PM di marzo 2010

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La nuova rivista, dedicata alle donne di tutto il mondo!

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Marzo 2010

DiceildireBuona

CC ome ogni anno, l’8 marzo celebriamo la festa della donna. Questa data ci riporta al 1908, quando un gruppo di operaie di una indu-stria tessile di New York entrò in sciopero per protestare contro le terribili

condizioni di lavoro a cui erano sottoposte. Lo sciopero si protrasse per giorni, fi no all’8 marzo, giorno in cui il padrone dell’azienda bloccò le porte della fab-brica, impedendo alle operaie di uscire. Appiccò il fuoco al locale, provocando un incendio che uccise 129 operaie. Da allora, in tutti i paesi del mondo, l’8 marzo si celebra una giornata in difesa dei diritti delle donne. Una ricorrenza più che necessaria, dato che sussistono ancora tradizioni, abitudini e discrimina-zioni che costituiscono un serio ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza e della parità dei diritti fondamentali con gli uomini.Una giornata, dunque, per ricordare i milioni di donne e bambine sottomesse a violenze di ogni genere – non va dimenticato che una donna su tre è vittima di violenza tra le mura di casa –, come gli 8 milioni di minorenni “lavoratrici del sesso”, sfruttate soprattutto nei Paesi più poveri del mondo.Un’usanza tutta italiana vuole la mimosa come simbolo e dono in questa gior-nata. Oltre che fi orire nel periodo della festa, il giallo del fi ore esprime vitalità,

forza e gioia e rappresenta il passaggio dalla morte alla vita. Buona festa, dunque, a tutte le donne. Ma soprattutto a quelle che dedica-

no la loro vita alla famiglia e alla cura degli altri, le persone anziane e sole in particolare, sempre dalla parte della vita.

Auguri di buona vita, anche nel ricordo del vescovo Oscar Romero, a 30 anni dal suo sacrifi cio (Chasqui), e al grande amico e disegnatore del PM Fausto Oneta, recentemente scomparso ma sempre pre-sente col suo personaggio a fumetti Ufolino, che in questo mese pubblichiamo in suo onore.

p. Elio Boscaini

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Attualità

romLaura, la sua famiglia rom e Woody Allen

6Laura Halilovic

La famiglia di Laura (lei è la più piccola a destra)

M odelle, attrici, cantanti e ballerine...non sono solo queste le donne che fanno cinema. Ci sono mol-te donne altrettanto brave, che non si vedono

proprio perché stanno dietro alle cineprese: le registe. Nel mese in cui ricorre la festa delle donne, abbiamo incontra-toe proprio una di loro. Laura Halilovic, vive a Torino e ha 20 anni. Il suo primo fi lm-documentario si intitola “Io, la mia famiglia ROM e Woody Allen” e racconta i ricordi della sua infanzia, il rapporto con le tradizioni rom e le diffi coltà di chi ha a che fare tutti i giorni con i pregiudizi e la diffi den-za della gente. L’idea di questo documentario le è venuta dopo aver assistito ad un brutto episodio: “Ero seduta sul pullman, c’erano due signore di origine rom, e una scola-resca. Ad un certo punto due ragazzine si sono messe a spruzzare per aria un deodorante dicendo: “Ah, quanto puzzano questi zingari”. Allora ho pensato che mi sa-rebbe piaciuto fare un fi lm per combattere gli stereotipi che ci sono sui rom e far conoscere la nostra cultura. Per far capire che non siamo tutti delinquenti”.PM: Il tuo fi lm si apre con un’immagine molto parti-colare in cui mostri la tua carta di identità italiana e il passaporto bosniaco. Laura: Si, è vero. È un po’ complicato da spiega-

Laura, la sua famiglia rom e Woody

odelle, attrtrici i, cantantn i e balllere inine...non n sosont l d h ff i CiC

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re. Io sono nata in Italia, ho la carta d’identità italiana, ma il mio passa-porto è bosniaco, e la mia cultura è quella rom. Mi sento tutte e tre que-ste cose: sono una rom bosniaca italiana! PM: Sei una regista giovanissima: a 15 anni avevi già girato un cortome-traggio. Come nasce la tua passione per il cinema? Laura: Il cinema mi piace da sempre: pensa che a 11 anni avevo già scritto una storia con i personaggi e le loro battute (una sceneggiatura). Qualche anno dopo ho conosciuto due registi che stavano girando un fi lm a Falche-ra, il quartiere dove vivo. Loro mi han-no insegnato tanto, aiutandomi sia con questo fi lm che con il mio primo cortometraggio.PM: Dal tuo documentario sappiamo che sei una fan sfegatata di un grande regista statunitense, Woody Allen, al quale hai scritto una lettera. Come è andata? Ti ha risposto?Laura: Eh, no. Purtroppo non mi ha ancora risposto! E pensare che seguo Woody da sempre. Ricordo ancora la prima volta che ho visto il suo fi lm, “Manhattan”. Avevo solo 9 anni non ci avevo capito nulla, però mi era stato subito simpatico: con gli occhiali buffi e una voce strana. Mi piacerebbe ve-dere come lavora e imparare da lui. A volte spero di trovare una sua risposta nella buca delle lettere, oppure di apri-re la porta di casa e trovarlo sul divano che beve il caffè con i miei genitori!PM: A proposito: i tuoi genitori e i tuoi parenti compaiono in quasi tutte le scene del fi lm. È stato facile convin-

ROM: Molti dei rom che vivono in Italia pro-vengono dalla Romania (rom rumeni), ma anche dalla Bosnia (come Laura e la sua fa-miglia) o da altri paesi dei Balcani. Da sem-pre i rom e i sinti sono vittime di pregiudizi e stereotipi che provengono da false creden-ze popolari.

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Manifestazione di solidarietà con i rom

a cura di Betty Pagotto

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GAGÈ: è il modo in cui i rom chiamano tutti quelli che non sono rom. Anche se, come ci ha detto Laura: “non esistono né i rom né i gagé. Sono parole inventate da noi perché ci vediamo diversi e ci diamo dei nomi. Siamo tutti persone e per questo spero che questi stereotipi vengano superati da tutte e due le parti”.

SGOMBERI: Nel 2009 migliaia di comunità rom sono state cacciate dai campi in cui avevano vissuto per anni. Così i genitori sono stati costretti a lasciare il lavoro, e i bam-bini a cambiare scuola, maestre e compagni. Spesso questi sgomberi sono dovuti al clima di intolleranza e alle proteste della popolazione lo-cale. Per fortuna ci sono anche tan-te associazioni, parrocchie e singoli cittadini che si attivano per aiutare le comunità di nomadi.

Piccolo rom nei campi Casilino 900 e Tiburtino a Roma

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messi in classi se-parate. Io non pen-so che questo li aiu-ti: se i bambini non possono conoscer-si, giocare e studiare insieme, allora con-tinueranno a pensa-re che siamo diversi. PM: Cosa consiglieresti a qualcuno che, come te, si accor-ge di avere una grande passione fi n da piccolo?Laura: Ragazzi, credeteci fi no in fondo! Anche se è diffi cile e gli altri non capiscono o vi prendono in giro dicendo che non riuscirete mai a realizzare il vostro sogno...voi andate avanti e lavorate sodo!

cerli a farsi riprendere? Cosa ne pen-sano loro del tuo fi lm?Laura: All’inizio erano un po’ scettici: pensavano che fosse una scusa per perdere tempo! Poi hanno capito che il mio lavoro serviva a far conoscere ai gagé il mondo dei rom, mostran-do qualcosa che i giornali non dicono mai. PM: Nel tuo documentario c’è una fi -gura femminile molto importante: tua nonna. Cosa ammiri di lei?Laura: Mia nonna ha molta grinta. È una donna che non ha mai mollato e continua a vivere secondo le tradizio-ni rom, anche se è diffi cile. Quando i miei genitori hanno deciso di andare a vivere in un appartamento, mia non-na non è voluta venire con noi. Spes-so racconta che quando era giovane i rom potevano girare tranquillamente in Italia e lavoravano per i GAGÈ. Poi la gente ha cominciato ad avere paura, e ci hanno messo nei campi chiusi lon-tano dalle città, senza acqua corrente né servizi. Come racconto nel mio do-cumentario, oggi ci sono sempre più SGOMBERI...continuano a farci sposta-re ma così è impossibile integrarsi.PM: A proposito di integrazione dei bambini rom, che ricordo hai della scuola? Laura: Tutte le famiglie rom vogliono che i loro figli vadano a scuola, ma spesso è difficile perché i campi sono troppo lontani. Una cosa che proprio non sopporto è che a vol-te i bambini rom sono

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A Castelvolturno,

c’è una “casa molto carina”,

accogliente e aperta a tutti

Che fatica Che fatica

alzarsi prestoalzarsi presto

per andare per andare a scuola!

SS ono le 6 del mattino. La sveglia suona ed io salto giù dal letto e mi preparo per andare a cercare il la-voro. Scusate, forse è meglio che mi presenti, mi

chiamo John ho lasciato la Nigeria da 6 anni e 3 anni fa ho incontrato Kessy, anche lei nigeriana. Abbiamo deciso di mettere su famiglia e poi sono nati i due gemellini, Joy e Justice di 3 anni. Non abbiamo ancora il permesso di sog-giorno, però la vita deve andare avanti e bisogna lavorare per mantenere la famiglia e mandare anche qualche soldo a casa.Viviamo a Castelvolturno (CE) dove abbiamo trovato una casa in affi tto e incontrato tanti connazionali amici. Certo che il lavoro non è facile da tro-vare; comunque, qualcosa si rime-dia sempre, soprattutto nel campo dell’edilizia, anche se si deve sot-tostare a quello che qui chiamano il “caporalato”, spesso in mano della criminalità organizzata.Ma parliamo di cose belle che an-che qui ci sono. Tutti noi abbiamo appreso dai giornali o dalla televi-sione che Castelvolturno è proprio un postaccio, dove c’è la camorra, c’è il degrado ambientale, ci sono

Alla scoperta dell’orto

di casa

APERMILLE PORTE

SpecialeFoto: Casa del Bambino

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a cura di p. Antonio Bonato

per andare gli immigrati, c’è la disoccupazione e tante altre brutte cose. Però io vorrei dirvi che esistono anche tanti segni di speranza e di amore. Uno di questi è la Casa del Bambino. E proprio lì, ogni mattina, Kessy porta Joy e Justi-ce in quel luogo dove si respira un’aria fresca e pulita.

FIORE NELLA PALUDE

Come è nata la “Casa del Bambi-no”? Di che cosa si tratta? Cercherò di spiegarvelo in poche parole. Da 15 anni un missionario comboniano, pa-dre Giorgio Poletti, gira in lungo e in largo la via Domitiana preoccupando-si del destino di migliaia di immigrati che qui cercano di sopravvivere. Na-

turalmente, oltre a giovani e adulti, ci sono anche tanti bambini che non sempre trovano posto nelle scuole pubbliche già di per sé affollate. E così, nel 2004, padre Giorgio ebbe la brillante idea di far sorgere la Casa del Bambino, una ludoteca aperta dalle 8.30 del mattino fi no alle 16 del pomeriggio, dove trovano ospitalità circa 54 bambini, di età compresa tra i 2 e i 5 anni. La Casa del Bam-bino è un piccolo miracolo perché

risponde ad una esigenza ben preci-sa del territorio e si mantiene con do-

nazioni di amici e tanto volontariato. Un esercito di persone si preoccupa di non

far mai mancare i generi di prima necessità; le famiglie, naturalmente pagano un piccolo

contributo mensile, segno della partecipazione alle attività della casa. Ogni anno un gruppo di ra-

gazze svolge il servizio civile che diventa un momento di crescita per tutti.

I bambini iscritti sono fi gli di immigrati ghanesi, nigeriani, polacchi, ucraini, russi e anche di qualche italiano. Al mat-tino, quando mia moglie Kessy arriva alla Casa del Bam-bino con Joy e Justice, trova sempre sulla porta Vivian che, con un bel sorriso accoglie i miei fi gli, dà loro sicu-rezza e fa sì che la nostalgia di mamma e papà sia solo un momento passeggero. Poi cominciano le attività secondo le diverse fasce di età. C’è chi gioca, balla e canta e c’è invece chi comincia a distinguere i colori e colorare, o a riconoscere le varie lettere dell’alfabeto. Tra una cosa e l’ altra arriva il momento del pranzo. Un bel piatto di pasta o un buon risotto riempie la pancia di tutti quanti. Final-mente (lo dico per gli operatori…), dopo un riposo e una merenda arriva il momento di tornare a casa. Al pomerig-gio, quando vado a riprendere i miei fi gli, li trovo proprio contenti e sereni; una serenità che non sempre riesco ad avere viste le diffi coltà che io e mia moglie abbiamo per arrivare alla fi ne della giornata. Però siamo contenti per-ché almeno la Casa del Bambino fa’ vivere bene i nostri fi gli permettendo loro di crescere ricevendo tutte le atten-zioni necessarie alla loro età.

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APERTEERTE

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PER I PIU’ GRANDI

E non è finita qui. Al pomeriggio, la Casa del Bambino organizza il dopo-scuola per i ragazzi e ragazze delle scuole elementari e medie. Anche qui un buon gruppo di maestri vo-lontari assicura che i compiti per casa siano svolti, che la matematica o l’italiano siano entrati bene nella testa degli alunni e che ci siano at-tività ricreative che li facciano diver-tire, oltre a conoscere e a realizzare una sana convivenza in Italia. A tut-to questo si accompagna un lavoro di conoscenza e di dialogo con le fa-miglie cercando di responsabilizzarle il più possibile al futuro dei loro fi gli. Da quello che io ho capito la Casa del Bambino non vuole essere un par-cheggio per i nostri fi gli, ma un luogo di crescita per tutti, dove prima viene il bene della persona, e poi si chie-dono i documenti!

CAMBIARE MENTALITA’

L’altro giorno è venuta a visitarci una signora napoleta-na che ha esclamato: “Con tutti questi bambini di colore sembra di essere in Africa, che bello!”. Peccato che quan-do crescono nessuno li vuole più! La Casa del Bambino a

Castelvolturno vuole essere un segno concreto che testimoni che è possibile la convivenza sin-cera e pacifi ca tra le varie comunità di immigrati e gli italiani presenti sul suo territorio. Assicurare una crescita serena e positiva a questi bambini vuol dire investire nel futuro migliore di tutta la società italiana.Nella tua classe chissà quanti Joy e Justice o John, naturalmente più grandi, avrai come compagni. Prova anche tu a fare della tua clas-se la “Casa” dalle mille fi nestre e porte aperte, dove voi tutti siete i veri protagonisti (i grandi ormai sono malati di troppi pregiudizi) in grado di sfogliare con grande serenità le pagine del libro dell’accoglienza. Uno dei pochi libri di vita che ci fa veramente crescere.

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Il soleIl sole

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Giochi “colorati”

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Chasqui

SS ono nato “alla vita” il 15 ago-sto del 1917, a Ciudad Barrios di El Salvador, fi glio di una

famiglia modesta, da un papà che la-vorava come telegrafi sta e da una mam-

ma umile e semplice, vera donna del popolo.Molti anni dopo la mia venuta al mondo, ho avu-to la grazia di rinascere “alla vita del Regno di Dio”. Ricordo anche la data esatta di quando ebbe ini-zio la mia conversione: il 14 dicembre del 1974. In quel giorno, io Oscar Arnulfo Romero, facevo il mio solenne ingresso, come vescovo, a Santiago Maria, la più piccola e povera tra tutte le diocesi del Salvador. Qui maturò il mio cambio di vita, a contatto con le sofferenze e la miseria dei braccianti che venivano sfruttati nei campi di cotone e caffè. Dopo 23 anni passati tra studi, libri e “scartoffi e”, mi scontrai con la cruda realtà della vita della gente, rappre-sentata dai bambini che morivano a causa dell’acqua inquinata, dai mal-trattamenti subiti dai contadini e dalla violenza degli squadroni della morte che massacravano le persone sem-plici e oneste. A contatto con i poveri compresi che il Signore mi chiedeva di cambiare il modo di vivere la mia mis-sione di cristiano e di vescovo.Così facendo mi resi conto di aver de-luso i ricchi e i potenti del Salvador che pensavano io fossi un vescovo debole e “sottomesso” ai loro interessi. Rifi utai senza indugio le loro offerte di denaro e potere per “tapparmi la bocca”; a chi voleva costruirmi un palazzo come mia re-sidenza risposi: «sarò ben contento di ac-cettare la vostra offerta quando avrete co-struito una casa degna di questo nome per ciascun salvadoregno». Decisi così di andare ad abitare in una stanzetta vicino alla cappel-la dell’Ospedale della Divina Provvidenza, dove andavano a morire i poveri che si ammalavano di cancro. Fu così che il popolo del Salvador mi aiutò a con-vertirmi al Vangelo di Gesù Cristo. Mano a mano che mi avvicinavo ai problemi della gente povera del mio paese, scoprivo che il Signore mi chiamava al

San Romero inniniid’America

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Vorrei incidere nel cuore di cia-

scuno di voi questa idea: il cristianesimo

non è un insieme di verità in cui credere, di leggi

da osservare o di proibizioni. Il cristianesimo è una

persona che ha saputo amare tantissimo, e che chiede il

vostro amore. Il cristianesimo è Cristo.

Molti vorrebbero che il povero sempre dicesse che è “volontà

di Dio” vivere in povertà. Ma non è il volere di Dio che alcuni pochi

abbiano molto e altri niente. Non è questa la volontà di Dio. Egli, inve-

ce, vuole che tutti i suoi fi gli siano felici.

In questa santa Notte vi dico che non dobbiamo cercare Gesù Bambi-

no nelle belle statuine dei presepi. Dobbiamo cercarlo tra i bambini de-

nutriti che questa notte andranno a dormire senza aver mangiato niente.

In nome di Dio, e in nome di questo popolo sofferente i cui lamenti

salgono al cielo sempre più tumultuosi, vi supplico, vi prego, vi ordino in

nome di Dio: basta con la repressione!

Spesso hanno minacciato di uccidermi. Come cristiano devo dire

che non credo a una vita senza resurrezione. Se mi uccideranno,

risorgerò nel popolo salvadoregno.

Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare. Ma

se Dio accetta il sacrifi cio della mia vita, il mio sangue sia

seme di libertà e segno che la speranza sarà presto re-

altà.[...]. Morirà un vescovo, ma la Chiesa di Dio,

ossia il suo popolo, non perirà mai.

servizio dei poveri. Dio ancora una volta parlò al mio cuore il 12 marzo del 1977. In quel drammatico giorno assassinarono il mio amico padre Rutilio Grande, assieme a due contadini: Manuel, un uomo adulto, e Nelson, un ragazzo di 16 anni. Davanti alla bara del mio amico Rutilio, esclamai: «Lo hanno ucciso perché aiutava i po-veri: anch’io voglio seguire la sua stessa strada». Da quel giorno in poi il “nuovo” Oscar Romero che era nato in me si schierò decisamente dalla parte dei poveri prendendo le loro difese e denunciando le ingiustizie, i massacri e le discrimi-nazioni di cui erano oggetto. E Dio mi fece il gran regalo di darmi il coraggio di donare la mia vita per il popolo del Salvador e il Vangelo di suo Figlio Gesù.

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Parlane con...PADOVAp. Daniele: [email protected]. Lorena: [email protected]

VENEGONO SUPERIORE (VA)p. Enea: [email protected]. Betty - sr. Eleonora: [email protected]. Domenico: [email protected]

PESAROp. Ottavio: [email protected]

p. Jesús: [email protected]. Eugenia: [email protected]. Tiziana - sr. Rosa: [email protected]: [email protected]

Il 24 marzo 1980, alle 18.25, nel momento in cui monsignor Ro-mero si apprestava a celebrare il rito dell’offertorio nella mes-

sa, offrì la sua vita. Un proiettile esplosivo riempito di cianuro lo

colpì al cuore fulminandolo all’istante. Gli assassini e i mandanti della morte del vesco-vo salvadoregno con questo gesto vigliacco hanno voluto eliminare un vero profeta che ha saputo dare testimonianza dell’amore nel Salvador. Ma proprio per questo il ricordo del suo sacrifi cio è rimasto impresso per sempre nel cuore del popolo salvadoregno, per il quale Oscar Romero è e resterà “la voce dei senza voce”, “il giornalista dei pove-ri”, “il vescovo fatto popolo” ma soprattutto “san Romero d’America”, il santo pastore – anche senza i riconoscimenti uffi ciali – di un “popolo di profeti e martiri”.

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LilliputISLANDABye bye Big Mac!La crisi economica che ha colpi-to la sperduta isola di Islanda ha obbligato la catena McDonald’s a chiudere i suoi tre punti vendita di Reykjavik, la capitale. A nulla è servito il tentativo di lanciare la polpetta di pesce “fast food” come sostituto del celebre ham-burger Big Mac: i costi di trasporto delle materie prime – tutte importate dalla Germania – avrebbero portato il panino oltre i 5,75 dollari, in assoluto il prezzo più caro al mondo. Anche la crisi può aiutare le persone a mangiare meglio…

AFRICAFalsi e inutiliSecondo uno studio pubblicato recentemente dall’Organizzazio-ne Mondiale della Salute (OMS), il 30% dei farmaci venduti in Afri-ca sono falsi. Oltre a questa piaga

sociale, si deve fare i conti anche con l’ineffi cacia di antibiotici, vac-

cini e antimalarici dovuta alla cattiva conservazione e stoccaggio dei me-

dicinali. Quando smetterà di piovere sul bagnato?

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Questa crisi ci obbliga

a consumare meno

... meno ma meglio...

Sigh! medicinali scaduti

... grrr! come

la nostra pazienza!

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SUDANGrande Jal!Da bambino-soldato a cantante hip hop di successo. È questa la storia di Emmanuel Jal, giovanissimo guer-rigliero dello SPLA (Esercito di Libe-razione del Popolo Sudanese) che ha avuto il coraggio di fuggire dalla guer-ra per rifarsi una vita grazie alla musica. Oggi Emmanuel, 29nne, destina gran par-te dei soldi ricavati dalla vendita dei suoi di-schi ai piccoli sudanesi, nei confronti dei quali, sempre per solidarietà, ha anche assunto l’im-pegno di mangiare una sola volta al giorno.

SERBIA-BOSNIAIl treno della pace

Una motrice e tre vagoni, di proprietà di tre nazio-ni diverse: Repubblica serba di Bosnia, Federa-zione croato-musulmana di Bosnia e Serbia. Dopo 17 anni di stop a causa della guerra civi-le, riparte il treno che collega direttamente tra loro le città di Belgrado (Serbia) e Sarajevo (Bosnia). La pace “cammina” – dire “corre” è troppo, vista la lentezza del treno… – sui bi-nari. L’importante, però, è partire e arrivare.

ITALIARifiuti per strada“Costruire strade con rifi uti?”. Ma certo, si può! Ne è convinto il professor Marco Pa-setto dell’Università di Padova, che pro-pone l’utilizzo di materiali destinati alle di-scariche (scorie di acciaieria e fonderia, polvere di pneumatici usati ecc.) nella re-alizzazione del manto stradale delle nostre vie di comunicazione. Queste tecniche di riciclaggio offrirebbero un risparmio dal punto di vista economico e dell’uso di risor-se naturali ormai in via di esaurimento.

Marzo 2010MarMarMarMarzo zo zozo zo 22222

... Quando collegare vuol dire

Perché ho cambiato? perché quella

della guerra è la musica peggiore

Una volta tanto va bene

buttare i rifiuti per strada...

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a cura di Elena Dante

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CC on la puntualità da macchina da guerra che la contraddistingue, Alicia Keys ha pubblica-to a fine 2009 il suo quarto album in studio,

The element of freedom. Un disco che conferma (se ce n’era bisogno) il talento dell’artista di New York e sembra quasi essere una sintesi di quanto pubblica-to fi nora. Dopo due primi album molto legati all’R&B dell’epo-ca, personalizzato grazie all’immancabile pianoforte, As I am (2007) aveva portato una ventata di soul e jazz e una prima sperimentazione con i sintetizzatori. Ma se lì il risultato era un’atmosfera fi n troppo intima e notturna, dove molti brani fi nivano per scivolare via innocui, in The element of freedom Alicia riesce a tro-vare il giusto equilibrio tra ballate e pezzi più ritmati. Poco importa se il primo singolo ricorda la super hit No One di due anni fa: nelle 14 tracce si trova di tutto, dal soul minimale coro e voce a un duetto con l’al-tra regina della musica nera, Beyoncé, alle infl uenze reggae e tastiere anni ’80.Unico difetto, non nuovo, i testi che non brillano per originalità, ma sono capaci di scatti di orgoglio quan-do si tratta di difendere un amore, o di momenti dol-cezza nell’abbandonarsi alla fragilità. Quello di Alicia è stato fi nora un percorso di piccoli cambiamenti, in cui ogni disco ha offerto qualcosa di nuovo senza stravolgerne l’identità. E per l’artista ventottenne, premiata anche come “artista R&B de-gli anni ‘00”, The element of freedom è un ottimo bi-glietto per il futuro. Il tour per promuovere l’album nel 2010 toccherà l’Italia in un’unica data, il 2 maggio, nella suggestiva cornice dell’Arena di Verona.

Voi che ne dite?Baby Big StarPenso che questi ragazzi siano trop-po giovani per “buttarsi” nel mon-do dello spettacolo e che il 90% delle volte non siano abbastanza maturi artisticamente e nemmeno in grado di capire a cosa vanno in-contro.

Margherita

Tokio Hotel - HumanoidVoi non pensate alla bravura di tale band, ma solo al fatto che si tingo-no le unghie e si laccano i capelli... siete tutt’altro che imparziali...non fate altro che creare nuovi stereo-tipi su questo gruppo... in quest’ul-timo album hanno trattato temi che sono tutto il contrario che inutili.

CamillaIo penso che i Tokio Hotel siano un gruppo costruito a tavolino... e quindi penso che siano un buon prodotto COMMERCIALE... una macchina per far soldi. Potrebbe anche non esserci nulla di male nel far soldi... però penso sia impor-tante chiarire questo punto.

Zanga

La discussione sull’ultimo album della band tedesca si è spostata sul gruppo in generale. Da parte nostra, ci teniamo a dire che la musica (note e testi), è e resta l’unico modo per decidere se un disco è valido o no.

Non sei d’accordo?Vuoi dire la tua?

Scrivi sul FORUM dedicato su

www.bandapm.itwww.bandapm.it

Alicia KeysAlicia KeysThe element of freedom

Sito uffi ciale: www.aliciakeys.com

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Ascolta: Love is blind, Try sleeping with a broken heart, Love is my disease