PadreMANZELLA Oggi - suoredelgetsemani.it · dre Manzella. È attraverso lo studio del - le lettere...

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Sped. in abb. postale Art. 2 comma 20/c - Legge 662/96 filiale di Sassari - Iscrizione al registro Stampa del Tribunale di Sassari n. 348 del 3/3/1998 Padre Anno XXI - n.2 Aprile - Maggio - Giugno 2019 Oggi M ANZELLA

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PadreAnno XXI - n.2 Aprile - Maggio - Giugno 2019 OggiMANZELLA

Nel 2014 è stato pubblicato a cu-ra di Erminio Antonello e Rober-to Lovera dalle Edizioni Vincen-

ziane il volume:LA CARITÀ IN AZIONE:EPISTOLARIO DI PADRE GIOVANNIBATTISTA MANZELLA.È un libro molto interessante perché per

la prima volta vengono pubblicate le let-tere ricevute e spedite da Padre Man-zella. Esse costituiscono uno spaccatodell’animo del Missionario e nel con-tempo danno un’idea della delicatezzadel sacerdote nel dirigere alcune figliespirituali e gli aiuti che ad esse richiede-va, soprattutto quando le missioni nondavano il frutto sperato per la durezzadei cuori degli abitanti del paese ovepredicava. È stato un lavoro immaneper i curatori che hanno dovuto decifra-re talvolta una scrittura difficile da leg-gere e trascriverne il contenuto. Il lavoro effettuato dai due curatori nonvuole “indulgere in una semplificazione

retorica della sua attività e della sua fi-gura. Un’intenzione retorica, invece chefavorire alla fine danneggia la figura diPadre Manzella, perché ne presente-rebbe prevalentemente l’aspetto im-pressionabile, e quindi superficiale;mentre in Padre Manzella c’è una ge-nialità, propria della grazia particolareche egli ha ricevuto con la sua vocazio-ne missionaria, indagando sulla quale èpropriamente possibile capire la suapersonalità”. 1

Una simile indagine andrebbe appron-tata anche per quanto riguarda i docu-menti che costituiscono l’archivio di Pa-dre Manzella. È attraverso lo studio del-le lettere e dei documenti archivisticipervenuti sino a noi che possiamo sco-prire Manzella nel suo intimo, e la mollache lo spingeva ad agire. Se è vero che“verba volant, scripta manent”, (le pa-

role volano, gli scritti rimango-no), abbiamo la fortuna di averriordinato una mole non indiffe-rente di atti che lasciano traspa-rire la sua fede, la sua visione diDio, l’amore che nutre verso laMadonna e i santi, la sua visio-ne della vita religiosa, il suo sfor-zo continuo per il raggiungi-mento dell’unione con Cristo.Questi sentimenti sono esposticon semplicità e profondità ne-gli appunti di prediche che ilManzella ci ha lasciati.Attraverso la lettura di questi

documenti è “possibile interpreta-re l’opera di carità missionaria, coglien-done il nucleo ispiratore e carismatico.Esso può trasparire dal suo epistolario,ove si colgono gli aspetti sotterranei del-la sua personalità, quelli che senza filtri,raccontano il suo lato inti-mo, quello più vero e me-no sovraccarico di inter-pretazioni. L’ideale sareb-be di poter disporre di tut-te le sue lettere. La realtà èche l’epistolario, allo statoattuale delle cose, è in-completo e sparso, e pur-troppo in parte anche per-duto”. 2

Nel lavoro di riordinamento dell’archiviodi Padre Manzella, soprattutto nell’ulti-ma fase, ci siamo imbattuti in una seriedi documenti, donati dal fratello di unsacerdote morto, che contenevano an-che alcune lettere indirizzate principal-mente alla signorina Camilla Addis diCalangianus, ed una invece inviata al

Missionario dal Teologo Carta Angelo,viceparroco di Bonorva. Questo nuovonucleo di documenti ci ha costretti a ri-vedere e rinumerare il lavoro di ordina-mento effettuato sino a quel momento.Ma è stata una graditissima sorpresa,perché tra i tanti documenti donati, sisono rinvenute anche diverse lettereinedite che riteniamo utile pubblicare inquesto contesto, proprio per cercare didare completezza a quanto già pubbli-cato dai due curatori.

PADRE MANZELLA Oggi 3

E d i t o r i a l e di Angelo Ammirati

PERIODICO DI ATTUALITÀ RELIGIOSA

Via Matteotti, 56 - 07100 SASSARITelefono e Fax 079/216060e-mail: [email protected]: [email protected]

Direttore responsabileANGELO AMMIRATI

Responsabile di redazioneGIULIANA MULAS

RedazionePIETRO PIGOZZI, MARIA SCALAS

ANNA MARIA FLORIS

CollaboratoriA. Ammirati, P. Pigozzi, G. Pinna, Diego PinnaA. Nuvoli, G. Zichi, I. Sarullo, Davide PinnaA. Baio, G. Congias, L. De Marinis, L. CoratzaA. Mameli, A. Fara, A. Addis

Progetto graficoROBERTO SATTA

ImpaginazioneALFONSO RUSSO

Anno XXI - n.2Aprile - Maggio - Giugno 2019Sped. in abb. postale Art. 2 comma 20/cLegge 662/96, filiale di Sassari

RegistrazioneIscrizione al Registro Stampadel Tribunale di Sassari n. 348 del 3/3/1998

Stampa:TAS - Industria Grafica - SassariTel. 079/262236 - 079/262231

Finito di stampare il 23 Giugno 2019Data di spedizione 28 Giugno 2019

Abbonamenti wAnnuale ordinario: e 16,00Annuale sostenitore: e 25,00

In copertina: Padre ManzellaRetro copertina: Sassari, chiesa Padre Manzella

So m m a r i o

EDITORIALE

3 ALCUNE LETTERE INEDITE DI PADRE MANZELLA di Angelo Ammirati

MAGISTERO

5 ESORTAZIONE APOSTOLICA: GAUDETE ED EXULTATE di p. Gianni Pinna osb

VITA ECCLESIALE

9 INVESTITURA DI MONS. SABA di G. Zichi

11 BEATA EDVIGE CARBONI DISCEPOLA MANZELLIANA di P. Pigozzi c.m

13 ANDATE E PREDICATE IL VANGELO “LE MISSIONI POPOLARI” di Isa Sarullo

CARISMA

15 LA BELLEZZA DELLA CARITÀ BRILLA NEI POVERI di don Diego Pinna

LECTIO DIVINA

16 MARIA UNSE I PIEDI DI GESÙ di p. Agostino Nuvoli osb

MISSIONE MADAGASCAR

18 RICORDANDO PADRE ZOCCO di suore del Getsemani

19 ISIFOTRA - MADAGASCAR I POVERI LI AVRETE SEMPRE CON VOI di suor. Giannina Congias

20 MISSIONE AD ISIFOTRA “NON SI PUÒ RIMANERE INDIFFERENTI ALLE TANTE DIFFICOLTÀ” di Lino De Marinis

21 MISSIONE AD GENTES - MADAGASCAR “INONA NO VAOVAO?” “COSA C’È DI NUOVO?” di suor. Angela Fara sdg

NOTIZIE DELL’ISTITUTO

23 SUOR LUIGIA SOLINAS “TESTIMONE DELLE COSE CELESTI” di suor. Anna Mameli sdg

24 L’ORA DEL GETSEMANI: MUSICA E PREGHIERA di Leonarda Coratza

ARTE CULTURA

26 LA MUSICA, UN’ARTE DA RISCOPRIRE di Davide Pinna

ATTUALITÀ

28 CANALE MONDO: COMUNICAZIONE VIRTUALE… di Angela Baio

TESTIMONIANZE

30 TESTIMONIANZA PER GRAZIA RICEVUTA di Angela Addis

Alcune lettere inedite di Padre Manzella

Il Periodico PADRE MANZELLA OGGI, si sostiene anche con la partecipazione di Voi lettori.Chi desidera contribuire, in allegato troverete il bollettino postale. c/c postale n°12206074Per il rinnovo dell’abbonamento, specificare se è nuovo abbonato.Intestato a: Istituto Suore del Getsemani “Periodico Padre Manzella Oggi”. La Segreteria

PadreMANZELLAOggi

VERBA VOLANT,SCRIPTA MANENT,LE PAROLE VOLANO,GLI SCRITTI RIMANGONO[

di Angelo Ammirati

Foto di Padre Manzella

Lettera

Biglietto

PADRE MANZELLA Oggi 5

Riportiamo, trascrivendole, in ordinecronologico le lettere rinvenute.La prima lettera è una richiesta inoltratadal Teologo Carta Angelo a Padre Man-zella ed è datata: Bonorva, 3 dicembre1907:M. Rev.° Sig. Manzella,Le suore di Bonorva mi hanno mandatouna lira importare del prestito che io fe-ci a lei nella sacristia Parrocchiale in ungiorno delle scorse Missioni. Io ricusaidi prenderle, informando le suore chemi ero aggiustato con lei. E lei ricorderàche le diedi in più della lira settantacentesimi raccomandandole che miavesse mandato una dozzena di Rosari.Ora, se crede se li tiene in pronto, ellapuò mandarmi il plico dei Rosari, es-sendoché, come le dissi, li avevo pro-messi a diversi Bonorvesi, che tutti igiorni mi tormentano per sapere se misono arrivati. Mi dimenticai di racco-mandarglielo a voce ieri.

Le auguro ogni bene dal cielo e tanti etanti anni di vita a bene delle anime.Con stima eletta.Della S.V. M. Rev. Umil.mo Teol. CartaAngelo. Viceparroco. 3

La seconda lettera è scritta da PadreManzella da Parigi su una cartolina po-stale ed è indirizzata:Alla StimatissimaCamilla Addis divota di LurasItalie Sardaigne (Tempio)Un saluto da Parigi a te e famiglia tutta.Il 28 sarò a Calangianus per la festa diS. Vincenzo. Arriverò il giorno prima allamattina. Intanto qui a Parigi ho soddi-sfatto le mie divozioni, onorando le reli-

quie di S. Vincenzo - l’altare ove appar-ve la B.V. - Il Tempio d(i) Sacro Cuore. Agiorni andrò a Lourdes poi per la via diMarsiglia tornerò a Sassari. A Calangia-nus verrò o da Sassari, o dal Terranovacome si combineranno le cose.Pregherò a Lourdes per tutto il mondo.Che la B.V.S. mi voglia esaudire.In Gesù MariaGB ManzellaParis, 2 febbraio 1924.4

La terza lettera, si sup-pone essere destinatasempre a Camilla Addis,contenuta in una bustasulla quale figura lascritta:“Per favore Signorina Camilla AddisFiglia di Maria LurasCarissima in Gesù e Ma-ria

Andrò a Calangianus il ventisette matti-na proveniente da Terranova. Ho porta-to tante grazie da tutti i santuari peiquali son passato.Aff. GBA ManzellaGenova, 22 settembre 1924 5

La quarta lettera è inviata sempre allaSig.na Camilla AddisCarissima Camilla in Gesù e MariaRicevo tua lettera. Scrivo io al... (partedel foglio è strappato). I tuoi dolori sonopassati? Io non conosco che tu abbia al-tra malattia, e come penso così scrivo.Tu intanto prega Gesù che ti dia la salu-te. Intanto ti prepari a praticare le virtù del-

lo stato religioso. La pazienza, la carità,la mortificazione, L’obbedienza, e più ditutto non dir mai il tuo parere. Se nonsarai accettata tu sei sempre di Gesù lostesso. Tu hai fatti voti religiosi da moltotempo. Gesù vede il tuo cuore.Vi son molte sante che si fecero sante acasa loro per non essere accettate incomunità. Ci facciamo santi dappertut-to. Io a buon conto scrivo.

In Gesù e MariaGBA ManzellaSassari (seminario), 21 novembre 19266

Non sono più nella casa della missione;ma nel Seminario Direttore spirituale.La quinta lettera, senza data, è scrittada Padre Manzella dietro una sua pic-cola foto, ritrovata nella busta, descrittasopra, indirizzata a Camilla Addis:La comunità è un paradiso in terra, se siprende pel suo dritto. Gesù le sia custo-de e le conservi la vocazione non basta;ma l’avanzamento nella perfezione.GBA Manzella. 7

Che la comunità, la famiglia sia vera-mente per tutti noi un paradiso in terrase in essa si vive con l’amore giusto diveri fratelli, nel rispetto reciproco sup-portato dall’amore per il Cristo. g

Note

1 Padre Manzella mistico missionario della carità, Attidel convegno di studio promosso dalle suore del Get-semani in occasione del 70° di morte e dell’80° di fon-dazione dell’Istituto delle Suore del Getsemani, CarloDelfino editore, Sassari, 2008, pag. 45. 2 ibidem pag 463 ASPGBM SS, b. 21, fasc, 164 ASPGBM SS, b. 51, fasc, 39 5 ASPGBM SS, b. 51, fasc, 406 ASPGBM SS, b. 51, fasc, 41 7 ibidem

PADRE MANZELLA Oggi 4

Ma g i s t e r oE d i t o r i a l e

Scritto di Manzella

Carte Posta

Nel quarto capitolo della “ Esorta-zione apostolica sulla chiamataalla santità...”, papa Francesco

delinea “ cinque grandi manifestazionidell’amore per Dio e per il prossimo”che costituiscono punti di riferi-mento precisi e fondamentali perchi voglia scegliere il Signore Ge-sù come unica guida del propriocammino di vita. ALCUNE CARATTERISTICHEDELLA SANTITÀ NEL MONDOATTUALE110. All’interno del grande qua-dro della santità che ci propongo-no le Beatitudini e Matteo 25,31-46, vorrei raccogliere alcune ca-ratteristiche o espressioni spiri-tuali che, a mio giudizio, sono in-dispensabili per comprendere lostile di vita a cui il Signore ci chia-ma. Non mi fermerò a spiegare imezzi di santificazione che giàconosciamo: i diversi metodi dipreghiera, i preziosi sacramentidell’Eucaristia e della Riconcilia-zione, l’offerta dei sacrifici, le va-rie forme di devozione, la direzio-ne spirituale, e tanti altri. Mi riferi-rò solo ad alcuni aspetti della chiamataalla santità che spero risuonino in ma-niera speciale.111. Queste caratteristiche che voglioevidenziare non sono tutte quelle chepossono costituire un modello di santi-tà, ma sono cinque grandi manifesta-zioni dell’amore per Dio e per il prossi-mo che considero di particolare impor-tanza a motivo di alcuni rischi e limitidella cultura di oggi. In essa si manife-stano: l’ansietà nervosa e violenta che ci

disperde e debilita; la negatività e la tri-stezza; l’accidia comoda, consumistaed egoista; l’individualismo, e tante for-me di falsa spiritualità senza incontrocon Dio che dominano nel mercato reli-gioso attuale.Sopportazione, pazienza e mitezza112. La prima di queste grandi caratte-ristiche è rimanere centrati, saldi in Dioche ama e sostiene. A partire da questafermezza interiore è possibile sopporta-re, sostenere le contrarietà, le vicissitu-dini della vita, e anche le aggressionidegli altri, le loro infedeltà e i loro difetti:«Se Dio è con noi, chi sarà contro dinoi?» (Rm 8,31). Questo è fonte di paceche si esprime negli atteggiamenti di un

santo. Sulla base di tale solidità interio-re, la testimonianza di santità, nel no-stro mondo accelerato, volubile e ag-gressivo, è fatta di pazienza e costanzanel bene. È la fedeltà dell’amore, per-ché chi si appoggia su Dio (pistis) puòanche essere fedele davanti ai fratelli(pistós), non li abbandona nei momentidifficili, non si lascia trascinare dall’an-sietà e rimane accanto agli altri anchequando questo non gli procura soddi-sfazioni immediate.

113. San Paolo invitava i cristiani di Ro-ma a non rendere «a nessuno male permale» (Rm 12,17), a non voler farsi giu-stizia da sé stessi (cfr v. 19) e a non la-sciarsi vincere dal male, ma a vincere ilmale con il bene (cfr v. 21). Questo at-teggiamento non è segno di debolezzama della vera forza, perché Dio stesso«è lento all’ira, ma grande nella poten-za» (Na 1,3). La Parola di Dio ci ammo-nisce: «Scompaiano da voi ogni asprez-za, sdegno, ira, grida e maldicenze conogni sorta di malignità» (Ef 4,31).114. È necessario lottare e stare inguardia davanti alle nostre inclinazioniaggressive ed egocentriche per nonpermettere che mettano radici: «Adira-

tevi, ma non peccate; non tra-monti il sole sopra la vostra ira»(Ef 4,26). Quando ci sono circo-stanze che ci opprimono, pos-siamo sempre ricorrere all’anco-ra della supplica, che ci condu-ce a stare nuovamente nellemani di Dio e vicino alla fontedella pace: «Non angustiateviper nulla, ma in ogni circostanzafate presenti a Dio le vostre ri-chieste con preghiere, suppli-che e ringraziamenti. E la pacedi Dio, che supera ogni intelli-genza, custodirà i vostri cuori»(Fil 4,6-7).115. Anche i cristiani possonopartecipare a reti di violenza ver-bale mediante internet e i diversiambiti o spazi di interscambiodigitale. Persino nei media cat-tolici si possono eccedere i limi-ti, si tollerano la diffamazione ela calunnia, e sembrano esclusi

ogni etica e ogni rispetto per il buon no-me altrui. Così si verifica un pericolosodualismo, perché in queste reti si dico-no cose che non sarebbero tollerabilinella vita pubblica, e si cerca di com-pensare le proprie insoddisfazioni scari-cando con rabbia i desideri di vendetta.È significativo che a volte, pretendendodi difendere altri comandamenti, si pas-si sopra completamente all’ottavo:«Non dire falsa testimonianza», e si di-strugga l’immagine altrui senza pietà. Lì

Esortazione ApostolicaGaudete et Exultate

SIATE SEMPRE LIETI

NEL SIGNORE,VE LO RIPETO:SIATE LIETI[

di Gianni Pinna osb

Il Profeta Isaia

PADREMANZELLA Oggi 7PADREMANZELLA Oggi 6

Ma g i s t e r oM a g i s t e r o

Gesù, che noi stiamo vivendo, comeuna rivelazione della gioia: «Canta edesulta!» (Is12,6); «Sali su un alto mon-te, tu che annunci liete notizie a Sion!Alza la tua voce con forza, tu che an-nunci liete notizie a Gerusalemme»(Is 40,9); «Gridate di gioia, o monti, per-ché il Signore consola il suo popolo e hamisericordia dei suoi poveri» (Is 49,13);«Esulta grandemente, figlia di Sion, giu-bila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a teviene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso»(Zc 9,9). E non dimentichiamo l’esorta-zione di Neemia: «Non vi rattristate,perché la gioia del Signore è la vostraforza» (8,10).124. Maria, che ha saputo scoprire lanovità portata da Gesù, cantava:«Il mio spirito esulta» (Lc 1,47)e Gesù stesso «esultò di gioianello Spirito Santo» (Lc 10,21).Quando Lui passava, «la follaintera esultava» (Lc 13,17). Do-po la sua risurrezione, dovegiungevano i discepoli si riscon-trava «una grande gioia»(At 8,8). A noi Gesù dà una si-curezza: «Voi sarete nella tri-stezza, ma la vostra tristezza sicambierà in gioia. […] Vi vedròdi nuovo e il vostro cuore si ral-legrerà e nessuno potrà togliervila vostra gioia» (Gv 16,20.22).«Vi ho detto queste cose per-ché la mia gioia sia in voi e lavostra gioia sia piena» (Gv 15,11).125. Ci sono momenti duri, tempi dicroce, ma niente può distruggere la gio-ia soprannaturale, che «si adatta e sitrasforma, e sempre rimane almeno co-me uno spiraglio di luce che nasce dallacertezza personale di essere infinita-mente amato, al di là di tutto».[100] Èuna sicurezza interiore, una serenitàpiena di speranza che offre una soddi-sfazione spirituale incomprensibile se-condo i criteri mondani.126. Ordinariamente la gioia cristiana èaccompagnata dal senso dell’umorismo,così evidente, ad esempio, in san Tom-maso Moro, in san Vincenzo de Paoli oin san Filippo Neri. Il malumore non èun segno di santità: «Caccia la malinco-nia dal tuo cuore» (Qo 11,10). È cosìtanto quello che riceviamo dal Signore«perché possiamo goderne» (1Tm 6,17), che a volte la tristezza è lega-ta all’ingratitudine, con lo stare talmentechiusi in sé stessi da diventare incapaci

di riconoscere i doni di Dio.[101]127. Il suo amore paterno ci invita: «Fi-glio, […] trattati bene […]. Non privartidi un giorno felice» (Sir 14,11.14). Civuole positivi, grati e non troppo compli-cati: «Nel giorno lieto sta’ allegro […].Dio ha creato gli esseri umani retti, maessi vanno in cerca di infinite complica-zioni» (Qo 7,14.29). In ogni situazione,occorre mantenere uno spirito flessibile,e fare come san Paolo: «Ho imparato abastare a me stesso in ogni occasione»(Fil 4,11). È quello che viveva san Fran-cesco d’Assisi, capace di commuoversidi gratitudine davanti a un pezzo di pa-ne duro, o di lodare felice Dio solo per labrezza che accarezzava il suo volto.

128. Non sto parlando della gioia con-sumista e individualista così presente inalcune esperienze culturali di oggi. Ilconsumismo infatti non fa che appesan-tire il cuore; può offrire piaceri occasio-nali e passeggeri, ma non gioia. Mi riferi-sco piuttosto a quella gioia che si vive incomunione, che si condivide e si parte-cipa, perché «si è più beati nel dare chenel ricevere» (At 20,35) e «Dio ama chidona con gioia» (2 Cor 9,7). L’amore fra-terno moltiplica la nostra capacità di gio-ia, poiché ci rende capaci di gioire delbene degli altri: «Rallegratevi con quelliche sono nella gioia» (Rm 12,15). «Cirallegriamo quando noi siamo deboli evoi siete forti» (2 Cor 13,9). Invece, se«ci concentriamo soprattutto sulle no-stre necessità, ci condanniamo a viverecon poca gioia».[102]Audacia e fervore129. Nello stesso tempo, la santitàè parresia: è audacia, è slancio evange-lizzatore che lascia un segno in questo

mondo. Perché ciò sia possibile, Gesùstesso ci viene incontro e ci ripete conserenità e fermezza: «Non abbiate pau-ra» (Mc 6,50). «Io sono con voi tutti igiorni, fino alla fine del mondo»(Mt 28,20). Queste parole ci permetto-no di camminare e servire con quell’at-teggiamento pieno di coraggio che loSpirito Santo suscitava negli Apostolispingendoli ad annunciare Gesù Cristo.Audacia, entusiasmo, parlare con liber-tà, fervore apostolico, tutto questo ècompreso nel vocabolo parresia, parolacon cui la Bibbia esprime anche la li-bertà di un’esistenza che è aperta, per-ché si trova disponibile per Dio e per ifratelli (cfr At 4,29; 9,28; 28,31; 2

Cor 3,12; Ef 3,12; Eb 3,6; 10,19).130. Il beato Paolo VI menziona-va tra gli ostacoli dell’evangelizza-zione proprio la carenza di parre-sia: «la mancanza di fervore, tan-to più grave perché nasce dal didentro».[103] Quante volte cisentiamo strattonati per fermarcisulla comoda riva! Ma il Signoreci chiama a navigare al largo e agettare le reti in acque più pro-fonde (cfr Lc 5,4). Ci invita aspendere la nostra vita al suo ser-vizio. Aggrappati a Lui abbiamo ilcoraggio di mettere tutti i nostricarismi al servizio degli altri. Po-tessimo sentirci spinti dal suoamore (cfr 2 Cor 5,14) e dire con

san Paolo: «Guai a me se non annuncioil Vangelo!» (1 Cor 9,16).131. Guardiamo a Gesù: la sua com-passione profonda non era qualcosache lo concentrasse su di sé, non erauna compassione paralizzante, timida opiena di vergogna come molte voltesuccede a noi, ma tutto il contrario. Erauna compassione che lo spingeva auscire da sé con forza per annunciare,per inviare in missione, per inviare aguarire e a liberare. Riconosciamo lanostra fragilità ma lasciamo che Gesù laprenda nelle sue mani e ci lanci in mis-sione. Siamo fragili, ma portatori di untesoro che ci rende grandi e che puòrendere più buoni e felici quelli che loaccolgono. L’audacia e il coraggio apo-stolico sono costitutivi della missione.132. La parresia è sigillo dello Spirito,testimonianza dell’autenticità dell’an-nuncio. È felice sicurezza che ci porta agloriarci del Vangelo che annunciamo,è fiducia irremovibile nella fedeltà del

Il mio spirito esulta

si manifesta senza alcun controllo chela lingua è «il mondo del male» e «in-cendia tutta la nostra vita, traendo lasua fiamma dalla Geenna» (Gc 3,6).116. La fermezza interiore, che è operadella grazia, ci preserva dal lasciarcitrascinare dalla violenza che invade lavita sociale, perché la grazia smorza lavanità e rende possibile la mitezza delcuore. Il santo non spreca le sue ener-gie lamentandosi degli errori altrui, ècapace di fare silenzio davanti ai difettidei fratelli ed evita la violenza verbaleche distrugge e maltratta, perché non siritiene degno di essere duro con gli al-tri, ma piuttosto li consi-dera «superiori a sé stes-so» (Fil 2,3).117. Non ci fa bene guar-dare dall’alto in basso, as-sumere il ruolo di giudicispietati, considerare gli al-tri come indegni e preten-dere continuamente didare lezioni. Questa è unasottile forma di violen-za.[95] San Giovanni del-la Croce proponeva un’al-tra cosa: «Sii più inclinatoad essere ammaestratoda tutti che a volere am-maestrare chi è inferiore atutti».[96] E aggiungevaun consiglio per tenerelontano il demonio: «Ral-legrandoti del bene degli altri come sefosse tuo e cercando sinceramente chequesti siano preferiti a te in tutte le co-se. In tal modo vincerai il male con ilbene, caccerai lontano da te il demonioe ne ricaverai gioia di spirito. Cerca difare ciò specialmente con coloro i qualimeno ti sono simpatici. Sappi che senon ti eserciterai in questo campo, nongiungerai alla vera carità né farai profit-to in essa».[97]118. L’umiltà può radicarsi nel cuoresolamente attraverso le umiliazioni.Senza di esse non c’è umiltà né santità.Se tu non sei capace di sopportare e of-frire alcune umiliazioni non sei umile enon sei sulla via della santità. La santitàche Dio dona alla sua Chiesa viene me-diante l’umiliazione del suo Figlio: que-sta è la via. L’umiliazione ti porta ad as-somigliare a Gesù, è parte ineludibiledell’imitazione di Cristo: «Cristo patì pervoi, lasciandovi un esempio, perché neseguiate le orme» (1 Pt 2,21). Egli a sua

volta manifesta l’umiltà del Padre, chesi umilia per camminare con il suo po-polo, che sopporta le sue infedeltà emormorazioni (cfr. Es 34,6-9; Sap 11,23-12,2; Lc 6,36). Per questa ragione gliApostoli, dopo l’umiliazione, erano «lietidi essere stati giudicati degni di subire ol-traggi per il nome di Gesù» (At 5,41).119. Non mi riferisco solo alle situazioniviolente di martirio, ma alle umiliazioniquotidiane di coloro che sopportano persalvare la propria famiglia, o evitano diparlare bene di sé stessi e preferisconolodare gli altri invece di gloriarsi, scelgo-no gli incarichi meno brillanti, e a volte

preferiscono addirittura sopportarequalcosa di ingiusto per offrirlo al Si-gnore: «Se, facendo il bene, sopporte-rete con pazienza la sofferenza, ciò sa-rà gradito davanti a Dio» (1 Pt 2,20).Non è camminare a capo chino, parla-re poco o sfuggire dalla società. A vol-te, proprio perché è libero dall’egocen-trismo, qualcuno può avere il coraggiodi discutere amabilmente, di reclamaregiustizia o di difendere i deboli davantiai potenti, benché questo gli procuriconseguenze negative per la sua im-magine.120. Non dico che l’umiliazione siaqualcosa di gradevole, perché questosarebbe masochismo, ma che si trattadi una via per imitare Gesù e crescerenell’unione con Lui. Questo non è com-prensibile sul piano naturale e il mondoridicolizza una simile proposta. È unagrazia che abbiamo bisogno di suppli-care: “Signore, quando vengono le umi-liazioni, aiutami a sentire che mi trovo

dietro di te, sulla tua via”.121. Tale atteggiamento presupponeun cuore pacificato da Cristo, libero daquell’aggressività che scaturisce da unio troppo grande. La stessa pacificazio-ne, operata dalla grazia, ci permette dimantenere una sicurezza interiore e re-sistere, perseverare nel bene «anche sevado per una valle oscura» (Sal 23,4) oanche «se contro di me si accampa unesercito» (Sal 27,3). Saldi nel Signore,la Roccia, possiamo cantare: «In pacemi corico e subito mi addormento, per-ché tu solo, Signore, fiducioso mi fai ri-posare» (Sal 4,9). In definitiva, Cristo

«è la nostra pace»(Ef 2,14) ed è venuto a«dirigere i nostri passisulla via della pace»(Lc 1,79). Egli comunicòa santa Faustina Kowal-ska che «l’umanità nontroverà pace, finché nonsi rivolgerà con fiducia al-la MiaMisericordia».[98] Noncadiamo dunque nellatentazione di cercare lasicurezza interiore neisuccessi, nei piaceri vuo-ti, nel possedere, nel do-minio sugli altri o nell’im-magine sociale: «Vi do lamia pace», ma «non co-me la dà il mondo»

(Gv 14,27).Gioia e senso dell’umorismo122. Quanto detto finora non implicauno spirito inibito, triste, acido, malin-conico, o un basso profilo senza ener-gia. Il santo è capace di vivere con gioiae senso dell’umorismo. Senza perdere ilrealismo, illumina gli altri con uno spiri-to positivo e ricco di speranza. Esserecristiani è «gioia nello Spirito Santo»(Rm 14,17), perché «all’amore di caritàsegue necessariamente la gioia. Poichéchi ama gode sempre dell’unione conl’amato […] Per cui alla carità segue lagioia».[99] Abbiamo ricevuto la bellez-za della sua Parola e la accogliamo «inmezzo a grandi prove, con la gioia delloSpirito Santo» (1 Ts 1,6). Se lasciamoche il Signore ci faccia uscire dal nostroguscio e ci cambi la vita, allora potremorealizzare ciò che chiedeva san Paolo:«Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ri-peto: siate lieti» (Fil 4,4).123. I profeti annunciavano il tempo di

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Testimone fedele, che ci dà la certezzache nulla «potrà mai separarci dal-l’amore di Dio» (Rm 8,39).133. Abbiamo bisogno della spinta del-lo Spirito per non essere paralizzati dal-la paura e dal calcolo, per non abituarcia camminare soltanto entro confini si-curi. Ricordiamoci che ciò che rimanechiuso alla fine ha odore di umidità e cifa ammalare. Quando gli Apostoli pro-varono la tentazione di lasciarsi paraliz-zare dai timori e dai pericoli, si misero apregare insieme chiedendo la parresia:«E ora, Signore, volgi lo sguardo alle lo-ro minacce e concedi ai tuoi servi diproclamare con tutta franchezza la tuaparola» (At 4,29). E la risposta fu che«quand’ebbero terminato la preghiera,il luogo in cui erano radunati tremò etutti furono colmati di Spirito Santo eproclamavano la parola di Dio con fran-chezza» (At 4,31).134. Come il profeta Giona, sempre por-tiamo latente in noi la tentazione di fug-gire in un luogo sicuro che può averemolti nomi: individualismo, spirituali-smo, chiusura in piccoli mondi, dipen-denza, sistemazione, ripetizione dischemi prefissati, dogmatismo, nostal-gia, pessimismo, rifugio nelle norme.Talvolta facciamo fatica ad uscire da unterritorio che ci era conosciuto e a porta-ta di mano. Tuttavia, le difficoltà posso-no essere come la tempesta, la balena,il verme che fece seccare il ricino di Gio-na, o il vento e il sole che gli scottaronola testa; e come fu per lui, possono ave-re la funzione di farci tornare a quel Dioche è tenerezza e che vuole condurci a

un’itineranza costante e rinnovatrice.135. Dio è sempre novità, che ci spingecontinuamente a ripartire e a cambiareposto per andare oltre il conosciuto, ver-so le periferie e le frontiere. Ci conducelà dove si trova l’umanità più ferita e do-ve gli esseri umani, al di sotto dell’appa-

renza della superficialità e del conformi-smo, continuano a cercare la rispostaalla domanda sul senso della vita. Dionon ha paura! Non ha paura! Va sempreal di là dei nostri schemi e non teme leperiferie. Egli stesso si è fatto periferia(cfr Fil 2,6-8; Gv 1,14). Per questo, seoseremo andare nelle periferie, là lo tro-veremo: Lui sarà già lì. Gesù ci precedenel cuore di quel fratello, nella sua car-ne ferita, nella sua vita oppressa, nellasua anima ottenebrata. Lui è già lì.136. È vero che bisogna aprire la portaa Gesù Cristo, perché Lui bussa e chia-ma (cfr Ap 3,20). Ma a volte mi doman-do se, a causa dell’aria irrespirabile del-la nostra autoreferenzialità, Gesù nonstarà bussando dentro di noi perché lolasciamo uscire. Nel Vangelo vediamocome Gesù «andava per città e villaggi,predicando e annunciando la buonanotizia del regno di Dio» (Lc8,1). Anchedopo la risurrezione, quando i discepolipartirono in ogni direzione, «il Signore

agiva insieme con loro» (Mc 16,20).Questa è la dinamica che scaturisce dalvero incontro.137. L’abitudine ci seduce e ci dice chenon ha senso cercare di cambiare lecose, che non possiamo far nulla difronte a questa situazione, che è sem-

pre stato così e che tuttavia siamoandati avanti. Per l’abitudine noinon affrontiamo più il male e per-mettiamo che le cose “vadanocome vanno”, o come alcuni han-no deciso che debbano andare.Ma dunque lasciamo che il Si-gnore venga a risvegliarci, a dareuno scossone al nostro torpore, aliberarci dall’inerzia. Sfidiamol’abitudinarietà, apriamo bene gliocchi e gli orecchi, e soprattutto ilcuore, per lasciarci smuovere daciò che succede intorno a noi edal grido della Parola viva ed effi-cace del Risorto.138. Ci mette in moto l’esempio ditanti sacerdoti, religiose, religiosi elaici che si dedicano ad annuncia-re e servire con grande fedeltà,molte volte rischiando la vita ecertamente a prezzo della loro co-modità. La loro testimonianza ciricorda che la Chiesa non ha biso-gno di tanti burocrati e funzionari,ma di missionari appassionati, di-vorati dall’entusiasmo di comuni-care la vera vita. I santi sorpren-

dono, spiazzano, perché la loro vita cichiama a uscire dalla mediocrità tran-quilla e anestetizzante.139. Chiediamo al Signore la grazia dinon esitare quando lo Spirito esige danoi che facciamo un passo avanti; chie-diamo il coraggio apostolico di comuni-care il Vangelo agli altri e di rinunciare afare della nostra vita un museo di ricor-di. In ogni situazione, lasciamo che loSpirito Santo ci faccia contemplare lastoria nella prospettiva di Gesù risorto.In tal modo la Chiesa, invece di stancar-si, potrà andare avanti accogliendo lesorprese del Signore.140. Qui papa Francesco tocca unpunto particolarmente rilevante per lavita di ogni persona: il rapporto di co-munità. “La santificazione è un cammi-no comunitario...”.Riflettiamo molto seriamente su quantoil papa ci dice. g

(Continua)

PADREMANZELLA Oggi 8

Ma g i s t e r o V i t a E c c l e s i a l e

Beato Paolo VI

Gesu...Io sto alla porta e busso.

Investitura di mons. Saba a Grande Ufficialedell’Ordine Equestre del santo Sepolcro di Gerusalemme

Il 2 Maggio l’arcivescovo mons. Sabain una solenne celebrazione presso ilsantuario di S. Pietro in Silki ha rice-

vuto dalle mani del Gran Priore, mons.Arrigo Miglio, l’investitura a Grande Uffi-ciale dell’Ordine Equestre del Santo Se-polcro di Gerusalemme.Hanno partecipato al rito il Luogotenen-te della Sardegna Marco Cantori, il Pre-side del Nord Sardegna comm. Leonar-do Tilocca e i cavalieri e le dame delladelegazione di Sassari ed una rappre-

sentanza dei membri delle delegazionidi Cagliari, Nuoro e Oristano.Il vincolo antico e glorioso lega questoSodalizio cavalleresco al Santo Sepolcrodi Cristo, dove viene celebrata in manie-ra tutta particolare la gloria della Suamorte e della Resurrezione. Proprioquesto costituisce il fulcro centrale dellaspiritualità dei Cavalieri del S. Sepolcro.È uno dei più importanti Ordini dellaSanta Sede, godendo di una singolareattenzione da parte dei Romani Pontefi-ci, che hanno sempre onorato la TerraSanta e operato sempre a fianco del Pa-triarcato Latino di Gerusalemme.Papa Francesco ha affidato all’Ordine ilcompito di operare al servizio della “cul-tura dell’incontro”, in particolare attra-verso opere di educazione che permet-tano ai giovani delle diverse confessionidi crescere imparando insieme a rispet-tare le differenze e a discernere in que-ste una ricchezza. “L’educazione è l’ar-

ma più potente” ha affermato nel 2015il Patriarca Latino di Gerusalemme,mons. Fouad Twal, Gran Priore dell’Or-dine. In questa logica pastorale la frater-nità universale è il principale obiettivodel Sodalizio.Anche per tale motivo l’investitura diMons. Saba si può considerare stretta-mente legata al progetto Accademia,pensato fin dall’inizio del suo episcopa-to, che ora man mano viene realizzato.Infatti l’obiettivo è quello di favorire unapacifica e fruttuosa integrazione dei po-poli e delle civiltà in una civiltà multiet-nica, multiculturale e multireligiosa nelcontesto europeo e internazionale, an-che per agevolare lo sviluppo economi-co e culturale del territorio.La scelta poi della chiesa della Madon-nina delle Grazie – ha ricordato monsMiglio – è dovuta soprattutto a due mo-tivi. Anzitutto perché è il mese di Mag-gio e Sassari ha avuto da sempre una

IL NUOVO INGRESSO DI LAICI

E DI ECCLESIASTICI NELL’ORDINE

È CHIARO SEGNO

DI UNO SVILUPPO

DEL SODALIZIO NELLA NOSTRA ISOLA[di mons. G. Zichi

Mons. Arcivescovo di Cagliari A. Miglio

PADRE MANZELLA Oggi 10 PADRE MANZELLA Oggi 11

V i t a E c c l e s i a l e V i t a E c c l e s i a l e

devozione profonda verso la Madonninadelle Grazie; e in secondo luogo perchéofficiata dai frati minori osservanti Cu-stodi della Terra Santa.Personalmente aggiungo una terza mo-tivazione.A Sassari nell’ antico convento dei frati,soppresso a seguito delle Leggi Siccar-di, ha abitato il francescano beato Paci-fico da Novara o da Cerano. Nell’estatedel 1481 era stato inviato in Sardegnaquale commissario apostolico dell’Ordi-ne dei minori, a seguito della Bolla dellaCrociata Domini ac Salvatoris nostri vo-luta da papa Sisto IV, per la difesa daiturchi che occupavano già diverse re-gioni d’Italia.Il beato morì in quel convento ai primidi giugno del 1482. Sulla porta dellasua cella una lastra di marmo ne ricor-

da la memoria.Il legame tra le Crociate e l’OrdineEquestre è evidentissimo. Con una so-stanziale differenza. Oggi non si usanoarmi di morte e distruzione, ma la pre-ghiera, la testimonianza, la fede nellaRisurrezione di Cristo, e la carità per so-stenere le opere di educazione e pro-mozione volute dal Patriarcato di Geru-salemme.Dopo la cerimonia d’investitura dell’ar-civescovo si è svolto il passaggio delVessillo di Delegazione al nuovo Delega-to Alberto Tavera e di quello della Sezio-ne Sardegna Nord al nuovo PresideLeonardo Tilocca.Appena due giorni dopo, esattamente il4 e 5 Maggio, nella Cattedrale di Caglia-ri si è svolta la veglia d’armi e l’investitu-ra dei nuovi cavalieri e dame per manodel Gran Maestro dell’Ordine sua Emi-nenza il Signor cardinale Eduvin Frede-rich O’ Brien.Il nuovo ingresso di laici e di ecclesiasti-ci nell’Ordine è chiaro segno di uno svi-luppo del Sodalizio nella nostra isola.Alla Luogotenenza per l’Italia Sardegna,comprendente le sezioni di Cagliari eSassari con le rispettive delegazioni, allequali si aggiungono quelle di Oristano eNuoro, oggi appartengono 220 membri,di cui 20 sono ecclesiastici. In particola-re è motivo di grande onore per l’Ordinel’appartenenza degli arcivescovi di Ca-gliari, Sassari e Oristano ed i vescovi diNuoro ed Ozieri, con la prospettiva dicreare a breve scadenza altre sezioni. g

Beata Edvige CarboniDiscepola manzelliana

P. MANZELLA DICEVA DI LEI:È UNA SANTA,VIVE PIÙ IN CIELO

CHE IN TERRA[di P. Pigozzi c.m

Il 15 giugno 2019 a Pozzomaggioreviene beatificata la venerabile EdvigeCarboni (1880-1952), una delle figlie

spirituali di Padre Manzella finché vissea Pozzomaggiore. La conobbe signorinadi 27 anni e catechista, durante la mis-sione del 1907, predicata da lui nel me-se di febbraio insieme con il canonicoAntonio Frau di Castelsardo. Ne diven-ne subito la guida spirituale fino al1929, ogni qualvolta aveva occasione ditrovarsi in paese o nelle vicinanze: Se-mestene, Padria, Bonorva, Sindia, Gia-ve, Suni, Macomer, ecc.

Qui c’è bisogno di preghiera …Nel 1909, nove anni prima di Padre Pioda Pietrelcina, Edvige fu privile-giata con il dono mistico dellestigmate, che le perduraronoper tutta la vita. Presto si mani-festarono anche le famose bilo-cazioni mistiche. Una di questeè raccontata dal parroco Gio-vanni Faedda. Nel marzo 1925Padre Manzella predicava lasanta missione a Sindia. Notan-do che i fedeli partecipanti era-no molto pochi e piuttosto di-stratti. Dopo vari inviti e tentativiandati a vuoto, tutto sconsolato,Padre Manzella interruppe unapredica dicendo: “È per la miaindegnità e poca preghiera che questapopolazione non viene; ma ora chiamoa pregare qui, insieme con me, due ani-me che sanno pregare”. Scese dal pul-pito e andò ad inginocchiarsi davantiall’altare. A un certo punto, la gente eb-be la sensazione di vedere accanto a

lui, come chierichetti, due altre personeche l’accompagnavano: erano EdvigeCarboni e Leontina Sotgiu, che pregava-no silenziosamente insieme con lui. Daquel momento la missione cambiò total-mente ed ebbe un ottimo risultato. In-fatti, tra le lettere manzelliane troviamoquesta del 20 marzo, indirizzata proprioa Leontina Sotgiu: “La missione è trion-fante. Non potrebbe andar meglio. Iostasera fui da due in casa, che non vo-levano il prete. Si confessarono con tut-ta facilità. Tu mi scrivi: Gesù dice diconvertire i cuori induriti. È proprio così.Quanti non vogliono il prete! Al mio arri-

vo si piegano subito. Sono stupito iostesso. Grazie di tua lettera. Io son sem-pre scoraggiato di me. Ho bisogno diessere sostenuto. Grazie…” 1.La sorella di Edvige, Paolina, fu propo-sta da Padre Manzella come prima in-segnante nell’Asilo Infantile di Calangia-

nus: inaugurato il 29 dicembre 1927, virimase fino al luglio 1929, quando ledue sorelle decisero di trasferirsi nel La-zio, dove Paolina aveva avuto la primadestinazione scolastica di maestra ele-mentare.

“In Sardegna abbiamo una santa!...”Il P. Manzella diceva di lei: ‘È una santa,vive più in cielo che in terra.È interessante la testimonianza di DonPietro Fadda, parroco di Pozzomaggio-re e testimone oculare: ‘Il P. Manzella,quando, nel suo incessante peregrinareper tutti i paesi della Sardegna, capitava

a Pozzomaggiore, alloggiava incasa del Parroco, cioè in casamia. Spesso s’intratteneva aparlare in edificante familiarità.Era in queste occasioni che, franoi, soleva parlare insistente-mente di Ed vige, manifestandonei suoi confronti un’ammira-zione e una venera zione davve-ro singolari. Sentivo dire che diessa soleva parlare negli stessitermini anche in altre case delpaese’.

L’alto concetto e la sicurezzache il P. Manzella esprimeva

nei riguardi della santità di Edvige fuconfermato da Paolina stessa che testi-moniò: “Padre Manzella si confidavacon Edvige e le scriveva. Quando era inmissione a Pozzomaggiore, veniva a tro-varci in casa. Un giorno mentre si trova-va a predicare a Tempio nella Gallura,

Pozzomaggiore, Parrocchia di S.Giorgio

Pozzomaggiore panorama

Il Cardinale Eduvin Frederich O’ Brien con i nuovi cavalieri e dame

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V i t a E c c l e s i a l e V i t a E c c l e s i a l e

spinto dall’entusiasmo della predica-zione, disse: ‘In Sardegna abbiamouna santa’. Edvige lo venne a sapere ene rimase offesa, perché la notizia sisparse in un baleno in tutta la provinciadi Sassari”.

“Un fuoco che mi brucia …”Di questa amicizia spirituale restano al-cune lettere di Edvige, custodite nell’ar-chivio dei missionari di Sassari. In una,non datata, scriveva: “Padre, io nel pet-to ci ho un fuoco, un fuoco che mi bru-cia, ma non è proprio fuoco come ledissi ieri. Lei da buono gli dica così aGesù: bada, Gesù, se questa tua figliala bruci pensa che poi rimarrai senza fi-glia e se vivrà rimarrà bruciata dal tuoamore”.E proseguiva: “Padre mio, tantosono forti queste onde celestiche non ne posso più. Lei dabuono dica a Gesù che cessi perun poco questo fuoco d’amore”. Con un linguaggio molto familia-re, nonché sconclusionato, con-tinuava:“Per favore dia oggi questo dolcea Gesù, glielo dia; Lui appena lovede dopo la santa Comunione egli dica che non ho altro di piùbuono; lo zucchero crede che aGesù gli piacerà non poco. Comelo voglio bene a Gesù, come lovoglio bene. Se avessi dolci piùbuoni quanti oggi non gliene re-galerei a Gesù, ma lo zucchero èbuono lo stesso. Mi benedica dicuore. Sua obb.ma figlia in Gesù,Edvige”.

A fine aprile 1929, era morto im-provvisamente il diacono LuigiMaggioni, che Don Ezechiele Manzellaaveva inviato a Sassari per l’ultimo annodi teologia e ormai in vista del sacerdo-zio. Questa morte aveva colpito partico-larmente il clero di Sassari e, natural-mente lo stesso Padre Manzella, che neera la persona di riferimento. Infatti ave-va scritto al fratello Ezechiele: “La suamemoria rimarrà indelebile nel cuore ditutti e di me in particolare”2. A Edvigegiunse questa notizia, purtroppo anchealterata: “Viva Gesù. Pozzomaggiore,19/7/1929. Padre in Gesù sempre caro,intesi con sommo dispiacere la man-canza del benemerito e non mai abba-stanza lodato suo defunto fratello. Ma

da una parte quanto sia grande la per-dita di un tal uomo, e quanto dispiacereciò possa recare in tutti quei che l’hanconosciuto, massimo a Lei che ha lasorte di essere suo fratello; altrettantodeve sottentrare la consolazione sul ri-flesso che lui sarà certamente in Para-diso fra non molto. Signor Manzella,che fortuna, ha acquistato un potenteavvocato in Cielo. Adunque invece dipiangerlo come morto, consoliamociseco lui e congratuliamoci che ci abbiapreceduto a quella vita di gaudio e di al-legrezza sempiterna. Per questa san-t’anima non cesserò di pregare, affin-ché presto il buon Gesù l’accolga nelSuo Celeste Regno”.Ricordando la festa di San Vincenzo de’

Paoli, se ne congratulava con il suo Pa-dre spirituale:” L’ultima sua lettera mifece lagrimare di tenerezza e di conso-lazione vedendo le grazie che Gesùsparge sull’anima Sua. Son troppo per-suasa che oggi, festa di San Vincenzo,sarà stato per Lei giorno di Paradiso. Leconfesso che anche per me oggi è vera-mente giorno di Paradiso. San Vincenzonon riguardò i miei demeriti, anzi parve-mi che con carità grande mi mettesseinsieme con le sue santissime figlie sot-to il suo santo braccio e mi promisespeciale cura e assistenza”.Concludeva la lettera con questo riferi-mento alla sua vita mistica: “Signor

Manzella, mi faccia una carità, dica aGesù che per un istante cessi questeonde Celesti; Le dico che io non ne pos-so più, nel petto ci ho un fuoco che mibrucia e mi sollevò le coste (=costole),tanto è la palpitazione, me ne voglio su-bito andare da Gesù. Quanto lo vogliobene a Gesù. Mi scriva quando lo può,le Sue lettere mi son troppo di conforto,finisco col baciarle la mano e mi bene-dica. Sua aff.ma figlia in Gesù, Edvige”.A lettera terminata, aggiungeva ancoraqueste raccomandazioni:“Babbo le ricambia i saluti e vuole cheLei preghi per Lui, come pure l’amicabuona Grazia che spesso lo ricordano esi raccomanda anch’essa alle sue fervi-de preghiere. Con Giovanna Maria le

mando lire sei affinché abbia labontà di celebrare una Messa let-ta ad un mio fratello defunto chesi chiama Giorgio. Quell’animanon è fattura, è malattia che Gesùinviò. Rev.mo Signor Manzella,da buono le dica così a Gesù, pe-rò glielo dica presto: bada Gesùquesta mia figlia non ne può più,cessa Gesù queste onde celesti,cessa questo fuoco che continua-mente la brucia, se così continui,credimi pure Gesù che rimarraisenza figlia, e poi, poi piangerai.Questo fuoco la sta bruciando,non ne può più, più. Prima di dir-gli tutto questo, Lei a Gesù gli diaquesti dolci, e guardi il visino chefarà, che se lo mangi tutto in suapresenza. Lei faccia del tutto.Legga come può, ho scritto infretta”.

Nel 1929 con la partenza delledue sorelle a Roma, si concluse

anche questa relazione epistolare conPadre Manzella. Paolina aveva trovatolavoro come maestra nella scuola ele-mentare, seguita sempre dall’ insepa-rabile sorella Edvige. Iniziava la secon-da avventura spirituale romana dellanostra Beata, ma sempre intensa an-che nelle manifestazioni mistiche, tan-to da ritenerla una nuova santa Gem-ma Galgani e un nuovo San Pio da Pie-trelcina. g

Note1 Cfr. La Carità in azione, Epistolario di Padre GB Man-zella, CLV, 2014, p.377, n.353.2 Cfr. La Carità in azione, idem, n. 497, Lettera 11 giu-gno 1929 a Ezechiele Manzella.

Edvige Carboni, discepola Manzelliana

PADRE MANZELLA Oggi 13

“Due ore dopo ero ad Oristanomio punto di partenza e viritornavo dopo aver visitato

15 villaggi. Le mie gambe avevano fattoquasi tutta la spesa del viaggio, ma al ri-torno mi trovavo sano e fresco comeprima. Dio sia benedetto”.Così si concludeva un’altra missionepopolare del Sig. Manzella. Così lo stra-ordinario annuncio della Parola di Dio

aveva ancora tracciato un forte momen-to di evangelizzazione nel respiro di ra-dicali conversioni, di comunioni spiri-tuali, di promozione umana. Improntedi testimonianza di vita nella carità, nelrisveglio della fede, nell’impegno di vitanuova, nel passaggio da evangelizzata aevangelizzante. “Andate in tutto il mondo e predicate ilvangelo ad ogni creatura” (Mc. 16,15).“Come il Padre ha mandato me, an-ch’io mando voi” (Gv 20,21).Trasmissione d’insegnamento, investi-tura precisa che si esprime nella sa-pienza delle parole. Cristo ha scelto isuoi Apostoli e gli Apostoli hanno impo-sto le mani sui loro successori di gene-razione in generazione. Il Sig. Manzella ne era discepolo, al ser-vizio dell’invito a formare l’uomo nuovo.A questo serviva la missione: a metterea disposizione gli strumenti per il cam-biamento, per il rinnovamento interiore,figlio di rispetto e amore per l’uomo, la

sua dignità, le sue povertà. Entrava nelle coscienze il Sig. Manzel-la, in interiore homine, nelle sue scelte,nelle sue intenzioni, nelle sue incoe-renze. E l’uomo vecchio, anche sespesso a fatica, cedeva il posto all’uo-mo nuovo. Il Sig. Manzella conoscevale fragilità delle relazioni umane e ledebolezze conseguenti e alle Missioniricorse per insegnare innanzi tutto lavirtù del servizio. Strade e carretto, scarpe e sfide alla resi-stenza umana. Per andare, raggiungere,parlare, organizzare, svolgere il suo mini-stero. Riconoscendo dell’altro l’impor-tanza e la dignità e abbracciando con luila gioia della partecipata condivisione.Regalava passi stanchi, cortesia, dispo-nibilità, attenzione ed empatia, per di-ventare modello, punto di riferimento, diascolto di una voce che chiama e ama,chiedendo di essere amata con l’umiltàche mette a nudo i limiti perché possanoessere sanati e le doti perché possano

Andate e predicate il Vangelo“Le missioni popolari”

STRADE E CARRETTO,SCARPE E SFIDE

ALLA RESISTENZA UMANA[di Isa Sarullo

Oristano foto d’epoca

PADREMANZELLA Oggi 15PADREMANZELLA Oggi 14

V i t a E c c l e s i a l e C a r i sm a

essere messe al servizio. Il metodo siadattava alle esigenze della situazione.Così come il tempo, che scivolava sem-pre troppo veloce nell’ansia della gene-rosità del dono. Alghero, Nuoro, Sorgono, Bono, Ozieri,Pattada, Olbia….A decine e decine, “con un lavoro cosìassiduo che una mezzanotte toccaval’altra; si coricava alle 12,30di notte e alle 3,30 eravamosempre in piedi “.I pastori dei paesi montani,col peso della loro innocen-te ignoranza; i civili abitantidi una Gallura indifferentealla fede, “rispettosa per gliuomini, ineducatissima conDio” bevevano la fatica deldono offerto in genere conatteggiamenti di entusia-smo, spesso diluito nel tem-po, ma sempre, alla fine,ricco di efficaci risultati. Equesto, per il Sig. Manzella,“non era piccola consola-zione”. Le “cinque pietre di Davi-de” (semplicità, mansuetu-dine, umiltà, mortificazione,zelo), quel “piccolo meto-do” di Vincenzo de’ Paoli,segnavano i passi del Sig.Manzella nel raccontare labellezza della virtù e delsentiero della grazia là dovela povertà morale era spes-so figlia di quella reale e diun radicato lassismo social-mente autorizzato. Ed era là che si insediavanovendette, faide, superstizio-ni, ideologie contaminate econtaminanti, regole di vitacorrotte dalla colpa. Racco-gliere frutti sani da terreni vergi-ni ed incolti non era cosa facile, ma laMedaglia Miracolosa faceva ardere trale dita la sua fiamma di carità. E le Da-me, le Conferenze, le Associazioni cri-stiane, gli Operai cattolici, le Figlie dellacarità, le Figlie di Maria e le sue amateSuore del Getsemani riempivano i sol-chi di quelle vite di semi che propaga-vano i frutti delle Missioni, falciando ol-traggi alla legge di Dio, rilassamenti del-la vita cristiana, ingratitudini verso Dio egli uomini. Costruiva steccati la paroladel Sig. Manzella, per arginare con pa-

role di riconciliazione e di pace radicateinimicizie, violenti dissidi, squallidi vuotispirituali. Benetutti, Nulvi, Sedini, Tempio, Monti,Bitti, Mamoiada…Flebile la carità, debole lo spirito di pe-nitenza, faticosa l’armoniosa coesisten-za. Profondo il cammino di rieducazio-ne delle anime in uno spaccato antro-

pologico sfavorito dall’isolamento dellecomunità, dalle carenze di arterie stra-dali e ferroviarie, da strutture fatiscenti,da secolare arretratezza.I pulpiti del Sig. Manzella non si distin-guevano tra quelli delle chiese e quellidelle case: importante era cercare e tro-vare il fratello per fargli riscoprire l’origi-naria vocazione di figlio di Dio. Il fratellodello stazzo come quello del paese, del-la campagna o della città, tra i silenziancestrali delle periferie, gli abbandonispirituali della popolazione che veniva

richiamata all’ovile col suono di unatrombetta, il canto ingenuo e profondodi vecchie note, il fascino di toccantiprediche, l’organizzazione dei gruppicaritativi. Nonché le visite ai poveri e le“pesche a domicilio”. Per un incontro.Per una confessione. Per una rinascita.L’aridità del terreno da coltivare fiaccavail corpo, ma diventava trionfo di grazia.

Non mancavano sconfitte,freddezze e faticose arrampi-cate, fossilizzazioni difficili dascardinare, presenza di forzedisgreganti. Ma non mancòcerto il coraggio della parola edell’azione, la forza missiona-ria vestita di semplice ma osti-nata umiltà. Le Missioni furono una dellesue più divoranti attività apo-stoliche. “La mia voce sta per perdersidi nuovo in questa missione -scrive da Perfugas nel 1913 -e così via fino a che non parle-rò più… bisogna ben patirequalcosa per salvare le ani-me… Lavorerò fino alla mortee andrò così, a cavallo o su uncarro a buoi, in paradiso”.Missionario sempre: nell’edu-care il clero, nell’organizzare lacarità, nel fondare Istituti, neldar vita alla Congregazione diquelle Suore del Getsemaniche ne raccolsero l’ultimo re-spiro, l’ultimo messaggio:“Sono l’uomo più felice del

mondo”.A loro, lui, servo di Dio, lasciòin eredità un breve, semplice estraordinario invito:“Che si facciano sante”.Con la preghiera, l’opera e ildono di sé, poiché “… tutto è

nulla se non si aggiunge la mone-ta della propria sofferenza. Le anime sicomprano a questo prezzo” (Sategna,p. 16).“Lavoro su quest’arida terra… sempreramingo… Ma è pur buono Gesù. Lovoglio amare lo stesso. Sarò felice semorendo potrò dire: Gesù ho provato adamarti. Ho fatto quanto ho potuto…”Così la sua vita fu “una lunga giornatad’amore”. g

Tra le biografie che riescono a trac-ciare un profilo autentico di ma-dre Angela Marongiu, quella scrit-

ta da suor Carmela Tornatore (Nellanotte del Getsemani: l’Eucaristia, CarloDelfino Editore, Sassari 2004) ha sapu-to delineare i tratti della spiritualità con-templativa, evitando l’equivoco di pre-

sentare la vita della mistica come diuna donna avulsa dalla realtà, quasi di-sincarnata. La chiave per comprenderela sua spiritualità è, al contrario, la pro-fonda conoscenza della vita reale, per-ché letta attraverso gli occhi della fede.E ciò che apre lo sguardo dell’uomo è larivelazione dell’amore di Dio, che siesprime in una carità concreta verso ifratelli, soprattutto verso i poveri.“La carità non è mai oziosa”, scrivevasan Gregorio magno, ma spinge coloro

che si sentono amati da Dio a riversarlanei cuori dei fratelli. Tale consapevolez-za trovava perfetta concordanza nell’in-segnamento e nell’esempio che Angelariceveva da padre Giovanni BattistaManzella, l’apostolo della carità, il con-templativo in azione. Suor Carmela hasaputo scorgere questa sintonia spiri-tuale con una bella definizione: “duepersonalità - una spiritualità”. Le assiportanti del carisma di questi due gi-ganti nascono dall’esperienza dell’amo-re di Dio, che essi sanno porre a servi-zio degli ultimi. Le frontiere della caritàraggiunte da padre Manzella hannoavuto come supporto l’incessante pre-ghiera di madre Angela; ma non solo:nella sua riflessione personale, ella hacompreso che il culmine dell’itinerariospirituale consiste nella carità vissuta aservizio dei poveri, nell’amore per Diovissuto a servizio degli ultimi. «Amerai Iddio con tutto il cuore ed ilprossimo come te stesso. Oh e dessa èquella Sovrana Regina, di sovrumanabellezza, adorna di ornamento preziosointrecciato tra perle e gemme preziose,che la distinguono da tutto il suo granseguito; dessa è di cuore magnanimoed agli infermi e miseri si appressa, econ generosità sue ricchezze e doni di-spensa, suo numeroso seguito ne sontutte le virtù. Caro Gesù e chi non vorràpossederla» (Q.5, p. 17).Tra queste righe si coglie il proposito diGesù di voler avvicinarsi ai bisognosi eai lontani attraverso l’opera di Angela.Ella ha compreso che il comandamen-to dell’amore splende soprattutto quan-do illumina la povertà e la miseria uma-na, facendolo desiderare come il tesoropiù grande: «Vieni a quest’oceano di carità cheavendo riguardo della tua miseria e po-vertà fissando i miei sguardi con tene-rezza e Divina compiacenza non un An-gelo volli a te inviare ma Io stesso inpersona volli i miei ricchi tesori portare,a te donare, alla quale per mezzo di es-se puoi e devi altri avvantaggiare. Puoitu su di ciò dubitare della mia Bontàche risplende nella sua creatura permezzo della mia potenza che tutto puòfare? Puoi non confidare nella mia mi-sericordia, che è vasta quanto son vasti

i cieli, e che da essi volle lasciare il sog-giorno perché con la Mia passione,avesse in quel beato Regno soggiornol’uomo, aprendone le porte chiuse per ilpeccato» (Q. 6, p. 47).Dunque è nell’amore per gli altri, so-prattutto per i più svantaggiati, che Ge-sù ha indicato la missione di Angela, ri-versando in coloro che, numerosissimi,chiedevano consiglio e aiuto per la pro-pria vita. Angela non si ritraeva da que-sto incarico, ma si lasciava “mangiare”,tanto da far preoccupare padre Manzel-la, che nel 1923 le scriveva:

«Quando qualche persona ti occupatroppo tempo e inutilmente e non trovamodo di conchiudere, conchiudi tustessa dicendo pressappoco così: sentasignora! Profitti di quel poco che si èdetto. Quando occorre venga pure, sonsempre a sua disposizione, ora devo fi-nire un lavoro che ho tra le mani, preghiper me che hi pur tanto bisogno etc. In-tanto ti alzi e ti accomiati» (Epistolario,n. 295). Queste righe fanno compren-dere meglio di altre come la Marongiuavesse incarnato nella sua vita l’invito diGesù ad essere per gli altri «un riflessodella sua carità» e una fontana dallaquale gli uomini potessero attingere alSuo amore: «O carità, Tu sei la perennesorgente che scorre in mezzo alla mise-ra umanità; tu sei come astro beneficoche illumini la terra perché i tuoi raggiescono da Gesù, Sole eterno che colsuo calore ne riscaldi, perché escono lesue fiamme dal Divin Cuore, che perquesta sublime virtù la carità volle veni-re ad abitare in mezzo a noi»(Q.13,21ss.). g

La bellezza della carità brilla nei poveriAMERAI IDDIO

CON TUTTO IL CUORE

ED IL PROSSIMO

COME TE STESSO[di Don Diego Pinna

Padre Manzella pellegrino di Cristo

Giorgio Vasari, cena in casa di san Gregorio Magno 1540

Madre Angela

PADRE MANZELLA Oggi 17PADRE MANZELLA Oggi 16

L e c t i o D i v i n aL e c t i o D i v i n a

del Maestro. Maria compie una purafollia! D’altronde, come ricorda Agosti-no, “l’unica misura dell’amore è il nonaver misura”. È la vera risposta all’amo-re dello Sposo che giunge a Gerusalem-me per donare la sua vita. Lavare i piedi è una manifestazione diaffetto tra sposo e sposa, e il profumo èl’espandersi della gioia e della tenerez-za reciproca. Infatti di amore si muore;è della risposta d’amore che si vive. ConMaria finalmente l’amore è amato e vi-ve. Essa è la prima che fa per Gesù ciòche Gesù ha fatto per noi. Il suo amoreaccoglie lo Sposo, che può finalmentedimorare tra noi. Ora il suo profumoriempie la nostra casa.

Asciugò con i propri capellii suoi piedi. Questo gesto tipicamente femminile è illinguaggio della seduzione e inti mità.Maria non si serve dei capelli per terge-re i piedi dalle lacrime, ma dall’unguen-to che fluisce in abbondanza e così sicrea l’incanto di uno stesso unguentoche profuma i piedi dello Sposo e il ca-po della sposa. E lui, conquistato, av-vinto e “preso dalle tue trecce”, escla-ma: “Tu mi hai rapito il cuore, sorella

mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore conun solo tuo sguardo, con una perla soladella tua collana! Quanto sono soavi letue carezze, sorella mia, sposa, quantopiù deliziose del vino le tue carezze. L’odore dei tuoi profumi sorpassa tuttigli aromi» (Ct 4,9-10).

Ora la casa si riempì del profumo. L’inno alla vita, fa notare l’evangelista,non è cantato nel Tempio, ma è cele-brato nella casa, dove si vivono quellerelazioni quotidiane che formano il tes-suto della nostra umanità. Qui infatti siritrovano gli amici che Gesù ama e qui

Gesù è amato; ed è sempre quiche c’è il profumo, perché Dioè amore. Dove prima regnava-no lutto e morte, la presenzadello Sposo Gesù ha fatto risuo-nare grida di gioia e di festa. Lacomunità cristiana nasce daldire grazie al Padre “il quale cifa partecipare al suo trionfo inCristo e dif fonde per mezzo no-stro il profumo della sua cono-scenza nel mondo intero. Noisia mo infatti davanti a Dio ilprofumo di Cristo” (2Cor 2,14).

Ma perché questounguento non si è vendutoe dato ai poveri”Ma questo profumo, avvertePaolo, che è “profumo di vita perchi ama il Signore, sarà odore di morteper chi lo rifiuta” (2Cor 2,16).Ed è proprio questa la realtà che nascenel cuore di Giuda, il discepolo che “sta-va per consegnarlo”. Quest’osservazio-ne che da Giovanni è messa in bocca aGiuda, da Matteo è attribuita ai discepoli(Mt 26,8) e da Marco agli astanti (Mc14,4).Tra tutti costoro ci troviamo chiaramente

anche noi, inquanto Giuda è perGiovanni l’esem-plare di quell‘in-comprensione checaratterizza tutti idiscepoli, e non acaso è «uno deisuoi discepoli». Ilproblema che tra-volge Giuda allignanel suo cuore; im-bibito dell’olezzodel denaro e impe-

netrabile al profumo della presenza diGesù, finisce per contrapporre l’aiutodei po veri all’amore per il Signore. Nonera più in grado di capire che qualun-que servizio, se non nasce dall’amore,puzza di morte. E lo stesso aiuto ai po-veri è solo una maschera per le propriegrettezze e magagne.

Lasciala, che lo custodiscaper il giorno della mia sepoltura. Gesù invece, approva incondizionata-mente il gesto della donna, perché co-glie in esso una profonda intuizioned’amore del mistero di morte e resurre-

zione che lo attende. Lei unge il corpodi Gesù per la sepoltura, ma lo compiementre è ancora vivo.Per lei non si tratta di prestare onoranzefunebri ad un defunto, ma di amare Co-lui che è vivo! Quanto la donna compieè un vero annuncio di risurrezione, ri-sposta d’amore a un amore che sa darela vita. Per questo Gesù sostiene cheMaria va «lasciata» libera di correre suisentieri dell’amore, incontro allo Sposoche la colmerà di vita.

I poveri infatti (li) avete semprecon voi. “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, finoalla fine del mondo” (Mt 28,20). La fi-duciosa certezza della Sua presenza,nasce dal progetto maturato insieme alPadre: “Da ricco si è fatto povero perarricchirci con la sua po vertà” (2Cor8,9). Ma sappiamo pure che anche ipoveri sono sempre con noi; anzi siamocerti che la loro povertà è la no stra ric-chezza.L’esperienza che abbiamo maturato nellungo corso della storia dell’umanità, ciha fatto toccare con mano come la no-stra ricchezza ingiusta deriva da ciò cheabbiamo tolto a loro; mentre la vera ric-chezza ci viene da ciò che condividia-mo con la loro povertà: “Ogni volta cheavete fatto queste cose a uno solo diquesti miei fratelli più piccoli, l’avetefatto a me” (cf. Mt 25,40).La storia di Gesù continua in tutti i po-veri della terra, nei quali Egli ci viene in-contro per saziarci della pienezza e so-vrabbondanza della sua vita. g

Allora Gesù, sei giorni prima dellaPasqua, venne a Betania, dovestava Lazzaro, [il morto] che Ge-

sù aveva risuscitato dai morti. Là gli fe-cero dunque un banchetto e Marta ser-viva e Lazzaro era uno di quelli che gia-cevano (a mensa) con lui.Allora Maria, presa una libbra di un-guento di nardo genuino, molto prege-vole, unse i piedi di Gesù e asciugò coni propri capelli i suoi piedi. Ora la casa siriempì del profumo dell’un-guento. Ora dice Giudal’Iscariota, uno dei suoi di-scepoli, quello che stavaper consegnarlo: Perchéquesto unguento non si èvenduto per trecento denarie si è dato ai poveri? Oradisse questo non perché gliimportava dei poveri, maperché era ladro e, avendola borsa, portava (via) le co-se messe (dentro).Allora Gesù disse: Lasciala,che lo custodisca per il gior-no della mia sepoltura.I poveri infatti (li) avetesempre con voi, me invecenon avete sempre. Allora seppe molta folla deigiudei che era lì e venneronon solo per Gesù, ma an-che per vedere Lazzaro, che destò daimorti. Ora deliberarono i capi dei sacer-doti di uccidere anche Lazzaro, perchéper causa sua molti dei giudei se ne an-davano e credevano in Gesù.Con questo racconto di Giovanni ha ini-zio l’ultima settimana della vita terrenadi Gesù. Lui si trova a Betania, residen-za dei suoi amici Lazzaro, Marta e Ma-

ria, dove gli viene offerto il banchettoper la risurrezione di Lazzaro: è la festaper il ritorno alla vita, che, secondo latradizione ebraica, si celebra mangian-do (cf. Mc 5,43). “Lazzaro era uno diquelli che giacevano (a mensa) con lui,(Gesù)” (Gv 12,2) e mentre Marta è tut-ta intenta a servire gli ospiti Maria ungei piedi di Colui che presto laverà i piedidei suoi discepoli. Tutta la casa è prestopervasa dal profumo, ma il gesto di Ma-ria pur pienamente condiviso da Gesùnon è approvato da Giuda. L’evangelista, nello sviluppo del raccon-to, fa solo una fugace menzione al servi-zio di Marta, mentre pone in chiara evi-denza il gesto di Maria. Certamente conquesta sottolineatura Giovanni intendeevidenziare la gratitudine di Maria per-ché Gesù ha restituito suo fratello Laz-zaro alla vita. Ma la grandezza del gestocompiuto da Maria va ben oltre, lo stes-so Gesù infatti invita a cogliere in esso

la prefigurazione del mistero del Suodono che sta per compiere. Si trattacioè, da parte di Maria, di un attod’amore gratuito, esagerato fino allospreco, che riconosce in Gesù il Figliodell’uomo che viene per dare sulla cro-ce la Sua vita per i fratelli. Così l’unzionecompiuta da Maria è un annuncio nonsolo della morte di Gesù, ma anche del-

la Sua risurrezione: Maria infatti unge ilVivente, non un corpo morto, come in-vece farà Nicodemo: “Vi andò ancheNicodemo e portò una mistura di mirrae di aloe di circa cento libbre. Essi pre-sero allora il corpo di Gesù, e lo avvolse-ro in bende insieme con oli aromatici,com’è usanza seppellire per i Giudei”(Gv 19,39-40).

“Profumo olezzante è il tuo nome”(Ct 1,3)Ma chi domina la scena nella casa diBetania, dove si svolgeva il banchetto, èil profumo, che non è chiassoso come iconviviali, eppure manifesta la sua pre-senza diffondendo piacere e gioia. Tra ivari simboli di cui la parola di Dio si ser-ve per comunicare la presenza del-l’amore del Padre tra le sue creature,questo è senz’altro il più suggestivo, elo-quente e in piena sintonia con quel-l’amore del Padre che non può non

amare e amando espander-si a tutti. L’amore che il Pa-dre dona a tutte le suecreature, effonde il suo pro-fumo e si espande ovunqueè amato: “Dove c’è amore,lì c’è Dio”! In questa donnafinalmente il Padre trovaciò che da sempre ha cer-cato: essere amato da chiama. Inoltre il banchettopreparato per Gesù, stretta-mente legato alla risurrezio-ne di Lazzaro, festeggia iltrionfo della vita sulla mor-te; Lazzaro è inondato dalprofumo dell’amore di Ge-sù, vittorioso sull’olezzo del-la morte. Nel Cantico deiCantici lo Sposo è chiamato«profumo effuso» (Ct 1,3).Potremo dire in tutta verità

che il nome, l’essenza di Dio, è profu-mo; infatti è amore che di sua naturaimpregna tutto della sua presenza.

“Unse i piedi di Gesù”. Giovanni non si sofferma tanto ad indi-care il costo quanto a evidenziarne laqualità: è un profumo di grande pregioquello che Maria usa per ungere i piedi

ECCO,IO SONO CON VOI

TUTTI I GIORNI,FINO ALLA FINE DEL MONDO[

di P. Agostino Nuvoli osb

Maria unse i piedi di Gesù Gv 11, 55-12,11

San Giovanni Evangelista

Giuliva di Bernardino, Maria unge i piedi di Gesu

Anthony van Dyck -Gesu accoglie i poveri

PADREMANZELLA Oggi 19PADREMANZELLA Oggi 18

M i s s i o n e M a d a g a s c a rM i s s i o n e M a d a g a s c a r

Siamo arrivate in Madagascar il 26settembre del 2002, come missio-narie destinate a Isifotra, un picco-

lo villaggio della diocesi di Ihosy. Natu-ralmente, per i primi tre mesi, ci siamofermate a Fianarantsoa per studiare lalingua malgascia. È in quell’occasioneche abbiamo avuto modo di conoscere

da vicino P. Santi Zocco. Avevamo biso-gno di un punto di appoggio, una caset-ta dove stare per il periodo in cui sarem-

mo rimaste in città. P. Zocco ci aveva of-ferto due camere, cucina e servizi adAmbatomena, dove ora c’è il C.D.S. Es-sendo arrivate da poco in Madagascar,senza una sufficiente conoscenza dellalingua, della cultura, dei costumi… cicapitava abbastanza spesso di avere deiproblemi. Ma che grande consolazioneavere la sicurezza di poter contare suqualcuno che era sempre pronto ad ac-coglierci, ascoltarci e cercare con noiuna soluzione per tutto. Quando bussa-vamo alla porta del suo ufficio, la sua ri-sposta: “Oui!” con un tono pacato eamorevole, ci incoraggiava ad entraresenza esitazioni. Era sempre paterno,accogliente, sorridente; mai infastidito oimpaziente.Ci faceva sentire a nostro agio e, spesso,ancora prima di aprire la bocca per rac-

contare i nostri guai, cisentivamo già meglio;quelle che fino a pocoprima sembravano dif-ficoltà enormi, diventa-vano cose di poco con-to. Trovava sempre larisposta a tutte le do-mande, la soluzione atutti i nostri problemi,le parole giuste pernon lasciarci scorag-giare dalle difficoltàdegli inizi…Questi atteggiamentierano la sua caratteri-stica principale, non

soltanto con noi, ma con chiunque si ri-volgesse a lui. Davanti al suo ufficio,c’era sempre una fila di gente di tutte le

età e di tutte le categorie, che aspettavail turno per incontrare Padre Zocco, perchiedere il suo aiuto, o un consiglio, osemplicemente per parlare.Lui era sempre pronto ad accogliere tut-ti, ad ascoltare tutti e a fare tutto il possi-bile per non rinviare nessuno senza unarisposta soddisfacente ai suoi bisogni.Anche dopo esserci stabilite nel villaggioci siamo sempre tenute in contatto conlui, non mancando di fargli visita quandoci capitava di venire a Fianarantsoa, eancora di più quando abbiamo apertouna piccola comunità in città per la for-mazione delle ragazze. “Padre Santo!”,così lo chiamavamo scherzosamentequando avevamo da lamentarci perqualcosa. È un “Padre Santo” lo è statoveramente, fino all’ultimo, continuandoa preoccuparsi per noi anche quando,stremato dalla malattia, era ormai in-chiodato a letto. Anche se direttamentenon poteva fare più niente, ci accompa-gnava con la preghiera e ci faceva senti-re la sua vicinanza, come se i nostri pro-blemi fossero suoi. “Padre Santo”, anche se non ti vediamopiù su questa terra, siamo certi che con-tinui a sorriderci dal cielo e a invocareper noi le grazie celesti di cui abbiamobisogno. Da parte nostra, ringraziamoDio per avere avuto te come “compagnodi viaggio” in questa terra e aspettiamoquel giorno beato in cui potremo condi-videre le gioie celesti. A presto. g

Ricordando padre Santi ZoccoTROVAVA SEMPRE LA RISPOSTA

A TUTTE LE DOMANDE,LA SOLUZIONE

A TUTTI I NOSTRI PROBLEMI[di Suore del Getsemani

Padre Zocco coi bambini della missione

Padre Zocco Gesuita missionario

Poveri sono i fratelli che arrivano alDispensario di Isifotra a piedi nu-di, spesso portati a spalle da pa-

renti o conoscenti.Alleviare le sofferenze dei malati diTBC, malaria e tanti altri affetti in que-sto periodo da epidemie varie è il servi-zio Caritativo che noi suore del Getse-mani svolgiamo insieme all’infermieraHaingonirina nativa di questa grandeIsola del Madagascar.Sostenute dalla grazia dello Spirito,dall’intera Comunità e da sorella Provvi-

denza elargita dai Benefattori ci faccia-mo vicine ai piccoli e agli adulti del vil-laggio di Isifotra e d’intorni.L’attenzione al povero sofferente èl’esperienza dell’incontro con Gesù Cro-cifisso e Risorto. Quanti fratelli ritornanoper ringraziare. “Ero malato e mi avetecurato; ero cieco e ho riacquistato la vi-sta. Per questo dono Ringraziamo an-che della presenza dell’equipe deglioculisti dell’Associazione AMOA pre-senti nel dispensario nella prima setti-mana di Maggio.Le difficoltà, i disagi, le sofferenze uma-ne, i torrenti e i fiumi non spengono

l’Amore. Perché? Perché lo Spirito diDio dilata il cuore, apre le ali per rag-giungere i lontani; perché il Vangelo hapiedi e mani per “scaldare i cuori delDivino Amore” (P. Manzella). g

Isifotra - MadagascarI poveri li avrete sempre con voi (Gv. 12,8)

ERO MALATO

E MI AVETE CURATO

ERO CIECO

E HO RIACQUISTATO LA VISTA

di Suor Giannina Congias sdg

[

Isifotra il sorriso di un bimbo...

Haingonirina presta le prime cure ad un bimbo

La tenerezza

Attesa in dispensario

Le prime tre suore della missione

PADRE MANZELLA Oggi 20 PADRE MANZELLA Oggi 21

M i s s i o n e M a d a g a s c a r M i s s i o n e M a d a g a s c a r

Durante una delle mie missioninegli anni scorsi in Madagascar,ad Ihosy, dove collaboro nell’atti-

vità dell’ambulatorio oculistico e dellasala operatoria del Centro Medico Sani-tario locale, ho avuto l’occasione di co-noscere le suore delGetsemani della missio-ne di Isifotra, villaggiosperduto della diocesi diIhosy.Mi invitarono presso laloro missione, e natural-mente accettai con en-tusiasmo, proponendo-mi di fare anche alcunevisite oculistiche. Avevo già visitato alcunivillaggi della “brousse”ma in quella occasioneebbi la possibilità dicondividere pienamentela vita dei loro abitanti ele difficoltà quotidiane,

visitare le povere abitazio-ni, immedesimarmi nellaloro emarginazione.Non si può rimanere indif-ferenti a queste condizio-ni, così come non si puònon apprezzare il lavoro,l’impegno e la dedizionedi suor Angela, suor Cosi-mina, suor Leonarda esuor Giannina conosciutepersonalmente. Sono ri-tornato altre volte, neglianni successivi, ad Isifo-tra, insieme ad alcuni col-laboratori. Ogni volta, come quest’annonel nostro recente ultimo viaggio in Ma-dagascar nel mese di maggio, tutti noi

abbiamo potuto ammirare il dispensariomedico, essenziale ma ben organizzato,le scuole, sempre ben ordinate ed ab-

biamo cercato di dare il no-stro contributo professionaleed umano.Questa volta siamo stati ac-colti da suor Giannina, che,come sempre, abbiamo po-tuto ammirare per la forzache impiega nel cercare dialleviare le sofferenze di unapopolazione poverissima.A lei e a tutte le sue conso-relle italiane e malgasce ri-marremo sempre legati daprofonda ammirazione e sin-cera amicizia. g

Missione ad IsifotraNon si può rimanere indifferenti alle tante difficoltà...

ABBIAMO CERCATO DI DARE

IL NOSTRO CONTRIBUTO

PROFESSIONALE ED UMANO[di dott. Lino De Marinis

Ringraziamentoper 50 anni di sacerdozio.

Lo scorso 19 marzo, festa di S. Giu-seppe, a Ihosy abbiamo ringraziatocoralmente Dio per il grande dono

dei 50 anni di sacerdozio di Padre Atti-lio Mombelli, missionario Vincenziano,che da 50 anni, cioè da appena ordina-to sacerdote, opera instancabilmente inMadagascar, attualmente nella diocesidi Ihosy. Il ringraziamento più bello èstata, ovviamente la Santa Messa con-celebrata da 17 sacerdoti, religiosi, so-prattutto Vincenziani, e diocesani, che èstata presieduta dal Vescovo di IhosyMons. Razakarivony Fulgence. Non è mancata, naturalmente, l’agapefraterna per confermare che siamo real-mente un’unica Chiesa che sa gioirecon chi gioisce, che sa riconoscere legrandi cose che Dio può fare attraversodi noi, se ci rendiamo docili allo Spirito.

In questi 50 anni di vita sacerdotale e dimissione, P. Attilio si è donato senza ri-serve ai fratelli malgasci che ama con lacarità di S. Vincenzo e dai quali è ria-mato con affetto fraterno.Il nostro augurio: che possa ancora pertanti anni, portare ovunque e a chiun-que lo spirito di S. Vincenzo. A Dio il no-stro grazie per la sua immensa bontà ela nostra preghiera perché P. Attilio pos-sa realizzare pienamente il suo pianod’Amore.

Gradita visita del nostro Arcivescovo;Con grande gioia, il 22 marzo, nella no-stra piccola comunità di Fianarantsoaabbiamo accolto il nostro Arcivescovo,

Mons. Rabemahafaly Fulgence. Nonc’era nessuna circostanza particolare,ma solo la gioia di condividere un po’del suo prezioso tempo con questo“piccolo gregge” che da diversi anni vi-ve a Fianarantsoa dedicandosi alla for-mazione delle giovani chiamate alla vitareligiosa.Dopo la celebrazione eucaristica nellanostra cappellina, si è intrattenuto connoi parlando del più e del meno, preoc-cupandosi di noi come un vero pastore:“Siete circondate da bar, – ci diceva –da gente che si ubriaca, bisticcia, parlamale... spero che non vi creino noie. Masiete anche al centro di un crocevia,cinque strade che si incontrano davantia questa casa. Voi siete al punto di in-contro: questo è un segno e una missio-ne per voi: siate voi il punto di incontrotra Dio e la gente che vi circonda”. Abbiamo poi condiviso un semplicepranzo continuando a parlare del più edel meno, come in famiglia. Prima di la-sciarci, si è soffermato ancora per qual-che istante davanti a una piccola statuadell’Immacolata, affidandoci alla suamaterna protezione.

Visita dell’assistente generaledei vincenzianiLo scorso 5 maggio, abbiamo avuto lagioia di accogliere tra noi il Padre ZERA-CRISTOS Yosief Woldmichael, Assisten-te generale dei Missionari vincenziani.

Visite oculistiche

Missione ad Gentes - MadagascarInona no vaovao? - Cosa c’è di nuovo?

SIATE VOI

IL PUNTO DI INCONTRO

TRA DIO E LA GENTE

CHE VI CIRCONDA[di Suor Angela Fara sdg

Con suor Giannina nel cortile delle scuole Strada principale di Isifotra

Scuola di Isifotra

Celebrazione eucaristica 50° di Padre Attilio Mombelli

Festa di Padre Attilio Mombelli

PADRE MANZELLA Oggi 22 PADRE MANZELLA Oggi 23

M i s s i o n e M a d a g a s c a r N o t i z i e d e l l ’ I s t i t u t o

LO VUOLE DIO,LO VOGLIO ANCH’IODICEVA COME

PADRE MANZELLA[di Suor Anna Mameli sdg

“Dimorerò nella tua tenda persempre, all’ombra delle tueali troverò riparo” (Sl 30).

Il desiderio di suor Luigia di abitare nel-la casa del Signore, presente nella suaanima fin dalla sua giovinezza, non tar-dò a diventare gioiosa realtà. Ben pre-sto capì che Gesù la chiamava ad ab-bracciare il carisma del Getsemani nellanascente Congregazione, fondata dapadre Manzella e dalla mistica sassare-se Angela Marongiu. La nuova Comuni-tà aveva appena 4 anni di vita quandola giovane Luigia venne accettata daiFondatori illuminati dallo Spirito Santo.Da subito rivelò la solidità della chiama-ta e il desiderio sincero difarsi santa. Si lasciò plasma-re dalla spiritualità del Get-semani, aprendo il cuore al-lo spirito di riparazione, diadorazione e alla carità ver-so i più bisognosi. Dopo iprimi anni di formazione eb-be l’incarico di economa.Nello svolgimento di questoruolo seppe conciliare l’at-tenzione alle necessità delleConsorelle e il rispetto allospirito di povertà che si vive-va con gioia. Fu anche porti-naia gentile e affabile contutti. Il suo temperamentogioviale attirava altre animea seguire Gesù nella vitaconsacrata. Amava le Con-sorelle e i Superiori e accetta-va ogni obbedienza con fede, credevaveramente che è Dio che guida la no-stra vita. Lavorò all’Ospedale militare diBonorva; era apprezzata da tutti: daisuperiori per la sua disponibilità costan-te e dai militari, degenti in ospedale,

che la consideravanocome sorella e madrepremurosa.Per tutti aveva una pa-rola di speranza cristia-na. L’anima consacrataè profezia della vita fu-tura e testimone dellerealtà celesti. Il suo vi-vere di ogni giorno eracome un cammino pa-squale verso il futuroaperto dal Risorto, checi attende per offrircil’Amore infinito dellaTrinità SS. La sua gioiaera costante perché ali-mentata dall’incontro quotidiano conGesù Eucaristia e illuminata dalla cer-tezza che l’Amore del Signore, che ci hachiamato alla sua sequela, è più grandedi ogni altro amore e la beatitudine cheDio ci offre, già da questa vita, è piùprofonda di tutte le beatitudini e di tuttele gioie terrene. Era ricca di entusia-smo, attiva e intelligente: cuciva, rica-mava e dipingeva. Si ammalò di T.B.C.

Accettò serenamente i vari ricoveri. “Lovuole Dio, lo voglio anch’io” diceva co-me padre Manzella. E rivolgendosi allaMadonna, come madre Angela ripete-va: “…Ottienimi dal caro Gesù unastretta partecipazione ai suoi dolori…

per salvare anime…” Nei periodi in cuistava meglio curava i fiori del bel giardi-no della Casa di Riposo di Bonorva, ge-stita dalle Suore del nostro Istituto esbrigava la corrispondenza degli Anzia-ni assistiti con tanta dedizione dalle no-stre Consorelle.Nel 1980 per una frattura al femorevenne ricoverata a sassari. Accettò an-che questa prova come volontà di Dio,offrendo tutto per la salvezza delle ani-

me e in spirito di ripara-zione. Quando sembravaprossima la ripresa e la di-missione, dall’Ospedale ciinformarono che erano so-praggiunte delle complica-zioni inaspettate. Si anda-va spesso a trovarla, adaiutarla e a portarle sollie-vo. Nell’ultima visita la sor-presa: mentre parlava se-renamente con le dueConsorelle presenti si ac-casciò e, col sorriso ancorasulle labbra, silenziosa-mente si spenseEra arrivato lo Sposo, Ge-

sù l’aveva chiamata a Séper donarle il premio riser-vato a chi lo segue con

amore. Voglio chiudere conla preghiera di un grande Teologo: “Diodella vita, che ci hai chiamato alla co-munione con Te nella fedeltà di un’alle-anza eterna e personale, donaci di vive-re il tempo presente nella speranza del-la vita senza fine”. g

Padre Christos è oroginario dell’Eritreama, ovviamente, vive a Roma nella Ca-sa generalizia, anche se il suo incaricolo porta spesso lontano dalla sua sedeper visitare le numerose comunità vin-cenziane sparse in tutto il mondo.Nel mese di maggio, ha compiuto la suavisita in Madagascar, dove i Vincenzianisono presenti soprattutto nel sud dell’Iso-la. La domenica 5 maggio, fermandosiqui a Fianarantsoa, ha incontrato l’interaFamiglia Vincenziana, durante una so-lenne concelebrazione eucaristica pre-sieduta dal Padre Visitatore, Père Alexan-der e concelebrata da numerosi confra-telli. La Santa Messa, animata solenne-mente dai seminaristi vincenziani e daidiversi rami laici della Famiglia Vincen-ziana, è stata celebrata nella nuova par-rocchia dedicata a San Giovanni Paolo II.Al termine della celebrazione, Padre Ge-rard Christos ha rivolto alcune parole disaluto ai presenti e ha ringraziato per lasquisita accoglienza, manifestata ancheattraverso alcune danze tradizionali chelo hanno fatto sentire a casa sua. g

Bonorva panorama

L’Assistente generale con le suore del Getsemani di Fianarantsoa

L'Assistente generale con i vincenziani sacerdoti e seminaristi

Suor Luigia Solinas“Testimone delle cose celesti”

Madre Angela e le prime suore

N o t i z i e d e l l ’ I s t i t u t o

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N o t i z i e d e l l ’ I s t i t u t o

Nella Chiesa del SS. Sacramento(Padre Manzella) a Sassari,mercoledì 20 Marzo alle ore

19:15 si è celebrato un Concerto.Percorso Meditativo – Musicale sullaPassione di Gesù.Introduzione – M.E. Bossi - Canto dellaseraLa solitudine – T.Albinoni - AdagioLa preghiera – J.S. Bach - Oh vieni Sal-vatore dei paganiIl sudore di sangue – J. Estrada - Pro-cessiony saetaIl “Fiat” – O. Messiaen – Banquet cele-ste.All’organo – Maestro Davide Pinna

I brani letti sono tratti da“L’Ora Santa.Un’ora con Gesù nel Getsemani”Di Madre Angela Marongiu

È memoria, è racconto, è condivisione.Questo (e certamente molto altro, per-ché ognuno troverebbe parole nuoveper esprimere ciò che ha provato) è sta-to quell’appuntamento del 17 Marzocon L’Ora del Getsemani, con MadreAngela Marongiu, con la musica di al-cuni tra i compositori più amati e ap-prezzati e, con Gesù. In tanti hanno permesso che questo in-sieme di ingredienti sapientemente cali-brati li conducesse in una dimensioneAltra che la musica meglio di qualun-que altro mezzo riesce a offrire, per meè stato l’ingresso personalissimo nellaquaresima, nella mia quaresima quellache si apre quando il cuore e la mentesono così in sintonia da essere dispostiall’attesa, al Silenzio, alle parole alla Pa-rola, è stato quel varco così profonda-

mente meditativo che ancora mi coin-volge nel ricordo! Si tratta di una proposta che ha certa-mente il merito di portare all’attenzionedei presenti la Figura di Madre AngelaMarongiu, mistica Sassarese, co-fonda-trice insieme a Padre Manzella dell’Isti-

tuto Suore del Getsemani con una deli-catissima e intensa sensibilità verso lacontemplazione dei misteri della vita diGesù, in modo particolare la sofferenza

nel Getsemani e sulla Croce.“Gesù tu sai che sono dentro questogiardino con Te per la causa dei pecca-tori. Gesù te ne voglio presentare tantidi questi cuori, salvali caro Gesù in virtùdel tuo Cuore Agonizzante!” Il suo è sicuramente un progetto d’amo-

re di cui si sente investita e più volte ri-mane, come lei stessa afferma, sgo-menta ma sempre intimamente unita aGesù ed in modo particolare nella co-

L’ora del Getsemani: musica e preghiera

LA CHIESA

HA BISOGNO DELL’ARTE

LA CHIESA

HA BISOGNO… DEI MUSICISTI[di Leonarda Coratza

munione eucaristica. Madre Angela col-tiva una speciale devozione per l’AngeloCustode, suo confidente e diretto consi-gliere, e una commovente partecipazio-ne alla sofferenza delle Anime del Pur-gatorio, per le quali prega incessante-mente, offrendo anche le proprie soffe-renze.Non è da meno, anzi occupa un postoprimario, la devozione alla Madonna,che si rivela nel suo cammino la Madre,la Sorella e la speciale Guida nei mo-menti più difficili della fede. La proposta, io credo, risponde beneall’appello che la Chiesa rivolge agli arti-sti del nostro tempo:“Oggi come ieri la Chiesa ha bisognodi voi e si rivolge a voi.Essa vi dice con la no-stra voce: non lasciateche si rompa un’allean-za tanto feconda! Non ri-fiutate di mettere il vo-stro talento al serviziodella verità divina! Nonchiudete il vostro spiritoal soffio dello SpiritoSanto!”, scrive San Pao-lo VI alla chiusura delConcilio Vaticano II.

«La Chiesa ha bisognodell’arte [...]. La chiesaha bisogno…dei musici-sti. […] Nella musica lafede si sperimenta comeesuberanza di gioia, diamore, di fiduciosa atte-sa dell’intervento salvificodi Dio». Sono le parole

della famosa lettera agli artisti, scritta il4 aprile 1999 dal papa San GiovanniPaolo II. Una lettera che riconosce negliartisti dei “geniali costruttori di bellez-za” che, trovando in Dio la fonte di ispi-razione artistica, sono capaci di metterela propria vocazione creativa al serviziodella liturgia e del bene comune, inse-guendo una feconda alleanza tra Van-gelo e arte. La tradizione cristiana, poi, ha semprestimolato la produzione musicale, lacui bellezza ha una sua particolare for-za comunicativa. La musica è portatri-ce in sé di un grande dono: superarel’incapacità del linguaggio nel comuni-care il senso profondo e la bellezza

dell’esperienza di fede.In quell’”angolo di Getsemani” Bach,Massiaen, Bossi, Estrada nelle mani delM° Davide Pinna (la cui sensibilità ese-cutiva offriva una chiave di lettura illu-minante) creavano quel varco nell’ani-mo perché le parole tratte dagli Scritti diMadre Angela potessero toccare il cuo-re dei presenti conducendoli con mitez-za al Vangelo, senza più capire cosa of-frisse lo stimolo e cosa la risposta; paro-le e musica si compenetrano e si inter-pretano vicendevolmente, il testo pro-pone e la musica risponde creando unponte verso il testo che segue, con ele-ganza e sobrietà, per sperimentarel’esperienza di Gesù nella notte del Get-

semani. Un angolo diGetsemani per i pre-senti, un angolo diprossimità a Gesù inquel momento in cui ilSignore raccoglie il me-glio e richiede il megliodelle nostre forze, e,per far sì che questoevento tocchi i cuori ditutti coloro che lo vi-vranno, tutta la nostrarealtà diocesana (comeha avuto modo di ricor-dare Mons. GiancarloZichi nel suo interven-to) deve avere una rin-novata capacità per ad-ditare il bello e il veroalla nostra società, di ri-conoscere l’altro ecamminargli accanto,oltre l’indifferenza. g

I partecipanti al Concerto

Lettura dei brani

Mons. Giancarlo Zichi

All'organo il Maestro Davide Pinna

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La musica è sicuramente la formapiù elevata di arte, essa infatti rie-sce a trasmettere con un linguag-

gio universale che non ha bisogno ditraduzioni, sensazioni, sentimenti, statid’animo e tutto ciò che le parole nonriescono spesso a comunicare.

La musica ha accompagnato e accom-pagna tuttora la vita dell’uomo segnan-do come una sorta di colonna sonora imomenti e le tappe più importanti della

sua vita ma nonostante questo, spessoe volentieri, ci si rende conto che lamaggior parte delle persone mancanodella capacità critica di ascolto, sentonopassivamente e quasi subiscono ciòche la radio e la televisione trasmettonoin continuazione.

La causa principale di questo analfabe-tismo musicale, a mio avviso, è la scar-sa attenzione che la scuola dedica aquesta espressione artistica malgrado ilsuo insegnamento sia previsto e con-templato in vari percorsi di studio.Se da un lato, infatti, è vero che l’edu-cazione musicale è considerata unamateria formativa per gli studenti, dallescuole elementari a quelle superiori,nella realtà dei fatti, spesso, le cose nonvanno così e l’ora che dovrebbe esserededicata alla musica finisce per essereun supplemento della ricreazione.

Non dobbiamo stupirci, quindi, del fattoche un ragazzo che termina il liceo,mentre ha gli strumenti base per saperleggere in maniera critica un libro qual-siasi e capire se questo è di qualità op-pure no, non sa distinguere una ‘canzo-ne’ da una ‘sonata’, una ‘sinfonia’ da un‘concerto’ e così via.Prima di affrontare discorsi specificiinerenti i vari generi musicali, quindi,credo sia meglio capire a fondo il signi-ficato di alcune espressioni di uso co-mune quali ad esempio “musica classi-ca” e “musica leggera”.

Spesso siamo portati a pensare che lamusica cosiddetta classica sia quelladel passato, che ha come protagonisticompositori che rispondono al nome diBach, Vivaldi, Mozart, Beethoven, percitare i più conosciuti; mentre la “musi-ca leggera” sia costituita solamente dal-

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A r t e C u l t u r a

CLASSICO, INFATTI,NON SIGNIFICA VECCHIO,BENSÌ INTRAMONTABILE

di Davide Pinna

le cosiddette canzonette che accompa-gnano il vissuto di tutti i giorni.Questo concetto non è esatto: classico,infatti, non significa vecchio, bensì in-tramontabile, che non si dimentica eche non subisce il logorio del tempo no-nostante cambino continuamente lemode e i gusti; d’altro canto leggero nonè sinonimo di moderno, attuale, ma dicaduco, effimero, destinato a perdersinel tempo.Detto questo, dunque, possiamo, senzaombra di dubbio, annoverare composi-tori come Chopin o Schumann tra iclassici, ma non possiamo fare altret-tanto con molti loro coevi di cui si sonoperse le tracce fin da quando erano an-cora in vita; per contro, ad esempio, fa-cendo un gran salto nel tempo e arri-vando alla seconda metà del ‘900,l’epoca dei Beatles per intenderci, pos-siamo facilmente constatare che questi,quantunque siano passati circa sessan-t’anni dalla loro comparsa sulle scene,ancora oggi sono ricordati in tutto ilmondo, le loro canzoni vengono ancoratrasmesse da moltissime emittenti ra-diofoniche in ogni angolo della terra e,se non bastasse, sono state interpretatesuccessivamente da numerosissimi ar-tisti di fama indiscussa e i loro dischivengono continuamente ristampati e

venduti... Insomma, non si può proprioconsiderare il noto quartetto inglese co-me facente parte della musica leggera!Già da questa prima analisi si può evin-cere che un prodotto artistico, per esse-re tale nasce necessariamente come fe-nomeno di moda, poiché è conforme algusto del tempo, poi, qualora venisseapprezzato ancora dalle generazioni im-mediatamente successive, si parla non

più di moda ma di gusto che dura neltempo.La moda sommata al gusto porta a quelmagnifico risultato che è l’arte.Avendo chiarito definitivamente il con-cetto di classico/intramontabile e legge-ro/ caduco, nel prossimo numero rac-conteremo dell’enorme importanza cheebbero i mezzi di comunicazione e di ri-produzione nel mondo musicale. g

Bach, Beethoven e Mozart

La musica nella vita dell'uomo

Antonio Vivaldi

A r t e C u l t u r a

La Musicaun’arte da riscoprire

[

creazione all’interno di un contestodella possibilità di godere di aiuti perprocedere in questa meravigliosa av-ventura.Un dato sconfortante evidenziato è sta-to che negli ultimi anni, da un lato c’èstato un aumento del numero di bam-bini che hanno bisogno di famiglie affi-datarie o adottive, dall’altro si è avutauna diminuzione delle risorse familiari.Un’altra esperienza, che ci è stata do-nata da Marcella, ha avuto un percorsomolto lungo, trattandosi di un’adozioneinternazionale, sei anni, e che ha por-tato durante l’attesa dal fantasticaresul sogno di una famiglia ad una realtànon soltanto romantica, ma anchemolto più complessa del sogno.Un bambino che entra in una nuovafamiglia è difatti un estraneo, ha unadiversa storia che riduce i punti di con-tatto, ne consegue che l’adattamento èuna fase lunghissima, un navigare at-traverso un continuo ricalcolo, perchénon si nasce genitori e ancora di piùnon si nasce genitori adottivi. La cop-pia deve crescere e capire che l’ado-zione è come una “scalata che richie-de scarponi opportuni per farla”. È necessario tanto amore, ma non soloamore, è necessario aiutare i bambinia fare i conti con la propria storia e adelaborarla. La famiglia non nasce conl’adozione, vanno costruite le relazionifra i membri e il senso di appartenenza

a quella famiglia. Una scelta che ne-cessità di una adeguata preparazione,ma anche di un accompagnamento,prima e dopo l’evento. Tutte queste considerazioni e riflessio-ni hanno fatto scaturire, da diversotempo, un progetto dal Consultorio fa-miliare del Centro di Preparazione allaFamiglia di Sassari: sostenere le cop-pie che sono orientate all’affido o al-l’adozione e che a breva vedrà la suarealizzazione.Un progetto con diversi moduli, ognu-no con approccio diverso, psicologico,burocratico ed esperienziale, dandospazio a diverse voci, ognuna con ilproprio importante contributo. Un bambino che entra in una famigliaadottiva o affidataria, richiede una ge-stazione di gran lunga superiore ai no-ve mesi. Richiede il preparare un cor-

redino ricco di amore, pazienza, acco-glienza, costanza. L’attesa esige unacoppia con forte unità di intenti e pron-ta a rimodulare le proprie aspirazioni e,se è il caso, preparata ad accettare lesconfitte. È un percorso spesso pienodi incognite ed allora ancora di più ènecessario prendere per mano la cop-pia che a sua volta vuole prendere permano un figlio. Far sì che le coppie possano ritrovarsiinsieme nella comprensione di questosogno di genitorialità e nel prendere at-to che può essere un cammino imper-vio e faticoso, ma se si affronta la salitain cordata la fatica può essere condivi-sa e il suo peso alleviato.

“Il più grande lavoro sulla TerraÈ diventare genitoriEd è giunto il momento

Di ringraziarvi di cuore per essere imieiNon è solo la vitaChe mi avete datoMa anche le preoccupazioniSull’oggi e sul domaniE se sono feliceÈ anche grazie a voi………Per questo cerco di fare qualcosa dibuono della mia vita,Anche per onorarviMi avete dato quello che bastaL’amore che durerà per sempre”.È un figlio che dialoga con il propriopadre e la propria madre, che esprimeliberamente il sentire del suo cuore epotremo dire, senza alcuna esitazioneche: la famiglia che accoglie può diredi aver assolto il suo compito se il figlioriesce a trasmettere questo messaggiodi amore e riconoscenza ai genitori. g

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“Dònàti”, 26 gennaio 2019,come un tam tam risuona inmolte città d’Italia e in tante

associazioni questa parola un po’ stra-na. Sembrerebbe un errore con queidue accenti presenti, no, non si trattadi un errore, i due accenti non sonomessi a caso: la parola viene utilizzatacon doppio significato, fatti un dono,dona una famiglia a chi non l’ha. Lagiornata di sensibiliz-zazione è nata nel2018 a Roma e anchequest’anno varie regio-ni hanno accolto ilmessaggio e, attraver-so “quattro chiaccheresull’accoglienza”, si èrilanciato il tema e pro-mosso questo percor-so alla genitorialità.A Cagliari, il Forum re-gionale delle associa-zioni familiari, l’AI.BISardegna, associazio-ne amici dei bambini,hanno caldamente vo-luto raccogliere attornoa questo tema diverserealtà, portare espe-rienze familiari e lan-ciare un messaggio di invito alla solida-rietà e all’accoglienza.Una forte carica emotiva ha accompa-gnato le diverse testimonianze chehanno condiviso con i partecipanti alconvegno, una famiglia affidataria edue famiglie adottive, una con espe-

rienza nazionale e l’altra inernazionale.Abbiamo ascoltato l’esperienza di Ro-berto, padre affidatario, che assieme alfiglio biologico ci ha donato una sintesidella sua vita con diverse esperienze diaffido, un percorso iniziato negli anni’90. Erano anni favorevoli all’affida-mento perché l’attenzione era centratasul diritto del bambino ad avere unafamiglia. La famiglia di Roberto haospitato tanti figli adottivi, ne ha elen-cato i nomi, tenendo a precisare chenon erano solo semplici elenchi di no-mi, ma persone con volti precisi chehanno intersecato la loro vita con le lo-ro storie. Con essi hanno condiviso gio-ie e dolori, ma anche scoperto il poten-ziale che ha la famiglia, lo sperimenta-re che in famiglia, qualsiasi cosa suc-ceda non si è soli. Oggi il dialogo con le istituzioni è piùdifficile, il che porta come conseguen-za la tentazione di interrompere questopercorso speciale alla genitorialità, ma

alla scoperta che, ancora una volta, unbambino ha bisogno di una famiglia, siaccende ancora la fiamma ed è cosìche Roberto con la moglie hanno dettodi sì ad una nuova situazione di affido.(Con lui era presente il bambino in affi-do attualmente). Abbiamo ricevuto co-

me un regalo anche la testimonianzadi Francesco, il figlio biologico. France-sco ha connotato la sua esperienza de-finendola una Grazia, di contro a coloroi quali, di fronte alla loro storia, escla-mano: “che coraggio!” “È un dono, di-ce Francesco, dalla nascita ci è statoinsegnato a decentrarci, a diventarecollaboratori, pur con le difficoltà chesi hanno a volte nel condividere, mauna vita decentrata non è così brutta,anzi più bella, se quel pezzo di me puòessere donato ad un fratello che, altri-menti senza la mia donazione avrebbeavuto zero, insieme si può invece averecinquanta e cinquanta.”Simona ci ha dato la sua esperienza diadozione nazionale. Il suo non è statoun percorso agevole, inizialmente ilprimo ostacolo è stato di carattere bu-rocratico, ma via via altri ostacoli, si so-no presentati in maniera abbastanzacomplessa, come la necessità di met-tere in discussione la coppia, la gestio-

ne dell’attesa, chetutto sommato è sta-ta relativamentebreve, tre anni. Inol-tre è stato indispen-sabile coniugare lavoglia di genitorialitàcon l’elemento del-l’accoglienza, saperaccogliere un dolo-re, per esempio per-ché il bambino cheentra in una famigliaadottiva va interpre-tato e gestito e habisogno di essereaccolto con il suobagaglio, ha bisognodi una mano per sal-varsi, spesso portaun dolore dentro

che forse non riuscirà a cancellare, masi spera almeno di lenire.È emersa un’assoluta necessità dicreare rete fra le famiglie adottive e af-fidatarie e di favorire una cultura di so-lidarietà. È venuto fuori il concetto del-la “piazza del vicinato”, vale a dire la

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A t t u a l i t à A t t u a l i t à

È NECESSARIO

TANTO AMORE

MA NON SOLO...[di Angela Baio

Un corredino piuttosto specialeper accogliere una vita speciale

Famiglia

Terapia Familiare

Famiglia numerosa

PADRE MANZELLA Oggi 30 PADRE MANZELLA Oggi 31

Dichiarazione giurata rilasciata dallasig.ra Angela Addis in relazione a unagrazia ottenuta per l’intercessione delServo di Dio Padre Giovanni BattistaManzella.

Io sottoscritta, Angela Addis maritataUnzamu, nata a Sassari il 21.10.1913 edomiciliata in Sassari piazza Santa Ma-ria, 2 con piena coscienza e conoscen-za affermo quanto contenuto in questo

foglio e lo confermo con il giuramentosul libro dei Santi Vangeli.Nel giugno dell’anno 1935, avendo ne-cessità di raggiungere un ballatoio uti-lizzando una scala a pioli, pregaiun’amica perché mi sostenesse la scalache sarebbe potuta scivolare. Mentre ri-scendevo bussarono alla porta e la miaamica, distrattamente, abbandonò lascala per recarsi ad aprire.Capitò quanto temevo e fui vittima diuna caduta rovinosa; i medici diagnosti-carono tumefazione al viso, lesioni delsetto nasale, nevralgia del trigesimo condolori lancinanti in tutta la zona interes-sata, lussazione traumatica del ginoc-chio destro.Mentre in seguito alle cure il quadro pa-tologico per quanto riguardava le condi-zioni del viso si normalizzava, la lussa-zione del ginocchio peggiorò in modopreoccupante. La diagnosi fu la se-guente: sinovite, periostite e artrosi de-formante. Dopo la lunga cura di circa

due anni, mi venne proposto il ricoveronell’ospedale Marino di Alghero. Prima di partire, ai primi del maggio1937 mi recai dal Padre Manzella perricevere rassegnazione e conforto inquanto, non essendomi mai allontanatadalla mia casa, il viaggio per Alghero ela causa che lo aveva determinato miaveva portato ad uno stato d’animo chesapeva di sofferenza non accettata equasi di protesta.Mi assicurò che avrebbe pregato per-ché ritrovassi la pace e la serenità, rac-comandandomi di accettare e seguirela cura che sarebbe stata giudicata piùopportuna; mi assicurò che sarei guari-ta ma avrei dovuto avere molta pazien-za, e benedicendomi posò la mano sulmio ginocchio ammalato, per quanto ionon avessi detto quale era il ginocchioche mi faceva tanto soffrire. Per due anni fui ricoverata in un susse-guirsi di cure che si rivelarono comple-tamente inutili; infine mi ingessarono

dal piede alla vita nella spe-ranza di contrastare l’avan-zar del male che aveva inte-ressato una zona maggiore.Dopo tre mesi tolsero la pri-ma ingessatura per rifarneuna nuova; mi sentivo unacavia da esperimento per-ché si trattava di tentare eprovare, ma senza persua-sione per l’efficacia del me-todo e dei risultati. Avevo un fratello a Torinoche, informato delle cattivecondizioni, decise di farmitrasferire lassù per essere ri-coverata nell’Ospedale di S.Giovanni Maggiore.Lasciando l’Ospedale Mari-no di Alghero, la Superioradisse queste testuali parole:“Povera Angela, ti stannomandando a morire nellacittà di Torino”! infatti, l’ulti-ma diagnosi era stata que-sta: TBC ossea! E per l’equi-pe medica non ci sarebbestato nulla da fare per la mia

AVREI VOLUTO COMUNICARE

SUBITO LA MIA GIOIA

PER QUANTO

MI ERA SUCCESSO[di Angela Addis

Testimonianza

salute e la mia vita.Per quasi tre mesi, quanto fu il tempodel mio ricovero, mi rassegnai al tor-mento delle diverse cure: punture lom-bari, altro esperimento con iniezionispeciali in zone di quattro centimetri eper tutto il corpo, applicazioni elettri-che.Mi bruciarono inutilmente, dovevomangiare in piedi e dormire bocconi;una vita impossibile e, dal punto di vistaclinico, perfettamente inutile per quan-to riguarda i risultati. Chiamarono mio fratello perché mi ri-conducesse a casa in quanto le mie

condizioni erano considerate disperate:non c’era più nulla da fare!Lottando contro ogni sfiducia e per nonlasciare assolutamente nulla di intenta-to, mio fratello mi portò dal Prof. Fo-glietta, uno specialista in bagni di gas.Per ben venti volte mi assoggettai aduna cura tipo sauna, immersa in unapuzza stomachevole; alla fine di quelmartirio il risultato negativo si aggiunsealle precedenti prove andate a vuoto.Ci fu un ultimo tentativo presso il Dr.Paolo Litardi Buniva; era una cura dolo-rosissima basata su punture e un pro-cedimento che impauriva: un ago lun-

ghissimo doveva avere tre spinte “sotto-cutanea intramuscolo, sul piano osseo”dove sarebbe stata iniettata la medici-na. Non potei proseguire la cura perchégli avvenimenti internazionali ci aveva-no portato a compartecipare alla guerrasfortunata. Mia madre, preoccupata, mirichiamò a Sassari e abbandonai Tori-no, le cure e le speranze; ero sensibil-mente peggiorata e non riuscivo a starein piedi se non con grandi sforzi e a fa-tica. Dove a nulla erano servite scienzae medicine sarebbe riuscita l’interces-sione del caro Padre Manzella, del qua-le non avevo mai dimenticato e la bene-dizione e le parole di incoraggiamento.Una mia sorella, Eleonora e un’amica difamiglia, Giuseppina Delogu iniziaronoun triduo di preghiera confidando nel-l’intercessione del nostro caro PadreManzella. Per tre giorni, sostenuta da loro andava-mo al cimitero e, dopo aver pregato, mifacevano distendere sulla tomba. Al ter-zo giorno mi fu concessa la grazia, omeglio, il miracolo.Mi rialzai dalla tomba senza dolori, nonzoppicavo più, non accusavo nessundisturbo e nessuna difficoltà: ero guari-ta e ritornai con le mie accompagnatricilodando Dio e ringraziando il PadreManzella.Avrei voluto comunicare subito la miagioia per quanto mi era successo, magli avvenimenti dell’ora tragica non melo consentirono: sfollamento, impossibi-lità di corrispondere con mio fratelloche si trovava a Torino, attesa perché sinormalizzasse la situazione così caoti-ca, mi fecero rimandare il tutto a tempimigliori.Da poco mi è stato detto che il Padre P.Pigozzi era incaricato di raccogliere no-tizie di grazie e testimonianze che met-tono in luce quanto il Signore ha volutooperare per i meriti del Suo Servo cheancora ricordiamo con amore e venera-zione; ho voluto far conoscere quantoavevo ricevuto allora, mentre lo prego divolermi ottenere il dono della vista cheho in pessime condizioni. Anche perquesta grazia prego e continuo a spera-re nell’intercessione del Servo di Dio. g

Te s t i m o n i a n z e Te s t i m o n i a n z e

Sassari, Santa Maria di Betlem

Sassari