 » » 33.0 ‐ ‐ ‐ ‐ 67.0 95.0 95.0 57.0 » 1923 182.0 90.0 61.0 66.0 ‐ 9.0 ‐ 49.0 ‐ 25.0 137.0 257.0 876.0 1924 100.0 142.0 45.5 102.5 ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ 90.5 161.0 39.5 681.0 1925 ‐ ‐ 36.0 56.5 122.5 18.0 ‐ ‐ 55.0 111.0 194.5 194.5 788.0 1926 59.0 10.0 61.0 47.0 77.0 12.5 ‐ 41.0 8.0 11.5 31.0 184.0 542.0 1927 142.0 » 55.0 51.5 61.0 ‐ ‐ ‐ 59.0 116.0 82.0 206.0 » 1928 109.0 26.0 105.5 46.5 47.0 ‐ ‐ ‐ 110.0 23.0 76.0 138.0 681.0 1929 155.0 148.5 52.0 62.0 60.0 9.0 ‐ 42.0 26.0 65.0 250.5 42.0 912.0 1930 111.0 233.0 71.0 127.0 40.5 34.0 5.0 3.3 9.5 128.0 46.0 277.5 1085.8 1931 96.5 148.0 60.5 98.0 36.5 ‐ ‐ ‐ 165.0 33.5 96.5 74.0 808.5 1932 73.0 108.0 114.5 30.5 4.0 17.4 5.0 7.0 26.0 35.0 95.0 33.0 548.4 1933 169.5 159.5 53.5 31.0 37.0 35.0 ‐ 28.0 43.0 85.5 275.5 309.5 1227.0 1934 80.0 68.0 65.0 34.0 32.0 19.0 2.5 ‐ 54.5 147.5 91.5 73.0 667.0 1935 120.5 62.5 141.5 7.0 7.0 6.0 26.5 ‐ 25.0 136.0 90.0 227.5 849.5 1936 13.5 54.0 52.5 47.5 45.0 14.0 ‐ 3.5 33.0 115.5 124.5 103.0 606.0 1937 41.5 137.2 66.5 39.8 34.5 3.0 6.7 21.7 114.0 86.5 81.5 249.0 881.9 1938 92.6 114.3 6.7 162.6 36.4 3.7 31.6 30.4 4.8 112.2 45.2 160.5 801.0 1939 89.3 41.0 132.3 67.1 108.8 16.9 ‐ 71.5 154.9 115.8 33.9 191.8 1023.3 1940 224.4 72.0 25.0 70.1 62.4 93.6 10.3 56.4 14.7 118.9 37.4 174.5 959.7 1941 127.3 135.9 3.8 54.6 62.4 21.6 4.0 23.7 31.8 114.6 165.0 58.0 802.7 1943 160.0 102.6 107.4 53.9 20.9 14.5 ‐ ‐ 35.2 71.2 153.3 59.3 778.3 1944 28.9 237.3 189.8 31.9 14.3 18.0 ‐ 21.0 37.4 204.4 128.5 169.0 1080.5 1945 232.9 4.7 38.2 17.0 17.5 2.2 ‐ 1.9 160.8 29.7 225.5 219.6 950.0 1946 162.1 12.8 95.8 41.7 4.1 0.6 18.7 3.4 ‐ 146.4 67.0 364.2 916.8 1947 189.1 125.8 20.9 34.4 49.1 10.3 26.3 50.5 27.3 46.0 60.0 172.5 812.2 1948 142.0 83.0 ‐ 21.2 70.8 4.0 7.0 19.5 37.5 73.1 151.1 36.6 645.8 1949 49.8 20.3 43.2 5.0 17.5 19.0 10.5 5.5 15.0 39.5 176.5 58.0 459.8 1950 72.5 133.5 99.5 43.5 47.8 ‐ ‐ 14.0 42.0 99.3 60.3 231.5 843.9 1951 131.0 105.5 176.5 22.0 50.5 4.0 4.0 18.5 45.0 164.5 85.0 122.0 928.5 1952 94.2 139.0 63.0 57.0 55.5 ‐ 33.6 21.2 14.0 85.8 176.8 140.5 880.6 1953 105.0 101.0 16.5 67.8 59.5 62.7 ‐ 38.7 31.5 165.2 220.8 36.1 904.8 1954 172.0 165.5 105.5 40.1 111.0 4.1 1.1 0.8 13.5 45.0 95.2 68.6 822.4 1955 101.5 100.2 58.5 42.5 0.5 13.1 9.9 27.8 153.1 122.5 70.6 21.8 722.0 1956 52.7 254.4 30.0 41.4 28.5 39.9 20.8 12.0 10.6 76.6 150.1 64.2 781.2 1957 160.7 32.1 38.3 18.2 38.5 ‐ ‐ 19.5 40.0 105.6 166.0 62.1 681.0 1958 65.8 29.7 100.8 72.3 29.3 33.8 6.4 ‐ 51.0 76.0 160.5 103.2 728.8 1959 103.3 1.3 69.2 63.6 55.0 9.2 28.7 17.3 70.8 59.5 199.9 118.7 796.5 1960 119.9 87.0 86.0 76.9 28.5 1.4 11.0 ‐ 57.0 81.0 63.8 209.0 821.5 1961 117.2 31.5 30.7 41.9 26.7 19.7 1.6 ‐ ‐ 59.5 146.5 59.8 535.1 1962 77.2 56.2 77.2 51.6 24.2 8.1 16.7 ‐ 34.1 27.7 113.9 118.5 605.4 1963 58.8 153.6 73.3 34.5 44.8 11.1 36.9 82.1 33.2 103.0 32.1 127.4 790.8 1964 117.1 46.8 111.1 86.8 17.3 50.6 50.6 23.8 37.0 108.7 110.8 180.8 941.4 1965 130.6 112.3 35.8 52.1 10.9 5.0 ‐ 12.4 195.6 23.4 155.9 87.8 821.8 1966 166.1 60.0 66.9 101.4 77.4 35.0 17.0 9.0 48.6 95.1 213.5 140.0 1030.0 1967 99.5 72.4 44.0 77.2 27.6 5.1 29.1 10.0 28.6 37.6 39.6 169.9 640.6 1968 156.8 29.0 40.2 13.9 35.0 36.3 ‐ 66.6 14.3 5.2 76.2 221.6 695.1 1969 57.4 105.2 98.2 25.1 25.1 14.4 9.2 37.7 40.3 197.8 66.2 234.1 910.7 1970 104.9 66.7 58.9 5.0 10.8 9.0 13.1 4.5 55.0 136.2 33.0 82.8 579.9 1971 98.8 95.0 177.5 71.2 ‐ 8.3 42.3 4.0 53.4 114.4 119.7 70.5 855.1 1972 146.6 20.0 61.4 60.0 47.4 » 26.4 48.4 48.3 89.0 22.6 86.1 » 1973 147.4 128.0 175.8 81.3 9.0 4.5 7.3 20.0 25.9 119.4 38.0 123.8 880.4 1974 28.5 75.6 84.5 122.4 34.2 2.4 5.0 10.0 60.0 140.5 95.3 80.5 738.9 1975 11.0 156.4 71.0 7.8 41.9 3.0 2.0 94.0 » 111.0 111.0 99.0 » 1976 29.6 98.7 71.0 61.3 48.5 69.0 27.0 13.0 83.0 146.6 342.0 153.4 1143.1 1977 52.4 65.3 14.4 73.4 3.5 19.4 ‐ 29.0 42.0 143.0 97.0 115.0 654.4 1978 135.0 117.0 72.0 169.4 56.4 7.0 ‐ 40.0 71.0 132.0 120.0 53.5 973.3 1979 235.0 182.0 40.3 72.3 27.0 22.0 ‐ 72.0 40.0 104.3 276.0 81.4 1152.3 1980 300.8 24.0 209.5 61.1 151.4 46.0 ‐ 24.0 29.0 306.9 321.3 198.0 1672.0 1989 » 46.6 48.0 53.2 19.0 14.6 20.2 9.0 35.2 86.4 15.2 48.0 » 1990 35.8 » 30.8 65.2 33.2 2.6 0.6 16.8 2.2 57.4 127.6 205.2 »
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Tabella 10 Piogge Mensili ed Annuali (1922-2015) – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
Dall’analisi dei dati si evince che nella zona di interesse il valore medio storico annuale è
di 791.5 mm, ritenuto in linea rispetto al resto della regione. Tale valore varia da un minimo di
459,8 mm rilevato nell’anno 1949, ad un massimo di 1672 mm rilevato nell’anno 1980.
In aggiunta, da un esame dei valori storici medi mensili (Figura 18) è possibile avere una
visione immediata dell’evoluzione della quantità di piogge nell’arco dell’anno. In particolare, il
regime pluviometrico del territorio in esame è caratterizzato da una marcata stagione arida
estiva con un valore medio di 17,3 mm nel trimestre Giugno-Luglio-Agosto e da un periodo
normalmente piovoso in inverno con un valore medio di 113,9 mm rilevato nel trimestre
Novembre-Dicembre-Gennaio.
1991 51.8 127.4 » 70.0 44.6 6.4 31.8 11.8 24.0 85.0 78.6 » » 1992 » » 15.6 61.6 62.6 35.4 5.4 1.4 13.4 68.6 34.0 101.6 » 1993 52.2 44.0 92.6 21.8 51.6 9.2 ‐ ‐ 42.2 79.0 107.2 79.0 578.8 1994 98.0 133.0 1.2 77.4 58.4 5.2 68.8 2.4 17.2 121.0 76.0 41.0 699.6 1995 65.4 43.4 118.8 40.6 23.4 15.4 0.2 109.8 54.2 10.4 79.6 82.2 643.4 1996 56.4 129.6 131.2 49.8 37.6 2.8 8.6 » 116.2 174.2 91.8 64.4 » 1997 39.4 15.2 52.8 41.8 11.4 19.2 3.2 32.4 50.2 122.8 155.2 81.6 625.2 1998 53.0 104.6 58.8 41.2 48.6 1.2 3.6 40.0 53.2 32.4 127.6 77.6 641.8 1999 81.0 65.8 50.2 65.4 13.4 7.8 54.6 10.2 64.8 56.8 127.4 48.0 645.4 2000 » 70.4 27.8 25.8 50.4 25.8 12.8 0.8 206.6 34.0 47.4 106.6 » 2001 104.0 36.0 55.6 47.4 17.2 4.2 18.0 0.2 88.4 3.6 100.2 105.8 580.6 2002 25.8 12.8 18.0 192.6 55.2 5.4 45.6 43.8 85.6 60.0 54.2 141.0 740.0 2003 142.2 46.2 22.2 98.0 21.8 27.4 5.0 55.2 43.0 104.8 62.0 57.0 684.8 2004 72.4 42.0 88.8 60.0 52.8 34.2 4.6 3.8 43.8 41.0 300.6 120.2 864.2 2005 113.2 » 28.2 30.6 32.0 33.4 2.2 55.4 53.0 61.8 100.6 83.4 » 2006 28.8 82.0 53.2 43.8 3.0 53.0 50.0 65.6 71.8 22.0 20.2 246.2 739.6 2007 26.2 33.0 67.0 27.4 64.0 28.4 ‐ ‐ 16.2 » 120.2 77.2 » 2008 47.2 8.2 99.8 22.8 14.0 22.6 25.6 5.2 97.6 22.6 60.0 132.2 557.8 2009 198.0 88.2 112.6 » 22.2 88.6 5.2 5.2 167.6 189.4 58.0 75.0 » 2010 199.8 155.2 76.2 45.6 49.0 44.6 7.0 ‐ 62.6 120.0 » 68.4 » 2011 67.0 62.0 107.4 66.8 60.4 3.0 ‐ ‐ 71.2 60.6 51.4 97.4 647.2 2012 14.4 286.4 21.8 107.2 69.4 40.0 24.2 ‐ 93.2 87.2 64.4 85.2 893.4 2013 191.8 110.8 156.8 18.6 16.2 9.2 40.4 12.4 50.8 32.4 230.2 121.0 990.6 2014 88.8 74.0 114.4 70.4 22.0 12.2 34.8 1.0 62.0 33.0 47.6 77.4 637.6 2015 139.6 105.8 » 28.8 28.8 41.4 9.8 81.6 52.0 » » » »
Media
mese104.5 88.8 70.9 56.3 38.5 18.1 12.2 21.6 53.8 89.5 114.3 123.0 791.5
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Figura 18 Andamento piogge: valori medi mensili – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
Analizzando, invece, le serie mensili di pioggia rilevate negli anni (Figura 19), è possibile
notare un equilibrio della media di pioggia; andamento equilibrato e pressoché che si evince
anche dall’analisi del grafico delle precipitazioni in serie annuale riportato in Figura 20.
Figura 19 Andamento piogge: valori in serie mensile – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
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Figura 20 Andamento piogge: valori in serie annuale – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
Le precipitazioni annue che interessano il bacino non presentano, pertanto, grande
variabilità pluviometrica e possono essere considerate come di media intensità.
11.1.3. Regime termometrico
Al fine di definire le caratteristiche termometriche del sito sono stati utilizzati i dati relativi
alla medesima stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140). I dati riportati in Tabella 11
si riferiscono ad un arco temporale di 27 anni (1989-2015) con rilevamenti in 288 mesi,
periodo sufficiente a stilare un grafico sull’andamento delle temperature medie mensili ed
annuali, e indicativo per stimare eventuali criticità operative.
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Tabella 11 Temperature Medie Mensili e Annuali – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
I dati riportati evidenziano un clima mediterraneo, definito anche mesotermico o
temperato caldo. Le temperature medie mensili più basse si hanno nel mese di Gennaio
(8,2°C), mentre le più alte si rilevano a Luglio e ad Agosto (rispettivamente 25,4°C e 25,6°C).
Per comprendere meglio l’evoluzione della temperatura negli anni, nelle figure sottostanti
(Figura 21 – 22 - 23) si riportano i grafici delle temperature medie mensili, delle temperature
max-med-min mensili e delle temperature max-med-min in serie mensile.
Anno Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Media1989 » 9.5 12.3 » » » » » » » » 10.0 » 1990 8.0 » 12.4 13.0 18.2 » » 24.4 » » 13.1 » » 1991 7.8 7.5 » 11.2 14.0 21.9 24.3 24.7 22.0 17.1 » » » 1992 » » 11.1 13.7 17.6 20.4 23.8 26.3 21.7 18.6 14.2 8.7 » 1993 7.8 6.3 9.1 13.3 18.6 22.7 25.0 26.7 21.5 18.1 12.1 11.1 16.9 1994 9.3 8.2 12.6 12.7 18.5 22.1 25.1 27.3 23.3 17.2 13.1 9.4 17.3 1995 7.9 10.5 9.0 11.6 17.5 21.9 26.0 23.2 19.8 16.4 10.2 10.8 15.8 1996 8.8 7.0 8.4 12.6 17.6 22.2 24.3 25.5 18.2 14.9 13.1 9.6 15.9 1997 9.0 9.4 10.2 9.9 18.8 23.6 24.7 23.7 21.4 16.0 12.9 9.1 16.3 1998 8.5 10.1 8.9 14.0 17.0 23.9 26.6 26.3 20.8 17.4 11.1 7.3 16.5 1999 » » » » 19.3 23.6 24.4 26.7 21.4 18.2 12.6 10.2 » 2000 1.3 8.3 10.7 14.6 19.5 23.5 25.5 26.5 21.1 16.8 14.4 10.8 16.8 2001 10.2 9.1 15.0 12.8 18.7 » 25.9 26.1 20.8 19.1 12.4 6.2 » 2002 7.1 11.3 12.0 13.3 17.9 23.9 » 24.2 19.5 16.5 14.3 10.0 » 2003 9.6 5.2 10.0 12.8 20.1 25.4 27.0 27.1 20.6 17.2 13.3 8.7 17.4 2004 7.8 9.1 9.9 13.3 15.7 22.4 25.4 25.4 21.1 19.6 12.3 11.0 16.7 2005 7.3 » 10.3 13.2 19.1 22.4 25.8 23.9 20.8 16.3 12.1 8.8 » 2006 6.7 8.4 » 14.7 19.4 22.6 25.1 24.2 21.2 18.2 12.1 9.9 » 2007 10.3 10.3 11.6 14.4 18.8 23.7 26.7 26.5 20.1 15.4 10.6 7.3 16.9 2008 9.0 8.4 11.4 13.5 17.6 22.8 25.7 26.1 20.1 17.0 13.0 8.0 16.7 2009 » » 10.0 13.0 19.0 22.0 26.0 26.0 22.0 15.0 14.0 13.0 » 2010 11.0 12.0 10.0 14.0 17.0 22.0 25.0 25.0 20.0 » » 9.0 » 2011 8.0 9.0 10.0 14.0 17.0 22.0 25.0 26.0 23.0 16.0 12.0 10.0 16.6 2012 7.0 6.0 12.0 14.0 17.0 25.0 27.0 27.0 22.0 18.0 15.0 9.0 17.5 2013 9.0 8.0 11.0 15.0 18.0 22.0 24.0 25.9 21.4 18.0 12.4 9.1 16.9 2014 9.5 10.6 10.8 13.0 16.6 22.5 23.0 25.3 20.8 17.3 13.8 9.4 16.5 2015 8.4 7.4 10.2 13.7 18.8 21.9 27.1 25.0 » » » » »
Media
mese8.2 8.7 10.8 13.3 18.0 22.8 25.4 25.6 21.0 17.1 12.8 9.4 16.8
R-06 Studio di Impatto Ambientale
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Figura 21 Temperature: Valori Medi Mensili – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
Figura 22 Temperature: valori medi max-med-min mensili – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 76
Figura 23 Temperature: valori medi max-med-min in serie mensile – Stazione termo-pluviometrica di Tarsia (Cod. 1140)
Poiché la media delle temperature del mese più freddo è superiore a -3°C, le
precipitazioni medie del mese meno piovoso della stagione estiva (Luglio: 12,2 mm) sono
inferiori ad un terzo di quelle del mese invernale più piovoso (Dicembre: 123 mm) e poiché la
temperatura media del mese più caldo è superiore a 22°C (Agosto: 25,6 °C), è possibile
desumere che il clima caratterizzante il territorio oggetto di indagine è di tipo temperato umido
con estate molto calda e secca (Csa).
Dal punto di vista bioclimatico, l’area di studio può essere inquadrata nella fascia a
bioclima Mesomediterraneo-subumido (Biondi e Baldoni, 1995).
11.1.4. Regime anemologico
Importante nella valutazione delle scelte progettuali è lo studio della ventosità del
territorio in area vasta. Un’elevata frequenza di fenomeni ventosi non crea pericoli particolari
alla sicurezza dell’impianto, ma può determinare cause di impatti ambientali particolari, come
la dispersione di materiale leggero. Per quanto riguarda l’andamento stagionale, è possibile
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 77
riconoscere i venti settentrionali come predominanti nelle stagioni fredde, e quelli occidentali
predominanti nelle stagioni estiva e autunnale.
Sono stati analizzati, inoltre, gli studi relativi alla ventosità (Atlante Eolico dell’Italia –
Progetto Enerin a cura del CESI e del Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova). I dati, in
parte pubblici, in parte patrimonio di operatori attivi nella produzione di energia dal vento, sono
quelli della rete anemometrica ENEL-CESI, della rete ENEA, dei Servizi Meteorologici
dell'Aeronautica Militare e quelli reperiti presso reti regionali ed altre reti. Tali dati vengono
riportati sotto forma di mappe che descrivono la distribuzione sul territorio italiano dei valori
stimati di velocità media del vento.
I dati sono deducibili dalla colorazione delle diverse aree sulla base della scala cromatica.
Figura 24 Mappa della velocità media annua del vento
L’analisi della mappa del vento (ATLANTE EOLICO DELL’ITALIA, ultimo aggiornamento
Febbraio 2012), elaborata da CESI in collaborazione con il Dipartimento di Fisica
dell’Università di Genova nell’ambito della Ricerca di Sistema, ha permesso di rilevare l’area in
esame come caratterizzata da una velocità media del vento di 6-7 m/s, assolutamente coerente
con l’intervento oggetto di studio.
Figura 1 ‐ Atlante Eolico dell’Italia – Altezza 25 m s.l.m.
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11.1.5. Qualità dell’aria
Le opere di produzione e gestione del settore rifiuti hanno, per propria caratteristica, una
relazione stretta con il rischio di alterazione della qualità dell’aria ed il presente progetto non si
riserva rispetto a tale collocazione. Infatti, in generale, la qualità dell’atmosfera è determinata
dalle emissioni (gassose, polverose, acustiche ed elettromagnetiche) dovute al traffico, alle
attività industriali e produttive in genere, allo svolgimento di attività tecnologiche particolari
(trattamento rifiuti, depurazione delle acque, ecc.), alle attività agricole e zootecniche o ad altre
attività umane di vario genere (riscaldamento degli edifici civili, collegamenti elettrici ad alta
tensione, ecc..).
La circolazione di veicoli mossi da motori a combustione interna è sicuramente la
maggior fonte di emissioni gassose, di polvere e di rumore o vibrazioni, ed è la causa della
presenza in atmosfera dei principali composti inquinanti, come anidride carbonica (CO2),
monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx), idrocarburi (HC), composti organici volatili
(VOC), piombo (Pb), particolato sospeso totale (PST), biossido di zolfo o anidride solforosa
(SO2), ozono (O3).
Il territorio della Provincia di Cosenza, a causa di una scarsa presenza di importanti
attività industriali, non presenta particolari criticità per quanto concerne la tematica
dell’inquinamento atmosferico, la cui fonte principale è rappresentata dagli scarichi degli
autoveicoli, soprattutto in prossimità dei grandi centri urbani (Fonte: VAS Rapporto ambientale –
P.T.C.P. della provincia di Cosenza). Tuttavia, al fine di realizzare un sistema di monitoraggio
efficace, la normativa comunitaria e italiana prevedono la suddivisione del territorio in zone e
agglomerati sui quali svolgere l’attività di misura, in maniera tale da poter valutare il rispetto dei
valori obiettivo e dei valori limite di qualità dell’aria. In particolare, la zonizzazione del territorio
regionale è prevista dal D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 155 (Attuazione della direttiva 2008/50/CE
relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa), che all’art.3 prevede
che le regioni e le province autonome provvedano a sviluppare la zonizzazione del proprio
territorio ai fini della valutazione della qualità dell’aria ambiente o ad un suo riesame, nel caso
sia già vigente, per consentire l’adeguamento ai criteri indicati nel D. Lgs. 155/2010.
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 79
Da quanto riportato nel documento preliminare al Piano di Tutela della Qualità dell’Aria
della Regione Calabria (PTQA Regione Calabria), il territorio regionale risulta essere suddiviso
in quattro zone rispetto ai fattori determinanti che influiscono sulla qualità dell’aria, per come
riportato nella tabella successiva.
Zonizzazione del territorio regionale
ZONA A Zona urbana in cui la massima pressione è rappresentata dal
traffico
ZONA B Zona in cui la massima pressione è rappresentata dall’industria
ZONA C Zona montana senza specifici fattori di pressione
ZONA D Zona collinare e di pianura senza specifici fattori di pressione
Tabella 12 Zonizzazione del territorio regionale
Per effettuare tale zonizzazione sono stati analizzati i seguenti elementi:
caratteristiche dell’uso del suolo;
suddivisione del territorio per fasce altimetriche;
infrastrutture e poli industriali;
informazioni statistiche sui Comuni della Regione;
risultati ottenuti dalla disaggregazione provinciale dell’inventario delle emissioni che va
dal 1990 al 2005.
Il Comune di Tarsia, in cui ricade il sito oggetto di studio, è classificato in Zona D –
Zona collinare e di pianura senza specifici fattori di pressione (Figura 25).
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Figura 25 Zonizzazione del territorio regionale con identificazione del Comune di Tarsia – Documento preliminare PTQA Regione Calabria
11.1.6. Irraggiamento solare
L’irraggiamento solare è un flusso di energia irradiato uniformemente dal sole in tutte le
direzioni. Gli strati esterni dell’atmosfera terrestre sono costantemente raggiunti da una potenza
pari a 1,36 kW/mq, la cosiddetta costante solare. Penetrando nell’atmosfera terrestre,
l’irraggiamento solare viene attenuato per effetto della riflessione, della dispersione e
dell’assorbimento da parte di particelle di pulviscolo e molecole di gas.
Le singole condizioni di irraggiamento dipendono da vari fattori quali la latitudine, la
quota, l’esposizione, le condizioni climatiche locali. L’eliofania consiste nel numero medio di
ore giornaliere di irraggiamento. Si arriva in media a 7 ore di irraggiamento giornaliero.
Tuttavia, date le caratteristiche costruttive e gestionali dell’opera, si ritiene che l’aspetto
considerato non comporti particolari condizioni sfavorevoli.
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11.1.7. Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti
Gli aspetti generali relativi alla caratterizzazione della qualità ambientale della
componente che considera le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, in rapporto all'ambiente sia
naturale che umano, possono essere ricondotti ai contenuti del DPCM 27/12/1988, il quale
specifica che (all.2 art.5 punto H) “la caratterizzazione della qualità dell'ambiente in relazione
alle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti dovrà consentire la definizione delle modifiche indotte
dall'opera, verificarne la compatibilità con gli standard esistenti e con i criteri di prevenzione di
danni all'ambiente ed all'uomo, attraverso:
la descrizione dei livelli medi e massimi di radiazioni presenti nell'ambiente
interessato, per cause naturali ed antropiche, prima dell'intervento;
la definizione e caratterizzazione delle sorgenti e dei livelli di emissioni di radiazioni
prevedibili in conseguenza dell'intervento;
la definizione dei quantitativi emessi nell'unità di tempo e del destino del materiale
(tenendo conto delle caratteristiche proprie del sito) qualora l'attuazione
dell'intervento possa causare il rilascio nell'ambiente di materiale radioattivo;
la definizione dei livelli prevedibili nell'ambiente, a seguito dell'intervento sulla base
di quanto precede per i diversi tipi di radiazione;
la definizione dei conseguenti scenari di esposizione e la loro interpretazione alla
luce dei parametri di riferimento rilevanti (standard, criteri di accettabilità, ecc.)”.
In generale, si definiscono “radiazioni ionizzanti” quelle dotate di sufficiente energia da
poter ionizzare gli atomi (o le molecole) con i quali vengono a contatto, oppure, in riferimento
all’elettromagnetismo, si intendono le radiazioni elettromagnetiche di frequenza sufficientemente
alta da essere in grado di ionizzare gli atomi della sostanza esposta. Mentre si esprimono le
radiazioni non ionizzanti quelle radiazioni di frequenza non sufficiente a provocare gli effetti su
esposti. Quindi, in riferimento all’opera oggetto di studio, in base alle potenze elettriche relative
ai livelli di tensione MT e BT che caratterizzano l’impianto elettrico di distribuzione e
considerando la presenza della schermatura nei cavi MT, si può affermare che l’intensità dei
campi elettrici generati assume valori trascurabili tali da renderne anche difficoltosa la
valutazione analitica.
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11.1.8. Ambiente idrico
Nello studio di impatto ambientale le problematiche connesse all'ambiente idrico
vengono affrontate distinguendo le acque superficiali da quelle sotterranee.
L’ambiente idrico superficiale riguarda le acque superficiali dolci, salmastre ed
eventualmente marine, considerate come componenti, come ambienti e come risorse.
L’allegato II del D.P.C.M. 27 dicembre 1988 stabilisce, relativamente alla componente
ambiente idrico all’interno del quadro di riferimento ambientale, che l’obiettivo della
caratterizzazione delle condizioni idrografiche, idrologiche e idrauliche, dello stato di qualità e
degli usi dei corpi idrici è:
stabilire la compatibilità ambientale, secondo la normativa vigente, delle variazioni
quantitative (prelievi, scarichi) indotte dall'intervento proposto;
stabilire la compatibilità delle modificazioni fisiche, chimiche e biologiche, indotte
dall'intervento proposto, con gli usi attuali, previsti e potenziali, e con il
mantenimento degli equilibri interni a ciascun corpo idrico, anche in rapporto alle
altre componenti ambientali.
A livello provinciale il reticolo idrografico superficiale, a causa della presenza di corsi
d'acqua a carattere torrentizio in approfondimento, dovuto al generale sollevamento regionale,
si presenta piuttosto sviluppato e complesso. Nell’area oggetto di indagine l’unico corso
d’acqua a regime fluviale è il Fiume Crati, il più lungo della Calabria (88,73 km), nonché il
principale per dimensione del bacino imbrifero (2447,79 km2). Il resto del reticolo idrografico
superficiale è costituito da una fitta rete di impluvi e canali affluenti. Un importante affluente alla
sinistra idrografica del Crati, a monte della stretta di Tarsia, è il Torrente Settimo. A valle della
confluenza del T. Settimo sono presenti solo modesti affluenti dotati di bacini di estensione
molto ridotta.
Nel territorio comunale di Tarsia il corso del Fiume Crati viene sbarrato dalla diga di
Tarsia. L’invaso artificiale è di tipo stagionale (aprile-ottobre), realizzato con lo scopo di creare
un bacino ad uso irriguo in funzione delle aree della Piana di Sibari nei periodi di massima
siccità. Più che di un vero e proprio lago, l’invaso presenta caratteristiche di zona umida
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palustre, il cui livello e portata delle acque varia in base all’apertura/chiusura delle paratie nel
corso dell’anno. A differenza degli altri bacini artificiali calabresi, il Lago di Tarsia appare
asciutto in primavera, assumendo l’aspetto di lago solo ad estate inoltrata. Nel periodo
autunnale ed invernale, infatti, il bacino si svuota e il corso del fiume assume la conformazione
originaria.
Si rimanda alle diverse relazioni specialistiche per ulteriori approfondimenti.
In merito alle acque sotterranee si rimanda alla relazione geologica per
approfondimenti.
Per quanto riguarda l’intorno dell’opera, la Relazione Idraulica (R-04) affronta nel
dettaglio tutte le problematiche connesse al regime transitorio del sistema di regimazione delle
acque, con particolare attenzione alla manutenzione delle opere di raccolta ed allontanamento
delle acque, che svolgeranno nelle varie fasi anche ruoli provvisionali e dunque dovranno
rimanere in efficienza fino al loro definitivo funzionamento, garantendo il monitoraggio del
corretto funzionamento delle reti drenaggio, grazie alla pianificazione di interventi di
manutenzione.
11.1.9. Suolo e sottosuolo
L’analisi delle componenti “suolo e sottosuolo” all’interno del progetto in esame ha una
valenza notevole in riferimento allo studio di impatto ambientale. Tale rilievo si traduce in una
valutazione che esamina le componenti sotto il profilo geologico, geomorfologico e
pedologico, anche come risorse non rinnovabili.
Le problematiche principali riguardano la vulnerabilità del sottosuolo a fonti di
contaminazione; l’individuazione delle modifiche che l’intervento proposto potrebbe causare
sull’evoluzione dei processi geodinamici; la determinazione della compatibilità delle azioni
progettuali con l’equilibrato utilizzo delle risorse e l’individuazione di elementi territoriali di
particolare criticità o pericolosità.
Gli obiettivi della caratterizzazione del suolo e del sottosuolo si traducono, pertanto,
nell’individuazione delle modifiche che l'intervento proposto può causare sulla evoluzione dei
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processi geodinamici esogeni ed endogeni e la determinazione della compatibilità delle azioni
progettuali con l'equilibrata utilizzazione delle risorse naturali.
Pertanto ogni caratteristica ed ogni fenomeno geologico, geomorfologico e pedologico
saranno esaminati come effetto della dinamica endogena ed esogena, nonché delle attività
umane e quindi come prodotto di una serie di trasformazioni, il cui risultato è rilevabile al
momento dell'osservazione ed è prevedibile per il futuro, sia in assenza che in presenza
dell'opera progettata.
In questo quadro saranno definiti, per l'area vasta in cui si inserisce l'opera, i rischi
geologici connessi ad eventi variamente prevedibili (sismici, vulcanici, franosi, ecc.) e
caratterizzati da differente entità in relazione all'attività umana nel sito prescelto.
11.1.10. Inquadramento geologico
L’area in esame è situata sui rilievi collinari pliocenici presenti in sinistra idrografica del
fiume Crati. Le aree di affioramento dei depositi postorogeni presentano una morfologia
relativamente dolce, mentre localmente, per contrasto litologico, l’acclività può essere molto
elevata. Le dinamiche morfologiche nelle litologie affioranti sono localizzate nei pressi delle aste
fluviali, in cui l’approfondimento del reticolo causa dei fenomeni di scorticamento superficiale.
L’area è ubicata su un complesso conglomeratico –sabbioso, localmente intercalato da
arenarie grossolane rosso scuro o lenti di argille siltose grigie, chiude il ciclo sedimentario
pleistocenico.
L’evento regressivo, almeno per la zona di Tarsia, avviene in maniera graduale, infatti, le
argille di Serra la Guardia evolvono progressivamente, attraverso apporti sabbiosi e sabbiosi-
siltosi giallastri prima, e quindi a sabbie o arenarie tenere le quali preludono all’evento
regressivo superiore rappresentato da conglomerati e ghiaie intercalati da sabbie grossolane.
La formazione di chiusura, da O verso E, tende a ridursi di spessore; passando da da
spessori massimi di circa 150-170 m, fino a minimi di 30-40 m presso Terranova da Sibari.
Anche la natura litologica dei clasti dei conglomerati varia spostandosi da O verso E; infatti da
clasti calcarei e metamorfici a O (area sorgente la Catena Costiera) si passa a clasti di natura
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cristallino-metamorfica, in prevalenza graniti e gneiss, a E (area sorgente il sistema montuoso
della Sila).
Il complesso sedimentario in questione si estende così dal vertice del prisma
deposizionale (pedomonte della Catena a O di Altomonte e Mottafollone) verso E, fino a
ricoprire in toto o in parte gli alti strutturali di Cassano, Spezzano e Tarsia in via si
individuazione nell’assetto morfostrutturale attuale. Alti strutturali, questi, allineati all’incirca NE-
SO e dissecati da faglie normali su direzioni prevalenti N50 e N140- 160, i quali divengono
attivi come aree sorgenti di apporti detritici in fase terminale del ciclo regressivo SVR4
(Pleistocene superiore- Tirreniano?). Infatti, il complesso sedimentario regressivo, nelle sue
porzioni terminali, quale affiora ai margini degli alti strutturali da Tarsia a Cassano è
tipicamente organizzato in sistemi de posizionali delta conoide di tipo Gilbert (Colella,1988) e
cioè con caratteri di netta prossimalità a un’area emersa.
Direzione di propagazione e geometria dei sistemi top-fare-bottom set sembrerebbero
indicare provenienze dei sedimenti in maniera prevalente dal secondo quadrante. Ciò porta
come conseguenza che alla fine del regime sedimentario di generale regressione e
sollevamento delle aree del bacino del Coscile, gli alti strutturali citati fossero in parte emersi; si
distinguono depositi di conglomerati grossolani (SVR4b), clasti di natura cristallina da
moderatamente addensati a sciolti con intercalazioni di arenarie grossolane rosso-
11.1.11. Rischio frane e alluvioni (Vincoli P.A.I.)
Il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.), redatto dall’Autorità di Bacino della
Regione Calabria (A.B.R.), che riguarda tutto il territorio regionale, comprende le aree in frana
e quelle alluvionali; esso rappresenta la sintesi di vari studi effettuati sul campo e di tutte le
banche dati esistenti in materia.
Il P.A.I., mediante il quale l’A.B.R. ha pianificato e programmato le azioni e le norme
d’uso finalizzate alla salvaguardia delle popolazioni, degli insediamenti, delle infrastrutture e del
suolo; disciplina l’uso del territorio in relazione alle diverse classi, di cui all’Atto di indirizzo e
coordinamento per l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico (DM
29/09/1998), ed alle specifiche tecniche adottate dalla Regione Calabria e specificatamente
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contrassegnate dalle sigle R4, R3, R2, R1. Quindi, facendo riferimento a quanto contenuto nel
PAI, e più precisamente alle tavole: “Carta Inventario dei Centri Abitati Instabili” Carte delle
“Aree Vulnerate ed Elementi a Rischio” (Tav. 078-145 Tarsia), e della “Perimetrazione Aree a
Rischio” (Tav. RI 078145 Tarsia/B) del Comune di Tarsia (CS), si evince che l’area oggetto di
studio, per un intorno sufficientemente cautelativo, non è interessata da vincoli di rischio frane.
né è sottoposta a vincolo per il rischio idraulico.
11.1.12. Patrimonio floristico e vegetazionale dell’area di studio
Il DPCM 27 dicembre 1988 (“Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto
ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6 della legge 8 luglio
1986, n. 349”, adottate ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
10 agosto 1988, n. 377 G.U. 5 gennaio 1989, n. 4) specifica che la caratterizzazione dei livelli
di qualità della vegetazione, della flora e della fauna presenti nel sistema ambientale interessato
dall'opera deve essere compiuta tramite lo studio della situazione presente e della prevedibile
incidenza su di esse delle azioni progettuali, tenendo presenti i vincoli derivanti dalla normativa
e il rispetto degli equilibri naturali.
Lo studio della vegetazione di una data area mira a tipizzare e raggruppare le comunità
vegetali che la caratterizzano, in modo tale da rilevare informazioni utili finalizzate alla corretta
gestione della stessa nel rispetto della normale evoluzione della zona.
Dal punto di vista fitoclimatico il territorio oggetto di analisi ricade nel Lauretum di 2°
tipo – sottozona calda (Figura 26). La vegetazione potenziale dell'area oggetto di studio è,
difatti, costituita dalla macchia mediterranea, associazione vegetale costituita in prevalenza da
sclerofille e, in proporzione inferiore, da specie caducifoglie con riposo vegetativo durante la
stagione fredda.
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Figura 26 Classificazione fitoclimatica (Pavari, 1916) – Quadro conoscitivo preliminare PFVP della Provincia di Cosenza
Le essenze vegetazionali adattate a tollerare lunghi periodi di siccità estiva, tipici del
clima mediterraneo, vengono definite xerofite o xerofile e possiedono precise caratteristiche
morfologiche e funzionali che, nel corso della storia evolutiva, ne hanno reso possibile tale
l’adattamento; tra queste si ricordano:
la sclerofillia (presenza di foglie rigide e sempreverdi);
la tomentosità (presenza di uno strato di peli sulla pagina inferiore della foglia a
protezione degli stomi);
la spinescenza;
la stenofillia (riduzione delle foglie, che si presentano strette o ridotte a piccole squame;
afillia in assenza di foglie).
Il livello massimo di organizzazione delle fitocenosi mediterranee è costituito dalla foresta
sempreverde in cui le specie dominanti sono le querce sempreverdi, si tratta di boschi termofili
della classe Quercetea ilicis che interessano sia le zone calde e aride del piano termo-
mediterraneo, sia le più fresche ed umide del piano meso-mediterraneo; i boschi di
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caducifoglie, mesofili e xerofili, delle zone a macrobioclima temperato si riferiscono, invece, alla
classe Querco-Fagetea.
Processi degenerativi di origine antropica possono, però, instaurare fenomeni di
degradazione che dallo stadio di climax, rappresentato dalle potenziali formazioni boschive,
portano ad associazioni vegetali maggiormente degradate.
Un terreno degradato o coltivato, se non più utilizzato e in assenza di interventi di cause
esterne, può raggiungere nell’arco di qualche decennio lo stadio di climax, ripercorrendo al
contrario le tappe successionali.
Nonostante sia un’area di forte pregio naturalistico, il Bacino del Lago di Tarsia fino ad
un decennio fa, è stato marginalmente interessato da studi sulla vegetazione eseguiti con il
metodo fitosociologico.
Allo stato attuale la vegetazione forestale climacica è estremamente ridotta e
frammentata. Allo stesso modo appare la macchia mediterranea, presente sotto forma di
macchia bassa e gariga solo nella porzione sud-orientale del territorio comunale al confine con
il Comune di Santa Sofia d’Epiro. Dalla consultazione della Carta del Paesaggio Ecologico
Prevalente (Figura 27), prima, e dalla visione della Carta dell’Uso del Suolo (Figura 28) poi, si
evince infatti che il paesaggio ecologico caratterizzante l’area del presente studio è
rappresentato prevalentemente dalla presenza di pianure aperte, vale a dire da aree
pianeggianti o sub-pianeggianti a vocazione agricola: le colture prevalenti sono quelle degli
ulivi (Olea europaea) e dei frutteti, ma frequenti appaiono anche i seminativi.
Solo laddove il territorio non è interessato da utilizzazioni a fini agricoli, si ritrovano
tessere di paesaggio con vegetazione naturale e semi-naturale, alle quali va riconosciuta
notevole importanza dal punto di vista conservazionistico ed incluse, pertanto, all’interno del
perimetro del SIC IT310055 – Lago di Tarsia, i cui limiti sono pressoché corrispondenti a quelli
della Riserva Naturale Regionale del Lago di Tarsia.
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Figura 27 Carta del Paesaggio ecologico prevalente (PTCP Provincia di Cosenza) con individuazione del Comune di Tarsia
Figura 28 Carta dell’Uso del Suolo (Fonte: Geoportale Nazionale) con individuazione del sito
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La copertura vegetale costituita dalle specie vegetali coltivate è sempre accompagnata
da vegetazione infestante, la cui composizione floristica, rappresentata da piante competitive ed
opportunistiche, varia in base ai cicli delle colture interessate. Nel corso della stagione autunno-
invernale emergono la ruchetta violacea Diplotaxes erucoides (L.) DC., la malva (Malva spp.), il
fiorrancio Calendula arvensis (Vaill.) L., lo stoppione Cirsium arvense L., il centocchio comune
Stellaria media (L.) Vill., il grespino comune Sonchus oleraceus L. e quello spinoso S. asper (L.)
Hill., il cardo mariano Silybum marianum (L.) Gaertn., la fumaria comune Fumaria officinalis L.
e la veronica con le foglie di edera Veronica hederifolia L.. Tra le infestanti a foglia stretta le più
diffuse appartengono alla famiglia delle graminacee, tra cui: Lolium spp., Poa spp., Agropyron
repens (L.) Beauv., Avena sterilis L. e Cynodon dactylon (L.)Pers.. Nel corso della stagione
primaverile-estiva emergono, invece, le dicotiledoni, tra cui l’amaranto comune Amaranthus
retroflexus L., il farinello comune Chenopodium album L., la porcellana comune Portulaca
oleracea L. e il vilucchio comune Convolvulus arvensis L..
Tra le specie arbustive alloctone ormai naturalizzate si rinvengono l’oleandro Nerium
oleander L. e il fico d’India Opuntia ficus-indica (L.) Mill.; tra quelle arboree sono presenti
invece la robinia Robinia pseudacacia L. e l’albero del Paradiso Ailanthus altissima (Mill.)
Swingle. I rimboschimenti occupano vaste aree intorno al Lago di Tarsia e risultano del tutto
estranee allo stato originario.
In sintesi, il territorio indagato può essere ripartito tra le seguenti classi: colture arboree,
seminativi e aree improduttive antropizzate.
L’Indice di Qualità della Vegetazione (VQI), ottenuto mediante il calcolo del prodotto
geometrico di diversi parametri, tra i quali il rischio d’incendio, la protezione dall’erosione, la
resistenza all’aridità e la copertura della vegetazione, permette di descrivere la qualità della
vegetazione di un territorio (DESERTNET – Progetto Interreg IIIB Medocc; ARPACal, 2007).
Dall’analisi della carta dell’indice di qualità vegetazionale (Figura 27) si evince che il territorio
regionale è in gran parte caratterizzato da vegetazione di qualità medio-bassa, soprattutto nella
fascia basale e collinare, dove le formazioni forestali originarie sono scomparse o sono state
sostituite da rimboschimenti soggetti a sfruttamento per la produzione di legname.
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Figura 29 Carta dell’Indice di Qualità della Vegetazione (VQI) – ARPACAL
Solo il 17% del territorio regionale è caratterizzato da alta qualità della vegetazione
(aree localizzate soprattutto nella fascia montana e caratterizzate dalla persistenza di estese
foreste in buono stato di conservazione). In particolare, in Figura 29 viene riportata la
ripartizione delle classi di qualità della vegetazione per la Provincia di Cosenza; il comune di
Tarsia, in cui ricade il sito oggetto di analisi, è caratterizzato dalla presenza di una copertura di
suolo di qualità medio-bassa.
11.1.13. Patrimonio faunistico dell’area di studio
L’assetto vegetazionale e quello faunistico sono strettamente correlati alle caratteristiche
pedologiche, orografiche e climatiche del territorio.
In particolare, all’interno dell’area in esame si possono individuare differenti unità
ambientali faunistiche:
ambiente antropizzato;
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ambiente ripariale;
ambiente agricolo (oliveti, frutteti, seminativi);
A differenza dell’ambiente antropizzato, che si presenta omogeneo e di scarso valore
faunistico, tutte le altre unità sono caratterizzate senza dubbio da un maggiore presenza della
componente faunistica. Sulla base del paesaggio ecologico prevalente, dell’uso del suolo e di
tutta la documentazione disponibile, viene assunta la lista della fauna invertebrata e vertebrata
presumibilmente presente.
Per quanto riguarda gli Invertebrati, sono numerose le specie di molluschi gasteropodi
terrestri (chiocciole e lumache) che vivono nel mosaico macchia/gariga, dove svolgono il ruolo
di consumatori primari. Alcune specie trascorrono sia i mesi caldi che quelli freddi in
microambienti in cui si conservano condizioni favorevoli di umidità e temperatura, altre si
attaccano direttamente ai fusti della vegetazione evitando il contatto diretto con il suolo caldo.
Tipicamente mediterranei sono i molluschi polmonati (Tabella 13) Xerotricha conspurcata
(Draparnaud, 1801), Cernuella virgata (Da costa, 1778), Eobania vermiculata (Müller, 1774),
Trochoidea pyramidata (Draparnaud, 1805), Cochlicella acuta (Müller, 1774) e Cantareus
apertus (Born, 1778).
Xerotricha conspurcata Cernuella virgata Eobania vermiculata
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Trochoidea pyramidata Cochlicella acuta Cantareus apertus
Tabella 13 Alcune specie di Molluschi polmonati presenti nell’ecomosaico gariga-macchia-foresta sempreverde
I gruppi tassonomici dei Nematodi e degli Anellidi rappresentano una componente
rilevante della fauna del suolo: i primi agiscono sia come predatori di piccoli invertebrati, sia
come consumatori di radici, i secondi sono invece detritivori e vivono scavando gallerie nel
suolo, facilitando il tal modo la circolazione dell’ossigeno e il rimescolamento della sostanza
organica.
Chilopodi e diplopodi, noti come “centopiedi” e “millepiedi” rispettivamente, sono
gruppi tassonomici caratterizzati da specie euriecie, sono infatti comuni in tutti gli ambienti
italiani.
Per quanto riguarda la classe degli insetti, numerosi sono gli eterometaboli (Tabella 14);
si tratta di insetti che non possiedono stadi larvali ma vanno incontro ad uno sviluppo
progressivo del corpo e delle ali. Tra questi, diffusi sono gli ordini dei Fasmidi, rappresentati
soprattutto dalle specie Bacillus rossius (Rossi, 1788), B. atticus (Brunner, 1882) e Clonopsis
gallica (Charpentier, 1825), dei Mantoidei, rappresentato dai generi Ameles, Mantis ed
Empusa, degli Ortotteri, abbondante soprattutto durante i mesi caldi e asciutti, e rappresentato
frequentemente dalle specie Decticus albifrons (Fabricius, 1775), Platycleis intermedia (Serville,
1838), Gryllus bimaculatus (De Geer, 1773), Gryllomorpha dalmatina (Ocskay, 1832),
Paratettix meridionalis (Rambur, 1838), Dociostaurus maroccanus (Thunberg, 1815) e
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Calliptamus barbarus (Costa, 1836). Fra gli eterotteri è frequente il gen. Odontoscelis, mentre
tra gli omotteri diffuse sono le cicale appartenenti alla specie Cicada orni (Linnaeus, 1758).
Bacillus rossius Bacillus atticus Clonopsis gallica
Ameles spallanziana Mantis religiosa Empusa pennata
Platycleis intermedia Paratettix meridionalis Dociostaurus maroccanus
Odontoscelis lineola Reticulitermes lucifugus Cicada orni
Tabella 14 Alcune specie di insetti eterometaboli presenti nell’ecomosaico gariga-macchia-foresta sempreverde
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Fra gli insetti olometaboli (Tabella 15), caratterizzati da tre stadi di sviluppo (larva,
pupa/crisalide, immagine/adulto), frequenti e abbondanti sono i lepidotteri, i ditteri e gli
imenotteri.
Charaxes jasius Apis mellifera Vespa crabro
Tabella 15 Alcune specie di insetti olometaboli presenti nell’ecomosaico gariga-macchia-foresta sempreverde
Tra i coleotteri i Carabidi rappresentano una famiglia molto numerosa: circa 40.000
specie sono state descritte in tutto il mondo e circa 1.300 risultano note per l’Italia. Come
dimostrato da molteplici studi, i Carabidi sono ormai ampiamente utilizzati come indicatori
ecologici e biogeografici, non solo ai fini della valutazione dello stato dell’ambiente, ma anche
ai fini della conservazione della biodiversità.
Negli aspetti più maturi della vegetazione sempreverde, la comunità dei carabidi è
costituita sia da specie in comune con il bosco caducifoglio (Carabus lefebvrei, Notiophilus
rufipes, Calathus montivagus), sia da specie derivanti dalla gariga e dal mosaico agro-
pastorale (Carabus rossii, Trechus quadristriatus). Sono, però, le formazioni aperte di origine
antropica, derivanti dalla degradazione della macchia, ad ospitare comunità di coleotteri molto
più ricche (edemeriti, cerambicidi, buprestidi, crisomelidi, curculionidi, nitidulidi e scarabeoidei).
Tra i vertebrati, la classe degli anfibi mostra distribuzione limitata e condizionata dalla
presenza di ambienti umidi (Tabella 16).
Il mosaico ecologico rappresentato da gariga, macchia e foresta sempreverde ospita la
maggior parte dei rettili della fauna italiana. Tra i sauri diffusi sono il geco comune (Tarentola
mauritanica), il ramarro occidentale (Lacerta bilineata), la lucertola campestre (Podarcis sicula)
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e la lucertola muraiola (Podarcis muralis). Tra gli ofidi diffusi sono il biacco (Hierophis
viridiflavus), specie fortemente ubiquitaria, i saettoni (Zamenis longissimus, Z. lineatus), che
prediligono gli ambienti di macchia alta e il cervone (Elaphe quatuorlineata), specie
maggiormente termofila e tipica, invece, del mosaico macchia bassa/gariga. In ambienti di
macchia ben conservata ampiamente diffusa è la vipera comune (Vipera aspis), unico serpente
velenoso presente in Italia (Tabella 15).
Tarentola mauritanica Lacerta bilineata Podarcis sicula
Podarcis muralis Hierophis viridiflavus Zamenis longissimus
Zamenis lineatus Elaphe quatuorlineata Vipera aspis
Tabella 16 Alcune specie di Rettili presenti nell’ecomosaico gariga-macchia-foresta sempreverde
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Poche sono le specie di uccelli da considerarsi esclusive degli ambienti di macchia
mediterranea, tra queste alcune specie di passeriformi Sylvia melanocephala, S. conspicillata, S.
cantillas, S. undata e Regulus ignicapillus. Altri uccelli insettivori diffusi negli ambienti di
macchia sono Saxicola torquata, Saxicola rubetra e Prunella modularis. Tra gli uccelli che
ricercano il cibo direttamente al suolo si rinvengono il merlo (Turdus merula), specie residente, e
il pettirosso (Erithacus rubecula), presente negli ambienti di macchia solo nei mesi invernali.
Solo in presenza di rocce emergenti o di antiche torri poste in cima alle colline è possibile
rinvenire Monticola solitarius. Tipici degli ambienti costieri di macchia mediterranea sono anche
Lanius senator, Lanius collurio e la più termofila Lanius minor. Tra le specie granivore e
termofile segnalate sono Emberiza cirlus e Serinus serinus. Tra i corvidi quelli presenti in tutti gli
ambienti sono la gazza Pica pica e la ghiandaia Garrulus glandarius; associato alla gazza vive
il cuculo comune Cuculus canorus, noto parassita di cova. Nel mosaico macchia/gariga sono
presenti, tra i galliformi, la quaglia (Coturnix coturnix) e la starna (Perdix perdix). Tra i rapaci
notturni è molto probabile vi siano presenti la civetta (Athene noctua) e l’assiolo (Otus scops),
che si nutrono prevalentemente di insetti, e l’allocco (Strix aluco) e il barbagianni (Tyto alba), la
cui dieta è rappresentata invece dai micromammiferi.
Sylvia melanocephala Prunella modularis Regulus ignicapillus
Serinus serinus Pica pica Turdus merula
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Athene noctua Strix aluco Larus michahellis
Tabella 17 Alcune specie di Uccelli presenti nell’ecomosaico gariga-macchia-foresta sempreverde
Per quanto riguarda i mammiferi è difficile riuscire ad individuare quelli “esclusivi” degli
ambienti di macchia mediterranea. Soprattutto per quelli di grandi dimensioni, che necessitano
di uno spazio vitale molto ampio, può essere svantaggioso limitarsi a questo tipo di ambiente
soggetto a forte riduzione. La notevole presenza dell’agroecosistema o, in generale, di ambienti
fortemente antropizzati, compresi i nuclei urbani e industriali, costituisce, infatti, una barriera
ecologica alla dispersione di tali entità faunistiche.
Tra i micromammiferi, che rappresentano la dieta di mammiferi carnivori e uccelli
rapaci, sono presenti il riccio (Erinaceus europaeus), il mustiolo (Suncus etruscus), la crocidura
minore (Crocidura suaveolens), la talpa romana (Talpa romana), il topo domestico (Mus
musculus) e il ratto nero (Rattus rattus). Tra i chirotteri frequentatori abituali sono Tadarida
teniotis, Hypsugo savii e Pipistellus kahlii.
I mammiferi carnivori che frequentano gli ambienti di macchia, ma che si spingono
anche nelle zone montane, sono la volpe (Vulpes vulpes), il tasso (Meles meles), la martora
(Martes martes), la faina (Martes foina) e la donnola (Mustela nivalis).
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Erinaceus europaeus Talpa romana Vulpes vulpes
Martes foina Meles meles Sus scrofa
Tabella 18 Alcune specie di Mammiferi presenti nell’ecomosaico gariga-macchia-foresta sempreverde
Tra gli ungulati è probabile la presenza dei cinghiali (Sus scrofa), anche se le
popolazioni odierne possono essere considerate come il risultato di ripopolamenti effettuati in
passato a scopo venatorio. L’assenza del lupo in ambiente mediterraneo comporta la
riproduzione illimitata del cinghiale che, in assenza di altri predatori, causa la distruzione della
macchia mediterranea.
A tal proposito, uno studio condotto nel 2007/2008 dalla Società Cooperativa
Greenwood ha posto l’attenzione su alcune specie “problematiche” (specie di animali selvatici
che imparano a trarre vantaggio dai ripari offerti dagli edifici, dalle coltivazioni circostanti e dal
cibo accumulato. Le specie problematiche, pest species, vengono così definite perché si nutrono
delle sementi, dei raccolti o del cibo destinato agli animali allevati oppure perché danneggiano
edifici e manufatti). Tra queste si annoverano diverse specie ornitiche (Larus spp., Corvus spp.,
Pica pica), il cinghiale (Sus scrofa) e la volpe (Vulpes vulpes).
Rimangono, tuttavia, limitate le informazioni sulla consistenza quantitativa delle specie:
coturnice, fagiano e starna, i cui dati sono del tutto sporadici. Così anche per il cinghiale,
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specie segnalata come diffusa, la cui consistenza può essere desunta dall’ammontare
economico, valutato dalla Provincia, dei danni arrecati alle colture agricole per comuni. Altri
dubbi permangono sui dati di diffusione di specie come l’Istrice, il Tasso e la Lontra (fonte:
Piano Faunistico Venatorio della provincia di Cosenza).
Inoltre, essendo l’area oggetto di indagine localizzata a circa 700 m dal SIC IT9310055
– Lago di Tarsia, e considerando che la perimetrazione del suddetto SIC, effettuata sulla base
della cartografia ufficiale, della fotointerpretazione e della distribuzione delle fitocenosi sessili,
non costituisce una barriera biogeografica per la componente faunistica dotata di capacità di
dispersione, non si può escludere la possibilità di rinvenire entità faunistiche tutelate da
normative comunitarie, nazionali e locali. Per un maggior approfondimento del SIC IT9310055
– Lago di Tarsia si rimenda allo Studio di Incidenza (R-07).
In attuazione dell’art. 10 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157, avente per oggetto
«Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», e
dell’art. 5 della Legge regionale 17/5/1996 n. 9, l’Assessorato all’Agricoltura Foreste Caccia e
Pesca ha definito il Piano Faunistico Venatorio regionale, attraverso il coordinamento dei Piani
Faunistici Venatori Provinciali approvati dai rispettivi Consigli provinciali. In particolare la
provincia di Cosenza ha approvato il Piano Faunistico Provinciale 2009/2013 con
deliberazione del Consiglio Provinciale n. 32 del 19/12/2011. Le Province hanno individuato le
potenzialità ambientali dei territori montani, collinari e delle pianure sui quali sono dislocati gli
ambiti territoriali di caccia (A.T.C.).
La costituzione degli ATC nella Provincia di Cosenza risale al 30/10/2006 con Delibera
di Giunta Provinciale, mentre l'inizio effettivo dell'attività è da riferirsi al 01/01/2007.
Il comune di Tarsia rientra nella zona "ATC n.2 con sigla CS2", composta da 29 comuni.
In particolare, il sito oggetto di studio ricade nella fascia di rispetto a protezione parziale della
RNR Lago di Tarsia, in cui vige il divieto di caccia.
11.1.14. Sito e paesaggio
La qualità paesaggistica dipende da numerosi fattori, legati sia al paesaggio in sé, sia a
chi osserva. La percezione della bellezza di un paesaggio è, infatti, un’interpretazione personale
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di ogni singolo osservatore, essa dipende da meccanismi percettivi e sensitivi (immaginazione,
esperienze visive precedenti, associazione d’immagini, etc.), da condizioni educative e culturali
(influenza sul giudizio estetico) e dalla familiarità del soggetto con il paesaggio.
L’alterazione però è, di per sé, una modifica del panorama attuale, legata, quindi,
all’inserimento di un qualcosa che comporti una modifica dell’aspetto originario. Infatti per
l’analisi delle caratteristiche generali dell’area si studia l’inserimento di un’opera nel complesso
percettore, con particolare riguardo al sistema paesistico nel suo insieme e alle modalità di
fruizione del paesaggio inteso come risorsa del territorio, tenuto conto del contesto produttivo
industriale del sito.
La normativa di settore attribuisce al paesaggio non soltanto un valore puramente
estetico e fine a se stesso ma anche, e soprattutto, funzionale alla vita della comunità. Il “peso
ambientale” diventa così notevole e deriva dai valori delle relazioni tra natura ed attività
antropica e dalle sue evoluzioni nel tempo. In particolare, l’obiettivo della caratterizzazione
della qualità del paesaggio, con riferimento sia agli aspetti storico-testimoniali e culturali, sia
agli aspetti legati alla percezione visiva, è quello di definire le azioni di disturbo esercitate dal
progetto e le modifiche introdotte in rapporto alla qualità dell'ambiente.
La qualità del paesaggio è pertanto determinata attraverso le analisi concernenti:
il paesaggio nei suoi dinamismi spontanei, mediante l'esame delle componenti
naturali così come definite alle precedenti componenti;
le attività agricole, residenziali, produttive, turistiche, ricreazionali, le presenze
infrastrutturali, le loro stratificazioni e la relativa incidenza sul grado di naturalità
presente nel sistema;
le condizioni naturali e umane che hanno generato l'evoluzione del paesaggio;
lo studio strettamente visivo o culturale-semiologico del rapporto tra soggetto ed
ambiente, nonché delle radici della trasformazione e creazione del paesaggio da
parte dell'uomo;
i piani paesistici e territoriali;
i vincoli ambientali, archeologici, architettonici, artistici e storici.
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Ad eccezione dell’area individuata come SIC e, pertanto, di elevato pregio naturalistico,
l’area vasta si presenta omogenea e vi si alternano ampie distese destinate a coltivazioni
agrarie e zone aride dove la vegetazione è rada. Gli ecosistemi dell’area sono rappresentati
fondamentalmente dall’ecosistema prativo, dall’ecosistema fluviale e ripariale e
dall’agroecosistema. La macchia mediterranea risulta fortemente frammentata.
I fabbricati nel dintorno dell’area di interesse si presentano sotto forma di abitazioni
sparse. In genere, da immagini descrittive, la tipologia residenziale è la seguente:
abitazioni civili con tipologia costruttiva non rurale e rurale.
Per approfondimenti si rimanda alla relazione specialistica R-05.
Il sito interessato dalla costruzione dell’impianto in oggetto non ospita habitat inclusi
nella scheda Natura 2000, benché, come osservato in precedenza, non si possa escludere la
possibilità di rinvenire entità faunistiche tutelate da normative comunitarie. Mentre nell’area
vasta sono individuati due aree protette prossime al sito, come in tabella:
AREE PROTETTE PRESENTI NELL’AREA
SIC IT9310055 “Lago di Tarsia” circa 700 m
Riserva Naturale Regionale “Lago di Tarsia”
istituita con LR n.52/1990 circa 600 m
Tabella 19 Distanze aree protette più prossime al sito
Per un maggior approfondimento in merito alle aree protette si rimanda alle relazioni
specialistiche e tavole (R-07 e T-04).
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11.1.15. Caratteri archeologici, artistici e storici
Il medio corso del Crati, che si sviluppa in direzione Nord-Sud per circa 40 Km, interessa
un’area che in epoca storica veniva chiamata “Vallo Cosentino” (Longo & Fioriglio, 1997). Solo
dopo la bonifica, iniziata a partire dal 1926, la zona venne indicata come “Media Valle del
Crati”. Il territorio in esame è costituito da terreni di proprietà demaniale e, in misura minore,
da proprietà private.
In merito alle origini del comune di Tarsia, discordanti sono le ipotesi. Storici locali,
ritengono sia stata l’antica Caprasya o Caprisia o Caprese, un villaggio che, successivamente,
venne chiamato Tarsia, come l’omonima famiglia cosentina che vi ebbe titolarità feudale. La
denominazione del comune deriva da un nome greco di persona Tharsias. In realtà, altri
studiosi ritengono che Caprasya non abbia niente a che vedere con l'odierna Tarsia,
ipotizzando che quella città si trovasse nell'attuale frazione di Caselle.
L’attuale centro abitato di Tarsia, che sorge su una bassa collina nella parte centrale
della provincia di Cosenza, alla sinistra idrografica del Fiume Crati, presenta caratteristiche
medievali strategiche, che fanno risalire la sua origine all’epoca normanna. In epoca
medievale, con l'inizio del feudalesimo, Tarsia raggiunse un primato di notevole importanza: fu,
infatti, elevata a Contea (solo cinque in tutto il territorio della Calabria). Tale privilegio è
facilmente spiegabile grazie alla sua peculiare posizione geografica e ai suoi vasti
possedimenti. La Contea di Tarsia passò nel corso del XIV sec. ai Ruffo, ai Sangineto, ai
Sanseverino e, infine, nel 1606 agli Spinelli, che nel 1642 vi incardinarono il titolo di
principato. La parrocchia, intitolata ai SS. Pietro e Paolo, contiene delle statue processionali,
due campane del 1768 e del 1577, una statua di San Francesco di Paola del sec. XIX e un
calice opera di Ascanio Patuogno del ‘700. Oltre all’ottocentesca chiesa di Santa Maria
dell’Olivella è da menzionare anche la chiesa della Madonna della Cintura e della
Consolazione, della seconda metà del 700, con portale coevo. Vi si conservano, tra le altre
opere, una statua della Madonna della Consolazione e una della Madonna della Cintura,
entrambe dell’800, e una campana del 1550. Presso la stazione ferroviaria, nel 1886 sono
emerse vestigia dell’età classica. In località Mandoleto, tra i vari reperti archeologici, è stata
ritrovata una statuetta di Hirakles e un notevole pythos frammentario ionico-arcaico, decorato a
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rilievo su cui è riprodotto il mito di Eirakles e Pholos, ascrivibili al VI secolo a.C. e tuttora
custodito al Museo Civico di Crotone.
È ancora da approfondire lo studio della storia dell’abbazia benedettina di S. Maria di
Camigliano, di cui si ha traccia già nel 1083 e che nel 1277 era citata come Ecclesia S.
Mariae de Camiliano.
L’importanza storica di Tarsia è da collegarsi anche alla Seconda Guerra Mondiale.
Nel giugno del 1940 a Tarsia, in loc. Ferramonti nacque il primo e più grande campo di
internamento per ebrei stranieri d'Italia. Nei cinque anni e mezzo in cui rimane attivo vi
transitano circa quattromila cittadini ebrei, apolidi e slavi. Anche se il campo di Ferramonti
venne liberato dagli inglesi nel settembre del 1943, sono in molti a restare a viverci anche negli
anni a seguire. Dal punto di vista cronologico, è il primo campo di concentramento per ebrei
ad essere liberato e anche l'ultimo ad essere formalmente chiuso (fu ufficialmente chiuso solo
l'11 dicembre 1945). La caratteristica che lo contraddistingueva, a parte il sistema costruttivo
dei capannoni del lager, la malaria diffusa e le zanzare ancor oggi presenti, era la particolare
umanità del responsabile del campo, un maresciallo di Reggio Calabria, che, a guerra finita,
ricevette addirittura il premio quale amico del popolo israeliano, tanto era stato comprensivo e
tollerante nei confronti dei prigionieri. Visto quello che succedeva nei campi di sterminio nazisti,
la cosa assume un rilievo davvero encomiabile.
L'area dove era collocato il campo si trova ora accanto all'attuale svincolo di Tarsia sud
dell'autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria. Dagli anni sessanta in poi, complice l'incuria
delle autorità locali, l'intero campo è stato prima utilizzato per attività agricole e poi
progressivamente smantellato e nessuna delle originali baracche degli internati è rimasta.
Attualmente l'area dove sorgeva il campo, benché sottoposta a vincolo, si presenta come un
mero campo agricolo.
Nell’ambito della descrizione del paesaggio è importante approfondire gli aspetti relativi
ai caratteri archeologici, artistici e storici.
Il territorio comunale di Tarsia presenta un patrimonio di notevole interesse storico-
culturale. Su uno sperone roccioso, all'estremità dell'abitato, si trovano i resti di un castello
normanno e, ancora più a Nord, una torre della stessa epoca. Da menzionare sono i numerosi
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palazzi patrizi (Palazzo Rende, Palazzo Rossi) che sorgono nel centro storico, nonché la presenza
di antiche chiesette (S. Maria del Seggio, Madonna della Cintura) e l’Abbazia di Santa Maria di
Camigliano (XII secolo). In località Ferramonti sono, inoltre, presenti i ruderi dell’ex campo di
Internamento fascista, unico nel meridione d’Italia.
L’area oggetto di studio non è sottoposta, tuttavia, a vincolo archeologico, né è stata
mai interessata da scavi o ritrovamenti.
11.1.16. Salute pubblica e sicurezza
Dal punto di vista sanitario, tra gli effetti indiretti prodotti dalle modificazioni
dell’ambiente, il più preoccupante è quello che si può produrre sulla salute umana. La
normativa di riferimento in materia di impatto ambientale, ed in particolare Il DPCM 27/12/88
che definisce nel dettaglio i contenuti dello Studio di Impatto Ambientale, in relazione alla
componente “Salute pubblica e sicurezza”, stabilisce che (all. 2, art. 5, punto F del DPCM
27/12/88) l’obiettivo della caratterizzazione dello stato di qualità dell'ambiente, in relazione al
benessere ed alla salute umana, sia quello di verificare la compatibilità delle conseguenze
dirette ed indirette delle opere e del loro esercizio con gli standard ed i criteri per la prevenzione
dei rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo.
Le analisi sono effettuate attraverso:
la caratterizzazione dal punto di vista della salute umana, dell’ambiente e della
comunità potenzialmente coinvolti, nella situazione in cui si presentano prima
dell'attuazione del progetto;
l’identificazione e la classificazione delle cause significative di rischio per la salute
umana da microrganismi patogeni, da sostanze chimiche e componenti di natura
biologica, qualità di energia, rumore, vibrazioni, radiazioni ionizzanti e non
ionizzanti, connesse con l'opera;
la identificazione dei rischi eco-tossicologici (acuti e cronici, a carattere reversibile ed
irreversibile) con riferimento alle normative nazionali, comunitarie ed internazionali e
la definizione dei relativi fattori di emissione;
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la descrizione del destino degli inquinanti considerati, individuati attraverso lo studio
del sistema ambientale in esame, dei processi di dispersione, diffusione,
trasformazione e degradazione e delle catene alimentari;
l’identificazione delle possibili condizioni di esposizione delle comunità e delle
relative aree coinvolte;
l'integrazione dei dati ottenuti nell'ambito delle altre analisi settoriali e la verifica
della compatibilità con la normativa vigente dei livelli di esposizione previsti;
la considerazione degli eventuali gruppi di individui particolarmente sensibili e
dell'eventuale esposizione combinata a più fattori di rischio.
Tra i criteri di indagine l’attenzione è rivolta all’ambito territoriale di riferimento con
l’analisi delle comunità umane che vivono nelle zone coinvolte dalla realizzazione e
dell’esercizio dell’impianto e dismissione dell’intervento oggetto di studio.
Dal punto di vista sanitario, tra gli effetti indiretti prodotti dalle modificazioni
dell’ambiente, ed in particolare dall’inquinamento, il più preoccupante è quello che si può
produrre sulla salute umana. Per quanto riguarda l’aspetto igienico sanitario si può affermare
che, tralasciando le definizioni di tipo clinico e medico che hanno ampiamente definito le
tipologie di malattie riscontrate sulla salute umana, esistono criteri che tengono conto di due
difficoltà oggettive: la frequente mancanza di dati epidemiologici di routine che permettano di
individuare con accettabile sicurezza causa - effetto in rapporto alla situazione preesistente
all’intervento e la scarsa possibilità di valutare, di là di ragionevoli dubbi, eventuali associazioni
possibili tra rischi attribuibili all’impatto degli interventi progettati e le stime degli indici di
morbilità e mortalità tra la popolazione esposta. Tra i criteri d’indagine l’attenzione è rivolta
all’ambito territoriale di riferimento con l’analisi delle comunità umane che vivono nelle zone
coinvolte dalla realizzazione e dell’esercizio dell’opera.
Non si rilevano situazioni di degrado o particolare gravità nella zona di studio.
11.2. ANALISI DEGLI IMPATTI AMBIENTALI
La descrizione della situazione ambientale è avvenuta attraverso l’analisi delle risorse
naturali e delle attività umane presenti sul territorio.
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 107
Si è proceduto alla scomposizione del sistema ambientale, naturale ed antropico
soggetto ad impatto nelle sue COMPONENTI e nei PROCESSI che ne caratterizzano il
funzionamento e l’interazione.
Per la definizione della valutazione di impatto è stato necessario individuare, analizzare e
valutare quei dati scientifici di importanza strategica (INDICATORI) appropriati a ciascuna
componente che sono stati presi in esame nei singoli studi specialistici effettuati.
La descrizione dell’ambiente è stata così disaggregata nel comportamento delle variabili
relative agli indicatori, essendo questi degli elementi o parametri che provvedono a misurare il
significato e l’importanza dell’impatto in quanto utilizzati per la costruzione di un MODELLO
della realtà.
Inoltre, l’analisi deve individuare gli impatti sul breve e sul lungo periodo; su diverse
scale spaziali, oltre che valutare il possibile contributo a impatti transfrontalieri e globali.
Per una corretta identificazione degli impatti è necessario:
verificare l’eventuale presenza di recettori sensibili;
quantificare il peso relativo che le pressioni ambientali dell’opera proposta hanno
rispetto alle altre fonti di pressione già esistenti sul territorio.
Ai fini dell’accettabilità è conveniente associare a ogni impatto considerato, prima e
dopo le misure di mitigazione, una valutazione in termini di significatività. Infatti anche qualora
dall’analisi dei livelli dell’inquinamento di fondo risultino ancora consistenti margini di ricettività
ambientale, non possono di regola essere considerati accettabili nuovi impatti che si traducono
in peggioramenti significativi della situazione esistente. Potrebbero perciò essere dichiarati a
priori limiti di peggioramento dei livelli esistenti che non devono essere superati. Pur essendoci
margini di soggettività in tale percorso, si offre comunque alla valutazione un riferimento per
stimare le variazioni intervenute.
A tal fine un impatto verrà di regola considerato:
non significativo (ininfluente): se il suo effetto sull’ambiente non è distinguibile dagli
effetti preesistenti;
scarsamente significativo: se le stime effettuate portano alla conclusione che esso
sarà chiaramente apprezzabile sulla base di metodi di misura disponibili, e che però,
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anche tenuto conto dell’incertezza della stima, il suo contributo non porterà a un
peggioramento significativo della situazione esistente;
significativo: se la stima del suo contributo alla situazione esistente porta a livelli che
implicano un peggioramento significativo; parimenti un impatto può dirsi
significativo se, in una situazione già critica, caratterizzata cioè da superamenti dei
limiti di legge, contribuisce a innalzare in misura sensibile la frequenza e l’entità di
detti superamenti;
molto significativo: se il suo contributo alla situazione esistente porta a livelli
superiori a limiti stabiliti per legge o tramite altri criteri ambientali qualora in assenza
dell’opera tali limiti non vengono raggiunti; parimenti un impatto può dirsi molto
significativo se, in una situazione già critica, caratterizzata cioè da superamenti dei
limiti, contribuisce a innalzare in misura rilevante la frequenza e l’entità di detti
superamenti.
Nei paragrafi successivi verranno analizzati e valutati gli impatti potenziali sull’ambiente,
nella totalità delle proprie aree di influenza.
11.2.1. Emissioni in atmosfera
L’inquinamento atmosferico è un fenomeno generato da qualsiasi modificazione della
composizione dell’aria dovuto all’introduzione della stessa, di una o più sostanze in quantità o
con caratteristiche tali da ledere o poter costituire un pericolo per la salute umana o per la
qualità dell’ambiente.
La qualità dell’aria viene definita sulla base di confronti fra misure di concentrazione di
diversi inquinanti aerosospesi mediate su base temporale e valori di riferimento al di sotto dei
quali si ha un ampio margine di sicurezza circa le eventuali conseguenze che l’inquinamento
atmosferico potrebbe avere sullo stato della salute della popolazione esposta, sui diversi
ricettori acquatici, e terrestri, sui beni materiali e sugli ecosistemi.
La dispersione degli inquinanti avviene in uno strato di altezza variabile da pochi metri
fino ad alcune centinaia. Un ruolo molto importante è svolto dalle caratteristiche fisiche
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dell’emissione (tipo di sorgente, dimensione ed altezza dell’emissione, differenza tra la
temperatura esterna e quella del gas immessi in atmosfera, ecc.).
La diffusione ed il trasporto degli inquinanti in atmosfera sono strettamente correlati alle
condizioni meteorologiche: mentre una condizione piovosa permette di abbattere
completamente le emissioni di polvere, ma accentua il trasporto idrico di inquinanti, una
condizione di secco con presenza di vento ne accentua fortemente la diffusione.
In particolare, il processo di compostaggio può impattare la componente atmosferica
per due aspetti:
emissione di polveri e sostanze gassose: emesse dai processi di degradazione della
sostanza organica oppure durante le operazioni di movimentazione della stessa;
emissioni di rumore: provocate in diverse fasi del processo (separazione, triturazione,
trasferimenti, automezzi).
L’allegato II del D.P.C.M. 27 dicembre 1988, relativamente alla componente atmosfera
all’interno del quadro di riferimento ambientale, stabilisce che l’obiettivo della caratterizzazione
dello stato di qualità dell'aria e delle condizioni meteoclimatiche sia quello di stabilire la
compatibilità ambientale sia di eventuali emissioni, anche da sorgenti mobili, con le normative
vigenti, sia di eventuali cause di perturbazione meteoclimatiche con le condizioni naturali.
In fase di cantiere e dismissione i possibili impatti sono collegati all’utilizzo di mezzi
meccanici d’opera e di trasporto, alla produzione di rumore, polveri e vibrazioni. La fase di
cantiere sarà comunque limitata nel tempo.
Per quanto riguarda l’emissione di polveri durante la fase di esercizio, l’incidenza
dipende dal traffico indotto dalla presenza dell’opera, costituito dai mezzi in ingresso per
conferimento rifiuti, variabili in funzione della produzione di rifiuti, mezzi in uscita; mezzi leggeri
per il trasporto del personale a servizio dell’impianto e mezzi meccanici operanti all’interno
dell’impianto per la movimentazione dei rifiuti.
Le emissioni gassose tipiche degli impianti di trattamento della frazione umida sono
costituite da composti azotati (ammoniaca), composti solforati e un ampio gruppo di composti
volatili organici (COV) (Eitze, 1995; Font et al., 2011) che sono prodotti sia durante il
compostaggio che durante il processo di digestione anaerobica, sebbene con diversa
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composizione e con diversi fattori di emissione (Tolvanen et al. 2001) hanno rilevato che le
concentrazioni di Composti Organici Volatili misurate all’interno di un impianto di
compostaggio aerobico erano inferiori ai limiti consentiti, sebbene molti composti superassero
in maniera significativa la soglia odorigena, rendendo possibili per i lavoratori sintomi come
nausea e reazioni da ipersensibilità.
Tutte le tecniche di trattamento biologico sono caratterizzate, inoltre, da emissioni di
bioaerosol potenzialmente pericoloso per la salute umana a causa della possibile presenza di
micro organismi patogeni. Il bioaerosol è ovviamente più elevato all’interno degli impianti e
nelle sue immediate vicinanze, sottovento agli impianti. Poiché il compostaggio richiede una
costante insufflazione di aria e rimescolamenti della biomassa, la produzione di bioaerosol e la
sua dispersione nell’ambiente sono da considerarsi uno specifico problema di questo
trattamento.
Diversi studi hanno stimato che la distanza di sicurezza possa essere di 250 metri
dall’impianto di compostaggio (Taha et al., 2007). Pertanto il rischio biologico ha rilevanza per
le sole figure che operano negli impianti di compostaggio (Nadal et al., 2009) che potrebbero
essere esposti ad Aspergillus fumigatus, causa di immunodeficienza, per le quali vanno
applicate (come peraltro in qualunque impianto di trattamento rifiuti) misure di prevenzione
come l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, quali maschere con filtri di grado P3 e
guanti.
Tuttavia, la produzione di bioaereosol e la sua immissione negli ambienti di lavoro e
nell’ambiente esterno si limita, prevalentemente, alla fase di conferimento e pretrattamento
della frazione umida, in quanto la digestione vera e propria avviene in impianti a tenuta d’aria.
Per un maggior approfondimento si rimanda alla Relazione Tecnica AIA (R-02).
11.2.2. Gli odori
Il problema delle emissioni odorigene assume un ruolo di primaria importanza nelle
valutazioni sulla localizzazione degli impianti di compostaggio. In relazione alle sostanze
odorigene, intese come insieme di diversi composti tra loro interagenti e determinanti la
sensazione olfattiva si individuano quattro grandi categorie di sostanze:
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cancerogene, teratogene, mutagene;
sostanze inorganiche che si presentano sotto forma di polveri;
sostanze inorganiche che si presentano sotto forma di gas e vapori;
sostanze organiche che si presentano sotto forma di gas e vapori.
Si considera che ogni tonnellata di materiale in ingresso produca:
da 100 a 482 Kg di CO2;
240 gr di ammoniaca dal FORSU e 120 gr da altre tipologie di rifiuti;
2 gr di cloro.
L’attività di compostaggio produce odori fastidiosi la cui intensità può essere ridotta di
centinaia di volte attuando specifiche misure impiantistiche e di gestione. Buona parte
dell’impatto olfattivo è conseguente alla presenza nelle arie esauste di cataboliti quali i
composti non completamente ossidati dello zolfo, dell’azoto e del carbonio, in quanto i
cataboliti ossidati sono generalmente inodori (anidride carbonica, ossidi di azoto, anidride
solforosa). Tra le sostanze odorigene che possono essere prodotte durante le operazioni di
compostaggio vi sono:
composti dello zolfo (dimetildisolfuro, dimetilsolfuro, carbondisolfuro, idrogeno solforato,
metano tiolo);
composti dell’azoto (ammoniaca, trimetilamina);
acidi grassi volatili (acido acetico, acido propionico, acido butirrico);
altre sostanze (benzotiazolo, mercaptani).
L'impatto ambientale più rilevante è rappresentato, tuttavia, dalle emissioni odorigene
derivanti principalmente dai processi fermentativi durante lo stoccaggio dei rifiuti in attesa del
trattamento, dalle fasi di pretrattamento e selezione, dalla sezione di metanizzazione, dal
processo di post-stabilizzazione aerobica e maturazione della frazione organica digerita e dal
digestato liquido prodotto dalla digestione anaerobica.
La fermentescibilità, tipica di scarti quali le matrici alimentari richiede di considerare la
disposizione di adeguati sistemi di gestione del processo mediante l’adduzione di flussi d’aria
alla massa (per drenare il calore in eccesso ed apportare ossigeno) e generalmente anche
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mediante l’allestimento di tecnologie di presidio ambientale per il controllo e l’abbattimento
degli odori.
Di seguito vengono riportate le sostanze odorigene più comuni e il confronto tra le soglie
di percettibilità da parte del 100% di un gruppo di persone (100% OCR: Odour Recognition
Concentration) ed i livelli ammissibili di esposizione negli ambienti di lavoro (TLV, Threshold
Limit Value, epressi in μg/m3). I dati riportati in Tabella 20 evidenziano che le soglie di
percettibilità, ossia le concentrazioni alle quali gli odori vengono percepiti negli impianti ed
attorno ad essi, possono essere ben inferiori alle concentrazioni considerate pericolose negli
ambienti di lavoro. Il TLV indica i valori limite di soglia stimati per l’esposizione a sostanze
aerodisperse, indicanti il livello al quale si ritiene possano essere esposti quotidianamente i
lavoratori senza effetti negativi per la salute.
SOSTANZA 100% ORC
μg/m3 TLV μg/m3
Idrogeno solforato 1,4 14.000
Metilmercaptano 70 1.000
Dimetilsolfuro 16 -
Trimetilammina 9,8 24.000
Acido butirrico 73 -
Acido esanoico 29 -
Acetaldeide 549 180.000
Tabella 20 Emissioni odorigene più comuni negli impianti che producono compost di qualità
Difatti, dalla tabella risulta evidente come le soglie di percezione possano essere molto
inferiori rispetto alle concentrazioni considerate sicuramente pericolose e l’olfatto può arrivare a
percepire concentrazioni non rilevabili strumentalmente (1/105 ppm).
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Al fine di garantire l’annullamento delle molestie olfattive connesse all’immissione
nell’ambiente delle arie aspirate dalle diverse sezioni, laddove viene previsto l’allestimento di
edifici od ambienti chiusi, vanno previsti:
aspirazione e canalizzazione delle arie esauste per l'invio al sistema di abbattimento
degli odori;
numero di ricambi d'aria/ora uguale o superiore rispettivamente a 2 (zone di
stoccaggio e pretrattamento, capannoni di contenimento di reattori chiusi) e 3
(capannoni per la biossidazione accelerata in cumulo/andana liberi). Per gli edifici
deputati a processi dinamici e con presenza non episodica di addetti devono essere
previsti almeno 4 ricambi/ora. Per le sezioni di maturazione finale, laddove allestite al
chiuso, il numero minimo di ricambi/ora è pari a 2;
predisposizione di un sistema, semplice o combinato, di abbattimento in grado di
garantire il rispetto di un valore limite di concentrazione di odore pari a 300 OU/m3
in emissione, da determinarsi secondo i principi della Olfattometria Dinamica definiti
nello standard EN 13725 e tenendo conto degli intervalli di confidenza statistica
previsti dallo stesso. (il biofiltro risulta essere la tecnologia più diffusa in relazione alla
versatilità ed alla capacità di adattarsi alla differente possibile composizione delle arie
esauste).
Per un maggior approfondimento si rimanda alla Relazione tecnica AIA (R-02).
In definitiva, il sistema di aspirazione scrubber garantisce il trattamento dell’aria,
rendono l’impatto odorigeno scarsamente rilevante.
11.2.3. Rumori e vibrazioni
L’attività di compostaggio è considerata, tra le attività di gestione dei rifiuti, quella che
produce più impatto acustico. Per quanto concerne le emissioni sonore e le vibrazioni, in
mancanza di un piano comunale di zonizzazione acustica comunale, l’area oggetto di indagine
può essere riconducibile alla classe “aree esclusivamente industriali”, per la quale si prendono
in riferimento i limiti assoluti di immissione sonora definiti dalla normativa pari a 70 dB(A) in
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periodo di riferimento diurno (dalle 6 alle 22) e 70 dB(A) in periodo di riferimento notturno
(dalle 22 alle 6). (AGGIORNARE CON IDATI RELATIVI ALLA NOSTRA AREA DI STUDIO).
La scarsa densità abitativa rende le emissioni di rumore e vibrazioni, tali da non arrecare
nessun impatto importante sulla salute e sicurezza della popolazione, né interferisce in alcun
modo con le attività poste nel dintorno dell’impianto.
Per un maggior approfondimento si rimanda alla Relazione di Impatto Acustico (R-08).
11.2.4. Perdita di sostanze liquide
Di norma, nell’ambito della progettazione di un impianto di trattamento rifiuti deve
essere valutato attentamente il problema relativo alla perdita accidentale di sostanze liquide. Le
ipotesi di impatto sulle acque superficiali devono oltretutto essere considerate con attenzione, in
quanto possono andare a causare le contaminazioni dei fossi e delle coltivazioni da essi
irrigate, rischi igienico-sanitari e, in caso di percolazione nel sottosuolo, inquinamento della
falda.
In linea generale le attività che possono determinare degli impatti sull’ambiente idrico
superficiale e sotterraneo, in caso di incidenti legati alla perdita di sostanze liquide, sono:
sversamento accidentale di sostanze inquinanti sul suolo o direttamente in un corpo
idrico;
inquinamento da particolato solido in sospensione causato dal lavaggio degli automezzi
e dal dilavamento ad opera delle acque di pioggia e delle acque utilizzate per
l’abbattimento delle polveri;
inquinamento da idrocarburi ed oli, causato da perdite da mezzi di lavoro in cattivo stato
e/o dalla manipolazione di carburanti e lubrificanti su superfici non pavimentate.
È da sottolineare che si tratta di impatti potenziali legati a situazioni accidentali; tali
impatti potrebbero tradursi in variazioni delle caratteristiche qualitative dei corpi idrici, mentre
non hanno effetti di tipo quantitativo.
L’impianto sarà dotato di:
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sostanze adsorbenti appositamente stoccate nella zona adibita ai servizi dell’impianto da
utilizzare in caso di perdite accidentali di liquidi dalle aree di conferimento, stoccaggio,
trattamento;
detersivi-sgrassanti da utilizzarsi in caso di perdite accidentali di sostanze oleose;
superfici impermeabili resistenti all’attacco chimico dei rifiuti; l’area deve avere una
pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi in apposite canalette e in pozzetti di
raccolta.
Nel complesso i possibili impatti sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee vanno
considerati come reversibili, essi non determinano infatti una perdita della risorsa od una sua
modifica sostanziale a lungo termine.
L’entità prevedibile di tali impatti è senz’altro bassa.
11.2.5. Scarichi idrici
Le acque di prima pioggia (corrispondenti ai primi 5 mm di precipitazione), provenienti
dalle superfici coperte e dalle superfici scoperte e impermeabilizzate all’interno della recinzione
dell’impianto, devono essere raccolte in apposite vasche e inviate a trattamento dopo l’analisi
del tipo di inquinanti contenuti. Il trattamento delle acque di prima pioggia prevede un sistema
di grigliatura, dissabbiatura e disoleatura, le quali vengono convogliate tramite un pozzetto di
by-pass (separatore acque di prima pioggia dalle acque di seconda pioggia) in apposita vasca
detta “vasca di prima pioggia”. Quindi il sistema di trattamento prevede 3 fasi ben distinte:
separare tramite un pozzetto scolmatore le prime acque meteoriche che risultano
inquinate dalle seconde;
accumulare temporaneamente le prime acque meteoriche, che sono inquinate,
perché dilavano le strade e i piazzali, per permettere durante il loro temporaneo
stoccaggio, la sedimentazione delle sostanze solide;
convogliare le acque temporaneamente stoccate ad una unità di trattamento per
la separazione degli idrocarburi.
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Stante la natura dell’inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento della
superficie scolante, il trattamento previsto per tali acque è basato sul seguente schema di
processo:
separazione e accumulo delle acque di prima pioggia, così come definite dalle
vigenti norme in materia;
scarico delle acque meteoriche risultanti dalle successive precipitazioni (acque di
seconda pioggia) in un canale consortile;
trattamento di sfangamento e disoleazione delle acque di prima pioggia
mediante disoleatore e scarico dell’acqua trattata.
Pertanto l’impianto prescelto per il trattamento delle acque meteoriche di dilavamento
della superficie in esame è costituito da una vasca di prima pioggia abbinata ad un disoleatore.
Così conformato, l’impianto di trattamento riduce significativamente il carico inquinante delle
acque meteoriche di dilavamento. Infatti:
le acque di seconda pioggia sono esenti da contaminanti in quanto defluenti su
di una superficie già dilavata dalla pioggia precedente;
le acque di prima pioggia vengono sversate a valle di un trattamento di
sfangamento e disoleazione operato da un disoleatore che, stante la
certificazione prodotta dal fornitore, è in grado fra l’altro di ridurre il contenuto
dell’olio residuo nell’acqua trattata entro il limite di 5 mg/l come richiesto dalle
norme vigenti in materia.
Per quanto attiene ai servizi igienici ed agli uffici, si realizzerà una vasca tipo “imhoff”
completamente a tenuta e senza scarico che, all’occorrenza, verrà svuotata da idoneo mezzo di
smaltimento.
11.2.6. Produzione di rifiuti
La gestione dei rifiuti prodotti sarà diversificata in relazione alle varie fasi, in quanto la
produzione degli stessi è fortemente condizionata dalle attività che si svolgeranno all’interno dei
vari processi. Il rischio legato al potenziale inquinamento dato dai rifiuti prodotti è basso,
comunque non si può escludere completamente.
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I rifiuti prodotti sono i seguenti:
SEZIONE DESCRIZIONE RIFIUTI CODICE
CER DESTINAZIONE
Fanghi da impianto di depurazione fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, diversi da quelli
di cui alla voce 19 08 13 190814 Impianto Trattamento Fanghi
Manutenzione mezzi d’opera scarti di olio minerale per motori,
ingranaggi e lubrificazione, non clorurati 130205 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera filtri olio 160107 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera
assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati altrimenti), stracci
e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose
150202 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera Batterie al piombo 160601 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera liquidi antigelo contenenti sostanze
pericolose 160114 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera assorbenti, materiali filtranti, stracci e
indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 150202
150203 Ditta specializzata
Linea produzione compost rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di
rifiuti solidi 190501
190503 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera
Emulsioni oleose - miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua
diverse da quelle di cui alla voce 190809
190810 Ditta specializzata
Manutenzione mezzi d’opera altre emulsioni 130802 Ditta specializzata
Linea trattamento meccanico (triturazione e vagliatura)
rifiuti prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti (ad esempio selezione,
triturazione, compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti
191201
191202
191203
191204
191205
Ditta specializzata
Rifiuti prodotti dal personale operante negli uffici del centro
Rifiuti urbani indifferenziati 200301 Appaltatore Servizio di igiene Urbana
Rifiuti prodotti dal personale operante negli uffici del centro
Rifiuti da raccolta differenziata
200101
200102
200139
Appaltatore Servizio di igiene Urbana
Tabella 21 Rifiuti prodotti dalla attività dell’impianto
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11.2.7. Occupazione di aree e volumi
L’opera in oggetto ricopre una superficie di ca. 40.000 mq. Il nuovo impianto verrà
ricostruito in parte su quello già esistente e la nuova porzione occupata sarà limitrofa a quella
esistente, limitandone di fatto l’impatto su tale componente e non rappresentando un elemento
di criticità ambientale.
11.2.8. Traffico dei mezzi e gestione della viabilità
Il Comune di Tarsia non è, di per se, un centro strategico dei collegamenti calabresi,
anche se sono presenti infrastrutture di collegamento civile e industriale, come l’autostrada A3
Salerno-Reggio Calabria e la linea ferroviaria Cosenza-Sibari.
L’area in cui è inserito l’impianto, è servita dalla SP197 che rappresenta un importante
asse di smistamento dei volumi di traffico veicolare. Tali caratteristiche della viabilità,
permettono una capacità di assimilazione del traffico veicolare industriale, così da non
influenzare negativamente l’impatto considerato.
11.2.9. Disturbi alla flora, fauna ed ecosistemi antropici
Dopo aver delineato la distribuzione e le peculiarità dei consorzi vegetali ricadenti
nell’area di studio, la presente analisi intende rilevare preventivamente le interferenze indotte
dalle differenti azioni, che si configurano in unico progetto, la fase di costruzione, la fase
gestione e il ripristino ambientale del sito di intervento.
Le problematiche principali riguardano l’interferenza delle attività di costruzione e di
attività dell’impianto con gli elementi di valenza naturale del territorio e la definizione di specifici
interventi di mitigazione.
I possibili impatti sulla componente vegetazione e flora sono da ricercarsi nelle
operazioni che possono potenzialmente implicare effetti sulla componente stessa, come le
emissioni in atmosfera, il rumore e traffico veicolare, gli eventuali scarichi idrici e le interferenze
ed alterazioni degli habitat di specie floro-faunistiche locali. Mentre i possibili recettori delle
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 119
azioni di impatto identificate su scala locale possono essere considerate la vegetazione, flora e
colture agrarie, oltre ovviamente alla fauna.
Dalla ricognizione delle attività previste nelle diverse fasi e della distribuzione delle
fisionomie vegetali, si evince che le interferenze principali relative alle differenti fasi progettuali,
sono riconducibili alle attività dei mezzi d’opera e nel traffico veicolare, seppur l'elevata
pressione antropica esercitata con l'agricoltura ha alterato nel tempo gli equilibri naturali,
incidendo fortemente sia sulle caratteristiche vegetazionali che su quelle faunistiche.
Inoltre non è presente vegetazione, fauna o ecosistemi di particolare pregio; il sito non è
all’interno di aree protette, mentre l’area vasta è interessata da habitat naturali ricadenti nella
Rete Natura2000, per la quale valutazione si rimanda alla relazione Specialistica (R-07).
L’impatto sulla componente ambientale in questione nell’intorno dell’impianto, viene
valutato medio/alto, con particolare attenzione alle mitigazioni da mettere in atto, come la
buona gestione del cantiere, il monitoraggio nell’intorno dell’impianto e le varie opere
contenimento.
11.2.10. Potenziali impatti visivi
Come ricordato nei paragrafi precedenti, l’opera in oggetto sarà in buona parte
ricostruita su un impianto esistente. Il rimanente sarà confinante ed in continuazione a quello
presente.
Non comporterà, inoltre, occlusione di visuale. La recinzione già esistente lungo il
perimetro, di altezza complessiva di 200 cm ha una barriera a verde di 300 cm con fascia di
vegetazione tampone con funzioni di barriera antirumore/protettiva e schermo visivo, che
occlude l’attività alla vista esterna.
Non arrecando impatto visivo, è possibile dedurre che l’opera non modificherà il
contesto dell’area.
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 120
11.2.11. Rischio salute pubblica e sicurezza
Gli impatti particolarmente critici per la salute e sicurezza pubblica sono legate
all’alterazione della qualità delle matrici ambientali tipiche quali acque, aria e
rumore/vibrazioni.
Pur in mancanza di studi specifici, la qualità dell’ambiente in cui è situato l’impianto in
relazione alla salute pubblica è da considerarsi buona. Non sono presenti nell’area fonti
significative d’inquinamento organico, chimico o elettromagnetico. Come già ampiamente
argomentato, sarà garantita una gestione ottimale dell’impianto atta a ridurre potenziali
emissioni di rumori, odori o vibrazioni. Non vengono in alcun modo rilevate situazione
d’immissione inquinanti al di sopra dei limiti di legge per cui la popolazione non risulta esposta
ad immissioni inquinanti rilevanti.
Per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori si rimanda alle relazioni specialistiche di
Piano di Gestione Operativa e di Ripristino Ambientale, Piano di Monitoraggio e Controllo,
Piano di Gestione delle Emergenze (R-12, R-13, R-14).
11.2.12. Rischio archeologico
L’analisi delle componenti del paesaggio consentono di proporre un quadro della
situazione storico-topografica della zona in questione.
Tenendo conto della momentanea indisponibilità dei dati archivistici sulle scoperte
fortuite effettuate negli ultimi anni sul territorio, e in presenza di notizie sporadiche sul comune
di Tarsia, è necessario individuare un basso livello cautelativo di rischio archeologico.
11.2.13. Assetto sociale, economico e territoriale
Il progetto in esame consente di identificare le seguenti operazioni principali che
possono potenzialmente implicare effetti sull’assetto sociale, economico e territoriale:
emissioni in atmosfera di inquinanti e polveri;
dispersione di liquidi;
perdite di biogas prodotto;
emissioni odorigene sgradevoli;
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 121
cambiamento del clima acustico ed aumento degli effetti sonori e di vibrazioni;
inquinamento accidentale del suolo e del sottosuolo, e conseguentemente delle
falde acquifere;
richiamo di uccelli, parassiti ed insetti;
viabilità dovuti al traffico indotto;
incremento occupazionale.
Ovviamente, come si nota dall’elenco dei potenziali disturbi, quasi tutti gli impatti hanno
come ricettore la componente in esame. Le attività, i pericoli e le previste mitigazioni sono già
state ampiamente discusse nella relazione in oggetto. In particolare, però, nella valutazione in
oggetto si fa riferimento alla disposizione diffusa del potenziale impatto come cambiamento
antropico che l’opera può avere sull’ambiente e quindi sull’aspetto sociale. In tal senso, tutte le
considerazioni puntuali fatte nelle precedenti valutazioni, devono essere analizzate nel loro
complesso sociale così è auspicabile che abbiano un peso minore sul singolo ricettore, ma una
area di influenza maggiore su diversi obiettivi sensibili, se pur con minore impatto.
Pertanto si rimanda alle valutazioni di impatto dei precedenti capitoli per le attività già
discusse, mentre per l’incremento occupazionale si precisa che la realizzazione dell’impianto
comporterà un ovvio incremento occupazionale.
Inoltre, in considerazione della situazione nazionale e regionale del “problema rifiuti”,
l’opera in oggetto non può che portare un notevole vantaggio economico e territoriale.
L’impatto sulla componente risulta avere caratteristiche positive, in considerazione degli
aspetti occupazionali e di contributo alla gestione regionale dei rifiuti; ma comunque la
componente oggetto di studio risente in maniera negativa trascurabile delle attività indotte
dall’impianto.
11.2.14. Ambito di influenza potenziale e potenziali impatti cumulativi
L'ambito di influenza potenziale è la porzione di territorio potenzialmente interessata sia
direttamente che indirettamente dall’impianto di progetto, ossia l'ambito entro cui è dato
presumere possano manifestarsi effetti ambientali significativi a seguito della realizzazione
dell'intervento.
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 122
Sulla base delle caratteristiche del progetto, delineate nell’ambito progettuale, l’ambito
di influenza potenziale è stato individuato nell’area definita in base alla distanza oltre la quale
la fonte non produce più impatti registrabili sui bersagli (ricettori sensibili) circostanti
indipendentemente da valori o soglie di legge.
L'area di influenza potenziale tiene conto della peculiarità dell'opera e del possibile
ambito di incidenza prevedibile per ciascuna componente ambientale. L’ambito è stato
individuato con particolare riferimento al potenziale impatto nei confronti delle componenti
Rumore ed Atmosfera dove un limite di 200 m dai confini dell’impianto di progetto è il valore
normalmente usato oltre il quale gli impatti tendono ad annullarsi. Nel presente studio è stata
individuata un’area spazzata da un raggio di 500 m, assolutamente sufficiente per abbattere le
possibili interferenze individuate.
L’ambito di influenza potenziale è circoscritto ad un’area ricadente esclusivamente
all’interno dei limiti amministrativi del Comune di Tarsia, non interessando territori ricadenti nei
comuni limitrofi.
Lo studio della cartografia prende in considerazione l’impianto in progetto, le civili
abitazioni (zone residenziali ecc.), le aree sensibili (scuole, ospedali e strutture sociali di uso
collettivo, elementi di particolare pregio naturalistico o ecosistemico, ecc.), zone produttive
divise per possibili impatti cumulativi.
Dallo studio si evince che non esistono attività che possono interferire con quella in
progetto, né si può ipotizzare un impatto cumulativo.
11.3. MATRICI CROMATICHE
Non esiste una metodologia di valutazione universalmente conosciuta e utilizzata. A
causa della soggettività della scelta chi esegue lo studio di impatto ambientale deve descrivere
e motivare chiaramente le metodologie e gli strumenti adottati. Tali variazioni possono essere
definite per mezzo di opportuni “indicatori” e “indici ambientali”.
La fase successiva alla stima degli impatti potenziali si pone lo scopo di valutarne la
significatività in termini qualitativi e/o quantitativi. Si tratta di stabilire se le modificazioni dei
diversi indicatori produrranno una variazione (significativa) della qualità ambientale. A tal scopo
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 123
è necessario indicare l'entità degli impatti potenziali rispetto ad una scala omogenea che
consenta di individuare le criticità ambientali mediante la comparazione dei vari impatti.
Nel corso degli anni lo sviluppo delle metodologie per la quantificazione degli impatti
hanno determinato vari metodi di analisi, tra quali:
• Check-Lists;
• Matrici;
• Networks;
• Geographical Information System (GIS);
• Curve di qualità;
• Sistemi esperti;
• Metodo di valutazione del Rischio d'Impatto Ambientale.
In genere, le scale di significatività utilizzate nella valutazione degli impatti attesi si
possono distinguere in qualitative o simboliche e quantitative cardinali. Nelle prime gli impatti
vengono classificati in base a parametri qualitativi espressi mediante l'utilizzo di parole chiave,
tra le quali le più comuni sono (Zeppetella et al., 1992): trascurabile/lieve/rilevante/molto
rilevante, molto basso/basso/medio/alto/molto alto, trascurabile/sensibile/elevato, in
riferimento alle caratteristiche di intensità e rilevanza, mentre per la valutazione qualitativa delle
caratteristiche temporali degli impatti si utilizzano termini quali reversibile a breve
termine/reversibile a lungo termine/irreversibile.
La metodologia generale utilizzata nel presente progetto è quella delle matrici: sono
tabelle a doppia entrata in cui vengono messe in relazione le azioni di progetto con le
componenti ambientali interferite nelle fasi di costruzione, esercizio e di dismissione dell'opera.
All'incrocio delle righe con le colonne si configurano gli impatti potenziali. Le matrici possono
essere di tipo qualitativo o quantitativo. Nel primo caso quando un impatto è ritenuto possibile
la corrispondente casella viene segnata con un simbolo grafico. Con l'utilizzo delle matrici di
tipo quantitativo, invece, non solo viene evidenziata l'esistenza dell'impatto ma ne vengono
stimate l'intensità e l'importanza nell'ambito del caso oggetto di studio mediante l'attribuzione di
un punteggio numerico. L'esempio più noto di applicazione della metodologia descritta è la
matrice di Leopold che contiene un elenco di 100 azioni di progetto e 88 componenti
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 124
ambientali; la matrice prevede pertanto 8800 possibili impatti. Le caselle di intersezione tra
righe e colonne vengono suddivise in 2 parti nelle quali viene fornita una stima degli impatti
individuati mediante valori numerici rappresentativi dell'intensità e dell'importanza dell'impatto.
La matrice di Leopold presenta numerosi problemi sia di carattere gestionale, a causa della
numerosità delle azioni e degli aspetti ambientali considerati, che di metodo, in quanto
consente di mettere in evidenza soltanto l'impatto delle azioni elementari sulle componenti
ambientali mentre vengono trascurati gli impatti di ordine superiore. Per risolvere i problemi di
carattere gestionale possono essere realizzate matrici specifiche con un numero di azioni e
componenti dimensionato sulla base del caso oggetto di studio. Per l'individuazione degli
impatti di ordine superiore possono essere utilizzate matrici a più livelli (sistemi di matrici).
Le matrici di valutazione consistono in check-lists bidimensionali in cui, ad esempio, una
lista di attività di progetto previste per la realizzazione dell’opera è messa in relazione con una
lista di componenti ambientali per identificare le potenziali aree di impatto. Per ogni
intersezione tra gli elementi delle due liste si può dare una valutazione del relativo effetto
assegnando un valore di una scala scelta e giustificata. Si ottiene così una rappresentazione
bidimensionale delle relazioni causa effetto tra le attività di progetto ed i fattori ambientali
potenzialmente suscettibili di impatti.
Il metodo delle matrici risulta uno dei più utilizzati in quanto consente di unire
l’immediatezza visiva della rappresentazione grafica delle relazioni causa-effetto alla possibilità
di introdurre nelle celle una valutazione, qualitativa o quantitativa, degli impatti.
Un'altra tipologia di matrice molto utilizzata è quella delle matrici cromatiche, in
particolare utilizzata nel presente studio, adottata per la prima volta in Italia da Cossu (1986)
per impianti di depurazione dei liquami domestici e successivamente applicata ad impianti di
smaltimento dei rifiuti solidi e ad aree umide (Figura 30). Il metodo generale si basa su quattro
schemi matriciali che evidenziano, le interazioni tra cause, elementi di impatto e categorie
ambientali.
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 125
Figura 30 Rappresentazione della sequenza logica nelle matrici cromatiche di Cossu.
Per quantificare l’entità delle interazioni tra le varie liste di controllo presenti in ognuna
delle matrici, si utilizza una rappresentazione cromatica che le descriva in forma qualitativa.
Possono essere utilizzate due differenti scale cromatiche, cui corrispondono effetti positivi o
negativi, comprendenti quattro livelli di valutazione (espressi da diverse tonalità). Le quattro
tonalità cromatiche corrisponderanno ai seguenti livelli qualitativi: trascurabile, basso, medio e
alto. La rappresentazione cromatica degli impatti consente una immediata e sintetica
individuazione degli elementi critici di impatto su cui eventualmente intervenire.
In particolare, per il progetto in esame, si utilizzerà quindi la metodologia derivante da
Cossu delle matrici a valutazione di tipo cromatica con due scale di valutazione (positivo e
negativo) a quattro gradi di rischio:
trascurabile;
basso;
medio;
alto.
Ognuna delle quali analizzata in base al fattore temporale di risanamento naturale:
reversibilità a breve termine;
reversibilità a lungo termine;
irreversibilità.
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 126
E’ stato inserito anche il grado di “nessuna significatività” per realizzare un quadro
completo delle interazioni tra azioni, effetti, sorgenti ed impatti; così da avere un’immediata
lettura della valutazione.
Nella figura successiva (Figura 31) è riportata la legenda delle matrici cromatiche.
LEGENDA Alta significatività (POSITIVA)
Media significatività (POSITIVA)
Bassa significatività (POSITIVA)
Trascurabile (POSITIVA)
NESSUNA SIGNIFICATIVITA'
Trascurabile (NEGATIVA)
Bassa significatività (NEGATIVA)
Media significatività (NEGATIVA)
Alta significatività (NEGATIVA)
Reversibilità a breve termine B Reversibilità a lungo termine L
Irreversibilità U
Figura 31 Rappresentazione cromatica della significatività
Verranno utilizzate liste di controllo bidimensionali, su una dimensione sono riportate le
caratteristiche dell’opera (attività proposte, elementi di impatto, ecc.), sull’altra dimensione sono
riportate le categorie ambientali sulle quali l’opera può avere effetti.
Gli effetti (o impatti potenziali) risultano individuati dall’incrocio tra le due liste di
controllo. Si otterranno quattro matrici cromatiche così distribuite:
interrelazioni causa-effetto con riferimento agli impatti potenziali, fattori causa di
impatto/elementi di impatto (Matrice A);
interrelazioni impatto-comparto ambientale (in questa fase vengono evidenziate le
caratteristiche peculiari del sito), elementi di impatto/categorie ambientali (Matrice B);
effetti sugli impatti potenziali dei criteri di contenimento previsti, criteri di
contenimento/elementi di impatto (Matrice C);
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 127
valutazione degli impatti residui, elementi di impatto/categorie ambientali (Matrice D).
In particolare la matrice A (Figura 32), matrice delle cause e degli elementi di impatto,
mette in relazione gli elementi di impatto e i fattori causali che li generano; utile per individuare
i punti deboli di un progetto.
Figura 32 Rappresentazione grafica della matrice A
Mentre la matrice B (Figura 33), mette in relazione gli elementi di impatto dell’opera con
le categorie ambientali; consente di individuare gli impatti dell’opera sull’ambiente circostante.
Figura 33 Rappresentazione grafica della matrice B
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Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 128
La matrice C (Figura 34), matrice dei criteri di contenimento, mette in relazione gli
elementi di impatto dell’opera con le misure di contenimento (impatti negativi di B):
Figura 34 Rappresentazione grafica della matrice C
Infine la matrice D (Figura 35), matrice degli impatti residui, mette in relazione gli
elementi di impatto dell’opera con le categorie ambientali (misure di contenimento in atto);
esprime un giudizio sulla compatibilità ambientale dell’opera.
Figura 35 Rappresentazione grafica della matrice D
La correlazione tra le matrici è rappresentata nella figura successiva (Figura 36).
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 129
Figura 36 Correlazione tra le quattro matrici di valutazione
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FASEFATTORI CAUSALI DI
IMPATTOEm
issioni d
i polveri
Diffusione di o
dori
Aumen
to del livello
sonoro e
vibrazioni
Impiego
di risorse idrich
e
Perdita acciden
tale di sostan
ze
liquide e scarichi idrici
Occupazione di aree e vo
lumi
Modifica della vegetazione
Intralcio alla fau
na
Disturbi ai sistemi insediativi
“eco
sitemi antropici “
Impatto visivi e paesaggistici
Traffico
e viabilità
Risch
io salute pubblica e
sicu
rezza
Potenziale infortuni e igiene sul
lavo
ro
Movimento di automezzi di
cantiereB B B B B B B B B
Stoccaggio del materiale per
opere di completamentoB B B B B B B B B B
Realizzazione del piazzale e
della recinzioneB B B B L B B B B B B
Realizzazione della barriera a
verdeL L L L L L L L L B
Ingresso e controllo rifiuti B B
Conferimento rifiuti B B B B B
Linee di processo B B B B B
Traffico veicolare dei mezzi in
entrata e in uscitaL B L B B B L
Monitoraggio e controllo
ambientaleL L L L L L L L L
Manutenzione ordinaria L L L B B L
Incendi e/o esplosioni B B B B B B B
CHIUSURAInterventi di ripristino
ambientaleL L B L L L L L L L L
INTERO PROCESSO B B B B B B B B B B B B B
CANTIERE
ESERCIZIO
MATRICE AELEMENTI DI IMPATTO
R-06 Studio di Impatto Ambientale
Progetto Definitivo PAGINA “Realizzazione di un impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia elettrica e biometano” 131
ELEMENTI DI IMPATTOAtm
osfera
(Aria, Odori)
Ambiente id
rico
Suolo e sottosuolo
Clim
a acustico
vegetazione e flora
Fauna
Sistem
i insediativi
(“ecosistem
i antropici”)
Sito, P
aesaggio
Assetto sociale
economico e territoriale
Salute pubblica e
siurezza
Emissioni di polveri B B B B B B B B B
Diffusione di odori B B B B B B B
Aumento del l ivello sonoro e
vibrazioniB B B B B B B B
Impiego di risorse idriche L L L L L L
Perdita accidentale di sostanze
liquide e scarichi idriciL L B B B L
Occupazione di aree e volumi L L L L
Modifica della vegetazione L L L L L
Intralcio alla fauna L L L L L
Disturbi ai sistemi insediativi
“ecositemi antropici “L L L L L
Impatti visivi e paesaggistici L L
Traffico e viabil ità B B B B B B B
Rischio salute pubblica e
sicurezzaB
Potenziale infortuni e igiene sul
lavoroB B
INTERO PROCESSO B L L B B B B B B B
MATRICE BCATEGORIE AMBIENTALI
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CRITERI DI
CONTENIMENTO
Emissioni d
i polveri
Diffusione di o
dori
Aumen
to del livello
sonoro
Impiego
di risorse idrich
e
Perdita acciden
tale di sostan
ze
liquide e scarichi idrici
Occupazione di aree e vo
lumi
Modifica della vegetazione
Intralcio alla fau
na
Disturbi ai sistemi insediativi
“eco
sitemi antropici “
Impatti visivi e paesaggistici
Traffico
e viabilità
Risch
io salute pubblica e
sicu
rezza
Potenziali infortuni e igiene sul
lavo
ro
Ottimizzazione delle procedure
di costruzioneB B B B B B B B B B B B B
Razionalizzazione delle risorse
idricheL L L L L L L
Misure di prevenzione e
protezione degli infortuniB B B B
Ottimizzazione delle procedure
di gestioneB B B B B B B B B B B
Prevenzione dispersione liquidi B B B B B B B
Uso di sistemi di nebulizzazione B B B B B B B B
Eventuale uso di prodotti
deodorizzantiB B B
Presenza di barriera a verde B B B B B B B B B
Revisione periodica dei veicoli
di trasportoB B B B B B B
Procedure di ingresso e
controllo dei rifiutiB B B
Monitoraggio e controllo
ambientaleB B B B B B B B B
Ripristino ambientale del sito L L L L L L
INTERO PROCESSO B B B B B B B B B B B B B
MATRICE CELEMENTI DI IMPATTO
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ELEMENTI DI IMPATTOAtm
osfera
(Aria, Odori)
Ambiente id
rico
Suolo e sottosuolo
Clim
a acustico
vegetazione e flora
Fauna
Sistem
i insediativi
(“ecosistem
i antropici”)
Sito, P
aesaggio
Assetto sociale
economico e territoriale
Salute pubblica e
siurezza
Emissioni di polveri B B B B B
Diffusione di odori B B B
Aumento del l ivello sonoro e
vibrazioniB B B B B
Impiego di risorse idriche B B B
Perdita accidentale di sostanze
liquide e scarichi idriciL L B B B L
Occupazione di aree e volumi L L L L L
Modifica della vegetazione L
Intralcio alla fauna L L
Disturbi ai sistemi insediativi
“ecositemi antropici “L L
Impatti visivi e paesaggistici L
Traffico e viabil ità B B B
Rischio salute pubblica e
sicurezza
Potenziale infortuni e igiene sul
lavoroB
INTERO PROCESSO B L L B B B B B B B
MATRICE DCATEGORIE AMBIENTALI
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11.4. MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE
Per “mitigazione” si intende l’insieme degli accorgimenti tecnici da applicare al progetto
al fine di ridurre gli impatti ambientali negativi che il progetto potrebbe apportare.
La programmazione delle attività di cantiere, d’esercizio e della fase di dismissione
dell’impianto si è posta e si manterrà la massima attenzione a tutte le protezioni e/o interventi
che eliminino o comunque riducano al massimo gli impatti negativi sull’ambiente.
Le misure di mitigazione degli impatti di seguito descritte riguardano soprattutto le fasi di
costruzione e dismissione dell’impianto per le quali si attendono gli impatti potenziali più
significativi; le stesse misure, ove applicabili, estendibili e necessarie, saranno attuate anche
nella fase di esercizio.
Otre ai normali accorgimenti di buona gestione dell’impianto, al fine di ridurre al
minimo le interazioni con l’ambiente, si riportano delle misure di mitigazione in riferimento ad
aspetti specifici intervenuti nella valutazione degli impatti.
11.4.1. Attenuazione emissioni in atmosfera e odori molesti
Gli odori rappresentano una forma di inquinamento difficilmente quantificabile, la loro
percezione si basa su fattori soggettivi, quali la sensibilità dell’individuo, l’assuefazione ad un
dato odore e la saturazione olfattiva che può determinare una perdita di sensibilità. In opere
simili a quella in oggetto, non sono osservabili effetti tossici legati al problema degli odori, sia
per la natura dei composti maleodoranti, sia per le concentrazioni riscontrabili; ma il problema
è limitato al disturbo olfattivo.
Potenziali sorgenti di odori sono particolarmente riscontrabili nella sezione di ricevimento
dove i rifiuti possono contenere componenti organiche in avanzato stato di putrescibilità.
Oltre alle misure di contenimento che derivano dagli interventi di progetto introdotti
specificamente con questi scopi, descritti successivamente, si possono utilizzare criteri di
abbattimento come i prodotti deodorizzanti. L'utilizzo di tali prodotti, se necessario, consente
indubbi benefici ambientali, conseguenti da un lato alla minore percezione delle emissioni
maleodoranti, dall'altro alle migliori condizioni igienico-sanitarie per gli operatori.
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I prodotti deodorizzanti sono miscele di essenze vegetali completamente biodegradabili,
innocue e non cancerogene. Dal punto di vista chimico si tratta di terpeni, ossia macromolecole
a lunga catena carbonatica (quindi ad alto peso molecolare) aventi numerosi doppi legami;
presentano inoltre una funzione che li caratterizza (aldeide, chetone, estere, alcool). Un’attenta
tecnologia ed una misurata miscela fanno sì che macromolecole di questo genere possano
trasformarsi in catcher di cattivi odori, generalmente molecole più volatili ed a basso peso
molecolare. Si tratta dunque di associazioni di molecole attive, facilmente reattive e solubili,
poco specifiche per una data molecola ed una data reazione, che agiscono in sinergia con le
altre. Solo così è possibile ottenere la reazione di destrutturazione delle molecole maleodoranti
e la riduzione della loro soglia olfattiva, anziché il semplice effetto mascherante svolto da
macromolecole chelanti. Hanno un’ampia gamma di applicazioni sia in campo civile che
industriale.
Alcuni vantaggi di tali prodotti sono:
nessun pericolo riguardo le manipolazioni ed il trasporto per terra, mare ed aria;
controllo all'esposizione e protezione individuale, infatti non è necessario alcun
tipo di equipaggiamento protettivo;
compatibile ecologicamente in quanto il prodotto è solubile nell'acqua e
biodegradabile;
la miscela non è classificata come prodotto pericoloso secondo la direttiva
europea 1999/45 CE del 31/05/1999, non contiene sostanze cancerogene ai
sensi della direttiva 67/548 CEE e successivi aggiornamenti, nonché del D.L.
66/2000 del 25 febbraio 2000 in materia di protezione dei lavoratori.
Volendo adottare un utilizzo quotidiano (in maggior misura nel periodo estivo), si può
calcolare mediamente un litro di prodotto ogni 20 mq, diluito in acqua tra lo 0,5 e il 2%.
Oltre alla prevenzione, è bene che gli impianti che trattano grosse quantità (es. con
capacità operative > 10 ton/giorno) di matrici fortemente fermentescibili (fanghi, scarti
alimentari, ecc.) e/o siano collocati in vicinanza di insediamenti abitativi (es. < 1000 metri)
siano dotati di minimi presidi contro la potenziale diffusione di odori all’esterno; la “condizione
di sicurezza” in tali situazioni si ottiene mediante:
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chiusura delle aree operative destinate alle prime fasi di processo (quelle in cui la
miscela è ancora potenzialmente odorigena);
canalizzazione dell’aria esausta proveniente da tali aree verso una linea di trattamento
degli odori;
dimensionamento adeguato dei biofiltri e/o degli scrubber e di qualunque altro sistema
utilizzato per la deodorizzazione delle arie esauste;
corretta gestione dei sistemi di deodorizzazione (es. conservazione dello stato strutturale
e delle condizioni di umidità ideali per la massima efficacia dei biofiltri).
11.4.2. Contenimenti dell’inquinamento da rumore
Saranno adottati alcuni provvedimenti di carattere generale finalizzati al contenimento
delle emissioni rumorose in fase di gestione operativa. In particolare si prescrive di:
scegliere macchinari che, a parità di prestazioni, siano più silenziosi; tutti i
macchinari impiegati dovranno comunque avere livelli di potenza sonora
compatibili con i limiti imposti dal D.Lgs. 262/2002;
prestare adeguata manutenzione agli stessi macchinari, facendo attenzione ai
problemi di tipo acustico;
orientare eventuali sorgenti direttive verso un punto privo di ricettori o comunque
protetto da barriere ed ostacoli;
informare e formare degli operai in modo da evitare atteggiamenti e
comportamenti inutilmente rumorosi.
Tali comportamenti andranno anche a migliorare le condizioni di lavoro all’interno dello
stesso impianto.
Inoltre sarà completata la recinzione lungo il perimetro, di altezza complessiva non
inferiore ai 200 cm, con una barriera a verde di 300 cm e fascia di vegetazione tampone a
doppio filare con funzioni di barriera antirumore/protettiva e schermo visivo. Tale barriera sarà
in grado, quindi, di mitigare la dispersione delle polveri e la diffusione del rumore.
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11.4.3. Prevenzione delle dispersioni di liquidi
È possibile prevenire il rischio di dispersione di liquidi applicando adeguate procedure
operative nelle attività di cantiere e nelle attività di gestione dell’impianto. È prevista
l’impermeabilizzazione tramite pavimentazione industriale in calcestruzzo armato per tutte le
zone operative (stoccaggio matrici, pretrattamenti, fase attiva, maturazione, post-trattamenti e
stoccaggio del prodotto finito e degli scarti di lavorazione). La gestione delle acque deve essere
differenziata a seconda della provenienza delle stesse, come di seguito elencato.
Essendo il compostaggio un processo fortemente evaporativo, che si avvale dunque di
apporto di volumi, anche notevoli, di acqua per garantire le condizioni di umidità necessarie
alla prosecuzione del processo stesso, si segnala l’opportunità di conformare il sistema di
gestione delle acque reflue all’ipotesi del riutilizzo delle stesse sulla biomassa in trasformazione
ovunque possibile.
Acque di processo: derivanti dai processi spontanei di rilascio da parte delle biomasse in
fase di stoccaggio iniziale o durante il processo (acqua di rilascio), potranno essere
prioritariamente riutilizzate per i processi di reinumidimento delle biomasse stesse.
Qualora non vengano riutilizzate, saranno stoccate in serbatoio ed inviate ad idoneo
impianto di trattamento.
Acque meteoriche: le acque di prima pioggia (corrispondenti ai primi 5 mm di
precipitazione), provenienti dalle superfici coperte e dalle superfici scoperte e
impermeabilizzate all’interno della recinzione dell’impianto, devono essere raccolte in
apposite vasche e inviate a depurazione dopo l’analisi del tipo di inquinanti contenuti. Il
trattamento delle acque di prima pioggia prevede un sistema di grigliatura,
dissabbiatura e disoleatura, le quali vengono convogliate tramite un pozzetto di by-pass
(separatore acque di prima pioggia dalle acque di seconda pioggia) in apposita vasca
detta “vasca di prima pioggia”. Quindi il sistema di trattamento prevede 3 fasi ben
distinte:
separare tramite un pozzetto scolmatore le prime acque meteoriche che risultano
inquinate dalle seconde;
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accumulare temporaneamente le prime acque meteoriche, che sono inquinate,
perché dilavano le strade e i piazzali, per permettere durante il loro temporaneo
stoccaggio, la sedimentazione delle sostanze solide;
convogliare le acque temporaneamente stoccate ad una unità di trattamento per
la separazione degli idrocarburi.
Stante la natura dell’inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento della
superficie scolante, per lo più costituito da fanghiglia e tracce d’olio limitatamente alle prime
precipitazioni, il trattamento previsto per tali acque è basato sul seguente schema di processo:
separazione e accumulo delle acque di prima pioggia, così come definite dalle
vigenti norme in materia;
scarico delle acque meteoriche risultanti dalle successive precipitazioni (acque di
seconda pioggia) in un canale consortile;
trattamento di sfangamento e disoleazione delle acque di prima pioggia
mediante disoleatore e scarico dell’acqua trattata.
Pertanto l’impianto prescelto per il trattamento delle acque meteoriche di dilavamento
della superficie in esame è costituito da una vasca di prima pioggia abbinata ad un disoleatore.
Così conformato, l’impianto di trattamento riduce significativamente il carico inquinante delle
acque meteoriche di dilavamento gravante sul corpo recettore. Infatti:
le acque di seconda pioggia, sversate tal quali nel corpo recettore, sono per loro
stessa natura esenti da contaminanti in quanto defluenti su di una superficie già
dilavata dalla pioggia precedente;
le acque di prima pioggia vengono sversate nel corpo recettore a valle di un
trattamento di sfangamento e disoleazione operato da un disoleatore che, stante
la certificazione prodotta dal fornitore, è in grado fra l’altro di ridurre il contenuto
dell’olio residuo nell’acqua trattata entro il limite di 5 mg/l come richiesto dalle
norme vigenti in materia.
Acque nere: saranno inviate in un una vasca tipo Imhoff e periodicamente smaltite.
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11.4.4. Riduzione del rischio di incidenti
Non si prevedono misure di mitigazione specifiche per i rischi di incidenti, degli aspetti
sanitari e della sicurezza sul lavoro. Si segnala tuttavia che le misure di mitigazione previste per
altre componenti (in particolare le misure di contenimento della polverosità e del rumore) hanno
effetti benefici anche in termini di salute pubblica. Inoltre gli indirizzi tecnici esposti negli
elaborati del presente progetto (Relazione antincendio R-10; Piano di monitoraggio e controllo
R-13; Piano di gestione delle emergenze R-14) prevedono già dei criteri di contenimenti
intrinsechi alle attività previste ed alle prescrizioni.
Si evidenzia tuttavia che la concezione progettuale e le modalità previste di gestione
sono state elaborate al fine di minimizzare ogni tipo di emissione e, quindi, di garantire che
essa non determini sul territorio quelle forme di impatto che possono essere identificate dalla
pubblica opinione come possibili cause di malattie.
11.4.5. Rischio incendi
Tutto l’impianto sarà attrezzato con dotazioni antincendio in modo da poter assicurare
interventi tempestivi in caso di incendi accidentali che possono verificarsi nel corpo dei rifiuti, sui
mezzi di gestione, nei locali ed opere accessorie e sul piazzale di servizio.
Costituiscono parte integrante di un sistema antincendio qualsiasi forma di prevenzione
adottata; pertanto il personale che lavora in discarica dovrà ottemperare a tutte le norme
vigenti in materia di prevenzione degli incendi.
In ogni caso ulteriori accorgimenti si rendono necessari per annullare il rischio
d'incendio, e pertanto si prevede:
il divieto di fumare o operare con fiamme libere nell'area dell'impianto;
dotazione, al personale addetto, di mezzi di protezione individuali.
Per dettagli in merito si rimanda ai seguenti elaborati Relazione Antincendio (R-10).
11.4.6. Protezione dei lavoratori
In relazione a quanto descritto sino ad ora, al fine di ridurre al minimo il rischio per gli
addetti in cantiere è necessario:
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che il datore di lavoro comunichi al medico competente che gli addetti operano
in un centro di raccolta di rifiuti anche pericolosi ed in aree con rischio rumore, in
modo che gli stessi possano, ove ritengano necessario, adeguare il piano
sanitario aziendale e le relative valutazioni;
indossare sempre calzature di sicurezza;
non fumare;
curare l’igiene personale e in particolare nel caso di contatto accidentale;
comunicare al datore di lavoro (e questi al medico competente) eventuali sintomi
sospetti;
in caso di malore o contatti con presenza di sintomi sospetti, trasportare
l’infortunato al pronto soccorso.
11.5. MISURE DI GESTIONE E CONTROLLO
Al fine di effettuare un programma preciso e dettagliato dei monitoraggi e controlli
ambientali, previsti dal D.lgs. 152/2006 e ss.mm.ii., è stato redatto il Piano di monitoraggio e
controllo (R-13), per la cui redazione è stato utilizzato il documento predisposto dal
Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria per la richiesta di Autorizzazione
Integrata Ambientale. Le componenti ambientali interessate dalla gestione dell’impianto oggetto
del monitoraggio sono:
Comparto aria;
Comparto acque;
Comparto rifiuti;
Comparto rumori;
Altri aspetti del monitoraggio sono:
Il consumo di energia e risorsa idrica;
Impianti di abbattimento.
Per ogni componente ambientale sono stati, inoltre, definiti:
i punti di campionamento;
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la metodologia con cui effettuare il campionamento;
la frequenza di campionamento.
Per un maggior approfondimento tecnico si rimanda alla consultazione della relazione
specialistica R-13 Piano di monitoraggio e controllo.
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12. CONCLUSIONI
Il presente elaborato ha fornito un’analisi dei caratteri salienti del progetto relativo ad un
“Impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost di qualità, energia
elettrica e biometano” a seguito del trattamento integrato delle famiglie dei rifiuti della FORSU,
della FORS, e dei RIFIUTI VERDI da realizzarsi nel Comune di Tarsia (CS).
Il presente lavoro è stato realizzato con l’obiettivo di ottenere il Provvedimento di
Valutazione di Impatto Ambientale da parte dell’Autorità Competente.
Dall’analisi del quadro programmatico, progettuale ed ambientale si può senz’altro
affermare che l’impianto oggetto di studio si integra correttamente con l’ambiente ed il territorio
circostante.
L’analisi degli impatti conseguenti l’attuazione del progetto non ha evidenziano criticità
significative; gli impatti stimati in fase di esercizio sono esclusivamente limitati all’area di
progetto e al contesto urbano limitrofo. Le emissioni di polveri conseguenti l’esercizio
dell’impianto risultano sempre modeste. Per quanto riguarda le acque di dilavamento delle aree
di stoccaggio e dei piazzali di movimentazione, si è preso atto che l’attività di progetto è
confinata su superfici completamente impermeabili, scongiurando la possibilità di dispersione
nell’ambiente esterno: il progetto prevede la raccolta, il successivo trattamento di tutte le acque
potenzialmente interessate da concentrazioni significate di inquinanti.
I sistemi di mitigazione ed i metodi di gestione adottati permetteranno di monitorare tutti
gli elementi di impatto negativi che potrebbero essere indotti sul territorio al fine di poterli
minimizzare e renderli compatibili con i limiti normativi.
Ne deriva, quindi, che gli elementi fondamentali aventi come fine la protezione della
salute pubblica sono da ricondurre unicamente ad una attenta gestione dell’impianto. Tutto ciò
attraverso anche il coinvolgimento di mezzi, uomini e tecnologie associate a quei presidi di
salvaguardia e tutela dell'ambiente che confluiscono in una migliore e più razionale utilizzazione
del territorio.
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Infine vi è da mettere in evidenza gli indubbi impatti positivi conseguenti alla
realizzazione di un “Impianto per il trattamento di matrici organiche con produzione di compost
di qualità, energia elettrica e biometano”.
Innanzitutto vi è da sottolineare l’evidente utilità che riveste l’impianto nel soddisfare il
fabbisogno di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti provenienti sia dal circuito
privato regionale che dal circuito pubblico/privato extraregionale e soprattutto dalle regioni
meridionali, che come illustrato nel presente Studio di Impatto Ambientale sono indubbiamente
carenti di tale tipologie di impianti.
Secondariamente vi è da evidenziare l’evidente vantaggio proveniente dal recupero di
materia (compost) ed energetico (biometano ed energia elettrica) dai rifiuti organici, che un
impianto siffatto permette di ottenere.
Si ritiene, pertanto, che l’opera in progetto sia completamente compatibile con
l’ambiente di destinazione.