PLATIMIRO FIORENZA “L’ULTIMU MASTRU … · gioia con cui accoglie le creature originate dalla...

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PLATIMIRO FIORENZA “L’ULTIMU MASTRU CURADDARU”

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PLATIMIRO FIORENZA

“L’ULTIMU MASTRU CURADDARU”

Introduzione

Un simbolo e una delle risorse che ha dato prestigio e fama alla città di Trapani è senza dubbio il corallo. La sua scoperta fu del tutto casuale: dei ramoscelli rimasero impigliati nelle reti dei pescatori trapanesi che, tra il XV e XVI secolo, iniziarono a praticarne la pesca grazie all’abbondanza dei banchi corallini scoperti, e la lavorazione, che bene presto ebbe un notevole sviluppo nella città. Il periodo d’oro dei “corallai” e quindi il periodo della massima fioritura artistica del settore si può fissare tra i secoli XVI e XVIII. Tra la fine del XVI secolo e i due secoli successivi, vennero create opere di squisita fattura per re, principi, cardinali e papi. I corallai trapanesi acquistarono con i loro prodotti fama in tutto il bacino del Mediterraneo. Sorsero numerose botteghe di artigiani che si dedicarono alla creazione di veri e propri gioielli, oggetti sacri e profani, capezzali e cornici, presepi nei quali il corallo è frammisto ad oro, argento, smalti e pietre preziose, con tecniche di alta perfezione. Scultura, monili e altre opere realizzate in corallo si possono ammirare presso il Museo Regionale Pepoli di Trapani. Negli anni di maggior fioritura in Trapani si svilupparono diversi laboratori artigiani, concentrati in quella che, proprio per questo, veniva chiamata via degli Scultori o Corallai (quasi a identificare la professione), oggi Via Torrearsa. Grandi maestri corallai trapanesi, fin dalla seconda metà del ‘500, con le loro preziosissime opere hanno reso famosa in Europa la città. La produzione comprendeva prevalentemente oggetti di culto, come le statuine di Santi e i Crocifissi, prodotti dalla collaborazione artistica di maestri corallai e orafi, e realizzati su supporti in rame dorato con incastri di sferette, baccelli, mezzelune e ovuli, che nel loro complesso costituiscono la tipica produzione trapanese. Oggi sia la pesca che la lavorazione del corallo si è notevolmente ridotta, ma la grave crisi che sta colpendo i piccoli artigiani e la scarsità della materia prima potrebbe portare all’estinzione definitiva. A tener desta l’attenzione e viva l’arte del corallo a Trapani c’è ancora lui, l’artista che viene ormai additato come l’ultimo corallaro, Platimiro Fiorenza. Da una vita cerca di alimentare e mantenere viva nel tempo la tradizione di questa arte, trasmettendola nell’animo di tanti giovani forgiati nella sua bottega. È in questi giovani corallai che viene riposta la speranza che possano dare nuova linfa a un’arte quasi dimenticata ed evitare la definitiva estinzione di questa antichissima e caratteristica attività della città di Trapani. Al suo estro artistico si è affidata la Trapani ufficiale in occasione della visita in città del Papa Giovanni Paolo II. Ne è scaturita l’opera più prestigiosa: una Madonna di

Trapani in corallo con una base in oro e pietre preziose alta cm 34 (che attualmente si trova esposta a musei vaticani) e un’acquasantiera in oro, argento, corallo e pietre preziose con lavorazione tipicamente trapanese, alta cm 28; la prima

commissionatagli dalla Curia vescovile di Trapani e la seconda dalla Provincia trapanese. Platimiro Fiorenza è mio padre. Nella sua bottega ho trascorso il mio tempo libero dagli impegni di vario tipo. Ho potuto constatare di presenza il suo modo di lavorare il corallo, un’arte che ha cercato di trasmettermi senza forzature, ma con la sua laboriosità quotidiana, la sua estrosità, la passione manifesta per il suo lavoro e la gioia con cui accoglie le creature originate dalla sua anima, prima ancora che dalle sue mani. Egli non è un semplice “corallaro”, è un artista innamorato del corallo, un cantore ed un poeta del corallo. Nelle varie interviste, nei giornali e televisioni pubbliche e private, a cui gli capita di essere sottoposto, non tralascia mai il suo desiderio di trasmettere ai giovani la sua arte, per continuare una tradizione che è stata vanto per Trapani e per tutta la Sicilia. Dalla esperienza diretta ho potuto così seguire da vicino il lavoro di mio padre e verificare le varie fasi di lavorazione del corallo, da cui riuscirà a ricavarne un’opera d’arte unica e irripetibile.

Virtù apotropaiche & Fonti storiche

Miti e leggende hanno alimentato il fascino del corallo. Conosciuto fin dalla preistoria, come dimostra il rinvenimento di grani di corallo in sepolcri neolitici, il corallo, per il suo colore, che tocca tutte le gamme del rosso, per la sua forma, quasi alberi in miniatura, e per il suo ambiente naturale, le profondità del mare, ha assunto nella tradizione un forte potere magico. Si attribuisce a Zaratustra la prima esaltazione di quelle virtù apotropaiche e profilattiche che fino ai nostri giorni fanno del corallo il prototipo degli amuleti e talismani. Innumerevoli sono state nel tempo le funzioni attribuite al corallo. Esso debella il malocchio, gli influssi maligni, annulla le paure e gli incubi, protegge i campi e le messi, rende fertili le zolle, ripara le navi dai fulmini, allontana dalla casa l'odio e l'in-vidia. E l'elenco potrebbe protrarsi all'infinito raccogliendo, nel corso della storia di tutti i popoli, le testimonianze circa le virtù benefiche di questo incredibile "capriccio" della natura. Sin dall’antichità sulle orme di Orfeo, si ritenne che il corallo, benefica pianta donata agli uomini dagli stessi dei, allontanasse i pericoli e fosse dotata di virtù terapeutiche e afrodisiache, tanti altri autori di innumerevoli testi come Plinio o Ovidio, per citarne qualcuno, hanno esaltato le virtù apotropaiche del corallo. Al fascino del corallo non si è sottratta nemmeno la medicina e fino al sec. XIX il corallo fu tenuto dai medici in alta considerazione sia nella pratica farmacopeica sia nell’uso dell'amuleto. Ridotto in polvere il corallo fu usato diffusamente come medicamento in epoca medievale. Nel 500 il medico filosofo tedesco Teofrasto Bombasi Von Hohenheim, meglio conosciuto come Paracelso affermava che il corallo, se manipolato da un esperto, “è una medicina da preferire a tutti i tesori del mondo”, e come “posto al collo dei bambini sia preservativo mirabile contro gli spaventi, le malie, gli incantesimi e i veleni”. Nei ricettari medici del ‘600 la polvere di corallo viene indicata come rimedio medicamentoso. Il medico di Francoforte, Ludovico Gans nella Coralliorum historia

del 1650 ne rileva le virtù terapeutiche e apotropaiche, notando che in specie il corallo rosso procura benefici psicologici considerevoli alle donne gravide. Anche ai nostri giorni il corallo non ha perso del tutto il suo fascino e la sua fama di antidoto attivo contro il male. L'uso del corallo contro il mal di pancia (coliche addominali) si è perpetuato in Sicilia, fino all'inizio di questo secolo. Era pratica corrente e largamente seguita che le mamme legassero attorno al pancino del bambino in fasce cinture ornate d'oro e di grossi grani di corallo, come protezione contro le indigestioni.

Per più di dieci secoli il corallo fu panacea di tutti i mali: fu impiegato come bene apotropaico in medicina, nell'edilizia, nell'oreficeria e nell'arte, sia per ricavarne oggetti sacri che per trasformarlo in simboli scaramantici e fallici. Ne furono dotati i bambini, guarnite le chiese e le gallerie private, fu dato ai morti perché li accompagnasse nell'aldilà, usato per ornamento femminile, come afrodisiaco, o mezzo propiziatorio nei riti induisti. Esso è stato un toccasana generale. Il corallo ha svolto un ruolo mitico e suggestivo non trascurabile nell' evoluzione della civiltà e delle tradizioni dei popoli, esso attinge vertici di estrema bellezza e commossa espressione nell'arte.

Produzione storica

In Italia i primi a dedicarsi alla lavorazione sistematica del corallo furono i trapanesi che ben presto divennero abilissimi “scultori”, specializzati nell’incastonatura di piccoli coralli su oggetti sacri e di uso domestico. A Trapani esistono documenti scritti che testimoniano come già nel '400 si lavorasse il corallo e nel '700 la produzione raggiunse il massimo livello facendo primeggiare la città nel mondo con numerose botteghe artigiane in un'unica strada.” La Via Corallai”. L’Orlandini riferisce per l’inizio del Seicento di 25 botteghe attive, ma il numero doveva essere superiore se i Capituli della maestranza delli corallari e delli scultori sono controfirmati da 36 mastri corallari e Vincenzo Nobile, nel 1698, ne cita più di 40.

Produzione

Per tutto il Trecento e il Quattrocento la produzione principale riguarda le sferette

per i paternostri e, insieme all’argento, piccoli gioielli e ornamenti per i tessuti.

I paternostri, erano dei cordoncini ai quali venivano infilati grani di materie diverse,

in uso già dal V sec. Essi, rifacendosi alla consuetudine orientale di contare le

preghiere, servivano a invocare l'allontanamento dalle tentazioni del demonio. E il

corallo, per i suoi poteri apotropaici, tra tutti i materiali era certamente il più

indicato per esorcizzare i mali demoniaci. I1 cordoncino era libero ai due capi e

spesso a l'estremità erano attaccati croci, fiocchi, cammei, palline d'argento o altri

pendagli.

Oltre alla sua funzione scaramantica, sotto forma di mano a fico o sotto forma di

semplice rametto incastonato su argento inciso o cesellato per abbellire collane o

cinture, il corallo cominciò a trovare largo impiego nell'ornamento.

Anche se poche sono le testimonianze pervenute, è certo che già a partire dalla

metà del Trecento secondo quanto riportatoci da inventari del tempo, il prezioso

materiale fu usato nella lavorazione di pettini, borsette, saccocce, pendagli, cinture

e ricami.

Con l’invenzione del bulino, attribuita al trapanese Antonio Ciminello1, il corallo, da

solo o in composizione con ambra e pietre dure, troverà applicazione nel tempo in

preziosi e raffinati oggetti quali lampade, ostensori, calici, reliquiari, scrigni,

monetari, capoletti sino a raggiungere quel livello insuperato di maestria

rappresentato dalla nota “Lampada” in rame dorato, corallo e smalti di cm.150 x

123, firmata e datata Fra Matteo Bavera 1633, conservata nel Museo Pepoli di

Trapani.

1 Il Maestro corallaio,Platimiro Fiorenza, di cui alla presente tesi, ha forti perplessità su questa attribuzione, in quanto

sostiene che il bulino veniva già usato su acqueforti; è d’accordo, invece, nel dire che Ciminello è stato il primo a

usarlo sul corallo.

Uno dei maggiori stimoli alla produzione di manufatti sempre più raffinati e curati, fu fornito dalla diffusione del culto della Madonna di Trapani che diventa una delle mete più importanti nel circuito dei pellegrinaggi mariani. La presenza di questi pellegrini, provenienti da tutto il Mediterraneo e appartenenti anche alla più alta aristocrazia laica ed ecclesiastica, dà un grosso contributo alla attività delle botteghe trapanesi che adegueranno la loro produzione non solo alle richieste di una devozione popolare ma anche alle esigenze di una raffinata committenza. Trapani, a partire dalla metà del Cinquecento e per due secoli, riuscirà a informare il gusto di tutte le più prestigiose Corti e famiglie nobiliari d'Europa. Dal Cinquecento la Maestranza dei Corallari a Trapani raccoglie circa 500 addetti e rappresenta una forza non indifferente nel contesto dell’economia cittadina. Già da tempo Trapani vantava una lunga tradizione nella lavorazione del corallo e della sua applicazione decorativa, che le derivava dai continui contatti, per motivi storici e geografici, con la cultura araba. Proprio da questa erano derivate le tecniche metalliche della tarsia, del niello (argento brunito), del cesello e dell'incastonatura delle gemme, che caratterizzano la manifattura trapanese.

Quest’opera è realizzata con la tecnica del retroincastro, la più antica tra quelle usate dagli artigiani trapanesi, che consisteva nell’inserire elementi di varia forma sul rame già forato e predisposto e fissarli con l’aggiunta di pece nera e cera nel retro. I primi oggetti di rame dorato con incrostazioni di corallo furono i vassoi, i boccali da vino, le cornici di specchi, gli scrigni, vasi, calamai. Lo stile di questi grandi vassoi, fondamentalmente legato all'armonioso e classico gusto del Rinascimento, è caratterizzato dalla ricchezza di ornamenti di corallo dalle varie forme, sparsi a tappeto insieme a smalti e lapislazzuli. Acquasantiere, ad uso privato, si diffusero nella metà del Cinquecento, in concomitanza al moltiplicarsi delle cappelle nei palazzi gentilizi.

Perlopiù a forma di edicola, ricalcanti l'architettura dei portali o delle fontane del tempo, esse recavano al centro l'immagine scolpita della Madonna.

Vassoio dorato, corallo, smalto e

lapislazzuli. Cm.25 x 7. Maestranze

trapanesi (fine secolo XVI,inizio sec,XVII).

Di notevole interesse erano i "Capezzali", di forma perlopiù esagonale, in rame dorato, con corallo di taglio diverso, che recavano al centro a rilievo o a tutto tondo piccole statue di corallo.

Ma i prodotti meglio riusciti dell’artigianato corallino trapanese sono gli ostensori, realizzati in rame dorato con retroincastri di corallo ed applicazioni di smalti. Tutto questo ci conferma come il corallo, proprio a partire dalla metà del Cinquecento, conquisterà un posto di rilievo e di autonomia all'interno del più vasto panorama delle arti figurative e Trapani, per due secoli, riuscirà a informare il gusto di tutte le più prestigiose Corti e famiglie nobiliari d'Europa.

Capezzale con la Madonna di Trapani,

rame dorato, corallo, argento e

madreperla. Maestranze trapanesi

(inizi sec.XVIII)

Nel Seicento le dimensioni e lo sviluppo assunti dall’attività dei corallari imposero l’istituzione dei Capituli della maestranza delli corallari e delli scultori di esso corallo

nella città di Trapani, a tutela degli interessi del gruppo e dei compratori. Redatti nel 1628 e approvati nel 1633, disciplinano in 34 articoli, in modo chiaro e semplice, l’acquisto della materia prima, la sua lavorazione e la vendita del prodotto finito.

Scoperta del presepe

Ad opera dell’artigianato trapanese vennero alla luce anche i famosi presepi di corallo, che sono sicuramente fra le più suggestive realizzazioni che si possono oggi vedere. L’arte del presepe, concepita e iniziata a Napoli, ebbe una grande diffusione in Sicilia, dove i maestri corallari trapanesi si sbizzarrirono nell'ideare e nel lavorare scene ispirate al presepe. Anche se il corallo ha fatto la parte del leone, gli artisti trapanesi per popolare il minuscolo mondo della notte di Natale hanno usato anche l'alabastro, l'avorio. la madreperla integrata con sughero, ma ad annunciare la nascita del Salvatore saranno sempre angeli sospesi a piccoli rami di corallo. Il più grande creatore di presepi trapanesi è stato sicuramente Giovanni Matera, nato a Trapani nel 1653 e morto a Palermo nel 1718. Nel Convento di S. Antonio di Palermo, dove il Matera morì, nel periodo natalizio, era in uso esporre, prima che fossero disperse in bacheche diverse, quattro sue ammirate composizioni, raffiguranti la Natività, l'Adorazione dei Magi, la Strage degli innocenti, la Circoncisione. Alcuni di questi pezzi vennero acquistati da Ludovico di Baviera durante il suo viaggio in Sicilia nel 1817. Ora sono conservati nel Bayerisches National museum di Monaco. 2 Anche i fratelli del Matera furono artigiani del presepe e non si conta il numero degli imitatori. Molti dei pezzi attribuiti al Matera sono in realtà di suoi ripetitori più o meno abili.3 L'arte trapanese del presepe, impreziosita per secoli dal fiammeggiante corallo, annovera anche altri maestri. Tra essi si ricordano Andrea Tipa (1725-1766) e Antonio ( 1696-1784) e Domenico Nolfo (1730-1784). Di molti altri si sono persi i nomi, ma restano in collezioni pubbliche e private le loro opere, quale testimonianza

2 A. Buttitta, Il corallo e l’arte del presepe a Trapani, in Coralli, Novecento pp.109-113

3 Una collezione non meno importante di pastori del Matera si trova anche nel Museo Pepoli. Il Matera si servì sempre

per eseguire i suoi personaggi di una tecnica mista, adoperando legno, tela e colla, che meglio si prestava a realizzare

quegli effetti di realismo drammatico da lui sempre ricercati.

di uno dei mestieri che ha dato alcuni fra i prodotti più nobili della cultura figurativa siciliana nelle sue diverse emergenze storico-sociali.

La crisi del XIX secolo

La pesca del corallo nel Mediterraneo entra in crisi agli inizi del XIX secolo sia a causa della scoperta dei banchi di Sciacca, che inflaziona il mercato, sia per la comparsa di un forte concorrente, il Giappone, il cui corallo, pur se molto meno pregiato, fa abbassare notevolmente i costi. I pescatori di Torre del Greco riescono con la loro tenacia a resistere a questa concorrenza mantenendo viva la tradizione, a Trapani, invece, l’attività si riduce notevolmente sin quasi a morire. Nell’Ottocento l’uso degli oggetti metallici decorati con frammenti di corallo cedette il posto al corallo lavorato per le collane, spille, pendenti, orecchini che, soppiantarono gradatamente l’oggetto in rame e corallo. Ora esso è scomparso del tutto nella lavorazione delle botteghe della Sicilia, ma permane tuttavia ancora nella lavorazione di Platimiro Fiorenza.

Bottega di Pasquale Fiorenza con

picciotto putia e Platimiro Fiorenza

sullo sfondo

UNA VITA PER IL CORALLO

Platimiro Fiorenza, l’ultimu mastru curaddaru

Cenni biografici e di pensiero di Platimiro

Fiorenza

Platimiro Fiorenza nasce a Trapani il

10/06/1944. Figlio di un artigiano orafo corallaio,

cresce nella bottega del padre, e a soli 7 anni

comincia a lavorare l'oro, l'argento, il corallo, a

conoscere le pietre e a fare le sue prime

incisioni, attirandosi l’attenzione e l’interesse del

maestro scultore e pittore trapanese Domenico Li

Muli.

Per evitare i dati di una fredda biografia,

lasciamoci coinvolgere dai ricordi del diretto

interessato Platimiro circa le sue prime esperienze

lavorative,tratti dai suoi Appunti citati, da

interviste ed esperienze mie personali.

“L’ultimo vero curaddaru fu mio padre Pasquale

Fiorenza. Mio padre aveva una bottega nella via

Colonnello Romei ed era orafo corallaio come la maggior parte dei vecchi orafi. Fu

proprio mio padre ad avviarmi alla lavorazione del corallo.

Avevo appena 7 anni, e di già spianavo le prime spole di corallo, ricordo che in quel

tempo si usavano molto gli anelli “utti cristi” con il volto di Cristo in corallo. Come

procedevo? Dopo avere spianato gli ovali di corallo incollavo gli ovali su una stecca

(“sticca”) di legno con un mastice e passavo all’incisione del volto di Cristo in corallo,

infine passavo alla realizzazione degli anelli.

C’era molta fede in quel periodo. Molti erano i grani che si facevano nella bottega di

mio padre, lisci, affaccettati, grani in corallo che poi venivano “ncurunati” annodati

cioè con fili d’argento a 10 a 10 e infine si ultimavano i rosari, montati in oro o in

argento, i coralli più belli venivano montati in oro e con gli stacchi in filigrana, i meno

belli in argento e io all’età di 9 anni sapevo incoronare i grani di corallo e rifinivo i

rosari.

Nella bottega di mio padre la professione veniva concepita all’antica, il lavoro iniziava dai bozzetti in disegno per poi essere ultimati, in tutto l’artigiano doveva saper disegnare, incidere, incastonare, cioè doveva saper far di tutto ciò che riguarda la professione dell’oro e del corallo”.

“U mastru fa i ferri, e i ferri fannu u mastru”

“Visto che mostravo tanta passione per il corallo mio padre mi costruì i primi rudimentali bulini, fatti con i vecchi aghi di macchine per cucire. Da noi spesso si usava dire “u mastru fa i ferri, e i ferri fannu u mastru” cioè, il maestro che lavorava doveva essere nelle condizioni di farsi gli attrezzi del lavoro, se non è nelle condizioni di farsi gli attrezzi del lavoro non è un buon maestro. Ma il vero motivo erano la lontananza delle fabbriche di attrezzi professionali anzitutto e l’immediato dopoguerra, tempi duri, tempi di risparmi e di privazioni. In casa eravamo 6 figli cinque maschi e una femmina, eccetto mia sorella, tutti, grandi e piccoli, siamo passati dal banco da lavoro. Fu così che la maggior parte della mia infanzia la trascorsi nella bottega di mio padre.”4 Oltre che il padre, sarà decisivo per il lavoro e il futuro del piccolo Platimiro la conoscenza e la frequentazione quasi quotidiana della bottega del maestro scultore e pittore trapanese Domenico Li Muli, che aveva bottega di fronte a quella del padre e che lavorava l’argilla. Entrare nel suo laboratorio era per lui come entrare in una stanza incantata, sgorbie5 alle pareti, personaggi di argilla da tutte le parti; era proprio l’argilla che lo affascinava. Vedere quella argilla prendere forma sotto le mani esperte del professore, lo spronava a seguirne l’esempio con il sorriso e il beneplacito dello scultore.

A 14 anni si iscrive alla scuola di arti e mestieri di Trapani, ed è proprio in questo laboratorio scolastico che viene costantemente guidato dal professore Li Muli, il prodigio del giovane Maestro Platimiro si fa subito notare, a tal punto da destare svariate attenzioni da parte dei numerosi professori. Conseguito il diploma nella scuola Arti e Mestieri, a 20 anni parte per Milano, dove inizia un rapporto di collaborazione con il grande scultore Giò Pomodoro, Arnaldo e Giò Pomodoro usavano l’osso di seppia per incidere i loro segni (una tecnica appresa nei laboratori orafi), per poi procedere direttamente alla fusione con il metallo (piombo, argento e oro).

4 Da “Gli ultimi corallai del 1950 in poi.” In Memorie… cit.

5 attrezzo per tagliare il legno

Dopo aver acquisito ancora maggiore esperienza, nonostante l'opportunità offerta dalla vicinanza con il famoso scultore, decide di tornare nella sua amata città, dove apre una bottega. Apre una nuova sua bottega che trasforma in un laboratorio per tanti giovani, provenienti da tutta la Sicilia, desiderosi di imparare l'arte e ai quali trasmettere con passione le conoscenze e i segreti di questa antica arte appresa nella bottega del padre. In Fiorenza si era fatta sempre più forte la consapevolezza che il corallo era un oggetto per amatori, per collezionisti, per antiquari ... per pochi. Ed è stato proprio questo sostrato culturale che ha fatto di quel "gioco", una fonte di vita, un lavoro. "Dico sempre ai miei allievi: prima pensate al pane sicuro. Il pane sicuro è l'oreficeria, la lavorazione degli oggetti in oro, che garantisce il reddito; poi viene l'arte, la lavorazione del corallo, destinata a una clientela attenta e raffinata, che è disposta a spendere per produzioni che richiedono tanto tempo e competenza.” "I1 corallaio trapanese è sempre stato anche un orafo. Non si limita a lavorare il corallo ma, come i maestri fiorentini, è abile nel disegno - il progetto - del gioiello, che realizza personalmente e cui successivamente applica le pietre preziose e il corallo". “È stata questa duplice abilità professionale di corallaio-orefice a permettere alla tradizione di sopravvivere, superando i periodi più difficili, come quello delle due guerre, quando l'oro si vendeva ancora, acquistato dalle famiglie per "tesaurizzare", ma l'oggetto in corallo no.”6 Fiorenza è un artigiano all'antica e fermamente convinto che lavorando a livello commerciale non potranno mai esserci risultati, per questo è importantissimo trasmettere l'idea della lavorazione artistica e non della lavorazione di massa. Una lavorazione tesa alla realizzazione di oggetti unici. L'arte del corallo e cultura camminano di pari passo, sono complementari, non può esistere arte se non c'è cultura e viceversa. È questo che insegna ai suoi allievi. Oggi sono ancora numerose le botteghe a Trapani e provincia; alcuni allievi del maestro Fiorenza hanno aperto laboratori a Custonaci, Valderice, Mazara, Salemi, Marsala. Dal 1970 al 1975, il Maestro Platimiro espone le sue opere in molti comuni della provincia trapanese, partecipa a molti concorsi tra cui quello ad Asward Diamand di New York e nei primi anni ottanta viene chiamato ad insegnare la sua arte presso una sezione provinciale dell'ECAP. Nel 1982 il Maestro Platimiro riceve l'Attestato di Benemerenza da parte del Soroptim.st. "come autentico esempio di laboriosità e continuatore della migliore

tradizione artigianale trapanese".

6 Fiorenza P., “ Appunti…cit.

Risale al 1988 la prima tra le sue più importanti opere: un calice di 33 cm in oro, corallo e pietre preziose, per la Cattedrale di Monreale, commissionatagli dalla Diocesi. Successivamente realizza opere in oro e argento per i Misteri di Trapani, partecipa a svariati concorsi, piazzandosi nelle migliori posizioni, e viene continuamente citato in vari libri. Nel 1993 realizza l'opera più prestigiosa, che attualmente si trova esposta ai Musei Vaticani: una "Madonna di Trapani" alta 34 cm, in oro corallo e pietre preziose, commissionatagli dal Vescovato di Trapani, realizza inoltre un'acquasantiera, anch'essa in oro, corallo e pietre preziose, commissionatagli dalla Provincia di Trapani, entrambe le opere sono state realizzate per Sua Santità Giovanni Paolo II. Realizza anche un pastorale in argento e corallo alto un metro e ottanta, in occasione della nomina al Vescovo della Diocesi di Trapani di Mons. Francesco Miccichè. Nel 1994 e successivamente nel 2001, il Maestro espone un suo presepe in corallo a Roma alla mostra dei "Cento Presepi". Nell'agosto del 1997, viene invitato, dalla provincia di Siracusa, ad esporre le sue opere a Glasgow, in Scozia. In questi anni, partecipa a molte trasmissioni e interviste televisive della Rai, della Mediaset e di alcuni canali satellitari. Il Maestro Platimiro, riceve svariati riconoscimenti, infatti nell'aprile del 2003, in occasione dei mondiali di Scherma Cadetti e Juniores viene invitato dalla provincia ad esporre le sue opere presso il Salone di rappresentanza di Trapani (Palazzo Riccio di Morana) riscuotendo un chiaro successo. Nel settembre 2003, gli viene attribuito il premio "Saturno – artigiano del mare", iniziativa promossa dall'Assessorato allo sviluppo economico del Comune, per rilanciare le attività artigianali legate al mare, tipiche del trapanese, e sottolineare il contributo che l'artista del corallo Platimiro Fiorenza ha dato con il suo lavoro allo sviluppo del territorio. Nel Dicembre del 2004, riceve il premio come conservatore, attraverso l'insegnamento della lavorazione dei coralli, da parte del Club UNESCO di Trapani. Nel 2005 espone nel Foredeck Club dell'America's Cup e sempre nello stesso anno, su commissione del comitato di "Porto Ossuna" il Maestro realizza l'opera in marmo di Carrara, che è stata istallata sulla via Serisso di Trapani. Nel 2006 espone al "Kempinki hotel Giardino di Costanza" a Mazzara del vallo in occasione del recital "Miracoli del mercato del pesce". Nel 2007 espone in una mostra a San Casciano, e sempre nello stesso anno espone su invito della Provincia di Trapani in una mostra in Germania a Dussendolf. Nel 2008 viene invitato ad esporre a Corciano in occasione del Vernissage "il presepe e il corallo".

Nel natale 2010 il Maestro Platimiro viene invitato ad esporre una personale a La Spezia in occasione della mostra "il fascino del presepe", promossa dal Museo Diocesano. Nel 2011 la Provincia regionale di Trapani, per la nomina vescovile del Mons. Antonino Raspanti di Alcamo, commissiona un "Pettorale in Argento, Oro e Corallo". Sempre nello stesso anno, la Camera di Commercio di Trapani ha assegnato al Maestro Platimiro una medaglia d'oro, come Premio fedeltà al lavoro e al progresso economico. Il Maestro Platimiro, ha inoltre eseguito lavori di restauro per antiquari famosi di Palermo, Roma, Firenze, Londra e New York. Tuttora in piena attività, realizza su commissione gioielli, dal moderno all'antico, riproduzioni fedeli dal 600 ad oggi. Tra un lavoro e l'altro il Maestro Platimiro, alterna attimi di riflessione su temi comuni esistenziali da cui sgorgano, come acque da sorgenti pure, le poesie, che sono state pubblicate in svariati libri. Non una poesia tecnica quella di Platimiro, ma una poesia intensamente umana, una meditazione discorsiva sulla vita, da cui affiorano sentimenti comuni di gioia, di fede e/o di sopite speranze.

Produzione e catalogo

Nelle prossime pagine alcune fra le sculture più prestigiose di

Platimiro Fiorenza

Madonna di Trapani in corallo di Fiorenza

Scultura in corallo e pietre preziose. Altezza cm. 18,5 Base cm.15,6

I cammei alla base della statuetta raffigurano: al centro le nozze di Cana, a destra pesca

miracolosa, a sinistra l’incontro fra Maria e S. Elisabetta . Undici targhette in oro con incisi gli

stemmi dei Comuni. Incisione a bulino. La Madonna tiene in mano 2 chiavi d’oro (le chiavi della

città) .La base d’argento dalla forma rettangolare cm 14 x 8,5, poggiata su sei piedini d’oro a

forma di foglie circondati da baghette in corallo. Tutta la base è traforata e riempita di corallo con

la tecnica del retroincastro. Uno dei due puttini d’oro, poggiati su base triangolare, tiene sulla

mano sinistra un fiammella biforcuta in corallo. Due volute d’oro con foglie di acanto sono posti ai

lati.

Nel retro della statua si evidenzia la bravura dell’artista che è riuscito a rendere ottimali le pieghe

della veste con estrema eleganza. Da dietro si nota meglio lo slancio.fiducioso del Bambino nelle

braccia della madre. Il dietro della base è chiuso da una lastra d’argento con l’incisione dello

stemma pontificio del Papa Giovanni Paolo II. La Madonna senza le corone misura cm 18,5,

larghezza cm 7,7, il corallo allo stato grezzo pesava Kg 1, 678 , ad opera finita pesava grammi 735,

le coroncine sono d’oro tempestate di pietre preziose.

Acquasantiera

Altezza cm.28. Oro, argento, corallo e pietre preziose ; artigianato tipico trapanese.

Al centro una conchiglia fossile rivestita di corallo, inghirlandata di zaffiri blu e perline orientali.

La base traforata è decorata con applicazione di elementi corallini a retroincastro.

Disegnata e realizzata dall’ orafo corallaio Platimiro Fiorenza. La Provincia di Trapani a S. S. Papa

Wojtila nel 1993.

Pastorale. Alto cm.1.85 in argento. Nella parte superiore Madonna di Trapani a tutto tondo,

puttini e decorazioni con foglie d’acanto in argento e grani di corallo. Lungo l’asta varie incisioni a

bulino e bassorilievi. Le dodici stelle in oro e corallo rappresentano le dodici tribù di Israele.

Calice. Peso circa 980 g; realizzato da Platimiro Fiorenza secondo la tecnica del retroincastro tipica

del trapanese, arricchita (con) da virgole , pallini, triangoli, spole e baghette. La parte superiore è

arricchita da puttini in corallo, tre medaglioni con effigi della Madonna di Trapani, croce con Cristo

e la Sacra Famiglia. La base ottagonale è arricchita(ornata) da 4 medaglioni in oro, con incisioni a

bulino dello stemma vescovile di monsignor Cassisa, l’ effige in corallo San Castrenzio, Cristo

Pantecratore.

Platimiro Fiorenza. Aragosta in corallo giapponese

Platimiro Fiorenza Piatto in argento con applicazione di corallo mediterraneo, tipica lavorazione

del trapanese a retroincastro.

Platimiro Fiorenza Collana in oro e corallo mediterraneo.

Platimiro Fiorenza

Collana in corallo mediterraneo

interamente creata con motivi floreali.

Platimiro Fiorenza

Zuccheriera in argento e corallo Mediterraneo.

Tipica lavorazione trapanese a retroincastro.

Platimiro Fiorenza

Orecchini pendenti in filigrana con oro e corallo

Mediterraneo.

Platimiro Fiorenza

crocifisso in corallo giapponese e madreperla con

decorazione in oro.

Platimiro Fiorenza

Crocifisso in avorio e legno con decorazioni in argento.

Platimiro Fiorenza Spilla in corallo Mediterraneo.

… e per finire…. Platimiro Fiorenza Sicilia in oro