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POESIE RACCOLTE CONTEMPORANEE

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McCarthy nella sua autobiografia sment di essersi ispirata a Elizabeth Bishop per uno dei personaggi ritratti ne Il gruppo 1, il suo romanzo del 1963, ma la Bishop si riconobbe in Lakey, una delle ragazze descritte. Probabilmente la cosa non le piacque. L'America della caccia alle streghe non era troppo lontana e cominciavano appena a trapelare altre narrazioni e il suo nome fu accostato al libro della McCarthy in pi occasioni. E' noto che Il gruppo racconta gli anni al Vassar College della scrittrice e di alcune sue amiche, che negli anni Trenta vi fondarono una rivista letteraria, Con Spirito, a cui collabor anche la Bishop. Non ci interessa qui, ricostruire l'ambiente cui McCarthy prest la voce, ma il libro a tre anni dalla pubblicazione ebbe una versione cinematografica.2 La regia di Sidney Lumet si sofferma sui rapporti di amicizia quasi congelandoli nelle forme di uno stile intellettuale, che fu invece trasgressivo e nella realt divent complicit e sostegno anche nella distanza dei decenni e dei cambi di continente. Il volto algido della Bergen in due delle scene del film, l'arrivo dall'Europa e le sequenze finali del funerale dell'amica suicida, l'emblema di un certo tipo di donna che deve la sua fortuna al modernismo. Da H.D. a Bryher, da Nancy Cunard a Lee Miller, che fotografata nuda nella vasca da bagno di Hitler nel bunker in cui si appena ucciso con i suoi intimi, pare sbeffeggi la pesantezza nazista con un impeto di vita3, queste donne lasciano il segno e sconfinano con il corpo e l'arte in cerca di una verit personale, ma anche di una felicit che alcune troveranno, altre meno. In tal senso le parole che Elizabeth Bishop consegner all'amico poeta Lowell sono chiare: Quando scriverai il mio epitaffio, d che sono stata la persona pi sola al mondo.4Fu libera nella propria arte la Bishop e, come ci ricorda Nadia Fusini, fu unica e sola.5 Fin dall'inizio il suo carteggio con Marianne Moore svela le tracce di un'affinit di ricerca che non mai per somiglianza. Elizabeth Bishop accetter nei primi tempi i consigli e le revisioni suggerite dalla Moore e dalla madre di questa, poi seguir il proprio intuito senza che il suo linguaggio perda precisione e profondit. Scrive Fusini: Si capisce che le piace osservare spassionatamente quel che la circonda, non le piace abbellire alcunch a suon di metafore; vuole semmai raggiungere il paesaggio, o l'animale, o l'oggetto che ha di fronte, nel rispetto di una sola aura, quella del riserbo. Ma come si fa a toccare senza afferrare? A comprendere senza prendere? Lei lo sa fare. E' la sua grandezza.6 E se la sua grandezza evidente nei testi poetici, il suo ragguardevole epistolario con Marianne Moore svela, dipanandosi come una sorta di diario poetico, l'autenticit dei giudizi d'ammirazione che molti intellettuali le hanno tributato. Come per Ralph Waldo Emerson il cui diario uno zibaldone americano, cos l'epistolario BishopMoore una mappa della fedelt poetica e di vita di due donne rare per misura, integrit e intensit. Del resto un severo critico quale Harold Bloom colloca l'opera di entrambe tra i risultati pi alti raggiunti nell'ambito della letteratura americana.L'opera della poeta americana reperibile in traduzione italiana negli Adelphi con il titolo Miracolo a colazione7 e tre traduttori (Damiano Abeni, Riccardo Duranti, Ottavio Fatica) hanno lavorato sui testi e reso il miracolo dell'incarnazione in italiano della lingua di Elizabeth Bishop.8 Seguir quindi la traccia di parole scritte alla Moore e mi riferir ad alcune poesie per toccarne il mondo, per coglierne l'ideale. Una nota brevissima, come prima cosa, per fermare un gesto della Bishop, forse insospettabile.In One Art: Letters9 c' una sua lettera a Marianne Moore del 5 gennaio 1937 da Keewaydin, Naples, Florida, in cui Elisabeth scrive che le invia a New York non soltanto il resoconto del suo soggiorno in Florida con Louise Crane, un'amica del Vassar che sembra presa dalla pesca in modo appassionato, ma le spedisce persino frammenti dei suoi vagabondaggi, in questo caso conchiglie e una noce di cocco. Gesti minuti, intimi quasi, che raccontano a lato quel miracolo che fu la Bishop. Miracolo che partecip della vita con una curiosit e una intelligenza mai belligerante, anzi quasi mistica. Forse avrebbe apprezzato le anacorete del primo cristianesimo, un'Alipiana o una Sara, nella loro povert e fermezza di propositi.10 Eppure Elizabeth Bishop visse apertamente la sua vita fuori dai canoni e pur appartata segu le correnti letterarie, tenne i contatti con molte personalit del tempo e insegn. I suoi anni in Brasile con Lota de Macedo Soares non furono anni di dispersione ma di lavoro e progetti. Usc proprio in quel periodo il suo secondo libro di poesie A Cold Spring11 e incominci la traduzione del diario ottocentesco di Helena Morely. Una terza raccolta datata 1965.La depressione e l'alcolismo furono per un tormento per la Bishop. La pazzia della madre che mor in manicomio e l'affidamento di lei bambina prima ai nonni materni, poi paterni e quindi a una zia, la segnarono profondamente e forse spiegano quella sua capacit di immersione senza toccare , senza possedere che Nadia Fusini ci ricordava. Le sue descrizioni della Florida meritano questo passaggio dalla lettera gi citata a Marianne Moore:Dai pochi stati che ho visto, ora sceglierei subito la Florida come il mio preferito. Non so se lei c' stata oppure no cos selvaggia, e quello che esiste qui di coltivato sembra piuttosto in rovina e sul punto di ridiventare selvaggio. Lungo la strada abbiamo preso un treno molto lento da Jacksonville a qui. Per tutta la giornata andato avanti attraverso paludi e campi trementina e foreste di palme e in una bella sera rosata ha cominciato a fermarsi in parecchie piccole stazioni ()12Nella stessa lettera parlando di una poesia, Elizabeth Bishop riconoscer il debito con la Moore, l'aiuto, l'ispirazione e il sostegno di questa: Questa mattina ho lavorato a The Sea & Its Shore o piuttosto ho fatto uso del lavoro suo e di sua madre e all'improvviso ho paura che alla fine ho rubato qualcosa da The Frigate Pelican .13Sulla porosit e permeabilit della scrittura, su quei margini mai netti e quegli sconfinamenti nell'altro, letto, ammirato, assimilato, Harold Bloom ha parlato diffusamente a proposito di molti poeti. Ralph Waldo Emerson sentiva cos intensamente gli scritti di Montaigne da non staccarsene mai e a sua volta sar egli stesso una presenza rimossa per Walt Whitman. Uno dei capitoli pi interessanti di Poesia e rimozione di Bloom quello su Shelley, poeta debole per Bloom fino a che nell'inverno del 1814-15 lesse a fondo Wordsworth e Coleridge () e fu in grado di scrivere Alastor e le poderose poesie del 1816 ().14Ma anche per la Bishop arriva un momento critico nei rapporti con la Moore. A partire dalla pesante revisione della poesia Roosters che la Bishop non accett. Da quel momento non sottopose pi i suoi testi all'amica inviandoglieli solo pubblicati. Uno dei versi revisionati e poi ripristinato dalla Bishop : Cries galore/ come from the water-closet door/ from the dropping-plastered henhouse floor/ .15 L'uso della parola water-closet non era accettabile per Marianne Moore che nel linguaggio apprezzava un certo ritegno. Questo ci fa sorridere, ma ci dice quanto a lungo si discusso su cosa dire e su come dirlo e su cosa si pu o non si pu dire.Il Brasile signific per Bishop una vita appartata. La casa in cui per sedici anni visse con Lota a Ouro Preto fu dove scrisse la raccolta di poesie Interrogativi di viaggio pubblicata nel 1965. In totale nell'arco di cinquant'anni complet quattro raccolte, circa ottanta poesie.Interrogativi di viaggio contiene tra le altre Brasile e Arrivo a Santos.Brasile, 1 gennaio 150216 inizia evocando un loro a cui segue una descrizione della natura da osservatore attento ad ogni particolare, come copiasse da un libro di botanica: In gennaio la natura si offre al nostro sguardo/ cos come dev'essersi offerta allora al loro: / ogni centimetro quadrato fitto di fogliame/ foglie grandi, foglie piccole e foglie gigantesche, / azzurro verdazzurro, verde oliva, / con venature o bordi un po' pi chiari, /o il lembo rovesciato di una foglia/ come raso; /. Continua quindi a soffermarsi minuziosamente su felci e fiori visti come ninfee e i loro colori: violacee, gialle, due tipi di giallo, rosa, / rosso ruggine e biancoverdolino;/; e poi il simbolismo della seconda parte: i grandi uccelli simbolici in silenzio/ che esibiscono solo una mezza pettorina ()/ Ma in primo piano c' sempre il peccato/ cinque draghi fuligginosi ().Maliziosi in modo delicatissimo i versi in cui compaiono le lucertole: Le lucertole respirano appena; tutti gli occhi/ sono puntati sulla pi piccina, la femmina, di schiena, / la coda con malizia arricciolata in su/ rossa come un filo rovente/. E il finale in cui il loro dell'inizio, un po' misterioso, si svela: Proprio cos i cristiani, duri come chiodi, / come chiodi minuscoli e lucenti/ nel cigolio delle armature ()/; e proprio loro trovano un che di famigliare all'arrivo, qualcosa che: riondeva/ a un vecchio sogno di lusso e di ricchezza/ () ricchezza pi un nuovissimo piacere/ . La poesia diventa quindi, nell'ultima strofa, in modo quasi impercettibile, uno specchio in cui i sogni d'esotismo e d'erotismo dell'Homme arm prendono corpo: Subito dopo la messa, magari canticchiando/ L'Homme arm o un'altra aria del genere, / si sono avventati a squarciare il tessuto appeso, / ognuno a caccia della propria indiana/ () quelle donnine esasperanti che si lanciavano richiami/ () per poi ritirarsi sempre sempre pi dietro l'arazzo/.C' nella precisione della Bishop una consapevolezza della vita che partecipe.L'anglosassone, che ha in s il vecchio mondo del nord, smitizza in Brasile, 1 gennaio 1502, non senza grande ironia, i miti della conquista e dell'armata, ma rendendo concreta la terra di cui parla, raccontandola come se la dipingesse e riportandoci al suo mistero, alla sua inafferrabilit.La sua ironia si coglie anche nell'altra poesia sul Brasile, Arrivo a Santos17, dove i versi: Oh, turista, / tutta qui la risposta di questo paese/ alle tue smodate richieste di un mondo diverso()/ , possiamo farli nostri e associarli al moderno viaggiatore occidentale, alla sue finzioni e spogliazioni dell'esotico.Ho sempre sentito di aver scritto poesia pi non scrivendola che scrivendola.18 In Poesia19 i ricordi della Nuova Scozia sono vividi. I frammenti famigliari emergono con cauta eleganza. Dice, con poche parole, moltissimo. E l'ambiente descritto con cura appare ai nostri occhi come se si guardasse quel quadretto fatto in un'ora.20 C' una nota dolente nelle sue poesie nordiche. Nostalgia o dolore per l'infanzia traumatica o magari solo il sentimento di essere andata troppo lontano senza che si cancellasse quel prima con cui i conti non devono essere stati facili. A un amico brasiliano che una volta la vide in lacrime disse che stava soltanto piangendo in inglese, come a schernirsi. Nel 1933 scriveva a Donald Stanford, studente di Harvard: Cosa mai intendi quando dici che le mie percezioni sono quasi impossibili per una donna? C' qualche ragione ghiandolare che impedisce a una donna di avere delle buone percezioni, o che cosa?21Educata in uno dei migliori college degli Stati Uniti era andata oltre le premesse che l'avrebbero voluta intellettuale brillante ma poco incisiva nell'opera autentica. Il suo impossibile occhio, se ferm la forma delle cose in fedelt completa, seppe trovare il cuneo con cui passare dietro le quinte e comprendere a quali schemi rancidi sottostanno i pi e proprio per questo impar a non farsi corrompere dai livellamenti ideologici.Tobias Wolff, nel un suo bel romanzo Quell'anno a scuola22, racconta la storia di un giovane uomo, studente in un prestigioso college, che trovando in una rivista un racconto che potrebbe aver scritto lui, tanto lo sente proprio, ma invece scritto da una studentessa e narrato in prima persona femminile, non resiste e se ne appropria. Scoperto sar espulso dalla scuola. Anni dopo vorr incontrare l'autrice del racconto che ridendo e comprendendo il dramma del giovane gli far presente che ha smontato col suo gesto l'impalcatura che soggiace al sistema della loro istruzione di lusso. Con il suo gesto, fatto nella totale identificazione, annulla la linea che vorrebbe uomini e donne stranieri l'uno all'altro. Come Flaubert avrebbe potuto dire: Madame Bovary, c'est moi.Nel 1978 Elizabeth scrive la poesia North Haven23 per l'amico Robert Lowell, in memoriam.So distinguere a un miglio il sartiame di uno schooner; / so contare le pigne nuove sull'abete: tutto immoto/ () ; e nei versi che seguono si dispiega la sua arte della descrizione, le isole, la baia, il vorticoso impeto della stagione: i cardellini sono di ritorno, o altri non dissimili/(). E: La natura ripete se stessa o quasi:/ ripeti, ripeti, ripeti, rivedi, rivedi, rivedi/.Negli altri versi pare accostare la voce dell'amico evocandolo in un ricordo e c' infine la nota struggente, che si coglie nonostante sembri solo una constatazione dell'ineluttabile: Non puoi pi ricomporre o ridisporre/ () le tue poesie./ Le parole non cambieranno pi/.Da grande artista la Bishop sigilla la sua opera con un graffio finale che ne rivela la singolarit, il genio e la vena sotterranea di ironia e a tratti di allegria. E' a un sonetto rovesciato24 che affida, per l'ultima volta, le sue parole limpide e lucide in quello specchio rimasto vuoto:di Nadia AgustoniUn poeta una voce. A volte, nella grande poesia, la voce distanza e vicinanza insieme. Ci sono autori appartati che ci vengono incontro per un sorta di fortuna e aiutano chi non smette mai di cercare, interrogare le parole, perch proprio nella concretezza della parola un poeta dice qualcosa di s e del mondo. Allora in tali autori pi che in altri, noi stessi siamo messi nella condizione di comprendere ci che realmente ci danno: la nostra libert. Ed moltissimo. In anni avari con i poeti Cristina Annino ha scritto versi che nella loro limpidezza hanno il segno faticoso dell'essere qui, in questa terra e in un tempo pervaso dall'insignificanza. In tale condanna all'insignificanza, per noi generazione di poeti giunta dopo gli anni ottanta, Annino ci arriva come un miracolo. Giacch il nostro un pellegrinaggio interminabile alla ricerca di un significato che troppo spesso ci porta a parole che scavano il dolore senza salvare.Magnificat. poesie 1969-2009 puntoacapo editrice 2008 a cura di Luca Benassi e con prefazione di Stefano Guglielmin raccoglie in antologia i quarant'anni del lavoro poetico di Annino. Dir subito che con la poesia di Cristina Annino necessario un corpo a corpo. A una prima lettura ci induce a rimanere sulla pagina come se la magnetizzasse. I versi hanno immagini che sorprendono e si l in ascolto, sapendo che le parole hanno la sapienza delle cose cui non abbiamo pi creduto; siano un cane miracoloso: C' un cane in questa casa, / azzurro quasi una lampada,/ il collo pieno d'odori,/ che gira e s'aggrappa []; o il ricordarci che bisogna avere: un bell'udito cronico/ per la vita, o meglio/ per la testa impazzita/ dell'uomo che ragiona []/.Cristina Annino chiede alle parole una verit forse insostenibile. Fin da piccola sognava i versi che di giorno ripeteva a sua madre la quale ebbe il coraggio di non uccidere o mortificare quei sogni, bens di incoraggiarli. Struggenti le poesie di Ottetto per madre: La vecchia Lina caduta, cantando, di / schiena, com'una forza muta d'un tratto/ cedesse, togliendo le staffe dietro. Era a cavallo e/ sbatte in terra. Si prende/ al viso tirando invano le cataratte. Eccola/ l, la vecchia canina mamma./. Gi in una raccolta precedente Gemello carnivoro l'autrice le rende l'omaggio della trasmutazione alchemica, un'eucarestia in cui il poeta (Annino in poesia usa l'io maschile) corpo e vita di Lina, costantemente sentita indivisa dalla propria mente e fisicit:Vivo/ doppiamente com' un gemello carnivoro./ Non ho altro/ scoppio nell'aldiqu che questo/ tornarle addosso, essendo io il suo/ io primitivo. Un amore assoluto e dichiarato con parole che disarmano anche chi con l'assolutezza dell'amore filiale ha conti aperti.Le sezioni in cui divisa l'antologia, una per ognuno dei libri pubblicati dal 1969 fino al 2009 dall'autrice, offrono un'ampia scelta del suo lavoro. Un lavoro bellissimo, dove le parole arrivano anche a scardinare l'ordine tra i vivi e i morti ricordandocene, proprio nella parte finale del Magnificat, la compresenza. Cristina Annino la si legge con partecipazione fino dalle sue prove d'esordio. Non me lo dire, non posso crederci Firenze 1969 edito da Eugenio Miccini contiene gi quella sua forza con in pi una condensazione che le impedisce, complice un'ironia che intelligenza, ogni retorica. Abolito da subito l'io lirico, con un balzo di cui nemmeno ci accorgiamo tanto presenza, Annino si situa in quella scrittura che Virginia Woolf auspicava. Orlando in lingua italiana, Annino ci dice che la libert essere subito quello che si . Nessun segno pi autentico di questo. I libri di Cristina Annino hanno attirato l'attenzione di alcune figure importanti della letteratura italiana come Franco Fortini, Vittorio Sereni e negli anni Ottanta del critico d'arte Vittorio Sgarbi. Nel 1984 Walter Siti la include nell'antologia Einaudi Nuovi poeti italiani 3. A quel punto la sua preferenza per la vita, leggibile nei suoi versi, la porta ad appartarsi. Una lunga assenza cui segue la riscoperta di questi anni. Cristina Annino nel suo non consegnarsi alla nostalgia rende ad ognuno di noi, al nostro straniamento, una parte molto importante di giustizia.[ Nel web si possono leggere diverse sillogi di poesie di Cristina Annino. Alcune tratte dal Magnificat. Con il consenso dell'autrice, che ringrazio, propongo qui una scelta, alternativa ai testi gi proposti in vari blog, tratta da Casa D'aquila (2008), ma non presente nell'antologia recensita. n.a ] Poich il poeta e la bestia hanno lo stesso destino. [ Per Lei, si intende la poesia. Per Lui, il poeta che concep la prima lirica all'et di cinque anni nel paese di San Giminiano, noto per le sue torri. Koko il gatto siamese dell'autore. Il resto va da s. ] 1L'origineLui la rese cortese comefossero in citt e non nel paese fisicodelle torri. La portal bar non parlandole da paesano.Leiche aveva giacche pi bl dellalana su una nave e oro al collo.Tutt'insieme gli stava davanti, bruttamerce, piccina; poi acceseun sigaro misericordioso sulcruscotto della radio, frullandosopra lui dita di carne obranchie o come fosse unaffare. Gli disse, inscarpe di quinta elementare,chesarebbe stato il veropadrone del mondo. 2E questa tristezza chi la fabbrica?Lo guarda con compressione, constato morale, fisico, di mente, con suopadre, madre, gente della vita. Colmacello dell'ansia e gli eventi del viso,i suoi tic. Somiglialentissimamente a un Drer, cos solopelle, o una lancia; il codicefiscale tra le ciglia.S'acquatta sulle gambe e la Storia l, con Darwin e le scimmie (Dio orae sempre salvi dell'universo quelle!).Gli dstanze solo, non libri che aguardarli peggiora. 3Lui nella fanghigliaFinita la merce, i crepacci, tirasu le braccia da questo fango.Dicendo chelibidine, tanto perdire, oppure ci viaggia un'ossutavolgarit. I miei versi in camicia!Sarbreve: non mangia fegato dimaiale, ci vede del sacro. Condannatodall'aurora in cui vive, ognianimaleche trova lo benedice, lomette in trono, s'inginocchiadavanti com'al cervello. Luivasto vento poderosamentequieto, ch peggio. 4Lavoro inutile.Ma deve produrre ed talco con vibrisse d'addio. Sifracassa cos da questi picchi.Speraal centesimo d'ora che mangia, vivesenza preghiere abbeverandopozzi, corresopra di s nella stuoia diio, sempre senza compenso suibatuffoli delle strade. Sul tempomagari ch'a vederlo, fa pena,fa il proprio il dovere, con lacoda cos e il corpo diviso, partito indirezione delle mani; quei cinque divento ci scommetterei senzapace. 5Oramai, la sua BellaSt con laFollia dentro casa. Spesso lamette al muro davanti allettone ricciuto sii per favore unazuppa di triglie e mortifera quantoil mare. Lascuoier, e intanto lapalpa succhiando tempeste conla mano conifera. Stando cos, luimuto tocca il fondo dis, con quelsuo modo di fumare unico, colresto anche e la Gran Cotta. Nonracconta di lei niente a nessuno. 6Qui bisogna descrivere cos' KokoKoko nano, sedutosul letto, si strappa i capelli, tuttomento, quadrato, passai muri com'un'ascia. Su chicontare non sa, sul pentagrammao i piatti dalavare. E la vita s'inchinaagli amici spariti nelterremotino di cinqueanni. Una guerra, le ditadi quella mano.Perch? ma chestoria, la nevralgia mortale,ancorafrattaglie, pianti a ognicantone di casa. Orribilevisu. Vorrebbespaccarsi l'udito per ridargliil dovuto. Ma quel collare! Koko sadi stracci che seccanoarterie in bibliotechea iosa. E allora, perpace pronobis in terra glidice giacch tu lopuoi, dacci musicavera, invece! 7ConniventiLa pesca ovunque, fossesotto le mattonelle, poi alzala chiave e l'ingoia piangendo.Maipensando al cervello. Mai. Lafotografa con sestesso, sezionare, compiangere ecalarsi le braghe e averetormento. La suavita torta ficcandole dentroa pistolettate.Eppure,con pallore geloso ogni volta,lei ritira a s quellefoto come reti da pesca. Cristina Annino, da Casa D'aquila,inediti dai Libri di letturadi Nadia Agustoni c' la nevec' la neve l fuori e vorrei mentire una volta,meno trasparente del vetro dar colpa a qualcunod'esser nata troppe volte a far nulla pi che nascerevedere la fatica dell'angelo che mi tienecon la nuca in alto, piegata al celeste, a rigettare la distanzaquasi una ruota il vento. sembra un pratoc' una parola che cruna d'ago ma il cammello passaraggiunge il regno a un palmo dal naso e cade un frutto sul pi [ bellodall'albero dei frutti: dovrei capire qualcosa delle piante e della natura umanama gi domandano se era una mela con la buccia e il torsoloe io son corta di fiato, non so le cose, non credo di capire cos' [ l'edensembra un prato con fiori, farfalle e piccoli refusi. ero ferma dove non c' parlarsinei sogni mancavi! ero ferma dove non c' parlarsie c'era qualcosa di noi ovunque.a questa certezza distinguevo gli anni, il vuoto in fondoa cui ti salvavi:c'era fatica nel cielola radice di guardare lontano sembrava non nascere. era solo un sassoera solo un sasso, ma il fischio fer l'ariae i pensieri staccati dal giornoerano luce, erano anche tempoera simpatia nei passi per il voloe col dito ti mostrai la sera,come a fermare un brusio divent vita la vocesentivo che c'era spazio, un bianco d'albume quasiindifeso. chiedic' una nuvola d'erba che sogno e serequando ci vedo poco e l'infanzia in brusii quel blu del cielo che tu non esistie ti porta il ragno, la mosca, il loro ricamodi mortec' la lunghezza del tempo a spartiacquee il mondo non cambia, sempre eterni il male, il benea chi si perde non dici, a chi si salvada un'altra parte chiedi se rimorso,se pianto il piangere qualcunochiedi se la cenere fuocoo un altro ritorno, domandi chiedi se hai becco d'uccelloo bocca che parla chiedi se hai parolechiedi se hai dimenticato qualcuno chiedise li hai accanto. a volte non rispondo alle parolea volte non rispondo alle parolesono muta anch'iocome i bambini sordiche non imparano a parlareascoltano dalle labbra il silenzio. c'era l'illusionec'era l'illusione che tutto ci somigliassee tutto era diverso: nel sonno tu parlavi a tua immaginee non dicevi in quale ora del giorno aspettarti.cos i sogni tornavano indietro, cercavo le parolenei dizionari, alla voce amore eri mutae chiedevo se era domani che un'altra idea ti veniva. epilogo unocadeva un vento che sparpagliava i luoghie c'era chi diceva: la verit come l'acqua nel secchio,ti ricorda cose morte.ma non avevo risposta, vedevo quietarsi la sera,ogni ombra soltanto un epilogo al giornoe noi non c'era parola a dirci gioia e dolorecom'era sciocco pensare a una colpa, a un segreto disfarsi. due sempre nell'ora il cambiare, semprela sorte questa vena e in bocca stringiamosilenzio e fortuna.se tutto passa non c' meno morte per nessuno di noie c' una stanchezza senza bisognoc' un tempo che pi niente rivela. tresiamo paesaggio, un prato senza rumoredove l'erba la parola che manca, dove nulla mancae le cose sono le stesse che abbiamo guardatoe ci punge l'aria, sale a voce un cantare della terra,il bene mai troppo come facesse male ripetere,come chi ha pianto e non pensava al pianto.