Questa parte di meditazione va inserita dopo la canzone di Nannini, Sei nellanima.
Questa parte della meditazione va inserita dopo il canto/ppt di Irene Grandi, Prima di partire per...
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Questa parte della meditazione va inserita dopo il canto/ppt di Irene Grandi, Prima di partire per un lungo viaggio…
La risposta è legata allo stile dell’amore gratuito. L’amore dona. Ma il suo dono non è mercanzia né pretesa
superiorità. È sovrabbondanza che desidera sovrabbondanza.
Chi ama dà, perché non può non dare; perché ha Chi ama dà, perché non può non dare; perché ha compreso che la sua esistenza ha senso solo se esce dal compreso che la sua esistenza ha senso solo se esce dal cerchio della chiusura in se stessa. Ha scelto di giocarsi cerchio della chiusura in se stessa. Ha scelto di giocarsi
nell’affidamento di sé all’altro, per realizzare il suo essere nell’affidamento di sé all’altro, per realizzare il suo essere persona, essere-con e per gli altri. Per questo la sua è una persona, essere-con e per gli altri. Per questo la sua è una
logica della sovrabbondanza, della gratuità.logica della sovrabbondanza, della gratuità.
Ogni amante dice Ogni amante dice all’amato: voglio all’amato: voglio che tu sia. Ogni che tu sia. Ogni amante davanti amante davanti all’amato sente all’amato sente
che è “cosa molto che è “cosa molto buona”. Ogni buona”. Ogni
storia d’amore è la storia d’amore è la narrazione di una narrazione di una
‘genesi’.‘genesi’.
Ogni gesto profondo di affetto è un gesto
di dono e consegna di sé. In questo senso l’amore è sempre il/logico. La sua è una logica ‘altra’. Appunto: la logica
della “sovrabbondanza,
che si oppone polarmente alla
logica dell’equivalenza che
governa il nostro quotidiano”.
La logica della sovrabbondanza sospende il rientro, sospende l’equivalenza, sospende il ricambio, sospende il mercato. L’amore non dice: do ut des (do per ricevere)…
ma (ammesso che si possa trasformare l’espressione) dice do ut dem: do perché desidero dare, perché non
posso non dare. “Offrire senza nulla attendere in
cambio” – questa è la sregolatezza e l’illogicità
meravigliosa dell’amore. In termini evangelici: agape,
amore gratuito e totale di sé.
La poetica dell’amore è quella di un ‘primo dono’, dono originario, “di una generosità che non considera l’obbligo di ricambiare; una
generosità liberata dalle regole di equivalenza che reggono le relazioni del quotidiano”. Lo scarto, il salto è dalla logica del
mercato (anche del mercato più equo) alla logica del ‘senza prezzo’.
Esistono cose che non possono essere comprate e vendute… ci ricorda anche la
pubblicità della Master Card. E sono le cose più importanti della nostra vita.
La musica, (*) una
passeggiata, (*) la bellezza,
sono senza prezzo. (*) La natura
è un senza prezzo. (*) L’amore è
senza prezzo: un dono: fatto
‘per nulla’.
Che cosa, allora, ‘salva’ il dono di
chi ama, distinguendolo da
quello del mercante? La
consapevolezza della gratuità
assoluta del senza-prezzo. La
consapevolezza che quello che si dà è
senza valore, perché al di là di ogni misurabilità,
scambiabilità, valutabilità.
“Incommensurabile in termini di costi
commerciali”.
In questo senso, indubbiamente, il
dono dell’amore non è ricambiabile. Non sullo stesso livello. Perché è fuori della
logica dei livelli . Non essendo
quantificabile non può ‘aspettare’ la stessa ‘quantità’
indietro. Non ci può essere restituzione ‘paritaria’ del dono,
nell’amore.
Il ‘dare’ resta sempre un’eccedenza. Una sovrabbondanza.
Una sovrabbondanza che, però, non è chiusa in se stessa, ma risponde, a sua volta, ad una sovrabbondanza; e chiama,
nuovamente in circolo, un’ulteriore sovrabbondanza. E questo è ciò che protegge la poetica dell’amore dal rischio del
distacco della superiorità.
A chi insinua il dubbio (…questo gift non è dono ma veleno, perché schiaccia l’altro in un debito insolvibile e
mortificante per la sua dignità)…
…chi ama risponde con la fragilità del suo desiderio, un desiderare che potremmo
chiamare, con Ricoeur, in maniera forte e originale, ‘ottativo’.
L’ottativo, in greco, era quel
‘modo’ del verbo che indicava la sfumatura
desiderativa. Si tratta, dunque,
di un volere che si libera da ogni forma di
imposizione. ‘Io voglio’, per chi
ama, non significa: deve
essere così. Significa ‘mi piacerebbe’.
Corda tesa tra ciò che è e ciò che desidero sia. Slancio che non si
accontenta delle cose così come sono. Ma
neanche si pone come legge assoluta di cambiamento.
Il donatore ama e, nella forma
poetica dell’imperativo, dice: “amami! ““amami! “
Ma questo non è un comando. E’ un desiderio.
È il desiderio che l’altro possa sperimentare la bellezza senza prezzo del donarsi, e – a sua
volta – diventare amante, donatore.
Il dono di chi ama non vuole che l’altro rimanga un debitore insolvente, perché sa che l’amato raggiungerà la pienezza del
suo essere solo se sarà a sua volta in grado di donarsi, gratuitamente.
Il dono di chi ama non è una sovrabbondanza Il dono di chi ama non è una sovrabbondanza a senso unico. È il desiderio che l’altro, a senso unico. È il desiderio che l’altro,
raggiunto dal dono, a sua volta possa raggiunto dal dono, a sua volta possa dis-chiudersi e diventare sovrabbondanza. dis-chiudersi e diventare sovrabbondanza.
Chi ama non dice ‘do ut des’…, ma “io do…, mi piacerebbe che anche tu possa dare”…
“io ti ho fatto un dono…, mi piacerebbe che
anche tu possa farlo a tua volta”.
E, anzi, ancora più radicalmente, l’amante
non dovrebbe dire nemmeno: ‘amami!’ Ma dovrebbe dire: ‘ama!’, là
dove l’accento ancora una volta è sul tu e non
sull’io. Perché il desiderio del donatore,
se è veramente sovrabbondante, non è nemmeno ‘che tu possa amare-me’. Ma che tu
possa amare. Persino – al limite - se l’oggetto del tuo amore non sono io.
Anche se, nell’ottativo poetico, non può non rimanere, nascosta, non invadente, la speranza…
che tu possa, con il tuo dono di te, rispondere al mio dono di me; che la tua sovrabbondanza possa
realmente essere rivolta verso il mio desiderio di te.
In questo senso,
l’eventuale reciprocità, non è, non sarebbe
scambio da mercanti, ma
mutuo riconoscimento,
mutualità.
Nella mutualità non c’è uno ‘scambio’ di beni, inteso come ‘qualcosa’
che oggettivamente passi da uno all’altro e dall’altro all’uno.
Non c’è scambio commerciale, non c’è
logica del mercante. C’è una duplice
sovrabbondanza. Il dono gratuito non si scambia sullo stesso livello, ma
ogni volta cade dall’altezza della gratuità
del donatore
“L’accento cade sulla generosità del donatore, piuttosto che sull’esigenza di
contraccambiare il dono”.
Proprio perché so che il tuo dono di te
non ha prezzo e non sarà mai
contraccambiabile, il tuo ‘darti’ mi
provoca a tal punto da desiderare di donarmi, a mia
volta, senza prezzo e senza
contraccambio.
La generosità del dono suscita non La generosità del dono suscita non una restituzione, un compenso, ma una restituzione, un compenso, ma il desiderio di dare la risposta ad il desiderio di dare la risposta ad
un offertaun offerta
Solo in questa eventuale mutualità, non c’è né superiorità, né inferiorità, né forzatura nel
dare, né forzatura nel richiedere
Ma soprattutto solo in questa mutualità non si
annulla la libertà, perché l’eventuale risposta dell’altro, solo se è
veramente libera e gratuita diventa a sua volta dono, e
dunque risposta di reciprocità.
Per questo, ogni autentico dono è un ‘rischio’. Si assume il rischio di essere rifiutato, di non essere riconosciuto, di non essere
accettato, apprezzato. Si consegna alla possibilità dell’ingratitudine.
Per questo, ogni autentico dono è un’attesa. “Un’attesa che può essere indefinitamente differita,
o addirittura perduta di vista e del tutto dimenticata”…
Ma un’attesa che resta sempre aperta alla possibilità “di una sorpresa”.
La sorpresa di quella ‘risposta’ al dono, in grado venire incontro alla gratuità del gesto originario di donazione. La sorpresa di un ‘darsi’ dell’altro che, liberamente, sia corrispondente proprio al nostro
gratuito esserci ‘dati’
Per questo, ogni autentico Per questo, ogni autentico dono “apre uno spazio di dono “apre uno spazio di
speranza”speranza”
è “un gesto che produce un’onda è “un gesto che produce un’onda di bene” nascosto e che di bene” nascosto e che
“contribuisce all’avanzare della “contribuisce all’avanzare della storia verso la pace”. È la storia verso la pace”. È la
controcorrente nascosta della controcorrente nascosta della storia della violenza.storia della violenza.
Per questo, ogni autentico dono è gratuità Per questo, ogni autentico dono è gratuità che evoca gratitudine. E gratitudine che che evoca gratitudine. E gratitudine che
chiama nuova gratuità. Soglia sulla quale il chiama nuova gratuità. Soglia sulla quale il riconoscimento può diventare riconoscenza.riconoscimento può diventare riconoscenza.
Qui va inserito il ppt/canzone di Gianna Nannini, Sei nell’anima