Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale 70% ... · Consiglio di amministrazione Angelo...
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Anno XII numero 36 2014
Trimestrale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali
Poste Italiane SpASpedizione in Abbonamento Postale 70% - Roma
➔ Elementi di analisi e osservazione del sistema salute
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➔ Elementi di analisi e osservazione del sistema salute 36Focus on Il Patto per la salute 2014-2016 Interviste al Ministro Beatrice Lorenzin e al Presidente Sergio
Chiamparino Il ruolo di Agenas nel Patto Il testo dell’Intesa Idee e commenti Indicazioni utili per
definire la quota capitaria Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici Agenas
on line La remunerazione delle funzioni assistenziali Beni e servizi sotto la lente della revisione della spesa
Elem
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del
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tem
a sa
lute
36Sommario | monitor 36
Editoriale Il Patto per la salute 2014-2016: l’obiettivo da cui ripartire di Francesco Bevere pagina 3
Focus on | Il Patto per la salute
Raggiunta l’Intesa: la vera sfida inizia oraIntervista al Ministro Beatrice Lorenzin pagina 7
Le Regioni, soggetti attivi e propositivi nel PattoIntervista al Presidente Sergio Chiamparino pagina 11
Il ruolo di Agenas nel Patto per la salutepagina 13
Il Patto per la salute 2014-2016: il testopagina 16
Idee e commentiDentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitariadi Vittorio Mapelli pagina 44
Dal fabbisogno di prestazioni specialisticheai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavorodi Valtere Giovannini pagina 55
Agenas on lineLa remunerazione delle funzioni assistenzialidi Renato Balma pagina 68
Beni e servizi sotto la lente della revisione della spesadi Laura Velardi e Anna Fiorenza pagina 86
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) è un ente pub-blico non economico nazionale, che svolge una funzione di supporto al Mini-stero della salute e alle Regioni per le strategie di sviluppo e innovazione delServizio sanitario nazionale.Obiettivi prioritari di Agenas sono la ricerca sanitaria e il supporto tecnico-ope-rativo alle politiche di governo di Stato e Regioni, all’organizzazione dei ser-vizi e all’erogazione delle prestazioni sanitarie, in base agli indirizzi ricevutidalla Conferenza Unificata.Agenas realizza tali obiettivi tramite attività di ricerca, di monitoraggio, di va-lutazione e di formazione orientate allo sviluppo del sistema salute.
L’Agenzia oggi | Presidente Giovanni Bissoni Direttore generale Francesco BevereConsiglio di amministrazione Angelo Lino Del Favero, Domenico Mantoan, Giuseppe ZuccatelliCollegio dei revisori dei conti Francesco Alì (Presidente), Nicola Begini, Andrea Urbani
Le attività dell’Agenzia | Monitoraggio della spesa sanitaria e dei Lea• Organizzazione dei servizi sanitari • Qualità e accreditamento • Innovazione, sperimentazione e sviluppo, Hta • Supporto alle Regioni in Piano di rientro e riqualificazione • Educazione continua in medicina
www.agenas.it | Sul sito dell’Agenzia sono disponibili tutti i numeri di
Periodico associatoall’Unione StampaPeriodica Italiana
Elementi di analisi e osservazione del sistema salute
Anno XIII Numero 36 • 2014
Proprietario ed EditoreAgenas - Agenzia nazionaleper i servizi sanitari regionali
Direttore editorialeFrancesco Bevere
Direttore responsabileChiara Micali Baratelli
Redazione Via Puglie, 23 - 00187 Romatel. 06 42749 341/343email [email protected]
Editing e graficaPierrestampaViale di Villa Grazioli, 500198 Roma
StampaCecomBracigliano (Sa)
Registrazionepresso il Tribunale di Roman. 560 del 15.10.2002
Finito di stamparenel mese di settembre 2014
Codice ISSN 2282-5975
Il Patto per la salute 2014-2016: l’obiettivo da cui ripartiredi Francesco Bevere Direttore Generale Agenas - Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali
Q3
➔EEditoriale | Il Patto per la salute 2014-2016: l’obiettivo da cui ripartire
uando il Ministro Lorenzin, nel mese di maggio 2013, mi affidò il compito di coor-
dinare i lavori per la predisposizione del nuovo Patto per la salute, ero già consa-
pevole del fatto che sarebbe stato un “Patto” diverso dai precedenti e che, questa
volta, avrebbe assunto un significato e un’importanza particolari per il nostro si-
stema sanitario. Non si trattava, infatti, di dotarsi semplicemente di uno strumento
di regolazione e di programmazione per i successivi tre anni. Era molto di più: rap-
presentava la vera occasione per avviare una possibile riforma del Servizio sanita-
rio nazionale, avvertita e sollecitata da più parti: Governo, Regioni, tecnici, pro-
fessionisti del settore, tutti consapevoli della necessità e dell’urgenza di dover
“cambiare rotta”.
La sanità degli ultimi decenni è stata messa a dura prova, probabilmente anche a
causa della sua stessa incapacità di riformarsi omogeneamente sull’intero territo-
rio nazionale e dell’assenza di una progettualità condivisa, chiara e definita, capace
di mettere in sicurezza la sua sostenibilità futura.
Il Patto si presentava effettivamente come l’opportunità da tutti attesa per dotare
il nostro sistema sanitario di un nuovo paradigma, più rispondente ai bisogni delle
persone, che andasse di pari passo con il mutato assetto socio-economico del no-
stro Paese e che generasse quel cambiamento culturale necessario per renderlo
competitivo, anche in ambito europeo.
Con queste aspettative, nel mese di settembre del 2013, sono stati avviati, insieme
alle Regioni, i lavori per la predisposizione del nuovo Patto per la salute.
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Editoriale | Il Patto per la salute 2014-2016: l’obiettivo da cui ripartire
Quasi parallelamente, ovvero nel dicembre del
2013, il Ministro Lorenzin ha concordato che il
programma di revisione della spesa, delineato dal
Commissario Cottarelli, procedesse non più con
la logica dei tagli lineari ma, piuttosto, con l’in-
dividuazione di possibili risparmi da ottenere
selettivamente nei vari ambiti del settore sanita-
rio. Questa intuizione del Ministro consentì, in
quel momento, di ottenere la possibilità di for-
mulare proposte alternative di risparmi di spesa
nel settore della sanità, da distribuire nel periodo
2014-2016.
È stato subito evidente che il programma di re-
visione della spesa e il nuovo Patto per la salute
avrebbero viaggiato in parallelo, così come è stato
evidente che soltanto il Patto avrebbe potuto mi-
tigare le nuove misure di spending review.
Bisognava fare in modo che le risorse destinate
alla sanità – che più volte in passato erano state
oggetto di tagli indiscriminati – restassero questa
volta intatte. Abbiamo, quindi, concentrato l’at-
tenzione su quelle misure che, pur non compor-
tando immediate riduzioni di spesa, avrebbero
fatto registrare nel tempo una graduale elimina-
zione degli sprechi, un efficientamento del sistema
e un miglioramento dei servizi per i cittadini dal
punto di vista qualitativo, quantitativo e dell’ap-
propriatezza.
Dunque, solo grazie all’ottimale combinazione tra
il nuovo Patto e il programma di revisione della
spesa si sarebbe potuto avviare un vero e proprio
processo di riforma e di efficientamento del si-
stema sanitario, nel segno dell’appropriatezza ed
evitando nuovi tagli lineari alla sanità.
L’Intesa sul nuovo Patto per la salute, siglata il 10
luglio 2014, costituisce, quindi, la volontà da parte
di Governo e Regioni di tutelare i principi ispi-
ratori del nostro Servizio sanitario nazionale, at-
traverso l’impegno di entrambi di attuare impor-
tanti e concrete misure di programmazione
sanitaria, con l’obiettivo di razionalizzare il si-
stema, determinando la possibilità di recuperare
risorse da reinvestire nel settore della sanità, non-
ché rafforzare i meccanismi di controllo e di mo-
nitoraggio.
Fra i numerosi temi presenti nel nuovo Patto si
prevede il rafforzamento dell’assistenza territoriale,
dell’assistenza domiciliare integrata, la riorganiz-
zazione delle cure primarie, l’integrazione tra si-
stema di emergenza urgenza e servizi di conti-
nuità assistenziale. Sono previste, inoltre, specifiche
linee guida per l’assistenza sanitaria negli istituti
penitenziari e, per la prima volta, è stato inserito
il tema dell’umanizzazione delle cure, attraverso
l’individuazione di ambiti prioritari di intervento
che rendano possibile la realizzazione di pro-
grammi annuali di umanizzazione, con modalità
uniformi su tutto il territorio nazionale. A ciò si
aggiunga l’impegno entro dicembre prossimo
dell’aggiornamento dei Lea, che si attendeva da
oltre dieci anni, e il rafforzamento dell’azione di
monitoraggio e controllo sui Livelli essenziali di
assistenza.
È stata dedicata un’attenzione particolare alla
governance del sistema e, relativamente alle Re-
gioni impegnate nei Piani di rientro, è stato pre-
visto che il Commissario ad acta qualora, in sede
di verifica annuale, riscontri il mancato raggiun-
gimento degli obiettivi riferiti al Piano di rien-
tro, proponga la decadenza dei Direttori generali
assieme ai Direttori amministrativi e sanitari. An-
cora, il Commissario ad acta individuato dal Go-
verno non potrà più coincidere con il Presi-
dente della Regione, né altra figura politica di
riferimento, bensì un professionista in possesso di
un curriculum che evidenzi qualificate e com-
provate professionalità ed esperienza di gestione
sanitaria, anche in base ai risultati raggiunti in
precedenti esperienze.
Il Patto ha affidato ad Agenas un ruolo privile-
giato e rilevante: l’Agenzia realizzerà, infatti,
uno specifico sistema di monitoraggio, analisi e
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Editoriale | Il Patto per la salute 2014-2016: l’obiettivo da cui ripartire
controllo dell’andamento dei singoli sistemi sa-
nitari regionali, che consentirà di rilevare in
via preventiva, attraverso un apposito meccani-
smo di allerta, eventuali e significativi scosta-
menti delle performance delle Aziende sanita-
rie e dei sistemi sanitari regionali, in termini di
qualità, quantità, sicurezza, efficacia, efficienza,
appropriatezza ed equità dei servizi erogati.
Questo significa concentrarsi sui risultati e sulle
performance delle organizzazioni sanitarie, con
particolare riferimento all’efficienza dell’orga-
nizzazione e alla qualità dell’assistenza resa ai
cittadini, al fine di intervenire prima che si rea-
lizzino le condizioni che impongono l’ado-
zione di misure straordinarie, come quelle adot-
tate per le Regioni impegnate nei Piani di
riorganizzazione e riqualificazione dei Servizi
sanitari regionali.
In questo modo il Patto restituisce un ruolo cen-
trale all’organizzazione sanitaria, e, di conse-
guenza, alle persone che la compongono. Creare,
attraverso Agenas, un sistema in grado di valoriz-
zare l’organizzazione, significa sì concentrarsi sulla
performance dell’Azienda ospedaliera e, quindi,
sul risultato in termini di qualità, quantità, sicurezza,
efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi
erogati, ma, prima di ogni cosa, significa valorizzare
gli autori di quella performance, ovvero le per-
sone che operano all’interno e per l’organizza-
zione sanitaria.
Il valore deve continuare a essere l’obiettivo pre-
minente per ogni organizzazione sanitaria.
Ciò significa avere il coraggio di rivedere siste-
maticamente le modalità di erogazione dei servizi
sanitari e di modificarle se non soddisfano tali pre-
supposti. Vuol dire favorire il confronto e passare
dalla cultura della centralità della prestazione a
quella della centralità del percorso di cura e,
quindi, della persona.
Inoltre, porre al centro gli operatori sanitari vuol
dire investire sulle persone, riconoscendo che
sono il focus principale delle nostre organizza-
zioni, ma anche che qualsiasi miglioramento du-
raturo della salute passa attraverso investimenti si-
stematici sul patrimonio intellettuale di cui
dispone il nostro Servizio sanitario nazionale.
Durante il lavoro per la predisposizione del nuovo
Patto, abbiamo esaminato i contenuti di quelli
precedenti e ci siamo accorti che alcuni temi ivi
previsti, nel corso degli anni, non sono stati rea-
lizzati completamente e che avremmo dovuto
riproporli. Per questa ragione, un’altra caratteri-
stica del Patto 2014-2016 risiede proprio nella ga-
ranzia della sua completa attuazione.
La realizzazione dei contenuti del Patto sarà, in-
fatti, garantita da una Cabina di regia politica, at-
traverso il monitoraggio costante e la verifica
dell’attuazione di tutti i provvedimenti previsti,
che si avvarrà di un apposito Tavolo tecnico, che
sarà istituito, a breve, presso l’Agenzia nazionale
per i servizi sanitari regionali e che è chiamato
anche a monitorare l’applicazione delle misure in
campo sanitario sulla revisione della spesa, in li-
nea con le indicazioni del Governo.
Da quanto detto, non sfuggirà che la vera sfida co-
mincia ora, con l’attuazione del Patto e il coin-
volgimento di tutti gli attori del sistema, ivi com-
prese le Associazioni dei cittadini e dei malati.
L’obiettivo finale deve coincidere con le pre-
messe da cui siamo partiti: universalità, solidarietà
ed equità.
Nella fase di stesura del Patto questi principi
sono stati difesi dal Ministro della salute e dalle
Regioni in ogni occasione di confronto, così
come è stata sempre ribadita l’unitarietà del Ser-
vizio sanitario nazionale.
Ogni riforma richiede tempo per essere realizzata,
soprattutto quando interviene su temi così deli-
cati come la salute delle persone, sui comporta-
menti dei professionisti e sulla cultura delle or-
ganizzazioni. Gli effetti benefici del Patto non
saranno immediati, né visibili nel breve periodo.
6
Editoriale | Il Patto per la salute 2014-2016: l’obiettivo da cui ripartire
Essi richiederanno tempo, un tempo durante il
quale il lavoro del Ministero, delle Regioni e di
Agenas sarà ancora più intenso e richiederà una
collaborazione sempre più forte tra le parti.
Naturalmente, non tutti gli attori del sistema
hanno condiviso le scelte confluite nel Patto. Lo
scopo non era quello di accontentare tutti, ma di
avviare un percorso di riforma attraverso l’ado-
zione e la combinazione di almeno tre importanti
provvedimenti: il Patto, il programma di revi-
sione della spesa e il nuovo regolamento sugli
standard ospedalieri – la cui intesa è stata sancita
il 5 agosto – che costringeranno il nostro sistema
a rivedere e ripensare il modello di assistenza sa-
nitaria del nostro Paese.
Per anni il nostro modello organizzativo è stato
caratterizzato da una metodologia di lavoro basata
su periodici, piccoli e progressivi aggiustamenti,
peraltro proposti in maniera disomogenea sul ter-
ritorio nazionale.
Era necessario un intervento a 360 gradi fatto di
regole e di norme di indirizzo.
Ritengo che il Patto, insieme al regolamento su-
gli standard ospedalieri, abbia avviato una vera e
propria rivoluzione.
Attraverso l’adozione di questi provvedimenti ab-
biamo ricercato l’azione, e ricercare l’azione signi-
fica abbandonare ogni atteggiamento inerte, per re-
cuperare la tensione verso il futuro, per fare bene
le cose, per prendere le decisioni giuste, misurando
preventivamente gli effetti che l’azione originerà e
il cambiamento che produrrà sulle persone, sugli
assistiti, sui familiari e sugli operatori sanitari.
“L’azione non è una capacità facoltativa degli esseri
umani, bensì una necessità essenziale dalla quale di-
pende la nostra sopravvivenza come individui e come
specie. Si può scegliere come e quando agire, ma agire è
di per sé inevitabile: in questo non c’è scelta”.
F. Savater, Il coraggio di scegliere
Raggiunta l’Intesa: la vera sfida inizia ora
Intervista a Beatrice LorenzinMinistro della salute
I7
➔EFocus on | Il Patto per la salute
l 10 luglio scorso è stata sancita l’Intesa tra Governo, Regioni e Province
Autonome di Trento e Bolzano sul Patto per la salute 2014-2016, l’accordo
finanziario e programmatico di valenza triennale, in merito alla spesa e alla
programmazione del Ssn. In quell’occasione Lei ha dichiarato “abbiamo
messo in sicurezza il sistema sanitario italiano per le prossime generazioni…
è stata un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori e gli ope-
ratori del sistema”. Il nuovo Patto, inteso quindi non solo come somma di
regole per una semplice riorganizzazione, assume un significato e un valore
particolare rispetto al passato?
«Il Patto 2014-2016, non rappresenta soltanto un accordo finanziario-program-
matico tra il Governo e le Regioni, ma ha dato il via a una vera e propria riforma
della sanità. Sono molto soddisfatta del risultato raggiunto, anche grazie al clima
di assoluta collaborazione con le Regioni, tuttavia, ritengo che l’Intesa sul Patto
sia stata solo la punta dell’iceberg e che la vera sfida cominci ora, con la sua at-
tuazione. Quando abbiamo scritto il Patto, il nostro punto di partenza sono stati
i bisogni di salute dei cittadini e, grazie alla cornice finanziaria in esso prevista,
abbiamo messo in sicurezza il soddisfacimento di tali bisogni per i prossimi tre
anni. Ma tre anni sono pochi e passano in fretta; perciò abbiamo tentato di rior-
ganizzare strutturalmente il sistema attraverso la trattazione di tematiche rilevanti
quali ad esempio, la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, l’aggiorna-
mento dei Lea, la revisione della compartecipazione e delle esenzioni, creando
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Focus on | Il Patto per la salute
al contempo forme di “autofinanziamento” del
sistema. Abbiamo, infatti, centrato il Patto sul re-
cupero dell’appropriatezza, sull’eliminazione de-
gli sprechi e sulla capacità di generare – attra-
verso questo circolo virtuoso – nuove risorse da
reinvestire di volta in volta nel sistema sanitario.
Il grande lavoro che ci attende nel prossimo fu-
turo coincide con l’attuazione del Patto che
sono certa Governo e Regioni realizzeranno
con il medesimo spirito di collaborazione e in-
tesa».
Ci sono importanti cambiamenti previsti dal
Patto che sono ancora da scrivere; ad esempio
la revisione del sistema della compartecipa-
zione alla spesa sanitaria, da definire entro la
fine di novembre. Da più parti è stato sotto-
lineato come migliaia di cittadini rinuncino a
curarsi per l’eccessivo costo del ticket il cui
aumento non ha, del resto, favorito l’appro-
priatezza. Quali criteri verranno adottati per
la riforma della compartecipazione e per su-
perare i diversi sistemi oggi esistenti?
«La compartecipazione alla spesa rappresenta
spesso una vera e propria fonte di finanziamento
per il sistema, ma non necessariamente uno stru-
mento per l’uso appropriato dei servizi sanitari, ed
è stata utilizzata in alcuni casi come strumento
correttivo per raggiungere un equilibrio di bi-
lancio. In mancanza di una regolamentazione
equilibrata ed equa nella modulazione dei ticket
si sono generati effetti indesiderati e contropro-
ducenti, sia ai fini della tutela del diritto alla sa-
lute e dell’accesso alle cure, che in termini di ef-
ficienza del sistema sanitario. Infatti, nel primo
caso è stato registrato un abbandono o riduzione
dell’accesso alle cure da parte dei nostri cittadini
che non sono stati più in grado di reggere il peso
del ticket e, dall’altro, questo aggravio delle tariffe
pubbliche ha alimentato il ricorso alle strutture
private, i cui prezzi sono diventati competitivi e
che hanno avuto l’effetto di vanificare l’obiettivo
di aumentare il gettito.
Insomma, i ticket da pagare, al punto dove siamo
arrivati, rappresentano un male peggiore della
stessa malattia che è necessario curare.
I temi della revisione del sistema di comparteci-
pazione (ticket) e delle esenzioni sono trattati
nel Patto in un’ottica di riforma, affinché si eviti
che la compartecipazione rappresenti una barriera
per l’accesso ai servizi sanitari, o ancor peggio, la
principale causa dell’esodo dei cittadini dalle cure.
Il sistema, in fase di prima applicazione, dovrà
considerare la condizione reddituale e la compo-
sizione del nucleo familiare. Esso dovrà connotarsi
per chiarezza, semplicità applicativa e di monito-
raggio. Successivamente, compatibilmente con le
informazioni disponibili, potrà essere presa in
considerazione la condizione “economica” del
nucleo familiare. È stato previsto, altresì, che il
nuovo sistema della partecipazione dovrà garan-
tire per ciascuna Regione il medesimo gettito
previsto dalla legislazione nazionale vigente, ga-
rantendo comunque l’unitarietà del sistema. È già
al lavoro uno specifico gruppo misto, composto
da rappresentanti delle Regioni, del Ministero
della salute, del Ministero dell’economia e delle fi-
nanze, di Agenas, coordinato dal Ministero della
salute, che ha il compito di definire i contenuti
della revisione del sistema di partecipazione en-
tro il 30 novembre 2014».
È stato previsto – e dovrebbe arrivare entro il
31 dicembre – l’aggiornamento dei Livelli
essenziali di assistenza, atteso da circa 10 anni.
Quali sono le novità più significative per ade-
guare l’insieme di servizi e prestazioni che il
Ssn eroga alle attuali e diverse esigenze di sa-
lute dei cittadini?
«Non è pensabile immaginare una riforma sani-
taria che non contempli anche l’aggiornamento
dei Livelli essenziali di assistenza. Un aggiorna-
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Raggiunta l’Intesa: la vera sfida inizia ora
mento atteso da oltre dieci anni. Proprio nel-
l’ambito dei lavori del nuovo Patto per la salute,
è stato istituito un gruppo di lavoro costituito da
Ministero della salute, Mef, Regioni e Agenas
che dovrà pervenire all’aggiornamento dei Lea,
entro il 31 dicembre 2014. L’aggiornamento deve
tener conto delle malattie rare e verificare quali
siano le prestazioni non più attuali per i bisogni
della popolazione e le altre prestazioni che sono
invece entrate con forza nell’assistenza. Il gruppo
sta lavorando anche alla definizione di criteri di
appropriatezza nella prescrizione ed erogazione
delle prestazioni sanitarie ad essi connesse.
Tutto questo consentirà di fornire una risposta più
pronta, efficace e appropriata ai bisogni di salute
dei cittadini».
Si prevede che il mancato conseguimento de-
gli obiettivi di salute e assistenziali previsti co-
stituisca per i Direttori generali un grave ina-
dempimento contrattuale per il quale si
prevede la decadenza automatica. Inoltre, in
tema di riorganizzazione della Pubblica Am-
ministrazione, il Ddl prevede per il Ssn la re-
visione dei criteri di nomina dei Direttori ge-
nerali, ma anche di quelli amministrativi e
sanitari delle Aziende. È contemplata, inoltre,
una selezione unica dei Direttori generali in
possesso di specifici titoli formativi e profes-
sionali e, ancora, un elenco nazionale degli
idonei. Vuole illustrare il percorso e le parti-
colarità di questa riforma della governance da
Lei fortemente voluta?
«Per raggiungere un livello di benessere auspica-
bile è necessario dotarsi di una governance ade-
guata: persone in grado per capacità e merito di
guidare i sistemi nazionali, regionali e locali verso
un cambiamento capace di sviluppare salute, in-
novazione, ricerca, investimenti, cultura sociale,
ma anche un utilizzo etico delle risorse. Il tema
della governance, specialmente nell’ambito della
salute pubblica, della ricerca e dell’innovazione è,
di fatto, un problema etico, sia nella scelta dei ma-
nager sia nella gestione e nell’allocazione delle ri-
sorse. Sviluppare un sistema sanitario nazionale
eticamente sostenibile significa proprio porre la
massima attenzione a questi fattori strategici. In
momenti di grande difficoltà economica la “va-
lorizzazione del capitale umano” può apparire sa-
crificata. Ritengo invece sia necessario, in un
momento così delicato e di forte cambiamento,
investire proprio nelle persone e nei professioni-
sti della sanità: questo significa promuovere la
“cultura del merito”. Sin dal principio del mio
mandato ho inteso promuovere e rafforzare una
maturazione culturale che privilegi il merito nella
selezione dei professionisti.
Non a caso, proprio coloro che sono chiamati a
dirigere i massimi livelli di governance del Servi-
zio sanitario, come i Direttori generali, saranno se-
lezionati, per l’inserimento in un elenco nazio-
nale degli idonei istituito presso il Ministero della
salute, aggiornato con cadenza biennale, da cui le
Regioni e le Province autonome devono attin-
gere per il conferimento dei relativi incarichi da
effettuare nell’ambito di una rosa di candidati in-
dividuati e previo colloquio. Sarà istituito anche
un sistema di verifica e di valutazione dell’attività
dei Direttori generali che tenga conto del rag-
giungimento degli obiettivi sanitari, anche in re-
lazione alla garanzia dei Livelli essenziali di assi-
stenza e dei risultati del Programma nazionale
valutazione esiti dell’Agenzia nazionale per i ser-
vizi sanitari regionali.
Sicuramente un ruolo privilegiato sarà affidato
alla formazione, perché solo quest’ultima è in
grado di realizzare il cambiamento strutturale
puntando sulle capacità intellettuali dei profes-
sionisti, di incidere sulle coscienze degli operatori
sanitari e di alimentare la “sensibilità etica” di tutti
coloro che a vario livello sono chiamati a ri-
spondere ai bisogni di salute dei pazienti».
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Focus on | Il Patto per la salute
Il Patto per la salute ha affidato all’Agenas
molte funzioni e numerosi incarichi: dalla vi-
gilanza sulla effettiva applicazione del Patto
stesso, al monitoraggio dei sistemi sanitari re-
gionali, dal controllo sulla revisione della
spesa sanitaria, alle nuove funzioni in materia
di Hta, etc. Un ruolo di grande rilievo, ma
quali sono i provvedimenti previsti per sup-
portare l’Agenzia nell’adempimento dei nuovi
compiti?
«Il nuovo Patto per la salute ha affidato all’A-
genas un ruolo privilegiato e le ha attribuito
nuovi e rilevanti compiti. Agenas, a breve, è
chiamata a realizzare uno specifico sistema di
monitoraggio, analisi e controllo dell’anda-
mento dei singoli sistemi sanitari regionali, che
consentirà di rilevare in via preventiva, attra-
verso un apposito meccanismo di allerta, even-
tuali e significativi scostamenti delle perfor-
mance delle Aziende sanitarie e dei sistemi
sanitari regionali, in termini di qualità, quantità,
sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed
equità dei servizi erogati. A questo proposito
tengo a fare una precisazione.
Questo sistema non ha una finalità ispettiva, né re-
pressiva.
Non si tratta di quella specifica tipologia di con-
trollo realizzata in seguito a eventi dannosi, come
ad esempio nel caso di decesso del paziente per
un episodio di malasanità.
Il sistema di monitoraggio che abbiamo previsto
nel Patto si basa sulla creazione di un sistema ca-
pillare di allerta che faccia da spia dell’esistenza di
lacune nel sistema e della presenza di difetti di or-
ganizzazione e procedurali, che se non opportu-
namente individuate possano compromettere la
garanzia dei Livelli essenziali di assistenza, nonché
l’efficienza gestionale del sistema.
Questo tipo di monitoraggio si propone di de-
terminare tutte le condizioni per realizzare per-
corsi di “accompagnamento/affiancamento” delle
Aziende sanitarie e dei singoli sistemi sanitari re-
gionali, proprio al fine di evitare l’applicazione in
futuro di misure straordinarie, come quelle deri-
vanti dai cosiddetti Piani di rientro. In questo
modo Agenas potrà individuare preventivamente
quei difetti organizzativi o procedurali che se la-
sciati a se stessi possono compromettere seria-
mente la salute delle persone e/o l’efficienza ge-
stionale dell’organizzazione sanitaria».
Lei ha dichiarato di voler presentare al più
presto la proposta di riforma degli enti vigi-
lati – Agenas, Aifa, Iss – che diventeranno sem-
pre più enti di sostegno tecnico e scientifico
e di collegamento tra Ministero e Regioni. In
particolare, il ruolo affidato ad Agenas dal
Patto per la salute come si coniuga con il pro-
getto di riorganizzazione delle agenzie che il
Ministero ha elaborato?
«Relativamente alla riforma degli enti vigilati del
Ministero della salute e, in particolare, alla rior-
ganizzazione di Agenas, il nuovo Patto per la sa-
lute 2014-2016, ha affidato all’Agenzia compiti
talmente complessi e delicati che basterebbero da
soli a determinarne il core business.
Comunque, ritengo che il Patto abbia già indicato
– seppur a grandi linee – le prospettive di riforma
dell’Agenzia.
Sicuramente la realizzazione di questo specifico si-
stema di allerta e le attività di monitoraggio del-
l’attuazione del nuovo Patto per la salute 2014-2016
e delle misure di revisione della spesa sanitaria di cui
al programma del Governo, richiederanno all’Age-
nas un notevole impegno e costituiranno di certo
un rilevante incremento delle attività future».
11
Le Regioni, soggetti attivi e propositivi nel Patto
Le Regioni, soggetti attivi e propositivi nel Patto Intervista a Sergio Chiamparino
Presidente della Conferenza delle Regioni
Il 31 luglio scorso lei è stato eletto Presidente della Conferenza delle Regioni
e ha subito dichiarato che si augurava che il riparto del fondo per la sanità
fosse definito il più presto possibile. Così è stato: il 5 agosto le Regioni si
sono divise più di 107 miliardi di euro per finanziare i servizi sanitari per
l’anno in corso. Come lei stesso ha sottolineato “è la prima volta che le Re-
gioni approvano un riparto senza attendere iniziative o sollecitazioni dal Go-
verno”. Quali sono stati i “nuovi criteri e le nuove pesature” adottati per il
riparto e come è riuscito a mediare e conciliare le diverse esigenze delle Re-
gioni dettate da difficoltà oggettive e da importanti squilibri?
«Sia sul riparto del Fondo sia sull’approvazione dell’Intesa sul Patto per la salute,
io sono subentrato quando il lavoro era già stato solidamente impostato, in parti-
colar modo dai colleghi della Commissione sanità della Conferenza delle Regioni.
Mi pare un risultato molto significativo, perché su questi temi così importanti tro-
vare l’intesa è sempre difficile. I criteri principali che abbiamo utilizzato sono stati
da una parte i risultati conseguiti dalle Regioni più virtuose, mentre dall’altra ab-
biamo tenuto in considerazione il principio di solidarietà orizzontale e storica che
è altrettanto indispensabile per garantire omogeneità e unitarietà al Servizio sani-
tario nazionale».
Ha asserito che le Regioni saranno protagoniste in questa stagione di
riforme costituzionali. Un ruolo determinante lo avranno anche nell’attua-
zione del nuovo Patto? Saranno chiamate, per esempio, a cooperare in ma-
niera importante alla riorganizzazione dei processi assistenziali. Con quali
strumenti?
«Lo ribadisco: è necessario che agli Enti Locali, ai Sindaci e ai Presidenti delle Re-
gioni venga riconosciuto un ruolo di interlocutori istituzionali del Governo, e
questo è un passaggio di fondamentale importanza per lo sviluppo del nostro si-
stema Paese. Il Patto per la salute è di per sé un progetto di riorganizzazione dei
12
Focus on | Il Patto per la salute
processi assistenziali e gli strumenti sono quelli a
disposizione e che ogni Regione adatta alle pro-
prie esigenze».
Il Patto prevede che l’Agenzia nazionale per
i servizi sanitari regionali, realizzi un sistema
di monitoraggio che consenta di rilevare, in
via preventiva, attraverso un apposito mecca-
nismo di allerta, eventuali e significativi sco-
stamenti delle performance delle Aziende sa-
nitarie e sistemi sanitari regionali, in termini
di qualità, quantità, sicurezza, efficacia, effi-
cienza, appropriatezza ed equità dei servizi
erogati. Quando ciò accadrà, quale sarà la
procedura e quali i provvedimenti che si in-
tendono adottare?
«Anche in questa fase il ruolo delle Regioni sarà
importante perché in sede tecnica avranno il
compito, assieme all’Agenas, di stabilire i para-
metri attraverso i quali misurare le prestazioni e
i servizi offerti dalle Aziende sanitarie regionali.
Sarà il Tavolo politico a decidere, poi, le procedure
e i provvedimenti da adottare per intervenire lad-
dove siano necessari miglioramenti, ma anche su
questo non ho motivo di dubitare che si possa
procedere in pieno accordo fra le Regioni e con
il Governo».
Tra le novità del Patto, per le Regioni in
Piano di rientro si prevede che “la nomina a
Commissario ad acta sia incompatibile con
l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi
incarico istituzionale presso la Regione sog-
getta a commissariamento” e deve possedere
un curriculum adatto. Il Commissario non
potrà più essere, come fino ad ora è accaduto,
il Presidente della Regione. Quale dibattito
è scaturito in merito e ci sono state “resi-
stenze”, in particolare da parte delle Regioni
commissariate?
«La figura del Presidente di Regione è – e ri-
mane – importante da un punto di vista politico
e decisionale, e si presuppone che il Commissa-
rio, nell’ambito della sua autonomia, abbia con lui
un confronto continuo e produttivo. Ciò pre-
messo, per quello che ho potuto vedere io non
c’è stata nessuna resistenza particolare e nessun di-
battito su questo aspetto».
Verrà costituito presso l’Agenas un Tavolo
tecnico (che affiancherà la Cabina di Regia)
a cui è affidato il compito di monitoraggio e
verifica dei provvedimenti previsti dal Patto e
presenterà, inoltre, proposte per la spending
review interna al settore sanitario. Quale sarà,
a suo avviso, il contributo delle Regioni, in
particolare in merito alle misure di revisione
della spesa?
«Le Regioni saranno soggetti attivi e propositivi,
così come previsto nel nuovo Patto per la salute
che prevede la partecipazione di rappresentanti
regionali al tavolo sulla spending review. Sicura-
mente ci ha aiutato molto l’approvazione del
Regolamento sul riordino della rete ospedaliera,
licenziato lo scorso 5 agosto e che rappresenta
uno degli strumenti fondamentali dell’azione di
spending review, infatti, il Regolamento permette
finalmente alle Regioni di avere un quadro di ri-
ferimento preciso per definire i parametri di ra-
zionalizzazione della spesa.
13
Il ruolo di Agenas nel Patto per la salute
Il ruolo di Agenas nel Patto per la salute
Nell’ambito delle strategie del Servizio sanitario nazionale, il nuovo Patto definisce
funzioni e linee di sviluppo di Agenas, finalizzate, prevalentemente, a realizzare un
sistema di monitoraggio, analisi e controllo dell’andamento dei singoli sistemi sa-
nitari regionali e delle Aziende sanitarie. A tale proposito, il testo dell’Intesa pre-
vede un rafforzamento dell’attività dell’Agenzia, che illustriamo di seguito.
ATTIVITÀ DI PROMOZIONE DIRETTA
Nello specifico, si tratta di attività di input e coordinamento affidate ad Agenas
come quelle previste dall’art. 5, comma 24, relativo all’assistenza territoriale, in
cui viene affidato all’Agenzia il compito di ridefinire i bacini di utenza delle cen-
trali operative di emergenza urgenza territoriale 118, in relazione alle nuove tec-
nologie informatiche e telefoniche ora disponibili. Tecnologie che permettono di
rendere più sicuro e standardizzato il coordinamento degli interventi di soccorso,
consentono di gestire elevati volumi di attività, di ridurre i punti di ricezione delle
chiamate e di attivare funzioni operative integrate e interagenti a livello regionale.
La definizione di più ampi bacini di utenza deve essere accompagnata da soluzioni
tecnologiche e operative atte a garantire anche l’interoperabilità delle Centrali 118
a livello interregionale, sia per le maxi emergenze sia per le aree di confine.
Particolare rilevanza assume l’art. 12, comma 7, dove è prevista un’attività di mo-
nitoraggio per segnalare preventivamente disfunzioni e inefficienze del sistema sa-
nitario nazionale. Si legge, infatti, “Agenas realizza uno specifico sistema di mo-
nitoraggio, analisi e controllo dell’andamento dei singoli sistemi sanitari
regionali, che consenta di rilevare in via preventiva, attraverso un apposito mec-
canismo di allerta, eventuali e significativi scostamenti delle performance delle
Aziende sanitarie e dei sistemi sanitari regionali, in termini di qualità, quantità, si-
curezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi erogati”.
14
Focus on | Il Patto per la salute
Anche per alcuni aspetti dell’Health technology
assessment è previsto un ruolo determinante per
l’Agenzia: l’art. 26, comma 3, stabilisce, infatti,
che il Ministero della salute, “avvalendosi dell’A-
genas e dell’Aifa, per quanto di relativa compe-
tenza, al fine di garantire l’azione coordinata dei
livelli nazionali, regionali e delle aziende accredi-
tate del Ssn per il governo dei consumi dei di-
spositivi medici a tutela dell’unitarietà del si-
stema, della sicurezza nell’uso delle tecnologie e
della salute dei cittadini”, affidi all’Agenas il coor-
dinamento per la promozione del Programma
nazionale di Hta dei dispositivi medici.
Altra novità di rilievo è rappresentata dall’art.
28, comma 2, che “istituisce presso l’Agenzia
nazionale per i servizi sanitari regionali un Ta-
volo tecnico interistituzionale, a supporto del
Tavolo politico, cui è affidato il compito di
monitoraggio e verifica sull’attuazione di tutti
i provvedimenti di cui al presente Patto e sulle
eventuali misure di revisione della spesa sani-
taria di cui al programma del governo, con la
partecipazione delle Regioni, secondo moda-
lità condivise”.
Al Tavolo tecnico è demandato anche il moni-
toraggio dell’andamento e dell’applicazione
delle misure di revisione della spesa sanitaria,
ferme restando le funzioni già assegnate al Mi-
nistero della salute e al Ministero dell’economia
e delle finanze, nonché le funzioni di monito-
raggio della spesa attribuite al tavolo di verifica
degli adempimenti. Il tavolo è coordinato da
Agenas ed è composto da rappresentanti dei
Ministeri della salute, dell’economia e delle fi-
nanze, degli affari regionali, oltre che da rap-
presentanti delle Regioni e delle Province Au-
tonome.
L’ATTIVITÀ DELL’AGENZIA
DI SUPPORTO TECNICO-SCIENTIFICO
L’Intesa indica esplicitamente il coinvolgimento
dell’Agenzia in attività di supporto tecnico-scien-
tifico, in settori strategici del Ssn, coordinate dal
Ministero della salute.
È particolarmente rilevante sottolineare che
l’art. 12, comma 6, propone una modifica del-
l’art. 1, comma 796, lettera b), della legge
296/2006 relativamente all’impegno di Agenas
nell’attività di affiancamento alle Regioni, spe-
cificando che: “Il Ministero della salute, anche
avvalendosi del supporto tecnico-operativo
dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari
regionali, di concerto con il Ministero dell’e-
conomia e delle finanze assicura l’attività di af-
fiancamento delle Regioni che hanno sotto-
scritto l’accordo di cui all’art. 1, comma 180,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, compren-
sivo di un Piano di rientro dai disavanzi…”.
Il testo dell’Intesa delinea un ruolo di supporto
dell’Agenzia anche in materia di mobilità tran-
sfrontaliera, disciplinata all’art. 2, il quale prevede
che un gruppo di lavoro, formato da Ministero
della salute, Agenas e Regioni, proceda a un’ana-
lisi sistematizzata delle norme che consentono il
ricorso all’assistenza sanitaria all’estero, ai fini di
una loro eventuale revisione e/o modificazione
e/o integrazione, da approvarsi in sede di Confe-
renza Stato-Regioni.
Vanno incluse tra le attività di supporto, la revi-
sione della disciplina del sistema di partecipa-
zione alla spesa sanitaria che vede all’art. 8 la
presenza di Agenas al gruppo di lavoro già istituito
e coordinato dal Ministero della salute e il sistema
di remunerazione delle prestazioni sanitarie.
A tale proposito, l’art. 9 prevede una Commis-
sione permanente per l’aggiornamento delle ta-
riffe massime per l’assistenza ospedaliera e spe-
cialistica ambulatoriale, nonché per l’assistenza
15
Il ruolo di Agenas nel Patto per la salute
protesica, composta da rappresentanti dei Mini-
steri della salute e dell’economia e delle finanze,
della Conferenza delle Regioni e delle Province
Autonome, nonché dell’Agenas; mentre viene
confermato all’art. 10 il supporto di Agenas per
il comitato Lea.
Il documento contempla, tra l’altro, l’impegno
dell’Agenzia anche in materia di assistenza far-
maceutica, attraverso la partecipazione al tavolo di
monitoraggio permanente previsto all’art. 23,
chiamato a verificare l’attuazione delle disposi-
zioni contenute nel Patto in materia di assistenza
farmaceutica e a elaborare proposte per il rag-
giungimento degli obiettivi previsti.
Ritornando, infine, all’Health technology as-
sessment (Hta), oltre al Programma nazionale
di Hta dei dispositivi medici già citato tra le at-
tività di promozione diretta, l’art. 26 disegna
anche un ruolo di supporto dell’Agenas, laddove
si legge che: “Al fine di dare attuazione alle di-
rettive comunitarie, il Ministero della salute –
avvalendosi di Agenas e Aifa – per garantire
l’azione coordinata dei livelli nazionali, regionali
e delle aziende accreditate del Ssn per il go-
verno dei consumi dei dispositivi medici a tu-
tela dell’unitarietà del sistema, della sicurezza
nell’uso delle tecnologie e della salute dei cit-
tadini a livello nazionale, dovrà definire le prio-
rità, anche alla luce delle indicazioni del piano
sanitario nazionale, attraverso l’istituzione di
una Cabina di regia”. La Cabina di regia, com-
posta da Regioni, Agenas, Aifa, potrà sentire i
principali stakeholder (rappresentanti dei pa-
zienti, dell’industria, dei cittadini), fornire ele-
menti utili per le indicazioni dei capitolati di
gara per l’acquisizione dei dispositivi medici,
fornire elementi per la classificazione dei di-
spositivi medici in categorie omogenee e per
individuare prezzi di riferimento.
Non da ultimo si rappresenta che l’art.1, comma
3, disciplina che entro il 31 dicembre 2014 con
Dpcm si provveda all’aggiornamento dei Lea.
Per tale finalità, già durante la predisposizione
del Patto, è stato istituito un gruppo di lavoro
formato da Governo (Ministero dell’economia
e delle finanze e Ministero della salute), Regioni
e Agenas, a tutt’oggi operante.
(M.M.)
P16
REMESSE ISTITUZIONALI
La sottoscrizione del nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016 si inseri-
sce, com’è ben noto, in un contesto generale economico, politico e sociale carat-
terizzato da un’estrema complessità e, nel settore sanitario, nell’ambito dell’attuale
assetto di riparto di competenze tra Stato e Regioni.
Il nuovo Patto non può prescindere dal contesto politico-istituzionale entro cui
si realizzerà, ciò alla luce della rilevanza che la “tutela della salute” assume nel vi-
gente quadro costituzionale. Il rinnovato contratto fra Governo e Regioni per la
salute dei cittadini va collocato in una cornice di sistema certa, ben delineata nelle
funzioni e nei ruoli di entrambi i livelli di governo (Stato e Regioni) e di tutti i
soggetti istituzionali che operano nel Ssn.
In tale direzione va potenziato l’intero sistema di governance della sanità. Occor-
rono strumenti forti e necessari per assicurare la sostenibilità del Servizio sanita-
rio nazionale, per garantire l’equità e l’universalità del sistema, nonché i Livelli es-
senziali di assistenza (Lea) in modo appropriato e uniforme.
Dovranno, altresì, essere rivisti gli assetti organizzativi dei Servizi sanitari regionali,
individuando le dimensioni ottimali delle Aziende al fine di migliorare la qualità
e l’efficienza nella gestione dei servizi stessi in un’ottica di complessiva raziona-
lizzazione e riduzione dei costi e in funzione del grado di centralizzazione, ten-
denzialmente sovraziendale, delle attività di amministrazione generale e di supporto
tecnico-logistico, con particolare e prioritario riferimento all’acquisto di beni e
servizi, al reclutamento e alla gestione degli aspetti retributivi, contributivi e pre-
videnziali del personale, ai sistemi informatici e all’area tecnico-professionale.
Vanno quindi definite le regole rafforzando e qualificando la sinergia e la cooperazione
fra Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze e le Regioni.
Focus on | Il Patto per la salute
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
Int esa, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016 Rep. n. 82/CSR del 10 luglio 2014
Fonte: Regioni.it 2539 - 16/07/2014
17
Da questo quadro istituzionale discendono le di-
sposizioni del presente Patto. Esse testimoniano
l’impegno congiunto di Governo e Regioni di
attuare importanti e concrete misure di pro-
grammazione della spesa sanitaria, con l’obiettivo
di razionalizzarla, creando anche spazi finanziari
da reinvestire nel settore della sanità. Il nuovo
Patto ha l’ambizione di considerare il Sistema sa-
lute con un insieme di attori che costituiscono
valore per il Sistema Paese. La salute è vista non
più come una fonte di costo, bensì come un in-
vestimento economico e sociale. Per questo si de-
lineano percorsi chiari di interazione con i terri-
tori e le altre amministrazioni centrali per
rafforzare la ricerca e lo sviluppo nel settore bio-
medico. Grazie alla interazione tra le istituzioni
interessate si persegue l’obiettivo, da un lato, di
monitorare il prezzo dei farmaci e dei dispositivi,
dall’altra di offrire i migliori prodotti per la salute
dei cittadini e, nel contempo, di promuovere lo
sviluppo del settore.
Il nuovo Patto della salute andrà monitorato
nella sua attuazione con senso di responsabilità e
in un rapporto di leale collaborazione fra le parti,
attraverso un Tavolo politico permanente fra il
Governo e la Conferenza delle Regioni e delle
Province Autonome, una sorta di cabina di regia
a cui è, tra l’altro, demandata l’elaborazione di
proposte per la spending review interna al settore
sanitario.
ART. 1
Determinazione del fabbisogno
del Servizio sanitario nazionale
e dei fabbisogni regionali - Costi standard
e Livelli essenziali di assistenza
1. Al fine di garantire il rispetto degli obblighi co-
munitari e la realizzazione degli obiettivi di fi-
nanza pubblica per il triennio 2014-2016, il livello
del finanziamento del Servizio sanitario nazionale
a cui concorre lo Stato:
è confermato in 109.928.000.000 euro per
l’anno 2014;
è fissato in 112.062.000.000 euro per l’anno
2015 e in 115.444.000.000 euro per l’anno 2016,
salvo eventuali modifiche che si rendessero ne-
cessarie in relazione al conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del
quadro macroeconomico, nel qual caso si ri-
manda a quanto previsto all’articolo 30 comma 2.
2. Il riparto delle predette disponibilità finanzia-
rie deve tenere conto dell’Accordo politico rag-
giunto in sede di Conferenza delle Regioni e
delle Province Autonome in data 19 dicembre
2013 ossia la necessità di rivedere e riqualificare
i criteri di cui all’articolo 27 del D.lgs. 68/2011
sulla “determinazione dei costi e dei fabbisogni
standard regionali”, tenendo conto del trend di
miglioramento per il raggiungimento degli stan-
dard di qualità e attraverso nuove modalità di
pesature, da definire entro il 31 luglio 2014, se-
condo i criteri già indicati dall’art. 1 comma 34,
della Legge 662/96.
A tal fine, la Conferenza delle Regioni e delle
Province Autonome dà attuazione a quanto pre-
visto dall’Accordo del 19 dicembre 2013, di cui
al periodo precedente, a valere dall’anno 2014.
In ogni caso la revisione dei criteri non può met-
tere in discussione il principio dei costi standard.
3. Nell’ambito delle disponibilità di cui al
comma 1, con Decreto del Presidente del Con-
siglio dei Ministri adottato, d’intesa con la Con-
ferenza Stato-Regioni, si provvede, entro il 31
dicembre 2014, all’aggiornamento dei Livelli es-
senziali di assistenza, in attuazione dei principi
di equità, innovazione e appropriatezza e nel ri-
spetto degli equilibri programmati della finanza
pubblica.
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
18
Focus on | Il Patto per la salute
4. I risparmi derivanti dall’applicazione delle mi-
sure contenute nel Patto rimangono nella dispo-
nibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2,
comma 80, della legge 191/2009, si conviene al-
tresì che eventuali risparmi nella gestione del ser-
vizio sanitario nazionale effettuati dalle Regioni
rimangano nella disponibilità delle Regioni stesse
per finalità sanitarie.
5. Le Regioni e le Province Autonome di Trento
e Bolzano possono utilizzare la quota complessiva
annua spettante a valere sul riparto della quota
vincolata degli obiettivi di carattere prioritario del
Piano sanitario nazionale per la realizzazione di
alcune o tutte le linee progettuali proposte dal
Ministero della salute e approvate con Accordo in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, a integrazione delle risorse or-
dinariamente preordinate a tali aree di attività. Le
Regioni impegnate nei Piani di rientro indivi-
duano le linee progettuali da realizzare, in coe-
renza con gli obiettivi dei Programmi operativi
approvati. Resta comunque inteso che dette
quote, così come il finanziamento di cui al
comma 1, non possono essere destinate a finalità
extrasanitarie.
Si conviene che le risorse vincolate assegnate alle
Regioni siano utilizzate non solo per gli obiettivi
di piano ma anche per gli obiettivi prioritari de-
finiti nell’ambito del presente Patto per la salute,
purché dedicati e finalizzati al miglioramento
dell’erogazione dei Lea.
6. A decorrere dall’anno 2014, con riferimento
alle quote a destinazione vincolata individuate
dalle seguenti leggi speciali:
legge 31 marzo 1980, n. 126 (hanseniani) e
legge 27 ottobre 1993, n. 433 (rivalutazione del
sussidio);
legge 5 giugno 1990, n. 135 (Aids);
legge 23 dicembre 1993, n. 548 e legge 14 ot-
tobre 1999, n. 362 (fibrosi cistica);
decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109 (emer-
sione lavoro stranieri);
gli specifici criteri di riparto ivi stabiliti sono so-
stituiti dalla quota di accesso derivante dalla ri-
partizione del fabbisogno sanitario indistinto stan-
dard regionale, da ripartirsi secondo quanto
indicato al comma 2 del presente articolo.
Al fine di velocizzare e semplificare l’attribu-
zione alle Regioni delle risorse destinate al fi-
nanziamento dei Livelli essenziali di assistenza, le
restanti quote vincolate per il finanziamento delle
finalità di cui alle seguenti leggi:
articolo 5 del decreto legge 8 febbraio 1988,
n. 27 convertito nella legge 8 aprile 1988, n. 109
(borse di studio dei Mmg);
articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (extracomunitari irregolari);
articolo 72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448
(fondo esclusività);
vengono ripartite alle Regioni annualmente in
sede di predisposizione della proposta di riparto
della quota indistinta del fabbisogno sanitario stan-
dard nazionale. Per gli importi delle singole linee di
finanziamento e i relativi criteri di riparto, si fa ri-
ferimento all’ultimo atto formale disponibile rela-
tivo a ciascuna delle specifiche proposte di riparto,
su cui è stata acquisita la prevista Intesa da parte della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le Regioni e le Province Autonome di Trento e
Bolzano, operando i relativi aggiornamenti dei dati
presi a riferimento, laddove disponibili alla data di
predisposizione della predetta proposta di riparto.
Con riferimento alle quote vincolate per il fi-
nanziamento delle finalità di cui alle seguenti ul-
teriori leggi nazionali:
articolo 7 del decreto legislativo 22 giugno
1999, n. 230 (medicina penitenziaria per i tos-
sicodipendenti);
19
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
articolo 2, comma 283, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 e s.m.i. (medicina penitenziaria);
articolo 3 ter del decreto-legge 22 dicembre
2011, n. 211, convertito con modificazioni dalla
legge 17 febbraio 2012, n. 9 e s.m.i. (supera-
mento Opg)
in fase di prima applicazione, per l’anno 2014 il
relativo riparto alle singole Regioni e Province
Autonome viene effettuato sulla base dei criteri
definiti nell’ultimo atto formale disponibile re-
lativo a ciascuna delle specifiche proposte di ri-
parto, su cui è stata acquisita la prevista Intesa da
parte della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome
di Trento e Bolzano, operando i relativi aggior-
namenti dei dati presi a riferimento, laddove di-
sponibili alla data di predisposizione della pre-
detta proposta di riparto. Dall’anno 2015, il
riparto delle singole linee di finanziamento do-
vrà tenere conto di eventuali modifiche dei cri-
teri di riparto individuate nell’ambito del Tavolo
di consultazione permanente sulla sanità peni-
tenziaria di cui all’allegato A del Dpcm 1° aprile
2008, da approvarsi con apposito accordo in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, operando i relativi aggiorna-
menti dei dati presi a riferimento, laddove di-
sponibili alla data di predisposizione della pre-
detta proposta di riparto.
Restano vincolate in favore degli altri enti (Cri,
Cassa Depositi e Prestiti, Istituti zooprofilattici
sperimentali, Università per il concorso del fi-
nanziamento dei trattamenti in favore dei medici
specializzandi, Centro Nazionale Trapianti) le ri-
sorse individuate dalle leggi specifiche per le fi-
nalità ivi previste.
Il Governo, in sede di predisposizione delle ne-
cessarie modifiche normative, si impegna a pre-
cisare che gli specifici obiettivi delle leggi che
confluiscono dovranno essere mantenuti, tenuto
conto dei fabbisogni emergenti per singola realtà
regionale.
7. Resta, altresì, stabilito che le Regioni e le Pro-
vince Autonome di Trento e Bolzano devono
garantire una programmabilità degli investimenti
da effettuarsi nel proprio ambito territoriale, at-
traverso la predisposizione di piani annuali di in-
vestimento accompagnati da un’adeguata analisi
dei fabbisogni e della relativa sostenibilità econo-
mico-finanziaria complessiva, da attuarsi anche in
sede di predisposizione del previsto piano dei
flussi di cassa prospettici di cui all’articolo 25 del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (co-
siddetta analisi fonti-impieghi).
8. Il Ministro della salute, in attuazione dell’arti-
colo 30 del decreto legislativo n. 68 del 2011 pre-
senta alla Conferenza Stato-Regioni, per la pre-
vista Intesa, entro il 31 dicembre 2014, un
documento di proposte per implementare un si-
stema adeguato di valutazione della qualità delle
cure e dell’uniformità dell’assistenza sul territorio
nazionale ai fini del monitoraggio costante del-
l’efficacia e dell’efficienza dei servizi, nonché de-
gli adempimenti di cui all’articolo 27, co. 11, del
decreto legislativo n. 68/2011.
9. Si conviene che, con il decreto previsto dal-
l’articolo 2, comma 67 bis, della legge 23 dicem-
bre 2009, n. 191, da adottarsi entro il 31 ottobre
2014, sono stabiliti, nell’ambito della disponibilità
di cui all’articolo 15, comma 23, del decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ulteriori criteri
condivisi per le forme premiali, che riguardano
anche le Regioni che hanno assicurato trend di
miglioramento ivi compresi quelli riguardanti
l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza,
nell’ambito delle disponibilità finanziarie di cui al
comma 1.
20
Focus on | Il Patto per la salute
ART. 2
Mobilità transfrontaliera
1. Al fine di garantire una omogenea applica-
zione in tutte le Regioni del decreto legislativo
D.lgs. 4 marzo 2014, n. 38, recante “Attuazione
della direttiva 2011/24/UE concernente l’appli-
cazione dei diritti dei pazienti relativi all’assi-
stenza sanitaria transfrontaliera, nonché della di-
rettiva 2012/52/UE, comportante misure
destinate ad agevolare il riconoscimento delle ri-
cette mediche emesse in un altro stato membro”,
si conviene di procedere a una tempestiva ado-
zione delle linee guida previste dall’articolo 19,
comma 3, del suddetto decreto legislativo, entro
il 31 ottobre 2014, adottando una modalità di
progressiva implementazione delle stesse, al fine di
fornire tempestivamente le istruzioni più urgenti
in fase di prima applicazione, riguardanti in par-
ticolare i criteri di autorizzazione e rimborso e le
relative procedure amministrative, garantendo
successivamente ulteriori indicazioni e aggiorna-
menti anche in base alle problematiche rilevate
dalla casistica trattata.
2. Si conviene altresì di procedere all’analisi siste-
matizzata, ai fini di una loro eventuale revisione
e/o modificazione e/o integrazione, delle norme
che consentono il ricorso all’assistenza sanitaria al-
l’estero, attesa la complessa applicazione delle
stesse in modo omogeneo sul territorio nazionale
e al fine di offrire le massime garanzie di tutela ai
cittadini e realizzare nel contempo un costante
monitoraggio della mobilità internazionale, per
individuare e contenere fenomeni di ricorso inap-
propriato alle cure.
Ai fini di quanto sopra, si conviene di istituire un
apposito gruppo di lavoro Ministero della salute,
Agenas e Regioni per l’esame delle suddette
norme, a partire dal decreto legislativo del 4
marzo 2014, n. 38, ai Regolamenti CE 883/2004
e 987/2009 e la legge n. 595/1985 e dai relativi
provvedimenti di attuazione, e per la formula-
zione di eventuali proposte da approvarsi in sede
di Conferenza Stato-Regioni, entro il 31 dicem-
bre 2014.
3. Si conviene che le Regioni si impegnano a
istituire, senza nuovi o maggiori oneri per la fi-
nanza pubblica, avvalendosi delle risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legisla-
zione vigente, contact-point regionali, in at-
tuazione dell’articolo 7, comma 1, del decreto
legislativo 4 marzo 2014, n. 38, concernente
l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi
all’assistenza sanitaria transfrontaliera, per con-
sentire un efficace scambio di informazioni
con il Punto di contatto nazionale, istituito
presso il Ministero della salute ai sensi del me-
desimo decreto legislativo, per consentire al
paziente di compiere una scelta informata più
adeguata al suo caso clinico.
ART. 3
Assistenza ospedaliera
1. Si conviene, sull’adozione del regolamento di
definizione degli standard qualitativi, strutturali,
tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza
ospedaliera, previa intesa con la Conferenza Stato-
Regioni, in attuazione dell’articolo 15, comma
13, lettera c) del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ago-
sto 2012, n. 135.
2. Si conviene di stipulare entro il 31 ottobre 2014
l’Intesa Stato-Regioni, ai sensi dell’articolo 8,
comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
sugli indirizzi per realizzare la continuità assi-
stenziale dall’ospedale al domicilio del cittadino-
paziente.
21
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
3. In coerenza e a sviluppo di quanto previsto dal
Piano di indirizzo per la riabilitazione del 10
febbraio 2011 e in linea con i principi di riorga-
nizzazione dell’assistenza ospedaliera contenuti
nel suddetto Piano, si conviene sulla necessità di
definire, entro sei mesi dalla stipula del presente
Patto, un documento di indirizzo che individui
criteri di appropriatezza di utilizzo dei vari setting
riabilitativi, per garantire alla persona con disabi-
lità un percorso riabilitativo integrato all’interno
della rete riabilitativa.
ART. 4
Umanizzazione delle cure
1. Nel rispetto della centralità della persona
nella sua interezza fisica, psicologica e sociale,
le Regioni e le Province Autonome si impe-
gnano ad attuare interventi di umanizzazione
in ambito sanitario che coinvolgano gli aspetti
strutturali, organizzativi e relazionali dell’assi-
stenza.
2. In coerenza con quanto previsto nell’Accordo
Stato-Regioni del 20 febbraio 2014 sulla pro-
posta del Ministero della salute sulle linee pro-
gettuali per l’utilizzo da parte delle Regioni
delle risorse vincolate, ai sensi dell’articolo 1,
comma 34 e 34 bis, della legge 23 dicembre
1996, n. 662, per la realizzazione degli obiettivi
di carattere prioritario e di rilievo nazionale, a
decorrere dal 2013 e per tutta la vigenza del pre-
sente Patto, il Ministero della salute propone un
documento contenente gli ambiti prioritari di
intervento al fine di dare attuazione all’umaniz-
zazione delle cure, da sancire con Accordo in
sede di Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome
di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del
D.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
3. Si conviene di predisporre un programma an-
nuale di umanizzazione delle cure che comprenda
la definizione di almeno un’attività progettuale in
tema di formazione del personale e un’attività
progettuale in tema di cambiamento organizza-
tivo, indirizzato prioritariamente alle seguenti
aree assistenziali: Area critica, Pediatria, Comuni-
cazione, Oncologia, Assistenza domiciliare.
4.Al fine di monitorare il grado di soddisfazione
dei cittadini è previsto l’utilizzo sistematico e
continuativo di strumenti di valutazione della
qualità percepita. Tali strumenti, omogenei e con-
divisi in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Au-
tonome di Trento e Bolzano, dovranno essere
utili a valutare eventuali scostamenti della perce-
zione della qualità erogata rispetto alla qualità
“progettata” e consentire l’avvio delle coerenti
azioni di miglioramento nello specifico contesto
dell’umanizzazione delle cure.
ART. 5
Assistenza territoriale
1. Al fine di promuovere un modello multipro-
fessionale e interdisciplinare, le Regioni, nel-
l’ambito delle propria autonomia decisionale e
organizzativa, istituiscono le Unità complesse di
cure primarie (Uccp) e le Aggregazioni funzio-
nali territoriali (Aft) quali forme organizzative
della medicina convenzionata, integrata con per-
sonale dipendente del Ssn come previsto dal
comma 2 dell’articolo 1 della legge 189/2012 ,
per l’erogazione delle cure primarie. Esse perse-
guono obiettivi di salute e di attività definiti dal-
l’Azienda sanitaria e dal Distretto, secondo un
modello-tipo coerente con i contenuti degli Acn
e definito dalle Regioni al fine di garantire
uniformità assistenziale.
22
Focus on | Il Patto per la salute
2. Le Uccp costituiscono forme organizzative
complesse, che operano in forma integrata all’in-
terno di strutture e/o presidi individuati dalle
Regioni, con una sede di riferimento ed eventuali
altre sedi dislocate sul territorio. Il carattere mul-
tiprofessionale delle Uccp è garantito dal coordi-
namento tra le diverse professionalità, con parti-
colare riguardo all’integrazione tra la medicina
specialistica e la medicina generale. Le Uccp pos-
sono avvalersi, qualora previsto dalla program-
mazione regionale, di professionisti accreditati ai
sensi della normativa vigente, nei limiti dei con-
tratti stipulati dalla Regione e dalle Asl ai sensi
dell’art. 8 quinquies del D.lgs. 502/92 e s.m.i., e
nel rispetto dei vincoli di spesa previsti dalle di-
sposizioni vigenti.
3. Ogni Aft della medicina generale e della pe-
diatria è funzionalmente collegata a una Uccp. Le
Aft della medicina generale, che coprono un ba-
cino di utenza riferito a non più di 30.000 abi-
tanti, rappresentano l’insieme dei professionisti
che hanno in carico il cittadino che esercita la
scelta nei confronti del singolo medico.
Entro sei mesi dalla stipula dei nuovi Acn, e co-
munque non oltre la vigenza del presente Patto,
le Aft e le Uccp costituiscono le uniche forme di
aggregazione dei medici di medicina generale e
pediatri di libera scelta, sostituendo le diverse ti-
pologie di forme associative della medicina ge-
nerale e le altre tipologie di aggregazioni funzio-
nali e/o strutturali realizzate nelle varie Regioni
(di cui all’art. 54 dell’Acn 2009).
4. La Uccp è una forma organizzativa complessa
ed è strutturata come un sistema integrato di ser-
vizi che concorre alla presa in carico della co-
munità di riferimento, in continuità con le Aft e
i medici di medicina generale nonché i pediatri
di libera scelta che le compongono, garantendo:
l’accoglienza, la collaborazione e l’integrazione tra
i professionisti e gli operatori (sanitari, sociosani-
tari e sociali), la condivisione e l’applicazione dei
percorsi assistenziali, l’autonomia e la responsabi-
lità professionale, la valorizzazione delle compe-
tenze con chiara definizione dei ruoli e delle re-
sponsabilità, un approccio proattivo e di iniziativa
nei confronti dei malati cronici, la partecipazione
responsabile dei medici di medicina generale e dei
pediatri di famiglia nel governo della domanda e
nell’organizzazione dei servizi, alla sostenibilità
economica.
5. La Uccp è di norma organizzata in sede unica,
pur potendo prevedere sedi accessorie opportu-
namente collegate attraverso un’adeguata rete te-
lematica. È integrata nella rete telematica azien-
dale e/o regionale.
Le Uccp e le Aft hanno come compiti essenziali:
assicurare l’erogazione delle prestazioni terri-
toriali (medicina generale tramite le Aft, assi-
stenza infermieristica, attività territoriale am-
bulatoriale e domiciliare, attività specialistica,
servizi di supporto);
garantire la continuità dell’assistenza mediante
l’utilizzo della ricetta elettronica dematerializ-
zata e il continuo aggiornamento della scheda
sanitaria individuale informatizzata e del Fse;
garantire l’accessibilità all’assistenza territoriale
per tutto l’arco della giornata per tutti i giorni
della settimana, avvalendosi dei professionisti
del ruolo unico della medicina generale;
garantire la continuità dell’assistenza nelle tre
declinazioni (relazionale, gestionale e informa-
tiva), prevedendo l’applicazione di percorsi as-
sistenziali condivisi e l’integrazione informativa
tra le componenti della medicina convenzionata
e la rete distrettuale e ospedaliera.
6. La Uccp ha un assetto organizzativo definito ai
sensi delle disposizioni nazionali e regionali in
materia, è parte fondamentale ed essenziale del
23
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
Distretto, integrandosi all’interno della rete dei
servizi distrettuali e aziendali e permettendo una
relazione diretta tra l’assistenza territoriale e gli al-
tri nodi della rete assistenziale.
7. In continuità con quanto previsto nell’Accordo
Stato-Regioni del 20 febbraio 2014, le Regioni
provvedono a definire con specifici atti di indi-
rizzo la promozione della medicina di iniziativa e
della farmacia dei servizi, quale modello assisten-
ziale orientato alla promozione attiva della salute,
anche tramite l’educazione della popolazione ai
corretti stili di vita, nonché alla assunzione del bi-
sogno di salute prima dell’insorgere della malattia
o prima che essa si manifesti o si aggravi, anche
tramite una gestione attiva della cronicità.
8. Sono definiti tramite Accordi Stato-Regioni i
nuovi standard organizzativi del Distretto in grado
di orientare il suo ruolo strategico nella costitu-
zione di reti assistenziali a baricentro territoriale
e di facilitatore dei processi di integrazione e di
tutela della salute dei cittadini, al fine di assicurare
la qualità delle prestazioni erogate dai professio-
nisti convenzionati nell’ambito delle Uccp e Aft
e dagli altri servizi territoriali, consentendo di as-
sicurare una migliore risposta assistenziale ai bi-
sogni delle persone affette da patologie croniche,
contribuendo così a ridurre i tassi di ricovero e gli
accessi impropri al Dea.
9. Nell’ambito dei processi di attivazione delle Aft
e delle Uccp, alla luce di quanto sancito dall’In-
tesa Stato-Regioni del 25 luglio 2012, dovrà es-
sere prevista a livello distrettuale una figura me-
dica formata ed esperta sulle tematiche legate
alla terapia del dolore.
10. In continuità con quanto previsto nell’Ac-
cordo Stato-Regioni del 20 febbraio 2014 e in ri-
ferimento all’Accordo Stato-Regioni del 5 mag-
gio 2011 (Rep. Atti n. 44/CU), al fine di miglio-
rare la qualità dell’assistenza delle persone in con-
dizione di stato vegetativo e stato di minima co-
scienza nella fase degli esiti, le Regioni
provvedono a definire soluzioni sia di assistenza
domiciliare integrata, che di assistenza residenziale
in speciali unità di accoglienza permanente.
11. Per la verifica della reale attuazione della rior-
ganizzazione delle cure primarie e per il moni-
toraggio della appropriatezza, qualità, efficacia ed
efficienza dell’erogazione dell’assistenza, la cabina
di regia del Nsis, ai sensi dell’articolo 3 dell’Intesa
sancita dalla Conferenza permanente tra lo Stato,
le Regioni e le Province Autonome di Trento e
di Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005, de-
termina le modalità e i tempi di realizzazione, i
contenuti informativi, il periodico aggiornamento
nell’ambito del Nuovo sistema informativo sani-
tario (Nsis), del sistema informativo per il moni-
toraggio delle prestazioni erogate nell’ambito
delle cure primarie, anche attraverso l’utilizzo
delle infrastrutture del Sistema tessera sanitaria, di
cui all’articolo 50 del decreto legge 30 settembre
2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla
legge 24 novembre 2003, n. 326, senza ulteriori
oneri a carico della contrattazione nazionale per
la medicina generale, per la pediatria di libera
scelta e per la specialistica ambulatoriale, nonché
dei pertinenti accordi integrativi. Resta fermo
quanto previsto in materia di interconnessione a
livello nazionale dei flussi informativi su base in-
dividuale dall’articolo 15, comma 25 bis, del de-
creto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
12. Con riferimento alla decisione europea per
l’attivazione del numero 116.117 dedicato al
servizio di cure mediche non urgenti, al fine di
armonizzare la situazione italiana con quella di
altri Paesi europei, il Ministero della salute
24
Focus on | Il Patto per la salute
chiede all’Autorità per le garanzie nelle comu-
nicazioni, ai sensi dell’art. 14 della Delibera
52/12/Cir, l’assegnazione del numero a valenza
sociale, “116.117”, per il servizio di guardia me-
dica non urgente. Con apposito Accordo tra le
Regioni e il Ministero della salute, saranno de-
finite le modalità e i tempi per la realizzazione
del numero unico “116.117” su tutto il territo-
rio nazionale; successivamente le Regioni – in
quanto enti utilizzatori del numero – provve-
deranno a effettuare tutte le necessarie opera-
zioni tecniche per implementarne l’utilizzo.
13. In continuità con quanto previsto nell’Ac-
cordo Stato-Regioni del 20 febbraio 2014, con
riferimento all’integrazione tra sistema di
emergenza urgenza e servizi di continuità assi-
stenziale, le Regioni adottano specifici prov-
vedimenti per assicurare percorsi differenziati
coerenti per l’assistenza in emergenza urgenza
e per la gestione dei codici di minore gravità,
ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni del 7 feb-
braio 2013.
14. Le Regioni, sulla base della propria program-
mazione e tenendo conto dei diversi livelli di ser-
vizio, provvedono alla dotazione strutturale, stru-
mentale e di forme organizzative di cui alla lettera
b-bis), dell’articolo 1, comma 4, della legge
189/2012 sulla base dell’Acn e dei conseguenti
accordi regionali e aziendali, anche riutilizzando
le risorse precedentemente destinate alla remu-
nerazione dei fattori produttivi.
15. Per un efficientamento del settore delle cure
primarie, si conviene che è importante una ride-
finizione dei ruoli, delle competenze e delle re-
lazioni professionali con una visione che assegna
a ogni professionista responsabilità individuali e di
equipe su compiti, funzioni e obiettivi, abbando-
nando una logica gerarchica per perseguire una
logica di governance responsabile dei professio-
nisti coinvolti prevedendo sia azioni norma-
tivo/contrattuali che percorsi formativi a sostegno
di tale obiettivo.
16. Al fine di assicurare la progressiva qualifica-
zione ed efficientamento delle reti di assistenza
territoriale, le Regioni sviluppano indicatori di
processo, che tengano comunque conto delle
specificità di contesto delle singole realtà locali.
PRESIDI TERRITORIALI/OSPEDALI
DI COMUNITÀ
17. Al fine di promuovere la riduzione dei rico-
veri inappropriati e i percorsi di deospedalizza-
zione, garantendo un’omogenea risposta assi-
stenziale territoriale in tutto il territorio
nazionale, si fa riferimento a quanto rappresentato
al punto 10.1 Ospedali di comunità di cui allo
schema di regolamento recante “Definizione de-
gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e
quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, in
attuazione dell’art. 1, comma 169, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, e dell’articolo 15, comma
13, lettera c) del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95, convertito con modificazioni dalla legge 7
agosto 2012, n. 135”, e si conviene di stipulare,
entro il 31 ottobre 2014, un’Intesa tra lo Stato, le
Regioni e le Province Autonome di Trento e di
Bolzano per la definizione dei requisiti strutturali,
tecnologici e organizzativi minimi di tali presidi,
in cui l’assistenza medica è assicurata dai medici
di medicina generale o dai Pls o da altri medici
dipendenti o convenzionati con il Ssn e che ef-
fettuano ricoveri brevi per casi non complessi, che
necessitano:
di interventi sanitari potenzialmente erogabili a
domicilio, ma che necessitano di ricovero in
queste strutture in mancanza di idoneità del do-
micilio (strutturale e familiare);
25
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieri-
stica continuativa, anche notturna, non eroga-
bile a domicilio.
L’intesa definisce altresì gli appropriati percorsi
clinico-assistenziali, autorizzativi e tariffari di
tali strutture, nonché gli standard dei posti letto
territoriali.
18. La Cabina di regia del Nsis ai sensi dell’art.
3 dell’Intesa sancita dalla Conferenza perma-
nente tra lo Stato, le Regioni e le Province Au-
tonome di Trento e di Bolzano nella seduta del
23 marzo 2005, determina le modalità e i tempi
di realizzazione, i contenuti informativi e il pe-
riodico aggiornamento nell’ambito del Nuovo
sistema informativo sanitario (Nsis), per il mo-
nitoraggio delle prestazioni erogate nell’ambito
dei Presidi residenziali di assistenza primaria
ospedali di comunità.
SPECIALISTICA AMBULATORIALE
19. In vista dell’adozione del Decreto del Presi-
dente del Consiglio dei Ministri di aggiorna-
mento dei Livelli essenziali di assistenza, nei ter-
mini di cui al comma 2 dell’articolo 1 resta
confermato che la lista dei 43 Drg ad alto rischio
di inappropriatezza, di cui all’allegato 2C del
Dpcm 29 novembre 2001, è integrata dalle Re-
gioni e dalle Province Autonome in base alla li-
sta contenuta negli elenchi A e B allegati al Patto
per la salute 2010-2012.
Si conferma che le Regioni e le Province Auto-
nome assicurano l’erogazione delle prestazioni
già rese in regime di ricovero ordinario, in regime
di ricovero diurno ovvero, previo il loro inseri-
mento nel nomenclatore dell’assistenza speciali-
stica ambulatoriale con specifica definizione e
relativo codice, in regime ambulatoriale. Ai fini
dell’inserimento nel nomenclatore, le Regioni e
le Province Autonome provvedono a individuare
per le singole prestazioni o per pacchetti di pre-
stazioni la definizione, la codifica, le eventuali li-
mitazioni all’erogazione (H, R, etc.) e, in via
provvisoria, adeguati importi tariffari e adeguate
forme di partecipazione alla spesa, determinati in
maniera da assicurare minori oneri a carico del
Servizio sanitario nazionale rispetto alla eroga-
zione in regime ospedaliero, provvedendo alla
trasmissione telematica di tali informazioni al Si-
stema tessera sanitaria e tenendo conto dei pro-
cedimenti di controllo (ex D.M. 11.12.2009)
delle eventuali esenzioni dalla compartecipazione
alla spesa.
20. Il Ministero della salute, il Ministero dell’e-
conomia e delle finanze e le Regioni istituiscono
un tavolo di lavoro per rendere omogenea la co-
difica delle prestazioni di assistenza specialistica
ambulatoriale e per aggiornare e ottimizzare il si-
stema di rilevazione e trasmissione delle infor-
mazioni riguardo le prestazioni erogate, allo scopo
di consentire la corretta lettura e interpretazione
dei dati relativi all’assistenza specialistica ambula-
toriale inseriti dalle Regioni nel Sistema tessera
sanitaria ai sensi dell’articolo 50 del decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269, convertito con modi-
ficazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
Tale tavolo di lavoro individuerà anche le moda-
lità per la trasmissione telematica al Nsis dei ta-
riffari regionali e dei relativi aggiornamenti.
PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITÀ
21. Al fine di definire le principali linee di inter-
vento nei confronti delle principali malattie cro-
niche, il Ministero della salute, entro il 31 di-
cembre 2014, predispone il “Piano nazionale della
cronicità” da approvare con Accordo sancito dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le Regioni e le Province Autonome di Trento e
di Bolzano.
26
Focus on | Il Patto per la salute
SISTEMA INFORMATIVO SULLE PRESTAZIONI
DELLE STRUTTURE TERRITORIALI
DELLA RIABILITAZIONE
22. La Cabina di regia del Nsis, ai sensi dell’arti-
colo 3 dell’Intesa sancita dalla Conferenza per-
manente tra lo Stato, le Regioni e le Province Au-
tonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 23
marzo 2005, determina le modalità e i tempi di
realizzazione, i contenuti informativi e il perio-
dico aggiornamento del sistema informativo per
il monitoraggio delle prestazioni di riabilitazione
effettuate in strutture territoriali, comprese le
strutture ex articolo 26 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, nell’ambito del Nuovo sistema
informativo sanitario (Nsis).
ASSISTENZA SANITARIA NELLE ISOLE MINORI
23. Al fine di monitorare i livelli di assistenza
erogati nei comuni delle piccole isole, in accordo
con le Regioni interessate, è istituito, entro il 31
dicembre 2014, con specifico Accordo Stato-Re-
gioni, l’Osservatorio nazionale per la verifica del-
l’assistenza sanitaria erogata nelle isole minori
sulla base di documento tecnico che ne definisca
le caratteristiche e le funzioni, elaborato da un
gruppo di lavoro dedicato presso il Ministero
della salute, senza nuovi o ulteriori oneri a carico
della finanza pubblica.
Ai componenti di detto Osservatorio non spetta
alcun compenso, indennità, gettone di presenza o
rimborso spese per la partecipazione ai lavori
dello stesso.
ASSISTENZA IN EMERGENZA
URGENZA TERRITORIALE 118
24. Con riferimento alle funzioni di emer-
genza urgenza svolte dalle centrali operative
118 nella fase di coordinamento e gestione
delle richieste di soccorso sanitario, si con-
viene sulla necessità di definire il bacino di
utenza delle centrali operative in relazione alla
disponibilità delle nuove tecnologie informati-
che e telefoniche affidando ad Agenas tale com-
pito. Tali tecnologie permettono di rendere
più sicuro e standardizzato il coordinamento
degli interventi di soccorso, consentono di ge-
stire elevati volumi di attività, di ridurre i punti
di ricezione delle chiamate e di attivare fun-
zioni operative integrate e interagenti a livello
regionale. La definizione di più ampi bacini di
utenza deve essere accompagnata da soluzioni
tecnologiche e operative che garantiscano al-
tresì l’interoperabilità delle centrali 118, a li-
vello interregionale, sia negli interventi in caso
di catastrofe/maxiemergenza, sia nella gestione
delle attività nelle aree di confine (ad esempio,
l’elisoccorso).
25. Nell’ambito delle risorse di cui all’articolo 1,
comma 1, al fine di garantire l’attuazione della
Direttiva di Servizio universale 2002/22/CE
(recepita con decreto legislativo 1° agosto 2003,
n. 259, all’art. 76) relativa all’attivazione su
tutto il territorio nazionale del Numero unico
europeo di emergenza 112, le Regioni do-
vranno adeguare le tecnologie e le procedure
delle centrali operative 118, realizzando gli in-
terventi tecnico-operativi di competenza ne-
cessari, con l’obiettivo di garantire la ricezione,
la localizzazione e la gestione delle chiamate
dei cittadini che richiedono il soccorso sanita-
rio formando il Numero unico europeo 112.
Tali adeguamenti dovranno essere conformi
alle indicazioni del Ministero dell’interno che,
in base all’art. 75 bis, comma 2, del decreto le-
gislativo 1° agosto 2003, n. 259, ha poteri di in-
dirizzo e coordinamento per l’attuazione del
Nue 112 anche attraverso il ricorso ai centri
unici di risposta.
27
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
26. Con riferimento alle funzioni di emergenza
e urgenza a livello territoriale si conviene sulla
necessità di procedere, mediante la stipula di un
Accordo Stato-Regioni, alla individuazione dei
criteri per l’accreditamento dei servizi di tra-
sporto e soccorso sanitario, definendo la dota-
zione delle attrezzature e dei presidi, l’allesti-
mento dei mezzi di soccorso e i requisiti di
dotazione organica quali-quantitativa del perso-
nale, per livello funzionale di base e avanzato, al
fine di garantire l’erogazione di un livello
uniforme di assistenza in emergenza, in attua-
zione anche alla norma europea EN 1789/2007
che definisce i requisiti e le dotazioni di appa-
recchiature delle autoambulanze utilizzate per il
trasporto e la cura del paziente.
27. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al
presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
ART. 6
Assistenza socio-sanitaria
1. Le attività indicate al presente articolo sono ef-
fettuate nei limiti delle risorse previste a legisla-
zione vigente per gli ambiti di intervento indivi-
duati nei successivi commi.
2. Le Regioni disciplinano i principi e gli stru-
menti per l’integrazione dei servizi e delle attività
sanitarie, socio-sanitarie e sociali, particolarmente
per le aree della non autosufficienza, della disabi-
lità, della salute mentale adulta e dell’età evolutiva,
dell’assistenza ai minori e delle dipendenze e for-
niscono indicazioni alle Asl e agli altri enti del Si-
stema sanitario regionale per l’erogazione con-
giunta degli interventi, nei limiti delle risorse
programmate per il Ssr e per il Sistema dei servizi
sociali per le rispettive competenze.
3. L’accesso alla rete integrata dei servizi socio-sa-
nitari avviene tramite un “punto unico” che in-
dirizza il cittadino al percorso socio-sanitario e
socio-assistenziale adeguato alle sue condizioni e
necessità.
4. Per l’individuazione del setting di eroga-
zione delle prestazioni socio-sanitarie (domi-
ciliare, territoriale ambulatoriale, semiresiden-
ziale o residenziale) e l’ammissione a un livello
appropriato di intensità assistenziale, si fa ri-
corso alla valutazione multidimensionale ef-
fettuata con uno strumento valutativo del quale
sia stata verificata la corrispondenza con gli
strumenti già concordati dalle Regioni con il
Ministero della salute.
5. La valutazione multidimensionale accerta la
presenza delle condizioni cliniche e delle risorse
ambientali, familiari e sociali, incluse quelle rese
disponibili dal sistema dei Servizi sociali, che pos-
sano consentire la permanenza al domicilio della
persona non autosufficiente.
6. Il Piano delle prestazioni personalizzato, for-
mulato dall’equipe responsabile della presa in
carico dell’assistito, individua gli interventi sani-
tari, sociosanitari e sociali che i Servizi sanitari
territoriali e i Servizi sociali si impegnano a ga-
rantire, anche in modo integrato, secondo quanto
previsto per le rispettive competenze dal Dpcm
29 novembre 2001 e s.m.i.
7. Al fine di promuovere una più adeguata distri-
buzione delle prestazioni assistenziali domiciliari
e residenziali rivolte ai malati cronici non auto-
sufficienti, a conferma e integrazione di quanto
già stabilito dal Patto per la salute 2010-2012, si
conviene che le Regioni e le Province Autonome,
ciascuna in relazione ai propri bisogni territoriali
rilevati, adottano ovvero aggiornano i progetti di
28
Focus on | Il Patto per la salute
attuazione dei commi precedenti, dando evi-
denza:
del fabbisogno di posti-letto, espresso in fun-
zione della popolazione da assistere presso le
strutture residenziali e semiresidenziali destinate
ai malati cronici non autosufficienti, ai disabili,
alle persone con disturbi psichiatrici, ai minori
e alle persone con dipendenze, articolato per in-
tensità assistenziale e per durata e con evidenza
di proporzione tra assistiti in regime residenziale
e in regime domiciliare;
del fabbisogno, espresso in funzione della po-
polazione da assistere, e dell’organizzazione
delle cure domiciliari sanitarie e socio-sanitarie
articolate per intensità, complessità e durata
dell’assistenza;
delle modalità di integrazione nelle Uvmd di
tutte le professionalità, anche al fine di garantire
una gestione integrata delle risorse impiegate
nel progetto assistenziale.
8. Le Regioni si impegnano ad armonizzare i ser-
vizi socio-sanitari, individuando standard minimi
qualificanti di erogazione delle prestazioni so-
cio-sanitarie che saranno definite anche in rela-
zione al numero e alla tipologia del personale im-
piegato.
ART. 7
Assistenza sanitaria negli istituti penitenziari
Si conviene che le Regioni e le Province Auto-
nome si impegnano ad approvare, entro il 30 set-
tembre 2014, nella sede della Conferenza unifi-
cata, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo
281/1997, l’Accordo avente a oggetto: “Linee
guida in materia di modalità di erogazione del-
l’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari; im-
plementazione delle reti sanitarie regionali e na-
zionali”.
ART. 8
Revisione disciplina della partecipazione
alla spesa sanitaria ed esenzioni
1. È necessaria una revisione del sistema della
partecipazione alla spesa sanitaria e delle esen-
zioni che eviti che la partecipazione rappresenti
una barriera per l’accesso ai servizi ed alle pre-
stazioni così da caratterizzarsi per equità e uni-
versalismo. Il sistema, in fase di prima applica-
zione, dovrà considerare la condizione reddituale
e la composizione del nucleo familiare e dovrà
connotarsi per chiarezza e semplicità applicativa.
Successivamente, compatibilmente con le infor-
mazioni disponibili, potrà essere presa in consi-
derazione la condizione “economica” del nucleo
familiare.
2. Si conviene altresì che il nuovo sistema della
partecipazione dovrà garantire per ciascuna Re-
gione il medesimo gettito previsto dalla vigente
legislazione nazionale, garantendo comunque l’u-
nitarietà del sistema.
3. A tal fine si conviene che uno specifico
gruppo di lavoro misto con la partecipazione di
rappresentanti delle Regioni, del Ministero
della salute, del Ministero dell’economia e delle
finanze, di Agenas, coordinato dal Ministero
della salute, definisca i contenuti della revi-
sione del sistema di partecipazione entro il 30
novembre 2014.
29
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
ART. 9
Sistema di remunerazione
delle prestazioni sanitarie
1. Al fine di effettuare la revisione e l’aggiorna-
mento del sistema di remunerazione delle pre-
stazioni sanitarie si conviene di istituire, senza
ulteriori oneri per la finanza pubblica, una com-
missione permanente costituita da rappresen-
tanti dei Ministeri della salute e dell’economia
e delle finanze, della Conferenza delle Regioni
e Province Autonome nonché dell’Agenzia na-
zionale per i servizi sanitari regionali (Agenas)
al fine di:
aggiornare e manutenere le tariffe massime di
riferimento per la remunerazione delle presta-
zioni di assistenza ospedaliera per acuti, di as-
sistenza ospedaliera di riabilitazione e di lun-
godegenza post acuzie e di assistenza
specialistica ambulatoriale di cui al DM 18 ot-
tobre 2012, nonché di assistenza protesica di
cui decreto del Ministro della sanità 27 agosto
1999, n. 332;
individuare le funzioni assistenziali e i relativi
criteri di remunerazione massima, ai fini del-
l’applicazione dell’articolo 8-sexies del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e s.m.i.; de-
finire criteri e parametri di riferimento per
l’individuazione delle classi tariffarie;
promuovere la sperimentazione di metodologie
per la definizione di tariffe per i percorsi tera-
peutici assistenziali territoriali.
2. Le Regioni convengono che gli accordi per la
compensazione della mobilità interregionale:
prevedono la valorizzazione dell’attività sulla
base della tariffa regionale relativa ai singoli
erogatori vigente nella regione in cui vengono
erogate le prestazioni, fino a concorrenza della
tariffa massima nazionale definita sulla base
della normativa vigente;
individuano e regolamentano, ai sensi del DM
18 ottobre 2012, i casi specifici e circoscritti
per i quali può essere riconosciuta una remu-
nerazione aggiuntiva, limitatamente a eroga-
tori espressamente individuati e in relazione a
quantitativi massimi espressamente indicati,
per tenere conto dei costi associati all’even-
tuale utilizzo di specifici dispositivi ad alto co-
sto.
Detti accordi devono essere approvati dalla Con-
ferenza Stato-Regioni, nel rispetto degli equilibri
di bilancio programmati.
3. Dalla data della stipula del presente Patto, gli ac-
cordi bilaterali fra le Regioni per il governo della
mobilità sanitaria interregionale, di cui all’art. 19
del precedente Patto per la salute sottoscritto il 3
dicembre 2009, sono obbligatori.
4. In sede degli accordi di cui ai precedenti
commi 2 e 3, sarà possibile individuare volumi, ti-
pologia e modalità di remunerazione aggiuntiva
relative all’espianto e trasporto degli organi per il
trapianto, alla ricerca e prelievo midollo osseo e
Cse midollari, nonché modalità di compensa-
zione dei costi dei ricoveri ospedalieri erogati, da
unità operative e/o strutture pediatriche espres-
samente individuate, alla casistica di età pediatrica
a elevata complessità assistenziale oggetto di mo-
bilità, nella misura in cui siano riconosciuti diversi
da quelli della casistica generale.
5. La definizione delle modalità di remunera-
zione aggiuntiva di cui al comma 4 resta di com-
petenza della Commissione salute della Confe-
renza delle Regioni e delle Province Autonome
di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli equili-
bri di bilancio programmati.
30
Focus on | Il Patto per la salute
ART. 10
Comitato per la verifica dei Livelli essenziali
di assistenza
1. Restano fermi i compiti e le funzioni attribuite
dall’ordinamento vigente al Comitato per la ve-
rifica dei Livelli essenziali di assistenza, istituito ai
sensi dell’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del
23 marzo 2005.
2. Il Comitato permanente per la verifica del-
l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza,
istituito ai sensi dell’articolo 9 dell’Intesa Stato-
Regioni del 23 marzo 2005, assicura il sup-
porto, per quanto di competenza, al Ministro
della salute nell’ambito delle attività di indi-
rizzo e di coordinamento inerenti il monito-
raggio dell’efficienza e dell’efficacia dei Servizi
sanitari regionali.
3. Il Comitato, per lo svolgimento dei compiti af-
fidati, utilizza il sistema di garanzie per il rag-
giungimento in ciascuna regione degli obiettivi
di tutela della salute perseguiti dal Servizio sani-
tario nazionale di cui all’articolo 9 del D.lgs.
56/2000. Le attività del Comitato sono svolte av-
valendosi degli strumenti e degli esiti delle atti-
vità del Nuovo sistema informativo sanitario e
con il supporto dell’Agenzia nazionale per i ser-
vizi sanitari regionali.
4. Si conviene che, annualmente, ai fini della
verifica degli adempimenti regionali che con-
sente l’accesso al finanziamento integrativo
condizionato alla verifica positiva degli adem-
pimenti regionali, il Comitato per la verifica
dei Lea di cui all’articolo 9 dell’Intesa Stato-
Regioni del 23 marzo 2005, può disporre l’ag-
giornamento dei suddetti adempimenti ovvero
delle modalità di verifica, tenuto conto delle di-
sposizioni normative intervenute, degli Accordi
e/o Intese sanciti dalle Conferenza Stato-Re-
gioni o Unificata e delle sopravvenute esigenze
di monitoraggio. Il documento relativo agli in-
dicatori Lea deve essere trasmesso alle Regioni
entro il 31 dicembre dell’anno precedente a
quello di verifica.
5. Il Comitato assicura il supporto necessario
alla definizione delle specifiche esigenze di mo-
nitoraggio dei Lea ai fini della realizzazione del-
l’anagrafe nazionale degli assistiti, da realizzarsi,
nell’ambito del Sistema tessera sanitaria, da parte
del Ministero dell’economia e delle finanze, in
accordo con il Ministero della salute, ai sensi
dell’articolo 1, comma 231 della legge 27 di-
cembre 2013, n. 147.
6. Si conviene che il mancato conseguimento
degli obiettivi di salute e assistenziali previsti dai
Lea stabiliti per i direttori generali costituisce
grave inadempimento contrattuale e comporta
l’applicazione dell’articolo 3-bis, comma 7, del
D.lgs. n. 502/1992 e s.m.i., con la previsione di
decadenza automatica dei direttori generali. La
verifica dell’adempimento, ai fini dell’accesso al fi-
nanziamento integrativo del Servizio sanitario
nazionale, è effettuata nell’ambito del Comitato
permanente per la verifica dell’erogazione dei
Livelli essenziali di assistenza.
7. Con il decreto del Ministro della salute, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle fi-
nanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni,
da adottarsi entro il 31 dicembre 2014, si prov-
vede all’aggiornamento del decreto del 12 di-
cembre 2001, di cui all’art. 9, comma 1, del D.lgs.
n. 56/2000 e all’approvazione della metodologia
di monitoraggio del sistema di garanzia per il
monitoraggio dell’assistenza sanitaria.
31
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
ART. 11
Tavolo per la verifica degli adempimenti
1. Restano fermi i compiti e le funzioni attribuite
dall’ordinamento vigente al Tavolo di verifica de-
gli adempimenti, istituito ai sensi dell’art. 12 del-
l’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
2. Si conviene che, annualmente, ai fini della ve-
rifica degli adempimenti regionali che consente
l’accesso al finanziamento integrativo condizio-
nato alla verifica positiva dei medesimi adempi-
menti, il Tavolo di cui al comma 1 può disporre,
in tempi utili alle Regioni per la necessaria istrut-
toria, l’aggiornamento dei suddetti adempimenti
ovvero delle modalità di verifica, tenuto conto
delle disposizioni normative intervenute, degli
Accordi e/o Intese sanciti dalle Conferenza Stato-
Regioni o Unificata e delle sopravvenute esi-
genze di monitoraggio.
ART. 12
Piani di riorganizzazione, riqualificazione
e rafforzamento dei Servizi sanitari regionali
Si conviene sulla necessità di ridefinire il sistema di
governo dei piani di rientro con processi di quali-
ficazione dei Servizi sanitari regionali che garan-
tiscano il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a. revisione della disciplina relativa al regime di
compatibilità e al ruolo dei Commissari ad acta,
prevedendo l’incompatibilità con l’affidamento
di incarichi istituzionali;
b.semplificazione e razionalizzazione delle pro-
cedure di verifica dei provvedimenti attuativi
del piano di rientro ovvero del Piano di rior-
ganizzazione, riqualificazione e rafforzamento
del Servizio sanitario regionale;
c. realizzazione di un efficace sistema di monito-
raggio e supporto alle Regioni, che consenta di
intervenire prima che si realizzino le condizioni,
che impongono l’adozione dei Piani di rientro
ovvero del Piano di riorganizzazione, riqualifi-
cazione e rafforzamento del Servizio sanitario
regionale.
A tal fine Governo e Regioni convengono
quanto segue:
1.i nuovi Programmi operativi di riorganizza-
zione, di riqualificazione e di rafforzamento
del Servizio sanitario regionale (successiva-
mente Pdr), da approvarsi ai sensi delle dispo-
sizioni vigenti, devono prevedere:
– obiettivi e azioni finalizzate alla chiara de-
finizione dei processi di governance re-
gionale nel rispetto dei principi generali
del D.lgs. n. 502/1992 e s.m.i. e del D.lgs.
n. 517/1999, delle altre norme vigenti in
materia di garanzia dei Lea, aziendalizza-
zione, verifica e controllo;
– interventi di riorganizzazione e riqualifica-
zione del Ssr idonei a garantire congiunta-
mente il perseguimento dei Lea e dell’equi-
librio economico-finanziario, assicurando la
coerenza nelle articolazioni aziendali;
2.di promuovere l’adozione delle modifiche nor-
mative necessarie affinché, in caso di nuovi
commissariamenti, sia previsto che la nomina a
commissario ad acta sia incompatibile con l’af-
fidamento o la prosecuzione di qualsiasi inca-
rico istituzionale presso la Regione soggetta a
commissariamento;
3.che il Commissario ad acta, ove nominato, deve
possedere un curriculum che evidenzi qualifi-
cate e comprovate professionalità ed esperienza
di gestione sanitaria anche in base ai risultati in
precedenza conseguiti;
4.che i sub Commissari svolgono attività a supporto
dell’azione del Commissario, essendo il loro man-
dato vincolato alla realizzazione di alcuni o di tutti
gli obiettivi affidati al Commissario con il man-
dato commissariale, avvalendosi del personale,
32
Focus on | Il Patto per la salute
degli uffici e dei mezzi necessari all’espletamento
dell’incarico di cui all’articolo 4, comma 2, del
decreto-legge n. 159/2007, convertito, con mo-
dificazioni, dalla legge n. 222/2007;
5.che il Commissario ad acta qualora, in sede
di verifica annuale ai sensi dell’articolo 2,
comma 81, della legge n. 191/2009, riscon-
tri il mancato raggiungimento degli obiettivi
del Piano di rientro, così come specificati nei
singoli contratti dei direttori generali, pro-
pone, con provvedimento motivato, la deca-
denza degli stessi, dei direttori amministrativi
e sanitari degli enti del Servizio sanitario
regionale, in applicazione dell’articolo 3-bis,
comma 7, del D.lgs. 30 dicembre 1992, n.
502 e s.m.i.;
6.ferme restando le sedi di verifica congiunta
dell’attuazione dei Piani di rientro – individuate
dalle disposizioni vigenti nel Comitato per la
verifica dei Lea e nel Tavolo di verifica adem-
pimenti di cui rispettivamente agli articoli 9 e
12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo
2005 – si conviene che per l’attività di affian-
camento alle Regioni che hanno sottoscritto
l’accordo, il Ministero della salute si avvale del
supporto tecnico-operativo dell’Agenas.
Per tale ragione, si conviene di promuovere
l’adozione della seguente modifica normativa:
“All’articolo 1, comma 796, lettera b), della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, all’ultimo pe-
riodo le parole: “Il Ministero della salute, di
concerto con il Ministero dell’economia e delle
finanze”, sono sostituite dalle seguenti: “Il Mi-
nistero della salute, anche avvalendosi del sup-
porto tecnico-operativo dell’Agenzia nazionale
per i servizi sanitari, di concerto con il Mini-
stero dell’economia e delle finanze”;
7.ferme restando le competenze in ordine al
monitoraggio economico-finanziario del Ta-
volo di verifica adempimenti di cui all’art. 12
dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005,
in attuazione dei compiti già attribuiti dalle di-
sposizioni normative vigenti, Agenas realizza
uno specifico sistema di monitoraggio, analisi
e controllo dell’andamento dei singoli Sistemi
sanitari regionali, che consenta di rilevare in
via preventiva, attraverso un apposito mecca-
nismo di allerta, eventuali e significativi sco-
stamenti delle performance delle Aziende sa-
nitarie e dei Sistemi sanitari regionali, in
termini di qualità, quantità, sicurezza, efficacia,
efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi
erogati. Per lo svolgimento di tale attività, si
avvale di un nucleo operativo funzionalmente
dedicato. Per le attività di cui al presente
comma si procede a una integrazione della
convenzione già in atto tra Ministero della
salute e Agenas, a valere sulle risorse già rese
disponibili, ai sensi dell’articolo 1, comma 289,
della legge n. 266/2005 e dell’articolo 1,
comma 798, della legge n. 296/2006, senza ul-
teriori oneri aggiuntivi a carico della finanza
pubblica. La procedura verrà definita entro il
30 settembre 2014;
8.in merito a quanto previsto dalla lettera b) del
presente articolo, si conviene di prevedere
nuove modalità di verifica degli obiettivi con-
nessi all’erogazione dei Lea e procedure di
semplificazione e di aggiornamento nella fase
attuativa dei Programmi operativi in atto, sem-
pre con riferimento agli obiettivi connessi al-
l’erogazione dei Lea, sulla base dello stato di
avanzamento delle azioni programmate. Tale
procedura di semplificazione del monitoraggio
degli obiettivi connessi all’erogazione dei Lea
dovrà prevedere esclusivamente l’individua-
zione di alcune aree prioritarie di intervento in
materia di erogazione dei Lea e relativo cro-
noprogramma e modalità di attuazione, tenuto
conto di quanto previsto nel programma ope-
rativo in relazione agli obiettivi strutturali del
Piano stesso;
33
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
9.ai fini di semplificazione delle procedure, di
razionalizzazione e attualizzazione del quadro
normativo di riferimento, nonché di ottimiz-
zazione delle risorse, si conviene di procedere
alla redazione di un testo unico di raccolta
delle disposizioni vigenti in materia di Piani
di rientro dai disavanzi sanitari, entro il 31
marzo 2015;
10. i programmi operativi in corso potranno es-
sere aggiornati secondo le finalità del presente
articolo.
ART. 13
Controlli
1. In linea con quanto previsto dall’articolo 6,
comma 5, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 lu-
glio 2010, n. 122, e al fine di rafforzare il ruolo
dei collegi sindacali delle aziende sanitarie e ga-
rantirne una composizione coerente con le di-
sposizioni del presente Patto, Governo e Re-
gioni convengono che detti collegi siano
composti da tre componenti, di cui uno desi-
gnato dal Presidente della giunta regionale, uno
dal Ministro dell’economia e delle finanze e uno
dal Ministro della salute.
2. I requisiti per la nomina dei componenti dei
collegi sindacali devono garantire elevati stan-
dard di qualificazione professionale e sono defi-
niti previa intesa sancita in Conferenza perma-
nente tra lo Stato, le Regioni e le Province
Autonome di Trento e Bolzano e, relativamente
al rappresentante del Ministero dell’economia e
delle finanze, nel rispetto di quanto previsto dal-
l’art. 10, comma 19, del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111.
ART.14
Edilizia sanitaria, investimenti
e ammodernamento tecnologico
1. Al fine di garantire le condizioni di sicurezza
e la continuità di esercizio delle strutture sanita-
rie, nonché in considerazione delle esigenze di
adeguamento strutturale e ammodernamento
tecnologico e organizzativo del Servizio sanita-
rio nazionale, il Governo si impegna ad assicurare
alle Regioni, nell’ambito del complessivo finan-
ziamento allocato sul comparto degli interventi
infrastrutturali, adeguate risorse finanziarie, com-
patibilmente con il conseguimento degli obiet-
tivi di finanza pubblica e con il quadro macroe-
conomico, anche mediante la rifinalizzazione di
quota-parte delle risorse eventualmente rinve-
nienti dal procedimento di riaccertamento
straordinario dei residui relativi al finanziamento
del Servizio sanitario nazionale, di cui all’articolo
49 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, con-
vertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno
2014, n. 89.
L’operazione di cui al periodo precedente non
può incidere su somme ancora spettanti alle
Regioni a titolo di finanziamento del Servizio
sanitario nazionale e pertanto a tal fine non
avrà luogo la cancellazione dei residui passivi
corrispondenti a pretese creditorie regionali
sussistenti.
2. Le predette risorse saranno garantite a valere sul
Programma straordinario di investimenti di edi-
lizia sanitaria di cui all’articolo 20 della legge 11
marzo 1967, n. 88, ovvero attraverso altre moda-
lità di finanziamento, anche nell’ambito della
quota nazionale della nuova programmazione del
Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, di cui al-
l’articolo 1, commi 6 e seguenti, della legge
147/2013 e dei Fondi UE 2014-2020.
34
Focus on | Il Patto per la salute
3. Al fine di superare la straordinarietà degli interventi
in sanità e regolamentare “la vita tecnica normale”,
il Governo, le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano si impegnano a una revisione del-
l’attuale normativa tecnica in materia di sicurezza,
igiene e utilizzazione degli ambienti, che tenga conto
delle caratteristiche delle strutture sanitarie esistenti,
attraverso un Programma triennale da adottarsi, pre-
via Intesa da sancire in sede di Conferenza Stato-
Regioni, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della
legge n. 131/2003, entro il 31 dicembre 2014.
ART. 15
Sanità digitale e Piano di evoluzione
dei flussi informativi del Nsis
1. Al fine di conseguire gli obiettivi di efficienza, tra-
sparenza e sostenibilità del Servizio sanitario na-
zionale attraverso l’impiego sistematico dell’inno-
vazione digitale in sanità, il Governo e le Regioni
concordano entro 30 giorni dalla stipula della pre-
sente Intesa, senza nuovi o maggiori oneri per la fi-
nanza pubblica, un “Patto per la sanità digitale”, os-
sia un piano strategico teso a rimuovere gli ostacoli
che ne rallentano la diffusione e a evitare realizza-
zioni parziali o non conformi alle esigenze della sa-
nità pubblica. Tale Patto individua, in raccordo con
le azioni previste nell’ambito dell’Agenda digitale
nonché dalle vigenti disposizioni in materia di sa-
nità digitale, specifiche priorità, analizza e propone
modelli realizzativi di riferimento e strumenti di fi-
nanziamento, anche con l’attivazione di iniziative di
partenariato pubblico-privato capaci di innescare un
circuito virtuoso di risorse economiche destinate a
finanziare gli investimenti necessari.
2. Il Piano di evoluzione dei flussi Nsis (Pef-Nsis)
rappresenta lo strumento di programmazione de-
gli interventi sui sistemi informativi, necessari a
consentire il governo e il monitoraggio dei Lea e
dei relativi costi, in coerenza con il percorso evo-
lutivo del Nsis condiviso tra le Amministrazioni
centrali e regionali.
3. Il Pef-Nsis si sviluppa su un orizzonte temporale
triennale. Il Piano è predisposto dalla Cabina di re-
gia del Nsis la quale provvede, con periodicità an-
nuale, al suo aggiornamento secondo una logica a
scorrimento. Eventuali interventi evolutivi resisi
necessari e non preventivamente pianificati nel
Pef-Nsis, vengono inseriti nel Piano attraverso un
apposito aggiornamento infrannuale dello stesso,
anche rimodulando altri interventi pianificati.
4. Ciascuna Regione, nei limiti delle risorse di-
sponibili a legislazione vigente, mette in atto sul
proprio territorio le misure necessarie all’attua-
zione degli interventi previsti dal Pef-Nsis, nel ri-
spetto delle modalità e tempistiche definite ai
sensi dell’articolo 3 dell’Intesa tra lo Stato, le Re-
gioni e le Province Autonome di Trento e di
Bolzano del 23 marzo 2005.
ART. 16
Cabina di Regia del Nsis
Entro 90 giorni dalla stipula della presente Intesa
si procede alla stipula dell’Accordo quadro tra il
Ministro della salute, il Ministro dell’economia e
delle finanze, il Ministro delegato per l’innova-
zione tecnologica e le Regioni e le Province Au-
tonome, di riadeguamento dei compiti, della com-
posizione e delle modalità di funzionamento della
Cabina di regia del Nsis anche con riferimento
alle iniziative di sanità in rete al fine di assicurare
un sistema unitario e condiviso di interventi.
Conseguentemente è pattuita una proroga dei
compiti e della composizione della Cabina di re-
gia del Nsis fino all’entrata in vigore del citato
nuovo Accordo.
35
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
ART. 17
Piano nazionale della Prevenzione
1. Le Regioni e Province Autonome di Trento e
di Bolzano, in coerenza con lo schema di Piano
nazionale della Prevenzione, in corso di approva-
zione, convengono di confermare per gli anni
2014-2016, a valere sulle risorse di cui all’articolo
1, comma 1 del presente Patto, la destinazione di
200 milioni di euro annui, oltre alle risorse indi-
viduate a valere sulla quota di finanziamento vin-
colato per la realizzazione degli obiettivi del Piano
sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 1, comma
34, della legge 27 dicembre 1996, n. 662, e suc-
cessive integrazioni.
2.Con il presente Patto le Regioni e le Province
Autonome di Trento e di Bolzano convengono
che il 5 per mille della quota vincolata per il
Piano nazionale della prevenzione, di cui agli ac-
cordi previsti per la realizzazione degli obiettivi
del Piano sanitario nazionale indicati al comma 1,
venga destinato a una linea progettuale per lo
svolgimento di attività di supporto al Piano na-
zionale della prevenzione medesimo da parte dei
network regionali dell’Osservatorio nazionale
screening, Evidence-based prevention, Associa-
zione italiana registri tumori.
3. Le Regioni e Province Autonome di Trento e
di Bolzano si impegnano a mettere in atto ogni
utile intervento per promuovere la salute in tutte
le politiche e attuare la promozione della salute
attraverso politiche integrate e intersettoriali a so-
stegno del diritto di ciascun cittadino a realizzare
il proprio progetto di vita in un disegno armonico
di sviluppo del territorio e della comunità in cui
vive ciascuno.
ART. 18
Attuazione delle norme di riordino
degli Istituti zooprofilattici sperimentali
1. Le Regioni e le Province Autonome provve-
dono ad adottare le disposizioni applicative della
normativa di riordino degli Istituti zooprofilattici
sperimentali di cui all’articolo 10, comma 1, del
decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106, entro
sei mesi dall’approvazione del Patto.
2. In caso di mancato rispetto del termine di cui
al comma 1, il Ministro della salute provvede alla
nomina del commissario dell’Istituto zooprofi-
lattico sperimentale.
3. Il commissario nominato ai sensi del comma 2,
svolge le funzioni previste dall’articolo 11, commi
2 e 5, del decreto legislativo 28 giugno 2012,
n. 106, nelle more dell’emanazione dei provvedi-
menti regionali di cui al presente articolo.
4. Si conviene che gli Istituti zooprofilattici spe-
rimentali debbano coordinare la propria azione
con le politiche di prevenzione delle Regioni di
riferimento.
ART. 19
Sanità pubblica veterinaria
e sicurezza alimentare
1. Le normative comunitarie in materia veterina-
ria (sanità animale, benessere e sicurezza alimen-
tare) vincolano gli Stati membri a una applica-
zione uniforme e coerente con il raggiungimento
di un elevato livello di protezione per i citta-
dini/consumatori dell’Unione. I risultati raggiunti
dall’Italia in materia di garanzie per i propri cit-
tadini e di sostegno alle produzioni agroalimentari
che concorrono significativamente al Prodotto
36
Focus on | Il Patto per la salute
interno lordo richiedono un’adeguata valorizza-
zione delle attività dei Servizi veterinari regionali
e il superamento di alcune fragilità che stanno pe-
sando in maniera significativa sull’ulteriore pro-
mozione del Sistema Italia in campo europeo e in-
ternazionale, soprattutto alla vigilia di un evento
dedicato specificatamente a questa materia, quale
Expo 2015. Alla luce di queste considerazioni, ri-
sulta pertanto indispensabile assicurare i Livelli
essenziali di assistenza in tema di sanità pubblica
veterinaria e sicurezza alimentare, nonché l’a-
dempimento degli obblighi comunitari in mate-
ria di controlli ufficiali, previsti dal Regolamento
(CE) 882/2004 e s.m.i.
2. Le Regioni ritengono, pertanto, di dover adot-
tare tutte le iniziative necessarie a rendere i sistemi
regionali di sanità pubblica veterinaria e di sicu-
rezza alimentare sempre più efficaci ed efficienti
nelle attività di prevenzione, vigilanza e controllo,
con l’obiettivo di migliorare:
a. il livello di tutela della salute dei cittadini/con-
sumatori;
b.il livello di garanzia e di qualificazione igienico-
sanitaria e nutrizionale degli alimenti destinati
al consumo umano;
c. il benessere animale;
d.la qualità igienico-sanitaria degli alimenti de-
stinati al consumo animale;
e. la tracciabilità di filiera.
3.A tal fine le Regioni si impegnano a garantire
che le Aziende sanitarie locali, per quel che con-
cerne la sicurezza alimentare e la sanità pubblica
veterinaria, rispettino l’articolazione organizzativa
prevista dai commi 2 e 4 dell’art. 7 quater del
D.lgs. 502/92 e s.m.i., riconoscendo l’opportunità
che le unità operative deputate alle funzioni spe-
cifiche sopra richiamate siano possibilmente con-
figurate come unità operative complesse e siano
dotate di personale adeguato.
4. L’applicazione di quanto previsto dal comma 3 in
materia di personale deve avvenire nel rispetto dei
vincoli in materia di spesa previsti dalla legislazione
vigente e, per le Regioni sottoposte a piani di rien-
tro, anche nel rispetto di quelli fissati in materia da
detti piani nonché dei parametri standard per la de-
finizione delle strutture complesse e semplici adot-
tati dal Comitato Lea in data 26.03.2012.
ART. 20
Ricerca sanitaria
1. La ricerca sanitaria è parte integrante delle at-
tività del Servizio sanitario nazionale (Ssn) poiché
è fondamentale per garantire ai cittadini una sa-
nità che risponda in modo efficace, efficiente e so-
stenibile ai reali bisogni di assistenza e cura.
2. La ricerca sanitaria e biomedica non è solo pro-
gresso scientifico e tecnologico ma deve essere so-
prattutto innovazione al fine di ottenere concreti
miglioramenti dell’assistenza sanitaria, dei servizi
e della loro organizzazione.
Per questo deve essere trasferibile, nel medio pe-
riodo, al paziente, alla organizzazione dei servizi,
al territorio e alle attività produttive.
Nell’ambito di tale strategia è fondamentale il re-
perimento delle fonti di finanziamento, l’indivi-
duazione delle possibili sinergie fra ricerca pubblica,
privata, nazionale, europea ed extraeuropea e la va-
lorizzazione delle risorse già presenti nel Ssn.
Pertanto debbono essere evitati rischi di duplicazioni
e sovrapposizioni integrando le risorse e indivi-
duando tematiche condivise dai soggetti finanziatori.
Deve essere mantenuto e implementato un per-
corso rigoroso e trasparente che si occupi non
solo di selezionare le migliori proposte di ricerca,
ma che aiuti anche concretamente a definire le
priorità più utili alla gestione delle aree di incer-
tezza negli interventi sanitari.
37
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
3. Il Ministero della salute si avvale del Comitato
tecnico-sanitario per monitorare l’attuazione del
programma di ricerca sanitaria, le problematiche
emergenti, le tematiche di maggior impatto, non-
ché definire le procedure più idonee al raggiun-
gimento degli obiettivi prefissati. Ogni anno detto
Comitato dovrà fornire alla Conferenza Stato-
Regioni una relazione sullo stato di avanzamento
del programma. Dall’attuazione della presente di-
sposizione non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica.
ART. 21
Attività intramoenia
Al fine di consentire il passaggio al regime ordi-
nario dell’esercizio dell’attività libero professionale
intramuraria, si conviene di dare piena attuazione
a quanto stabilito dalla legge 3 agosto 2007, n. 120,
così come modificata dall’art. 2 del decreto legge
13 settembre 2012, n.158, convertito, con modi-
ficazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n.189.
ART. 22
Gestione e sviluppo delle risorse umane
1. Al fine di garantire la nuova organizzazione dei
Servizi sanitari regionali, con particolare riferi-
mento alla riorganizzazione delle rete ospedaliera,
ai servizi territoriali e le relative forme di integra-
zione, alla promozione della salute e alla presa in
carico della cronicità e delle non autosufficienze e
di garantire un collegamento alla più ampia riforma
della Pubblica Amministrazione, si conviene sulla
necessità di valorizzare le risorse umane del Servi-
zio sanitario nazionale e di favorire l’integrazione
multidisciplinare delle professioni sanitarie e i pro-
cessi di riorganizzazione dei servizi, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Si conviene che l’articolo 1, comma 174, della
legge n. 311/2004 e s.m.i. sia modificato affinché
il blocco automatico del turn over operi fino al 31
dicembre dell’anno successivo a quello di verifica.
3. Si conviene, per l’attuazione di quanto previsto
al comma 1, di procedere a innovare l’accesso delle
professioni sanitarie al Servizio sanitario nazio-
nale, nonché a ridisciplinare la formazione di base
e specialistica, lo sviluppo professionale di carriera
con l’introduzione di misure volte ad assicurare una
maggiore flessibilità nei processi di gestione delle
attività professionali e nell’utilizzo del personale
nell’ambito dell’organizzazione aziendale.
4. Al fine di realizzare le finalità di cui ai prece-
denti commi, si conviene che il Governo e le Re-
gioni istituiscono apposito Tavolo politico per
individuare, anche alla luce di esperienze di altri
Paesi Ue, specifiche soluzioni normative.
Il Tavolo concluderà i lavori entro il 31 ottobre
2014 e si concluderà con la definizione di un di-
segno di legge delega che dovrà specificamente
dettare principi e criteri direttivi in ordine a:
a.valorizzazione delle risorse umane del Servizio
sanitario nazionale, per favorire l’integrazione
multidisciplinare delle professioni sanitarie e i
processi di riorganizzazione dei servizi, senza
nuovi maggiori oneri a carico della finanza
pubblica;
b.accesso delle professioni sanitarie al Servizio sa-
nitario nazionale;
c.disciplina della formazione di base e specialistica
per il personale dipendente e convenzionato
della formazione di base specialistica;
d.disciplina dello sviluppo professionale di car-
riera con l’introduzione di misure volte ad as-
sicurare una maggiore flessibilità nei processi di
gestione delle attività professionali e nell’utilizzo
del personale nell’ambito dell’organizzazione
aziendale;
38
Focus on | Il Patto per la salute
e. introduzione di standard di personale per livello
di assistenza, anche attraverso la valorizzazione
delle iniziative promosse a livello comunitario,
ai fini di determinare il fabbisogno dei profes-
sionisti sanitari a livello nazionale;
f. precariato: si conviene, al fine di assicurare l’e-
rogazione dei Lea e la sicurezza delle cure, di
dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 4,
comma 10, del D.L. n. 101 del 2013, convertito,
con modificazioni, nella legge n. 125/2013 in
materia di stabilizzazione del personale preca-
rio, subordinatamente alla definizione, da parte
dell’apposito Dpcm ivi previsto, dei relativi cri-
teri applicativi e nel rispetto degli stessi.
5. Inoltre, in materia di contenimento delle spese
di personale, si conviene di modificare il comma 3-
bis dell’articolo 17 del decreto legge n. 98/2011 –
che impone, a partire dal 2015, il rispetto del vin-
colo previsto dall’articolo 2, commi 71 e 72, della
legge n. 191/2009 (spesa 2004 diminuita dell’1,4%)
indipendentemente dall’effettivo conseguimento
dell’equilibrio economico – prevedendo che le
Regioni siano considerate adempienti ove venga
accertato, con le modalità previste dall’articolo 2,
comma 73, della citata legge n. 191/2009, il con-
seguimento di tale vincolo attraverso un percorso
graduale fino all’applicazione totale dello stesso
nel 2020. Si conviene altresì di effettuare un ap-
profondimento tecnico ai fini dell’aggiornamento
del parametro spesa 2004 -1,4%.
ART. 23
Assistenza farmaceutica
Il tema del governo della spesa farmaceutica co-
niugato con l’importanza dello sviluppo del
mondo imprenditoriale nel settore delle industrie
farmaceutiche in Italia, si conferma come fon-
damentale per le strategie del Paese. A tale scopo,
tenendo presenti i fabbisogni del Ssn, si ritiene
necessario incrementare e migliorare le strategie
degli investimenti in innovazione e ricerca anche
con politiche di governance che, nel rispetto dei
vincoli di bilancio, favoriscano l’accesso dei cit-
tadini ai farmaci innovativi ed efficaci ai fini
della tutela della salute pubblica e a garanzia
della centralità del malato nei percorsi assistenziali
e terapeutici.
Per il governo della spesa farmaceutica ospedaliera
e territoriale sia per quanto riguarda l’appropria-
tezza che per il rispetto dei tetti di spesa pro-
grammati, nei limiti delle risorse stabilite all’arti-
colo 1, comma 1 del presente Patto e comunque
senza nuovi o maggiori oneri a carico della fi-
nanza pubblica, le parti si impegnano:
1)ad adottare le opportune iniziative affinché
l’Aifa provveda all’aggiornamento del Pron-
tuario farmaceutico nazionale (Pfn) dei farmaci
rimborsabili, sulla base del criterio costo/
beneficio ed efficacia terapeutica, prevedendo
anche dei prezzi di riferimento per categorie
terapeutiche omogenee;
2)a rivedere la normativa nazionale che riconduca
alla contestualità fra l’Autorizzazione alla im-
missione in commercio (Aic) e la definizione
del regime di rimborsabilità. Nelle more della
revisione della normativa Regioni e Aifa, al
fine di garantire l’unitarietà dei livelli di assi-
stenza erogati dal Ssn, si impegnano a condivi-
dere delle linee guida per assicurare un appro-
priato percorso assistenziale;
3)a una revisione degli accordi negoziali sui far-
maci sottoposti ai Registri di monitoraggio
Aifa, dopo un periodo massimo di 36 mesi,
valutando se vengano confermati o meno i ri-
sultati clinici attesi;
4)a definire un percorso per sostenere esclusi-
vamente l’innovazione terapeutica reale, im-
portante e dimostrata rispetto alle terapie già
in uso;
39
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
5)a regolamentare l’applicazione dell’articolo 10
della legge 189/2012 relativo alla definizione di
equivalenza terapeutica, in modo tale che le de-
terminazioni di Aifa siano contestualmente va-
lide e applicabili su tutto il territorio nazionale.
A tale scopo si ritiene di costituire un network
informativo di coordinamento quale insieme di
centrali regionali di acquisto, una centrale unica
per Regione;
6)ad istituire un tavolo di monitoraggio perma-
nente composto da tre rappresentati delle Re-
gioni, un rappresentante del Mef, un rappre-
sentate del Ministero della salute, un
rappresentante del Ministero dello sviluppo
economico, un rappresentante di Aifa e un rap-
presentante di Agenas che, sulla base dei dati
analitici messi a disposizione da Aifa, verifichi
l’attuazione del presente articolo ed elabori
eventuali proposte per il raggiungimento degli
obiettivi prefissati.
ART. 24
Dispositivi medici
Il Ssn si pone come interlocutore del mercato dei
dispositivi medici fornendo il fabbisogno, sia
quantitativo che qualitativo, nell’interesse della
salute dei cittadini. In considerazione dell’invec-
chiamento della popolazione e dell’aumento delle
patologie ad esso correlate si ritiene auspicabile lo
studio di nuove strategie di procurement al fine
di promuovere l’accesso dei pazienti alle tecno-
logie sanitarie innovative ed efficaci.
1. Al fine di assicurare efficace impulso alle atti-
vità di vigilanza sugli incidenti verificatisi dopo
l’immissione in commercio di dispositivi medici,
in attuazione di quanto previsto dall’articolo 11
del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507,
e s.m.i. (impiantabili attivi), dall’articolo 11 del
decreto legislativo 8 settembre 2000, n. 332, e suc-
cessive modificazioni (diagnostici in vitro), e dal-
l’articolo 9 del decreto legislativo 24 febbraio
1997, n. 46 (dispositivi medici), con decreto del
Ministro della salute, previa intesa con la Confe-
renza Stato-Regioni, sono definite le modalità per
l’attivazione di una rete di comunicazione dedi-
cata alla dispositivo-vigilanza che consenta lo
scambio tempestivo e capillare delle informa-
zioni riguardanti incidenti che coinvolgono di-
spositivi medici.
2. Con il medesimo decreto di cui al comma 1
sono determinati, nell’ambito del Nuovo sistema
informativo sanitario (Nsis), i contenuti infor-
mativi e le modalità di interscambio dei dati del
sistema informativo a supporto della rete nazio-
nale per la dispositivo-vigilanza.
3. Al fine di dare piena attuazione alle disposizioni
previste dagli articoli 5 e 6 del decreto del Mini-
stro della salute 21 dicembre 2009 e assicurare
omogeneità di comportamenti da parte delle
strutture pubbliche del Servizio sanitario nazio-
nale, si conviene di predisporre entro il 1° otto-
bre 2014 un documento, da adottarsi previo ac-
cordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni,
recante Linee guida per il corretto utilizzo dei dati
e della documentazione presente nel Repertorio
dei dispositivi medici istituito ai sensi del citato
decreto. Con le medesime modalità si conviene di
predisporre indicazioni operative per le strutture
pubbliche del Servizio sanitario nazionale che
consentano alle stesse la corretta e uniforme mo-
dalità di gestione dei dati ai fini del conferimento
da parte delle Regioni, in attuazione alle dispo-
sizioni previste dal decreto del Ministro della sa-
lute 11 giugno 2010.
4. Allo scopo di rafforzare lo strumento del mo-
nitoraggio dei consumi e della spesa su base na-
zionale e regionale per i dispositivi medici a ca-
40
Focus on | Il Patto per la salute
rico del Servizio sanitario nazionale come stabi-
lito dal decreto ministeriale dell’11 giugno 2010,
si conviene di predisporre indicazioni operative
per le strutture pubbliche e private accreditate del
Servizio sanitario nazionale che consentano alle
stesse la corretta e uniforme modalità di gestione
dei dati ai fini del conferimento da parte delle
Regioni.
5. Le Regioni si impegnano a richiedere alle
singole Aziende sanitarie la definizione di un
budget annuale preventivo dei consumi per classi
Cnd per la migliore programmazione della spesa
e il controllo dell’appropriatezza dei consumi sui
dispositivi a più alto costo. Le Regioni, altresì, at-
tivano un Osservatorio regionale sui consumi e
i prezzi dei dispositivi medici in grado di fornire
dati comparativi alle centrali, uniche su base re-
gionale, di acquisto utili nella fase negoziale
con le aziende di riferimento con particolare ri-
guardo ai dispositivi impiantabili (Categoria
Speciale J della Cnd) e a quelli ad alto costo.
A tale scopo si ritiene necessario costituire un
network informativo di coordinamento delle
centrali regionali di acquisto, una centrale unica
per Regione.
6. Il flusso dei contratti dei dispositivi medici, isti-
tuito con decreto del Ministero della salute 11
giugno 2010 e integrato con decreto del Ministro
della salute 25 novembre dovrà essere armoniz-
zato con quello dell’Osservatorio dei contratti
pubblici, di cui all’articolo 7 del decreto legisla-
tivo 12 aprile 2006, n. 163, che ha già il compito
di fornire, a partire dal 1° luglio 2012, un’elabo-
razione dei prezzi di riferimento dei beni sanitari,
ivi compresi i dispositivi medici.
7. Dall’attuazione del presente articolo non de-
vono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. Le Amministrazioni Pub-
bliche provvedono agli adempimenti previsti
dal presente articolo con le risorse umane, fi-
nanziarie e strumentali disponibili a legisla-
zione vigente.
ART. 25
Aggiornamento del nomenclatore tariffario
di cui all’articolo 11 del regolamento
di cui al decreto del Ministro della sanità
27 agosto 1999, n. 332
Al fine di provvedere rapidamente all’attuazione
dell’art. 5, comma 2-bis, del decreto legge n.
158/2012, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 189 del 2012, Governo e Regioni con-
cordano che all’aggiornamento del regolamento
recante norme per l’assistenza protesica erogabili
nell’ambito del Servizio sanitario nazionale di
cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto
1999, n. 332, si provvederà anche a valere sui ri-
sparmi di spesa derivanti dalle disposizioni del
presente Patto per la salute.
ART. 26
Creazione di un modello istituzionale
di Hta dei dispositivi medici
1. Al fine di dare attuazione alle direttive comu-
nitarie sull’Health technology assessment (Hta),
in modo che sia promosso l’uso di dispositivi
medici costo-efficaci, il Ministero della salute in-
dirizza le proprie iniziative nel senso di miglio-
rare la capacità del Servizio sanitario nazionale
di selezionare i dispositivi medici e le tecnolo-
gie elettromedicali in relazione al valore gene-
rato nel sistema.
2. Tale funzione si inserisce nell’ambito delle at-
tività previste ai fini dell’attuazione della Direttiva
41
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
2011/24/UE del Parlamento europeo attraverso
il Network permanente per l’Health technology
assessment (Hta Network).
3. In tale contesto si stabilisce che il Ministero
della salute, avvalendosi dell’Agenas e dell’Aifa per
quanto di relativa competenza (dispositivi medici
facenti parte integrante di medicinali), al fine di
garantire l’azione coordinata dei livelli nazionale,
regionali e delle aziende accreditate del Ssn per il
governo dei consumi dei dispositivi medici a tu-
tela dell’unitarietà del sistema, della sicurezza nel-
l’uso della tecnologia e della salute dei cittadini a
livello nazionale, dovrà:
definire le priorità, anche alla luce delle indi-
cazioni del Piano sanitario nazionale, attra-
verso l’istituzione al proprio interno di una
Cabina di regia, con il coinvolgimento delle
Regioni, di Agenas e dell’Aifa. La Cabina di re-
gia può sentire i principali stakeholder, tra cui
i rappresentanti dei pazienti, dei cittadini e
dell’industria;
fornire elementi utili per le indicazioni dei ca-
pitolati di gara per l’acquisizione dei dispositivi
medici a livello nazionale, regionale, intra-re-
gionale o aziendale;
fornire elementi per la classificazione dei di-
spositivi medici in categorie omogenee e per
individuare prezzi di riferimento;
promuovere la creazione del Programma na-
zionale di Hta dei dispositivi medici, attraverso
il coordinamento di Agenas, fondato sulla crea-
zione di una rete nazionale di collaborazione tra
Regioni per la definizione e per l’utilizzo di
strumenti per il governo dei dispositivi medici
e per l’Hta.
4. Dall’attuazione della presente disposizione non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
ART. 27
Valutazione nazionale dei medicinali
secondo la metodologia
dell’Health technology assessment
1. Al fine di garantire un equo e omogeneo ac-
cesso per i pazienti a tutti i medicinali, con par-
ticolare riguardo ai medicinali innovativi e/o di
eccezionale rilevanza terapeutica, l’Agenzia ita-
liana del farmaco (Aifa), in qualità di organo
tecnico competente in tema di regolamenta-
zione dei medicinali, predispone, a supporto del
Ministero della salute e delle Regioni, valutazioni
di Hta, volte a caratterizzare e individuare i per-
corsi farmaco-terapeutici in grado di garantire
l’impiego efficiente e costo-efficace delle risorse
disponibili.
2. Tale funzione si inserisce nell’ambito delle at-
tività previste ai fini dell’attuazione della Direttiva
2011/24/UE del Parlamento europeo attraverso
il Network permanente per l’Health technology
assessment (Hta Network), anche, per quanto
concerne i medicinali, nel perseguimento degli
obiettivi previsti dalla medesima direttiva, a sup-
porto della Cabina di regia istituita presso il Mi-
nistero della salute e delle indicazioni del Piano
sanitario nazionale.
3. Le valutazioni nazionali di Hta sui medicinali
hanno l’obiettivo di fornire informazioni affida-
bili, trasparenti e trasferibili ai contesti assistenziali
regionali e locali, sull’efficacia comparativa dei
medicinali e sulle successive ricadute in termini
di costo-efficacia nella pratica clinica, tanto prima
dell’immissione in commercio, quanto durante la
commercializzazione e l’intero ciclo di vita del
farmaco.
4. Ad esito dell’uso consolidato nella pratica cli-
nica nazionale, l’Aifa, in stretta collaborazione
42
Focus on | Il Patto per la salute
con le Regioni, coordina le valutazioni dei diversi
percorsi diagnostico-terapeutici localmente svi-
luppati, con l’obiettivo di garantire l’accesso e
l’uso appropriato ai medicinali. Tali valutazioni,
anche integrate con i dati di utilizzo e di spesa
dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei me-
dicinali, nonché di quelli raccolti attraverso i re-
gistri di monitoraggio Aifa, saranno utilizzate
nell’iter decisionale degli organi consultivi dell’A-
genzia al fine di istruire le procedure di rivaluta-
zione di prezzo e/o di rimborsabilità dei medici-
nali.
5. Ogni Regione, nell’ambito delle proprie ri-
sorse umane, finanziarie e strumentali disponi-
bili a legislazione vigente, dovrebbe dotarsi di
un suo presidio Hta a supporto della valutazione
Hta.
ART. 28
Cabina di regia per il monitoraggio
del patto
1. Ai fini della verifica dell’attuazione del pre-
sente Patto è istituito un Tavolo politico, com-
posto: per il Governo dal Ministro della salute
o suo delegato, dal Ministro dell’economia e
delle finanze o suo delegato, dal Ministro per gli
affari regionali o da un suo delegato; per le
Regioni o da una delegazione politica della
Conferenza delle Regioni e Province Auto-
nome, guidata dal Presidente o suo delegato. Il
Tavolo politico opera come Cabina di regia
per il monitoraggio in ordine all’attuazione del
Patto nei tempi convenuti.
2. Per il periodo di vigenza del presente Patto, è
istituito presso l’Agenzia per i servizi sanitari re-
gionali un Tavolo tecnico interistituzionale, a sup-
porto del Tavolo politico, cui è affidato il compito
di monitoraggio e verifica sull’attuazione di tutti
i provvedimenti di cui al presente Patto e sulle
eventuali misure di revisione della spesa sanitaria
di cui al programma del Governo, con la parte-
cipazione delle Regioni, secondo modalità con-
divise. Il Tavolo è coordinato dall’Agenas ed è
composto da rappresentanti del Ministero della
salute, del Ministero dell’economia e delle fi-
nanze, da un delegato del Ministro per gli affari
regionali, da rappresentanti delle Regioni e Pro-
vince Autonome di Trento e di Bolzano. Il Tavolo
riferisce con cadenza semestrale al Tavolo politico.
A tale Tavolo è demandato anche il monitoraggio
dell’andamento e dell’applicazione delle misure di
revisione della spesa in campo sanitario indivi-
duate dal Governo. La partecipazione ai suddetti
Tavoli non prevede gettoni di presenza o altri
emolumenti.
3. Restano ferme le funzioni in materia di mo-
nitoraggio dell’andamento e dell’applicazione
delle proposte in campo sanitario sulla revisione
della spesa, assegnate dal vigente ordinamento
al Ministero della salute e al Ministero dell’e-
conomia e delle finanze. Restano altresì ferme
le funzioni di monitoraggio della spesa attri-
buite al Tavolo di verifica adempimenti di cui
all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23
marzo 2005.
ART. 29
Regioni a statuto speciale
e Province Autonome
1. Si conviene che le disposizioni previste dal ti-
tolo II dall’articolo 1 del D.lgs. n. 118/2011, re-
cante “Disposizioni in materia di armonizza-
zione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
43
Il Patto per la salute 2014-2016: il testo
legge 5 maggio 2009, n. 42”, si applicano alle
Regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna e alla
Provincia Autonoma di Trento a partire dal 1°
gennaio 2015. Si conviene che per la Regione
Valle d’Aosta e per la Provincia Autonoma di
Bolzano l’operatività del citato titolo II del de-
creto legislativo 118/2011 sul proprio territorio
decorra dal 1° gennaio 2017. Le predette Re-
gioni a statuto speciale e Province Autonome si
impegnano in tal senso.
2. Sono fatte salve le competenze delle Regioni
a statuto speciale e delle Province Autonome di
Trento e Bolzano, che provvedono alle finalità
della presente Intesa, ai sensi dei rispettivi statuti
di autonomia e le relative norme di attuazione.
ART. 30
Norme finali
1. Il Governo, le Regioni e le Province Autonome
di Trento e Bolzano, si impegnano ad adottare
ogni necessario provvedimento normativo e am-
ministrativo, in attuazione della presente Intesa,
anche a modifica o integrazione o abrogazione di
norme.
2. In caso di modifiche normative sostanziali e/o
degli importi di cui all’art. 1, ove necessarie in re-
lazione al conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica e a variazioni del quadro macroecono-
mico, la presente Intesa dovrà essere altresì og-
getto di revisione.
Dentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitariadi Vittorio MapelliProfessore associato di Economia sanitaria - Università degli Studi di Milano
I44
➔IIdee e commenti
l Patto per la Salute 2014-16 conferma il metodo dei costi standard per il calcolo
del fabbisogno finanziario regionale (ex D.lgs. 68/2011) ma, allo stesso tempo, apre
sull’individuazione di nuovi indicatori e pesi. Anche con questa apertura, tuttavia,
si colloca nel solco della continuità con il metodo di riparto del Fondo sanitario
nazionale in uso fin dal 1997 (legge 662/1997) se non addirittura dal 1985 (legge
887/1984) e probabilmente manca l’appuntamento con la vera novità dei costi
standard. I quali potrebbero essere intesi, in senso aziendale, come costi standard
per prestazione (ad esempio, ricovero ospedaliero, ddd-dose definita die di farmaci,
vaccinazione, visita specialistica, etc.) oppure come costi standard per il trattamento
di una malattia (ad esempio, tumore, ischemia, diabete, etc.), secondo le più avan-
zate metodologie internazionali di risk adjustment (v. oltre i metodi 4 e 5).
Questo articolo, dopo avere esposto le motivazioni di equità ed efficienza che de-
vono presiedere alla definizione della quota capitaria, illustra i cinque possibili me-
todi di calcolo, esemplificando come potrebbe avvenire una ripartizione basata su
un’interpretazione “autentica” di costo standard.
45
Dentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitaria
EQUITÀ ED EFFICIENZA
NELLA RIPARTIZIONE
DEL FONDO NAZIONALE
Il metodo di calcolo del fabbisogno standard è la
filosofia introdotta dalla legge 42/2009 sul fede-
ralismo fiscale per assegnare le risorse statali agli
enti decentrati di spesa: Regioni, Province, Città
metropolitane, Enti Locali e sanità. Se per gli al-
tri enti è una novità quasi assoluta, non lo è in-
vece per il Ssn, che fin dalla sua istituzione ha at-
tribuito le risorse del Fondo sanitario nazionale
alle Regioni – e da queste alle Usl e Asl – secondo
un fabbisogno standard: la quota capitaria pon-
derata. Ciò che cambia ora è il metodo di calcolo
della quota capitaria, metodo che tuttavia solleva
qualche perplessità. Il Patto per la salute non fa
che ribadire la metodologia di calcolo contenuta
nel D.lgs. 68/2011 e dare l’avvio concreto alla
nuova metodologia dal 2015, considerato che nel
2013 e 2014 il riparto è avvenuto secondo mo-
dalità sperimentali.
Il metodo di riparto di un fondo centrale è ba-
sato su una “formula allocativa”, che nella sua es-
senza definisce il fabbisogno dell’ente decentrato
come è il prodotto di tre variabili: (a) la popo-
lazione residente, (b) un indice di peso rappre-
sentante i bisogni specifici delle popolazioni lo-
cali (ad esempio, di servizi sanitari, edilizia
sociale, trasporto locale, etc.) e (c) una spesa
media pro-capite (quota capitaria). Nella sua
versione più rozza la formula allocativa è il sem-
plice prodotto tra la prima e la terza variabile, la
popolazione residente e la spesa media pro-ca-
pite, senza alcuna ponderazione per i bisogni. Si
ricorre a una formula allocativa quando si ri-
tenga necessario discostarsi dalla spesa storica,
che si è formata per incrostazioni e sovrapposi-
zioni nel tempo.
In tutti i grandi Paesi lo Stato è organizzato su più
livelli istituzionali: centrale, intermedio, locale, e
in molti Paesi, se non in tutti, esistono differenze
economiche e sociali tra le diverse aree geogra-
fiche. Condizioni ambientali, influenze storiche,
diversità di risorse naturali, possono creare pro-
blemi alle aree più svantaggiate, se la responsabi-
lità di finanziare i servizi pubblici di interesse na-
zionale (ad esempio, giustizia, difesa, istruzione) o
locale (ad esempio, sanità, sociale) dovesse risie-
dere solo sullo sforzo fiscale delle popolazioni che
ne beneficiano. Ogni formula allocativa racchiude
quindi in sé un elemento di solidarietà orizzontale
tra le aree geografiche di un Paese: le aree più ric-
che e sviluppate, con il loro surplus di imposte,
sussidiano le aree più povere e svantaggiate del
paese. Ciò è tanto più vero se è in gioco un di-
ritto costituzionale, come la tutela della salute
(art. 32 della Costituzione).
La solidarietà tra aree geografiche si estrinseca,
nella formula allocativa, sia attraverso l’indice di
46
Idee e commenti
ponderazione (b) che riconosce – e cerca di rap-
presentare nel modo più oggettivo – i bisogni
specifici (ad esempio, di salute), sia nell’assegnare
alle aree più povere e deprivate una quota pro-
capite (c) superiore alle loro capacità fiscali. Se in-
fatti dovessero contare solo sulle proprie risorse
fiscali, non avrebbero risorse sufficienti a rag-
giungere i livelli di qualità delle Regioni più svi-
luppate.
Tuttavia, la formula deve soddisfare anche la con-
dizione dell’efficienza allocativa, assegnando le ri-
sorse realmente “necessarie” a produrre servizi di
buona qualità. La quota capitaria (c) assume
quindi il significato di “spesa standard” di riferi-
mento per la produzione di un dato paniere di
servizi (ad esempio, di cure primarie, ricovero,
specialistici, domiciliari, etc.) mediamente neces-
sari ad assistere una persona per un anno.
Gli enti decentrati meno efficienti dello standard
(a causa di sprechi, disorganizzazioni, costi per ser-
vizio troppo elevati) risulteranno penalizzati,
mentre saranno premiati quelli più efficienti. Gli
enti meno efficienti, inoltre, correranno il rischio
di creare deficit – come è successo alle Regioni
con i Piani di rientro – se la pressione della do-
manda da parte dei pazienti costringerà a erogare
servizi inefficienti e troppo costosi.
La formula allocativa deve quindi soddisfare due
esigenze:
di eguaglianza, garantendo a tutti i cittadini –
ovunque risiedano e a prescindere dalla loro ca-
pacità fiscale – gli stessi diritti e la stessa possi-
bilità di accedere ai servizi essenziali;
di efficienza, assegnando risorse mediamente ne-
cessarie (standard) a produrre servizi di buona
qualità e in quantità adeguata.
Una quota capitaria, correttamente calcolata, deve
quindi essere ponderata e standardizzata.
I POSSIBILI METODI DI CALCOLO
DEL FABBISOGNO FINANZIARIO
IN SANITÀ
In sanità la quota capitaria (capitation) assume un
ulteriore significato, perché è l’equivalente teorico
di un premio assicurativo1. Un premio assicurativo
è il valore attuariale (statistico) delle risorse ne-
cessarie per curare una persona con date caratte-
ristiche (di età, sesso, malattie pregresse o in atto,
etc.) in un anno. In termini concettuali e consi-
derando una sola malattia (i), il premio si calcola
come il prodotto (πi • cmi), ossia la probabilità di
una persona di una data età di ammalarsi per una
data malattia (πi), moltiplicata per il costo di cura
dell’ i-esima malattia (cmi). Il premio totale di una
persona è ovviamente la sommatoria delle mol-
tiplicazioni di tutte le n probabilità di malattia per
il costo di cura delle n malattie.
Nella procedura di calcolo della formula alloca-
tiva occorre quindi fare molta attenzione a rap-
presentare bene le probabilità di ammalarsi e il co-
sto di trattamento delle malattie. È il processo
noto come risk adjustment, necessario per correg-
gere la semplice quota pro-capite (Van deVen, El-
lis 2000; Lezzoni 2003). La procedura risponde al-
l’esigenza di calcolare ex-ante un finanziamento,
che attraverso il meccanismo dell’aggregazione
dei rischi (risk pooling), riesca a coprire ex-post la
spesa sanitaria dei soggetti colpiti dall’evento sfa-
vorevole. La quota capitaria rappresenta quindi la
spesa attesa di un individuo.
La probabilità di ammalarsi si esprime, di norma,
come la propensione dei malati a domandare
cure e assistenza e si può ricavare dalle statistiche
sui consumi sanitari. Più difficile è la rappresen-
tazione dei bisogni sanitari non espressi, per dif-
ficoltà del soggetto (ignoranza, povertà) o del-
1. Diversamente da altri servizi pubblici a domanda più stabile (ad esempio, scuola, polizia locale), i bisogni sanitari sono altamente imprevedibili e possono richiedere risorse ingenti per poche persone.
47
Dentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitaria
l’offerta di servizi (problemi di accesso)2. Si po-
trebbe stimare come la differenza tra i consumi ef-
fettivi e i consumi attesi di una data popolazione
o area geografica.
La probabilità di ammalarsi e la conseguente do-
manda di cure è influenzata da molte variabili: fat-
tori genetici, età, sesso, livello di istruzione, tipo di
occupazione, condizioni socio-economiche, red-
dito, deprivazione, stili di vita, fattori ambientali,
valori, attitudini e molti altri – come è noto da
una vasta letteratura in materia. La domanda di
cure è anche influenzata dall’offerta di servizi in
loco (distanza, accessibilità, tempi di attesa, tecno-
logia, etc.) e da variabili abilitanti, proprie del sog-
getto (reddito, copertura assicurativa). Tuttavia, se
l’insieme di queste variabili spiega l’insorgere, la
persistenza delle malattie e la domanda di cure,
solo alcune sono considerate “legittime” e pos-
sono entrare nella formula allocativa, mentre al-
tre non sono ammesse. Ad esempio, non è con-
cepibile inserire nella formula variabili come la
professione o le attitudini.
La scelta delle variabili della formula deve avve-
nire in base alla loro capacità di predire la varia-
bilità dei consumi e della spesa futura (intensità
del legame causale). L’età è un buon predittore
della spesa sanitaria – la spesa cresce in funzione
dell’età – ma è troppo generica. A parità di età, la
prevalenza delle malattie può essere diversa in
popolazioni di aree diverse, perché vi giocano fat-
tori comportamentali, sociali, culturali ed econo-
mici diversi (ad esempio, tra Nord e Sud del
Paese, come documentato dalle Indagini multi-
scopo dell’Istat). Meglio sarebbe seguire la “logica
assicurativa”, perché i fondi da assegnare alle Re-
gioni e alle Asl costituiscono il pool di risorse
(fondo rischi) con il quale dovranno affrontare le
spese sanitarie dei loro assistiti. Naturalmente non
tutte le spese sono connesse a malattie, ma alcune
sono di tipo preventivo e altre di tipo ammini-
strativo, per le quali non è rilevante la probabilità
di ammalarsi.
La legge 42/2009 ha introdotto il principio di cal-
colo del fabbisogno regionale secondo il criterio
del “costo standard” (art. 2, lett. f ), successiva-
mente codificato nella procedura del D.lgs.
68/2011 (art. 25 e seguenti). È un’interpretazione
particolare, che attribuisce al concetto di “costo
standard” il significato di “spesa pro-capite stan-
dard”, calcolata sulla media di alcune Regioni
“virtuose” e intesa come spesa efficiente e appro-
priata. In generale, sono possibili altre due acce-
zioni di costo standard: (a) come costo standard per
unità di prodotto (prestazione) e (b) come costo
standard di trattamento per tipo di malattia. Nel
primo caso il costo standard è, in termini aziendali,
il costo di riferimento per la produzione (di ser-
vizi), quando tutti i fattori siano impiegati secondo
la tecnologia più efficiente; nel secondo è il costo
(assunto come) necessario per trattare una data
malattia e quindi garantire l’erogazione dei Lea.
In termini generali, vi sono 5 possibili metodi di
calcolo del fabbisogno sanitario regionale, se-
condo:
la quota capitaria semplice;
la quota capitaria ponderata (e globale);
la spesa pro-capite “virtuosa” (benchmark);
la quota capitaria analitica a costi (e quantità)
standard;
la quota capitaria aggiustata per la diagnosi.
Metodi 1 e 2
I primi due metodi sono stati in uso, fino ad al-
cuni anni fa, per la ripartizione del Fondo sani-
tario nazionale e si applicavano alle diverse fun-
zioni di spesa (ad esempio, quota capitaria
2. In letteratura si distingue tra metodi di risk adjustment, tipici delle assicurazioni, e di need adjustment, propri invece dei sistemi sanitari universalistici, che tendono a rilevare anche i bisogni sanitari inespressi.
48
Idee e commenti
semplice per la prevenzione e quota capitaria
ponderata per la farmaceutica)3. La struttura sin-
tetica della formula per il calcolo del fabbisogno
finanziario (F) ponderato della Regione (j) è:
Fj = Pj • bij • sndove Pj indica la popolazione residente (di-
mensione regionale), bij è l’indicatore dei bisogni
sanitari (i) regionali, calcolato moltiplicando la
composizione per età della popolazione regionale
per indici di peso nazionali, derivati dai consumi
sanitari nazionali (per farmaci, specialistica e ospe-
daliera) e sn il valore finanziario standard (quota
capitaria semplice) per ogni funzione di spesa4.
Ponendo b=1 si ottiene la quota capitaria sem-
plice. Questo è il metodo più diffuso nei 13 Paesi
con un sistema sanitario nazionale, dove oltre al-
l’età e al sesso sono considerati altri indicatori di
bisogno (Rice, Smith, 2000).
Rispetto alla quota capitaria ponderata, vale la pena
ricordare che i pesi contengono implicitamente –
per come sono calcolati – degli standard sia di
quantità di prestazioni sia di costo delle prestazioni. Ad
esempio, il peso 2,10 per la classe 65-74 anni del Lea
“Assistenza ospedaliera” può essere scomposto nel
prodotto di 237 ricoveri per mille abitanti per un
costo per ricovero di 3.717 euro della classe 65-74
anni5. Analogamente il peso 0,22 per la classe 5-14
anni è il prodotto tra un tasso di ricoveri di 51 per
mille per un costo per ricovero di 1.800 euro della
classe 5-14 anni. Questa osservazione illumina sulla
possibilità di introdurre un metodo analitico di
calcolo della quota capitaria (metodo 4, vedi oltre).
Metodo 3
Il terzo metodo (descritto in dettaglio nel D.lgs.
68/2011) si presta a due critiche – a parere di chi
scrive – perché non modifica la quota di accesso
al Fondo da parte delle Regioni, rispetto al me-
todo attuale basato sulla popolazione ponderata,
e appare illogico nella sua costruzione teorica. In
sintesi la procedura di calcolo è così definita6:
1.il costo standard è rappresentato dalla spesa me-
dia ponderata delle tre Regioni più “virtuose”
(benchmark), in una rosa di cinque;
2.queste sono le Regioni che nel secondo eser-
cizio precedente hanno chiuso il bilancio in pa-
reggio e rispettato i parametri di qualità, ap-
propriatezza ed efficienza;
3.la spesa benchmark (ex-post) coincide, di fatto, con
il finanziamento (ex-ante), perché si devono
escludere sia le entrate da sforzo fiscale auto-
nomo, sia le spese per prestazioni oltre i Lea;
4.la spesa pro-capite, che funge da costo standard,
è dunque il finanziamento ponderato per classi di
età di due anni precedenti (ad esempio, nel
2010 la Campania ha ricevuto 1.636 euro pro-
capite e la Liguria 1.861 euro);
5.la media ponderata delle tre Regioni virtuose
costituisce il “costo standard”, che si moltiplica
per la popolazione regionale pesata (art. 27,
comma 6, lett. e, comma 8) e si applica al bud-
get del nuovo anno (art. 27, comma 9), fissato
dal Patto per la salute. Ma così facendo il co-
sto standard non diviene altro che una costante
moltiplicativa della popolazione pesata, per cui la
3. Nel 2003 la percentuale ripartita secondo la quota capitaria ponderata era il 64% del totale e il 33% sulla quota capitaria semplice.
4. Essendo la formula di tipo moltiplicativo, a volte si indica la “popolazione pesata” (pj • bij) e a volte la “quota capitariapesata” (bij • sn).
5. I dati illustrati sono nostre rielaborazioni, aggiornate al 2005, della metodologia di riparto predisposta dalla Conferenzadelle Regioni nel 2003, l’anno in cui si fissò una metodologia rigorosa, poi gradualmente annacquata negli anni successivi.Il peso 2,10 è ottenuto dal rapporto tra il costo dei ricoveri della classe 65-74 (883 euro) rispetto al totale generale(420 euro). Tecnicamente il peso globale della classe è calcolato come moltiplicazione tra l’indice del tasso di ricovero(1,72) e l’indice del costo di ricovero (1,22) della classe di età.
6. Si prescinde dalla suddivisione e dal calcolo per le tre macro-aree Assistenza Collettiva (5%), Distrettuale (51%) e Ospedaliera (44%).
49
Dentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitaria
quota di fondo regionale riflette solo la per-
centuale di popolazione pesata rispetto al totale
nazionale. Il costo standard è quindi irrilevante
per la ripartizione dei fondi e per stimolare l’ef-
ficienza delle Regioni, tanto che lo stesso ri-
sultato si può ottenere applicando qualsiasi co-
sto standard, basso o alto7. La procedura sembra
anche illogica, perché dopo avere assegnato fi-
nanziamenti pesati per età, calcola poi dei co-
sti standard che prescindono dalla pondera-
zione, smentendo il significato stesso della
ponderazione. Ne risulta che i costi standard
non sono i veri driver per l’assegnazione delle
risorse sanitarie alle Regioni e, di conseguenza,
la scelta delle 3 Regioni “virtuose” per il cal-
colo del costo standard è del tutto irrilevante:
assume solo un significato politico, non tecnico.
È invece sui pesi della popolazione che si deve
puntare l’attenzione, se si desidera modificare
la ripartizione tra le Regioni, come indica il
Patto per la salute 2014-2016. Va detto, da ul-
timo, che questo metodo non è praticato in
nessuno dei 19 Paesi che adottano il metodo
della capitation per assegnare le risorse agli enti
decentrati.
Metodo 4
Il quarto metodo intende il costo standard nel-
l’accezione aziendale di “costo per unità di pro-
dotto” (prestazione sanitaria) e calcola il fabbi-
sogno regionale come moltiplicazione tra costi
standard per prestazione (cn) e quantità pro-ca-
pite (qzn; storiche o standard) dei vari tipi di
prestazioni sanitarie (z). Il fabbisogno di spesa
pro-capite (sn), infatti, si può anche calcolare come
moltiplicazione tra prezzi (p) o costi unitari (c) e
quantità di prestazioni8. In formula sintetica, senza
suddividere la popolazione per classi di età, la for-
mula è:
Fj = Pj • czn • qznIl metodo è definito “analitico”, perché prevede
l’esplicitazione dei costi unitari per prestazione
e delle quantità di prestazioni per assistito e
quindi richiede numerose informazioni. Per il
calcolo del fabbisogno finanziario non basta il
costo standard, ma servono anche le quantità
standard di prestazioni – altrimenti la formula
sarebbe indeterminata –, quantità definibili per
via normativa (ad esempio, tasso di spedalizza-
zione per 1.000 abitanti) o empirica (valore
storico medio o mediano). In sanità il prodotto
finale è la prestazione erogata all’assistito (ad
esempio, la visita, il ricovero, la diagnosi), men-
tre le risorse necessarie alla prestazione (ad
esempio, la famosa siringa, il pasto ai degenti)
sono dei semplici input che servono alla presta-
zione finale.
L’applicazione di questo metodo avrebbe un ef-
fetto dirompente, rispetto alla situazione attuale.
Oggi viene assegnata alle Regioni una cifra glo-
bale e indistinta per abitante9, che esse sono libere
di spendere a propria discrezione, salvo verifiche
blande e postume sulla spesa per Lea (l’ultima ri-
sale al 2009). Con il metodo analitico invece,
avendo esplicitato a priori nell’assegnazione dei
fondi costo e quantità delle prestazioni si po-
trebbe valutare a posteriori l’effettiva erogazione
dei Lea. Si potrebbe scoprire allora che, per ipo-
tesi, si forniscono poche prestazioni perché i co-
sti sono alti e assorbono troppe risorse o che al-
7. Un costo standard basso farebbe diminuire il budget nazionale, che però è già fissato nel Patto per la salute, mentreuno elevato lo farebbe aumentare.
8. Ad esempio, la spesa farmaceutica pro-capite è il prodotto tra il n. di confezioni (q) pro-capite e il prezzo (p) medioper prestazione; la spesa ospedaliera è il prodotto tra il n. di ricoveri pro-capite (q) e il costo medio per ricovero (c).
9. Il fabbisogno regionale, pur essendo calcolato per tre macro-funzioni e con pesi diversi, viene poi assegnato alle Regionicome cifra globale e non vincolata.
50
Idee e commenti
cuni Lea non sono erogati per eccesso di con-
sumi sanitari in altri settori di spesa. Ad esempio,
la Campania spende (nel 2009) 85 euro per abi-
tante per l’assistenza residenziale e semiresiden-
ziale agli anziani e 943 euro per quella ospeda-
liera, mentre il Veneto 608 euro e 837
rispettivamente (Ministero della salute, 2011).
Se in Campania mancano risorse per gli anziani
è perché si spende troppo in farmaci (256 euro
contro 198 in Lombardia), si fanno troppi rico-
veri ospedalieri (229‰ contro 166‰ in Emilia
Romagna) e i costi per ricovero (pesati per il
case-mix) sono un po’ elevati (5.677 euro contro
5.167 della Toscana)10. Con il metodo analitico
i cittadini campani avrebbero modo di capire
perché alcuni Lea sono inadeguati e dove sono
gli sprechi.
L’adozione del metodo analitico a costi e quan-
tità standard potrebbe essere la naturale evolu-
zione del metodo oggi in uso per la suddivi-
sione del Fondo sanitario nazionale, perché i
pesi utilizzati per la ponderazione contengono
già costi e quantità standard di prestazioni per
ogni classe di età (v. sopra). Si tratterebbe solo
di esplicitare i parametri di calcolo e di renderli
vincolanti o almeno fruibili per il controllo a
posteriori. La procedura introdurrebbe maggiore
trasparenza nel rapporto tra governanti e citta-
dini e sarebbe coerente con l’ispirazione del
federalismo fiscale.
Non si nascondono le difficoltà di calcolo ana-
litico del costo delle prestazioni, su cui molto si
è scritto, e di individuazione di appropriati stan-
dard dei consumi sanitari, ma se si accettano
10. Nostre elaborazioni, v. Mapelli 2009.
Il tasso di ospedalizzazione di 180% corrisponde a un tasso di circa 120% per soli ricoveri ordinari
Figura 1 Tassi di ospedalizzazione e costi medi equivalenti per ricovero ordinariodegli ospedali pubblici
51
Dentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitaria
delle approssimazioni ragionevoli (già presenti
nella formula attuale) e una certa flessibilità di
applicazione, se ne potrebbero cogliere i van-
taggi. Nel medio periodo, infatti, il metodo
tende a far convergere i costi e la domanda di
prestazioni regionali verso il valore standard
nazionale, riducendo gli sprechi e i consumi di
prestazioni non necessarie. In uno studio in cui
si è simulato l’effetto di questo metodo, rispetto
alla spesa farmaceutica e ospedaliera del 2007, è
stato calcolato un risparmio di 7,6 miliardi di
euro (di cui 6,7 solo per gli ospedali) (Mapelli
2009). Rappresentando le Regioni su un grafico
(ad esempio, per il Lea Assistenza ospedaliera,
Figura 1), si distribuirebbero inizialmente in
quattro quadranti caratterizzati da valori supe-
riori/inferiori ai due standard. Le politiche di
riparto del fondo sanitario farebbero gradual-
mente convergere le Regioni sopra (I e III qua-
drante) e sotto (IV quadrante) lo standard verso
la media nazionale (nell’esempio, tasso di ospe-
dalizzazione di 120 per mille e costo per rico-
vero equivalente di 5.179 euro). Mentre le Re-
gioni del II quadrante dovrebbero ridurre i
costi per ricovero e quelle del III sia i costi sia
i tassi di ricovero, le Regioni del IV quadrante
dovrebbero ridurre l’eccesso di ricoveri, ma nel
contempo potrebbero incrementare i costi, per-
ché la complessità di casi trattati è presumibil-
mente bassa. Sarebbe quindi una ripartizione
non a somma zero, ma “con recupero dei resti”,
dove i risparmi delle Regioni sopra gli standard
andrebbero a finanziare quelle con standard in-
feriori.
Va peraltro detto che il metodo analitico di ri-
parto del fondo sanitario non è applicato in nes-
sun Paese che utilizzi la capitation.
Metodo 5
Il quinto metodo, infine, è quello più innovativo
ed emergente nei Paesi con sistema di assicura-
zione universale obbligatoria, ma con libertà di
scelta dell’assicuratore. Le riforme introdotte ne-
gli ultimi decenni (ad esempio, in Svizzera, Paesi
Bassi, Germania) hanno creato un sistema ibrido,
rispetto al tradizionale modello bismarkiano di as-
sicurazione obbligatoria, nel quale i cittadini pos-
sono scegliere tra assicurazioni pubbliche e private
e cambiare compagnia. Poiché vige l’open enroll-
ment (le assicurazioni devono accettare chiunque
si iscriva, anche i “cattivi rischi”, come i malati
cronici), esiste in questi Paesi un fondo centrale di
compensazione dei rischi tra le assicurazioni, ba-
sato sulla quota capitaria risk-adjusted.
La stessa riforma sanitaria di Obama (Affordable
Care Act, 2011) prevede dei meccanismi di
compensazione tra assicurazioni, noti come
Health insurance exchanges, che saranno regolati
dagli Stati o dal Governo federale. Fin dal 2004
il Medicare negli Usa aveva introdotto il sistema
Dcg/Hcc (Diagnostic cost groups/Hierarchical con-
dition category) per calcolare la capitation degli
iscritti alle Hmo del programma
Medicare+Choice (Pope et al., 2004). Il metodo
è basato su 70 gruppi diagnostici, 24 classi di
età, genere, e altri 11 parametri. Un meccani-
smo di risk adjustment è stato introdotto nel
2006 nei Paesi Bassi, basato su 13 classi farma-
ceutiche e 23 gruppi diagnostici (oltre a 63 va-
riabili demografiche), e nel 2009 in Germania,
su 80 gruppi diagnostici.
In tutti questi Paesi la quota capitaria è calcolata
per ogni singolo assicurato ed è basata su vari pre-
dittori della spesa sanitaria, il principale dei quali
(oltre all’età e al sesso) è la diagnosi delle malattie
in atto o pregresse. Si tratta in prevalenza di dia-
gnosi riguardanti le malattie croniche, che pur in-
teressando solo il 25-35% della popolazione, as-
sorbono però il 70-80% della spesa sanitaria totale.
52
Idee e commenti
Per calcolare accuratamente la quota capitaria
servono grandi quantità di dati (milioni di record),
che oggi sono resi disponibili dai sistemi infor-
mativi, spesso per esigenze amministrative (paga-
mento degli erogatori di prestazioni). I Big Data11
forniscono informazioni sulle caratteristiche de-
mografiche dei malati, la diagnosi, la severità, gli
episodi di malattia, i consumi di farmaci e di pre-
stazioni sanitarie, la spesa per assistito.
La formula di calcolo riflette quella del premio as-
sicurativo ed è il prodotto tra la probabilità degli
eventi di malattia, rappresentata dalla prevalenza
delle varie malattie (πij), e il costo medio na-
zionale di trattamento delle varie malattie
(cmin); in forma sintetica:
Fj = Pj • πij • cmin
dove: cmin = (qin • cin)
Volendo, il costo per malattia si può scomporre
nel prodotto tra la quantità standard (ad esem-
pio, nazionale) di prestazioni (qin) per il costo
standard (ad esempio, nazionale) per prestazione
(cin), dando luogo ad una formula analitica, simile
a quella del metodo precedente12.
Questa formula riflette, meglio di altre, le due
istanze di equità ed efficienza, perché da un lato
tiene in conto le diversità regionali nei tassi di
prevalenza delle malattie (i bisogni sanitari)13 –
che incorporano anche le altre variabili sociali,
come gli indici di deprivazione14 – , ma allo stesso
tempo fissa un costo standard di trattamento per
le varie malattie, che dovrebbe garantire tratta-
menti efficienti e inclusivi dei Lea.
Ispirandosi a questo approccio e utilizzando i
dati della Banca dati assistiti della Regione Lom-
bardia15, è stato simulato l’effetto di questo me-
todo su 13 Asl lombarde, considerate come fos-
sero 13 Regioni (Mapelli 2007). I tassi di
prevalenza delle malattie croniche variavano dal
minimo del 21,8% nell’Asl di Milano al massimo
del 29,1% in quella di Mantova. La procedura di
riparto del fondo sanitario regionale si è basata sui
dati di prevalenza rilevati nelle Asl per i 15 gruppi
epidemiologici (v. nota) e sull’applicazione di un
costo di trattamento delle patologie, identificato
nel valore mediano regionale. I risultati della pro-
cedura sono sintetizzati nella Tabella 1, dove i va-
lori in blu sono i costi mediani di trattamento per
patologia assegnati alle Asl quando il costo effet-
tivo era superiore alla mediana.
Con questo metodo si otterrebbe un risparmio
del 3% rispetto alla spesa effettiva, ma allo stesso
tempo si renderebbe necessario (e disponibile) un
maggiore finanziamento dell’1,2% per i bisogni
sanitari non soddisfatti. Si tratta di una semplice
simulazione, che aveva lo scopo di illustrare al-
l’Alta Commissione per il Federalismo Fiscale,
committente dello studio, la fattibilità e i vantaggi
di un diverso metodo di allocazione delle risorse
alle Regioni. Le basi dati per il calcolo della for-
mula allocativa oggi sono disponibili in tutte le Asl
11.Si veda il recente numero di Health Affairs (vol. 33, n. 7, 2014) dedicato alle potenzialità informative delle banche datisanitarie.
12.Ovviamente le funzioni di spesa non legate alla malattia (prevenzione, amministrative) seguirebbero altri criteri.13.Nella quota capitaria attuale si suppone che in ogni classe di età il tasso di prevalenza delle malattie sia lo stesso
in tutte le Regioni. 14.Mentre è legittimo riconoscere che uno stato di deprivazione comporti una più elevata incidenza e prevalenza
di malattie, non sembra invece legittimo riconoscere nella formula maggiori consumi di prestazioni e quindi maggiorespesa (ad esempio, ospedaliera) per le classi più deprivate, come emerge da diversi studi.
15.La Banca Dati Assistiti contiene per ogni residente della Lombardia (circa 10 milioni) un record con le prestazioni sanitarie consumate e il loro costo tariffario. Attraverso un algoritmo, basato sulle informazioni anagrafiche, delle Sdo,dei farmaci consumati, delle esenzioni dai ticket per patologia, è possibile classificare tutti gli assistiti in 15 raggruppamenti“epidemiologici” (1 deceduti, 10 patologie croniche principali, 1 gravidanza, parto, nascite, 1 acuti con ricovero, 1 acutisenza ricovero, 1 non-utenti).
53
Dentro al Patto per la salute: riflessioni e proposte per definire la quota capitaria
(trattandosi di informazioni amministrative di
routine) e in una decina di Regioni sono anche
aggregati a livello regionale. Servirebbe uno sforzo
organizzativo per essere aggregati ed elaborati in
tutte le Regioni e a livello nazionale, ma lo sforzo
sarebbe ripagato perché le basi dati sanitarie – i
Big Data – rappresentano il futuro di un sistema
sanitario sempre più evoluto.
CONCLUSIONI
Sono 13 i Paesi che impiegano una formula allo-
cativa per ripartire il budget nazionale di spesa tra
i governi e le autorità sanitarie locali, mentre
sono 6 i sistemi che adottano il metodo della risk
equalization per compensare le assicurazioni che
offrono copertura universale. Le formule del
primo tipo sono tutte basate su indicatori demo-
grafici (età, sesso), con l’aggiunta di altre variabili
sociali (anziani soli) o ambientali (residenza).
Il metodo più evoluto è quello del Nhs inglese,
che utilizza informazioni a livello di ward (circo-
scrizioni) elettorali. La formula dell’Italia è molto
elementare, essendo costruita per circa 1/3 sulla
quota capitaria semplice e per i 2/3 su indicatori
di consumo sanitario per età e sesso. I metodi di
risk adjustment del secondo gruppo di Paesi sono
molto più sofisticati, legati alla diagnosi e ai cor-
relati consumi sanitari. Essendo la capitation cal-
colata a livello individuale, è però ancora bassa la
capacità predittiva della spesa (tra il 10-20%).
Molto spesso la formula è condizionata dalla di-
sponibilità dei dati. Sicuramente una formula ba-
Tabella 1 Costo effettivo e mediano (in corsivo) di trattamento per patologia e per Asl. Anno 2003 (euro)
Classi epidemiologiche 2 BS 3 CO 4 CR 6 LO 7 MN 8 MI 9 LG 10 ML 11 MZ 12 PV 13 SO 14 VA 15 VC Mediana
02-Trapiantato 20.909 18.769 20.909 20.569 15.863 20.909 20.909 20.211 20.909 19.658 20.909 20.909 16.332 20.909
03-Ins renale 14.242 14.242 14.242 12.331 11.828 13.730 12.914 14.242 14.242 14.168 14.052 14.242 14.242 14.242
04-Hiv 6.970 6.970 6.519 5.163 6.680 6.970 6.730 2.571 6.970 6.228 6.970 6.970 6.970 6.970
05-Neoplasia 4.206 4.206 4.206 4.206 3.492 4.088 4.173 4.206 3.867 4.206 4.146 4.167 4.206 4.206
06-Diabete 2.211 2.110 2.192 2.211 2.062 2.211 1.966 2.052 2.211 2.211 2.122 2.211 2.211 2.211
07-Cardiopatia 1.768 1.683 1.675 1.768 1.619 1.764 1.539 1.768 1.768 1.768 1.701 1.768 1.768 1.768
08-Broncopatia 1.393 1.401 1.301 1.499 1.048 1.499 1.499 1.498 1.499 1.424 1.499 1.499 1.499 1.499
09-Gastropatia 1.568 1.517 1.305 1.568 1.294 1.568 1.568 1.568 1.568 1.451 1.460 1.568 1.506 1.568
10-Neuropatia 2.378 2.378 2.282 2.378 2.314 2.378 1.898 2.378 2.362 2.156 2.378 2.378 2.073 2.378
11-Autoimmune 1.078 988 1.204 1.204 979 1.204 1.204 1.195 1.204 1.204 1.086 1.067 1.204 1.204
12-Endocrinopatia 969 946 907 969 897 969 910 964 969 969 969 946 969 969
13-Parto 2.216 2.275 2.297 2.297 2.121 2.277 2.297 2.297 2.297 2.297 2.259 2.269 2.297 2.297
14-Altro:
14.1-con ricovero 2.406 2.506 2.390 2.506 2.384 2.506 2.265 2.506 2.506 2.411 2.506 2.506 2.363 2.506
14.2-acuti minori e altro 239 245 235 245 227 245 207 245 227 245 241 245 245 245
15-Non utente 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Fonte: Nostre elaborazioni su dati parziali della Regione Lombardia
54
Idee e commenti
sata su record individuali – anche se poi aggregati
per aree geografiche – è più precisa e affidabile di
una basata su grandi aggregati. L’Italia è tra i po-
chi Paesi al mondo che potrebbe avere una base
dati potenziale di 60 milioni di record su età, sesso,
residenza, patologie, consumi sanitari e spesa. Tra
le molte applicazioni che i Big Data possono of-
frire rientra senz’altro il calcolo del fabbisogno
standard regionale. Gli esperti raccomandano, ove
possibile, di utilizzare i dati individuali. Sarebbe
imperdonabile per il nostro Paese non cogliere
questa opportunità.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Mapelli V. (2009) La perequazione degli standard sanitari delle Regioni, in Arachi G., Mapelli V., Zanardi
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Pope G., Kautter J., Ellis R., Ash A., Ayanian J., Iezzoni L., Ingber M., Levy J., Robst J. (2004) Risk
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Rice N., Smith PC (2002) Strategic resource allocation and funding decisions, in Mossialos E., Dixon A.,
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55
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
Dal fabbisogno di prestazioni specialisticheai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavorodi Valtere GiovanniniDirettore Generale, Assessorato alla salute - Regione Toscana
Negli ultimi decenni in Italia, comunemente ad altri Paesi, si è assistito a un
profondo mutamento del bisogno di salute. Due fenomeni, ormai ben definiti, sono
cresciuti nel secolo trascorso e caratterizzano il secolo attuale: la transizione epi-
demiologica, con il progressivo prevalere delle malattie cronico degenerative ri-
spetto alle patologie infettive e acute e la transizione demografica, con il continuo
incremento della speranza di vita per i nuovi nati, in un contesto di denatalità.
La transizione demografica, per gli aspetti correlati all’espressione dei bisogni sa-
nitari, ha polarizzato l’attenzione sull’invecchiamento della popolazione e il
correlato aumento delle patologie croniche degenerative, patologie che, ad oggi,
rappresentano circa il 25% dei soggetti e il 75% dei costi e dei volumi di attività
svolti dal Ssn.
Negli anni successivi alla riforma sanitaria si è discusso a lungo della difficoltà per
le organizzazioni sanitarie di superare la cultura dei sistemi mutualistici/assicu-
rativi strutturati sulla risposta all’acuzie verso un diverso profilo dell’organizza-
zione dei servizi capace di assicurare i nuovi bisogni che esprime la cronicità: la
memoria della malattia, la patologia cronica è caratterizzata da una continua evo-
luzione, e dalla continuità di assistenza, sanitaria e sociale. Poco si è riflettuto sul
fatto che in Italia negli ultimi decenni la transizione epidemiologica ha convis-
suto con profondi mutamenti socio-economici, con una transizione sociale e cul-
turale che ha modificato sostanzialmente la stessa natura degli eventi acuti. È stato
osservato che la patologia acuta/malattia che si presentava nel XX secolo nel-
l’ambulatorio del medico si è via via modificata, nell’ambulatorio medico del XXI
secolo, in problema di salute. Ricordava Giovanni Costa1 che “all’inizio del 1900
in Italia più del 70% dei lavoratori era occupato in agricoltura, i restanti erano
equamente suddivisi tra industria e servizi. Dopo la Seconda guerra mondiale, il
boom industriale ha visto aumentare l’occupazione nel settore secondario (fino
1. Giovanni Costa, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Università di Milano.
56
Idee e commenti
al 45% del totale) con spostamento di molta ma-
nodopera da quello agricolo. Alla fine del secolo
si è invece andato progressivamente consoli-
dando il trend verso l’occupazione nel terziario
a scapito degli altri due settori. Secondo i dati
Istat del 2011 essa ora risulta pari al 67,8% nei
servizi, al 28,5% nell’industria (edilizia inclusa) e
al 3,7% in agricoltura. Il crescente aumento dei
fattori di rischio di carattere psicosociale, condi-
zionati dalle mutate forme di organizzazione del
lavoro, i lavori atipici legati alla globalizzazione e
flessibilità dei mercati, la rapida espansione della
cosiddetta «società delle 24 ore», l’avvento delle
nuove tecnologie, l’aumento del tasso di occu-
pazione femminile, che ha visto un incremento
7 volte superiore negli ultimi 15 anni, hanno de-
terminato una profonda trasformazione nelle
cause prevalenti di malattia, si pensi alla crescita
delle condizioni di disagio mentale”. Si è pro-
gressivamente costruita, in questi anni, una di-
versa cultura della salute e conseguentemente di
malessere, o non benessere, percepito; l’indeter-
minatezza di queste nuove problematiche di sa-
lute e la relativa difficoltà di approccio degli al-
goritmi propri del metodo diagnostico deduttivo,
sono tra i determinanti, ancora poco valutati,
del significativo incremento delle prestazioni spe-
cialistiche, clinico e diagnostiche. Osservare que-
sta trasformazione della domanda dal versante dei
servizi offerti, attraverso la risposta registrata ne-
gli studi dei medici di medicina generale, negli
ambulatori specialistici, nelle farmacie, nei Pronto
soccorso, congiuntamente alla domanda non sod-
disfatta espressa da tempi e liste di attesa e, a mio
parere, anche dalla considerevole dimensione e
natura dell’out of pocket specialistico, consente di
ipotizzare un disallineamento importante tra un
bisogno di salute che si esprime con esigenze di-
verse, per natura e dimensione, nelle varie fasce
di età e di genere e la porta di ingresso dei ser-
vizi sanitari che, rimanendo nei diversi servizi
uguale, diviene insufficiente per mancata diffe-
renziazione prima che per inadeguata dimen-
sione.
Dimensione e natura dei servizi offerti
Al fine di sostanziare quanto sopra introdotto,
nel presente paragrafo sono riportati in forma sin-
tetica, grafica o tabellare, i dati di attività elabo-
rati dai flussi regionali o riportati in studi nazio-
nali. In particolare la Figura 1 riporta il numero
medio di accessi negli studi di medicina generale
per genere a classe di età; in Tabella 1 è riportato
il numero di prestazioni specialistiche ambulato-
riali per tipologia di prestazione e relativo trend
temporale; i volumi relativi all’ultimo anno di-
sponibile sono analizzati per genere e classe di età
nella Figura 2; in Figura 3 sono riportati i tassi
standardizzati per visite specialistiche pagate in-
teramente dagli utenti; la Figura 4 riporta il nu-
mero di visite erogate in Pronto soccorso (a cui
non consegue il ricovero) per genere e classe di
età e, infine, la Figura 5 i consumi di farmaci stan-
dardizzati per classe di età e genere.
57
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
Fonte: Studio Simg, anno 2009
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0 15-24
3,32,5
25-34
4,02,5
35-44
4,7
3,1
45-54
6,5
4,9
55-64
9,48,3
65-74
12,8 12,6
75-84
14,015,1
85+
11,012,3
Figura 1 Il bisogno registrato nello studio medico di medicina generale. Anno 2009
Toscana - Numero medio di contatti per paziente all’anno per genere e classe di età Femmine
Maschi
Settore 20082007 2009 2010 2011 2012 2013 Indicemedio divariazione
annua
Tabella 1 Dimensione della domanda specialistica: numero di prestazioni erogate in Toscana per tipologia di prestazione. Anni 2007-2013
Clinica* 7.232.6776.723.855 7.333.412 7.702.629 7.453.296 7.527.979 7.479.251 1,5%
Diagnosticaimmagini
4.157.9004.092.169 4.199.241 4.273.090 4.197.147 4.080.117 4.049.280 -0,2%
Diagnosticalaboratorio
48.107.41444.427.120 50.416.512 53.614.052 51.444.551 49.606.632 49.415.451 1,5%
Diagnosticastrumentale
2.092.6881.981.943 2.157.176 2.283.787 2.250.598 2.333.566 2.307.769 2,2%
Procedure 2.064.0331.925.727 2.108.623 2.157.411 2.240.703 2.155.179 2.150.629 1,6%
Totale 63.654.71259.150.814 66.214.964 70.030.969 67.586.295 65.703.473 65.402.380 1,4%
* di cui visite 6.134.3315.619.616 6.286.590 6.571.984 6.448.419 6.588.310 6.613.160 2,4%
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
58
Idee e commenti
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0 0-4
3 3
5-9
3 3
10-14
4 4
15-19
75
20-24
10
5
25-29
12
5
30-34
13
5
35-39
12
6
40-44
12
8
45-49
1310
50-54
1512
55-59
1614
60-64
17 16
65-69
26 27
70-74
2628
75-79
30
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80-84
28
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85+
25
33
Figura 2 La domanda registrata negli ambulatori specialistici. Anno 2013
Toscana - Numero di prestazioni specialistiche pro capite per utenti residenti, per genere e classe di età Femmine
Maschi
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Piemonte
Valle d’Aosta
Liguria
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Figura 3 Dimensione della domanda di visite specialistiche out of pocket. Anno 2013
Italia - Visite specialistiche (non odontoiatriche) a pagamento intero effettuate nelle quattro settimane precedenti la rilevazione per regione e ripartizione geografica
Tassi standardizzati
Media italiana
Fonte: Indagine multiscopo Istat 2013
59
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
100
90
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70
60
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0 0-4
74
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5-9
38
48
10-14
39
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15-19
40 40
20-24
41 39
25-29
4136
30-34
3632
35-39
33 32
40-44
3034
45-49
2934
50-54
3135
55-59
3035
60-64
2731
65-69
3641
70-74
3743
75-79
4855
80-84
53
63
85+
64
81
Figura 4 Il bisogno espresso nei Pronto soccorso. Anno 2013
Toscana - Distribuzione del numero di visite erogatein Pronto soccorso (cui non consegue il ricovero) per 100 residenti, per genere e classe di età
Femmine
Maschi
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
100
90
80
70
60
50
40
30
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0 0-4
3 4
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2 3
10-14
2 2
15-19
2 2
20-24
3 2
25-29
4 2
30-34
4 3
35-39
5 4
40-44
7 6
45-49
10 8
50-54
14 13
55-59
18 19
60-64
23 24
65-69
3741
70-74
4246
75-79
5460
80-84
59
67
85+
67
77
Figura 5 La domanda registrata in Farmacia. Anno 2013
Toscana - Distribuzione del numero di confezioni di farmaciper 100 residenti, per genere e classe di età Femmine
Maschi
Fonte: Flusso informativo Spf, Regione Toscana
60
Idee e commenti
La valutazione dei consumi registrati, considerati
espressi dalla stessa popolazione, evidenzia alcuni
fenomeni con specifiche caratteristiche:
un profilo di consumo di prestazioni speciali-
stiche ambulatoriali con linearità leggermente
crescente per le classi di età giovani adulte;
un filtro appropriatamente a maglie larghe de-
gli studi della MG per i bisogni delle stesse fa-
sce di età verso le competenze specialistiche
ambulatoriali, anche al netto della specificità del
bisogno delle donne nelle età giovani adulte
(Figure 1 e 2);
un profilo curvilineo, quasi iperbolico, di pre-
stazioni cliniche e terapeutiche specialistiche
consumate nelle classi di età più avanzate, cor-
relate alla biologia dell’invecchiamento e al-
l’incremento delle patologie cronico degenera-
tive nelle stesse fasce di età (Figura 2);
la peculiare morfologia rettilinea, inclusiva di
molte fasce di età, della domanda soddisfatta in
Pronto soccorso (Figura 4) che evidenzia una
natura specifica di questo bisogno (una condi-
zione acuta, soggettivamente importante, che si
ritiene necessiti una risposta immediata e rassi-
curante per il riequilibrio del proprio stato di
salute) significativamente diverso dal bisogno
che, nelle stesse fasce di età, il cittadino rivolge
agli ambulatori della medicina generale e agli
ambulatori specialistici.
Dall’osservazione dei fenomeni, un’ipotesi
di lavoro. Oltre la dimensione, la frequenza
e la natura dei fenomeni osservati
Dalla valutazione della frequenza di consumo
delle prestazioni specialistiche condotta per ti-
pologia e per le diverse classi di età e dalla
morfologia dei relativi consumi nascono ipotesi
di lavoro. Le fasce di età giovani adulte, preva-
lentemente healthy user, consumano prestazioni
cliniche specialistiche, al netto della visita gine-
cologica, essenzialmente correlate al corretto fun-
zionamento degli organi necessari all’attività oc-
cupazionale e alla partecipazione alla vita sociale
(Tabella 2 - Visite per classe di età 20-50 anni). Il
tasso di consumo di prestazioni diagnostiche, in-
dubbiamente in eccesso, se confrontato con la
prevalenza delle relative patologie nelle stesse fa-
sce di età, esprime sempre più marcatamente la
cultura della medicina predittiva e diagnostica, ove
la clinica necessita di una diagnostica differenziale,
piuttosto che integrativa. Il rapporto bisogno-
domanda/offerta-risposta in questa fasce di età si
esaurisce, prevalentemente, con un unico, o mi-
nimi, contatti con il Servizio sanitario: è il tipico
rapporto, e accesso, cosiddetto per prestazione, de-
gli healthy user, a bassissima variabilità di rischio
nella popolazione interessata.
La particolare frequenza di consumo nelle fasce di
età più anziane per alcune specialità cliniche e
l’inversione del rapporto tra prestazioni cliniche
e diagnostiche (il rapporto tra prestazioni specia-
listiche cliniche e prestazioni diagnostiche in que-
sta fascia di età è circa la metà del valore registrato
nelle fasce di età giovani adulte, a sottolineare il
ruolo clinico che assume la medicina generale in
queste fasce di età), produce un addensamento pe-
culiare (Figura 2): tale addensamento è espressione
diretta sia dell’invecchiamento biologico che in-
crementa significativamente un mix di presta-
zioni cliniche, ancorché prevalentemente limitato
alle specialità correlate all’invecchiamento (vedi
Tabelle 2, 3 e 4), sia della rigidità dell’attuale or-
ganizzazione specialistica incapace di accogliere la
sfida propria delle patologie croniche e della co-
morbosità, con le loro esigenze di continuità va-
lutativa e di memoria correlata, un fenomeno
nuovo e peculiare, al quale il sistema ripropone se
stesso, la stessa organizzazione, e quindi, la stessa
risposta/prestazione, a ogni nuovo o ripetuto in-
contro (Figura 6).
61
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
50%
45%
40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0% 0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85+
Figura 6 Visite specialistiche: % di utenti residenti in Toscana con più di una visitain due anni, per classe di età e specialità di erogazione. Anni 2012-2013
Cardiologia
Neurologia
Otorino
24,3%
26,3%
6,9%
30,0%
19,2%
11,5%
20,4%
14,6%
33,1%
23,1%
20,0%
39,0%
31,7%
29,9%
42,8%
35,7%
36,5%
La modalità “primo accesso” ha rappresentato
e compreso l’intero universo dei bisogni
Circa il 40% delle visite di primo accesso sono ri-
proposte nelle fasce di età oltre 65 anni sulla
stessa persona, entro termini temporali medi di un
anno, presumibilmente per lo stesso problema
(Figura 6).
A ulteriore conferma, la lettura degli accessi al
sistema specialistico per tipologia di contatto, se-
condo le caratteristiche codificate di primo ac-
cesso o accesso successivo o controllo, evidenzia
come le visite specialistiche tracciate come
primo accesso rappresentino nell’anno 2013 ol-
tre il 70% del totale delle visite complessiva-
mente registrate.
Si è cercato di superare il limite, anche concet-
tuale, di questo modello e la sua capacità di con-
tenere e rispondere all’universo dei bisogni di sa-
lute, in particolare i tempi e le liste di attesa che
generava, ampliando, e dilatando, il significato di
primo accesso/visita, con l’introduzione di un
sistema di classificazione che consente di diffe-
renziare l’accesso in rapporto alle condizioni di
salute dell’utente e, quindi, alla gravità, attuale e
prospettica, del quadro clinico, le cosiddette classi
di priorità.
È pur vero che il Piano nazionale di governo delle
liste di attesa (Pngla 2010-2012) prevede – e im-
pegna – all’uso sistematico nelle procedure di
prenotazione dell’indicazione, oltre che della
prima visita, del controllo, ma la prima visita, ol-
tre le naturali necessità di risposta con carattere
urgente o con breve attesa, viene dilatata fino a
comprendere la differibilità e la programmabilità
della risposta.
È logicamente conseguente che se la differibilità
della risposta è comunque ancora compatibile
con la crescente cultura preventiva e di con-
trollo del proprio stato di salute, la medicina
predittiva e diagnostica, prevedere un’ulteriore
possibilità di risposta con un tempo program-
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
mato per la prima visita, oltre che concettual-
mente poco comprensibile, finisce per spostare i
confini della prima visita fino a sovrapporli alle
esigenze, propriamente programmabili, della vi-
sita di controllo.
Non si promuove, così, la differenziazione del-
62
Idee e commenti
Specialità di erogazione
20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 Totale 20-50
Tabella 2 Prime 20 visite in ordine decrescente: classe di età 20-50 anni
Ostetricia e ginecologia 15.292 29.477Dermatologia 12.771 12.600Oculistica 7.818 7.265Ortopedia e traumatologia 7.646 7.765Psichiatria 4.839 6.506Consultorio 9.033 12.418Otorinolaringoiatria 5.193 5.757Sert 4.404 6.702Chirurgia generale 3.289 4.228Salute mentale 3.756 3.519Cardiologia 2.304 2.554Neurologia 3.158 3.676Odontoiatria e stomatologia 3.479 3.974Malattie endocrine, delricambio e della nutrizione
2.304 2.971
Medicina generale 2.032 2.883Oncologia 904 1.321Malattie infettive e tropicali 1.144 2.099Diabetologia 1.021 2.353Gastroenterologia 1.870 2.222Urologia 1.981 2.262
43.357
13.397
7.737
8.741
8.040
13.471
7.262
7.828
5.537
4.456
3.485
4.734
4.754
4.245
3.868
2.152
3.032
4.033
2.640
2.746
41.420
16.381
10.436
11.933
12.171
10.969
10.063
9.428
8.262
9.134
5.463
6.297
6.001
6.050
5.561
4.319
4.348
4.941
3.528
3.610
22.342
17.634
15.344
15.324
15.035
5.802
11.704
11.589
10.776
11.528
8.485
7.548
7.105
7.048
6.947
7.420
5.299
3.813
4.381
4.224
14.709
18.142
22.113
18.470
16.039
4.238
12.855
10.761
12.550
11.481
11.926
8.447
7.568
8.395
9.460
11.312
7.188
4.398
5.361
5.093
166.597
90.925
70.713
69.879
62.630
55.931
52.834
50.712
44.642
43.874
34.217
33.860
32.881
31.013
30.751
27.428
23.110
20.559
20.002
19.916
TABELLE 2, 3, 4 - VISITE EROGATE IN TOSCANA PER DISCIPLINA DI EROGAZIONE
E CLASSI DI ETÀ - ANNO 2013
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
63
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
l’offerta favorendo l’uso improprio di un unico
strumento, la visita di primo accesso, per ri-
spondere a un bisogno di salute che assume ca-
ratteristiche profondamente diverse, in fun-
zione delle diverse fasi della vita, sia biologica
che sociale.
Specialità di erogazione
50-54 55-59 60-64 Totale 50-64
Tabella 3 Prime 20 visite in ordine decrescente: classe di età 50-64 anni
Oculistica
Ortopedia e traumatologia
Cardiologia
Dermatologia
Oncologia
Otorinolaringoiatria
Medicina generale
Psichiatria
Chirurgia generale
Malattie endocrine, del ricambio e della nutrizione
Diabetologia
Neurologia
Urologia
Ostetricia e ginecologia
Nefrologia
Salute mentale
Odontoiatria e stomatologia
Radioterapia
Pneumologia
Reumatologia
23.139
21.625
15.536
17.228
13.078
13.001
10.952
14.973
12.182
9.749
6.500
8.686
6.278
10.981
6.539
9.739
7.402
4.965
4.341
4.915
25.768
22.405
19.119
16.591
14.460
14.150
13.106
12.798
11.046
10.713
9.678
8.907
8.235
7.093
7.304
7.682
6.641
5.946
5.628
5.409
35.722
24.506
26.585
18.501
19.093
16.728
16.761
10.773
12.205
12.807
13.563
10.765
11.516
6.168
9.074
5.359
6.580
7.672
8.230
6.361
84.629
68.536
61.240
52.320
46.631
43.879
40.819
38.544
35.433
33.269
29.741
28.358
26.029
24.242
22.917
22.780
20.623
18.583
18.199
16.685
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
64
Idee e commenti
Perseguire lo sviluppo di modelli coerenti
tra appropriatezza clinica e appropriatezza
organizzativa: investire in Ict
La capacità di cura delle malattie, acute o croni-
che che siano, si è arricchita in questi anni di
nuovi saperi e modalità; nuove specialità, medicina
di urgenza ed emergenza, nuove modalità orga-
nizzative delle conoscenze, chronic care model, sanità
di iniziativa, saperi sistematizzati, percorsi dia-
gnostici terapeutici assistenziali: modelli con ope-
ratività faticosa, a dispetto degli eleganti contenuti
culturali, perché senza una contestuale infrastrut-
tura, presente e coerente, senza collegamenti, bi-
nari o strade che siano, tesi e robusti tra compe-
tenze diverse, medici di medicina generale con
medici specialisti, medici con medici, infermieri
con medici, infermieri con infermieri, territorio
con ospedale, ospedali con ospedali; una rete neu-
rale interdisciplinare e interprofessionale, anche
intradisciplinare, costruita sull’evidenza dell’effi-
cacia delle cure; la nuova efficienza è nel rendere
facile la comunicazione, e la relazione, tra i saperi:
il convergere dei saperi, la comunicazione tra i di-
versi saperi, è la risorsa ulteriore di cura, peraltro
già disponibile.
Specialità di erogazione
65-69 70-74 75-79 80-84 85+ Totale 60 e +
Tabella 4 Prime 20 visite in ordine decrescente: classe di età 65 anni e oltre
Oculistica 56.648Cardiologia 38.905Ortopedia e traumatologia 33.048Dermatologia 25.293Otorinolaringoiatria 23.243Medicina generale 22.697Oncologia 26.008Neurologia 15.041Nefrologia 14.029Diabetologia 18.230Urologia 16.594Chirurgia generale 14.533Pneumologia 11.808Malattie endocrine, del ricambio e della nutrizione
14.825
Geriatria 3.349Ematologia 8.623Recupero e riabilitazione funzionale 6.837Radioterapia 10.639Odontoiatria e stomatologia 9.213Reumatologia 8.309
73.342
46.806
37.207
27.589
25.569
24.889
27.467
20.154
16.072
19.004
17.351
13.744
13.426
13.970
5.814
9.274
8.558
10.326
9.333
8.774
77.888
51.150
36.430
26.635
25.822
25.396
25.799
24.126
19.177
17.693
15.250
12.362
13.133
11.238
9.353
9.481
9.066
9.672
8.290
7.584
56.902
41.382
27.049
19.186
19.885
20.156
15.854
20.230
17.034
12.108
10.039
8.412
9.086
6.542
11.325
7.498
7.832
5.573
5.413
4.149
36.113
30.105
20.124
14.069
15.360
13.450
7.004
13.994
12.033
6.798
6.221
5.981
5.558
2.963
12.882
6.843
7.697
2.558
2.985
1.740
300.893
208.348
153.858
112.772
109.879
106.588
102.132
93.545
78.345
73.833
65.455
55.032
53.011
49.538
42.723
41.719
39.990
38.768
35.234
30.556
Fonte: Flusso informativo Spa, Regione Toscana
65
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
Le nuove modalità di espressione
della domanda: visita urgente;
visita di primo accesso, breve o differibile;
visita di controllo, visita/richiesta di riesame
La visita urgente e la funzione del Pronto soc-
corso: il patrimonio di competenze e tecnolo-
gie presente nei Pronto soccorso deve divenire
parte strutturata e risorsa del sistema, non solo
filtro o funzione di porta rotatoria ma parte at-
tiva, presa in carico dell’urgenza come episodio
clinico da integrare senza discontinuità nella
storia di salute e malattia di ciascun individuo,
attraverso una continuità circolare con la me-
dicina generale e la specialistica ospedaliera e
ambulatoriale.
Un’organizzazione circolare che consente al
cittadino di avere sempre a disposizione le giu-
ste competenze per il suo stato di salute, indi-
pendentemente dal luogo ove, soggettivamente,
rivolge il suo bisogno. Distinguere i percorsi,
utilizzare appropriatamente competenze, non
interferire e sovrapporre processi con diversa
natura e diversa finalità è essenziale sia per as-
sicurare qualità sia efficienza delle cure erogate.
La medicina generale e la medicina specialistica,
nella funzione ambulatoriale, devono conside-
rare, e utilizzare, il Pronto soccorso quale cen-
tro di riferimento per le condizioni cliniche, o
diagnostiche, valutate urgenti, non risolvibili
nelle relative funzioni ambulatoriali. La visita,
così come la richiesta di procedure o diagno-
stica strumentale, classificate urgenti, dovranno
essere indirizzate al Pronto soccorso, anche di-
rettamente accompagnando, ove le condizioni
dell’assistito non consentano, in sicurezza, una
diversa modalità di presentazione. Per alcune
condizioni cliniche, in particolare le condizioni
o patologie già organizzate secondo le modalità
del chronic care model, scompenso cardiaco come
esempio, potranno essere previsti, moderna-
mente declinando il significato di continuità
ospedale-territorio, ambiti nei Pronto soccorso
o in contiguità, a disposizione della medicina
generale, organizzati con competenze e tecno-
logie per la gestione delle possibili condizioni di
acuzie non gestibili a domicilio dell’assistito o
negli ambulatori.
La visita, la richiesta di prestazioni
diagnostico-strumentali, di primo accesso:
breve o differibile
È l’ambito nel quale lo stesso strumento, la pre-
scrizione di primo accesso, sia quale richiesta di
visita o di diagnostica strumentale, finisce con il
rappresentare due aree di diverso bisogno sanita-
rio, sempre più differenziate, come conseguenza
della profonda trasformazione, epidemiologica e
demografica, con la quale ormai da tempo con-
viviamo. Nei primi anni ’70 il demografo ame-
ricano Omran ha messo in evidenza come alla
diminuzione della mortalità e all’incremento
della natalità della prima metà del XX secolo si
sia associata una modificazione della morbilità
della popolazione. Ad oggi, in base alle osserva-
zioni epidemiologiche si può ragionevolmente
ipotizzare uno scenario che, già nel 2025, mo-
strerà uno slittamento dell’incidenza di molte
patologie di oltre 5 anni di età; si registreranno
crescenti ed elevati costi della medicina diagno-
stica e predittiva per i giovani, costi, comunque,
caratterizzati da una bassissima variabilità; si assi-
sterà per gli anziani a minori costi frequenti, ma
molto concentrati nella fase terminale della vita
(Cislaghi 2010).
Il profilo della domanda specialistica e diagno-
stico strumentale delle fasce di età giovani adulte,
che caratterizza la medicina predittiva e dia-
gnostica, gli healthy user, concorre e compete
oggi sulla stessa offerta specialistica con il diverso
66
Idee e commenti
profilo della domanda legata a condizioni di
cronicità; condizioni presenti nel 13,1% della
popolazione totale, percentuale che nella sotto-
popolazione degli over 65 si impenna al 32%.
La Figura 2 evidenzia graficamente l’impennata
della domanda nella popolazione over 65; le Ta-
belle 2, 3 e 4 mostrano sempre per la stessa sot-
topopolazione uno specialist ranking significati-
vamente diverso dal ranking espresso nell’età
giovane adulta; la Figura 6, infine, rappresenta il
fenomeno della ripetizione della stessa presta-
zione (prima visita specialistica) entro un tempo,
mediamente un anno, che, nelle percentuali re-
gistrate per queste fasce di età, certo non rassi-
cura per appropriatezza organizzativa o per ef-
ficacia. La visita di primo accesso, intesa come
incontro tra uno specialista clinico e un pro-
blema di salute, ha, nella sottopopolazione over
65, natura e contenuti profondamente diversi
dalla natura, e contenuti, della stessa prestazione
nella sottopopolazione degli healthy user. Le pre-
stazioni delle fasce di età della medicina predit-
tiva e diagnostica, di norma, si esauriscono nella
logica delle diagnosi di esclusione; nelle fasce di
età over 65 le stesse prestazioni, per oltre il 40%
dei casi, introducono nei percorsi di conferma,
e gestione, della cronicità; l’ipotesi è confortata
dalla significativa percentuale di riproposizione
della stessa visita, nella sottopopolazione over 65.
L’epigenetica introduce la medicina personaliz-
zata come naturale e nuova frontiera di cura, con
la conoscenza, che la medicina narrativa rende
possibile, della particolare e unica storia di cia-
scuna persona malata; cronicità, fragilità, fragilità
senza comorbosità, resilienza, complessità perché
a fenotipi apparentemente uguali corrispon-
dono epigenomi diversi. La prima visita clinica
per alcune specialità, definite con apposito atto,
per la sottopopolazione over 55/60 dovrà essere
organizzata con tempi sufficienti per un corretto
esercizio della medicina narrativa; gli ambulatori
specialistici dovranno assicurare, tra i requisiti
informativi richiesti dalla normativa di accredi-
tamento, la memoria dei contenuti clinici della
stessa resa disponibile tramite specifici repository
aziendali per i successivi incontri clinici che, di
norma, richiede una condizione cronica, pro-
grammati e organizzati con competenze dedi-
cate (Agende di follow up).
È di evidenza come i modelli a maggior efficacia
ed efficienza per la cura di condizioni, quali la
cronicità, ad alta prevalenza nella popolazione, si
giovino di un rapporto organizzato e coordinato
dei saperi specialistici e della medicina generale ed
è, altresì, noto come l’accessibilità alle cure con-
dizioni i risultati delle cure, in particolare per le
sottopopolazioni interessate da malattie croniche
caratterizzate da età anziana, disabilità, e in parte
significativa, anche da condizioni socio-econo-
miche e/o culturali medio-basse. Le Case della sa-
lute, presidi di salute strutturalmente vicini al
cittadino, possono rappresentare il luogo orga-
nizzato per la disponibilità e l’offerta di cure am-
bulatoriali complesse in cui medicina generale e
specialistica possono incontrarsi con densità di
presenza specialistica (intesa nella sua tipologia di-
sciplinare) coerente ai bisogni epidemiologici di
quella popolazione. A maggior bisogni, maggiori
e più accessibili risposte: cardiologia, oculistica e
neurologia occupano le posizioni di ranking più
elevato e si impongono quali competenze spe-
cialistiche da privilegiare nei progetti di Uccp ter-
ritoriali, sia come offerta di primo accesso sia
come proiezione di Agende di follow up.
67
Dal fabbisogno di prestazioni specialistiche ai bisogni specialistici: un’ipotesi di lavoro
La visita di controllo e la visita/richiesta
di riesame. Dai saperi organizzati, i Pdta,
all’organizzazione dei saperi:
le piattaforme per la cronicità
L’efficienza e l’efficacia delle attività sanitarie be-
neficiano della capacità di modificare e adattare
l’organizzazione dei processi di cura, disegnando
aree specifiche per gli aspetti più rilevanti, per di-
mensione, intensità o complessità. Disegnare, per
le prevalenti condizioni, e patologie, croniche,
piattaforme specifiche di competenze specialisti-
che e diagnostiche secondo il disegno delle evi-
denze riassunte nei Percorsi diagnostici terapeu-
tici assistenziali (Pdta) da rendere disponibili in
continuità, e reciproca responsabilità, alle nuove
organizzazioni territoriali della medicina generale
(Aft2) rappresenta un obiettivo essenziale. Per cia-
scuna condizione o patologia, di interesse, con ri-
ferimento prioritario alle condizioni o patologie
afferenti al chronic care model, le Aziende provve-
deranno a definire specifiche disponibilità spe-
cialistiche, sia cliniche sia diagnostico-strumentali,
organizzate sotto forma di Agenda di prenota-
zione, dimensionate secondo fabbisogni misurati
e concordati nei budget territoriali, accessibili, per
modalità di prenotazione, al solo medico di me-
dicina generale della Aft di riferimento. Per alcune
condizioni cliniche, tale disponibilità si esten-
derà, per esigenze di immediata consulenza, alla
possibilità di un rapporto telefonico diretto del
Mmg con lo specialista di riferimento, secondo gli
orari e il calendario dell’assistenza territoriale e
domiciliare. Una gestione di qualità delle condi-
zioni di cronicità richiede, altresì, un ulteriore ar-
ricchimento del vocabolario e degli strumenti di
comunicazione tra la Mg e la specialistica di ri-
ferimento; la visita di controllo, necessariamente
standardizzata nella tempistica dei processi di cura
consolidati, è strumento eccessivamente rigido ri-
spetto alla variabilità biologica individuale. Intro-
durre nel rapporto specialista/Mmg la possibilità
del riesame ove le cure, o il decorso della condi-
zione clinica osservata, siano diverse dall’atteso
consente di personalizzare i processi di cura. La vi-
sita di riesame, che integrerà il nomenclatore
delle prestazioni specialistiche toscano con una
tempistica di esecuzione e un valore tariffario pari
alla prima visita, alimenta, con la visita di con-
trollo, la specifica Agenda di prenotazione per il
follow up, ed è direttamente prenotabile dal Mmg.
Le piattaforme per la cronicità sono visibili nel si-
stema centralizzato informatizzato di prenota-
zione delle prestazioni sanitarie Cup, ma non
sono prenotabili tramite le modalità ordinarie
del sistema Cup. Per alcune condizioni di croni-
cità, ad esempio demenze, Alzheimer, le piat-
taforme prevedranno, contestualmente alla fun-
zione ambulatoriale e domiciliare, anche funzioni
di cura in regime di residenzialità, ove la residen-
zialità temporanea risulti, secondo evidenza, parte
necessaria dei processi di cura, quale, nella malat-
tia di Alzheimer, la gestione dei disturbi psico-
comportamentali acuti.
2. Le Aft (Aggregazione funzionale territoriale) sono costituite da un insieme di professionisti (tutti della stessa professionalità) riuniti in un territorio omogeneo e coordinati da uno di loro (eletto dagli altri membri).
La remunerazione delle funzioni assistenzialidi Renato Balma*Esperto Agenas
I68
➔AAgenas on line
l finanziamento delle funzioni assistenziali è tornato alla ribalta con la normativa
del 2012 relativa alla revisione della spesa, con l’introduzione di un tetto a tale com-
ponente della remunerazione complessiva dei soggetti erogatori ospedalieri e, in
ultimo, con il Patto per la salute 2014-2016, nell’ambito della complessiva revi-
sione del sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie.
Il presente contributo ripercorre l’evoluzione della normativa in materia, analizza
sinteticamente le pubblicazioni sul tema, con riferimenti alle esperienze regionali,
e propone un possibile percorso per la revisione della regolamentazione della ma-
teria, a livello nazionale e regionale.
LA NORMATIVA NAZIONALE
Il D.lgs. 502/1992 ha previsto un sistema di remunerazione fondato sulla (sola) mo-
dalità di pagamento a prestazione (art. 8, commi 5 e 7).
Il D.M. del 15 aprile 1994, relativo alla “determinazione dei criteri generali per la
fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa e ospe-
daliera”, coerentemente con il decreto legislativo, ha dettato norme che tendono
* L’autore ringrazia Laura Arcangeli e Paolo di Loreto per la loro lettura critica e gli utili suggerimenti.
69
La remunerazione delle funzioni assistenziali
a ricondurre la remunerazione al solo strumento
tariffario, mediante:
una elencazione delle prestazioni tendenzial-
mente esaustiva, comprendendo, da un lato,
prestazioni particolari, caratterizzate di norma
da unico fornitore (ad esempio, quelle con l’e-
lisoccorso), e, dall’altro lato, le prestazioni rese
da servizi con rilevanti costi di attesa, non rife-
ribili alle prestazioni stesse (ad esempio com-
prendendo nell’ambito delle prestazioni di as-
sistenza specialistica quelle erogate in Pronto
soccorso nei contatti non seguiti da ricovero);
la previsione del possibile incremento delle ta-
riffe “per le prestazioni rese dai soggetti eroga-
tori per i quali siano documentati lo svolgi-
mento … di attività istituzionali di ricerca e
didattica e/o la presenza di servizi obbligatori
individuati dalla programmazione nazionale e
regionale” (art. 3, comma 4).
Il successivo D.M. del 14 dicembre 1994, relativo
alla prima determinazione delle “tariffe delle pre-
stazioni di assistenza ospedaliera”, ha previsto che “le
Regioni e le Province Autonome, per l’erogazione
delle prestazioni di assistenza ospedaliera relative alle
attività di emergenza, di terapia intensiva, di tra-
pianto di organi (ivi comprese quelle relative all’e-
spianto degli organi stessi), di assistenza ai grandi
ustionati ed, eventualmente, alle attività di altri ser-
vizi obbligatori individuati dalla programmazione
nazionale e regionale, nonché per lo svolgimento di
attività di didattica nell’ambito del Servizio sanita-
rio nazionale, possono prevedere programmi fina-
lizzati di finanziamento regionale” (art. 2, comma 5).
Pertanto il decreto che ha dato vita al sistema ta-
riffario ospedaliero introduce una prima evolu-
zione del sistema di remunerazione, prevedendo
un possibile finanziamento extra-tariffario e, con-
seguentemente, superando la precedente solu-
zione della maggiorazione tariffaria.
Le “Linee di guida” 1/1995, relative all’applica-
zione del D.M. del 14 dicembre 1994 (pubblicate
sulla G.U. del 29 giugno 1995), sviluppano il
tema della coesistenza tra remunerazione tariffa-
ria ed extra-tariffaria: “Appare opportuno non de-
stinare tutte le risorse individuate (per l’assistenza
ospedaliera) al pagamento a tariffa delle presta-
zioni, riservando una quota congrua al finanzia-
mento di attività specifiche, quali l’attività di
emergenza, di terapia intensiva, di trapianto di or-
gani, di assistenza ai grandi ustionati, di attività di
didattica e di ricerca, nonché di altre attività in-
dividuate dalla programmazione nazionale e re-
gionale, quali la tutela della salute mentale, l’assi-
stenza agli anziani, l’assistenza materno-infantile
e l’assistenza ai soggetti affetti da Hiv/Aids”.
Le linee guida presentano una chiara estensione
del campo di possibile applicazione del finanzia-
mento per funzioni, in particolare con riferi-
mento a:
componenti delle prestazioni tariffate, com-
prendendo le attività di terapia intensiva che
rappresentano un segmento del ricovero, in lo-
gica integrativa al sistema tariffario;
prestazioni di norma comprese nei programmi
a forte integrazione fra assistenza ospedaliera e
territoriale.
70
Agenas on line
Il D.M. del 30 giugno 1997, relativo al primo
“aggiornamento delle tariffe delle prestazioni di
assistenza ospedaliera”, introduce la prima defi-
nizione organica della remunerazione delle fun-
zioni con l’intero art. 3:
‘‘1.Le Regioni e le Province Autonome prevedono
programmi finalizzati di finanziamento regionale
mediante i quali remunerare le seguenti attività,
ove siano specificamente individuate dalla pro-
grammazione nazionale e regionale:
a. le attività di emergenza e urgenza, ivi com-
preso il funzionamento delle centrali opera-
tive…;
b.le attività delle unità spinali;
c. le attività di assistenza ai grandi ustionati;
d.le attività di trapianto di organi, ivi comprese
le attività di mantenimento e monitoraggio
del donatore in terapia intensiva, l’espianto
degli organi da cadavere, le attività di tra-
sporto, il coordinamento e l’organizzazione
della rete di prelievi e trapianti, gli accerta-
menti preventivi sui donatori;
e. le attività di assistenza ospedaliera in regime
di ricovero per i pazienti affetti da malattia da
virus della immunodeficienza umana (Hiv);
f. le attività di ospedalizzazione a domicilio;
g.le attività di formazione;
h.le attività istituzionali di didattica e di ri-
cerca, in quanto siano specificamente previ-
ste e non altrimenti finanziate;
i. altre attività di rilievo regionale, in quanto
previste da specifici atti della programma-
zione sanitaria regionale.
2.Le Regioni e le Province Autonome determi-
nano l’entità dei finanziamenti da riconoscere
alle strutture di ricovero che ne abbiano titolo,
in quanto erogano le attività descritte al comma
1, sulla base dei seguenti costi correlati al vo-
lume e alla tipologia delle attività erogate: co-
sti del personale direttamente impiegato, costi
dei materiali consumati, costi della manuten-
zione e dell’ammortamento delle apparecchia-
ture e una quota dei costi generali.
3.Le Regioni e le Province Autonome possono
prevedere programmi finalizzati di finanzia-
mento regionali mediante i quali remunerano
le attività di terapia intensiva. Tenuto conto che
le tariffe già comprendono la componente di
risorse e costi mediamente impiegata per il
trattamento dei pazienti nelle unità di terapia
intensiva, l’entità dei finanziamenti da ricono-
scere alle strutture di ricovero che erogano le
predette attività deve essere proporzionata ai
sottoelencati parametri:
a. il numero dei posti letto nelle unità di tera-
pia intensiva previsti in ciascun istituto di
cura da atti programmatori regionali ed ef-
fettivamente operativi;
b.il rapporto, per ciascun istituto di cura, fra il
numero delle giornate di degenza erogate
dalle unità di terapia intensiva e il numero di
giornate di degenza erogate in totale.”
Assume particolare rilevanza il comma 3, che
esplicita la possibilità di un finanziamento inte-
grativo alla remunerazione tariffaria.
Il Dpr del 23 luglio 1998, relativo al Psn 1998-
2000, nell’ambito della remunerazione dei sog-
getti erogatori, ribadisce i due possibili utilizzi del
finanziamento delle funzioni indicando tra i punti
prioritari la “definizione dei criteri di delimita-
zione dell’ambito di applicazione del pagamento
a prestazione e identificazione delle attività da re-
munerare attraverso programmi finalizzati di fi-
nanziamento, alternativi o integrativi rispetto al
sistema tariffario”1.
1. La sottolineatura non è presente nel testo ed è stata posta per evidenziare le due finalizzazioni previste per il finanziamento delle funzioni assistenziali.
71
La remunerazione delle funzioni assistenziali
La remunerazione delle funzioni trova, quindi, la
definizione normativa con il D.lgs. 229/1999, nei
nuovi articoli 8 quinquies e sexies.
L’art. 8 quinquies prevede che gli accordi con-
trattuali/contratti con i soggetti erogatori pubblici,
equiparati e privati, definiscano “il corrispettivo
preventivato a fronte delle attività concordate,
globalmente risultante dalla applicazione dei va-
lori tariffari e della remunerazione extra-tariffa-
ria delle funzioni incluse nell’accordo, da verifi-
care a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti
e delle attività effettivamente svolte”.
Pertanto la norma prevede che:
le due forme di remunerazione, tariffaria ed ex-
tra-tariffaria, siano definite congiuntamente,
escludendo pertanto la regolamentazione a po-
steriori;
l’accordo contrattuale/contratto sia l’ambito
per individuare le funzioni da remunerare ed,
eventualmente, per definire le modalità di cal-
colo della remunerazione extra-tariffaria (se
non definite puntualmente nella preventiva re-
golamentazione regionale di ordine generale);
la verifica a posteriori dei risultati raggiunti e
delle attività effettivamente svolte2.
Il successivo art. 8 sexies disciplina la remunera-
zione delle funzioni, con una elencazione in larga
parte mutuata dal citato D.M. del 30 giugno
1997:
‘‘1.Le strutture che erogano assistenza ospedaliera
e ambulatoriale … sono finanziate secondo un
ammontare globale predefinito indicato negli
accordi contrattuali di cui all’art. 8 quinquies e
determinato in base alle funzioni assistenziali e
alle attività svolte nell’ambito e per conto della
rete dei servizi di riferimento. Ai fini della de-
terminazione del finanziamento globale delle
singole strutture, le funzioni assistenziali di cui
al comma 2 sono remunerate in base al costo
standard di produzione del programma di assi-
stenza, mentre le attività di cui al comma 4 sono
remunerate in base a tariffe predefinite per pre-
stazione.
2.Le Regioni definiscono le funzioni assistenziali
nell’ambito delle attività che rispondono alle se-
guenti caratteristiche generali:
a.programmi a forte integrazione fra assistenza
ospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale,
con particolare riferimento alla assistenza per
patologie croniche di lunga durata o recidi-
vanti;
b.programmi di assistenza a elevato grado di
personalizzazione della prestazione o del ser-
vizio reso alla persona;
c. attività svolte nell’ambito della partecipazione
a programmi di prevenzione;
d.programmi di assistenza a malattie rare;
e.attività con rilevanti costi di attesa, ivi com-
preso il sistema di allarme sanitario e di tra-
sporto in emergenza, nonché il funziona-
mento della centrale operativa…;
f. programmi sperimentali di assistenza;
g.programmi di trapianto di organo, di midollo
osseo e di tessuto, ivi compresi il manteni-
mento e monitoraggio del donatore, l’e-
spianto degli organi da cadavere, le attività di
trasporto, il coordinamento e l’organizza-
zione della rete di prelievi e di trapianti, gli
accertamenti preventivi sui donatori.
3.I criteri generali per la definizione delle fun-
zioni assistenziali e per la determinazione della
loro remunerazione massima sono stabiliti con
apposito decreto del Ministro della sanità, sen-
tita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali,
2. La valutazione a posteriori sembra riferita non solo alle attività remunerate con il sistema tariffario ma anche alle funzioni.Peraltro in tale caso la valutazione è espressamente riferita ai risultati raggiunti e alle attività effettivamente svolte e non ai costi sostenuti.
72
Agenas on line
d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
Autonome, sulla base di standard organizzativi
e di costi unitari predefiniti dei fattori produt-
tivi, tenendo conto, quando appropriato, del vo-
lume dell’attività svolta.
4.La remunerazione delle attività assistenziali di-
verse da quelle di cui al comma 2 è determinata
in base a tariffe predefinite, limitatamente agli
episodi di assistenza ospedaliera per acuti ero-
gata in regime di degenza ordinaria e di day ho-
spital, e alle prestazioni di assistenza specialistica
ambulatoriale, fatta eccezione per le attività
rientranti nelle funzioni di cui al comma 3”.
La normativa relativa alla remunerazione delle
funzioni dettata dal D.lgs. 229/1999 presenta le
seguenti caratteristiche:
contrariamente alla precedente impostazione, le
due forme di remunerazione sembrano alter-
native;
la distinzione tra le due tipologie di attività as-
sistenziali non è stabilita con precisione, rin-
viandola al decreto ministeriale, non emanato
(atteso che il comma 4 fa riferimento sia al
comma 2 che al comma 3);
la remunerazione deve essere riferita a standard
organizzativi e ai costi unitari predefiniti dei fat-
tori produttivi.
La mancata emanazione del decreto ministeriale
comporta che “la distinzione tra le due specie di at-
tività è largamente disponibile in capo alle Regioni,
che a tal proposito possono utilizzare le caratteristi-
che generali di cui al comma 2 del medesimo articolo,
le quali indubbiamente lasciano un largo margine
di apprezzamento al normatore regionale”3.
Relativamente alle modalità di remunerazione
delle funzioni assistenziali la norma rinvia la de-
finizione dei relativi criteri generali al decreto mi-
nisteriale, limitandosi a individuare due riferi-
menti: gli standard organizzativi e i costi unitari
dei fattori produttivi.
L’obiettivo della norma sembra duplice:
evitare finanziamenti a piè di lista, ovvero definiti
con riferimento al singolo soggetto erogatore;
in considerazione della tipologia delle funzioni
(mancato riferimento a una tassonomia di ser-
vizi/prestazioni che consentirebbe l’adozione di
un tariffario sulla base di costi standard), indi-
care come riferimento possibile i fattori pro-
duttivi, numerici (standard organizzativi: posti
letto, strumentazione, personale) e di costo (co-
sti unitari dei fattori produttivi).
In ultimo l’art. 15, comma 13, lettera g), del D.L.
95/2012, convertito con la legge 135/2012, ha in-
serito all’art. 8 sexies, il seguente comma 1 bis: “Il
valore complessivo della remunerazione delle
funzioni non può in ogni caso superare il 30 per
cento del limite di remunerazione assegnato”.
La norma riguarda tutti i soggetti erogatori citati
dall’art. 8 quinquies, pubblici, equiparati e privati,
anche se il suo impatto è diverso:
per i soggetti erogatori equiparati a quelli pub-
blici e per quelli privati la norma costituisce un
vero e proprio vincolo nella determinazione del
corrispettivo globale4;
per i soggetti erogatori pubblici il vincolo è re-
lativo, in considerazione della frequente pre-
senza della “terza gamba del finanziamento”,
ovvero dalla copertura dei costi eventualmente
eccedenti la remunerazione tariffaria ed extra-
tariffaria.
3. R. Balduzzi, La remunerazione delle attività sanitarie: il quadro di riferimento legislativo, in La remunerazione delle attività sanitarie, a cura di N. Falcitelli e T. Langiano, Il Mulino, 2006, pag. 15.
4. La relazione illustrativa del decreto legge parla di “misura diretta a rendere più trasparenti i rapporti tra Ssn ed erogatori privati”. La stessa relazione quantifica i risparmi che derivano dalla disposizione limitatamente ai soggettierogatori privati.
73
La remunerazione delle funzioni assistenziali
L’applicazione della norma pone in primo luogo un
problema di interpretazione della base di calcolo del
tetto della remunerazione delle funzioni: il budget
delle prestazioni tariffate o il budget globale?
L’interpretazione corrente è che la base deriva dal
budget delle prestazioni tariffate, ovvero del “li-
mite di remunerazione assegnato” citato dalla
norma.
Peraltro, come ben chiarito nella relazione al de-
creto legge5, la base è il budget globale. Con tale
interpretazione il budget globale può essere co-
stituito per il 70% dalla remunerazione tariffaria
e per il 30% dalla remunerazione delle funzioni;
pertanto la quota relativa alla remunerazione delle
funzioni non può essere superiore al 43% della re-
munerazione tariffaria.
Occorre anche considerare che la norma può
avere effetti diversi in base alla diversa regola-
mentazione regionale del sistema di remunera-
zione tariffaria ed extra-tariffaria:
la remunerazione delle funzioni presuppone la
delimitazione della remunerazione tariffaria.
Ad esempio, nella relazione si parla della fun-
zione Pronto soccorso, talora remunerata con
un sistema tariffario ad hoc;
la remunerazione delle funzioni può essere to-
talmente o in parte assorbita nella maggiora-
zione delle tariffe, come previsto ripetutamente
dalla normativa precedente il D.lgs. 229/1999,
senza tenere conto del limite posto dalle tariffe
massime nazionali. Ad esempio, per coprire i
maggiori costi delle attività con rilevanti costi
di attesa (PS e reparti di supporto) è possibile
prevedere in alternativa un finanziamento ex-
tra-tariffario o tariffe maggiorate per la presenza
di tali funzioni;
l’utilizzo estensivo dello strumento tariffario
(con un sistema tariffario ad hoc per le attività
di Pronto soccorso e con tariffe maggiorate in
presenza di determinate funzioni) eleva indi-
rettamente, il tetto del finanziamento delle fun-
zioni;
il tetto deve comunque escludere l’eventuale fi-
nanziamento per funzioni tipicamente territo-
riali, come il servizio di emergenza sanitaria ter-
ritoriale.
Pertanto un tetto nazionale al finanziamento delle
funzioni assistenziali ha senso se:
si definisce il perimetro dei due sistemi di re-
munerazione;
si applica a una remunerazione tariffaria omo-
genea a livello nazionale, considerando le even-
tuali maggiorazioni tariffarie (rispetto alla tariffa
nazionale) come componenti della remunera-
zione tariffaria.
IL DIBATTITO SULLA REMUNERAZIONE
DELLE FUNZIONI
Il primo contributo sulla remunerazione delle
funzioni è rappresentato dalla ricerca sui “criteri
di delimitazione dell’ambito di applicazione del
nuovo sistema di finanziamento degli ospedali”
realizzata dal Cresa su incarico dell’Agenas nel
1996-19976.
Il rapporto propone una classificazione delle con-
dizioni che giustificano l’adozione di forme di re-
munerazione alternative o addizionali rispetto al
pagamento a prestazione, che viene sintetizzata
nel Box 1.
5. “La disposizione prevede che … non possa essere previsto un corrispettivo per la remunerazione delle funzioni(Pronto soccorso, programmi di prevenzione, sperimentazione, etc.) superiore al 30 per cento della remunerazionecomplessivamente assegnata”.
6. La ricerca, condotta da un gruppo di lavoro costituito da R. Balma, N. Dirindin e F. Vanara, è stata pubblicata su un nu-mero monografico della rivista “Organizzazione sanitaria”, 2/1998.
74
Agenas on line
Box 1 Remunerazioni alternative o addizionali
Pre-requisito per considerare tale situazione è la scelta programmatoria di una rete di servizi che contemperi obiettivi assistenziali (in termini di diffusione/accessibilità dei servizi) e di economicità gestionale.
Non viene riportata la categoria delle attività per le quali il pagamento a prestazione è inadeguato in quanto meccanismo di incentivazione dei soggetti erogatori, proposta per la fase di primo avvio del sistema di remunerazione tariffaria, per evitare comportamenti opportunistici
1. Prestazioni prodotte a favoredi un bacino di utenza inferiore alla scala minima efficiente di produzione
Variabilità delle caratteristiche dei fattori produttivi impiegati (protesi, farmaci, etc.) e della combinazione produttiva (della tecnologia da utilizzare).
Variabilità dei comportamenti (personalizzazione del trattamento, etc.).
2. Prestazioni con anomali livelli di variabilità dei costi
Costi relativi all’utilizzo sperimentale di nuove tecnologie.
Maggiori costi indiretti assistenziali.
Maggiori costi connessi alla selezione dei casi più complessi a parità di classificazione.
3. Attività assistenziali con costi indotti dall’attività di ricerca e formazione
Costi di avviamento di nuove attività nelle Aziende sanitarie regionalinon coperti dalla remunerazione tariffaria.
4. Programmi di sviluppo dell’offerta
In tali casi l’unità di misura adottata dal sistema tariffario appare non appropriata come unità di riferimento per il rimborso di:– episodi di malattia che necessitano di prestazioni emenziali ed extra-degenziali;
– ricoveri transitori nei reparti di rianimazione/terapia intensiva.
5. Prestazioni complementari o presenza di particolari componenti del processo produttivo
Costi relativi alla funzione di attesa in senso stretto.
Costi della funzione di produzione ed erogazione di una prestazione in condizioni di urgenza.
6. Attività con rilevanti costi di attesa
Si hanno per le attività nelle quali una parte rilevante dei costi di produzione è sostenuta per organizzare e coordinare l’attività, indipendentemente dal numero effettivo di utilizzatori del servizio.
7. Attività aventi la caratteristicadi beni pubblici
75
La remunerazione delle funzioni assistenziali
La classificazione presenta casi in cui il finanzia-
mento si configura chiaramente come integrativo
di quello tariffario.
Il rapporto prosegue con l’analisi delle modalità
di remunerazione possibili per le singole catego-
rie individuate di funzioni/aree di attività e delle
esperienze regionali.
Un secondo significativo contributo è fornito da
un rapporto predisposto da un gruppo tecnico,
costituito dal Ministro della sanità il 22 giugno
2000, con l’incarico di effettuare l’approfondi-
mento delle problematiche connesse con l’appli-
cazione della nuova disciplina per la remunera-
zione dell’assistenza ospedaliera e ambulatoriale
definita dall’art. 8 sexies introdotto dal D.lgs.
229/19997.
Il documento parte dall’individuazione degli
obiettivi della remunerazione delle funzioni assi-
stenziali, con un approccio molto innovativo.
“L’introduzione delle funzioni assistenziali quali
componenti del sistema di remunerazione del-
l’assistenza ospedaliera risponde all’esigenza di
garantire … la continuità assistenziale e il supe-
ramento della frammentarietà dell’assistenza ine-
vitabilmente associata al pagamento a prestazione;
il miglioramento del grado di appropriatezza dei
percorsi assistenziali; il funzionamento e l’eroga-
bilità di servizi strategici, la cui disponibilità non
può essere subordinata ai volumi di attività effet-
tivamente erogati”.
Il documento distingue due tipologie principali
di funzioni assistenziali:
le funzioni composite, che possono richiedere
la collaborazione di più soggetti erogatori e
che sono finanziabili con riferimento all’epi-
sodio di cura. “Al fine di garantire ai benefi-
ciari la continuità assistenziale, ossia l’obiettivo
principale della funzione composita, la Re-
gione dovrà individuare gli erogatori respon-
sabili della gestione dell’intero episodio di
cura, destinatari del finanziamento corrispon-
dente… Sull’ospedale case-manager grave-
rebbe la responsabilità di garantire il rispetto
dei criteri di appropriatezza e di qualità del
profilo di cura erogato”8;
le funzioni semplici, ad alta intensità assistenziale
e tecnologica, obbligatoriamente presenti in
determinate strutture ospedaliere, “il cui finan-
ziamento non può essere direttamente collegato
al volume di attività, bensì alla presenza stessa
del servizio”.
Partendo da tale distinzione il rapporto contiene
la seguente tabella con alcune esemplificazioni di
funzioni, con l’indicazione del “responsabile ge-
stionale” (l’ospedale o il Distretto) e l’unità di mi-
sura della remunerazione (le funzioni semplici e
composite).
7. Il gruppo tecnico era composto da T. Langiano (coordinatore), F. Copello, F. De Braud, A. Longo, L. Merlino, C. Passerino,O. Pennelli, F. Repetto, P. Traversi e C. Zocchetti. Il rapporto è stato pubblicato in “Tendenze nuove”, 2-3/2001.
8. Il modello è stato successivamente prospettato da Nonis e Terranova, Cure finanziate “all inclusive”, Il Sole 24 Ore Sanità,9 dicembre 2008, e sostanzialmente sviluppato con il modello dei Chronic Related Groups (CReG), peraltro con un approccio di tipo tariffario. L’applicazione più rilevante è quella della Regione Lombardia, con l’individuazione dei diversi possibili soggetti erogatori, a partire dai medici di medicina generale, associati in veste imprenditoriale, ma con un possibile ruolo dei soggetti erogatori accreditati. “La direzione regionale non esclude (e in alcuni casi, considera con favore) la possibilità che un erogatore si proponga come gestore di CReG, facendo leva sulla dotazioneorganizzativa e tecnologica (per esempio, call center e strumentazioni per telemedicina già disponibili) oppure sul know-how clinico specialistico, per esempio centri per patologia interni alle strutture ospedaliere” (Longo e altri, La presa in carico dei pazienti cronici: il disegno dei CReG lombardi e i possibili scenari di governance, “Mecosan”, 86/2013, pag. 42).
76
Agenas on line
Patologia oncologica H EC
Soggetti affetti da Hiv D/H EC
Malattie croniche D EC
H: Ospedale; D: Distretto; EC: Funzione complessa (“episodio di cura”); F: funzione semplice
a. Programmi a forte integrazione fra assistenzaospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale, con particolare riferimento all’assistenza per patologiecroniche
Unità spinale H F
Grandi ustionati H F
Terapia del dolore H F
Pazienti cronici in terapia intensiva H F
Pazienti affetti da malattia mentale D EC
Pazienti con deficit psico-motori o sensoriali
D EC
b.Programmi di assistenza a elevato grado di personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla persona
D Fc. Attività svolte nei programmidi prevenzione
H ECd.Programmi di assistenza a malattie rare
Emergenza H F
Nuove terapie H F
Nuove modalità di gestione del paziente H F
e.Attività con rilevanti costi d’attesa
Terapie intensive H F
f. Programmi sperimentali di assistenza
Mantenimento e monitoraggio del donatore
H F
Espianto di organi da cadavere H F
Trapianto H F
Attività di trasporto H F
Coordinamento e organizzazione della rete
H F
Accertamenti preventivi ai donatori H F
g. Programmi di trapianto di organo, di midollo osseo e di tessuto
Gestione della raccolta del sangue H F
Distribuzione di sangue edemoderivati H F
h.Piano sangue
Funzioni assistenziali Responsabile gestionale
Unità di misura
Tabella 1 Classificazione e unità di misura delle funzioni assistenziali
77
La remunerazione delle funzioni assistenziali
Inoltre il documento prevede la preventiva ri-
partizione delle risorse destinate all’assistenza
ospedaliera in tre quote destinate alle funzioni as-
sistenziali, alle prestazioni tariffate e al “fondo di
riequilibrio ospedaliero”, destinato agli aggiusta-
menti dei budget ospedalieri pubblici.
Un ulteriore contributo all’analisi della remune-
razione delle funzioni è fornito dal volume del
Cergas sul sistema di finanziamento delle Aziende
sanitarie pubbliche, del 2004, con l’analisi di cin-
que realtà regionali.
“Il finanziamento diretto di particolari funzioni
… si giustifica in relazione:
alla rilevanza della funzione svolta, in alcuni casi
sovrazonale o regionale o nazionale (per esem-
pio, banca dei tessuti);
alla necessità di remunerare una data funzione
indipendentemente dall’attività svolta (per
esempio, Pronto soccorso);
alla presenza di tariffe non sufficientemente re-
munerative o commisurate al costo di produ-
zione ma non alle esternalità positive sia di tipo
sanitario sia di tipo sociale che producono (per
esempio, centro trapianti);
alle scelte strategiche regionali di favorire l’in-
novazione, lo sviluppo o il consolidamento di
specifici progetti, servizi, forme di assistenza.
Al finanziamento di funzioni specifiche si sono
accompagnate in alcune regioni assegnazioni più
generiche, in relazione, ad esempio, al case-mix di
attività “orientato” su alte specialità o a una com-
plessità organizzativa particolarmente elevata...
L’aspetto più critico del finanziamento per funzioni
è il livello di esplicitazione dei criteri di definizione
degli importi e di assegnazione delle risorse per fun-
zioni e la tempistica di assegnazione delle risorse.
Nell’ipotesi in cui i criteri di assegnazione non
vengano esplicitati o, anche qualora vengano espli-
citati, le assegnazioni avvengano a consuntivo, è ele-
vata la probabilità che il finanziamento per funzioni
‘nasconda’ elementi di discrezionalità tali da poter
ragionevolmente ritenere che le relative assegna-
zioni avvengano sulla base della spesa storica”9.
Ulteriori contributi sono forniti da un volume
dedicato alla valutazione dell’applicazione del si-
stema tariffario ospedaliero, pubblicato nel 201010:
P. Di Loreto e O. Checconi rilevano che “la va-
riabilità complessivamente riscontrata nell’uti-
lizzo del finanziamento per prestazione è in
larga parte legata alle diverse scelte delle Regioni
in ordine all’utilizzo alternativo dei diversi stru-
menti disponibili: ad esempio la presenza di Di-
partimenti di emergenza, Pronto soccorso op-
pure terapie intensive, può essere utilizzata o per
differenziare le tariffe delle strutture erogatrici
per classi o, in alternativa, per assegnare finan-
ziamenti per le specifiche funzioni assicurate”11;
A. Ancona osserva che la remunerazione per
funzioni è “tesa da un lato a coprire i costi spe-
cifici non sufficientemente valorizzati dal Si-
stema Drg (emergenza, terapie intensive, attività
di ricerca, patologie pediatriche, monospecia-
lizzazione, centri regionali) e dall’altro a evitare
di caricare sulle tariffe la funzione esclusiva di
determinante del risultato finanziario finale del
produttore. Questo sistema integrativo – che
misura tra l’altro il grado di integrazione del sog-
getto nel sistema della programmazione regio-
nale e di funzionamento della rete ospedaliera –
è stato fortemente osteggiato dalle istituzioni
private, in quanto spesso limitato ai soli soggetti
9. C. Jommi, Il sistema di finanziamento delle aziende sanitarie pubbliche, Egea, 2004, pag. 57. Le regioni analizzate sono Lombardia e Veneto (C. Jommi), Toscana e Marche (E. Cantù), Sicilia (C. Carbone). La sintesi è stata curata da C. Jommi.
10. I Drg in Italia: un successo o una occasione mancata?, a cura di N. Falcitelli, T. Langiano e M. Trabucchi, Il Mulino, 2010.11.P. Di Loreto e O. Checconi, La manutenzione del sistema, in I Drg in Italia: un successo o una occasione mancata?, cit.,
pag. 214.
78
Agenas on line
pubblici e quindi visto come un finanziamento
a ‘piè di lista’ di favore e quindi un elemento tur-
bativo della concorrenzialità del sistema. In realtà
esso trova motivazioni oggettive a sostegno del
sistema nel suo complesso ed è servito proprio
a eludere i fenomeni di selezione dell’utenza che
caratterizzano fortemente le istituzioni private…
Non è quindi una strada da abbandonare, come
qualche purista della concorrenza vorrebbe, ma
piuttosto da sviluppare arricchendolo di conte-
nuti programmatici e di trasparenza”12.
Ancora da segnalare due contributi di L. Arcan-
geli apparsi nel 2011.
Nel primo contributo, riferito al complessivo si-
stema di remunerazione, si segnala:
la variabilità della quota di risorse dedicate al fi-
nanziamento delle funzioni assistenziali e di
soggetti erogatori ammessi a questa forma di fi-
nanziamento, che “riflette scelte regionali di-
verse rispetto all’utilizzo alternativo dei diversi
strumenti disponibili”;
“la mancata attivazione del finanziamento di pro-
grammi di integrazione ospedale-territorio, previ-
sto dalla ‘riforma Bindi’ per contrastare il rischio
che con la remunerazione a tariffa l’ospedale sia in-
dotto a esaltare la propria natura di produttore, a di-
scapito dell’integrazione con i servizi territoriali”13.
Il secondo contributo14 è specificamente riferito
alla remunerazione delle funzioni come stru-
mento per incentivare la continuità assistenziale e
l’integrazione tra ospedale e territorio.
Il contributo, dopo un’ampia rassegna di espe-
rienze europee riconducibili direttamente o in-
direttamente alla remunerazione delle funzioni15,
presenta alcune considerazioni sulla situazione in
Italia (a partire dalla “attuale assoluta insuffi-
cienza dei sistemi di misurazione e classifica-
zione delle attività erogate nell’ambito di forme
di assistenza integrata”) e conclude con l’invito
a cambiare il punto di vista con cui affrontare la
remunerazione delle funzioni: “l’incentivo eco-
nomico deve agire, non solo e non tanto dal lato
degli erogatori, ai quali va garantita la adeguata
remunerazione dei costi delle prestazioni e dei
servizi da fornire, quanto dal lato degli acqui-
renti/committenti, che devono garantire il fun-
zionamento costo-efficace dei programmi, a li-
vello regionale e/o aziendale”.
Più recentemente il tema è stato ripreso con par-
ticolare riferimento al “caso lombardo”.
L. Quaglino, dell’Istituto Bruno Leoni, dopo aver
analizzato l’articolazione del finanziamento delle
funzioni tra soggetti erogatori, evidenziando la
prevalente destinazione alle aziende pubbliche e
al privato non profit, conclude sostenendo che “le
funzioni dovrebbero essere ripensate in modo da
evitare un trattamento discriminatorio nei con-
fronti del privato for profit e ridurre il rischio che
le strutture pubbliche e private non profit adottino
comportamenti opportunistici nella consapevo-
lezza di poter ottenere fondi extra anche in si-
tuazioni di non copertura dei costi”16.
12.A. Ancona, Le strategie verso il futuro, in I Drg in Italia: un successo o una occasione mancata?, cit., pag. 249.13.L. Arcangeli, La remunerazione delle prestazioni, in La sanità in Italia, a cura di C. De Vincenti, R. Finocchi Ghersi
e A. Tardiola, Il Mulino, 2011.14.L. Arcangeli, Il pagamento per funzione assistenziale: un incentivo alla continuità?, in Rapporto Sanità 2011,
a cura di G.F. Gensini e altri, Il Mulino, 2011. 15.Tra i casi citati, il più interessante sembra quello delle reti di cura francesi (Réseaux de soins), con la previsione di si-
stemi di remunerazione forfettari per il coordinamento dell’assistenza per malattie croniche o categorie di assistiti. Il sistema prevede anche la possibilità di “applicare specifiche modalità di remunerazione, anche in deroga alle regole vigenti, per garantire il rispetto dei percorsi assistenziali. Ad esempio, è interessante la cosiddetta dérogation tarifaire, che il Réseau può richiedere per remunerare delle prestazioni ritenute particolari”, deroghe peraltro sperimentali e, se valutate positivamente, da recepire nella regolamentazione tariffaria ordinaria, per evitare differenze di trattamentotra erogatori partecipanti alle reti e non (pag. 297).
16. IBL Focus, n. 208, 6.7.2012
79
La remunerazione delle funzioni assistenziali
Sempre partendo dal “caso lombardo”, il Servizio
studi e valutazione delle politiche regionali del
Consiglio regionale della Lombardia ha svolto
una missione valutativa sull’impiego delle fun-
zioni non tariffate in Lombardia, Veneto ed Emi-
lia Romagna17.
Dalla sintesi della missione valutativa emergono le
seguenti considerazioni generali:
“la normativa generale sulle funzioni assi-
stenziali sembra prevedere un utilizzo del fi-
nanziamento a funzione in sostituzione di
quello tariffario. L’esame dei casi ne mostra
invece il frequente uso integrativo rispetto
alle tariffe”;
“le tre Regioni esaminate tendono a potenziare
funzioni che sostengono le complessità gestio-
nali e organizzative”, anche per tenere conto del
rischio che la tariffazione uniforme non valo-
rizzi adeguatamente la complessità delle strut-
ture erogatrici.
PROPOSTE PER UNA REVISIONE DELLA
NORMATIVA SULLA REMUNERAZIONE
DELLE FUNZIONI
L’esame dell’evoluzione della normativa in mate-
ria di remunerazione delle funzioni assistenziali e
del dibattito che si è sviluppato in materia evi-
denzia l’opportunità di un ripensamento del
complessivo sistema di remunerazione, chiarendo
i confini e i rapporti tra componente tariffaria ed
extra-tariffaria.
Tale ripensamento è ora sollecitato dal recente
Patto per la salute 2014-2016 che, all’art. 9, pre-
vede la costituzione di una commissione perma-
nente costituita da rappresentanti dei Ministeri
della salute e dell’economia e delle finanze, delle
Regioni e dell’Agenas, al fine di:
“aggiornare e manutenere le tariffe massime di
riferimento … (assistenza ospedaliera, speciali-
stica ambulatoriale e protesica);
individuare le funzioni assistenziali e i relativi
criteri di remunerazione massima…;
definire criteri e parametri di riferimento per
l’individuazione delle classi tariffarie;
promuovere la sperimentazione di metodologie
per la definizione di tariffe per i percorsi tera-
peutici assistenziali territoriali”.
La previsione del Patto della salute innova signi-
ficativamente rispetto alla vigente regolamenta-
zione per due motivi:
in luogo della consultazione sui singoli prov-
vedimenti relativi al sistema tariffario si prevede
una commissione permanente deputata non
solo all’aggiornamento delle tariffe massime e
all’adozione degli altri tre nuovi provvedimenti
espressamente citati (remunerazione delle fun-
zioni, classi tariffarie e tariffe per i percorsi te-
rapeutici assistenziali), ma, anche, al monito-
raggio dell’intero sistema di remunerazione (la
manutenzione del sistema);
in secondo luogo si passa dall’enfasi preceden-
temente posta sul solo aggiornamento delle ta-
riffe massime di riferimento a una visione com-
plessiva del sistema di remunerazione18.
17.Consiglio regionale della Lombardia, L’impiego delle funzioni non tariffate in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, sintesi della missione valutativa, gennaio 2013.
18.L’esigenza di un approccio globale era stato sollevato più volte dalle Regioni. In merito, significativo quanto scritto da P. Di Loreto e O. Checconi nel saggio già citato: “Le Regioni si sono opposte ai provvedimenti attuativi della finanzia-ria 2005, che ha introdotto la logica delle tariffe massime di emanazione statale … ritenendo che l’intervento da partedello Stato su una singola componente, la tariffa, del complessivo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera,avrebbe compromesso l’equilibrio che in ogni Regione si basa su ulteriori voci della remunerazione degli erogatori,quali il finanziamento per specifiche funzioni assistenziali, per riequilibrio in attuazione di interventi di riorganizzazione/ristrutturazione, per ricerca e didattica, etc.” (La manutenzione del sistema, op. cit., pag. 217).
80
Agenas on line
Infine occorre considerare le potenzialità offerte
dalla sperimentazione di tariffe per i Percorsi te-
rapeutici assistenziali (Pta), specie se non delimi-
tate alle sole attività strettamente territoriali, per
agevolare la continuità assistenziale e l’integra-
zione tra ospedale e territorio, tenendo conto del
contributo che ogni nodo della rete dei servizi dà
ai percorsi.
Quali obiettivi per la revisione del sistema
di remunerazione
La revisione del sistema di remunerazione può
perseguire i seguenti obiettivi:
a. la convergenza dei sistemi regionali;
b.la trasparenza del sistema complessivo di remu-
nerazione;
c. l’operatività del sistema di remunerazione.
A. LA CONVERGENZA
DEI SISTEMI REGIONALI
Il nuovo approccio alla regolamentazione com-
plessiva del sistema di remunerazione consente
l’avvio di un processo di convergenza dei sistemi
regionali verso un modello nazionale, definito in
termini più puntuali rispetto al passato, ovvero
con una delimitazione dell’autonomia regionale
in materia, resa possibile dal preventivo concor-
damento del modello.
Il processo di convergenza consente di perse-
guire tre obiettivi:
rispondere in parte alla richiesta di accentra-
mento a livello nazionale della regolamenta-
zione del Ssn19;
consentire la corretta comparazione tra i si-
stemi regionali;
nelle Regioni in piano di rientro, garantire la
coerenza degli interventi regolamentari richie-
sti in materia con il nuovo organico quadro
evolutivo nazionale.
In particolare la comparazione tra i sistemi re-
gionali deve considerare congiuntamente:
il rapporto tra tariffe nazionali e regionali, te-
nuto conto delle eventuali classi tariffarie;
il mix tra remunerazione tariffaria ed extra-ta-
riffaria.
Per chiarire tale aspetto si può considerare la re-
munerazione dei maggiori costi sostenuti da al-
cuni soggetti erogatori per la funzione svolta nella
rete ospedaliera regionale, che può avvenire con
lo strumento della maggiorazione tariffaria, oltre
le tariffe massime nazionali, o con lo strumento
extra-tariffario, con diverse conseguenze:
le tariffe superiori alla tariffa massima nazionale,
ai sensi dell’art. 8 sexies, comma 5, del D.lgs.
502/1992, sono a carico dei bilanci regionali (e
non sono consentite nelle Regioni in piano di
rientro) mentre il finanziamento delle funzioni
non è soggetto a tale vincolo ma solo al tetto
previsto dal comma 1 bis;
l’utilizzo dei due strumenti porta a diverse con-
seguenze anche in merito al calcolo dell’inci-
denza del finanziamento delle funzioni rispetto
al finanziamento totale, ai sensi dell’art. 8 sexies,
comma 1 bis, del D.lgs. 502/1992. Infatti l’e-
ventuale maggiorazione tariffaria fa incremen-
tare il budget globale e, conseguentemente (e
impropriamente), il tetto della remunerazione
delle funzioni.
19.L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nelle “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza - anno 2014”, in ordine ai criteri di remunerazione delle prestazioni e al sistema di accreditamento e accordi tra Asl e strutture sanitarie private, auspica “una netta separazione tra regolamentazione – che dovrebbe essere accentrata a livello nazionale – e fornitura del servizio, al fine di consentirea strutture pubbliche e private di garantire in concorrenza tra di loro la produzione e l’erogazione delle prestazioni sanitarie specialistiche e ospedaliere”.
81
La remunerazione delle funzioni assistenziali
La nuova regolamentazione nazionale del sistema
di remunerazione può fare chiarezza in merito
alle diverse possibili soluzioni e, conseguente-
mente, facilitare la comparazione tra i diversi si-
stemi remunerativi regionali.
B. LA TRASPARENZA DEL SISTEMA
COMPLESSIVO DI REMUNERAZIONE
Un ulteriore obiettivo del riordino del sistema di
remunerazione è costituito dalla trasparenza del
sistema complessivo di remunerazione dei soggetti
pubblici, equiparati e privati. Tale obiettivo viene
indicato al secondo posto solo perché il prece-
dente è un obiettivo strumentale e funzionale per
perseguire quello della trasparenza.
Come già ricordato, l’introduzione del tetto alla
remunerazione delle funzioni voleva “rendere più
trasparenti i rapporti tra Ssn ed erogatori pri-
vati”. È peraltro evidente che agire solo su una
componente del sistema di remunerazione, e uni-
camente con una soglia dimensionale, non ga-
rantisce il perseguimento dell’obiettivo posto, che
richiede la valutazione complessiva del sistema di
remunerazione, tariffario ed extra-tariffario.
Occorre anche considerare che l’obiettivo della tra-
sparenza è stato ripetutamente posto in varie sedi
non solo con riferimento ai processi di acquisizione
di beni e servizi da privati ma, anche, con riferi-
mento ai costi sostenuti per l’erogazione diretta di
servizi da parte della pubblica amministrazione,
con la normativa sui fabbisogni e i costi standard20
e, in ultimo, con il D.L. 66/2014 convertito con la
legge 89/2014 che, all’art. 8, ha previsto per le pub-
bliche amministrazioni l’obbligo di pubblicare sul
proprio sito internet i bilanci preventivi e con-
suntivi in forma integrale e con aggregati ed ela-
borazioni grafiche che li rendano comprensibili.
Pertanto il riordino del sistema di remunerazione
deve servire anche per rendere più trasparente il
sistema di remunerazione delle Aziende sanitarie
pubbliche nella loro componente di erogazione
diretta di prestazioni, a partire da quelle erogate
dagli ospedali.
In primo luogo occorre evitare che la remunerazione
extra-tariffaria venga utilizzata impropriamente an-
che per garantire l’equilibrio della gestione degli
erogatori pubblici21, che deve essere assicurato me-
diante finanziamenti separati. Per tale componente
non si utilizza volutamente il termine remunerazione
ma quello di finanziamento, per specificare che non
si tratta di “corrispettivo” a fronte di prestazioni e ser-
vizi, ma della copertura dei maggiori costi sostenuti,
che possono derivare da vari fattori:
vincoli della rete dei servizi, ad esempio per ser-
vire zone periferiche e con percorrenze elevate
rispetto ad altri centri;
vincoli strutturali, superabili solo con adeguati
investimenti;
inefficienza produttiva superabile con inter-
venti gestibili a livello aziendale, da prevedere in
apposito “piano di rientro aziendale” che af-
fronti la ridefinizione del campo di attività e la
dotazione e l’utilizzo dei fattori produttivi.
La complessiva revisione del sistema di remunera-
zione, con la classificazione dei soggetti erogatori
e con lo sviluppo della remunerazione extra-tarif-
faria (in particolare nelle Regioni che attualmente
la utilizzano in modo marginale) e della remune-
razione tariffaria sperimentale per i Percorsi tera-
peutici assistenziali (quota parte della tariffa del Pta
relativa al contributo dato dall’ospedale), compor-
terà la riduzione del finanziamento integrativo per
garantire l’equilibrio economico della gestione dei
soggetti erogatori pubblici.
20.Si fa riferimento al generale dibattito sui fabbisogni e costi standard e non all’applicazione per l’ambito sanitario, attuatacon il D.lgs. 68/2011, finalizzata all’introduzione di un nuovo sistema di riparto del fabbisogno nazionale tra le Regioni.
21.Si rinvia in merito al già citato saggio di Jommi (pag. 57).
82
Agenas on line
In tale modo sarà anche possibile chiarire le mo-
dalità di applicazione dei meccanismi premiali
previsti dall’art. 9, comma 2, del D.lgs. 149/2011,
legati al rispetto del principio della remunera-
zione a prestazione (e delle funzioni, anche se tale
componente non è citata nel decreto legislativo).
C. L’OPERATIVITÀ DEL SISTEMA
DI REMUNERAZIONE
Il terzo obiettivo è rappresentato dall’operatività
del sistema di remunerazione, da perseguire:
sviluppando forme di cooperazione tra Re-
gioni, con il supporto dell’Agenas, nella fase di
prima applicazione del nuovo modello, e con-
sentendo alle Regioni di utilizzare per la clas-
sificazione degli erogatori e la remunerazione
delle funzioni le modalità già definite da altre
Regioni, come previsto per la determinazione
delle tariffe dall’art. 8 sexies, comma 5;
con una regolamentazione regionale di tipo
sperimentale, articolata su più livelli.
Relativamente alla regolamentazione regionale
è possibile prevedere:
provvedimenti di sistema: rapporto tra remu-
nerazione tariffaria ed extra-tariffaria, modalità
di sviluppo dei tre sistemi di remunerazione;
applicazione delle regole regionali relative alla re-
munerazione delle funzioni e alle tariffe per i Pta,
con atti di programmazione regionale annuale,
con l’individuazione delle modalità applicative
nei singoli casi (consentendo eventualmente una
flessibilità programmata e predefinita);
l’applicazione degli atti di programmazione re-
gionale annuale mediante gli accordi contrat-
tuali con i singoli soggetti erogatori;
la verifica a posteriori dell’attività svolta, nel
caso in cui la remunerazione sia legata al vo-
lume dell’attività22.
Infine l’operatività del sistema di remunerazione
deve essere raccordata con il sistema di finanzia-
mento delle Asl e di allocazione dei costi per li-
velli assistenziali.
Relativamente al sistema di finanziamento delle
Asl è possibile scegliere tra due possibili soluzioni:
finanziamento dell’assistenza ospedaliera (e am-
bulatoriale, almeno per la componente ospe-
daliera) mediante il sistema delle quote capita-
rie della sola quota destinata alla remunerazione
delle prestazioni, ovvero al netto della quota de-
stinata alla remunerazione delle funzioni assi-
stenziali e del finanziamento integrativo per
garantire l’equilibrio del bilancio, da attribuire
ai soggetti erogatori interessati (ivi comprese le
Asl per l’attività erogata direttamente)23;
finanziamento totalmente in base alle quote ca-
pitarie, ponendo a carico delle Asl la remunera-
zione delle funzioni e il finanziamento integra-
tivo per i soggetti erogatori interessati, in base
all’indice di dipendenza dei vari territori serviti24.
Relativamente all’articolazione dei costi per livelli
assistenziali (mediante il modello LA), occorre ga-
rantire l’omogenea allocazione in presenza di si-
stemi diversi di remunerazione. A titolo esempli-
ficativo, la remunerazione tariffaria degli accessi
al Pronto soccorso non seguiti da ricovero viene
allocata nell’ambito dell’assistenza ambulatoriale
mentre la remunerazione extra-tariffaria delle
funzione Pronto soccorso viene allocata nell’am-
bito dell’assistenza ospedaliera, nello specifico co-
dice del Pronto soccorso.
22.Atteso che il finanziamento delle funzioni è determinato parametricamente, sembra da escludere la verifica a posterioridei costi sostenuti per lo sviluppo delle funzioni. La verifica può essere riferita all’effettivo sviluppo della funzione, in modo particolare nei casi in cui il finanziamento è legato alla dimensione quali-quantitativa della funzione svolta. In merito si rinvia alla nota 3.
23. In coerenza con la proposta della commissione ministeriale del 2000, citata in precedenza.24. Il sistema della detrazione dalle quote capitarie di una quota da destinare alle Aziende ospedaliere in base all’indice
di dipendenza è stato adottato parzialmente dalla Regione Emilia-Romagna a decorrere dal 2011 (Dgr 730/2011).
83
La remunerazione delle funzioni assistenziali
L’articolazione del sistema
di remunerazione
Il sistema di remunerazione previsto dal Patto
per la salute 2014-2016 prevede tre componenti:
remunerazione tariffaria, in base alle tariffe mas-
sime di riferimento ma con la previsione di cri-
teri e parametri di riferimento per l’individua-
zione delle classi tariffarie concordati tra Stato
e Regioni. La previsione di criteri e parametri
nazionali per le classi tariffarie era già prevista
dall’art. 8 sexies del D.lgs. 502/1992 ma non era
stata attuata. Il fatto che il Patto per la salute pre-
veda espressamente tale obiettivo per il processo
di riordino accentua l’attenzione sul tema. Inol-
tre affrontare a livello nazionale i criteri per le
classi tariffarie consente di considerare anche il
rapporto tra remunerazione tariffaria ed extra-
tariffaria (come espressamente previsto dall’ar-
ticolo 8 sexies)25;
remunerazione delle funzioni assistenziali, in
base all’apposita intesa tra Stato e Regioni,
dando così attuazione al comma 3 dell’art. 8
sexies. In merito occorre notare che, mentre il
comma 3 parla di “criteri generali per la defi-
nizione delle funzioni assistenziali”, il Patto per
la salute prevede di “individuare le funzioni as-
sistenziali”, evitando così possibili difformi in-
terpretazioni dei criteri;
sperimentazione di tariffe per i percorsi tera-
peutici assistenziali territoriali. In merito si ri-
corda che il dibattito sulla remunerazione delle
funzioni ha sovente proposto tale strumento per
incentivare la continuità assistenziale e l’integra-
zione tra ospedale e territorio. La soluzione pre-
vista dal Patto per la salute riconduce la remu-
nerazione dei Pta nell’ambito della più generale
categoria della remunerazione tariffaria, ma con
carattere sperimentale, peraltro con la delimita-
zione ai soli percorsi territoriali (senza perseguire
l’integrazione tra ospedale e territorio). Inoltre
non è chiaro se la previsione fa riferimento a ta-
riffe da applicare a un singolo soggetto erogatore,
che si fa carico direttamente di vari segmenti del
Pta, o se comprende anche la remunerazione
delle attività assistenziali che coinvolgono più
soggetti erogatori, con l’obiettivo di migliorare la
continuità assistenziale, limitando la frammenta-
zione del percorso assistenziale indotto dalla re-
munerazione delle prestazioni26.
La revisione del complessivo sistema di remune-
razione, articolato nelle sue componenti, può su-
perare le rigidità potenzialmente insite nell’attuale
art. 8 sexies del D.lgs. 502/1992, la netta separa-
zione tra remunerazione tariffaria delle prestazioni
e delle funzioni che discende dal comma 4, che
prevede la remunerazione tariffaria per le attività
assistenziali “diverse” da quelle comprese nelle
funzioni.
Come rilevato in precedenza, la separazione è già
stata superata in provvedimenti normativi suc-
cessivi alla prima versione del D.lgs. 502/1992
(D.M. del 30 giugno 1997 e Dpr del 23 luglio
1998, ma precedenti la revisione operata con il
D.lgs. 229/1999.
In merito si ritiene opportuno prevedere esplici-
tamente che la remunerazione delle funzioni
possa essere:
alternativa rispetto a quella tariffaria, per le
funzioni non tariffabili;
integrativa, per tenere conto della “funzione”
svolta dall’ospedale nella rete regionale.
25. Il comma 5 prevede che la determinazione delle tariffe tenga conto anche dei “tariffari regionali e differenti modalità di remunerazione delle funzioni assistenziali attuate nelle Regioni e nelle Province Autonome”:
26.Si fa riferimento a una delle proposte più innovative formulate dal gruppo tecnico ministeriale nel lontano 2000, citata in precedenza. Lo sviluppo del finanziamento extra-tariffario per incentivare la continuità assistenziale può limitare gli inconvenienti che derivano dallo scorporo degli ospedali dalle Aziende sanitarie locali.
84
Agenas on line
Inoltre la revisione può chiarire la portata del
comma 1 bis dello stesso art. 8 sexies, ovvero il
rapporto tra le due componenti del budget com-
plessivo:
il perimetro delle diverse parti del sistema di re-
munerazione;
il rapporto tra finanziamento delle funzioni e
maggiorazione tariffaria rapportata alla “fun-
zione” svolta dal presidio nella rete ospeda-
liera27.
L’individuazione e la remunerazione
delle funzioni assistenziali
Relativamente all’individuazione e alla remune-
razione delle funzioni la revisione del sistema in
vigore potrebbe basarsi sui seguenti criteri.
a.Articolazione delle funzioni assistenziali in di-
verse componenti, tenendo conto della diversa
natura e rapporto con l’erogazione delle pre-
stazioni:
attività non direttamente assistenziali (ad
esempio, gestione dei centri di coordina-
mento delle reti), da remunerare in base alla
quantità e costo standard dei fattori produt-
tivi impiegati;
attività con costi di attesa (ad esempio, Pronto
soccorso), da remunerare totalmente per fun-
zione o in modo misto, per funzione e per
prestazione. A titolo di esempio, con riferi-
mento al Pronto soccorso, è possibile preve-
dere il finanziamento per funzioni del costo
del personale addetto a tempo pieno al ser-
vizio (ivi compreso quello addetto all’osser-
vazione breve e il costo del personale che ga-
rantisce l’attività dei servizi diagnostici al di
fuori degli orari ordinari di servizio) e la re-
munerazione tariffaria delle consulenze e
delle prestazioni diagnostiche rese a soggetti
non ricoverati, tenendo conto del maggior
costo connesso alla erogazione in regime di
urgenza (singole prestazioni o “pacchetti”,
per evitare comportamenti opportunistici/
difensivi);
attività assistenziali non (ancora) previste
dai nomenclatori tariffari, anche in rela-
zione allo sviluppo di nuove forme di assi-
stenza a distanza (telemedicina), da remu-
nerare con finanziamenti legati alla stima dei
costi unitari, variabili in base ai volumi di
attività previsti28;
attività assistenziali già remunerate con il si-
stema tariffario, nel caso di costi più elevati
per motivi strutturali (diseconomie di scala
imposti dalla programmazione regionale)29;
attività assistenziali già remunerate con il si-
stema tariffario, nel caso di costi più elevati
per motivi funzionali (complessità organizza-
tiva per il ruolo nelle reti regionali definito
dalla programmazione regionale, centri di ri-
ferimento con selezione dei casi più com-
27.La Regione Lombardia, che nel passato ha utilizzato entrambi gli strumenti, nella D.G.R. 20.12.2013, X/1185, “Determi-nazioni in ordine alla gestione del sevizio socio-sanitario regionale per l’esercizio 2014”, prevede una rimodulazione delsistema di remunerazione “che combini il finanziamento a tariffa (ivi comprese le maggiorazioni tariffarie) con il finan-ziamento a funzione”.
28.Tra le attività non previste dai nomenclatori tariffari nazionali ma abbastanza diffuse basti citare il trattamento in OB-OBI, nell’ambito del Pronto soccorso, e l’ospedalizzazione domiciliare. Per tali attività alcune regioni hanno previsto unapposito tariffario. In alternativa è possibile utilizzare la remunerazione per funzione, ad esempio rapportata alla dota-zione di personale considerata necessaria per garantire tali attività, in base ai dati storici (per l’OB-OBI) e/o ai casi pro-grammati (per l’assistenza ospedaliera domiciliare).
29. In tale ambito è possibile prevedere il possibile utilizzo estensivo della remunerazione delle funzioni per tenere contodi eventuali maggiori costi non imputabili a inefficienza gestionale, come il finanziamento integrativo previsto dalla Regione Lombardia per i ricoveri in più padiglioni con vincoli architettonici.
85
La remunerazione delle funzioni assistenziali
plessi a parità di classificazione, etc.). È evi-
dente che in questo caso l’alternativa - più
formale che sostanziale – è tra il finanzia-
mento delle “funzione” svolta e la maggiora-
zione tariffaria30.
b.Rapporto tra la remunerazione tariffaria ed
extra-tariffaria:
per evitare che le possibili scelte regionali
portino a conseguenze diverse in sede di va-
lutazione delle performance regionali oc-
corre in primo luogo chiarire come classifi-
care tali scelte diverse. Ad esempio, con
riferimento al finanziamento dei maggiori
costi legati alla funzione svolta nella rete re-
gionale, è possibile considerare nello stesso
modo la maggiorazione tariffaria (oltre la ta-
riffa massima nazionale) e la remunerazione
extra-tariffaria. In questa prospettiva la mag-
giorazione tariffaria può costituire solo una
soluzione tecnica per calcolare la remunera-
zione della funzione svolta. La soluzione pro-
spettata, oltre a presentare il vantaggio di al-
lineare le diverse soluzioni regionali, evita di
considerare le maggiorazioni tariffarie a ca-
rico della Regione (in base all’art. 8 sexies,
comma 5, del D.lgs. 502/1992), dando luogo
a una sorta di extra-Lea tariffario, mentre
non sono a carico della Regione i finanzia-
menti per funzione (nel limite normativo
posto dal comma 1 bis);
l’applicazione del comma 1 bis dell’art. 8 sexies
richiede anche la precisazione del contenuto
delle due componenti, con specifico riferi-
mento ai casi borderline, come il Pronto soccorso,
che può essere finanziato totalmente per fun-
zione, con un sistema tariffario o con sistemi
misti;
infine, nell’applicazione del comma 1 bis, sem-
bra necessario escludere dal calcolo della re-
munerazione globale (considerata per valutare
l’incidenza della remunerazione delle funzioni)
i finanziamenti per funzioni territoriali tipi-
che, come la partecipazione all’emergenza sa-
nitaria territoriale (118) e il rimborso dei far-
maci in distribuzione diretta, che possono
incidere in modo diverso tra gli ospedali, per la
diversa specializzazione, e alterare il rapporto tra
remunerazione tariffaria e per funzioni.
30.Basta pensare alla maggiorazione tariffaria prevista per le prestazioni erogate dalle Aziende ospedaliere universitariedalla Tariffa unica convenzionale (Tuc) che regola la mobilità tra le Regioni. Un ulteriore esempio è fornito dalla Regione Lombardia che ha previsto significative maggiorazioni tariffarie per le Aziende ospedaliere universitarie e per gli Irccs.
86
Agenas on line
Beni e servizi sotto la lente della revisione della spesadi Laura Velardi* eAnna Fiorenza*** Dirigente Agenas ** Esperto Agenas
‘‘La salute è vista non più come una fonte di costo, bensì come investimento eco-nomico e sociale”. È questa la filosofia che, esplicitamente, connota il Patto per la
salute 2014-2016 che Governo e Regioni hanno sottoscritto lo scorso 10 luglio.
Il nuovo approccio non fa, ovviamente, sparire dalla scena il tema del contenimento
dei costi che mantiene tutta la sua rilevanza, sia per ragioni di efficienza ed effica-
cia della spesa pubblica stessa, sia per il perdurare di una crisi gravosa e ininterrotta.
Ma – è bene sottolinearlo – questo argomento viene ora declinato nell’ottica di una
complessiva razionalizzazione e riduzione dei costi economici e pone al centro le
azioni per offrire i migliori prodotti e servizi per la salute dei cittadini.
Si tratta della medesima ottica con cui l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari re-
gionali ha affrontato, con elaborazioni proprie e progetti mirati, il tema delicatis-
simo dei costi in sanità, fornendo indicazioni anche di carattere operativo che oggi
costituiscono una piattaforma del tutto condivisa; un riferimento per tutti è rap-
presentato dal lavoro di analisi e dal pacchetto di proposte che hanno portato a in-
dividuare, in materia di prezzi di riferimento e di programmazione e centralizza-
zione degli acquisti, un’efficace modalità per conseguire significativi risparmi e
aumentare, al contempo, l’efficienza del sistema.
Alcune considerazioni di metodo
Gli studi effettuati hanno condotto a conclusioni di significativo rilievo.
Il risultato ottenuto è scaturito da innovazioni metodologiche fondate sul coin-
volgimento attivo di un numero ampio e qualificato di interlocutori, un fatto che
segnala un non comune approccio lavorativo tra le strutture centralizzate e che vale
la pena di illustrare rapidamente.
In un contesto che ha visto, da un lato, una crescita in complessità della domanda
di salute, stretta tra nuovi bisogni e vincoli di finanza pubblica, e, dall’altro, ri-
87
Beni e servizi sotto la lente della revisione della spesa
correnti aggravi normativi, amministrativi e di
gestione, Agenas ha sviluppato meccanismi e
modalità di relazione con le diverse esperienze
che, ai vari livelli, hanno conseguito risultati po-
sitivi pur nella, a volte profonda, diversità di im-
postazione.
Ciò è stato possibile tenuto conto, anche e so-
prattutto, della connotazione dell’Agenzia quale
interlocutore istituzionale con le Regioni.
Seguendo un percorso di conoscenza approfon-
dita delle dinamiche che si determinano a livello
territoriale e aziendale, si sono costruiti gli stru-
menti utili per consentire una loro corretta valu-
tazione.
I processi di riorganizzazione della spesa sanitaria
sono stati, infatti, molto differenti tra loro e le-
gati – nella determinazione degli obiettivi speci-
fici e, anche, nelle modalità operative – ai conte-
sti di riferimento.
L’approccio di Agenas è stato quello di conside-
rare tali impostazioni in termini unitari, ossia
come un insieme di opportunità da analizzare e
comprendere, e non come percorsi tra loro di-
vergenti quando non confliggenti: ciò senza la
pretesa di esprimere giudizi di valore o di “ge-
rarchizzare” le diverse iniziative.
Non ci si è fermati a osservare superficialmente
il fenomeno, ma si è compiuto lo sforzo di “en-
trarci dentro”, di coglierne gli aspetti poliedrici
che ha assunto nella diversificata realtà del nostro
Paese.
L’attenzione principale è stata posta – e anche
questa è stata una precisa scelta metodologica – ai
dati quantitativi e alle osservazioni rilevate che
sono diventati oggetto di specifici approfondi-
menti, ai limiti che le informazioni raccolte con-
tenevano, alle difficoltà incontrate nella fase di
raccolta e poi nella comparazione e nella valuta-
zione dei dati stessi.
Tali difficoltà non sono mai state ascritte a volontà
ostative da parte dei soggetti coinvolti, ma sono
state ricondotte all’assenza di una “sistematizza-
zione” dei dati disponibili in un contesto in
grande evoluzione, che vive ormai da tempo an-
che forti tensioni.
Il criterio adottato ha consentito di mettere a
punto indicatori condivisi e con un elevato grado
di significatività, i soli che possono favorire un
confronto aperto e risultare utili a comprendere
cosa è possibile migliorare e perché.
L’impostazione comune data ai diversi progetti è
stata, pertanto, di operare affinché i dati, le rile-
vazioni, le elaborazioni e i risultati potessero co-
stituire, dopo approfondimenti analitici e ade-
guate comparazioni, il background su cui realizzare,
da parte soprattutto dei decisori, la compren-
sione dei fenomeni, la convergenza nella valuta-
zione e la volontà di cambiamento.
Il progetto su “Approfondimento degli aspetti
tecnici per la rilevazione dei prezzi di acquisto
di beni e servizi in ambito sanitario”
Il riferimento normativo è costituito dall’art. 17,
comma 1, lettera a) del decreto legge 98/2011,
convertito dalla legge 111/2011, con cui si pre-
vede che “l’Osservatorio dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture – di cui all’art.
7 del decreto legislativo 163/2006 – anche al fine
di potenziare le attività delle Centrali regionali per
gli acquisti, a partire dal 1° luglio 2012, attraverso
la Banca dati nazionale dei contratti pubblici – di
cui all’art. 62 bis del decreto legislativo 82/2005 –
fornisca alle Regioni un’elaborazione dei prezzi di
riferimento, ivi compresi i dispositivi medici e i
farmaci per uso ospedaliero, delle prestazioni e dei
servizi, sanitari e non sanitari, individuati dall’A-
genzia nazionale per i servizi sanitari regionali –
di cui all’art. 5 del decreto legislativo 266/1993 –
tra quelli di maggior impatto in termini di costo
a carico del Servizio sanitario nazionale”.
88
Agenas on line
Sulla base di tale disposizione, in data 1° luglio
2012, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici
(Avcp) ha pubblicato, sul proprio sito istituzionale,
i risultati delle prime elaborazioni dei prezzi di ri-
ferimento di dispositivi medici, farmaci per uso
ospedaliero e servizi non sanitari effettuate dal-
l’Osservatorio dei contratti pubblici.
Dall’analisi effettuata sui dati pubblicati sono
emerse non poche criticità, sottolineate sia dalle
Aziende sanitarie sia dal mondo delle imprese, at-
tribuibili alla variabilità delle caratteristiche in-
trinseche di ciascuna classe di beni e servizi per
cui l’Avcp ha indicato un prezzo di riferimento,
e al numero limitato di rilevazioni ottenute.
La messa a punto del progetto “Approfondimento
degli aspetti tecnici per la rilevazione dei prezzi
di acquisto di beni e servizi in ambito sanitario”
è volto a individuare gli elementi propedeutici alla
rilevazione dei prezzi di acquisto, eventualmente
integrando il paniere con ulteriori voci candida-
bili per l’indicazione dei relativi prezzi di riferi-
mento.
Secondo l’approccio metodologico sopra de-
scritto, sono stati organizzati gruppi di lavoro in-
terregionali con vari stakeholder – specialisti, rap-
presentanti di best practice realizzate nell’ambito
delle Aziende sanitarie, associazioni di catego-
ria – per condividere le impostazioni per la ste-
sura di documenti di indirizzo.
Durante la predisposizione del progetto, il legisla-
tore ha ulteriormente rafforzato la funzione dei
prezzi di riferimento. Questi, da “indicatori da
mettere a disposizione delle Regioni come ulte-
riori strumenti operativi di controllo e raziona-
lizzazione della spesa” sono diventati, con il de-
creto legge 95/2012, convertito nella legge
135/2012, i parametri rispetto ai quali determi-
nare, nell’anno 2012, un risparmio di spesa pari a
505 milioni, e ulteriori importi per il 2013/2014.
È stato previsto, infatti, che le Aziende sanitarie
proponessero ai fornitori una ri-negoziazione dei
contratti, ovvero un diritto di recesso relativo agli
acquisti di beni e servizi con differenze dei prezzi
unitari superiori al 20% rispetto al prezzo di ri-
ferimento.
In base a tali presupposti è emersa la necessità di
un piano di lavoro fortemente ancorato a dati og-
gettivi, per fare in modo che le rilevazioni avve-
nissero con elementi il più possibile uniformi.
Sono stati assunti, pertanto, come indicatori:
le quantità messe a gara;
i tempi di pagamento;
gli eventuali servizi aggiuntivi.
Nello specifico, per ogni bene e servizio analiz-
zato, sono stati definiti requisiti omogenei con cui
poter confrontare i dati trasmessi dalle stazioni ap-
paltanti, tenuto conto del ricorso al calcolo del
percentile, previsto dal decreto legge 158/2012,
coordinato con la legge di conversione 18/2012
(legge Balduzzi).
Per i farmaci si è confermato il riferimento al
principio attivo, al dosaggio e alla forma farma-
ceutica.
Per i dispositivi medici, oltre alla descrizione di
specifici requisiti tecnici, si è tenuto conto del-
l’impiego clinico e, per una più corretta rileva-
zione dei prezzi di acquisto, anche dell’indica-
zione del Numero di repertorio/Banca dati
assegnato dal Nuovo sistema informativo sanita-
rio (Nsis) del Ministero della salute.
Per i servizi non sanitari (pulizie, lavanderia e ri-
storazione) sono state individuate le relative presta-
zioni essenziali che, rappresentando un fattore co-
mune, possono essere riscontrate in tutti i contratti.
In fase di seconda rilevazione dei prezzi, l’ap-
profondimento appena descritto consentirà, è da
auspicarsi, di poter disporre di un numero mag-
giore di risposte e di dati confrontabili, in grado
di essere rappresentativi del reale costo sostenuto
dalle Aziende sanitarie.
A breve l’Avcp dovrebbe pubblicare i nuovi prezzi
di riferimento.
89
Beni e servizi sotto la lente della revisione della spesa
Le manovre di spending review già citate hanno
previsto, come è noto, la riduzione, per l’anno
2012, del 5% degli importi e delle connesse pre-
stazioni relative ai contratti di appalto/acquisto di
servizi e beni che, con la legge 228/2012 è stata
portata fino al 10% per l’anno 2013.
Al fine di verificare se i tagli di spesa sui contratti
disposti dal legislatore abbiano determinato ef-
fettivamente i risparmi attesi, è stato valutato
l’impatto delle voci di spesa prese in esame con
quelle riportate nei modelli di rilevazione eco-
nomica Conto economico (CE) delle Aziende del
Servizio sanitario nazionale.
Nella Figura 1 è illustrato, a titolo di esempio,
l’andamento di spesa dei servizi alberghieri presi
in considerazione.
Tutto ciò ha consentito di mettere a punto:
a. report metodologici, condivisi e codificati, sulle
procedure di individuazione di beni e servizi
per i quali sia conveniente identificare prezzi di
riferimento;
b.schema di confronto degli eventi di acquisto dei
suddetti beni e servizi;
c. elaborati di dettaglio su caratteristiche tecniche
e di impiego dei beni e servizi oggetto di rile-
vazione;
d.report di prezzi di riferimento basati sui dati di-
sponibili presso le centrali di acquisto regionali,
integrato con ulteriori voci in relazione all’en-
tità dei risparmi attesi;
e.modelli di valutazione della spesa relativi ai
beni e servizi in esame nonché modelli di con-
fronto ai fini del calcolo del risparmio di spesa
previsto dalla norma;
f. documento operativo per le Aziende sanitarie e
per le stazioni appaltanti regionali per definire
puntualmente le componenti del prezzo dei
beni e servizi, rispetto alle quali il prezzo di ri-
ferimento pubblicato dall’Avcp risulta non suf-
ficientemente descritto.
Il prossimo step sarà inserire nel paniere delle rileva-
zioni per i prezzi di riferimento anche categorie mer-
ceologiche di difficile standardizzazione con l’indi-
viduazione di prezzi a valenza regionale o nazionale.
migliaia di euro
1.350.000
1.150.000
950.000
750.000
550.000
350.000
150.000
Pulizia
Lavanderia
Mensa
2009 2010 2011 2012 2013
Figura 1 Spesa per i servizi alberghieri nelle Aziende sanitarie per anno
Fonte: Elaborazione Agenas su dati CE - Ministero della salute
90
Agenas on line
Per fare ciò si sta lavorando alla definizione di ca-
pitolati tecnici-tipo, in cui le prestazioni essenziali
siano tali da coniugare qualità del servizio con co-
sti adeguati: questi elaborati potranno essere messi
a disposizione del sistema sanità per garantire
omogeneità e uniformità dei beni e servizi da ac-
quisire.
Il progetto su “Centralizzazione
degli acquisti in sanità”
Nella fase di elaborazione del progetto riguar-
dante i prezzi di riferimento ci si è posti un que-
sito: qual è il modello più appropriato di aggre-
gazione della spesa da adottare per acquistare il
miglior prodotto/servizio al prezzo più congruo,
tenendo conto sia delle diverse categorie mer-
ceologiche sia del mercato di riferimento?
Rafforzare il processo di pianificazione e aggre-
gazione della domanda è il risultato di una pro-
grammazione integrata degli interventi di spesa
per acquisire beni e servizi, evitando di presentarsi
al mercato in maniera disorganica. I piani di ra-
zionalizzazione della spesa devono, prioritaria-
mente, porre attenzione alla standardizzazione
della domanda.
Le risultanze a cui si è pervenuti hanno portato
Agenas a elaborare una proposta che, presentata al
Tavolo della revisione della spesa coordinato dal
Rimanente spesasotto sogliaattraversoil Mepa
Costituiscono il livello ottimaleper quanto attiene i dispositivi
di carattere fortementespecialistico (legati
a specifiche esigenze clinicheradicate nel territorio)
e i servizi logistici
Livello preferenziale per i beni sanitaridi più largo consumo e standardizzati
(es. medicinali, vaccini, dispositivi medicistandardizzati, etc.), i beni non sanitari,
le utenze e in generale tutti i servizinecessari al funzionamento
degli immobili
Acquistiaziendali(15%della spesa)
Centralizzazionea livello “locale”effettuata tramiteazienda capofila(35% della spesa)
Centralizzazione degli acquistia livello regionale (50% della spesa)
AMBITI DI ATTIVITÀLIVELLO DI AGGREGAZIONE
Figura 2 Agenas. Modello di centralizzazione degli acquisti sanitari
91
Beni e servizi sotto la lente della revisione della spesa
Regione Modelli di acquisto in sanità Livello di attuazione dellacentralizzazione
Tabella 1 Come acquista oggi la sanità
Basilicata Dipartimento Interaziendale “Centrale di Committenza”presso Ospedale San Carlo (Pz)+Unioni regionali di acquisto
in attivazione
Calabria Sua – Stazione unica appaltante + Aziende sanitarie
medio/basso
Campania So.Re.Sa. – Società Regionale per la Sanità + Aziende sanitarie
elevato
Emilia Romagna IntercentEr – Agenzia regionale per lo sviluppo dei mercatitelematici + Aree vaste + Aziende sanitarie
elevato
Friuli Venezia Giulia Dipartimento servizi condivisi dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine (funzioni ex Csc)
elevato
Lazio Centrale acquisti Regione Lazio + Aziende sanitarie medio
Liguria Cra - Centrale regionale di acquisto elevato
Lombardia Agenzia regionale centrale acquisti * Unioni di acquisto + Aziende sanitarie
elevato
Marche Asur – Azienda sanitaria unica regionale elevato
Molise Asrem – Azienda sanitaria regionale del Molise basso
Piemonte Aree di Coordinamento aziendali + Scr – Società di committenza regionale
in attivazione
Puglia Empulia + Unione di acquisto + Aziende sanitarie
medio/basso
Umbria Centrali di committenza regionale in attivazione
Sardegna Unioni di acquisto medio
Toscana Estar elevato
Trentino Alto Adige Centrale di committenza sanità elevato
Bolzano Centrale di committenza sanità elevato
Trento Azienda provinciale per i servizi sanitari elevato
Veneto Centro regionale acquisti sanità medio
Sicilia Bacino orientale e occidentale + Aziende sanitarie medio
Valle d’Aosta Asl unica elevato
CONSIP – CENTRALE ACQUISTI NAZIONALE
Dati aggiornati a luglio 2014
Ministero della salute, ha poi visto il suo naturale
sviluppo nelle disposizioni adottate con il de-
creto legge 66/2014, convertito nella legge
89/2014. In tale decreto si fa esplicito riferi-
mento ai soggetti aggregatori della spesa (che
dovranno essere uno per ogni Regione) e che, at-
traverso un tavolo di coordinamento, avranno il
compito di procedere a una programmazione in-
tegrata tra livello nazionale, regionale e aziendale.
Questa impostazione è stata confermata anche nel
Patto per la salute, laddove si prevede la costitu-
zione di un network informativo di coordina-
mento, con le stesse centrali regionali di acquisto,
per la programmazione della spesa, sia in tema di
farmaci sia di dispositivi medici.
La proposta di Agenas ha previsto un modello di
centralizzazione degli acquisti sanitari articolato su
tre livelli, selezionati in base alle categorie mer-
ceologiche:
un primo livello, di carattere regionale;
un secondo livello, di aggregazione di più
Aziende sanitarie e ospedaliere (Aree
Vaste/Consorzi, etc.);
un ultimo, residuale, livello, di carattere azien-
dale (Provveditorati).
Elemento qualificante del modello è risultato es-
sere la condivisione, da parte di tutti gli attori, di
una programmazione integrata e definita dell’at-
tività da svolgere, in cui ciascuno mette a dispo-
sizione le proprie specificità e competenze per
conseguire il fine comune di ottenere beni e ser-
vizi di qualità al miglior prezzo.
Per garantire la riduzione dei prezzi unitari dovrà
essere aumentata la quota di spesa pubblica, gestita
attraverso soggetti aggregatori della domanda che
incrementeranno i volumi delle categorie di beni
e servizi oggetto di negoziazione intervenendo
anche su nuovi ambiti merceologici.
Mentre è stata ribadita più volte l’imprescindibi-
lità della programmazione annuale dei fabbisogni
da parte di tutte le Aziende sanitarie e ospedaliere,
non è stata data nessuna indicazione per ciò che
attiene la governance, ribadendo e imponendo, at-
traverso la norma, che preminente è realizzare un
assetto organizzativo stabile.
Nel corso dell’ultimo decennio, si è registrata la
compresenza di una pluralità di modelli gestionali,
ognuno dei quali con una specifica connotazione
e con obiettivi che il decisore pubblico ha, di volta
in volta, fissato.
Occorre, tuttavia, rilevare che le poche espe-
rienze che hanno dato risultati positivi tangibili,
in termini di risparmio di spesa sanitaria, si
sono contraddistinte per essere espressione di
politiche consolidate di una tradizione sanitaria-
amministrativa di alcuni territori. Per una con-
creta razionalizzazione degli acquisti e un ef-
fettivo contenimento della spesa sanitaria, è
prioritario non “imporre” un modello, ma ga-
rantire una scelta strategica chiara, trasparente,
condivisa e, soprattutto, stabile.Ogni Regione
ha un proprio modello operativo “personaliz-
zato” in termini di comparti merceologici ge-
stiti: Beni e servizi sanitari, Altri beni e servizi,
Lavori, etc.
Il coinvolgimento di Agenas nell’ambito della ri-
levazione dei prezzi di riferimento per beni e ser-
vizi, prima, e nel discorso più ampio di revisione
della spesa, poi, ha visto la sua completa realizza-
zione con proposte e documenti che sono entrati
a pieno titolo nel dibattito che, da qualche anno,
caratterizza il tema della revisione della spesa an-
che in ambito sanitario.
La rete di competenze sviluppata al riguardo
composta, come si diceva, da professionisti, clinici,
società scientifiche, associazioni di categoria e
centri di ricerca hanno consentito all’Agenzia di
supportare e valutare i costi dell’assistenza sanita-
ria, le innovazioni di sistema, la valutazione delle
tecnologie sanitarie.
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Agenas on line