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1 Parte II cap. V La riforma del secondo ciclo tra promesse e tradimenti

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Parte II cap. V

La riforma del secondo ciclo

tra promesse e tradimenti

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Occorre innanzitutto precisare, prima di passare alla presentazione di questo capitolo, che il D. Lgs. 226/05, qui commentato,

è stato sospeso dalla legge finanziaria 2007 e che ogni decisione è stata rimandata al 2010.

Va ricordato che nella legge finanziaria 2007 è stato posto un vincolo,per cui gli attuali istituti tecnici statali e istituti professionali di Stato

continueranno ad esistere così come sono ora, rimanendo statali,

senza dar vita, insieme agli attuali corsi di formazione professionaleregionali, al sistema di istruzione e formazione prospettato

dalla L. 53/03 e dal D. Lgs. 226/05.

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Priorità per l’Italia:puntare sulla qualità

della formazione dei giovani

Riforma del secondo ciclo di istruzione e formazione come occasione unica, ma anche equivoca e contraddittoria:

promessa o tradimento?

Il Paese ha bisogno di risorse intellettuali,morali e professionali per uscire dalla crisi

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I documenti di riferimento per il secondo ciclo:P.E.C.U.P. e Indicazioni Nazionali

relativi al sistema dei licei (D. Lgs. 226/05)

strumenti flessibili eincrementabili

rivedibili alla luce del dibattito culturale

e dell’esperienza professionale

si collocano all’interno dell’orizzonte istituzionale e pedagogico disegnato dall’autonomia

delle istituzioni scolastiche e dei docenti

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P.E.C.U.P.

ricorda alla scuola e ai docenti un datostrutturale permanente:

la centralità dello studentenei processi di apprendimento.

IndicazioniNazionali

contengono gli “ingredienti”(conoscenze e abilità) che i docenti

devono saper dosare nel miglior modo possibile per

cucinare piatti prelibati (processi di insegnamento-apprendimento per lo

sviluppo delle competenze personali).

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il nucleo della questione sta nella qualità dell’autonomiadelle scuole e dei docenti

l’ordine epistemologico di presentazione delle conoscenze e delle abilità

(Obiettivi specifici di apprendimento)non coincide con l’ordine di svolgimento psicologico e didattico

con gli allievi(Obiettivi formativi personalizzati)

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discussione delle disarmonie e delle deficienze strutturali contenute nel D. Lgs. 226/05

la questione relativa alle “capacità”, che hanno sostituito

il termine “competenze” dopo un semplice taglia-incolla

viene condizionato il disegno riformatore

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problematiche sottese alla sostituzione del termine “competenze”con quello di “capacità”

“pedagogia della protesi”differenti antropologie

filosofiche di riferimento

la sfiducia nel ruolo delle Regionie la “falsa sicurezza”

dello statalismo

deficienza di contesto(mentalità secolare di sfondo

difficile da superare)

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Il non detto culturale del contendere:differenti antropologie filosofiche di riferimento

Sono la società, lo Stato, la cultura, ecc.che creano le persone.

L’uomo è un epifenomeno di un anankè,cioè di una necessità.

E’ l’antropologia filosofica sottesa al pensiero della maggior parte dei sofisti,

al Materialismo storico (Marx) e al Comportamentismo didattico (Bloom).

Sono le persone che concretizzano lasocietà, lo Stato e la cultura, facendoli

essere ciò che sono. L’uomo è libero e diventa chi è per scelta

autonoma.E’ l’antropologia filosofica sottesa al pensiero di Socrate, di alcuni sofisti

e alla radice della rivelazione cristiana.

“L’uomo che si fa”

“L’uomo fatto da”

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La rivoluzione sofistica (Grecia, IV sec. a. C.) ha maturato questaconsapevolezza: la natura umana è unica.

Vengono messi in discussione lo statuto ontologico dell’uomo e lo statuto epistemologico dell’antropologia filosofica.

La rivoluzione socratica e la rivelazione cristiana hanno maturato una nuova consapevolezza: ciascun uomo è diverso non solo empiricamente, maanche ontologicamente, perché la natura del generale non è riducibile alla

natura del particolare, così come l’incarnazione dell’umanità in ogni uomo è sempre unica ed irripetibile.

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Nel testo del D. Lgs. 226/05 si parla di “far acquisire”, “fornire agli studenti”, “certificare e valutare” le capacità, cioè

l’essere in potenza di ciascuno, che è sostanza insondabile, mistero(v. S. Agostino, che considera l’uomo come pozzo senza fine).

Il testo del D. Lgs. 226/05 fa riferimento ad un’antropologia filosoficae pedagogica, così come a una concezione globale del mondo e della vita(welthanshauung), diverse da quelle socratiche, adottate dalla L. 53/03

e dai suoi quattro decreti attuativi. Ne consegue che le paideiedi riferimento saranno molto diverse, palesando

una forte contraddizione non solo in termini, ma anche in sostanza.

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Le deficienze di contesto delD. Lgs. 226/05.

L’intero testo del D. Lgs. 226/05 è impregnato di una mentalità chedeforma ed amplifica il fine di scelte di per sé sbagliate.

Si tratta di una naturalizzazione e di una ipostatizzazione di fenomeni e comportamenti che, per quanto radicati, hanno una natura storica ed

ideologica. Essi vengono considerati come elementi strutturali, diper sé immodificabili.

Alcuni esempi:- “il II ciclo sarà costituito da due sistemi ben distinti, sistema licealee formazione professionale” (logica gentiliana del doppio canale);-“il carattere classista delle norme che si vogliono introdurre nel II ciclo”;-“la scuola sia responsabilità dello Stato, la formazione professionale lo sia delle Regioni”.

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L’unità nella gestione e nell’organizzazione

territoriale del II ciclo è affidata all’unica

regia delle Regioni.

Il II ciclo è articolato in un unico sistema,a sua volta suddiviso in due sottosistemi

(istruzione liceale e istruzione e formazione professionale)

tra loro complementari, interconnessi e di pari dignità.

L’espressione “formazione professionale”esiste solo nell’art. 35.2 Cost.,

intitolato ai Rapporti economici, ma è stata sostituita, nella L. 53/03 e nel

D. Lgs. 76/05, con il termine“istruzione e formazione professionale”.

Una definizione dettagliata dei L.e.p.nel D. Lgs. 226/05 sarebbe stata

illegittima, perché essa deve essere il frutto della elaborazione da parte della

Conferenza Stato-Regioni.

Alcune puntualizzazioni a riguardo…

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Il paradigma di pensiero ancora dominante…

Il modello di scuola statalista è ancora quello

più rassicurante ed affidabile,tanto da essere stato naturalizzato.

Amplificazione della gerarchizzazionefra i vari tipi di scuole.

Sfiducia nel ruolo delle Regioni, a cuiè stato affidato un sistema di

istruzione e formazione professionale,concepito in termini residuali e di non

pari dignità culturale.

Sfiducia, se non addirittura disprezzo,per tutto ciò che è territoriale(dimenticando che è stato il radicamentoterritoriale a fare la fortuna dell’istruzionetecnica e professionale italiana diinizio ‘900).

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Classismo futuro o presente?Il D. Lgs. 226/05 è stato letto come un

provvedimento che aumenterà le disuguaglianze fra i giovani e che relegherà

la scuola secondaria nel ruolo di chi sanziona, anche culturalmente, le differenze.

In realtà il classismo denunciato è già un datodi fatto della scuola italiana odierna,

dovuto alla sua attuale struttura organizzativa,così come al suo ruolo nella società.

Purtroppo questa situazione insostenibileviene mistificata trovando argomenti

ideologici, che perpetuano il modo di pensaree di agire adottato da Gentile in avanti.

Nella situazione italiana vale ancorala classica diagnosi di Millot

sul potlachscolastico.Infatti, da noi le provenienze sociali

non si limitano a condizionarele riuscite scolastiche e professionali,ma fanno variare anche i rendimenti

dei titoli di studio.

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Nella scuola italiana hanno pesato troppo Gentile e Gramsci,molto meno Cattaneo e Sturzo

Non è la differenziazione dei percorsi formativi, ma la pretesa di un’uniformità dell’offerta formativa a provocare

effetti negativi (fa pesare le differenze di classe).

Non cambierebbe nulla nella situazione odierna se ci fosse un unico “canale”, statale o regionale, in cui continuerebbe a

sussistere la graduatoria qualitativa dei percorsi formativi, oggi distribuita su quattro filiere.

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Continua a prevalere una mentalità culturale, che ha le sue radici teoriche

nel pensiero gentiliano e gramsciano

Es. Il pregiudizio che il liceoclassico resti il liceo formativo

per eccellenza.Di conseguenza, solo il non utile, l’otium latino,

gratuito e disinteressato, èformativo.

Es. Solo una scuola secondariageneral-liceale è in grado digarantire lo sviluppo di un

atteggiamento critico, di unadisponibilità al cambiamento,del desiderio di ri-aggiornarsi

continuamente.Questa sarebbe una scuolaqualificata e di massa, da

diffondere a tutti i livelli possibili.

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Problemiaperti

dall’imprintingculturale della

paideiaispirata alfilone

Gentile- Gramsci.

Esiste una possibile relazione fra questo tipo di paideiae il declino economico e industriale dell’Italia negli ultimi

decenni.

Il dibattito cruciale per lo sviluppo del paese, riguardantela qualità educativa e culturale del sistema dell’istruzionee formazione professionale (14-23 anni), come previsto

dalla L. 53/03, è stato confinato in cenacoli di scarso peso culturale, politico, sindacale e burocratico,

non raccogliendo nemmeno l’attenzione delle Regioni.

E’ un errore pensare che per superare il gapeconomicodell’Italia rispetto agli altri paesi europei occorra potenziareil liceo classico o ridurre l’istruzione tecnica a indirizzi di

licei tecnologici ed economici.

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Verrebbe svilitoulteriormente ed in maniera

irreparabile l’appealeducativo,culturale e professionale

dell’istruzione e formazioneprofessionale.

Inoltre, anche i percorsi licealisubirebbero un depotenziamento.

Verrebbe meno la scommessaper una concezione della cultura

che superi la tradizionale separazione fra teoria e pratica,tra mente e mani, fra riflessione

e azione.

La pretesa di licealizzarel’istruzione tecnica e professionale

è frutto del pregiudizio vs. il pensiero manuale.Quali sarebbero le conseguenze?

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Da più parti è stato fatto notare che tra il modello panlicealistadella L. 30/00 e quello neolicealista prefigurato dal D. Lgs. 226/05

ci sono molti elementi di affinità.

Si ricorda che il Ministero guidato dalla Morattiha optato fin da subito per la licealizzazione

dell’istruzione tecnica e professionale, trattandosi di una posizioneche gode di un maggior consenso trasversale.

E’ quanto emerge dal testo del D. Lgs. 226/05.

Purtroppo, il nostro Paese ha perso di nuovo la scommessa di affiancare al sistema liceale e di interconnettere con esso

un sistema dell’istruzione e della formazione professionale dai 14ai 23 anni, di pari dignità culturale e sociale.

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La reticente distinzione fra aspetti ordinamentalie aspetti gestionali-organizzativi del sistema educativo

nazionale ha aperto una serie di questioni.

Questi due aspetti non sono separati, ma devono essere in armonico equilibrio, pena il reciproco snaturamento.

Nel corso della stesura del testo del D. Lgs. 226/05 si sono succedute 4 fasi evolutive:

iniziale confusione dei piani; successiva distinzione dei piani;

rinnovata sovrapposizione dei piani;nuova, ma più attenuata, distinzione di piani.

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Il testo definitivo del D. Lgs. 226/05, all’art. 1.14, prevede la possibilità di costituire dei Campus,

cioè dei centri scolastici polivalenti dove i percorsi dei licei si possono raccordare con quelli dell’istruzione

e formazione professionale.

La scommessa sta nel costruire un sistema educativointernamente articolato in (sotto) sistema dei percorsi licealie in (sotto) sistema dei percorsi di istruzione e formazione

professionale, nel concreto di un Campus.Questo dipenderà dalla volontà e dalle scelte delle Istituzioni

scolastiche, così come degli Enti locali e delle Regioni.

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Molte scuole non statali stanno già sperimentando, seppurin nuce, il modello organizzativo del Campus.

In questo modo sarebbe possibile verificare se le scuole non statalihanno la forza pedagogica, didattica e culturale di

prefigurare un sistema scolastico alternativo a quello esistente,post-fordista dal punto di vista organizzativo,

fondato sull’unità della culturae sulla circolarità di pensare, fare e agire.

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Parte II cap. VI

Il 20% di autonomia e il problema

della quota regionale dei pianidi studio personalizzati

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Le diverse quote dei piani di studio

personalizzati(L. 53/03):

vincoli che ogniIstituzione scolasticadeve rispettare percostruire i piani di

studio personalizzati

Nucleo nazionale

Nucleo regionale

Nucleo di scuola

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La questione della quota nazionale

si tratta di un nucleo fondamentaleomogeneo su base nazionale,

stabilito dal Ministero P.I.

deve garantire a tutti i cittadini il diritto sostanziale (e non solo formale)

all’istruzione e alla formazione

deve dare concretezza al principiodi unità nazionale

deve valorizzare i principi di autonomia

e di equità, come stabilito nel nuovo Titolo V della Cost.

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La questione della quota regionale

Va ritagliata dalla quota nazionaleo è aggiuntiva ad essa?

Si tratta di un accostamento quantitativoo di un’espansione qualitativa della

quota nazionale?

Va interpretata in senso fordista oin senso post-fordista?

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La questione del nucleo di scuola e la flessibilità

La configurazione flessibile deipiani di studio allegati

al D. Lgs. 226/05 è vincolata a livello nazionale e su di

essa possono intervenire, singolarmente,solo gli alunni e le loro famiglie.

La configurazione flessibile deipiani di studio allegati al D. Lgs. 226/05

non consiste nell’aggiunta al nucleofondamentale nazionale di ulteriori quote

regionali e locali(no criterio aggiuntivo

quantitativo)

Il nucleo fondamentale nazionaleè stato inteso come composto dalla

somma dell’orario annuale obbligatorio, opzionale obbligatorio e

opzionale facoltativo

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art. 27.1 D. Lgs. 226/05

Non è possibile interpretare laconsistenza

dei piani di studio allegati al D. Lgs. 226/05 come

se fosse il risultato della sommaaritmetica o geometrica delle tre quotestabilite (nazionale, regionale e locale).

Viene riproposta la via già abbracciatadal D.P.R. 275/99, aumentando la

quota regionale/scolasticadal 15% al 20%.

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Questioni aperte dall’ art. 27.1 D. Lgs. 226/05

Come definire gli indirizzi regionali all’internodei quali ciascuna Istituzione scolastica può/

deve impiegare la quota (20%) di ore differenziate e differenzianti?

Cambiare il 20% dei piani di studio allegati alD. Lgs. 226/05

non significa anche pregiudicare la coerenzaprogettuale degli stessi con il P.E.C.U.P.?

Tutto nella scuola liceale? Confusioni funzionali e culturali

legate ai tentativi di licealizzazionedell’istruzione e formazione professionale,

grazie agli adattamenti resi possibili dall’applicazione della quota del 20%.

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E se dalle ore si passasse alle competenze e agli obiettivi?Passaggio da un’interpretazione fordista (aggiuntiva, quantitativa)

ad un’interpretazione post-fordista (qualitativa) della quota del 20%.

Le Regioni deciderebbero quale 20%di competenze attese nel P.E.C.U.P.e quale 20% di conoscenze/abilità(O.s.a.) elencate nelle Indicazioni

Nazionali meriterebbero particolare cura, intensificazione edampliamento tematico e concettuale.

Ogni Istituzione scolastica avrebbela responsabilità di adattare

fino al20% dell’orario

e delle attività previstenei piani di studio allegati

al D. Lgs. 226/05.

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In questo modo si cerca di corrispondere a necessità formative espresse a livello regionale

e di radicamento sul territorio.

Viene consentito a ciascuno studente di acquisire le competenze e le conoscenze/abilità attese dallo Stato, complete delle scelte di intensificazione/radicamento

condotte dalla Regione.

Con questa impostazione è possibile parlare diinterconnessioni e integrazioni infra ed extra sistemiche

fra licei e percorsi dell’istruzione e formazione professionale.

Conseguenzedi

un’interpretazionepost-fordistadella quotadel 20%