Politiche di Employer Branding e nuovi strumenti di reclutamento

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Tesi di laurea Sara Riggi

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Facoltà di Economia Corso di Laurea in Economia, Finanza e Diritto

per la gestione d'impresa

Tesi in Organizzazione Aziendale “ Politiche di Employer Branding e nuovi

strumenti di reclutamento ”

Relatore Laureanda Prof. Mauro Gatti Sara Riggi

Anno Accademico 2009-2010

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Politiche di Employer Branding e nuovi strumenti di reclutamento.

INTRODUZIONE

La New economy ha reso senza dubbio più complesso il contesto in

cui le imprese si trovano ad agire, incrementando la competizione. Oggi

abbiamo l’opportunità di operare in un mercato globale con costi di

gestione sicuramente minori, grazie alle nuove tecnologie che permettono

di curare relazioni economiche in tempo reale da ogni parte del mondo.

Internet, le telecomunicazioni e la globalizzazione dei mercati, rendono

facilmente confrontabili realtà aziendali di tutto il globo , è chiaro quindi

che oggi l’utente non è più passivo come un tempo ma è partecipativo e

informato.

Partendo dal presupposto che le aziende non producono solo beni e/o

servizi, ma anche posti di lavoro, diventa sempre più indispensabile

pensare non solo alla soddisfazione dei potenziali acquirenti del nostro

output, ma anche alla soddisfazione dei nostri attuali employees o futuri

tali.

Per anni le imprese hanno sottovalutato l’importanza delle risorse umane

ai fini della competitività aziendale. Le persone infatti sono le sole in

grado di garantire quel valore aggiunto che le imprese devono avere per

essere competitive sul mercato e quindi resistere alla concorrenza.

La situazione nel mercato del lavoro oggi è invertita: non sono più i

candidati a rincorrere le aziende, ma le aziende a inseguire i giovani

talentuosi. In passato per un’impresa, trovare candidati adeguati era

decisamente più semplice, perché si godeva di una posizione di forza sul

mercato.

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Oggi invece è noto che per “catturare” i talenti migliori non basta puntare

solo su un buon stipendio , è fondamentale infatti offrire al lavoratore una

serie di benefits e privilegi che possano allo stesso tempo attrarre e

trattenere il candidato in azienda.

Le organizzazioni sembrano essere ormai consapevoli dell’importanza del

capitale umano, in quanto possessore di informazioni, esperienze e abilità

e capaci di creare valore. E’ importante, quindi, non solo saper gestire i

propri collaboratori, ma anche gratificarli e riuscire ad instaurare quel

senso di appartenenza all’azienda , necessario per garantire un vantaggio

competitivo in un contesto sempre in evoluzione e sempre più

competitivo.

L’ espressione “guerra per il talento” è comparsa per la prima volta in una

ricerca della McKinsey del 1998, condotta su grandi aziende americane per

indicare la corsa ad accaparrarsi i migliori manager o giovani talenti sulla

piazza. Essa ha evidenziato che reclutare e trattenere questi profili così

brillanti era diventata una necessità sempre più difficile da soddisfare,

tanto da richiedere strumenti di marketing uguali a quelli che vengono

utilizzati per attrarre e fidelizzare i clienti. Proprio questa società di

consulenza americana evidenziò come è possibile cambiare approccio

attraverso cinque imperativi categorici:

• Acquisire una mentalità orientata al talento.

• Creare una proposta di valore vincente per i dipendenti.

• Ricostruire una strategia di recruiting.

• Fare dello sviluppo una caratteristica intrinseca

dell’organizzazione.

• Differenziare e valorizzare i collaboratori.

Importante sottolineare l’ultimo punto in quanto è impossibile che tutti i

dipendenti siano talenti, infatti vale la pena considerare il fatto che ci

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possano essere colleghi dalle performances non proprio indispensabili e

proprio per questi motivi diventa importante curare il loro sviluppo per

incrementare il rendimento globale, cioè il mix complessivo che tutte le

risorse professionali riescono a produrre in un determinato esercizio.

Anche in Italia, si sta affermando una nuova strategia di gestione del

personale che prende il nome di Employer Branding, vale a dire costruire,

attraverso un’ efficace comunicazione, la propria immagine aziendale sia

sul mercato interno, sia sul mercato esterno del lavoro.

Questa nuova filosofia della Gestione delle Risorse Umane rappresenta in

sostanza, la capacità che un’azienda ha di costruire la propria reputazione

come datore di lavoro (employer). Per chiarire ancor di più il concetto,

possiamo definire l’Employer Branding come l’insieme di tutte le azioni

di recruitment che hanno come obiettivo quello di promuovere l'immagine

dell'azienda , al fine di reclutare il capitale umano migliore in circolazione

e di trattenere quello già impiegato in azienda.

L’elemento di cambiamento è rappresentato da politiche di branding

finalizzate alla creazione di relazioni durature tra azienda e dipendente.

Oggi si può parlare di una vera e propria rivoluzione in questo ambito,

poiché massimizzando il senso di appartenenza all’azienda e riuscendo a

comunicare i valori d’impresa ai propri collaboratori si riesce a sviluppare

un rapporto di fiducia reciproca grazie al quale il lavoratore non vorrà mai

abbandonare il suo impiego. Dobbiamo quindi cambiare prima di tutto

l’approccio verso il personale già inserito, si tratta in sostanza dell’utilizzo

da parte della comunicazione interna delle dinamiche e degli strumenti

normalmente usati per la gestione della comunicazione esterna verso i

clienti. Un ambiente di lavoro gradevole si distingue dagli altri poiché

oltre ad influire positivamente sulla soddisfazione dei collaboratori

interni, ha un impatto positivo sul mercato del lavoro esterno.

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Per quanto riguarda la parte del reclutamento, gli strumenti a disposizione

delle imprese oggi sono i workshop all’interno delle università, i job fair, le

testimonianze riportate all’interno di alcuni moduli di lezione, inserzioni

sulla stampa nazionale, le pagine di presentazione sui career book, il sito

web ufficiale aziendale dove l’impresa può presentare direttamente la

propria offerta ai candidati servendosi talvolta di pagine interamente

dedicate alle opportunità di carriera o alle modalità di selezione.

Queste sono solo alcune delle tradizionali occasioni che hanno le risorse

umane di entrare in contatto con i talenti , poiché se pensiamo a tutti quei

canali non convenzionali come Youtube, blog, forum ci rendiamo conto della

facilità con cui le opportunità di lavoro possano essere pubblicizzate nel

web.

Relativamente al Retaining, dobbiamo pensare a politiche retributive che

siano congrue al grado di anzianità ma che abbiano anche un principio

meritocratico, fare leva inoltre su un clima lavorativo positivo, sulla

crescita professionale e sulla possibilità di lavorare all’estero. Senza

contare poi tutta quella serie di benefits che possono realmente distinguere

un’azienda da un’altra, privilegi non solo tangibili ma anche intangibili

come la formazione .

In questo nuovo contesto non possiamo tralasciare le potenzialità del

canale telematico e degli strumenti di E-recruitment. Le caratteristiche di

questo strumento in grado di tagliare i costi di reclutamento lo hanno reso

un potente strumento per quest’ultima generazione di recruiter che

possono facilmente ottenere una quantità infinita di informazioni sui

candidati grazie anche allo sviluppo di social network come Linkedin e

Facebook.

Internet soprattutto se utilizzato in maniera professionale ed originale può

rappresentare non soltanto uno strumento aggiuntivo che si affianca ai

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metodi tradizionali, ma anche uno strumento in grado di coadiuvare le

attività aziendali , quindi un supporto capace di facilitare le

interconnessioni tra i vari reparti o collaboratori.

Il cardine su cui si basa la filosofia di Employer Branding, è la convinzione

che non ci troviamo più davanti alla vecchia Direzione del Personale come

ufficio “sbriga pratiche” , bensì di fronte ad un reparto strategico

fondamentale per l’impresa e dal quale dipendono poi tutte le performances

dell'azienda.

Le nuove tecnologie del Web 2.0 , oltre a garantire una serie di vantaggi di

costo e di tempo presentano anche dei limiti che possono seriamente

danneggiare l’immagine aziendale. Proprio a causa della rapidità di

circolazione delle informazioni in rete, un qualsiasi commento o video

inopportuno , può fare il giro del mondo con un semplice click. Tramite le

piattaforme virtuali, è possibile ottenere feedback positivi ma anche

negativi , su quella che è la percezione dell’azienda all’esterno e

raccogliere commenti ed opinioni varie di coloro che sono o non sono

soddisfatti del prodotto o servizio.

Per questo motivo è necessario controllare il fenomeno Internet

dall’interno in quanto può rivelarsi in un certo senso anche dannoso per la

reputazione della stessa azienda. Sarebbe quindi inutile cercare di ignorare

le dinamiche virtuali, infatti un’azienda grande o piccola che sia deve

riuscire a gestire le nuove tecnologie, poichè se non usate nella maniera

opportuna possono realmente nuocere all’immagine aziendale.

Dopo aver preso coscienza delle conseguenze negative che avrebbe

portato un programma carente in materia di Employer Branding ,

l’impegno delle aziende è andato sempre più aumentando, tanto che le più

grandi multinazionali hanno già provveduto a creare reparti qualificati in

questo ambito ottenendo risultati molto positivi.

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Ogni anno vengono stilate classifiche dei luoghi migliori dove lavorare, tra

i parametri presi in considerazione possiamo trovare : la gradevolezza del

clima aziendale, la presenza di asili nido per i figli dei dipendenti e la

possibilità di riscuotere una buona retribuzione.

E’ noto ormai che il benessere psico-fisico sul luogo di lavoro migliora la

produttività, per questo preoccuparsi di questo settore sta diventando

sempre più importante anche in Italia. Classifiche come “Great place to

work” indagano presso i dipendenti sul livello di fiducia e sulla qualità

delle relazioni che ci sono tra loro e il management, annualmente viene

lanciata una competizione per la quale le aziende sono disposte anche a

pagare una quota per parteciparvi, questo ci fa comprendere quanto ormai

sia importante essere considerati un buon datore di lavoro.

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Capitolo 1 : Evoluzione del mercato del lavoro e delle

Risorse Umane.

1.1 Crisi e mercato del lavoro.

La recente crisi economica ha portato ad una serie di riflessioni sul

rapporto tra Risorse Umane e Organizzazione.

Le principali riflessioni riguardano la Direzione Risorse Umane, in quanto

una delle prime e immediate risposte delle aziende nei momenti difficili è

tagliare tutte le spese non indispensabili, come costi per la formazione ,

spese di comunicazione e nei casi più gravi il personale.

In passato e in alcuni casi anche oggi, il capitale umano non è mai stato

ritenuto un elemento strategico, da gestire e sviluppare , tanto che quando

c’è bisogno di fare dei licenziamenti le prime persone che vengono

penalizzate sono quelle con una maggiore anzianità aziendale poiché

normalmente costano di più .

Questo tipo di soluzione spesso risulta esser conseguenza di una scelta

alquanto azzardata, prima di tutto perché alcuni dei soggetti in questione

negli anni hanno sviluppato competenze non indifferenti e, proprio grazie

alla loro esperienza nel campo, potrebbero essere in grado di gestire al

meglio questi momenti difficili. Inoltre queste persone potrebbero essere

utili a supportare programmi di formazione per le nuove reclute, per

questo prima del loro congedo sarebbe opportuno pensare ad un

programma di transizione o di affiancamento, capace di trasmettere alle

nuove generazioni, tutte le informazioni necessarie ad affrontare le

principali dinamiche aziendali.

Non è corretto pensare che il prepensionamento rappresenti solo una fonte

di risparmio poiché, guardando da un’altra ottica, con il taglio del

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personale si può rischiare di impoverire le competenze delle proprie

risorse umane; si potrebbe pensare quindi a soluzioni alternative, come

riformulare i loro profili professionali assegnandoli ad altre funzioni.

Molte aziende si trovano a penalizzare il personale ultracinquantenne in

materia di formazione e avanzamenti di carriera presupponendo che

questi non siano più interessati; in realtà è singolare considerare il fatto

che il calo demografico degli ultimi decenni ha provocato una scarsità di

forza lavoro, che a sua volta provocherà, soprattutto nei prossimi anni,

una carenza di talenti . Forse solo allora, quando i reclutatori si troveranno

davanti a questo problema, cominceranno a rivalutare le loro risorse

“mature”.

A tal proposito è interessante l’articolo di Giovanna Faggionato pubblicato

da Il Sole 24 ore intitolato “Il personale ritorna strategico”: la giornalista ci

presenta alcuni dati, frutto di una ricerca svolta dalla società di consulenza

Mading, i quali dimostrano che su 40 aziende intervistate il 25% dichiara

che le risorse principali su cui contare nei momenti di crisi sono le persone

e gli ammortizzatori sociali.

Vediamo quindi che la situazione Italiana è contraddittoria. Infatti,

nonostante alcune di queste aziende abbiano avviato campagne di

rassicurazione e motivazione dei dipendenti, non è raro trovare tecnici

specializzati ai quali vengono richieste ore di straordinari, mentre altri

dipendenti sono in cassa integrazione.

Nonostante ci sia questa situazione di crisi e di stagnazione del mercato

del lavoro, in Italia si comincia a parlare sempre di più di “carenza di

talenti”. Negli ultimi anni il calo delle assunzioni provocato dai recenti

sviluppi economici ha portato alla frenetica ricerca da parte delle aziende

di quelli che si possono definire giovani talenti; infatti le imprese , essendo

costrette ad assumere sempre meno persone, si trovano a dover effettuare

una rigorosa selezione, volta ad assumere le migliori risorse disponibili sul

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mercato. La domanda di lavoro non è composta solo da talenti; questo

significa che se l’offerta è strettamente riservata ad una limitata cerchia di

fortunati , il grande numero dei “non talenti” rischia di rimanere a casa.

Se da un lato le aziende oggi si trovano addirittura a competere tra loro

per i migliori high performers, dall’altro vediamo come la situazione reale

del mercato del lavoro non sia proprio rosea.

I giovani d’oggi sono sicuramente più flessibili e mentalmente più aperti

rispetto alle precedenti generazioni e sono disponibili a sperimentare

percorsi di carriera diversi anche in settori differenti ; questo perché sono

nati in un contesto socio-economico dove non tutti possono permettersi di

focalizzarsi sul proprio business preferito; in altre parole le nuove

generazioni si sono adattate a quello che il mercato richiede : flessibilità e

capacità di adattamento alle differenti situazioni.

La fortuna degli studenti che si stanno per affacciare al mondo del lavoro è

di avere più familiarità con le skills richieste dalle grandi aziende. Sono

infatti più abituati al networking; grazie anche allo sviluppo del Web 2.0

sanno utilizzare al meglio i software informatici e, nella maggior parte dei

casi hanno già avuto esperienze di lavoro in team; sono in sostanza più

impazienti di contribuire allo sviluppo dell’organizzazione della quale

entreranno presto a far parte.

Accanto ai neolaureati che faticano a trovare lavoro o che sono assorbiti

dal mondo del precariato , ci sono quei lavoratori che invece hanno perso

il lavoro e sono costretti a reinventarsi. Questa situazione di incertezza

riflette quelle che sono le condizioni economiche del paese. Negli ultimi

anni i consumi sono diminuiti e le banche hanno ristretto il credito alle

imprese. La condizione italiana si fa più complicata rispetto a quella

europea anche perché le imprese nostrane hanno una struttura medio-

piccola e rischiano di non sopravvivere ad una ulteriore compressione dei

margini.

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Con il passare degli anni anche l’Italia si sta adeguando a questa

evoluzione del mercato; infatti molte delle medio-grandi imprese presenti

sul territorio hanno già riformulato le strategie della funzione Risorse

Umane con politiche di Employer Branding in grado di attrarre e

trattenere talenti all’interno dell’azienda.

Per Employer Branding si intendono tutte quelle azioni capaci di creare

una reputazione d’azienda così brillante da spingere il potenziale

candidato stesso a scegliere di fare domanda per un impiego in una

determinata impresa piuttosto che in un’altra. In altri termini con una

strategia di comunicazione efficace la percezione che la gente ha di

un’azienda diventa talmente favorevole che chi è in cerca di lavoro vuole a

tutti i costi lavorarci e chi è già impiegato vuole rimanerci fino alla

pensione.

In un mondo così fortemente automatizzato e tecnologico le persone sono

ancora il pilastro portante dell’azienda; è per questo che una corretta

gestione delle risorse umane può veramente fare la differenza e portare un

vantaggio competitivo all’azienda. Ogni azienda dovrebbe infatti pensare

ai propri collaboratori come ad un investimento da capitalizzare negli anni

e non solo come un costo; questo non vuol dire che bisogna trascurare il

fattore economico, ma che bisogna approcciare singolarmente ogni

dipendente come una fonte per creare valore. Le persone rappresentano il

patrimonio aziendale intangibile.

Per fortuna alcune imprese italiane stanno rispondendo a questo nuovo

fenomeno in modo positivo; hanno infatti riformulato un modello

organizzativo nuovo, basato su uno stile direzionale decentrato e su

strutture di comando orizzontali dove gli obiettivi sono condivisi.

Questo valore aggiunto si ottiene solo se si possiedono risorse umane che

si identificano nell’ impresa; infatti più le risorse sono motivate e si

sentono partecipi al processo decisionale, più sono produttive. Il

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decentramento decisionale richiede che ognuno abbia la capacità di

decidere rapidamente, svolgendo quindi un ruolo importante e decisivo

nell’azienda.

Per quanto riguarda nello specifico il settore delle Risorse umane, vediamo

come questo negli ultimi anni si sia evoluto; se prima pensavamo ad un

reparto essenzialmente burocratico che si occupava di paghe, contributi,

assunzioni e licenziamenti, vediamo oggi come accanto alle figure

tradizionali si siano sviluppate nuove figure professionali, come appunto i

responsabili di Employer branding.

Le conseguenze della crisi economica hanno portato ad un ripensamento

da parte dell’azienda. In questo contesto la funzione Risorse Umane dovrà

trasformarsi in un Partner delle altre funzioni aziendali, allineando le

proprie attività agli obiettivi di business dell’azienda.

Attualmente non tutte le imprese hanno provveduto ad una

riformulazione di tale funzione che troppo spesso si limita ad una gestione

burocratica, poco allineata al business aziendale e quindi non in grado di

supportare l’azienda e il management dal punto di vista strategico.

Parliamo di strategia in quanto sono le persone il vero vantaggio

competitivo dell’azienda ed è per questo che bisogna provvedere ad un

piano specifico per le risorse umane come premiazione del merito,

valorizzazione delle competenze, Attraction & Retention per i migliori; in

altre parole adottare delle politiche di Employer Branding volte a

promuovere l’azienda come un buon posto nel quale lavorare.

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1.1.1 Il problema del calo demografico : Workforce Shortage.

Il forte calo delle nascite registrato durante gli anni settanta si

ripercuote inevitabilmente sul numero di trentenni oggi disponibili sul

mercato del lavoro.

Il crollo demografico che si è registrato in Italia a partire dagli anni ’70 ha

portato al fenomeno del workforce shortage, cioè alla difficoltà di trovare

persone qualificate appartenenti alla generazione dei nati tra il 1966 ed il

1977.1

Durante gli anni ottanta la situazione non è per nulla migliorata; infatti

possiamo notare come ci sia scarsità di risorse umane nel mercato,

soprattutto provenienti dalle facoltà universitarie tecnico-scentifiche.

Senza considerare poi la percentuale di giovani che si iscrivono

all’Università ma non arrivano alla laurea o si fermano alla laurea breve

che, sebbene sia un buon titolo, ancora non viene considerato sufficiente

dalle aziende per ricoprire ruoli importanti.

Ad accentuare il problema del workforce shortage è la mobilità

internazionale e nazionale ma soprattutto l’alto tasso di turnover, ossia la

frequente sostituzione di capitale umano o se vogliamo guardarla da

un‘altra ottica , lo scambio di risorse umane tra le aziende.

Alcuni anni fa vi era una certa stabilità nel mercato del lavoro, per cui un

neoassunto poteva e voleva lavorare per la stessa azienda fino alla

pensione; la mobilità era in effetti molto limitata, nonché resa difficile

dalla scarsità di informazioni disponibili su aziende ed offerte di lavoro.

Oggi con lo sviluppo del Web 2.0 le persone sono più informate e riescono

a reperire con facilità notizie sulle aziende e sulle disponibilità di posti

vacanti. In questo contesto chi veramente può considerarsi un talento può

1 Lizzani G., Mussino G. [2008] , Employer Branding tra ricerca e applicazione , Prefazione di Eugenio Amendola, Milano, FrancoAngeli

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permettersi di abbandonare un posto di lavoro per sceglierne un altro,

magari all’estero. Ecco quindi che ci rendiamo conto di quanto sia difficile

al giorno d’oggi far distinguere la propria offerta di lavoro dalle altre e

fare in modo che questa possa attrarre le migliori risorse disponibili al

momento e soprattutto trattenerle in azienda.

Un altro aspetto importante da considerare è la necessità di riconoscere fin

da subito le potenzialità di un high performer, in quanto assumere giovani

talenti non ancora sbocciati è meno costoso che assumere manager che

pretendono ingaggi da favola.

A causa di questa carenza di talenti, che in futuro andrà peggiorando,

dobbiamo prendere in considerazione la rivalutazione delle risorse umane

ultracinquantenni poiché in Europa la forza lavoro comincerà a contrarsi

nei prossimi anni ; si prevede che in alcuni decenni ci sarà una riduzione

addirittura del 15% ; tra i paesi più minacciati troviamo già Germania e

Italia, con un’età media della popolazione tra le più elevate in Europa.

Il problema principale che potrebbe essere causato da un’età media così

alta, è un calo di produttività, accompagnato da una maggiore assenza per

malattia, che genera quindi una perdita di ricavi. Cosa fare di fronte a

questo problema?

Prima di tutto riqualificare il personale “in perdita” . Tramite programmi

di formazione e di aggiornamento specifici è possibile tenere al passo con i

tempi anche le risorse più mature; secondo punto importante ridisegnare

l’organigramma dell’azienda tenendo in considerazione le nuove esigenze

di questi ultimi, che magari con orari più flessibili e con ruoli e funzioni

più stimolanti possono risparmiarsi alcune giornate di malattia.

Queste sono solo alcune delle soluzioni che possono essere proposte per

riqualificare il personale esistente, ma dobbiamo anche tener conto che

non tutte le realtà aziendali sono uguali; sta infatti ai responsabili di

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Employer Branding effettuare le dovute considerazioni analizzando caso

per caso.

1.1.2 La fuga dei talenti all’estero.

Gli orizzonti lavorativi degli italiani sono sempre più rivolti

all’estero. Una recente indagine condotta da Manpower sul fenomeno

della fuga di cervelli in quasi 30 paesi, ha mostrato che in Italia il 42% dei

datori di lavoro italiani è preoccupato dalla mobilità dei talenti, che

decidono di recarsi all’estero per trovare opportunità di lavoro più

interessanti e remunerative. 2

Secondo i dati del Rapporto “Gli italiani residenti all’estero” , pubblicato

dalla Fondazione Migrantes del 2009 , coloro che hanno conservato la

cittadinanza sono 3.915.767. Di questi più di un terzo è nato all’estero. Il

Paese con più italiani è la Germania seguita da Argentina e Svizzera. La

regione italiana con più emigrati è la Sicilia con oltre 600 mila residenti

all’estero. Più della metà degli italiani fuori dell’Italia sono giovani al di

sotto dei 35 anni e di questi il 30% sono minorenni.3

Il problema principale della mobilità dei talenti è che questi, una volta

all’estero, raramente decidono di rientrare in Italia e di reinserirsi nel

mercato lavorativo italiano.

Ma quali sono le motivazione che spingono a fare le valigie? Oltre al

miglioramento economico (84%), c'è l' apprendimento di una nuova lingua

(47%) e poi la curiosità verso culture e contesti professionali diversi, il

desiderio di avventura e la sfida personale. 4

2 http://employerbranding.blogspot.com di Fabio Ricceri (ultimo accesso : ottobre 2010) 3 www.rapportoitalianinelmondo.it (ultimo accesso ottobre 2010) 4 Pezzuoli Giovanna , Corriere della sera ,”I giovani all’estero per lavorare , la sfida dei mercati globali “, ottobre 2008

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In un Paese così fortemente burocratizzato, brillanti neolaureati non

trovano terreno fertile in termini di sfide ed opportunità, in quanto grandi

multinazionali preferiscono non investire in Italia poiché spaventati dal

sistema di tassazione e dalla burocrazia; molto spesso proprio questi

giovani laureati che hanno già avuto durante il loro percorso formativo

universitario un’esperienza all’estero con i programmi Erasmus, Leonardo e

AIESEC Exchange Program, decidono di fare le valigie e andare alla ricerca

di nuovi orizzonti, molto probabilmente più meritocratici.

Non è facile riuscire a trattenere in Italia chi all’estero può trovare migliori

opportunità, ed è proprio con questo presupposto che le imprese del

nostro paese devo riformulare le loro strategie in termini di Risorse

Umane, costruendo politiche di Employer Branding.

Per quelli che invece, dopo un’esperienza all’estero, decidono di cercare

impiego nel mercato del lavoro italiano vediamo come sia più facile

trovare un lavoro o ricoprire ruoli e funzioni più importanti in breve

tempo.

Un’esperienza di lavoro all’estero acquista oggi sempre più valore e da

questa ne possono derivare diversi benefici sia dal punto di vista

personale che professionale.

Al di là delle caratteristiche oggettive e/o competenze tecniche del

candidato, ormai tutte le aziende concordano nel ritenere ugualmente

importanti anche le abilità pratiche, quali la flessibilità e la capacità di

adattamento in diversi contesti, qualità che si apprendono solitamente in

esperienze professionali all’estero.

Per quanto riguarda la mobilità professionale, l’Italia occupa le ultime

posizioni tra i paesi europei; infatti nei paesi nordici più del 40% della

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popolazione attiva ha già lavorato in un paese diverso da quello di

origine.5

La ridotta mobilità professionale internazionale degli italiani mostra le sue

conseguenze anche sulla competitività delle aziende nostrane, poiché non

avendo influenze straniere non riescono ad avere quel vantaggio

competitivo proprio delle imprese multi-culturali. Infatti la percentuale di

quelli che svolgono esperienze all’estero e poi ritornano in patria è molto

bassa; questo vuol dire che sono poche le persone che decidono di tornare

in Italia una volta sperimentati nuovi orizzonti.

Il confronto tra Italia ed estero, oltre che in termini di opportunità, è

deludente anche per quanto riguarda la questione busta paga, infatti

vediamo che sotto i 1.000 euro netti al mese ci sono il 24,6 % degli italiani

contro circa il 10 % degli emigrati all’estero e, se invece vogliamo

considerare la “fascia alta” reddituale, la differenza è ancora più

pronunciata in quanto per quelli che lavorano oltre i confini nazionali lo

stipendio supera i 1.700 euro nel 43 % dei casi , mentre per chi è rimasto in

Italia abbiamo solo un 9,2 %.6

Altro tasto dolente per l’Italia è il problema della ricerca. Anche qui il

nostro paese perde giovani talenti e fondi. I motivi che spingono i nostri

ricercatori ad andare all’estero sono principalmente tre : la scarsità dei

fondi disponibili in Italia , il maggior numero di strutture d’eccellenza

presenti all’estero e infine una cultura meritocratica.

Da questo quadro generale possiamo comprendere come l’Italia non solo

non è in grado di trattenere i migliori talenti, ma non è nemmeno in grado

di attrarne dall’estero.

Se vogliamo poi guardare il fenomeno della mobilità da un altro punto di

vista, possiamo prendere in considerazione anche il movimento 5 Toso L. , Mobilità internazionale : istruzioni per l’uso , in Job Advisor , edizione Marzo 2010 6 http://employerbranding.blogspot.com/2008/10/talent-shortage.html di Fabio Ricceri (ultimo accesso : ottobre 2010)

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migratorio interno che dal Mezzogiorno si sposta verso le aree più

industrializzate come Centro e Nord-Est, accentuando ancor di più gli

squilibri già presenti tra l’area settentrionale e il meridione.

Il fenomeno è stato descritto recentemente da due ricercatori della Banca

d’Italia, Sauro Mocetti e Carmine Porello, in uno studio sulla mobilità del

lavoro. Dopo la fase storica dell’emigrazione da Sud a Nord, negli anni ’50

-’60, il trend si era attenuato fino all’inizio degli anni Novanta, per

riprendere intorno al 2000. Nell’ultimo decennio invece, l’innalzamento

del livello dei prezzi immobiliari nel Centro-Nord, le trasformazioni del

mercato del lavoro e la diffusione dei contratti a termine, sembra aver

scoraggiato molti dall’intraprendere una scelta così impegnativa.

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1.2 La Fiducia nel lavoro

Secondo i dati del 2009 la fiducia nel lavoro da parte di diplomati e

laureati è crollata: mai così bassa dal 2002 ad oggi.

Il 73% dei 4.086 intervistati in occasione della rilevazione delle preferenze

lavorative dei giovani diplomati e laureati italiani per l'edizione 2009

dell'indagine Best100, ritiene che oggi sia più difficile trovare un lavoro in

Italia rispetto a sei mesi fa.7

In periodi di crisi vantare un elevato tasso di fiducia da parte dei propri

collaboratori significa per l’azienda ridurre il tasso di turnover.

Fonte : www.indicedifiducia.it

7 www.peoplevalue.it (ultimo accesso ottobre 2010)

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L’Indice di Fiducia complessivo riscontrato a livello nazionale è di 35,95;

di conseguenza si può affermare che mediamente la fiducia dei lavoratori

italiani è bassa. Questo indicatore costruito dalla Gi Group si riferisce a

quattro aree principali: la propria situazione personale, la propria azienda,

il mercato del lavoro e le Istituzioni che governano il mercato del lavoro.8

L’analisi dell’andamento del tasso di fiducia nel lavoro è un parametro

molto importante per coloro che si occupano di EB o in generale di risorse

umane, poiché questo indice riflette lo stato d’animo dei potenziali

candidati ai quali la comunicazione dell’employer value proposition è rivolta.

In presenza di un tasso di fiducia molto basso, le persone sono più

propense a ricercare un’azienda che offra loro un posto di lavoro sicuro.

Comprendere come viene interpretata l’immagine dell’impresa da parte

dei potenziali candidati è molto importante per capire come presentare

l’offerta, nello scenario competitivo del mondo del lavoro.

Sempre secondo Gi Group, analizzando il territorio, vediamo come si

riscontrano indici di fiducia più elevati nel Nord Italia: 37,08% nel Nord

Ovest , seguito dal Nord Est, con un indice di 36,05. Più basso e sotto la

media è l’indice del Sud e Isole pari a 34,81, mentre l’Indice di Fiducia più

basso in assoluto caratterizza i territori del Centro con un 33,8%.

Le percentuali così distribuite ci confermano la spaccatura che è sempre

stata presente in Italia tra Nord e Sud in materia di lavoro.

Le difficoltà di questo mercato nelle regioni meridionali vanno ad

amplificarsi nel momento in cui ci rivolgiamo alla componente femminile.

Il problema dell’occupazione femminile in Italia è problematico a livello

quantitativo, qualitativo, organizzativo e retributivo. La percentuale di

donne che raggiunge il top management è molto bassa; riescono infatti a

raggiungere a malapena i ruoli dirigenziali. Nonostante ciò il numero

8 www.indicedifiducia.it (ultimo accesso ottobre 2010)

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delle laureate disponibili oggi è decisamente maggiore di quello della

componente maschile.

Le cause di questo fenomeno provengono dai meccanismi culturali e

normativi del Paese, che spesso non permettono di gestire al meglio le

condizioni di lavoratrice e madre.

La fiducia nel lavoro è venuta a mancare negli ultimi anni anche a causa

delle recenti e numerose operazioni di fusione e acquisizione, le quali

hanno provocato mutamenti nei più importanti organigrammi italiani;

questo ha creato diversi problemi soprattutto riguardanti la fiducia tra

dipendente e azienda .

Il ridimensionamento del top management ed i diversi cambi di

responsabilità hanno rotto quei meccanismi di fedeltà che solitamente si

vengono a creare in azienda con il passare degli anni. Persone che erano

in attesa di promozioni hanno visto sfumare tutte le loro aspettative a

causa del cambio di direzione; molte persone hanno perso il proprio posto,

vedendosi così costretti dopo tanti anni a reinserirsi nel mercato del

lavoro.

Ritornando alla crisi economica che ha colpito l’Italia negli ultimi anni,

non possiamo non pensare al caso FIAT, dove le recenti vicissitudini dei

cassaintegrati mostrano come, nonostante l’impresa sia una tra le più

quotate nelle classifiche dei miglior datori di lavoro italiani, ci sia un

risentimento generale da parte delle fasce lavorative più basse, come

quella dei metalmeccanici. Questa condizione d’incertezza dei dipendenti

FIAT rappresenta una pubblicità negativa per la stessa azienda, che agli

occhi dell’opinione pubblica non riesce a guadagnarsi la fiducia al 100%

come buon datore di lavoro.

La situazione della FIAT è l’esempio principale della realtà industriale

italiana che vede incrementare sempre di più il numero dei precari.

Nonostante le recenti ristrutturazioni a favore degli operai compiute da

22

Marchionne, è evidente che la situazione dell’azienda italiana è rimasta o

meglio ancora resta anch’essa incerta. Nel 2007/2008 sono state create

diverse strutture all’interno dello stabilimento di Mirafiori, volte a

migliorare la qualità della vita all’interno dell’edificio. Tra le nuove

costruzioni troviamo l’asilo e la mensa aziendale, nonché docce, spogliatoi

per i dipendenti ed infine una riqualificazione delle aree comuni. Tutte

queste modifiche hanno sicuramente migliorato il clima lavorativo, ma

permangono ancora problemi di condizioni contrattuali e lotta sindacale.

Il problema reale è che l’esercito dei lavoratori flessibili non proviene

soltanto dall’area industriale ma anche dal settore terziario; l’eterogeneità

di questo gruppo ci spiega come mai siano sempre di più le persone che

fuggono all’estero alla ricerca di condizioni di lavoro migliori.

Gli ultimi dati sull’occupazione mostrano che la crisi ha colpito soprattutto

i lavoratori con un basso titolo di studio; questo non vuol dire però che la

situazione sia rosea per chi è in possesso di una laurea. Infatti la mediocre

qualità dell’istruzione italiana spesso crea problemi alle aziende, le quali

non trovano le professionalità necessarie; in sostanza il lavoro c’è, ma sono

poche le persone in grado di farlo.

Oltre alla mobilità internazionale è interessante considerare anche quella

denominata mobilità interna, anch’essa molto alta. Oggigiorno la

permanenza media in azienda è di circa 5 anni; questa propensione dei

dipendenti a passare da un’azienda all’altra ha portato allo sviluppo di

nuove strategie di Attraction & Retention in grado di promuovere

all’esterno l’azienda come buon datore di lavoro e di costruire all’interno

un rapporto di fedeltà e fiducia con i proprio collaboratori. E’ proprio in

risposta a questo fenomeno che nasce l’Employer Branding.

23

1.3 Una nuova strategia : Employer Branding.

Dopo questa panoramica generale su quella che è stata l’evoluzione

del mercato del lavoro e della funzione Risorse Umane negli ultimi anni,

soffermiamo la nostra attenzione sulle strategie di Employer Branding la

quale rappresenta sostanzialmente l’insieme delle iniziative che

un’azienda svolge sia all’interno che all’esterno del suo contesto di

riferimento per attrarre e fidelizzare i propri collaboratori.

Questo termine si è diffuso oltre il confine già a partire dagli anni ’80 fino

a raggiungere l’Italia solo nei primi anni del duemila. La nascita di questa

nuova strategia è dovuta al cambiamento strutturale del mercato del

lavoro in generale, anche in risposta a quello che è stato il trend

demografico a partire dagli anni ’60-’70 con la generazione “X”, per poi

proseguire con la generazione “Y” .9

Quando parliamo di generazione Y intendiamo tutte le persone nate negli

anni ’80; tra gli elementi che accomunano questi ragazzi troviamo: l’essere

cresciuti in un periodo di forte sviluppo delle nuove tecnologie e l’avere le

stesse aspettative sul futuro, ossia relazionarsi con un mondo del lavoro

caratterizzato da flessibilità e precariato. Un altro fattore in comune viene

rilevato nell’estrema focalizzazione sul presente, ovvero il perseguimento

di obiettivi di breve termine. Questo perché nel contesto socio-economico

attuale è impossibile fare progetti di lungo periodo come comprare una

casa o aprire un mutuo. L’affacciarsi sul mondo del lavoro di questa

nuova generazione ha portato alla rivalutazione di alcuni modelli di

gestione adottati fino ad oggi. In altre parole le aziende si sono adattate

alle caratteristiche e aspettative della generazione Y ed hanno sviluppato

nuove soluzioni di gestione e organizzazione delle risorse umane.

9 http://www.eccellere.com/public/files/files/paper_empoyer_branding.pdf di Eugenio Amendola ( ultimo accesso : Novembre 2010)

24

La necessità di attivare differenti approcci da parte delle imprese si

riferisce non solo alla gestione, ma anche alla loro selezione e formazione,

ed è proprio per questo che nascono nuove figure professionali come i

responsabili di Employer Branding, i quali si devono preoccupare di

sviluppare nuove strategie di reclutamento più affini al nuovo target.

Questo approccio innovativo è diventato uno strumento di ausilio per le

aziende in grado di svilupparlo seriamente .

Molto spesso si confondono le strategie di EB con quelle di marketing; non

è raro, infatti, trovare qualcuno che pensa che la pubblicità fatta per un

determinato prodotto/servizio sia sufficiente a promuovere un brand

aziendale e che quindi non sia necessario investire ulteriori risorse per

acquisire visibilità all’interno del mercato dei laureandi e laureati.

Si faccia l’esempio del caso Procter & Gamble che non viene mai

menzionata nei suoi spot pubblicitari in quanto, per politiche aziendali,

preferisce adottare un approccio focalizzato maggiormente sul prodotto.

Eppure P&G è una delle aziende più ambite del settore; infatti la sua

campagna di employer branding è stata ed è ancora oggi ampiamente

diffusa all’interno delle maggiori università italiane.

Questo vuol dire che il marchio P&G nonostante non venga mai nominato

nelle campagne pubblicitarie dei suoi prodotti, riesce comunque a

conquistare il pubblico dei neolaureati grazie ad una radicata strategia di

EB.

Guardando le classifiche dei Big Spender in pubblicità ci rendiamo subito

conto che le prime posizioni non sono occupate dalle stesse aziende che

sono ai primi posti nelle classifiche delle migliori aziende dove lavorare. In

altre parole la pubblicità che un’azienda fa per promuovere prodotti o

servizi non ha quasi nessun effetto sulla fama che può avere un’azienda

nel mercato del lavoro; non è detto che se alle persone piace mangiare da

McDonald’s sono anche disposte ad andarci a lavorare.

25

Non si può certo dire che la pubblicità sia inutile, ma bisognerebbe

ragionare in termini diversi per costruire una strategia di Employer

Branding.

Nel mercato del lavoro, con un approccio di questo tipo, prettamente

orientato al marketing, si rischia di sprecare denaro in quanto i migliori

talenti non vengono attratti dalla pubblicità, bensì si mostrano

maggiormente interessati ai best practices che un’azienda può vantare e/o

ai case studies ed alle testimonianze dirette che i propri collaboratori

possono condividere.

E’ ormai noto a tutti la potenza del passaparola ed è per questo che le

risorse umane di un’ azienda non vanno sottovalutate, poiché queste

possono rappresentare i primi ambasciatori dell’azienda, non soltanto

nelle occasioni formali come potrebbe essere una presentazione

all’università, ma anche attraverso una chiacchierata informale tra amici.

Il consiglio o l’esperienza di un amico spesso è cento volte più convincente

di un semplice messaggio pubblicitario. Esempi concreti attraggono

sicuramente di più l’attenzione, perché riescono a far percepire l’azienda

come un’entità vera e trasparente.10

10 http://employerbranding.blogspot.com/2008/04/employer-branding-e-pubblicit.html di Fabio Ricceri (ultimo accesso : ottobre 2010)

Fonte : Best 100 PeopleValue 2007

1 Ferrari

2 Barilla

3 Fiat

4 Eni

5 Procter&Gamble

6 Mediaset

7 Microsoft

8 Ferrero

9 Unicredit (Capitalia)

10 Enel

Big Spender - anno 2007 (fonte: Nielsen):

1. Ferrero

2. Unilever

3. Wind

4. Vodafone

5. Procter&Gamble

6. Tim/Telecom Italia

7. Barilla

8. Fiat

9. Volskwagen

10. L'Orèal

26

Lavorare nelle migliori aziende sul mercato è il desiderio di chiunque, ma

come riconoscerle? Insieme al word of mouth , esplicative sono anche alcune

classifiche che ogni anno vengono stilate da riviste, enti e società di

consulenza, con il fine di attribuire alle imprese una qualificazione. I criteri

presi in considerazione sono numerosi e sempre diversi. Partiamo ad

esempio dalla classifica dei produttori di tecnologia “più verdi” al mondo

stilata da Greenpeace, chiamata “Guide to greener electronic” , la quale

cataloga periodicamente le aziende che meglio rispettano i criteri di

impatto aziendale. In questa classifica sono classificati i 18 produttori

principali di tecnologie elettroniche in base alle loro politiche di gestione

dei prodotti chimici utilizzati, riciclo e clima.

Un’altra classifica tra le più importanti risulta essere “ Great Place to work”,

stilata dal Great place to work Institute ogni anno; questa indaga presso i

dipendenti sul livello di fiducia e sulla qualità delle relazioni che ci sono

tra loro e il management.

Fonte: www.greenpeace.it

Tutte queste classifiche rappresentano una vetrina per le aziende che vi

partecipano, mettendole in mostra anche da un punto di vista negativo.

Infatti qualora l’impresa dovesse risultare tra le meno “quotate”, ne

27

risentirebbe la sua immagine d’azienda nel complesso, sia verso i clienti

che verso i potenziali collaboratori. E’ facile rendersi conto, quindi, di

quanto sia importante salire sul podio di queste classifiche; così facendo il

ritorno d’immagine dell’azienda risulterebbe essere talmente grande, che

una campagna di employer branding servirebbe solo a confermare ciò che

è gia noto a tutti.

Primeggiare in almeno una di queste classifiche vuol dire inoltre ottenere

visibilità all’interno di numerosi giornali e riviste del settore, i quali

permettono di allargare enormemente il raggio d’azione , riuscendo così a

raggiungere più facilmente i talenti ricercati.

Ma chi sono i talenti? Quando parliamo di talento, non intendiamo colui

che ha preso 110 e lode e/o che è particolarmente portato in alcune

materie; è ovvio che avere una buona votazione rappresenta un ottimo

biglietto da visita, come conoscere una o più lingue straniere fluentemente,

ma queste sono tutte caratteristiche oggettive e rappresentano solo le basi

che un buon profilo deve avere.

E’ interessante soffermarsi invece sulle caratteristiche soggettive e

personali un candidato possiede, come capacità relazionali, comunicative,

di lavorare in team e di problem solving, tutti elementi che rappresentano la

ricetta giusta per una brillante prestazione.

Solo un connubio tra caratteristiche oggettive e soggettive può essere

vincente ai fini del successo. Al giorno d’oggi abbiamo talmente tante

possibilità per arricchire il nostro bagaglio culturale, per fare esperienze

all’estero o ancora per fare volontariato, che limitarsi solo a conseguire una

buona votazione accademica risulta piuttosto riduttivo. Ognuno può fare

qualcosa per crearsi nuove opportunità poiché queste non cadono dal

cielo; l’importante è rendersene conto e provvedere sin da subito.

28

1.3.1 Le persone e le loro motivazioni.

A questo punto possiamo domandarci : Cosa ricercano realmente le

persone in un lavoro? Sicuramente le persone ricercano un qualcosa che

possa soddisfare i loro bisogni e farle sentire realizzate.

E’ opportuno considerare che le conseguenze di questa crisi economica si

sono fatte sentire anche nel mercato del lavoro, vale a dire che molte

persone non possono permettersi di scegliere quello che vogliono fare, ma

semplicemente si accontentano di quello che c’è.

La forte pressione che accompagna la ricerca del “primo impiego” fa

passare in secondo piano quelle che sono le aspirazioni di ognuno di noi.

Trovare un lavoro che ci rende realizzati può sembrare di questi tempi

ambizioso.

Spesso sentiamo così tanto dire che non ci sono più posti di lavoro che

partiamo già scoraggiati ancor prima di cominciare la ricerca, di

conseguenza sembra esserci una rinuncia preventiva a coltivare l’attività

che ci riesce meglio e che amiamo fare.

Questo sconforto generale nei confronti del mondo del lavoro porta le

nuove generazioni a non sviluppare le proprie passioni e vocazioni, ma

piuttosto a scegliere determinati percorsi accademici o professionali solo

perché sono quelli maggiormente richiesti dal mercato del lavoro. Il

risultato di questo approccio è una generazione di ragazzi che si

accontenta e che dipende fortemente dalle leggi della domanda e

dell’offerta imposte dal mercato.

Il punto fondamentale è che la maggior parte dei giovani neolaureati non è

neanche in grado di distinguere quali sono i propri punti di forza e questo

perché durante la loro formazione accademica si sono preoccupati più di

studiare che di sviluppare parallelamente altre competenze e abilità.

Spesso i neolaureati in cerca di lavoro faticano a rispondere alla domanda

29

“che cosa sai fare?”; infatti non si sono mai cimentati in qualcosa di

pratico, in quanto i percorsi accademici italiani sono fortemente focalizzati

su una preparazione accademica e non su lavori di gruppo, presentazioni

in classe di progetti e studi di casi pratici, come invece viene fatto già da

tempo all’estero.

Un’altra conseguenza di questo fenomeno sono i casi di quelli che

finiscono per lavorare in settori completamente differenti da quelli

studiati. In genere questo accade per due ragioni principali: per originaria

mancanza di interesse per la disciplina studiata e/o per carenza di offerta

di lavoro in quel settore. In entrambi i casi vediamo come la distorsione

delle dinamiche di mercato provochi inefficienza nell’allocazione delle

risorse.

Bisogna quindi esplorare fin da subito i propri punti di forza e scegliere un

percorso accademico in linea con le proprie attitudini e aspirazioni; questo

per arginare il movimento dei “cambi di facoltà”, ossia studenti che, per

citare un esempio, passano dalla Facoltà di Fisica a quella di Scienze del

turismo perdendo anni e soldi. Non è raro infatti trovare studenti che

hanno perso uno o due anni in giro per diverse facoltà o addirittura

diversi atenei , in cerca di un corso di laurea più idoneo alle loro esigenze.

Il fenomeno degli studenti indecisi lo ritroviamo anche alla fine del

percorso accademico; infatti molti di loro non avendo mai avuto contatti

con il mondo del lavoro, al termine degli studi non si rendono conto di

quali sono le figure professionali che più si rifanno al loro profilo, oppure

non sono affatto orientati sulle aziende del settore. E’ proprio in questo

contesto che si delineano le strategie di Employer branding, per fare in

modo che i candidati ancor prima di uscire dall’università possano già

avere le idee chiare su quelle che sono le aziende disponibili sul mercato e

soprattutto riuscire ad orientare quelli che sono considerati i talenti

migliori.

30

Monster.it , il più famoso motore di ricerca di lavoro in Italia, a tal

proposito ha creato un test di compatibilità tra le aziende ed i candidati,

una sorta di test a risposta multipla con domande su diversi aspetti, quali

valori personali, ambizioni, attitudini ed aspettative. Una volta fatto il test

al candidato viene proposta una classifica delle prime 10 aziende

maggiormente in linea con il suo profilo e tra queste il potenziale

collaboratore può scegliere quella che più si avvicina alle sue

caratteristiche. Questo semplice test virtuale è solo un modo per rendere

meno dispersivo il primo impatto con il mondo del lavoro; ovviamente

questo vale per i neolaureati, ma per i professionisti?

La situazione è più o meno la stessa; anche per le posizioni riservate ai più

esperti, la ricerca è tutta sul web. Social network come Linkedin

permettono anche alle risorse più mature di fare networking e trovare

l’offerta di lavoro che più si avvicina al loro profilo e necessità.

Considerando che ogni persona ha dei bisogni diversi anche in relazione

all’esperienza accumulata negli anni, i responsabili di employer branding

devono essere in grado di capire queste necessità e di modulare la loro

offerta in base a queste . Per fare degli esempi, un neolaureato sarà più

interessato ad un ambiente che gli permetta di fare formazione piuttosto

che avere la certezza di un posto sicuro; diversamente sarà per un

potenziale collaboratore, sposato e con alle spalle dieci anni di esperienza

nel settore, che sicuramente non sarà più interessato a contratti a tempo

determinato.

Ritorniamo ora alla domanda che ci siamo fatti all’inizio: Cosa ricercano le

persone nel lavoro?

Secondo il modello di Aaker, economista statunitense ed esperto di

marketing, le persone in cerca di un’occupazione sono interessate a

quattro principali leve:

31

- Offerta di lavoro: inteso come pacchetto completo di offerta lavoro

cioè tipologia contrattuale e opportunità.

- Organizzazione di riferimento: si riferisce alla grandezza ed alla

tipologia dell’azienda.

- Simbolo: rappresenta lo status di una particolare marca, cioè

l’associazione che viene fatta pensando ad una determinata firma.

- Persone: le relazioni tra colleghi, l’ambiente lavorativo.

Questi a grandi linee rappresentano i principali elementi di giudizio che

un candidato in cerca di occupazione considera per selezionare l’azienda.

Non è corretto pensare che bisogna modellare il messaggio solo in base a

quello che il target desidera; infatti quello che l’impresa vuole comunicare

all’esterno deve rispecchiare la realtà. Necessariamente l’immagine che

l’azienda vuole dimostrare di avere deve essere coerente con quella

realmente posseduta, altrimenti una volta fatte le assunzioni, le aspettative

dei collaboratori potrebbero essere facilmente deluse. Non bisogna infatti

dimenticare che, superato positivamente l’iter di selezione, si passa dalla

fase di attraction a quella di retention. 11

Il candidato una volta passato allo status di collaboratore dovrà trovare

una corrispondenza tra la promessa (employer branding promise12) che gli

era stata fatta in fase di reclutamento e l’effettiva situazione. Capita spesso

che alcune aziende siano talmente focalizzate ad attrarre i migliori talenti

che poi non dedicano sufficiente attenzione alle fase successiva di

inserimento; d’altronde i processi di selezione, formazione e sviluppo sono

considerati abbastanza indipendenti l’uno dall’altro.

11 Lizzani G. , Mussino G. [2008] . Employer Branding tra ricerca e applicazione, Milano, Franco Angeli. 12 Employer branding promise : Rappresenta l’espressione, in chiave comunicazionale, dell’employer value proposition. Il suo sviluppo sotto forma di slogan o claim www.antheaconsulting.it

32

Per questo è importante capire come l’azienda comunica all’esterno,

perché è grazie a questo messaggio che il mercato esterno riesce a

percepire l’impresa come datore di lavoro, e quindi è opportuno che i

responsabili di EB si preoccupino di indagare sul grado di appeal detenuto

della propria azienda prima di formulare la strategia di comunicazione.

Analizzando le motivazioni che spingono il lavoratore a preferire

un’impresa piuttosto che un’altra, possiamo fare riferimento alla gerarchia

dei bisogni di Maslow. Applicata al mondo del lavoro si può facilmente

vedere come questa classificazione sia ancora attuale ed appropriata anche

in questo contesto. Se vogliamo guardare questa piramide da un altro

punto di vista, ad esempio in ottica di ambiente lavorativo, possiamo

facilmente smontare il tradizionale approccio di scala gerarchica e ritenere

che questi bisogni sono tutti di pari importanza. Tra i bisogni fisiologici

includiamo quello di avere una remunerazione equa e dignitosa e di

lavorare in condizioni “vivibili”. Per bisogni di sicurezza si intende la

necessità di avere un posto sicuro, cioè fuggire da quello che oggi viene

chiamato il precariato, di modo da avere l’opportunità di costruire delle

basi solide per un futuro economicamente stabile.

La categoria dei bisogni di appartenenza è fondamentalmente di natura

sociale e rappresenta l'aspirazione di ognuno di noi ad essere un elemento

della comunità sociale apprezzato e benvoluto. Nel nostro caso

rappresenta la necessità di avere dei colleghi dai quali essere accettato e

con i quali avere scambi e confronti, in generale far parte di un clima

lavorativo positivo. Ultimi i bisogni di stima ed autorealizzazione; tra i

primi individuiamo tutti quei bisogni di status sociale, di prestigio, che

riflettono la paura di essere ignorati dalla società. A livello lavorativo

pensiamo a quello che è il processo di delega, che crea nel delegato un

riconoscimento indiretto dal delegante, il quale dimostra di credere nelle

33

sue potenzialità, affidandogli delle responsabilità. Per bisogno di

autorealizzazione, invece, viene identificato il bisogno di esprimere al

meglio le proprie doti e talenti, quindi di mettere in atto le proprie

potenzialità.13

Un altro contributo interessante in questo settore fu quello presentato dal

sociologo Elton Mayo, il quale nei primi decenni del ‘900 fece importanti

studi sulla motivazione del lavoro. Le sue teorie andavano principalmente

contro quello che era il Taylorismo, il quale prevedeva una ripartizione

scientifica delle fasi lavorative: ogni attività del ciclo produttivo viene

parcellizzata e ridotta alle sue componenti minime, ciascuna delle quali

viene assegnata ad un operaio.

Mayo sosteneva che la produttività del lavoratore dipende dalle relazioni

umane che si riescono a creare nel contesto lavorativo. Il fattore umano è

necessario nei luoghi di lavoro; non parliamo più di operai alienati, che

svolgono la stessa mansione per ore, ma di individui che possono

partecipare attivamente alla crescita dell’azienda. In altre parole gli

elementi cardine sui quali si fonda la teoria di Mayo sono principalmente:

l’inserimento di gruppi di lavoro, all’interno dei quali ogni operaio può

contribuire con proprie idee e proposte, ed una maggiore interazione tra

gli organi direttive e gli stessi gruppi.

Questa nuova visione è nettamente in contrasto con quella di Taylor, la

motivazione del lavoratore non è più esclusivamente di natura economica,

ma coinvolge anche l’aspetto umano con l’autoaffermazione personale.

La scuola delle risorse umane aveva dimostrato che la razionalizzazione

dei compiti aveva portato ad uno svuotamento del lavoro, per cui solo un

13 www.dolmenconsulenza.it di Laura Limdio . (ultimo accesso ottobre 2010)

34

ambiente sociale motivante poteva restituire significato alla partecipazione

del lavoratore al processo produttivo.14

Un esempio calzante dei giorni nostri è rappresentato dall’accordo ERGO

UAS proposto da FIAT ai sindacati, al fine di risolvere l’agitazione sociale

che negli ultimi mesi ha colpito l’azienda torinese. L’accordo prevede in

sostanza condizioni lavorative simili a quelle adottate durante il periodo

del taylorismo, come ad esempio il passaggio da 16 turni a 18, la riduzione

delle pause giornaliere e l’incremento delle ore di straordinario annue pro

capite, fino alle ottanta ore. Le clausole riportate da questa proposta sono

per gli operai FIAT inaccettabili; infatti alcune delle critiche principali

riguardano il fatto che tali condizioni non permettono di conciliare la vita

lavorativa con quella familiare. Inoltre esse contribuiscono allo sviluppo di

alcuni danni alla salute, dovuti a sforzi da lavoro ripetuto, tipici degli

operai delle catene di montaggio.

Il caso FIAT ci mostra come le condizioni della realtà industriale italiana

sembrano per certi aspetti regredite. Il continuo evolversi del mercato

richiede un costante adeguamento da parte delle aziende e quindi dei

lavoratori. Se le aziende vogliono mantenere le quote di mercato

possedute devono necessariamente soddisfare la domanda in modo

puntuale, altrimenti gli verranno sottratte da altri concorrenti.

Flessibilità e capacità di adattamento sono le caratteristiche che deve avere

un buon candidato oggi. I dipendenti, come le aziende, devono essere

sempre pronti a soddisfare le richieste provenienti dal mercato e,

soprattutto, a far fronte a situazioni di crisi economica.

14 Fontana F. [1999] , Il sistema organizzativo aziendale ,Milano, Franco Angeli

35

Capitolo 2 : Il Processo di Employer Branding

2.1 Gestione del personale e vantaggio competitivo

Oggi le imprese operano in ambienti altamente competitivi. Per

riuscire ad affrontare la concorrenza ed a superarla devono far leva su

diverse risorse : fisiche, organizzative, di conoscenza e umane.15

Fra le risorse citate il patrimonio più importante è certamente quello delle

risorse umane; una corretta gestione del personale può rappresentare

infatti un vantaggio competitivo .

Quando si parla di Gestione delle Risorse Umane (GRU) si intende un

processo lungo ed articolato che riguarda l’acquisizione del personale in

azienda, la loro amministrazione, la valutazione, lo sviluppo e la

retribuzione. A fianco di queste attività prettamente gestionali vi sono

altri compiti di supporto del personale, tra cui : programmazione dei

processi interni ed esterni di assunzione, comunicazione dei fatti relativi al

lavoro, gestione ed attribuzione dei benefit e governance. Sono comprese,

quindi, un insieme di attività che hanno come target principale le persone

in quanto tali, con la loro intelligenza, le loro emozioni, i loro sentimenti.

Esistono imprese per le quali la gestione del personale è vista come la

semplice applicazione di norme, sia di legge che di contratto, che

riguardano il rapporto di lavoro. Questo approccio prettamente

burocratico è tipico delle piccole imprese e delle pubbliche

amministrazioni, le quali si limitano a curare l’indispensabile.

Questa prima configurazione è definita “Amministrazione del personale”;

in questo modello la funzione si caratterizza per una concezione di tipo

contabile- amministrativo.

15 Fischetti A. [2007], La Gestione delle Risorse Umane , Alpha Test , Milano

36

Dal punto di vista organizzativo la funzione Risorse Umane viene dunque

confusa con quella amministrativa. La segmentazione del personale

viene effettuata secondo un criterio legislativo e contrattuale per il quale la

classificazione dei lavoratori subordinati in Italia si divide principalmente

in quattro filoni principali : dirigenti, quadri, impiegati ed operai.

Ci sono, poi, altre configurazioni che si possono definire più avanzate e

che rivolgono un’attenzione maggiore alla persona in quanto collaboratore

e non semplicemente dipendente; per questi modelli più sviluppati gestire

le risorse umane significa considerare il fatto che le persone hanno altre

esigenze e necessità, oltre all’essere amministrate e retribuite.

Gli stessi dipendenti vengono definiti “clienti” e vengono segmentati in

base ai loro profili; i responsabili possono quindi differenziare i

programmi ad essi dedicati in funzione dei loro bisogni, delle loro

motivazioni e delle loro caratteristiche.

Nelle imprese dove viene utilizzato questo approccio, le attività di

gestione del personale sono in stretto collegamento con gli obiettivi di

competitività e di sviluppo. Le aziende, inoltre, godono di un valore

aggiunto che deriva dalla soddisfazione delle persone, le quali lavorando

in un clima positivo e stimolante riescono ad essere più produttive. E’

noto che il benessere psico-fisico di un lavoratore si riflette direttamente

sulle sue prestazioni, che insieme a quelle degli altri collaboratori,

rispecchiano le performances d’impresa sul mercato.

In accordo con un approccio Resources Based View (RBV), il successo di

un’impresa dipende dal modo in cui vengono acquisite e sviluppate le

risorse, le competenze e le capacità organizzative specifiche, difficilmente

trasferibili e imitabili.

Secondo la RBV il vantaggio competitivo è connesso al fatto che le imprese

sono eterogenee in termini di dotazione di risorse. Non tutte le risorse

hanno le potenzialità di condurre al vantaggio competitivo. Per avere tale

37

potenziale devono possedere alcune caratteristiche: devono produrre

valore, essere rare e difficilmente imitabili 16.

In questa prospettiva le imprese competono tra loro non solo nel mercato

dei prodotti e/o servizi, ma anche in quello delle risorse umane, al fine di

attrarre coloro che possiedono le competenze migliori, necessarie ai propri

processi di creazione del valore.

Se si vogliono raggiungere dei buoni risultati in termini di performance

d’impresa, è necessario agire alla base, ossia reperire le persone più

idonee, che possono assicurare delle brillanti prestazioni; è per questo che

la Direzione Risorse Umane deve imparare ad operare sempre di più in

una prospettiva strategica e non semplicemente amministrativo-contabile.

Il personale rappresenta la base di un’azienda; senza collaboratori

l’azienda non esisterebbe. Partendo da questo presupposto è importante,

quindi, che l’azienda investa sulle risorse umane, costruendo un

programma interamente dedicato ad esse, che parta dal loro reclutamento.

La recente crisi economica ha portato ad una riduzione delle assunzioni;

infatti il mercato del lavoro nel 2008 ha visto una diminuzione delle

opportunità di lavoro del 35-40%17, che ha provocato una forte sfiducia

nei giovani neolaureati .

Solo verso la fine del 2009 si è potuta constatare una ripresa in questo

ambito; le aziende, infatti, hanno ripreso gradualmente con le assunzioni,

se pur focalizzate verso reclutamenti più di qualità che di quantità. Dopo

questo periodo di incertezza, sono molte le imprese che preferiscono

ricercare figure professionali in grado di garantire un risultato sicuro;

privilegiano infatti ricerche mirate di modo da risparmiare tempo e

denaro. Questo dimostra come assumere una persona piuttosto che

un’altra possa fare la differenza in termini di produttività e prestazioni,

16 Izzo F. [2009], “Governance, struttura e vantaggio competitivo nei settori complessi : evidenza della Business Aviation Industry”, CEDAM. 17 Job advisor , edizione ottobre 2010

38

confermando così ancora una volta come anche in periodi di crisi le

aziende possono contare sulle risorse umane, le quali diventano l’elemento

principale per far fronte a questi periodi difficili.

In questo contesto è logico pensare che le strategie del settore HR devono

rispecchiare, ed in un certo senso incorporare, quelli che sono gli obiettivi

strategici dell’impresa e le esigenze di ogni singola Divisione.

La Direzione risorse umane viene così introdotta nel top management

dell’organizzazione, in modo che possa essere sempre a conoscenza delle

diverse esigenze di business ed allineata alle strategie.

In una configurazione avanzata di questo tipo, la classificazione del

personale diventa molto articolata e rappresenta la base di quello che

viene chiamato marketing interno. Si tratta di una segmentazione che

procede in senso orizzontale (funzionale), professionale e culturale, fino

ad arrivare alla creazione di politiche personalizzate su certi gruppi

professionali o addirittura per alcune figure chiavi.

Il modello così presentato è fortemente focalizzato sulla gestione di quelli

che sono gli elementi intangibili, concentrandosi infatti sullo sviluppo del

loro valore. Tale alternativa è la più diffusa in aziende medio- grandi,

orientate all’innovazione di prodotto e di mercato, che affrontano contesti

sociali sviluppati e sempre in evoluzione. Per questo tipo di aziende è

necessario trovare un equilibrio con tutti gli stakeholders , secondo una

concezione puramente sistemica; l’impresa deve essere in grado di

adeguarsi continuamente all’ambiente circostante e per fare questo deve

partire dalla base ossia deve dotarsi delle migliori persone disponibili.

39

2.2 Costruire una Employer Value Proposition

L’Employer Branding , può essere definito come l’insieme degli sforzi

compiuti da un‘azienda per costruire e comunicare la propria identità sul

mercato esterno ed interno del lavoro, in modo che sia il brand stesso ad

attrarre e fidelizzare i soggetti in linea con la cultura aziendale.

Non vuol dire quindi soltanto una pubblicizzazione del posto di lavoro,

ma una costruzione di un ambiente lavorativo appetibile fatta a priori; in

altre parole lo sviluppo di un brand che faccia da calamita per quei

candidati che saranno in grado di esprimere al meglio le proprie

potenzialità.

L’ Employer Branding si divide principalmente in due grandi filoni :

1. EB verso soggetti esterni : Attraction & Recruitment

2. EB verso soggetti interni : Retention

Il primo riguarda l’attrazione ed il reclutamento dei migliori

laureandi/neolaureati in circolazione, mentre il secondo si rivolge alla

fidelizzazione dei migliori collaboratori già impiegati in azienda.

Concretamente, quando parliamo di EB possiamo prendere in

considerazione diversi elementi:

• Benefit

• Busta paga

• Contesto di lavoro

• Work life balance e cultura aziendale

• Product brand

Per Benefit si intendono tutte quelle forme di gratificazione che non

rientrano nell’aspetto economico, ossia tutti quei privilegi messi a

disposizione del dipendente, come ad esempio il telefono e/o auto

aziendale, computer personale ed orari flessibili. Quando parliamo invece

40

di Busta paga chiaramente intendiamo la remunerazione percepita, la quale

risulta essere adeguata se in relazione ad anzianità e/o titolo di studio, o

comunque se riesce a compensare gli sforzi sostenuti in azienda.

Per quanto riguarda il Contesto di lavoro intendiamo l’organizzazione

generale dell’azienda, com’ è strutturata, la tipologia delle relazioni tra

colleghi e la comunicazione interna, in altre parole il clima lavorativo che

rappresenta realmente l’azienda.

Non molto diverso è il concetto di cultura aziendale che racchiude tutto

l’apparato normativo e consuetudinario che gestisce i rapporti aziendali,

mentre per Work life balance si intende tutto ciò che viene fatto per

conciliare la giornata lavorativa dei propri collaboratori con la loro vita

privata : orari flessibili , asili nido aziendali, palestre e convenzioni varie.

Per Product Brand comprendiamo tutti quei componenti che si riferiscono

strettamente al prodotto/servizio fornito dall’azienda come qualità,

prezzo, livello di tecnologia, immagine e prestigio. Questo perché

normalmente l’azienda viene identificata anche per quello che produce,

rappresentando quindi uno status symbol (ad esempio lavorare in Ferrari

non è la stessa cosa di lavorare in una piccola impresa).

L’obiettivo del processo di Employer branding non è solo fare in modo che

la persona si ricordi dell’azienda (employer brand awareness), ma anche

riuscire a far emergere l’azienda dal contesto, creando quindi

un’immagine unica rispetto ai competitors.

Prima di analizzare in dettaglio le diversi fasi del processo di Employer

Branding dobbiamo soffermarci ad osservare il target al quale si riferisce

la strategia; infatti nel momento in cui si vogliono applicare determinate

metodologie e passare alla fase pratica, è necessario effettuare alcune

analisi. Partiamo da quella che può essere definita un’indagine interna,

41

osservando quindi tutto quello che al momento rappresenta l’azienda, cioè

cosa offre, cosa la rende attrattiva, quali sono i valori a cui si ispira ecc.

Ad esempio conoscere come gli attuali dipendenti considerano la propria

azienda è importante in quanto ognuno di loro è un vero testimonial che

può promuovere o criticare l’azienda a seconda di quella che è o è stata la

sua esperienza.

Queste tipologie di analisi quali-quantitative sono indispensabili perché

permettono di:

• valutare la coerenza tra l’immagine aziendale percepita dal neo assunto

in fase di recruiting e l’immagine percepita dopo la sua assunzione;

• comprendere se la promessa fatta in fase di recruiting è stata realmente

mantenuta;

• capire quali sono i bisogni/desideri che il neo assunto vorrebbe vedere

realizzati all’interno del proprio ambiente di lavoro al fine di ridurre

l’eventuale rischio di turn-over.

• valutare la disponibilità dei dipendenti a supportare gli obiettivi ed a

condividere i valori aziendali;

• valutare il livello di fiducia che viene mostrato nei confronti dei

prodotti/servizi forniti dall’azienda;

• valutare il senso di appartenenza, il livello di soddisfazione per il

proprio lavoro e la fiducia nelle prospettive di crescita professionale;

• lo spirito di iniziativa espresso,la disponibilità a promuovere l’azienda

all’esterno;

• l’intenzione e/o desiderio di rimanere in azienda nel tempo.18

Una volta considerati questi aspetti possiamo passare ad un ‘analisi

esterna, cioè raccogliere informazioni riguardo a come l’azienda è vista dai

18 http://risorseumane.monster.it (ultimo accesso ottobre 2010)

42

candidati in cerca di lavoro o come ad esempio si posiziona nel mercato

rispetto ai competitors.

Le due analisi, interna ed esterna, fanno parte dell’ Employer Branding

Process (EBP), processo che può essere suddiviso brevemente in 5 fasi

(Amendola 2008) :

1) Analisi del target interno ed esterno: come per un qualsiasi processo di

comunicazione, bisogna stabilire ed individuare il soggetto recettore. Per

far questo l’azienda deve prima di tutto analizzare quelli che sono i suoi

valori ed il suo stile organizzativo e ricercare possibilmente un profilo che

sia adeguato al proprio stile aziendale. In sostanza da un lato bisogna

segmentare il mercato esterno di riferimento ed individuare i potenziali

interessati, dall’altro lato l’azienda deve individuare coloro i quali, nel

mercato interno, ossia in azienda, svolgono le migliori prestazioni .

2) Analisi del posizionamento attuale: determinare il posizionamento

detenuto sul mercato del lavoro e il posizionamento in relazione agli altri

concorrenti. Cercare quindi di analizzare come la propria offerta viene

percepita dal mercato e soprattutto dalle persone in cerca di lavoro, cioè

monitorare se la proposta dell’azienda viene comunicata in modo chiaro

ed efficace o meno.

3) Elaborazione della Employer Value Proposition ( EVP) : non è altro che

l’offerta dell’azienda in termini di esperienza : rapporto di lavoro, clima

aziendale, benefits e gratificazioni varie. Elaborare quindi un’ identità e

costruire un messaggio.

4) Comunicazione dell’ Employer Brand: Scegliere dei canali da utilizzare

per comunicare la propria Employer Value Proposition. Tutti gli elementi

comunicativi vanno coordinati con le altre forme di comunicazione

aziendale, secondo un’ ottica di comunicazione integrata;

43

5) Monitoraggio e analisi dell’ immagine : monitorare i risultati raggiunti

con l’Employer Brand Metrics. L’ultima fase è molto importante perché

permette di verificare a posteriori l’efficacia della strategia utilizzata, sia

da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Tra gli indicatori che

possono fornirci feedback utili troviamo :

• Tasso utilità CV ricevuti (CV utili/CV ricevuti): vengono valutati

quanti curricula sono in linea con le effettive esigenze dell’azienda.

• Tasso di abbandono o perdita dei candidati durante l’iter selettivo:

spesso nelle grandi aziende la selezione può durare anche alcuni

mesi, per questo motivo può succedere che giovani talenti

abbandonino l’iter selettivo poiché hanno già ricevuto proposte da

altre aziende.

• Rank position come Best Employer of choice: una classifica delle

aziende nelle quali si preferisce andare a lavorare.19

• Indicatori di costo : viene stilato il resoconto del costo della

campagna reclutamento sulle assunzioni effettuate.

• Analisi circa l’eventuale turnover degli inseriti

• Coinvolgimento dei neo-inseriti per valutare la coerenza tra

messaggio e realtà aziendale.

Il modello qui proposto è quello dell’Employer Branding Process (EBP).

Esso si caratterizza per essere molto simile ad un qualsiasi processo di

marketing, ma si differenzia in quanto la funzione aziendale che deve

sviluppare il processo EB è quella delle Risorse Umane e non quella del

Marketing .

Un secondo elemento importante, che differenzia questa strategia dal

marketing, è il soggetto recettore: l’employer branding, che ha come target

19 www.recruitingleadersforum.com di Eugenio Amendola (ultimo accesso novembre 2010)

44

da una parte i potenziali candidati e dall’altra i dipendenti, che

costituiscono i “clienti”.

Secondo Eugenio Amendola (2008), a differenza del marketing, l’employer

branding deve essere veritiero, non può contrabbandare un ambiente di

lavoro come ottimo se non è così, perché il suo obiettivo non è solo attrarre

i candidati più promettenti, ma far sì che rimangano in azienda.

È in questa cornice che si inserisce il Modello ASA , Attraction- Selection –

Attrition (Schneider, 1987), che spiega come aziende e candidati con gli

stessi principi tendono a scegliersi a vicenda. Secondo questo modello le

persone che vanno a lavorare per un’organizzazione lo fanno sulla base di

sentimenti di attrazione, perché percepiscono l’azienda come più vicina a

loro. L’azienda a questo punto seleziona solo quei candidati che realmente

rispecchiano le sue caratteristiche (Selection); la fase successiva di Attrition

avviene nel momento in cui ci sono candidati che non riescono ad

adattarsi all’ambiente di lavoro, in quanto riscontrano un contesto diverso

da quello che inizialmente credevano. In genere in quest’ultima fase i

collaboratori abbandonano l’azienda.

2.2.1 Differenziare la propria offerta.

Il mercato oggi ha raggiunto livelli concorrenziali molto alti. L’offerta, in

particolare delle aziende di servizi, si è completamente omogeneizzata.

Accrescere i propri margini di profitto è diventata una sfida sempre più

difficile da affrontare e da più parti ci si è accorti che l’elemento che

realmente può fare la differenza e dare un valore aggiunto all’impresa, è

un’organizzazione efficiente del personale e una comunicazione ottimale

dell’immagine aziendale.

Il ruolo del management diventa fondamentale nella partecipazione e nel

coinvolgimento di tutti i settori aziendali, nel miglioramento della

45

comunicazione interna e nel rafforzamento della motivazione del

personale.

Come nel più semplice approccio di marketing tradizionale, il cliente

interno (il dipendente) decide di acquistare il prodotto azienda; questo

vuol dire che la strategia da applicare per vendere il prodotto azienda

dovrà essere curata con la stessa attenzione utilizzata per la vendita di un

prodotto.

La decisione di appartenere ad un impresa è una decisione non solo basata

su una questione economica, ma anche su tutti i benefici che ne derivano e

sull’orgoglio di appartenenza. I driver da tenere in considerazione per

formulare una buona offerta sono tanti e possono variare in base al settore

di riferimento ed alla figura professionale.

Per differenziare la propria offerta dalle altre è necessario tenere in

considerazione che si sta vendendo un prodotto, ovvero l’impresa come

datore di lavoro. Ad eccezione di alcune figure professionali appartenenti

a specifici settori merceologici, l’azienda in quanto datore di lavoro si

trova ad essere in competizione con tutte le altre, nessuna esclusa. Capita

spesso che aziende le quali normalmente abbracciano diversi business, si

trovano a dover “combattere” per la stessa risorsa.

Il Cliente interno, quindi, è colui il quale sta a valle di qualsiasi processo

lavorativo, produttivo e di servizio. In questo senso chiunque all’interno

di un’organizzazione può essere considerato cliente.

Il personale nel suo insieme è nello stesso tempo cliente e fornitore,

destinatario ed utente di: informazioni, azioni, progetti. Ciò vuol dire che

i dipendenti si devono identificare nell'azienda, si devono sentire parte

integrante di essa, in modo che le scelte che compiranno nell’erogazione

del servizio saranno le più adeguate, quasi come se fossero state prese dal

titolare.

46

Per fare questo è necessario che il dipendente venga coinvolto nel processo

decisionale e, soprattutto, che le scelte compiute dalla direzione siano

sempre illustrate e spiegate, affinché il lavoratore comprenda le

motivazioni delle scelte che a volte possono apparire errate.

La comunicazione interna è una risorsa importantissima; il personale

informato che si senta parte di un progetto collettivo, è stimolato a dare il

meglio e questo permette all’organizzazione di offrire un prodotto di

qualità, che coinvolge tutti i fronti.

Come riuscire concretamente a differenziare la propria offerta?

Prima di tutto è importante che il messaggio rispecchi quelli che sono i

valori dell’azienda, ossia che ci sia una coerenza tra messaggio ed offerta

reale. L’allineamento deve interessare tutti gli elementi della

comunicazione: lo slogan, il logo e più in generale la grafica.

L’offerta non deve basarsi solo su fattori tangibili, come una buona

remunerazione economica, ma deve anche puntare su driver intangibili,

poiché l’aspetto economico riscuote successi solo nel breve periodo.

Il fattore stipendio può stimolare la motivazione solo all’inizio del

rapporto lavorativo, ma sicuramente non può mantenerla a lungo termine;

in altre parole costruire una campagna di Employer branding solo su

aspetti economici può essere efficace nell’attrarre, ma non nel trattenere e

fidelizzare.

Un metodo efficace per differenziare la propria offerta è la Co-costruzione

del messaggio (Lizzani 2008); la metodologia prevede che l’azienda ed il

target cooperino insieme per arrivare a definire il contenuto della

campagna di Employer branding.

Il coinvolgimento attivo del target nell’EBP diventa uno strumento per

sviluppare un messaggio capace di colpire il soggetto recettore; questo

metodo è fondato sull’idea che nessuno meglio di un talento può costruire

una campagna di comunicazione rivolta al target di cui lui stesso fa parte.

47

I talenti, infatti, conoscono il linguaggio più adeguato da utilizzare ed

inoltre perché conoscono i luoghi fisici e virtuali in cui il target può essere

“colpito”.

Dall’altro lato, i dipendenti interni possono essere utili per valutare la

coerenza tra il contenuto del messaggio della campagna ed i fattori

tangibili/intangibili effettivamente presenti all’interno dell’azienda. Dopo

un coinvolgimento di questo tipo, qualora emergesse una differenza tra

messaggio comunicato e la realtà dei fatti, l’azienda ha la possibilità di

modificare il contenuto della campagna e può così cogliere l’occasione per

analizzare le motivazioni che stanno alla base di questo gap; se i

dipendenti interni hanno una percezione diversa dell’azienda da quella

che si vuole pubblicizzare, vuol dire che le politiche di gestione delle

risorse umane non hanno avuto successo, e quindi sarebbe opportuno

intervenire anche a modificare quest’ultime.

Non sono poche le aziende che promuovono ottime campagne

pubblicitarie di reclutamento, ma non fanno nulla per assicurarsi che al

proprio interno venga creato un ambiente di lavoro in grado di

trasmettere una employer experience unica e distintiva, ma soprattutto

coerente con il messaggio che si cerca di trasmettere fuori dall’azienda.

Prima di pensare a qualsiasi attività di comunicazione verso l’esterno,

sarebbe opportuno domandare agli attuali collaboratori cosa pensano

dell’azienda, vista come posto in cui lavorare, individuando punti di forza

e punti di debolezza ed analizzando, anche come essi vedono

l’organizzazione in relazione ai diretti competitors. L’opinione dei

neoassunti può essere molto importante nel valutare se l’azienda ha

mantenuto verso di loro le aspettative iniziali o se queste sono state

deluse.

L’immagine dell’azienda come employer diventa oggi importante al pari

dell’immagine aziendale presso i consumatori finali. Molte imprese hanno

48

difficoltà a comunicare con gli studenti ed i giovani professionisti che

vorrebbero assumere, perché usano canali di comunicazione poco adatti o

messaggi che non riescono a colpire con efficacia l’interesse dei futuri

collaboratori.

Il concetto del modello di Co-costruzione è esattamente quello che sta alla

base delle indagini di mercato; per migliorare il “prodotto azienda”, come

datore di lavoro, viene interpellato direttamente il target.

49

2.3 Strategie di Attraction & Recruitment

Abbiamo già definito l’Employer Branding come una strategia che si

compone di due filoni principali : Attraction e Retention .

Per Attraction si intende la capacità di attirare i migliori talenti in azienda;

l’ impresa deve fare in modo che il candidato la riconosca come il miglior

datore di lavoro presente sulla piazza. Se una volta le aziende potevano

concedersi “il lusso” di scegliere i migliori candidati, oggi la situazione è

differente: invertendosi i rapporti di forza sul mercato del lavoro, sono i

talenti a scegliere l’azienda in cui lavorare.

L’impresa nella fase di acquisizione del capitale umano ha a disposizione

sia il mercato del lavoro esterno che quello interno.

Le attività e gli strumenti utilizzati nelle diverse fasi che compongono il

processo sono differenti, a seconda della tipologia di mercato utilizzata e

del tipo di risorsa che viene ricercata (neolaureati, professional o dirigenti )

Una strategia di Attraction ha successo qualora la maggior parte dei

curricula ricevuti sono in linea con le richieste dell’azienda. Non si tratta

quindi di un discorso di quantità, bensì di qualità, ossia se le candidature

ricevute soddisfano gli standard richiesti dall’azienda, significa che il

messaggio trasmesso dall’impresa è stato efficace ed ha colpito il target

giusto. Per trasmettere il messaggio giusto è necessario effettuare a priori

un’analisi della posizione da ricoprire, quindi comprendere e descrivere in

modo chiaro e dettagliato le caratteristiche del ruolo preso in esame.

Stilare una job description puntuale e dettagliata rappresenta il passo

iniziale che un’azienda deve compiere se vuole ricevere profili

interessanti.

Ricevere curricula coerenti con le aspettative iniziali vuol dire ridurre i

tempi di screening ed in sostanza ridurre tempi e costi del processo di

recruiting.

50

Per ricercare i candidati spesso alcune aziende si affidano a società esterne

specializzate per il lavoro temporaneo ed interinale; questa soluzione

riduce le tempistiche di screening, in quanto le agenzie presentano una

short list delle migliori candidature ricevute. D’altro canto però si rischia di

perdere il controllo sulla valutazione delle caratteristiche soggettive di

ciascun candidato, in quanto solo il Recruiter d’azienda direttamente

responsabile riesce ad effettuare una valutazione migliore, poiché conosce

alla perfezione i valori a cui l’organizzazione si ispira ed è quindi in grado

di selezionare il candidato che rispecchi maggiormente la cultura

aziendale.

Molte aziende svolgono anche attività di recruitment interna tra le persone

già inserite nell’organico. Per effettuare una ricerca di questo tipo

l’azienda deve possedere una banca dati aggiornata delle risorse interne

che potrebbero rispondere alle caratteristiche ricercate. La selezione

interna stimola la motivazione e la concorrenza tra i collaboratori ed

inoltre può rappresentare un’alternativa alla ricerca esterna, che comporta

un costo non indifferente e prevede un periodo di adattamento e

socializzazione delle risorse umane neo inserite.

Dal punto di vista del lavoratore, il reclutamento interno rappresenta

un’opportunità per fare carriera ed un incentivo motivazionale che

accresce il suo attaccamento all’azienda. Oltre ai vantaggi, questa modalità

presenta anche dei limiti legati all’obsolescenza delle risorse impiegate in

azienda; infatti se l’intenzione dell’azienda è quella di puntare

sull’innovazione e sul cambiamento della struttura organica, la scelta di

un reclutamento esterno è sicuramente la migliore.

I canali di comunicazione utilizzati per sviluppare una strategia di

Attraction verso l’esterno sono molteplici. Si passa dall’uso dei canali

tradizionali, all’uso dei canali non conventional, come i social network.

51

Workshop all’interno delle università, job fair, testimonianze riportate

all’interno di alcuni moduli di lezione ed il sito web ufficiale aziendale

rimangono i canali più utilizzati per reclutare giovani studenti.

52

2.4 Politiche di Retention e Benefits

La strategia di Retention comprende tutte quelle attività che sono capaci di

fidelizzare gli “alti potenziali” già presenti in azienda.

Nell’odierno scenario economico e sociale il reale vantaggio per le imprese

risiede nelle politiche di gestione e valorizzazione delle risorse umane. La

risorsa umana ha smesso di essere considerata un costo d’impresa,

divenendo così una risorsa strategica indispensabile; per questo motivo

l’attività di formazione e gestione assume notevole importanza.

In passato si è ritenuto che l’incentivo economico fosse il mezzo più

potente per spingere le persone a fare un buon lavoro; in realtà se non c’è

consenso, o meglio se non c’è percezione in chi lavora che quanto si sta

facendo risponde alle proprie aspettative, diventa impossibile perseguire

la qualità.

L’efficacia della strategia di Retention si misura prima di tutto attraverso il

tasso di turnover. Se molte persone abbandonano l’azienda dopo poco

tempo, evidentemente significa che non sono rimaste soddisfatte del

trattamento ricevuto.

La soddisfazione del dipendente in questo caso è fondamentale perché è

direttamente proporzionale alla qualità delle sue prestazioni, alla sua

motivazione ed alla sua voglia di mettersi in gioco. La motivazione deve

essere continuamente alimentata, il collaboratore deve sentirsi parte

integrante del team e sentire che l’azienda non lo sta sfruttando, ma sta

investendo su quelle che sono le sue potenzialità e le sue conoscenze; è per

questo che molte aziende offrono programmi di coaching e/o di mentoring,

in modo da coltivare il potenziale dei manager.

Alla fine del 1800, durante gli anni del Taylorismo, la leva motivazionale

era solamente di carattere retributivo; le uniche relazioni umane che si

53

potevano creare con i dipendenti erano basilari e finalizzate ad evitare le

agitazioni sindacali.

Con Elton Mayo, nei primi decenni del 1900, si diffonde all’interno delle

fabbriche l’importanza del fattore umano e di un ambiente lavorativo

socialmente gradevole; da una logica di rispetto ferreo delle norme e dei

tempi produttivi, si passa ad una maggiore attenzione del personale.

Nonostante questa filosofia organizzativa avesse come obiettivo il

miglioramento delle condizioni lavorative degli operai tayloristi, rimase

solo un modello teorico, non realmente applicato almeno fino agli anni ’60.

Oggi un’impresa di qualità non solo deve mettere al centro le aspettative

dei lavoratori, ma soprattutto deve considerare e coinvolgere attivamente

le organizzazioni sindacali; attuare una politica di gestione che include a

trecentosessanta gradi tutti gli stakeholders, inclusi i sindacati, è l’unico

modo per rendere i lavoratori protagonisti dell’azienda.

Le organizzazioni sindacali rappresentando la collettività aziendale, sono

un’importante fonte d’informazione per quelle che sono le volontà dei

lavoratori e le loro richieste e proprio per questo motivo devono essere

coinvolte tramite la partecipazione diretta alla Direzione per quel che

riguarda le decisioni circa i dipendenti.

La creazione di un clima relazionale sereno e collaborativo tra capi,

collaboratori ed organizzazioni sindacali, favorisce l’incremento della

produttività aziendale; infatti le motivazioni e le aspettative dei lavoratori

influenzano le modalità di esecuzione ed i risultati dei compiti assegnati.

La Direzione delle Risorse Umane ha principalmente due dimensioni: una

individuale regolata dalla Human Resources Management ed una

collettiva strettamente connessa alle Relazioni Industriali. La prima

comprende tutte le attività che caratterizzano il ciclo di gestione, ossia la

selezione e pianificazione delle risorse umane, la direzione per obiettivi, i

sistemi di valutazione e di premiazione ed infine i meccanismi di

54

incentivazione. Le Relazioni Industriali invece rappresentano un modello

teorico di analisi e gestione dei sistemi di regolazione dei rapporti di

lavoro. Per mezzo dell’attività di contrattazione sindacale, le relazioni

industriali tendono a regolare quegli istituti e quelle materie dei rapporti

di lavoro che mirano a rappresentare la dimensione collettiva e danno

luogo ad importanti fonti regolative come i Contratti Collettivi Nazionali

di Lavoro ( CCNL) .20

Strutturare sistemi di incentivazione è utile per motivare i collaboratori.

Con questi programmi le persone sono stimolate a contribuire a quelle

che sono le prestazioni dell’azienda nel complesso, poiché verranno

premiate in base ai risultati effettivamente conseguiti.

Monitorare le performances dei collaboratori è importante poiché essi

saranno spronati a dare il meglio; lavorare al raggiungimento di obiettivi

concreti contribuisce a responsabilizzare le persone ed ad insegnare loro

come gestire il proprio tempo.

L’attivazione di una direzione per obiettivi, Management By Objectives

(MBO), si propone di dar vita all’attivazione di tre strumenti gestionali

fondamentali a livello aziendale: il monitoraggio, che verifica se l’attività

produttiva procede in modo efficiente, il controllo , che riporta le eventuali

varianze ed infine la valutazione, che misura il raggiungimento dei risultati

e premia coloro che hanno avuto atteggiamenti coerenti con gli obiettivi

dell’azienda.

MBO significa capacità decisionale, di raggiungimento dei risultati e di

individuazione degli obiettivi: obiettivi di routine, di innovazione, di

miglioramento. Un obiettivo deve essere rilevante, deve focalizzarsi su un

risultato e non su una attività, deve essere specifico, misurabile, correlato

ad un periodo di tempo21

20 Cocozza A. [2006] , Direzione Risorse umane – politiche e strumenti per l’organizzazione e la gestione delle relazioni di lavoro, Milano, Francoangeli 21 http://management.monster.it

55

Alcuni decenni di ricerca sul tema dimostrano che se gli obiettivi sono

generalmente condivisi, la probabilità che questi vengano raggiunti è

maggiore; molto importante quindi è il ruolo che la comunicazione

organizzativa svolge in azienda, poiché una mancanza di informazioni, e

quindi di riferimenti chiari, determina ansia e spinge gli individui ad

adottare comportamenti opportunistici.

Il processo di valutazione è essenziale in un’organizzazione, perché

permette di differenziare le prestazioni dei collaboratori ed inoltre fornisce

informazioni utili per strutturare i programmi di formazione, sviluppo e

percorsi di carriera, segnalando le potenzialità future.

La valutazione delle prestazioni prende in esame le capacità professionali

dei lavoratori, l’adeguatezza dei comportamenti ed i risultati di suddette

prestazioni. Bisogna tenere in considerazione che fattori organizzativi

come ambiente, rapporti fra colleghi, stile di leadership e/o mancanza di

prospettive di carriera, possono influire sulle performance dell’individuo.

Per strutturare delle politiche di gestione delle risorse umane vincenti

bisogna domandarsi quali sono i fattori, gli elementi e le politiche

aziendali che sono in grado di far eccellere un’azienda rispetto alle altre.

Indagare su quali sono i fattori motivanti per studenti e laureati è un buon

inizio per strutturare una strategia di Employer Branding.

Secondo una ricerca effettuata dalla Best100, le aziende preferite dagli italiani

nel 2007, risulta che la formazione e la crescita professionale è il driver più

apprezzato dai giovani in cerca di lavoro.

56

Gli elementi usati dalle aziende per attirare i talenti:

1. Formazione e crescita professionale: 38,9%;

2. Possibilità di carriera: 28,5%;

3. Possibilità di lavorare in contesti internazionali: 23,0%;

4. Brand e reputazione aziendale: 16,0%;

5. Sicurezza del posto di lavoro: 10,8%;

6. Stipendio e benefit: 1,1%.

Gli elementi valutati con maggiore interesse da diplomati e laureati:

1. Formazione e crescita professionale;

2. Stipendio e benefit: 61,3%;

3. Clima aziendale: 49,5%;

4. Opportunità di lavorare in contesti internazionali: 31,7%;

5. Brand e reputazione aziendale: 24,6%;

6. Sicurezza del posto di lavoro: 20,4%.

Nella competizione globale sono le scelte sul capitale umano a fare la

differenza ed è per questo che in molte imprese multinazionali le attività

di formazione e sviluppo diventano sempre più importanti e strategiche.

I giovani laureati oggi nel giudicare un’offerta valutano con molta

attenzione il percorso professionale che gli viene offerto ed in che modo

l’azienda, con adeguati percorsi di formazione, investe sulle loro capacità e

competenze.

In periodi di crisi è più economico organizzare corsi di aggiornamento per

rendere il personale più qualificato, che ricercare figure professionali ex

novo.

Formare il personale, per certi versi, può rappresentare anche un

investimento rischioso, perché legato alla permanenza del lavoratore in

azienda; per questo è necessario fare leva anche su altri driver per

trattenere il lavoratore nell’organizzazione.

57

Attualmente la formazione del personale è un’attività necessaria; la qualità

dei collaboratori si rispecchia direttamente in quelli che sono i risultati

dell’azienda e per questo un corretto programma di formazione costruito

ad hoc sul profilo aziendale risulta essere immediatamente spendibile nel

contesto lavorativo. Non bisogna pensare, quindi, che la formazione ed il

lavoro siano due momenti distinti, poiché questi devono essere combinati

per tutta la permanenza del lavoratore in azienda. Il ruolo della

formazione negli ultimi anni assume anche una funzione sociale, in

quanto è finalizzata allo sviluppo personale, economico e civile.

A tal proposito il panorama aziendale mondiale nell’ultimo decennio ha

assistito alla proliferazione della Corporate University, la quale non è altro

che una learning organization, il cui obiettivo è quello di allineare la qualità

delle risorse umane alle strategie d'impresa.

La Corporate University è dunque uno strumento che:

- sviluppa le competenze strategiche di un’organizzazione: mira a

consolidare nelle persone ed a trasformare in patrimonio organizzativo

l’insieme delle conoscenze, esperienze, valori indispensabili per competere

nel tempo con successo;

- promuove apprendimento e innovazione: si propone di costituire un

valido supporto alla comunicazione ed alla realizzazione della vision, degli

obiettivi, della cultura e dei valori aziendali.22

La Corporate University è uno strumento fondamentale per competere

nell’epoca della knowledge economy, in cui le risorse critiche sono

rappresentate dalle competenze delle persone; tali competenze richiedono

di essere continuamente aggiornate per fronteggiare l’evoluzione del

contesto, i nuovi mercati e le nuove tecnologie.

Gestire il sapere, il know-how di un’azienda, è fondamentale. Il sapere da

implicito e tacito, difficile da condividere e da comunicare, deve essere

22 www.eosmc.com/ (ultimo accesso novembre 2010)

58

codificato e documentato. Bisogna dunque, strutturare un processo che

consenta di trasferire le conoscenze dall'individuo al gruppo, per mettere

in comune ed arricchire il sapere necessario a raggiungere gli obiettivi

aziendali.

La Corporate University può offrire una formazione continua e costante,

orientata al futuro, su temi e contenuti strategici. Essa rappresenta una

risorsa importante per le imprese che l’hanno introdotta, perché permette

di sviluppare le strategie ad hoc per il business e le metodologie, che

possono essere costruite e personalizzate sul profilo dell’azienda stessa.

Oltre alla formazione, nel pacchetto dei benefits più richiesti troviamo

anche l’esigenza di una giornata lavorativa che permetta di avere un

giusto equilibrio tra lavoro e vita privata. Per far fronte a questa necessità

bisogna creare programmi strutturati che possano ricompensare lo sforzo

lavorativo con premi, agevolazioni e orari flessibili soprattutto per le

mamme lavoratrici.

Secondo la Normativa europea del 2006 che riguarda “la Relazione della

Commissione sulla parità tra uomini e donne “, alla voce Promuovere

un’efficace conciliazione tra attività professionale e vita familiare, troviamo :

<<Un buon equilibrio tra attività professionale e vita familiare aiuta a

ridurre i divari tra donne e uomini ed a migliorare la qualità dell’ambiente

di lavoro, contribuendo nel contempo ad affrontare il problema dei

cambiamenti demografici>>. Il calo demografico, infatti, è dovuto anche al

fatto che ormai le donne lavorano alla pari dei loro compagni uomini; ad

eccezione delle fortunate che lavorano part-time, le altre donne non

riescono a conciliare la carriera con la vita da mamma.

Costruire programmi di Work life Balance è l’unica soluzione a tale

problema; ma cosa vuol dire veramente? Si tratta di individuare ed

applicare iniziative e servizi che supportino i propri collaboratori:

59

- a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro

- a sgravarsi di alcune incombenze burocratiche

- nella gestione dei bambini e dei familiari, dei loro problemi pratici e

psicologici

- nell'organizzazione e gestione di viaggi e momenti di tempo libero

- a vivere in un ambiente di lavoro gradevole e, quando è possibile,

"personalizzato" ai propri gusti ed esigenze (personali e professionali)23

L’impresa deve promuovere attività sociali esterne per i lavoratori come

spazi sociali ed associazioni culturali e ricreative, in modo da rafforzare

l’interazione sociale ed il legame emozionale nei confronti dell’azienda.

Sempre facendo riferimento al Retaining, è importante concentrarsi anche

sulle politiche di retribuzione, sul mero aspetto economico. Tra i sistemi

retributivi incentivanti troviamo la provvigione, il profit sharing, i fringe

benefit, le assicurazioni sanitarie, previdenza integrativa e le stock options .24

Per quanto riguarda gli aspetti non legati al compenso economico,

recentemente in diverse aziende innovative si persegue una politica di

benefit à la carte, rivolta al personale che ha raggiunto i risultati migliori,;

l’impresa punta ai flexible benefit, perché ha scoperto che se un premio

viene scelto direttamente dalla persona, esso è apprezzato di più e per

questo motivo contribuisce maggiormente ad incrementare la motivazione

dei lavoratori, necessaria per continuare la propria performance.25

In generale qualsiasi azione che possa soddisfare un bisogno del

collaboratore o migliorare la sua condizione lavorativa può essere

considerata un incentivo.

23 www.worklifebalance.it (ultimo accesso novembre 2010) 24 Per profit sharing si intende che parte della retribuzione è legata alla partecipazione agli utili , mentre fringe benefit comprende tutti quei compensi accessori che non sono monetari. 25 Cocozza A. [2006] , Direzione Risorse umane – politiche e strumenti per l’organizzazione e la gestione delle relazioni di lavoro, Milano, Francoangeli

60

Altri elementi importanti di una strategia di Retaining riguardano la

soddisfazione relativa all’ambiente di lavoro, i programmi di mobilità

nazionale ed internazionale e la sicurezza del posto aziendale.

Ogni azienda rappresenta un caso specifico di gestione, quindi ciascuna

deve costruire un percorso di crescita e di carriera in base alla tipologia del

proprio organico ed alla grandezza della struttura aziendale. Per le

aziende, le quali fanno leva su percorsi di carriera “veloci” e stimolanti, è

importante rispettare questo iter inizialmente presentato. Esistono infatti

aziende che offrono passaggi di carriera così fortemente scadenzati che,

qualora il collaboratore non venisse promosso ad un inquadramento

superiore entro una determinata scadenza, vedrebbe spezzarsi quel

meccanismo di fiducia che regge un ottimo rapporto lavorativo. Questa

delusione di aspettative spesso si trasforma in un abbandono del gruppo.

Per quanto riguarda i programmi di mobilità, molte aziende medio-grandi

praticano quello che viene chiamato job rotation, ossia cambiare postazione

o posizione lavorativa sempre all’interno della stessa azienda per alcuni

mesi. Questa strategia, applicata soprattutto nelle grandi imprese,

permette di conoscere più di un settore e quindi di avere una visione

globale dei problemi che in un ambiente di lavoro possono insorgere, sia a

livello di relazioni umane che a livello produttivo.

La valorizzazione del capitale umano, anche attraverso processi di job

rotation internazionale, rappresenta un importante strumento per

sviluppare le professionalità dei migliori profili presenti in azienda.

La mobilità sia nazionale che internazionale rappresenta un'opportunità

per accrescere le conoscenze e le capacità dei propri collaboratori,

permettendo loro di mettersi in gioco in contesti nuovi, valorizzando il

senso di appartenenza; a tal proposito alcune multinazionali danno

l’opportunità anche di lavorare per alcuni mesi in filiali estere per la stessa

posizione per la quale si viene assunti.

61

Capitolo 3 : L’utilizzo del Web 2.0 per sviluppare

strategie di Employer Branding.

3.1 L’evoluzione della Net Economy

La Net Economy, da alcuni definita anche New Economy, è il

settore in cui operano le aziende che elaborano servizi e prodotti legati alle

nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. Questo termine

indica quindi l'insieme delle attività, delle aziende e degli investimenti che

si basano in grandissima parte sulla Rete.

Le aziende che operano nella Net Economy utilizzano i processi e le

tecnologie di rete per progettare nuove proposte che siano in grado di

offrire un servizio sempre più snello ed efficace ai propri stakeholder.

L’espansione della rete Internet e delle applicazioni World Wide Web

permettono alle imprese di operare su un mercato unico senza limiti

geografici e temporali, disponibile 24 ore su 24.

Le nuove tecnologie hanno reso possibile la sperimentazione di nuove

soluzioni per gestire il problema del coordinamento e del controllo delle

persone che lavorano in azienda; addirittura le innovazioni ICT hanno

portato alla creazione di nuove figure professionali e perciò di nuovi posti

di lavoro.

In questo contesto il telelavoro, vale a dire il lavoro svolto a distanza

tramite le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, rappresenta

uno dei cambiamenti principali del settore, in quanto elimina le limitazioni

dovute alla localizzazione fisica, rappresentando un’alternativa alla

mobilità delle persone.

Nel primo capitolo abbiamo già parlato della Generazione Y , ossia quella

generazione nata negli anni ’80 con lo sviluppo di internet e delle nuove

tecnologie; parliamo quindi di ragazzi dinamici, creativi , che usano la rete

62

abitualmente, pubblicando video e file audio. Non parliamo più di utenti

passivi , ma di navigatori informati, partecipativi e critici nei confronti dei

contenuti già presenti nel web.

In questo contesto ci si rende facilmente conto che una strategia di

Employer Branding per i talenti della nuova generazione non può

prescindere dall’utilizzo delle nuove tecnologie; non bisogna ignorare il

fenomeno, bensì bisogna parteciparvi e tenerlo sotto controllo.

63

3.2 Internet e l’ E-recruiting

L’utilizzo sempre maggiore di Internet e dei siti di E-recruiting da parte

dei candidati in cerca di lavoro obbliga le aziende ad utilizzare

strategicamente i vari strumenti messi a disposizione dalla rete.

L’obiettivo è quello di sfruttare ogni occasione di contatto in modo

originale, per attrarre il maggior numero di candidati possibile.

Oggi il reclutamento dei candidati è fortemente connesso con il tema

dell’innovazione tecnologica e dell’impatto di questa sul funzionamento

dell’economia. Internet è diventato lo strumento più utilizzato per

promuovere la disponibilità di posti vacanti, da parte delle imprese, e

delle candidature, da parte dei potenziali lavoratori. Questo nuovo canale

di comunicazione ha comportato una notevole riduzione dei costi nel

processo di reclutamento, perché permette di raggiungere un pubblico

vastissimo con un solo messaggio e di effettuare anche delle preselezioni

online.

Diverse sono le forme che può assumere il recruiting on-line. Le due

principali sono: il Website recruiting ed i portali specializzati nell’incontro

della domanda-offerta di lavoro (job board). 26

Il Website Recruiting indica la presenza nel sito aziendale ufficiale di una

sezione interamente dedicata al reclutamento, chiamata generalmente

“Lavora con noi” o “Careers”. All’interno di questa pagina si può trovare

un’ulteriore divisione, vale a dire una sezione speciale per gli studenti e

una per gli esperti. Questo consente alle aziende di diversificare l’offerta

per le due macrocategorie e di ricevere curricula già filtrati in base a queste

due suddivisioni.

Il sito aziendale rappresenta anche una grande opportunità per le aziende

per verificare l’efficacia delle loro strategie di Employer Branding, poiché

26 Costa G., Gianecchini M. [2009] , Risorse Umane – Persone , relazioni, valore , McGraw-Hill

64

coloro che decidono di candidarsi direttamente sul sito ufficiale si

presume siano stati attratti precedentemente da un messaggio che ha

creato un interesse specifico per l’azienda in questione.

Nelle sezioni dedicate al reclutamento è possibile caricare il proprio

curriculum principalmente in due modi: tramite autocandidatura o in

risposta ad un annuncio di lavoro. L’autocandidatura permette di ricevere

domande di lavoro anche se al momento c’è una mancanza di offerta in

linea con gli interessi dei candidati; l’azienda in questo modo ha

l’opportunità di creare un database da utilizzare nei momenti di maggior

richiesta di risorse.

L’autocandidatura rappresenta l’invio spontaneo del proprio curriculum,

senza un’effettiva proposta di lavoro. Questo vuol dire che il desiderio di

lavorare per quella determinata impresa è talmente forte che i candidati

vogliono dichiarare la loro disponibilità ugualmente anche in mancanza di

un’offerta di lavoro.

Con riferimento ai Job Board , in Italia il settore del recruiting on-line è nato

nel 1996 con Bancalavoro, vale a dire con una bacheca virtuale che rivolge il

proprio servizio alle aziende ed ai candidati.27

E’ importante considerare che le tecnologie del Web 2.0, oltre a garantire

una serie di vantaggi per le aziende in termini di costo e di tempo,

comportino anche alcuni svantaggi. I contenuti della rete possono

diffondersi in maniera virale nel giro di poche ore; questo accade

soprattutto quando riguardano fatti negativi o divertenti, il che vuol dire

che un qualsiasi commento, video o testimonianza inopportuna

riguardante un’azienda può fare il giro del globo con un semplice click.

Dunque è importante che le aziende si occupino direttamente di

monitorare la loro identità digitale, prima che sia troppo tardi.

27 Costa G., Gianecchini M. [2009] , Risorse Umane – Persone , relazioni, valore , McGraw-Hill

65

Ma cosa vuol dire concretamente Web 2.0? L’espressione è stata coniata

nel 2004 da Tim O’Really, esperto di comunicazione ed internet, per

indicare l’evoluzione della rete in una piattaforma partecipativa dove tutti

possono essere coinvolti ed incrementare i contenuti delle pagine web.

Non parliamo più di utenti passivi, ma d’internauti che creano a loro volta

contenuti, criticano e partecipano.

Il fenomeno in questione dal punto di vista del marketing aziendale è

molto importante perché tutti gli utenti della rete, attraverso gli strumenti

offerti dal Web 2.0, possono partecipare alle diverse fasi di sviluppo di

prodotti e/o servizi, dall’inizio alla fine. L’azienda può direttamente

beneficiare di questi contributi portati spontaneamente dai clienti, in modo

da modificare il proprio output e renderlo più vicino a quelle che sono le

aspettative dei navigatori.

Un esempio di successo è stata la progettazione della nuova FIAT 500, a

cui hanno contribuito migliaia di utenti i quali, attraverso una semplice

registrazione online, potevano fornire indicazioni e suggerimenti per lo

sviluppo dell’ autovettura .

Dal punto di vista delle risorse umane il Web 2.0 ha modificato gli obsoleti

intranet aziendali; i nuovi modelli avanzati hanno permesso l’incremento

della comunicazione tra azienda e dipendenti e tra gruppi di lavoro.

Il sito intranet (o talvolta extranet) può contenere uno o più portali per la

gestione integrata delle relazioni con i dipendenti o con i partner.28

E’ noto che tutte le forme di partecipazione collaborativa potenziano il

senso di appartenenza ad una squadra, favoriscono lo scambio di idee e di

informazioni, aumentando così l’engagement e la motivazione dei

collaboratori.

Oggigiorno vi è un primario bisogno di coinvolgimento, di

responsabilizzazione, di informazione e di protagonismo dei dipendenti

28 Pastore A. [2008] , Impresa e Comunicazione, Principi e strumenti per il management, APOGEO

66

dell’impresa; quest’ultimi vogliono sentirsi importanti, utili ed

indispensabili, vogliono sentirsi gratificati.

Si tratta per le aziende di passare da una comunicazione unidirezionale,

verso i collaboratori, ad un dialogo interattivo con i propri dipendenti e

futuri collaboratori, in un’ottica di Employer branding.29

Analizzando il fenomeno del social network, vediamo come questo ha

contribuito a snellire i processi di reclutamento delle aziende, poiché

queste piattaforme virtuali costituiscono degli enormi serbatoi di curricula

costantemente aggiornati e rappresentano delle fonti di informazioni su

candidati e lavoratori a costo quasi zero.

In questo contesto nasce l’esigenza da parte delle aziende di sviluppare

strategie ad hoc per tenere sotto controllo, ma soprattutto sfruttare, il

fenomeno internet e quindi identificare personale specificatamente

preposto ad un lavoro di questo tipo.

Non è raro trovare accanto a formali politiche di Employer Branding

strategie non convenzionali; molte aziende non si limitano ad utilizzare la

rete in modo misurato, ma progressivamente cominciano ad invadere uno

spazio che viene considerato privato, tramite banner sui social network o

all’interno delle caselle di posta elettronica personali. In questo modo le

aziende possono coinvolgere anche i candidati passivi e promuovere un

messaggio più genuino e disinteressato rispetto ad una campagna di

Employer branding formale.

Ad esempio su Facebook sono costruiti dei messaggi su misura grazie al

Social reporting, basato sulla Profilazione dell’utente, che permette di

progettare campagne coerenti con le attitudini e lo stile di vita dell’utente,

poiché sono analizzati i dati anagrafici e le preferenze in termini di gusti

musicali, cinema e tv.

29 http://employerbranding.blogspot.com di Fabio Ricceri (data ultimo accesso novembre 2010

67

Dai Social network passiamo ora ai Professional network, vale a dire

community di persone legate da motivazioni lavorative e di business.

Linkedin, Viadeo, Xing sono diventati strumenti di Employer branding

molto importanti, perché consentono di raggiungere il pubblico degli

Young Professional e degli esperti più proattivi con spiccate attitudini al

Selfmarketing.

Questi Professional network si differenziano dagli altri Social perché ciascun

profilo personale è creato direttamente per un fine ben preciso: fare

networking nel mercato del lavoro. In altre parole è un profilo che

permette di conoscere nuove opportunità di carriera o di business, di

rientrare in contatto con vecchi colleghi, di fare o ricevere referenze.

I Professional network rappresentano occasioni di imprenditorialità e

d’innovazione, ma anche, per chi le sa cogliere, di straordinarie

opportunità di recruiting.

Per gli Head Hunter trovare giovani talenti con questi strumenti diventa

più semplice ed immediato, in quanto possono direttamente leggere il

curriculum del candidato online. Le aziende hanno l’opportunità di

utilizzare i Professional network anche per creare gruppi dedicati alla ricerca

del personale o di aprire forum incentrati su differenti tematiche di

business.

Il social network viene utilizzato dai selezionatori anche per verificare

informazioni più personali del candidato, come ad esempio controllare chi

è presente nella rete dei contatti lavorativi o se sono stati ricevuti

endorsement, ovvero referenze da parte di altri professionisti. In altre

parole queste piattaforme virtuali, riguardanti la sfera lavorativa,

consentono a chi si occupa di selezione sia di cercare candidati, sia di fare

una serie di verifiche incrociate sul titolare del CV che hanno appena

ricevuto.

68

Per i candidati si prospetta dunque la necessità di gestire correttamente la

propria identità sulla rete, considerando che quasi tutte le attività

pubblicate e condivise sul web possono essere facilmente intercettate

anche dai Recruiter. Un esempio fondamentale è 123people30 , un sito

completamente dedicato alla ricerca delle persone; basta inserire nome e

cognome del candidato in questione per raccogliere tutte le informazioni

sul soggetto in questione (e sui suoi omonimi) in una pagina web.

Per dimostrare quanto sia importante gestire la propria webreputation

online, a fine 2009 una ricerca commissionata da Microsoft ha rivelato che

il 70% dei recruiter decide quali curricula tenere in considerazione sulla

base di quanto hanno reperito on-line a proposito del candidato. Per

questo negli ultimi anni si è diffuso il concetto di Selfmarketing, ossia

marketing di sé stessi. Per essere più chiari il Selfmarketing è la capacità di

progettarsi, migliorarsi costantemente, proporsi e promuoversi applicando

strumenti e tecniche di marketing per conseguire miglioramento e

successo personale.31

Abbiamo visto quindi che il monitoraggio della propria presenza online è

fondamentale sia per le aziende quanto per i candidati. Internet ed i vari

social media sono diventati i luoghi virtuali dove si concretizzano le

comunicazioni interpersonali, dove le opinioni prendono forma e si

diffondono. Questo vuol dire anche che gran parte delle notizie condivise

nella rete sono facilmente reperibili da chiunque; infatti mentre il

passaparola tradizionale è difficile da misurare, le discussioni online sono

normalmente visibili e persistenti e possono essere intercettate, sia al fine

30 www.123people.it : 123people.com è uno strumento gratuito di ricerca personale in tempo reale che controlla in ogni angolo del web. Usando il nostro algoritmo di ricerca proprietario, puoi trovare informazioni centralizzate relativamente a persone provenienti da registri pubblici, numeri di telefono, indirizzi postali, immagini, video, indirizzi email. La ricerca comprende Facebook e altri siti di social networking come MySpace, LinkedIn, Xing, Wikipedia e molti alltri. Tutti questi dati sono estratti da una lista di fonti internazionali e localmente rilevanti, per consentirti di trovare persone in tempo reale. 31 www.selfmarketing.it (data ultimo accesso : novembre 2010)

69

di individuare trend emergenti, che per progettare efficaci azioni di

comunicazione e PR.32

Per questo motivo si sono sviluppati alcuni servizi in grado di analizzare

la webreputation di ogni singola azienda come blogmeter.it, un esempio

chiave che ci dimostra come questo fenomeno stia sviluppando anche un

giro di affari non indifferente.

3.2.1 Canali tradizionali e non convenzionali di reclutamento esterno

Una volta costruita la campagna di Employer Branding ed individuato il

target di riferimento, è necessario scegliere i canali di comunicazione che

possono più facilmente raggiungere il soggetto recettore. I principali

strumenti utilizzati sono 33:

• Partecipazione a Job Meeting o altre Career Fairs: tale partecipazione

rappresenta una buona occasione per rafforzare e comunicare il

brand aziendale;

• Campagne di comunicazione online, acquisto banner, invio

newsletters sui piu’ importanti siti dedicati al reclutamento

preventivamente selezionati;

• Campagna di comunicazione sugli organi di stampa, articoli,

interviste, acquisto di spazi pubblicitari sui giornali e riviste

dedicate al recruiting e/o specializzate di settore.

• Sponsorizzazione di Eventi, soluzione da considerarsi un ottimo

brand-building tool se l’evento si rivolge al proprio target di

riferimento;

32 www.blogmeter.it (data ultimo accesso : novembre 2010 ) 33 www.surveyrgs.it/html/eb_strategy.html (data ultimo accesso : novembre 2010 )

70

• Realizzazione e distribuzione di Gadget che possano attirare il

target e avvicinarlo al proprio Brand;

• Organizzazione di parties o conventions adeguatamente

“brandizzate” e correlate al pool da cui possono attingere i talenti

ricercati.

La scelta dei canali, generalmente dipende anche da quante persone

l’azienda vuole assumere e soprattutto dal budget preventivato.

Sicuramente in mancanza di risorse economiche ci si rivolge a canali

economici, tra i quali al primo posto troviamo sicuramente Internet .

Negli ultimi anni la rete ha acquisito sempre più importanza; a

dimostrarlo sono i numeri del settore che si sono moltiplicati a livello

esponenziale nel giro di pochi anni. Ogni mese risultano milioni di nuovi

visitatori nei principali siti di offerte di lavoro, e migliaia di candidature.

Se all’inizio prevaleva un certo scetticismo per questi strumenti, oggi i

database telematici più forniti arrivano a 3 milioni e mezzo di curricula

registrati. Anche chi offre lavoro, ricorre sempre più al Web, non solo, a

partire dallo scorso anno l’utilizzo della rete per la ricerca del personale ha

superato quello della stampa, soprattutto per quanto riguarda le aziende

medio-grandi.

Un primo segnale ufficiale arriva dal Sistema Informativo Excelsior34.

Secondo questa indagine, realizzata da Unioncamere in collaborazione con

il Ministero del Lavoro nel 2009, l’uso di Internet come canale di

reclutamento ha registrato un aumento davvero straordinario negli ultimi

6 anni. Di fatto, ricorre alla Rete per i propri fabbisogni di personale l’1,4%

delle centomila aziende intervistate contro lo 0,2% registrato dalla stessa

ricerca effettuata nel 2003. Se è vero che le cifre assolute sono molto basse,

34 http://excelsior.unioncamere.net

71

rimane innegabile che il cosiddetto recruiting on line sta assumendo un

ruolo crescente nell’incontro tra domanda ed offerta di impiego.35

Le aziende devono necessariamente sviluppare una strategia ad hoc per

l’E-recruiting, in modo da far emergere la propria offerta rispetto alle altre.

Basta fare un giro tra gli annunci pubblicati sui principali motori di ricerca

per il lavoro come Monster, Infojob e Talent Manager per scoprire che la

stragrande maggioranza degli annunci sono uguali, alcune aziende

addirittura preferiscono pubblicare la propria offerta rimanendo anonime.

Tra i siti di E-recruiting maggiormente utilizzati troviamo:

Fonte: Best100, le aziende preferite dagli italiani - VI edizione, 2007

1. Monster 57,69%

2. Infojobs 26,94%

3. Trovalavoro Corriere.it 15,56%

4. Talent Manager 14,77%

5. Jobrapido.it 13,74%

6. Stepstone 10,53%

7. Cambiolavoro 5,69%

8. Miojob Repubblica.it 4,12%

9. Jobcrawler 3,33%

10. Cercolavoro 2,48%

L'inserimento di annunci in questi siti può essere a pagamento, gratuito o

misto, in base al tipo di visibilità che si vuole avere.

L’obiettivo di ogni Recruiter è quello di attirare l’attenzione verso la

propria offerta di lavoro, renderla distintiva dalle altre ed al tempo stesso

35 www.employerbrandingreview.com di Silvia Zanella ( data ultimo accesso : novembre 2010)

72

promuovere l’immagine aziendale mettendo in risalto l’employer value

proposition.

Il lavoro ormai si cerca quasi esclusivamente sul web, alla stampa viene

attribuito un ruolo marginale, tanto da esser consultata quasi solo per i

concorsi pubblici o per annunci di lavoro saltuari e poco qualificati.

Il reclutamento oggi si svolge sulla rete, non ci sono dubbi, non solo

attraverso la classica sezione “Lavora con noi” del sito aziendale o la

presenza sui più diffusi social network «…ma anche attraverso un

Business game…», spiega a “Lavorare” Valeria Ghirardi, direttore

reclutamento di L’Oréal Italia, la quale introduce in maniera virtuale, ma

non troppo, cinque aree funzionali dell’azienda: ricerca e sviluppo,

marketing, vendite e finanza36.

Tra i canali non convenzionali troviamo infatti anche i Contest o i Business

game, organizzati periodicamente dalle grandi aziende all’interno delle

università. I Business game pongono in evidenza le capacità decisionali del

candidato in termini di tempestività ed efficacia delle scelte adottate;

l’azienda può simulare delle situazioni di rischio ed incertezza economica

per mettere alla prova ed in concorrenza tra loro le diverse squadre

partecipanti.

Tramite questo gioco virtuale le imprese possono individuare i candidati

che hanno reso le prestazioni migliori e convocarli per dei colloqui di

lavoro.

I frequentatori più assidui dei motori di ricerca del lavoro sono

sicuramente le donne; infatti risulta da alcune indagini che le donne sono

le più attive nell’utilizzo di internet come strumento per la ricerca di un

impiego, mentre gli uomini tendono a preferire i contatti personali e

diretti. Senza alcuna distinzione di sesso invece troviamo le

36 www.lavorare.net (data ultimo accesso novembre 2010)

73

raccomandazioni e le segnalazioni, le quali sono ancora oggi apprezzate

sia da uomini che donne, poiché permettono di avere una via preferenziale

durante il processo di selezione.

Infine il reclutamento è arrivato anche su Youtube, alcune aziende hanno

dei canali dedicati interamente alla sezione Careers, dove i responsabili di

risorse umane propongono le proprie offerte con un semplice video.

Questo canale viene anche utilizzato per diffondere video riguardanti la

cultura aziendale o la partecipazione dell’azienda ad iniziative

socialmente responsabili.

Anche i candidati oggi stanno cominciando a prendere in considerazione

l’idea di pubblicare i loro VideoCV ondine, in quanto sicuramente attira

maggiormente l’attenzione delle aziende che ricevono ogni giorno decine

di curriculum tutti uguali e standardizzati. Il video curriculum permette di

aggiungere informazioni in più rispetto ad un CV cartaceo e può in parte

soddisfare anche alcune domande del primo colloquio conoscitivo.

Le aziende utilizzano la WebTv anche per promuovere l’immagine

aziendale, con testimonianze di collaboratori, servizi dedicati alle diverse

funzioni interne o ai progetti sulla sostenibilità e/o responsabilità sociale

di impresa .

Per quanto riguarda i canali tradizionali, nel 2007 Contatto Lavoro e

Sapienza Università di Roma, hanno svolto un’indagine sugli strumenti

giudicati più efficaci dagli studenti e dalla funzione risorse umane, al fine

di reclutare il personale.

Tra i primi posti troviamo lo stage, i job meeting ed il supporto tesi che

alcune aziende attuano per aiutare gli studenti nello studio di un caso

pratico. Per quanto riguarda l’efficacia delle testimonianze aziendali o

Corporate presentation all’interno di alcuni moduli di insegnamento, ci sono

opinioni discordanti; per le aziende queste rappresentano un canale

efficace, poiché non vi sono particolari problemi burocratici ed economici

74

per fare pubblicità all’interno degli atenei; tra l’altro questo strumento

consente loro di avere una relazione diretta con docenti e con corsi di

laurea specifici. Gli studenti invece giudicano la testimonianza aziendale

un canale di reclutamento piuttosto debole, in quanto all’interno dello

stesso modulo didattico o corso di laurea possono partecipare più imprese

e le presentazioni sono talvolta molto simili; inoltre capita spesso che a

fare queste presentazioni ci siano collaboratori d’azienda che non fanno

parte direttamente della Direzione Risorse Umane, e che quindi non sono

interessati a fare Recruitment, ma presentano semplicemente le Best

Practices dell’azienda.

Da questa panoramica generale è facile notare come i canali di

reclutamento si siano moltiplicati negli ultimi anni, ma soprattutto come

facciano sempre più affidamento alle nuove tecnologie Web 2.0.

L’inarrestabile avanzamento dell’innovazione tecnologica comporta un

adeguamento continuo alle esigenze del mercato del lavoro da parte delle

aziende, le quali cercano sempre di più di entrare nella quotidianità

virtuale dei candidati , talvolta anche rischiando di esagerare.

Alcune imprese azzardano ad organizzare Career Fair virtuali, colloqui di

lavoro in videoconferenza e preselezioni online tramite quiz tecnici e

psico-attitudinali; sebbene vi siano indiscutibili vantaggi di costo e di

tempo, si rischia di trascurare il fattore umano e soprattutto ci si priva

spesso di approfondire la conoscenza soltanto per via di un primo impatto

sbagliato.

3.2.2 Vantaggi e svantaggi per le aziende derivanti dall’utilizzo della

rete.

Il mondo del Web 2.0 si presenta come uno strumento pratico, veloce ed a

basso costo, un ausilio fondamentale per tagliere le spese di selezione.

75

Internet è alla portata di tutti, ma soprattutto è largamente utilizzato dalla

generazione nata negli anni ’80, vale a dire i neolaureati di oggi.

La prerogativa principale della maggior parte dei servizi online dedicati

all' E-recruitment è di poter costruire un CV digitalizzato e quindi

standard, che permette di individuare intuitivamente le persone con le

caratteristiche ricercate, poiché attraverso strumenti informatici è possibile

compiere delle “ricerche avanzate”; selezionando uno o più attributi è

possibile filtrare il profilo più coerente con le richieste di ogni azienda.

Il servizio erogato da queste piattaforme consiste nel fare da tramite tra

domanda e offerta, in modo quindi che l'invio e la ricezione di curricula

possa avvenire comodamente online , 24 ore su 24.

Se la Rete si sta affermando come canale privilegiato è anche perché

presenta molteplici vantaggi per chi cerca e offre lavoro. L’accesso alle

informazioni è di solito libero e gratuito e non prevede limiti territoriali o

temporali. I Sistemi automatizzati di job alert37 consentono di tenersi

aggiornati sul mercato, anche se non si sta ricercando attivamente un

nuovo impiego; infatti tramite un’e-mail periodica si viene informati di

tutte le offerte di lavoro disponibili al momento e maggiormente in linea

con le proprie attitudini e caratteristiche.

Le aziende possono reclutare personale per diversi settori e filiali

contemporaneamente, mettendo a disposizione dei potenziali candidati un

numero consistente di offerte online. Le nuove tecnologie consentono di

raggiungere un pubblico elevato con un unico messaggio, il che vuol dire

contenere i costi ed allo stesso tempo ricevere numerosi curricula.

Non mancano però gli aspetti critici: oltre ad essere un mezzo ancora poco

sfruttato dalle imprese medio-piccole, che in Italia costituiscono la

37 Job alert : I Job Alert inviano un e-mail all’utente registrato allegando i nuovi annunci pubblicati sul sito (l’utente può scegliere il tipo di annuncio che desidera ricevere).

76

maggioranza delle aziende, Internet si è spesso rivelato terreno fertile per

truffe, richieste illecite di denaro e furti di identità.

Per motivi culturali, organizzativi e tecnologici, in Italia l’utilizzo

quotidiano di internet è diffuso particolarmente solo in determinate

categorie, soprattutto giovani, vale a dire che coloro che non fanno un uso

consueto della rete e che quindi non conoscono bene le dinamiche del

web, possono incorrere facilmente in truffe e raggiri. Anche per questa

ragione talvolta piccole aziende a conduzione familiare preferiscono

utilizzare Internet solo per curare gli aspetti indispensabili.

La rete rappresenta invece, proprio per le imprese piccole, una grande

opportunità, poiché l’acquisto di un dominio nel web e l’inserimento di

adeguate parole chiavi, può portare un grande afflusso di utenti. Si

prospettano quindi dei vantaggi non indifferenti per tutti; Internet è un

grande livellatore perché un’azienda a conduzione familiare può avere la

stessa presenza di un gruppo multinazionale.38

Una lunga e insormontabile gerarchia spesso ostacola l’introduzione di

innovazioni dal basso; le abitudini organizzative, infatti, impediscono di

apprezzare nuovi processi gestionali, in quanto comportano in alcuni casi

dei tempi di rodaggio e quindi non di piena efficienza produttiva. La

paura dell’ignoto e dei possibili effetti negativi non permette di vedere e

apprezzare gli effetti positivi. Estraniarsi da questo fenomeno non è la

risposta migliore per un’impresa che vuole crescere; bisogna infatti

partecipare e lasciarsi coinvolgere da quello che è il trend del momento,

ovvero Internet.

Ignorare le dinamiche virtuali oltre che a diminuire il fatturato, può

portare anche ad un danno d’immagine. Un commento negativo su

un’azienda, su un prodotto o su un servizio, ma anche su un’esperienza di

38 Ford Haylock C., Muscarella L. [2001], Net success? 16 modi per servirsi della Rete senza che la Rete si serva di te, Fazi editore

77

lavoro, può avere l’effetto di una reazione a catena incontenibile,

compromettendo l’immagine aziendale in modo significativo e

difficilmente recuperabile.

78

3.3 Il Web 2.0 e la comunicazione organizzativa

La comunicazione all’interno delle aziende, sia pubbliche che private, ha

assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più importante. Da strumento

marginale per il supporto dell’immagine aziendale è diventata una

componente indispensabile e strategica per il corretto funzionamento

dell’impresa e per gestire i rapporti con l’esterno e con l’interno.

La flessibilità e l’informalità degli strumenti che il Web 2.0 mette a

disposizione rappresentano un ausilio anche per la comunicazione interna

dell’azienda, poiché permettono un’efficace interazione tra il personale.

Che cosa significa fare comunicazione interna? Significa prima di tutto

trasmettere e condividere informazioni; quando parliamo di informazioni

intendiamo qualsiasi notizia, strategia e/o emozione che possa interessare

direttamente il target interno, inerente quindi la vita aziendale.

La comunicazione organizzativa in Italia si divide principalmente in 2

filoni : top-down e bottom-up.

Negli ultimi anni si è passati progressivamente da un approccio top-down,

ossia una comunicazione che parte dal top management e arriva ai

dipendenti, al bottom-up. La prima configurazione è caratterizzata

prevalentemente da una comunicazione impersonale e burocratica, tipica

delle imprese pubbliche e di quelle a stampo familiare.

Il secondo modello invece è un approccio che si prefigge l’obiettivo di

condividere notizie e saperi con l’intera collettività interna, prevedendo

dunque una maggiore possibilità d’interscambio tra il vertice e gli altri

livelli dell’organizzazione. Lo sviluppo delle nuove tecnologie è stato

fondamentale per questo tipo di comunicazione organizzativa, poiché ha

permesso di facilitare la circolazione di notizie e di materiali, di

collaborazioni informali tra dipendenti.

79

Le imprese più innovative, adottano un terzo tipo di comunicazione

chiamata a pettine, caratterizzata da relazioni trasversali che coinvolgono

differenti reparti e ruoli aziendali. In questo modello la comunicazione si

sviluppa in senso sia verticale che orizzontale, coinvolgendo tutti i livelli.

Alcuni decenni di ricerca sul tema della comunicazione organizzativa

dimostrano che più gli obiettivi sono tendenzialmente condivisi, maggiore

è la probabilità che siano raggiunti; viceversa se questi sono “calati

dall’alto”, in maniera burocratica e verticistica, vengono vissuti dalle

persone come esterni ed estranei.39

Se volessimo dare una definizione univoca della comunicazione

organizzativa, potremmo dire che è l‘insieme dei processi strategici e

operativi, di creazione, di scambio e condivisione di messaggi all‘interno

delle diverse reti relazionali.

Le nuove tecnologie del Web 2.0 hanno contribuito fortemente ad

agevolare i processi comunicativi all’interno delle aziende: piattaforme

virtuali, Corporate blog, wiki e bacheche digitali, sono elementi che

consentono di rendere disponibile il know-how a tutte le divisioni interne.

Pensiamo inoltre all’utilità delle piattaforme di e-learning che offrono un

servizio interattivo di studio permettendo di apprendere direttamente

dalla propria scrivania, ma soprattutto a costi molto bassi. E’ logico che

queste modalità blended non possono sostituire in termini di efficacia le

classiche “lezioni” frontali in aula, ma sono un valido aiuto per le aziende,

perché permettono di conciliare gli impegni lavorativi di ciascun

lavoratore con il programma di formazione.

La tabella seguente mostra il confronto tra formazione tradizionale e e-

learning:

39 A. Cocozza , [ 2006] , Direzione Risorse Umane , Politiche e strumenti per l’organizzazione e la gestione delle relazioni di lavoro , Milano , Francoangeli.

80

Fonte : Costa , Gianecchini con adattamenti

Formazione frontale (aula) Formazione a distanza (e-learning)

Orari rigidi

Rivolta a gruppi

Scambi personali tra i partecipanti

Elevati costi indiretti

Mancanza di un’efficace controllo

di qualità

Flessibilità di accesso (anytime)

Rivolta ad ogni singolo individuo(anyone)

Attività di community : forum,chat, FAQ

Riduzione dei costi di spostamento

Verifica automatizza dei risultati

Tra gli altri strumenti messi a disposizione dalla rete troviamo le

videoconferenze, le quali hanno permesso la diffusione dei team virtuali,

vale a dire la possibilità di far lavorare insieme gruppi di collaboratori

appartenenti a diverse filiali contemporaneamente sullo stesso progetto.

Questo vuol dire che multinazionali possono far lavorare dipendenti

appartenenti a Paesi diversi sulla stessa taskforce, abbattendo così i limiti

geografici e temporali .

Sempre rimanendo in tema, anche le condivisioni di agenda online hanno

agevolato l’organizzazione delle persone appartenenti allo stesso team,

poiché permettono di rimanere aggiornarti in tempo reale su quelli che

sono gli impegni riguardanti gli altri compagni di lavoro.

Tutte le nuove tecnologie introdotte hanno sicuramente snellito alcuni

processi aziendali, rendendoli più dinamici e intuitivi; più del 70 % dei

manager ritiene che il Web 2.0 offra gli strumenti giusti per potenziare

l’attività comunicativa interna.

81

Fonte: http://dr.o-one.net

Le piattaforme aziendali, e quindi gli intranet , oltre ad una facilitazione

per la divulgazione delle notizie, costituiscono un strumento utile anche

per l’ottimizzazione dei costi. La nascita delle applicazioni Business to

Employee (B2E) rappresenta un cammino di evoluzione verso un migliore

e più produttivo rapporto azienda-personale.40 L’impresa deve dialogare

in modo aperto e costante con i propri collaboratori e per questo molti

vedono il B2E come un nuovo mercato, che consiste nella fornitura di

prodotti/servizi da parte di un’azienda verso i propri dipendenti.

Il portale B2E può essere concepito anche come l’unico punto di accesso

aziendale alla conoscenza prodotta in azienda sotto forma di conoscenze

acquisite internamente ed esternamente all’azienda, informazioni,

contenuti di formazioni.41

Le aziende possono fruire di questi intranet e beneficiare di vantaggi di

tipo quantitativo ma anche qualitativo, in termini di motivazione e

soddisfazione del personale, poiché quest’ultimi possono essere

40 www.valueteam.com (data ultimo accesso novembre 2010) 41 Fumagalli L., Di Cioccio P. [2003], L’outsourcing e i nuovi scenari della terziarizzazione. La centralità delle persone nelle aziende di servizi, Milano ,Francoangeli.

82

costantemente informati e coinvolti anche su progetti o reparti che non

seguono direttamente. Le aree che maggiormente sfruttano le innovazioni

tecnologiche in questo campo, sono quelle riguardanti la gestione delle

presenze in azienda, la gestione delle trasferte e dei rimborsi, la

valutazione delle competenze e degli obiettivi e la gestione degli interventi

retributivi.

Tramite le piattaforme intranet è possibile dedicare uno spazio al job

posting per il reclutamento interno, ossia una bacheca di annunci di lavoro

nella quale vengono pubblicizzate le opportunità di lavoro disponibili in

azienda. Questo strumento permette di dare visibilità e trasparenza ai

percorsi di mobilità aziendale e mercato interno di lavoro.

In conclusione, quindi, gli strumenti Web 2.0 potenziano la

comunicazione interna, trasformando il normale flusso verticale delle

informazioni in un network informativo a carattere quasi informale.

La comunicazione organizzativa quindi si afferma perché le

organizzazioni complesse hanno bisogno di un supporto comunicazionale

ampio ed integrato per funzionare in maniera efficace, in quanto i

processi di erogazione di prodotti e servizi sono sempre più basati su

attività di comunicazione interattiva e cooperativa.

E’ importante cercare di non abusare di questi strumenti tecnologici,

poiché il rischio è che si possano disumanizzare le relazioni tra colleghi.

Questo vuol dire che devono essere solo un ausilio alle normali dinamiche

d’azienda e non una sostituzione in tutto e per tutto. La comunicazione

può rappresentare un vantaggio competitivo per l’azienda, sia per quanto

riguarda le sue performances all’esterno sia per contribuire alle strategie di

Retention operate dai responsabili di Employer Branding.

83

Conclusioni

Il presente lavoro ha analizzato come le aziende iniziano ad

affrontare il problema della scarsità dei talenti, vale a dire in quale modo

riescono ad attrarre e trattenere le risorse umane all’interno dell’azienda.

Abbiamo più volte sottolineato nei precedenti capitoli, come il vero fattore

critico di successo, all’interno del mondo del lavoro, viene rappresentato

dalla conoscenza posseduta e prodotta dai collaboratori, i quali vengono

identificati come clienti interni e portatori di successo. Da questa

riflessione viene fuori che l’unico modo per vincere “la guerra dei talenti”

è sviluppare politiche di Attraction, formazione e gestione delle risorse

umane che possano essere in grado di creare quel vantaggio competitivo

necessario per far emergere l’azienda proprio nei momenti di

rallentamento dell’economia.

La strategia di Employer Branding racchiude tutte quelle azioni capaci di

costruire un’identità aziendale coerente con i valori e la mission

dell’impresa, interessa quindi le politiche di Attraction , di selezione e di

fidelizzazione che sono rivolte al mercato di lavoro interno ed esterno.

Un’azienda grande o piccola che sia ha necessità di sopravvivere alle

dinamiche di mercato e di ottenere un margine di remunerazione congrua.

Questo vuol dire dotarsi delle migliori risorse disponibili , partendo

proprio dalle basi : il capitale umano.

A fianco delle funzioni di supporto di ogni impresa, vediamo quanto è

importante dunque dotarsi di personale dedicato allo sviluppo e

all’organizzazione delle risorse umane, poiché i migliori talenti se non

vengono soddisfatti e gestiti adeguatamente non possono garantire

brillanti performances .

Con lo sviluppo delle tecnologie e del Web 2.0 , si sono aperti nuovi

orizzonti per le aziende. Tralasciando le opportunità di fare affari molto

84

più facilmente e senza limiti geografici e temporali , le imprese oggi hanno

la possibilità di moltiplicare i loro canali di comunicazione sia con

l’esterno che con l’interno.

Il reclutamento oggi viene fatto in buona parte online , poiché meno

costoso e di grande impatto. Centinaia sono i siti dove è possibile far

incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, questo rappresenta una grande

innovazione per la funzione Risorse Umane in quanto permette di reperire

facilmente una grande quantità di curricula e di effettuare delle

preselezioni attraverso sistemi informatici, tagliano tempi e costi.

Le applicazioni del Web permettono inoltre di costruire una strategia

radicata capace di arrivare a “colpire” anche i candidati passivi o coloro

che attualmente non sono in cerca di impiego.

Con gli strumenti della rete è possibile sviluppare anche la comunicazione

interna e di costruire efficaci politiche di Retaining, affinché i collaboratori

possano sentirsi partecipi e soddisfatti. L’utilizzo di intranet, piattaforme

virtuali e condivisioni di agende permettono infatti l’interazione tra

colleghi e la comunicazione tra reparti.

Concludendo possiamo affermare che se un’azienda vuole essere

competitiva sul mercato deve necessariamente adattarsi al nuovo contesto

che comprende : risorse umane sempre più esigenti e lo sviluppo delle

nuove tecnologie.

85

BIBLIOGRAFIA Cocozza A. [2006] , Direzione Risorse umane – politiche e strumenti per l’organizzazione e la gestione delle relazioni di lavoro, Milano, Francoangeli. Costa G., Gianecchini M. [2009] , Risorse Umane – Persone , relazioni, valore , McGraw-Hill Fischetti A. [2007], La Gestione delle Risorse Umane , Milano , Alpha Test. Fontana F. [1999] , Il sistema organizzativo aziendale ,Milano, Francoangeli.

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