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POLITICA ECONOMICA - 3:
Tipologia delle politiche economiche
L I B R O D I R I F E R I M E N T O : E N R I C O M A R E L L I E M A R C E L L O S I G N O R E L L I ( 2 0 1 5 ) , « P O L I T I C A E C O N O M I C A . L E P O L I T I C H E N E L N U O V O S C E N A R I O E U R O P E O E
G L O B A L E » , G I A P P I C H E L L I E D I T O R E , T O R I N O .
Sistemi economici Stato e Mercato
I fini di politica economica
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 2
Secondo la nota tripartizione di Musgrave, si ritiene che la politica economica abbia tre finalità principali:
1. allocare più efficientemente le risorse,
2. stabilizzare il sistema macroeconomico,
3. redistribuire il reddito e la ricchezza.
A questi fini sono rivolte differenti politiche:
o le politiche economiche strutturali, microeconomiche o d’offerta sono
rivolte alle problematiche dell'allocazione delle risorse (e quindi all’efficienza), come pure a quelle della crescita economica,
o le politiche macroeconomiche, di controllo della domanda aggregata
mirano a stabilizzare il reddito e i prezzi (anticicliche o anti-congiunturali),
o le politiche redistributive, volte a modificare la distribuzione del reddito e della
ricchezza, hanno fini di equità e giustizia
Effetti sugli equilibri macro-economici dei primi due tipi di politiche 1. Le politiche di stabilizzazione o di controllo della domanda aggregta servono
per contrastare una recessione, favorendo la convergenza
verso Yn (o per un breve periodo innalzare il livello del prodotto al di sopra di Yn): o mirano quindi a ridurre la disoccupazione ciclica;
o oltre al reddito (Y), un altro obiettivo importante è la stabilità dei prezzi (P).
Le politiche strutturali o d’offerta, pur agendo sul comportamento degli individui o sugli equilibri dei mercati, a livello aggregato riescono a spostare la curva AS. Le
politiche strutturali possono quindi:
o far diminuire il tasso di disoccupazione naturale un (cfr. ad es. le politiche
attive per il lavoro),
o accrescere il livello naturale del prodotto Yn (ad es. le politiche industriali
ed a favore della concorrenza),
o perfino innalzare il tasso di crescita del prodotto gY (agendo sul progresso tecnico, sulle
innovazioni, sulla ricerca e sviluppo, sulla formazione del capitale
umano).
2.
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 3
Le politiche di stabilizzazione
le due principali politiche di stabilizzazione (sottostanti al modello IS-
LM):
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 4
a) la politica fiscale (PF), che controlla la domanda aggregata e quindi il reddito (Y) attraverso variazioni di G, T
◦ quindi del saldo D (= G-T) del bilancio pubblico: per questo è chiamata anche
“politica di bilancio”;
◦ evidentemente essa influenza anche il livello dei prezzi (come si nota quando si
sposta la curva AD);
b) la politica monetaria (PM) ha come obiettivo primario la stabilità monetaria; ulteriore obiettivo importante (per taluni secondario) è la stabilizzazione del reddito
◦ Per stabilità monetaria, si intende di solito la stabilità del valore interno (livello dei
prezzi e inflazione) ed esterno (controllo del tasso di cambio) della moneta
nazionale.
◦ Oggi è anche importante la complessiva stabilità dei sistemi creditizi e dei
mercati finanziari.
Le politiche redistributive
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 5
Il loro fine ultimo è quello di perseguire l’equità e la giustizia sociale.
o Esse possono essere giustificate dall'esistenza di distribuzioni del reddito e della
ricchezza ritenute intollerabili o indesiderabili poiché fortemente inique; più in
particolare comprendono anche le politiche di contrasto alla povertà.
o Possibile trade-off tra equità ed efficienza (cfr. A. Okun) mentre economisti
pre-keynesiani preferivano concentrarsi sugli obiettivi di stabilità e di efficienza
Vi sono diverse accezioni di distribuzione del reddito: o funzionale: tra capitale e lavoro, o personale: tra individui o famiglie, o territoriale: riguarda ad esempio le disparità interregionali, o sociale: fasce deboli della popolazione, poveri, minoranze, ecc., o intergenerazionale:
◦ coinvolge interventi quali la spesa pensionistica piuttosto che quella per l’istruzione
(oppure gli effetti duraturi di un elevato debito pubblico).
Strumento tipico della politica redistributiva è la politica fiscale, che è quindi (diversamente dalla politica monetaria) uno strumento: o sia delle politiche di stabilizzazione macroeconomica, o sia di quelle redistributive, o sia infine di quelle allocative (vedi oltre).
Il Welfare State
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 6
Al fine di correggere una distribuzione (del reddito e della ricchezza) ritenuta iniqua, vi è l’azione redistributiva dello Stato, che agisce attraverso la politica fiscale
◦ Il Welfare state è nato in Inghilterra con il "piano Beveridge" (1942); ha avuto in seguito una notevole diffusione nei paesi nord-europei (in primo luogo nei paesi scandinavi).
Le finalità redistributive (o equitative) possono riguardare:
◦ la lotta alla povertà; ◦ la stabilizzazione dei redditi individuali, sia nei confronti di rischi quali malattia e disoccupazione, sia rispetto alle oscillazioni durante il ciclo vitale (es. schemi pensionistici);
◦ la riduzione delle ineguaglianze di reddito, sia di tipo verticale (distribuzione dei redditi personali e familiari), sia di tipo orizzontale (in funzione di età, sesso, dimensioni della famiglia, sua localizzazione, etc.);
◦ il miglioramento della distribuzione delle opportunità (di investimento in istruzione, di lavoro e di reddito), anche per aumentare il grado di "mobilità sociale“.
Le politiche strutturali (o d'offerta) agiscono direttamente sulle "microfondamenta" economiche; ne sono esempi: o la politica industriale, con interventi mirati ai settori,
oppure ai fattori produttivi; o le politiche commerciali in economia aperta:
protezionismo, sostegno delle esportazioni (cfr. cap. 12);
o le politiche del lavoro: politiche passive e/o attive per il mercato del lavoro; per l’istruzione e la transizione da scuola o università al lavoro, per la mobilità sociale e territoriale (cfr. cap. 21);
o la politica regionale (di sviluppo o riequilibrio territoriale), per i trasporti e le comunicazioni;
o le politiche energetiche e per la salvaguardia
ambientale.
Le politiche strutturali o d’offerta
Allocazione delle risorse e fallimenti del mercato
Un’economia di mercato – in concorrenza perfetta – è di
solito considerata lo strumento migliore per realizzare un’allocazione
ottimale delle risorse, tale da massimizzare il benessere sociale.
Vi possono però essere situazioni di fallimento del mercato (market failure):
o limiti alla concorrenza dovuti a rendimenti crescenti di scala, monopoli
naturali, cartelli, mercati non contendibili, differenziazione dei prodotti;
o informazione incompleta (o asimmetrica), altre incomple-
tezze od imperfezioni di mercato;
o esistenza di esternalità; fornitura di beni pubblici (beni
non rivali e non escludibili) e di beni meritori; ◦ questi ultimi possono giustificare un atteggiamento paternalistico dello Stato nella
fornitura di beni quali salute, sicurezza, istruzione, beni culturali, tutela dell’ambiente,
ecc.
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 8
Strumenti delle politiche strutturali
Gli strumenti e le modalità d’intervento dello Stato nell’eco-
nomia, per modificare l’allocazione delle risorse, possono es-
sere molteplici: 1. fissazione del quadro economico-istituzionale,
2. regolamentazione dell'iniziativa privata,
3. incentivi e disincentivi all'iniziativa privata,
4. intervento pubblico diretto nella produzione.
Quanto più l’intervento pubblico è pervasivo, tutte e quattro
le forme di intervento sono utilizzate; quindi l’economia, pur
rimanendo fondamentalmente di mercato, diviene “econo-
mia mista”.
◦ Inoltre le riforme strutturali implicano una complessa manovra – più qualitativa che quantitativa – di numerosi strumenti.
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 9
L’assetto economico istituzionale
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 10
1. Il quadro economico-istituzionale si riferisce alle “regole del gioco”, ossia le regole generali di funzionamento dei mercati.
a) Queste norme includono le disposizioni della Costituzione e le norme generali “permanenti”, anche derivanti dai Trattati internazionali o da comunità sovranazionali come l’UE.
b) Vi sono poi le norme relative ai diritti di proprietà, ai contratti, al diritto societario, all'attività dei sindacati, alla disciplina dei rapporti di lavoro, ai poteri di specifiche istituzioni (incluse le Authorities antitrust) e delle altre autorità di politica economica (in- clusa la banca centrale). • Queste norme generali includono quindi i provvedimenti a
difesa della libera concorrenza: rimozione delle rigidità e delle imperfezioni di mercato, tutela della concorrenza, normativa antitrust, etc.
o Le due principali "istituzioni" che si ritrovano in qualunque econo-
mia monetaria di mercato sono appunto la moneta ed il mercato. • Nei paesi occidentali si danno per acquisite queste norme. La transizione ad un’economia di mercato non è però un’operazione semplice, come mostra l’esperienza dei paesi dell’Est Europa negli anni ’90.
Regolazione dei mercati e politiche d’incentivazione
2. Regolamentazione dell'iniziativa privata
quando si vogliano vietare o contenere attività nocive (come le produzioni in- quinanti), sostenere l’offerta di beni e servizi ritenuti importanti, garantire la qualità
delle produzioni o dei processi produttivi; comprende:
a) norme e restrizioni amministrative: autorizzazioni, licenze, brevetti, controlli all'entrata e di prezzo, norme tecniche e standard qualitativi, tutela dei consumatori, dei lavoratori ed ambientale, vincoli localizzativi;
b) forme pervasive di disciplina della concorrenza o addirittura dell'organizzazione
dei mercati, controlli generalizzati dei salari e dei prezzi;
c) schemi di tipo programmatorio.
3. Incentivi e disincentivi all'iniziativa privata: a) monetari (imposte, sussidi, agevolazioni fiscali e creditizie, ecc.);
b) reali diretti (commesse pubbliche, sostegno alle esportazioni, protezionismo
tariffario e non tariffario);
c) reali indiretti (operano attraverso le esternalità ed il miglioramento
dell’ambiente di mercato: sostegno della R&S, della formazione del capitale
umano, investimenti in infrastrutture, trasporti, comunicazioni, servizi avanzati).
Intervento pubblico diretto («economia mista»)
4. Intervento pubblico diretto nella produzione (in aggiunta alla fornitura di beni e servizi pubblici), tramite: o le imprese pubbliche in senso stretto (statali, locali, aziende autonome
o le imprese a partecipazione statale (ad esempio appartenenti alle ex holding
pubbliche IRI ed ENI in Italia).
L’economia “mista” era diffusa nei paesi dove lo Stato si face- va imprenditore, o ossia accanto ad una componente di libero mercato (costi-
tuita da imprese private di produzione) vi era una signifi- cativa presenza dell'operatore pubblico, anche nella produ- zione diretta dei beni (il cosiddetto “capitalismo di Stato”).
• In Italia, l’IRI, ad es., aveva partecipazioni in Finsider (siderurgia), Fin- meccanica (meccanica), Fincantieri (cantieristica), Finmare (trasporti via mare), Alitalia, Italstat (costruzioni), Autostrade, Stet (telecomunicazio- ni), Rai, Banca Commerciale Italiana- Banco di Roma- Credito Italiano (le tre «banche di interesse nazionale»), Sme (alimentare).
La programmazione economica
Il massimo intervento pubblico nell’economia si era registrato nelle economie “pianificate dal centro” (ad es. nei paesi comunisti dell’ex blocco sovietico), dove il mercato era relegato ad attività minori
◦ In essi vi era una “pianificazione centrale”, dove lo Stato si sostituiva al mercato quale meccanismo allocatore.
Anche nei paesi ad economia di mercato (o ad economia mista)
si utilizzavano (specie negli anni ’60-70) schemi di programma-
zione economica, che comprendeva piani indicativi (invece
che coercitivi), tipicamente quinquennali. ◦ Si fornivano agli operatori privati indicazioni sugli scenari macroeconomici a
medio termine (così da “indirizzare” le azioni degli investitori pri- vati), talvolta vincolando il solo comportamento delle imprese pubbliche.
◦ Adottati in Italia, Francia, Olanda; in diversi paesi in via di sviluppo (India, Brasile, ecc.)
POLITICA ECONOMICA (MARELLI-SIGNORELLI) - CAP. 3 13
Espansione e contrazione del settore pubblico
L’intervento pubblico in economia è stato importante in diverse “economie di mercato”, soprattutto europee; ad es.: 1) dove era presente il fenomeno della «economia mista»; 2) od anche nei Paesi (come quelli scandinavi) dove lo Stato
assolveva anche una importante funzione redistributiva, attraverso il Welfare state, con un’ele- vata incidenza negli indicatori del peso del settore pubblico (G/Y, T/Y, dipen- denti pubblici/ occupazione totale).
Dopo l’espansione secolare del settore pubblico, dagli anni ’80 si è riscontrata una sua contrazione (misurabile anche da G/Y o T/Y), attuata in molti paesi attraverso la privatizzazione di imprese pubbliche ed accompagnata da azioni di deregolamentazione. Conseguenza della diffusione delle ideologie neoliberiste (“meno Stato e più mercato”) e delle nuove teorie economiche (Public Choice, Supply- Side Economics, teorie del ciclo economico-politico), ma anche per il manifestarsi di nuovi problemi nelle economie reali ◦ in particolare, problemi di finanziamento della spesa
pubblica, anche in considerazione della crescente opposizione nei confronti di un'elevata pressione fiscale, con il conseguente ampliarsi dei disavanzi pubblici.
Diffusione delle politiche neolibersite: o Dapprima negli Stati Uniti (con la reaganomics, riduzioni del carico fiscale e
deregulation) e nel Regno Unito (dove si sono aggiunte privatizzazioni di imprese pubbliche e dismissioni di beni di proprietà pubblica); poi in Germania, Francia ed in altri paesi europei (inclusa l’Italia dagli anni ’90).
Azioni adottate: o privatizzazioni, per elevare l’efficienza della produzione di beni e servizi (o
quale fonte di entrata per il bilancio pubblico); o liberalizzazioni, rendendo competitivi i settori protetti ed eliminando le
rendite (ma occorre stare attenti a non sostituire monopoli privati a quelli pubblici);
o deregolamentazioni per eliminare i “lacci e laccioli” che frenano (spesso inutilmente) l’ini- ziativa privata e le numerose pastoie burocratiche.
Parziale inversione dopo la crisi globale: o intervento degli Stati (sostegno ai sistemi creditizi, nazionalizzazioni di
banche) e «riregolamentazione» (ad es. dei sistemi finanziari, ecc.), oltre a politiche monetarie accomodanti e stimoli fiscali consistenti; ma poi «consolidamenti fiscali» (cfr. cap. 19).
Rimangono ancor’oggi fondamentali le azioni, non solo a livello macroeconomico, ma anche per la regolazione dei mercati, la tutela della concorrenza, l’incentivazione (attraverso la leva fiscale) degli agenti privati. Occorre un nuovo equilibrio in cui Stato e Mercato si sostengano a vicenda. o In Europa, “economia sociale di mercato”, con una particolare
attenzione per i problemi dell’equità sociale (e con un ruolo importante assegnato alle parti sociali).
Stato e Mercato
Economic Systems
Totally
planned
economy
Classifying economic systems
Totally
free-market
economy
Totally
planned
economy
N. Korea
Cuba Poland France
UK
USA
Mid 1980s
China Hong
Kong
Classifying economic systems
Totally
free-market
economy
Totally
planned
economy
N. Korea
N. Korea
Cuba
China
Poland
Poland France
France
UK USA
USA
Mid 1980s
Mid 2000s
China Hong
Kong
Cuba China
(Hong
Kong)
Classifying economic systems
UK
Totally
free-market
economy
ECONOMIC SYSTEMS
• Advantages of a command economy
– high investment, high growth
– stable growth
– social goals pursued
– low unemployment
• Problems of a command economy
– problems of gathering information
– expensive to administer
– inappropriate incentives
– shortages and surpluses
ECONOMIC SYSTEMS
• The free-market economy
–demand and supply decisions
–the price mechanism:
• shortages and surpluses
• equilibrium price
• response to changes in demand and supply
–the interdependence of markets
Goods Market
Dg shortage
(Dg > Sg)
Pg Sg
Dg
until Dg = Sg
Factor Market
shortage
(Df > Sf)
Pf Sf
Df
until Df = Sf Df
The price mechanism:
the effect of a rise in demand
ECONOMIC SYSTEMS
• Advantages of a free-market economy
– transmits information between buyers and sellers
– no need for costly bureaucracy
– incentives to be efficient
– competitive markets responsive to consumers
ECONOMIC SYSTEMS
• Problems of a free-market economy
– competition may be limited: problem of market power, monopoly, oligopoly
– Inequality and social costs
– the environment and other social goals may be ignored
• The mixed economy…Western Europe after IIWW
Institutional economics
• Institutions matter - rules and norms.
• Reduce uncertainity • Guide behaviour
• Real world: • Behaviour driven by institutions?
• Behaviour driven by rational maximizing process?
Types of models
In general, 5-6 types of models are discussed in literature: 1. competitive capitalist countries (anglo-saxon) 2. corporative capitalist countries (German-Japan) 3. dirigiste economies (France) 4. socialist markets 5. social democratic countries (Scandinavian model) 6. Hybrid model • In TE the socialist and social democratic models are
not present
Economic systems
Low efficiency High efficiency
Low equity Mediterranean
Model
Italy, Spain., Greece,
Portugal,
Anglo-Saxon Model
United Kingdom,
Ireland, USA,
Canada, Australia,
New Zeeland
High equity Continental Model
Germany, France,
Benelux, Austria
Scandinavia Model
Sweden, Finland,
Norway, Denmark
Post fordism: Market Financialization and Inequality
Australia
Canada
Denmark
France
Germania
Greece
Ireland
Italy
Japan
Netherland
Norway
Portugal
Spain
Sweden
United Kingdom
United States 2
5
30
3
5
40
Gin
i M
id 2
00
0s
60 80 100 120 140 160 Financialization 2006
GDP per head as a percentage of the EU15 average: 2004
GDP per head GDP (PPS) per head
Luxembourg 220.5 196.9
Denmark 142.7 112.0
Ireland 141.7 127.1
USA 127.3 142.5
Sweden 122.5 106.7
Japan 116.0 107.1
UK 112.6 109.1
Netherlands 112.0 108.1
Germany 104.1 98.5
France 103.6 104.4
Italy 92.0 97.5
Spain 76.0 87.4
Greece 58.6 74.4
Portugal 50.3 67.7
Czech Republic 33.2 64.6
Poland 20.0 44.6
PPP: the big mac index
France Germany Italy Japan UK USA EU(15) OECD Brazil Malaysia Singapore
Growth
1960-9
1970-9
1980-9
1990-9
2000–5
7.5
3.2
2.2
1.7
2.0
4.4
2.6
1.8
2.2
1.0
5.3
3.8
2.4
1.5
1.5
10.9
4.3
4.0
1.7
1.9
2.9
2.0
2.4
2.1
2.7
4.3
2.8
2.5
3.0
2.9
3.5
3.2
2.2
2.1
2.0
4.6
3.6
2.6
2.6
2.6
5.4
8.1
3.0
1.8
2.8
6.5
7.9
5.8
6.9
5.2
8.8
8.3
6.1
7.7
4.6
Unemployment
1960-9
1970-9
1980-9
1990-9
2000–5
1.5
3.7
9.0
10.6
9.2
0.9
2.3
5.9
7.7
8.9
5.1
6.4
9.5
10.4
9.0
1.3
1.7
2.5
3.7
5.0
2.2
4.5
10.0
8.1
5.1
4.1
6.1
7.2
5.8
5.3
2.5
4.0
9.3
9.2
7.9
2.5
4.3
7.3
6.9
6.7
n/a
n/a
n/a
9.3
10.5
n/a
n/a
6.2
3.4
3.5
n/a
n/a
3.6
2.8
3.8
Inflation
1960-9
1970-9
1980-9
1990-9
2000–5
4.2
9.4
7.3
2.0
1.8
3.2
5.0
2.9
2.2
1.4
4.4
13.9
11.2
4.7
2.7
4.9
9.0
2.5
0.8
–1.3
4.1
13.0
7.4
3.9
1.8
2.8
6.8
5.5
2.4
2.2
3.7
10.3
7.4
3.3
2.1
3.1
9.2
8.9
4.4
2.3
46.1
30.6
332.2
847.0
7.1
–0.3
7.3
2.2
3.6
1.6
1.1
5.9
2.5
1.9
1.0
Economic growth (average % per annum), Unemployment (average %), Inflation (average % per annum)
Characteristics
Models
(leader country)
Competition Economic
Regulation
Main
Economic
Actors
Relationship
between
public and
private
actors
International
Economic
Relation
Taxation
Anglo-saxon
model
(USA, UK,
Irland)
Promoting
free
competition
Deregulation,
withdrawal of
the State from
the Economy
Firms,
Corporations,
Markets,
Residual
public
sector:
Market-
oriented
Global
competition
Low taxes,
no or little
progressive
rate
Corporatist
model
(Germany)
Balancing
Cooperation
and
Competition
Decentralized Tripartite
structures
(business
clubs, Trade
unions,
government)
Public-
private
partnerships
Protection of
strategic
sectors in an
open
economy
High
taxation to
finance
Welfare
State
Dirigist model
(France)
State
Control,
regulated
competition
National
Accumulation
and
Regulation
Strategy
Private and
Public
sectors
Public-
private
partnerships
under State
guide
Protectionism High Taxes
and
Collective
Recourses
Social
Democratic
model
(Scandinavian
countries)
State
controlled
liberalization
and
competition
Knowledge
and
innovation as
economic
guide for
regulation
Public and
Private Firms
and Ethic
Corporations
Public-
private
partnership
in order to
realize
Social
Cohesion
National
Actors,
moderate free
competition,
open
economy
High
wages,
career
perspective,
High and
progressive
tax rate
Socialist
markets (China,
Vietnam)
Balancing
between
forms of
liberalization
and free
competition
State
Regulation
and
innovation
State or
municipal
owned firms,
semi-private
firms,
private
foreign
firms. Public
Authorities
Public and
private
actors with
more
emphasis on
collective
goals
National
strategies in a
global
context,
reasonably
free trade
Distributive
policies,
collective
services,
equalitarian
principles.
Appropriate institutions
• Every country chooses the economic institutions that thinks are more appropriated for the domestic context, considering the numerous differences that can exist within the same economic system (Rodrik 1999).
• The Italian districts case is just an example and an interpretation of such a diversity of local governance, local development, and networking between economic agents.
Appropriate institutions (2)
• In the same way the phenomenon of the Italian dualism between north and south shows that those same institutions do not have the same effect (Graziani 1998).
Appropriate institutions (3)
• Or still, the phenomenon of familiar Capitalism in some countries of the south east Asian show, in other terms, another varieties of capitalism dramatically affected by informal rules. (Hirschman, 1990)
Appropriate institutions (4)
• In Germany or other Asian countries such South Korea and Japan there is a strong link between banks and the firms, a particular institutional framework and a particular partnership between state and market which have allowed the creation of a successful model of development specific with informal rules of those countries (Rodrik 1999).
Appropriate institutions (5)
• In LDCs strategies of "Imports Substitution" (IS) or of “Exports Promotion" (EP), and all the connected institutions (subsidies to the exports, customs duties, aids of State, credits to the exports, etc) have been working in the same period, in the same countries but not in others although countries were in the same category of LDCs (Meier 2000).
Different "style of Capitalism"
• Therefore appropriated economic institutions equal for all countries do not exist, but every country has is "style of Capitalism" (Rodrik 1999)