Orientamento agli studi universitari - battaglini.gov.it · Mercati non concorrenziali e equilibrio...
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Orientamento agli studi universitari
A cura del prof. Mario Sportelli Dipartimento di Matematica Università degli Studi di Bari Via E. Orabona, 4 70125 Bari (Italy) URL: http://www.dm.uniba.it/~msportelli
Alcune informazioni preliminari
• La struttura del sistema universitario italiano: • Laurea – (nota come laurea di primo livello) ha durata triennale e si
consegue con 180 crediti formativi. Prevede lo studio di almeno una lingua straniera.
• Master di primo livello – vi si accede possedendo una laurea di primo livello ed è finalizzato all’aggiornamento ed accrescimento di competenze specifiche.
• Laurea Magistrale – (nota come laurea di secondo livello) ha durata biennale e vi si accede dopo la laurea . Il conseguimento del titolo prevede l’acquisizione di 120 crediti formativi.
• Laurea Magistrale a ciclo unico – (nota come laurea lunga) ha la durata di 5 0 6 anni. Durano 5 anni: architettura e ingegneria edile, farmacia, odontoiatria, veterinaria e (dall’a.a. ‘06/’07) giurisprudenza; dura 6 anni la laurea in medicina.
• Master di secondo livello – vi si accede dopo una laurea specialistica per affinare la formazione e/o acquisire ulteriori competenze utili nel mercato del lavoro.
• Dottorati – vi si accede dopo una laurea specialistica.
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Perché iscriversi all’Università?
• La laurea serve perché consente un più facile inserimento nel mercato del lavoro: la quota di occupati fra i laureati è maggiore che fra i non laureati.
• Pur con notevoli differenze fra aree geografiche, le serie storiche sugli occupati fornite dall’ISTAT confermano questo dato su tutto il territorio nazionale.
• (Per i dettagli si vada il sito: http://www.istat.it)
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Il ruolo dell’Economia Politica nella società.
• Le risorse non sono disponibili in quantità sufficiente a soddisfare tutti i bisogni di tutti gli individui che compongono una collettività.
• La scarsità implica scelte sull’utilizzazione delle risorse.
• Ogni scelta implica un costo opportunità.
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L’insieme dei problemi connessi alle scelte è l’oggetto di studio
dell’economia politica.
La teoria economica è convenzionalmente suddivisa in due grandi branche:
• La microeconomia
• La macroeconomia
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Cosa studiano Micro e Macro-economia
Microeconomia
• Studia il comportamento dei singoli agenti economici (consumatori e imprese) ed il funzionamento dei mercati.
Macroeconomia
• Studia il funzionamento del sistema economico, focalizzando l’attenzione sulle grandezze aggregate.
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In un sistema economico le scelte
degli agenti interagiscono fra
loro producendo un qualche risultato.
L’interazione degli agenti determina
ciò che si definisce mercato.
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Quando si considera un mercato è necessario capire qual è la sua ampiezza e
quali sono le sue peculiarità.
L’agente deve conoscere quali sono i suoi concorrenti reali e potenziali in modo da poter scegliere, tra le diverse alternative, quella migliore.
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Modelli economici
Sono una rappresentazione semplificata della realtà: una rappresentazione che astrae dai dettagli del mondo reale.
L’efficacia di un modello deriva dall’eliminazione dei dettagli irrilevanti.
I modelli economici si avvalgono della matematica per semplificare l’analisi.
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Un semplice modello economico
Famiglie
Imprese
Mercato dei beni e dei servizi
Mercato del lavoro
R i c a v i
S p e sa
Consumi
P r o d u z i o n e
R e d d i t i
L a v o r o
La vo ro
S a l a r i
Flussi reali
Flussi monetari 10
Un modello di funzionamento del mercato del
lavoro: l’interazione tra sistema formativo e sistema
produttivo.
Le ipotesi:
Esistono due tipologie di lavoratori dotati di un
diverso grado di abilità innate.
I lavoratori più abili sono caratterizzati da una
più elevata produttività.
Il mercato del lavoro e quello del prodotto
sono concorrenziali.
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Formalizzazione del modello.
• L = numero totale dei
lavoratori disponibili.
• LH = numero lavoratori
più abili.
• LL = numero lavoratori
meno abili.
• aH , aL = produttività
marginale e media dei due
tipi di lavoratori (costanti
per ipotesi).
Poniamo:
aH > aL > 0,
L = LH + LL = forza lavoro
disponibile,
y = aH LH + aLLL =
produzione (potenziale)
realizzabile nell’economia,
date le conoscenze tecniche.
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Formalizzazione del modello.
In regime di concorrenza, la condizione di massimo profitto per le imprese richiede che il valore della produttività marginale di ciascun fattore sia uguagliata al proprio prezzo. Pertanto, se le abilità dei lavoratori fossero osservabili a priori, le imprese sarebbero disposte a retribuire i lavoratori in base alla loro produttività marginale:
pyaH = wH ; pyaL = wL
Senza perdita di generalità, possiamo porre py = 1. In ogni caso ciò che otteniamo è un sistema produttivo efficiente, sia socialmente che dal punto di vista produttivo, dove wH > wL.
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Cosa accade nella realtà.
Nella realtà, le imprese non conoscono a priori
l’effettiva produttività dei lavoratori (esiste
un’asimmetria informativa) e, pertanto, preferiscono
pagare un salario medio:
Se poniamo = frazione disponibile dei
lavoratori più abili, allora:
= produttività media dei
lavoratori.
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H Lw w w
HL
L
(1 )H Lw a a
Cosa accade nella realtà.
E’ evidente che i lavoratori più abili percepiranno
una retribuzione inferiore a quella che avrebbero
percepito senza l’asimmetria informativa. A
differenza di altri mercati, nel mercato del lavoro,
sia pure con qualche rigidità, non si verifica un
fenomeno di «selezione negativa»: tutti
preferiscono lavorare piuttosto che restare
disoccupati.
Osserviamo ora il risultato a cui siamo pervenuti
dal punto di vista del mercato.
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Il punto di vista del mercato.
Le imprese, con il salario medio, sostengono un
costo (unitario) del lavoro pari a quello che
avrebbero sostenuto differenziando le retribuzioni
e, allo stesso tempo, realizzano un identico livello
di produzione
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(1 )H H L LH L
w L w La a w
L
(1 ) (1 )H L H L
ya a w w
L
Il punto di vista dei lavoratori.
Se costo del lavoro e produzione restano invariati, anche il profitto realizzato dalle imprese è invariato e, pertanto, nessuna impresa ha interesse a modificare la propria scelta.
Supponiamo ora che i lavoratori possano acquistare un segnale che consenta di distinguerli e assumiamo che tale segnale sia l’istruzione E.
Misuriamo E in termini del tempo necessario per acquisire il titolo.
L’istruzione ha un costo.
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Il punto di vista dei lavoratori.
Economicamente, il costo dell’istruzione ha due
componenti: un costo diretto (tasse ecc.) identico
per tutti e un costo indiretto (inteso come costo
opportunità) rappresentato dalla retribuzione a cui si
rinuncia scegliendo di studiare. Plausibilmente,
possiamo assumere che il costo indiretto sia
maggiore per gli individui meno abili che
potrebbero impiegare più tempo per acquisire il
titolo. Poniamo, pertanto,
cL > cH 18
Il punto di vista dei lavoratori.
Dato il differenziale di produttività, ricordando che py = 1, è
sempre possibile determinare un livello di istruzione tale
che
Se le imprese sono disposte a pagare un salario più alto ai
lavoratori più produttivi e il salario è commisurato alla
produttività, come accade nell’ipotesi di trasparenza del
mercato, allora la precedente equivale a
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H L H L
L H
a a a aE
c c
E
H L H L
L H
a a a aE
c c
H L H L
L H
w w w wE
c c
Il punto di vista dei lavoratori.
Quando le retribuzioni sono commisurate alla produttività e
c’è concorrenza, l’obiettivo delle imprese è realizzato.
Pertanto, i salari saranno differenziati nel mercato del
lavoro.
Dal punto di vista dei lavoratori, l’esistenza di un , come
definito in precedenza , implica: , mentre
, ossia il costo dell’istruzione è inferiore al
beneficio connesso alla maggiore retribuzione per gli
individui abili, ma è più elevato per i meno abili. Per il
principio di razionalità delle scelte individuali, solo i
lavoratori abili acquisteranno acquisendo il segnale.
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E
H H Lc E w w
L H Lc E w w
E
L’equilibrio di separazione.
Poiché nessuno degli agenti
coinvolti nello scambio dei
servizi lavorativi ha
interesse a modificare la
propria scelta, il livello di
istruzione rappresenta un
equilibrio. Un tale
equilibrio è definito
«equilibrio di separazione»,
perché replica quello di un
mercato trasparente.
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E
L’equilibrio di separazione visto dal lato
dei lavoratori abili e dal lato del mercato.
Nell’equilibrio di separazione, i lavoratori abili
percepiscono un salario più elevato solo perché hanno
acquistato il «segnale». Il costo che hanno sostenuto
genera un vantaggio privato, ma dal punto di vista del
mercato non ha avuto alcun effetto: la produzione è
rimasta invariata come il costo del lavoro e, pertanto, i
redditi distribuiti (salari complessivi e profitti) sono
esattamente quelli ottenibili con un salario medio.
L’acquisto del «segnale» sembra essere socialmente
uno spreco. 22
L’equilibrio di separazione visto dal lato
dei lavoratori abili e dal lato del mercato.
Nonostante l’ipotesi di concorrenzialità sui mercati,
l’esternalità negativa dei lavoratori meno abili ha
generato una inefficienza allocativa (il costo sostenuto
da alcuni non ha generato alcun vantaggio per la
collettività).
Se rimuoviamo l’ipotesi di concorrenza sui mercati, la
disuguaglianza
può non valere.
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H L H L
L H
w w w wE
c c
Cosa accade nei mercati non
concorrenziali.
Può accadere che il costo dell’istruzione sia troppo
basso, oppure che il differenziale salariale sia molto
elevato. In tal caso:
Se, invece, il costo dell’istruzione è troppo elevato o i
differenziali salariali sono troppo bassi, risulta:
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H L H L
L H
w w w wE
c c
H L H L
H L
w w w wE
c c
Mercati non concorrenziali e equilibrio
unificante.
Nel primo caso, tutti, abili e meno abili, troveranno conveniente acquisire istruzione.
Nel secondo caso, nessuno troverà vantaggiosa l’istruzione.
Quando il comportamento dei lavoratori diviene uniforme, l’equilibrio che si genera sul mercato del lavoro e denominato «equilibrio unificante».
Tale equilibrio è ovviamente inefficiente in senso allocativo, perché: i) le imprese non riescono a selezionare i lavoratori più abili (tutti hanno acquisito il segnale o nessuno ha acquisito il segnale), ii) i lavoratori più abili non riescono a spuntare salari più alti a causa della concorrenza dei meno abili.
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Mercati non concorrenziali e equilibrio
unificante.
E’ verosimile un equilibrio unificante?
Ricordiamo che il costo dell’istruzione ha due componenti:
il costo diretto e il costo indiretto (costo opportunità).
Quando le possibilità di occupazione sono molto esigue e i
redditi delle famiglie sono in grado di fronteggiare il costo
diretto, allora il costo complessivo dell’istruzione si riduce.
Il costo dell’istruzione è tanto più basso quanto minori sono
le possibilità di occupazione. Ciò implica che, piuttosto che
rinunciare a nulla o quasi nulla, molti preferiscono studiare
nell’aspettativa di veder crescere le opportunità di lavoro.
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Mercati non concorrenziali e equilibrio
unificante.
Quando il costo dell’istruzione è molto elevato o i
differenziali salariali troppo marcati, tendono ad
accentuarsi le disuguaglianze sociali che, in alcuni casi,
possono compromettere la stabilità politica del sistema
economico.
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Il punto di vista macroeconomico.
Riconsideriamo l’equilibrio di separazione.
Abbiamo detto che questo equilibrio genera inefficienza allocativa perché il costo che alcuni agenti sostengono per l’istruzione non genera vantaggi per la collettività (maggiore produzione). Ciò può essere vero in un’ottica microeconomica e statica.
Da un punto di vista macroeconomico e dinamico l’istruzione è funzionale agli interessi produttivi delle imprese, non solo perché un lavoratore istruito è più pronto all’apprendimento di mansioni specifiche e più facilmente adattabile ai cambiamenti tecnologici, ma anche perché l’istruzione favorisce il progresso tecnico che si manifesta con innovazioni di prodotto e di processo produttivo.
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Conclusioni.
La scelta di proseguire gli studi all’università deve
essere ben ponderata per la «qualità del segnale» da
acquisire. La qualità del segnale concerne in primo
luogo il percorso di studi, ma anche la scelta della sede
universitaria non va trascurata.
L’Italia ha bisogno di laureati per migliorare le
prospettive di crescita. Nel 2013, il 22,4% della
popolazione d’età 30-34 anni era munita di titolo di
studio universitario (in Puglia 20,8%). Il target al 2020
fissato dalla UE è il 40%! 29