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ANNO XXXIV - N. 3 - SETTEMBRE 2013 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 Spedizione in abbonamento postale - Pubbl. inf. 50% PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A. IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA BELLUNO TAXE PERÇUE TASSA RISCOSSA Cinquant’anni fa il Vajont

Transcript of periodico informativo riServatoai S oci della Sezione di ... · maggiore del Settimo Reggimento...

ANNO XXXIV - N. 3 - settembre 2013 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 spedizione in abbonamento postale - Pubbl. inf. 50%

periodico informativo riServato ai Soci della Sezione di feltre dell’a.n.a.

in caSo di mancato recapito rinviare all’ufficio p.t. di belluno detentore del conto per reStituzione al mittente che Si impegna a pagare la relativa tariffa

beLLUNOtAXe PerÇUe

tAssA rIsCOssA

Cinquant’anni fail Vajont

2 Alpini… Sempre!2

ANNO XXXIV - N. 3 - SETTEMBRE 2013 - Pubblicazione trimestrale - 3 0,05 Spedizione in abbonamento postale - Pubbl. inf. 50%

PERIODICO INFORMATIVO RISERVATO AI SOCI DELLA SEZIONE DI FELTRE DELL’A.N.A.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFFICIO P.T. DI BELLUNO DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA

BELLUNOTAXE PERÇUE

TASSA RISCOSSA

Cinquant’anni fail Vajont

di questo numero sono state stampate 5.500 copie

PresIdeNte:

carlo balestra

dIrettOre resPONsAbILe:

gianpaolo Sasso

AddettO ALLA PUbbLICItà:

Sergio caddeo

AddettO AgLI INdIrIzzI:

giancarlo garbuio

redazione

dIrettOre: roberto casagrande

VICe dIrettOre: italo riera

Collaborano:

lusa dorino, paolo gris, carlo tirel, bruno Saccaro e ivo dalla mora

direzione, redazione e Amministrazione

presso la sede ANA - Via mezzaterra, 11/A

FeLtre - tel. 0439/80992 - Fax 0439.83897

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Autorizzazione del tribunale di belluno

N. 6/79 - Prot. N. 23337 del 22 ottobre 1979

stampa dbs - rasai di seren del grappa (bL)

in copertina:La diga del Vajont (Foto di d. Boldo).

in 4ª di copertina:cerimonia alpina

in piazza a Lamon. (Foto di d. Boldo).

Mi chiamo Alex Zanghellini, classe 1985. Dal 2004 sono consigliere del Gruppo alpini di Lentiai, Sezione di Feltre e rievocatore storico.

È difficile risalire all’origine della grande passione che ho per la storia della Grande Guerra. I miei bisnonni ne sono stati pro-tagonisti: il bisnonno paterno Elia ha combattuto in Galizia ed è stato prigioniero. Il bisnonno materno Bernardo era sergente maggiore del Settimo Reggimento Alpini a Feltre e ha combat-tuto sul monte Cauriol e sul Grappa. Nonno Bernardo ripeteva sempre a mia madre che la Grande Guerra aveva spazzato via inutilmente migliaia di vite di giovani morti per la Patria. I ricordi di guerra dei miei bisnonni mi sono stati tramandati dai miei genitori; mia madre da piccola pensava che i racconti del nonno Bernardo fossero le sue favole e trascorreva il tempo giocando a riordinare le sue medaglie. Ricordo che da sempre, in casa mia, si parla della Grande Guerra e ricordo anche che fin da piccolo io non mi annoiavo ad ascoltare e riascoltare quei racconti. Con il passare del tempo anzi ho sentito sempre più forte la voglia di saperne di più e di cercare materiali originali per poter vedere con i miei occhi. Così è iniziata la passione che col tempo è cresciuta, ho studiato, cercato, viaggiato. Ad un certo punto mi sono reso conto di avere una quantità importante di cimeli e informazioni e ho sentito il desiderio di condividere tutto ciò con chiunque fosse interessato, è così che ho iniziato ad allestire diverse mostre in Val Belluna. L’ultima, ospitata dal Comune di Lentiai e organizzata grazie alla disponibilità e alla fattiva collaborazione del Sindaco e dell’Assessore alla cultura. È stata inaugurata il 19 agosto ed aperta al pubblico dal 20 ago-sto al 1° settembre 2013. L’adesione è stata notevole, oltre le aspettative, e questo mi ha ripagato della fatica e dell’impegno profusi per l’organizzazione.

Anche i commenti lasciati dai visitatori sul libro delle firme sono stati di grande apprezzamento e incoraggiamento

a continuare questa attività e a mettere le mie conoscenze a disposizione di altre persone. All’inaugurazione erano presenti venti gagliardetti e i rappresentanti di spicco di varie Sezioni alpine; la mostra è stata visitata da persone comuni, paesani e non, anche provenienti da altre regioni, questo grazie all’ottima pubblicità fatta dal Comune di Lentiai.

Anche la partecipazione del presidente sezionale Carlo Balestra è stato per me un grande riconoscimento. Dall’incontro con le persone ho capito che il pensiero “per non dimenticare” è ancora diffuso, anche tra coloro che sono nati molti anni dopo la guerra, segno che è ancora presente nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, il bisogno di tramandare questa eredità storica ricevuta dalle generazioni che ci hanno preceduto.

Alex. Zanghellini

ALEX E LA GRANDE GUERRA: UNA PASSIONE INFINITA

Alex Zanghellini mentre illustra alcuni particolari della mo-stra da lui allestita a Lentiai.

CIAO ARMANDO!Ciao Armando, ti scrivo solo poche

righe, quelle necessarie a ricordar-ti a coloro che non hanno avuto l’occasione di conoscere te, che sei stato un impareggiabile amico di noi alpini, testimone affezionato a quei sentimenti di solidarietà tipici dello spirito che caratterizza lo stile di vita delle penne nere. Resterai nel cuore

di Orietta, Alberto e Laura, per i momenti felici trascor-si insieme a te, ma anche per le avversità della vita che vanno comunque a temprare nel tempo i rapporti fami-liari. Hai vissuto con grande partecipazione tanti ambiti sociali e del volontariato, nei quali sei riuscito ad offrire un grande contributo personale, sapendo spesso coinvol-gere in essi anche tante altre persone. Dal Gilf all’Asso-ciazione ragazzi down, per dare poi il sostegno attivo, con la moglie Orietta, alla Cooperativa sociale “Portaperta”. Amavi molto anche la tua città e anche per questo sei stato vicino al Palio di Feltre, sostenendo il tuo quartiere Santo Stefano. Fra le tue altre grandi passioni la musica e il canto corale in particolare. Per tantissimi anni compo-nente del Coro Piave Ana, sei stato anche suo presidente e portavoce. Come detto, Armando, hai vissuto un’esistenza colma di interessi, ma soprattutto espressione non comune di un amore verso la società e le persone in difficoltà. Il tuo sorriso non è svanito, ma rimane impresso nel ricordo di tua moglie, dei tuoi figli e di quanti, come me, hanno avuto la fortuna di conoscerti.

Roberto

Armando Bertuol.

Alpini… Sempre! 33

VAJONT. ATTENZIONE AL CONTRAPPELLO DELLA STORIANell’immane tragedia rimane indelebile lo slancio di impegno e generosità delle truppe alpine

Il tempo scorre inesorabilmente e il suo testimone più accreditato rischia di essere l’oblio. È accaduto e succede per tanti fenomeni ed eventi della storia umana ma nel caso del Vajont è diverso. Il ricordo, almeno dalle nostre parti è ancora vivo più che mai. La collettività non lo ha dimenticato, ne tanto meno rimosso. È rimasto quel che è stato, ne più ne meno. Nel corso di questi cinquant’anni, specialmente nei primi tempi, i termini più gettonati sono stati probabilmente “disastro” e “tragedia”, vocabili forse insufficienti a descri-vere con compiutezza i fatti. Vocaboli che fino alla sentenza definitiva hanno indicato se non una certa equidistanza alme-no una qualche nota di prudenza o di neutralità rispetto alle responsabilità poi conclusivamente accertate.

In ogni caso nessun tipo di dimenticanza. Semmai, su una dimensione esterna, nazionale ed internazionale, talvolta ha preso piede una conoscenza parziale, impropria e tecnica-mente errata di quanto avvenuto. In giro per l’Italia e per il mondo molti - probabilmente non bene informati - sono tuttora convinti che a cedere sia stata la diga ovvero lo sbar-ramento a cavallo della valle del Vajont ignari invece dello scivolamento di un enorme pezzo di montagna nel bacino idroelettrico con il conseguente sollevamento di una gigante-sca onda di fango e acqua che nel giro di pochissimi minuti ha provocato distruzione, morte, dolore. Oltre duemila vitti-me umane, danni biologici psicologici e sociali permanenti, danni materiali, tutto in quantità di così grande impatto e rilevantissima ampiezza da perpetuare effetti negativi, con-traccolpi fino ai nostri giorni e anche nel prossimo futuro per le persone, le famiglie, le comunità e i paesi colpiti.

In definitiva, una ferita lacerante inferta in profondità che non smette di far male e di far pensare. Quest’ultimo elemen-to, cioè l’incentivo a riflettere specialmente sul rapporto tra uomo, natura-ambiente-territorio e sviluppo, tra crescita e sostenibilità è forse il primo punto di un ipotetico elenco di spunti in qualche modo costruttivi i quali fatalmente costitui-scono la lezione che abbiamo ricevuto.

È una lezione difficile, amara, fornita di vari capitoli che forse non abbiamo ancora totalmente appreso e capito ma per la quale siamo chiamati ad approfondire, a fare i compiti per casa senza facili scappatoie e sotterfugi, improvvisazioni, ma anche senza totem ideologici. Cioè guardando per quello che è al bene comune.

Il Vajont, come spesso succede per tanti eventi pessimi o negativi, ha comunque evidenziato alcuni fattori di positività che non vanno trascurati.

Le pagine di umanità scritte in quelle tremende ore e nelle giornate successive rimangono fissate in maniera indelebile nella memoria collettiva; il livello e l’impegno dei soccorsi

per cercare di salvare ancora qualche vita, per estrarre i corpi dalle macerie, per la mesta operazione di composizione delle salme e per il riconoscimento delle vittime, per dare i primi aiuti e consolare i sopravvissuti, i familiari e i parenti.

Nel 1963 la protezione civile rappresentava un concetto e una visione ancora assai lontani dalla realtà organizzata. L’evento precedente che aveva richiamato una grande allerta nazionale era stata l’alluvione del Polesine di oltre dieci anni prima.

Con il Vajont non solo fece capolino la consapevolezza di poter disporre di una organizzazione dedicata ai grandi eventi, messa poi a frutto sulla scorta dell’esperienza per altri eventi successivi (alluvione del ’66, terremoto del Friuli, e gli altri che sappiamo) ma ci fu comunque un massiccio intervento di emergenza della durata di molte settimane nel quale vigili del fuoco, forze dell’ordine e militari di vari corpi sotto il coordinamento delle istituzioni preposte fecero il loro dovere.

Gli alpini furono in prima linea compresi quelli del “Feltre” nell’ambito dell’attività operativa della Brigata Alpina “Cadore”. Il gen. Angelo Baraldo, allora capitano, nel suo libro “L’Alpino nel bellunese in tempo di pace” espone alcuni dati di quell’impegno delle truppe alpine: complessi-vamente in vari turni si alternarono nei soccorsi 3.488 alpini con una presenza massima il primo giorno di 2.742 alpini; 491.000 ore lavorative, impiego di circa 150 automezzi al giorno per servizi vari tra cui la rimozione di circa 200.000 metri cubi di materiali. Un impegno gravoso ma carico di generosità e di slancio solidaristico.

La catastrofe del Vajont costituì il presupposto per uno svi-luppo industriale ed economico del territorio bellunese.

Gli aiuti concepiti con gli strumenti legislativi successivi permisero la ricostruzione di Longarone e di altri centri vicini ma ad avere benefici fu gran parte del territorio provincia-le. Compresi il Feltrino e la Sinistra Piave. Se il fenomeno dell’emigrazione a un certo momento va a sfiorire in provin-cia di Belluno è dato, non solo ma anche, da questa serie di concause.

Come spesso accade, da una pagina oscura nasce un bar-lume di luce. È giusto apprezzarne la positività, ma con grande rispetto per quella moltitudine di croci nel cimitero di Fortogna e senza dimenticare l’origine, le fondamenta e il motivo scatenante di questa grande lezione. Per una ragione molto semplice: perché la storia, per dirla con Giambattista Vico, è piena di corsi e ricorsi; oppure se vogliamo metterla meno filosofico e più consono al lessico alpino perché essa è piena di contrappelli al cui appuntamento la comunità civile non può prendersi il lusso di essere impreparata.

di Gianpaolo Sasso

L’interno del cimitero delle vittime del Vajont.(Foto D. Boldo)

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Migliaia furono i militari, in gran parte penne nere, che si prodigarono, già poche ore dopo la catastrofe, nei soccorsi ai superstiti e nella pietosa opera di recupero delle salme delle vittime. Abbiamo raccolto alcune brevi testimonianze di chi ha vissuto quell’esperienza e che non ha mai cancellato dalla mente le immagini di quello che ancor oggi dopo conquant’anni rimane al primo posto al mondo come peggior esempio di gestione del territorio e dell’ ambiente in un documento redatto dall’ Onu nel 2008 in occasione dell’anno dedicato alla Terra. La giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali ed industriali determinati dall’incuria dell’uomo è proprio quella del 9 ottobre, il giorno della tragdia del Vajont.

Gli alpini e il Vajont

ELIO BARDUCA

memorie di elio Barduca, classe 1942, alpino del 7° rgt. in forza alla caserma Zannettelli di Feltre, compagnia comando e servizi.

Il 9 ottobre 1963 rientro in caserma da una licenza e mentre sto preparando la branda per la notte suona l’allarme. Mentre maledico chi ha avuto l’idea di una esercitazione in notturna preparo tutto l’equipaggiamento che serve e scendo in cortile. Qui adunata, appello e tutti in attesa di ordini per la partenza. Arriva l’ordine di lasciare tutto l’equipaggiamento standard, armi comprese, e prendere solo l’attrezzatura leggera e pronti alla partenza per destinazione ignota. Saliti che fummo sui camion, questi prendono la strada per Belluno. A Belluno sosta alla caserma Salsa in attesa di altre disposizioni. “Radio gavetta” nel frattempo, comincia a diffondere alcune voci sulla destinazione in zona Longarone e su una non meglio precisata diga che sarebbe crollata. Durante la sosta ci viene dato un caffelatte e un panino che poi per 48 ore sarebbero stati gli unici alimenti datici. Gli alpini della caserma dove abbiamo sostato erano già partiti assieme a quelli delle altre caserme di Belluno e con al seguito i Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia, Croce Rossa e ambulanze. Verso le ore 3,30 partenza dalla caserma ed arrivo a Fortogna: sosta obbli-gata in quanto la strada era sparita, ma con ancora il buio non riuscivo a capire cosa realmente fosse successo. Scesi dai camion, ci siamo messi in marcia con destinazione Pirago. Durante la marcia cominciava appena appena ad albeggiare e l’occhio abituato all’oscurità riusciva a percepire la gravità della situazione, si vedevano già i corpi di alcune persone che erano stati deposti a bordo strada dai primissimi soccorritori, macerie ovunque, nessuna strada, niente case, alberi, niente pali della luce, niente di niente e un silenzio spettrale. Giunto a Pirago vedo che le uniche cose rimaste in piedi erano il campanile ed una piccola casa poco distante, anche il cimi-tero era stato devastato, le tombe erano mezze scoperchiate.

A Pirago il nostro intervento consisteva nell’ispezionare i grossi ammassi di macerie di ogni tipo che l’acqua aveva creato, per assicurarci che in mezzo non ci fossero sopravvis-

suti o corpi, in quanto le salme in superficie già erano state recuperate da altri. In quel paese le uniche persone ancora in vita furono due bambine trovate sotto uno di tali cumuli e una persona anziana vicino all’unica casa rimasta in piedi (forse il proprietario). Questo mio intervento è durato fino al tramon-to e poi il nostro tenente ci ha spostati in prossimità di una piccola passerella pericolante vicino a quello che sembrava essere la ferrovia. Questa passerella era divenuta l’unico pas-saggio disponibile, se si voleva evitare un largo giro, per poi proseguire verso Longarone. Cominciava ad arrivare molta gente e dovevamo far passare le persone in fila indiana e poi una specie di senso unico alternato. Era gente che arrivava dai paesi limitrofi e che chiedeva notizie su Longarone, sui propri familiari e sulle proprie case e assediava il tenente per avere notizie. Alla passerella cominciavano ad arrivare anche giornalisti, fotografi, reporter e soprattutto cominciavano ad arrivare familiari dal resto dell’Italia ed i primi dall’estero e la domanda quasi unica era se avevamo notizie dei loro cari e delle loro case. Il giorno 11 arrivano alcuni escavatori e ruspe che cominciano a tracciare un paio di strade e poi l’arrivo di mezzi pesanti con le prime cucine da campo e con attrezzatu-re di primo intervento. Alla passerella sono rimasto dalla sera del 10 ottobre al pomeriggio dell’11, poi sono arrivati altri militari che ci hanno sostituito e noi siamo rientrati a Feltre, qui ho chiesto un permesso per andare a casa e finalmente ho potuto lavarmi e fare un pasto degno di questo nome per poi rientrare in caserma il mattino dopo.

A 50 anni di distanza un pensiero per le vittime di questa tragedia annunciata, e purtroppo voluta, in nome del dio denaro, è doveroso. Come è doveroso anche un pensiero per i sopravvissuti che portano nel loro intimo e per sempre quei ricordi che hanno reso quasi invivibile la loro esistenza.

Infine un pensiero anche a quegli alpini, poco più che ventenni, che vennero catapultati, loro malgrado, in mezzo a quell’emergenza senza precedenti, e si trovarono immersi, senza altri mezzi se non le loro mani, in situazioni e scene raccapriccianti o inenarrabili che segnarono, in molti di loro e per sempre, le loro vite.

GIOVANNI DE CIA

Giovanni de cia ha assolto il servizio di leva nel reparto comando del 6° reggimento artiglieria di mantagna, di stanza a Belluno, dal novem-bre 1962 al febbraio 1964. questo il racconto della sua partecipazione ai soccorsi dopo la sciagura del Vajont.

La sera del 9 ottobre 1963 rientrai alla caserma D’Angelo alle ventitrè, godendo del “permesso fino a fine spettacolo”. Mi ero coricato in branda da pochi istanti quando, poco dopo

Un’ immagine del disastro. (foto E. Barduca)

Alpini… Sempre! 5

LA MIA PRIMA MAGLIA VERDE“QUELLA DELLA SPERANZA”

le ventitrè e trenta, sentii suonare l’allarme. A tutti fu dato l’ordine di prendere badili, corde ed attrezzatura di vario tipo, ma non le armi. In qualità di conduttore mi schierai con la mia A.R. ’59 accanto agli altri automezzi in piazza d’armi e qui restai in attesa di ulteriori ordini sin quasi alle quattro del mattino. Fu a quell’ora che finalmente l’autocolonna con duecentocinquanta artiglieri a bordo dei mezzi si avviò senza che nessuno di noi autisti sapesse ancora per dove, se non forse colui che era in testa con il comandante. Essendo distaccato alla cucina della truppa mi fu ordinato di attendere un po’ per trasportare le colazioni. Arrivai all’alba a Faè; era una giornata bellissima, guardando il cielo, ma davanti a noi si presentava una piatta distesa di ghiaia. Non si vedevano più né strade né case, no anzi in lontananza, su una posizione più alta rispetto a noi si distingueva la sagoma di un edificio ancora in piedi, ma senza porte e finestre, evidentemente scardinate dallo spostamento d’aria provocato dall’immane ondata. Qui trovarono tre superstiti. Al nostro Reparto fu asse-gnata la zona che guardava lo Zoldano e subito mi affiancai ai miei commilitoni per prestar soccorso ai pochi sopravvissuti. Ritornai più tardi al mio mezzo per distribuire la colazione, ma mi resi presto conto che nessuno quella mattina aveva voglia di mangiare. Rientrai in caserma per ritirare il rancio e al ritorno vidi che alcune macchine operatrici stavano alle-stendo una pista per i mezzi di soccorso. Tutti i superstiti nel frattempo venivano trasferiti verso Ponte nelle Alpi. Nei gior-

ni successivi molte ruspe spianarono alcuni campi di mais nei pressi di Fortogna, dove già nei primi giorni le autorità avevano deciso che sarebbe stato collocato il cimitero delle vittime della catastrofe. Prestai la mia opera per circa due mesi, fino ai primi giorni di dicembre, quando ebbe termine la prima fase degli interventi di soccorso. Inizialmente ero addetto al recupero dei corpi e in seguito alla rimozione delle macerie. Come sempre succede in queste circostanze i cara-binieri intervennero fin dalla seconda sera, sistemando molti fari per contrastare l’opera degli sciacalli. Rammento che la cassaforte della locale banca fu trovata con i chiari segni di un tentativo di effrazione. La strada che saliva verso Erto e che passava anche sulla diga era spesso percorsa da noi autisti nei normali tragitti e solo due mesi prima ero passato di là, accompagnando un picchetto per l’inaugurazione del rifugio Cimolais. Il lago a monte della diga era ancora ad un livello basso. A Longarone arrivarono anche elicotteri del comando militare americano SETAF, allora di base a Verona, ma non alcuni enormi mezzi di movimento terra che non riuscirono a passare per il ponte della Vittoria a Belluno, perché troppo stretto. Il ricordo più tragico di quell’esperienza è il gran numero di vittime: i tanti corpi recuperati a pezzi, i sacchi di plastica nera dove venivano raccolti i poveri resti, i cadaveri caricati sui camion, le tante bare allineate in attesa del rico-noscimento delle salme.

Il cofano dell’A.R. ’59 di Giovanni De Cia trasformato in al-tare. (foto De Cia)

LUCIANO ANDREAZZA

L’artigliere alpino Luciano andreazza, pensionato, nato a quero nel luglio del 1942, ha pre-stato servizio militare nella 16ª Batteria del 6° Gruppo artiglieria da montagna. È sposato con la signora Bianca della Bianca, ha due figlie entrambe sposate con prole. questa la breve intervista che ha concesso in occasione del cinquantesimo anniversario della sciagura del Vajont.

Si ricorda di come è venuto a sapere del tragico evento? all’epoca mi trovavo al car di Boves, era circa l’una di

notte del 10 ottobre e il mio reparto era già pronto per andare a cuneo e poi, da lì, a Belluno con la tradotta. rammento che un commilitone da Forlì mi si avvicinò dicendomi che aveva sentito del crollo della diga del Vajont. Giungemmo con il treno direttamente a ponte nelle alpi, dove la croce rossa ci fornì di un pasto e restammo fino a notte sul treno, quindi fummo trasferiti a Belluno.

Cosa si ricorda quando è arrivato a Longarone e quale sen-sazione ha provato?

il giorno 11 di buon mattino a Belluno chiesero quanti bel-lunesi ci fossero nella Batteria, ricordo che eravamo quattro o cinque. quindi a bordo di autocarri ci portarono a ponte delle alpi e di lì a piedi ci avviammo fino alla piana deso-lata dove sorgeva Longarone. era una desolazione totale, conoscevo quei luoghi per avervi lavorato prima del servizio militare, più avanti si andava più un groppo alla gola mi prendeva e malgrado i tanti militari che si muoveveno attor-no c’era un silenzio irreale.

A quale mansione fu comandato ? Nei primi giorni con la squadra in cui ero inserito operava-

mo un po’ dappertutto, poi ci misero a scavare nella zona di pirago e li trovai i primi due cadaveri, quelli di un ragazzo e di una ragazza schiacciati dietro quello che doveva essere il bancone di un bar. sagnalai agli addetti al recupero il ritro-vamento. dopo tre giorni fui mandato al cimitero di Fortogna e a turno facevo l’accompagnatore ai parenti o conoscenti che venivano, anche dall’estero, per il riconoscimento delle salme a mezzo foto e verbali di ritrovamento. era straziante stare in mezzo ai pianti, alle urla e al dolore di chi aveva perso i familiari più cari. un altro angosciante incarico a cui fui destinato era la sistemazione dei cadaveri, che ci giunge-vano subito dopo il ritrovamento, per la prima ispezione da parte dei medici o di coloro che erano addetti a quel triste compito. dopo una settimana la squadra fu spostata lungo il corso del piave e alla ricerca delle salme di quanti risultava-no ancora dispersi. al ritrovamento di un corpo si segnalava il luogo con una palina, altri in seguito sarebbero passati per il recupero.

Quale fatto è stato il più brutto emotivamente che le è capitato?

Silenzio. Alzo lo sguardo dal foglio, vedo Luciano con le lacrime agli occhi, lacrime che ti contagiano, che ti fanno capire un dramma mai cancellato anche dopo cinquant’anni. Poi riprende: “ Le prime due salme che ho trovato, erano quel-le dei ragazzi del bar di pirago, che io conoscevo, visto che prima di andare sotto naja ero passato a volte in quel locale. altro fatto che mi ha colpito profondamente è quando dopo un mese che avevo finito il mio dovere a Longarone, verso la fine di novembre la Batteria fu mandata in rastrellamento sul piave, l’acqua era bassa e in due ci mandarono su una

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secca appena affiorante e qui scorgemmo tre cadaveri, anche quella fu un’esperienza angosciante. devo dire che ancor oggi quando sento parlare del Vajont fatico a prender sonno per un paio di notti.”

Resto qualche attimo in silenzio e poi penso che basti così. Grazie Luciano! Claudio Dal Pos

MARIO MINAZZATO

mario minazzato, alpino del 2° scaglione 1942, ha svolto il servizio di leva dal luglio 1963 all’ottobre 1964. dopo il car a mondovì è stato incorporato nel battaglione cadore di stan-za a tai. questi i suoi ricordi legati alla tragica vicenda del Vajont.

Partito per il servizio militare a luglio del 1963, il 9 ottobre ero ancora a Mondovì, dove stavo terminando il periodo di addestramento al CAR. Ricordo che già al mattino del 10 ottobre partii con tutti gli alpini del mio scaglione con un treno tradotta con destinazione Belluno. Arrivati nel capo-luogo dolomitico salimmo su degli autocarri e ci avviammo verso Agordo, da lì, attraverso il passo Duran giungemmo i in tarda serata alla caserma di Tai di Cadore. Già al mattino del giorno 11 ottobre eravamo operativi sul luogo del disastro, sulla piana desolata dove sorgeva Longarone. Mi offrii volon-tario per una delle squadre adibite al recupero delle salme. Ogni squadra era composta da cinque/sei alpini e ricordo che eravamo dotati di una tuta bianca in tessuto, una mascherina per coprire naso e bocca e un paio di guanti. Nei primi giorni individuammo molti corpi, forse la maggior concentrazione di cadaveri fu trovata tra le rovine dell’albergo centrale, in una specie di taverna dove probabilmente molti avventori si erano riuniti per seguire in televisione la partita di coppa dei campioni di calcio. I corpi, una volta liberati dalle macerie, venivano posti in sacchi di plastica nera che erano poi portati via da altre squadre di militari incaricate del trasporto. Tra i corpi raccolti anche quelli di alcuni bambini. Alle operazioni di soccorso parteciparono anche forze militari statunitensi, con ausilio di elicotteri e di macchine operatrici. Non ram-mento di aver mai avuto contatti con i superstiti o comunque

con civili. Dopo la prima notte trascorsa alla caserma di Tai, facemmo campo base a Castellavazzo, nei pressi della locale birreria. Durante la notte la zona del disastro, dove noi opera-vamo durante il giorno, era controllata dai carabinieri, che si aiutavano con la luce di una grande fotoelettrica per prevenire episodi di sciaccallaggio. Ho svolto la mia opera a Longarone per circa due mesi, sino ai primi giorni di dicembre. Tornai poi in caserma a Tai e nei mesi successivi frequentai un corso per radiofonista a Belluno. A Longarone ho vissuto per quasi due mesi a contatto diretto con la morte e la distruzione e se nei primi giorni l’esperienza appariva sconvolgente nella sua drammaticità, con il passare del tempo ho scoperto da me che l’uomo riesce alla fine ad abituarsi anche a queste dramma-tiche situazioni.

SILVANO COSTA

silvano costa ha prestato il servizio di leva nell’artiglie-ria alpina, nel 6° reggimento Gruppo “agordo” 41ª Batteria di stanza al Feltre.

Sono della classe 1942 e anch’io, come tanti miei coetanei, sono tra coloro che intervenne-ro subito dopo la catastrofe del Vajont. Rammento che verso la mezzanotte del 9 ottobre è suo-nato l’allarme e i militari di tutti i reparti presenti sono stati inquadrati in piazza d’armi. Alle quattro del mattino, saliti sui mezzi, ci siamo avviati verso Belluno e da qui, dopo una breve sosta in caserma, siamo ripartiti per arrestarci a Fortogna. Da qui in avanti abbiamo proceduto a piedi, la strada non esisteva più, non esisteva più nulla, solo un paesaggio drammaticamen-te sfregiato dalla violenza dell’ondata fuoriuscita dal bacino a monte della diga. Personalmente ho prestato la mia opera per circa un mese, rientrando sempre a Feltre alla sera. Con altri commilitoni sono stato dislocato in località Pirago, dove nei primi giorni abbiamo recuperato le salme e fatto servizio per tener lontani i tanti fotografi che si avvicinavano per ripren-dere immagini dei poveri resti. In un secondo tempo ci siamo invece dedicati alla rimozione delle macerie.

Una delle prime sere, in compagnia del mio tenente, mi stavo incamminando verso Fortogna dove erano parcheggiati i nostri automezzi e fummo avvicinati da un alpino in drop, la divisa elegante per la libera uscita. Si trattava di un ragazzo originario di quelle zone, inviato in licenza per raggiungere Longarone. Ci chiese notizie della sua famiglia, dei genito-ri, della casa. Ovviamente non eravamo purtroppo in grado di fornirgli nessuna informazione in merito. Ricordo la sua espressione frastornata, disorientata, di un uomo che non era ancora in grado di concepire la realtà di quella tremenda scia-gura. Non lo ho più visto nei giorni a seguire e oggi a distanza di tanti anni mi farebbe un enorme piacere poterlo rincontrare e riabbracciare.

Un secondo episodio che mi è rimasto impresso nella memoria è quello che ho vissuto pochi giorni dopo, quando, mentre ero intento con altri compagni alla rimozione delle macerie di un’abitazione, mi si avvicinò una signora, vestita di nero, e mi chiese se potevo porgerle una piastrella. Non compresi subito il perché di quella richiesta, ma un attimo dopo mi aggiunse che quei detriti rappresentavano quanto rimaneva di casa sua.

Due fotogrammi di un’esperienza che non dimenticherò mai finché vivrò.

Alpini al lavoro tra le macerie di Longarone. (foto L. Andreazza)

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OSCAR DE PELLEGRINOscar De Pellegrin è nato

a Belluno il 17 maggio 1963. Infanzia e giovinezza normali, quelle tipiche di un ragazzo che vive alla periferia di una picco-la cittadina di montagna. Poi, a ventuno anni, la traumatica svolta. Stava lavorando i campi nell’azienda di famiglia, quan-do il trattore che stava guidando si rovescia e lui finisce sotto le ruote. La vita cambia, radical-mente e per sempre: una lesione midollare gli causa la paraplegia. La degenza ospedaliera, poi la lunga riabilitazione. Improvvisa, la scoperta dello sport. All’inizio senza alcun obiettivo agonistico. Avvicinarsi allo sport significa – prima e soprattutto – cogliere la possibilità di uscire di casa. Perché allora, quasi trent’anni fa, vedere una persona in carrozzina non era la norma ma, piuttosto, una vera e propria eccezione. Grinta, determinazione, volontà ferrea hanno poi prodotto una nuova rivoluzione nella sua vita. Dopo un periodo, nel corso del quale si era cimentato con diverse discipline sportive, la sua attenzione si è concen-trata sul tiro a segno e poi sul tiro con l’arco. La crescita dal punto di vista tecnico e agonistico è stata rapida e costante. Al punto che Oscar ha indossato la maglia azzurra ai Giochi paralimpici di Barcellona e Atlanta, specialità tiro a segno. Doppio bronzo: a Barcellona nella specialità ad aria com-

ALPINI VITTIME DEL VAJONTRicorre quest’anno il 50° anniversario della tragedia del

Vajont, 9 ottobre 1963, che i Comuni colpiti, Longarone, Castellavazzo e Erto Casso, coordinati dalla Fondazione Vajont, intendono commemorare con numerose manifesta-zioni atte a tenere viva la memoria e a onorare le Vittime, i superstiti, i soccorritori e quanti in qualsiasi modo abbiano concorso alla rinascita delle nostre comunità. Tali iniziative sono inoltre rivolte ad una riflessione storica su Longarone e il dopo Vajont e sull’attuazione di interventi per la riqualifica-zione socio-culturale-ambientale del nostro territorio.

Il drammatico evento, una catastrofe annunciata, provocò in pochi minuti il sacrificio di quasi 2000 persone, oltre alla totale cancellazione di un tessuto urbano sociale culturale ed economico in anni in cui il Paese era tutto proiettato nell’o-biettivo della ricostruzione, con sforzi notevoli di energie e di investimenti. Il longaronese era uno dei centri produttivi più vitali dell’intera provincia di Belluno.

In quelle case travolte dalla furia delle acque e polveriz-zate dallo spaventoso spostamento d’aria vivevano anche molti uomini che, per età diverse, avevano prestato servizio militare nelle truppe alpine in tempo di guerra e in tempo di pace, perpetuando così un legame profondo che ha sempre contraddistinto queste popolazioni nei confronti della grande famiglia delle penne nere.

È importante per noi ricordare inoltre che, allertati dalla Prefettura di Belluno alle 23.55, un’ora dopo il disastro, fra i primi soccorritori arrivati sul posto verso l’una della notte del 10 ottobre 1963 furono proprio i militari del IV Corpo d’Armata Alpino, specificatamente della Brigata “Cadore” con reparti del 7° Reggimento Alpini, del 6° Artiglieria da Montagna e del Genio e Trasmissioni Alpine. Anche i Battaglioni “Belluno” e “Pieve”, il Gruppo Artiglieria da Montagna “Lanzo”, il Battaglione “Feltre” e il Gruppo arti-glieria da montagna “Agordo”, vennero subito coinvolti nei soccorsi. Per essersi prodigati con totale abnegazione nelle opere di soccorso, il 22 ottobre 1988, il Comune di Longarone conferì la Cittadinanza onoraria alla Brigata Alpina Cadore.

Per settimane e settimane l’opera pietosa di aiuto vide penne nere ricomporre i corpi straziati di altre penne nere che nell’olocausto di quella indimenticabile notte trovarono la morte nell’innocenza della loro esistenza, lasciando nei superstiti il doloroso ricordo di un padre, di uno sposo, di un fratello, di un figlio. L’orrore della tragedia e i legami che si vennero a creare tra i soccorritori e i superstiti sono ancora intensamente presenti negli occhi, nella mente e nel cuore di chi quei fatti visse direttamente. La riconoscenza nei loro confronti è diventata un’eredità da trasmettere alle nuove generazioni.

A cinquant’anni di distanza il Comune di Longarone ritiene di poter segnalare alla Giuria del Premio “La Penna Alpina per la nostra Montagna”, istituita dalla Sezione A.N.A. di

Quarta edizione del premio“La Penna Alpina per la nostra montagna”

il premio “La penna alpina per la nostra montagna”, giunto quest’anno alla quarta edizione, è stato assegnato alla memo-ria degli alpini morti nella sciagura del Vajont, ricordando con loro anche tutte le altre vittime di quel tremendo 9 ottobre 1963; a oscar de pellegrin, pluri campione paralimpico e a Luana Gorza, una giovane e coraggiosa donna, moglie e madre colpita dalla sla. riportiamo qui di seguito un breve profilo dei premiati. per quanto riguarda gli alpini scomparsi nella tragica sciagura del 9 ottobre 1963, riportiamo la lettera con la quale il sindaco di Longarone roberto padrin li ha voluti proporre al riconoscimento.

Feltre, l’opportunità di assegnarlo alla memoria di tutte le Penne Nere che perirono nel disastro del Vajont.

Ciò sarebbe un ulteriore e significativo tributo della memo-ria che, nello spirito di solidarietà che contraddistingue da sempre vita e operato dell’Associazione Nazionale Alpini, rinsalderebbe i vincoli ideali tra le generazioni posti alla base dei valori fondamentali della grande Famiglia Alpina.

Longarone visto dalla diga del Vajont. (Foto D. Boldo)

8 Alpini… Sempre!

17° CONVEGNO ITINERANTE DELLA STAMPA ALPINA

pressa, ad Atlanta nella calibro 22. Quest’ultimo risultato ha rappresentato un punto d’arrivo e – assieme – uno stimolo a cambiare. Affascinato da una disciplina sportiva che non prevedeva distinzioni tra atleti disabili e normodotati, Oscar è passato al tiro con l’arco. Altre quattro partecipazioni para-limpiche e altrettante medaglie. Un oro a squadre e un bronzo individuale a Sydney, un bronzo a squadre a Pechino e l’oro di Londra 2012. In questi quattro lustri – da Barcellona a Londra – Oscar ha anche arricchito la sua bacheca di due medaglie mondiali (un argento e un bronzo), un titolo euro-peo, cinquantotto titoli italiani, undici record nazionali e due primati mondiali.

Ma accanto a quello agonistico, non si può non citare l’al-tro grande ambito dell’impegno di Oscar: il sociale. Vissuto come la naturale appendice di una quotidianità considerata “normale”. Quella iniziata ventisei anni fa assieme a Edda; quella che li ha condotti – correva il 1999 – ad adottare Marcel, bimbo romeno, oramai diventato il riferimento della loro vita. Ma anche quella che ha indotto Oscar a farsi promo-tore di un’iniziativa che sembrava al limite del sogno: dotare la sua Frazione – Sopracroda – di una sede per le diverse realtà del volontariato. Bene : quel sogno sta diventando una concreta e tangibile certezza. A fianco della chiesa, infatti, fa bella mostra di sé il parco giochi e la costruzione dello stabile è ormai prossima.

Convinto sostenitore della necessità che ciascuno debba poter fornire il proprio contributo per arricchire la comu-nità, Oscar ha lavorato per far nuovamente brillare i valo-ri che avevano connotato la decennale attività dell’ASI (Associazione Sportiva Invalidi). Aggiungendo, all’ambito più propriamente sportivo che era la cifra dell’Associazione, anche una valenza “sociale”. Nasce così, appena qualche anno fa, l’ASSI (Associazione Sociale Sportiva Invalidi) che già nel nome tradisce la diretta derivazione dalla creatura di Renzo Colle. Accreditata presso l’Ulss di Belluno per la rea-lizzazione di progetti inseriti nel Piano di Zona, l’ASSI opera su un vasto ventaglio di opzioni: dalla possibilità offerta agli associati (in costante aumento) di trovarsi all’attività moto-ria; dalle iniziative culturali ai test sportivi. In tema di vita associativa, poi, come non fare menzione della sua apparte-nenza all’ANA. Il suo andare fierissimo di poter presentarsi in pubblico col cappello alpino ogni volta che se ne presenta

l’opportunità. In questo senso, resta indelebile nel ricordo delle migliaia di persone che affollavano Piazza dei Martiri a Belluno, in occasione della tappa nella nostra città della fiamma olimpica, il suo salire sul palco e il gesto col quale ha alimentato il tripode.

Pensionato, Oscar è ora impegnato su più fronti come dirigente. Consigliere nazionale e membro del Consiglio di Presidenza della Fitarco (Federazione italiana di tiro con l’arco). Membro del Comitato esecutivo del Coni. A lui, le strutture federali chiedono di programmare i nuovi strumen-ti con i quali preparare nel migliore dei modi il prossimo appuntamento con i Giochi, quello di Rio 2016.

Per l’oro di Sydney, è stato insignito del titolo di Commendatore della Repubblica Italiana. Ora, dopo il suc-cesso di Londra, è in corso di preparazione la nomina a Grand’Ufficiale della Repubblica. Per parte sua, il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) gli ha conferito la massima onorificenza sportiva, il “Collare d’oro”.

LUANA GORZALuana Gorza nasce 51 anni fa, nel febbraio del 1962, alle

pendici del “Parco delle Dolomiti Bellunesi”. Già da piccola impara ad amare la natura che diventa da subito suo habitat ideale. Trascorre i primi cinque lustri della propria vita fra impegni scolastici, lavorativi, sportivi e di giusto diletto. Amante della neve passa l’inverno a lottare contro il crono-metro fra i paletti dello slalom, gareggiando per lo sci Club Feltre con ottimi risultati agonistici. Il resto delle stagioni le trascorre ad osservare paesaggi mozzafiato in cima alle vette che la circondano. Si appassiona anche di arte, pittura, lettura e fotografia e lavora presso l’azienda del padre come conta-bile. Passa quindi al suo primo impiego, nella tipografia DBS di De Boni Silvio come grafica, poi per altri dieci anni lavora in Clivet all’ufficio marketing, grossa azienda feltrina nel campo degli impianti di refrigerazione. Nel frattempo nasco-no i suoi più grandi tesori, due cuccioli di uomo, maschio e femmina, che riescono a riempirle gran parte del tempo. Si dedica inoltre, coinvolta dall’ambiente che la circonda, alla corsa. Anche se partecipa ad alcune maratone preferisce la corsa senza tempo e senza vincoli. Correre lungo i sentieri le dà un senso di libertà che difficilmente trova in altri contesti. Dopo la Clivet arriva a lavorare come reggente della sede Siae di Feltre per ancora alcuni anni.

Nel 2003, presa da un vivere quotidiano impegnativo e poco rilassante, comincia a manifestare i primi sintomi di un cambiamento che inciderà profondamente nel suo vissuto. Nel 2005 le viene diagnosticata una malattia irreversibile e devastante, la SLA. Non si scoraggia, ritiene che questa sia una nuova opportunità. Lascia ogni attività sportiva e lavora-tiva e si dedica con maggior intensità prima alla pittura e poi alla poesia. Da un anno, costretta alla sedia a rotelle, non si arrende, e continua con i mezzi che ha a disposizione e con la buona volontà, a scrivere e a leggere. Trasforma il proprio dolore e l’amore per la vita in versi e non si sente, assoluta-mente, sconfitta o incompleta. Anzi, ritiene che questo nuovo

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Alpini… Sempre! 9

modo di vivere sia assolutamente più intenso e significativo. Non lascia tempo alle cose inutili, ama le conversazioni intelligenti, cerca di trasmettere la propria sensibilità ai tanti amici che la circondano e l’aiutano. Ama peraltro i momenti di solitudine e consapevole del tempo che passa preferisce vivere il presente, cogliendo le sfumature più profonde di un vissuto che è già stato tutto un regalo.

Nel 2009 ha iniziato la stesura del libro “Storia del tempo inutile”, scritto in parte con solo la mano sinistra e finito con la dettatura ad un software vocale.

Nel 2009 ha anche pubblicato un libro di poesie “Rosa d’Autunno”.

Sue poesie sono state inserite nelle raccolte “Luoghi di parole” edito da Aletti Editore e “Specchi”.

Nel 2012 pubblica e presenta il suo romanzo “Storia del tempo inutile” nella Sala degli Stemmi di Feltre la sua città che ama da sempre profondamente. In un anno oltre 2000 copie vendute e ad oggi è alla sua terza ristampa, con oltre 12 serate di presentazione nei vari Comuni della Provincia e in alcuni del trevigiano per far conoscere il suo sentito e i suoi pensieri.

Per quanto riguarda il riconoscimento intitolato al generale Giangi Bonzo e riservato al personale in servizio del Settimo Reggimento Alpini, que- st’anno la targa è stata assegnata al capitano Car- melo Pizzino con la se- guente motivazione:

chiaro esempio di altissima professionalità, si è prodigato senza risparmio di tempo e di energie ad innalzare il presti-gio delle Forze armate italiane.

ufficiale dalle indiscusse doti militari e di leadership, responsabile dei distretti di polizia cittadini di Herat, il cap. carmelo peZZino ha saputo operare con estrema competenza a favore del personale dipendente e dell’intero contingente, mantenendo un elevatissimo standard di effi-cienza del reparto alle proprie dipendenze e mostrandosi particolarmente scrupoloso ed attento all’esecuzione degli ordini ricevuti.

in un’area difficile, quale quella del centro città, ha sapu-to, con lucida capacità di comando, dirigere e motivare il personale sostenendolo anche nei momenti di difficoltà. Ha mantenuto, con rara perizia, relazioni costanti con i partners afghani per dimostrare anche alla popolazione locale la sinergia necessaria al consolidamento del processo di transi-zione. quale rappresentante militare alle shura locali, talvolta rappresentate dalle classi elitarie cittadine, si è imposto per doti di equilibrio, ricoprendo durante la discussione anche l’importante ruolo di moderatore. interessato alla risoluzione dei problemi che affliggono la locale popolazione, è riuscito a bilanciare la necessità di sicurezza con l’esigenza di fornire una immagine di militare aperto concreto e disponibile.

raro esempio di spirito di servizio e di dedizione, è stato coadiutore fedele ed esemplare del proprio comandante.

Herat, afghanistan marzo – settembre 2013

IL COMANDANTE DI REGGIMENTOCol. f. (alp.) t.ISSMI Stefano MEGA

AGLI ALPINI DEL VAJONTnel 50° anniversario dell’immane disastro del Vajont e

nel ricordo di tutti gli alpini deceduti in quel tragico even-to, accomunando al loro rispettoso ricordo la riconoscenza verso chi si rese protagonista dell’ ammirevole opera di soccorso, affinché si riaffermino i migliori valori alpini della solidarietà, della pietà e della memoria, si ribadisca la ferma condanna del profitto a scapito di innocenti vite umane e si proclami ancora il sacro primato della centralità dell’uomo sopra ogni altra cosa del creato.

Feltre, 14 settembre 2013

A OSCAR DE PELLEGRINper la brillante e meritoria attività di instancabile ed

entusiasta uomo di sport, protagonista in tante iniziative per la diffusione della pratica sportiva, nonché vincitore di innumerevoli titoli a livello nazionale e internazionale, plurimedagliato nel tiro con l’arco e nel tiro a segno in sei paralimpiadi, splendido alfiere della nazionale italiana all’edizione di Londra 2012, valido esempio per le giovani generazioni di coraggio, forza di volontà e determinazione, portatore dei migliori valori dello sport e della convivenza civile, testimonial della sua terra natale sulla ribalta nazio-nale e mondiale, alpino orgoglioso del suo cappello e della sua penna che ha sempre onorato con spirito tenace e com-battivo.

Feltre, 14 settembre 2013

A LUANA GORZAper la straordinaria forza d’animo che dimostra, splendido

esempio di donna forte e generosa, dotata di infinita capa-cità a non volersi arrendere alle ostilità della vita, persona tenace e madre coraggiosa, ha saputo cogliere anche nella sofferenza il senso profondo del proprio vivere trovando nelle diverse forme dell’arte espressiva un mezzo per comunicare il proprio dolore e l’amore nei confronti di un’esistenza che va comunque vissuta in maniera intensa e significativa, sti-molo per molti a non lasciarsi sconfiggere dalle avversità che spesso sembrano rendere inutile il loro tempo.

Feltre, 14 settembre 2013

MOTIVAZIONI DEL PREMIO TARGA GEN. GIANGI BONZO

Luana Gorza in compagnia del marito Johnny Schievenin.

10 alpini… Sempre!

Raduno Triveneto di Schio

L’articolo di Giangaspare Basile, sulla rivista mensile L’alpino di Agosto dello scorso anno, riguardante il Raduno Triveneto di Feltre, terminava così, “L’anno prossimo ci tro-veremo a Schio”.

Sarà diverso, sarà ancora bello.Eccoci allora a domenica 16 giugno 2013, sul far dell’al-

ba, nel piazzale dove qualche decennio fa veniva esercitato un fiorente mercato, diverse figure con la maglietta verde, girovagavano sonnacchiose. All’arrivo del pullman il gruppo aumenta, si carica del materiale utile per l’adunata; due sca-toloni destano motivo di curiosità.

Si salpa dal Foro Boario, forti della presenza del Presidente, due suoi Vice e dell’instancabile Ferracin, vi sono alcune quote rosa e ciò non guasta. Rotta verso la terra “Berica”, previsti alcuni attracchi, nelle zone bagnate dal Cismon che guardano la Valsugana, dove salgono a bordo altri volontari. A rappresentare questi il sempreverde Marcellino d’Arten.

È Mario Faoro, corista rubato al Coro ANA, che con la sua inseparabile armonica a bocca, ci allieta fin oltre Bassano e la cinta muraria della Città degli Scacchi.

“SCHIO SALUTA GLI ALPINI”, ricorda che lo sbarco è imminente, vengono dati alcuni utili consigli da osservare a sfilata conclusa. Lasciato il pullman e conquistato il Parco Summano, il cuore verde di Schio, a prendere in mano la situazione è Loris Broccon, forte di navigata esperienza nei boy scaut e soprattutto di dettagliata cartina della città, prima indirizza donne e qualche “vecio alpin” verso il centro, poi condotto noi in zona ammassamento, senza subire perdite causa i vari bar, che lungo il percorso eran pronti a farti “prigioniero”. Un po’ alla garibaldina, si arriva al Quartiere SS. Trinità, ove a sorpresa una fornita frasca, allestita dal “Gruppo Artiglieria da Montagna Agordo”, ci rifocilla. Si sa che le adunate sono come una macchina capace di farti viag-giare a ritroso nel tempo, non è un caso incontrare compagni di naja, Gianfranco ex alpino parà vicentino di Santorso, in compagnia di un amico, saputo del mio arrivo era li ad aspet-tarmi. In poco tempo il ritrovo è un via vai di persone, a dar

vivacità e colore sono le fasce tricolori dei Sindaci presenti o dei loro Vice. Paolo sei il migliore, se eri alpino ti meritavi un sette più.

L’arrivo della Fanfara diretta da Ermanno, maestro di banda alpagoto, fa sì che la preoccupazione di Claudio Dal Pos, responsabile del nostro schieramento scenda di tono. Tensione più che giustificata la si nota nel volto dell’incari-cato a sorreggere il cartello “FELTRE” che fa da battistrada. Il suo è un esordio, è un ex tenente del 7° Alpini Feltre. Fonti storiche riportano che attorno agli anni settanta sia riuscito a perdersi con la sua Compagnia, in una esercitazione sulla dorsale nord del M. Tomatico, giustificata con il fatto che pio-veva e c’era la nebbia. Gli si dà fiducia, c’è il sole e l’aria è fresca. Si parte sulle note del “Trentatre”, regale è lo striscio-ne con il motto: “La nostra politica è per l’Italia migliore”, il Presidente Balestra, i suoi Vice, Consiglieri ed Autorità.

I gagliardetti svettano alti sorretti dai Capigruppo e noi il blocco delle magliette verdi, un cielo azzurro sembra ci accompagni nella cavalcata, siamo circondati da un anfitea-tro collinare e prealpino di forte suggestione. Una rotatoria, “forse” piazzata appositamente, a tutta l’aria di voler metterci in difficoltà e voler rompere il quasi tutti perfetti al passo dato dalla fanfara che si intravede più avanti. Due ali di gente die-tro le transenne a salutare e applaudire, pronta ad accoglierci

festante al nostro passaggio ti da la giusta emozione ad amare la nostra Patria.

Emozione tenuta viva fin sotto le tribune sovrastate dalla regale sagoma del Duomo di San Pietro, si passa davanti al Labaro e alla Bandiera, la mia, la tua, la nostra, quella che ha fatto di noi un Popolo.

Con il sorriso stampato sulle labbra, si salutano Autorità militari e non, scultorea a vedersi la figura del nostro nuovo Presidente Nazionale (Auguri da queste righe Alpino Sebastiano, Veneto Doc.).

Via Battaglione “Val Leogra”, è troppo corta per ringraziare

di Dorino Lusa

Da 20 anni Banca della comunità

11alpini… Sempre!

Via Liberazione - 32032 FELTRE - BL - Tel. 0439 80449

gli abitanti di questa laboriosa cittadina, che a parer mio sono scesi tutti in strada a godersi questo meraviglioso, emozio-nante spettacolo, che solo un’adunata ti può dare. L’orologio posto sopra la bianca facciata della stazione, aumenta circon-ferenza ad ogni nostro passo. Un apprezzamento più marcato di tanti altri portato da una “biondina capricciosa garibaldi-na”, fa girar la testa, perdendo momentaneamente il passo, subito rientrato alla vista del presidente Carlo, intento a portare il saluto di ringraziamento che chiude questo Raduno Triveneto di Schio.

RADUNO TRIVENETO DI SCHIO (2° parte)Ora ad attenderci c’è il Ristorante “L’Oasi Rossi” e

“L’evento del secolo”.Sci scende, il locale risponde in maniera adeguata alle

nostre esigenze, un ambiente naturale e all’aria aperta. L’accoglienza è completa, graziose cameriere, non male nep-pure la titolare, antipasto semplice, ottimi i primi, manca lo “sgropin”, ma compaiono nell’ampio salone gli scatoloni che in mattinata alla partenza hanno destato motivo di curiosità. Viene messo alla luce, il loro prezioso contenuto, fatto di strumenti ed abbigliamento musicale tassativamente artigia-nale e colorato…

Paolo, improvvisato speaker, prepara, con savoir-faire e suspence l’ambiente, resosi muto e richiama all’attenzione in modo pugilistico i presenti. “Sonooo con noiii” … ed invita uno ad uno i musicisti a salire sull’improvvisato palco. Si inizia, è un’apoteosi, un rock’n roll carico di energia esplode, un omaggio straordinario, la gente canta a memoria le loro canzoni. La Band, è composta da un misto di varie esperienze come si conviene a dei veri rocker: alla chitarra solista “restel” Carlos Santana, al basso elettrico “restel” Franch Mungo Zappa, alle arpe birmane i Bee Gees, al secolo Boschet G’Joany e Broccardo G’Jenfry; si va avanti con le sorprese. Una nuvola di passaggio oscura momentaneamente il sole, sopra “L’Oasi Rossi”, è allora che il palco si accende

e lo show entra nel vivo. Ospite d’eccezione www.lilimarle-ne ferracin.com, che presenta il suo secondo singolo di inni nazionali, dal titolo “Sotto il segno dell’ANA”, la musica si ascolta, non si paga. Al canto degli italiani, la gente si alza in piedi e con il palmo della mano al cuore, canta…

Si vedono i bambini arrivati dal vicino parco, con il sorriso ed il cuore pieno di gioia, seguono foto e autografi. Ritorna il sole, la porchetta con i contorni sta per essere servita ai tavoli, in molti si chiedono se ci sarà un Tour oppure un CD, è il Presidente stesso a dare la risposta. A fine estate è in pro-gramma un altro giretto in terra emiliana, le canzoni saranno girate in un ambiente accademico.

Le cose belle purtroppo finiscono sempre troppo presto, una visita sprint tra i vialetti ed il laghetto, offrono uno sce-nario pittoresco del parco e suscitano il desiderio di tornare.

Si parte, una bandiera tricolore appesa al poggiolo di una casa ci riempie di nostalgia, è Giuliano Cardin, del gruppo di Pez, a tenere alto lo spirito, con le sue barzellette. Auguri a Luciano De Min, (compie oggi gli anni) e un doveroso rin-graziamento alla famiglia Broccardo per l’aiuto e l’ospitalità scledense. È stato bello, è stato diverso, ma… il Triveneto di Feltre…

GLI OTTANT’ANNIDI WILLIAM FACCINI

William Faccini il prossimo 22 ottobre raggiunge il traguardo degli ottant’anni. Credo di poter fare a nome della Redazione e di tutti i lettori i più calo-rosi e sinceri auguri al fondatore e primo diret-tore del nostro periodi-co “Alpini…Sempre!”. Dal suo zaino ho preso le competenze che mi consentono oggi di diri-gere quella che è stata e tuttora rimane la sua “creatura”, dalle cui pagine oggi parte l’abbraccio affettuoso e riconoscente degli Alpini feltrini. Ancora tanti di questi giorni William! Con amicizia.

Roberto Casagrande

12 Alpini… Sempre!

l’angolo della Storia

Maria è inquieta: è ormai giorno fatto e nevica. Nevica e soffia il vento, un vento freddo e tagliente. Nelle case di Valmareno la gente se ne sta tranquilla, ma lei questo non lo vuol fare: vorrebbe partire, invece, risalire verso il Praderadego e tornare a Carve, in Val Belluna, da dove è giunta la sera prima con la sorella.

Tutti nell’ospitale casa dei ‘Róndoi’, dove per antica consuetudine familiare ha passa-to la notte, glielo sconsigliano: la strada è lunga e difficile, il tempo è pessimo e poi ci potrebbero essere anche altri problemi, con i partigiani o con i Tedeschi. Non è tempo tranquillo, quello di Maria: c’è la guerra, con le ristrettezze e le paure che essa porta con sé; nella guerra c’è un’altra guer-ra, più crudele e feroce: la guerra civile, che nelle convalli bellunesi e nel Pedemonte trevigiano ha già mostrato il suo volto peggiore. È la guerra che ha costretto Maria, che non ha nemmeno sedici anni, e sua sorella Giuseppina, che ne ha appena compiuti quattordici, ad incaricarsi di risalire la mon-tagna da Carve al Passo di Praderadego per poi discendere a Valmareno a barattare un po’ di burro e qualche uovo con un po’ di farina e della pasta di cui a casa c’è molto bisogno, perché la famiglia è povera.

Lo scambio è andato a buon fine - le hanno dato abbastanza pasta e farina da riempire un sacco - ed ora Maria vorrebbe

‘Ciapéme!’ - Storia di Maria“Gli eroi si accettano o si rifiutano, non si spiegano; e per conto nostro ci ostineremo sempre a non rifiutarli”

Eugenio Montale

tornare. La neve non ci voleva! Nessuno ora se la sente di uscire per andare con loro su per il Praderadego.

Maria però non si dà per vinta: è una ragazza allegra e spen-sierata, ma sa essere anche volitiva; alla sua età è già andata a servizio a Mel, si è rovinata le mani a lucidare pavimenti, ha accudito i bambini altrui. Insiste, prega. Alla fine si fa avanti un uomo, un reduce, e accetta di accompagnarle su per la Val di Banche fino al Passo.

Così partono, in fila indiana: l’uomo, Maria, Giuseppina e un’altra ragazza di Carve, loro coetanea. Escono dal paese ed iniziano a risalire il sentiero innevato che costeggia la forra e che si innalza sempre più. La marcia è difficile, più si sale e più la neve cresce, ricopre il sentiero; il sacco è pesante e fa freddo.

Il mezzogiorno di quel 26 gennaio 1945 è ormai passato.La salita è sempre più faticosa e si arranca con la neve alta

un metro, ma la meta si sta avvicinando. Maria è contenta in cuor suo: alla fine ce l’ha fatta a partire. Già assapora con la mente la scena dell’arrivo a casa, a Carve, la gioia dei suoi per la farina e la pasta che portano con sé.

Manca poco. Il bosco è vicino e la parte più esposta del sentiero è ormai al termine. Ancora una ventina di metri, poi si potrà camminare con maggiore tranquillità, senza più il pericolo di scivolare nel burrone.

L’uomo precede le tre ragazze, aprendo faticosamente la via nella neve. Arriva all’ultima svolta del sentiero, quella più esposta. Esita un momento per decidere i passi giusti: c’è neve dappertutto. Passa.

Valmareno

Frammento della cartina n. 12 Prealpi Trevigiane Ovest dell’Editore Danilo Zanetti (Montebelluna).

Alpini… Sempre! 13

È la volta di Maria, che lo segue. Avanza di un passo, poi di un altro, poi una forza improvvisa e irresistibile la rapisce e la trascina nell’abisso. ‘Ciapéme!’ - urla terrorizzata tendendo le braccia - ‘Prendetemi!’.

Un momento dopo è già precipitata nel canalone, travolta da una slavina.

Il corpo della sventurata Maria va a cadere su una cengia molti metri più sotto. Non c’è più nulla da fare.

La sorella e l’amica sono impietrite dall’atrocità dell’acca-duto, dal dolore, dallo sgomento. L’uomo tace, disanimato: sa che a provocare la slavina fatale è stato probabilmente lui stesso, tagliando la neve per primo in quel punto difficile. Non l’ha certo fatto apposta, ma ci poteva pensare… Adesso è tardi, troppo tardi.

Giuseppina si fa coraggio: prosegue oltre il punto dove è precipitata Maria e corre giù a Carve ad avvertire i genitori, il vecchio Giuseppe Tamburlin e la Genoveffa Deola.

Appresa la notizia, disperato, l’anziano cerca in paese qualcuno che gli presti un mulo, per correre subito a vede-re la figlia: nessuno glielo dà. È ormai sera, inoltre: come andare su al Praderadego con quel tempo e con quello spiri-to; bisogna attendere, per quanto lancinante possa essere la sofferenza.

L’indomani cerca il nipote Angelo Tamburlin, anch’egli rientrato fortunosamente dal fronte, e con lui si incammina sconsolato, a piedi (perché cavalcatura non ne gliene danno). Con una lunga marcia per il Passo di S. Boldo i due scendono a Valmareno, dove giungono sul far della sera.

Tutti in paese hanno ormai saputo di quanto è successo e hanno anche organizzato una squadra di soccorso, che si è portata su per la Val di Banche fin sotto la Croda Rossa, dove è il canalone in cui è stata trascinata Maria. Hanno constatato che il corpo è in una posizione difficilissima e che, per il momento, non si può far nulla.

Passeranno alcuni giorni prima che un giovane coraggioso boscaiolo, ‘Jìjo Róndol’, riesca a raggiungere la salma calan-

dosi dall’alto sulla cengia e, servendosi delle corde tolte alle campane della chiesa di Valmareno, la faccia poi discendere nel sottostante canalone, dove una squadra di Valmarenesi la recupera e la trasporta al paese.

A Valmareno le donne si occupano del corpo di Maria, lo lavano, lo rivestono, lo compongono. Poi il feretro è portato al cimitero.

A questo punto il vecchio Giuseppe vorrebbe traslare la salma della figlia al cimitero di Carve, ma il parroco di Valmareno si oppone, dicendo che siccome Maria era morta a Valmareno lì sarebbe dovuta rimanere; il parroco dice anche che avrebbe impedito a chiunque di varcare la soglia del cam-posanto per portar via la defunta.

I Valmarenesi allora compiono qualcosa di inaudito: pren-dono la bara, la issano sul muro del cimitero e la calano al di fuori. Poi una squadra di trenta uomini, trenta Valmarenesi, si incammina verso il Praderadego portando a spalla il feretro. Gli uomini salgono, alternandosi nella mesta e rude fatica, passano oltre il luogo della disgrazia (il luogo esatto è oggi contrassegnato da un ricordo marmoreo, apposto dalla sorella Giuseppina e dal fratello Rino), arrivano alla sella e scendono per Valmaor a Carve, dove si svolgono le esequie. La solida-rietà dei Valmarenesi non si ferma qui: hanno pagato la bara di Maria di tasca propria, provvedono anche alle spese per il funerale.

Il vecchio Giuseppe è travolto dall’emozione, non sa cosa dire, come ringraziare quella gente, che vive così lontana oltre la montagna, ma che gli si dimostra così vicina nel dolo-re; prende un secchio, va alla botte, spilla quel po’ di vino che ha e lo offre da bere ai Valmarenesi… È il 31 gennaio 1945.

Questa è la storia triste di Maria, che mi è stata confidata da suo fratello Rino Tamburlin sul luogo dove la sventurata fu travolta dalla neve.

Una storia terribile, di sofferenza e di morte, di compassio-ne e di solidarietà nel tempo della guerra.

Italo Riera

Giuseppina

Maria

Rino

La fotografia a sinistra, scattata dal versante meridionale del Col de Moi, offre una panoramica dei luoghi in cui si svolse la storia che raccontiamo. Il circoletto bianco mostra approssimativamente il punto da dove si staccò la slavina che travolse Maria Tamburlin il 26 gennaio 1945, con il sottostante canalone che poi termina bruscamente sulle rocce strapiombanti del versante destro

della Val di Banche. Il paesaggio è oggi molto più vegetato che nel 1945. Nella fotografia a destra, dell’autunno-inverno 1943 ca., si vedono riuniti i tre figli di Giuseppe Tamburlin: Maria (1929), Giuseppina (1931) e Rino (1934).

[1/g.c. Simone Sieni; 2/g.c. Rino Tamburlin]

14 Alpini… Sempre!

Quando dicono “Ortigara” gli alpini sanno che non pro-nunciano solo il nome di un monte e che il suo significato trascende la toponomastica e l’escursionismo. Perché se da un lato è vero che sulle mappe questo nome c’è ed è anche affiancato da un numero, la sua quota, è anche vero che nel cuore di chi ne conosce le vicende assume delle sfumature di sofferenza e sacrificio. Ad affiancarlo anche questa volta c’è un numero, quello però terribile delle vittime che si sono immolate sui suoi crinali e le sue rocce durante la grande guerra per conquistarne il possesso.

Con questo monte gli alpini hanno un legame particolare fatto di Caduti ed eroismo ma anche di memoria. Proprio in questo luogo infatti nel 1920 la nostra Associazione (costitui-tasi a Milano l’anno preceden-te) si radunava per volontà di un gruppo di reduci che vole-vano mantener vivo il ricordo delle esperienze vissute e dei valori condivisi, stringendosi attorno ad un monumento che fosse simbolo al tempo stesso di gloria e di tragedia: una colonna mozza. E su quella colonna incidevano una frase. Di quelle brevi ma chiare che gli alpini sanno ideare per non perdersi nella retorica: “Per non dimenticare”.

Proprio “per non dimenti-care” quei luoghi, quei morti e quelle persone, ogni seconda domenica di luglio l’Associazione Nazionale Alpini organiz-za un Pellegrinaggio che vede la partecipazione di una folla numerosa e variegata composta da alpini, civili, rappresentati di Associazioni d’Arma, rappresentanti delle Istituzioni e anche degli eserciti che un tempo su quei luoghi ci furono avversari e che oggi, in un’epoca di pace ed unità europea, sono graditi ospiti in virtù di quell’Onore che va sempre reso a tutti i Caduti che seppure sotto diverse bandiere, hanno saputo assolvere il loro dovere sacrificando il bene più pre-zioso: la vita.

Lo scorso 14 luglio anche gli alpini feltrini hanno voluto prendere parte al Pellegrinaggio della memoria sull’Ortigara con la presenza del Vessillo sezionale e la partecipazione del Gruppo di Alano di Piave guidato dall’instancabile Capogruppo Valentino Rech e di alcuni alpini del Gruppo “Monte Cauriol” di Feltre.

Calibrato l’orario di partenza per giungere in tempo alla cerimonia, l’itinerario si è sviluppato in direzione di Enego e Gallio per giungere infine al Piazzale Lozze. Sin da subito sono apparse significative le adesioni al Pellegrinaggio osser-vando la diffusissima presenza di organizzati attendamenti e veicoli in sosta.

Parcheggiate le auto, il gruppo di alpini feltrini si è subi-to diretto verso la colonna mozza passando ai piedi della Madonna del Lozze che, posizionata su un’alta colonna, guarda in direzione del monte, al contempo Calvario dei pro-pri figli e monito alle generazioni future.

Attraversati i mughi e saliti i sassosi crinali, il panorama ha subito svelato la propria scarna, piatta e drammatica bellezza fatta di pietre e ferite di guerra. Sulla cima la colon-na. Attorno un vuoto fatto di consapevolezza e rispetto per il luogo.

Il pensiero corre veloce alle narrazioni fatte da Emilio Lussu e Paolo Monelli nei loro celebri libri dove il monte viene descritto come un cal-vario cosparso di cadaveri insepolti. Un monte nero per i mughi bruciati e giallo per l’effetto dei gas stagnanti. In mezzo a tutto questo, aggrap-pati alle pietre ed alla vita i

fanti, gli alpini ed i bersaglieri che vi combattevano. [emilio Lussu “un anno sull’altipiano” – paolo monelli”Le scarpe al sole”].

Indossate le nostre magliette verdi e scattate le foto di rito, ha avuto quindi inizio la celebrazione della S. Messa alla presenza del Labaro Nazionale, di Vessilli, Gagliardetti e di una rappresentanza in armi del 7° Reggimento Alpini. Il celebrante, Cappellano della Sezione di Verona, ha ricordato i Caduti e richiamato i presenti al dovere di impegnarsi nella realtà civile per arginare col proprio impegno il degrado morale dilagante nel Paese. A seguire la doppia resa degli Onori ai Caduti Italiani (cima Ortigara) e Austro-ungarici (Cippo Austriaco).

Ridiscesi alla Chiesetta del Lozze attraverso suggestivi camminamenti bellici, è seguita poi la cerimonia ufficiale dove hanno preso la parola il generale di brigata Macor ed il neo presidente nazionale ANA Sebastiano Favero che hanno

IN PELLEGRINAGGIO SULL’ORTIGARAdi Nicola Mione

Alpini… Sempre! 15

ricordato ai presenti il valore dell’iniziativa, l’importanza della memoria e di quei Valori fondanti del nostro essere alpini e al tempo stesso buoni cittadini.

Il bilancio della giornata è stato certamente positivo alla luce del significato del Pellegrinaggio, dei luoghi visitati e delle persone incontrate con le quali era facile sentire di essere sulla stessa lunghezza d’onda anche grazie a quello spirito alpino che ci contraddistingue. Chi vi ha partecipato, respirando quell’aria profumata di montagna, quell’atmosfe-ra densa di significati e riconoscendo su quelle salde rocce le fondamenta dei nostri valori associativi, ha sicuramente potuto raccogliere un seme di speranza da riportare con sé in contrapposizione ad un periodo storico troppo spesso pervaso di “economia ed individualismi” che rendono i cuori aridi e

gli uomini non più fratelli ma estranei.La riflessione finale che voglio fare e che in parte forse

esula dalla cronaca della giornata, è dedicata agli incontri imprevisti che sanno dare un gusto del tutto speciale a simili giornate. Capita infatti, ed è quasi strano abituati come siamo ai nostri quotidiani egoismi, di scambiare una semplice bat-tuta sulla via del ritorno con qualche alpino incontrato sui sentieri battuti e rotto il ghiaccio ritrovarsi attorno ad un improvvisato banchetto dove ognuno pone qualche genere di conforto portato al seguito su una pietra allestita a mensa comune. È questa io credo una vera forma di condivisione, un sentirsi vicini seppure sconosciuti, amici seppure estranei. È anche questo in fondo un modo semplice ma genuino di sentirsi …alpini!

Sono oramai passa-ti cent’anni dal lontano 1913 quando gli alpini del “Feltre” si distinguevano sul campo nella battaglia di Assaba in terra di Libia. Era la cosiddetta guerra Italo-Turca e gli alpini che vi partecipavano avevano sperimentato dapprima due anni di guerra combattuta (1911-1912) per poi passa-

re ad un impiego di controllo del territorio ed anti-guerriglia (1913-1915). In questo contesto il Battaglione “Feltre” nelle alture del Garian, tra le rovine romane, combatteva e si distin-gueva per ardimento tanto da meritare la Medaglia d’Argento al Valore Militare (la prima medaglia del Battaglione).

Per celebrare questa importante ricorrenza e ricordare i feltrini caduti, la Sezione ANA di Feltre organizzerà col concorso del Museo Storico del 7° Reggimento Alpini ed il Comune di Feltre, una conferenza dedicata a quei fatti d’arme il prossimo 9 novembre.

Per ragioni legate alla partecipazione delle scolaresche come utile momento di formazione, l’incontro avverrà presso l’aula magna dell’Istituto “Colotti” di Feltre in orario mat-tutino (dalle 9 alle 11). A seguire si terrà lo scoprimento di

una targa commemorativa nella via Assaba che attualmente è sprovvista di indicazioni stradali (si tratta del vicolo a lato della caserma Zannettelli). Comprendendo la difficoltà per molti nel partecipare all’incontro, sarà inoltre allestita una ricca ed inedita mostra fotografica di grande interesse.

Alla luce dell’importanza della ricorrenza e del valore dell’iniziativa, la Sezione auspica una nutrita partecipazione dei propri iscritti. Tutti gli ulteriori dettagli dell’iniziativa saranno prossimamente resi noti con apposite locandine e divulgazione a mezzo stampa.

Nicola Mione

CENT’ANNI FA ASSABA

16 Alpini… Sempre!

Vieni a tentare la fortuna!

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cronaca sportiva sezionaleLa stagione estiva per lo sport sezionale è iniziata il 16

giugno con il 37° campionato Ana di corsa in montagna a staffetta. C’è stata una lunga trasferta nelle Marche, preci-samente ad Arquata del Tronto, cittadina medioevale il cui territorio è conteso da due parchi nazionali: i Monti Sibillini a Nord e il Gran Sasso-Monti della Laga a Sud. Il sabato pomeriggio si sono svolte una lunga sfilata ed una cerimonia, ben organizzata, per le vie storiche della cittadina dove il nostro atleta alfiere Riccardo De Cecco ha portato orgoglio-samente il nostro vessillo sezionale. Promosso sul campo. La domenica mattina tutti a Forca di Presta, nel parco dei Monti Sibillini, per la gara. Posto meraviglioso per chi ama fare lunghe camminate. La sezione Feltre era presente con quat-tro squadre: Cemin Armando – Sommariva Adriano – Bee Ivo, Centa Paolo – Carpene Ivano – Stramare Rudi, Altieri Ferdinando – Romanin Cristian – Zanolla Roberto, Dal Farra Marco - De Cecco Riccardo – Zatta Renato. In una giornata limpida e calda il percorso si è rivelato molto duro ma al contempo anche spettacolare. Alla fine la nostra squadra Cemin – Sommariva – Bee si è classificata all’8° posto asso-luto. Buoni piazzamenti per le altre squadre. Nella classifica per sezioni ci siamo classificati al 13° posto. A fine gara tutti davanti al rifugio “Giacomini” per il rancio e le premiazioni.

Un bravo ai nostri atleti e un grazie per l’ impegno espresso a favore della Sezione!

Il 21 luglio si è svolto a Pulfero il 41° campiona-to nazionale ANA di mar-cia di regolarità in monta-gna a pattuglie, organizzato dalla sezione di Cividale. La sezione di Feltre era presen-te con tre pattuglie: Fantinel Luca – Altieri Ferdinando – Romanin Cristian, Centa Paolo – Carpene Ivano – Bee Ivo, Dal Farra Marco – De Cecco Riccardo – Tonin Enrico. Sabato pomeriggio, alla presenza del nuovo presi-dente nazionale Sebastiano Favero e di molte autorità civili e militari, si è svolta la cerimonia ufficiale di apertura. Ricordando che proprio da quella valle ci fu lo sfondamen-to di Caporetto (che si trova nelle vicinanze), la Sezione di Feltre ha presenziato con tutti i suoi atleti. Domenica mattina si è svolta la gara, con un tempo magnifico. Tutti gli atleti sono rimasti soddisfatti del percorso duro ma entusiasmante, con l’arrivo in un tipico borgo antico. Per quanto riguarda l’e-sito sportivo va segnalato un gran 6° posto di categoria A (15° assoluto su 140 pattuglie) ottenuto da Centa – Carpene – Bee. Complimenti! E pensare che il nostro Centa Paolo ha distrut-to gli scarponi ed è arrivato con il nastro isolante che teneva assieme la tomaia. Fantinel – Altieri – Romanin si sono invece classificati al 40° posto assoluto (17° di categoria A), mentre Dal Farra – De Cecco – Tonin hanno concluso al 56° posto assoluto (34° di categoria B). Nella classifica riservata alle sezioni siamo giunti al 13° posto. Bravi tutti i nostri atleti alpini. Grazie per tenere alto il nome della Sezione di Feltre! Il prossimo impegno sarà a Verona il 7 ed 8 settembre per il 44° campionato di carabina libera e il 30° di pistola standard. Sono sicuro che i nostri tiratori faranno centro!

Walter Sossai

Il foglio del “Monte Cauriol” Estate 2013

Programma degli eventi

estate 2013

Pranzo di ferragosto

Il consueto pranzo di Ferragosto si terrà quest’anno presso il giardino dell’Istituto Carenzoni. Ancora una volta i ringraziamenti vanno ai responsabili dell’Istituto e alla gentilissima signora Paola, ormai grande amica del “Monte Cauriol”.

Cima Grappa 31 agosto e 1° settembre Sarà il “Monte Cauriol” a prestare servizio presso il Sacrario di Cima Grappa

San Maurizio

Il 22 settembre alle ore 17.00 tradizionale S. Messa in onore di San Maurizio patrono degli Alpini presso la chiesa di San Giovanni Nepomuceno.

Perché “Il foglio”?

uello che state leggendo non vuole essere un nuovo notiziario del Gruppo A.N.A. “Monte Cauriol” e

men che meno un concorrente del glorioso notiziario della Sezione “Alpini sempre!”. E’ semplicemente un modo più gradevole di comunicare ai soci le principali iniziative che il nostro Gruppo ha svolto o intende realizzare. Non avrà uscite programmate e verrà trasmesso solo per posta elettronica. Lo scopo principale resta sempre quello di tenerci in contatto e di aggregare il più possibile i soci del nostro bel Gruppo. Le critiche e le proposte sono aperte e, se costruttive, ben accette.

Lavori con il Comune di Feltre

Come qualcuno ricorderà, nel corso della scorsa Assemblea di Gruppo di febbraio, il Capogruppo, nella propria Relazione morale ha proposto l’attivazione di iniziative in collaborazione con Enti ed Associazioni. Il Comune di Feltre, ha accolto per primo la proposta e nei giorni 19 e 20 luglio una ventina di soci si sono prodigati in un doppio impegno che ha visto la manutenzione dei due anelli di recinzione del percorso di gara di Pra del Moro e la pulizia delle sponde del torrente Colmeda dal Ponte delle Tezze al ponte della Comunità Montana. Beneficiando dell’edificio del Comune in Pra del Moro il nucleo logistico del Gruppo ha assicurato il rancio in entrambe le giornate. Lusinghieri sono stati gli apprezzamenti degli Assessori Giovanni Pelosio e Adis Zatta. L’auspicio del Gruppo è che tali forme di collaborazione continuino soprattutto a favore della collettività.

Protezione civile Uniera

Il 27 aprile scorso le squadre di Protezione civile della Sezione hanno effettuato un intervento di pulizia del torrente Uniera. Al termine della manovra alcuni soci del Gruppo hanno organizzato ed offerto ai volontari della P.C. un pranzo presso la struttura prefabbricata di Pra del Moro gentilmente concessa dal Comune di Feltre. Hanno partecipato al pranzo anche il Sindaco di Feltre Paolo Perenzin e l’Assessore Adis Zatta.

Asilo Sanguinazzi

Anche quest’anno prosegue l’attività del Gruppo a favore della scuola materna Sanguinazzi. Alcuni soci nei giorni scorsi hanno provveduto al secondo intervento della stagione con le consuete attività di sfalcio, potatura e pulizia del giardino della scuola

Viva gli Alpini!

Viva Il Gruppo Monte Cauriol!

Q

Facciamo crescere il nostro Gruppo Il Gruppo “Monte Cauriol” conta circa 270 soci fra Alpini ed Amici degli Alpini. Dobbiamo fare in modo che questo numero non cali rinnovando la tessera puntualmente ad inizio anno e cercando di coinvolgere altri soci alpini e/o amici.

il foglio del monte cauriolIl Gruppo Monte Cauriol ha proposto in rete nelle scorse

settimane un foglio per illustrare le attività del sodalizio alpino. Il supporto informativo non vuol rappresentare una pubblicazione con scadenza fissa, ma intende periodica-mente rendere partecipi soprattutto i tanti soci che vivono lontano dalla città delle iniziative messe in cantiere dalle penne nere feltrine.

Alpini… Sempre! 17

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Cronache dai gruppi

gruppo di LAsENfeSta eStiva

Il Gruppo ANA di Lasen guidato da Gino Tatto ha tenuto la tradizionale festa estiva. La serata di sabato 28 luglio ha attirato un folto pubblico ed è stata caratterizzata da uno spet-tacolo curato da Nelso Salton e Francesco Padovani incen-

I volontari del gruppo di Lasen con il capogruppo Gino Tatto.

iniziativa per i Soci anzianiRiuscita iniziativa del direttivo ANA Lentiai.Domenica 18 Agosto si sono ritrovati presso la sede in via

Verdi una quarantina di baldi alpini ed aggregati over 70 per un pranzo conviviale organizzato ed offerto loro dal consi-glia di Gruppo, con lo scopo di riunire i soci più anziani, che sempre meno hanno la possibilità o la volontà di frequentare la sede, di socializzare e di ritrovarsi per quattro chiacchiere.

Dopo la presentazione del nuovo direttivo da parte del Capogruppo si è dato il via al pranzo, con antipasti, polenta, spedo porchetta e anche il dovuto vino, tutto apprezzato dagli ospiti, tanto che tutti hanno pregato il direttivo di ripetere la simpatica iniziativa annualmente.

A conclusione gli ospiti sono stati accompagnati a visitare in anteprima la bella mostra di reperti bellici della prima guerra mondiale allestita presso il centro polifunzionale in collaborazione con l’amministrazione comunale di Lentiai, dal socio Alex Zanghellini, che è anche membro del direttivo.

A tutti i partecipanti un grande abbraccio dal capogruppo ed un arrivederci al 6 ottobre per il decimo anniversario dell’i-naugurazione della sede.

Fabio De Gol

nella mia veste di socio anziano del gruppo di Lentiai da oltre mezzo secolo, posso dire di aver partecipato anch’io all’incontro di cui al precedente articolo, su invito del nuovo capogruppo Fabio de Gol.

collaborazione con il comune di feltre

Doppio impegno per il Gruppo Feltre “Monte Cauriol” negli scorsi 19 e 20 luglio.

Grazie ad un accordo con l’assessore del comune di Feltre Adis Zatta, la mattina di sabato alcuni soci del Gruppo hanno effettuato un intervento di pulizia delle sponde del torrente Colmeda nel tratto che va dal ponte presso la sede della Comunità Montana Feltrina al ponte nel centro di Feltre.

Sono stati raccolti alcuni sacchi di bottiglie di plastica, di vetro e di lattine abbandonate lungo l’argine. Il materiale, differenziato nelle varie frazioni, è stato quindi trasportato dagli addetti comunali all’ecocentro.

Nelle giornate di venerdì e sabato un’altra aliquota è stata impegnata, su richiesta dell’assessore Giovanni Pelosio, in un intervento di manutenzione ordinaria della doppia recinzione in legno dell’anello di Pra del Moro.

Qui sono stati rimossi e sostituiti i pali di sostegno ed i traversi deteriorati ed è stata verniciata tutta la recinzione centrale ed il lato interno di quella perimetrale.

Il nucleo logistico del Gruppo ha assicurato in entrambe le giornate il rancio per il personale impegnato presso la casetta in legno di Pra del Moro concessa in uso per le giornate dal comune di Feltre.

Particolarmente soddisfatti sia gli Assessori comunali che i soci intervenuti, consapevoli dell’utilità del lavoro svolto.

Alpini del Monte Cauriol al lavoro a Prà del Moro.

trato sul racconto della vita di trincea. Domenica 30 luglio i festeggiamenti sono stati articolati tra la messa celebrata dal parroco don Pasquale Campigotto con la presenza di numero-si gagliardetti di gruppi vicini e il pranzo a base di specilaità alpine e locali.

18 Alpini… Sempre!

gruppo di MugNAI

gruppo di pEdAvENA

gruppo di MELLAME-rIvAI96° anniverSario della battaglia di forte leone

Si è tenuta domenica 11 agosto la commemorazione del 96° anniversario della battaglia di Forte Leone, a Cima Campo di Arsié, organizzata dal Gruppo alpini di Mellame-Rivai. Sotto un sole cocente la cerimonia si è aperta ufficialmente con l’alzabandiera e a seguire con gli onori resi ai Caduti di tutte le guerre di fronte alla croce situata nel piazzale antistante il forte, che hanno preceduto la celebrazione della funzione reli-giosa, officiata dal parroco don Alberto. Alla manifestazione erano presenti il sindaco di Arsié Ivano Faoro, il consigliere sezionale Nicola Mione, numerosi capigruppo con i rispettivi gagliardetti e i rappresentanti di altre associazioni con i loro vessilli. Il sindaco Faoro ha portato i saluti dell’amministra-zione comunale, mentre il consigliere Mione ha tra l’altro espresso la solidarietà ai rappresentanti dei lagunari del Btg. “San Marco” presenti per la vicenda dei due marò trattenuti in India per la nota vicenda. Oltre al vessillo sezionale è stata particolarmente gradita la presenza di quello della Sezione Francia. A conclusione della giornata il pranzo al riparo della struttura allestita dagli alpini del Gruppo e l’esibizione della Banda musicale di Arsié che ha anche accompagnato tutte le fasi della cerimonia. La domenica è trascorsa in un clima di viva cordialità e simpatia tra tutti i partecipanti. In qualità di capogruppo non posso che ringraziare i tanti collaboratori per l’opera prestata. Le autorità intervenute, la banda cittadina di Arsié e tutti coloro che con la loro presenza hanno allietato la manifestazione.

Patrick Bettin

L’organizzazione è stata perfetta, unitamente al servizio (c’erano oltre ai componenti del direttivo due validissime signore).

il sontuoso pranzo è stato gradito da tutti, veci e boce.Lo scopo dell’iniziativa è stato quello di avvicinare gli

alpini più anziani a quelli più giovani, iniziativa, che secondo me, dovrebbe essere d’esempio per tutti gli altri gruppi.

il pranzo è stato offerto dall’organizzazione.un grazie a Fabio de Gol e al gruppo è quindi doveroso.speriamo di ritrovarci il prossimo anno con tutti i boce ma

soprattutto con tutti i veci!!William Faccini

feSta del gruppoLa presenza del vessillo sezionale accompagnato dal presi-

dente Carlo Balestra, del Sindaco di Feltre Paolo Perenzin e dell’assessore comunale Zatta Adis hanno reso ancor più viva e partecipata l’annuale festa del Gruppo di Mugnai, che si è svolta domenica 30 giugno.

La giornata è iniziata con l’alzabandiera e la S. Messa allie-tata dai canti liturgici del Coro A.N.A. PIAVE e si è conclusa con il rancio presso la baita alpina che è stata un’ulteriore occasione per rinsaldare sentimenti di amicizia e di alpinità fra tutti gli intervenuti.

Il capogruppo Luigi Lusa, a nome del consiglio direttivo,ha donato un riconoscimento al socio Daniele Lusa per l’impe-gno trentennale a favore delle iniziative alpine di Mugnai, che, emozionato, ha voluto dedicare questo gesto significati-vo al papà Angelo a cui il Gruppo ha dedicato la sede.

L’impegno civile, fatto di passione e di solidarietà, non è venuto meno in occasione di questa festa: infatti, il ricavato della giornata è stato devoluto una parte alle famiglie della parrocchia che vivono momenti di difficoltà ed una parte alle iniziative promosse dalla scuola primaria di Mugnai.

Nel tardo pomeriggio il rompete le righe... con un grazie di cuore alle persone che hanno collaborato, in primis i volon-tari della cucina.

corSa Sui troi de norcenPer il secondo anno consecutivo il Gruppo di Pedavena ha

organizzato la gara podistica denominata “Corsa sui troi de Norcen”, che ha visto nella giornata di domenica 9 giugno ben 115 iscritti, quasi il doppio rispetto alla prima edizione dell’anno scorso.

I volontari del gruppo hanno attrezzato ben due percorsi, il primo di 8 km, per i corridori più esperti, ed il secondo di 3 km, al fine di rendere partecipi anche tutte le famiglie ed i giovani ragazzi che hanno voglia di passare una mattinata all’insegna dello spirito alpino.

La vittoria della gara 8 km è andata al valdobbiadenese Ayxad Amghit (32:44) che ha battuto di pochi secondi i fra-telli Bertelle, Stefano (secondo classificato) e Alberto (terzo classificato).

Il miglior tempo femminile, per la 8 km, è stato invece quello di Cristina De Bacco che con 24 secondi di scarto ha battuto Loretta Strappazon.

La 3 km è stata vinta da Stefano Dal Magro e da Chiara Corrent, rispettivamente per la classifica maschile e femmi-nile under 14.

Complimenti anche al gruppo GS Birre Medie che con ben Resa degli onori ai Caduti da parte delle autorità presenti.

Il pranzo alla festa del gruppo di Mugnai.

Alpini… Sempre! 19

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18 iscritti si aggiudica il premio per il gruppo più numeroso. Come di consueto gli alpini di Pedavena amano passa-

re tutta la giornata insieme e proprio per questo, finita la gara, hanno organizzato un pranzo a base di spiedo, che si è tenuto presso la sede del Gruppo, a Norcen, al quale hanno partecipato ben 80 persone. Anche qui dobbiamo ricordare e ringraziare tutti i volontari alpini ed amici degli alpini che nonostante gli impegni privati di ognuno, hanno sacrificato la domenica trasformandosi in camerieri e cuochi provetti, per la gioia di tutti i commensali.

Come tutti noi sappiamo gli alpini di Pedavena non sono nuovi nell’organizzare questi eventi, ma fa sempre piacere quando la partecipazione da parte della popolazione e dei volontari stessi aumenta di anno in anno.

Questo ci fa ricordare che, nonostante il tempo passi ine-sorabile per tutti, e che dei nostri “veci” alpini, che hanno lottato per noi e che conoscono in prima persona le pene della guerra e della sofferenza, ce ne siano ancora pochi, il loro spi-rito la loro voglia di fare e la loro determinazione vive ancora dentro ai loro figli e nipoti.

Sono questi che piano piano prenderanno in mano le redini del gruppo portando sempre alti l’onore e la fede alpina che da sempre ci contraddistinguono.

Non ci rimane che dire W GLI ALPINI e darci appun-tamento al prossimo anno per un’altra giornata da passare insieme!!!

Il momento delle premiazioni.

33ª feSta di San felice

Anche quest’anno notevole è stato l’impegno degli alpi-ni del Gruppo Gen. Nasci di San Gregorio nelle Alpi e dei numerosi collaboratori per allestire la tradizionale festa estiva nei pressi della Chiesetta di San Felice, svoltasi domenica 14 luglio 2013. Lavori di preparazione che non servono sola-mente per il giorno della festa ma sono occasione di mante-nere pulita ed in ordine una della più belle zone panoramiche e storiche del Comune di San Gregorio nelle Alpi, punto di passaggio e di sosta per numerose escursioni. Dal 30 agosto 1981 giorno di inaugurazione dei lavori di sistemazione della chiesetta, la festa si svolge con il consueto programma che unisce momenti religiosi e di ricordo a momenti ludici e gastronomici, il tutto condito dalla simpatia ed allegria che solo gli alpini sanno sprigionare. Dopo la cerimonia dell’al-zabandiera, durante la S. Messa sono stati ricordati tutti gli alpini scomparsi ed in particolare coloro i quali recentemente sono andati avanti, Romano Cassol uno dei soci più anziani del Gruppo e l’amico degli alpini Nello Colferai improvvisa-mente deceduto nei giorni scorsi. Al termine della S. Messa è stata benedetta anche l’opera lignea realizzata dallo scul-tore Tiziano Di Giusto a ricordo dell’ex capo gruppo Paolo Cassol, che sarà conservata nella sede degli alpini di Donada. Dopo la degustazione degli ottimi piatti preparati dallo staff

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20 Alpini… Sempre!

Di nuovo tutti in pullman... e... eccoci a Campel, dove dopo aver visitato la sede del Gruppo sotto il capannone ci aspettava una buonissima pastasciutta preparata da Giancarlo coadiuvato dalla moglie e da Tony. Finito di mangiare ...via alla spensieratezza con giochi vari.

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monte pizzocco 2013 L’annuale escursione sul Pizzocco ha avuto anche quest’an-

no un discreto numero di partecipanti, circa una cinquantina. Alcuni sono arrivati fino in cima alla vetta, altri, i più temerari hanno risalito la cima del Pizzocchetto, la via è stata attrezzata dalla squadra di sicurezza della Protezione Civile capitanata da Edy Loat. Al bivacco Palia è stato fatto l’alzabandiera mentre sul Piz è stata celebrata la Santa Messa da don Mirko giovane parroco feltrino. Terminata la funzione tutti sono scesi al Rifugio Ere dove è stato possibile pranzare con un ottimo piatto misto di carne. La giornata trascorsa in allegria, anche a detta dell’organizzatore Giancarlo Ghizzo, è riuscita benissi-mo, da riconfermare sicuramente il prossimo anno.

feSta alpina a campelAnche quest’anno si è svolta la tradizionale festa alpina a

Campel, organizzata dal Gruppo di S. Giustina coordinata dal capogruppo Emilio Pandini. Due fine settimana all’insegna del ”buongusto“ con ottime specialità preparate sapientemen-te dal “reparto cucine”; non sono mancate le attività sportive con la pedonata e una gara cilistica con arrivo “in salita” a Campel. Il Gruppo ringrazia tutti coloro che anche in questa edizione hanno voluto trascorrere in compagnia degli alpini due fine settimana di allegria.

alpini e centro eStivoL’ 8 agosto abbiamo coinvolto i ragazzi del Centro Estivo

di S. Giustina (dalla prima elementare alla prima media) a passare una giornata con gli alpini e la Protezione Civile. Ritrovo al mattino presso le scuole, trasferimento in pulman a Cergnai, e escursione lungo la via del Veses fino a raggiunge-re l’Altanon dove si trova una piccola e funzionante centrale idroelettrica ben spiegata da Maurizio tecnico dell’ENEL.

feSta del gruppoDomenica 25 agosto si è svolta a Vellai la festa annuale del

Gruppo di Vellai-Cart. La manifestazione è iniziata con l’al-zabandiera cui è seguita la S. Messa officiata da don Evaristo Campigotto in presenza di un nutrito numero di alpini e fede-li. Alle 12.30 alpini, amici degli alpini e simpatizzanti si sono riuniti presso la struttura dell’U.S. Dynamo per il tradizionale pranzo al quale hanno partecipato all’incirca un centinaio di persone. Al pranzo è seguita come da copione la consueta lotteria. Alla cerimonia ed al pranzo è stato gradito ospite il presidente della Sezione di Feltre Carlo Balestra.

delle cucine di San Felice, il pomeriggio è trascorso tra tinta-relle, scommesse, giochi e passerelle. Anche quest’anno sulla pedana naturale sono sfilati uomini e donne alla caccia della fascia della più bella e del più figo. Rebecca Costanzo, fran-cese di Avignone di origini siciliane in vacanza a Sospirolo, paese natale della mamma del marito, ha indossato la fascia di Miss San Felice e Fabio Minella, vice capogruppo, quella di Mister Figo. Al termine l’estrazione dei numeri abbinati ai premi della ricca lotteria. Quasi tutti sono stati consegnati tranne: 2738 bicicletta, 101 scopa elettrica, 283 sdraio e altri premi minori abbinati ai numeri 3033, 1510, 316, 1963, 2897, 2249. Ultimo atto della festa le prove di tiro alla fune in pre-parazione del palio delle frazioni tornato alla grande, riscuo-tendo anche un notevole successo, che ha visto in prima linea nell’organizzazione i giovani di San Gregorio, la Pro Loco e naturalmente il Gruppo Alpini Gen. Nasci.

Espedito Pagnussat

gruppo di sANTA gIusTINA

gruppo di vELLAI

Foto ricordo del centro estivo.

Alzabandiera a Vellai.

Hanno festeggiato il loro traguardo dei 50 anni di matrimo-nio l’artigliere alpino Gelmino Bellotto e la gentile consorte Dia Dal Pan, eccoli qui in compagnia della delegazione alpina che li ha festeggiati.

ANNIVERSARIO

Alpini… Sempre! 21

feltre - Via Cesare Battisti, 5 - Tel. 0439.81265-83234 - Fax 0439.83748E-mail: [email protected]

di Aggio Lorenzo & C. s.a.s.

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ag&Co

In questi ultimi tempi il Coro Piave A.N.A. di Feltre è stato impegnato in parecchi concerti e serate. Sono da sottolineare: la partecipazione alla tradizionale annuale santa messa il 22 maggio per la festa di S. Rita, accom-pagnando la cerimonia con alcuni nuovi brani liturgici del proprio repertorio, eseguiti per la prima volta in questa occasione. Il 25 maggio, il coro ha partecipato alla 37ª Rassegna di Canti Popolari e della Montagna a Maserada sul Piave, su invito del locale Coro A.N.A. “I Gravaioli” e del Gruppo alpini di Maserada. Il nostro coro ha can-tato brani del repertorio alpino e popolare, graditissimi dal numeroso pubblico presente, che lo ha applaudito a lungo e riscuotendo i complimenti dal coro ospitante per la bravura dimostrata. Da sabato 8 a lunedì 10 giugno, il coro ha effettuato una trasferta a Glarus in Svizzera, dove ha partecipato al 1° “Glarner Chorfestival” Festival dei cori svizzeri, unico coro straniero ammesso. La dome-nica pomeriggio ha eseguito un concerto, proponendo dei brani che richiamano le nostre montagne, in una chiesa cattolica nel centro della cittadina alla presenza di un folto pubblico, formato anche da molti emigranti di origine italiana. Ancora una volta il successo è stato lusinghiero, la gente presente ha applaudito a lungo, alcuni asciugandosi le lacrime nell’ascoltare le canzoni che ricordano la loro terra d’origine. Il lunedì, durante il viaggio di ritorno, è stato visitato il Santuario della Madonna Nera di Einsiedeln, anche in questa sede il coro ha eseguito dei brani sacri del proprio repertorio.

Il Coro Piave A.N.A. non è nuovo a trasferte all’este-ro, sia in Europa che in Sudamerica, dove ha incontrato sempre i nostri concittadini emigrati in questi paesi. Ogni volta è stata sempre una grande emozione e ogni volta vi è uno scambio reciproco di ricordi ed emozioni. Incontrare gli emigranti italiani all’estero e portare le nostre canzoni nelle case di riposo, è un dovere che il nostro coro si è imposto da sempre.

Il presidente Giuseppe D’Incau.

ATTIVITà DEL CORO PIAVE ANA

Boves maggio 1965: l’artigliere Giovanni Balestra in com-pagnia di altri due militari feltrini Olivo Faoro e Pierpaolo Maddalon, che da poco ha ceduto l’incarico di capogruppo di Mellame.

RICORDI DI NAJA

Sarà per lo spirito d’inventiva delle penne nere guidate da Marino Bortoluz, sarà per l’ottima organizzazione logistica del Gruppo, sarà per la presenza tra i suoi iscritti del respon-sabile sezionale della Protezione Civile Giovanni Boschet, certo che il Gruppo di Lamen non si fa mancare nulla quando i suoi iscritti vanno in trasferta. Lo si può dedurre osservando le tre foto che seguono.

Ne manca una quarta che avrebbe proposto il dormitorio, costituito da comode brande all’interno di un grande rimor-chio di un autotreno.

Complimenti alle penne nere di Lamen anche per l’ordine e la pulizia che abbiamo trovato all’interno del campo.

IL CAMPO BASE DI LAMEN ALL’ADUNATA DI PIACENZA

…il refettorio

… la cucina…

La doccia…

22 Alpini… Sempre!

notizie liete e anniverSari

gruppo di faStro

Il nonno Giancarlo De Bortoli, iscrit-to al Gruppo Forte Taliata, tiene fiera-mente tra le braccia il nipotino Nicola.

gruppo monte cauriol

Un più che orgoglioso e soddisfatto col. Roberto Ridolfi presenta ai lettori la nipotina Alice, nata lo scorso 5 luglio, figlia di Matteo e della gentile signora Alessandra Sindoca. Alla gioia per il lieto evento si unisce la nonna Paola.

gruppo di lentiai

Lo scorso 24 agosto il socio Carlo Dal Borgo ha festeggiato con la moglie, la gentile signora Elia Dal Piva, l’impor-tante traguardo delle nozze d’oro.

gruppo di mellame-rivai

Il socio Antonio Fasol ha recentemen-te festeggiato i suoi 80 anni. Nella foto lo vediamo insieme ai nipoti Andrea e Massimo.

gruppo di paderno

L’ex consigliere del Gruppo Federico Slongo e la gentile signora Letizia Gregori sono orgogliosi di presentare la nipotina Sofia, nata il 12 ottobre dello scorso anno. I genitori della piccola sono Sergio Slongo e Brenda Andrade. Felicitazioni a nonno Federico da tutti gli alpini di Paderno, con un sentito grazie per tutti gli anni trascorsi da consigliere del Gruppo. La redazione si scusa con il socio Federico slongo per il ritardo con cui questo annuncio viene pubblicato.

gruppo di pedavena

Lo scorso 20 luglio nella chiesa di Cornuda si sono uniti in matrimonio la gentile signora Claudia Mondin e il socio del Gruppo Mauro Vettorel, al centro della foto, con loro da sinistra si riconoscono gli amici Denis Zatta, Antonio Gaio e Simone Di Turro.

Il piccolo Christian De Gasperin, nato il 3 maggio scorso, in braccio a nonno Vittorio e con accanto il papà Moreno. Un pensiero anche al bisnonno “Nanni”, classe 1916, anche lui alpino e combat-tente nel secondo conflitto mondiale.

gruppo di Santa giuStina

Giuseppina Casagrande, vedova Fregona, in ricordo del marito Angelo artigliere alpino ha voluto festeggiare con gli alpini il suo 90° compleanno ...Auguri!

In occasione della prima comunio-ne del piccolo Patrick posano con lui nella foto gli alpini Walter Sossai, con-sigliere sezionale, Enrico ed Angelo Guadagnin.

gruppo di vellai-cart

Nella foto la piccola Amy Boz il gior-no del suo battesimo in braccio al papà Stefano e con accanto il nonno.

gruppo di zorzoi

Ciao, sono Matteo Dalla Valle e in questa foto sono insieme al papà Michele e al nonno Anselmo, tutti e due soci del Gruppo.

Alpini… Sempre! 23

figlie Silvia e Claudia e ai parenti tutti le più sentite condoglianze e il ringra-ziamento per la generosità dimostrata verso il nostro Gruppo alpini.

gruppo Santa giuStinaÈ mancato improvvisa-

mente l’alpino Ruggero Sbardella di Salzan, aveva 65 anni. Sempre dal Gruppo Sincero Zollet giunge noti-zia che lo scorso 4 luglio ha messo lo zaino a terra Alessandro Sacchet, 67 anni, di Campel. Alle famiglie dei due alpini scomparsi giunga l’affettuoso abbraccio delle penne nere di Santa Giustina.

Sono andati avantigruppo arSié

Francesco Strappazzon (Franco per gli amici), nel mese di luglio scorso ha posato lo zaino a terra. Classe 1942, inquadrato nel 7° Reggimento Alpini. Fece parte dei primi soccorrito-ri nel disastro del Vajont. Fu, insieme con pochi altri, il fautore della rinascita del nostro Gruppo e a Lui e come agli altri va la nostra gratitudine per quanto fatto. Per diversi anni fu vice capo-gruppo e oltre che ottimo collaboratore all’interno del Gruppo era in forze alle squadre di Protezione Civile. Alla moglie Elsa, alla figlia Nicole, alla sorella, al fratel-lo e ai parenti tutti l’affettuo-so abbraccio di tutti gli alpini di Arsié.

gruppo arSon

Nato il 3 giugno 1946 Augusto Marchioro è anda-to avanti lo scorso 5 ago-sto. Aveva svolto il servizio militare nel 7° Reggimento Alpini.

Ha partecipato per anni alla vita della nostra Sezione, ricoprendo l’incarico di capogruppo di Arson e di consigliere sezionale. Per questo gli rivolgiamo un grande grazie.

gruppo farra

Ha voluto farci l’ultimo scherzo l’amico degli alpi-ni e amico nostro Mario Boschet. La morte beffarda, ma implacabile, lo ha por-tato avanti creando un gran-de vuoto nella comunità di Farra.

È andato avanti il 17 luglio il nostro socio Renato Scopel. Lo vogliamo ricordare con il pensiero di Emanuela, Silvia ed Emanuele ”Sei arrivato a fine pista dove ti aspettano i tanti amici. Fai festa con loro! Grazie Renato per tutto quello che ci hai dato”.

gruppi celarda e farra

Con la volontà e la forza che solo un alpino possiede, Virginio Scariot ha voluto assistere al matrimonio della figlia e qualche giorno dopo, il 2 maggio ci ha lasciato. Lo ricordano assieme ai fami-liari, gli alpini di Celarda e di Farra.

gruppo lentiai

Il gruppo lentiaiese si sente particolarmente vicino ed esprime le proprie sincere condoglianze al socio Orfeo Bof che, nel breve volgere di poco tempo, oltre alla perdi-ta del padre Antonio, classe 1927, ha subito la prematura scomparsa del figlio Mauro appena trentenne.

gruppo di pedavena

A 66 anni Toni De Martini ha messo lo zaino a terra. La moglie e i figli, nel rin-graziare quanti hanno voluto partecipare alla cerimonia di commiato, lo vogliono ricor-dare con le sue stesse parole. “Carissimi, ciao a tutti, non piangete ma gioite, io sono nella pace e vi sarò sempre vicino con tutto il mio affet-to. Seguite il mio esempio se potete. Siate sereni, un giorno ci troveremo insieme e torne-remo a ridere e gioire come sempre. Vi abbraccio. Toni”.

gruppo San gregorio

Il Gruppo Gen. Nasci annuncia la scomparsa del fedelissimo socio Romano Cassol, classe 1926, e rin-nova sentite condoglianze ai familiari.

Ci ha lasciati improvvisa-mente l’amico degli alpini Nello Colferai, classe 1951. Alla moglie Rosetta, anche lei amica degli alpini, alle

Francesco Strappazzon.

Augusto Marchioro.

Mario Boschet. Antonio Bof.

Romano Cassol.

Nello Colferai.

Ruggero Sbardella.

Alessandro Sacchet.

Toni De Martini.

Renato Scopel.

Virginio Scariot.

…ricordandoi nostri Caduti

Foto

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