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Anno Accademico 2014-2015 Relatore: Ing. Gianluca VALENTI Tesi di Laurea di: Enrico TOMASONI Matr. 816892 STUDIO NUMERICO DI UN COMPRESSORE ALTERNATIVO PER LA REFRIGERAZIONE DI COMPONENTI ELETTRONICI POLITECNICO DI MILANO Scuola di Ingegneria Industriale e dell’informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

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Anno Accademico 2014-2015

Relatore: Ing. Gianluca VALENTI

Tesi di Laurea di:

Enrico TOMASONI Matr. 816892

STUDIO NUMERICO DI UN COMPRESSORE ALTERNATIVO

PER LA REFRIGERAZIONE DI COMPONENTI ELETTRONICI

POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Ringraziamenti

Voglio ringraziare il Prof. Gianluca Valenti per i suoi consigli nelle varie fasi di svolgimento della tesi e per

lo spirito di ricerca e innovazione che mi ha fatto apprezzare nell’imbattermi in un settore nuovo e, quindi,

ricco di aspetti da scoprire e comprendere.

Alla fine di questo percorso di studi voglio ringraziare le persone che in questi anni mi hanno accompagnato

in questa esperienza e con i quali oggi ho la gioia di festeggiare. Prima di tutto la mia famiglia e Benedetta, la

mia ragazza, che mi hanno sempre incoraggiato e hanno gioito con me lungo questo percorso e che mi hanno

sopportato nei momenti di maggiore tensione: prima degli esami e della discussione della tesi.

Grazie ai miei nonni, da loro ho imparato che la saggezza si acquisisce, prima che sui libri, accogliendo le

difficoltà e le gioie che la vita ogni giorno ci offre.

Voglio ricordare gli amici del mio oratorio e quelli dell’esperienza di Gornja che, tra un’attività e l’altra, mi

hanno fatto sembrare questo percorso meno pesante di quello che probabilmente è stato e un grazie va a Don

Diego che, con il suo carattere, mi ha insegnato ad affrontare le sfide imparando a credere nelle mie capacità

senza arrendermi mai.

Un grazie va a tutte le persone che ho avuto la fortuna di conoscere in questi anni, a Zoppe con cui ho

condiviso il primo anno ed i tanti viaggi e ritardi in treno, e un grazie anche a Marco e Viviana. Grazie a

Mirko, Nico, Fede, Elvis, Ste, Fra e tanti altri con i quali è stato un piacere scambiare anche solo poche

parole. Un grande grazie a Dani, con lui ho condiviso tutti questi 5 anni: lezioni, pause pranzo, risate, caffè

alla macchinetta,… da lui ho imparato che a mettersi in gioco si porta a casa sempre qualcosa di buono,

sempre!

Penso che il mettersi in gioco e rischiare per costruire qualcosa di grande faccia parte, prima che del lavoro di

un ingegnere, delle vita di ognuno di noi:

“La chiamata ad esplorare è in ognuno di noi, ma l’agire è una storia differente. Molte persone non sono

disposte a camminare in quei luoghi dove il fallimento è più probabile del successo, quei luoghi dove noi

sperimentiamo le nostre passioni. Ma noi ci proviamo!” (Simone Moro, Alpinista Bergamasco)

Indice

Ringraziamenti ................................................................................................................................................... 3 Indice ................................................................................................................................................................. 4 Abstract .............................................................................................................................................................. 7 Sommario ........................................................................................................................................................... 9 Capitolo 1. Introduzione ........................................................................................................................... 11

1.1 Obiettivi e metodologia .................................................................................................................. 11 1.2 Struttura della tesi ........................................................................................................................... 14

Capitolo 2. Rassegna bibliografica ........................................................................................................... 15

2.1 Compressori lineari ........................................................................................................................ 16

2.1.1 Descrizione dei componenti ....................................................................................................... 16 2.1.2 Aspetti tecnologici rilevanti ....................................................................................................... 21 2.1.3 Vantaggi e svantaggi di tale tecnologia ...................................................................................... 35 2.1.4 Applicazioni pratiche e parametri di funzionamento ................................................................. 38

2.2 Compressori piezoelettrici .............................................................................................................. 41

2.2.1 Descrizione dei componenti ....................................................................................................... 41 2.2.2 Aspetti tecnologici rilevanti ....................................................................................................... 47 2.2.3 Vantaggi e svantaggi di tale tecnologia ...................................................................................... 61 2.2.4 Applicazioni pratiche e parametri di funzionamento ................................................................. 61

2.3 Compressori elettrostatici ............................................................................................................... 63

2.3.1 Descrizione dei componenti ....................................................................................................... 63 2.3.2 Aspetti tecnologici rilevanti ....................................................................................................... 65 2.3.3 Vantaggi e svantaggi di tale tecnologia ...................................................................................... 72 2.3.4 Applicazioni pratiche e parametri di funzionamento ................................................................. 72

2.4 Ciclo Joule-Brayton inverso ........................................................................................................... 76

2.4.1 Descrizione del ciclo e dell’impianto ......................................................................................... 76 2.4.2 Aspetti tecnologici rilevanti ....................................................................................................... 78 2.4.3 Applicazioni pratiche e parametri caratteristici .......................................................................... 79 2.4.4 Compressore centrifugo ............................................................................................................. 79

2.5 Ciclo Stirling inverso ...................................................................................................................... 82

2.5.1 Descrizione del ciclo e dell’impianto ......................................................................................... 82 2.5.2 Aspetti tecnologici rilevanti ....................................................................................................... 83 2.5.3 Applicazioni pratiche e parametri caratteristici .......................................................................... 85

2.6 Raffreddamento termoelettrico ....................................................................................................... 86 2.7 Tubo di calore pulsante................................................................................................................... 87 2.8 Raffreddamento per adsorbimento ................................................................................................. 88 2.9 Micropompa termopneumatica ....................................................................................................... 89 2.10 Micropompa elettromagnetica ........................................................................................................ 90 2.11 Tecnologie minori .......................................................................................................................... 91

Capitolo 3. Modello di calcolo ................................................................................................................. 93

3.1 Modello del compressore ................................................................................................................ 94

3.1.1 Assunzioni .................................................................................................................................. 95 3.1.2 Entalpia del gas ideale ................................................................................................................ 95 3.1.3 Dinamica delle valvole ............................................................................................................... 96 3.1.4 Flusso di calcolo ......................................................................................................................... 99 3.1.5 Volume della camera di compressione ..................................................................................... 100 3.1.6 Fasi di compressione e dinamica delle valvole ........................................................................ 101

Indice

3.1.7 Determinazione della costante elastica della molla del motore ............................................... 108 3.1.8 Bilancio energetico e calcolo delle perdite .............................................................................. 109 3.1.9 Calcolo della potenza e del rendimento elettrico ..................................................................... 110 3.1.10 Ciclo ideale.......................................................................................................................... 111 3.1.11 Calcolo delle prestazioni del compressore .......................................................................... 111 3.1.12 Riepilogo flusso di calcolo .................................................................................................. 112

3.2 Modello del ciclo frigorifero ........................................................................................................ 113

3.2.1 Assunzioni ............................................................................................................................... 113 3.2.2 Descrizione dell’impianto ........................................................................................................ 113 3.2.3 Parametri del ciclo ................................................................................................................... 113 3.2.4 Calcolo delle prestazioni.......................................................................................................... 114

Capitolo 4. Validazione del modello ...................................................................................................... 117 Capitolo 5. Casi studio ........................................................................................................................... 119

5.1.1 Parametri fissati ....................................................................................................................... 119 5.1.2 Simulazioni effettuate .............................................................................................................. 119

Capitolo 6. Risultati e discussioni .......................................................................................................... 121

6.1.1 Perdite per effetti di trafilamento ............................................................................................. 123 6.1.2 Perdite termiche ....................................................................................................................... 125 6.1.3 Perdite per attrito meccanico ................................................................................................... 127 6.1.4 Riepilogo delle perdite energetiche ......................................................................................... 131 6.1.5 Diametri delle valvole ............................................................................................................. 132 6.1.6 Scelta del caso ottimale ........................................................................................................... 133

Capitolo 7. Conclusioni e sviluppi futuri ............................................................................................... 139 Indice delle figure .......................................................................................................................................... 140 Indice delle tabelle ......................................................................................................................................... 143 Nomenclatura ................................................................................................................................................ 144 Bibliografia .................................................................................................................................................... 150

Abstract

The trend to obtain more and more faster desktop or notebook computers in terms of capability of

calculation and the other side, the trend to reduce the dimensions of portable computers, brings the electronic

devices that work at high frequencies to discharge high thermal fluxes in relationship with the surfaces of

heat exchangers. Therefore it is necessary developing and designing new cooling systems.

In the present work, there is an overview of actual and more used cooling technologies for computer

processors. As it is shown later, every technology presents a compression system and for this reason there is

an extensive bibliographic review to know and understanding what are the actual compression technologies

at scale dimension of centimeters or millimeters today in the world. It is also described the cooling cycle in

which every compressor type is integrated. The compression technologies described are: linear and

reciprocating compressors, membrane compressors in which there are piezoelectric, thermopneumatic,

electrostatic and electromagnetic membrane actuation systems; there are also reverse Stirling engines and

centrifugal compressors.

Other cooling technologies like thermoelectric, themoacoustic, thermoionic cooling, as well as pulse tube and

adsorbtion cooling are only cited because their application in notebook computers is not so important, but

these systems are used in the microelectronic sector.

Among all this technologies the author choose the linear compressor integrated in a reverse Rankine cycle in

which flows the refrigerant fluid R134a. It is built a numerical model implemented in “Excel” that simulate

the four compression work phases and the working of the refrigeration cycle to calculate the performances.

By the analysis on the energy losses it is shown that thermal losses are many times bigger than other losses,

so the trend of the compressor efficiency is linked to the trend of thermal losses. Instead leakage and friction

losses are very low.

The performances of the refrigeration system are investigated varying some design parameters like stroke to

diameter ratio and diameter of the piston. It is chosen the asset with higher COP among them that present an

evaporation thermal power of 50 W. The optimal compression chamber has a stroke to diameter ratio of 0.47

and the diameter of the piston of 1.2 cm, the global compressor efficiency value is about 61 %, the COP

value is 1.84 and the evaporation fluid temperature of 285 K. The global compressor casing in which are

fitted the linear electromagentic motor and the compression chamber is long 8-10 cm and its diameter is

about 2 cm.

Key words: Coefficient of performance, refrigeration cycle, compression cycle, linear compressor, resonance frequency,

valve.

Sommario

La tendenza ad avere desktop o notebook computer sempre più veloci ed efficienti in termini di capacità di

calcolo e, dall’altra parte, la tendenza a ridurne sempre di più le dimensioni, porta ad avere componenti

elettronici che lavorano ad elevate frequenze con grandi potenze termiche da dissipare in rapporto alle

superfici di scambio termico. Esiste quindi l’opportunità per lo sviluppo e la progettazione di nuove

tecnologie di raffreddamento o refrigerazione.

Nella presente trattazione si riporta una breve panoramica delle attuali tecnologie di raffreddamento per i

processori di componenti elettronici. Visto che ogni tecnologia presenta un sistema di compressione, viene

effettuata un’approfondita rassegna bibliografica per comprendere quali sono le attuali tecnologie di

compressione esistenti aventi le dimensioni dei centimetri o millimetri, descrivendo anche il sistema di

raffreddamento nel quale sono integrate. Vengono studiati i compressori a pistone tradizionali e lineari, i

compressori a membrana piezoelettrici, elettrostatici, elettromagnetici e termopneumatici, il motore Stirling

sfruttato in modo inverso e il compressore centrifugo.

Vengono citate anche tecnologie di minor interesse come il raffreddamento termoelettrico, termoacustico,

termoionico, il tubo di calore pulsante e l’adsorbimento.

Tra le varie tecnologie si sceglie il compressore lineare integrato in un ciclo Rankine inverso. Si costruisce un

modello numerico, implementato in Excel, che simuli le varie fasi del ciclo di compressione e del ciclo

frigorifero calcolandone le prestazioni. Dall’analisi delle perdite energetiche si rivela che quelle termiche

prevalgono sulle altre e che influenzano maggiormente l’andamento del rendimento del compressore. Invece

le perdite per attrito e per trafilamento sono molto ridotte. Vengono poi analizzate le prestazioni

dell’impianto al variare del rapporto corsa-alesaggio e del diametro del pistone scegliendo il caso con COP

più elevato che asporti una potenza termica di 50 W all’evaporatore.

La camera di compressione ottimale ha un diametro di 1.2 cm e un rapporto corsa-alesaggio di 0.47, il

rendimento del compressore è del 61%, il COP è pari a 1.84 e la temperatura del fluido nell’evaporatore di

285 K . Le dimensioni globali del compressore sono di circa 2 cm di diametro per 8-10 cm di lunghezza.

Parole chiave: Coefficent of performance, ciclo frigorifero, ciclo di compressione, compressore lineare, frequenza di

risonanza,valvola.

Capitolo 1. Introduzione

In questo capitolo introduttivo vengono brevemente descritti i sistemi di refrigerazione per componenti

elettronici maggiormente impiegati, si definiscono gli obbiettivi che si vogliono raggiungere nel presente

lavoro ed infine si descrive l’ordine logico con cui viene affrontato il lavoro.

1.1 Obiettivi e metodologia

Lo scopo della seguente trattazione è la costruzione di un modello di raffreddamento per componenti

elettronici e più precisamente per il raffreddamento della CPU di un notebook computer. In un personal

computer i componenti che dissipano maggior potenza termica sono quelli che lavorano a frequenze elevate;

ovvero la CPU, la scheda video e la scheda di memoria. Tra questi componenti, quello che dissipa

maggiormente è la CPU e quindi su di essa viene applicato il sistema di raffreddamento oggetto di studio. Le

potenze termiche dissipate dalla CPU possono andare da 70-100 W dei computer più datati o con prestazioni

elevate ma sempre destinati al mercato domestico, fino a 3-5 W dei modernissimi notebook portatili. Di

conseguenza si sceglie come potenza di riferimento dell’impianto studiato in questa sede un valore medio di

50 W.

Il raffreddamento di componenti che funzionano a frequenze elevate è dovuto al fatto che, asportando

potenza termica, la loro temperatura viene mantenuta a valori ridotti, quindi le resistenze elettriche al silicio

si riducono dissipando meno potenza per effetto Joule aumentando le prestazioni del componente. Inoltre il

funzionamento a basse temperature, oltre a migliorare l’efficienza energetica, aumenta la velocità di processo

del componente e quindi ne migliora le prestazioni in termini di rapidità di calcolo. Quest’ultimo aspetto

rappresenta l’obbiettivo principale per il quale è necessario costruire sistemi di raffreddamento sempre più

efficienti, ovvero migliorare i tempi di calcolo e quindi le prestazioni del calcolatore. Sebbene il

funzionamento a temperature non troppo elevate permetta di velocizzare le operazioni dei componenti,

un’eccessiva riduzione della temperatura porta ad avere l’effetto contrario. Infatti a basse temperature si

perde il sincronismo tra le velocità caratteristiche di funzionamento dei vari sottocomponenti del sistema da

raffreddare, di conseguenza pur operando a basse temperature non si ottengono le prestazioni desiderate in

termini di rapidità di calcolo. Con gli attuali sistemi di raffreddamento la temperatura operativa della CPU è

mantenuta intorno ai 70 °C, sebbene questa sia progettata per resistere fino a circa 110 °C. L’obbiettivo è

quello di ridurre questo valore evitando di perdere il sincronismo tra i componenti della CPU. Considerando

il trade-off tra gli effetti della temperatura operativa sulle prestazioni, si stabilisce una temperatura di

funzionamento in condizioni di refrigerazione intorno ai 20-35 °C.

Il sistema di raffreddamento utilizzato attualmente nei computer d’uso comune è costituito da uno

scambiatore alettato, posto in contatto con il processore, che viene raffreddato da un flusso d’aria in

convezione forzata alimentato da una ventola. Un esempio di questo sistema è riportato in Figura 1 in cui si

può notare lo scambiatore alettato dotato di elevata superficie di scambio termico e la ventola posta sopra di

esso.

Figura 1. Raffreddamento ad aria in convezione forzata [ricerca in Google]

Capitolo 1. Introduzione

12

Un’alternativa a questo sistema di raffreddamento e che viene applicata nei computer di taglia maggiore è il

raffreddamento a liquido rappresentato in Figura 2. Per mezzo di una pompa volumetrica, il liquido,

generalmente acqua, viene inviato in uno scambiatore di calore posto in contatto con la CPU.

Successivamente il liquido, a temperatura maggiore, esce dallo scambiatore entrando nel radiatore, nel quale

viene raffreddato scambiando potenza termica con un flusso d’aria in convezione forzata alimentato da una

ventola. Il liquido freddo si accumula in un serbatoio per poi essere ripescato dalla pompa e riniziare il ciclo.

I vantaggi di tale tecnologia rispetto al raffreddamento diretto ad aria in convezione forzata sono i seguenti:

il fluido di lavoro è un liquido e non un gas, quindi ha un coefficiente di scambio convettivo ed una

capacità termica più elevati;

essendo un sistema chiuso, le prestazioni sono meno influenzate dalla temperatura ambiente;

è meno rumoroso del raffreddamento diretto ad aria;

maggiori potenze termiche asportate.

Gli svantaggi sono i seguenti:

maggiori dimensioni rispetto al sistema precedente;

le perdite di liquido possono danneggiare irreversibilmente i componenti elettronici;

lo scambiatore a liquido è più complesso da costruire, da montare sulla CPU e da mantenere in

buone condizioni.

Esiste anche un altro sistema di raffreddamento che sfrutta lo stesso schema di processo del raffreddamento a

liquido. In questo caso il liquido viene inviato dalla pompa attraverso uno scambiatore di calore a liquido che

si interfaccia con un dispositivo Peltier, successivamente il liquido riscaldato entra nel radiatore e poi, una

volta raffreddato, entra nel serbatoio dal quale viene ripescato dalla pompa. Il dispositivo Peltier asporta

potenza termica per il semplice fatto che, applicando una tensione a due estremità di un conduttore, tra di

esse si genera una differenza di temperatura e quindi un flusso termico verso l’estremo a temperatura minore.

L’estremo a temperatura maggiore rappresenta il componente da raffreddare, mentre l’estremo a temperatura

minore e è il componente posto in contatto con lo scambiatore a liquido. Mantenendo il sistema in condizioni

stazionarie, la differenza tra le due temperature del dispositivo Peltier è costante e quindi anche la

temperatura del componente da raffreddare. Il vantaggio di questo sistema rispetto ai due precedenti è

dovuto alla possibilità di raggiungere temperature operative minori di quella ambiente (nel raffreddamento ad

aria diretto o in quello a liquido non è possibile). Tale sistema presenta però una bassa efficienza, circa il 10-

15 % rispetto al ciclo di Carnot ideale.

Esistono anche altre tecnologie di raffreddamento che vengono utilizzate per raffreddare componenti

elettronici ma che non vengono applicate nei notebook computer; nel capitolo seguente è presente comunque

una sezione dedicata alla descrizione di questi sistemi di minor interesse per il caso oggetto di studio. Esiste

Figura 2. Raffreddamento a liquido [ricerca in Google]

Capitolo 1. Introduzione

13

inoltre una tecnologia collaudata nel settore della refrigerazione domestica che negli ultima anni è stata

oggetto di studio in modo da estendere la suo applicazione al raffreddamento dei processori, ovvero il ciclo

Rankine inverso. Tale sistema è dotato di un compressore, un condensatore, una valvola di laminazione ed un

evaporatore. Quest’ultimo è uno scambiatore di calore costituito da micro canali al cui interno scorre il fluido

che evapora asportando potenza termica da una piastra di rame posta in contatto con la CPU, su questa

piastra sono disposti i micro canali dell’evaporatore all’interno dei quali scorre il fluido. Il condensatore è

invece costituito da uno scambiatore di calore a flusso incrociato, in questo modo il fluido rilascia potenza

termica che viene asportata da un flusso d’aria in convezione forzata alimentato da una ventola. In Figura 3 è

rappresentato un impianto da laboratorio.

I vantaggi di tale sistema sono i seguenti:

possibilità di asportare maggior potenza termica rispetto ai precedenti sistemi e quindi anche di

raggiungere temperature operative minori;

possibilità di raggiungere temperature operative minori della temperatura ambiente;

operare a temperature operative minori significa dissipare meno potenza per effetto Joule,

aumentare la velocità di calcolo ed allo stesso tempo l’affidabilità e la vita utile del sistema;

avere un fluido che evapora significa mantenere costante la temperatura dell’evaporatore lato fluido

e quindi anche quella della CPU, aumentando l’affidabilità e la durata del componente.

Invece gli svantaggi sono i seguenti:

elevata complessità d’impianto e costi elevati;

avere un sistema di raffreddamento costituito da elevati componenti comporta una scarsa affidabilità

dell’impianto nel suo complesso.

Come si può notare da questa breve introduzione, tutte le tecnologie di raffreddamento presentano un sistema

di compressione o di pompaggio che sia in grado di fornire una certa prevalenza al fluido che deve asportare

potenza termica. Sia che si tratti del ventilatore che alimenta l’aria del raffreddamento convettivo diretto,

della pompa per il raffreddamento a liquido o del compressore per il ciclo Rankine inverso, un sistema che

fornisca una prevalenza è sempre presente. Inoltre, integrare un sistema di raffreddamento all’interno di un

sistema elettronico come un notebook computer comporta, oltre ad effettuare uno studio termodinamico del

ciclo, anche risolvere un problema di dimensioni. Per garantire che il sistema sia integrabile in un computer

portatile è necessario che ogni componente abbia delle dimensioni molto ridotte, specialmente in larghezza,

vista la tendenza dei moderni pc ad avere spessori sempre più ridotti. Di conseguenza, quando si parla di

raffreddamento di componenti elettronici, si devono sempre abbinare ai parametri termodinamici del sistema

anche le dimensioni caratteristiche.

Figura 3. Ciclo Rankine inverso per applicazioni elettroniche [15]

Capitolo 1. Introduzione

14

1.2 Struttura della tesi

Visto che si pone molta attenzione alle dimensioni e, che il componente di maggiori dimensioni in un sistema

di raffreddamento è il compressore o la pompa, la seguente trattazione si focalizza sullo studio di questa

macchina. La prima parte del lavoro consiste in una rassegna bibliografica di tutte le tecnologie di

compressione o di pompaggio attualmente presenti sul mercato o in fase di studio, a prescindere dal campo di

applicazione. Alcune tecnologie possono svolgere sia la funzione di compressore che di pompa, ossia operare

sia con un liquido che con un gas, e possono essere impiegate in campo elettronico o in altri settori come

quello della refrigerazione domestica, ambientale, chimico o biomedico. Inoltre il ciclo termodinamico di

raffreddamento, nel quale la tecnologia di compressione è integrata, può essere di svariate tipologie. Per ogni

tecnologia si riporta, oltre alla descrizione del compressore o della pompa, anche la descrizione del ciclo

termodinamico di raffreddamento, il settore di applicazione, i parametri termodinamici e dimensionali del

compressore e dell’impianto globale di raffreddamento. La rassegna bibliografica vuole dare al lettore una

panoramica generale di ciò che esiste nel mondo dei mini compressori o mini pompe, anche se non

necessariamente applicate al settore della refrigerazione; può darsi che alcune tecnologie abbiano addirittura

dimensioni e prestazioni troppo ridotte per l’applicazione di interesse, ma vengono comunque riportate

perché potrebbero trovare impiego in componenti elettronici di taglie minori. Vengono inoltre citate alcune

tecnologie minori che non presentano un sistema di compressione ma che vengono utilizzate per il

raffreddamento di componenti elettronici.

Terminata questa fase, si deve scegliere il ciclo termodinamico da applicare nel sistema di raffreddamento e

quindi anche la tecnologia di compressione al suo interno. Si sceglie il ciclo Rankine inverso dotato di un

compressore a pistone alimentato da un motore elettromagnetico lineare, i cui vantaggi sono elencati nel

seguente capitolo. Si costruisce quindi un modello termodinamico del compressore che viene poi validato

con un modello esistente e utilizzato per simulare una serie di casi studio, in modo da valutare la variazione

delle prestazioni del sistema al variare dei parametri geometrici del compressore. Tra le configurazioni

analizzate si sceglie dunque quella che garantisce le migliori prestazioni.

Si fa presente fin da subito che, i simboli letterali utilizzati nelle varie equazioni, se non spiegati in modo

chiaro nel testo, sono spiegati nel capitolo dedicato alla nomenclatura.

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

In questa sezione vengono descritte le varie tecnologie di compressione e ad ogni tipologia viene dedicata

una sezione per la descrizione dei componenti, una per la descrizione degli aspetti tecnologici rilevanti ed

un’ultima sezione dedicata a riportare le applicazioni pratiche, indicando il campo scientifico in cui viene

impiegata ed i suoi principali parametri tecnici con annessi vantaggi e svantaggi rispetto ad altre tecnologie.

Essendo alla ricerca di un compressore di piccola taglia da applicare al raffreddamento di componenti

elettronici, la rassegna bibliografica è stata improntata sui compressori di taglia molto ridotta la cui

applicazione è stata precedentemente rivolta ad altri settori; dunque l’ obbiettivo è di capire se tali tecnologie

possano essere applicate nel campo elettronico di interesse per la presente trattazione. Le tecnologie di

compressione che vengono analizzate in questo capitolo sono:

compressori lineari e alternativi tradizionali integrati nel ciclo Rankine inverso;

compressori piezoelettrici integrati nel ciclo di raffreddamento Joule-Thomson;

compressori elettrostatici integrati nel ciclo Rankine inverso;

compressori centrifughi integrati nel ciclo Joule-Brayton inverso;

compressori a pistone con displacer integrati nel ciclo Stirling inverso;

raffreddamento termoelettrico (senza un sistema di compressione);

compressori a membrana integrati nel tubo di calore pulsante;

raffreddamento mediante adsorbimento (compressione per desorbimento di un gas) ;

compressori termopneumatici a membrana integrati nel ciclo Joule-Thomson;

compressori elettromagnetici a membrana integrati nel ciclo Joule-Thomson;

tecnologie minori come il raffreddamento termoionico e termoacustico.

Si riporta nella Figura 4 lo schema delle tecnologie di raffreddamento che vengono descritte in seguito.

Figura 4. Tecnologie di raffreddamento

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

16

2.1 Compressori lineari

In questo paragrafo viene descritta la tecnologia di compressione mediante un pistone azionato da un motore

elettromagnetico, dividendo la descrizione secondo i criteri precedentemente riportati.

2.1.1 Descrizione dei componenti

I compressori lineari sono dei compressori a pistone ad azionamento elettromagnetico il cui principio di

funzionamento, per quando riguarda gli aspetti termodinamici della compressione, è lo stesso di un

compressore a pistone alternativo. Ciò che differenzia tali compressori da quelli alternativi tradizionali è il

sistema meccanico-elettrico tramite il quale il pistone viene azionato. Prima di addentrarsi nel dettaglio della

descrizione dei compressori lineari è quindi utile ricordare il principio di funzionamento dei compressori

tradizionali alternativi a pistone. In questi sistemi il pistone viene azionato da un cinematismo biella-

manovella-carello nel quale il moto rotativo viene trasmesso alla biella da un motore elettrico ad induzione.

Nella Figura 5 è possibile notare il meccanismo di funzionamento di tale tecnologia.

Si passa ora ad analizzare nel dettaglio le caratteristiche del compressore lineare. Come si può notare dalla

Figura 6, si tratta sempre di un compressore a pistone in cui il moto alternato viene fornito grazie ad un

motore elettromagnetico lineare in diretto contatto con il pistone, permettendo così di eliminare la

trasmissione meccanica della biella e manovella. Nella Figura 7 è riportata una rappresentazione schematica

del compressore lineare. Nell’elenlenco sottostante si riportano i componenti che lo costituiscono:

motore elettromagnetico;

sistema di valvole;

molla ad elica;

cuscinetti a gas;

controllo elettronico;

isolamento rumori e vibrazioni;

sistema di raffreddamento nel quale il compressore è integrato.

Figura 7. Schema del motore lineare [8]

Figura 6. Compressore lineare LG [sito web LG]

Figura 5. Schema del compressore alternativo

tradizionale [7]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

17

2.1.1.1 Motore elettromagnetico

Questo motore si basa sull’interazione tra una spira percorsa da corrente alternata ed un materiale

ferromagnetico o magnete permanente. La spira percorsa da corrente alternata è avvolta su un altro un

materiale ferromagnetico. Il pistone collegato ad uno di questi componenti, in funzione della tipologia di

motore, si muove di moto alternato sfruttando il principio secondo il quale una corrente che passa in una

spira genera un campo magnetico e quindi un flusso del vettore campo magnetico. Se la corrente, che passa

nella spira è alternata, si genera nel tempo una variazione di tale flusso e, di conseguenza, una variazione di

forze applicate al corpo immerso in tale campo magnetico. Il corpo soggetto a tali forze, che dunque si

muove di moto alterno, viene direttamente collegato con il pistone che effettua la compressione.

Le tipologie di motore elettromagnetico, come riportato in [1], sono di 3 tipi:

spira mobile (moving coil): la spira interagisce con un materiale ferromagnetico, ma è lei che è

libera di muoversi;

pistone d’acciaio mobile (moving iron): la spira è fissa mentre il materiale ferromagnetico è liberi

di muoversi ;

magnete mobile (moving magnet): come nel moving iron ma, al posto del materiale

ferromagnetico, è presente un magnete permanente.

Tra le tipologie esistenti la LG Electronics, che ha già realizzato un compressore lineare, ha scelto la

tipologia di motore a magnete mobile come riportato in [1], per i seguenti motivi:

il motore a spira mobile ha dimensioni troppo elevate nonostante abbia una buona efficienza nelle

applicazioni LG in sistemi di raffreddamento domestici. Quindi non è adatto alle applicazioni

elettroniche nelle quali è importante avere dimensioni ridotte;

il motore a pistone d’acciaio mobile è economico ma genera poca spinta e servirebbero dimensioni

troppo elevate;

il motore a magnete mobile è stato scelto perché presenta un magnete permanente (una lega di

NdFeB) che permette di avere un elevata spinta, pur mantendo il sistema molto compatto e facile da

progettare; ha però lo svantaggio di avere elevati costi.

Nelle Figura 8 e nella Figura 9 viene rappresentata la struttura di tale motore. Nella parte più esterna si trova

la spira percorsa da corrente alternata avvolta in un iron core (rivestimento di acciaio) esterno, la cui funzione

è quella di amplificare il campo magnetico generato dalla spira. All’interno si trova il magnete cilindrico

cavo che è a diretto contatto con il pistone e, all’interno del cilindro cavo, si trova in inner iron core

(rivestimento interno di acciaio) avente lo scopo di chiudere il circuito magnetico generato dalla spira. Il

magnete cilindrico è cavo non solamente per questo motivo, ma anche perché un magnete pieno

richiederebbe una forza maggiore per essere spostato e anche perché al suo interno si trova la valvola di

aspirazione. In questo modo si ha l’ingresso del flusso nella camera di compressione dalla posizione opposta

a quella in cui si trova la valvola di scarico (testa del cilindro).

2.1.1.2 Sistema di valvole

Come già citato, solo la valvola di scarico si trova sulla sulla testa del cilindro della camera di compressione,

mentre la valvola di aspirazione si trova nella parte opposta della camera di compressione. Inoltre non

vengono usate le valvole a lamella ma le valvole a disco, che hanno una sezione maggiore sulla quale il

flusso può andare ad agire, e quindi a pari pressione si riesce ad avere una maggior forza aprendo le valvole

più velocemente, permettendo, come riportato in [2], di avere:

Figura 9. Vista in sezione del motore a

magnete mobile[2]

Figura 8. Motore a magnete mobile [1]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

18

minori perdite fluidodinamiche durante la compressione grazie ad un flusso che rimane assiale;

minor perdite termiche dovute al riscaldamento del gas in aspirazione;

riduzione delle perdite di sovrappressione allo scarico necessarie per aprire le valvole, permettendo

di utilizzare meglio l’energia della corsa in eccesso (over stroke) del pistone necessaria ad aprire la

valvola di scarico.

Nella Figura 10 e nella Figura 11 viene rappresentato il sistema precedentemente descritto; questi

componenti sono stati realizzati per la costruzione di un compressore della LG Electronics alimentato ad

R410A per applicazioni di condizionamento ambientale. In Figura 12 è riportata una rappresentazione del

compressore lineare in cui si può notare bene come la valvola di scarico occupi l’intera sezione di mandata

del compressore. In alternativa alle valvole a disco, per applicazioni elttroniche possono essere usate le

valvole a lembo (flapper valves) come riportato in [3]. In Figura 13 è rappresentata una valvola a lembo,

mentre in Figura 14 è riportato uno schema delle tipologie di valvole applicate nei compressori lineari.

2.1.1.3 Molla ad elica

La molla ad elica viene impiegata perché permette al sistema di lavorare in risonanza e quindi con un levata

efficienza. Tra le varie tipologie di molle è stata scelta quella ad elica perché è la più economica e presenta

un’elevata rigidezza, requisito necessario per avere un sistema risonante. L’elevata rigidezza della molla

porta però ad avere elevate perdite per attrito tra il pistone ed il cilindro. Tali perdite dipendono anche

Figura 14. Tipologie di valvole

Figura 13. Valvola a lembo [Ricerca in

Google]

Figura 12. Compressore lineare [4]

Figura 11. Valvole a disco [2]

Figura 10. Sistema di valvole [2]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

19

dall’eccentricità della molla stessa, quindi dalla soluzione ad una molla si è passati a più molle con una

costante di elasticità inferiore per ridurre le perdite di attrito, ma potendo contare sull’effetto combinato di

più molle per avere un sistema con un’elevata elasticità ed una bassa eccentricità, in grado di garantire le

condizioni di risonanza come indicato in [2]. Si riporta nella Figura 15 la molla utilizzata in questo sistema.

Nelle applicazioni dei compressori lineari per il raffreddamento della CPU, come riportato nel lavoro [3], al

posto di una molla ad elica può essere utilizzata una molla planare collegata al pistone grazie ad un sistema in

grado di minimizzare il trasferimento di forze radiali. In questo modo si riduce il carico laterale e quindi gli

attriti tra pistone e cilindro che si generano grazie al disallineamiento e all’accumulo di tolleranze

nell’accopiamento molla-pisotone. Inoltre, per l’isolamento delle vibrazioni, possono essere presenti delle

molle di sospensione.

2.1.1.4 Cuscinetti a gas

Il sistema dei cuscinetti a gas ha sostituito il sistema della pompa dell’olio, necessaria per fornire l’olio di

lubrificazione dei cuscinetti dei compressori alternativi. L’olio permetteva di lubrificare le parti mobili del

motore e di asportare il calore generato dal processo di compressione, dall’attrito e dalle perdite termiche del

motore elettromagnetico. Con in cuscinetti a gas tale pompa è stata rimossa in quanto il gas necessario a

svolgere tali funzioni viene prelevato dalla portata principale di gas inviata dal ciclo frigorifero al

compressore, come riportato nei lavori [4] e [5]. Tale frazione di gas prelevata dalla portata principale causa

una perdita energetica rispetto all’input nel compressore di circa 1-2%, permettondo di ridurre di molto le

perdite per attrito. Infatti con la lubrificazione ad olio le perdite per attrito sono molto maggiori dell’1-2%

dell’input energetico al compressore, come riportato nel lavoro [3].

2.1.1.5 Controllo elettronico

Nei compressori alternativi tradizionali la porata di gas ai carichi parziali viene regolata mantenendo costante

la corsa e variando la frequenza. Nei compressori lineari la frequenza non viene modificata, ma viene

regolata la corsa del pistone modificando la tensione di alimentazione del motore attraverso un sistema Triac

based elctronic circuit (strumento semiconduttore usato come interruttore per correnti alternate) come

citato in [4]. In realtà il sistema di controllo viene nominato “controllore di tensione a frequenza variabile”,

come riportato in [2]. Infatti oltre alla regolazione in tensione è possibile regolare la frequenza attorno ad un

Figura 18. Modello 3D della molla planare[Ricerca

in Google]

Figura 17. Schema della molla

planare[Ricerca in Google]

Figura 16. Molla planare [3]

Figura 15. Molla risonante [2]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

20

valore di 5 Hz rispetto al suo valor medio, grazie ad un inverter che permette di mantenere la frequenza di

alimentazione della corrente pari a quella di risonanza del sistema (la quale varia al variare delle condizioni

operative), in modo da avere la massima efficienza del sistema.

2.1.1.6 Isolamento rumori e vibrazioni

La riduzione delle vibrazioni viene ottenuta in fase progettuale riducendo il più possibile il moto relativo tra

il compressore e il caising. Inoltre visto che le vibrazioni avvengono principalmetnte nella direzione del moto

del pistone, queste possono essere smorzate con opportune molle. E’ anche possibile applicare due

compressori che lavorino in direzioni opposte ma perfettamente in fase, in modo da bilanciare le vibrazioni.

Le principali fonti di rumore sono dovute all’effetto pulsante del gas durante l’apertura e chiusura delle

valvole di aspirazione e di scarico. Un’altra fonte di rumore è l’attrito tra il cilindro e il pistone. Rispetto ai

compressore alternativi tradizionali l’attrito, e quindi anche il rumore, è stato ridotto grazie all’introduzione

dei cuscinetti a gas. Questi concetti sono stati estrapolati dal lavoro [3].

2.1.1.7 Sistema di raffreddamento nel quale il compressore è integrato

Il compressore lineare è integrato in un ciclo frigorifero per comprimere il fluido che ha asportato potenza

termica dall’evaporatore e che rilascia potenza termica attraverso il condensatore. Non si entra nel dettaglio

della descrizione del ciclo frigorifero in quanto è ben nota. In alcuni impianti, se dall’evaporatore esce vapor

saturo, una frazione di portata di gas compressa in uscita dal compressore deve essere spillata dal flusso

principale e miscelata al flusso in uscita dall’evaporatore, in modo da avere un gas surriscaldato all’ingresso

del compressore per evitare di avere una miscela bifase, e quindi, delle goccioline di liquido all’interno del

compressore. Nello schema riportato in Figura 22 questo accorgimento non è previsto in quanto l’evaporatore

svolge anche il ruolo di surriscaldare leggermente il vapor saturo prima che questo entri nel compressore. Si

riporta ora nella Figura 19 una visione d’insieme di un compressore lineare per applicazioni elettroniche,

mentre in Figura 20 è rappresentato il prototipo di un compressore lineare.

Figura 20. Prototipo di un compressore lineare [6]

Figura 19. Compressore lineare per la refrigerazione di componenti elettronici [7]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

21

2.1.2 Aspetti tecnologici rilevanti

In questa sezione vengono analizzati i comportamenti del compressore al variare delle condizioni operative,

come pure gli effetti sulle prestazioni ottenibili al variare dei parametri progettuali, il funzionamento in

risonanza, la regolazione ai carichi parziali ed alcune modifiche tecnologiche. Per descrivere il

comportamento ai carichi parziali è necessario specificare che i fattori che influiscono sulle prestazioni del

sistema di raffreddamento sono dovuti al comportamento dell’impianto nelle varie condizioni operative ed al

comportamento del compressore sempre nelle stesse condizioni. Quindi le prestazioni del sistema di

raffreddamento possono essere espresse mediante l’equazione (1) come indicato in [5]:

𝑅𝑒𝑓𝑓𝑒𝑐𝑡 = 𝑅𝑐𝑦𝑐𝑙𝑒 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑐𝑡 ∗ 𝑅𝑐𝑜𝑚𝑝 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑐𝑡 (1)

Per R si indica il contributo di un componente sulle prestazioni globali dell’impianto, da sinistra verso destra

si intende: l’efficienza globale dell’impianto, del ciclo (escluso il compressore) e del compressore.

Inoltre occorre precisare che ai carichi parziali, se le perdite di carico del sistema fossero costanti e non

influenzate dalla portata, il compressore lavorerebbe sempre con le stesse pressioni in aspirazione e allo

scarico, modificando la propria capacità grazie alla variazione di portata volumetrica fornita al ciclo e quindi,

a pari condizioni termodinamiche, variando la portata massica. Ma in realtà, visto che le sezioni di passaggio

Figura 22. Schema dell’impianto di refrigerazione [8]

Figura 21. Diagramma p-h [8]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

22

del fluido sono costanti, una variazione di portata comporta una variazione di velocità e, più precisamente

una riduzione di portata e di velocità porta ad una riduzione delle perdite di pressione. Quindi, ai carichi

ridotti, la caduta di pressione all’interno del condensatore e dell’evaporatore è minore, perciò la pressione di

aspirazione del fluido in ingresso al compressore aumenta ai carichi parziali. Di conseguenza, ipotizzando

che il compressore lavori sempre con lo stesso rendimento e la stessa potenza elettrica assorbita, un aumento

della pressione all’evaporatore comporta un aumento della temperatura, in quanto ci si trova nelle condizioni

di saturazione e quindi si ha un salto entalpico (tra il vapor saturo in uscita dall’evaporatore e il fluido bifase

in uscita dalla valvola di laminazione) che cresce. Invece la portata diminuisce, perché si sta operando ai

carichi parziali. Tra questi due termini il salto entalpico cresce maggiormente di quanto la portata decresca e

quindi la potenza asportata dall’evaporatore cresce ai carichi parziali. Se vale l’ipotesi di potenza elettrica

assorbita costante e rendimento del compressore costante, il rendimento del sistema aumenta ai carichi

parziali. Ovviamente fermarsi a tale conclusione sarebbe errato in quanto si deve considerare il

comportamento del compressore ai carichi parziali, ma si può affermare che ai carichi parziali la potenza

termica assorbita dall’evaporatore tende ad aumentare. Tali considerazioni sono riportate nel lavoro [7] e [8].

Dopo questa considerazione ci si addentra nel compressore vero e proprio.

2.1.2.1 Efficienza del sistema

Da quanto riportato in [9], il rendimento del compressore è dovuto agli effetti mostrati nell’equazione (2). In

seguito viene dedicato un paragrafo per la descrizione di ognuno di questi effetti.

휂𝑐𝑜𝑚𝑝 = 휂𝑚𝑜𝑡𝑜𝑟 ∗ 휂𝑚𝑒𝑐 𝑕𝑎𝑛𝑖𝑐𝑎 𝑙 ∗ 휂𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛 (2)

2.1.2.1.1 Effetti di compressione

Per capire gli effetti dei carichi parziali su ognuno di questi termini è necessario fare alcune considerazioni.

Si analizzano solo gli effetti dei carichi parziali sul compressore e quindi si considera che, all’interno del

ciclo, le perdite di pressione rimangano costanti al variare del carico e quindi si ipotizza che il compressore

fornisca sempre lo stesso beta e che le pressioni di aspirazione e scarico siano costanti. Dunque l’unico

modo per variare il carico consiste nel variare la portata volumetrica e quindi nel variare (ridurre se ai carichi

parziali, aumentare se sovraccarico) la corsa del pistone. Come già detto, la variazione della corsa del pistone

richiede una variazione della forza applicata al magnete, la quale interagendo con le forze in gioco nel

sistema determina l’accelerazione del pistone e la sua posizione in ogni istante al variare della tensione. La

frequenza viene variata di poco per mantenere il sistema in risonanza con la frequenza naturale. Una volta

fissate le dimensioni del pistone e del cilindro, una variazione di carico si traduce in una variazione di corsa e

in una variazione di volume morto (riduzione di corsa (under stroke) ai carichi parziali e incremento di

corsa(over stroke) a pieno carico). Prima di addentrarsi nell’analisi del rendimento del processo di

compressione è necessario definire il rendimento volumetrico, riferendosi al lavoro [6] attraverso l’equazione

(3), e quello globale isoentropico del compressore, come riportato in [7] attraverso l’equazione (4).

휂𝑣𝑜𝑙 =𝑉

𝑉 𝑚𝑎𝑥

=𝑚 𝑜𝑢𝑡

𝜌𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 ∗ 𝑥𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒 ∗ 𝑓𝑟𝑒𝑠𝑜𝑛𝑎𝑛𝑐𝑒 ∗ 𝐴𝑝𝑖𝑠𝑡

(3)

휂𝑔𝑙𝑜𝑏 =𝑚 𝒐𝒖𝒕 ∗ Δ𝑕is ,comp

𝑊 𝑒𝑙

(4)

Nelle equazioni precedentemente riportate, il rendimento volumetrico esprime il rapporto tra la portata

volumetrica fornita alla mandata e quella massima che potrebbe essere ottenuta grazie alla geometria del

compressore. Il rendimento globale isoentropico esprime il salto entalpico isoentropico fornito alla portata di

gas, in relazione alla potenza elettrica reale fornita al compressore; questo rendimento tiene conto delle

perdite isoentropiche di compressione, delle perdite meccaniche e delle perdite del motore elettrico e quindi

rappresenta il vero parametro di merito del compressore. Come già spiegato, un funzionamento ai carichi

parziali comporta una riduzione della corsa e, a geometria fissata, questo comporta un aumento del volume

morto e una proporzionale riduzione della portata alla mandata del compressore. Visto che la portata massica

teorica non varia perché dipende solo dalla geometria, il rendimento volumetrico decresce in modo lineare

all’aumentare del volume morto, come riportato in Figura 23. In Figura 24 si può notare come il rendimento

isoentropico dimuisca leggermente all’aumentare del volume morto per poi decrescere bruscamente quando il

volume morto diventa eccessivo. Nel lavoro [7] il carico varia dal 10% al 110 % e dall’analisi del COP del

sistema di raffreddamento, riportata in Figura 26, si può notare come le prestazioni del sistema siano buone

fino ad un carico parziale di circa il 50 % in corrispondenza del punto in cui il rendimento isoentropico

comincia a precipitare.

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

23

𝐶𝑂𝑃 =𝑄

𝑒𝑣𝑎

𝑊 𝑒𝑙 ,𝑖𝑛

(5)

𝐶𝑂𝑃𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 =𝑇𝑒𝑣𝑎

𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 − 𝑇𝑒𝑣𝑎

(6)

휀𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 =𝐶𝑂𝑃

𝐶𝑂𝑃𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡

(7)

In Figura 25 si può notare come ai carichi parziali il rendimento isoentropico del compressore lineare

decresca più lentamente, permettendo di affermare che tale tecnologia è più adatta per applicazioni che

richiedono un elevato funzionamento a carichi parziali. La ragione di questo fenomeno può essere spiegata

analizzando la dinamica delle due tipologie di compressori come spiegato in [7]:

𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔 ∗ 𝑥 𝑝 + 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑟 ∗ 𝑁 + 𝑘𝑔𝑎𝑠 ∗ 𝑥𝑝 = 𝐹𝑑𝑟𝑖𝑣𝑒 (8)

Comp alternativo

𝑀𝑚𝑜𝑣 ∗ 𝑥 𝑝 + 𝐶𝑒𝑓𝑓 ∗ 𝑥 𝑝 + (𝑘𝑔𝑎𝑠 + 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 ) ∗ 𝑥𝑝 = 𝐹𝑑𝑟𝑖𝑣𝑒 (9)

Comp Lineare

La costante elastica del gas (k) viene introdotta per tenere conto che il gas, nel suo ciclo termodinamico di

espansione e compressione, crea un effetto molla equivalente a quello di una vera molla, in quanto accumula

e libera energia. La costante dipende dal salto di pressione a cui il gas è sottoposto.

Le due equazioni si assomigliano, ma la seconda presenta anche la costante elastica della molla risonante.

Infatti oltre all’effetto molla del gas è pesente anche una molla vera e propria la cui rigidezza fa aumenare il

rendimento del sistema perché la molla meccanica è in grado di assorbire l’energia dovuta all’espansione del

gas compresso che rimane nel volume morto e che non viene inviato all’impianto. Analizzando la formula

del rendimento isoentropico e mantenendo l’ipotesi che il salto entalpico sul compressore rimanga costante

Figura 26. COP ed efficienza di Carnot [7]

Figura 25. COP compressore lineare e COP

compressore tradizionale [7]

Figura 24. Rendimento isoentropico [7]

Figura 23. Rendimento volumetrico [7]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

24

(perché questo dipende dal ciclo esterno che ora non si sta analizzando), si può notare che la portata massica

diminuisce proporzionalmente all’aumento di volume morto, ma la potenza richiesta al denominatore

diminuisce anch’essa appunto perché parte dell’energia richiesta per la compressione viene recuperata dalla

molla durante l’espansione del gas nel volume morto. Quindi il rendimento rimane a valori accettabili fino a

carichi parziali di circa il 50%, dopo di che precipita a valori molto bassi perché il volume morto diventa

eccessivo.

2.1.2.1.2 Effetti meccanici

Gli effetti meccanici sono essenzialmente due: le perdite per attrito tra pistone e cilindro e le perdite per

trafilamento dovute al trafilamento di gas sempre tra pistone e cilindro. Tali perdite dipendono da alcuni

parametri progettuali: il gioco tra pistone e cilindro (g), l’eccentricità della molla (ɛ) ed il rapporto corsa-

alesaggio ( 𝑥

𝐷). Tali parametri progettuali non solo influenzano le perdite per attrito e trafilamento, ma anche

il rendimento volumetrico ed isoentropico. Occore precisare che per variazione del rapporto corsa-alessaggio

non si intende solamente una variazione della geometria in fase progettuale, ma anche una variazione della

corsa ai carichi parziali con il diametro costante, per cui l’andamento del rendimento al variare della corsa

richiama i concetti visti negli effetti di compressione, questa volta con andamento inverso perché un aumento

di corsa corrisponde ad una riduzione di volume morto. Le considerazioni ed i grafici esposti in seguito sono

tratti dal lavoro [10]. Si rimanda al testo di tale lavoro per quanto riguarda le formule matematiche che

forniscono una spiegazione analitica dei fenomeni, si ricorda attraverso le seguenti equazioni l’andamento dei

principali fenomeni ripetto alle variabili di interesse ispirandosi alle equazioni del testo citato.

𝜔𝑛𝑎𝑡 = 𝑘𝑒𝑓𝑓

𝑀𝑚𝑜𝑣

(10)

𝜔𝑟𝑒𝑠 ∝ 𝜔𝑛𝑎𝑡 ∗ 휁(∝ (𝑊 𝑓𝑟𝑖𝑐𝑡 , 𝑊

𝑔𝑎𝑠 ) (11)

𝑘𝑒𝑓𝑓 = 𝑘𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 + 𝑘𝑔𝑎𝑠 = 𝑘𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 +∆𝑃𝑔𝑎𝑠 ∗ 𝐴𝑝𝑖𝑠𝑡

𝐷𝑝𝑖𝑠𝑡

(12)

𝑊 𝑓𝑟𝑖𝑐𝑡 ∝ 𝑓𝑓𝑟𝑖𝑐𝑡 ∗ 𝑁 ∝ 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 , 휀, 𝑥𝑝 ∗ 𝑥 𝑝 (13)

𝑊𝑔𝑎𝑠 = − 𝑝 ∗ 𝑑𝑉 (14)

𝑊

𝑙𝑒𝑎𝑘 = 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑠𝑖𝑝𝑎𝑡𝑎 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑚𝑜𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑛𝑑𝑜

𝑖𝑙 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎 𝑎𝑑 𝑢𝑛𝑎 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎 𝑇𝑤 (15)

Dai grafici sottostanti si riportano subito alcune banali conclusioni. Come si può intuire, l’eccentricità della

molla è il fattore che permette di approssimare il sistema ad uno o due gradi di libertà a seconda del suo

valore, quindi è lei che determina le vibrazioni in senso normale al moto e dunque gli attriti tra cilindro e

pistone. L’eccentricità della molla non influenza di certo le perdite di trafilamento e l’andamento delle

perdite per attrito è lineare all’aumentare dell’eccentricità.

Il discorso analogo va fatto per il gioco tra cilindro e pistone, si può affermare che all’aumentare del gioco

aumenta la perdita di trafilamento ma non quella per attrito. Invece il rendimento isoentropico è influenzato

da entrambi i fattori, in quanto a pari corsa e volume morto, un aumento del gioco riduce la portata in

mandata e, un aumento dell’eccentricità fa aumentare le perdite per attrito richiedendo maggior potenza

elettrica in ingresso al compressore. Il rendimento volumetrico, essendo definito come un rapporto di portate

e non di energie, è funzione solo del gioco e decresce all’aumentare di quest’ultimo.

Ora si possono analizzare, con l’ausilio dei grafici tratti dal lavoro [10], l’andamento del rendimento

volumetrico, isoentropico, delle perdite di attrito e di trafilamento al variare del rapporto corsa-alesaggio

mantenendo costanti il gioco, l’eccentricità, il coefficiente d’attrito e del TDC (posizione del punto morto

superiore: top dead center). Questi grafici sono parametrizzati sul Vd (volume spazzato dal pistone:volume

displaced). Dalla Figura 28 si vede che il rendimento volumetrico decresce al ridursi della corsa, infatti

ragionando a volume costante e a TDC costante, una riduzione della corsa comporta un aumento del diametro

che, a pari TDC, porta ad avere un volume morto percentualmente più elevato, quindi il rendimento

volumetrico precipita. Quest’ultimo non è però influenzato dal volume totale spazzato. Dalla Figura 27 è

possibile vedere come l’anadamento delle perdite per attrito rispecchino l’andamento dell’equazione

𝑊 𝑓𝑟𝑖𝑐𝑡 ∝ 𝑓𝑓𝑟𝑖𝑐𝑡 ∗ 𝑁 ∝ 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 , 휀, 𝑥𝑝 ∗ 𝑥 𝑝 ), in cui la dipendenza dalla corsa del pistone (x) è più che lineare.

Inoltre fissato il rappordo x/D e il TDC, la potenza persa per attrico cresce all’aumentare del volume perché

cresce in valore assoluto la corsa del pistone.

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

25

Dalla Figura 30 si può notare che le perdite di trafilamento dipendono poco dal volume totale e che

presentano un minimo per (x/D) compreso tra 3 e 4, tale andamento è dovuto ad un trade-off tra due effetti:

a volume e TDC (punto morto superiore) costanti, una riduzione della corsa comporta un aumento

del diametro e, se il gioco è costante, un aumento lineare delle perdite all’umentare della superficie

di trafilamento, la quale aumenta linearmente col raggio;

dalla Figura 29 si può notare come la frequenza di risonanza aumenti al decrescere di x/D, ciò

significa che il perido del pistone (pari all’inverso della frequenza) diminuisce con un conseguente

minor tempo in cui avvengono le perdite per trafilamento che tendono a diminuire;

all’aumentare del rapporto x/D i ragionamenti si invertono e l’effetto diventa più marcato.

Figura 31. Rendimento isoentropico vs (x/D) [10]

Figura 30. Perdite per trafilamento vs (x/D) [10]

Figura 29. Frequenza di risonanza vs (x/D) [10]

Figura 28. Rendimento volumetrico vs (x/D) [10]

Figura 27. Potenza persa per attrito [10]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

26

Ora si analizza l’andamento del rendimento isoentropico commentando la Figura 31. Il rendimento

isoentropico globale tiene conto di tutte le perdite, quindi all’aumentare del rapporto x/D esso si riduce, in

quanto sia le perdite per trafilamento che le perdite per attrito aumentano in modo più che lineare. Per bassi

valori di x/D il rendimento isoentropico rimane alto nonostante il rendimento volumetrico si riduca in

relazione all’aumento percentuale del volume morto. Tale fenomeno è dovuto al fatto che, sebbene la portata

si riduca, le spese energetiche in ingresso si riducono ancora di più in virtù dell’energia recuperata dalla

molla durante l’espansione del gas nel volume morto. Se si mantiene costante x/D e TDC si può notare che,

al dimunire del volume totale aumenta il rendimento in quanto diminuiscono in valore assoluto la corsa e il

diametro e gli effetti sono analoghi ad una riduzione di x/D. Quindi gli effetti sul rendimento del ciclo

termodinamico di compressione ai carichi parziali, variando il rapporto x/D o variando il gioco o

l’eccentricità della molla in fase di progetto, sono nulli; i fattori di perdita vanno attribuiti ai fenomeni

meccanici appena descritti nei grafici precedenti (attrito e trafilamento influenzate da x/D, dal gioco e

dall’eccentricità) ed alle perdite del motore elettromagnetico. In Figura 32 si riporta lo schema delle perdite.

Nella precedente tabella si considerano nulle le perdite termodinamiche del ciclo di compressione non solo

per il recupero di energia della molla, ma anche perché nei lavori trovati in letteratura si è assunta una

compressione ed espansione isoentropica. Osservando la Figura 33 si nota che il ciclo termodinamico ai

carichi parziali non subisce alterazioni. Si può notare come, ad un carico del 50% rispetto a quello nominale,

l’area del grafico che determina il lavoro termodinamico di compressione sia pari a circa la metà e quindi la

variazione del rendimento del ciclo termodinamico è modesta. Nel grafico si può notare la fase isobara di

aspirazione, la fase di compressione, la fase isobara di scarico e la fase di espansione del gas contenuto

volume morto. Il punto di fine compressione rimane invariato al variare del carico, mentre quello di fine

mandata si trova ad una distanza maggiore dalla testa del cilindro ai carichi parziali, appunto perché la

portata fornita è minore. Sempre ai carichi parziali la fase di espansione del gas nel volume morto è maggiore

e termina quindi ad un volume maggiore e la fase di aspirazione si ferma ad un volume minore perché si deve

aspirare meno massa di gas. Il volume che si ha a fine mandata corrisponde al volume morto, la differenza tra

il volume di inizio aspirazione e quello di fine mandata corrisponde al volume di espansione del gas contento

nel volume morto, ed infine la differenza tra il volume di inizio compressione e quello di fine mandata

corrisponde al volume spazzato dal pistone. Dalla figura si può vedere che il beta ai carichi parziali rimane

costante, come ipotizzato in precedenza nello studiare solo il compressore, e si possono anche notare i

piccchi di sovrappressione di apertura e chiusura delle valvole di mandata.

Figura 33. Diagramma P-V del ciclo di compressione[9]

Figura 32. Analisi delle perdite energetiche

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

27

2.1.2.1.3 Effetti del motore elettromagnetico

Per analizzare gli effetti del motore elettromagnetico ci si riferisce al lavoro [11]. Le perdite si dividono in:

copper losses, così si chiamano le perdite nella spira di avvolgimento del motore per effeto Joule

(P=R*I^2);

iron losses (perdite nel rivestimento d’acciaio), che a loro volta si suddividono in hysteresis losses

(perdite per isteresi) e eddy current losses (perdite per correnti parassite).

Ci si limita a descrivere le iron losses in quanto le copper losses non sono che le perdite per effetto Joule. Le

perdite per isteresi (hysteresis losses) sono dovute all’energia del campo magnetico disspata nell’Iron core.

La spira genera un campo magnetico variabile nell’iron core, che crea un campo magnetico indotto variabile

nel tempo. La variazione di tale campo magnetico genera degli effetti di isteresi, trattenendo nel materiale

una parte di energia che non viene restituita al sistema al variare del campo magnetico. La potenza persa può

essere calcolata mediante l’equazione (16). Invece le perdite per le correnti parassite (eddy current losses)

sono dovute al fatto che l’iron core è un conduttore elettromagentico e, quando viene sottoposto ad un campo

magnetico, si origina una forza elettromotrice indotta che genera delle correnti parassite, dissipando calore

per effetto Joule. Tale perdita si può calcolare con la formula (17), mentre la potenza totale persa attraverso

l’iron Core (Iron losses) con l’equazione (18). Le perdite totali sono date dall’equazione (19).

𝑃𝑕 = 𝑉𝑖𝑟𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑟𝑒 ∗ 𝑓 ∗ 𝐻 ∗ 𝑑𝐵 = 𝑘𝑖𝑠𝑡 ∗ 𝑉𝑖𝑟𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑟𝑒 ∗ 𝑓 ∗ 𝐵𝑚𝑎𝑥𝑛

(16)

𝑃𝑒 = 𝑘𝑒𝑑𝑑𝑦 𝑐𝑢𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡 ∗ 𝑉𝑖𝑟𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑟𝑒 ∗ 𝜏𝑡𝑕𝑖𝑐𝑘𝑛𝑒𝑠𝑠 𝑜𝑓 𝑠𝑡𝑒𝑒𝑙 𝑑𝑖𝑠𝑘2 ∗ 𝑓 ∗ 𝐵𝑚𝑎𝑥

2 (17)

Dalla Figura 34 si nota come, a corrente costante, le copper losses sono inizialmente più alte, mentre ad alte

frequenze predominano le iron losses; le copper losses sono costanti perché sono state calcolate a corrente

costante ma, in realtà, questa è variabile. Dalla Figura 35 si può notare come le iron losses dipendono dalla

frequenza con un esponenste pari a 1,67 e da un altro grafico riportato in [11] si può dedurre che attorno ad

una frequenza di 75 Hz le iron losses sono pari alle copper losses, per poi diventare maggiori a frequenze più

alte fino a rappresentare il 70% delle perdite totali intorno ai 120 Hz.

2.1.2.1.4 Distribuzione delle perdite

Nella Figura 36 è riportata la distrubuzione percentuale delle perdite nel compressore riferite alla potenza

elettrica in ingresso; si nota che le maggiori perdite si hanno nelle iron losses.

𝑃𝐹𝑒 = 𝑘𝑖𝑟𝑜𝑛 𝑙𝑜𝑠𝑠 ∗ 𝑓𝑚 ∗ 𝐵𝑚𝑎𝑥2 ∗ 𝐺𝑤𝑒𝑖𝑔 𝑕𝑡 𝑜𝑓 𝑖𝑟𝑜𝑛 (18)

𝑃𝑒 (𝑡𝑜𝑡 ) = 𝑃𝑓𝑒 (𝑖𝑟𝑜𝑛 ) + 𝑃𝑐𝑢 (𝑐𝑜𝑝𝑝𝑒𝑟 ) (19)

Figura 36. Diagramma delle perdite energetiche [13]

Figura 35. Iron losses in funzione della

frequenza [11]

Figura 34. Iron, copper and perdite totali in

funzione della frequenza [11]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

28

2.1.2.2 Considerazioni sui parametri di progetto

Da quanto dedotto dall’analisi degli effetti di compressione, meccanici e del motore elettromagnetico sulle

prestazioni del compressore, si deduce che gli effetti termodinamici del ciclo di compressione, sia ai carichi

parziali sia al variare dei parametri progettuali (x/D, g, eccentricità della molla), non hanno effetto sul

rendimento globale isoentropico del compressore. Dunque gli unici aspetti da analizzare sono quelli

meccanici e quelli del motore elettromagnetico.

Nella Figura 37 e nella Figura 38 sono riportate sulle ordinate l’efficienza meccanica e l’efficienza del

motore elettromagnetico del compressore (l’efficienza globale del compressore è il prodotto tra le due). E’

riportato anche l’EER (Energy efficiency ratio) ottenuto moltiplicando per 3,41 il COP del ciclo frigorifero.

Sulle ascisse, invece, viene riportato il raportorto tra la potenza scambiata dall’evaporatore e quella scambiata

a carico nominale, in un range compreso tra il 50% ed il 100% della potenza termica nominale asportata con

l’evaporatore. L’efficienza del compressore rappresenta dunque il suo rendimento come componente

dell’impianto, mentre l’EER rappresenta l’efficienza di tutto il ciclo frigorifero. Come si può notare, queste

due grandezze presentano un andamento simile ai carichi parziali perché l’efficienza del compressore

influenza molto l’efficienza dell’impianto. Come si pùò vedere da entrambe le figure, il rendimento

meccanico diminuisce ai carichi parziali mentre il rendimento del motore elettromagnetico aumenta ai carichi

parziali. Ma a seconda dei valori assoluti assunti da questi due rendimenti al variare del rapporto

corsa/alessaggio, il rendimento generale del compressore, e quindi del ciclo, assume un andamento diverso.

Se si desidera realizzare un componenete, che deve funzionare per la maggior parte del tempo a pieno carico,

si deve avere un’elevata efficienza ai carichi nominali e dunque si deve progettare un pistone con una lunga

corsa ed un basso alesaggio (indicativamente corsa/alesaggio=0,56). Se si desidera realizzare un componente

che deve funzionare per la maggior parte del tempo ai carichi parziali, si deve progettare un pistone con un

elevato alessagio ed una corsa ridotta (indicativamente corsa/alesaggio=0,32). Nella Figura 39 sono contenuti

i concetti precedentemente spiegati. Si può notare, che per valori di corsa/alessaggio bassi (0,28), il

parametro EER tende a crescere riducendo il carico dal 100% al 50%. Per valori di corsa/alessagio più alti, il

parametro EER cresce più ci si avvicina al carico nominale. Ai carichi parziali inferiori al 50% le perdite

volumetriche diventano troppo rilevanti in quanto la portata fornita dal compressore è molto bassa e quindi

l’EER decresce per ogni valore di corsa/alesaggio del pistone. Tali considerazioni sono riportate nel lavoro

[8] e nel lavoro [9].

Figura 39. EER in funzione della capacità di refrigerazione

(Qcooling) al variare del rapporto corsa/alesaggio [8]

Figura 38. EER legato all’efficienza meccanica e del

motore elettrico [8]

Figura 37. EER legato all’efficienza meccanica

e del motore elettrico [8]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

29

2.1.2.3 Funzionamento in risonanza

Il fenomeno della risonanza è presente in molti casi naturali. Ogni corpo presenta una prorpia freqenza di

oscillazione, se a tale corpo si applica una forzante esterna variabile nel tempo con una frequenza pari a

quella prorpia del corpo, si dice che il sistema è in risonanza. Infatti scrivendo la seconda legge della

dinamica in termini differenziali senza forzante, si ottiene un’equazione differenziale del secondo ordine che,

risolta, permette di avere la legge oraria del moto di oscillazione del corpo.

Se a questa equazione differenziale si aggiunge un termine noto che rappresenta la forzante esterna al sistema

(come la forza di azionamento elettromagnetica), a seconda della frequenza e fase della forzante, la legge

oraria del moto può cambiare. Se la frequenza della forzante è uguale alla frequenza del sistema, a seconda

della fase della forzante rispetto alla fase del sistema, il moto armonico può essere amplificato, rimanere

uguale o essere annullato. Per amplificazione si intende l’ampiezza della funzione che descrive lo spazio in

funzione del tempo del sistema con la forzante, rispetto al sistema senza forzante. Quando a pari frequenza,

la forzante è in fase con il sistema (0° o 180°) l’ampiezza dell’onda viene amplificata fino all’infinito

portando alla rottura del sistema. Quando a pari frequenza, la forzante è in fase opposta al sistema (90°),

l’onda non viene né amplificata né smorzata, ma rimane intatta. Questa condizione è quella che si ricerca,

cioè un sistema che operi in risonanza e con una forzante sfasata di 90° rispetto alla fase del sistema .

Infatti, un sistema che opera in risonanza è in grado di richiedere un minor input energetico perché è più

efficiente, ma si deve evitare che l’ampiezza del moto venga amplificata portando alla rottura del sistema,

perciò la fase della forzante deve essere regolata in modo da sostenere il moto oscillatorio mantenendo

costante la sua ampiezza. In altre parole la forzante deve fornire l’energia necessaria alla compressione

considerando gli effetti di recupero energetico della molla dovuti all’espansione del gas nel volume morto ed

alla perdita di energia per l’attrito fra cilindro e pistone, mantenendo così il sistema stabile.

In realtà si potrebbe ottenere un fattore di amplificazione pari ad 1 anche con frequenze della forzante diverse

da quelle di risonanza, operando con sfasamenti tra forzante e sistema diversi da 90°. Come verrà mostrato in

seguito, il modo più efficiente per mantenere il sistema stabile consiste nell’operare con una frequenza pari a

quella di risonanza e quindi, come si può dedurre dalla lettura congiunta dei due grafici sottostanti, con uno

sfasamento di 90° tra forzante e sistema.

La frequenza di risonanza è direttamente legata alla frequenza naturale riportata nell’equazione (10). Si può

notare dall’equazione (12) come la costante elastica effettiva sia data dalla somma della costante del gas e

della costante meccanica della molla. Come riportato in [3], la costante elastica del gas varia al variare delle

condizioni operative del ciclo, infatti fissati i parametri geometrici del compressore, una variazione delle

condizioni operative comporta una variazione del carico con conseguente variazione del volume morto e

quindi dell’effetto molla del gas nella camera di compressione durante le varie fasi del ciclo termodinamico.

Al variare delle condizioni operative del ciclo, varierà la posizione del TDC (Punto morto superiore) rispetto

al valore originale a carico nominale, con un conseguente maggior effetto molla del gas e quindi un aumento

della frequenza naturale del sistema. Per evitare quindi che la frequenza di risonanza vari di molto, si deve

progettare una molla con una costante elastica molto maggiore di quella del gas, in modo tale che una

variazione di quest’ultima non provochi una sensibile variazione della costante effettiva e quindi della

frequanza naturale. Ma una costante elastica della molla elevata porta ad elevate perdite per attrito tra pistone

Figura 40. Fattore di amplificazione e scostamento di fase [Wikipedia]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

30

e cilindro, infatti l’attrito è tanto più elevato quanto maggiore è la costante elastica a parità degli altri fattori,

come riportato nell’equazione (13).

Ma sempre dai grafici riportati nel lavoro [12], la variazione della frequenza naturale del sistema al variare

del TDC rispetto al suo valore a carico nominale è modesta (minore di 5 HZ). Anche la variazione della

frequenza naturale rispetto alle condizioni operative del ciclo frigorifero è modesta (minore di 5 HZ). Tali

variazioni sono quindi gestibili con un inverter in grado di modificare la frequenza di alimentazione di più o

meno 5 HZ per adattarla a quella di risonanza. Nella Figura 41 è riportato il COP del ciclo normalizzato in

funzione della frequenza operativa (COP/frequenza operativa) per due determinate condizioni operative del

ciclo frigorifero. Per queste due condizioni operative variano la potenza di raffreddamento, quindi il volume

morto e il TDC; la frequenza naturale è stata determinata con le formule sopra citate.

Il risultato estratto dal lavoro [12] mostra che per entrambe le condizioni operative la frequenza naturale sia

pari a 50 HZ. La figura sottostante mostra come il COP normalizzato sia massimo quando la frequenza

operativa (la frequenza di alimentazione della corrente che coincide con la frequenza della forzante) è pari

alla frequenza naturale del sistema. Tutto ciò è in accordo con la spiegazione teorica precedentemente

presentata, nella quale si è mostrato che, se la frequenza naturale è pari a quella della forzante e la fase è

opposta di 90°, il sistema si mantiene inalterato. Ovvero l’ampiezza del moto rimane inalterata e l’energia

della forzante coincide con quella necessaria per comprire il gas e vincere le perdite per attrito considerando

anche l’effetto di accumulo di energia nella molla. Gli esperimenti condotti nel lavoro [12] mostrano che il

modo più efficiente per fare tutto ciò è con una frequenza operativa pari a quella di risonanza.

Si riportanto per completezza alcune considerazioni sui parametri progettuali e sul funzionamento del

compressore, dipendenti dalla frequenza, tratte dal lavoro [3]. Attraverso l’equazione (20) è possibile

calcolare il diametro del pistone nota la portata massica fornita dal compressore, la corsa e la frequenza

operativa. La massa di gas fornita dal compressore in un certo intevallo di tempo è inversamente

proporzionale al cubo della frequenza come mostrato nell’equazione (21). Invece dall’equzione (22) si può

notare come le dimensioni del compressore siano inversamente proporzionale alla frequenza operativa.

𝐷 = 4𝑚

2𝜋 ∗ 𝑥𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒 ∗ 𝑓 (20)

𝑚 𝑜𝑢𝑡 ∝1

𝑓3 (21)

𝑠𝑖𝑧𝑒 ∝1

𝑓 (22)

Un altro aspetto da considerare è la frequenza operativa del compressore alla quale le valvole sono in grado

di apririsi e chiudersi. Se la frequenza operativa diventa troppo elevata, le valvole, dotate di un inerzia

meccanica, non sono ingrado di aprirsi a tali frequenze. Per determinare la frequenza massima di

funzionamento delle valvole si dovrebbe fare un’analisi della dinamica delle valvola, ma non è questo il

l’obbiettivo della trattazione. Ci si può limitare ad affermare che all’interno dei parametri operativi standard

di questa tecnologia, che verrano citati nella sezione dedicata, le valvole non presentano problemi di

funzionamento in relazione alla frequenza operativa.

Figura 41. COP in funzione della frequenza operativa [12]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

31

2.1.2.4 Regolazione ai carichi parziali

I concetti riportati in questo paragrafo sono stati estrapolati dal lavoro [5]. Le logiche di regolazione ai

carichi parziali sono molteplici: fino ad ora nell’analizzare le prestazioni del sistema nelle varie condizioni di

funzionamento, si è ipotizzato che la regolazione del compressore ai carichi parziali venisse fatta agendo

sulla tensione della corrente di alimentazione del compressore elettromagnetico, in modo da variare la corsa

del pistone. Quindi fissati i parametri geometrici, ai carichi parziali si ha una vairazione di volume morto. La

frequenza della corrente rimane pressochè costante, a parte un’oscillazione di più o meno 5 Hz grazie ad un

inverter che mantiene la frequenza del sistema pari al valore della frequenza di risonanza. La tensione viene

variata grazie ad un sistema TDC (Triac device controller: strumento semiconduttore usato come interruttore

per correnti alternate). Tale regolazione è nota come CVAM (Clearance volume adjustment method:

metodo di regolazione per variazione del volume morto). Si descrive ora questo sistema e

successivamente le altre logiche di regolazione.

2.1.2.4.1 CVAM (metodo di regolazione per variazione del volume morto)

Nel sistema CVAM una riduzione della corsa comporta un allontanamento del TDC (Punto morto superiore)

dalla testa del cilindro con un aumento del volume morto. Ma ciò comporta anche un avvicinamento del BTD

(punto morto inferiore) verso il TDC, in quanto la riduzione di corsa viene ripartita in modo uguale in

entrambi i sensi di scorrimento del pistone. Come già accennato in precedenza nell’equazione (9), la legge

della dinamica che impone il moto, indica che il bilancio tra le varia forze agenti sul pistone (attrito, forza

elastica della molla e del gas e forza di azionamento elettromagnetica) determina, nota la massa del pistone, il

suo moto (posizione, velocità ed accelerazione nel tempo rispetto ad un sistema di riferimento).

Ora si analizzano i parametri che determinano la forza di azionamento elettromagnetica. E’ noto che essa è

funzione del tempo in quanto il motore è alimentato da una corrente e da una tensione sinusoidali, quindi il

suo valore assume un andamento periodico nel tempo. La massima ampiezza della funzione sinusoidale che

descrive tale forza è legata all’ampiezza della tensione anch’essa sinuosidale. Tale forza elettromagnetica

(periodica con una certa ampiezza in funzione del modulo della tensione) interagisce con le altre forze del

sistema (attrito e forze elastiche), generando così una forza risultatante anch’essa periodica in funzione del

tempo con un ampiezza che dipende dal modulo della tensione. Tale forza divisa per la massa permette di

ottenere il valore istantaneo dell’accelerazione, quest’ultima grandezza ha le stesse proprietà elencate per la

forza risultante.

L’accelerazione integrata nel tempo permette di ricavare la funzione della velocià del pistone, che integrata

ancora nel tempo, permette di ottenere la funzione dello spazio (la variabile indipendente è il tempo e devono

essere noti i valori dello spazio e della veocità iniziali). Il moto del pistone assume dunque le caratteristiche

di un moto armonico con spazio massimo, velocità nulla ed accelerazione massima (in segno opposto alla

velocità) nei punti morti superiore ed inferiore. Invece assume spazio nullo, velocità massima ed

accelerazione nulla (che cambia di segno in modo da avere un segno opposto quello della velocità) nel

baricentro del sistema. La risoluzione analitica dell’equazione non è possibile in quanto molte forze e

Figura 42. CVAM [5]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

32

grandezze del sistema sono funzione di altrettante grandezze non note, per cui è necessario costruire un

modello dinamico a più equazioni, da risolvere con metodi numerici, che includa:

dinamica delle valvole;

bilancio energetico al compressore;

dinamica del pistone (di solito ad un grado di libertà);

modello delle perdite di trafilamento;

equazioni di scambio termico (numeri di Nu, Re, Pr);

definire la costante elestica del gas,

definire delle equazioni per la potenza richiesta dal ciclo e per la potenza persa per attrito;

definire una relazione che leghi i paramentri di tensione e corrente con la posizione del pistone;

stabilire dei valori per le prorpietà fondamentali: proprietà del fluido, paramentri geometrici, ecc…

Una volta costruito l’algoritmo si procede per iterazioni fino a convergenza del sistema. In letteratura sono

presenti diversi algoritmi, ognuno dei quali descrive con una miglior approssimazione un certo fenomeno

rispetto ad un altro. Per analizzare nel dettaglio i vari algoritmi si rimanda al riferimento [6], [13] e [12].

Visto che si sta parlando di logiche di regolazione è oppurtuno riportare l’equazione che lega la tensione e la

corrente di alimentazione alla velocità del pistone, schematizzando il compressore secondo l’analogia

elettrica riportata in Figura 43.

𝑉 𝑡 − 𝛼𝑥 𝑡 = 𝐿 ∗𝑑𝑖(𝑡)

𝑑𝑡+ 𝑅𝑖 𝑡 +

1

𝐶∗ 𝑖 𝑑𝑡 (23)

L’equazione (23) è ottenuta applicando la legge di Kirchhoff alle tensioni alla schemitizzazione del motore

elettromagnetico riportata in Figura 43. Con R si indica la resistenza del motore [Ω], con L l’induttanza del

sistema [H], con α si indica una costante del motore [N/A]. Questi parametri vengono considerati sempre

costanti. Il parametro α non varia al variare della posizione del magnete e anche l’induttanza e la resistenza

non variano al variare dell’intensità di corrente, come riportato nel lavoro [1]. Si riportano nel seguente

elenco le altre logiche di regolazione per il funzionamento ai carichi parziali.

LDM (Line driving method: metodo di regolazione per variazione del numero di spire in

funzione);

SVAM (Swept volume adjustment method: metodo di regolazione per variazione del punto

morto inferiore);

TSCM (Two stage compression method: metodo a due stadi di compressione);

TCM (Two compressor method: metodo a due compressori).

Si riporta, per ognuno dei metodi citati nell’elenco, una brevissima descrizione con annessi vantaggi e

svantaggi, senza entrare nel dettaglio dei motivi tecnici di tali considerazioni in quanto non è lo scopo di tale

trattazione, visto che nelle applicazioni pratiche i motori lineari (LG) vengono regolati con il primo metodo.

2.1.2.4.2 LDM (metodo di regolazione per variazione del numero di spire in funzione)

Ai carichi parziali viene ridotta la corsa senza agire sulla tensione, ma agendo sul numero di spire avvolte sul

motore. Infatti intorno all’iron core possono essere avvolte due o più spire, le quali ai carichi parziali

vengono attivate grazie ad un interruttore che permette alla corrente di passare in queste spire. Le spire sono

avvolte in senso opposto e quindi il campo magnetico generato da ogni spira contrasta quallo prodotto dalle

altre, generando come risultato una forza d’azionamento elettromagnetica minore con una conseguente minor

corsa. La corsa è inversamente proporzionale al numero di spire, quinidi ai carichi parziali si attivano tutte le

spire grazie all’interruttore, mentre ai carichi nominali si attiva solo una spira. L’efficienza del motore è

elevata in quanto non è presente il sistema Triac che dissipa molta energia e, dato che l’ampiezza dell’onda

della corrente di alimentazione è costante, vengono minimizzate le perdite armoniche. Tale sistema non

Figura 43. Analogia elettrica [12]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

33

permette di avere una variazione continua della potenza di raffreddamento, è quindi necessario variare il

modulo della tensione e quindi il sistema di regolazione torna ad avere gli stessi pregi e difetti del sistema

CVAM.

2.1.2.4.3 SVAM (metodo di regolazione per variazione del punto morto inferiore)

Tale metodo prevede una riduzione della corsa del pistone ai carichi parziali mantenendo fisso il TDC e

quindi il volume morto, variando solamente il BDC, in modo tale che le perdite di riespansione del gas nel

volume morto siano costanti e sempre minime. L’efficienza di tale sistema è elevata come quella del LDM

ma non è ancora stata trovata una soluzione tecnologica che permetta di applicare questa logica di

regolazione senza elevate perdite.

2.1.2.4.4 TSCM (metodo a due stadi di compressione )

Tale sistema ha come obbiettivo quello di aumentare la capacità del compressore cercando di ottenre un

rapporto di compressione più alto. E’ presente una precamera di compressione dotata di una valvola

preliminare di aspirazione. La precamera di compressione costituisce l’elemento in più del sistema e viene

attivata quando il sistema funziona a pieno carico e si vogliono raggiungere elevate capacità. Mentre se il

sistema funziona ai carichi parziali si usa il sistema semplice di compressione, senza attivare il componente

aggiuntivo. Quindi a pieno carico, mentre il pistone è in fase di compressione, la valvola di aspirazione

principale è chiusa, mentre quella preliminare di aspirazione è aperta in modo da far entrare il gas nella

precamera di compressione. Durante la fase di ritorno del pistone (espansione del gas nel volume morto) si

chiude la valvola preliminare di aspirazione e quella di aspirazione rimane chiusa.

Il gas nella precamera di compressione si comprime grazie al ritorno del pistone che riduce il volume della

precamera di compressione. Nella fase di aspirazione si apre la valvola principale di aspirazione e quella

preliminare rimane chiusa, permettendo al gas precompresso di entrare nella camera di compressione per

riniziare il ciclo. La valvola di scarico segue sempre la solita logica di regolazione del sistema tradizionale in

quanto non risente dell’interazione con la precamera di compressione. L’EER di questo metodo è migliore

del CVAM ai carichi parziali, ma per rendere comercializzabile tale metodo il sistema deve diventare più

semplice e più affidabile.

2.1.2.4.5 TCM (metodo a due compressori)

Per fornire una certa potenza di raffrredamento vengono usati due compressori identici con una taglia pari

alla metà di un compressore regolato col metodo CVAM, in modo da utillizzarne solo uno ai carichi ridotti.

I compressori sono disposti in senso opposto in modo da bilanciare le spinte assiali e ridurre le vibrazioni.

Tale vantaggio consiste nel fatto che, dimezzando le dimensioni, il rendimento del motore lineare non viene

penalizzato come nel motore ad induzione dei compressori alternativi. Il motore lineare infatti non presenta

degli “End coil” (spira non immersa nell’Iron core alle estremità del motore) che causano delle perdite

energetiche, in quanto la spira è completamente immersa nell’Iron core. L’EER rimane abbastanza costante

al variare del carico fino ad una riduzione del 50% rispetto al carico nominale. Questo è il metodo che

permette di risparmiare più energia come input al compressore.

Per concludere, analizzando la Figura 44, il sistema Line driving method combinato con il sistema Two

comppressor method permetterebbe di risparmiare fino al 15% dell’energia necessaria richiesta da un

compressore che non sia in grado di regolare la sua capacità ai carichi parziali. Ma sul mercato la logica di

regolazione implementata è il CVAM (metodo di regolazione per variazione del volume morto), ciò potrebbe

essere dovuto al fatto che si tratta di un sistema più semplice ed evidentemente meno costoso da realizzare in

relazione all’efficienza del ciclo.

Figura 44. EER dei metodi di regolazione ai carichi parziali [5]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

34

2.1.2.5 Modifiche tecnologiche

L’applicazione di una molla ad elica risonante comporta due problemi:

scarsa affidabilità per corse del pistone elevate;

difficoltà a costruire una molla compatta.

Per risolvere questi problemi è stato proposto di sostituire alla molla risonante una molla a gas, ovvero una

camera a gas che faccia da effetto molla. Nel lavoro [14] è riportata un’analisi dettagliata di tale tecnologia,

nella presente trattazione si riporta solamente la descrizione tecnologica con i pregi e difetti rispetto alla

molla ad elica risonante. Come si può notare dalla Figura 45, la parte del compressore dedicata al ciclo di

compressione (pistone, cilindro, valvole) rimane invariata, come pure il motore elettromagnetico.

L’unica parte che cambia è quella dedicata all’accumulo dell’energia dovuta all’espansione del gas che

rimane nel volume morto. Al posto di una molla ad elica è presente una camera a gas costituita da un cilindro

fisso e da un pistone. Questo pistone comprime il gas, contenuto in questa camera, durante la fase di ritorno

del pistone vero e prorpio del compressore, in modo da accumulare energia. Successivamente il gas

compresso si espande durante la fase di compressione vera e prorpia del compressore, restituendo energia al

compressore. Un problema di questo sistema è dovuto alle perdite di trafilamento (leakage) del gas contenuto

nella camera di accumulo, il queale fluisce all’esterno grazie al gioco tra pistone e cilindro.

Per ovviare a tale problema è stato predisposto un sistema di compensazione delle perdite mediante una reed

valve posta nella parte posteriore della camera di accumulo. Infatti la perdita di gas causa una riduzione della

pressione all’interno della camera di accumulo. Quando la pressione interna della camera diventa inferiore

alla presione di aspirazione della valvole a lamella (reed valves), questa si apre permettendo al gas di entrare.

La valvola rimane aperta fino a quando la pressione interna della camera non raggiunge il valore necessario a

provocare la chiusura della valvola. Sempre dall’analisi condotta nel lavoro [14] è possibile notare che,

rispetto ad una molla risonante ad elica, le maggiori perdite energetiche si hanno nell’inverter e nelle copper

losses (perdite per effetto Joule dovute alla corrente che circola nella spira).

Tutte le altre perdite rimangono uguali come valore percentuale rispetto alla potenza in input al compressore.

In realtà la “molla a gas” presenta due fonti di perdita in più: le perdite di gas per trafilamento dalla camera

di accumulo e gli attriti tra il pistone ed il cilindro sempre della camera di accumulo. Ciò potrebbe far pensare

che, oltre ad avere maggiori perdite nell’inverter e nella copper losses, anche le altre voci di perdita, se

sommate in un'unica voce come “altre perdite”, siano maggiori nella “molla a gas” rispetto alla molla ad

elica. In realtà nel compressore con “molla a gas”, le perdite per trafilamento del gas nella camera di

accumulo e le perdite per attrito tra pistone e cilindro sono compensate dal fatto che, in questa

configurazione, le perdite per attrito tra il pistone ed il cilindro della vera camera di compressione sono

minori perché non esiste un’eccentricità della molla risonante. Questo effetto positivo controbilancia le due

voci di perdita in più sopra citate (leakage e attrito nella camera di accumulo).

L’attrito tra pistone e cilindro della vera camera di compressione dipende dall’eccentricità della molla, questo

termine è maggiore dove l’eccentricità è più elevata, cioè in una molla ad elica, in quanto la camera a gas può

essere considerata simmettrica. Sempre dal lavoro [14] si può concludere che le perdite energetiche in tale

configurazione sono maggiori a causa delle maggiori perdite dell’inverter e delle copper losses, ma

ottimizzando i parametri di progetto come il diametro e la corsa del pistone della camera di accumulo, si

possono raggiungere le prestazione di un compressore lineare con molla ad elica. Tali considerazioni estrattte

da lavoro [14] sono state condotte su un compressore per applicazioni di condizionamento ambientale.

Figura 45. Confronto tra la molla ad elica e la molla a gas [14]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

35

2.1.3 Vantaggi e svantaggi di tale tecnologia

Di seguito si riportano i vantaggi e gli svantaggi di tale tecnologia in relazione alle tecnologie tradizionali

come il compressore alternativo con biella e manovella. I vantaggi sono:

presenza di minori parti mobili che comportano minori perdite per attrito, maggior semplicità di

progettazione, maggior compattezza e minori dimensioni e quindi più adatto per le applicazioni

elettroniche, come riportato in Figura 46;

buon funzionamento ai carichi parziali, come mostrato dal grafico del rendimento;

a seconda della scelta delle condizioni operative in cui l’impianto si trova con maggior frequenza ad

operare, si può agire sul parametro di progettazione del rapporto corsa/alesaggio per ottenere un

compressore più efficiente ai carichi parziali piuttosto che a carico nominale;

come si può notare dai grafici, a parità di altri fattori, è possibile ridurre le dimensioni riducendo il

rapporto corsa/alesaggio con un aumento del rendimento isoentropico, ciò va nella direzione di

ottenere compressori di piccola taglia per applicazioni elettroniche;

si possono avere rendimenti abbastanza elevati ai carichi parziali controllando la tensione di

alimentazione e quindi la corsa del pistone, senza l’utilizzo di sensori che controllino la posizione

del pistone, riducento così il costo dei componenti elettronici e la complessità dell’impianto;

l’elettronica è più semplice che nel compressore alternativo tradizionale;

nel compressore alternativo tradizionale la velocità di rotazione del motore elettromagnetico è

elevata, quindi a pari potenza viene fornita una coppia bassa. Una coppia bassa permette di ottenere

motori di dimensioni non troppo elevate, in quanto la resistenza ad una certa coppia (resistenza alla

torsione) è legata alle caratteristiche del materiale ed alle dimensioni dello stesso. Nel motore

lineare non sono presenti parti mobili, al posto della coppia si parla di forza di azionamento

elettromagnetica, ed al posto di velocità di rotazione si parla di velocità lineare direttamente legata

alla frequenza. A pari potenza fornita, una frequenza operativa caratteristica dei compressori lineari

(50-60 HZ) comporta velocità modeste. Dunque la forza elettromagnetica è elevata e ciò potrebbe

far pensare che si abbiano elevate dimensioni del motore. In realtà l’applicazione del magnete

permanente, costituito da una lega di NdFeB, permette di sopportare un’elevata forza pur

mantenendo dimensioni ridotte grazie alle proprietà magnetiche intrinseche del materiale. Quindi si

riescono ad ottenere motori di dimensioni molto ridotte che operano a frequenze di rete, grazie al

magnete permanente;

il magnete permanete è quello che permette di avere il rendimento più elevato del motore

elettromagnetico; inoltre non rischia la demagnetizzazione ad alte temperature o ad elevati flussi di

corrente rispetto ai magneti più deboli;

l’impiego di cuscinetti a gas ha sostituito i cuscinetti ad olio, si deve però progettare un sistema

alternativo per raffreddare le altre componenti del motore;

in fase di realizzazione il compressore lineare presenta minori componenti che necessitano di una

lavorazione accurata rispetto ai compressori tradizionali;

nel compressore alternativo tradizionale lo statore del motore elettromagnetico presenta molteplici

fessure (slots) per l’inserimento delle varie spire (coil) i quali, in un volume ristretto, potrebbero

portare alla saturazione magnetica del materiale con conseguenti perdite energetiche. Inoltre i

molteplici “Ends coil” ad ogni lato dello statore causano delle perdite aggiuntive. Tutti questi

problemi non sono presenti nel compressore lineare in quanto è presente un solo coil senza “End

coil”, perciò sono più facili da progettare e possono essere più compatti;

il moto uniderezionale del fluido di raffreddamento all’interno del cilindro grazie alla posizione

delle valvole (aspirazione nel magnete cavo e scarico sulla testa del cilindro invece che avvenire

entrambe sulla testa), consente di ridurre le perdite fluidodinamiche;

le perdite di trafilamento tra pistone e cilindro sono minori che nei compressori alternativi;

i rumori e le vibrazioni sono molto inferiori rispetto ai compressori alternativi, specialmente in fase

di avviamento e spegnimento, come mostrato in Figura 48;

i paramentri α, L ed R, che rientrano nell’equazione di controllo della posizione del pistone, sono

costanti ad ogni condizione di funzionamento, permettendo di controllare la posizione del pistone

con accuratezza;

il rendimento del compressore lineare può arrivare fino al 90% circa, ovvero fino al 20-30 % più

elevato che nei compressori tradizionali, come mostrato in Figura 49;

il compressore lineare presenta un’elevata affidabilità e vita utile, all’incirca di 10 anni operando

anche nelle condizioni ambientali più severe;

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

36

la capicità di regolazione per il funzionamento ai carichi parziali permette di ottenere un buon

rendimento fino a circa il 50% del carico nominale;

la potenza consumata, a pari output, è di circa il 25% inferiore rispetto ai vecchi compressori lineari

(“Old linear” a velocità costante, cioè non in grado di operare ai carichi parziali), e di circa il 12%

inferiore rispetto ai tradizionali compressori alternativi (BLDC motor: Brushless direct current

motor);

fino ad ora i compressori lineari hanno trovato applicazione nella refrigerazione domestica, pertanto

è bene sottolineare l’importanza nel trovare un compressore efficiente. La refrigerazione rappresenta

dal 20 al 40% del consumo domestico di energia elttrica e di questa parte l’80% viene consumata

dal compressore del ciclo frigorifero. Quindi trovare un compressore con un efficienza molto più

elevata dei compressori tradizionali permette di avere un sensibile risparmio energetico;

la sostituzione dei compressori alternativi tradizionali con un compressore lineare permette di

ridurre i consumi energetici, a pari output, di circa il 24% e, con opportune modifiche al ciclo

frigorifero, si può raggiungere una potenza risparmiata di circa il 47%. Se inoltre il compressore

lineare può regolare la sua capacità al variare del carico, si possono raggiungere risparmi energetici

aggiuntivi come riportato nella Figura 47.

Gli svantaggi del compressore lineare invece sono i seguenti:

in fase di progettazione è necessario sviluppare un nuovo metodo di lubrificazione con cuscinetti a

gas;

le performance del compressore, come mostrato dai grafici, crescono se si riduce il gioco tra pistone

e ciclindro, come pure se si riduce l’eccentricità della molla; ma non è possibile scendere a valori

troppo bassi per i limiti tecnologici di realizzazione dei componenti;

necessità di svillupare un sistema elettronico in grado di minimizzare il volume morto;

in fase di costruzione è necessario sviluppare nuove tecniche di fabbricazione in quanto la

tecnologia è cambiata completamente rispetto ai compressori alternativi tradizionali;

i costi sono molto maggiori rispetto ai compressori tradizionali. Si deve quindi cercare di ridurre i

costi in modo da rendere competitiva tale tecnologia rispetto a quelle più convenzionali che da più

tempo sono presenti sul mercato.

Figura 47. Consumo elettrico di un frigorifero domestico dotato di

compressore lineare [4]

Figura 46. Punti in cui si hanno perdite per attrito meccanico [sito web LG]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

37

In Figura 50 sono riportate le differenze principali tra il compressore alternativo tradizionale ed il

compressore lineare. Nel descrivere i compressori lineari si è spesso usato come termine di paragone i

compressori alternativi tradizionali, infatti queste due tecnologie rappresentano le due possibilità esistenti per

le applicazioni ai cicli frigoriferi per la produzione di potenza termica frigorifera domestica (come riportato

sul sito internet della LG).

I compressori rotativi e scroll, sempre dal sito internet della LG, trovano impeego per il condizionamento

dell’aria. Dagli articoli trovati in letteratura, i compressori lineari non sono quasi mai stati testati per il

condizionamento ambientale. Inoltre, sempre da quanto trovato in letteratura, la tecnologia di compressione

pensata e testata per il raffreddamento di componenti elettronici è proprio quella del compressore lineare in

alternativa al reciprocating compressor, quindi il compressore rotativo e lo scroll non sono stati presi in

considerazione.

Figura 50. Confronto tra il compressore lineare ed il compressore alternativo tradizionale [35]

Figura 49. Efficienza dei compressori alternativi (LGE) [9]

Figura 48. Confronto tra il livello di rumore di un compressore lineare e di un

compressore alternativo tradizionale [sito web LG]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

38

2.1.4 Applicazioni pratiche e parametri di funzionamento

Da quanto trovato in letteratura, i compressori lineari sono stati impiegati in cicli frigoriferi per il

raffreddamento di componenti elettronici, in cicli frigoriferi domestici e nel condizionamento dell’aria.

Di seguito si riportano i parametri caratterstici del compressore e del ciclo termodinamico degli impianti

testati. Nel lavoro [7] il compressore presenta i parametri riportati in Tabella 1 mentre i parametri del ciclo

frigorifero sono riportati in Tabella 2. In Tabella 3 si trovano i parametri caratteristici del lavoro [3].

Tabella 1. Parametri del compressore lineare [7]

Tabella 2. Parametri del ciclo frigorifero [7]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro R134a

T eva 20 °C

P eva 5,721

T cond 40 °C

P cond 10,17 bar

Βeta comp 1,78

ΔT surr 5 °C

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 = 𝑄

𝑒𝑣𝑎 200 W

COP 8,5-11

휀𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 0,25-0,4

Tabella 3. Parametri del compressore e del ciclo frigorifero [3]

Grandezza Valore [u.m]

T eva 0-25 °C

P eva 2,93-6,658 bar

T cond 50-60 °C

P cond 13,19-16,88 bar

Beta comp 2,54-4,50

D totale 75 mm

COP minimo 3

Vita utile 100000 H

Fluidi di lavoro R600, R22, R134a

Potenza elettrica richiesta 10-1000 W

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 = 𝑄

𝑒𝑣𝑎 150-200 W

Dimensioni

(diametro,lunghezza) (38;150) mm

Grandezza Valore [u.m]

Diametro del pistone 1,35 mm

x/D 0,4

k meccanica 30,6 N/m

Fattore d’attrito 0,1-0,3

Frequenza di ronanza 60 Hz

ɛ(eccentricità) 0,5 cm

Volume morto dal 10% al 120% del

volume spazzato

gioco 3 mm

Diametro totale 50,3 mm

Lunghezza totale 102 mm

휂𝑣𝑜𝑙 0,96

휂𝑜 ,𝑖𝑠 0,86

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

39

Si riporta di seguito una breve descrizione del lavoro [15], perché tra gli articoli trovati in letteratura questo è

il lavoro che più si avvicina all’obbietivo della presente trattazione. Gli autori hanno realizzato un ciclo con

isobutano per raffreddare la CPU di un notebook computer, ponendo attenzione sia agli aspetti termodinamici

del ciclo che alle dimensioni dell’impianto, in modo da poterlo installare all’interno del PC.

L’impianto è costiutito dai seguenti componeneti:

Evaporatore. Si tratta di una matrice di microcanali in rame paralleli fra loro e posti ad una distanza

di 80 μm l’uno dall’altro. Tra questi micro canali e la CPU da raffreddare viene interposto un

sottilissimo foglio di rame.

Scambiatore di calore aggiuntivo. Per assicurare che l’isobutano entri nel compressore

completamente allo stato gassoso, il vapor saturo in uscita dall’evaporaotre entra in questo

scambiatore di calore. Questo componente è costituito da 21 microcanali in rame paralleli fra loro e

posti ad una distanza di 350 μm con altezza di 700 μm.

Condensatore. Si tratta di uno scambiatore di calore costituito da microcanali in grado di cedere la

potenza termica del fluido che si condensa all’ambiernte. I microcanali scambiano potenza termica

con l’ambiente mediante un flusso incrociato alimentato da una ventola.

Valvola di laminazione. E’ costiutita da un tubo capillare avvolto ad elica con un diametro interno

di 0.4 mm. La lunghezza del tubo determina la perdita di carico voluta.

Compressore. Questo componente deve essere compatto, leggero, affidabile, avere un elevato

rendimento isoentropico ed essere poco rumoroso. È stato scelto un compressore a pistone lineare

realizzato da Embraco. Il compressore è alimentato da una corrente alternata fornita da un inverter

alimentato da una corrente continua di 12 V. La portata volumetrica che questo compressore è in

grado di fornire è di circa 12.5 cm^3/s con un rapporto di compressione di 2.3. La temperatura del

casing deve essere controllata e mantenuta sotto i 70 °C, prelevando una portata d’aria per il

raffreddamento dalla portata d’aria principale.

In Figura 51 è rappresentato un microcanale in rame che costituisce parte dell’evaporatore. Il microcanale è

stato collegato ad una lastra contenente una resistenza elettrica che simula l’effetto della CPU.

In Figura 52 è rappresentato un micro canale del condensatore che rilascia il calore in ambiente attraverso

uno scambiatore ad aria a flusso incrociato. Mentre in Figura 53 è rappresentato il compressore lineare

prodotto da Embraco, si possono notare le ridotte dimensioni al di sotto dei 10 cm di lunghezza. Infine in

Tabella 4 si riportano i parametri caratteristici del ciclo e dell’impianto.

Figura 53. Mini compressore realizzato da Embraco [15]

Figura 52. Micro canale del condensatore

collegato allo scambiatore di calore ad aria

[15]

Figura 51. Micro canale dell’evaporatore [15]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

40

Tabella 4. Parametri del ciclo frigorifero [15]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro Isobutano

P massima 17 bar

T eva 50 °C

P eva 6,85 bar

∆T scambiatore aggiuntivo 10 °C

T cond 90 °C

𝑄 𝑒𝑣𝑎𝑝𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 40 W

𝑄 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑖𝑣𝑜 10 W

beta 2,4

𝑚 0,26 g/s

T aria in ingresso al condensatore 50 °C

𝑚 𝑎𝑟𝑖𝑎 2,8 SCFM

Lunghezza tubo capillare

(valvola di laminazione) 1,1 m

휂𝑖𝑠𝑜𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜𝑝𝑖𝑐 0,33÷0,35

COP 2,25

휂𝐼𝐼 0,25÷0,3

Il COP in condizioni nominali è di circa 2.25, nel lavoro [15] l’impianto è stato testato in diverse condizioni

operative e si è notato che si può raggiungere un COP più elevato (3.7) aumentando la temperatura

dell’evaporatore, riducendo la potenza termica asportata dall’evaporatore e riducendo la temperatura del

condensatore. Ma una temperatura dell’evaporatore pari a 50 °C come quella in condizioni nominali è già

troppo alta rispetto agli obbiettivi prefissati, invece la potenza termica asportata pari a 50 W è un buon

compromesso. Si deve quindi cercare di ridurre la temperatura dell’evaporatore. Sempre nel lavoro [15] si è

notato che, aumentando la portata d’aria al condensatore, riducendo di poco la lunghezza del tubo capillare

oppure riducendo la temperatura del condensatore, si ha un aumento del COP. Un altro aspetto importante è

il rendimento di secondo principio, il suo valore oscilla tra 0.25 e 0.3 aumentando leggermente all’aumentare

del rapporto di compressione.

Il rendimento isoentropico di compressione oscilla tra 0.33 e 0.35 aumentando leggermente all’aumentare del

rapporto di compressione. Ma operare a rapporti di compressione troppo elevati porta ad avere gas allo

scarico ad elevata temperatura che dissipa in ambiente molto calore, perdendo buona parte del lavoro di

compressione. In Figura 54 è rappresentato il sistema di raffreddamento integrato in un notebook computer;

si può notare come le ridotte dimensioni del sistema permettano la sua applicazioni in questi componenti.

Figura 54. Sistema di refrigerazione integrato in un desktop

computer [15]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

41

2.2 Compressori piezoelettrici

Si passa ora alla descrizione di un’altra tecnologia di compressione: quella ad azionamento piezoeletrrico.

Come già fatto nella precedente sezione, si dedica un paragrafo alla descrizione dei componenti del

compressore, un altro paragrafo alla descrizione degli aspetti tecnologici rilevanti ed un’ultima parte alla

descrizione dei parametri significativi di questa tecnologia, citando le applicazioni pratiche in cui ha trovato

impiego.

2.2.1 Descrizione dei componenti

Il sistema di compressione è costituito dai seguenti componenti che verranno desccritti in seguito:

attuatore piezoelettrico (PZT);

sistema di valvole passive (valvole microelettromeccaniche: MEMS valves);

membrana che svolge la funzione di diaframma di compressione;

generatore di corrente altrenata ed amplificatore del segnale;

sistemi di controllo e di misura;

sistema di raffreddamento nel quale il compressore è integrato.

Si descrive ora ognuno di questi componenti.

2.2.1.1 Attuatore piezoelettrico

L’attuatore piezoelettrico è costituoto da un materiale inorganico ceramico chiamato piombo titanato di

zirconio avente la seguente formula chimica:

𝑃𝑏 𝑍𝑟𝑥𝑇𝑖1−𝑥 𝑂3 (0 ≤ 𝑥 ≤ 1) (24)

Questo composto è un materiale cristallino ed è quindi costituito da celle. Al loro interno esistono dei

microscopici dipoli elettrici disposti in modo tale che, in condizioni di quiete, la facce opposte delle celle del

reticolo abbiano lo stesso potenziale. Se al materiale viene applicata una forza meccanica esterna, il cristallo

si deforma e si perde la neutralità, in termini di distribuzione di cariche, tra le facce opposte delle celle del

reticolo. Se il materiale viene collegato ad un circuito esterno, la differenza di potenziale tra le facce opposte

può essere sfruttata per generare corrente elettrica.

Se invece si applica un campo elettrico esterno al materiale, quest’ultimo si espande o si contrae lungo il

proprio asse, a seconda del segno della tensione applicata. Il campo elettrico altera la distribuzione di cariche

portando le facce opposte ad avere diverso potenziale e quindi ad attrarsi o respingersi a seconda del segno

della tensione applicata. Se la corrente e la tensione applicate sono alternate, si avrà di conseguenza una

compressione alternata ad una trazione, simulando così il moto alterno dei compressori a pistoni tradizionali

(anche se di pochi micrometri). L’attuatore piezoelttrico è posto in diretto contatto con la membrana, la quale

svolge la funzione di pistone. I vantaggi dell’attuatore piezoelettrico sono i seguenti:

conversione diretta da energia elettrica a meccanica, con minori perdite per attrito dovute alle

trasmissioni meccaniche, assenza di parti mobili che generano stress meccanici ed elevato numero di

cicli prima della rottura a fatica;

l’assenza di parti mobili riduce le abrasioni e quindi la lubrificazione;

rapida risposta al segnale di alimentazione (pochi microsecondi) ed elevate accelerazioni;

elevata forza generata;

l’attuatore non è sottoposto a nessun campo magnetico e non genera nessun campo magnetico;

basso consumo energetico, funziona come un capacitore, e bassa generazione di calore;

opera anche a temperature criogeniche;

elevata costante dielettrica del materiale.

L’attuatore piezoelettrico, dal punto di vista dinamico, equivale ad un sistema massa-molla in cui la rigidezza

della molla dipende dal modulo elastico del materiale, dalla sua sezione e lunghezza e da altri parametri

meccanici. Dimensioni tipiche dell’attuatore piezoelettrico sono di circa 9x3,5x3,5 mm^3 oppure 18x3,5x3,5

mm^3, le dilatazioni e le compressioni sono di circa 10-30 μm.

L’attuatore è generalmente unimorfo, cioè costituito da uno strato di materiale attivo di natura piezoelettrica e

da una strato di materiale elastico inattivo; l’attuatore si deforma per sola attivazione elettrica e la maggior

parte degli attuatori sono di questa tipologia. L’attuatore può anche essere bimorfo, cioè costituito da uno

strato di materiale piezoelettrico attivo e da uno strato di materiale metallico anch’esso attivo, questo

attuatore si deforma per attivazione elettrica ma anche per attivazione termica.

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

42

2.2.1.2 Sistema di valvole passive

Il sistema di valvole passive è il sistema che permette al fluido di lavoro di entrare ed uscire dalla camera di

compressione. La camera di compressione è una cavità nella quale il fluido viene compresso dalla membrana

azionata dall’attuatore piezoelettrico. Le valvole passive possono essere di tre tipologie:

sistemi bivalvole (bivalvular system);

valvole a lembo (flapper valves);

valvole dinamiche (dynamic valves system).

Sono tutte prodotte partendo da dei wafers di silicio e devono essere progettate con uno spessore adeguato in

funzione della loro rigidezza, in modo da aprirsi o chiudersi a secondo della direzione del flusso e della

pressione di esercizio. Si analizzano in breve le loro differenze.

2.2.1.3 Sistema bivalvole

Queste valvole sono prodotte interamente da un singolo wafer di silicio e possono essere fabbricate in

pochissimi passaggi. Sono sistemi semplici con un profilo triangolare e la semplicità ne limita le prestazioni.

Inoltre la forma triangolare crea volume morto che, sommato al volume spazzato con l’obbiettivo di

minimizzare il volume totale per ridurre le dimensioni, limita il beta ottenibile. La portata volumetrica di gas

ottenibile con questa tecnologia è di circa 0,33 cm^3/s con una portata di ritorno di 0,05 cm^3/s. Il salto di

pressione fornito al fluido attraverso la compressione, considerando i limiti di tenuta delle valvole, è di circa

4 kPa.

Figura 57. Schema valvole passive (a) e sezione (b) [16]

Figura 56. Sistemi bivalvole (Bivalvular system) [20]

Figura 55. Attuatore piezoelettrico [ricerca in Google]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

43

2.2.1.4 Valvole a lembo

Queste valvole sono fabbricate usando più wafers di silicio (di solito due) con deposizione di strati di

polisilicio o parylene o nichel. Questo sistema garantisce buone performance me è difficile da fabbricare in

quanto richiede molti passaggi nel processo di produzione, specialmente per il fatto di congiungere con

precisione i due wafers di silicio che formano la valvola di aspirazione e la valvola di scarico.

Le Valvole a lembo a loro volta possono essere di due tipologie: tipologia a mensola (cantilever type) e

tipologia a ponte (bridge type). Le portate volumetriche tipiche raggiungibili con questo sistema di valvole

sono di circa 0,07 cm^3/s con un salto di pressione fornito al fluido di circa 10 kPa.

2.2.1.5 Valvole dinamiche

Sono fabricate interamente e solamente dal silicio e presentano una semplice geometria. Queste valvole sono

le uniche a non presentare dei sistemi mobili. Si tratta di canali microdiffusori orientati in senso opposto a

seconda che si tratti del condotto di aspirazione o di scarico. In entrambe le fasi di aspirazione e di scarico si

ha una portata in entrambi i canali di aspirazione e di scarico (i quali operano a pressioni diverse), ma la

fluididonamica genera una portata prevalente nel condotto progettato per la fase di aspirazione o di scarico in

atto in quel momento. Il vantaggio consiste nell’assenza di meccanismi di tenuta e per questo il processo di

fabbricazione è semplice, consiste solamente in un processo di etching con KOH su un wafer si silicio.

Caratteristica fondamentale della fluidonimica del flusso che attraversa le valvole è che questo sia turbolento,

infatti, tale condizione si rivela fondamentale per il funzionamento di questa tipologia di valvole.

Un’altra caratteristica fondamentale consiste nel valore della frequenza operativa, questa deve essere elevata

per garantire una buona portata. Infatti più la frequenza è elevata più la portata cresce, ma di solito frequenze

troppo elevate non permettono il funzionamento delle valvole perchè queste hanno un’inerzia maggiore degli

altri componenti del sistema. Le valvole necessitano quindi di un certo tempo di apertura che, ad elevate

frequenze viene a mancare. L’assenza di parti mobili nelle valvole dinamiche elimina questo problema

permettendo il funzionamento ad elevate frequenze. Le portate tipiche sono di circa 0,122 cm^3/s e il salto di

pressione di circa 7 kPa. Il salto di pressione non può essere molto elevato a causa dell’assenza di

meccanismi di tenuta.

Figura 59. Valvole passive dinamiche [17]

Figura 58. Valvole a mensola (Cantilever) e a ponte (bridge) [21]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

44

2.2.1.6 Membrana

La membrana deve avere uno spessore che gli permetta di resistere agli sforzi generati su di essa

dall’attuatore piezoelettrico e deve essere in grado di effettuare la corsa necessaria alla compressione del

fluido, resistendo agli sforzi che il fluido esercita su di essa (pressione massima di circa 25 atm). Da quanto

riportato nel lavoro [16], lo spessore della membrana è funzione del rapporto di compressione, del

coefficiente di Poisson, del modulo di Young e della corsa, come espresso nell’equazione (25).

Sempre dal lavoro [16], la corsa massima è di circa 10 μm e il volume spazzato dalla membrana è di circa

1,1506*10^8 μm^3. La membrana può essere costituita da silicio ed acciaio inossidabile con uno spessore di

400 μm oppure da una membrana poliammidica con uno spessore maggiore di 1 mm. La frequenza operativa

può essere calcolata come il rapporto tra la portata volumetrica ed il volume spazzato, come riportato

nell’equazione (26). Osservando il grafico della Figura 61, si nota che la frequenza operativa è funzione della

corsa della membrana, ovviamente a parità di dimensioni, più la corsa è elevata e più la frequenza è bassa. A

pari frequenza, aumentando le dimensioni diminuisce la corsa.

𝑡𝑕𝑖𝑐𝑘𝑛𝑒𝑠𝑠 = 3 ∗ 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑠𝑢𝑟𝑒 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜

3 ∗ (1 − 𝜈2)

16 ∗ 𝐸 ∗ 𝛿max (max 𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒 )

3

(25)

𝑓 =𝑉

𝑉𝑠𝑤𝑒𝑝𝑡

(26)

Per corse di 25 μm si ottengono frequenze tipiche di funzionamento minori o uguali a 300 Hz. Sempre nel

lavoro [16] sono stati proposti altri due materiali per la membrana: copper Kapton metalizzato (spessore di

500 μm) e latex rubber (spessore 635 μm), la frequenza operativa va da 0,5 a 50 Hz e il delta di pressione

fornito al fluido è di circa 21 atm. Particolare attenzione deve essere posta durante la fase di posizionamento

dell’attuatore piezoelettrico sulla membrana, in modo da massimizzare la superficie di contatto tra questi due

componenti per tramsmettere nel modo più efficiente possibile la forza dal PZT alla membrana.

Figura 61. Frequenza di azionamento in funzione della corsa della membrana [16]

Figura 60. Tipologia di valvole

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

45

2.2.1.7 Generatore di corrente alternata ed amplificatore del segnale

Alla base e all’apice dell’attuatore si trovano due elettrodi collegati ad un generatore di corrente alternata.

Tale sistema è però in grado di fornire una tensione oscillante tra -1 e +1 V. Questa tensione è troppo bassa

rispetto a quella richiesta dal PZT (dell’ordine di -30;+150 V per garantire il full stroke). Per risolvere questo

problema si utilizza un amplificatore di tensione e corrente mantenendo costante la frequenza. Come visto in

precedenza, le frequenze operative possono arrivare fino a valori di circa 300 Hz. Come riportato nel lavoro

[16], a seconda della frequenza operativa vengono utilizzati amplificatori diversi. Nella figura sottostante si

può notare che la potenza richiesta per il funzionamento (sia di picco che quella media) aumenta

all’aumentare della frequenza.

2.2.1.8 Sistemi di controllo e di misura

Nel lavoro [16] vengono utilizzati due trasduttori di pressione nel canale di mandata dopo la valvola di

aspirazione: uno per misurare la pressione statica ed uno la pressione totale, in modo da poter determinare

anche la pressione dinamica del gas. Nel canale di aspirazione, prima della valvola di aspirazione, è presente

un misuratore di portata. Per avere una maggior sicurezza sul controllo delle valvole, sono state applicate

delle valvole attive azionate da attuotari piezoelletrici, il cui segnale di input viene fornito da Labview.

Nella Figura 65 si riporta una rappresentazione schematica dell’intero sistema di compressione e del ciclo di

reffreddamento al quale è collegato. Si può notare la parte dedicata all’attuatore piezoelettrico, la membrana,

la camera di compressione, le valvole, i trasduttori di pressione ed i canali di mandata e ritorno del gas dal

sistema di raffreddamento che viene descritto in seguito.

Figura 64. Trasduttori di pressione [16]

Figura 63. Sistema di controllo delle valvole [16]

Figura 62. Potenza assorbita in funzione della frequenza di azionamento [16]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

46

2.2.1.9 Sistema di raffreddamento nel quale il compressore è integrato

Nella figura sottostante viene rappresentato il sistema di compressione integrato nel sistema di

raffreddamento. L’attuatore piezoelettrico aziona la membrana rappresentata dalla curva verde scuro.

In testa alla camera di compressione si trova il coupling in cui sono posizionate le valvole di aspirazione e di

scarico. Il gas compresso che esce dalla valvola di scarico entra nei canali ad alta pressione fino a

raggiungere, all’interno di uno scambiatore di calore, la testa fredda (cold head) in cui si trova l’elemento da

raffreddare. Nella testa fredda il gas viene espanso e, visto che le temperature operative sono molto basse (77

K), il coefficiente di Joule-Thomson è positivo. Nell’equazione (27) è riportata l’espressione del coefficiente

di Joule-Thomson. Ciò significa che un’espansione che comporta una riduzione della pressione, comporta

anche una riduzione della temperatura ad entalpia costante. In questo modo il gas freddo può scambiare

calore all’interno della testa fredda con l’elemento da raffreddare. Successivamente il gas può ritornare nel

coupling attraverso i canali di ritorno di bassa pressione. Nel coupling si trova la valvola di aspirazione che

permette al fluido di entrare nella camera di compressione. Sempre dalla figura si possono notare che le

dimensioni caratteristiche dell’intero impianto sono di pochi millimetri. Tale tipo di applicazioni si prestano

per il raffredamento di componenti elettronici molto piccoli come chip, sensori, ecc.

𝑐𝐽−𝑇 = 𝜕𝑇

𝜕𝑝

𝑕=𝑐𝑜𝑠𝑡

> 0 𝑇 ≈ 77 𝐾 (27)

Figura 66. Schema del sistema di raffreddamento [16]

Figura 65. Assemblaggio del compressore e del sistema di raffreddamento [16]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

47

2.2.2 Aspetti tecnologici rilevanti

In questa sezione vergono descritti in modo più dettagliato i componeneti di maggior interesse, cioè le

valvole e l’attuatore piezoelettrico, analizzando il loro principio di funzionamento.

2.2.2.1 Valvole passive dinamiche

Le valvole passive dinamiche sono dei microcanali troncoconici a sezione quadrata ottenuti da un singolo

wafer di silicio attraverso un processo di etching. Il processo di etching è un processo chimico di rimozione

degli strati dalla superficie di un materiale mediante l’utilizzo di un reagente (di solito KOH). Questo

processo permette di ottennere un materiale ad elevata anisotropia facendo assumere la forma desiderata

mediante la formazione di intagli sulla superficie del materiale sottoposto a questo processo.

Il processo di etching può essere anisotropo o isotropo, a secondo del tipo di reagenti utilizzati. Un etching

isotropo utilizza reagenti che agiscono sul materiale da lavorare in modo uguale in tutte le direzioni. Un

etching anisotropo utilizza reagenti che agiscono sul materiale in modo diverso a seconda delle direzioni.

Quest’ultimo viene applicato quasi sempre nella fabbricazione delle valvole, appunto perché si vuole una

direzione preferenziale di deformazione.

Come si può notare dalla Figura 67, si considera positiva la direzione del flusso se questo si muove verso la

sezione minore del canale. L’angolo del diffussore è ottunuto attraverso il processo di etching e la precisione

di tale valore (54,74°) è di fondamentale importanza per la fluidodinamica del moto. I parametri liberi di

progetto sono lo spessore del silicio (t) e il lato della sezione minore (d); il lato della sezione maggiore (D) si

determina automaticamente scegliendo t e d in quanto l’angolo di apertura del canale è costante.

Nel descrivere gli aspetti fluidodinamici del problema si adotta l’analogia elettrica per trovare una relazione

tra il ∆P tra monte e valle delle valvole (cioè tra i condotti di aspirazione e mandata) e la portata che fluisce

attraverso le stesse. Come si può notare dal confronto tra la Figura 68 e la Figura 69, il ∆p della Figura 68

corrisponde alla differenza tra la pI e pi della Figura 69. In questo caso pI è uguale a pII. Infatti, per come è

stato impostato lo schema della Figura 68, il ∆p tra la camera di compressione ed il canale a monte delle

valvole, è uguale sia per il lato di aspirazione che compressione. Tale condizione è detta di contropressione

nulla (zero back pressure). La contropressione (back pressure) è definita secondo l’equazione (28).

Studiare la fluidodinamica del problema con una differenza di pressione nulla tra l’aspirazione e la mandata

potrebbe essere inutile, ma in realtà la portata che si verifica in tale condizione è legata, attraverso la

frequenza operativa, alla portata massima che il sistema è in grado di fornire. Conoscendo il valore della

Figura 69. Modello del compressore che

sfrutta gli effetti fluidodinamici [17]

Figura 68. Analogia elettrica [17]

Figura 67. Micro canali a forma tronco piramidale [18]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

48

portata massima e quello di contropressione (back pressure) diverso da zero che si vuole fornire, si può

quindi risalire alla portata vera e propria fornita dal sistema.

Dopo aver giustificato la scelta di questa analogia elettrica, si effettua l’analisi adimensionale del sistema, in

modo da ottenere una descrizione del fenomeno indipendente dalle dimensioni del sistema e dal fluido

utilizzato. I numeri adimensionali sono definiti secondo le equazioni riportate in seguito. La relazione che

lega le grandezze dell’analogia elettrica è riportata nell’equazione (32). I segni “+” e “-“ si riferiscono alla

convenzione riguardante il segno del flusso riportata in Figura 67. La rectification efficency è definita

nell’equazione (33) e rappresenta il parametro di merito del funzionamento delle valvole, maggiore è il suo

valore e meglio funzionano le valvole.

𝑃𝑅 = 𝑃𝐼𝐼 − 𝑃𝐼 (28)

𝑅𝑒± =𝑄±

𝜈𝑟𝑒𝑙 ∗ 𝑑 (29)

𝑝𝑛 = Δ𝑝

𝐾 (30)

𝐾 =𝜇2

𝜌 ∗ 𝑑2 (31)

𝐺± =𝑄±

∆𝑝 (32)

휀(𝑝𝑛 ) = 𝑅𝑒+ − 𝑅𝑒−

𝑅𝑒+ + 𝑅𝑒−

𝑝𝑛

0 ≤ 휀(𝑝𝑛 ) ≤ 1 (33)

La rectifiation efficency dipende dal numero di Re e quindi dalla portata volumetrica, la quale nota la

conduttanza del condotto (G), dipende dal ∆p, quindi l’efficienzadi rettificazione (rectification efficiency)

dipende dal ∆p.Se ɛ è uguale a 1 significa che Re- è nullo e quindi la valvola si comporta come una valvola

passiva statica. In questo caso il flusso passa solo attraverso una valvola (valvola di aspirazione durante la

fase di aspirazione e valvola di scarico durante la fase di scarico) e non contemporaneamente attraverso

entrambe le valvole. Se ɛ è uguale a 0 significa che Re+ e Re- sono uguali e quindi non si ha una portata

prevalente in una delle due valvole, il compressore non può funzionare perché non c’è una direzione

prevalente. Se ɛ è compreso tra 0 e 1 la valvola funziona correttamente garantendo una portata prevalente in

una delle due direzioni a seconda che ci si trovi nella fase di aspirazione o di scarico. Da un’analisi

fluidodinamica del problema in esame si scopre che il moto è laminare se Re<15, di transizione se

15<Re<100 e turbolento se Re>100.

Osservando la Figura 70 si può notare come si abbiano valori elevati di ɛ per elevati numeri di Re, o meglio

ancora, si può notare come il Re+ sia maggiore del Re- ad elevati numeri di Re, in condizioni di moto

turbolento. Dalle equazioni in precedenza esposte si può dedurre che la portata sia legata alla resistenza del

condotto (G) e al ∆p, infatti dalla Figura 70 si nota che ad alti ∆p corrispondono alti Re e quindi alte portate.

L’andamento del numero di Re non è lineare e ciò significa che G non è costante al variare del ∆p, ma

diminuisce leggermente all’aumentare di quest’ultimo. Queste considerazioni si riferiscono sempre

all’analogia elettrica secondo la quale la contropressione (back pressure) è nulla.

Figura 70. Caratteristica del flusso nei micro diffusori [17]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

49

Si può quindi dedurre che il moto turbolento sia una condizione essenziale per il funzionamento di questa

tipologia di valvole, perché in tali condizioni ci si trova nella regione di separazione (tra Re+ e Re-). Il moto

turbolento, come pure il ∆p, sono interamente sostenuti dal compressore.

Valori tipici di ɛ sono dell’ordine di 0.05-0.1, con il parametro geometrico alfa fissato in precedenza. Una

variazione di tale angolo comporta il verificarsi della regione di separazione per numeri di Re diversi, magari

non sostenibili dal compressore. Dalla Figura 71 è possibile notare il profilo delle velocità lungo la sezione

dei diffusori, nel caso del flusso con direzione positiva la velocità media del profilo è maggiore del caso con

direzione negativa. Questo fenomeno può essere spiegato attraverso la teoria dei diffusori.

Analizzando lo spessore dello strato limite in un flusso turbolento lungo la sua lunghezza, per una geometria

interna a sezione costante, si può notare come tale spessore cresca lungo la direzione prevalente del flusso, in

altre parole lungo la direzione del condotto, aumentando così la regione interessata dallo strato limite avente

una velocità minore di quella massima al centro del condotto. La velocità media del flusso nel condotto

risente quindi della presenza dello strato limite. Se inoltre il condotto è divergente, all’andamento normale

dello strato limite si deve considerare un ulteriore decremento di velocità (a portata costante) dovuto

all’incremento di pressione del fluido all’interno del diffusore. Questo incremento di pressione causa un

ulteriore aumento dello strato limite, provocando un’inversione del campo di moto della velocità nelle strette

vicinanze della parete e portando quindi a un’ulteriore riduzione della velocità media del flusso nel condotto.

Quindi, il condotto convergente presenta una portata maggiore del condotto divergente a causa delle

differenti velocità medie che si sviluppano lungo la sezione.

Fino ad ora, nell’analisi adimensionale delle valvole, si è considerata la condizione di zero back pressure. In

questo caso la differenza tra la pressione del canale di aspirazione e di mandata è nulla, mentre esiste un ∆p

tra la pressione della camera di compressione e quella dei canali di aspirazione e mandata. In tali condizioni

di zero back pressure, la portata fornita all’impianto è detta Q0. Per determinare la portata QL per un

determinato valore di contropressione (back pressure) maggiore di 0, è necessario fare le seguenti

assunzioni:

modello quasi statico delle valvole ( ∂

∂t= 0);

modello della membrana e della camera di compressione definito nelle equazioni (34).

𝐶𝑀 ∗𝑑𝑝 𝑖

𝑑𝑡+ 𝑄𝑖 = 0; 𝑄𝑖 = 𝑄1 + 𝑄2; (34)

con “1” e “2” si intendono i canali di aspirazione e mandata con i relativi segni delle portate secondo

le convenzioni già riportate; mentre “𝐶𝑀” è un parametro legato alle proprietà meccaniche della

membrana.

Da quanto riportato nel lavoro [17], si indica con 𝑝𝑚𝑎𝑥 la pressione massima che la membrana è grado di

fornire, da questo valore è possibile determinare 휀∆𝑝𝑚𝑎𝑥e 𝑅𝑒+

∆𝑝𝑚𝑎𝑥 𝑒 𝑅𝑒−∆𝑝𝑚𝑎𝑥 , poiché, per 𝑃𝑅 = 0 il

Figura 71. Flusso turbolento attraverso i diffusori: (a) direzione

positiva; (b) direzione negativa [17]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

50

valore di 𝑝𝑚𝑎𝑥 è proporzionale al ∆𝑝𝑚𝑎𝑥 . Per garantire la 𝑝𝑚𝑎𝑥 massima legata alle proprietà meccaniche della

membrana, è richiesta una frequenza minima di funzionamento definita secondo l’equazione (35).

La 𝑃𝑚𝑎𝑥 ottenibile dalla membrana dipende dalle proprietà meccaniche della membrana, dalle sue dimensioni

e dalla tensione di picco della corrente alternata. La frequenza minima permette di ottenere la 𝑝𝑚𝑎𝑥 fornita

dalla membrana e quindi anche la portata massima. La frequenza minima dipende dalle caratteristiche

geometriche, elastiche ed elettromeccaniche della membrana, come pure dalle dimensioni delle valvole e dal

fluido di lavoro. I numeri di Reynolds in queste condizioni e le relative portare, necessarie per calcolare la

portata massima e la frequenza minima, si ottengono con le formule (36), (37), (38) e (39).

𝑓𝑚𝑖𝑛 = 𝜈 ∗ 𝑑 ∗ 𝑅𝑒

2𝜋 ∗ 𝐶𝑀 ∗ 𝑝𝑚𝑎𝑥 𝑃𝑅=0

(35)

𝑄𝑚𝑎𝑥 = 𝜈 ∗ 𝑑 ∗1

2∗ ∆𝑅𝑒 = 𝜈 ∗ 𝑑 ∗

1

2∗ 𝑅𝑒

𝑃𝑅=0 (36)

Δ𝑅𝑒 = 𝑅𝑒+ 𝑝𝑚𝑎𝑥 ,𝑛 − 𝑅𝑒−(𝑝𝑚𝑎𝑥 ,𝑛 ) 𝑃𝑅=0

(37)

𝑅𝑒 = 𝑅𝑒+ 𝑝𝑚𝑎𝑥 ,𝑛 + 𝑅𝑒−(𝑝𝑚𝑎𝑥 ,𝑛) 𝑃𝑅=0

(38)

𝑝𝑚𝑎𝑥 ,𝑛 = ∆𝑝𝑚𝑎𝑥

𝐾 (39)

Nelle condizioni di 𝑃𝑅 = 0 la portata viene calcolata mediante l’equazione (40). Sempre dal lavoro [17], la

portata per un valore di contropressione (back pressure) maggiore di 0 si può ottenere ipotizzando un

andamento lineare negativo tra la portata massima ed il valore di back pressure, come riportato nelle

equazioni (41) e (42).

𝑄0 = 𝑄𝑚𝑎𝑥 se 𝑓 ≥ 𝑓𝑚𝑖𝑛 o 𝑄0 = 𝑄𝑚𝑎𝑥 ∗𝑓

𝑓𝑚𝑖𝑛 se 𝑓 < 𝑓𝑚𝑖𝑛 . (40)

𝑄𝐿 = 𝑄𝑚𝑎𝑥 ∗ (1 −𝑃𝑅

4 ∗ 휀 𝑝𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑝𝑚𝑎𝑥 𝑃𝑅=0

) (41)

𝑃𝑅 ,𝑚𝑎𝑥 = 4 ∗ 휀 𝑝𝑚𝑎𝑥 ∗ 𝑝𝑚𝑎𝑥 𝑃𝑅=0 (42)

Più ɛ è elevato, maggiore è il valore di contropressione (back pressure) ottenibile. Dalla Figura 72 si può

notare come QL si riduca all’aumentare del valore di contropressione (back pressure), poiché per valori

maggiori di zero, il condotto convergente in cui la portata è maggiore, risulta sfavorito sia in fase di

aspirazione che di scarico a causa dei gradienti avversi di pressione, che tendono a sfavorire il passaggio di

portata nella direzione positiva rispetto al canale divergente. Dalle precedenti considerazioni si può dedurre

che la portata Q0 sia prporzionale alla Qmax , quindi valori elevati di tale portata permettono in generale di

avere portate maggiori. La frequenza di 3 kHz è stata scelta perché, come mostrato nella figura successiva,

rappresenta il valore della frequenza minima ed è lontano dalla frequenza critica, il cui significato verrà

spiegato a breve. I valori sperimentali sono minori di quelli teorici per effetto della cavitazione non

considerata nel modello teorico. La cavitazione porta ad una riduzione delle prestazioni della pompa.

Dalla Figura 73 si può notare come la portata Q0 sia funzione della frequenza, il fluido di lavoro è sempre

l’acqua. Si nota che l’andamento di Q0 è più che lineare rispetto alla frequenza per valori inferiori alla

frequenza minima. La frequenza minima si ha in corrispondenza del punto in cui la curva diventa una retta

Figura 72. 𝑸𝑳 vs 𝑷𝑹 (fluido di lavoro:acqua) [17]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

51

orizzontale. Da questo grafico è possibile notare l’esistenza di un altro parmetro fondamentale, la frequenza

critica, ovvero la frequenza al di sopra della quale il valore di 𝑄0 precipita. La frequenza critica ha un valore

intorno ai 10 kHz. Tale fenomeno può essere dovuto ad effetti inerziali o a flussi instazionari che si

sviluppano nel canale e che non vengono considerati nel modello quasi statico.

Se si volessero diminuire le dimensioni della membrana si avrebbe un aumento della sua rigidezza con una

riduzione del valore CM ed un conseguente aumento della frequenza minima del sistema per la quale si ha la

portata massima (equazione (35). Se tale frequenza supera il valore della frequenza critica, la membrana non

puà funzionare a Q0 = Qmax perché si avrebbe un crollo delle prestazioni del sistema. Dunque per questa

tecnologia si hanno dei problemi nel realizzare membrane di piccole dimensioni e quindi sistemi molto

piccoli rispetto alle dimensioni standard. Con riferimento alla Figura 67 le dimensioni geometriche tipiche

sono: D=300μm; d=80 μm; membrana (11,5mm x 5mm); vetro Pyrex (spessore di 120 μm), PZT (spessore di

200 μm), CM = 1,5 ∗ 10−16 ÷ 1,8 ∗ 10−14 m3

Pa ; pmax ,n = 10 ÷ 60 kPa.

Oltre all’acqua i fluidi di lavoro possono essere il metanolo, l’aria o altri gas. Osservando la Figura 67 si può

notare come le valvole siano ottenute da un wafer di silicio, come pure la camera di compressione. Questi

due wafers sono stati sottoposti ad un processo di etching anisotropo e sono stati uniti mediante un legante

epossidico. La membrana è costituita dal vetro Pyrex ed è stata anodicamente saldata al wafer che costituisce

la camera di compressione. Sopra la membrana si trova l’attuatore piezoelettrico bimorfo.

Come si può notare dalla Figura 74 estratta dal lavoro [18], entrambi i grafici sono stati ricavati in condizioni

di zero back pressure. La portata Q0 è abbastanza costante fino a frequenze di 100 Hz, dopo di che decresce

bruscamente per frequenze troppo elevate per i motivi descritti in precedenza.

Il valore della pressione massima fornita dalla membrana tende a dimniure all’aumentare della frequenza, ed

oltre un certo valore di frequenza non è possibile operare in quanto si avrebbe un crollo delle prestazioni.

Questi due grafici si discostano da quelli visti in precedenza, infatti l’andamento dipende dalle caratteristiche

geometriche, elastiche ed elettromeccaniche della membrana, dalle dimensioni delle valvole, dal tipo di

fluido e dalla tensione applicata. Visto che sono stati estratti da un altro lavoro, sono cambiati alcuni di questi

Figura 74. 𝑸𝟎 e 𝑷𝒎𝒂𝒙 vs f [18]

Figura 73. 𝑸𝟎 vs f [17]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

52

parametri. Dimensioni tipiche della camera di compressione sono di circa (10 x 10 x 0,4÷0,75 mm^3),

d=123 μm, t=370 μm, f=100÷1000 Hz, Q0=260÷480 μl/min.

I vantaggi delle valvole passive dinamiche sono dovuti ad una geometria molto semplice e ciò richiede un

processo di fabbricazione non troppo costoso. Si deve però considerare che, affinché gli effetti fluidodinamici

permettano di ottenere il desiderato funzionamento, il processo di fabbricazione, seppur semplice, richiede

un’elevata precisione per ottenere i parametri geometrici desiderati. La semplicità di tale struttura permette di

avere una notevole affidabilità e minori perdite meccaniche dovute all’accoppiamento dei vari elementi

funzionali del microcompressore. Le minori perdite meccaniche e quindi gli accoppiamenti più semplici

permettono un funzionamento ad elevate frequenze in grado di compensare i valori modesti di efficienza di

rettificazione (rectification efficiency). Elevate frequenze permettono di avere elevate portate volumetriche e

permettono inoltre di ottenere un’elevata deflessione della membrana e quindi un’elvata pressione generata

nella camera di compressione, pur con una tensione di alimentazione modesta. Si ricorda che le frequenze

elevate di funzionamento sono possibili grazie all’assenza di parti mobili nelle valvole, le quali generalmente,

avendo un’inerzia maggiore degli altri componenti del sistema, possiedono frequenze operative modeste.

Quindi il funzionamento ad elevate frequenze (10 kHz) non sarebbe possibile, in quanto le valvole avrebbero

un tempo caratteristico di adattamento alle nuove condizioni molto maggiore di quello degli altri componenti

del compressore, non permettendone il funzionamento. Invece l’assenza di parti mobili nelle valvole

permette il funzionamento ad elevate frequenze. Si è già detto che elevate frequenze comportano elevate

portate, ma purtroppo con questo tipo di valvole si hanno salti di pressione modesti, a causa dell’assenza di

sistemi di tenuta. Quindi un salto di pressione troppo elevato (back pressure alto) comporterebbe un ritorno di

flusso elevato con una portata nulla. Queste valvole forniscono una portata di circa 1-10 ml/min, un ∆p(max)

di circa 7 kPa, sono alimentate con una tensione di circa 50 V ed una frequenza di circa 10 kHz e la corsa

della membrana è di circa 45 μm.

I concetti esposti nella descrizione delle valvole passive dinamiche, come pure i parametri caratteristici, sono

stati estratti dai lavori [17] e [18]. Si riporta un’ultima sintetica considerazione tratta dal lavoro [19].

Precedentemente si è sempre fatto riferimento alla pressione massima della membrana indicandola con pmax .

Si deve ricordare che la membrana oscilla con un moto periodico, e quindi, sia il volume della cammera di

compressione, che la pressione al suo interno, oscillano attorno ad un valor medio con un andamento

periodico. Non entrando nel dettaglio della trattazione di tale lavoro, si vuole solo ricordare che, noti alcuni

parametri caratteristici del problema ed alcune formule, si può risalire velocemente alla portata Q0 in

condizioni di zero back pressure e, da lì determinare il valore di ɛ e di PR,max . Quindi con l’ausilio delle

formule riportate nel lavoro [19], con semplici conti e noti i parametri del problema, si può velocemente

risalire ai parametri caratteristici di cui sopra si è parlato. Anche in questo caso il processo di fabbricazione

delle valvole consiste in un etching anisotropo su entrambi i lati dei due wafers (uno per i microcanali ed uno

per la camera di comrpessione) poi uniti con un legante epossidico. Il processo di etching su entrambi i lati di

ogni wafer serve per determinare l’altezza della camera di compressione e la geometria dei microcanali.

Inoltre sempre nel lavoro [19], il fluido di lavoro è aria e quindi tale tecnologia può essere utilizzata sia per le

micropompe che per i microcompressori. Si riportano nella Figura 75 i parametri caratteristici del

compressore e delle valvole. Con QN,0 e PR,0 si intendono la portata Q0 e PR,max alla frequenza di risonanza

della membrana f0.

Figura 75. Parametri caratteristici[19]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

53

2.2.2.2 Sistemi bivalvole

I sistemi bivalvola insieme alle valvole a lembo (flapper valves) fanno parte di un insieme di valvole

nominate “Valvole passive statiche” costituie da parti mobili. Il loro funzionamento non si basa su effetti

fluidionimaci ma sugli aspetti meccanici di resistenza delle parti mobili delle valvole.

I sistemi bivalvole sono fabbricati da un singolo wafer di silicio. Si ottiene, con un processo veloce, una

scanalatura a “V” nel wafer e, successivamente, si ottiene una piccola fessura all’intersezione dei due piani

inclinati della scanalatura a “V”. Tale fessura permette il passaggio del gas solo quando questa è aperta,

ovvero quando la membrana della valvola che forma la scanalatura a “V” si deflette in seguito alla differenza

tra la pressione nella camera di compressione e nei canali di aspirazione e mandata. Le valvole sono dotate

di una certa elasticità e quindi offrono una certa resistenza alla deformanzione, pertanto esiste una pressione

di apertura (𝑃𝑜𝑝𝑒𝑛 ) ed una pressione di chiusura (𝑃𝑐𝑙𝑜𝑠𝑒 ) della valvola. Con 𝑃𝑖𝑛 e 𝑃𝑜𝑢𝑡 si intendono

rispettivamente la pressione interna ed esterna alla camera di compressione a seconda che la valvola sia di

aspirazione o scarico, la 𝑃𝑜𝑢𝑡 può corrispondere alla pressione del canale di aspirazione o di scarico. Se

l’equazione (43) è verificata, la valvola si apre, se invece è verificata l’equazione (44), la valvola si chiude.

𝑃𝑖𝑛 − 𝑃𝑜𝑢𝑡 > 𝑃𝑜𝑝𝑒𝑛 (43)

𝑃𝑖𝑛 − 𝑃𝑜𝑝𝑒𝑛 < 𝑃𝑐𝑙𝑜𝑠𝑒 (44)

In Figura 76 è riportato il principio di funzionamento. Si descrive brevemente il processo di fabbricazione

delle valvole ricordando che è possibile ricavare più valvole che operano in direzioni opposte da un singolo

wafer di silico, in modo da avere sullo stesso wafers sia le valvole di aspirazione che di scarico. L’obbiettivo

del processo di fabbricazione è quello di ridurre il volume morto ed aumentare la velocità del processo. Un

esempio lo si può notare nella Figura 77. Il processo di etching anisotropo si suddivide in tre passaggi.

A. Etching anisotropo con EDP (ethylene-diamine-pyrocatechol-water) che permette di ottenere le

scanalature a “V”. La profondità della scanalatura deve essere minore dello spessore del wafer e lo

spessore della valvola deve essere minore dell’ampiezza totale della membrana, per limitare gli

effetti di bordo. Si usa EDP perché, visto che il wafer di silicio è rivestito da uno strato di SiO2,

l’EDP non altera la maschera di SiO2 rimasta nelle zone in cui non c’è la scanalatura, permettendo il

suo utilizzo nei passaggi successivi.

B. Drogaggio con protoni sulla maschera di SiO2 in cui non sono presenti le scanalature a “V” e sulle

scanalature stesse. Il drogaggio avviene anche sul lato opposto del wafer, eccetto per alcune sezioni

quadrate che non vengono trattate, ma che lo saranno con un etching successivo. Il drogaggio ferma

il processo di etching e permette alla membrana della valvola di diventare più sensibile alla

pressione.

C. Infine un etching selettivo dopante viene applicato sul lato opposto del wafer per determinare

l’altezza della membrana, controllata mediante l’intersezione dei piani che formano la scanlatura a

“V”. La formazione della fessura che permette il passaggio del gas può essere fatta in questo step o

con altri etching successivi. Gli etching successivi possono essere anisotropi (con KOH) o isotropi.

La differenza tra ethc isotropo o anisotropo non è fondamentale nella fessura in quanto, dovendo

solamente far passare il fluido, il materiale non ha una direzione preferenziale di deformazione,

anzi, più uniforme è l’apertura e minori sono le perdite di carico.

Figura 77. Due valvole che lavorano in senso

opposto: aspirazione e scarico [20]

Figura 76. Principio di funzionamento [20]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

54

Nella Figura 77 è riportato il processo di fabbricazione mentre nella Figura 79 è riportata la portata di N2 in

funzione della pressione esercitata sulla valvola: si può notare come al crescere della pressione cresca la

portata di azoto. Queste valvole hanno una lunghezza di circa 0.1 mm, uno spessore di circa 5 μm ed una

profondità di circa 50 μm. I vantaggi consistono in un processo di fabbricazione semplice e veloce e quindi

poco costoso, infatti le valvole sono prodotte da un singolo wafer di silicio a differenza delle Valvole a

lembo, come mostrato in seguito. Inoltre è possibile produrre più valvole sullo stesso wafer che lavorano in

direzioni opposte e possono essere applicate con i gas, infatti nel lavoro [20] le valvole sono testate con un

flusso di azoto. La rigidezza delle valvole deve essere controllata, durante la fabbricazione, per avere un

elevato controllo del flusso. I sistemi di valvole a tenuta, come i sistemi bivalvole e le valvole a lembo,

permettono di ottenere salti di pressione più elevati tra il fluido in ingresso e in uscita dal compressore, in

quanto offrono una maggior resistenza al flusso di ritorno (pari a 0) proprio per la presenza dei sistemi di

tenuta.

Però questi sistemi non possono funzionare ad elevate frequenze, infatti la frequenza di risonanza di queste

valvole è molto inferiore alla frequenza di risonanza della membrana, prorprio per la maggior inerzia delle

parti mobili delle valvole. Quindi una frequenza dell’ordine dei 10^3 Hz non permetterebbe l’apertura e la

chiusura delle valvole in fase con il funzionamento della membrana. Visto che ad elevate frequenze si hanno

elevate portate, per le modeste frequenze di funzionamento (50 Hz) si hanno basse portate.

Dunque le valvole passive statiche sono caratterizzate da elevati ∆p e basse frequenze operative e basse

portate volumetriche. Le descrizioni del sistema di funzionamento e del processo di produzione dei sistemi

bivalvole sono state estratte dal lavoro [20].

2.2.2.3 Valvole a lembo

Le valvole a lembo fanno parte delle valvole passive statiche e quindi sono dotate di parti mobili. A

differenza delle valvole passive dinamiche e dei sistemi bivalvole, sono prodotte da 2 wafer di silicio ed un

terzo wafer è usato per creare la camera di compressione. Come tutte le valvole passive statiche permettono

un miglior controllo della portata, devono però essere flessibili e duttili. Per soddisfare queste due

caratteristiche è molto importante la scelta del material delle valvole; per garantire le condizioni di flessibilità

si sceglie un materiale polimerico e le possibili alternative sono: poliammide, PDMS (polydimethylsiloxane)

e parylene.

Il poliammide e il PDMS tendono però ad evere elevate perdite di trafilamento e quindi, come effettutao nel

lavoro [21], si sceglie di utilizzare il parylene che presenta basse perdite di trafilamento. Il parylene presenta

anche una scarsa permeabilità ai liquidi e ai gas ed un basso modulo di Young (3 GPa, 1/30 del silicio) che

gli permette di deformarsi elasticamente facilmente.

Le valvole a lembo possono essere di due tipologie: tipologia a mensola (cantilever type) o tipologia a ponte

(bridge type) come illustrato in Figura 58. Nel lavoro [21] sono riportate anche le caratteristiche tecniche

dell’attuatore utilizzato con queste valvole. Si tratta di un attuatore piezoelettrico (E=62 GPa) di 200 μm di

Figura 79. Q vs p [20]

Figura 78. Processo di fabbricazione [20]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

55

spessore, depositato su un diaframma di silicio (E=162 GPa) dello spessore di 80 μm. Gli spessori ed i

moduli di Young devono essere scelti in modo tale che il piano neutro degli sforzi si trovi nel punto di

interfaccia tra il PTZ ed il diaframma di compressione. Dal lavoro [21] si deduce che la deflessione

dell’attuatore è proporzianale alla sua lunghezza (intesa come uno dei lati dell’area di contatto del PTZ con il

diaframma) ed è inversamente proporzionale al suo spessore. Inoltre a parità di altre condizioni, un aumento

della tensione di alimentazioni comporta un aumento della deflessione del PTZ. Sempre a parità di altre

condizioni, un aumento dello spessore comporta un aumento della pressione esercitata dal diaframma. Per

quanto riguarda le valvole, si possono avere le valvole a mensola o a ponte. Quelle a mensola hanno una

forma rettangolare, un lato corto fisso alla struttura e l’altro libero di muoversi. La frequenza di risonanza

delle valvole a mensola è calcolabile mediante l’equazione (45), mentre la frequenza di risonanza delle

bridge valves è calcolabile mediante l’equazione (46).

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑐𝑎𝑛𝑡𝑖𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟 =1,8752

2𝜋𝐿2𝑙𝑒𝑛𝑔𝑡 𝑕 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒

𝐸 ∗ 𝐼

𝜌𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑒

(45)

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑏𝑟𝑖𝑑𝑔𝑒 =4,732

2𝜋𝐿𝑙𝑒𝑛𝑔𝑡 𝑕 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒2 ∗

𝐸 ∗ 𝐼

𝜌𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑒

(46)

Le bridge valves, a causa della loro struttura, sono quelle che presentano le maggiori perdite di pressione.

Nel lavoro [21] sono state studiate le perdite di pressione in funzione dei parametri progettuali. La funzione

ottenuta delle perdite di pressione al variare dei parametri progettuali è stata derivata una volta rispetto ad

una di queste variabili e posta uguale a 0 ricercandone il minimo. La funzione ottenuta, parametrizzata sulle

altre variabili, è rappresentata nella figura sottostante. Dunque nella scelta dei parametri geometrici, tale

grafico permette di ottenere una configuarzione che minimizza le perdite di pressione attraverso le valvole.

Osservando la Figura 58 si può notare il funzionamento dei due tipi di valvole. Sulle ordinate della Figura 80

è riportato il rapporto a/L. Tale valore è sempre minore di 1, cioè “a” è sempre minore di “L”. Quindi a parità

di altri parametri, scelto “a”, “L” deve essere molto maggiore di “a” ed il suo valore preciso viene letto dal

grafico. Ma lunghezze elevate comportano una riduzione della rigidezza della valvola e quindi un minore ∆p

ottenibile sul flusso. La scelta di “a” e “L” è quindi dovuta ad un trade off tra le perdite di pressione ed il ∆p

dsel flusso ottenibile all’interno del compressore. Valori tipici sono di circa a=150 μm e L=300 μm.

Per quanto riguarda le valvole a mensola, queste sono posizionate in senso opposto a seconda che siano di

aspirazione o di mandata. A seconda della direzione del flusso e della pressione esercitata, queste si aprono o

chiudono mantendo un lato fisso alla struttura. Per quanto riguarda le bridge valve, queste sono costituite da

una parte centrale a forma quadrata, dalle braccia mobili e dagli elementi a forma quadrata fissi alla struttura.

Figura 80. Parametri delle minime perdite di pressione[21]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

56

La parte centrale, durante il suo spostamento, va a chiudere o ad aprire i canali di aspirazione o di scarico in

cui passa il fluido. Anche in questo caso le valvole di aspirazione sono posizionate in senso opposto a quelle

di scarico. Quando il canale dedicato al passaggio del flusso è chiuso dalla parte centrale della valvola (di

aspirazione o di mandata), il flusso non può passare (in ingresso o in uscita). Durante l’apertura della valvola,

la parte centrale si allontana dal canale permettendo il passaggio del gas che fluisce tra la braccia che

collegano l’elemento centrale alle parti fisse delle valvola. Per la fabbricazione del PTZ applicato a sistemi

con valvole a mensola e a ponte non ci si addentra in modo dettagliato nel processo. Si tratta di processi di

etching su wafers di silicio alternati a trattamenti superficiali con materiali particolari. Vengono anche

applicati processi di incollaggio, infatti il PTZ deve essere depositato sulla membrana di silicio una volta che

su quest’ultima sono stati stampati gli elettrodi (“Top” and “bottom” electrode). In Figura 81 è riportata la

sequenza dei processi per la costruzione del diaframma di silicio e della base d’appoggio per il PTZ. Non si

entra nel dettaglio della descrizione del processo in quanto la lettura della figura fornisce già una spiegazione

sufficiente allo scopo della trattazione.

Figura 82. Fabbricazione delle valvole a mensola(sinistra) e delle valvole a ponte (destra) [21]

Figura 81. Fabbricazione della base d’appogio el PZT [21]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

57

Da questi processi si nota che la camera di compressione viene ottenuta da un wafer di silicio, mentre il

sistema di valvole viene ottenuto dalla giunzione di due wafer di silicio. Sempre dal lavoro [21] si può notare

come la portata volumetrica delle valvole a lembo aumenti all’aumentare della tensione di picco e

all’aumentare della frequenza operativa, come illustrato in Figura 83.

In Figura 84 nella pagina seguente è riportato l’andamento della portata volumetrica in funzione della

frequenza, parametrizzata sulla tensione di picco. Si può notare che le valvole a mensola hanno un

comportamento diverso dalla valvole a ponte. Si analizzano i vari tratti del grafico comparando il

comportamento delle due tipologie di valvole.

Nel segmento “A” (tipologia a mensola) e “X” (tipologia a ponte), in cui la frequenza varia tra i 10 Hz ed i

100 Hz , la portata aumenta linearmente con la frequenza. Nel segmento “B” la portata decresce, mentre nel

segmento “Y” questa rimane costante (sia “B” che “Y” si trovano nello stesso range di frequenza). La

riduzione di portata nel segmento “B” è dovuta al fatto che a tali frequnze le valvole non si aprono in fase

con il sistema e quindi si ha un calo di portata. Tale effetto lo si riscontra anche nel segmento “Y” ma in

modo meno marcato, infatti la portata rimane costante perché nelle bridge type non si verifica il ricircolo sul

lato opposto della valvola che ostacola il passaggio del flusso, come illustrato in Figura 85.

Nel segmento “C” come pure nel segmento “Z” si ha un aumento di portata perché si è raggiunta la frequenza

di risonanza delle valvole e quindi si ha una maggiore apertura di queste. Successivamente la portata

decresce bruscamente in quanto la frequenza operativa diventa maggiore della frequenza delle valvole, le

quali non riescono ad aprirsi con la stessa velocità di funzionamento del sistema. Nel segmento “D”, come

pure nel segmento “R”, si ha ancora un picco di portata, il più alto, perché si è raggiunta la frequenza di

risonanza dell’attuatore piezoelettrico. Nel segmento “E”, come pure nel segmento “S”, la frequenza è troppo

elevata e la portata descresce fino ad arrivare a valori anche negativi per le valvole a mensola oppure a zero

per le bridge valves. Sempre dalla Figura 84 si può notare come all’aumentare della tensione di picco

aumenti la portata. Sempre dal lavoro [21] si è trovato che per le valvole a mensola, una frequenza operativa

di 4000 Hz ed una tensione di picco di 120 V, permettono di mantenere la portata costante intorno ai 500

μl/min fino ad una contropressione (back pressure) massima di 2,5 kPa. Mentre per le bridge valves, una

frequenza operativa di 4000 Hz ed una tensione di picco di 120 V, permettono di avere una portata quasi

costante intorno ai 370 μl/min fino ad una back pressure massima di 2,5 kPa. Come mostrato dal grafico in

Figura 84, è possibile controllare la portata volumetrica regolando la frequenza.

Per concludere, le portate tipiche di funzionamento dei sistemi con le valvole a lembo sono di circa 700

μl/min. Come tutte le valvole passive statiche, le valvole a lembo non possono funzionare a frequenze troppo

elevate a causa della presenza di parti mobili che hanno una maggior inerzia. Le valvole a lembo presentano

gli stessi pregi e difetti delle valvole passive statiche già alencati nella descrizione dei sistemi bivalvole.

Nello studio [21] il fluido di lavoro è un liquido; non sono stati trovati in letteratura casi di applicazione ad

un gas.

Figura 83. Flusso alla mandata in funzione della tensione applicata [21]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

58

2.2.2.4 Attuatore piezoelettrico

Nel lavoro [22] vengono presentate le varie tipologie di attuatore piezoelettrico. Nel legare l’attuatore

piezoelettrico alla membrana di silicio si riscontrano dei problemi di allineamento, infatti si ricorda che un

corretto posizionamento dell’attuatore sulla membrana permette una distribuzione più uniforme degli sforzi

sulla membrana stessa. E’ richiesta quindi una notevole precisione durante la giunzione tra questi due

elementi, ciò comporta elevati tempi e costi di produzione. Al posto delle tecniche tradizionali di deposizione

dell’attuatore sulla membrana, ottenuta con la giunzione mediante un materiale legante, vengono proposte

altre tecniche innovative. Le possibili alternative alla tecnologia di fabbricazione tradizionale sono:

deposizione di un gel piezoelettrico sulla membrana;

physical vapour deposition (deposizione fisica di vapore);

screen printing & silicon micromachining (serigrafia e microlavorazioni al silicio)

Figura 85. Modello di flusso attraverso le valvole [21]

Figura 84. Flusso alla mandata in funzione della frequenza operativa [21]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

59

Le prime due soluzioni non vengono considerate in quanto non permettono di produrre attuatori con uno

spessore maggiore di 100 μm e quindi le prestazioni del sistema verrebbero penalizzate. Nel lavoro [22]

viene quindi scelto di utilizzare la tecnologia di screen printing (stampaggio di strati di materiale per creare

l’attuatore e gli elettrodi) abbinata alle tradizionali tecniche di lavorazione del silicio (silicon micromachining

per creare la membrana). La membrana, creata con i soliti processi standard di lavorazione del silicio, ha uno

spessore di 70 μm, ottenuta appunto mediante un etching con KOH su una maschera di Silicon Nitride. Una

volta terminato il processo si rimuove la maschera e si ricompre il wafer con uno stato di ossido (di solito

SiO2) dello spessore di 500 nm, avente la funzione di isolante elettrico tra la membrana e l’elettrodo.

Una volta formata la membrana e lo strato di isolante, sul lato opposto del wafer dove non c’è l’isolante si ha

la camera di compressione, formata dalla giunzione del wafer della membrana e dei wafers delle valvole.

Invece sul lato del wafer della membrana dove c’è l’isolante, si deve posizionare l’attuatore piezoelettrico.

L’attuatore piezoelettrico viene azionato dalla corrente alternata alimentata agli elettrodi, i quali si trovano

uno sotto (elettredo alla base: bottom electrode) ed uno sopra (elettrodo in testa: top electrode) all’attuare

piezoelettrico. Il processo di produzione consiste nei seguenti passaggi descritti in breve nel seguente elenco:

Stampaggio “Bottom electrode”. Avviene con lo stampaggio di uno strato ceramico metallico di

oro (cermet gold layer) sulla superficie di ossido che riveste la membrana. Lo spessore del cermet

gold layer è di 10 μm. Dopo lo stampaggio, questo strato viene essicato a 130 °C per 10 minuti e

successivvamente cotto a 950 °C. La superficie di questo strato deve essere molto maggiore

dell’estensione del diaframma, andando a depositarsi sullo strato di silicio che non costituisce il

diaframma. In questo modo si riducono gli stress sul diaframma, causati da un diverso coefficiente

di dilatazione termica tra il silicio del diaframma ed il cermet gold layer a contatto, distribuendo

parte dello sforzo al wafer di silicio.

Stampaggio dell’attuatore piezoelettrico. Avviene mediante due cicli di doppio stampaggio con

un inchiostro particolare, con successiva essicazione e cottura. In totale si realizzano 4 stampaggi. Il

materiale di stampaggio è un inchiostro costituito per il 95% da PTZ5H e per il 5% da “Lead

borosilicate”. Questi due componenti sono due polveri che agiscono da legante. Alla miscela da

stamapre viene aggiunto un composto organico avente la funzione di controllare la viscosità della

miscela in modo da renderla facilmente stampabile. Lo spessore dell’attuatore piezoelettrico

costiutito da piombo borosilicato titanato (lead borosilicate titanate) è di 100 μm.

Stampaggio del “Top electrode”. Avviene con lo stesso meccanismo del “Bottom electrode”, la

superficie di stampaggio deve essere solamente la testa dell’attuatore piezoelettrico. Infatti durante i

vari processi, lo strato di ossido isolante tra la membrana e il “Bottom electrode” diventa conduttivo,

quindi per poter chiudere il circuto tra gli elettrodi e l’attuatore, il “Top electrode” non deve essere a

contatto con il wafer di silicio.

L’ultimo step consiste nella polarizzazione dell’attuatore piezoelettrico mediante l’applicazione

di un campo elettrico di 3 MV/m alla temperatura di 130 °C per 4 ore. Alla fine del proceso,

l’attuatore ottenuto sarà in grado di deflettersi, in seguito all’applicazione della corrente alternata, di

1100 nm alla frequenza operativa di 100 Hz e di 1700 nm alla frequenza operativa di 3 kHz.

Nella Figura 86 è riportata una visione d’insieme del compresore. Si possono notare i due wafer si silicio che

costituiscono le valvole e la camera di compresione, il wafer che costituisce il diaframma, il “Bottom

electrode”, l’elemento piezoelettrico ed il “Top electrode” depositato sul PZT.

Figura 86. Attuatore ibrido [22]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

60

Un’ ultima considerazione riguarda la scelta dei materiali dello strato ossidante isolante e degli elettrodi. Il

parametro di merito che determina quale sia la soluzione migliore è la costante dielettrica del sistema

costituito dagli elettrodi e dal materiale piezoelettrico. Il materiale ossidante può essere:

Native oxidize surface.

SiO2 con uno spessore di 500 nm.

Si3N4 dello spessore di 160 nm su SiO2 dello spessore di 80 nm.

L’elettrodo può essere costitutio dai seguenti materiali:

Una resina di oro o platino. Permette di ottenere strati molto sottili, ma se depositata su 500 nm di

SiO2, l’elettrodo ha problemi di conduzione a causa della formazione di bolle che rimangono

intrappolate nel materiale durante la cottura.

Un cermet (materiale ceramico-metallico) di argento-palladio, oro o platino. Il cermet argento-

palladio è economico, garantisce buone performance se stampato su 500 nm di SiO2 o Native

oxidize surface. Il cermet gold viene di solito stampato su 500 nm di SiO2 ed ha una costante

dielettrica maggior del cermet argento-palladio. Il cermet platino invece ha una costante dielettrica

bassa.

Evaporated gold or platinum (uno strato ottenuto dall’evaporazione di oro o platino).

Evaporated gold viene stampato su 500 nm di SiO2 e presenta una costante dielettrica maggiore del

cermet argento-palladio. L’evaporated platinum viene stampato su 500 nm di SiO2 e presenta

anch’esso costanti dielettriche elevate.

La scelta è ricaduta sui materiali che presentano la costante dielettrica più elevata, qundi il cermet gold e

l’evaporated platinum, come mostrato in Figura 87. Gli elettrodi indicati in figura sono stati stampati su SiO2

e sono riportati i materiali di cui è costituito l’attuatore e l’elettrodo. E’ riportata la costante dielettrica e lo

spostamento del PTZ. Si può notare come gli elettrodi che possiedono la costante dielettrica più elevata

(costante dielettrica degli elettrodi e del materiale piezoelettrico) hanno anche spostamenti più elevati e

quindi esercitano una maggior forza sulla membrana, generando pressioni di esercizio più elevate. Alcuni

spostamenti indicati con x1 non sono misurabili. La costante dielettrica di un materiale è espressa in F/m

(Faraday su metro), ed esprime la capacità di un mezzo di lasciarsi attraversare da un campo elettrico senza

alterarne l’intensità.

In Figura 88 è riportato un confronto, a parità di alimentazione (tensione e frequenza), tra l’attuatore ibrido,

ottenuto con la tecnica screen printing più silicon micromachining, e l’attuatore tradizionale, ottenuto con la

giunzione dell’attuatore alla membrana di silicio rivestita di ossidante. Il confronto viene fatto in termini di

spostamento dell’attuatore, portata volumetrica e ∆p del flusso tra ingresso e uscita dal compressore.

Figura 88. Confronto tra attuatore standard e attuatore ibrido[22]

Figura 87. Stampaggio degli elettrodi su SiO2 [22]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

61

Le prestazioni dell’attuatore tradizionale sono maggiori di quelle dell’attuatore ibrido. Per l’attuatore

tradizionale gli spostamenti caratteristici sono di corca 1100-1700 nm, la portata volumetrica di 150 μl/min

ed il ∆p di 4 kPa. Le dimensioni caratteristiche sono di circa (6÷7 x 3÷3,25 x 0,1÷0,2) mm^3.

Le performance dell’attuatore ibrido sono di 1/6÷1/3 di quelle dell’attuatore trdizionale, ma questa riduzione

di rendimento può essere compensata da un processo di fabbricazione più economico.

2.2.3 Vantaggi e svantaggi di tale tecnologia

I vantaggi e gli svantaggi dei compressori piezoelettrici vengono elencati nel capitolo seguente dedicato alla

descrizione dei compressori elettrostatici, in modo da confrontare questa tecnologia con i compressori

elettrostatici. Infatti, data la differenza di dimensioni e le diverse applicazioni, non avrebbe senso confrontare

i compressori piezoelettrici con i compressori lineari o alternativi. Invece i compressori piezoelettrici ed

elettrostatici sono entrambi compressori a membrana, ma si differenziano per la tipologia di azionamentol

elettrico. Data la somoglianza, sia in termini di tecnologia sia in termini di dimensioni e quindi di

applicazioni, ha senso confrontare queste due tecnologie.

2.2.4 Applicazioni pratiche e parametri di funzionamento

La tecnologia appena descritta può essere in grado di utilizzare come fluido di lavoro un gas

(microcompressore) o un liquido (micropompa). Essendo sistemi di dimensioni molto ridotte, questi

compressori o micropompe trovano impiego nei settori in cui è richiesta una bassisima portata ed un

bassisismo salto di pressione. Le applicazioni più diffuse sono nei sistemi per le analisi chimiche, nel

stampanti a getto d’inchiostro e nei sistemi medici per pompare un fluido all’interno di condotti di

dimensioni molto ridotte. Nel lavoro [16] si è provato ad estendere l’applicazione di tale tecnologia al settore

microelettronico. Si è cercato di creare un microsistema di raffreddamento da applicare ai chip dei sensori ad

immagini infrarosse che operano alle frequenze dei terahertz. Il compressore piezoelettrico alimenta un

sistema di microrefrigerazione che sfrutta l’effetto Joule-Thomson come già descritto in precedenza.

Nella Tabella 5 sono riportati i parametri caratteristici e nella Tabella 6 vengono elencati i parametri

carattteristici di un compressore e di una pompa ad azionamento piezoelettrico con valvole passivedinamiche.

I parametri sono divisi a seconda del fluido di lavoro, liquido o gas, e quindi a seconda che si tratti di un

compressore o di una pompa. Nella Tabella 7 sono riportati i parametri caratteristici di un compressore

piezoelettrico costituito da valvole passive statiche e più precisamente da sistemi bivalvole. Nella Tabella 8

sono riportati i parametri caratteristici di una micropompa con valvole passive statiche del tipo valvole a

lembo.

Tabella 5. Compressore piezoelettrico per il ciclo di raffreddamento Joule-Thomson [16]

Grandezza Valore [u.m]

Ciclo

beta 16÷25

𝑉 0,15 cm^3/s

𝑇𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑛𝑔 = 𝑇𝑠𝑒𝑛𝑠𝑜𝑟 77 K

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 5 mW

𝑊 𝑒𝑙 ,𝑚𝑎𝑥 200 mW

Fluido di lavoro 𝑁2

Compressore

Corsa della membrana 28 mm

Volume spazzato 2 mm^3

Spessore della membrana 10 mm

Diametro della membrana 500 mm

Materiale della membrana Metalized polyamide

Materiale piezoelettrico Zirconium titanate

V totale compressore 2÷10 cm^3

𝑓𝑑𝑟𝑖𝑣𝑒 100 Hz

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

62

Tabella 6.Compressore piezoelettrico con valvole passive dinamiche [17], [18] e [19]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro Metanolo, acqua

𝑓𝑚𝑎𝑥 10 kHz

𝑓𝑟𝑒𝑠 3÷5 kHz

𝑉 𝑟𝑒𝑠 ,𝑧𝑒𝑟𝑜 𝑙𝑜𝑎𝑑 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑖𝑡𝑖𝑜𝑛𝑠 300÷480 μl/min

𝑃𝑅 𝑚𝑎𝑥 ,𝑟𝑒𝑠 4÷8 kPa

Corsa della membrana 45÷50 mm

Tensione di picco 50 V

Dimensioni della camera 10 x 10 x 0,4÷0,75 𝑚𝑚3 Spessore (t) 370 mm

Diametro delle valvole (d) 120÷170 mm

Angolo delle valvole (α ) 54,74°

Fluido di lavoro Aria

Larghezza della membrana 11 mm

Altezza della membrana 33 mm

Diametro delle valvole (d) 132 mm

Angolo delle valvole (α) 54,74°

𝑃𝑚𝑎𝑥 100 kPa

𝑓𝑟𝑒𝑠 12,1 kHz

𝑉 𝑟𝑒𝑠 ,𝑧𝑒𝑟𝑜 𝑙𝑜𝑎𝑑 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑖𝑡𝑖𝑜𝑛𝑠 7,5 ml/min

𝑃𝑅 𝑚𝑎𝑥 ,𝑟𝑒𝑠 2,8 kPa

Tabella 7. Sistemi bivalvole (Bivalvular system) [20]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro 𝑁2

Lunghezza delle valvole 0,1 mm

Spessore delle valvole 5 mm

Profondità delle valvole 50 mm

𝑉 𝑚𝑎𝑥 15-20 ml/min

𝑃𝑚𝑎𝑥 di tenuta 0,4÷0,6 bar

Tabella 8. Valvole a lembo (Flapper valves) [21]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro Liquido

Dimensioni delle valvole 13 x 13 x 1,2 mm^3

𝑉 𝑐𝑜𝑠𝑡 (𝑉𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜 = 120 𝑉; 𝑓 = 4 𝑘𝐻𝑧) 350÷400 μl/min

𝑃𝑅,𝑚𝑎𝑥 (𝑉𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜 = 120 𝑉; 𝑓 = 4 𝑘𝐻𝑧) 2,5 kPa

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑐𝑎𝑛𝑡𝑖𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒𝑠 500 Hz

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑏𝑟𝑖𝑑𝑔𝑒 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒𝑠 1000 Hz

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑒 6000 Hz

𝑉 𝑚𝑎𝑥 ,𝑐𝑎𝑛𝑡𝑖𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟 (𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑒 = 6000 𝐻𝑧) 430 μl/min

𝑉 𝑚𝑎𝑥 ,𝑏𝑟𝑖𝑑𝑔𝑒 (𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑚𝑒𝑚𝑏𝑟𝑎𝑛𝑒 = 6000 𝐻𝑧) 700 μl/min

Precedentemente si è detto che i sistemi con valvole passive dinamiche forniscono portate maggiori e salti di

pressione minori, invece i sistemi con valvole passive statiche tendono a fornire portate minori con salti di

pressione maggiori. Dai dati riportati nelle tabelle si nota che tale affermazione non è proprio vera, ma ciò

non significa che i concetti esposti nella parte teorica siano sbagliati, in quanto tali dati sono stati estrapolati

dagli articoli trovati in letteratura scritti da autori diversi. Non è quindi corretto confrontare i dati delle varie

tipologie di valvole, in quanto il confronto non è detto che sia a parità di dimensioni o di potenza in ingresso

al compressore. Tali dati sono stati riportati per fornire al lettore un’idea dell’ordine di grandezza delle

dimensioni di questa tecnologia e dei suo principali parametri di funzionamento.

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

63

2.3 Compressori elettrostatici

Si passa ora alla descrizione dei compressori ad azionamento elettrostatico. Tale tecnologia si basa sempre

sulla compressione di un gas mediante una membrana che fa da effetto pistone, attraverso la riduzione del

volume a disposizione del gas. Nei paragrafi seguenti vengono descritti i componenti di questa tecnologia, gli

aspetti tecnologici rilevanti, i vantaggi e gli svantaggi, le applicazioni pratiche ed i parametri caratterstici.

2.3.1 Descrizione dei componenti

Il compressore ad azionamento elettrostatico è costituito dai seguenti componenti:

camera di compressione;

membrana (spesso anche chiamata diaframma);

sistema di valvole;

sistema di azionamento elettrostatico;

impianto di raffreddamento nel quale è integrato.

A differenza di quanto fatto per le due precedenti tecnologie, non viene dedicato un paragrafo alla

descizione di ogni componente, ma si descrivono tutti i componenti in un unico paragrafo.

Come si può notare dalla Figura 89 e dalla Figura 90, la camera di compressione è costituita da una sfera

cava la cui superficie interna è rivestita da elettrodi metallici. La membrana è formata da un materiale

flessibile (materiale polimerico) la cui circonferenza è fissata alla cavità sferica. La membrana è rivestita

internamente su entrambe le semicavità dall’elettrodo metallico. I condotti di ingresso del gas nella camera di

compressione sono quelli indicati con la lettere “S” (aspirazione: suction) nella Figura 90. Mentre i condotti

di scarico, con al loro interno le valvole di scarico, sono quelli indicati con la lettera “D” (scarico: discharge).

La cavità sferica viene divisa dalla membrana in due camere di compressione. Come già detto, entrambi i lati

della membrana e tutta la superficie interna della sfera vengono rivestite da un materiale metallico che svolge

la funzione di elettrodo. Tramite una connessione elettrica tra l’elettrodo della cavità ed un generatore di

tensione ed un’altra connessione elettrica tra l’elettrodo della membrana e il generatore di tensione, è

possibile stabilire una differenza di potenziale tra l’elettrodo della cavità e l’elettrodo della membrana.

Questa differenza di potenziale genera un campo elettrostatico e quindi una forza di attrazione elettrostatica

tra la membrana e la cavità. Dato che l’unica parte mobile è la membrana, questa viene attratta sulla

superficiè della cavità comprimendo il gas intrappolato all’interno del volume tra la membrana ed una delle

Figura 90. Componenti della camera di compressione [25]

Figura 89. Schema del compressore [23]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

64

due cavità semisferiche. Ovviamente la forza elettrostatica deve vincere la forza di deformazione elastica

della membrana e la forza che il gas, grazie alla sua pressione, esercita sulla membrana in direzione opposta

al suo spostamento. La parte della membrana che per prima inizia a deformarsi è la parte più

circonferenziale, la quale verrà in contatto con l’elettrodo della cavità. Per evitare un corto circuito tra i due

elettrodi a contatto, entrambe le superfici (membrana e cavità) vengono rivestite di un materiale dielettrico.

Il gas intrappolato nel volume comrpeso tra membrana e cavità viene compresso al ridursi del suo volume a

disposizione e, raggiunta la pressione di scarico, si ha l’apertura delle valvole di scarico che permettono la

fuoriuscita del gas. Una volta uscito il gas, la differenza di tensione tra membrana e cavità fornita dal

generatore, viene spostata, agendo sulle connessioni elettriche, tra la membrana e la superficie dell’altra

cavità semisferica. In questo modo la membrana si muove nel senso opposto e quindi comprime il gas che si

trova nell’altra cavità. In questa tecnologia l’alimentazione avviene in corrente continua e non corrente

alternata, quindi il valore della tensione (una volta scelto in funzione delle prestazioni che si vogliono

ottenere) non varia. Variano gli elementi a cui tale tensione è applicata. Infatti spostando la differnza di

tensione esistente tra la membrana e la cavità semisferica, sulla superficie dell’altra cavità semisferica, si

genera un campo elettrostatico e quindi una forza di attrazione elettrostatica tra l’altra superficie della

membrana e l’altra cavità, permettendo quindi alla membrana di spostarsi verso quest’altra cavità,

comprimendo il gas al suo interno. Un aspetto importante da sottolineare è la fase di aspirazione. Come si

può notare dalla Figura 90, il diaframma in fase di riposo si trova in una posizione tale da permettere

l’ingresso del gas, proveniente dal condotto di aspirazione, in entrambe le due semisfere. Nel condotto di

aspirazione non sono presenti delle valvole perché, grazie alle due camere di compressione, il gas entra

continuamente nella cavità sferica.

Il fatto che la prima parte del diaframma ad entrare in contatto con la cavità sia quella più circonferenziale,

permette di creare un volume chiuso di compressione del gas (il volume tra la membrana e la cavità

interessata alla compressione). Per volume chiuso si intende un volume che, durante la fase di compressione,

non permette l’ingresso del gas. Mentra una cavità viene isolata dal condotto di aspirazione, per costruzione

geometrica, l’altra cavità è in grado di ricevere interamente il flusso di gas proveniente dal condotto di

aspirazione. Quindi mentre una camera si trova nella fase di comrpessione, l’altra si trova nella fase di

aspirazione. In Figura 91 è riportata una rappresentazione schematica del principio di funzionamento.

Figura 91. Principio di funzionamento [24]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

65

Questo compressore viene inserito all’interno di un ciclo frigorifero a vapore per il raffreddamento di

componenti elettronici. Tra le varie tecnologie di raffreddamento si è scelto il ciclo frigorifero perché

presenta i seguenti vantaggi:

permette di mantenere la temperatura del componente da raffreddare a valori bassi pur dissipando

un’elevata potenza termica;

maggior possibilità di ridurre le temperature operative e quindi le prestazioni del componente

elettronico.

Il ciclo frigorifero a vapore presenta però i seguenti svantaggi:

elevata complessità d’impianto ed elevati costi;

il volume totale del sistema è elevato e quindi più difficile da applicare nei sistemi elettronici

dove si ha la tendenza a ridurre le dimensioni dei componenti;

bassa affidabilità delle parti mobili (membrana).

Una rappresentazione schematica dell’impianto frigorifero è riportata nella Figura 92. Si può notare che la

potenza termica da asportare Q cooling proviene da un componente elettronico come la CPU. Non si entra nel

dettaglio della descrizione del ciclo frigorifero perché non è lo scopo di questo paragrafo.

2.3.2 Aspetti tecnologici rilevanti

In questo paragrafo viene spiegato il modello quasi statico utilizzato per determinare la tensione operativa del

compressore e vengono analizzati i parametri di progettazione del compressore ottimizzandone le prestazioni.

Vengono inoltre descritte anche le modifiche tecnologiche apportate ai tradizionali compressori elettrostatici.

2.3.2.1 Modello quasi statico

Per determinare la tensione operativa del compressore, nel lavoro [23] e [24] è stato proposto un modello

quasi statico. Prima di addentrarsi nella descrizione di tale modello è opportuno definire cosa sia la tensione

di “Pull-in”. Si definisce “Pull-in voltage” la minima tensione che deve essere applicata tra membrana e

cavità semisferica, per fare in modo che queste siano completamente in contatto.

Quindi la tensione di “Pull.in” corrisponde alla minima tensione necessaria a far funzionare il sistema. Il

modello quasi statico consiste in un bilancio di forze agenti sulla membrana: la forza elettrostatica, la forza di

deformazione elastica della membrana e la forza dovuta alla pressione del gas. Per prima cosa la cavità viene

segmentata e considerata come una serie di sgmenti piani e paralleli fra loro che si trovano a diverse distanze

dalla membrana. Queste distanze variano durante la fase di comrpessione.

Durante la fase di compressione, la membrana si avvicina prima ai segmenti della cavità più vicini ad essa e

quindi a quelli circonferenziali. Il modello quasi statico calcola la forza elettrostatica necessaria a portare in

contatto gli elementi più esterni del diaframma con la cavità, tale forza deve vincere la forza elastica e la

forza dovuta alla pressione. A ogni segmento si applica il bilancio tra queste forze. In seguito si ripete il

calcolo per i segmenti più interni. Ovviamente i risultati dei segmenti più interni dipendono dai risultati dei

Figura 93. Segmentazione della superfice della camera sferica [23]

Figura 92. Ciclo Rankine inverso [25]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

66

segmenti più esterni. Infatti, una volta che questi entrano in contatto con la membrana, cambia la pressione

come pure la distanza tra la membrana ed i segmenti ancora liberi.

Prima di riportare le equazioni del modello, si elencano le ipotesi su cui questo si basa:

𝜕

𝜕𝑡= 0 effetti dinamici trascurati, si considerano le trasformazioni quasi statiche;

si considera solo metà della cavità semisferica;

il modulo di Young (E) della membrana è costante ed uniforme, mentre si strascura il modulo di

Young del materiale dielettrico e degli elementi metallici dell’elettrodo;

le forze agiscono tutte perpendicolarmente alla membrana;

la compressione del gas è isoentropica;

l’apertura e la chiusura delle valvole è istantanea e durante queste fasi la pressione all’interno della

camera è costante;

si trascura il gas che viene intrappolato tra la membrana e la cavità quando queste sono in contatto;

si trascura l’attrito tra membrana e cavità come pure l’attrito del gas sulle pareti della membrana;

si ferma il calcolo quando il volume occupato dal gas compresso è pari all’1% della camera di

compressione.

Ogni segmento viene indicato con la lettera “i”, di seguito si riportano le equazioni utilizzate nel modello.

𝑝𝑒𝑟 𝑖 = 1: 𝑁 (𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑒𝑔𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖) (47)

𝐹𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 ,𝑖 = 𝐹𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 ,𝑖 + 𝐹𝑔𝑎𝑠 ,𝑖 (48)

𝐹𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 ,𝑖 = 𝐹𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 ,𝑖−1 + 𝑘𝑖 ∗ (𝑦𝑖 − 𝑦𝑖−1) (49)

𝑉𝑠𝑒𝑔 ,𝑖 = 𝐴𝑠𝑒𝑔 ,𝑖 ∗ 𝑦𝑖 (50)

𝑃𝑠𝑒𝑔 ,𝑖 = 𝑃𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 ∗ 𝑉𝑐𝑕𝑎𝑚𝑏𝑒𝑟

𝑉𝑐𝑕𝑎𝑚𝑏𝑒𝑟 − 𝑉𝑠𝑒𝑔 ,𝑖

𝛾

(51)

𝐹𝑔𝑎𝑠 ,𝑖 = 𝐴𝑠𝑒𝑔 ,𝑖 ∗ (𝑃𝑠𝑒𝑔 ,𝑖 − 𝑃𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 ) (52)

𝐹𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 ,𝑖 = 휀0

2∗

𝑉𝑖2 ∗ 𝐴𝑗

𝑡𝑑

𝑘𝑑+ 𝑦𝑗 − 𝑦𝑗−1

2

𝑁(𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑠𝑒𝑔𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 )

𝑗 =1

(53)

Sostituendo nell’equazione del bilancio di forze le espressioni di ogni forza riportate nelle precedenti

equazioni, è possibile determinare per ogni segmento il valore della tensione necessaria a portarlo in contatto

con la membrana (VPull −in ,i). Si ricorda che il calcolo deve partire dai segmenti più esterni, per simmetria del

problema, il calcolo viene effettuato solamente su metà della Figura 93. Il massimo tra questi valori

corrisponde alla tensione di funzionamento del sistema (VPull −in ). Si riportano nei seguenti grafici i risultati

ottenuti nel lavoro [23] e [24].

Figura 94. Tensione di Pull-in in funzione del raggio adimensionale [23]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

67

Dalla Figura 94 si può notare che la tensione necessaria a spostare i segmenti più interni del diaframma è

maggiore, infatti, al diminuire del raggio adimensionale (andando verso destra perché il verso dell’asse è

ribaltato) la tensione di pull-in aumenta. Una volta raggiunta la pressione di scarico, le valvole si aprono e la

tensione diminuisce. Quindi si può ipotizzare che, se la tensione diminuisce, significa che diminuisce di

molto la forza resistente data dalla somma della forza elastica e di pressione. Inoltre osservando la Figura 95,

si vede che al momento dell’apertura delle valvole la pressione rimane costante come nelle ipotesi. Quindi

una riduzione nella forza resistente che porta alla riduzione della tensione di pull-in, può essere spiegata da

una riduzione della forza elastica o della forza di pressione.

Analizzando la Figura 96 si può notare che, dopo l’apertura delle valvole, la forza di pressione diminuisce a

causa della riduzione dell’area della membrana sulla quale si applicano le forze, mentre la pressione rimane

costante, come mostrato nella Figura 95. Invece la forza elastica tende ad aumentare. Se si analizza la

formula della forza elastica, si può dire che all’apertura delle valvole la distanza tra i segmenti della

membrana e la cavità diminuisce, e quindi la forza elastica dovrebbe diminuire. In realtà la forza elastica

cresce molto a causa di un aumento della costante elastica K della membrana, la quale cresce più rapidamente

della diminuzione di distanza. Si deduce che la forza dovuta alla pressione prevale sempre sulla forza

elastica, quindi la forza resistente, che determina il valore della tensione di pull-in, è influenzata quasi

completamente dalla pressione. Sempre dalla Figura 96 si può notare come il valore della forza elettrostatica

segua l’andamento della tensione di pull-in della Figura 94.

Dalla Figura 97 si può notare come, all’aumentare dello spessore del diaframma, serve una maggior tensione

di pull-in per ottenere il ∆p richiesto. Tali previsioni sono state confrontate con alcuni lavori precedenti e si è

riscontrato che permettono di determinare in modo più preciso la tensione grazie ad un maggior numero di

segmenti utilizzati. In Figura 98 è riportato l’andamento del ∆p in funzione della tensione applicata.

All’aumentare della tensione, aumenta il salto di pressione fino all’apertura delle valvole per poi rimanere

costante. A parità di altre condizioni e di parametri progettuali, più è elevata la pressione di ingresso del gas

nel compressore e minore è il salto di pressione che si può fornire al gas a pari tensione. In Figura 99 è

riportata la tensione di pull-in in funzione del numero di segmenti utilizzati. Più è elevato il numero di

segmenti e più dispendioso è il calcolo, ma più stabile è il valore della tensione.

Figura 96. Forze in gioco in funzione del

raggio adimensionale [24]

Figura 95. Pressione in funzione del raggio

adimensionale [24]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

68

2.3.2.2 Parametri di progettazione

E’ ora possibile concentrarsi sullo studio dei principali parametri di progettazione. Si riporta l’analisi fatta nel

lavoro [25] sul ∆p ottenibile dal compressore, sulla portata volumetrica V e sulla VPull −in in funzione del

raggio della membrana. Come prima considerazione si afferma che la massima tensione di pull-in applicabile

dipende dalle proprietà del materiale dielettrico, mentre il massimo ∆p ottenibile dipende dalla geometria del

compressore e dalle proprietà della membrana.

Come si può notare dall’equazione (54), il salto di pressione è proporzionale al raggio del diaframma, allo

spessore, al modulo di Young, al coefficiente di Poisson ed allo sforzo iniziale. Durante la deformazione

elastica del diaframma non si deve superare il limite di deformazione plastica, di conseguenza i parametri

progettuali devono essere scelti considerando tale fattore. Dal lavoro [25] e dalla Figura 100 si può affermare

che, a parità di altre condizioni, il ∆P è inversamente proporzionale al quadrato del raggio del diaframma.

Fissato il raggio del diaframma, all’aumentare del suo spessore aumenta il salto di pressione ottenibile.

∆𝑃 ∝ 𝑅; 𝑡; 𝐸; 𝜈; 𝜍𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑎𝑝 𝑕𝑟𝑎𝑔𝑚 (54)

Δ𝑃 ∝1

𝑅2 (55)

Figura 99. Tensione in funzione del numero di segmenti [23]

Figura 98. Salto di pressione in funzione della

tensione applicata e della pressione di

ingresso[24]

Figura 97. Tensione di Pull-in in funzione del salto

di pressione e dello spessore del diaframma [23]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

69

La portata volumetrica può essere espressa mediante l’equazione (56), mentre il volume della camera di

compressione mediante l’equazione (57), dove Y è la profondità massima della camera di compressione, R è

il raggio del diaframma, r è la variabile raggio e y( r ) è l’equazione adimensionale del profilo della camera di

compressione. Inoltre si definisce Aspect ratio il rapporto tra il raggio del diaframma e la massima profondità

della camera di compressione. Dalle equazioni si può concludere che la portata volumetrica è proporzionale

al cubo del raggio.

𝑉 = 𝑉𝑐𝑕𝑎𝑚𝑏𝑒𝑟 ∗ 𝑓 ∗ 휂𝑣𝑜𝑙 (56)

𝑉𝑐𝑕𝑎𝑚𝑏𝑒𝑟 = 4𝜋𝑅2𝑌 𝑟 ∗ 𝑦 𝑟 𝑑𝑟1

0

(57)

𝐴𝑅 =𝑅

𝑌 (58)

𝑉 ∝ 𝑅3 (59)

Dal lavoro [25] si estrae quindi la dipendenza del ∆p e della V dal raggio e che ∆p e V sono tra loro

indipendenti. In Figura 101 si può notare l’andamento descritto in precedenza, mentre in Figura 102 è

riportata la portata volumetrica per diversi valori di ∆p; questo andamento è determinato dalla variazione del

raggio che fa cambiare entrambe le variabili. Visto che queste due grandezze variano in modo molto diverso

Figura 102. Portata volumetrica in funzione

del raggio [25]

Figura 101. Salto di pressione e portata volumetrica

in funzione del raggio [25]

Figura 100. Salto di pressione in funzione del raggio [25]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

70

con il raggio, è necessario determinare quale sia il diametro ottimale rispetto ad un parametro di merito del

compressore. Come parametro di merito si sceglie la potenza spesa per la compressione, data dall’equazione

(60). La dipendenza della potenza del compressore dal raggio rientra nel ∆P, che appunto dipende dal raggio.

Come si può notare dalla Figura 103, esiste un minimo per la potenza spesa durante la compressione pari a

30,1 mW ad un raggio di 8,5 mm. Un altro parametro di merito è la tensione di Pull-in in funzione del raggio,

per poi calcolare la potenza elettrica spesa. Dal lavoro [25] si riporta la relazione di proporzionalità tra la

tensione in corrente continua e il ∆P mediante l’equazione (62).

𝑊 𝑐𝑜𝑚𝑝 =

𝑛 ∗ 𝑣𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛∗ ∗ 𝑉 ∗ 𝑅𝑔𝑎𝑠 ∗ 𝑇𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛

𝑛 − 1∗ 1 −

𝑃𝑑𝑖𝑠𝑐 𝑕𝑎𝑟𝑔𝑒

𝑃𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛

𝑛−1𝑛

(60)

𝑃𝑑𝑖𝑠𝑐 𝑕𝑎𝑟𝑔𝑒 = 𝑃𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 + ∆𝑃 (61)

𝐷𝐶 ∝𝑌

𝑅∗ ∆𝑃 (62)

Per DC si intende la tensione in corrente continua (Direct current voltage). Come riportato in Figura 104,

esiste anche un minimo per un raggio di 9,5 mm, a cui corrisponde una tensione di Pull-in di 387,7 V pari ad

una potenza di 31,8 mW. Tra i due raggi si sceglie quello che porta ad una minor potenza consumata e

quindi il raggio che minimizza la potenza di compressione. Queste ottimizzazioni sono state fatte con il

fluido di lavoro R134a.

2.3.2.3 Modifiche tecnologiche

Si riporta ora una tecnologia che si basa sempre sull’azionamento elettrostatico ma che presenta un

funzionamento leggermente differente dai compressori appena descritti. Si tratta dei compressori a doppio

diaframma (dual diaphragm pump), ovvero compressori costituiti sempre da una cavità sferica con al suo

interno due diaframmi. Esiste quindi una connessione elettrica in più in modo da collegare il generatore al

secondo diaframma.

In Figura 105 è riportata una vista in sezione. Non sono presenti valvole, né di aspirazione né di scarico. Su

entrambi i diaframmi ci sono dei fori, per permettere il passaggio del gas, non coincidenti con i fori dell’altro

Figura 105. Compressore a due diaframmi [26]

Figura 104. Tensione di Pull-in in funzione del

raggio [25]

Figura 103. Lavoro di compressione in funzione

del raggio [25]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

71

diaframma. Inoltre per entrambe le membrane i fori non sono coincidenti con i condotti di aspirazione e di

scarico. Le pressioni nei canali di aspirazione e scarico sono imposte dal ciclo esterno e le tre connessioni

elettriche permettono di spostare i due diaframmi facendoli interagire fra loro o con le superfici interne della

cavità. In questa tecnologia gli elettrodi sono depositati per evaporazione, mentre il materiale dielettrico

mediante una tecnica detta Ion beam spattering. Il materiale dei diaframmi è il Kapton metallizzato.Il

processo di fabbricazione è semplice e affidabile. Profili della camera di compressione larghi e profondi

permettono di ottenere elevate portate volumetriche, mentre profili meno profondi e diaframmi più spessi

permettono di avere più elevati ∆p, come citato nel lavoro [26]. In Figura 106 sono rappresentate le tre fasi di

funzionamento del compressore a doppio diaframma (DDP). Nella fase 3a i diaframmi sono in contatto tra

loro e si trovano nella parte inferiore della cavità, chiudendo il condotto di aspirazione.

Successivamente agendo sulla tensione, nella fase 1 entrambi i diaframmi salgono fino a raggiungere la parte

superiore della cavità, chiudendo il condotto di scarico (1a). Nel frattempo il fluido entra dal condotto di

aspirazione occupando il volume compreso tra la parte inferiore della cavità ed i due diaframmi.

Nella fase 2, agendo sempre sulla tensione, il diaframma inferiore scende verso la parte inferiore della cavità,

staccandosi dal diaframma superiore che rimane fermo tenendo chiuso il condotto di scarico. Il gas entrato

nella camera durante la fase 1 e 1a e quello che continua ad entrare dal condotto di aspirazione passando

attraverso i fori del diaframma inferiore, occupa il volume compreso tra i due diaframmi.

Nella fase 2a il diaframma inferiore raggiunge la parte inferiore della cavità chiudendo il condotto di

aspirazione. Nella fase 3, agendo sempre sulla tensione, il diaframma superiore scende. Visto che le pressioni

dei condotti di aspirazione e di scarico sono costanti perché imposte dal ciclo, la pressione nel condotto di

scarico è maggiore della pressione del gas che si trova nella camera durante la fase 2a. Infatti questo gas non

è stato sottoposto a nessun processo di compressione fino ad ora, ha solo subito delle perdite di carico nel

passare attraverso i fori del diaframma inferiore. Quindi nella fase 3 si potrebbe pensare che, il gas a

pressione maggiore nel condotto di scarico, passi attraverso i fori del diaframma superiore creando una specie

di riflusso. Ma in realtà ciò non avviene grazie alla tensione applicata al diaframma superiore, la quale

permette di vincere la differenza di pressioni agendo in senso opposto. Il diaframma, scendendo, comprime il

gas che si trova tra i due diaframmi fino a quando la pressione è maggiore o uguale a quella del condotto di

scarico; in questo modo il gas riesce a passare tra i fori del diaframma superiore ed essere mandato

all’impianto.

La potenza da una pompa o compressore di questa tecnologia è proporzionale alla frequenza e al quadrato

della tensione. Il fluido di lavoro utilizzato è l’aria.

Per concludere, questa tecnologia presenta una bassa affidabilità dell’attuatore elettrostatico a causa dei

numerosi contatti elettrici, mentre presenta un’elevata affidabilità nei materiali, nella struttura e nel

funzionamento di tutti gli altri componenti. Non si riportano i parametri caratteristici né tantomeno il suo

confronto con altre tipologie di compressori perché si tratta di una tecnologia minore.

Figura 106. Fasi operative del compressore a due diaframmi [26]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

72

2.3.3 Vantaggi e svantaggi di tale tecnologia

Visto che i compressori elettrostatici sono dei compressori a membrana come i compressori piezoelettrici e

che si differenziano da questi ultimi solo per la tipologia di attuatore, si elencano i vantaggi e gli svantaggi di

queste due tipologie di compressori. I vantaggi di tale tecnologia consistono nel fatto che può essere integrata

nei cicli frigoriferi che, come già visto, sono molto promettenti per il raffreddamento di componenti

elettronici. Per essere integrati in un ciclo frigorifero non basta però un singolo compressore, ma una matrice

di più compressori come mostrato in seguito. Invece i compressori piezoelettrici non sono integrati in un

ciclo frigorifero, ma sono integrati in un ciclo Joule-Thomson in grado di asportare potenze termiche molto

minori.

Come mostrato in seguito nella sezione dedicata alle applicazioni pratiche e i parametri caratteristici dei

compressori elettrostatici, questi sono stati pensati per asportare potenze termiche dell’ordine degli 80-200

W, ad esempio la potenza termica dissipata dalla CPU di un computer, quindi rispecchiano il caso di

interesse. Per i compressori piezoelettrici, in letteratura sono state trovate applicazioni su componenti molto

più piccoli della CPU. Sia per i compressori piezoelettrici che per i compressori elettrostatici, le tecnologie di

fabbricazione sono complesse e costose, quindi si deve lavorare per ottimizzare i processi di produzione e

abbattere i costi e per migliorare l’affidabilità di alcuni componenti del compressore. Nonostante ciò, da

quanto trovato in letteratura, la tecnologia dei compressori piezoelettrici è sempre più collaudata di quella dei

compressori elettrostatici, quest’ultima è ancora in fase di studio e di prove in laboratorio più che di

produzione vera e propria.

La sequenza di compressori elettrostatici, come tutti gli elementi di un impianto posti in serie, porta a una

riduzione dell’affidabilità complessiva del sistema, ma questo è l’unico modo per ottenere i salti di pressione

desiderati. Queste due tecnologie hanno però il vantaggio di occupare un volume molto ridotto e quindi di

essere poste all’interno di un computer. I compressori piezoelettrici non hanno problemi di dimensioni ma

non sono in grado di fornire le portate e i salti di pressione desiderati; mentre i compressori elettrostatici,

come mostrato in seguito, sono in grado di soddisfare entrambe le richieste.

2.3.4 Applicazioni pratiche e parametri di funzionamento

La tecnologia dei compressori elettrostatici con un singolo diaframma trova applicazione negli stessi settori

dei compressori piezoelettrici, recentemente si è tentato di applicare tale tecnologia al raffreddamento di

componenti elettronici come la CPU di un computer. L’impianto di raffreddamento è costituito da un ciclo

frigorifero, ma per le potenze da asportare, il singolo compressore integrato nel ciclo, non è in grado di

fornire la portata volumetrica ed il salto di pressione richiesto.

Si è allora pensato di costruire una matrice di compressori in serie e in parallelo. I compressori in serie

servono a fornire il ∆p richiesto, infatti la pressione di scarico di un compressore coincide con quella di

aspirazione del successivo. Nel modello proposto dal lavoro [25] vengono trascurate le perdite di carico nei

tubi di collegamento tra un compressore e l’altro. Si ipotizza inoltre che il ∆p sia uguale per tutti i

compressori, quindi se anche le dimensioni sono uguali, i compressori che lavorano a pressioni di ingresso

più elevate devono essere alimentati con una tensione maggiore per fornire lo stesso ∆p, come mostrato nella

Figura 98. Per raggiungere la portata richiesta servono invece dei compressori in parallelo. Si hanno quindi

delle sequenze di compressori in serie per ottenere il ∆p richiesto che a loro volta sono in parallelo con altre

sequenze di compressori. Il sistema finale è una matrice 2D di compressori, in alcune applicazioni si possono

avere anche matrici 3D. Indicando con M i compressori in serie, con N le file di compressori in parallelo, con

∆pi il salto di pressione fornito dal singolo compressore e V i la portata fornita dalla sequenza di compressori

in serie, si ottiene il ∆p totale e la portata totale mediante le equazioni (63)e (64). Il volume di una singola

unità di compressione può essere calcolato mediante l’equazione (65), mentre il volume totale della matrice

2D con l’equazione (66).

∆𝑝𝑡𝑜𝑡 = 𝑀 ∗ ∆𝑝𝑖 (63)

𝑉 𝑡𝑜𝑡 = 𝑁 ∗ 𝑉

𝑖 (64)

𝑉𝑜𝑙𝑢 = 3 ∗ 𝑅 ∗ 3 ∗ 𝑅 ∗ 4 ∗ 𝑌 = 36 ∗ 𝑅2 ∗ 𝑌 (65)

𝑉𝑡𝑜𝑡 = 𝑉𝑜𝑙𝑢 ∗ 𝑀 ∗ 𝑁 (66)

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

73

Nella Figura 107 sono riportate le dimensioni di un compressore mentre in Figura 108 sono riportati i

parametri caratteristici del ciclo frigorifero. La potenza asportata è di 80 W e la temperatura di evaporazione

di 20 °C, quindi si suppone che la temperatura della CPU sia compresa tra i 20 e 30 °C. Si può notare che

l’efficienza isoentropica globale del compressore è intorno al 65% e quindi molto minore dell’efficienza dei

compressori lineari. Nella Figura 109 sono riportati i salti di pressione e le portate che deve fornire il sistema.

I fluidi di lavoro sono R134a, R236fa e R245fa, i ∆p variano dagli 80-320 kPa circa, quindi da circa 0,8 a 3,2

bar. Le portate richieste sono dell’ordine di 1÷4 l/min.

In Figura 110 sono riportati i parametri geometrici del compressore per una frequenza di funzionamento di 90

Hz. In Figura 111 sono riportati i parametri del compressore, ottimizzati secondo la teoria esposta in

precedenza a partire dai dati della Figura 110, cioè minimizzando la potenza spesa per la compressione. Le

portate tipiche sono di circa 0.1 l/min per ogni compressore e la tensione richiesta di 387 V, mentre il

massimo ∆p è di circa 35 kPa. Il ∆p e la portata volumetrica, una volta scelto il raggio ottimale, possono

essere letti dalla Figura 101. In Figura 112 sono riportate le varie metrici di compressori ed il totale delle

unità varia da circa 100 a 170. Il volume totale occupato deve essere minore di 32 cm^3 e un’idea pratica

delle dimensioni in gioco è fornita dalla figura Figura 113.

Figura 109. Parametri operativi [25]

Figura 108. Parametri del ciclo [25]

Figura 107. Dimensioni del compressore [25]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

74

Figura 113. Volume esterno della matrice [25]

Figura 112. Matrice di compressori [25]

Figura 111. Parametri ottimali [25]

Figura 110. Parametri del compressore [25]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

75

Queste dimensioni permettono l’applicazione di matrici di compressori all’interno di un computer e si

riferiscono solo al sistema di compressione, non vengono riportate le dimensioni degli altri componenti

dell’impianto perché non sono ancora stati studiati nel dettaglio.

Nei prossimi paragrafi vengono affrontate delle tecnologie di compressione integrate in impianti di

raffreddamento diversi dal ciclo Rankine inverso e che pertanto non vengono applicate nell’ impianto di

raffreddamento della CPU della presente trattazione. Per completezza informativa vengono riportate le

tecnologie trovate in letteratura. Spesso la descrizione della tecnologia di compressione viene abbinata alla

descrizione dell’impianto di raffreddamento nel quale è integrata, oppure la descrizione dell’impianto di

raffreddamento può essere più dettagliata della descrizione del compressore, perché la pura tecnologia di

compressione potrebbe essere già stata descritta nei paragrafi precedenti oppure fa parte di un argomento

ampiamente trattato in altri testi o corsi universitari (ad esempio i compressori centrifughi in corsi di

turbomacchine) non essendo questa la sede di una trattazione specifica di tali tecnologie.

Nonostante si faccia una descrizione integrata del sistema di raffreddamento e della tecnologia di

compressione, si cerca di mantenere sempre una certa struttura logica nell’affrontare ogni paragrafo: prima

una descrizione generale dell’impianto e dei componenti, poi un’analisi dei principali parametri operativi o di

progettazione ed infine un elenco di parametri tecnici e delle prestazioni dell’impianto.

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

76

2.4 Ciclo Joule-Brayton inverso

I compressori centrifughi vengono applicati su piccola scala nei sistemi di raffreddamento all’interno del

ciclo inverso Joule.Brayton. Quindi, prima di parlare della tecnologia di compressione, si descrive

brevemente il ciclo inverso Joule-Brayton indicando i suo componenti, senza entrare nel dettaglio della

descrizione di ognuno di essi, i principali parametri operativi e le sue potenzialità.

2.4.1 Descrizione del ciclo e dell’impianto

Le potenze termiche asportate dall’impianto sono modeste, molto minori di quelle di un ciclo Rankine

inverso, si è deciso di riportare tale tecnologia per completezza informativa anche se trova impiego in

applicazioni diverse dall’ambito di interesse della presente trattazione. Come riportato nel lavoro [27], le

principali caratteristiche che deve avere questo ciclo sono: affidabilità, vita utile elevata, semplicità e

robustezza, basso peso, elevata efficienza termodinamica, basse vibrazioni, flessibilità nell’applicazione ad

un componente ed integrabilità. In Figura 114 è riportato uno schema di impianto di questo ciclo.

Figura 115. Diagramma T-s [28]

Figura 114. Ciclo inverso Joule-Brayton [28]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

77

Questo ciclo è applicato in sistemi che funzionano a temperature operative bassissime (minori di 100 K),

quindi il fluido di lavoro deve essere allo stato gassoso a tali temperature. I fluidi utilizzati sono l’elio o il

neon. Si riportano in Figura 115 le trasformazioni nel piano T-s che avvengono nell’impianto.

Partendo dal punto 1, il fluido di lavoro entra nello scambiatore di calore che va da interfacciarsi tra il ciclo

di raffreddamento ed il componente da raffreddare. Quindi il fluido si riscalda asportando potenza termica dal

componente da raffreddare e in seguito entra nel rigeneratore, in questo modo si preriscalda prima di entrare

nel compressore ,recuperando l’energia del gas caldo in uscita sempre dal compressore. Il fluido uscito dal

rigeneratore al punto 3, entra nel compressore centrifugo, dotato di un singolo stadio, per poi uscire al punto

4 con una pressione maggiore. Il gas caldo, che si trova alla massima temperatura del ciclo, prima cede un

po’ di potenza termica all’ambiente attraverso uno scambiatore di calore e, successivamente, entra nel

rigeneratore in modo da recuperare parte dell’energia spesa con la compressione. Una volta uscito dal

rigeneratore, il fluido entra nella turbina centripeta e viene espanso fino alla pressione minima del ciclo per

poi rientrare nello scambiatore di calore al punto 1. Prima di procedere ad analizzare i parametri operativi del

ciclo, è importante fare alcune considerazioni. Il compressore e la turbina sono entrambe macchine radiali ad

uno stadio, infatti le ridotte dimensioni permettono di avere portate volumetriche molto ridotte e quindi,

fissato il salto entalpico isoentropico sulla turbomacchina, la velocità angolare specifica di rotazione sarà

bassa. Dal diagramma di Cordier riportato nei testi di turbomacchine, si può notare come il campo di

funzionamento ottimale per velocità specifiche così basse sia il campo radiale. Inoltre avendo una portata

molto ridotta, per non avere velocità specifiche troppo basse, si deve avere una velocità di rotazione della

macchina molto elevata (100000 RPM).

La scelta di avere un singolo stadio di compressione con un rigeneratore operando a temperature massime

piuttosto basse, deriva dal confronto con un’altra alternativa, cioè quella di avere più stadi di compressione

senza rigeneratore operando a temperature massime elevate. In letteratura non si è trovato nessun confronto

tra le due alternative, ma in analogia a quanto studiato nel settore delle microturbine a gas, il cui ciclo

termodinamico è quello diretto, si può dedurre che la costruzione su piccola scala di un compressore

multistadio comporterebbe complicazioni impiantistiche notevoli. Risulta quindi conveniente operare a

rapporti di compressione bassi e quindi a temperature massime del ciclo più basse, utilizzando un

rigeneratore per aumentare l’efficienza del sistema. Il compressore è azionato da un motore elettrico trifase in

corrente alternata ad elevata efficienza. La turbina è invece collegata ad un alternatore trifase che genera

corrente, la quale viene generalmente dissipata in ambiente mediante una resistenza elettrica, come riportato

nella Figura 116. Queste turbomacchine hanno una elevata affidabilità grazie alla presenza di una sola parte

mobile data dal rotore collegato all’albero. Se la parte mobile è rotante, la sua affidabilità è maggiore di una

parte mobile oscillante, perché a parità di potenza, le elevate velocità di rotazione in gioco consentono di

avere una bassa coppia sugli elementi rotanti e quindi di ridurre anche la massa rotante, riducendo i rischi di

rottura.

Da quanto riportato nel lavoro [27], nelle turbomacchine vengono applicati dei cuscinetti a gas che

garantiscono minori sforzi, minori vibrazioni ed evitano l’applicazione di misure di contro bilanciamento

sulle spinte generate dalle turbomacchine, inoltre il sistema elettronico di controllo ha un’elevata affidabilità.

L’applicazione delle turbomacchine su taglie così ridotte determina un abbattimento notevole della loro

efficienza, in quanto gli effetti viscosi e gli effetti dimensionali diventano importanti e non più trascurabili

come sulla grande taglia (come riportato nella teoria della similitudine nei testi di turbomacchine). Oltre alla

diminuzione del rendimento fluidodinamico delle turbomacchine, esiste anche un altro limite.

Infatti le turbine a gas di dimensioni elevate presentano un rendimento maggiore di quello dei compressori, al

contrario, nelle scale ridotte il limite principale nel raggiungere rendimenti elevati è dovuto ad un limite

tecnologico. Il processo di fabbricazione di turbomacchine di queste dimensioni non permette di avere profili

Figura 116. Schema d’impianto del ciclo inverso Joule-Brayton [27]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

78

di pala in grado di raggiungere elevati rendimenti. Questo limite esiste sia per i compressori che per le

turbine, quindi, come riportato nel lavoro [28], si assume lo stesso rendimento per compressori e turbine.

Inoltre questi due elementi sono disaccoppiati e ciò permette una maggior facilità nel gestire l’impianto

durante l’avviamento. Dal diagramma T-s si può notare che la temperatura dei gas nel rigeneratore varia

molto, ciò permette di raggiungere elevate temperature massime del ciclo, ma comporta una maggior

difficoltà di progettazione. Nella progettazione dell’impianto si deve massimizzare l’efficienza di ogni

componente, la quale è funzione delle dimensioni, dei materiali impiegati e dei parametri progettuali e

operativi.

2.4.2 Aspetti tecnologici rilevanti

Si possono ora analizzare i principali parametri operativi. Il COP è funzione delle variabili [28] riportate

nell’equazione (68), mentre i termini T1, P1 e T4 corrispondono rispettivamente alla temperatura e pressione

del gas in uscita dalla turbina ed alla temperatura di uscita dal compressore, inoltre 휂𝑐𝑜𝑚𝑝 e 휂𝑡𝑢𝑟𝑏𝑖𝑛𝑎 sono i

rendimenti fluidodinamici del compressore e della turbina. Il ∆T è la differenza tra le temperature nella

sezione di uscita del rigeneratore, secondo il verso dei gas caldi (𝑇6 − 𝑇3), e β è il rapporto di compressione

del ciclo. Prima di addentrarsi nell’analisi del COP, si riporta nell’equazione (68) il COP di Carnot di tale

ciclo.

𝐶𝑂𝑃 = 𝑓(𝑇1 , 𝑃1 , 𝑇4 , 휂𝑐𝑜𝑚𝑝 ,휂𝑡𝑢𝑟𝑏𝑖𝑛𝑎 , ∆𝑇, 𝛽) (67)

𝐶𝑂𝑃𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 =𝑇1

𝑇4 − 𝑇1

(68)

Nel lavoro [28] per ognuna delle variabili da cui il COP dipende è stato analizzato il suo andamento a parità

di altri fattori. Si riportano brevemente le conclusioni di tale lavoro:

il COP varia poco al variare della pressione di uscita dalla turbina;

il COP dipende poco dalla temperatura massima, mentre cresce linearmente all’aumentare della

temperatura minima;

il COP cresce linearmente all’aumentare del β per valori di β≥0,2, mentre cresce rapidamente

all’aumentare del β fino a valori minori di 0,2;

il COP decresce linearmente all’aumentare del ∆T;

il COP aumenta all’aumentare dell’efficienza delle turbomacchine.

Oltre al COP, anche i coefficienti di scambio termico degli scambiatori devono essere elevati, per questo si

pone brevemente l’attenzione sul rigeneratore mediante l’equazione (69). L’efficienza del rigeneratore è il

rapporto tra la potenza termica scambiata tra i due fluidi e quella massima scambiabile. Per dimensioni così

ridotte si riesce ad ottenere, grazie a particolari tecnologie di fabbricazione, un rigeneratore con elevata

efficacia pari a 0,9898.

휀𝑟𝑖𝑔 =𝑄

𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏

𝑄 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏 ,𝑚𝑎𝑥

= 1 −∆𝑇

𝑇5 − 𝑇6

(69)

Figura 118. COP in funzione del delta T [28]

Figura 117. COP in funzione del beta [28]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

79

2.4.3 Applicazioni pratiche e parametri caratteristici

Il ciclo inverso Joule_Brayton viene applicato come impianto di raffreddamento per applicazioni

aerospaziali. Si riportano i principali parametri operativi del ciclo in Tabella 9. Per T cooling e Q cooling si

intendono la temperatura e la potenza termica asportata dal componente da raffreddare; si può notare come

quest’ultima sia molto inferiore a quella raggiungibile con il ciclo Rankine inverso. In tabella è anche

riportata la dimensione caratteristica dell’intero sistema di raffreddamento; tale grandezza, che può essere un

diametro o una lunghezza, è di 7.5 cm.

L’integrazione di più unità permetterebbe di raggiungere potenze termiche di raffreddamento dell’ordine di

250 W con una maggior flessibilità del sistema e quindi con una maggior affidabilità, ma le dimensioni

sarebbero troppo elevate.

Tabella 9. Parametri del ciclo inverso Joule-Brayton [28]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro Neon o Elio

T min 80 K

P min 1 bar

T max 310 K

η comp 0,78

η turb 0,78

∆T 1,5 K

β 1,7

T di refrigerazione <80 K

T massima del ciclo >310 K

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 20 W

COP ≈0,2

휂𝐼𝐼 =𝐶𝑂𝑃

𝐶𝑂𝑃𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡

≈50 %

Dimensione caratteristica 7,5 cm

2.4.4 Compressore centrifugo

In questo paragrafo vengono brevemente descritte le principali caratteristiche dei compressori centrifughi ed i

principi base di progettazione, senza entrare nel dettaglio della teoria dei compressori centrifughi in quanto

non oggetto di questa trattazione ed ampiamente discussa nei corsi e nei testi turbomacchine.

In Figura 119 è riportata una rappresentazione schematica dei componenti.

Si tratta di una macchina centrifuga, quindi il flusso entra al centro in direzione assiale ed esce lungo la

circonferenza dopo aver attraversato l’impeller ed il diffusore. Come tutti i sistemi di compressione, è

presente un rotore azionato da un motore elettrico ed uno statore. L’obiettivo del rotore o impleller è di

aumentare l’energia cinetica del flusso alla sua uscita, di conseguenza il profilo di pala è progettato per

aumentare la velocità assoluta del flusso in uscita rispetto all’entrata. Il diffusore ha invece l’obiettivo di

convertire l’energia cinetica del fluido in uscita dal rotore in un aumento di pressione, quindi il profilo di pala

è progettato in modo da ridurre la velocità del flusso in uscita dal diffusore rispetto all’ingresso. L’impeller è

Figura 119. Compressore centrifugo [29]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

80

costituito da una parte più interna, detta anche inducer, nel quale il flusso in ingresso alla macchina è assiale;

mentre nella parte esterna radiale, che costituisce l’impeller vero e proprio, l’altezza di pala diminuisce lungo

il raggio. Visto che l’ingresso dell’impeller è assiale, data l’altezza della pala in tale sezione, è possibile

definire un diametro interno ed esterno per l’impeller.

I principi fondamentali da considerare durante la progettazione di queste turbomacchine sono:

conservazione della portata per l’ipotesi stazionaria;

conservazione dell’entalpia totale nel diffusore e dell’entalpia relativa nello statore;

𝑕𝑅𝑜𝑡𝑜𝑟𝑒 = 𝑕𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 +𝑊2

2−

𝑈2

2+ 𝑔𝑧 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (70)

𝑕𝑆𝑡𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 = 𝑕𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 +𝑉2

2−

𝑈2

2+ 𝑔𝑧 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (71)

verificare l’ipotesi di continuità, ovvero che le dimensioni caratteristiche del problema siano molto

maggiori delle dimensioni molecolari del fluido;

il rapporto tra il diametro interno della sezione di ingresso dell’inducer ed il diametro esterno di

uscita dell’impeller deve essere di circa 0,5÷0,7;

il rapporto tra il diametro interno ed esterno della sezione di ingresso dell’inducer deve essere di

circa 0,3÷0,7. La differenza dei raggi determina l’altezza di pala nella sezione di ingresso, per

altezze piccole la velocità in ingresso è elevata e quindi anche le perdite fluidodinamiche; mentre

per altezze elevate la velocità periferica all’apice è elevata e determina una velocità relativa elevata

e quindi elevate perdite lungo il profilo di pala. Il valore di 0.3÷0.7 rappresenta un trade-off tra

questi due effetti;

il numero di Mach della velocità relativa all’apice della pala nella sezione di ingresso deve essere

minore di 1,3 per evitare eccessive perdite per attrito all’interno della pala;

l’angolo beta della velocità relativa all’apice della pala nella sezione di ingresso deve essere di circa

55÷75 °; valori troppo elevati riducono l’area utile di passaggio e, non potendo ridurre più di tanto

lo spessore di pala per ragioni tecnologiche, si avrebbe un eccessivo fattore di bloccaggio;

il rapporto tra l’altezza di pala ed il diametro nella sezione di uscita dell’impeller deve essere di

circa 0,03÷0,08. Un'altezza di pala troppo bassa porterebbe ad eccessive perdite per attrito per

aumento della superficie bagnata;

il valore dell’angolo alfa della velocità assoluta in uscita dall’impeller deve essere di circa 65÷80 ed

il numero di Mach della velocità assoluta in uscita inferiore ad 1,3. Valori troppo elevati portano ad

eccessive perdite per onde d’urto sulla sezione d’ingresso del diffusore;

il numero di pale non deve essere troppo elevato per evitare un eccessivo fattore di bloccaggio, né

troppo basso per evitare un eccessivo carico sulla pala;

per determinare le condizioni di ingresso ed uscita si devono applicare le leggi dei triangoli di

velocità e delle trasformazioni termodinamiche, utilizzando opportuni coefficienti di perdita per

ricavare le condizioni reali partendo da quelle ideali;

un altro aspetto da considerare è lo fattore di scorrimento (slip factor (s)), definito secondo

l’equazione (72); esistono varie correlazioni per definire questa grandezza a seconda della teoria

utilizzata. Il fattore di scorrimento ( slip factor) tiene conto del fatto che un corpo o un fluido, che si

muove con una velocità relativa rispetto ad un sistema di riferimento in rotazione, è soggetto alla

forza di Coriolis data dall’equazione (73).

𝑠 =𝑉𝑡𝑎𝑛𝑔 𝑜𝑢𝑡 𝑖𝑚𝑝𝑒𝑙𝑙𝑒𝑟 ,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒

𝑉𝑡𝑎𝑛𝑔 𝑜𝑢𝑡 ,𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎

(72)

𝐹 𝐶𝑜𝑟𝑖𝑜𝑙𝑖𝑠 = −𝜔 𝑋 𝑊 𝑟𝑒𝑙 (73)

Di conseguenza la forza risultante è diretta in senso opposto rispetto alla velocità tangenziale, quindi la

velocità tangenziale reale è minore di quella teorica. A causa del fattore di scorrimento il lavoro euleriano si

riduce e quindi anche la spesa per comprimere il fluido, perciò il fattore di scorrimento non costituisce una

fonte di perdita.

Il lavoro euleriano corrispondente al lavoro reale scambiato tra le pale ed il fluido, si calcola nel

seguente modo:

𝑙𝑢 = 𝑢2 ∗ 𝑉2,𝑡 − 𝑢1 ∗ 𝑉1,𝑡 (74)

Si ricorda che il lavoro euleriano corrisponde alla differenza tra le entalpie totali reali in ingresso ed

in uscita dal rotore, cioè alla somma del ∆h totale isoentropico sul rotore, più le perdite al suo

interno. Moltiplicando il lavoro euleriano per la portata si ottiene la potenza meccanica spesa. In

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

81

teoria al lavoro euleriano andrebbero sommate le altre perdite fluidodinamiche che non avvengono

sulle pale.

Il processo di produzione dei compressori centrifughi di piccole dimensioni avviene mediante dei processi di

etching su un wafer di silicio. La fasi del processo sono le seguenti:

incisione (recess etching): serve per creare un gap tra il tip delle pale dell’impeller e la parte statica

del compressore;

incisione delle pale (blades etching): serve per creare le pale dell’impeller e del diffusore, si deve

fare in modo che l’altezza di pala nell’impeller decresca in direzione radiale;

lavorazione sull’altro lato del wafer (back side etching): serve per separare completamente

l’impeller dalla parte statica del compressore e per creare i fori di scarico;

incollaggio anodico (anodic bonding): dei wafer in pirex (tipologia di vetro) vengono posizionati

sopra il wafer di silicio e costituiscono la cassa del compressore;

preforazione del vetro (glass drilling): serve per creare il foro di ingresso nel wafer di vetro, tale

foro costituisce la sezione di ingresso del flusso nell’impeller.

Nella tabella sottostante sono riportati i principali parametri caratteristici dei mini compressori centrifughi

estratti dal lavoro [29].

Tabella 10. Parametri del compressore [29]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro R134a, aria

𝐷1 3 mm

𝐷2 20 mm

𝐷3 50 mm

Altezza delle pale dell’impeller ≈50 mm

Numero di pale (sia per l’impeller

che per il diffusore) 20

휂𝑇−𝑇 0,78

𝛼2 60°

𝛽2 35,07°

𝛽𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑜 (rapporto pressioni statiche

in ingresso e uscita dal comp) 1,31

𝑚 1÷10 g/s

𝜓 0,633

𝑊 𝑖𝑛 23 W

𝑊 𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 0,5 W

Con ψ si intende il coefficiente di carico isoentropico dello stadio (rotore più statore) di compressione,

definito secondo l’equazione (75), mentre il rendimento total-to-total è definito nell’equazione (76). In Figura

120 e in Figura 121 è rappresentato l’impeller del compressore centrifugo.

𝜓 =∆𝑕𝑖𝑠

𝑈22

2

(75)

휂𝑇−𝑇 =𝑙𝑢

𝑕𝑇1 − 𝑕𝑇2

(76)

Figura 121. Dimensioni del compressore [29]

Figura 120. Pale dell’impeller e del diffusore [29]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

82

2.5 Ciclo Stirling inverso

Il ciclo Stirling inverso, come il ciclo inverso Joule-Brayton, è una tecnologia di raffreddamento al cui

interno si trova un sistema di compressione. Questo sistema viene descritto perché, da quanto trovato in

letteratura, può essere applicato su piccola scala ed è quindi una tecnologia di raffredamento che potrebbe

essere applicata nel settore elettronico. Inoltre presenta al suo interno un sistema di compressione e, visto che

questa sezione è dedicata alle tecnologie di compressione, la descrizione di questo ciclo viene inserita in

questa parte del lavoro.

Il motore Stirling inverso è di tipo beta, ovvero dotato di un pistone collegato ad un displacer all’interno di un

cilindro. Quindi si tratta ancora di un compressore a pistone e pertanto non si entra nel dettaglio degli aspetti

del compressore a pistone perché già descritti nel paragrafo dei compressori lineari. Ci si focalizza invece sul

sistema di raffreddamento nel quale il compressore a pistone è integrato. Come già fatto per il ciclo inverso

Joule-Brayton, si procede con una rapida descrizione dell’impianto nel suo complesso, senza descrivere nel

dettaglio i vari componenti, successivamente si analizzano i parametri operativi o progettuali ed infine i

parametri tecnici e le prestazioni del ciclo.

2.5.1 Descrizione del ciclo e dell’impianto

In Figura 122 sono rappresentate le 4 fasi del ciclo Stirling inverso, il motore è di tipo beta dotato di un

pistone collegato ad un displacer. Il principio di funzionamento è l’inverso di quello di un ciclo Stirling

diretto per la produzione di potenza elettrica. L’effetto utile è la potenza termica asportata dalla sezione

fredda, mentre la spesa energetica è data dalla potenza netta fornita al pistone (differenza tra la potenza

fornita per la comrpessione e quella estratta dall’espansione). I componenti del sistema sono: un pistone, un

displacer, due camere a disposizione del gas, due scambiatori di calore (uno per la fonte calda ed uno per la

fonte fredda), un sistema di azionamento ed un rigeneratore, mentre il fluido di lavoro utilizzato è l’elio.

Il pistone generalmente è azionato da un motore elettromagnetico lineare. Le 4 fasi vengono descritte

guardando la Figura 122 da sinistra verso destra.

1. Compressione isoterma. Il gas compreso tra pistone e displacer cede calore all’abiente o alla fonte

ad alta temperatura grazie ad uno scambiatore di calore. Durante questo scambio termico la

temperatura rimane costante e si ha una compressione del gas. Infatti, se esce potenza termica dal

sistema e la temperatura rimane costante, il volume specifico diminuisce e la pressione aumenta. La

compressione del gas fa muovere il pistone verso sinistra ed il displacer verso destra, facendoli

avvicinare. Di conseguenza il gas, raggiunta la pressione finale dopo l’uscita di potenza termica dal

sistema, viene spinto nel rigeneratore a causa di una riduzione del volume a sua disposizione.

2. Raffreddamento isocoro. Il gas entra nel rigeneratore che collega le due camere e fluisce verso

sinistra raffreddandosi a volume costante.

3. Espansione isoterma. In modo analogo alla compresione isoterma, il gas riceve potenza termica dal

la fonte a bassa temperatura che deve essere raffreddata (effetto utile), mentre la temperatura del gas

rimane costante. Il volume specifico aumenta e quindi la pressione diminuisce. L’espansione del gas

spinge il displacer verso destra facendolo avvicinare al pistone.

4. Riscaldamento isocoro. Il gas a bassa pressione che si è espanso entra nel rigeneratore andando

verso destra. Nel rigeneratore il gas viene riscaldato a volume costante per poi entrare nuovamente

nel volume tra displacer e pistone e riniziare il ciclo.

Figura 122. Ciclo Stirling inverso [ricerca in Google]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

83

2.5.2 Aspetti tecnologici rilevanti

In Figura 123 è riportata una schematizzazione del ciclo, si può notare la fonte fredda a bassa temperatura da

raffreddare, la fonte calda, il rigeneratore e il motore Stirling con la potenza elettrica netta in ingresso. In

Figura 124 si possono notare le trasformazioni del gas rappresentate nel piano T-s. Partendo dal punto 1 si

nota la compressione isoterma fino al punto 2, successivamente il raffreddamento isocoro nel rigeneratore

fino al punto X (non si raggiunge il punto 3 perché il rigeneratore non è ideale). Dal punto 3 al punto 4 si ha

l’espansione isoterma e dal punto 4 al punto 1 il riscaldamento isocoro.

Si riassumono le principali considerazioni estratte dal lavoro [30]. Il COP del ciclo è definito secondo

l’equazione (77), l’efficienza del rigeneratore è riportata nell’equazione (78) e la potenza in ingresso

nell’equazione (79). Si definisce inoltre il rapporto volumetrico nell’equazione (80), il fattore τ

nell’equazione (81) ed il fattore λ nell’equazione (82).

𝐶𝑂𝑃 =𝑄

𝐿

𝑊 𝑖𝑛

(77)

휀𝑟𝑖𝑔 =𝑇𝐻 − 𝑇𝑋

𝑇𝐻 − 𝑇𝐿

(78)

𝑊 𝑖𝑛 = 𝑊

𝑐𝑜𝑚𝑝 − 𝑊 𝑒𝑠𝑝 = 𝑚 ∗ 𝑅∗ ln 𝑟 ∗ (𝑇𝐻 − 𝑇𝐿) (79)

𝑟 =𝑉4

𝑉3

(80)

𝜏 =𝑇𝐿

𝑇𝐻

(81)

𝜆 =𝑄

𝑘

𝑄 𝑓𝑙𝑢𝑖𝑑

=𝑘𝑠 ∗

𝐴𝑠

𝐿𝑠∗ 𝑇𝐻 − 𝑇𝐿

𝑚 ∗ 𝑐𝑝 ∗ 𝑇𝐻 − 𝑇𝐿 =

𝑘𝑠 ∗ 𝐴𝑠

𝑚 ∗ 𝑐𝑝 ∗ 𝐿𝑠

(82)

I simboli riportati nelle equazioni si riferiscono a quelli visualizzati nella Figura 123 e Figura 124. Il

parametro di conduzione λ indica il rapporto tra la potenza termica scambiata dal materiale del rigeneratore e

quella scambiata dal fluido nel rigeneratore e viene utilizzato in seguito per l’analisi dei parametri progettuali

dell’impianto. λ dipende solamente dalla geometria, dalle proprietà del materiale del rigeneratore e del fluido,

non dipende dai parametri operativi del ciclo. Invece il parametro τ indica il rapporto tra la temperatura

minima e massima del ciclo e quindi è solo funzione dei parametri operativi.

L’efficienza del rigeneratore, come riportato nel lavoro [30], può essere espressa in funzione del numero di

unità termiche (NTU) e di λ come mostrato dall’equazione (83). Senza riportare i passaggi intermedi del

Figura 124. Diagramma T-s[30]

Figura 123. Schema del ciclo[30]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

84

lavoro [30], il COP del ciclo Stirling inverso può essere espresso in funzione di τ, r, NTU, λ e γ (𝛾 =

𝑐𝑝

𝑐𝑣

𝑓𝑙𝑢𝑖 𝑑𝑜) come nell’equazione (84).

휀𝑟𝑖𝑔 =𝑁𝑇𝑈 ∗ (1 − 𝜆)

1 + 𝑁𝑇𝑈 (83)

𝐶𝑂𝑃 =𝜏 𝛾 − 1 ln 𝑟 + 𝜏 − 1 1 −

𝑁𝑇𝑈 1 − 𝜆 1 + 𝑁𝑇𝑈

− 𝜆 𝛾 (1 − 𝜏)

𝛾 − 1 1 − 𝜏 ln 𝑟

(84)

L’obbiettivo della seguente trattazione è di capire fino a che temperature minime si può spingere il ciclo. Per

l’applicazione all’elettronica spaziale (applicazione tipica di tali sistemi) si vogliono 𝑇𝐿 molto basse. Ma

andare a basse temperature significa ridurre di molto sia la temperatura minima del ciclo che quella della

fonte fredda e, estremizzando questo caso, se 𝑇𝐿 tende a 0 K, la differenza tra la temperatura minima della

fonte e quella del ciclo diventa nulla e così come la potenza termica 𝑄 𝐿; questo porta ad un COP pari a 0.

Studiare il comportamento del ciclo a basse temperature significa studiare l’andamento di τ (legato ai

parametri operativi) e di λ (legato ai parametri progettuali) per valori del COP uguali a 0. Azzerando la

precedente equazione e ricavando λ in funzione di τ a parità di altri fattori, si ottiene il grafico riportato in

Figura 125.

Fissato il valore di λ (conduction parameter) ed utilizzando la curva corrispondente all’NTU del rigeneratore,

si può leggere il rapporto tra la temperatura minima e massima del ciclo e quindi, nota una delle due, ricavare

l’altra. Per elevati valori di λ, il temperature ratio dipende poco da NTU. Per bassi valori di lambda, per avere

bassi temperature ratio, si devono avere elevati NTU del rigeneratore. Esplicitando il valore di λ senza

entrare nel dettaglio della trattazione, si ottiene l’equazione (85), nella quale As è l’area della sezione del

rigeneratore rappresentato in Figura 126, mentre Ad è l’area di passaggio del flusso. Sostituendo poi

l’equazione di λ in quella del COP, azzerando l’equazione risultante e ricavando da quest’ultima Ls in

funzione di τ, si ottinee il grafico riportato in Figura 127.

𝜆 =𝑘𝑠

𝑟 − 1 𝑐𝑝 𝐿𝑠2 𝜌 𝑓

𝐴𝑠

𝐴𝑑

(85)

Figura 126. Rigeneratore [30]

Figura 125. λ in funzione di τ [30]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

85

Tale grafico rappresenta l’andamento di una lunghezza caratteristica del sistema in funzione del apporto tra la

temperatura minima e massima del ciclo, al variare della frequenza operativa e del materiale del rigeneratore,

a parità di altri fattori. Come lunghezza caratteristica si è scelta qualla del rigeneratore, lo scopo della

lunghezza caratteristica è di fornire un’ idea dell’ordine di grandezzza delle dimensioni del sistema.

Per bassi valori di temperature ratio, si hanno bassi valori della temperatura minima del ciclo e quindi del

componente da raffreddare, perciò le dimensioni del sistema aumentano. Fissate le dimensioni, lavorando a

frequenze maggiori si riescono ad ottenere temperature più basse. Inoltre il rigeneratore deve essere costituito

da materiali con un 𝑘𝑠 bassa, infatti tale termine compare al numeratore della funzione rappresentata nel

grafico, si devono dunque scegliere materiali con una bassa conduttività. In figura sono confrontate le curve

ottenute con un rigeneratore in silicio (simboli bianchi vuoti) ed in acciao inossidabile (simboli neri pieni).

Nonostante esistano numerose tecniche di lavorazione del silicio su piccola scala il suo impiego è da evitare

perché porta ad avere elevate dimensioni caratteristiche a causa della sua elevata conduttività. Nel grafico è

stato assunto un 𝑟 = 1,2 ed un NTU=50. Per una frequenza di 500 Hz e per un temperature ratio maggiore di

0.3, senza entrare nel dettaglio degli altri parametri, si possono ottenere dimensioni inferiori ad un

centimetro.

2.5.3 Applicazioni pratiche e parametri caratteristici

Il ciclo Stirling inverso viene applicato per il raffreddamento di sensori che operano nel campo infrarosso e

per il raffreddamento di attuatori. Le temperature operative di queste applicazioni sono bassissime e quindi

ben lontane dal campo di interesse. Questi sistemi sono anche applicati nei frigoriferi portatili o nei freezer di

piccole dimensioni. Per i frigoriferi le temperature del sistema da raffreddare sono mantenute intorno agli 0

°C con un COP di 2÷3, mentre i freezer sono mantenuti ad una temperatura di -40 °C con un COP pari a 1.

Le potenze termiche che possono essere asportate da tali sistemi variano tra 100 e 300 W e le dimensioni

caratteristiche sono intorno ai 5 cm.

Tabella 11. Parametri del ciclo Stirling inverso [31], [Ricerca in Google]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro Elio

T min 30÷273 (varia con l’applicazione) K

COP 1÷7 (varia con l’applicazione)

Costo Elevato

Affidabilità Bassa (2 parti mobili: pistone and displacer)

Dimensione caratteristica ≈5 cm

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 100÷300 W

Figura 127. Lunghezza caratteristica in funzione del rapporto tra la Tmin e T max [30]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

86

2.6 Raffreddamento termoelettrico

Il raffreddamento termoelettrico (TEC: thermoelectric cooling) è costiutito da due materiali semiconduttori:

uno drogato positivamente e l’altro negativamente. Entrambi i materiali sono posti in contanto sia con la

sorgente di calore fredda sia con la sorgente calda, attraverso la quale viene dissipata potenza termica in

ambiente. La fonte di calore fredda costituisce il componente elettronico da raffreddare oppure un materiale

posto a contatto con esso. La fonte calda invece costituisce l’elemento attraverso il quale si dissipa calore in

ambiente. Queste due fonti, che si trovano ad una certa differenza di temperatura, sono poste in contatto

attraverso i due materiali semiconduttori. Nella figura sottostante è rappresentato il sistema di

raffreddamento.

Applicando una differenza di potenziale tra i due materiali semiconduttori e quindi facendo circolare della

corrente nel sistema, sia gli elettroni del conduttore drogato negativamente, che le lacune del conduttore

drogato positvamente, migrano dall’estremo a contatto con la fonte fredda (da raffreddare) all’estremo a

contantto con la fonte calda (che dissipa potenza in ambiente). A questo moto di cariche è associato anche un

flusso termico per conduzione nello stesso verso delle cariche. Perciò la potenza termica fluisce dalla

sorgente fredda alla sorgente calda permettendo di raffreddare il componenete elettronico. Gli elettroni, come

pure le lacune positive, che migrano dalla sorgente fredda a quella calda, successivamente abbandonano il

conduttore (p o n) per entrare nel circuito elettrico, per mezzo del quale ritornano poi nel semiconduttore di

partenza passando prima dall’altro conduttore (n o p). Possono essere applicati più sistemi di questo tipo

collegati elettricamente in serie e termicamente in parallelo, tale configurazione prende il nome di “Single

stage”. Invece più componeneti di questo tipo, collegati termicamente in serie, dà origine alla configurazione

chiamata “Multi stadio”. Ogni stage può essere costiutito da più di 200 elementi come quelli rappresentati

nella figura precedente. Questa tecnologia non presenta parti mobili e quindi ha un elevata affidabilità, ha

però una bassa efficienza e lavora meglio alle basse temperature. Il COP è di circa 0.3, quindi la potenza

elettrica immessa nel sistema è molto maggiore della potenza termica asportata, inoltre serve un ventilatore

per raffreddare la sorgente calda. In Tabella 12 si riportano i parametri caratteristici del raffreddamento

termoelettrico. Si nota che il COP e la temperatura operativa sono troppo bassi per l’applicazione di interesse.

Tabella 12. Parametri del raffreddamento termoelettrico (TEC) [15]

Grandezza Valore [u.m]

TEC (singolo stadio)

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 250 W

𝑇𝑐𝑜𝑙𝑑 -110 °C

COP 0,4

Affidabilità Elevata

Costo Elevata

Dimesioni Scala micrometrica

TEC (stadio multiplo)

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 120 W

𝑇𝑐𝑜𝑙𝑑 -155 °C

COP 0,4

Affidabilità Elevata

Costo Elevata

Dimensioni Scala micrometrica

Figura 128. Raffreddamento termoelettrico (Thermoelectric coolin)g [37]

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87

2.7 Tubo di calore pulsante

Il tubo di calore pulsante (pulse tube) è una tecnologia di raffredamento costiutita da un compresore senza

valvole che sfrutta l’oscillazione di un diaframma, 3 scambiatori di calore, un rigeneratore, un tubo di calore

pulsante, una valvola ed un buffer. In Figura 129 è rappresentato tale sistema.

Il fluido di lavoro utilizzato è l’elio. Durante la fase di compressione, il gas entra nel primo scambiatore di

calore che si interfaccia con l’ambiente alla temperatura THOT . Tutti gli scambiatori hanno un’elevata

efficienza e quindi si può considerare che il gas, all’uscita di essi, abbia una temperatura quasi uguale a

quella della sorgente con cui sta scambiando calore. Dopo aver ceduto potenza termica all’esterno mediante il

primo scmabiatore, il gas entra nel rigeneratore raffreddandosi fino ad una temperatura minore di TLOAD

(temperatura del componente da raffreddare). Il gas entra quindi nel secondo scambiatore riscaldandosi ed

estraendo potenza termica dal componente da raffreddare che si trova a TLOAD . Una volta uscito dal secondo

scambiatore, anche il gas si trova alla temeperatura TLOAD . Nel tubo di calore pulsante la tempertaura del gas

è funzione della pressione perché questo componente è isolato termicamente con l’esterno. Quindi se la

pressione cresce, a causa dell’aumento della massa di gas nel tubo di calore inviata dal compressore durante

la fase di compressione, anche la temperatura cresce. Quando questa è maggiore di THOT , il gas entra nel

terzo scambiatore di calore cedendo potenza termica all’esterno. Successivamente il gas esce dallo

scambiatore alla temperatura THOT e, attraverso una valvola, va nel buffer. Durante la fase di richiamo della

membrana del compressore, la pressione nel pulse tube scende e quindi anche la sua temperatura. Quando la

tempreratura del gas è minore di TLOAD , il gas entra nel secondo scambiatore di calore asportando potenza

termica dal componente da raffredare. Il gas esce dal secondo scambiatore alla temperatura TLOAD , per poi

muoversi, attraverso il rigeneratore e il primo scmabiatore, nel compressore e ricominciare il ciclo.

L’assenza di parti mobili, eccetto la membrana del compressore, rende questo sistema affidabile ma

l’efficienza è bassa a causa delle irreversibiltà nel tubo di calore pulsante. Per l’assenza di parti mobili questa

tecnologia si presta bene all’applicazione su piccola scala. Le dimensioni carattteristiche dell’intero sistema

di raffreddamento sono di circa 5 cm e la maggior parte dello spazio è occupata dal compressore, il peso è

però abbastanza elevato e può arrivare anche a 8 kg. In Tabella 13 si riportano i parametri caratteristici.

Come per il TEC, il COP e la temperatura operativa sono troppo bassi per l’applicazione d’interesse.

Tabella 13. Parametri del tubo di calore pulsante [15]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro He

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 85 W

𝑇𝑐𝑜𝑙𝑑 -253 °C

COP 0,1

Affidabilità Elevata

Costo Intermedio

Dimensione caratteristica 5 cm

Parti mobili Solo il diaframma

Figura 129. Tubo di calore pulsante (Pulse tube) [Wikipedia]

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88

2.8 Raffreddamento per adsorbimento

Il raffreddamento per adsorbimento (sorption cooler) è un sistema di raffreddamento che sfrutta la positività

del coefficiente di Joule-Thomson a basse temperature. In questa tecnologia la compressione avviene

attraverso il meccanismo di desorbimento, il gas utilizzato è l’elio o l’azoto. Un volume chiuso viene

riempito con un materiale adsorbente, di solito activated charcoal, dotato di un elevata porosità in modo tale

da avere un’elvata superficie di contatto per unità di volume. In tale volume viene fatta passare una corrente

di gas, la quale viene adsorbita sulla superficie del materiale adsorbente. In seguito al processo di

adsorbimento, rimane del volume libero nel contenitore e quindi viene aggiunto del gas, che non viene

adsorbito, al fine di raggiungere la pressione operativa desiderata.

Successivamente, il volume contenente il materiale adsorbente e il gas viene collegato alla sorgente di calore

da raffreddare. Tale calore attiva la reazione endotermica di desorbimento, il gas adsorbito viene quindi

rilasciato dai pori del materiale adsorbente, aumentando la pressione del sistema. Il gas ad elevata pressione

passa attraverso una valvola avente lo scopo di ridurne la pressione e quindi anche la temperatura, infatti alle

basse temperature operative il coefficiente di Joule-Thomson è positivo. Nel frattempo il contenitore del

materiale adsorbente è posto a contatto con una sorgente calda a cui cede calore venendo raffreddato ed

essendo pronto per adsorbire nuovamente il gas..

Tale tecnologia può essere impiegata in sistemi dove la potenza termica da asportare presenta un andamento

periodico nel tempo. Oppure, se la sorgente termica è costante nel tempo, serve un sistema che permetta di

porre alternativamente in contatto il contenitore del materiale adsorbente con la sorgente fredda e con la

sorgente calda. In questo sistema sono richiesti elevati rapporti di compressione, si tratta quindi di un

processo lento con una capacità di raffreddamento limitata. Tale sistema di raffreddamento può essere anche

più articolato e presentare, oltre al contenitore del materiale adsorbente e alla valvola di Joule-Thomson,

anche un condensatore, un evaporatore ed un sistema mobile per porre alternativamente il contenitore in

contatto con la sorgente calda e fredda. Non si entra nel dettaglio della descrizione di questo ciclo, ma si può

averne un’ idea osservando una foto di questo impianto nella Figura 130, mentre in Tabella 14 sono riportati i

parametri caratteristici del raffreddamento per adsorbimento.

Tabella 14. Parametri del raffreddamento per adsorbimento [15]

Grandezza Valore [u.m]

Fluido di lavoro He, N2

𝑄 𝑐𝑜𝑜𝑙𝑖𝑛𝑔 <1 W

𝑇𝑐𝑜𝑙𝑑 -193 °C

COP 0,05

Affidabilità Elevata

Costo Basso

Dimensione caratteristica 5 cm

Figura 130. Raffreddamento per adsorbimento (Sorption cooler) [36]

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89

2.9 Micropompa termopneumatica

Il sistema di refrigerazione termopneumatico è un sistema costiutito da un compressore a membrana, come

quello descritto nella seconda tecnologia di compressione ad azionamento piezoelettrico. Questa volta il

diaframma non è azionato da un attuatore piezoelettrico, ma da una camera d’aria la cui pressione oscilla

grazie alla variazione della temperatura dell’aria. Al variare della temperatura oscilla la densità e la

pressione, di conseguenza la forza esercitata dall’aria sul diframma varia nel tempo, permettendo al

diaframma stesso di oscillare comprimendo il fluido nella camera di compressione. La potenza termica

oscillante nel tempo viene fornita alla camera d’aria grazie ad una resistenza elettrica alimentata da una

corrente alternata. Si hanno quindi due camere, una camera d’aria per azionare il diaframma ed una camera di

compressione per comprimere il fluido di lavoro. Generalmente tale tecnologia trova più applicazione nelle

micropompe alimentate ad acqua che nei micro compressori.

In Figura 131 è rappresentata una micropompa ad azionamento termopnumatico. Si notano le due camere

separate dal diaframma e all’interno della camera d’aria si vede la resistenza elettrica per il riscaldamento

dell’aria. Si possono anche osservare le valvole di aspirazione e di scarico del tipo “valvole a lembo”. Tale

tecnologia viene impiegata per pompare fluidi in applicazioni biologiche.

Tabella 15. Parametri della micro pompa ad azionamento termopneumatico [32]

Grandezza Valore [u.m]

∆P 390 mbar

Fluido riscaldato Aria

Fluido di lavoro Acqua

𝑉 530 ml/min

𝑊 𝑒𝑙 1 W

f operativa 1 Hz

Dimensioni 14 x 17,5 x3,2 mm^3

Figura 131. Micropompa termopneumatica (Thermopneumatic micropump) [32]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

90

2.10 Micropompa elettromagnetica

La micropompa ad azionamento elettromagnetico, come la micropompa termopneumatica, fa sempre parte

della tecnologia dei compressori o delle pompe a diaframma. Il fluido di lavoro viene compresso all’interno

della camera di compressione grazie al diaframma azionato dal moto lineare alternato di un magnete

permanente, posto a diretto contatto con esso. Il magnete permanente è avvolto all’interno di un spira (coil)

fisso nel quale circola corrente alternata. La variazione del flusso di campo magnetico, che attraversa il

magnete permanente, genera una forza motrice che agisce lungo una direzione. Tale forza vaira nel tempo

facendo muovere il magnete permanente in modo alternato e quindi anche il diaframma a contatto con esso.

Si ottiene così un moto oscillatorio del diaframma che comprime il fluido nella camera di compressione. In

Figura 132 è rappresentato il magnete permanente, costituito da una lega di NdFeB, avvolto dalla spira.

Tabella 16. Parametri della micro pompa ad azionamento elettromagnetico [33]

Grandezza Valore [u.m]

∆P 1250 Pa

Fluido di lavoro Aria, acqua

V 50 (aria), 2 (acqua) ml/min

V 5 V

I 100 mA

f 50 (aria), 400 (acqua) Hz

Diametro del magnete 5 mm

Corsa del magnete 750 mm

Dimensioni della micropompa 10 x 10 x 8 mm^3

Figura 132. Magnete permanente avvolto dalla spira [33]

Capitolo 2. Rassegna bibliografica

91

2.11 Tecnologie minori

Esistono altre tecnologie di refrigerazione che non vengono descritte, come la refrigerazione termoionica e

termoacustica rimandando a testi specifici la loro trattazione.

La refrigerazione termoionica si basa sull’emissione di elettroni di un componente quando questo è posto a

contatto con una sorgente termica.Il vantaggio consiste nel non avere parti mobili, ma fino ad ora sono state

sviluppate poche applicazioni che sfruttano questa principio [15].

La refrigerazione termoacustica è una tecnologia simile al tubo di calore pulsante nella quale il pistone è stato

rimosso da un generatore acustico eliminando così le parti mobili. Sono state sviluppate poche applicazioni

che sfruttano questo principio sia per le basse potenze termiche asportate, sia per la difficoltà nel ridurre le

dimensioni. Infatti per permettre lo sviluppo dei fenomeni acustici necessari al funzionamento di questa

tecnologia, è richiesto un certo volume minimo che difficilmente può essere ridotto [15].

In Figura 133 si riporta la mappa concettuale delle tecnologie descritte in questo capitolo.

Figura 133. Tecnologie di raffreddamento

Capitolo 3. Modello di calcolo

L’impianto di raffreddamento viene descritto attraverso dei sottomodelli dei vari componenti dell’impianto,

viene quindi costruito un modello matematico per il compressore ed uno per il ciclo frigorifero. Lo scopo di

tale trattazione è di simulare il funzionamento dei vari componenti dell’impianto nel limite delle

approssimazioni ragionevoli che sono state effettuate. In Figura 134 viene riportata una rappresentazione

schematica dell’impianto frigorifero in cui è possibile notare i vari componenti dell’impianto che vengono

inclusi nel modello di calcolo utilizzato.

Figura 134. Rappresentazione schematica del sistema di refrigerazione [15]

Capitolo 3. Modello di calcolo

94

3.1 Modello del compressore

In questo capitolo si descrive il modello matematico di funzionamento del compressore. Si è scelto di

utilizzare un compressore lineare ad azionamento elettromagnetico, con valvole a disco, che funziona in

risonanza grazie alla presenza di una molla; mentre come fluido di lavoro si è scelto l’R134a. Il modello

matematico è composto da varie parti, le quali saranno descritte in seguito nell’ordine corrispondente a quello

della sequenza con cui vengono svolti i calcoli. Si procede quindi nell’elencare le assunzioni fatte, si

descrivono poi le varie parti del modello e le simulazioni effettuate, si conclude con una fase di post-

processing in cui si ricavano le prestazioni del compressore.

In Figura 135 è rappresentato lo schema del compressore utilizzato per costruire il modello matematico.

Come si può notare, viene analizzato solamente il moto lineare alternato che determina il volume della

camera di compressione, la corsa del pistone viene descritta dalla sua posizione secondo il sistema di

riferimento riportato in figura. Vengono utilizzate le valvole a disco sia per la fase di aspirazione che di

scarico. In Figura 135 viene rappresentata sia la valvola di scarico, con il sistema di riferimento che permette

di descrivere la sua posizione istante per istante, che la valvola di aspirazione avente lo stesso meccanismo

di funzionamento della precedente. Ovviamente le valvole rappresentate nel disegno riportano la semplice

rappresentazione della modellazione fisica di tale componente, ossia un sistema massa-molla descritto

dall’equazione differenziale del secondo principio della dinamica. Sia la valvola di aspirazione che quella di

Figura 135. Schema del compressore

Capitolo 3. Modello di calcolo

95

scarico, pur se poste in punti diversi del compressore, si aprono nello stesso senso. La valvola di scarico si

apre verso l’alto, all’esterno della camera di compressione, spinta dal gas interno ad elevata pressione;

mentre la valvola di aspirazione si muove anch’essa verso l’alto, all’interno della camera di compressione,

richiamata dal gas al suo interno a bassa pressione. Quindi il sistema di riferimento adottato per le valvole è

uguale sia per quella di aspirazione che di scarico, cambia solo il punto del compressore in cui il sistema di

riferimento è applicato. La struttura reale delle valvole viene mostrata in seguito nella sezione dedicata alla

loro descrizione, in Figura 135 si riporta una semplice schematizzazione del sistema per dare un’idea

generale al lettore.

3.1.1 Assunzioni

Le assunzioni fatte nel modello matematico sono le seguenti:

il fluido viene trattato come un gas ideale;

variazione lineare del calore specifico al variare della temperatura;

rendimento isoentropico di compressione ed espansione pari a 0.9;

si trascura l’attrito fluidodinamico tra il gas e le valvole durante le fasi di aspirazione e scarico;

efflusso isoentropico del gas attraverso le valvole;

laminazione isoentalpica attraverso le valvole;

pressioni del ciclo frigorifero a valle della valvola di scarico e a monte di quella di aspirazione

costanti;

temperatura ambiente pari a 298 K.

L’assunzione di gas ideale comporta che il calore specifico non sia funzione della pressione, ma può essere

funzione della temperatura. Quindi nei calcoli relativi ai bilanci energetici, in cui entra in gioco l’entalpia del

gas, questo effetto deve essere considerato. Per determinare l’entalpia del gas si dovrebbe considerare il Cp in

forma polinomiale in funzione della temperatura, ma non si dispone di questi stati.

3.1.2 Entalpia del gas ideale

Visto che all’interno del compressore il gas viene approssimato ad un gas ideale, è necessario calcolarne

l’entalpia nei vari punti termodinamici del ciclo, ricordando che questa è funzione della temperatura e non

della pressione. Grazie all’ausilio del software “REFPROP” è possibile determinare il Cp0, ovvero il Cp del

gas ideale, una volta fissata la temperatura. E’ possibile determinare anche l’entalpia del gas ideale che verrà

utilizzata successivamente, come confronto con l’entalpia calcolata mediante l’integrale del Cp0.

Le condizioni di riferimento sono fissate in un punto termodinamico a bassa pressione ma in cui il gas si

trova allo stato di vapore surriscaldato. Si è impostata nel software una temperatura di riferimento di 235 K

ed una pressione di riferimento di 0,2 bar. Questa temperatura e pressione di riferimento vengono utilizzate

come condizioni di riferimento per il calcolo dell’entalpia in “Excel”. Per un determinato range di

temperatura (235-455 K) è stata interpolata la curva del Cp0 approssimandola con una funzione lineare come

mostrato in Figura 136. Integrando la funzione del Cp0 al variare della temperatura e confrontando il valore

ottenuto con l’entalpia del gas ideale, fornita dal software “REFPROP”, è possibile determinare l’entalpia di

riferimento iniziale da sommare all’integrale del cp0. Vengono quindi definiti due coefficienti (a_cp e b_cp)

ed un’entalpia di riferimento (h0_rif) che verranno utilizzati nel calcolo dell’entalpia secondo le equazioni

(86) e (87).

𝑐𝑝0 = 𝑎𝑐𝑝 ∗ 𝑇 + 𝑏𝑐𝑝 (86)

𝑕 = 𝑕0,𝑟𝑖𝑓 + 𝑐𝑝0 ∗ 𝑑𝑇 𝑇

𝑇𝑟𝑖𝑓

(87)

Capitolo 3. Modello di calcolo

96

3.1.3 Dinamica delle valvole

In Figura 137 è riportata un'immagine delle valvole a disco applicate nei compressori per impianti di

refrigerazione e condizionamento dell’aria. Dal modello reale della valvola si è deciso di costruire un

modello semplice, considerando cioè un sistema massa-molla che risenta delle forze riportate in Figura 139,

trascurando altri fenomeni non di interesse per il semplice approccio della trattazione. In Figura 138 è invece

rappresentato il principio di funzionamento delle valvole a disco.

E’ opportuno descrivere in modo esaustivo l’equazione della dinamica delle valvole di aspirazione e scarico.

Tale equazione, risolta insieme alle equazioni che descrivono il volume e gli stati termodinamici del gas nella

camera di compressione, permette di capire istante per istante quanto sia l’apertura della valvola e la portata

che fluisce attraverso di essa. Come già accennato si è scelto di utilizzare le valvole a disco, il cui

funzionamento è descritto dal secondo principio della dinamica riportato nell’equazione (88). Questa è

un’equazione vettoriale, quindi per ottenere un’equazione algebrica si deve scomporre la forza risultante

lungo le tre direzioni dello spazio, in modo da ottenere l’accelerazione lungo queste tre coordinate. In realtà

si considera il problema monodimensionale e quindi l’unica direzione considerata è quella lungo l’asse di

spostamento della valvola, ossia quella verticale di uscita del flusso corrispondente alla direzione del moto

alterno del pistone. L’equazione (88) può diventare l’equazione (89).

𝑚 ∗ 𝑎 = 𝐹 (88)

𝑚 ∗ 𝑎𝑥 = 𝐹𝑥 (89)

Figura 138. Principio di funzionamento delle

valvole a disco

Figura 137. Valvole a disco [ricerca in Gooogle]

Figura 136. Cp0 in funzione della temperatura

Capitolo 3. Modello di calcolo

97

Si descrivono ora i vari componenti dell’equazione (89). Si precisa che alcune delle varie forze in gioco sono

state trascurate per semplicità di calcolo. Inoltre la posizione, la velocità e l’accelerazione della valvola sono

funzione del tempo e vengono indicate nel seguente modo: 𝑥 𝑡 𝑣 posizione, 𝑥 (𝑡)𝑣 velocità, 𝑥 (𝑡)𝑣

accelerazione, invece con 𝑚 si intende la massa della valvola. Le varie forze che agiscono sulla valvola sono

la forza elastica, la forza dovuta alla differenza di pressioni tra monte e valle della valvola e la forza di pre-

carico che permette di tenere chiusa la valvola nelle altre fasi di funzionamento del compressore. Si trascura

invece la forza generata dall’attrito fluidodinamico tra gas e valvola per mancanza di dati in letteratura.

In seguito si descrivono brevemente queste tre tipologie di forze. Dalle precedenti considerazioni l’equazione

della dinamica della valvola diventa:

𝑚 ∗ 𝑥 𝑣 𝑡 = 𝐹 𝑃𝑟𝑒−𝑙𝑜𝑎𝑑 + 𝐹 ∆𝑝 + 𝐹 𝑒𝑙 (90)

3.1.3.1 Forza elastica

La forza elastica è la forza di resistenza che la valvola oppone alla sua apertura a causa della sua elasticità.

Questa forza agisce in senso opposto allo spostamento della valvola, inoltre quando la valvola è chiusa, tale

forza agisce comunque sulla valvola e prende il nome di forza di pre-carico. Infatti per garantire la tenuta

della valvola quando questa è chiusa, essa deve subire una certa deformazione iniziale di pre-carico in modo

tale che la forza elastica generata, detta forza di pre-carico, vinca la differenza di pressione tra monte e valle

della valvola che tende a farla aprire. Quindi durante la sua apertura e chiusura, al valore della posizione della

valvola va sommata la deformazione di pre-carico. Si ricorda ancora che l’unica direzione considerata è

quella lungo l’asse x, mentre k rappresenta la costante elastica della valvola.

𝐹 𝑒𝑙 = −𝑘𝑣 ∗ (𝑥 𝑡 𝑣 + 𝑥 𝑃𝑟𝑒−𝑙𝑜𝑎𝑑 ) (91)

3.1.3.2 Forza dovuta alla differenza di pressione

La differenza di pressione tra monte e valle della valvola è quella che genera l’apertura della stessa. Una

volta che la valvola è aperta, esiste sempre un ∆p e quindi una forza dovuta alla differenza di pressioni. La

formula è la seguente:

𝐹 ∆𝑝 =𝜋

4∗ 𝑝𝑈𝑃 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 − 𝑝𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 ∗ 𝑑𝑝

2 (92)

Figura 139. Schema delle forze che agiscono sulla valvola

Capitolo 3. Modello di calcolo

98

3.1.3.3 Velocità del flusso in uscita dalle valvole

La velocità del flusso di gas attraverso le valvole viene determinata facendo l’ipotesi di efflusso isoentropico,

le cui formule sono applicabili in quanto si sta trattando un gas ideale in assenza di attriti fluidodinamici.

La velocità del flusso viene calcolata all’uscita delle valvole considerando le grandezze termodinamiche a

monte della valvola come grandezze totali. Si fa presente che la velocità del gas deve essere minore della

velocità critica e qualora non lo fosse, la velocità del gas viene assunta uguale alla velocità critica. Nelle

seguenti equazioni si riportano le formule per il calcolo della velocità di efflusso del gas, della portata di

aspirazione o di scarico, della densità a valle della valvola, del rapporto critico tra la pressione di monte e

valle e della velocità critica. Si riporta inoltre l’equazione completa della dinamica della valvola che

determina la sua posizione istantanea.

𝑤 = 2 ∗𝛾

𝛾 − 1∗

𝑝𝑈𝑝

𝜌𝑈𝑝

∗ 1 −𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛

𝑝𝑈𝑝

𝛾−1𝛾

(93)

𝑚 = 𝐴𝑃 ∗ 𝜌𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 ∗ 𝑤𝑔𝑎𝑠 ,𝑝𝑜𝑟𝑡 (94)

𝜌𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 = 𝜌𝑢𝑝 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 ∗ 𝑝𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒

𝑝𝑢𝑝 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒

1𝛾

(95)

𝐴𝑃 = 𝜋 ∗𝑑𝑝

2

4 (96)

𝑟𝑐 = 𝑝𝑈𝑝

𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛

= 2

𝛾 + 1

𝛾𝛾−1

(97)

𝑤𝑔𝑎𝑠 ,𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 𝑐 = 2 ∗𝛾

𝛾 − 1∗

𝑝𝑈𝑝

𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛

(98)

𝑚 ∗ 𝑥 𝑣 𝑡 = −𝑘 ∗ 𝑥𝑃𝑟𝑒 −𝑙𝑜𝑎𝑑 + 𝑥𝑣(𝑡) +𝜋

4∗ 𝑝𝑈𝑝 − 𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛 ∗ 𝑑𝑝

2 (99)

In fase di scarico la pressione di valle è nota e mantenuta costante, mentre in fase di aspirazione è nota e

mantenuta costante la pressione di monte. La forza motrice, che genera un flusso in uscita o in ingresso dalla

camera di compressione, è la differenza di pressione tra monte e valle delle valvole. Trascurando gli attriti

fluidodinamici e fissate le pressioni dell’impianto, questa differenza dipende dalla variazione di pressione

all’interno della camera di compressione durante le fasi di scarico e aspirazione. Quindi la fuoriuscita o

l’ingresso di gas nella camera causano una riduzione o un aumento di pressione della stessa, e di conseguenza

un flusso variabile nel tempo attraverso le valvole. Con il passare del tempo la pressione della camera si

avvicina sempre di più a quella dell’impianto fino ad avere una differenza nulla tra le due, a questo punto la

velocità diventa nulla e termina la fase di scarico o di aspirazione. La scelta della costante elastica delle

valvole è importante al fine di garantire una corretta apertura e chiusura delle valvole. La valvola di scarico si

deve aprire una volta raggiunta la pressione massima del ciclo e si deve chiudere quando la variazione di

pressione attraverso la valvola è nulla. Invece la valvola di aspirazione si deve aprire quando la temperatura,

alla fine dell’espansione del gas nel volume morto, è pari alla temperatura iniziale del ciclo di compressione

(essendo la laminazione isoentalpica e quindi isoterma per un gas ideale). Un altro parametro importante è il

diametro delle valvole, questo deve essere determinato in modo tale che, alla fine delle fasi di aspirazione o

scarico, la pressione della camera di compressione sia pari a quella massima o minima del ciclo frigorifero.

Capitolo 3. Modello di calcolo

99

3.1.4 Flusso di calcolo

Dopo aver elencato le ipotesi principali e la modellazione della dinamica delle valvole, si riporta un breve

elenco dei vari passaggi di calcolo affrontati nell’algoritmo di simulazione del funzionamento del

compressore, per ognuno dei quali verrà dedicato un paragrafo per una trattazione più approfondita.

Figura 140. Flusso di calcolo

Capitolo 3. Modello di calcolo

100

3.1.5 Volume della camera di compressione

Il volume della camera di compressione è funzione del tempo e comprende il volume di gas contenuto nella

porzione di cilindro compresa tra il pistone, la testa del cilindro e la sua superficie laterale. Il volume in un

determinato istante dipende quindi dalla posizione del pistone che si muove di moto rettilineo alternato,

quindi di moto periodico. Si è deciso di adottare il sistema di riferimento rappresentato in Figura 141 in cui il

volume minimo si ha in prossimità della testa del pistone, mentre il volume massimo in prossimità del punto

morto inferiore (BDC). Ovviamente il pistone, durante la sua corsa, non arriva in prossimità della testa del

cilindro ma si ferma al punto morto superiore (TDC), di conseguenza nella descrizione del volume del gas

nella camera di compressione si deve considerare anche il volume morto. Fissato un certo istante di tempo, il

volume del gas coincide con il volume della porzione di cilindro compreso tra la testa ed il pistone. Tale

volume si calcola semplicemente moltiplicando la distanza tra la testa del cilindro e la posizione del pistone

(rappresentata dalla coordinata x) per l’area del cilindro. L’area del cilindro è funzione del suo diametro

interno (alesaggio) da non confondere con il diametro del pistone, tra questi due diametri c’è la differenza di

due volte il gioco. Questa differenza è mostrata in modo chiaro in Figura 135.

𝑉𝑐𝑦𝑙 𝑡 = 𝐴𝑐𝑦𝑙 ∗ 𝑥𝑝𝑖𝑠𝑡 (𝑡) (100)

𝐴𝑐𝑦𝑙 = 𝜋 ∗𝐷𝑐𝑦𝑙

2

4 (101)

𝑥𝑝𝑖𝑠𝑡 𝑡 = 𝐿𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒

2∗ 1 + 𝑐𝑜𝑠 𝜔𝑡 + 𝑥𝑑𝑒𝑎𝑑 (102)

𝜔 = 2𝜋𝑓𝑓𝑒𝑒𝑑 (103)

𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 𝑡 = −𝜔𝐿𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒

2∗ sin(𝜔𝑡) (104)

𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 𝑡 = −𝜔2𝐿𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒

2cos(𝜔𝑡) (105)

Come si può notare dall’equazione (102), si è scelto di descrivere la posizione del pistone con un moto

cosinusoidale centrato in L/2, considerando il volume morto in modo tale che nell’istante t=0 il pistone si

trovi alla massima distanza dall’origine, nell’istante t=π/ω si trovi al punto morto superiore e nell’istante

t=2π/ω si ritrovi nel punto morto inferiore. Quindi il periodo del moto è pari a 2π/ω e di conseguenza è

funzione della frequenza del sistema. La velocità e l’accelerazione del pistone sono ottenute per derivazione

analitica del primo e secondo ordine della funzione dello spazio, e come quest’ultima, rispondo alle

caratteristiche del moto periodico. Come già introdotto nel capitolo precedente nella descrizione dei

compressori lineari, il sistema di compressione (motore elettromagnetico e compressore) può essere visto

come un sistema dinamico descritto dall’equazione differenziale del secondo ordine che rappresenta il

Figura 141. Volume della camera di compressione

Capitolo 3. Modello di calcolo

101

secondo principio della dinamica. Questa equazione considera l’accelerazione della massa mobile (pistone e

magnete), gli attriti meccanici tra pistone e cilindro e le perdite per trafilamento, gli effetti molla (molla

motore e molla gas) e la forzante elettromagnetica. Da tale equazione si può determinare la frequenza di

risonanza del sistema, legata alla radice quadrata delle costanti elastiche sulle masse mobili, corretta con un

coefficiente che tenga conto delle voci di perdita. Tale operazione richiede però una buona conoscenza di

molti parametri nei vari stati termodinamici del ciclo di compressione che non sono noti a priori, quindi è

difficilmente determinabile all’inizio dei calcoli. Si ipotizza quindi una frequenza di risonanza di 50 Hz pari

alla frequenza di rete, calcolando così il volume della camera di compressione e risolvendo i successivi punti

del flusso di calcolo. Alla fine dei conti, noti tutti i parametri, si determina la frequenza di risonanza del

sistema e si itera successivamente sulla costante elastica della molla del motore, in modo che la frequenza di

risonanza sia uguale al valore della frequenza operativa stabilita in questa fase preliminare. Iterare sulla

costante elastica della molla del motore è un’operazione ragionevole in quanto tale componente non rientra

nello schema riportato in Figura 135 e quindi non influenza i risultati ottenuti nelle fasi precedenti.

3.1.6 Fasi di compressione e dinamica delle valvole

Il ciclo termodinamico di compressione si suddivide in 4 fasi: compressione, scarico, espansione del gas nel

volume morto ed aspirazione. In Figura 142 è rappresentato il ciclo di compressione ideale (linea blu

tratteggiata) ed il ciclo reale (linea rossa continua) e si può notare ognuna delle 4 fasi in precedenza citate.

Questo grafico è stato estratto dal lavoro [9]. In seguito per ognuna di queste fasi viene dedicato un paragrafo

alla descrizione del modello utilizzato in ognuna di esse. Sempre dalla figura si può notare come nel ciclo

reale la pressione durante la fase di scarico e aspirazione non sia costante all’interno della camera di

compressione, si assume però che la pressione del ciclo frigorifero di raffreddamento a valle della valvola di

scarico (Pmax) e quella a monte della valvola di aspirazione (Pmin) sia costante. I punti 1, 2, 3, 4

rappresentano i quattro punti caratteristici del ciclo termodinamico ideale di compressione e come si può

notare, nel ciclo ideale la pressione al punto 2 è uguale a quella del punto 3, come pure quella del punto 1, è

uguale a quella del punto 4. La pressione massima e minima del ciclo di compressione (P1 e P2) vengono

utilizzate nella costruzione del modello matematico, ricavando gli altri punti del ciclo frutto degli effetti del

ciclo reale e quindi differenti dalle condizioni ideali. Le pressioni P1 e P2 sono quindi stabilite a priori e

derivano dalla conoscenza del ciclo frigorifero. I valori riportati nella figura sono stati estratti dal lavoro [9],

nel quale i parametri del ciclo sono differenti da quelli utilizzati in questa sede. La lettura dei dati del grafico

deve quindi essere fatta a scopo qualitativo ed indicativo per quanto riguarda i valori assoluti delle pressioni

e dei volumi. Le equazioni che descrivono le varie fase del ciclo di compressione verranno risolte per ognuno

degli istanti temporali in cui è stato discretizzato il periodo del pistone.

Figura 142. Diagramma P-V del ciclo di compressione [9]

Capitolo 3. Modello di calcolo

102

3.1.6.1 Fase 1: compressione

La fase 1 viene risolta imponendo il valore della temperatura all’interno della camera di compressione al

punto 1 pari a quella del gas a monte della valvola di aspirazione, in quanto la laminazione è isoentalpica. La

pressione al punto 1, come quella al punto 2, sono ritenute note (stabilite a priori dalla conoscenza del ciclo

frigorifero), mentre le altre pressioni del ciclo di compressione sono ricavate considerando gli effetti reali del

ciclo di compressione che si interfaccia con il ciclo frigorifero. Si ritiene inoltre noto il volume al punto 1

perché, essendo al tempo iniziale, corrisponde al volume massimo. Successivamente si discretezza la

variabile tempo in piccoli passi ∆t. Per ogni intervallo temporale, la pressione finale viene calcolata con

l’equazione (106) che rappresenta la compressione isoentropica.

𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑖 = 𝑝𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) ∗ 𝑉𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝑉𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝛾

(106)

In realtà la compressione non è isoentropica, ma si assume un certo rendimento isoentropico che tenga conto

delle perdite fluidodinamiche. Di conseguenza, a pari pressione, la temperatura finale di compressione reale è

maggiore di quella ideale, è quindi necessario passare attraverso la definizione del rendimento isoentropico.

Si deve quindi calcolare la temperatura e l’entalpia di compressione isoentropica, ricavare dal rendimento

isoentropico l’entalpia finale reale e, da questa, la temperatura reale. Si indica con “1” il punto iniziale della

compressione, con “2,is” il punto finale della compressione isoentropica e con “2” il punto finale della

compressione reale.

𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠 𝑡𝑖 = 𝑇𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) ∗ 𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝑝𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝛾−1𝛾

(107)

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠(𝑡𝑖) = 𝑕0,𝑟𝑖𝑓 +𝑎𝑐𝑝

2∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠

2(𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓2 + 𝑏𝑐𝑝 ∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠(𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓 (108)

휂𝑖𝑠(𝑡𝑖) = 𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠 − 𝑕𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 − 𝑕𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒

𝑡𝑖

= 0.9 (109)

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) = 𝑕0,𝑟𝑖𝑓 +𝑎𝑐𝑝

2∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒

2(𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓2 + 𝑏𝑐𝑝 ∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓 (110)

Durante la fase di compressione si deve considerare il fatto che la massa di gas all’interno della camera di

compressione, nonostante rimangano chiuse le valvole, non resta costante a causa delle perdite di

trafilamento. Per semplicità, si assume che durante la compressione e la fase di scarico, la portata di

tarfilamento sia uscente dalla camera di compressione, mentre si assume che sia entrante durante la fase di

espansione e aspirazione. La portata di trafilamento fa variare la pressione all’interno della camera di

compressione, ma fa variare anche la pressione del volume di cilindro a monte del pistone. In realtà si

dovrebbe considerare questo effetto e calcolare la velocità di gas nella sezione di trafilamento, tenendo conto

della differenza di pressione a cavallo del pistone e della velocità del pistone stesso. Per semplicità si

considera la velocità media del gas nella sezione di trafilamento pari alla metà della velocità del pistone;

infatti sulla parete del cilindro il gas è fermo per la condizione di non scorrimento, mentre sul pistone, sempre

per la condizione di non scorrimento, si muove alla velocità del pistone.

𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 = 𝜌 ∗ 𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ 𝑣 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 (111)

𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 = 𝜋 ∗ 𝐷𝑝𝑖𝑠𝑡 + 2𝑔

2− 𝐷𝑝𝑖𝑠𝑡

2

4 (112)

𝑣 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 = 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 (𝑡𝑖)

2 (113)

Capitolo 3. Modello di calcolo

103

L’area di trafilamentoè ottenuta dalla differenza tra le aree della sezione cilindrica della camera e del pistone.

Nell’equazione (114) si calcola la massa contenuta nella camera di compressione all’inizio della fase 1,

mediante l’equazione (115) si determina la massa ad un certo istante t ed infine con l’equazione (116) si

determina la pressione alla fine del time step, dopo che è avvenuta la compressione reale e le perdite per

trafilamento.

𝑀1 =𝑝1 ∗ 𝑉1

𝑅∗ ∗ 𝑇1

(114)

𝑀 𝑡𝑖 = 𝑀(𝑡𝑖−1) − 𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 ∗ Δ𝑡 (115)

𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑝 𝑡𝑖 =𝑀 𝑡𝑖 ∗ 𝑅∗ ∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝑉(𝑡𝑖) (116)

3.1.6.2 Fase 2: scarico

La fase di scarico inizia una volta raggiunta la pressione P2. La pressione, il volume, la temperatura e quindi

la densità sono noti dalla fase precedente e in tale istante si deve aprire la valvola. I parametri noti a priori,

oltre a conoscere tutto le grandezze al punto 2, sono: la pressione a valle della valvola di scarico, mantenuta

costante ed il cui valore è imposto dal ciclo frigorifero, ed il volume finale che corrisponde al volume morto.

Le equazioni che rientrano in questa fase sono quelle che descrivono il volume della camera, l’equazione di

stato dei gas ideali, le perdite per trafilamento e la dinamica della valvola. Si deve quindi risolvere questo

sistema di equazioni trovando l’accoppiamento tra le condizioni termodinamiche della camera di

compressione ed il funzionamento della valvola. Per le equazioni che descrivono la dinamica della valvola e

la tipologia di approccio utilizzata, si rimanda al paragrafo 3.1.3. Si riporta ora il flusso di calcolo utilizzato

per ogni step temporale.

Tabella 17. Dati iniziali ad ogni passo temporale in cui viene discretizzata la fase 2

𝑡 𝑥𝑣(𝑡) 𝑥 𝑣(𝑡) 𝑥 𝑣(𝑡) 𝑥𝑣,𝑝𝑟𝑒 −𝑙𝑜𝑎𝑑 𝜌𝑈𝑝 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡) 𝑇𝑈𝑝 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡)

𝑖 = 0 𝑡 𝑉2 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜 0 0 / 𝑛𝑜𝑡𝑜 𝜌2 𝑇2

0 < 𝑖 ≤ 𝑛 𝑠𝑡𝑒𝑝𝑠 𝑡𝑖 = 𝑡𝑖−1 + ∆𝑡 HP. * * 𝑛𝑜𝑡𝑜 𝜌𝑈𝑝 ,𝑡𝑖−1 𝑇𝑈𝑝 ,𝑡𝑖−1

In Tabella 17 nella riga con i=0 sono riportati i dati iniziali da assumere al punto 2, mentre nella generica riga

con i>0 sono riportati i parametri iniziali da assumere all’inizio di ogni step temporale dopo il primo. Il

termine “*” indica che la grandezza in esame è stata calcolata, mentre con HP che è stata ipotizzata e poi

fatta convergere al suo valore reale. Si riportano ora le formule utilizzate nel processo di calcolo per ogni step

Figura 143. Perdite per trafilamento

Capitolo 3. Modello di calcolo

104

temporale, partendo dal ∆t successivo al tempo nel punto 2 in cui sono noti i parametri termodinamici

riportati in Tabella 17. La fase 2 termina al tempo in cui il volume diventa uguale al volume morto (TDC),

𝑡 𝑉𝑑𝑒𝑎𝑑 .

𝑡 = 𝑡𝑖 , 𝑛𝑜𝑡𝑖 𝑖 𝑝𝑎𝑟𝑎𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖 𝑎𝑙 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑡𝑖−1 (117)

𝑯𝑷. 𝒌𝒗 = 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒆𝒍𝒂𝒔𝒕𝒊𝒄𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒗𝒐𝒍𝒂 (118)

𝑯𝑷. 𝒅𝒑𝒐𝒓𝒕 = 𝒅𝒊𝒂𝒎𝒆𝒕𝒓𝒐 𝒅𝒊 𝒂𝒑𝒆𝒓𝒕𝒖𝒕𝒓𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒗𝒐𝒍𝒂 (119)

𝑯𝑷. 𝒙𝒗 𝒕𝒊 = 𝒑𝒐𝒔𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒗𝒐𝒍𝒂 𝒂𝒅 𝒐𝒈𝒏𝒊 𝒕𝒊𝒎𝒆 𝒔𝒕𝒆𝒑 (120)

𝑥 𝑣 𝑡 =𝑥𝑣(𝑡𝑖) − 𝑥𝑣(𝑡𝑖−1)

𝑡𝑖−1 − 𝑡𝑖

(121)

𝑥 𝑣 𝑡 =𝑥 𝑣(𝑡𝑖) − 𝑥 𝑣(𝑡𝑖−1)

𝑡𝑖−1 − 𝑡𝑖

(122)

𝜌𝑈𝑝 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑖 = 𝜌𝑈𝑝 𝑡𝑖−1 𝑇𝑈𝑝 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑖 = 𝑇𝑈𝑝 𝑡𝑖 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (123)

𝑝𝑑𝑜𝑤𝑛 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (124)

𝑤𝑝 (𝑡𝑖) = 2 ∗ 𝛾

𝛾 − 1 ∗

𝑝𝑈𝑝 (𝑡𝑖)𝑝 ,𝑣

𝜌𝑈𝑝 (𝑡𝑖) ∗ 1 −

𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛

𝑝𝑈𝑝 (𝑡𝑖)𝑝 ,𝑣

𝛾−1𝛾

(125)

𝑠𝑒 𝑤𝑣 𝑡𝑖 > 𝑤𝑐(𝑡𝑖) = 2 ∗𝛾

𝛾 − 1∗

𝑝𝑈𝑝 𝑡𝑖

𝜌𝑈𝑝 𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑤𝑣 𝑡𝑖 = 𝑤𝑐(𝑡𝑖) (126)

𝜌𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 (𝑡𝑖) = 𝜌𝑢𝑝 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 (𝑡𝑖) ∗ 𝑝𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 (𝑡𝑖)

𝑝𝑢𝑝 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 (𝑡𝑖)

1𝛾

(127)

𝑚 𝑓𝑙𝑜𝑤 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 𝑡𝑖 = 𝜌𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 𝑡𝑖 ∗ 𝜋 ∗𝑑𝑝

2

4∗ 𝑤𝑝(𝑡𝑖) (128)

𝐹 𝑒𝑙 (𝑡𝑖) = −𝑘 ∗ (𝑥 𝑡𝑖 𝑣 + 𝑥 𝑃𝑟𝑒 −𝑙𝑜𝑎𝑑 ) (129)

𝐹 ∆𝑝 =𝜋

4∗ 𝑝𝑈𝑃 (𝑡𝑖) − 𝑝𝑑𝑜𝑤𝑛 ∗ 𝑑𝑝

2 (130)

𝑚 ∗ 𝑥 𝑣 𝑡𝑖 = 𝐹 𝑃𝑟𝑒−𝑙𝑜𝑎𝑑 (𝑡𝑖) + 𝐹 ∆𝑝(𝑡𝑖) (131)

𝑣 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 = 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡

2 (132)

𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 = 𝜌𝑈𝑝 𝑡𝑖 ∗ 𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ 𝑣 𝑙𝑒𝑎𝑘 (𝑡𝑖) (133)

𝑀 𝑡𝑖 = 𝑀 𝑡𝑖−1 − 𝑚 𝑓𝑙𝑜𝑤 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 𝑡𝑖 ∗ Δ𝑡 − 𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 ∗ Δ𝑡 (134)

𝜌𝑈𝑝 𝑡𝑖 =𝑀(𝑡𝑖)

𝑉(𝑡𝑖) (135)

𝑝𝑈𝑝 𝑡𝑖 =𝑀 𝑡𝑖 ∗ 𝑅∗ ∗ 𝑇𝑢𝑝

𝑉(𝑡𝑖) (136)

Capitolo 3. Modello di calcolo

105

𝒊𝒕𝒆𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒔𝒖𝒍 𝒅𝒊𝒂𝒎𝒆𝒕𝒓𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒗𝒐𝒍𝒂, 𝒊𝒑𝒐𝒕𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒐 𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒆𝒒𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 (119), 𝒇𝒊𝒏𝒄𝒉è 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒇𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒇𝒂𝒔𝒆 𝟐 è 𝒖𝒈𝒖𝒂𝒍𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒎𝒂𝒔𝒔𝒊𝒎𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒊𝒄𝒍𝒐 𝒇𝒓𝒊𝒈𝒐𝒓𝒊𝒇𝒆𝒓𝒐

(137)

𝒊𝒕𝒆𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒅 𝒐𝒈𝒏𝒊 𝒕𝒊𝒎𝒆 𝒔𝒕𝒆𝒑 𝒔𝒖 𝒙𝒗 𝒕𝒊 𝒊𝒑𝒐𝒕𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒐 𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒆𝒒𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 (120) 𝒊𝒏 𝒎𝒐𝒅𝒐

𝒅𝒂 𝒓𝒊𝒔𝒐𝒍𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒍′𝒆𝒒𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 (131) (138)

𝒒𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒕 = 𝒕 𝑽𝒅𝒆𝒂𝒅 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒇𝒊𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒂𝒍 𝒇𝒂𝒔𝒆 𝟐, 𝒅𝒆𝒕𝒆𝒓𝒎𝒊𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒇𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒊

𝒙𝒗 𝒕 𝑽𝒅𝒆𝒂𝒅 𝒆 𝒊𝒕𝒆𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒔𝒖𝒍 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒗𝒍𝒂 𝒌𝒗 , 𝒊𝒑𝒐𝒕𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒂

𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒆𝒒𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 (118), 𝒓𝒊𝒔𝒗𝒐𝒍𝒈𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒊𝒍 𝒄𝒂𝒍𝒄𝒐𝒍𝒐 𝒊𝒕𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐

𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒆𝒒𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 (120) − (122)𝒆 (129) − (130)(131)𝒇𝒊𝒏𝒄𝒉è 𝒙𝒗 𝒕 𝑽𝒅𝒆𝒂𝒅 = 𝟎

(139)

Le precedenti equazioni, risolte per ogni istante temporale, permettono di trovare l’accoppiamento tra la

dinamica della valvola e le condizioni termodinamiche all’interno della camera di compressione,

considerando costante la pressione di mandata all’impianto. L’equazione della dinamica delle valvole viene

risolta con il metodo di Eulero implicito, nel quale le variabili dipendono dall’istante temporale considerato e

da quello precedente. In realtà, visto che si trascurano gli attriti fluidodinamici tra gas e valvole, la dinamica

delle valvole è svincolata dalle condizioni termodinamiche della camera di compressione, ovvero la

posizione istantanea della valvola può essere determinata dopo avere determinato i punti termodinamici della

fase di scarico. Per fare ciò è necessario determinare la portata di scarico e quindi la velocità del gas in uscita

dalla camera di compressione mediante l’equazione (125). Risolvendo quindi le equazioni (125)-(128) e le

equazioni e (133)-(136) ad ogni istante temporale, è possibile determinare le condizioni termodinamiche

all’interno della camera di compressione. Successivamente si deve iterare sul diametro di apertura della

valvola per fare in modo che la pressione finale all’interno della camera di compressione sia uguale alla

pressione massima del ciclo frigorifero (Δp nullo alla fine dell’efflusso isoentropico). Si deve poi iterare ad

ogni time step sul valore della posizione della valvola per determinare la sua posizione istantanea. Una volta

determinata la posizione della valvola istante per istante, si deve iterare sul valore della costante elastica della

valvola con il metodo della bisezione, per fare in modo che alla fine della fase 2 la valvola sia chiusa.

Come verrà mostrato nei casi studio simulati, tra i parametri del compressore scelti a priori si stabilisce

anche la massa della valvola. Il suo valore non è oggetto di iterazione, ma potrebbe capitare che in alcuni

casi, a seconda dei parametri di funzionamento del compressore (specialmente le pressioni minime e

massime), l’iterazione sulla costante elastica delle valvole non sia sufficiente a garantirne la corretta apertura

e chiusura. In tal caso si deve variare leggermente il valore della massa delle valvole e successivamente

iterare sul valore della costante elastica fino a garantirne la corretta apertura e chiusura.

La pressione, temperatura e densità all’interno della camera di compressione quando la valvola si chiude,

sono i valori iniziali di tali grandezze per la fase 3.

3.1.6.3 Fase 3: espansione del gas nel volume morto

Questa fase è simile alla fase 1. Per ogni istante temporale il volume è definito dall’equazione (100), mentre

la pressione è determinata dall’espansione isoentropica del gas riportata nell’equazione (141) estratta dal

lavoro [6]. Come per la compressione, si assume anche in questo caso un rendimento isoentropico di

espansione pari a 0.9, in modo da considerare gli attriti fluidodinamici. Mediante l’equazione (142) si ricava

la temperatura finale del processo di espansione isoentropico, con l’equazione (143) si determina l’entalpia

del gas ideale alla fine dell’espansione isoentropica, mediante l’equazione (144) si ricava l’entalpia del gas

alla fine dell’espansione reale e con l’equazione (145) si determina la temperatura del gas alla fine del

processo reale. La massa di gas contenuta nella camera di compressione in un certo istante viene calcolata

con l’equazione (147), la portata di trafilamento viene considerata entrante nel sistema e la velocità media del

gas nella sezione di trafilamento viene calcolata con la stessa formula già riportata per la fase 1 e 2.

𝐻𝑃. 𝑝4 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑠𝑒 3, 𝑝4 < 𝑝1 (140)

𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑖 = 𝑝𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) ∗ 𝑉𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝑉𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝛾

(141)

𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠 𝑡𝑖 = 𝑇𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) ∗ 𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝑝𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖)

𝛾−1𝛾

(142)

Capitolo 3. Modello di calcolo

106

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠(𝑡𝑖) = 𝑕0,𝑟𝑖𝑓 +𝑎𝑐𝑝

2∗ 𝑇2,𝑖𝑠

2(𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓2 + 𝑏𝑐𝑝 ∗ 𝑇2,𝑖𝑠(𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓 (143)

휂𝑖𝑠 = 𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 − 𝑕𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 ,𝑖𝑠 − 𝑕𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒

𝑡𝑖

= 0.9 (144)

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) = 𝑕0,𝑟𝑖𝑓 +𝑎𝑐𝑝

2∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒

2(𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓2 + 𝑏𝑐𝑝 ∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 (𝑡𝑖) − 𝑇𝑟𝑖𝑓 (145)

𝑀 𝑡𝑖−1 = 𝑀(𝑡𝑖) + 𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ Δ𝑡 (146)

𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑝 𝑡𝑖 =𝑀 𝑡𝑖 ∗ 𝑅∗ ∗ 𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒

𝑉(𝑡𝑖) (147)

La fase 3 termina quando la temperatura finale della fase 3 è pari alla temperatura iniziale del ciclo

compressione (T1), infatti nella fase 4 si considera la laminazione isoentalpica e quindi la temperatura della

fase 4 è costante, visto che si sta trattando un problema a parametri concentrati e che la temperatura del gas

proveniente dal ciclo frigorifero a monte della valvola è costante. Una volta terminata la fase 3 si apre la

valvola di aspirazione e quindi il volume, la temperatura e la pressione in questo istante costituiscono i valori

iniziali della fase 4.

3.1.6.4 Fase 4: aspirazione

La fase 4 inizia con l’apertura della valvola di aspirazione, posta all’interno del magnete permanente cavo

nel punto di contatto con il pistone, quando si raggiunge le pressione P4. Il processo di calcolo utilizzato è

uguale a quello utilizzato per la fase 2. L’unica differenza è che la pressione a monte della valvola è ritenuta

costante e coincide con la pressione minima del ciclo frigorifero.

Quindi la pressione a valle della valvola, che costituisce la pressione all’interno della camera di

compressione, è funzione del tempo. Inoltre anche la densità e la temperatura a monte della valvola sono

costanti, invece la densità e la temperatura all’interno della camera di compressione sono funzione del

tempo. Di seguito si riportano le differenze rispetto alla fase 2.

𝑝𝑈𝑝 𝑡 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 𝜌𝑈𝑝 𝑡 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 𝑇𝑈𝑝 𝑡 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (148)

𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 = 𝜌4 𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 = 𝑝4 𝑇𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 = 𝑇4 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (149)

𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖 = 𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖−1 𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖 = 𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖−1 𝑇𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (150)

𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 = 𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 𝑡𝑖 ∗ 𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ 𝑣 𝑙𝑒𝑎𝑘 (𝑡𝑖) (151)

𝑀 𝑡𝑖 = 𝑀 𝑡𝑖−1 + 𝑚 𝑓𝑙𝑜𝑤 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 𝑡𝑖 ∗ Δ𝑡 + 𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 𝑡𝑖 ∗ Δ𝑡 (152)

𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖 =𝑀(𝑡𝑖)

𝑉(𝑡𝑖) (153)

𝑝𝑑𝑜𝑤𝑛 𝑡𝑖 =𝑀 𝑡𝑖 ∗ 𝑅∗ ∗ 𝑇𝑑𝑜𝑤𝑛

𝑉(𝑡𝑖) (154)

Capitolo 3. Modello di calcolo

107

Le equazioni, presenti nello schema di calcolo della fase 2 che non sono state riportate, rimangono

esattamente uguali, ricordandosi che la pressione a monte della valvola non è funzione del tempo mentre lo è

quella a valle. Iterando sul diametro della valvola di aspirazione si deve ottenere una pressione finale nella

camera di compressione pari alla pressione p1 iniziale del ciclo di compressione (Δp nullo alla fine

dell’efflusso isoentropico). Infatti, fissata la temperatura ed il volume iniziale della fase 1, una pressione

finale della fase 4 pari alla pressione iniziale p1, garantisce che venga rispettato il bilancio di massa

all’interno del cilindro durante un ciclo di compressione.

L’equazione della dinamica delle valvole viene risolta con il metodo di Eulero implicito. Si deve inoltre

ottenere la chiusura della valvola di aspirazione in corrispondenza del punto morto inferiore (V max) iterando

sulla costante elastica della valvola con il metodo della bisezione. Per quanto riguarda la scelta della massa

della valvola valgono gli stessi ragionamenti fatti per la fase 2.

In Figura 144 sono riportate le fasi principali dell’algoritmo del ciclo di compressione.

Figura 144. Algoritmo del ciclo di compressione

Capitolo 3. Modello di calcolo

108

3.1.7 Determinazione della costante elastica della molla del motore

E’ necessario determinare la costante elastica della molla del motore elettromagnetico in modo tale che il

sistema sia in risonanza alla frequenza di alimentazione predefinita. Applicando il modello della dinamica del

pistone descritto nella rassegna bibliografica con l’equazione (9), si ottiene un’equazione differenziale del

secondo ordine che risponde al secondo principio della dinamica, dalla quale si ricavano le seguenti formule

per il calcolo della frequenza di risonanza. Le seguenti equazioni sono state estratte dal lavoro [10].

𝒇 = 𝒇𝒑𝒓𝒆𝒅𝒆𝒇𝒊𝒏𝒊𝒕𝒂 (155)

𝑯𝑷. 𝒌𝒎𝒆𝒄𝒉𝒎𝒐𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒐𝒕𝒐𝒓𝒆 (156)

𝑊𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 = 𝑑𝑎𝑙 𝑏𝑖𝑙𝑎𝑛𝑐𝑖𝑜 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑒𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑜 𝑖𝑛 𝑠𝑒𝑔𝑢𝑖𝑡𝑜 (157)

𝑘𝑡𝑜𝑡 = 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 + 𝑘𝑔𝑎𝑠 = 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 + 𝑝3 − 𝑝4 ∗ 𝐴𝑝𝑖𝑠𝑡

𝑥𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒

(158)

𝜔𝑛 = 𝑘𝑡𝑜𝑡

𝑀𝑚𝑜𝑣

(159)

𝑐𝑒𝑓𝑓 = 𝑊𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 + 𝑊𝑎𝑡𝑡𝑟 = 𝑊𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒

𝜔𝑟𝑒𝑠 𝜋𝑥𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒2 (160)

𝜉 =𝑐𝑒𝑓𝑓

2𝑀𝑚𝑜𝑣 ∗ 𝜔𝑛

(161)

𝜔𝑟𝑒𝑠 = 𝜔𝑛 ∗ 1 − 𝜉2 (162)

𝑓𝑟𝑒𝑠 =𝜔𝑟𝑒𝑠

2𝜋 (163)

𝒊𝒕𝒆𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒔𝒖 𝒌𝒎𝒆𝒄𝒉𝒎𝒐𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒐𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒇𝒊𝒏𝒄𝒉è 𝒇𝒓𝒆𝒔 = 𝒇𝒑𝒓𝒆𝒅𝒆𝒇𝒊𝒏𝒊𝒕𝒂, 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒂

𝒑𝒆𝒓 𝒅𝒆𝒕𝒓𝒎𝒊𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆 𝒅𝒊 𝒗𝒂𝒓𝒊𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒗𝒐𝒍𝒖𝒎𝒆 𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒄𝒂𝒎𝒆𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒑𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 (164)

La massa mobile del sistema viene fissata pari a 0,5 kg in riferimento ai dati trovati in letteratura. Può

capitare, che per un certo valore delle masse mobili, la costante della molla diventi negativa per soddisfare le

condizioni di risonanza. Ma ciò non ha significato fisico e di conseguenza, se il valore della costante della

molla diventa negativo, viene incrementata la massa mobile del sistema.

Tale problema si è riscontrato solamente nei casi con un diametro elevato ed un basso rapporto corsa-

alesaggio, per i quali la costante del gas diventa troppo alta, e per avere il giusto rapporto tra la costante

elastica totale e la massa mobile pari a 0,5 kg, la costante meccanica dovrebbe diventare negativa e quindi è

necessario agire sulla massa mobile aumentandola. Nelle precedenti equazioni è richiesta la conoscenza

della potenza persa per attrito meccanico in modo da determinare il lavoro reale, ma la potenza persa per

attrito è funzione della costante elastica della molla risonante determinata in questa fase. Di conseguenza si

sceglie di determinare la costante elastica della molla trascurando la potenza persa per attrito meccanico.

Successivamente, nota la costante elastica, si determina tale potenza e si verifica che, inserendo il suo valore

nell’algoritmo precedentemente mostrato, il valore della nuova costante elastica non cambia sensibilmente

rispetto al valore ottenuto trascurando l’attrito meccanico. In tutti i casi studio simulati in seguito, tale

condizione di verifica è sempre soddisfatta.

Capitolo 3. Modello di calcolo

109

3.1.8 Bilancio energetico e calcolo delle perdite

Per determinare la potenza meccanica reale fornita dal pistone, si deve risolvere il bilancio energetico alla

camera di compressione per piccoli intervalli temporali. In questa sezione ci si è ispirati al lavoro [34].

Nel bilancio energetico si devono considerare anche la potenza meccanica persa per attrito e le perdite

termiche nelle varie fasi del ciclo di compressione. Le equazioni utilizzate per risolvere il bilancio energetico

al sistema vengono applicate ad ogni istante temporale in cui viene discretizzato il periodo del pistone.

𝑑𝐸

𝑑𝑡 𝑡𝑖

= 𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ± 𝑄

𝑙𝑜𝑠𝑠 𝑒𝑛𝑣 ± 𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ 𝑕𝑙𝑒𝑎𝑘 − 𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 ∗ 𝑕𝑠𝑐𝑎𝑟 + 𝑚 𝑎𝑠𝑝 ∗ 𝑕𝑎𝑠𝑝 − 𝑊 𝑎𝑡𝑡𝑟

𝑡𝑖 (165)

𝑑𝐸 𝑡𝑖 = 𝑑𝑈 𝑡𝑖 𝑑𝑧 = 0; 𝑑𝐸𝑐𝑖𝑛𝑒𝑡𝑖𝑐𝑎 ≈ 0 ; 𝑑𝐸

𝑑𝑡 𝑡𝑖

= ∆𝑈

∆𝑡 𝑡𝑖−1

𝑡 𝑖

= 𝑀(𝑡𝑖) ∗ 𝑢(𝑡𝑖) − 𝑀(𝑡𝑖−1) ∗ 𝑢(𝑡𝑖−1)

∆𝑡 (166)

𝑕 𝑡𝑖 = 𝑕0,𝑟𝑖𝑓 +𝑎𝑐𝑝

2∗ 𝑇2(𝑡𝑖) − 𝑇2

𝑟𝑖𝑓 + 𝑏𝑐𝑝 ∗ 𝑇 𝑡𝑖 − 𝑇𝑟𝑖𝑓 (167)

𝑢(𝑡𝑖) = 𝑕(𝑡𝑖) − 𝑝(𝑡𝑖) ∗ 𝑣∗(𝑡𝑖) (168)

Nell’equazione (165), con i simboli letterali si intende il modulo delle grandezze, mentre il segno che le

precede va assunto positivo, se la grandezza è entrante nel sistema, o negativo, se è uscente. Ovviamente,

essendo il problema in funzione del tempo, il fenomeno non è stazionario e quindi deve essere considerata la

derivata nel tempo dell’energia del gas nella camera di compressione. Determinando per ogni istante tutti i

termini dell’espressione, si può ricavare la potenza meccanica in ingresso al sistema. Se tale valore è negativo

significa che la potenza è uscente come in alcune fasi del ciclo. L’energia del sistema è approssimata

all’energia interna e ne viene calcolata la derivata numerica. L’energia interna e l’entalpia del gas nella

camera di compressione, l’entalpia del gas perso per trafilamento o del gas che fluisce attraverso le valvole,

sono calcolate con le equazioni (167) e (168). In base alla fase del ciclo alcuni termini dell’equazione si

elidono, oppure può cambiare il segno delle perdite per trafilamento. La potenza persa per attrito è sempre

uscente dal sistema ed il suo modulo si può calcolare mediante le equazione (169), (170) e (171).

Invece l’equazione (171), estratta dal lavoro [6], descrive le minime rotazioni delle masse mobili (pistone e

magnete permanente) intorno al proprio esse per effetto dell’eccentricità della molla risonante. Durante il suo

moto alterno il pistone, a causa dell’eccentricità della molla, tende a compiere delle minime rotazioni intorno

al proprio asse generando una forza normale alla superficie del cilindro con la quale viene in contatto.

Moltiplicando tale forza, descritta dall’equazione (170) estratta dal lavoro [7] e dipendente da ϴ, per il

coefficiente d’attrito radente e per la velocità istantanea del pistone, si ottiene la potenza persa per attrito

meccanico istante per istante. L’equazione (171) fa parte di un modello a due gradi di libertà di descrizione

delle vibrazioni di un compressore lineare. I due gradi di libertà corrispondono alla rotazione del pistone

intorno al proprio asse e all’oscillazione del pistone lungo l’asse x per effetto del suo moto alterno.

L’equazione delle vibrazioni lungo l’asse x è descritta dall’equazione (9) dalla quale deriva il modello

utilizzato per il calcolo della costante elastica, che garantisce il funzionamento in risonanza. L’equazione

(170) considera le vibrazioni nel sistema di riferimento (x;ϴ) calcolando la forza normale dovuta a tali effetti.

Tale equazione viene risolta con il metodo di Eulero implicito discretizzando il tempo in passi piccoli.

Nell’equazione (171) il termine 𝐽𝐶𝐺 indica il momento d’inerzia del pistone alla rotazione e si calcola

mediante l’equazione (174). Il flusso termico scambiato con l’ambiente si calcola con le equazioni (173) e

(174). Il coefficiente di scambio termico convettivo con l’ambiente esterno, come pure la conduttività del

cilindro, sono trascurati perché di entità modesta. Invece il coefficiente di scambio termico convettivo interno

si calcola con le equazioni (175) e (177). Nella Tabella 18 sono riportate le formule per il calcolo del numero

di Re e Nu per ogni fase, mentre le equazioni (173)-(177) e la Tabella 18 sono state estratte dal lavoro [34].

𝑊 𝑎𝑡𝑡𝑡𝑟 =

𝑊𝑎𝑡𝑡𝑟

∆𝑡= 𝜇 ∗ 𝑁 ∗ 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 (𝑡𝑖) (169)

𝑁 =1

𝐿𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒

∗ 𝑘 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ∗ 휀 ∗ 𝑥𝑝𝑖𝑠𝑡 (𝑡𝑖) − 𝜖휃 (170)

𝐽𝐶𝐺 ∗ 휃 𝑡𝑖 + 𝑘𝑚𝑒𝑐𝑘 ∗ 휀2 ∗ 휃 𝑡𝑖 = 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 ∗ 휀 ∗ 𝑥𝑝𝑖𝑠𝑡 (𝑡𝑖) (171)

Capitolo 3. Modello di calcolo

110

𝐽𝐶𝐺 =1

2∗ 𝑀𝑝𝑖𝑠𝑡 ∗ 𝑟𝑝𝑖𝑠𝑡

2 (172)

𝑄 𝑙𝑜𝑠𝑠 =

𝑇𝑔𝑎𝑠 𝑡𝑖 − 𝑇𝑒𝑛𝑣

𝑅𝑖𝑛𝑡

(173)

𝑅𝑡𝑜𝑡 =1

𝑕𝑖𝑛𝑡 ∗ 𝐴𝑖𝑛𝑡 𝑐𝑖𝑙

(174)

𝑁𝑢 = 𝑎 ∗ 𝑅𝑒𝑏 ∗ 𝑃𝑟𝑐 (175)

𝑁𝑢 =𝑕𝑖𝑛𝑡 ∗ 𝐷𝑐𝑦𝑙

𝑘𝑔𝑎𝑠

(176)

𝑢𝑐 𝑡 = 𝑚 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 (𝑡𝑖)

𝜌𝑔𝑎𝑠 𝑡 ∗ 𝐴𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑐𝑖𝑙

(177)

Tabella 18. Numeri di Reynolds per ogni fase del ciclo di compressione

Fase Re a b C

1 𝜌𝑔𝑎𝑠 ∗ 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 ∗ 𝐷𝑐𝑖𝑙

𝜇

𝑡𝑖

0,08 0,8 0,6

2 𝜌𝑔𝑎𝑠 ∗ (𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 + 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡

0,8 ∗ 𝑢𝑐0,2) ∗ 𝐷𝑐𝑖𝑙

𝜇

𝑡𝑖

0,08 0,8 0,6

3 Uguale alla fase 1 0,12 0,8 0,6

4 𝜌𝑔𝑎𝑠 ∗ (𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 + 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡

−0,4 ∗ 𝑢𝑐1,4) ∗ 𝐷𝑐𝑖𝑙

𝜇

𝑡𝑖

0,08 0,9 0,6

Per ogni intervallo ∆𝑡 = 𝑡𝑖 − 𝑡𝑖−1 vengono calcolate tutte queste grandezze riferite all’istante finale 𝑡𝑖 .

Applicando l’equazione (165) si ricava per ogni istante 𝑡𝑖 la potenza meccanica in ingresso, moltiplicando

tale valore per il ∆t si ottiene il lavoro di compressione per un certo ∆t, sommando poi i risultati ottenuti in

ogni Δt si ottiene il lavoro meccanico reale richiesto dal ciclo di compressione. Dividendo tale valore per il

periodo del moto del pistone, si ottiene la potenza media in ingresso al sistema. Per trovare la potenza

meccanica massima richiesta basta prendere il massimo valore tra le potenze meccaniche ottenute con

l’equazione (165) nei vari istanti temporali. Di seguito si riportano le equazioni utilizzate.

𝑊𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 = 𝑊 𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 ,𝑖 ∗ ∆𝑡

𝑛

𝑖=1

𝑊 𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 =

𝑊𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕

𝑇 𝑊

𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 ,𝑚𝑎𝑥 = max 𝑊 𝑚𝑒𝑐𝑐 𝑕 ,𝑖 (178)

3.1.9 Calcolo della potenza e del rendimento elettrico

Per determinare le prestazioni del compressore è necessario conoscere la potenza elettrica richiesta dal

motore elettrico. Nota la potenza meccanica richiesta dal ciclo di compressione, è possibile determinare la

potenza elettrica mediante la definizione del rendimento elettrico del motore, riportato nell’equazione (179).

휂𝑚𝑜𝑡 𝑒𝑙 =𝑊

𝑚𝑒𝑐 𝑕

𝑊 𝑒𝑙

(179)

Il rendimento del motore elettromagnetico viene assunto costante e pari a 0.9 come riportato nel lavoro [10].

Noto il rendimento elettrico è possibile determinare la potenza elettrica assorbita dal compressore per

determinate le prestazione del compressore e del ciclo frigorifero.

Capitolo 3. Modello di calcolo

111

3.1.10 Ciclo ideale

Il ciclo ideale di compressione è un ciclo nel quale vengono rimosse tutte le fonti di irreversibilità. La

potenza assorbita da questo ciclo, a parità di pressione minima e massima del ciclo frigorifero, viene

utilizzata in seguito per il calcolo del rendimento del compressore. Le fonti di irreversibilità che sono state

rimosse sono:

perdite termiche;

perdite per trafilamento;

perdite per attrito meccanico;

perdite per attrito fluidodinamico (compressione ed espansione isoentropica);

pressione massima e minima del ciclo di compressione pari alla pressione massima e minima del

ciclo frigorifero.

3.1.11 Calcolo delle prestazioni del compressore

Nota la potenza elettrica in ingresso al motore è possibile calcolare le prestazioni del compressore attraverso

il rendimento organico-isoentropico e volumetrico. Il rendimento organico-isoentropico viene calcolato come

la potenza meccanica assorbita del ciclo ideale di compressione (a pari pressione minima e massima) rispetto

alla potenza meccanica reale in ingresso alla camera di compressione. Moltiplicando tale rendimento per il

rendimento elettrico del motore, si ottiene il rendimento globale. Il rendimento volumetrico è definito come

la massa di gas fornita al ciclo frigorifero durante la fase di scarico rispetto alla massa iniziale presente nella

camera di compressione al punto 1. Di seguito sono riportate le equazioni per il calcolo dei rendimenti.

휂𝑜 ,𝑖𝑠 =𝑊𝑚𝑒𝑐 𝑕 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

𝑊𝑚𝑒𝑐 𝑕 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒

(180)

휂𝑔 = 휂𝑜 ,𝑖𝑠 ∗ 휂𝑚𝑜𝑡 𝑒𝑙 (181)

휂𝑣𝑜𝑙 =𝑀𝑓𝑎𝑠𝑒 2

𝑀1

(182)

Capitolo 3. Modello di calcolo

112

3.1.12 Riepilogo flusso di calcolo

Si riporta in Figura 145 lo schema del flusso di calcolo utilizzato nel modello del compressore.

Figura 145. Flusso di calcolo

Capitolo 3. Modello di calcolo

113

3.2 Modello del ciclo frigorifero

Il ciclo frigorifero è un ciclo Rankine inverso all’interno del quale lavora il compressore, di seguito si

riportano le principali caratteristiche del modello utilizzato.

3.2.1 Assunzioni

Si riportano in seguito le principali assunzioni per il ciclo frigorifero:

sistema stazionario;

si trascurano le perdite di carico del fluido nell’evaporatore e nel condensatore;

si imposta una pressione massima di 20 bar per mantenere una certa distanza dalle condizioni

critiche del fluido;

la portata circolante nell’impianto è assunta pari alla portata uscente dalla valvola di scarico, tale

portata è molto simile alla portata che fluisce attraverso la valvola di aspirazione, ma tra le due

esiste una minima differenza dell’ordine dello 0,03 % a causa delle approssimazioni nel calcolo

delle perdite di trafilamento; si sceglie quindi, visto che il sistema è stazionario, di utilizzare la

portata uscente dalla valvola di scarico.

3.2.2 Descrizione dell’impianto

Come tutti i cicli frigoriferi, il sistema è costituito da un compressore (già descritto ampiamente), un

condensatore, una valvola di laminazione ed un evaporatore.

L’evaporatore è un micro scambiatore di calore costituito da numerosi micro canali in parallelo fra loro e

posti su una superficie a sua volta in diretto contatto con la CPU. Può anche essere presente un altro micro

scambiatore di calore, che agisce da scambiatore di calore aggiuntivo, per garantire che il fluido in ingresso

al compressore sia vapore surriscaldato. Se si vuole garantire che la temperatura della CPU sia costante,

evaporatore e scambiatore di calore aggiuntivo costituiscono due scambiatori distinti con solamente

l’evaporatore a contatto con la CPU, invece lo scambiatore di calore aggiuntivo è posto a contatto con

un'altra fonte termica. In altri casi, evaporatore e scambiatore di calore aggiuntivo possono costituire un

unico scambiatore di calore, come nel modello utilizzato nella presente trattazione. Solitamente i micro canali

sono realizzati in rame, ma possono anche essere costituiti da differenti materiali prodotti con tecnologie

innovative che permettano ai micro canali di resistere alle elevate pressioni di esercizio, anche se i micro

canali in rame sono in grado di resistere alle pressioni in gioco (20 bar).

Il condensatore è uno scambiatore ad aria a flusso incrociato e deve quindi essere presente una ventola che

garantisca una sufficiente portata d’aria allo scambiatore. Il fluido nel condensatore si trova inizialmente allo

stato di vapore surriscaldato e successivamente allo stato bifase. La valvola di laminazione è costituita da un

tubo capillare avvolto ad elica, il diametro e lunghezza di tale tubo determinano la perdita di carico voluta.

Nella rassegna bibliografica è riportata una descrizione più dettagliata dei vari componenti dell’impianto.

3.2.3 Parametri del ciclo

Dopo avere determinato le prestazioni del compressore è necessario costruire un ciclo frigorifero che soddisfi

le prestazioni richieste dal componente elettronico. Nella seguente tabella si riportano i parametri

caratteristici del ciclo.

Tabella 19. Parametri del ciclo Rankine inverso

Grandezza [u.m]

Pressione minima [bar] 4.5

Temperatura evaporatore [K] 285,62

Temperatura ingresso compressore [K] 295

Pressione massima [bar] 20

Temperatura uscita compressore [K] 348,02

Temperatura condensatore [K] 340,63

Potenza evaporatore [W] 50

ΔT evaporatore [K] 5

Capitolo 3. Modello di calcolo

114

Le grandezze termodinamiche nei vari punti del ciclo sono state calcolate utilizzando il software

“REFPROP”. Tale software calcola le proprietà di fluidi reali, di conseguenza al di fuori del compressore il

fluido di lavoro viene considerato reale (non si potrebbe considerare gas ideale un fluido allo stato bifase).

All’interno del compressore, per semplicità di calcolo, si è assunto che il gas abbia comportamento ideale,

come assunto in tutti i lavori trovati in letteratura, verificando con esito positivo che all’interno del

compressore il gas sia sempre surriscaldato.

I parametri del ciclo sono stati assunti in modo da essere compatibili con il funzionamento della CPU. Visto

che a temperature prossime a 0 °C le prestazioni di tale componente peggiorano notevolmente a causa di una

notevole variazione delle resistenze elettriche con la temperatura e con una conseguente perdita di

sincronismo nel funzionamento dei vari componenti della CPU, si è ritenuto ragionevole assumere una

temperatura di buon funzionamento intorno a 20-30 °C. Dunque, assumendo una differenza di temperatura di

5 K tra il fluido frigorifero e la CPU, si è scelta una pressione minima del ciclo che garantisse una

temperatura dell’evaporatore di circa 285 K. La pressione massima è stata scelta intorno ai 20 bar in modo da

operare con un rapporto di compressione ragionevole per un compressore volumetrico a pistone. La

temperatura di ingresso del gas nel compressore è stata scelta pari a 295 K in modo tale che il gas sia

surriscaldato. Si è svolta inoltre una verifica con esito positivo sulle condizioni termodinamiche del gas in

uscita dal compressore, verificando che questo sia vapore surriscaldato. La verifica di tale condizione è stata

applicata con esito positivo a tutti i punti del ciclo di compressione, verificando che all’interno del

compressore il gas non si trovi in uno stato bifase.

La potenza termica da asportare deve essere di circa 50 W, tale valore rappresenta un buon compresso tra le

richieste dei nuovi notebook computer in grado di richiedere potenze dell’ordine di 1-10 W ed i notebook

computer non di ultima generazione che richiedono potenze dell’ordine di 100-200 W. Ovviamente al variare

dei parametri geometri del compressore si possono ottenere potenze di raffreddamento maggiori o minori di

50 W, ma si è scelto tale valore per porsi in un caso intermedio tra le nuovissime tecnologie e quello più

datate. Come viene mostrato in seguito, è possibile garantire maggiori o minori potenze di raffreddamento

senza un’eccessiva variazione delle dimensioni del compressore.

3.2.4 Calcolo delle prestazioni

Le prestazioni del ciclo frigorifero vengono valutate attraverso il COP (Coefficient of Performance),

dividendolo poi per il COP di Carnot (COP di un ciclo frigorifero ideale), è possibile determinare il

rendimento di secondo principio dell’impianto. Di seguito si riportano le formule utilizzate.

𝑄 𝑒𝑣𝑎 = 𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 𝑐𝑜𝑚𝑝 ∗ (𝑕1 − 𝑕5) (183)

𝑄 𝑐𝑜𝑛𝑑 = 𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 𝑐𝑜𝑚𝑝 ∗ (𝑕2 − 𝑕4) (184)

𝐶𝑂𝑃 =𝑄

𝑒𝑣𝑎

𝑊 𝑒𝑙 𝑐𝑜𝑚𝑝

(185)

𝐶𝑂𝑃𝑐𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 =𝑇𝑒𝑣𝑎

𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 − 𝑇𝑒𝑣𝑎

(186)

휂𝐼𝐼 =𝐶𝑂𝑃

𝐶𝑂𝑃𝐶𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡

(187)

Capitolo 3. Modello di calcolo

115

In Figura 146 è rappresentato il diagramma T-s del ciclo frigorifero i cui punti termodinamici corrispondono

agli indici utilizzati nelle formule precedenti.

Figura 146. Ciclo Rankine inverso

Capitolo 4. Validazione del modello

Dopo aver costruito il modello matematico del compressore, è necessario verificarne l’attendibilità

confrontando i risultati che esso fornisce con quelli trovati in letteratura. Perché il confronto sia valido,

questo deve essere effettuato a parità di condizioni al contorno, ovvero inserendo nel modello gli stessi

parametri geometrici e fluidodinamici di partenza del caso scelto in letteratura.

Come modello di riferimento si è assunto quello del lavoro [10], in cui è stata studiata la variazione del

rendimento organico-isoentropico del compressore (senza considerare il rendimento del motore elettrico) al

variare del rapporto corsa-alesaggio, fissato il volume spazzato dal pistone, la lunghezza della corsa morta, il

gioco tra pistone e cilindro, il fattore d’attrito e l’eccentricità della molla risonante. Il modello matematico di

riferimento, rispetto a quello costruito in tale trattazione, presenta le seguenti differenze:

attrito fluidodinamico preso in considerazione nella dinamica delle valvole;

differente modello matematico delle perdite termiche;

compressione ed espansione isoentropica.

La validazione del modello consiste nel riprodurre la curva del rendimento organico-isoentropico al variare

del rapporto corsa-alesaggio, confrontandola poi con quella del lavoro [10]. Il confronto dei risultati ottenuti

in queste simulazioni, come già accennato, deve essere effettuato a parità di condizioni al contorno, di

conseguenza oltre ad impostare nel modello gli stessi parametri geometrici, si cercano di riprodurre anche le

stesse condizioni fluidodinamiche ponendo uguale ad 1 il rendimento isoentropico di compressione ed

espansione.

Ovviamente i risultati ottenuti saranno diversi da quelli di riferimento, appunto perché si tratta di due modelli

matematici differenti. Ma tale differenza dovrà essere contenuta, ed i risultati ottenuti dovranno avere

comunque un significato fisico ragionevole. In Tabella 20 si riportano i parametri iniziali fissati pari a quelli

del modello di riferimento, mentre in Tabella 21 quelli che variano al variare delle simulazioni.

Tabella 20. Condizioni al contorno

Eccentricità della molla risonante [m] 0,005

Gioco [m] 0,000003

Fattore d’attrito [nondim] 0,1

Lunghezza corsa morta [m] 0,003

Volume spazzato dal pistone [m^3] 0,000006

Rendimento isoentropico [nondim] 1

Tabella 21. Parametri variabili

Rapporto corsa-alesaggio [nondim] Diametro [m]

0,014 2,78

0,016 1,86

0,017 1,55

0,0196 1

0,0248 0,5

Per ognuno dei precedenti casi si determina il rendimento organico- isoentropico, riportando in un grafico i

risultati ottenuti per confrontarli con i valori trovati in letteratura.

In Figura 147 si può notare come il modello utilizzato in questa trattazione fornisca risultati abbastanza simili

al modello di riferimento per bassi rapporti corsa-alesaggio, discostandosi di qualche punto percentuale

all’aumentare di questa variabile. Si ritiene che tale differenza sia dovuta principalmente al differente

modello matematico utilizzato per il calcolo delle perdite termiche. Il modello termico utilizzato nella

presente trattazione è stato estratto dal lavoro [34], nel quale, per ogni fase del ciclo di compressione è

prevista una differente equazione di scambio termico. Invece nel modello di riferimento del lavoro [10] non

si considerano le varie fasi del ciclo. Si ritiene quindi che il modello termico utilizzato porti ad una

valutazione più dettagliata delle perdite termiche, le quali risultano essere maggiori di quelle del lavoro di

Capitolo 4. Validazione del modello

118

riferimento. I risultati ottenuti mostrano comunque lo stesso andamento del modello di riferimento al variare

del rapporto corsa-alesaggio, indicando che i fenomeni fisici che avvengono all’interno del compressore sono

descritti correttamente.

Inoltre, ottenere una sottostima del rendimento è sempre meglio che avere sovrastima, ovvero avere un valore

maggiore di ciò che si ottiene realmente. La validazione del modello descritto nel capitolo precedente si può

ritenere positiva, infatti i risultati ottenuti mostrano la stessa tendenza ed un valore numerico simile al

modello di riferimento. Come mostrato nei capitoli successivi, il compressore verrà progettato nel punto di

suo massimo rendimento; come mostrato nella figura sottostante, per rendimenti elevati il modello si può

ritenere molto affidabile perché si avvicina molto alla curva di riferimento.

Figura 147. Confronto tra i rendimenti organico-isoentropici

Capitolo 5. Casi studio

Come tutte le macchine, anche il compressore a pistone oggetto di studio lavora con diversa efficienza al

variare di alcuni parametri. Tra quelli che possono influenzare il rendimento del compressore e quindi del

ciclo frigorifero, quello maggiormente citato in letteratura è il rapporto corsa-alesaggio. Si è deciso quindi di

studiare l’influenza di tale parametro sulle prestazioni del compressore.

Inoltre, visto che il compressore deve essere integrato all’interno di un notebook computer, sono molto

importanti le sue dimensioni. Il sistema compressore più motore elettrico lineare può essere visto come un

blocco cilindrico nel quale la maggior parte della lunghezza è occupata dal motore elettrico. Visto che non ci

si occupa del motore elettrico in tale trattazione, tale dimensione varia poco al variare della lunghezza della

camera di compressione (rapporto corsa-alesaggio). Invece il diametro del blocco cilindrico dipende molto

dal diametro del pistone, infatti il primo è di poco maggiore del diametro della molla risonante che a sua

volta è di poco maggiore del diametro del pistone. Lo studio delle prestazioni del compressore al variare del

diametro è molto importante, infatti, se una lunghezza del blocco cilindrico può arrivare fino a 15 cm

adattandosi alle dimensioni di un notebook computer, un diametro eccessivo non permetterebbe a questo

sistema di adattarsi in un notebook computer visto la tendenza a realizzare PC sempre più sottili. Di

conseguenza si è deciso di analizzare le prestazioni del compressore al variare del diametro del pistone e per

ogni dimetro, al variare del rapporto corsa-alesaggio.

5.1.1 Parametri fissati

I parametri del compressore e del ciclo che sono fissati a priori, o per i quali è stabilita una legge di

variazione al variare del caso oggetto di studio, sono i seguenti:

pressione massima del ciclo frigorifero (20 bar);

pressione minima del ciclo frigorifero (4,5 bar);

pressione massima del ciclo di compressione (10% in più della pressione massima del ciclo

frigorifero);

temperatura T1 del gas in ingresso al compressore (295 K);

rendimento isoentropico di espansione e compressione (0,9);

gioco tra pistone e cilindro (1 μm);

lunghezza della corsa morta (10% della corsa del pistone);

fattore d’attrito (μ=0,1);

eccentricità della molla risonante (60 % del diametro del pistone);

frequenza (50 Hz);

deformazione di precarico delle valvole (x pre-load=0,00001 m);

massa delle valvole (m valve=0,001 kg) che può essere variata durante la risoluzione dell’algoritmo

della chiusura delle valvole, qualora non sia sufficiente agire solamente sulla costante elastica;

massa mobile del compressore pari a 0,5 kg e aumentata nei casi con diametro elevato e basso

rapporto corsa-alesaggio.

5.1.2 Simulazioni effettuate

Si è scelto di variare il diametro del pistone da 5 mm a 2,5 cm e per ogni diametro è stato fatto variare il

rapporto corsa-alesaggio da 0,2 a 2,5. Si riportano nella seguente tabelle i casi simulati.

Tabella 22. Diametri del pistone

D [m] 0,005 0,008 0,01 0,012 0,015 0,018 0,02 0,025

Tabella 23. Rapporti corsa/alesaggio

x/D 0,2 0,5 0,8 1 1,2 1,5 1,8 2 2,2 2,5

Utilizzando il modello del compressore e del ciclo descritti precedentemente, sono state svolte le simulazioni

per ognuna delle combinazioni dei parametri riportati in Tabella 22 e Tabella 23. Per ognuno dei casi simulati

sono stati raccolti i risultati, ovvero tutte le voci di perdita, la potenza meccanica richiesta, la potenza ed il

rendimento elettrico, la massa mobile del sistema, la costante elastica della molla risonante, i diametri delle

valvole di aspirazione e scarico, il rendimento organico isoentropico ed il rendimento globale, la portata

Capitolo 5. Casi studio

120

uscente dalla valvola di scarico, la potenza termica del condensatore e dell’evaporatore, il COP, il rendimento

di secondo principio dell’impianto e il rendimento volumetrico del compressore.

Come già spiegato precedentemente, l’iterazione sul diametro delle valvole fa parte dell’algoritmo del ciclo

di compressione. Infatti il diametro di aspirazione e scarico, insieme alla velocità e la densità calcolate con le

equazioni dell’efflusso isoentropico, permette di determinare la portata uscente ed entrante nel compressore e

quindi il profilo di pressione durante le fasi 2 e 4. Invece la risoluzione della dinamica delle valvole è

disgiunta dalla risoluzione del ciclo di compressione, appunto perché considerando l’efflusso isoentropico si

trascurano gli attriti fluidodinamici. Di conseguenza, nelle simulazioni dei vari casi si è determinato il valore

dei diametri delle valvole ma non sono stati determinati i valori delle costanti elastiche ed i grafici del moto

delle valvole. Infatti il metodo di bisezione necessario alla loro determinazione avrebbe richiesto un

eccessivo tempo di calcolo, considerando che avrebbe dovuto essere stato applicato a tutti i casi. Quindi le

costanti delle valvole ed il grafico del loro moto sono stati determinati solo per il caso ottimale scelto

dall’analisi dei risultati delle varie simulazioni. Trascurando gli attriti fluidodinamici, la determinazione delle

costatanti delle valvole e del loro moto non avrebbe avuto alcuna influenza sulle prestazioni del ciclo,

appunto perché i problemi sono disgiunti.

E’ necessario fare un’ultima precisazione per quando riguarda la pressione massima e minima del

compressore. La pressione massima viene impostata pari al 10% in più rispetto al pressione massima del

ciclo frigorifero. La scelta di tale percentuale è stata fatta considerando i dati trovati in letteratura e

riscontrando che la differenza tra la pressione massima del ciclo frigorifero e del compressore sia circa il

10% di quella del ciclo frigorifero. La pressione minima, invece, non viene impostata ma è frutto

dell’espansione del gas nel volume morto, una volta che questo raggiunge la temperatura T1; tale pressione è

sempre minore di quella minima del ciclo frigorifero, la quale coincide con la pressione iniziale p1 del ciclo

di compressione.

Capitolo 6. Risultati e discussioni

Si riportano di seguito i grafici ottenuti nelle varie simulazioni con i relativi commenti. In figura (144) si può

notare la variazione del rendimento globale del compressore al variare del rapporto corsa-alesaggio e del

diametro del pistone. Visto che il rendimento del motore elettromagnetico viene assunto costante e pari a 0.9,

il rendimento organico-isoentropico ha lo stesso andamento del rendimento globale.

Nella Figura 149 si riporta il confronto tra la potenza meccanica reale richiesta dal compressore e la potenza

meccanica del ciclo ideale. Si nota che all’aumentare del rapporto corsa-alesaggio, a pari diametro, aumenta

la differenza tra la potenza del ciclo ideale e quella del ciclo reale e ciò porta ad una riduzione del rendimento

globale al crescere di tale rapporto. Noto il rapporto corsa-alesaggio, all’aumentare del diametro del pistone

si riduce lo scostamento percentuale tra la curva della potenza ideale e quella della potenza reale, portando ad

un aumento del rendimento globale. Questo concetto può essere spiegato analizzando le equazioni (188) e

(189), tramite le quali si può esprimere il rendimento organico-isoentropico in funzione della differenza tra la

potenza meccanica reale e ideale. Sebbene il grafico in Figura 149 mostra che, fissato il rapporto corsa

alesaggio, la differenza assoluta tra potenza meccanica ideale e reale cresce al crescere del diametro del

pistone, la differenza percentuale decresce al crescere del diametro. Di conseguenza il rendimento organico-

isoentropico e quindi anche il rendimento globale, cresce al crescere del diametro a pari rapporto corsa-

alesaggio.

Figura 148. Efficienza globale del compressore

Capitolo 6. Risultati e discussioni

122

Δ𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 = 𝑊

𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 − 𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 (188)

휂𝑜 ,𝑖𝑠 =𝑊

𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒

=1

1 +Δ𝑊

𝑚𝑒𝑐 𝑕

𝑊 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

(189)

Si deve ora indagare sulle cause che portano ad una riduzione di rendimento al variare dei parametri oggetto

di studio. Le fonti di perdita di cui si è tenuto conto nella costruzione del modello del compressore sono le

perdite di trafilamento, le perdite termiche e le perdite per attrito meccanico. Di seguito viene analizzata

ognuna di queste voci in riferimento alla potenza meccanica richiesta dal ciclo ideale. E’ stata scelta la

potenza meccanica del ciclo ideale perché questa viene utilizzata per il calcolo del rendimento organico-

isoentropico del compressore e viene calcolata trascurando tutte le fonti di perdita oggetto di studio, pertanto

rappresenta una base fissa sulla quale ragionare.

Figura 150. Scostamento della potenza meccanica reale da quella ideale

Figura 149. Potenza meccanica del ciclo reale e ideale di compressione

Capitolo 6. Risultati e discussioni

123

6.1.1 Perdite per effetti di trafilamento

Le perdite per effetti di trafilamento causano una riduzione della portata massica di gas in uscita dal

compressore e, di conseguenza, ne riducono il rendimento globale. Prima di addentrarsi nell’analisi

parametrica è necessario precisare che le varie simulazioni sono state effettuate mantenendo costanti i

parametri termodinamici del ciclo frigorifero e quindi anche la pressione e la temperatura iniziale del

compressore, come pure la pressione massima. Di conseguenza i parametri termodinamici specifici alla

massa variano poco da una simulazione all’altra, quindi non vengono considerate come grandezze variabili

da un caso all’altro. Tale ipotesi è stata verificata dai risultati ottenuti nelle varie simulazioni.

Si definisce dunque, mediante l’equazione (190), un parametro che dia un’indicazione di come variano le

perdite di trafilamento al variare dei parametri oggetto di studio, in modo da indicare quanta della massa

inizialmente presente nel compressore venga persa per trafilamento. Visto che i punti termodinamici del ciclo

di compressione non variano durante le simulazioni, per effetto delle condizioni al contorno imposte dal ciclo

frigorifero, si approssima il rapporto tra la massa persa per trafilamento e la massa iniziale con il rapporto tra

i volumi delle rispettive grandezze. Ovviamente le perdite per trafilamento devono essere valutate dall’istante

iniziale fino all’istante in cui termina la fase di scarico, cioè a meta del periodo del pistone. La massa persa

per trafilamento viene quindi valutata mediante le equazioni (191)-(195), nelle quali i parametri geometrici

sono espressi in funzione del diametro del pistone e del rapporto corsa alesaggio. I parametri geometrici non

sono funzione del tempo e quindi possono uscire dall’integrale dell’equazione (195), il risultato di tale

integrale viene indicato con una costante k1 e tale valore non cambia durante le varie simulazioni perché il

periodo del pistone è sempre lo stesso. Il volume disponibile inizialmente presente coincide con il volume

spazzato dal pistone, non si deve considerare il volume morto perché la massa di gas che occupa tale spazio

non può essere mandata al ciclo frigorifero e quindi non ha senso considerarla come una perdita. Con

l’equazione (196) si determina il volume disponibile e, sostituendo le equazioni (195) e (196) nell’equazione

(190), si ottiene l’equazione (197) che esprime il parametro di perdita in funzione dei parametri geometrici.

𝑙𝑙𝑒𝑎𝑘 =𝑀𝑙𝑒𝑎𝑘

𝑀𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒

∝𝑉𝑙𝑒𝑎𝑘

𝑉𝑑𝑖𝑠𝑝 𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒

(190)

𝑉𝑙𝑒𝑎𝑘 = 𝑣𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ 𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 ∗ 𝑑𝑡𝑇/2

0

(191)

𝑣𝑙𝑒𝑎𝑘 = 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡

2=

𝐿

4∗ 𝜔 ∗ sin 𝜔𝑡 (192)

𝐿 =𝑥

𝑑∗ 𝑑 (193)

𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 =𝜋

4∗ 𝑑 + 2𝑔 2 − 𝑑2 = 𝜋 ∗ 𝑔 ∗ (𝑔 + 𝑑) (194)

𝑉𝑙𝑒𝑎𝑘 = 1

4∗ 𝜔 ∗ sin 𝜔𝑡 ∗ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑∗ 𝜋 ∗ 𝑔 ∗ 𝑔 + 𝑑 ∗ 𝑑𝑡

𝑇/2

0

= 𝑘1 ∗𝑥

𝑑∗ 𝑑 ∗ (𝑔 + 𝑑) (195)

𝑉𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 = 𝑉𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 =𝜋

4∗ 𝑑2 ∗ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑=

𝜋

4∗ 𝑑3 ∗

𝑥

𝑑 (196)

𝑙𝑙𝑒𝑎𝑘 ∝𝑉𝑙𝑒𝑎𝑘

𝑉𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒

=𝑘1 ∗

𝑥𝑑

∗ 𝑑 ∗ (𝑔 + 𝑑)

𝜋4

∗ 𝑑3 ∗𝑥𝑑

∝ 𝑘2

(𝑔 + 𝑑) ≈ 𝑑

𝑑2∝

𝑘2

𝑑 (197)

Come si può notare dai risultati dell’analisi parametrica, il fattore di perdita è solamente funzione del

diametro del pistone. Si ritiene dunque che il rendimento volumetrico aumenti all’aumentare del diametro del

pistone e che rimanga costante al variare del rapporto corsa-alesaggio. In Figura 151 si riportano i risultati

ottenuti notando che i dati rispecchiano l’andamento previsto con l’analisi parametrica. Si deve precisare che,

seppure il rendimento volumetrico vari con il diametro, questa variazione è minima perché l’area di

trafilamento è sempre molto ridotta rispetto all’area del cilindro e quindi il rendimento volumetrico varia di

poco nei vari casi. Inoltre, fissato il diametro, il volume perso per trafilamento varia nello stesso modo con

cui varia il volume disponibile. Infatti, essendo il gioco ridotto, sono entrambi proporzionali alla corsa e di

conseguenza il rendimento volumetrico non varia al variare di x/d. Invece fissato tale rapporto, il volume

perso per trafilamento cresce col quadrato del diametro perché dipende dall’area di trafilamento, mentre il

volume iniziale cresce con il cubo del diametro e quindi il suo effetto è prevalente, perciò il rendimento

Capitolo 6. Risultati e discussioni

124

volumetrico aumenta. Dunque per ridurre le perdite percentuali di trafilamento è necessario aumentare il

diametro.

Dopo aver espresso le perite di trafilamento per mezzo del rendimento volumetrico, si ritiene necessario

analizzarle mediante un altro parametro che tenga conto della frazione di lavoro persa per effetti di

trafilamento rispetto al lavoro meccanico ideale di compressione. Il rendimento volumetrico esprime un

rapporto in termini massici, ma per analizzare l’influenza di tale perdita sul rendimento globale del

compressore, è necessario definire un rapporto tra delle grandezze energetiche. Tale parametro viene definito

come il rapporto tra il lavoro perso per effetti di trafilamento ed il lavoro meccanico ideale di compressione.

Si riporta in Figura 152 il valore di tale parametro ottenuto nelle varie simulazioni.

𝑓𝑙𝑒𝑎𝑘 =𝑊𝑙𝑒𝑎𝑘

𝑊𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

(198)

Come si può notare dalla precedente figura, l’andamento del fattore energetico di trafilamento è lo stesso del

rendimento volumetrico, si ritiene quindi che i risultati ottenuti siano coerenti con i ragionamenti teorici

dell’analisi parametrica. Le perdite energetiche per trafilamento variano solamente al variare del diametro del

pistone, ma sono sempre molto contenute rispetto al lavoro di compressione.

Figura 152. Fattore di perdita per trafilamento

Figura 151. Rendimento volumetrico

Capitolo 6. Risultati e discussioni

125

6.1.2 Perdite termiche

Per spiegare l’andamento delle perdite termiche al variare dei parametri geometrici del compressore si

effettua l’analisi parametrica. Visto che il gioco è molto ridotto rispetto al diametro del pistone, si considera

questo diametro simile a quello interno del cilindro della camera di compressione.

Si ritiene importante precisare che, al variare dei parametri oggetto di studio, i punti termodinamici del ciclo

di compressione non variano molto per effetto delle condizioni al contorno costanti imposte dal ciclo

frigorifero. La potenza termica scambiata con l’ambiente viene espressa mediante l’equazione (200) e, visto

che la temperatura del gas varia di molto poco o per nulla nei vari punti del ciclo di compressione al variare

delle simulazioni, si ritengono le perdite termiche proporzionali al prodotto del coefficiente di scambio

termico convettivo per l’area totale del cilindro. Si esprime il coefficiente di scambio termico in funzione del

numero di Reynolds che a sua volta viene espresso in funzione dei parametri geometrici. Si esprime anche

l’area di scambio termico, la velocità del pistone, la portata fluente attraverso le valvole e la potenza del ciclo

ideale in funzione dei parametri geometrici. Visto che le condizioni termodinamiche del ciclo di

compressione non cambiano, la velocità e la densità del gas a valle dell’efflusso isoentropico non variano

molto al variare delle simulazioni. La portata di scarico è quindi proporzionale alla massa di gas inizialmente

presente nel cilindro e quindi al volume iniziale. Anche la potenza richiesta dal ciclo ideale di compressione

varia al variare della massa di gas iniziale e quindi del volume del cilindro perché le condizioni

termodinamiche del ciclo non cambiano.

Esprimendo quindi la portata di scarico e di aspirazione in funzione dei parametri geometri, è possibile

esprimere la velocità caratteristica dell’equazione (206) in funzione di queste variabili. Per ogni fase del ciclo

di compressione si ricava il numero di Re in funzione di “d” e “x/d”, le fasi 1, 2 e 3 hanno la stessa

espressione finale mentre la fase 4 è differente. Sostituendo l’espressione del numero di Re nell’equazione

(203), che a sua volta viene sostituita nell’equazione (200) e sostituendo sempre in quest’ultima equazione

l’espressione dell’area di scambio termico, si ottiene l’equazione (213) che esprime le perdite termiche per le

fasi 1, 2 e 3, mentre con l’equazione (214) si ottiene l’espressione valida per la fase 4. Dividendo poi queste

espressioni per l’equazione (205), si ottiene il fattore di perdita energetica per le rispettive fasi. Ovviamente il

fattore di perdita energetica viene calcolato sulla potenza termica globalmente persa, di conseguenza il suo

andamento sarà un compromesso tra le espressioni dell’equazione (215) e (216).

𝑓𝑄𝑙𝑜𝑠𝑠 =𝑄

𝑙𝑜𝑠𝑠

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

(199)

𝑄 𝑙𝑜𝑠𝑠 = 𝑕 ∗ 𝐴 ∗ 𝑇𝑔𝑎𝑠 − 𝑇𝑎𝑚𝑏 ∝ 𝑕 ∗ 𝐴 (200)

𝑑𝑝𝑖𝑠𝑡 ≈ 𝑑𝑐𝑦𝑙 (201)

𝐴 ∝ 𝜋 ∗ 𝑑 ∗ 𝑑 ∗𝑥

𝑑+

𝜋

2∗ 𝑑2 ∝ 𝑑2 ∗

𝑥

𝑑+

1

2 (202)

𝑕 ∝1

𝑑∗ 𝑅𝑒𝑏 (203)

𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 ∝ 𝑑 ∗𝑥

𝑑 (204)

𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 ,𝑎𝑠𝑝𝑖𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 ∝ 𝑀𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 ∝ 𝑉𝑖𝑛𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 ∝ 𝑑3 ∗𝑥

𝑑 (205)

𝑢𝑐 𝑡 = 𝑚 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 (𝑡𝑖)

𝜌𝑔𝑎𝑠 𝑡 ∗ 𝐴𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑐𝑖𝑙

∝𝑑3 ∗

𝑥𝑑

𝑑2∝ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑 (206)

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 = 𝑤 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 ∗ 𝑀𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 ∝ 𝑉𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 ∝ 𝑑3

𝑥

𝑑 (207)

𝑅𝑒𝑓𝑎𝑠𝑒 1,3 = 𝜌𝑔𝑎𝑠 ∗ 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 ∗ 𝐷𝑐𝑖𝑙

𝜇 ∝ 𝑑2 ∗

𝑥

𝑑 (208)

𝑅𝑒𝑓𝑎𝑠𝑒 2 =𝜌𝑔𝑎𝑠 ∗ (𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 + 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡

0,8 ∗ 𝑢𝑐0,2) ∗ 𝐷𝑐𝑖𝑙

𝜇∝ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑+ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑

0,8

∗ 𝑑 ∗𝑥

𝑑

0,2

∗ 𝑑 (209)

Capitolo 6. Risultati e discussioni

126

𝑕𝑓𝑎𝑠𝑒 1,2 𝑒 3 ∝ 𝑥

𝑑

0,8

∗ 𝑑0,6 (210)

𝑅𝑒𝑓𝑎𝑠𝑒 4 =𝜌𝑔𝑎𝑠 ∗ (𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 + 𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡

−0,4 ∗ 𝑢𝑐1,4) ∗ 𝐷𝑐𝑖𝑙

𝜇∝ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑+ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑

−0,4

∗ 𝑑 ∗𝑥

𝑑

1,4

∗ 𝑑 (211)

𝑕𝑓𝑎𝑠𝑒 4 ∝ 𝑥

𝑑

0,9

∗ 𝑑0,8 (212)

𝑄 𝑓𝑎𝑠𝑒 1,2,3 ∝ 𝑑2,6 ∗

𝑥

𝑑

1,8

+1

2∗

𝑥

𝑑

0,8

(213)

𝑄 𝑓𝑎𝑠𝑒 4 ∝ 𝑑2,8 ∗

𝑥

𝑑

1,9

+1

2∗

𝑥

𝑑

0,9

(214)

𝑓𝑄𝑙𝑜𝑠𝑠 𝑓𝑎𝑠𝑒 1,2,3 =𝑄

𝑙𝑜𝑠𝑠

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

∝1

𝑑0,4∗

𝑥

𝑑

0,8

+1

2∗

𝑥

𝑑

−0,2

(215)

𝑓𝑄𝑙𝑜𝑠𝑠 𝑓𝑎𝑠𝑒 4 =𝑄

𝑙𝑜𝑠𝑠

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

∝1

𝑑0,2∗

𝑥

𝑑

0,9

+1

2∗

𝑥

𝑑

−0,1

(216)

Rappresentando su un grafico l’andamento delle perdite termiche ottenuto con l’analisi parametrica, si può

notare come queste aumentino più che linearmente all’aumentare del rapporto corsa alesaggio, e ancora

molto più rapidamente all’aumentare del diametro. L’aumento più che lineare delle perdite all’aumentare del

rapporto corsa alesaggio è dovuto al fatto che la superficie di scambio termico varia linearmente al variare di

tale parametro, ma si deve considerare anche il coefficiente di scambio convettivo, il quale aumenta quasi

linearmente al crescere di x/d; quindi l’andamento delle perdite al variare di tale parametro è più che lineare.

Il coefficiente di scambio termico cresce al crescere di x/d perché, aumentando questo rapporto, aumenta la

velocità caratteristica del problema, cioè la velocità del pistone e quindi quella del gas che scambia in modo

migliore potenza termica con l’ambiente. Noto il rapporto corsa-alesaggio, le perdite termiche crescono

rapidamente all’aumentare del diametro perché la superficie di scambio cresce con un andamento quadratico

ed il coefficiente di scambio termico aumenta in modo proporzionale al diametro elevato ad un coefficiente

compreso tra 0 e 1. Infatti, fissato x/d, aumentare il diametro significa aumentare la corsa del pistone e quindi

la sua velocità e quella del gas. L’analisi parametrica trova riscontro con i risultati ottenuti dalle simulazioni.

Come si può notare dalla Figura 153, le perdite aumentano più che linearmente all’aumentare del rapporto

x/d e ancor di più al cresce del diametro. Infatti, fissato il rapporto x/d, al crescere del diametro aumenta

sempre di più la distanza tra le curve.

Figura 153. Perdite termiche

Capitolo 6. Risultati e discussioni

127

Si analizza ora l’andamento percentuale delle perdite termiche rispetto alla potenza meccanica richiesta dal

ciclo ideale di compressione. La Figura 154 rispecchia l’andamento descritto dalle equazioni (215) e (216),

plottando tali equazioni al variare di x/d e parametrizzandole al variare del diametro, si ottiene lo stesso

andamento di quello riportato in Figura 154.

Fissato il diametro, le perdite termiche percentuali aumentano all’aumentare di x/d; ciò significa che

l’aumento del coefficiente di scambio convettivo, dovuto all’aumento della velocità del pistone e quindi del

gas, e l’aumento della superficie di scambio termico, prevalgono sull’aumento della volume del cilindro, che

è proporzionale al lavoro ideale di compressione.

Fissato il rapporto x/d, un aumento del diametro comporta una riduzione delle perdite percentuali, ciò

significa che l’aumento del volume del cilindro prevale sull’aumento della superficie e del coefficiente di

scambio convettivo. Di conseguenza la riduzione delle perdite percentuali avviene aumentando il diametro e

riducendo il rapporto corsa-alesaggio. Nell’equazione (217) si possono notare i contributi del coefficiente h,

dell’area di scambio e del volume iniziale al variare dei parametri.

𝑓𝑄𝑙𝑜𝑠𝑠 ∝

𝑥𝑑

0,8−0,9∗ 𝑑0,6−0,8

𝒉

∗ 𝑑2 ∗ 𝑥𝑑

+12

𝑨

𝑑3 ∗

𝑥𝑑

𝑽𝒊𝒏𝒊𝒛𝒊𝒂𝒍𝒆

(217)

6.1.3 Perdite per attrito meccanico

Prima di descrivere l’andamento delle perdite per attrito meccanico, è necessario descrivere l’andamento

della costante meccanica al variare delle simulazioni effettuate.

𝑘𝑔𝑎𝑠 =𝜋

4∗ 𝑝3 − 𝑝4 ∗ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑 (218)

𝜔𝑛 = 𝑘𝑔𝑎𝑠 + 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕

𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔

=

𝜋4

∗ 𝑝3 − 𝑝4 ∗𝑑𝑥𝑑

+ 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕

𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔

(219)

Dalla precedente equazione si può notare che, ragionando a diametro e massa costanti, all’aumentare del

rapporto corsa-alesaggio la costante meccanica deve aumentare per mantenere costante la frequenza naturale,

che è legata alla frequenza di risonanza del sistema. Ragionando invece a x/d e massa costanti, si può notare

Figura 154. Fattore di perdita termica

Capitolo 6. Risultati e discussioni

128

che, all’aumentare del diametro, la costante meccanica deve ridursi sempre per mantenere costante la

frequenza naturale. Inoltre è necessario precisare che, per bassi rapporti corsa-alesaggio, anche la massa del

sistema deve aumentare, in quanto l’aumento eccessivo della costante del gas porterebbe ad avere costanti

meccaniche negative, di conseguenza è necessario incrementare la massa mobile del sistema in modo tale che

il valore della costante meccanica possa avere significato fisico. Ovviamente i parametri termodinamici del

ciclo di compressione variano talmente poco durante le simulazioni da essere considerati costanti.

L’andamento della costante meccanica deve essere simile a quello espresso nell’equazione (220), mentre

l’andamento della massa mobile del sistema deve essere simile a quello descritto dall’equazione (221). La

massa mobile deve crescere al crescere del diametro del pistone e al ridursi del rapporto corsa-alesaggio.

𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 = 𝜔𝑛2 ∗ 𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔 −

𝜋

4∗ 𝑝3 − 𝑝4 ∗

𝑑𝑥𝑑

(220)

𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔 ∝ 𝑘 ∗𝑑𝑥𝑑

(221)

Si riportano in seguito i risultati ottenuti notando che gli andamenti delle grandezze in gioco rispecchiano le

considerazioni effettuate. La spiegazione pratica di come varia la costante elastica al variare di questi

parametri sta nel fatto che l’effetto molla del gas nel volume morto è tanto maggiore quanto maggiore è la

superficie del pistone sulla quale il gas può agire, infatti a pari pressione, maggiore è l’area e maggiore è la

forza esercitata su di essa e quindi maggiore è il recupero di energia dovuta all’espansione del gas nel volume

morto. Di conseguenza, al crescere del diametro, la costante meccanica deve essere minore perché cresce

l’effetto molla del gas. Invece al crescere della corsa, a pari pressioni e diametro, la forza che il gas esercita

sulla superficie del pistone viene ripartita su un maggiore spostamento e di conseguenza aumenta l’energia

dovuta all’espansione del gas spesa per spostare il pistone, riducendo così quella recuperata dal motore.

Dunque al crescere del rapporto corsa-alesaggio, l’effetto molla del gas si riduce e la costante meccanica

deve aumentare.

Figura 155. Costante meccanica della molla risonante

Capitolo 6. Risultati e discussioni

129

E’ necessario spiegare il differente andamento della curva delle costanti meccaniche per bassi rapporti x/d al

variare del diametro. Come si può notare dalla Figura 155, per bassi rapporti x/d, la derivata della costante

meccanica decresce al crescere del diametro. Per comprendere questo fenomeno si deve analizzare la Figura

156, nella quale si nota che, sempre per bassi rapporti x/d, la derivata delle masse mobili è sempre più

negativa al crescere del diametro. Ovvero, aumentando il rapporto corsa alesaggio, la massa mobile del

sistema decresce più rapidamente per diametri elevati. Di conseguenza, se la costante elastica del gas

decresce al crescere di x/d, la costante meccanica tende ad aumentare, ma se la massa mobile decresce,

l’incremento della costante meccanica deve essere più contenuto. Dunque, l’incremento della costante

meccanica è minore di quanto maggiore è la riduzione della massa mobile, e ciò avviene ad elevati diametri.

Ciò spiega perché la derivata della costante meccanica per bassi x/d decresce al crescere del diametro.

Ovviamente tale ragionamento non può essere esteso per elevati rapporti corsa-alesaggio, in quanto per tali

valori la massa mobile del sistema è costante grazie al fatto che, riducendosi la costante del gas, non è

necessario incrementare la massa mobile per evitare che la costante meccanica sia negativa. In questo campo,

l’andamento della costante meccanica dipende solamente dall’andamento della costante del gas e non dalla

massa mobile che è costante e pari a 0,5 kg.

Per analizzare l’andamento delle perdite per attrito è necessario rifarsi alle seguenti equazioni:

𝑊𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 ∝ 𝑘1 ∗ 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 ∗ 휀 ∗ 𝑘2 ∗ 𝑑 ∗𝑥

𝑑− 휀 ∗ 휃 ∗ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑 (222)

휀 ∝ 𝑘2 ∗ 𝑑 (223)

𝑊𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 ∝ 𝑘1 ∗ 𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 ∗ 𝑑2 ∗𝑥

𝑑∗ 𝑘2 ∗ 𝑑 ∗

𝑥

𝑑− 𝑘3 ∗ 𝑑 ∗ 휃 (224)

Nelle costanti sono racchiusi i termini che non dipendono dalla variabili oggetto di studio. Come si può

notare dall’equazione (224), il lavoro perso per attrito cresce al crescere del rapporto corsa alesaggio. Infatti,

oltre a essere presente esplicitamente il termine x/d dell’equazione (224), la dipendenza lineare dalla costante

meccanica (la quale cresce al crescere di x/d) comporta che, al crescere della rigidezza della molla,

aumentino le perdite per attrito. Fissato il apporto x/d, al crescere del diametro si riduce la costante della

molla e quindi l’attrito tende a diminuire. Ma al crescere del diametro aumenta anche l’eccentricità della

molla e quindi l’attrito tende ad aumentare. Tra i due effetti è prevalente quello dovuto all’aumento

dell’eccentricità della molla.

Figura 156. Massa mobile del sistema

Capitolo 6. Risultati e discussioni

130

In Figura 157 si possono notare gli andamenti precedentemente descritti. Per diametri elevati e bassi rapporti

x/d, le perdite aumentano lentamente a causa dell’andamento della costante meccanica in tale range, come

descritto in precedenza.

L’andamento delle perdite per attrito risente quindi dell’andamento della costante meccanica e della

variazione dell’eccentricità della molla, come pure della corsa e della velocità del pistone. Infatti al crescere

della costante elastica il pistone esercita maggior pressione sul cilindro e quindi l’attrito meccanico aumenta.

Anche all’aumentare dell’eccentricità della molla aumenta l’attrito a causa di una maggior rotazione del

pistone intorno al proprio asse, generando un maggior scorrimento tra pistone e cilindro. All’aumentare della

corsa aumenta la superficie di scorrimento ed inoltre aumenta la velocità del pistone e quindi la potenza

dissipata.

Si analizza infine l’andamento delle perdite per attrito rispetto alla potenza ideale del ciclo di compressione,

definendo con l’equazione (225) il coefficiente di perdita.

𝑓𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜 =𝑊

𝑎𝑡𝑡𝑟𝑖𝑡𝑜

𝑊 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒

(225)

L’andamento di tale parametro è funzione dell’andamento delle perdite per attrito e della potenza richiesta

dal ciclo ideale. Come già spiegato in precedenza, la potenza del ciclo ideale cresce linearmente con la massa

iniziale da comprimere e quindi cresce con il cubo del diametro e linearmente con x/d.

Come si può notare dalla Figura 158, la variazione del fattore d’attrito al variare del diametro, fissato x/d,

cambia a seconda che ci si trovi a valori di x/d bassi oppure altri. Come già spiegato per la Figura 157,

l’aumento dell’eccentricità della molla, della corsa e della velocità del pistone al crescere del diametro è

prevalente sulla riduzione della costante meccanica e quindi le perdite per attrito crescono al crescere del

diametro. Ma lo scostamento tra le curve della Figura 157 aumenta al crescere del rapporto x/d. La variazione

di tale scostamento deve essere confrontata con la variazione del volume del cilindro. Per bassi rapporti x/d,

lo scostamento tra le curve delle perdite per d’attrito è molto ridotto, quindi la variazione del volume con il

cubo del diametro prevale sull’incremento delle perdite d’attrito. Per bassi x/d, il fattore di perdita si riduce

all’aumentare del diametro. Invece per rapporti x/d elevati, lo scostamento delle curve al crescere del

diametro prevale sull’incremento del volume, quindi il fattore di perdita aumenta all’aumentare del diametro.

Invece, fissato il diametro, l’andamento del fattore di perdita al variare di x/d rispecchia l’andamento della

costante meccanica. La sovrapposizione tra le curve è dovuta ad un trade-off tra l’incremento delle perdite

per attrito al variare del diametro, che crescono al crescere di x/d, e l’incremento del volume sempre al

crescere del diametro.

Figura 157. Perdita per attrito meccanico

Capitolo 6. Risultati e discussioni

131

Si nota che le minori perdite per attrito si hanno per diametri del pistone elevati e bassi rapporti corsa

alesaggio. In tali condizioni l’effetto molla del gas nel volume morto è elevato, quindi la costante meccanica

richiesta per garantire le condizioni di risonanza è bassa e in questo modo si riducono le perdite per attrito.

Un diametro elevato ed un basso rapporto corsa-alesaggio portano ad avere una lunghezza intermedia come

corsa del pistone. Di conseguenza, sia la superficie di scorrimento tra pistone e cilindro che la velocità del

pistone, assumono un valore né troppo alto né troppo basso. Un diametro elevato porta anche ad avere

un’elevata eccentricità della molla, ma il trade-off tra gli effetti elencati permette di concludere che questa

soluzione minimizza le perdite percentuali per attrito meccanico.

6.1.4 Riepilogo delle perdite energetiche

Dopo aver analizzato tutte le voci di perdita rispetto alla potenza meccanica del ciclo ideale, note le

condizioni al contorno del problema, si può concludere che:

le perdite percentuali di trafilamento si riducono all’aumentare del diametro, mentre restano

invariate al variare del rapporto corsa-alesaggio;

le perdite termiche percentuali si riducono al crescere del diametro e al ridursi del rapporto corsa-

alesaggio;

le perdite percentuali per attrito meccanico si riducono al crescere del diametro e al ridursi del

rapporto corsa-alesaggio;

l’andamento delle perdite appena descritto giustifica l’andamento del rendimento globale, ovvero

questo è elevato per rapporti corsa-alesaggio bassi e diametri elevati, mentre decrescere al crescere

di x/d e al decrescere del diametro;

le perdite energetiche che influiscono maggiormente sul rendimento globale del compressore sono le

perdite termiche, queste possono arrivare ad un massimo del 38 % sulla potenza elettrica reale del

compressore (dai grafici le perdite termiche sembrano molto più alte, ma si ricorda che questo

fattore è stato determinato in riferimento alla potenza ideale che è molto minore di quella reale);

le perdite per attrito meccanico e quelle per trafilamento sono molto ridotte e possono essere

trascurate, nel peggiore dei casi le prime valgono lo 0.22 % della potenza elettrica reale, mentre le

seconde l’1.38 %;

l’andamento del rendimento globale è inverso a quello delle perdite termiche, infatti queste

prevalgono sulle altre perdite e quindi influenzano maggiormente le prestazioni del compressore;

si ricorda infine che il bilancio energetico al sistema non può essere applicato ai dati finali riportati

precedentemente nell’analisi globale delle perdite, in quanto il problema non è stazionario. Per poter

applicare il bilancio energetico è necessario conoscere anche la potenza persa dal sistema durante lo

scarico e quella guadagnata durante la fase di aspirazione; inoltre si deve conoscere il valore

dell’integrale della derivata dell’energia interna nel tempo.

Figura 158. Fattore di perdita d’attrito

Capitolo 6. Risultati e discussioni

132

6.1.5 Diametri delle valvole

Per spiegare la variazione dei diametri delle valvole si riporta la seguente analisi parametrica:

𝑚 𝑎𝑠𝑝 ,𝑠𝑐𝑎𝑟 =𝜋

4∗ 𝑑𝑣

2 ∗ 𝜌𝑎𝑠𝑝 ,𝑠𝑐𝑎𝑟 ∗ 𝑤𝑠𝑐𝑎𝑟 ,𝑎𝑠𝑝 (226)

𝑚 𝑎𝑠𝑝 ,𝑠𝑐𝑎𝑟 ∝ 𝑀𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝 ∝ 𝑉𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝 ∝ 𝑑3 ∗𝑥

𝑑 (227)

𝑑3 ∗𝑥

𝑑∝ 𝑑𝑣

2 (228)

𝑑𝑣 ∝ 𝑑 ∗ 𝑑 ∗𝑥

𝑑 (229)

La portata fluente attraverso le valvole è proporzionale alla massa di gas iniziale da comprimere, e quindi,

fissati i parametri termodinamici del ciclo, al volume iniziale del cilindro. Inoltre la portata è determinata

mediante l’equazione (230). Fissati i parametri termodinamici del ciclo di compressione, la densità e la

velocità di efflusso dalle valvole vengono determinate mediante le equazioni dell’efflusso isoentropico, ma

queste variano poco al variare dei parametri geometrici. Di conseguenza il diametro delle valvole è

proporzionale alla radice quadrata del rapporto corsa-alesaggio e cresce con il diametro con un esponente di

3/2. Come si può notare dalla figura sottostante, i risultati ottenuti rispecchiano l’andamento previsto

mediante l’analisi parametrica.

Figura 159. Diametro della valvola di scarico

Capitolo 6. Risultati e discussioni

133

6.1.6 Scelta del caso ottimale

La scelta delle configurazione geometrica ottimale della camera di compressione deve essere effettuata

considerando lo scopo per il quale il compressore viene utilizzato, ovvero il ciclo frigorifero. Si deve quindi

scegliere la configurazione che permetta di ottenere una potenza termica all’evaporatore pari a quella

richiesta dalla CPU. La potenza termica di raffreddamento viene fissata pari a 50 W e la temperatura

dell’evaporatore pari a circa 285 K, in modo da garantire che la temperatura della CPU si mantenga intorno

ai 20-30 °C. Si deve inoltre cercare di avere un COP del ciclo frigorifero il più elevato possibile.

Tra le simulazioni effettuate si scelgono le configurazioni che permettono di raffreddare la CPU di 50 W, e

tra queste si sceglie quella avente COP maggiore. Poiché i parametri termodinamici del ciclo frigorifero

sono costanti, anche il COP di Carnot è costante, quindi la configurazione con COP più elevato corrisponde

anche a quella con rendimento di secondo principio maggiore.

In Figura 160 si riporta la potenza termica asportata con l’evaporatore e il COP al variare dei casi simulati.

L’andamento del COP rispecchia l’andamento del rendimento globale del compressore, tale effetto può

essere spiegato mediante la seguente analisi parametrica.

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 = 𝑊

𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 ∗ 휂𝑜 ,𝑖𝑠 ∝1

휂𝑜 ,𝑖𝑠

∗ 𝑑3 ∗𝑥

𝑑 (230)

𝑄 𝑒𝑣𝑎 ∝ 𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 ∗ ∆𝑕𝑒𝑣𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑡 ∝ 𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 ∝ 𝑀𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 ,𝑐𝑜𝑚𝑝 ∝ 𝑑3 ∗

𝑥

𝑑 (231)

𝐶𝑂𝑃 =𝑄

𝑒𝑣𝑎

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 ,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒

∝𝑑3 ∗

𝑥𝑑

𝑑3 ∗𝑥𝑑

∗1

휂𝑜 ,𝑖𝑠

∝ 휂𝑜 ,𝑖𝑠 (232)

La potenza asportata dall’evaporatore è funzione della portata di scarico del gas dal compressore, e quindi

dalla massa iniziale da comprimere, proporzionale a sua volta al volume. Noti i parametri termodinamici del

ciclo frigorifero, il rendimento dell’impianto è proporzionale al rendimento del compressore.

Tra le varie simulazioni effettuate si analizzano i casi che permettono di asportare una potenza termica di 50

W, e successivamente tra le configurazioni che soddisfano questo vincolo si sceglie quella che permette di

avere un COP maggiore. Osservando la figura Figura 161, si può notare che la linea nera che rappresenta il

Figura 160. Potenza termica all’evaporatore e COP

Capitolo 6. Risultati e discussioni

134

vincolo di 50 W, interseca le curve di potenza dell’evaporatore per i casi con diametro di 0.0008 m, 0.01 m,

0.012 m e 0.015 m. Le curve degli altri casi non sono state riportate perché non intercettano il vincolo sulla

potenza termica. Tra queste alternative si sceglie quella con COP maggiore e da una lettura semplice della

figura si può intuire che la configurazione ottimale corrisponde ad un diametro di 0.015 m ed un rapporto

corsa alesaggio di circa 0.25.

Per avere un valore più preciso dei diametri e del rapporto x/d dei casi che soddisfano il vincolo sulla potenza

dell’evaporatore, sono state interpolate le curve della potenza dell’evaporatore approssimandole con delle

rette, mentre quelle del COP sono state approssimate con delle parabole. Per una potenza di 50 W, per

ognuna delle curve intersecate dalla linea nera, si ricava il rapporto x/d e da questo si determina il COP.

Si riportano nella seguente tabella i risultati ottenuti.

Tabella 24. Configurazioni possibili

d [m] x/d [nondim] COP [nondim]

0,008 1,603 1,565 0,01 0,821 1,745

0,012 0,475 1,840 0,015 0,243 1,917

In teoria si dovrebbe scegliere come configurazione ottimale quella con COP pari a 1.917, ma in questo caso

il rapporto x/d potrebbe essere troppo ridotto rispetto al limite di realizzazione tecnologica. Nelle varie

simulazioni si è partiti da un rapporto corsa-alesaggio minimo di 0.2 per avere una maggior informazione

sull’andamento delle prestazioni per range così bassi. Ma dalle informazioni trovate in letteratura non si

riscontra mai un rapporto corsa-alesaggio inferiore a 0.5. Non sono note le ragioni di tale valore e si presume

che possa essere dovuto a motivi tecnologici di realizzazione del compressore.

Si sceglie dunque una configurazione che stia nell’intorno del valore minimo di 0.5 trovato in letteratura,

scegliendo la configurazione con COP pari a 1.840 avente un rapporto x/d pari a 0.475 ed un diametro di

0.012 m. Per tale configurazione si riporta il ciclo termodinamico di compressione, determinato con il

modello descritto in precedenza, il diagramma di apertura delle valvole di scarico e di aspirazione ed i

parametri e le prestazioni caratteristiche del compressore e dell’impianto.

Figura 161. Potenza termica all’evaporatore e COP con il vincolo di 50 W

Capitolo 6. Risultati e discussioni

135

In Figura 162 si può notare la fase di compressione determinata con un rendimento fluidodinamico pari a 0.9.

L’andamento della pressione durante la fase di scarico è dovuto alle ipotesi di efflusso isoentropico e dal

valore del diametro della valvola in grado di garantire una pressione finale pari a quella del ciclo frigorifero.

L’andamento della pressione nella fase di scarico è dovuto ad un trade-off tra l’incremento di pressione nel

cilindro, dovuta alla riduzione del volume, e la riduzione di pressione dovuta all’uscita della massa di gas

attraverso la valvola. La portata di gas uscente dipende dal diametro della valvola, dalla velocità e dalla

densità di efflusso del gas, queste ultime due sono funzione della differenza di pressione tra monte e valle

della valvola.

Inizialmente, l’incremento di pressione dovuto all’avanzamento del pistone e quindi alla riduzione di volume,

è maggiore della riduzione di pressione dovuta all’uscita del gas; quindi la pressione aumenta, sebbene in

questo caso la velocità di efflusso è massima perché è massima la differenza di pressione a cavallo della

valvola, ma l’effetto della riduzione di volume è prevalente. Successivamente l’effetto di riduzione della

pressione dovuto all’uscita del gas è prevalente sulla riduzione del volume perché la velocità del pistone si

riduce, quindi la pressione diminuisce fino a coincidere con la pressione del ciclo frigorifero; in questo punto

il flusso di gas attraverso la valvola diventa nullo e questa si chiude.

La fase di espansione è stata risolta ipotizzando un rendimento fluidodinamico pari a 0.9. L’andamento della

pressione nella fase di aspirazione è dovuta all’assunzione di efflusso isoentropico ed al valore del diametro

della valvola in grado di garantire una pressione finale pari a quello del ciclo frigorifero. L’incremento di

pressione, dovuto all’ingresso della portata di gas proveniente dalla valvola di aspirazione, è sempre

prevalente sulla riduzione di pressione a causa dell’aumento del volume del cilindro, di conseguenza la

pressione aumenta fino a quando raggiunge la pressione minima del ciclo frigorifero a monte della valvola.

In Figura 163 e in Figura 164 si riportano i diagrammi di apertura e chiusura delle valvole di aspirazione e

scarico. Queste valvole sono mosse dalla differenza di pressione del gas tra la camera di compressione ed il

ciclo frigorifero e, quando tale differenza diventa nulla, si chiudono. Dai parametri riportati nella tabella

successiva si può notare che la costante elastica della valvola di aspirazione è molto minore di quella di

scarico perché le differenze di pressione nel primo caso sono minori, quindi è richiesta una minor costante

elastica per garantire la corretta apertura e chiusura della valvola. Si può anche notare che l’apertura massima

delle valvole dell’ordine è di 10^(-4) m.

Figura 162. Diagramma P-V del ciclo di compressione

Capitolo 6. Risultati e discussioni

136

Si riportano, nelle seguenti tabelle, i parametri caratteristici del compressore scelto e le sue prestazioni. Le

dimensioni della camera di compressione sono di 1.2 cm di diametro e di circa 0.7 cm di lunghezza

(considerando il volume morto), ma le dimensioni globali del sistema di compressione sono maggiori, infatti

si deve considerare anche il motore elettrico che occupa molto spazio per la presenza del magnete

permanente ed inoltre il diametro della molla risonante è leggermente più elevato di quello della camera di

compressione. Quindi il volume della camera di compressione non occupa la maggior parte del volume

occupato dal compressore. Le dimensioni totali sono di circa 2 cm di diametro e 8-10 cm di lunghezza, come

riportato nel lavoro [15]. L’ottimizzazione delle dimensioni della camera di compressione è stata effettuata

per massimizzare il COP del ciclo frigorifero nel rispetto del vincolo di potenza termica all’evaporatore.

Figura 164. Apertura della valvola di aspirazione

Figura 163. Apertura della valvola di scarico

Capitolo 6. Risultati e discussioni

137

Si riportano nelle seguenti tabelle i parametri principali e le prestazioni del sistema di refrigerazione.

Tabella 25. Parametri del ciclo frigorifero

Frequenza di alimentazione [Hz] 50

Diametro del pistone [m] 0,012

Rapporto corsa-alesaggio [nondim] 0,474893

Massa mobile del sistema [kg] 0,5

Pressione minima ciclo frigorifero [bar] 4,5

Pressione massima ciclo frigorifero [bar] 20

Temperatura dell’evaporatore [K] 285,6

Costante elastica del gas [N/m] 15354,32

Costante elastica della molla [N/m] 0,0072

Diametro globale del compressore [m] 0,02

Lunghezza totale del compressore [m] 0,1

Tabella 26. Parametri delle valvole

Diametro valvola di scarico [m] 0,000786

Massa valvola di scarico [kg] 0,001

Costante elastica valvola di scarico [N/m] 4133,971

Massima apertura valvola di scarico [m] 9,97E-05

Portata di gas allo scarico [kg/s] 0,000436

Diametro valvola di aspirazione [m] 0,001417

Massa valvola di aspirazione [kg] 0,001

Costante elastica valvola di aspirazione [N/m] 656,8555

Massima apertura valvola di aspirazione [m] 0,000349

Portata di gas all’aspirazione [kg/s] 0,000436

Tabella 27. Prestazioni del sistema di refrigerazione

Potenza meccanica [W] 24,434

Potenza elettrica [W] 27,149

Rendimento organico-isoentropico [nondim] 0,680

Rendimento motore elettromagnetico [nondim] 0,9

Rendimento globale del compressore [nonim] 0,612

Potenza termica condensatore [W] 60,633

Potenza termica evaporatore [W] 50

COP ciclo frigo [nondim] 1,842

COP Carnot [nondim] 5,193

Rendimento di secondo principio [nondim] 0,355

Capitolo 7. Conclusioni e sviluppi futuri

Mediante la costruzione di un modello numerico implementato in Excel, è stato possibile descrivere le varie

fasi di un compressore, calcolarne le prestazioni ed interfacciarlo con un ciclo frigorifero. Il ciclo frigorifero

è stato progettato per garantire una temperatura dell’evaporatore di 285 K ed una temperatura massima in

ingresso al compressore di 295 K, mantenendo CPU di circa 5-10 °C superiore a tali valori. La potenza

termica asportata dalla CPU è pari a 50 W.

Il rendimento globale del compressore cresce al ridursi del rapporto x/d e all’aumentare del diametro e, per

spiegare tale andamento, si devono analizzare le perdite energetiche. Le perdite di trafilamento dipendono

solo dal diametro e si riducono al crescere di quest’ultimo ed assumono un valore massimo, rispetto alla

potenza meccanica reale, dell’1.38 %. Le perdite termiche sono minime per bassi x/d e diametri elevati e

rappresentano la voce di maggiore perdita, con un valore massimo del 38 % sulla potenza meccanica reale.

Le perdite per attrito meccanico crescono al crescere del apporto corsa-alesaggio seguendo l’andamento della

costante elastica della molla risonante; aumentano, invece, all’aumentare del diametro per valori di x/d

elevati e diminuiscono sempre al crescere del diametro per valori di x/d bassi. Tale comportamento è dovuto

ad un trade-off tra la riduzione della costante meccanica, l’incremento dell’eccentricità della molla, della

corsa e della velocità del pistone al crescere del diametro e quindi al crescere del volume della camera di

compressione. Le perdite per attrito meccanico assumono un valore massimo dello 0.22 % sulla potenza

meccanica reale. L’andamento del rendimento globale del compressore è l’inverso di quello delle perdite

termiche che rappresentano la maggior fonte di perdita energetica. I diametri delle valvole crescono con la

radice quadrata di x/d e con il diametro elevato ad un coefficiente pari a1.5. Nei casi studio affrontati si è

notato che la potenza all’evaporatore cresce linearmente al crescere di x/d e con un andamento cubico al

crescere del diametro, infatti essa dipende dalla portata di scarico e quindi dal volume del compressore.

Mentre il COP, fissati i parametri termodinamici del ciclo, segue lo stesso andamento del rendimento globale

del compressore.

Tra le varie configurazioni analizzate che soddisfano il vincolo di potenza termica all’evaporatore, si è scelto

un compressore avente una camera di compressione con un rapporto corsa-alesaggio di circa 0.47 ed un

diametro di 1.2 cm. Il compressore ha un rendimento globale del 61 % ed assorbe una potenza elettrica di 27

W, mentre il ciclo frigorifero ha un COP di 1.84 ed un rendimento di secondo principio del 35.5 %. Il caso

con rapporto x/d di 0.24 ed un diametro di 1.5 cm non è stato scelto perché non si è certi della possibilità

tecnologica di realizzare una camera di compressione avente un rapporto corsa-alesaggio così basso, sebbene

questa configurazione garantisca un COP più elevato. Le dimensioni globali del compressore sono di circa 2

cm di diametro e di 8-10 cm di lunghezza, ed è grado di comprimere il gas da 4.5 bar a 20 bar, ossia con un

rapporto di compressione pari a 4.45, con una portata di 0.436 g/s corrispondenti a 26.17 g/min. La potenza

elettrica richiesta è piuttosto elevata rispetto al consumo medio di un notebook o di un desktop computer, ma

permette di alimentare un ciclo frigorifero in grado di mantenere la CPU ad una temperatura di 25-30 °C

migliorandone le prestazioni e l’affidabilità.

Si riportano in seguito le indicazioni per gli sviluppi futuri del modello di compressione ideato in questa

sede:

rimuovere l’ipotesi di gas ideale all’interno del compressore;

considerare l’attrito fluidodinamico tra il gas e le valvole durante le fasi di aspirazione e scarico;

ridurre, se possibile, la massa del sistema agendo sulla scelta della costante meccanica della molla,

valutando se le modifiche teoriche siano fattibili tecnicamente;

pensare ad un sistema in grado di ridurre le perdite termiche in modo da migliorare il rendimento del

compressore e quindi del COP;

studiare la variazione del COP al variare dei parametri termodinamici del ciclo frigorifero,

controllando che questi siano sempre compatibili con quelli della CPU;

definire un modello matematico e numerico per gli altri componenti del ciclo frigorifero

considerando anche le perdite di carico all’interno di essi;

capire se il compressore debba lavorare solamente a pieno carico o se sia necessario un suo

funzionamento ai carichi parziali a seconda della temperatura operativa della CPU e, nel caso,

modificare il modello per simulare il funzionamento ai carichi parziali.

Indice delle figure

Figura 1. Raffreddamento ad aria in convezione forzata [ricerca in Google] ................................................ 11 Figura 2. Raffreddamento a liquido [ricerca in Google] ................................................................................ 12 Figura 3. Ciclo Rankine inverso per applicazioni elettroniche [15] ................................................................ 13 Figura 4. Tecnologie di raffreddamento .......................................................................................................... 15 Figura 5. Schema del compressore alternativo tradizionale [7] ...................................................................... 16 Figura 6. Compressore lineare LG [sito web LG] ........................................................................................... 16 Figura 7. Schema del motore lineare [8] ......................................................................................................... 16 Figura 8. Motore a magnete mobile [1] ........................................................................................................... 17 Figura 9. Vista in sezione del motore a magnete mobile[2] ............................................................................. 17 Figura 10. Sistema di valvole [2] ..................................................................................................................... 18 Figura 11. Valvole a disco [2] ........................................................................................................................ 18 Figura 12. Compressore lineare [4] ................................................................................................................ 18 Figura 13. Valvola a lembo [Ricerca in Google] ............................................................................................ 18 Figura 14. Tipologie di valvole ........................................................................................................................ 18 Figura 15. Molla risonante [2] ....................................................................................................................... 19 Figura 16. Molla planare [3] ........................................................................................................................... 19 Figura 17. Schema della molla planare[Ricerca in Google] ........................................................................... 19 Figura 18. Modello 3D della molla planare[Ricerca in Google] .................................................................... 19 Figura 19. Compressore lineare per la refrigerazione di componenti elettronici [7] .................................... 20 Figura 20. Prototipo di un compressore lineare [6] ........................................................................................ 20 Figura 21. Diagramma p-h [8] ........................................................................................................................ 21 Figura 22. Schema dell’impianto di refrigerazione [8] ................................................................................... 21 Figura 23. Rendimento volumetrico [7] .......................................................................................................... 23 Figura 24. Rendimento isoentropico [7] ......................................................................................................... 23 Figura 25. COP compressore lineare e COP compressore tradizionale [7] .................................................. 23 Figura 26. COP ed efficienza di Carnot [7] .................................................................................................... 23 Figura 27. Potenza persa per attrito [10] ....................................................................................................... 25 Figura 28. Rendimento volumetrico vs (x/D) [10] ........................................................................................... 25 Figura 29. Frequenza di risonanza vs (x/D) [10] ........................................................................................... 25 Figura 30. Perdite per trafilamento vs (x/D) [10] ............................................................................................ 25 Figura 31. Rendimento isoentropico vs (x/D) [10] .......................................................................................... 25 Figura 32. Analisi delle perdite energetiche ................................................................................................... 26 Figura 33. Diagramma P-V del ciclo di compressione[9] ............................................................................... 26 Figura 34. Iron, copper and perdite totali in funzione della frequenza [11] .................................................. 27 Figura 35. Iron losses in funzione della frequenza [11] ................................................................................. 27 Figura 36. Diagramma delle perdite energetiche [13] .................................................................................... 27 Figura 37. EER legato all’efficienza meccanica e del motore elettrico [8] ..................................................... 28 Figura 38. EER legato all’efficienza meccanica e del motore elettrico [8] ..................................................... 28 Figura 39. EER in funzione della capacità di refrigerazione .......................................................................... 28 Figura 40. Fattore di amplificazione e scostamento di fase [Wikipedia] ........................................................ 29 Figura 41. COP in funzione della frequenza operativa [12] ............................................................................ 30 Figura 42. CVAM [5] ....................................................................................................................................... 31 Figura 43. Analogia elettrica [12] ................................................................................................................... 32 Figura 44. EER dei metodi di regolazione ai carichi parziali [5] ................................................................... 33 Figura 45. Confronto tra la molla ad elica e la molla a gas [14] .................................................................... 34 Figura 46. Punti in cui si hanno perdite per attrito meccanico [sito web LG] ................................................ 36 Figura 47. Consumo elettrico di un frigorifero domestico dotato di compressore lineare [4] ........................ 36 Figura 48. Confronto tra il livello di rumore di un compressore lineare e di un compressore alternativo

tradizionale [sito web LG] ............................................................................................................................... 37 Figura 49. Efficienza dei compressori alternativi (LGE) [9] ........................................................................... 37 Figura 50. Confronto tra il compressore lineare ed il compressore alternativo tradizionale [35] ................. 37 Figura 51. Micro canale dell’evaporatore [15] ............................................................................................... 39 Figura 52. Micro canale del condensatore collegato allo scambiatore di calore ad aria [15] ....................... 39

Capitolo 6. Indice delle figure

141

Figura 53. Mini compressore realizzato da Embraco [15] ............................................................................. 39 Figura 54. Sistema di refrigerazione integrato in un desktop computer [15] ................................................. 40 Figura 55. Attuatore piezoelettrico [ricerca in Google] ................................................................................. 42 Figura 56. Sistemi bivalvole (Bivalvular system) [20] .................................................................................... 42 Figura 57. Schema valvole passive (a) e sezione (b) [16] ............................................................................... 42 Figura 58. Valvole a mensola (Cantilever) e a ponte (bridge) [21] ................................................................ 43 Figura 59. Valvole passive dinamiche [17] ..................................................................................................... 43 Figura 60. Tipologia di valvole ....................................................................................................................... 44 Figura 61. Frequenza di azionamento in funzione della corsa della membrana [16] ..................................... 44 Figura 62. Potenza assorbita in funzione della frequenza di azionamento [16] ............................................. 45 Figura 63. Sistema di controllo delle valvole [16] .......................................................................................... 45 Figura 64. Trasduttori di pressione [16] ......................................................................................................... 45 Figura 65. Assemblaggio del compressore e del sistema di raffreddamento [16] ........................................... 46 Figura 66. Schema del sistema di raffreddamento [16] .................................................................................. 46 Figura 67. Micro canali a forma tronco piramidale [18] ............................................................................... 47 Figura 68. Analogia elettrica [17] .................................................................................................................. 47 Figura 69. Modello del compressore che sfrutta gli effetti fluidodinamici [17] .............................................. 47 Figura 70. Caratteristica del flusso nei micro diffusori [17] .......................................................................... 48 Figura 71. Flusso turbolento attraverso i diffusori: (a) direzione positiva; (b) direzione negativa [17] ........ 49 Figura 72. 𝑸𝑳 vs 𝑷𝑹 (fluido di lavoro:acqua) [17] ........................................................................................ 50 Figura 73. 𝑸𝟎 vs f [17].................................................................................................................................... 51 Figura 74. 𝑸𝟎 e 𝑷𝒎𝒂𝒙 vs f [18] ..................................................................................................................... 51 Figura 75. Parametri caratteristici[19] .......................................................................................................... 52 Figura 76. Principio di funzionamento [20] .................................................................................................... 53 Figura 77. Due valvole che lavorano in senso opposto: aspirazione e scarico [20] ....................................... 53 Figura 78. Processo di fabbricazione [20] ...................................................................................................... 54 Figura 79. Q vs p [20] ..................................................................................................................................... 54 Figura 80. Parametri delle minime perdite di pressione[21] .......................................................................... 55 Figura 81. Fabbricazione della base d’appogio el PZT [21] ......................................................................... 56 Figura 82. Fabbricazione delle valvole a mensola(sinistra) e delle valvole a ponte (destra) [21] ................. 56 Figura 83. Flusso alla mandata in funzione della tensione applicata [21] ..................................................... 57 Figura 84. Flusso alla mandata in funzione della frequenza operativa [21] .................................................. 58 Figura 85. Modello di flusso attraverso le valvole [21] .................................................................................. 58 Figura 86. Attuatore ibrido [22]...................................................................................................................... 59 Figura 87. Stampaggio degli elettrodi su SiO2 [22] ....................................................................................... 60 Figura 88. Confronto tra attuatore standard e attuatore ibrido[22] ............................................................... 60 Figura 89. Schema del compressore [23] ........................................................................................................ 63 Figura 90. Componenti della camera di compressione [25] ........................................................................... 63 Figura 91. Principio di funzionamento [24] .................................................................................................... 64 Figura 92. Ciclo Rankine inverso [25] ............................................................................................................ 65 Figura 93. Segmentazione della superfice della camera sferica [23] ............................................................. 65 Figura 94. Tensione di Pull-in in funzione del raggio adimensionale [23] ..................................................... 66 Figura 95. Pressione in funzione del raggio adimensionale [24] ................................................................... 67 Figura 96. Forze in gioco in funzione del raggio adimensionale [24] ............................................................ 67 Figura 97. Tensione di Pull-in in funzione del salto di pressione e dello spessore del diaframma [23] ......... 68 Figura 98. Salto di pressione in funzione della tensione applicata e della pressione di ingresso[24] ............ 68 Figura 99. Tensione in funzione del numero di segmenti [23] ........................................................................ 68 Figura 100. Salto di pressione in funzione del raggio [25] ............................................................................. 69 Figura 101. Salto di pressione e portata volumetrica in funzione del raggio [25] ......................................... 69 Figura 102. Portata volumetrica in funzione del raggio [25] ......................................................................... 69 Figura 103. Lavoro di compressione in funzione del raggio [25] ................................................................... 70 Figura 104. Tensione di Pull-in in funzione del raggio [25] ........................................................................... 70 Figura 105. Compressore a due diaframmi [26] ............................................................................................. 70 Figura 106. Fasi operative del compressore a due diaframmi [26] ................................................................ 71 Figura 107. Dimensioni del compressore [25] ................................................................................................ 73 Figura 108. Parametri del ciclo [25] .............................................................................................................. 73 Figura 109. Parametri operativi [25] .............................................................................................................. 73 Figura 110. Parametri del compressore [25] .................................................................................................. 74

Capitolo 6. Indice delle figure

142

Figura 111. Parametri ottimali [25] ................................................................................................................ 74 Figura 112. Matrice di compressori [25] ......................................................................................................... 74 Figura 113. Volume esterno della matrice [25] ............................................................................................... 74 Figura 114. Ciclo inverso Joule-Brayton [28] ................................................................................................. 76 Figura 115. Diagramma T-s [28] ..................................................................................................................... 76 Figura 116. Schema d’impianto del ciclo inverso Joule-Brayton [27] ........................................................... 77 Figura 117. COP in funzione del beta [28] ...................................................................................................... 78 Figura 118. COP in funzione del delta T [28] ................................................................................................. 78 Figura 119. Compressore centrifugo [29] ....................................................................................................... 79 Figura 120. Pale dell’impeller e del diffusore [29] ......................................................................................... 81 Figura 121. Dimensioni del compressore [29] ................................................................................................ 81 Figura 122. Ciclo Stirling inverso [ricerca in Google] ................................................................................... 82 Figura 123. Schema del ciclo[30] .................................................................................................................... 83 Figura 124. Diagramma T-s[30] ...................................................................................................................... 83 Figura 125. λ in funzione di τ [30] .................................................................................................................. 84 Figura 126. Rigeneratore [30] ......................................................................................................................... 84 Figura 127. Lunghezza caratteristica in funzione del rapporto tra la Tmin e T max [30] ............................... 85 Figura 128. Raffreddamento termoelettrico (Thermoelectric coolin)g [37] .................................................... 86 Figura 129. Tubo di calore pulsante (Pulse tube) [Wikipedia] ....................................................................... 87 Figura 130. Raffreddamento per adsorbimento (Sorption cooler) [36] ........................................................... 88 Figura 131. Micropompa termopneumatica (Thermopneumatic micropump) [32] ......................................... 89 Figura 132. Magnete permanente avvolto dalla spira [33] ............................................................................. 90 Figura 133. Tecnologie di raffreddamento ...................................................................................................... 91 Figura 134. Rappresentazione schematica del sistema di refrigerazione [15] ................................................ 93 Figura 135. Schema del compressore .............................................................................................................. 94 Figura 136. Cp0 in funzione della temperatura ............................................................................................... 96 Figura 137. Valvole a disco [ricerca in Gooogle] ........................................................................................... 96 Figura 138. Principio di funzionamento delle valvole a disco ........................................................................ 96 Figura 139. Schema delle forze che agiscono sulla valvola ............................................................................ 97 Figura 140. Flusso di calcolo .......................................................................................................................... 99 Figura 141. Volume della camera di compressione ....................................................................................... 100 Figura 142. Diagramma P-V del ciclo di compressione [9] .......................................................................... 101 Figura 143. Perdite per trafilamento ............................................................................................................. 103 Figura 144. Algoritmo del ciclo di compressione .......................................................................................... 107 Figura 145. Flusso di calcolo ........................................................................................................................ 112 Figura 146. Ciclo Rankine inverso ................................................................................................................ 115 Figura 147. Confronto tra i rendimenti organico-isoentropici ...................................................................... 118 Figura 148. Efficienza globale del compressore ............................................................................................ 121 Figura 149. Potenza meccanica del ciclo reale e ideale di compressione ..................................................... 122 Figura 150. Scostamento della potenza meccanica reale da quella ideale ................................................... 122 Figura 151. Rendimento volumetrico............................................................................................................. 124 Figura 152. Fattore di perdita per trafilamento ............................................................................................ 124 Figura 153. Perdite termiche ......................................................................................................................... 126 Figura 154. Fattore di perdita termica .......................................................................................................... 127 Figura 155. Costante meccanica della molla risonante ................................................................................ 128 Figura 156. Massa mobile del sistema........................................................................................................... 129 Figura 157. Perdita per attrito meccanico .................................................................................................... 130 Figura 158. Fattore di perdita d’attrito ......................................................................................................... 131 Figura 159. Diametro della valvola di scarico .............................................................................................. 132 Figura 160. Potenza termica all’evaporatore e COP .................................................................................... 133 Figura 161. Potenza termica all’evaporatore e COP con il vincolo di 50 W ................................................ 134 Figura 162. Diagramma P-V del ciclo di compressione ................................................................................ 135 Figura 163. Apertura della valvola di scarico ............................................................................................... 136 Figura 164. Apertura della valvola di aspirazione ........................................................................................ 136

Indice delle tabelle

Tabella 1. Parametri del compressore lineare [7] .......................................................................................... 38 Tabella 2. Parametri del ciclo frigorifero [7] ................................................................................................ 38 Tabella 3. Parametri del compressore e del ciclo frigorifero [3] .................................................................... 38 Tabella 4. Parametri del ciclo frigorifero [15] ............................................................................................... 40 Tabella 5. Compressore piezoelettrico per il ciclo di raffreddamento Joule-Thomson [16] ........................... 61 Tabella 6.Compressore piezoelettrico con valvole passive dinamiche [17], [18] e [19] ................................. 62 Tabella 7. Sistemi bivalvole (Bivalvular system) [20] ..................................................................................... 62 Tabella 8. Valvole a lembo (Flapper valves) [21] ........................................................................................... 62 Tabella 9. Parametri del ciclo inverso Joule-Brayton [28] ............................................................................. 79 Tabella 10. Parametri del compressore [29] ................................................................................................... 81 Tabella 11. Parametri del ciclo Stirling inverso [31], [Ricerca in Google] ................................................... 85 Tabella 12. Parametri del raffreddamento termoelettrico (TEC) [15] ............................................................ 86 Tabella 13. Parametri del tubo di calore pulsante [15] .................................................................................. 87 Tabella 14. Parametri del raffreddamento per adsorbimento [15] ................................................................. 88 Tabella 15. Parametri della micro pompa ad azionamento termopneumatico [32] ........................................ 89 Tabella 16. Parametri della micro pompa ad azionamento elettromagnetico [33] ......................................... 90 Tabella 17. Dati iniziali ad ogni passo temporale in cui viene discretizzata la fase 2 .................................. 103 Tabella 18. Numeri di Reynolds per ogni fase del ciclo di compressione ..................................................... 110 Tabella 19. Parametri del ciclo Rankine inverso .......................................................................................... 113 Tabella 20. Condizioni al contorno ............................................................................................................... 117 Tabella 21. Parametri variabili ..................................................................................................................... 117 Tabella 22. Diametri del pistone ................................................................................................................... 119 Tabella 23. Rapporti corsa/alesaggio ........................................................................................................... 119 Tabella 24. Configurazioni possibili ............................................................................................................. 134 Tabella 25. Parametri del ciclo frigorifero ................................................................................................... 137 Tabella 26. Parametri delle valvole .............................................................................................................. 137 Tabella 27. Prestazioni del sistema di refrigerazione ................................................................................... 137

Nomenclatura

Compressori lineari: 𝐴𝑝𝑖𝑠𝑡 Area del pistone [m^2]

𝐵𝑚𝑎𝑥 Massima densità di flusso magnetico [T/m^3]

𝐶 Capacità del condensatore del circuito equivalente del compressore [C/V]

𝐶𝑒𝑓𝑓 Coefficiente di dissipazione di energia [N*s/m]

𝐶𝑂𝑃𝐶𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 Coefficent of performance del ciclo di Carnot [non dim]

𝐶𝑂𝑃 Coefficient of performance [non dim]

𝐷𝑝𝑖𝑠𝑡 Diametro del pistone [m]

𝑓𝑎𝑡𝑡𝑟 Fattore d’attrito [non dim]

𝐹𝑑𝑟𝑖𝑣𝑒 Forza di azionamento elettromagnetica [N]

𝑓𝑟𝑒𝑠𝑜𝑛𝑎𝑛𝑐𝑒 Frequenza di risonanza [Hz]

𝑓 Frequenza operativa [Hz]

𝐺𝑤𝑒𝑖𝑔 𝑕𝑡 𝑜𝑓 𝑖𝑟𝑜𝑛 Perso del core d’acciaio [N]

𝐻 Campo magnetico inducente generato dalla spira [T]

𝑖 Corrente di alimentazione del motore elettrico [A]

𝑘𝑒𝑑𝑑𝑦 𝑐𝑢𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡 Coefficiente di perdita per correnti parassite [non dim]

𝑘𝑒𝑓𝑓 Costante elastica effettiva o totale [N/m]

𝑘𝑔𝑎𝑠 Costante elastica del gas [N/m]

𝑘𝑖𝑟𝑜𝑛 𝑙𝑜𝑠𝑠 Coefficiente di perdita per iron losses [non dim]

𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 Costante meccanica della molla risonante [N/m]

𝐿 Induttanza del circuito equivalente del compressore [H]

𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔 Massa mobile del sistema [kg]

𝑚 𝑜𝑢𝑡 Portata uscente dal compressore [kg/s]

𝑁 Forza normale alla superficie di contatto pistone-cilindro [N]

𝑃𝐶𝑢 Potenza persa per effetto Joule W]

𝑃𝑒 Potenza persa per correnti parassite [W]

𝑃𝑒(𝑡𝑜𝑡 ) Potenza totale persa nel motore elettrico [W]

𝑃𝐹𝑒 Potenza totale persa nell’iron core [W]

𝑃𝑕 Potenza persa per isteresi [W]

𝑅 Resistenza del circuito equivalente del motore compressore [Ω]

𝑅𝑐𝑜𝑚𝑝 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑐𝑡 Effetti del compressore sul prestazioni globali [non dim]

𝑅𝑐𝑦𝑐𝑙𝑒 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑐𝑡 Effetti del ciclo frigorifero sulle prestazioni globali [non dim]

𝑅𝑒𝑓𝑓𝑒𝑐𝑡 Prestazioni globali dell’impianto [non dim]

𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 Temperatura del fluido nel condensatore [K]

𝑇𝑒𝑣𝑎 Temperatura del fluido nell’evaporatore [K]

TDC Punto morto superiore (Top dead center) [m]

BDC Punto morto inferiore (Bottom dead center) [m]

𝑉 Tensione di alimentazione del motore elettrico [V]

𝑉 Portata volumetrica in uscita dal compressore [m^3/s]

𝑉𝑖𝑟𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑟𝑒 Volume dell’iron core [m^3]

𝑉 𝑚𝑎𝑥 Volume massimo della camera di compressione [m^3/s]

𝑊 𝑒𝑙 Potenza elettrica [W]

𝑊 𝑓𝑟𝑖𝑐𝑡 Potenza persa per attrito [W]

𝑊𝑔𝑎𝑠 Potenza del ciclo di compressione [J]

𝑊 𝑙𝑒𝑎𝑘 Potenza persa per effetto trafilamento [W]

𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 Accelerazione del pistone [m/s^2]

𝑥𝑝𝑖𝑠𝑡 Posizione del pistone [m]

𝑥𝑠𝑡𝑜𝑟𝑘𝑒 Corsa del pistone [m]

𝛼 Costante del motore elettromagnetico [N/A]

Nomenclatura

145

Δ𝑕𝑖𝑠 ,𝑐𝑜𝑚𝑝 Salto entalpico isoentropico di compressione [J/kg]

Δ𝑃𝑔𝑎𝑠 Salto di pressione del gas nel volume morto [Pa]

휀𝐶𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 Efficienza del ciclo di Carnot ideale [non dim]

휀 Eccentricità della molla risonante [m]

휁 Fattore di smorzamento [non dim]

휂𝑐𝑜𝑚𝑝 Rendimento compressore (uguale al rendimento globale) [non dim]

휂𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛 Rendimento del processo di compressione [non dim]

휂𝑔𝑙𝑜𝑏 Rendimento globale (uguale al rendimento compressore) [non dim]

휂𝑚𝑒𝑐 𝑕𝑒𝑛𝑖𝑐𝑎𝑙 Rendimento meccanico [non dim]

휂𝑚𝑜𝑡𝑜𝑟 Rendimento del motore elettromagnetico [non dim]

휂𝑣𝑜𝑙 Rendimento volumetrico [non dim]

𝜌𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 Densità del gas all’aspirazione [kg/m^3]

𝜏𝑡𝑕𝑖𝑐𝑘𝑛𝑒𝑠𝑠 𝑜𝑓 𝑠𝑡𝑒𝑒𝑙 𝑑𝑖𝑠𝑘 Spessore del velocità disco dell’iron core [m]

𝜔𝑛𝑎𝑡 Velocità angolare naturale [rad/s]

𝜔𝑟𝑒𝑠 Velocità angolare di risonanza [rad/s]

Compressori piezoelettrici: 𝐶𝐽−𝑇 Coefficiente di Joule-Thomson [k/Pa]

𝐶𝑀 Costante di curvatura della membrana [m^2/Pa]

𝑑 Diametro di aspirazione o di scarico [m]

𝐸 Modulo di Young del materiale della membrana [GPa]

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑏𝑟𝑖𝑑𝑔𝑒 Frequenza di risonanza delle valvole a mensola [Hz]

𝑓𝑟𝑒𝑠 ,𝑐𝑎𝑛𝑡𝑖𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟 Frequenza di risonanza delle valvole a ponte [Hz]

𝑓 Frequenza operativa [Hz]

𝐺± Conduttanza del circuito equivalente del compressore [m^3/s Pa]

𝑕 Entalpia del fluido [J/kg]

𝐼 Momento di inerzia della membrana delle Valvole a lembo [kg*m^2]

𝑘 Parametro strutturale del canale [kg/m s^2]

𝐿𝐿𝑒𝑛𝑔𝑡 𝑕 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 Lunghezza delle valvole [m]

𝑝𝐼 Pressione del fluido nel canali di aspirazione [Pa]

𝑝𝐼𝐼 Pressione del fluido nel canale di scarico [Pa]

𝑃𝑏 Piombo [non dim]

𝑝𝑐𝑙𝑜𝑠𝑒 Pressione di chiusura della valvola (bivalvular system) [Pa]

𝑝𝑖 Pressione interna della camera di compressione [Pa]

𝑝𝑖𝑛 Pressione interna della camera di compressione con sistemi

bivalvole [Pa]

𝑝𝑛 Pressione normalizzata [non dim]

𝑝𝑜𝑝𝑒𝑛 Pressione di apertura della valvola (bivalvular system) [Pa]

𝑝𝑜𝑢𝑡 Pressione esterna alla camera di compressione con sistemi bivalvole [Pa]

𝑃𝑅 Contropressione (Back pressure) [Pa]

𝑃𝑟𝑒𝑠𝑠𝑢𝑟𝑒 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜 Rapporto di compressione fornito dal compressore [non dim]

𝑝 Pressione [Pa]

𝑄0 Portata volumetrica nello condizioni di contropressione uguale a 0 [ml/min]

𝑄1;2 Portata volumetrica nel canale di aspirazione(1) e scarico (2) [ml/min]

𝑄𝐿 Portata volumetrica in condizioni di contropressione maggiore di 0 [ml/min]

𝑄𝑚𝑎𝑥 Portata volumetrica massima in condizioni di uguale a 0 [ml/min]

𝑄 Portata volumetrica [ml/min]

𝑅𝑒 Numero di Re del fluido [non dim]

𝑇𝑕𝑖𝑐𝑘𝑛𝑒𝑠𝑠 Spessore della membrana del diaframma [m]

𝑇𝑖 Titanio [non dim]

𝑇 temperatura [K]

𝑉 Portata volumetrica alla mandata (stesso significato di Q) [m^3/s]

𝑉𝑠𝑤𝑒𝑝𝑡 Volume spazzata dal diaframma [m^3]

𝑍𝑟 Zirconio [non dim]

𝛿𝑚𝑎𝑥 Massima corsa della membrana del diaframma [m]

Nomenclatura

146

휀 Efficienza di rettificazione (rectification efficiency) [non dim]

𝜌 Densità del fluido [kg/m^3]

𝜌𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎𝑙 Densità del materiale della membrana [kg/m^3]

𝜐 Coefficiente di Poissoin [non dim]

𝜈𝑟𝑒𝑙 Viscosità relativa [m^2/s]

Compressori elettrostatici: 𝐴𝑅 Aspect ratio [non dim]

𝐷𝐶 Tensione di alimentazione in corrente continua [V]

𝐸 Modulo di Young [GPa]

𝐹𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 Forza elastica della membrana [N]

𝐹𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 Forza di attrazione elettrostatica [N]

𝐹𝑔𝑎𝑠 Forza di pressione del gas [N]

𝑓 Frequenza operativa [Hz]

𝑘𝑑 Costante del materiale dielettrico [non dim]

𝑀 Numero di elementi in serie [non dim]

𝑁 Numero di elementi in parallelo [non dim]

𝑃𝑑𝑖𝑠𝑐 𝑕𝑎𝑟𝑔𝑒 Pressione di scarico del compressore [Pa]

𝑇𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 Temperatura di aspirazione del gas [K]

𝑃𝑠𝑒𝑔 Pressione esercitata dal gas sul segmento i-esimo [Pa]

𝑃𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛 Pressione di aspirazione del compressore [Pa]

𝑅 Raggio della membrana [m]

𝑡𝑑 Spessore del materiale dielettrico [m]

𝑡 Spessore della membrana [m]

𝑉 Portata volumetrica [m^3/s]

𝑉𝑐𝑕𝑎𝑚𝑏𝑒𝑟 Volume della camera di compressione [m^3]

𝑉𝑜𝑙𝑢 ,𝑡𝑜𝑡 Volume del singola unità (u) e totale (tot) [m^3]

𝑣𝑠𝑢𝑐𝑡𝑖𝑜𝑛∗ Volume specifica del gas all’aspirazione [m^3/kg]

𝑉𝑠𝑒𝑔 Volume tra il segmento i-esimo e la cavità sferica [m^3]

𝑦(𝑟) Distanza della membrana dalla cavità sferica [m]

𝑌 Massima profondità della cavità sferica [m]

∆𝑃 Salto di pressione fornito dal diaframma [Pa]

Δ𝑝tot Salto di pressione totale [Pa]

휀0 Costante dielettrica nel vuoto [F/m]

휂𝑣𝑜𝑙 Rendimento volumetrico [non dim]

𝜈 Coefficiente di Poisson [non dim]

𝜍𝑖𝑛 Sforzo iniziale sulla membrana [Pa]

Ciclo Joule-Brayton inverso: 𝐶𝑂𝑃𝐶𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 Coefficent of Performance del ciclo di Carnot [non dim]

𝐶𝑂𝑃 Coefficent of performance [non dim]

𝐹 𝐶𝑜𝑟𝑖𝑜𝑙𝑖𝑠 Forza di Coriolis [N]

𝑕𝑇 Entalpia totale [J/kg]

𝑕𝑅𝑜𝑡𝑜𝑟𝑒 Entalpia totale rotore (sistema relativo) [J/kg]

𝑕𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 Entalpia statica [J/kg]

𝑕𝑆𝑡𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 Entalpia totale statore (sistema assoluto) [J/kg]

𝑙𝑢 Lavoro euleriano [J/kg]

P Pressione [Pa]

𝑄 𝑠𝑐𝑎𝑚 Potenza termica scambiata nel rigeneratore [W]

𝑄 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏 ,𝑚𝑎𝑥 Massima potenza termica scambiata nel rigeneratore [W]

𝑠 Fattore di scorrimento (Slip factor) [non dim]

𝑇 Temperatura [K]

𝑢1;2 Velocità periferica ingresso ed uscita rotore [m/s]

𝑉1𝑡;2𝑡 Velocità tangenziale ingresso e uscita rotore [m/s]

Nomenclatura

147

𝑉𝑡𝑎𝑛𝑔 𝑜𝑢𝑡 ,𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 Velocità tangenziale teorica in uscita dal rotore [m/s]

𝑉𝑡𝑎𝑛𝑔 𝑜𝑢𝑡 𝑖𝑚𝑝𝑒𝑙𝑙𝑒𝑟 ,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 Velocità tangenziale reale in uscita dal rotore [m/s]

𝑉 Velocità assoluta [m/s]

𝑊𝑟𝑒𝑙 Velocità relativa [m/s]

𝛽 Rapporto di compressione [non dim]

Δ𝑕𝑖𝑠 Salto isoentropico di compressione [J/kg]

Δ𝑇 Differenza di temperatura in uscita dal rigeneratore lato gas caldi [K]

휀𝑟𝑖𝑔 Efficienza del rigeneratore [non dim]

휂𝑇−𝑇 Rendimento total to totale del compressore [non dim]

휂𝑐𝑜𝑚𝑝 Rendimento del compressore [non dim]

휂𝑡𝑢𝑟𝑏 Rendimento della turbine [non dim]

𝜓 Coefficiente di carico isoentropico dello stadio [non dim]

𝜔 Velocità angolare di rotazione [rad/s]

Ciclo Stirling inverso: 𝐴𝑑 Sezione di passaggio del fluido nel rigeneratore [m^2]

𝐴𝑆 Sezione del rigeneratore [m^2]

𝑐𝑝 Calore specifico del fluido [kJ/kg K]

𝑓 Frequenza operativa [Hz]

𝑘𝑆 Conduttività termica del rigeneratore [W/m K]

𝐿𝑆 Lunghezza del rigeneratore [m]

𝑚 Portata massica del ciclo [kg/s]

𝑁𝑇𝑈 Numero delle unità termiche [non dim]

𝑄 𝑓𝑙𝑢𝑖𝑑 Potenza termica scambiata dal fluido nel rigeneratore [W]

𝑄 𝐿 Potenza termica scambiata dal rigeneratore per conduzione [W]

𝑟 Rapporto volumetrico [non dim]

𝑇𝐻 Temperatura massima del ciclo [K]

𝑇𝐿 Temperatura minima del ciclo [K]

𝑇𝑋 Temperatura di uscita del fluido dal rigeneratore [K]

𝑊 𝑐𝑜𝑚𝑝 Potenza del compressore [W]

𝑊 𝑒𝑠𝑝 Potenza dell’espansore [W]

𝑊 𝑖𝑛 Potenza in ingresso al sistema [W]

휀𝑟𝑖𝑔 Efficienza del rigeneratore [non dim]

𝛾 Rapporto tra il cp e il cv del fluido [non dim]

𝜆 Conduction parameter [non dim]

𝜌 Desnità del fluido [kg/m^3]

𝜏 Rapporto tra la temperatura minima e massima del ciclo Non dim]

Modello di calcolo: 𝐴𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑐𝑦𝑙 Area base del cilindro [m^2]

𝑎𝑐𝑝 Coefficienti del termine di primo grado del cp0 [kJ/kg K]

𝐴𝑙𝑒𝑎𝑘 Area di trafilamento [m^2]

𝐴𝑃 Area di port [m^2]

𝑎 accelerazione [m/s^2]

𝑏𝑐𝑝 Coefficiente del termine noto del cp0 [kJ/kg K]

𝐶𝑒𝑓𝑓 Coefficiente di smorzamento del pistone [N*s/m]

𝐶𝑂𝑃𝐶𝑎𝑟𝑛𝑜𝑡 COP del ciclo di Carnot [non dim]

𝐶𝑂𝑃 COP del ciclo frigorifero [non dim]

𝑐𝑝0 Cp del gas ideale [kJ/kg]

𝐷𝑐𝑦𝑙 Diametro del cilindro [m]

𝑑𝑃𝑜𝑟𝑡 Diametro della sezione di porto (uguale al diametro delle valvole) [m]

𝐸 Energia nella camera di compressione [J]

𝐹Δ𝑃 Forza dovuta alla differenza di pressione a cavallo della valvola [N]

𝐹𝑒𝑙 Forza elastica della valvola [N]

Nomenclatura

148

𝑓𝑓𝑒𝑒𝑑 Frequenza di alimentazione del motore elettrico [Hz]

𝐹𝑃𝑟𝑒−𝑙𝑜𝑎𝑑 Forza di precarico sulla valvola [N]

𝑔 Gioco tra pistone e cilindro [m] 𝑕1−6 Entalpia dei punti del ciclo frigorifero [kJ/kg]

𝑕𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 Entalpia finale del time step [kJ/kg]

𝑕𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Entalpia iniziale del time step [kJ/kg]

𝑕𝑖𝑛𝑡 Coefficiente di scambio convettivo interno [kJ/kg]

𝑕0;𝑟𝑖𝑓 Entalpia di riferimento [kJ/kg]

𝑕𝑠𝑐𝑎𝑟 ,𝑎𝑠𝑝 ,𝑙𝑒𝑎𝑘 Entalpia di scarico, aspirazione e di trafilamento [kJ/kg]

𝐽𝐶𝐺 Momento d’inerzia alla rotazione del pistone [kg*m^2]

𝑘𝑔𝑎𝑠 Costante elastica del gas [N/m]

𝑘𝑚𝑒𝑐 𝑕 Costante elastica della molla risonante [N/m]

𝑘𝑡𝑜𝑡 Costante elastica totale [N/m]

𝑘𝑣 Costante elastica della valvola [N/m]

𝐿𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒 Corsa del pistone [m]

𝑚𝑣 Massa della valvola [kg]

𝑀1 Massa iniziale della fase [kg]

𝑀𝑓𝑎𝑠𝑒 2 Massa scaricata durante la fase 2 [kg]

𝑚 𝑓𝑙𝑜𝑤 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 Portata massica attraverso la valvola [kg/s]

𝑚 𝑙𝑒𝑎𝑘 Portata massica persa per di trafilamento [kg/s]

𝑀𝑚𝑜𝑣𝑖𝑛𝑔 Massa mobile del sistema [lg]

𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 𝑐𝑜𝑚𝑝 Portata massica scaricata dal compressore [kg/s]

𝑚 𝑠𝑐𝑎𝑟 ,𝑎𝑠𝑝 Portata massica aspirata dal compressore [kg/s]

𝑀(𝑡𝑖) Massa nel cilindro in un certo istante [kg/s]

𝑚 𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 Portata massica attraverso la valvola [kg]

𝑁𝑢 Numero di Nusselt [non dim]

𝑝1 Pressione iniziale della fase 1 [Pa]

𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛 Pressione interna del cilindro durante la fase 4 [Pa]

𝑝𝐷𝑜𝑤𝑛 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Pressione iniziale interna al cilindro della fase 4 [Pa]

𝑝𝐷𝑜𝑒𝑛 ,𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 Pressione a valle della valvolva [Pa]

𝑝𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 Pressione finale del time step [Pa]

𝑝𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Pressione iniziale del time step [Pa]

𝑃𝑟 Numero di Prandtl [non dim]

𝑝(𝑡𝑖) Pressione in un certo istante [Pa]

𝑝𝑈𝑝 Pressione interna al cilindro durante la fase 2 [Pa]

𝑝𝑈𝑃 ,𝑣𝑎𝑙𝑣𝑒 Pressione a monte della valvola [Pa]

𝑄 𝑙𝑜𝑠𝑠 𝑒𝑛𝑣 Potenza termica dissipata in ambiente [W]

𝑟𝑐 Rapporto critico delle pressioni a monte e valle della valvola [non dim]

𝑅𝑒 numero di Reynolds [non dim]

𝑅𝑖𝑛𝑡 Resistenza interna di scambio termico [K/W]

𝑟𝑝𝑖𝑠𝑡 Reggio del pistone [m]

𝑇1 Temperatura iniziale della fase 1 [K]

𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 Temperatura del fluido nel condensatore [K]

𝑇𝐷𝑜𝑤𝑛 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Temperatura iniziale interna al cilindro della fase 4 [K]

𝑇𝑒𝑣𝑎 Temperatura del fluido nell’evaporatore [K]

𝑇𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 Temperatura finale del time step [K]

𝑇𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Temepratura iniziale del time step [K]

𝑡𝑖 Istante temporale i-esimo [s]

𝑇0;𝑟𝑖𝑓 Temperatura di riferimento [K]

𝑇(𝑡𝑖) Temperatura in un certo istante [K]

𝑇𝑈𝑝 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Temperatura iniziale interna al cilindro della fase 2 [K]

𝑇𝑈𝑝 Temperatura interna al cilindro durante la fase 2 [K]

TDC Punto morto superiore (Top dead center) [m]

BDC Punto morto inferiore (Bottom dead center) [m]

𝑢 Energia interna specifica alla massa [K]

Nomenclatura

149

𝑢𝑐 Velocità caratteristica del flusso attraverso le valvole [kJ/kg]

𝑈 Energia interna della camera di comrpessione [m/s]

𝑣∗ Volume specifico alla massa [kJ]

𝑉1 Volume iniziale della fase 1 [m^3/kg]

𝑉𝑐𝑦𝑙 Volume del cilindro [m^3]

𝑉𝑓𝑖𝑛𝑎𝑙𝑒 Volume finale del time step [m^3]

𝑉𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Volume iniziale del time step [m^3]

𝑣 𝑙𝑒𝑎𝑘 Velocità media nella sezione di trafilamento [m/s]

𝑉(𝑡𝑖) Volume in un certo istante temporale [m^3]

𝑊𝑎𝑡𝑡𝑟 Lavoro perso per attrito [J]

𝑤𝑐 Velocità critica di efflusso dalla valvola [m/s]

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 Potenza meccanica ciclo di compressione ideale [W]

𝑊 𝑒𝑙 Potenza elettrica assorbita dal compressore [W]

𝑤𝑔𝑎𝑠 ,𝑝𝑜𝑟𝑡 Velocità del gas attraverso la valvola [m/s]

𝑊 𝑚𝑒𝑐 𝑕 𝑐𝑖𝑐𝑙𝑜 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 Potenza meccanica ciclo di compressione reale [W]

𝑤𝑝 Velocità del gas nella sezione di port [W]

𝑥𝑑𝑒𝑎𝑑 Lunghezza della corsa porta [m/s]

𝑥𝑃𝑟𝑒 −𝑙𝑜𝑎𝑑 Deformazione di precarico della valvola [m]

𝑥𝑝𝑖𝑠𝑡 Posizione del pistone [m]

𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 Velocità del pistone [m]

𝑥 𝑝𝑖𝑠𝑡 Accelerazione del pistone [m/s]

𝑥𝑠𝑡𝑟𝑜𝑘𝑒 Corsa del pistone [m/s^2]

𝑥𝑣 Posizione della valvola [m]

𝑥 𝑣 Velocità della valvola [m/s]

𝑥 𝑣 Accelerazione della valvola [m/s^2]

휀 Eccentricità della molla risonante [m]

휁 Coefficiente di dissipazione [non dim]

휂𝐼𝐼 Rendimento di secondo principio dell’impianto [non dim]

휂𝑔 Rendimento globale del compressore [non dim]

휂𝑖𝑠 Rendimento fluidodinamico di compressione ed espansione [non dim]

휂𝑚𝑜𝑡 ,𝑒𝑙 Rendimento motore elettrico [non dim]

휂𝑜 ,𝑖𝑠 Rendimento organico-isoentropico del compressore [non dim]

휂𝑣𝑜𝑙 Rendimento volumetrico del compressore [non dim]

휃 Rotazione del pistone intorno al proprio asse [rad]

𝜇 Viscosità dinamica del gas [Pa*s]

𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Densità iniziale fase 4 [kg/m^3]

𝜌𝐷𝑜𝑤𝑛 ,𝑣𝑎𝑙𝑒 Densità a valle delle valvola [kg/m^3]

𝜌𝑈𝑝 ,𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 Densità iniziale fase 2 [kg/m^3]

𝜌𝑈𝑝 ,𝑣𝑎𝑙𝑒 Densità a monte della valvola [kg/m^3]

𝜌𝑈𝑝 Densità interna al cilindro durante la fase 2 [kg/m^3]

𝜔 Velocità angolare di alimentazione [rad/s]

𝜔𝑛 Velocità angolare naturale del sistema [rad/s]

𝜔𝑟𝑒𝑠 Velocità angolare di risonanza [rad/s]

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