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R R www.esercito.difesa.it >> LA FORMAZIONE DEGLI UFFICIALI DELLE UNITÀ DI MANOVRA DELLO US ARMY >> IL BIOLOGICAL WARFARE NELL’ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVO >> LA GESTIONE DEI FONDI IN AMBITO NATO, EUROPEO ED ONU L’ARTIGLIERIA ITALIANA NELLA 2 a BATTAGLIA DEL PIAVE O DEL SOLSTIZIO D’ESTATE Numero 4 LUG-AGO 2014 A A S S S S E E G G N N A A D D E E L L L L E E S S E E R R C C I I T T O O o o n n l l i i n n e e d d i i R R i i v v i i s s t t a a M M i i l l i i t t a a r r e e

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www.esercito.difesa.it

>> LA FORMAZIONE DEGLI UFFICIALI DELLE UNITÀ DI MANOVRA DELLO US ARMY>> IL BIOLOGICAL WARFARE NELL’ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVO

>> LA GESTIONE DEI FONDI IN AMBITO NATO, EUROPEO ED ONU

L’ARTIGLIERIA ITALIANA NELLA 2a BATTAGLIA DEL PIAVE O DEL SOLSTIZIO D’ESTATE

Numero 4LUG-AGO 2014

AASSSSEEGGNNAA DDEELLLL’’EESSEERRCCIITTOOoonn ll iinnee ddii RRiivv iissttaa MMii ll ii ttaarree

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La Rassegna dell’Esercito è un periodico on line di informazione e la collaborazione è aperta a tuttii Quadri dell’Esercito. Gli elaborati, che dovranno essere accompagnati da una dichiarazione del-l’Autore che espliciti la natura inedita ed esente da vincoli editoriali dei medesimi, investono la direttaresponsabilità dell’Autore stesso, rispecchiandone le idee personali. Gli articoli (minimo una cartella- massimo sette cartelle in formato word; 2000 battute a cartella) dovranno pervenire in formatoelettronico all’indirizzo di posta elettronica [email protected], corredati di foto in alta risoluzione (formatotif o jpg - dimensione minima 13 x10 cm - definizione di 300dpi) e con relative didascalie esplicative.Gli eventuali acronimi presenti nell’articolo dovranno essere esplicitati in maniera chiara. La Direzionesi riserva il diritto di dare all’articolo l’impostazione e i tagli ritenuti più opportuni. L’accoglimentodegli articoli o proposte di collaborazione non impegnano questo Centro alla pubblicazione né allaretribuzione: gli stessi non verranno restituiti. L’autore con l’invio dell’articolo si impegna a cederealla Redazione, a titolo gratuito, tutti i relativi diritti di esclusività e di utilizzo. Nessuna parte dei testi edelle illustrazioni può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta della Direzione.

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Sommario EditoreMinistero della Difesa

Direttore ResponsabileFelice De Leo

Vice DirettoreLuigino Cerbo

Direzione e Redazione Via di San Marco, 8 - 00186 Roma

Tel. 06 6796861 e-mail: [email protected]

Coordinamento Editoriale Luigino Cerbo

Claudio Angelini Annarita Laurenzi

Lia Nardella

Grafica on-lineMarcello Ciriminna

Periodicità Bimestrale

Registrazione del Tribunale diRoma n. 20/2013 del 15.01.2013

ISP: www.esercito.difesa.it -Comando C4 Difesa

Numero chiuso il 07-08-2014

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proprietà dello Stato Maggioredell’Esercito.

L’editore si dichiara disponibile a re-golarizzare eventuali spettanze do-

vute a diritti d’autore per leimmagini riprodotte di cui non sia

stato possibile reperire la fonte o laleggittima proprietà.

Rassegna dell’Esercito on line di Rivista Militare

NUMERO 4/2014(LUGLIO - AGOSTO)

La rassegna ha lo scopo di estendere e aggiornare la preparazione tecnico-professionale deiQuadri dell’Esercito. A tal fine costituisce palestra di studio e di dibattito

La gestione dei fondi in ambito NATO, Europeo ed ONU.(Gianpaolo Iannotta)

La formazione degli Ufficiali delle Unità di manovra dello US Army.(Massimiliano Bar)

Le missioni internazionali dell’Esercito e i principi costituzionali.(Fabio Filomeni)

Le applicazioni dell’idrologia nell’arte militare.(Alberto Frattolillo)

L’Artiglieria italiana nella 2a battaglia del Piave o del solstizio d’estate.(Articolo tratto da Rivista Militare n. 5/1982)

Corpo Militare della Croce Rossa Italiana - Consuntivo 2013.(Claudio De Felici)

Lo sbarco in Sicilia.(Antonio Ciabattini Leonardi)

La Resistenza militare tedesca al Nazionalsocialismo.(Franco Di Santo)

L’Europa nel primo dopoguerra: considerazioni sull’ascesa della dittatura in Italia e Germania rispetto a Franciae Inghilterra.(Michele Angelini)

Il Biological Warfare nell’Antichità e nel Medioevo.(Patrizio Cambiotti)

Implicazioni strategiche del progetto di rilancio militareGiapponese.(a cura del Ce.S.I.)La fragilità irachena di fronte alla minaccia di ISIS.(a cura del Ce.S.I.)

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9

16

46

54

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STUDI, DOTTRINA E FORMAZIONE

ADDESTRAMENTO E OPERAZIONI

COMMEMORAZIONE CENTENARIO GRANDE GUERRA

LOGISTICA

STORIA

ASTERISCHI

ATTUALITÀ

RECENSIONI

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La partecipazione dell’Italia alla NATO,all’Unione Europea e all’ONU ha apertodei nuovi contesti lavorativi anche sotto il

profilo della gestione dei fondi. Gli appartenential Corpo di Commissariato, sempre più spesso,possono operare in ambienti multinazionali carat-terizzati da regole amministrativo-contabili pecu-liari. Sapersi orientare in simili contesti è essenzia-le per le nuove generazioni di Commissari.

Le righe che seguono sintetizzano le cono-scenze di base relative alla struttura organizzati-va e alle spese finanziabili dal MeccanismoAthena, al quale si ricorre quando si opera sottoil mandato dell’Unione Europea, i principi finan-ziari NATO e il sistema di rimborsi ONU.

MECCANISMO ATHENA

Istituito nel 2004, Athena è un dispositivo, conpersonalità giuridica, concepito per amministra-re il finanziamento dei Costi Comuni necessariper l’attuazione delle operazioni dell’Unione Eu-ropea, aventi implicazioni nel settore militare odella difesa. L’istituzione del Meccanismo Athe-na si è reso necessario perché i costi relativi alleoperazioni militari, condotte nel quadro della Po-litica di Sicurezza e di Difesa Comune (PESC),non sono iscrivibili nel bilancio dell’Unione Euro-pea e, pertanto, le stesse sono finanziate, dagliStati membri, attraverso un meccanismo di ge-stione (istituito il 23 febbraio 2004 con la decisio-ne 2004/197/PESC) avente organi e regole ben

definiti.I principali organi di gestione dei fondi Athena

sono:• il Comitato Speciale: è l’organo decisionale di

Athena ed è composto dai rappresentanti degliStati Membri contributori (eccetto la Danimarcache non ha aderito). Il Comitato approva il bud-get, autorizza eventuali deroghe alle procedurecontrattuali, modifica le regole contabili, appro-va le tipologie di Costi Comuni e stabilisce, altermine delle operazioni, la destinazione finaledei beni inscritti in conto capitale;• l’Amministratore: è l’autorità esecutiva perma-

nente di Athena. Stabilisce e presenta al Comi-tato Speciale qualsiasi progetto di bilancio everifica la corretta applicazione delle decisioniassunte;• il Contabile: aggiorna la contabilità di ATHENA

ed è responsabile della corretta esecuzionedei pagamenti, dell’incasso delle entrate e delrecupero dei crediti accertati;• il Comandante dell’Operazione: è tenuto a far

pervenire all’Amministratore proposte di bilan-cio per la parte "spese-Costi Comuni operativi"e a dare esecuzione, in qualità di “AuthorizingOfficer”, al budget assegnato per l’operazione.Tale funzione è normalmente delegata al CapoUfficio Finanziario (CJ8), che si avvarrà di un“Servizio Amministrativo” costituito ad-hoc (intabella 1 l’organigramma dell’Ufficio Finanzia-rio del Comando Divisione “Acqui”, che haavuto l’opportunità di gestire i fondi Athena inoccasione dell’esercitazione Multilayer ‘12,svoltasi a Brindisi dall’8 al 26 ottobre 2012) e diun software di gestione contabile, l’Atrium.Le principali Regole di gestione possono essere

LA GESTIONE DEI FONDI IN AMBITOLA GESTIONE DEI FONDI IN AMBITONATO, EUROPEO ED ONUNATO, EUROPEO ED ONU

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del Capitano Gianpaolo Iannottain servizio presso il Comando Divisione “Acqui”

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

Le opinioni espresse nell’articolo riflettono esclusivamente ilpensiero dell’autore.

Studi, Dottrina e Formazione

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Studi, Dottrina e Formazione

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

così sintetizzate: Il Meccanismo Athena prefinan-zia, ove ve ne sia la necessità, i Nation Born Coste ne chiede, successivamente, il rimborso aiPaesi Membri; rende agli stessi quei Costi Comuniche per esigenze contingenti sono stati anticipa-ti dai Paesi Membri e, soprattutto, finanzia i Com-mon Cost (CC), che sono preventivamente sta-biliti negli allegati alla decisione del Consiglio n.2011/871/PESC del 19 dicembre 2011, in ragionedella fase dell’Operazione, e possono essere in-crementati su proposta del Comandante del-l’Operazione e previa approvazione del Comita-to Speciale.

I Costi Comuni finanziati dal Meccanismo Athe-na sono così ripartiti:• Costi Comuni a carico di Athena ove insorga-

no (allegato I alla decisione del Consiglio n.

2011/871/PESC del 19 dicembre 2011). In talecategoria sono incluse le spese di funziona-mento del Meccanismo, le spese di missionesostenute dal Comandante dell’Operazione edal suo personale per la presentazione deiconti dell’operazione al Comitato Speciale, il ri-sarcimento di danni e costi derivanti da richie-ste di indennizzo e azioni legali cui deve farfronte Athena e i costi derivanti da decisioni diimmagazzinare materiali acquistati in comuneper un’operazione.• Costi Comuni operativi relativi alla fase prepa-

ratoria (allegato II alla decisione del Consiglion. 2011/871/PESC del 19 dicembre 2011), valea dire i costi incrementali connessi con le rico-

gnizioni in Teatro (trasporto, alloggio, uso dimezzi di comunicazioni operative, ingaggio dipersonale civile locale come interpreti e autisti)e i servizi medici eventualmente necessari du-rante la fase ricognitiva;• Costi Comuni operativi relativi alla fase attiva

delle operazioni (allegato III alla decisione delConsiglio n. 2011/871/PESC del 19 dicembre2011) si dividono in tre sub categorie:•• costi sempre finanziati da Athena: quelli so-

stenuti dalle strutture di comando (Coman-do Operativo - OHQ; Comando della Forza -FHQ; dai Comandi di Componente - CCHQ)per viaggi ufficiali necessari a un’operazio-ne, trasporto verso e dal Teatro di operazio-ne, attrezzature supplementari per uffici ealloggi, servizi contrattuali e utenze, costi di

manutenzione degli edifici, personale civileche lavora nell’Unione, personale internazio-nale e personale locale assunto nel teatrodelle operazioni per condurre l’operazione,campagne d’informazione, lavori ai fabbri-cati da adibire ad uffici e ad alloggi, acqui-sto e noleggio di apparecchiature e servizidi comunicazione, spese di rappresentanza;

•• costi finanziati da Athena, ma previa l’ap-provazione del Comitato Speciale: quelli re-lativi alle forze (a meno delle strutture di co-mando sopra citate) per il trasporto verso edal teatro delle operazioni, lo schieramento,il sostegno e il ripristino delle forze necessarieall’operazione e i costi relativi ai comandi

Tabella 1

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multinazionali dei gruppioperativi dell’Unione Euro-pea schierati nel la zonadelle operazioni;

•• costi autorizzati dal Comita-to Speciale su richiesta delComandante dell’Opera-zione: spese connesse conl’alloggiamento dei contin-genti, con l’acquisto di at-trezzature supplementariessenziali all’assolvimentodella missione, strutture eserviz i medici aggiuntivi,acquisizione d’informazioni,

sicurezza CBRN ed altro;• Costi Comuni operativi relativi

alla liquidazione di un’opera-zione a carico di Athena (alle-gato IV al la decis ione delConsiglio n. 2011/871/PESC del19 dicembre 2011): in tale ca-tegoria rientrano i costi insortiper l’assegnazione di una de-stinazione finale ai materiali ealle infrastrutture finanziati incomune per l’operazione e icosti incrementali connessicon la stesura della contabili-tà dell’operazione, anche do-

po la cessazione della stessa.Altra fonte normativa, che re-

gola nel dettaglio le proceduredi gestione dei fondi Athena, èrappresentata dagli “Atti delComitato Speciale 12/0598” del12 novembre 2012, che rappre-sentano delle vere e proprieistruzioni tecnico-contabili cheregolamentano tra l’altro an-che l’attività contrattuale, lespese di missione e il recluta-mento dei dipendenti civili.

Si tenga presente, infine, che ilMeccanismo Athena finanziaanche le esercitazioni, per lequali, però, sono previste alcu-ne limitazioni: sono finanziabilisolo gli European Union Head-quarter (senza distinzione di li-vello organico) ma non le “For-ze” (ovvero le Unità dipenden-ti); sono escluse spese in contocapitale e quelle relative allafase di preparazione.

Attualmente le missioni finan-ziate da Athena sono: • EUROFOR Althea;• EUNAVFOR Atalanta;• EUTM Somalia;• EUTM Mali;• EUFOR RCA Bangui.

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Tabella 2

Tabella 3

Studi, Dottrina e Formazione

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GESTIONE DEI FONDI NATO

La NATO, a differenza dell’Unione Europea, èdotata di una struttura di comando e controllomilitare ben definita e permanentemente atti-vata (tabella 2). Gli Stati Membri finanziano ilBudget NATO (tabella 3), che è preposto a ga-rantire la sostenibilità delle strutture di Coman-do e Controllo permanenti. Non tutti i costi so-no, però, finanziati con fondi comuni. Ad esem-pio le indennità spettanti al personale che rico-pre pos iz ionip e r m a n e n t e -mente assegna-te nel l ’ambitodei ComandiNATO restano acarico della Na-zione di appar-tenenza. Discor-so analogo puòessere fatto peri così detti Na-t ion Born Cost(vitto, lavande-ria, alloggio).

Anche per leOperazioni NA-TO vigono rego-le analoghe. Piùin generale, leNazioni sono re-sponsabili per il dispiegamento, il sostegno e ilrientro delle proprie forze. Le risorse logistichenazionali sono fornite ed impiegate per soddi-sfare le esigenze nazionali in base al principio“costs lie where they fall”. Le Troop ContributingNation (TCN) restano, quindi, responsabili dellagestione finanziaria dei fondi nazionali (affidataai Centri Amministrativi d’Intendenza - CAI).

I fondi comuni soddisfano, invece, esigenzemultinazionali e collettive e sono resi disponibilidalle nazioni attraverso il Military Budget (MB) eil NATO Security Investment Programme (NSIP),approvati, rispettivamente, dal Military BudgetCommittee (MBC) e dall’Infrastructure Commit-tee (IC). Con il Military Budget sono finanziatele spese relative alle Operations and Mainte-

nance (O&M), mentre il NATO Security Inve-stment Programme finanzia le “Infrastrutturestrategiche”.

Nel momento in cui si pianifica una missioneviene anche stabilito, sulla base dei principielencati nella tabella 4, quali spese saranno eli-gible e quali resteranno a carico delle nazionipartecipanti. In virtù delle indicazioni politichefornite dal North Atlantic Council (NAC) si redi-ge, infatti, il piano militare (OPLAN) nel cui am-bito rientra anche il Combined Joint Status of

R e q u i r e m e n t s(CJSOR), che èl’elenco di tuttoil necessario pereseguire la mis-sione. Tale elen-co è suddiv isoin tre categorieprincipali:•il basket di Uni-tà rese disponi-bili dalle nazionip a r t e c i p a n t iche se ne ac-collano i costi inbase al pr inci-pio “costs l iewhere they fall”;•i l Theatre Ca-pabi l i ty State-ment of Requi-

rement (TCSOR), che include il costo di risorseed assetti, ritenuti indispensabili per l’assolvi-mento della missione, che la NATO accetta direndere eligible e, quindi, di rimborsare allanazione fornitrice;

• gli Headquarters (HQ) & Crises Establishment(CE), che riguardano la struttura di comandoidentificata nell’OPLAN e approvata dalle na-zioni. Le spese sostenute per tale ComandoNATO saranno ammesse ai Common Fundingad eccezione delle indennità al personale (fi-nanziate con i “decreti di proroga” delle mis-sioni) e dei Nation Born Cost (programmati edirettamente spesati dal Comando Operativodi Vertice Interforze). Nei moderni Teatri Operativi capita sempre

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Tabella 4

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più spesso di ricevere supporto da Forze Armate/agenzie NATO.La NATO cerca, infatti, di favorire la contrattualistica di Teatro, per generare economie di scala,

e, tramite la Nato Support Agency (NSPA), mette a disposizione contratti di vario genere a cui èpossibile ricorrere. Tale procedura, analogamente al supporto ricevuto da Forze Armate straniere,consente di dare risposte veloci ad esigenze operative improvvise, ma non esime gli organi tecnici(G8 e CAI) dal controllare l’esecuzione contrattuale, dal concordare l’emissione periodica dellefatture (per evitare di ricevere fatture singole d’importo ingente) e dal mantenere una situazioneaggiornata dei concorsi ricevuti.

Capita anche di fornire supporto, in termini dimateriali o servizi resi, a Forze Armate straniere oa Organizzazioni internazionali. I fondi riscossiper il ristoro di tali concorsi a titolo oneroso do-vranno essere versati in Tesoreria.

RIMBORSI ONU

Le missioni a guida o sotto egida ONU presen-tano, dal punto di vista finanziario, delle pecu-liarità importanti. Le Nazioni Unite per finanziarele missioni militari utilizzano due sistemi diversi:•il Dry Lease: le Nazioni Unite garantiscono allaNazione partecipante l’intero supporto in termi-ni di infrastrutture, materiali, equipaggiamenti

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ed indennità al personale,non prevedendo, però, alcunsistema di rimborso. Tale siste-ma è molto usato a favoredei Paesi emergenti, che rap-presentano i principali TroopContributing Country (TCC);

• il Wet Lease: la nazione par-tecipante concorda preven-tivamente (Memorandum ofUnderstanding) con le Nazio-ni Unite la composizione delcontingente per l’assolvimen-to della missione ricevendo,in cambio, dei r imbors i .L’ONU, a premessa degli stes-si, verifica il rispetto degli ac-cordi attraverso delle ispezio-ni periodiche, volte ad ac-certare la consistenza nume-

rica e l’efficienza del perso-nale, dei mezzi e degli equi-paggiamenti schierati.

Il sistema dei “Rimborsi ONU”rappresenta, in tale contesto,un’importante fonte di proven-to per la Nazione e, pertanto,gli addetti ai lavori devono co-noscerne il meccanismo di fun-zionamento e adottare tutte lepredisposizioni idonee a massi-mizzare i rimborsi.

Documenti essenziali nell’am-bito dei Rimborsi ONU sono:• il Contingent Owned Equip-

ment Manual (COE Manual),che stabilisce i criteri di basedell’ONU per il rimborso delleNazioni a fronte del loro im-pegno nelle operazioni a gui-da Nazioni Unite;

• i Memorandum of Understan-ding (MoU), i Technical Agree-ment (TA) e le Letter of Assist(LoA) che sono accordi stipula-ti tra le Nazioni Unite e i singoliPaesi che dettagliano il numeri-co del personale, il tipo e il nu-

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Team ispettivo ONU nel corso dell’Operational Readiness Inspection

Parco veicoli destinato ad un’operazione ONU

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mero di mezzi/equipaggiamen-ti richiesti dall’ONU per l’assolvi-mento della missione. In parti-colare il MoU e i TA riguardanodelle specifiche Unità omoge-nee viste nel loro insieme, men-tre le LoA si riferiscono a specifi-ci tipi di mezzi/equipaggiamen-ti che per la loro natura impli-cano una trattazione separata(ad esempio, impiego di assettiad ala fissa/rotante o assettispecialistici).Le Nazioni Unite rimborsano

l’ impiego di uomini, mezzi emater ial i secondo gl i indicicontenuti nei documenti sopramenzionati. Su richiesta dellaNazione e previa approvazionedell’ONU, possono, inoltre, es-sere accettate a rimborso ulte-riori spese sostenute come perla verniciatura dei mezzi in li-vrea bianca o l ’ impiego diequipaggiamenti non previstinegli accordi, ma fondamen-tal i per l ’assolv imento del lamissione.

Le attività ispettive condottedai Team ONU sono svolte condiverse modalità nelle diverse fa-si dell’operazione. In dettaglio:• l’Arrival Inspection, svolta en-

tro un mese dall’arrivo in Tea-tro con lo scopo di verificarese il Contingente ha la capa-cità operativa di eseguire icompiti affidatigli;

• l’Operational Readiness In-spection, condotta con pe-riodicità semestrale presso leUnità al fine di accertare laconsistenza numerica di ma-teriali ed equipaggiamenti;

• la Per iodic Ver i f icat ion In-spection, effettuata con ca-denza trimestrale, che ha loscopo di verificare l’operativi-

tà di determinate class i dimezzi/materiali e di fornire alcontingente uno strumentoche lo aiuti a massimizzare irimborsi e ad operare al me-glio in base ai compiti asse-gnati;

• la Repatriation Inspection, ef-fettuata in occasione del re-deployment del contingente,che è finalizzata a verificarela consistenza numerica deimezzi e materiali rimpatriati. L’ONU, secondo quanto sta-bi l i to nel COE Manual , haspecifiche responsabil ità inciascuna fase: r imborsa lespese di Deployment e Rede-ployment (le monitorizza conle relative ispezioni) e nellafase di Sustainement forniscerazioni viveri, carburanti, ac-qua e der ivat i del sangue(monitor izza tal i class i concontrolli specialistici). In tutti icasi sopra descritti, gli ispet-tori compilano dei rapportiche sono inoltrati alla sededell’ONU, a New York, dovesono analizzati dal Departe-ment of Field Support. L’effi-cienza minima richiesta, pers ingola voce, deve esserenon inferiore al 90%. È datafacoltà al la Nazione di im-mettere in Teatro un’attriction(pari al 10%) di mezzi e mate-riali esclusi dai rimborsi chenon possono, comunque, ec-cedere il 100% delle voci rite-nute “eleggibili”. Copia deirapporti degli ispettori è rila-sciata ai Comandanti in Tea-tro che devono inoltrarli lun-go la catena gerarchica perconsentire di adottare i cor-rettivi necessari a massimizza-re i rimborsi.

Dal la disamina degl i argo-ment i propost i emerge unamarcata similitudine tra l’ap-proccio NATO e quello UE. Ladifferenza di fondo risiede nellastruttura di comando, che èpermanentemente costituitanel la NATO, diversamentedall’Unione Europea che si av-vale di Comandi predesignatie necessita, quindi, di regole dieleggibilità più flessibili. In en-trambi i contesti è importanteperorare gli interessi nazionalinella fase di approvazione delbudget.

Peculiare è il sistema dei Rim-borsi ONU, che impone atten-zione nella fase di “contratta-zione” (stesura di MoU, TA eLetter of Assist) e nella gestionedelle ispezioni. Il nucleo “Rim-borsi ONU” presente presso ilCAI svolge un ruolo essenzialedi gestione dei report dei ma-teriali presenti ed efficienti inTeatro, di consulenza nei con-fronti delle Task Force e d’inter-faccia con gli ispettori.

In tutti i contesti summenzio-nati, il valore aggiunto è rap-presentato dal personale pre-posto alla gestione finanziaria,che deve essere dotato di unbagaglio tecnico professionalespecifico, tale da consentire ilconfronto con meccanismi digestione generalmente non uti-lizzati nel territorio nazionale.

Il suo compito, in estrema sin-tesi, è quello di fornire le giustesoluzioni tecniche alle esigenzeoperative e di reperire, pressogli Organismi Internazionali, risor-se preziose per la Nazione.

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Studi, Dottrina e Formazione

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L’Esercito statunitense è da sempre statoorganizzato per la condotta di MajorCombat Operations contro forze conven-

zionali. I recenti conflitti e la fluidità della minac-cia in questi Teatri Operativi hanno costretto lo USArmy a notevoli cambiamenti organizzativi tracui la revisione delle modalità formative ed ad-destrative del proprio personale.

In un contesto di spiccato dinamismo, l’Esercitostatunitense ha fatto ampio ricorso allo studiodelle lezioni apprese sia dalle proprie Forze di-spiegate nei vari Teatri d’Operazione sia da quel-le dei Paesi alleati. Tra queste ultime meritanouna particolare citazione quelle relative ai com-battimenti tra l’Esercito israeliano ed Hezbollah

LA FORMAZIONE DEGLI UFFICIALILA FORMAZIONE DEGLI UFFICIALIDELLE UNITÀ DI MANOVRA DELLE UNITÀ DI MANOVRA

DELLO US ARMY DELLO US ARMY

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Studi, Dottrina e Formazione

del Maggiore Massimiliano Barin servizio presso il Maneuver Center of Excellence US Army

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Addestramento al combattimento in area urbana

Le opinioni espresse nell’articolo riflettono esclusivamente ilpensiero dell’autore.

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nel corso dell’operazione “CastLead” del 2008 (1) quando, sullabase delle difficoltà riscontratenei combattimenti del 2006,l’Esercito israeliano, riorganizza-tosi per la condotta di high-in-tensity operations, riuscì a con-trastare efficacemente le forzeavversarie e a mantenere l’ini-ziativa attraverso la condotta dimanovre pluriarma e operazioniaero-terrestri.

In tale contesto, il ManeuverCenter of Excellence di FortBenning, in qualità di Centro re-sponsabile per la formazionedegli Ufficiali di fanteria e di ca-valleria dello US Army, ha enfa-tizzato l’importanza di adde-strarsi nuovamente ai “fonda-mentali del combattimento” purintegrando gli stessi con le lezio-ni apprese dai recenti conflitti.Al riguardo, nell’ambito dei pro-grammi di istruzione del corso diformazione di base per gli Uffi-ciali di fanteria – Infantry BasicOfficer Leaders Course e di ca-

valleria – Armor Basic OfficerLeaders Course, è stata avviatauna serie di iniziative finalizzatea forgiare nei Comandanti delleUnità di manovra dello US Armyun mindset spiccatacamentepluriarma ed in grado di adat-tarsi ai repentini cambiamentidel campo di battaglia.

INFANTRY BASIC OFFICER LEADERS COURSE

L’Infantry Basic Officer LeadersCourse (IBOLC) viene organizza-to sulla base delle linee guidadelineate dal Training and Doc-trine Command (TRADOC) delloUS Army allo scopo di conferireagli Ufficiali di fanteria la capa-cità di:• condurre operazioni a livello

Plotone nell’ambito della ma-novra pluriarma ;

• consolidare la propria prepa-razione professionale nel corsodi tutta la carriera attraverso

l’auto apprendimento e l’en-during learning;

• mantenere elevati standardnella preparazione psico-fisi-ca, incentivare nei propri di-pendenti la coesione, lo spiritodi corpo e il coraggio morale;

• analizzare, in tempi brevi, lecomplessità del campo di bat-taglia e diramare le soluzioniindividuate attraverso l’elabo-razione di un ordine di opera-zione;

• approntare per l’impiego inTeatro Operativo l’Unità alleproprie dipendenze.L’Unità responsabile del corso

IBOLC è il 2° Battaglione di fan-teria del 199a Infantry BrigadeCombat Team , responsabiledella formazione di tutti gli Uffi-ciali di fanteria provenienti daidifferenti corsi di formazionescolastica dello US Army quali ilReserve Officer Training Corps(ROTC), la Officers CandidateSchool (OCS) e la West Point Ar-my Military Accademy. La citataUnità è articolata su un Coman-do di Battaglione, quattro Com-pagnie (articolate a loro voltasu quattro Plotoni e una Squa-dra Comando) e una Head-quarters and HeadquartersCompany (HHQ), responsabilesia di coordinare il supporto logi-stico per le attività addestrativesia di amministrare il personalefrequentatore del corso IBOLC.

Ogni Compagnia, costituita inmedia su 4 Ufficiali e 24 Sottuffi-ciali, è responsabile della forma-zione di circa 160 Ufficiali di fan-teria per un totale annuo, a li-vello Battaglione, di 1.800 stu-denti. Al termine del corsoIBOLC, tutti gli Ufficiali di fanteriarimangono presso la base di Fort

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Addestramento all'impiego delle armi controcarro

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Benning per la successiva frequenza del corsoRanger. Tutto il personale assegnato ad unità pa-racadutiste proseguirà il proprio iter di formazio-ne, sempre a Fort Benning, per la la frequenzadel corso di paracadutismo presso la AirborneRanger Training Brigade.

Il corso IBOLC, della durata di 17 settimane, èsuddiviso in 4 fasi teorico/pratiche che gradual-mente forgiano la preparazione dell’Ufficiale difanteria a partire dalle capacità di combatti-mento individuale (fase 1) sino ad arrivare allacondotta di operazioni a livello Plotone/Compa-

gnia (fase 4).A premessa della 1° settimana di corso i fre-

quentatori possono partecipare ad una fase pre-liminare, la cosidetta “week zero”, nel corso dellaquale vengono impartite lezioni di combattimen-to corpo a corpo ed educazione fisica.

Le summezionate 4 fasi sono così suddivise: • Fase 1: addestramento individuale (6 settima-

ne). Tale fase ha lo scopo di riallineare la pre-parazione degli Ufficiali di fanteria provenientidai vari istituti di formazione e, al termine dellacitata fase, il candidato deve dimostrare diaver appreso le capacità basiche per muovere

(Land Navigation), combattere (Shooting andCombatives) comunicare (Military Terms andCommunication) e adattarsi alle asperità delcampo di battaglia (Survive and Adapt). La fa-se termina con un’esercitazione a fuoco a livel-lo Team e con la presentazione di uno scritto diuna/due pagine sulla leadership. Il materiale di-dattico per la redazione della citata relazioneviene consultato facendo ricorso ad uno speci-fico sito webmail (2) denominato “ManeuverSelf Study Program” nell’ambito del quale il Ma-neuver Center of Excellence ha raccolto docu-

menti, filmati e lezioni apprese multimediali perincentivare l’auto apprendimento e l’enduringlearning degli Ufficiali delle Unità di manovra.

• Fase 2: addestramento di Squadra/Equipaggio(3 settimane) nel corso del quale il candidatoconsolida le proprie capacità di comando del-la Squadra ed impara ad impiegare tutti i siste-mi d’arma delle piattaforme in dotazione alleUnità di fanteria (compresi i mortai e le armicontrocarro). Nel corso delle ultime due setti-

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Attività a fuoco durante una manovra pluriarma

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mane, gli Ufficiali seguono specifiche lezioni ine-renti all’elaborazione di un ordine di operazione ealle capacità di adattamento ai cambiamentidel campo di battaglia con la frequenza dell’Ad-vanced Situational Awareness Training (ASAT) (3).La fase termina con un’esercitazione a fuoco a li-vello Squadra, seguita da valutazioni incrociatetra gli studenti e con la presentazione di uno scrit-to di una/due pagine inerente all’etica del com-battimento.•Fase 3: addestramento di Plotone (4 settimane)nel corso del quale il candidato viene valutatosia sulla base delle capacità di elaborazione diun ordine di operazione e sia nella condotta dialcune tipologie di operazioni (anche combinedcon Unità corazzate) a livello Plotone. In questa

fase vengono approfondite, in aula, lezioni inerenti all’impiego del Plotone nelle operazioni difensive,in attività di contro insorgenza, nel combattimento pluriarma e nel controllo di zone estese. Questafase termina con un’esercitazione a fuoco a livello Plotone (il comando dell’Unità è assegnato a ro-tazione tra gli Ufficiali) e con la presentazione di uno scritto nel quale deve essere analizzata, da unpunto di vista tattico, una delle battaglie (4) combattute dallo US Army.

• Fase 4: addestramento di Plotone/Compagnia (4 settimane) finalizzato a consolidare, attraversoun’esercitazione pluriarma a fuoco, a livello Compagnia, quanto appreso durante il corso. Durantela summenzionata esercitazione, il comando della Compagnia viene affidato ad uno studente delcorso “Maneuver Captain CareerCourse”, ovverosia il corso organizzatodal Maneuver Center of Excellenceper i giovani Capitani delle Unità dimanovra a premessa del comando diCompagnia. Nel corso dell’ultima settimana, ai can-

didati vengono impartite lezioni teoricherelative alle modalità di gestione ammi-nistrativa e disciplinare del personale edelle risorse che avranno alle loro dipen-denze o in carico amministrativo.

ARMOR BASIC OFFICER LEADERS COURSE

L’Armor Basic Officer Leaders Course(ABOLC) viene organizzato, così come ilcorso IBOLC, sulla base delle linee gui-da delineate dal Training and DoctrineCommand (TRADOC) dello US Army alloscopo di conferire agli Ufficiali Armor e Cavalry la capacità di condurre operazioni pluriarma, a livelloplotone, nell’ambito delle Unità corazzate ed esploranti.

L’Unità responsabile del corso ABOLC è il 2° Battaglione di cavalleria del 199a Infantry Brigade Com-

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Attività fisica durante il corso Ranger

Addestramento individuale durante il corso ABOLC

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bat Team (denominato anche Leader Develop-ment Brigade) responsabile della formazione ditutti gli Ufficiali Armor/Cavalry provenienti dai dif-ferenti corsi di formazione scolastica (Reserve Of-ficer Training Corps (ROTC), Officers CandidateSchool (OCS), West Point Army Military Accade-my. La citata Unità è articolata su un Comandodi Battaglione, quattro Compagnie (articolate aloro volta su quattroPlotoni e una SquadraComando) e una He-adquarters and Head-quarters Company(HHQ), responsabile siadi coordinare il suppor-to logistico per le attivi-tà addestrative sia diamministrare il perso-nale frequentatore delcorso ABOLC.

Ogni Compagnia èresponsabile della for-mazione di circa 80 Uffi-ciali Armor/Cavalry perun totale annuo, a livel-lo Battaglione, di circa600 studenti. Al termine del corso ABOLC, tutti gliUfficiali Armor/Cavalry rimangono presso la basedi Fort Benning per la successiva frequenza delcorso Ranger (per gli Ufficiali che saranno asse-gnati ad Unità Armor/Cavalry nell’ambito delle In-fantry Brigade Combat Team) e del corso Army

Reconnaissance Course (5) della durata di 27 gior-ni. Gli Ufficiali Armor/Cavalry che saranno asse-gnati ad unità paracadutiste proseguiranno il pro-prio iter di formazione, sempre a Fort Benning, perla la frequenza del corso di paracadutismo.

Il corso ABOLC, della durata di 19 settimane, èsuddiviso in 3 fasi teorico/pratiche che gradual-mente forgiano la preparazione dell’Ufficiale Ar-

mor/Cavalry a partiredalle capacità di com-battimento individuale(fase 1) sino ad arrivarealla condotta di opera-zioni a l ivel lo Plotone(fase 3). Le summezio-nate 3 fasi sono cosìsuddivise: •Fase 1: addestramen-to individuale (6 setti-mane). Tale fase ha loscopo di riall ineare lapreparazione degli Uffi-ciali Armor/Cavalry pro-venienti dai vari istituti diformazione e, al terminedella citata fase, il can-

didato deve dimostrare di aver appreso le ca-pacità basiche per muovere (Land Navigation),combattere (Shooting and Combatives) e co-municare (Military Terms and Communication).La fase termina con un’esercitazione a fuoco econ la presentazione di uno scritto di una/due

pagine inerente alla tematica “Why wefight the way we do” (perchè combat-tiamo così). Il materiale didattico per laredazione della citata relazione vieneconsultato facendo ricorso allo stessosito webmail utilizzato dagli studenti delcorso IBOLC nell’ambito della strategiadel “Maneuver Self Study Program”. Inquesto caso, le tematiche che gli stu-denti devono approfondire sono foca-lizzate sulla “Armor and Cavalry Herita-ge” allo scopo di incentivare l’auto ap-

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Attività a fuoco con la piattaforma Bradley

Addestramento con la piattaformaM1 Abrams

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prendimento e l’enduring learning degli Ufficialidelle Unità Armor e Cavalry.

• Fase 2: addestramento di Squadra/Equipaggio(6 settimane) nel corso del quale il candidatoconsolida le proprie capacità di comando del-la Squadra ed impara ad impiegare tutte lepiattaforme e i relativi sistemi d’arma in dota-zione alle Unità Armor e Cavalry. In tale conte-sto vengono impartite specifiche lezioni di rico-noscemento mezzi. Nel corso delle ultime setti-mane, gli Ufficiali partecipano ad una fase afuoco in cui vengono alternativamen-te addestrati sia alle attività a fuococon la piattaforma Bradley (veicolo indotazione alle Unità Scout delle Ar-mored Brigade Combat Team) siacon il Main Battle Tank Abrams. La fa-se termina con un’esercitazione afuoco a livello Squadra, seguita davalutazioni incrociate tra gli studenti econ la presentazione di uno scritto diuna/due pagine inerente alla temati-ca “Why we train the way we do”(perchè ci addestriamo così).

• Fase 3: addestramento di Plotone (7settimane) nel corso del quale il can-didato viene valutato, nel corso di at-tività pratiche ed esercitazioni conti-nuative, sia sulla base delle capacitàdi elaborazione di un ordine di opera-zione e sia nella condotta di operazio-

ni a livello Plotone, in qualità di Comandante diUnità carri e di Comandante di unità esploran-te. Inoltre, nel corso di questa fase vengono im-partite lezioni sulle modalità di richiesta per ilsupporto di fuoco indiretto e aereo. Questa fa-se termina con un’esercitazione a fuoco a livel-lo Plotone e con la presentazione di uno scrittoinerente alla tematica “Why we operate theway we do” (perchè operiamo così). Al termine del corso, gli Ufficiali Armor/Cavalry

idonei vengono inviati, in funzione delle Unità di fu-tura assegnazione, ai successivi corsi di specializza-zione con particolare riferimento al corso Ranger(61 giorni) e al corso di paracadutismo (28 giorni)presso la Ranger Training Brigade (RTB) di Fort Ben-ning, all’Army Reconnaissance Course (27 giorni),allo Stryker Leader Course (21 giorni) e al BradleyLeader Course (28 giorni) organizzati e condottidalla 316^ Cavalry Brigade di Fort Benning.

CONCLUSIONI

L’ Infantry e gli Armor Basic Officer LeadersCourses, oltre a costituire il percorso obbligatorioper la formazione di base di tutti gli Ufficiali Infan-try e Armor/Cavalry dello US Army, rappresenta-no la porta di accesso ai corsi di specializzazione

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Lezioni teoriche durante il corso ABOLC

Addestramento a fuoco notturno con piattaforma Abrams

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per l’assegnazione alle Unitàoperative. Successivamente, sul-la base di quanto delineato nel-l’attuale Maneuver Leader De-velopment Strategy (MLDS) del-lo US Army, tutti gli Ufficiali delleUnità di manovra, nel grado diCapitano, torneranno a FortBenning a premessa del coman-do di Compagnia per la fre-quenza, obbligatoria, del Ma-neuver Captain Career Course,della durata di sei mesi.

Nell’ambito delle iniziative in-traprese dal Maneuver Centerof Excellence per i corsi IBOLC eABOLC, si evidenziano: • i l Maneuver Self Study Pro-

gram: programma finalizzatoall’enduring learning degli Uffi-ciali di manovra attraverso laconsultazione e lo studio dimateriale didattico multime-diale raccolto in uno specificosito web;

• l’Adaptive Soldier Leader Trai-ning and Education: metodo-logia didattica innovativa, in-terattiva, finalizzata a crearenegli studenti delle solide fon-damenta tecnico - tatticheevitando sterili lezioni teoricheper il solo superamento dei va-ri esami previsti durante i corsi.

• il Leader Challenge: strategiadidattica per incrementare lacapacità degli Ufficiali ad in-terpretare i continui cambia-menti dell’ambiente operati-vo, ad analizzarli e a trovare lasoluzione migliore. Nel corso dialcune lezioni vengono proiet-tati filmati di operazioni militari(vignette) per i quali è richie-sto, ad ogni studente, in diffe-renti momenti del filmato stes-so di elaborare un propriopunto di vista della situazione

per la successiva discussionecon gli altri allievi;

• l’addestramento multilivello:metodologia addestrativa fi-nalizzata ad incrementare lacapacità di gestione delle ri-sorse umane e ad implemen-tare, al contempo, la sinergiatra gli Ufficiali e i Sottufficialigià a partire dagli addestra-menti di base;

• l’addestramento pluriarma: lacollocazione presso un’unicasede (Fort Benning) del laScuola di Fanteria e di Caval-leria ha permesso al Maneu-ver Center of Excellence di im-plementare, nel corso degli ul-timi anni, le capacità delleUnità ad operare in attivitàpluriarma. In particolare, l’ar-monizzazione dei programmiaddestrativi del corso IBOLC eABOLC consente di far proce-dere quasi parallelamente idue summenzionati corsi e,quando possible, di organizza-re un’esercitazione a fuocopluriarma, a l ivello Compa-gnia con il coinvolgimento de-gl i studenti del ManeuverCaptain Career Course perquanto concerne il Comandodell’Unità. Nella considerazione dell’at-

tuale processo di ammoderna-mento della Forza Armata e del-la necessità di preservare l’inte-roperabilità sino ad ora acquisi-ta con lo US Army nel corso de-gli ultimi 13 anni di operazionifuori area, è verosimile che leiniziative intraprese dal Maneu-ver Center of Excellence di FortBenning potranno essere armo-nizzate con le attività formati-ve/addestrative delle Scuole diSpecializzazione responsabil i

della formazione degli Ufficiali eSottufficiali delle Unità di mano-vra dell’Esercito Italiano.

NOTE

(1) Elementi d’informazione trattidall’articolo “Preparing for Hy-brid Opponents - Israeli Expe-riences in Lebanon and Gaza”del RAND Arroyo Center(2) http://www.benning.army.mil/mssp/(3) L’ASAT è uno specifico corso,istituito, da breve tempo, presso ilManeuver Center of Excellencedi Fort Benning, a cura di agen-zie civili (personale precente-mente impiegato presso Unitàdelle Forze Speciali) con il compi-to di addestrare il personale al-l’osservazione del comporta-mento umano allo scopo di anti-cipare potenziali atti di violenza (4) Le 16 battaglie analizzatedagli studenti del corso IBOLCsono: Gettysburg, Antietam,Operazione Iraqi Freedom, Shi-loh, 1918, Hurtgen Forest, Kasse-rine Pass, Chosin, 73 Easting, LaDrang, Mogadiscio, Fil ippine,Anaconda/Tora Bora, Kunar, Sa-ratoga e Okinawa(5) L’Army ReconnaissanceCourse è finalizzato ad impartireagli Ufficiali e Sottufficiali Ar-mor/Cavalry le necessarie ca-pacità per operare nelle UnitàScout a livello Plotone.

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UNA COSTITUZIONE APERTA VERSOLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

La nostra Legge dello Sta-to del 1948 è stata defini-ta dai più noti giuristi una

Costituzione «ambiziosa» perchéentra nel dettaglio e regola tuttigli aspetti della vita dello Stato.

Rispetto allo Statuto Albertino,povero di indicazioni circa le re-lazioni internazionali del Regno diSardegna prima e del Regnod’Italia poi, la nostra Costituzionedetermina l’atteggiamento delloStato italiano rispetto alla Comu-nità internazionale. Tale diversoorientamento scaturisce princi-palmente da due considerazioniemerse dal dibattito dei PadriCostituenti dell’epoca. Da un la-

to, l’acquisita consapevolezzache lo Stato è interamente cala-to nella realtà internazionale, laquale, inevitabilmente, condizio-na anche la vita interna. Dall’al-tro, il desiderio di reagire al chiu-so nazionalismo dell’epoca fa-scista e di partecipare con pienamaturità alla vita sociale interna-zionale, impegnandosi a rispet-tare le regole principali dellaconvivenza internazionale.

Tra le direttrici essenziali indivi-duate dall’Assemblea Costituen-te nei lavori preparatori, ma so-

LE MISSIONI INTERNAZIONALILE MISSIONI INTERNAZIONALIDELL’ESERCITO EDELL’ESERCITO E

I PRINCIPI COSTITUZIONALII PRINCIPI COSTITUZIONALI

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del Capitano Fabio Filomeniin servizio presso il 9° reggimento d’assalto «Col Moschin»

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Somalia: incursori paracadutisti durante un rastrellamento di armi in un quar-tiere di Mogadiscio

Le opinioni espresse nell’articolo riflettonoesclusivamente il pensiero dell’autore.

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17 Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

prattutto emerse nei lunghi dibattiti politici tra leneo-costituite forze democratiche, ve ne sono dueche negli anni a seguire rischieranno di entrare incontrasto: l’esigenza della massima apertura delnostro Stato verso la comunità internazionale san-cita dall’art. 10 e il pacifismo incondizionatoespresso nella dichiarazione di ripudio alla guerra,contenuta nell’art. 11.

Per quanto precede, il Costituente, con la formu-lazione dell’art.10, 1° comma, esprimendo chiara-mente che l’ordinamento giuridico italiano si con-forma alle norme di diritto internazionale general-mente riconosciute, da una parte ha voluto sanci-re l’obbligo dell’osservanza del diritto internaziona-le generale (detto anche «diritto delle genti»),dall’altra ha voluto implicitamente garantire il co-stante adeguamento del diritto interno alle normeinternazionali generali. Secondo Lorenzo Chieffi,«l’intento perseguito dai Padri Costituenti fu, quin-di, principalmente quello di proiettare nei rapportiinternazionali i principi di democrazia, giustizia, li-bertà ed uguaglianza tra le nazioni e di protezionedei diritti umani che si desiderava introdurre all’in-terno del nostro ordinamento costituzionale, incontrapposizione a quelli imperanti durante il tra-scorso periodo dittatoriale» (1).

Per Antonio Cassese, un problema specifico mol-to dibattuto in dottrina è se le norme di adatta-mento al diritto internazionale generale possonomodificare o abrogare norme costituzionali preesi-stenti alla loro immissione. La risposta secondol’autore è affermativa in quanto vige il principiodella integrale osservanza al «diritto delle genti»da parte dello Stato italiano. Tale adattamento,sebbene costante e completo, deve però essereperseguito a condizione di non portare a infrange-re i cardini essenziali del nostro ordinamento ecioè quei principi che il Costituente ha voluto con-siderare coessenziali all’attuale assetto costituzio-nale, assolutamente imprescindibili e quindi immo-dificabili (2).

Sul tema dell’adattamento si è espressa anchela Corte Costituzionale chiarendo che lo stesso de-ve riferirsi esclusivamente alle norme del diritto in-ternazionale generalmente riconosciute e non aisingoli impegni assunti in campo internazionaledallo Stato. Sono da escludersi, per la Corte, quel-le norme facenti parte dei trattati internazionali

che per l’appunto rientrano nel diritto internazio-nale pattizio.

L’ISTANZA PACIFISTA DEI PADRI FONDATORI DELLANOSTRA COSTITUZIONE

La seconda idea portante su cui si formò una largaconvergenza fu l’istanza pacifista. L’Italia provenivadalla drammatica esperienza di due guerre mondialie quattro guerre coloniali, per cui tutte le forze politi-che si sentirono di esprimere un chiaro ripudio dellaguerra, motivato dalla volontà di non perseguire maipiù una politica nazionalista e militarista. Altrettantoimportante risultò l’aspetto etico. Soprattutto dal-l’area democristiana si avvertiva l’urgenza di bandirela guerra perché immorale (3). Un concetto usato inantinomia a guerra fu quello di libertà, due parole in-serite intenzionalmente nello stesso comma dell’art.11 con lo scopo di evidenziare che le guerre costitui-scono negazione delle libertà altrui. L’art. 11, primaproposizione stabilisce infatti che: «l’Italia ripudia laguerra come strumento di offesa alle libertà degli altripopoli e come mezzo di risoluzione delle controversieinternazionali». Come emerge dai lavori della Costi-tuente, la parola «ripudia» fu preferita a «rinuncia» e«condanna» soprattutto per il suo accento energicoe perentorio: mentre «condanna» avrebbe fattopensare ad un aspetto prettamente etico del pro-blema e «rinuncia» avrebbe significato fare a menodi un diritto, quello appunto alla guerra, il termine «ri-pudia» era quello che, più di ogni altro, si avvicinavaal sentimento popolare (4). Anche secondo Chieffi(5), per esprimere la convinta volontà di rinnegareper l’avvenire qualsiasi proposito aggressivo, sembròpiù adatto l’uso del verbo «ripudiare», che avevauna portata più «energica», comprendendo al suointerno sia una manifestazione di «condanna» che di«rinuncia» alla guerra (6).

Con l’affermazione «offesa alla libertà degli altri po-poli» il costituente ha voluto includere un ampio ven-taglio di ipotesi di utilizzo della guerra che va dal farvalere un interesse internazionale del nostro Paese alledere l’indipendenza politica o territoriale di un altroStato, fino all’imposizione con la forza ad un altro po-polo di un regime o una struttura di governo.

Dai lavori preparatori, come dal testo dell’articoloin esame, appare evidente che l’unico tipo di guer-ra contemplato dal Costituente è quello di «legittima

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difesa» che consente all’Italia didifendersi contro un attacco sfer-rato da un altro Stato («guerra dilegittima difesa»). Nel commenta-rio relativo all’art. 11, Cassese cosìsi esprimeva: «È fondato perciò ri-tenere che l’articolo in esame vietinon solo le guerre (in senso tecni-co) di aggressione ma anche ognialtra forma di violenza armata diportata equiparabile a quella del-la guerra, ma non qualificata dal-le parti in conflitto come violenzabellica. È da aggiungere che,stante l’ampio disposto dell’art. inesame e soprattutto in considera-zione della espressione “strumentodi offesa agli altri popoli” può rite-nersi che tale norma vieti non solol’uso della violenza armata (costi-tuente o meno esercizio dello jusad bellum) nei confronti di altri Sta-ti, ma anche il ricorso alla violenzaarmata nei confronti di altri popoli.L’art. in oggetto, cioè, contemplanon solo conflitti armatiinterstatual i ,ma an-c h e

quelli non internazionali (ad esem-pio, quelli in cui l’altra parte sia unmovimento di liberazione naziona-le). Esso quindi, vieta, tra l’altro, divenire militarmente in aiuto ad unaltro Stato che lotti, nel proprio ter-ritorio, contro un movimento di li-berazione nazionale» (7).

Come rileva lo stesso autore,l’art. in esame obbliga i protago-nisti delle relazioni internazionalidel nostro Stato a non dare ese-cuzione a trattati che contravven-gano ai principi di non belligeran-za sanciti nello stesso articolo cosìcome qualsiasi altro atto di politi-ca internazionale che sia contra-rio ai suoi precetti. L’art. 11 rap-presenta un chiaro invito a perse-guire una politica pacifista sanci-ta chiaramente dall’affermazioneincontrovertibile di ripudio dellaguerra. L’atteggiamento pacifistadeve permanere anche nei con-fronti di comportamenti minaccio-

si tenuti da potenziali ne-mici. Bifulco e altri

autori sosten-g o n o

che la nostra Costituzione, comedel resto anche lo Statuto delleNazioni Unite, non giustifichi in nes-sun caso un’azione di difesa pre-ventiva che, oltre ad acuire la cri-si, renderebbe ardua l’identifica-zione del Paese a cui attribuire laresponsabilità dell’illecito interna-zionale (8).

La prova evidente che l’istan-za pacifista dei Padri costituentisi conformava alle norme del di-ritto internazionale generalmen-te riconosciute si evince anchedalla lettura della Carta del-l’ONU e in particolare dall’art. 2par. 4 che estende il divieto del-la guerra ad ogni forma di mi-naccia o uso della forza (salvoquella usata per respingere unattacco armato da parte di unaltro Stato). Conseguenza di ciòè che sono attualmente vietatedalla nostra Costituzione, oltreche ogni forma di guerra chenon sia di legittima difesa, an-che qualsiasi altro tipo di attobellico (esempio le rappresa-glie), inclusa anche la sola mi-naccia dell’uso della forza neiconfronti di altri Stati e/o popoli.

Nel diritto di legittima difesa pre-visto dall’art. 11, rientra, sebbene inuna interpretazione chiaramenteestensiva, anche il diritto-dovere diricorrere alla guerra di difesa col-lettiva in risposta a un attacco ar-mato subito da uno Stato con ilquale l’Italia sia legata da un ac-cordo per la garanzia della reci-proca sicurezza. In questo caso,come ricorda Lorenzo Chieffi: «l’in-tervento di difesa, sia esso indivi-duale che collettivo, dovrà esserelimitato al respingimento dell’ag-gressore in applicazione del princi-pio di proporzionalità che consen-tirà il ripristino del diritto violato, e

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L'addestramento al combattimento e la sopravvivenza in climi artici

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non mirare in modo incontrollato alla completa di-struzione del nemico, e alla sostituzione del governoresponsabile dell’attacco armato, che avrebbe l’ef-fetto di determinare la trasfigurazione di una guerra,correttamente intrapresa, in un’illegittima azione dirappresaglia, assolutamente contraria ai propositiche animarono i Padri della nostra Costituzione».

I LIMITI DELLA SOVRANITÀ DELLO STATO

Il proposito della stragrande maggioranza dei Costi-tuenti di dare all’Italia un ruolo da protagonista nellanuova comunità internazionale vide come naturaleconseguenza una limitazione della sovranità naziona-le. Secondo i deputati della Commissione dei 75 (9)era necessaria una nuova Costituzione che mettessela Repubblica italiana tra i pionieri del diritto interna-zionale. Essi, da una parte, desideravano tendere unamano ai popoli del resto dell’Europa, dall’altra, sareb-bero stati disposti a tollerare, nel nome della pace in-ternazionale ed in favore di un’ «autorità superiore»,alcuni limiti alla sovranità dello Stato.

Come emerge dai lavori preparatori delle commis-sioni dell’Assemblea Costituente, per «autorità supe-riore» i deputati intendevano, in particolare, l’organiz-zazione internazionale per eccellenza, l’ONU, da po-co creata, ma facevano anche riferimento ad altreauspicabili future organizzazioni a livello europeo chesarebbero dovute nascere successivamente (10).L’espressione «limitazioni di sovranità» era però da in-tendersi, come fu precisato, esclusivamente in sensoatecnico e generico e non avrebbe incluso le pote-stà esecutive.

Al pari della Carta delle Nazioni Unite che compor-tava limitazioni di sovranità degli Stati membri, anchel’Italia avrebbe potuto, in vista di future adesioni a or-ganizzazioni internazionali aventi fini pacifici, dare di-sponibilità di limitazioni della propria libertà in condi-zioni di parità con altri Stati contraenti.

Entrando nel merito della seconda proposizionedell’art. 11 («Consente in condizioni di parità con glialtri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad unordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra leNazioni») verrebbe spontaneo sollevare un’obiezionecirca l’effettiva parità degli Stati membri dell’ONU dicui anche l’Italia fa parte. Come noto, in tale orga-nizzazione esistono di fatto due diverse categorie di

Stati con diverso potere politico-decisionale: quelli fa-centi parte del Consiglio di Sicurezza in qualità dimembri permanenti con potere di veto e quelli«provvisori» privi della possibilità di esercitare tale pre-rogativa. Nonostante lo stesso art. 2 dello Statutodell’ONU sancisca formalmente il principio della so-vrana uguaglianza di tutti i suoi membri, risulta incon-trovertibile riconoscere la posizione di privilegio deicinque Stati membri permanenti in quello che puòessere considerato il settore principe d’intervento del-l’organizzazione: il mantenimento della pace e la si-curezza internazionale.

Secondo quanto scrive Cassese, non è un segretoche le Nazioni che hanno elaborato lo Statuto «han-no tenuto realisticamente conto – nell’interesse delmantenimento della pace e della sicurezza interna-zionali – degli effettivi rapporti di forza esistenti nellasocietà internazionale (nel 1945 n.d.r.) e quindi diconsacrare normativamente il “direttorio politico” esi-stente nella realtà politica» (11).

Per altro verso, è difficile immaginare che la locu-zione «in condizioni di parità» volesse rappresentarenella mente dei Costituenti un ostacolo alla futuraadesione all’ONU. Era, infatti, ben chiara all’epoca lavolontà della nuova Repubblica di entrare a far par-te a pieno titolo di quell’organizzazione che più diogni altra poteva essere considerata la promotricedella pace e della giustizia tra le Nazioni.

IL DILEMMA INTERPRETATIVO DELL’ART. 11 DELLA COSTITUZIONE

Affermare a distanza di sessantacinque anni dal-l’entrata il vigore della Costituzione che la scena in-ternazionale e, con essa, la minaccia alla pace è no-tevolmente cambiata, se da una parte può apparirelapalissiano, dall’altra può giustificare una certa per-plessità nella valutazione contemporanea delle di-sposizioni dell’art. 11. Alla luce dei grandi cambia-menti intervenuti all’indomani della caduta del murodi Berlino, unitamente all’avanzare su scala mondialedella minaccia terroristica, l’ONU è stata impegnatacostantemente e a trecentosessanta gradi nel man-tenere la pace e la sicurezza internazionali.

In tale contesto, le scelte e i comportamenti chel’Italia ha assunto negli ultimi trent’anni sulla scena in-ternazionale, in qualità di Stato membro dell’ONU,

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hanno reso particolarmente con-troversa l’interpretazione dell’art.11 della Costituzione. In particolaresi sono fronteggiate due diversescuole di pensiero. Quella più tradi-zionalista ha inteso interpretare allalettera quel sentimento pacifistaespresso nella locuzione di «ripudioalla guerra» contenuta nell’art. 11e percependo in maniera restritti-

va, in tema di liceità della guerra,lo stesso statuto ONU. Queste per-sone sostengono l’illegittimità costi-tuzionale di qualsiasi partecipazio-ne dell’Italia con propri contingentimilitari all’estero, partecipazioneche esulerebbe da quella legitti-ma difesa strettamente legata aiconfini del nostro Paese.

Il secondo filone di pensiero, piùattento alle profonde trasforma-zioni ricordate, ha cercato, sebbe-ne senza sminuire il significato anti-bellicista dell’art. 11, un continuoadattamento ai moderni conflittipost globali, accettando l’esigen-

za di prendere parte alle missioni amaggior valenza operativa e di ri-schio in ogni parte del mondo. Inquesto caso i sostenitori hanno da-to maggiore enfasi a quella se-conda proposizione dell’articolo inesame nella quale è riportato chel’Italia promuove e favorisce le or-ganizzazioni internazionali che assi-curino la pace e la giustizia.

CONCLUSIONI

I nostri Padri Costituenti nella for-mulazione dell’art. 10, primo com-ma, della nostra Costituzione, nel-l’esprimere che l’ordinamentogiuridico italiano si conforma allenorme di diritto internazionale ge-neralmente riconosciute, vollerosancire l’obbligo da parte del-l’Italia dell’osservanza di quelle re-gole create per disciplinare i rap-porti tra popoli diversi (diritto dellegenti) (12). Ai fini del ragionamen-to che ci apprestiamo a formula-re, prendiamo adesso per valide

due delle tante definizioni ricor-renti circa i termini «diritto» e«guerra»: il diritto è considerato«l’insieme degli strumenti per pre-venire e risolvere in modo civile lecontroversie tanto tra i singoli,quanto tra i gruppi e perfino tragli Stati»; la guerra (ci piace la de-finizione di Clausewitz), «è la pro-secuzione della politica con altri

mezzi (non giuridici)». Potremmo quindi affermare

che, dove il diritto fallisce, suben-trano altre modalità, tra cui laguerra, dove l’uso delle armi ap-pare sempre più un modello alter-nativo a quello giuridico per farfronte ai rapporti conflittuali. Setorniamo adesso ai nostri Padricostituenti e prendiamo per vali-do l’assioma «guerra e diritto sonoopposti» (in quanto i conflitti ar-mati azzerano i rapporti giuridici),possiamo dedurre che il primocomma dell’articolo citato erachiaramente riferito al rispetto di

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Studi, Dottrina e Formazione

Operatori delle Forze Speciali familiarizzano con la popolazione afgana

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quelle stesse regole generalmente riconosciute,che, come abbiamo appena detto, se applicate inuno Stato di diritto, scongiurano i conflitti.

Del resto la stessa Carta delle Nazioni Unite, oltre aripudiare la guerra che definisce «flagello», fa divie-to agli Stati di usare la forza per la risoluzione dellecontroversie (con l’eccezione rigorosamente circo-scritta e circostanziata dell’autotutela successiva adun attacco armato di uno Stato contro un altro Sta-to). Ratificando la Carta, quindi, gli Stati hanno as-sunto l’obbligo di rinunciare, una volta per tutte, aquello ius ad bellum che per secoli ha costituito at-tributo essenziale del loro essere «sovrani» e il cui usoha inesorabilmente oscurato l’esercizio dell’altro at-tributo della sovranità, lo ius ad pacem.

Per quanto appena esposto, sembrerebbe mate-rializzarsi un chiaro limite tangibile all’azione bellicadell’Italia nei contesti interstatali, rimarcato ancheda quel ripudio della guerra come mezzo di risolu-zione delle controversie internazionali, sancito nelsuccessivo art. 11 della Costituzione. Lo stesso artico-lo, però, consente anche limitazioni di sovranità, equindi anche del rispetto della stessa Costituzione,ad un ordinamento che assicuri la pace e la giusti-zia fra le Nazioni (appare chiaro il riferimento al-l’ONU); d’altro canto, il fatto di consentire limitazionialla sovranità non significa che qualsiasi decisionepresa da un organo dell’ONU debba essere vinco-lante sine conditio per il nostro Paese. L’ONU, infatti,non potrà mai obbligare uno Stato membro ad usa-re la forza armata contro un altro Stato, in quanto ledisposizioni della Carta e la relativa prassi applicati-va evidenziano come il Consiglio di Sicurezza possaautorizzare o al più coordinare l’azione di un gruppodi Stati (inquadrati ora come missione di Caschi Blu,ora come coalizione multinazionale oppure organiz-zazione regionale) nello svolgimento di operazionimilitari, ferma restando la discrezionalità degli stessinel decidere se e come partecipare.

Né un ruolo direttivo nei confronti degli Stati mem-bri può essere svolto da un’organizzazione di tipoNATO: da un lato, essa dovrebbe operare principal-mente per scopi di difesa collettiva, giusto l’art. 5del suo trattato istitutivo; dall’altro, ove agisca per lec.d. «missioni non-art. 5», è necessaria una decisionedel Consiglio atlantico all’unanimità o per consen-sus, il che conferisce ad ogni Stato membro la ca-pacità di bloccare una delibera o di subordinarla

ad una propria partecipazione ridotta o addiritturaalla condizione di non dover contribuire nel casoconcreto.

NOTE

(1) L. Chieffi «Commento alla prima parte dell’articolo 11Cost.» in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Com-mentario alla Costituzione, Milano, 2006, p. 265(2) A. Cassese, Artt. 10-11, in G. Branca (a cura di), Com-mentario della Costituzione, principi fondamentali, Artt. 1-12, Bologna-Roma, 1975, p.463(3) Come scrisse Don Sturzo il 6 febbraio 1947, bisognavalottare perché la guerra venisse dichiarata un «atto immo-rale, illegittimo e proibito». A. Cassese, in G. Branca (a curadi) op. cit., 469(4) Ruini precisò: «la Costituzione si rivolge direttamente alpopolo: e deve essere capita». A. Cassese, in G. Branca (acura di) op. cit., 567(5) L. Chieffi, op. cit., p.265(6) Ruini, seduta pomeridiana del 24 marzo 1947(7) A. Cassese, in G. Branca (a cura di) op. cit., 572(8) «In occasione dell’attacco israeliano al reattore atomi-co Osiraq, vicino Bagdad, effettuato nel 1981, il Consiglio diSicurezza adottò, con il voto anche degli U.S.A., una risolu-zione di condanna, respingendo la tesi di Israele secondocui l’azione era giustificata dalla necessità di difendersi dal-la costruzione di una bomba atomica in Iraq» (L. Chieffi,op. cit., p. 265)(9) Si rese portavoce delle intenzioni, il deputato della D.C.Corsanego: «fare una Costituzione moderna che finalmen-te rompa l’attuale cerchio di superbia e di nazionalismo esia una mano tesa verso gli altri popoli, nel senso di accet-tare da un lato delle limitazioni nell’interesse della pace in-ternazionale e col riconoscere dall’altro un’autorità supe-riore che dirima tutte le controversie». A. Cassese, in G.Branca (a cura di) op.cit., 578(10) «Tuttavia, le applicazioni più significative dell’art. 11Cost. nella prassi e nella giurisprudenza hanno riguardatol’integrazione comunitaria e anche la dottrina di commen-to all’art. 11 Cost. si è concentrata sui problemi legati alprocesso di integrazione europea». L. Chieffi, op. cit., p. 266(11) G. Branca - A. Cassese, op. cit., p. 582(12) «Secondo Montesquieu, il diritto delle genti è natural-mente fondato sul principio seguente: che le varie nazionidevono in pace farsi il massimo bene, e in guerra il minimomale possibile, senza nuocere ai propri veri interessi». R. Fe-derici, Guerra o diritto, Napoli, 2013, p. 57.

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Il controllo del territorio è un concetto che rivesteun aspetto vitale per garantire la disponibilitàdelle aree di formazione della manovra, la sal-

vaguardia delle risorse di sostentamento e le condi-zioni di salute della popolazione. In questo ambitoun ruolo strategico è svolto dall’idrologia, la scienzache studia la presenza, la distribuzione, la circolazio-ne e le proprietà chimico-fisiche delle acque terre-stri, di prevalente origine meteorica, e il loro rappor-to con l’ambiente in ogni fase del ciclo idrologico,scienza che, in campo militare, permette di indivi-duare le caratteristiche, gli usi e gli effetti che l’ac-

qua può avere nel corso delle operazioni. Dagli ar-chivi storici emergono numerosi casi di ricorso al-l’impiego delle risorse idriche per scopi militari al finedi arrecare offesa al nemico, come gli stermini dimassa attraverso inondazioni e/o distruzione di ap-provvigionamenti idrici, diffusione di epidemie (es.malaria, colera), realizzazione di ostacoli, ecc..Questo articolo ha lo scopo di illustrare le più signifi-cative applicazioni dirette dell’idrologia in tattiche estrategie militari, di sintetizzare i fattori idrologici inte-ressati e, di mostrare come debbano essere definitele tecniche idrologiche e dove debbano essere re-

LE APPLICAZIONI DELL’IDROLOGIALE APPLICAZIONI DELL’IDROLOGIANELL’ARTE MILITARENELL’ARTE MILITARE

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Addestramento e Operazioni

del Ten. Col. Alberto Frattolilloin servizio presso la Scuola di Sanità e Veterinaria Militare

Le opinioni espresse nell’articolo riflettono esclusivamente ilpensiero dell’autore.

Pianura alluvionale

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periti i dati d’interesse prima di essere analizzati, svi-luppati ed applicati agli obiettivi militari.

PROBLEMI IDROLOGICI RELATIVI ALLA PIANIFICAZIO-NE DI OPERAZIONI MILITARI

Individuazione delle aree per la realizzazione di in-stallazioni militari statiche

Tutti i siti militari, tra cui possiamo menzionare le ca-serme, gli aeroporti e i cantieri navali, spesse volteubicati a migliaia di chilometri dalla scena di un ipo-tetico o effettivo conflitto, richiedono un approvvi-gionamento di risorse idriche che, di norma, ma nonsempre, è fornito dalle acque sotterranee (faldefreatiche). Pertanto, l’interesse per l’idrologia in vistadella realizzazione di impianti statici consiste nel sele-zionare i luoghi provvisti di un adeguato rifornimen-to, un buon drenaggio e protezione da possibiliinondazioni. Lo scopo del drenaggio è quello dismaltire l’eccesso di acqua da un terreno per con-sentirne o migliorarne l’impiego. Se il problema inte-ressa una porzione di terreno piuttosto ampia alloraparleremo di “bonifica idraulica”. Dalle caratteristi-che meccaniche e stratigrafiche di un terreno e dalrelativo bilancio tra afflussi e deflussi scaturisce laquantità di acqua presente. Di norma l’afflusso èdato dalle infiltrazioni provocate essenzialmente dal-le precipitazioni meteoriche e il deflusso è connessoalla filtrazione del suolo e alla evapotraspirazionedelle piante. I requisiti di drenaggio assumono note-vole rilevanza nel caso di realizzazione di aeroporti.In tal caso, infatti, qualora l’installazione debba esse-re costruita, per ovvi motivi, necessariamente neipressi di un corso d’acqua o in pianure di natura al-luvionale, al fine di garantirne una certa protezionedall’eventualità di inondazioni, devono essere pre-ventivate opportune misure di salvaguardia e altret-tanti piani d’emergenza per il funzionamento in sicu-rezza dello stesso. Prima di considerare i fattori idrolo-gici di approvvigionamento idrico, di drenaggio e lavulnerabilità alle alluvioni per la scelta del sito, oc-corre analizzare dettagliatamente i dati idrologici re-lativi ai seguenti aspetti:• Il clima locale. È un parametro che condiziona

non solo la scelta dell’ubicazione più adatta alleattività di una particolare installazione, ma anche

la possibilità di fornitura di acqua, il drenaggio e lavulnerabilità alle inondazioni. I diversi tipi di dati cli-matologici, come i massimi di temperatura, di pre-cipitazioni e altri registrati in un preciso arco tem-porale, devono essere accorpati e analizzati con-temporaneamente per definire questi effetti. Laconoscenza della quantità e del tipo di precipita-zione, la sua variazione stagionale, la distribuzioneareale e la frequenza di siccità e piogge in ecces-so, è necessaria per rendersi conto e quantizzarela fornitura di acqua in prossimità dell’infrastruttura.I dati di intensità di pioggia e durata sono essen-ziali nella progettazione di strutture di deflusso e si-stemi di canalizzazioni. Se un opera deve essererealizzata in una zona predisposta a periodici alla-gamenti, tipi e portata di precipitazioni, così comele temperature, servono per stabilire le relazioni af-flussi-deflussi e per prevedere gli stessi.

• Le proprietà fisiche del terreno, tra cui la rugosità ela pendenza, i tipi di suolo, di substrato e di vege-tazione, l’area, la lunghezza e il sistema di drenag-gio dei flussi nel bacino che interessano gli impian-ti, devono essere esaminati attentamente per indi-viduare l’eventuale influenza che potrebbero ave-re su problematiche idrologiche del sito. Questo ti-po di caratteristiche è in genere focalizzato attra-verso un’analisi sistematica di fotografie aeree,chiamata fotointerpretazione, con l’aggiunta del-lo studio minuzioso e particolareggiato delle cartetopografiche.

• La localizzazione della pianura da inondare e suoiconfini. Una pianura alluvionale può essere defini-ta come una vasta porzione di terreno oggetto diallagamenti stagionali da parte di corsi d’acqua.Questi tipi di pianure sono localizzati in valli e baci-ni intra-continentali e sono formati da sedimentidetti alluvium. Una struttura situata in una pianuraalluvionale può essere vulnerabile non solo alle pe-riodiche inondazioni naturali, ma anche a quelleartificiali provocate attraverso la distruzione o la re-golamentazione di bacini a monte o con altri me-todi di variazione di flusso. Per vulnerabilità dobbia-mo intendere la propensione di un’area a subiredanni e la capacità o incapacità di far fronte allesollecitazioni esterne connesse con l’evento. Lavulnerabilità all’alluvione potrà essere determinatada una minuziosa valutazione delle proprietà e deilimiti della pianura, da un attento studio dello “sto-

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rico” degli eventi alluvionali verificatesi e dall’esa-me di strutture idrauliche ivi presenti, che potreb-bero essere utilizzate per provocare inondazioni.

• Il rapporto tra la quantità di precipitazioni che ca-de su uno spartiacque e la quantità di deflusso chene scaturisce è quindi significativo in previsione siadelle inondazioni che dell’approvvigionamento idri-co. Questo rapporto in un bacino varia in base: •• al carattere, intensità e durata delle precipita-

zioni, principali componenti degli apporti, che sideterminano in base ai dati rilevati dalle stazio-ni meteorologiche;

•• alla temperatura dell’aria, che consente di indi-viduare, in assenza di altre osservazioni o di ido-nee strumentazioni, le precipitazioni nevose da

quelle piovose;•• alle caratteristiche, contenuto di umidità e tem-

peratura del suolo, che determinano l’evapo-razione e il quantitativo d’acqua che può infil-trarsi nel terreno. Infatti quest’ultimo risulterà di-verso a seconda delle caratteristiche petrofisi-che e della tessitura dello stesso. Per di più, ilcontenuto di umidità del suolo e la quantità diacque sotterranee a bassa profondità possono

essere fattori decisivi per l’individuazione di mi-ne utilizzando immagini aeree;

•• al tipo ed entità della vegetazione per misurarela traspirazione;

•• alla morfologia del terreno che, a seconda del-la pendenza, determina il ruscellamento super-ficiale.

• Lo studio delle caratteristiche dell’inondazioneinteressa, oltre la ricerca ed analisi delle registra-zioni statistiche dei livelli di esondazione dei corsid’acqua presenti, anche il concetto di frequen-za (previsione) e di entità del fenomeno (perico-losità), la già citata vulnerabilità e il valore del-l’opera interessata. Ciò è prioritario per la sceltadella posizione del sito e per la progettazione dimetodi di protezione dalle inondazioni. Tra talimisure potrebbero essere prese in considerazio-ne la costruzione di argini e il miglioramento delsistema di canalizzazione.

Utilizzo di impianti idraulici per scopi logistici

L’utilizzo di impianti idraulici per l’approvvigiona-mento idrico, per la navigazione e per la produzionedi energia elettrica, è parte indispensabile delle mol-teplici operazioni di servizi di fornitura. Infatti, nei con-flitti il personale (oltre a richiedere grandi volumi diacqua potabile per soddisfare le esigenze vitali delbere e del mangiare, e di minore qualità per l’igie-

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Intervento di salvataggio con mezzo militare

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ne, l’impiego dei macchinari, ecc.) necessita anche di fornitura idrica per garantire la navigazione e persoddisfare l’inderogabile richiesta di energia elettrica. L’attivazione delle procedure per garantire questi tipidi forniture dipende in gran parte dalla natura mobile o statica del conflitto. Le normali funzioni in tempo dipace di tutti gli sviluppi idraulici significativi in un’area dove sono previste delle operazioni militari devono es-sere valutati in fase di pianificazione, così come i dati climatologici, attraverso lo studio di idonea cartografia,dove sono riportati, con apposita simbologia, i corsi d’acqua, eventuali sorgenti, pozzi e opere idrauliche ingenere, assemblati e analizzati in modo che il personale preposto possa determinare il valore logistico di ognistruttura di supporto allo sforzo militare e verificare, successivamente e sul posto, l’eventuale contaminazionedelle risorse stesse.

Utilizzo operativo dell’idrologia come strumento di offesa

Può essere suddiviso in tre categorie:• uso strategico di impianti idraulici in zone nemiche “interne” per danneggiarne lo sforzo bellico;• uso tattico e manipolazione di impianti idraulici sul campo di battaglia;• metodi per superare gli ostacoli idraulici utilizzati dal nemico.

L’uso strategico e tattico di impianti idraulici comporta il porre in essere di azioni volte ad ostacolare lo sfor-zo bellico nemico procurando dannose inondazioni artificiali nella sua zona “interna”. Le tecniche di inonda-zione artificiale rientrano in quattro categorie generali:• onde di piena, create dall’improvvisa demolizione di una o più dighe;• devastanti variazioni di deflusso che producono cambiamenti improvvisi di velocità, profondità e larghezza

di corsi d’acqua, aumentando le difficoltà delle ope-razioni e della navigazione;

• utilizzazione di barriere come strumenti per rendereinefficiente la capacità di contenimento degli argini,la deviazione del flusso dai canali, la costruzione didighe temporanee, ecc.;

• ostacoli al drenaggio, provocati intervenendo diret-tamente sul naturale scolo, distruggendo impianti dipompaggio impiegati per bonificare la terra bassa opaludosa, o inducendo inondazioni superficiali dipianure alluvionali, che generano un consistente au-mento del livello dell’acqua contenuta nel suolo, fi-no a creare, per la presenza di un significativo livellofangoso, le condizioni d’impedimento al movimento.Se l’inondazione artificiale deve essere originata dal-

la distruzione di una diga o dalla manipolazione dellesue porte, devono essere acquisiti ulteriori dati tecniciquali:• i dati inerenti la struttura della diga e la capacità

dell’invaso;• le annotazioni di normale funzionamento della diga;• la condizione di stato della diga che definisce, in lar-

ga misura, le dimensioni delle distruzioni che potreb-bero essere generate da ordigni esplosivi.Una volta che la fattibilità e il piano generale del

funzionamento dell’allagamento artificiale propo-sto siano stati definiti sulla base dei dati sopra cita-

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Addestramento e Operazioni

Pluviometro

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ti, il personale incaricato, alta-mente specializzato, potrà for-mulare dei piani ad hoc sulcampo di manovra. Tra i fattoriche saranno definiti prima di ini-ziare un’operazione di allaga-mento art i f iciale o pr ima diprendere misure preventivecontro una manovra avviata

dal nemico ci sono:• la quantità di acqua disponibile

per provocare un’eventualeinondazione;

• la capacità di protezione dallapiena e le opere di drenaggio;

• i confini e la percorribilità dellapianura, che risultano dalla posi-zione e quota delle strade, dal-l’inclinazione del terreno, dallanatura del suolo, dal contenutodi acqua e dalla copertura ve-getale;

• la capacità di deflusso nei pressidel sito dell’operazione di inon-dazione, che determina il suo ef-fetto sulla profondità e velocità;

• la velocità della corrente idrica

necessaria per danneggiare iponti o mettere a repentaglio leoperazioni di attraversamento;

• l’entità e la tempistica di comu-nicazioni dell’inondazione artifi-ciale, in base alle caratteristichedel canale e della distanza tra ilpunto di controllo e il sito di inon-dazione;

• l’uso di sbarramenti effimeri perla creazione di ostacoli.

Ricerca di zone per guadare i cor-si d’acqua

Un’altra problematica in cuirientrano gli aspetti idrologici è laselezione di zone idonee per gua-dare un corso d’acqua. Non si de-vono affrontare guadi senza esse-re in possesso di sufficienti elemen-ti attinenti i requisiti fisici e idraulicidel corso stesso. Lo studio idrologi-co, pertanto, è necessario al finedi rivelarne:• larghezza, profondità e velocità

per la portata con possibili punti

di attraversamento;• variazioni giornaliere e stagionali

in atto, profondità e velocitàdella corrente;

• eventuali formazioni di ghiaccio;• ampiezza, durata e frequenza

delle inondazioni;• status degli argini e del fondo;• profondità navigabile e/o gua-

dabile;• condizione dei valichi esistenti;• posizione, dimensione e capaci-

tà di portata in base alla veloci-tà della corrente di tutti i ponti.

EPISODI STORICI DI APPLICAZIONEDELL’IDROLOGIA IN OPERAZIONIBELLICHE

Inondazione da parte dei tedeschidelle paludi pontine

Fra l’ottobre del 1943 e il marzodel 1944, i tedeschi in pochi giornidistrussero circa 20 grandi idrovoreche venivano utilizzate per tenereasciutte le terre dell’Agro Pontino,intorno a Latina e alle foci del Teve-re, al fine di causare una violentaepidemia malarica. Vennero fattisaltare canali e dighe e vennero al-lagati con acqua di mare centinaiadi ettari di terreno fino, pressappo-co, a dove oggi sorge l’aereoportodi Fiumicino. Si originò un enormeacquitrino salmastro in cui solamen-te la zanzara Anopheles labran-chiae era in grado di riprodursi. I na-zisti sequestrarono poi dai depositidella Sanità di Roma le scorte di chi-nino (quasi nove tonnellate) - l’uni-co medicinale in grado di combat-tere la malattia - e le nascosero aVolterra.

Alcuni scienziati italiani, a co-noscenza del piano, invitarono icolleghi tedeschi a limitarsi agli

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La bonifica dell’Agro Pontino

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obiettivi militari: per rallentare l’avanzata delletruppe alleate sarebbe stato sufficiente fermare lepompe allagando i terreni, senza far affluire l’ac-qua di mare che avrebbe favorito il diffondersidelle zanzare. Quando nell’estate del ‘44 i tede-schi si ritirarono, le condizioni dell’Agro Pontinoerano drammatiche. All’allagamento si era ag-giunta la distruzione di circa 2.300 abitazioni e dioltre 1.600 edifici pubblici. Nel 1944 il numero deimalati nella sola provincia di Littoria (oggi Latina)superò i 100.000 casi su una popolazione di245.000 persone. Nella primavera del 1945 si pensòdi evacuare completamente alcune aree.

Con tutto ciò l’operazione dell’Esercito tedesconon rallentò l’avanzata delle truppe anglo-america-ne. L’offensiva avvenne nel maggio del ‘44 e gli al-leati arrivarono a Roma il 4 giugno.

Gli americani attraversarono le paludi prima del-l’inizio della stagione malarica: erano ben informatisui pericoli e la trasmissione della malattia e riceve-vano periodicamente medicinali anti-malarici, ado-peravano repellenti contro gli insetti ed erano an-che dotati di reti e protezioni negli accampamenti.

Bombardamento inglese del Möhne e dell’EderDams - Germania 1943

Prima della Seconda guerra mondiale, il Ministe-ro dell’Aeronautica inglese aveva identificato ledighe della Valle della Ruhr, fortemente industria-lizzata, come importanti obiettivi strategici da col-

pire in quanto, oltre a fornire energia idroelettricae acqua per il settore produttivo (acciaio), garan-tivano l’acqua potabile e l’acqua per il sistema ditrasporto-canale. I metodi utilizzati per attaccarele dighe erano stati accuratamente elaborati epianificati. Il 16 e il 17 maggio 1943, infatti, la RoyalAir Force con l’Operazione Chastise condusse unattacco alle dighe tedesche del Mohne e del-l’Eder, causando inondazioni catastrofiche dellavalle della Ruhr e dei villaggi della valle dell’Eder,mentre la diga del Sorpe riportò solo danni minori.Due propulsori idroelettrici furono distrutti e moltialtri danneggiati. Fabbriche e miniere furono dan-neggiate o distrutte. Si stima che circa 1.600 perso-ne annegarono. Grazie ai tempestivi interventi diriparazione e ripristino delle attività da parte deitedeschi, il danno fu attenuato e questo permisedi riprendere la normale attività produttiva già nelmese di settembre.

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

www-3.unipv.itsp.lyellcollection.orgApplications of hydrology in military planning and opera-tions, Military hydrology bulletin, 1 June 1957.

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Distruzione della diga del Möhne in Germania (1943)

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In occasione della ricorrenza del centenario della Grande Guerra, la Rassegnadell’Esercito on-line di Rivista Militare continua a proporre ai lettori gli articoli pub-blicati all’epoca sulla Rivista Militare. L’articolo proposto su questo numero è stato

estratto dalla Rivista Militare n. 5-1982. Buona lettura!

Commemorazione Centenario Grande Guerra

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MILITARERIVISTA

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Commemorazione Centenario Grande Guerra

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MILITARERIVISTA

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Commemorazione Centenario Grande Guerra

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Commemorazione Centenario Grande Guerra

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Commemorazione Centenario Grande Guerra

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MILITARERIVISTA

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Commemorazione Centenario Grande Guerra

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e “Monumenti e Sacrari”, men-tre attraverso la Banca dati deiCaduti si potranno effettuare ri-cerche sull'Albo d'Oro dei Ca-duti della Prima Guerra Mon-diale e sui luoghi di sepultura. Tovano Spazio anche quei videopresenti nel canale “AreaStorica”nella WebTV del Ministero dellaDifesa (webtv.difesa.it).Tramite l’App si potranno visita-re i siti archeologici realizzati daStato Maggiore Difesa, Esercito,Marina, Aeronautica e Carabi-nieri. Tutte le informazioni, il materiale

4 Rivista Militare

NASCE L’APP “AREASTORICA”Scoprire la Nostra Storia tramite un’APP: immagini,documenti e tanto altro ancora a portata di manosolo con un click.

Si chiama “AreaStorica” la nuova applicazione realizzata dalMinistero della Difesa. L’idea è di valorizzare e diffondere, at-traverso contenuti studiati appositamente per i dispositivi mobi-

li, la storia della Difesa e delle Forze Armate italiane. Quest’anno ricorre il Centenario della Grande Guerra per cui èpossibile conoscere e approfondire tutto ciò che è legato a questoevento. All’accesso verranno visualizzate le notizie relative alle Sezioni:Centenario della Grande Guerra, I Luoghi della Memoria, la Bancadati dei Caduti.Selezionando, ad esempio, la voce Centenario della GrandeGuerra verrà visualizzata una lista, in costante aggiornamento, deiprincipali eventi organizzati dal Ministero della Difesa per celebrarela ricorrenza.Cliccando su I luoghi della Memoria si potrà invece accedere atutte le informazioni sui principali “Sepolcreti”, “Zone Monumentali”

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5n.1/2014

L’APP “AREASTORICA” È STATA SVILUPPATA PER TUTTE LE PIATTAFORME MOBILIL’APP “AREASTORICA” È STATA SVILUPPATA PER TUTTE LE PIATTAFORME MOBILI ::- iOS (iPhone/iPad) – versione 7.0 o superiori;- Android – versione 4.0 o superiori;- Black Berry OS 10;- WindowsPhone 8.

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Le screenshot dell’Applicazionenella versione per smartfone.

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In relazione ai propri compitiistituzionali, il Corpo Militaredella Croce Rossa Italiana

(CRI), ausiliario delle Forze Armate,oltre al mantenimento della pro-pria struttura organizzativa e delleproprie risorse in termini di mate-riali e mezzi, svolge le seguenti at-tività addestrative ed operative:

• formazione e addestramento delpersonale militare CRI;

• attività di mantenimento dellacapacità operativa del CorpoMilitare CRI per l’impiego delleproprie risorse, in termini di for-mazioni organiche e di assettiminori, per fronteggiare situazio-ni di emergenza;

• formazione a favore del perso-nale delle Forze Armate o di altriCorpi Armati dello Stato, in am-

bito sanitario e di Diritto Interna-zionale Umanitario;

• concorsi alle Forze Armate,mediante la fornitura di assettisanitari vari;

• attività operative a favore del-l’Associazione CRI.

Nell’anno 2012 sono stati impie-gati complessivamente 12.986militari della CRI, con la seguen-te ripartizione nelle varie attivitàcome da Tabella 1.

CORPO MILITARE DELLA CROCECORPO MILITARE DELLA CROCEROSSA ITALIANA ROSSA ITALIANA

CONSUNTIVO 2013 CONSUNTIVO 2013

37

del Tenente Colonnello Claudio De Feliciin servizio presso l’Ispettorato Nazionale del Corpo Militare CRI

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Logistica

Le opinioni espresse nell’articolo riflettonoesclusivamente il pensiero dell’autore.

10010012.986Totale

4,89635Altro12,84

7,951.033Attività varie a favore dell’AssociazioneAltre

attività

1,72223Concorsi per altri Enti

4,00520Impieghi operativi per CRI 33,06

27,343.550Concorsi per Enti militariAttività

operative

2,81365Corsi a favore di altri Enti

5,54719Corsi a favore di Enti militari

17,422.262Addestramento

3,77490Convegni e seminari per il personale militare CRI

54,10

24,563.189Corsi di vari livelli per personale militare CRI

Attività di formazione e addestramento

valori %su totale

personale militare CRI impiegato

Tabella 1: personale militare CRI impiegato nel 2013

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Logistica

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Dall’analisi dei dati si riscontrache il 68% delle attività svoltenel 2013 sono state destinate aiconcorsi a favore di Enti militari;

il 23% delle attività sono statesvolte per la formazione e l’ad-destramento e la restante quo-ta, pari all’8,37%, è rappresenta-

ta da attività varie a favore del-l’Associazione CRI o per la pro-mozione e propaganda delCorpo.

0

5000

10000

15000

20000

Totale personale militare CRIimpiegato negli anni

3326 9328 10991 12089 7786 8881 16658 10695 12986

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012* 2013

Grafico 1: comparazione del numero complessivo di militari CRI impiegati nel periodo 2005-2013

* nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in servizio senza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012disposta dal Commissario Straordinario CRI

1001002.114Totale

5,25111Altro8,37

3,1266Attività varie a favore dell’AssociazioneAltre

attività

1,8940Concorsi per altri Enti

0,7616Impieghi operativi per CRI 68,45

65,801.391Concorsi per Enti militari

Attivitàoperative

0,8017Corsi a favore di altri Enti

8,75185Corsi a favore di Enti militari

3,8882Addestramento

0,7115Convegni e seminari per il personale militare CRI

23,18

9,04191Corsi vari livelli per personale militare CRI

Attività di Formazione

e addestramento

valori %su totalenumero attività svolte

Tabella 2: attività svolte nel 2013

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CONCORSI A FAVORE DI ENTI MILITARI

Nel corso degli anni i concorsi a favore di Enti militari hanno registrato, per vari motivi, un incremento co-stante e nell’anno 2013 sono stati assicurati complessivamente 1.391 concorsi a titolo gratuito, con il con-seguente impiego di 3.550 militari CRI.

Tali attività hanno compreso: • i concorsi fuori area nell’ambito della missione ISAF, sia per l’Aeromedical Staging Unit (negli E.A.U.)

che per i vari assetti sanitari forniti in Afghanistan, con impiego di 39 militari CRI, tra medici e infer-mieri, con una presenza giornaliera di 3 medici e 4 infermieri per tutto l’arco dell’anno.

• i concorsi forniti per i supporti al Policlinico militare Celio, con un impiego nel 2013 di 119 militari CRItra medici ed infermieri, e all’infermeria del Raggruppamento Autonomo del Ministero della Difesa,con l’impiego di 24 cardiologi;

Logistica

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0

200

400

600800

1000

1200

1400

1600

Attività a favore FF.AA. 20 27 90 130 150 293 149 458 912 851 1391

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009* 2010 2011 2012** 2013

Grafico 2: richieste di concorsi vari da parte delle Forze Armate nel periodo 2003 - 2013

* nel 2009 il Corpo Militare ha espresso un maggior contributo in ambito civile a seguito del terremoto cheha colpito L’Aquila e dintorni

** nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in servizio senza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

Militari CRI impiegati per attività a favoredi enti militari

1140 1564 1080 1646 2974 2886 3550

2007 2008 2009 2010 2011 2012* 2013

Grafico 3: militari CRI impiegati per attività varie di supporto a Enti militari nel periodo 2007 - 2013

* nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in servizio senza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012;

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• i concorsi forniti in patria alle varie Forze Armate, per assicurare il regolare svolgimento delle attivitàoperative, addestrative e per l’effettuazione di visite sanitarie specialistiche.

I concorsi forniti sono stati richiesti prevalentemente dall’Esercito (circa il 56% sul totale di 1.387 con-corsi forniti in patria) e dai Carabinieri (circa il 28%) ed hanno interessato prevalentemente le regionidell’Emilia Romagna, della Toscana, del Veneto e del Lazio.

Logistica

100,001.387Totale

6,0684Guardia di Finanza

0,9413Interforze

28,12390Carabinieri

7,64106Aeronautica

1,6623Marina

100,00

55,59731Esercito

Enti militari

valori percentuali su totaleConcorsi assicurati

Tabella 3: ripartizione dei concorsi assicurati in patria ai vari Enti militari nel 2013

1188

109

36

54

0 200 400 600 800 1000 1200

Concorsi sanitari per attività addestrative: 1.188 (85,65%) Concorsi sanitari per attività operative: 109 (7,86)

Concorsi sanitari per cerimonie: 36 (2,60) Concorsi per vis i te sanitarie: 54 (3,89)

Grafico 4: valori numerici e percentuali delle varie tipologie di concorsi assicurati in patria ai vari Enti militari nel 2013

Note per le tipologie dei concorsi sanitari- attività addestrative: poligoni, aviolanci, esercitazioni;- attività operative: disinneschi di ordigni esplosivi;- visite sanitarie: visite per prove di efficienza fisica, visite specialistiche (cardiologiche), supporti psicologici.

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V

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Logistica

ATTIVITÀ OPERATIVE E DI SUPPORTO A FAVORE DELL’ASSOCIAZIONE CRI

Le attività operative e di supporto a favore della CRI hanno registrato l’impiego complessivo di 520 mili-tari CRI. Sul dato complessivo hanno inciso prevalentemente le emergenze meteo che hanno interessatole varie regioni del Paese.Altrettanto importanti sono stati i diversi supporti a favore dell’Associazione a vario titolo che hanno regi-strato un impiego di altri 1.033 uomini del Corpo militare.

41

71%

6%

23%

nord centro sud

Grafico 5: ripartizione geografica dei concorsi assicurati in patria ai vari Enti militari nel 2013

Note per la ripartizione geografica dei concorsi sanitari- Nord: Centri di Mobilitazione di TO,MI, GE, VR, BO- Centro: Centri di Mobilitazione di FI e RM;- Sud: Centri di Mobilitazione di NA, BA, PA, CA.

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

Personale impiegato per attività operativea favore della CRI

116 26 105 606 1556 240 1412 843 520

Personale impiegato per altre attività afavore della CRI

500 700 1122 1112 1503 698 1244 373 1033

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

Grafico 6: numero di partecipanti per le attività operative e varie di supporto all’Associazione nel periodo2007- 2013

* nel 2009 il Corpo Militare ha espresso un maggior contributo in ambito civile a seguito del terremoto che hacolpito L’Aquila e dintorni

* nel 2011 l’incremento è derivato dall’emergenza connessa al massiccio sbarco sul territorio nazionale di cit-tadini del Nord Africa

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ATTIVITÀ FORMATIVE ED ADDESTRATIVE A FAVOREDEL PERSONALE DEL CORPO MILITARE

In considerazione dell’importanza che rivestono le at-

tività formative ed addestrative ai fini dell’operatività,anche per il 2013 il Corpo Militare CRI ha voluto atti-vare un consistente numero di attività che ha coin-volto complessivamente 5.941 militari nei vari gradi.

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Logistica

Militari CRI impiegati a favore di altri enti;

223; 4%

Militari CRI impiegati a favore Forze armate;

3550; 67%

Militari CRI impiegati a favore

dell'Associazione; 1553; 29%

Grafico 7: numero di militari impiegati per le diverse categorie di attività operative e relativa incidenza suldato complessivo

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9000

Partecipanti ad attività addestrative 174 506 1131 1502 1117 1424 833 1283 2329 1298 2262

Partecipanti a corsi per militari CRI 335 3500 4029 6804 3890 3788 1728 2258 3758 2997 3679

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012* 2013

Grafico 8: numero di partecipanti ai corsi e attività addestrative nel periodo 2003- 2013

* nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in servizio senza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012

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Come si evince dal grafico 9, l’andamento del numero di militari formati è correlato agli stanziamenti or-dinari e straordinari di bilancio destinati alla formazione e all’addestramento.

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Logistica

0

200000

400000

600000

800000

1000000

1200000

1400000

Fondi x formazione e addestr. 150000 176500 825921 1150817 888975 888975 741095 899180 888205 890205 868195

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

Grafico 9: fondi destinati nel periodo 2003-2013 alle attività addestrative e formative

0

50

100

150

200

250

300

350

400

Attività addestrative x militari CRI 5 20 42 48 52 82 30 66 84 68 82

Corsi a favore militari CRI 23 163 202 212 179 261 140 176 246 238 206

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012* 2013

Grafico 10: numero di corsi e attività addestrative nel periodo 2003-2013 a favore del personale militare CRI

* nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in servizio senza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012

Fondi per formazione e addestr.

Attività addestrative per militari CRI

Corsi a favore di militari CRI

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ATTIVITÀ FORMATIVE ED ADDESTRATIVE A FAVOREDI ENTI MILITARI

Significativo anche il numero di corsi, prevalente-mente a domicilio, attivati su richiesta di vari Entimilitari (in totale 185 corsi) e di altri Enti (in totale 17corsi, a favore del CFS, Polizia di Stato, ecc), chehanno consentito la formazione complessiva di4.355 militari appartenenti alle varie Forze Armatee Guardia di Finanza e 365 dipendenti di vari Enti.Dai grafici 11 e 12 è possibile riscontrare che dal2011, il Corpo Militare CRI ha attuato una riduzionedel numero medio di discenti per corso al fine diaumentare il livello qualitativo degli stessi corsi.Infatti, pur mantenendo pressoché invariato negliultimi tre anni il numero di corsi attivati, il numerocomplessivo annuo dei partecipanti nello stessoperiodo è diminuito.

Logistica

0

50

100

150

200

250

300

Corsi attivati a favore di altri enti 51 68 17

Corsi attivati a favore delle FF.AA. 98 96 74 117 167 171 185

2007 2008 2009 2010 2011 2012* 2013

Grafico 11: numero di corsi attivati nel periodo 2007-2013 a favore delle Forze Armate e di altri Enti

* nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in serviziosenza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012

44%

29%27%

nord centro sud

78

60

11

8

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Corsi di Primo Soccorso Corsi BLS e BLSD Altri cors i sanitari Corsi DIU

Grafico 12: ripartizione geografica dei corsi sommini-strati ai vari Enti militari nel 2013

Grafico 14: numero di corsi per tipologia forniti ai vari Enti militari nel 2013

Note per la ripartizione geografica dei corsi somministratiNord: Centri di Mobilitazione di TO,MI, GE, VR, BOCentro: Centri di Mobilitazione di FI e RM;Sud: Centri di Mobilitazione di NA, BA, PA, CA.

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0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

Personale altri enti formato 1128 1114 365

Militari FF.AA. formati 2639 2773 2814 2301 6076 4754 4355

2007 2008 2009 2010 2011 2012* 2013

Grafico 13: numero di militari delle Forze Armate e per-sonale di altri Enti formati nel periodo 2007- 2013

* nel 2012 si evidenzia la sospensione dei richiami in serviziosenza assegni dal 19 giugno al 5 novembre 2012

E

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CONSIDERAZIONI

Dai dati sopra riportati si evinceun costante aumento delle attivi-tà svolte dal Corpo Militare CRI,con particolare riferimento aiconcorsi e alla formazione a fa-vore dei vari Enti militari.Considerando le tariffe media-mente applicate per la fornituradegli assetti sanitari forniti e per icorsi somministrati, si stima chenel 2013 l’Amministrazione Dife-sa abbia potuto ridurre le pro-prie spese per un valore com-plessivo di circa 1.410.000,00 eu-ro, così ripartite:• 460.000,00 euro per i vari con-

corsi sanitari assicurati durantele attività addestrative ed ope-rative (1);

• 360.000,00 euro per le oltre2000 visite specialistiche effet-tuate (2);

• 790.000,00 euro per la formazio-ne del personale delle varieForze Armate (3).

NOTE

(1) Dato basato sul costo medio diun assetto sanitario composto da unmedico/infermiere e un soccorritore,calcolato in euro 170 al giorno (per il30% dei concorsi) e di un assetto me-dio composto da un medico/infer-miere e un autista soccorritore conambulanza VM90, calcolato in euro400 al giorno (per il 70% dei concorsi)(2) Dato basato sul costo medio diuna visita specialistica, calcolato ineuro 60(3) Dato basato sul costo medio diun corso sanitario di base/discente,calcolato in euro 120 (200 per corsoPS + BLSD).

Logistica

100,00185Totale

10,8120Guardia di Finanza

1.623Interforze

9,1917Carabinieri

18,3834Aeronautica

0,541Marina

100,00

59,46110Esercito

Enti militari

valori %su totale

corsi somministrati

Tabella 4: ripartizione dei corsi somministrati ai vari Enti nel 2013

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IL DISEGNO DEGLI ALLEATI

L’Operazione Husky doveva svolgersi indue fasi. Una esclusivamente aero-na-vale: conquista immediata dei porti di

Catania, Augusta e Siracusa e degli aeroportidi Comiso e Gela. L’altra aero-terrestre: solle-cita conquista del bacino del Simeto e dellaregione etnea per raggiungere la cuspide delmessinese, allo scopo di impedire l’arrivo dalcontinente di rinforzi e di catturare l’armatache presidiava l’isola.

In conclusione: la cuspide del siracusano –da Gela ad Augusta – avrebbe costituito unaspecie di grande testa di sbarco, dalla qualesarebbero sboccate a ventaglio le colonned’invasione dirette alla regione orientale dellaSicil ia con obiettivo principale lo stretto diMessina. L’organizzazione dell’impresa si svol-se in mezzo a non lievi difficoltà. Il problemapiù difficile da risolvere fu quello del piano diimbarco (lo sbarco prevedeva tanto l’avvici-namento alla spiaggia delle truppe su navi tra-sporto ed il susseguente trasbordo negli spe-ciali mezzi da sbarco, quanto il trasporto diret-to dei mezzi stessi dalle basi alla costa di sbar-co). Questo lavoro preparatorio con ritmo in-tensivo durò circa due mesi. Alla fine di giugnoil corpo di operazioni, costituito dal 15° Grup-po di Armate – 7a Armata e 8a Armata – erapronto per lo sbarco.

Le forze erano così raggruppate: Comando15° Gruppo di Armate, Generale Harold Alexan-der; 8a Armata, Generale Bernard Montgomery.XIII e XXX Corpo di Armata: quattro Divisioni diFanteria; una aviotrasportata e una Brigata co-razzata; 7a Armata, Generale George Patton, I e

LO SBARCO IN SICILIALO SBARCO IN SICILIA

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del Dott. Antonio Ciabattini Leonardi

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Storia

Il Generale Harold Alexander, Comandante del 15°Gruppo di Armate

Conquistata la Tunisia (13 maggio 1943), gli anglo-americani furono in grado di invadere l’Europa meri-dionale. L’Operazione Husky contro la Sicilia fu decisa perché offriva certezza di riuscita senza impegnaretutte le risorse e perché l’isola doveva servire di base per la successiva invasione della Penisola. Vi era,inoltre, il fattore positivo della vicinanza all’Europa Centrale della grande base aeronavale di Malta.L’Operazione fu organizzata nei dettagli, con larghezza di mezzi senza precedenti e cominciò dalle isolePelagie (Pantelleria, 11 giugno; Lampedusa e Linosa, 13 giugno).

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Storia

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II Corpo di Armata: 1a e 3a Divi-sione di Fanteria; una aviotra-sportata ed una Divisione co-razzata. La prima costituiva lamassa destinata all’azione prin-cipale. Essa doveva sbarcaretra Siracusa e Pozzallo, occu-pare il porto di Siracusa ed ilcampo d’aviazione di Pachinoe, quindi, compiere un primobalzo in avanti sino alla lineaAugusta-Palazzolo Acreide-Ra-gusa. Da questa, poi, dovevaprocedere verso nord in colle-gamento con la 7a Armata.Quest’ultima armata costituivala massa destinata ad integrarel’azione dell’8a Armata britanni-ca e, nello stesso tempo, avevauna missione che si potrebbedefinire di “sicurezza” poiché,dopo avere occupato i campidi aviazione di Biscari e Comiso,doveva proteggere il fianco si-nistro verso Ragusa. Le due ar-mate, quindi, avrebbero proce-duto in intimo collegamentoverso l’ interno dell’ isola, pur

continuando la 7a americana aproteggere da eventuali offe-se, provenienti dalla Sicilia oc-cidentale, il fianco esposto del-l’armata britannica. Il Coman-do del Gruppo disponeva diuna massa di 3426 aerei agli or-dini del Maresciallo dell’AriaTedder della RAF. Un totale di181.000 uomini , suddivis i in115.000 br i tannici e 66.000americani appoggiati da 600carri armati e da 1.800 canno-ni . I l Gruppo disponeva di14.000 automezzi. Il numero deisoldati salirà durante la Cam-pagna fino a 250.000.

L’intero corpo di spedizioneanglo-americano sarebbe sta-to trasportato da 22 convoglisotto la responsabi l i tà del-l’Amm. Cunningham, da cui di-pendevano la flotta statuniten-se del l ’Ammiragl io Hewitt equella britannica del “Mediter-raneo” agli ordini dell’Ammira-glio Ramsay, nonché le forze dicopertura degli Ammiragli Willis

e Harcoun. Le navi ammonta-vano a 2.590, di cui 1.614 ingle-si, 945 statunitensi, 10 olandesi,9 polacche, 7 greche, 4 norve-gesi e 1 belga.

LA DIFESA

Le forze terrestri in Sicilia com-prendevano la 6a Armata agliordini del Generale Alf redoGuzzoni e i l 14° Panzer Korpsgermanico agli ordini del Te-nente Generale Hans-ValentinHube.

I tedeschi prevedevano ungrande sbarco nella parte oc-cidentale dell’isola: la costa,cioè, da Trapani a Marsala eSciacca, mentre i l GeneraleGuzzoni si aspettava lo sbarcoproprio sulla costa sud-orientaletra Gela e Catania.

Lo schieramento delle truppeera previsto per il 9 luglio se-guente: massa principale - XIICorpo di Armata - Divisioni Ao-sta ed Assietta e Divisione blin-data Sizilien tedesca, costituitain tutta fretta con i resti recupe-rati dalla Tunisia - di fronte al li-torale di Trapani-Marsala, traAleano, Calatafimi e Castelve-trano; massa secondaria, il XVICorpo di Armata del quale laDivisione Napoli sparpagliata inaliquote tra Vizzini, Ragusa eSpaccaforno e la Divisione Li-vorno tra Mazzarino, Caltagiro-ne e Grammichele; Comandodi Armata ad Enna che nonaveva alcuna riserva generale.Il Comando aveva preavvisatoi l XVI Corpo di Armata cheavrebbe destinato alla mano-vra la Divisione Livorno e atten-deva la Divisione tedesca blin-

Un momento dello sbarco in Sicilia

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data “Hermann Göring”, prove-niente dalla Francia, della qua-le erano giunti in Sicilia soltantodue Battagl ioni di fanter ia,qualche gruppo di artiglieria eun battaglione con carri “Ti-gre”; il resto della Divisione nongiunse mai in Sicilia; così, pergiustificare la sua esistenza, sicostituì con elementi tratti dallaSizilien un reggimento di grana-tieri, e lo si assegnò all’ultimomomento ad essa.

Anche la Sizilien dipendevadal Comando di Armata, cosìche il XII Corpo finiva per averealle sue dipendenze soltantol’Assietta. Nessuna unità posse-deva automezzi in proprio edanche la fanteria tedesca eraappiedata.

Nessuna efficienza operativaaveva, infine, l’altro elementodella difesa: il Costiero. Nume-roso, ma male armato e inqua-drato, era costituito da sei Divi-

sioni e da due Brigate costieredi elementi anziani dislocate acordone lungo i 1.400 chilome-tri di coste dell’isola; cordoneinvero assai sottile: 36 uomini inmedia per chilometro ed unabatteria ogni 12 chilometri neisettori ritenuti più minacciosi.Esso poteva, di conseguenza,soltanto funzionare come ele-mento di osservazione o di av-vistamento, piuttosto che comeunità atta a contrastare, com-battendo, un grande sbarconemico.

In complesso le forze che di-fendevano la Sicilia assomma-vano a 170.000 italiani e 28.000tedeschi presto portat i a60.000. Meno che nella Livorno,le altre divisioni italiane aveva-no organici ridotti ed artiglieria

ippotrainata e someggiata,nessun carro armato moderno,ma pochi carri Renault ed, intutto, 3 gruppi di artiglieria con-trocarri.

Ciò posto, non è possibile fareun rapporto tra le forze terrestricontrapposte, data l’enorme dif-ferenza quantitativa e qualitativadegli elementi costitutivi. Appros-simativamente, il rapporto si puòdedurre dal raffronto tra gli orga-nici della divisione italiana conquella americana. La prima ave-va una forza di 9.000 uomini, laseconda di 17.000; quella posse-deva 48 pezzi, la statunitense 100;quest’ultima disponeva di 100carri armati e di circa 1.000 auto-mezzi, la nostra di nessuno di talimezzi ed, a 350 pezzi controcar-ro, noi potevamo opporne 36.

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Il Generale Bernard Montgomery, Comandante dell’8a Armata

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Quanto alle forze aeree, avevamo perduto inAfrica 2192 velivoli e la produzione industrialenon copriva il fabbisogno. Conseguentementele forze disponibili per contrastare uno sbarconelle maggiori isole, al 9 luglio, erano costituitedalla 1a e 4a Squadra, della Sardegna e della Si-cilia. Un totale di 40 aerei da bombardamento,di 62 aerosiluranti, di 70 d’assalto, di 225 dacaccia e di 75 da osservazione aerea. A sbarco

iniziato 30 caccia arrivarono dall’Alta Italia. Difronte ai 3.426 aerei alleati le forze dell’Asse era-no ben poche, anche dal punto di vista qualita-tivo. Le violente e continuate offensive aereedel nemico, poi, ridussero con vaste distruzionidi basi e di velivoli a terra in Sicilia e in Calabriale già scarse possibilità.

GENERALI A CONFRONTO

Il sessantaseienne Generale Alfredo Guzzoni,già Governatore dell’Eritrea nel 1936, giunto nel-l’isola nel 1942 come Comandante della 6a Ar-mata era di animo energico e deciso. Subito siavvide che molti soldati di stanza in Sicilia eranoriservisti siciliani, che spesso si allontanavano ar-bitrariamente dai reparti per far visita alle lorofamiglie, tuttavia seppe motivarli e impiegarlinel modo migliore come gli fu riconosciuto dalsuo omologo tedesco. Hans-Valentin Hube,sfuggito all’inferno di Stalingrado, con un solobraccio, era un abile stratega delle truppe co-razzate e, nonostante l’età, pieno di energia.Comandante in Capo delle truppe dell’Assenell’isola guidò le forze di difesa tedesche con-tro l’invasione angloamericana, che si scontra-rono con le truppe corazzate del Generale Pat-ton. Riuscì a trasferirle dalla Sicilia ormai occu-pata, e le piazzò a difesa della città di Salerno.

Nel campo avverso, il Generale Harold Ale-xander fu il Capo del Corpo di spedizione allea-to che sbarcò in Sicilia. Dopo la conquista delNord Africa, ebbe il comando di tutte le forzealleate presenti in Italia ed insieme al GeneraleDwight David Eisenhower concluse l’armistiziocon il Maresciallo Pietro Badoglio, che divenneoperativo e ufficiale l’8 settembre 1943. BernardMontgomery ebbe un ruolo cruciale nella con-troffensiva in Nord Africa contro le forze italo-te-desche che segnò una svolta decisiva delle sortidella Seconda guerra mondiale nel teatro me-diterraneo e, più tardi, fu tra i protagonisti delconflitto in Italia e in Europa. Quando si decisel’Operazione Husky, vennero create due distinteunità operative: una orientale, britannica, chia-mata “Force 545” ed una occidentale, ameri-cana, chiamata “Force 343”. Montgomery, acapo dell’8a Armata inglese, espresse le suepreoccupazioni su questa scelta direttamenteal Quartiere Generale di Algeri. Egli riteneva piùappropriato che gli americani sbarcassero sullacosta meridionale per prendere gli aeroporti erinunciassero allo sbarco a Palermo, perché siaspettava una forte resistenza delle forze del-l’Asse in Sicilia, per cui chiedeva un atterraggioiniziale più forte e più concentrato. Il Generale

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Il Generale Alfredo Guzzoni, Comandante della 6a

Armata

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George Patton riteneva che tale scelta avreb-be relegato le truppe americane ad un ruolo diminore importanza, mentre gli inglesi avrebberocompiuto le imprese maggiori. Grande espertonell’impiego di mezzi corazzati, era dotato diuna solida personalità e di un carattere impulsi-vo e risoluto, che gli valse il soprannome di “Ge-nerale d’acciaio”. Effettuò una impetuosaavanzata verso Trapani e Palermo che venneconquistata il 22 luglio. Di fatto, l’intera SiciliaOccidentale era così tagliata fuori dal resto del-l’isola e tenuta sotto controllo dalla 7a armatastatunitense.

EVENTI

Preceduta da violente azioni aeree durate va-rie settimane, l’invasione iniziò col concorso diparacadutisti e di alianti, mediante sbarchi traLicata e la Maddalena (Siracusa) la notte del 10luglio 1943 (XV Gruppo di Armate: GeneraleAlexander; 7a Armata americana: Generale Pat-ton; 8a Armata britannica: Generale Montgome-ry). La reazione della difesa costiera fu energicama venne sopraffatta: a sera Siracusa venivaoccupata e l’11 cadeva la stessa Augusta (nondifesa perché erano state fatte saltare le operee le grosse artiglierie), mentre gli Alleati giunge-vano nella zona di Ragusa. Controffensive pre-disposte su Gela (Divisioni Livorno e Göring) ePalma di Montechiaro ebbero esito buono;un’altra su Siracusa (Divisione Napoli) fu resa va-na dall’incalzare degli eventi. All’intendimentoitaliano di difendere l’isola ad oltranza si opposeil piano alleato: manovra tendente a puntarecelermente sullo stretto e ad isolare la regioneoccidentale. La resistenza accanita ad Agrigen-to (207a Divisione Costiera) e nella piana di Ca-tania (Divisioni Göring-Livorno) consentì di av-viare gradualmente le forze verso le Madonie egli Erei con una conversione di fianco che rove-sciò il fronte e di trattenere la pressione versoMessina. Al 20 Luglio, due terzi dell’isola eranoperduti e il fronte correva dalle Madonie allapiana di Catania; la pressione continuò e men-tre il nemico immetteva nella lotta nuovi mezzi, ilComando italiano non aveva più riserve (afflui-

rono il 185° Reggimento paracadutisti Nemboed elementi minori).

Dopo accanita resistenza, la sera del 16 cad-de Agrigento e gli Alleati dilagarono verso Ler-cara Friddi e Termini Imerese. Predisposti cinquesuccessivi ripiegamenti su linee convergenti suMessina, che non si ebbe il tempo di rafforzare,il fronte fu rotto il 20 a Lercara Friddi e andò re-

stringendosi verso la cuspide; il 22 fu occupataPalermo; il 5 agosto Catania. I resti delle truppesi ritirarono su Messina, che fu evacuata dalle ul-time retroguardie il mattino del 17. Gli Alleatiavevano effettuato anche modesti sbarchi tatti-ci sulla costa nord per aggirare l’ala destra ita-liana; durante la battaglia aviazione e navi an-gloamericane martellarono incessantementel’isola e le truppe, parte delle quali riuscì co-munque a passare in Calabria.

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Il Generale George Patton, Comandante della 7a Armata

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Eroico il contegno delle Divi-sioni Livorno, Napoli, 206a, 207a

e del la 18a Br igata cost iera.L’invasione costituì modello dioperazione anfibia combinatatra le forze di armate. Gravi leperdite italiane, circa 120.000uomini, tedesche, 40.000, e al-leate 31.138. L’isola subì gravidanni e perdite umane. La suacaduta ebbe ripercussioni cheaccelerarono e in parte provo-carono gli avvenimenti succes-sivi.

RILIEVI ED AMMAESTRAMENTI

L’obiett ivo dell’operazioneanfibia era quello di occuparela Sicilia per farne base aero-terrestre per la successiva inva-sione dell’Italia, catturandonele truppe della difesa. Questogli Al leati s i proponevano diraggiungere con una manovrasulle comunicazioni della dife-sa. Ciò fu raggiunto, quantun-que la manovra, sebbene ra-zionalmente ideata e condottacon mezzi idonei e più che suf-ficienti, per difettosa esecuzio-ne fall ì . La difesa volontaria-mente sgomberò l’isola primache le comunicazioni con i lcontinente cadessero in manoal nemico.

Esitazione e somma prudenzacaratterizzarono tale sviluppoda parte alleata. Le cause daricercare sono molteplici: dal-l’impreparazione tecnica delleforze, addestrate alla guerranel deserto e non a quella inuna regione montagnosa co-me la Sicilia, alla reazione delladifesa che ne contrastò lo svi-luppo, anche se l imitata nel

tempo e nello spazio; alla su-pervalutazione delle forze delladifesa alle difficoltà del terreno.

La lotta in questa grandeoperazione anfibia confermaquanto la storia insegna e cioèche non basta possedere unaschiacciante superiorità quanti-tativa nel rapporto delle forze,come non basta una decisivasuperiorità dell’armamento perassicurare il rapido e felice esi-to di una manovra.

Malgrado gli Alleati possedes-sero indubbiamente l ’una el’altra, operarono offensiva-mente con grande cautela, im-primendo un ritmo notevolmen-te lento alle operazioni così letruppe della difesa ebbero iltempo di sottrarsi alla lotta nel-le migliori condizioni possibili inquella situazione.

Ad est, ove si offrivano all’at-taccante condizioni di facilita-zione veramente inimmaginabi-li, si attese il 1° agosto prima diimpegnare la battaglia decisi-va per la quale le pur sover-chianti forze a disposizione furo-no reputate insufficienti, tantoda far richiamare al GeneraleMontgomery una nuova divisio-ne, la 78°, ancora in Tunisia, edattendere che arrivasse. E’ leci-to chiedersi cosa sarebbe av-venuto dell’offensiva della 8a

Armata se, invece di trovareavanti a sé pochi battaglioni inordine assai sparso, avesse ur-tato nell’intero XVI Corpo di Ar-mata manovrante controffensi-vamente, appoggiato ad un si-stema difensivo organizzato suiMonti Iblei. Le condizioni geo-grafiche della lotta suggeriva-no tale provvedimento. Gli Al-leati si meravigliarono nella loro

avanzata della cifra insignifi-cante di uomini e di armi cheriuscivano a catturare dopoaver soverchiato le resistenzedei ”gruppi mobili” della difesae, questo, è indubbiamentemotivo di lode al valore dei di-fensori. Essi ritenevano persinodi avere di fronte intere divisionicorazzate, come affermavano iloro corrispondenti di guerra.Sfruttamento sapiente del terre-no ed animo deciso alla lottapossono sempre compensare ilrapporto sfavorevole quantita-tivamente e la strapotenza del-le armi.

Come si rileva nei combatti-menti nella regione orientale,anche in quella occidentalel’offensiva degli americani pre-sentò gli stessi caratteri. Se il XIICorpo di Armata poté raggiun-gere la cuspide del messinese,la ragione prima si deve allalentezza dell’avanzata dell’in-vasore, della quale non ultimacausa fu l’impressione moralenegativa generata dalla con-troffensiva italo-tedesca su Ge-la e dalle eroiche difese di Agri-gento e, ad est nella Piana diCatania sul fiume Simeto, delponte di Primosole, preso e ri-preso ben quattro volte.

In conclusione l’esecuzionedella manovra sulle comunica-zioni delle truppe della difesanon corrispose alla bontà ed al-la razionalità della sua conce-zione e ciò non sorprende, per-ché tale discordanza nella sto-ria dell’arte della guerra si ri-scontra assai di frequente.

Non affermò Napoleone che”l’arte della guerra è tutta diesecuzione?”.

Un altro aspetto da sottol i-

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neare è l’assenza nella situazione iniziale di unariserva strategica centrale di forza sufficiente,destinata a rigettare in mare il nemico sbarca-to. La migliore difesa per tutta l’isola non sareb-be potuta essere se non una massa riunita al

centro che poteva essere costituita dal XII Cor-po di Armata, a rinforzo del Gruppo “Livorno”“H. Göring”, anche se le truppe del XII non era-no motorizzate o autotrasportabili.

Malgrado le favorevoli circostanze nelle qualiil nemico si venne a trovare nella fase inizialedello sbarco, bisogna fare una constatazione diindubbia importanza. Vi è sempre in questieventi un intervallo di tempo, insopprimibile perl’invasore, durante il quale è in grave crisi. Que-sto intervallo segna il limite al primo balzo dallacosta verso l’interno; in altre parole, esso impo-ne il fronte di schieramento iniziale del Corposbarcato.

Per chi sbarca, questo intervallo di tempo si ri-

solve in incapacità offensiva; per il difensore, incapacità reagente della massima efficacia.

Un’altra caratteristica è stata l’impiego su lar-ga scala di mezzi anfibi e, si direbbe, a massa,dei mezzi nautici speciali da sbarco. Il punto de-licato per gli Anglo-americani era quello di met-tere a contatto immediato del nemico le pro-prie forze in misura massiccia e in modo da assi-curare alla fanteria, fin dalla fase iniziale dellosbarco, l’appoggio meccanico necessario a su-perare la crisi temuta delle prime ore e dei primigiorni. Di qui una vasta e sorprendente organiz-zazione di mezzi anfibi per il trasporto di carri edi truppe: trasporti piccoli LCM (Landing CraftMotor) e medi LCT (Landing Craft Tank), cheavevano il fondo piatto e un ponte levatoio inmodo da poter giungere bene a riva e consen-tire velocemente e con mezzi propri lo scaricodei carri da 16 t. e anche di quelli da 40 t. cioègli Sherman e i Churchill. I trasporti grandi LST(Landing Ships Transport) erano navi di 3.000 -5.000 t. che portavano un battaglione di fante-ria al completo con tutti i mezzi meccanici, ov-vero 40-60 carri con 250-300 uomini. Perché cosìgrandi operazioni anfibie riuscissero, erano ne-cessarie complesse catene di previsioni e unamirabile cooperazione delle armi di terra, maree aria. Un contrattempo di una qualche portatapoteva avere conseguenze incalcolabili.

Nello sbarco in Sicilia, questi mezzi, in massimaparte dotati di sufficiente autonomia di naviga-zione, costituirono convogli numerosi che daivari punti di partenza (Malta, Lampedusa, Biser-ta, Pantelleria) durante tutta la notte navigaro-no con i rispettivi carichi al completo, superan-do notevoli difficoltà dovute al mare, in quellanotte assai agitato. Presero terra nei vari puntiprefissati, sbarcarono il carico e continuaronoad assolvere il loro compito, effettuando il tra-sbordo degli uomini e dei materiali a terra.

Quest’impiego veniva, così, in due modi a fa-vorire lo sbarco: conferendo la maggiore celeri-tà possibile alle operazioni iniziali, le più delicatee quindi le più aleatorie, e consentendo alle na-vi di mantenersi facilmente a distanza tale dallacosta da non subire, o da subire limitatamente,l’offesa delle armi automatiche dei reparti in di-fesa costiera e delle artiglierie di piccolo calibro.

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Il Generale Hans Valentine Hube, Comandante del14° Panzer Korps

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Si effettuava in tal modo il tra-sbordo dei mezzi e degli uominicon largo margine di sicurezzae veniva reso, per la velocitàdel mezzo, assai meno perico-loso il tragitto dei piroscafi allaspiaggia, evitando il lungo la-voro di costruzione di pontili dicircostanza, che nel passato siera costretti a fare.

La fase veramente critica diuno sbarco, per conseguenza,si raccorciò e fu resa meno ri-schiosa.

Un’altra caratteristica dellosbarco è quella della continui-tà operativa.

L’ampiezza del fronte di sbar-co, combinato con la possibili-tà della continuità operativa,lascia al l ’attacco anche inquesta speciale operazione tut-ta intera l’iniziativa delle opera-zioni e mette, sin dal primo mo-mento, la difesa in condizioni diinferiorità rispetto all’attaccan-te; il quale, appena presa terra,si trova nelle condizioni di pun-tare decisamente sugli obiettivifissati. In tutto il vastissimo fron-te (in Sicilia 160 km), dai puntidi sbarco, colonne miste prov-viste dei relativi mezzi di offesasi spinsero avanti rapidamente,senza riguardi nè limitazioni do-vuti alla necessità di un colle-gamento rigido e meticoloso.

Si presentò un fascio di colon-ne procedenti dalla spiaggia aisingoli obiettivi, agenti in coo-perazione più o meno stretta ediretta oppure con una certaindipendenza. Con la sua azio-ne, un simile complesso in movi-mento dà luogo a azioni dicombattimenti di entità ed im-portanza varia, che, nell’insie-me, costituiscono la battaglia

di rottura del dispositivo delladifesa. Questa potrebbe anchetrasformarsi, in condizioni favo-revoli, in una battaglia di an-nientamento. La molteplicitàdelle direttrici di pressione ren-de anche assai difficile e im-prevedibile l’azione delle unitàcostiere che, costituendo untenue schieramento a cordo-ne, (a meno che non si organiz-zi tale difesa con potenti mezzifortificatori e preparati in tem-po, cosa quasi impossibile vistala lunghezza delle coste) attac-cate da forze soverchianti, fini-scono per essere travolte facil-mente e rapidamente.

Contro i grandi sbarchi, l’uni-ca azione redditizia e con ca-rattere decisivo è la battagliadelle forze mobili della difesariunite nel campo strategico edoperanti a massa in quello tatti-co. Un’azione, quindi, eminen-temente offensiva, a fondo,con tutte le forze e condottaquanto più sol lecitamente èpossibile durante la fase inizialedello sbarco.

Evidentemente il settore piùimportante per la direttrice del-la controffensiva e, per conse-guenza, i l più pericoloso perl’invasore, è quello nel quale sitrova il porto (o i porti) che chisbarca intende usare per l’ap-poggio principale dello sbarco.

Un’altra importante caratteri-stica emerge dalle operazioniin Sicilia: la difesa passiva, an-che condotta con procedi-menti offensivi, è condannataad essere sopraffatta. È, que-sta, la conferma di un insegna-mento antico quanto la guerrastessa. L’offensiva dopo lo sbar-co esige per contropartita una

condotta dinamica da partedel la difesa. Questa non hache un solo mezzo per condur-la: la riserva o massa di mano-vra. Ora, se questa si immobiliz-za su un fronte, sia pure orga-nizzato a difesa; se non può onon spera di ricevere aiuti talida riprendere con essi la con-troffensiva, il problema operati-vo che deve risolvere non trovala soluzione logica, che consi-ste, poi, nella battaglia decisi-va, condotta a fondo, conestremo vigore. Ma questa bat-taglia per la difesa non è possi-bile e non è redditizia, è beneripeterlo, che entro la fase ini-ziale dello sbarco. Dopo non viè altra scelta che la manovrain ritirata; se una ritirata è possi-bile, come è stata quella mira-bilmente condotta in Sicilia. In-fatti, con tale azione, gran par-te delle forze italo-tedeschepoterono attraversare lo strettodi Messina.

BIBLIOGRAFIA

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La Resistenza dei tedeschi al regime cri-minale nazionalsocialista è un fatto ac-certato dalla storia, ma poco accettato

dall’immaginario collettivo che tende a consi-derare la gran parte del popolo tedesco con-nivente con esso. Non fu affatto così. Molti si ri-bellarono e pagarono con la vita il rifiuto dellaloro coscienza verso la barbarie nazista. Espo-nenti del mondo politico (sopratutto dei partiticomunista e socialista), studentesco (in primisgli appartenenti all’organizzazione giovanileWeiße Rose – Rosa Bianca), religioso (il pastoreprotestante Dietrich Bonhoeffer e il sacerdotegesuita Padre Rupert Mayer ma anche il ve-scovo cattolico di Münster Clemens von Galendetto “il leone di Münster”), civile (il circolopolitico Kreisauer Kreis che faceva capo algiovane Helmuth James von Moltke, discen-dente del leggendario feldmaresciallo tedescoHelmuth von Moltke il vecchio) e, infine, milita-re, si opposero coraggiosamente al nazismopagando, per la stragrande maggioranza, conla vita questa loro scelta. Agirono tutti per lopiù isolatamente e questo ne ridimensionòmolto l’effetto ma non ne diminuisce l’impor-tanza storica. Tra gli oppositori, i militari furonoquelli che forse più tardi capirono in quale ba-ratro stava dirigendosi la Germania hitleriana,ma senz’altro furono quelli più vicini a salvarladal disastro irreparabile con la pianificazione

e l’esecuzione del colpo di stato e dell’atten-tato a Hitler il 20 luglio 1944 (nome in codice“Operazione Valchiria”). Questa data oggi as-sume per la storia tedesca un valore indiscuti-

LA RESISTENZA MILITARE TEDESCALA RESISTENZA MILITARE TEDESCAAL NAZIONALSOCIALISMOAL NAZIONALSOCIALISMO

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del Tenente Colonnello Franco Di Santoin servizio presso Führungsakademie der Bundeswehr, Amburgo

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In ultimo, responsabili solo di fronte alla propria coscienza, i soldati membri della Resistenza si sono pre-servati, fino alle estreme conseguenze, rispetto all´ingiustizia e ai crimini del violento dominio nazional-socialista (Decreto ministeriale del 1.7.1965 “Tradizioni della Bundeswehr“)

Claus Schenk Graf von Stauffenberg

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bile, a r icordo di quei pochiche cercarono, con il loro sa-crificio personale, di salvare ildestino di molti. A testimoniareil legame tra questa data rap-presentativa e la Bundeswehr,in questo giorno ogni anno uncontingente di reclute giurafedeltà al la Repubbl ica nelpiazzale davanti al Parlamen-

to federale (Bundestag).Subito dopo la sua ascesa al

potere, i l 30 gennaio 1933,Adolf Hitler cercò di conqui-s tars i le s impat ie del la Rei -chswehr ( l’Esercito della Re-pubblica di Weimar), coscien-te che, senza il suo importanteapporto, nessuna polit ica dirinnovata potenza della Ger-mania sarebbe stata possibile.Il riarmo, la leva militare obbli-gatoria, la lotta alle correntipacifiste della società tedescae la radicale revisione del Trat-tato di Versailles promesse da

Hitler, incontravano l’approva-zione della maggioranza degliUfficiali della Reichswehr. La“notte dei lunghi coltelli”, ov-vero l’assassinio dei capi delleSA (Sturm Abteilung - repartodi assalto - formazione parami-litare nazista) nella notte del30 giugno 1934, non fu con-dannata dalla gran parte dei

vert ici del la Reichswehr poi-che quest i u l t imi vedevanonelle SA un pericoloso concor-rente. Gl i assass ini i , durantequesta tragica notte, dei Ge-neral i Kurt von Schleicher eFerdinand von Bredow (decisioppositori di Hitler) furono con-siderati “danni collaterali” an-che se permisero ad alcuni Uf-ficiali di aprire gli occhi sullanatura cr iminale del regimenaz i s ta. Con i l r ia rmo del laGermania e la rioccupazionedella Renania del 1935 appar-ve sempre più chiaro che Hi-

tler stava portando la Germa-nia verso una guerra nei con-fronti della quale le Forze Ar-mate tedesche, seppur in fortetrasformazione, non erano pre-parate.

L’iniziatore dell’opposizionedei militari a Hitler fu il Gene-ra le Ludwig Beck. Nato ne l1880, all’età di 18 anni si ar-ruolò come Aspirante Ufficialenell’Esercito imperiale, parte-c ipando poi a l la GrandeGuerra. Transitato nel la Rei-chswehr, fu nominato nel 1933capo del Truppenamt (lo Sta-to Maggiore della Reichswehr)e nel 1935 Capo di Stato Mag-giore dell’Esercito. Conserva-tore ma non nazista, Beck al-l ’ in iz io cercò di oppors i al lapol i t ica aggress iva di H i t lerf renandone l ’ in i z iat iva permezzo delle proprie prerogati-ve come Capo di Stato Mag-giore. In seguito, Beck comin-ciò a pensare ad un vero eproprio colpo di stato, serven-dosi di un gruppo di Ufficiali alui fedeli. Il 18 agosto 1938, inpiena cr is i dei Sudeti (Hit lervoleva annettere alla Germa-nia questa regione di confinececoslovacca abitata da unamaggioranza tedesca), il Ge-nerale Ludwig Beck si dimise,senza però rinunciare ai suoipropositi di rovesciare Hitler.Infatti l’attività cospirativa diBeck prese nuovo vigore le-gandosi a colui che è consi-derato il capo della Resistenzacivi le al nazismo, l’ex Borgo-mastro di Lipsia Karl Gördeler.

Accanto al Generale LudwigBeck occorre segnalare un’al-tra figura di spicco della cer-chia militare ostile ad Adolf Hi-

Ludwig Beck

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t le r : i l Generale Kur t von Hammerste in –Equord, l’ultimo capo della Reichswehr, co-stretto alle dimissioni il 31 gennaio 1934 proprioa causa della sua nota avversione al nazismo.Anche da pensionato i l Generale Hammer-stein, che veniva definito dai suoi avversari Derrote General (il Generale rosso) non smise maidi critare il nazismo, legandosi a figure eminen-ti della Resistenza come Carl Friedrich Görde-ler. Morì a Berlino il 25 aprile 1943 e non ebbequindi alcun ruolo nella cospirazione del 20 lu-glio 1944 alla quale invece presero parte duesuoi figli, Kunrat e Ludwig.

Alla fine degli anni ‘30, altri giovani Ufficialinello Stato Maggiore dell’Esercito, nei coman-di territoriali e persino nel Comando Supremodelle Forze Armate, premevano perchè i rispet-tivi superiori prendessero coscienza del peg-gioramento della situazione e agissero di con-seguenza. Nel Controspionaggio (Abwehr),guidato dall’energico Ammiraglio Wilhelm Ca-naris, i l Generale Hans Oster era particolar-mente attivo nel pianificare la caduta di Hitlere del suo Regime. Oster curava poi in modoparticolare i suoi rapporti con persone fidate

del Ministero degli Esteri tedesco, convinto del-la necessità di un sostegno internazionale allecospirazioni della Resistenza.

In tale contesto, Hans Oster cercò anzituttodi sollecitare, nella seconda metà degli anni‘30, una forte presa di posizione dei britannicicontro la politica aggressiva di Hitler, ma nonci riuscì. È di tutta evidenza che proprio questaricerca di un riconoscimento/supporto interna-zionale esponeva i membri della Resistenza al-la grave infamia di tradimento a favore delnemico, accusa agli occhi dei più ancor peg-giore di quella della cospirazione politica. IlGenerale Beck conosceva e sosteneva i tenta-tivi di Oster e, da parte sua, cercò addiritturadi convincere l’alta dirigenza della Wehrmachta presentare in massa le dimissioni per “inde-bolire” la potenza militare tedesca, ma pur-troppo il suo tentativo cadde nel vuoto. Beck

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Henning von Tresckow

Kurt von Hammerstein

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e Oster pianificarono anche la deposizione diHitler ai tempi della crisi dei Sudeti ma il suc-cesso politico di quest’ultimo alla conferenzainternazionale di Monaco nel settembre 1938,in cui le potenze europee (Francia, Italia, Ger-mania e Regno Unito) riconobbero le pretesetedesche nei confronti della Cecoslovacchia,rese il colpo di stato impossibile.

I resistenti erano ben consapevoli che l’at-tacco alla Polonia il 1° settembre 1939 avreb-be scatenato la Seconda guerra mondiale siaperchè questa aggressione era propedeuticaper i tedeschi all’invasione dell’Unione Sovieti-ca, vero obiettivo strategico di Hitler, sia per-chè sapevano che i br i tannici e i f rancesiavrebbero dichiarato guerra alla Germania.

A questi tempi risale il tentativo del Capo diStato Maggiore dell’Esercito tedesco, Genera-le Franz Halder, di convincere il comandantein capo dell’Esercito, Generale Walther vonBrauchitsch, a deporre Hitler, tentativo che in-contrò però un rifiuto. Non bisogna mai dimen-t icare che tut t i g l i appartenent i a l la We-hrmacht avevano prestato un giuramento allapersona di Hitler e quindi un grande e sentitoostacolo di ordine morale si frapponeva adogni tentativo di coinvolgere i militari nella co-spirazione. Agli inizi, come già detto, eranopiuttosto i giovani Ufficiali a spingere per unazione di forza contro il regime nazista: le atro-ci esperienze fatte con il trattamento assoluta-mente criminale riservato ai polacchi e agliebrei convinse definitivamente molti Ufficialidella Wehrmacht che la guerra aveva persoogni giustificazione morale e patriottica per ri-velarsi solo come conflitto aggressivo e repres-sivo. Questa impressione venne confermatadalle successive campagne di Francia, Norve-gia, Danimarca, Jugoslavia , Grecia e, sopra-tutto, Russia.

Un ruolo di particolare rivelanza assunse sem-pre più il giovane Generale Henning von Tre-sckow, vero motore della Resistenza più con-vinta e, soprattutto, dotato di un notevole se-guito tra i giovani Ufficiali (tra questi, suo cugi-no Fabian von Schlabrendorff che cercò di as-sassinare Hitler sul volo di ritorno da una visitain Russia con dell’esplosivo nascosto in due

bottiglie di Cognac) nonchè in stretti rapporti(talvolta anche di parentela) con le più altegerarchie militari tedesche. Tresckow riuscì aconvincere più di uno della sua intima cerchiaa tentare l’eliminazione fisica di Hitler (se necontano almeno due che fallirono per merasfortuna o circostanze impreviste) ma alla fine,

con il determinante aiuto del coraggioso Co-lonnello Claus Schenk Graf von Stauffenberg,Capo di Stato Maggiore del comando del-l’Esercito territoriale, riuscì ad organizzare l’at-tentato alla vita di Hitler del 20 luglio 1944 e ilconseguente colpo di stato.

Discendente da una delle più nobili famigliedella Germania meridionale e uomo dotato dinon comune cultura ed eleganza, Stauffen-berg entrò nella Reichswehr nel 1926 come Uf-ficiale di cavalleria. Percorse tutta la carriera

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Walther von Seydlitz – Kurzbach

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fino a diventare Capo di Stato Maggiore del-l’Esercito territoriale (Ersatzheer) dopo esserestato gravemente ferito in Nordafrica nell’apri-le 1943 (perse l’occhio sinistro e la mano de-stra). Il colpo di stato fallì per la sopravvivenzadi Hitler all’attentato organizzato dal Colonnel-lo Stauffenberg (che fece scoppiare una bom-ba durante una conferenza militare presso ilQuartier Generale) ma anche per i tentenna-menti di alcuni congiurati o presunti tali (il Fel-dmaresciallo Günther von Kluge e il GeneraleFriedrich Fromm tra questi). La vendetta nazistafu feroce e assoluta: pochi congiurati sfuggiro-no alla persecuzione e all’assassinio. Claus vonStauffenberg venne fucilato la sera stessa del20 lugl io nel cort i le del Bendlerblock, sededell’Esercito territoriale. Lo stesso giorno,all’in-terno del Bendlerblock, Ludwig Beck tentò ilsuicidio e fu finito da un Sottufficiale.

Henning von Tresckow si suicidò pochi giornidopo in una foresta sul fronte orientale. Le fa-miglie dei congiurati vennero tutte internate epoterono ritrovare la libertà solo nel maggio1945. Oggi tutte le vittime della crudele rap-presaglia sono ricordate nel Memoriale di Plöt-zensee vicino Berlino, luogo dove avvennero leesecuzioni per impiccagione dei partecipantial fallito attentato. A Berlino, nel Blenderblock,teatro dei drammatici eventi del 20 luglio 1944,sorge oggi un Memoriale (Die GedenkstätteDeutscher Widerstand) dedicato alla resistenzatedesca al nazionalsocialismo. Infine, la Bun-deswehr, a sottolineare il legame ideale con imartiri civili e militari della Resistenza a Hitler,svolge ogni 20 luglio la cerimonia del giura-mento solenne dei suoi nuovi soldati.

Un accenno particolare merita, in questocontesto, la storia del Bund Deutscher Offiziere(BdO), un’associazione di Ufficiali, per lo piùGenerali, catturati dai sovietici a Stalingrado,che nell’estate del 1943 si riunirono per dar vi-ta ad un movimento di opposizione militare alnazismo sotto il controllo delle autorità sovieti-che.

Nato all’inizio in netto distacco rispetto almovimento di opposizione politica Nationalko-mitee Freies Deutschland (NKFD) che racco-glieva sia politici comunisti tedeschi che pri-

gionieri di guerra dei sovietici, venne più tardiassorbito da quest’ultimo (uno degli esponentidi punta del NKFD e del BdO fu il Generale del-la Wehrmacht Vincenz Müller, nel dopoguerrauno dei fondatori della Nationale Volksarmeedella Repubblica Democratica tedesca).

Gli Ufficiali del BdO, guidati dal GeneraleWalther von Seydlitz – Kurzbach (condannatoa morte in Germania in contumacia nel 1944,che ebbe la condanna annullata nel 1956), siconsideravano traditi da Hitler per la guerraormai perduta e si decisero a collaborare con isovietici per la sconfitta del nazismo. Dopol’attentato ad Hitler del 20 luglio 1944 anche ilFeldmaresciallo Friedrich Paulus, comandantedella 6a Armata a Stalingrado, aderì al BdO,ma ormai era troppo tardi. I sovietici, datol’andamento vittorioso della guerra, perseroogni interesse e il BdO e il NKFD vennero scioltiper ordine di Stalin nel novembre 1945.

Il giudizio sul BdO, a lungo controverso, si èrecentemente orientato ad un pieno riconosci-mento del ruolo nell’ambito della Resistenza alnazismo (sancito dal discorso del presidentedel Bundestag Wolfgang Thierse i l 20 lugl io2000).

BIBLIOGRAFIA

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Negli ultimi tempi in politica spesso si senteparlare di pericoli di dittature nel nostroPaese. A volte evidentemente si esagera-

no parecchio i toni, ma questo dibattito può esse-re un’occasione di riflessione storica. Come nascequindi una dittatura e soprattutto come è nato inItalia il fascismo? Perché altri Paesi a noi vicinisembrano immuni da questi pericoli, almeno sen-tendo la stampa e gli opinionisti di casa nostra?Partendo da queste domande ho voluto analizzare

il periodo cruciale del primo dopoguerra in Euro-pa, quando sorsero appunto i regimi totalitari. Horitenuto utile strutturare questo breve saggio comeun confronto tra le due tradizionali democrazie diFrancia e Gran Bretagna rispetto a Italia e Germa-nia dove si istaurarono dittature di destra.

L’EUROPA NEL PRIMO DOPOGUERRAL’EUROPA NEL PRIMO DOPOGUERRACONSIDERAZIONI SULL’ASCESA DELLA DITTATURA INCONSIDERAZIONI SULL’ASCESA DELLA DITTATURA IN

ITALIA E GERMANIA RISPETTO A FRANCIA E INGHILTERRAITALIA E GERMANIA RISPETTO A FRANCIA E INGHILTERRA

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del Dottor Michele Angelini

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Illustrazione che raffigura Mussolini davanti al Re VittorioEmanuele III, che gli affiderà all’indomani della marciasu Roma, nell’ottobre del 1922, l’incarico di formare unnuovo governo

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I motivi per cui nella nostra pa-tria e in Germania la democrazianon riuscì a sopravvivere al primodopoguerra, mentre vi riuscì inFrancia ed in Inghilterra, sonodovuti a ragioni storiche e sociali.In queste ultime per secoli vi erastata coesione nazionale e unforte sentimento di appartenen-za (aumentato alla fine del XIXsecolo con il colonialismo ed ilnazionalismo); in Italia ed in Ger-mania la situazione era ben dif-ferente visto che i due Paesi sierano costituiti da neppure unsecolo. Probabilmente le diversespinte regionalistiche di questedue nazioni avevano bisogno diessere neutralizzate da parte diun apparato statale autoritario:da qui il sorgere del nazismo efascismo. Alla prima difficoltà,per le nuove istituzioni dei duegiovani Stati la situazione precipi-tò verso regimi totalitari che sep-pero sfruttare le circostanze delmomento.

I transalpini già dal 1871 aveva-no una Repubblica. La Franciaera stata la patria di ben tre rivo-luzioni (1) e di una “Comune”,dunque vi era una forte coscien-za democratica e la politica eravissuta in maniera attiva ed inte-ressata dalla popolazione.

Lo stesso discorso si può fareper la Gran Bretagna che, puravendo una monarchia, già dalmedioevo l’aveva resa costitu-zionale (la Magna Charta Liber-tatum, concessa nel 1215 da ReGiovanni Senzaterra ai suoi feu-datari, è il primo esempio nellastoria di carta costituzionale incui un sovrano limita il propriopotere assoluto sottomettendosialle leggi). 500 anni dopo, i colo-ni inglesi d’America stabiliranno il

principio, acquisito poi in tuttol’Occidente della «No taxationwithout representation». Il poteredi imporre tributi alla comunitàera così attribuito esclusivamen-te all’assemblea legislativa, cherappresentava appunto il popo-lo. Veniva così posto un freno al-la monarchia e all’esecutivo ingenerale. Da qui discende an-che l’importanza di scegliere be-ne i propri portavoce, di cono-scere i loro programmi e idee. Lastessa Rivoluzione francese iniziòcon la giusta pretesa del TerzoStato di indire l’Assemblea dei trediversi ordini sociali per delibera-re sulle nuove tasse proposte dalRe (2). Tornando alla “perfida Al-bione”, a conferma del grandeinteresse di tutto il suo popolonegli affari statali, giova ricorda-re che fu la patria del movimen-to delle “suffragette” (3). Anchein Inghilterra come in Francia icontrasti tra borghesi e aristocra-tici erano sfociati in una guerracivile sanguinosa nel XVII secolo,evento luttuoso ma che ben di-mostra l’interesse ed il fermentosociale rispetto alla politica.

Regno Unito e Francia uscironodalla Prima guerra mondiale co-me nazioni vincitrici, anche seavevano subito gravi danni eperduto molto denaro (tanto daindebitarsi fortemente con gliUSA), ma in compenso acquista-rono un grande prestigio interna-zionale e le colonie tedesche.

Germania e Italia uscirono dal-la grande guerra molto più dan-neggiate ed in difficoltà rispettoalle nazioni sassoni.

La nostra Patria aveva ancoraun’industria meno sviluppata ri-spetto alle altre potenze vincitricied ebbe grandi difficoltà di ri-

conversione dei prodotti bellici inquelli normali di consumo. Vi eraanche un grave problema socia-le: infatti tutti i soldati che aveva-no combattuto per il Belpaeseora non avevano più un lavoro epretendevano le terre e gli im-pieghi promessi dal governo du-rante il conflitto.

In questa crisi economico-so-ciale nacquero anche i grandipartiti di massa come il PartitoPopolare (1919) e quello Comu-nista (1921) che avrebbero gui-dato grandi numeri di cittadininelle rivendicazioni sociali e negliscioperi. I primi due anni del do-poguerra furono detti ”rossi” perindicare la frequenza di agitazio-ni e di scioperi avvenuti in queldifficile periodo. Giolitti, alloracapo del governo, cercò di me-diare tra i socialisti ed i grandiborghesi lasciando però insoddi-sfatte entrambe le parti. Il Presi-dente del Consiglio dovette poirisolvere anche il problema delleimposte: se tassare i beni di lussodei più abbienti (che grazie allaguerra si erano arricchiti notevol-mente) o aumentare il prezzopolitico del pane, tenuto bassoper permettere anche ai più po-veri di mangiare. Giolitti decise dicolpire i beni di lusso e per que-sto il suo esecutivo cadde.

La piccola e la media borghe-sia inoltre non si sentivano tutela-te da uno Stato in cui i liberalierano poco organizzati e semprepiù messi in crisi dai grandi partitidi massa; dal 1921, poi, con lafondazione del partito comunistasi temeva concretamente una ri-voluzione di tipo bolscevico.

Le classi medie credevano diessere più protette dal fascismo,movimento nato nel ‘19 e due

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anni dopo organizzatosi in partito rappresentato inparlamento. I fascisti con il loro programma di SanSepolcro parevano garantire sicurezza, stabilità,benessere economico per tutti e con i loro metodiviolenti apparivano come efficace baluardo di di-fesa e di reazione al comunismo. Dapprima il fa-scismo fu visto di buon occhio anche dai gover-

nanti, che ritennero di poterlo usare come difesadagli influssi sovietici per poi scioglierlo o control-larlo facilmente.

Non fu così però, perché le camicie nere, sfrut-tando il malcontento popolare, la voglia di cam-biare (ma non così profondamente come auspi-cavano i comunisti) e l’incapacità dei partiti al po-

tere, riuscirono a salire al governo nel 1922. A po-co a poco, con la violenza e la propaganda, Mus-solini e i suoi seguaci poterono trasformare lo statoliberale italiano in un regime. Cavalcando anche ilmito della “vittoria mutilata”, gli squadristi si dipin-sero come i fautori della rinascita della potenzaitaliana sul modello dell’antica Roma a fronte del-le vecchie classi dirigenti considerate causa delmancato prestigio internazionale del Paese.

Avvenimenti analoghi successero in Germania,che viveva una situazione ancora più drammati-ca. Oltre a dover pagare pesanti debiti di guerra,aveva perso anche alcuni territori importanti eco-nomicamente (le colonie, l’Alsazia e la Lorenacon le loro miniere e il bacino industriale della Saarper 15 anni). In Germania vi era una fortissima in-flazione e disoccupazione che rendevano instabi-le la situazione politica. In questa nazione vi eranosempre stati regimi monarchici autoritari e per laprima volta dopo la Grande Guerra vi era un regi-me democratico e repubblicano (Repubblica diWeimar). Anche al suo interno vi erano divisioniper cui le decisioni politiche non erano rapide, de-cise e date da una forte maggioranza, come sa-rebbe stato necessario in quella situazione. Nel go-verno di Weimar vi erano, infatti, socialdemocrati-ci, liberali, ma anche aristocratici latifondisti (jun-kers) e caste militari che mal si sposavano con inuovi ordinamenti dato il loro legame con l’etàguglielmina.

Negli anni dopo la guerra ci furono vari colpi distato tentati sia da forze di destra sia di sinistra (an-che Hitler nel’ 23 tentò un colpo di stato a Mona-co) ma furono tutti fermati.

Dopo una lenta ripresa economica nella secon-da metà degli anni Venti (grazie al piano Dawes eagli accordi di Locarno nel 1924) la situazionesembrava stesse stabilizzandosi. Con il crollo diWall Street nel ‘29 però la Germania risprofondònella crisi più totale. In quel frangente seppero im-porsi i nazisti che acquistarono sempre più consen-si fino all’ascesa al potere nel 1933. I nazionalso-cialisti, come i fascisti, seppero sfruttare le debo-lezze del governo e si fecero portavoce di unapromessa di rinascita politica ed economica. Hitlerpoi sfruttò il fattore orgoglio nazionale tanto caroai tedeschi umiliati dopo la pace di Versailles e rin-focolò l’antisemitismo esistente da secoli in Prussia.

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Adolf Hitler prima del suo tentativo di colpo di stato aMonaco nel 1923. In quell’occasione fu arrestato edincarcerato. Dieci anni dopo salirà al potere con li-bere elezioni

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I nazisti, individuando nell’ebreo la causa di tutti imali, davano l’idea di poter risolvere ogni proble-ma eliminando tutti gli israeliti e per questo ebbe-ro un grande seguito non solo in Germania.

Le forze di destra tedesche e italiane approfitta-rono della mancanza di tradizione democraticaoltre che della “gioventù” delle istituzioni nei rispet-tivi Paesi: infatti le masse non erano abituate allapartecipazione politica (4) non sapendo nemme-no bene cosa fosse. Di conseguenza fu facile conla violenza e la propaganda ossessiva indirizzare lapopolazione a favore dei regimi. In Italia il suffra-gio universale maschile era stato istituito da pocoe il livello culturale era nettamente inferiore alle al-tre potenze europee; ignoranza, superstizione e isoprusi fascisti portarono nel 1923 ad un vero ple-biscito a favore di Mussolini e dei suoi. Da rilevareanche il notevole influsso esercitato dalla Chiesacattolica nei nostri compatrioti credenti di allora. Ilpericolo del comunismo ateo era la priorità dacombattere per il Vaticano, per cui rispetto ad es-so venivano preferiti i fascisti.

In Inghilterra e Francia ciò non accadde perchèerano Paesi unitari da secoli, dove il popolo parte-cipava criticamente alla vi-ta pubblica. Anch’esse vis-sero momenti di instabilitàpolitica ma riuscirono a fron-teggiare la situazione conci-liando la democrazia con lanecessaria autorità chel’epoca richiedeva. I gover-ni liberal-democratici si di-mostrarono capaci d’impor-si pur senza svilire il ruolo delParlamento grazie alla lorotradizione liberale, alla pre-senza di ceti medi influentied ai margini di manovraeconomica consentiti daipossedimenti coloniali. Neldopoguerra i governi di que-ste due potenze seppero or-ganizzarsi facendo dei“blocchi nazionali” ovverodegli esecutivi in cui tutti ipartiti (o quasi), rinunciandoai particolarismi ideologici,

appoggiavano la maggioranza per il bene delloStato. Inoltre le compagini governative di GranBretagna e Francia riuscirono a mantenere la cal-ma sociale concedendo benefici sia ai proletarisia ai borghesi (dimostrandosi più talentuose rispet-to agli inesperti colleghi italiani e tedeschi).

Oltralpe dopo la guerra si riuscì ad avviare la ri-conversione con una eccezionale crescita del set-tore secondario negli anni Venti, perché furono in-centivati investimenti, ammodernamenti tecnici econcentrazioni aziendali nei nuovi settori emer-genti come quelli dell’auto o della raffinazione delpetrolio. L’agricoltura però rimase sempre pocoproduttiva. La scena politica francese era instabi-le, con i sostenitori di destra che accusavano le si-nistre di incapacità a governare (5) e rivendicava-no un governo forte ed autoritario; questi ultimiall’esecutivo riuscirono a arginare l’inflazione ed ildebito pubblico ma la crisi del ‘29 e scandali fi-nanziari portarono alla caduta del governo con-servatore e a vari scontri di piazza. Questi avveni-menti insieme con la preoccupante ascesa delnazismo in Germania indussero le sinistre francesiall’unione, invitando all’alleanza i radicali e tutte

le forze borghesi antifasciste.La svolta nacque dal partitocomunista, che smise dicontrapporsi ai socialistiunendosi ad essi in una coa-lizione. Nel 1936 si venne acreare il cosiddetto Frontpopulaire (che vinse quel-l’anno le elezioni) al qualeaderirono oltre alle sinistreanche i moderati nella lottacomune al fascismo. LéonBlum fu nominato presidentedel Consiglio e dovette subi-to affrontare gli scioperi dimassa dei proletari con le lo-ro rivendicazioni sindacali.Egli mediò abilmente ricono-scendo agli operai un au-mento dei salari, la limitazio-ne dell’orario di lavoro a 40ore settimanali e quindicigiorni di ferie annuali retribui-te. In tale maniera anche le

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Benito Mussolini durante un comizio nel 1925

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classi lavoratrici ottennero benefici, oltre agli indu-striali che già erano stati aiutati durante la fase diriconversione dell’apparato produttivo.

In Inghilterra si assistette ad un alternarsi al go-verno tra laburisti e conservatori (con una preva-lenza di questi ultimi, appoggiati dai nobili e dalleclassi medie). Entrambe le fazioni cercarono di raf-forzare la potenza finanziaria della nazione piutto-sto che l’industria, attuando una politica deflattivadella sterlina. Questa mossa, a posteriori, si rivelòsbagliata perché causò una diminuzione delleesportazioni ed una crescente erosione delle riser-ve auree della corona (dato che sempre più ope-ratori chiedevano la conversione della sterlina inoro, ritenendola troppo sopravvalutata), tanto

che nel settembre del 1931 il governo inglese ri-nunciò alla convertibilità sterlina-oro, cosicchè difatto la moneta nazionale perse valore del 40% inpochi mesi.

La svalutazione favorì la ripresa delle esportazio-ni; di conseguenza tornarono grandi capitali chepermisero alle banche di effettuare prestiti alle im-

prese in difficoltà. Si rafforzarono le barriere doga-nali con l’estero mentre si introdussero tariffe pre-ferenziali con le colonie. La Gran Bretagna conob-be quindi un periodo di crescita importante nellaseconda metà degli anni Trenta con dimezzamen-to della disoccupazione e parallelo aumento deiconsumi di massa che favorì le nascenti produzionidei settori elettrico, chimico e automobilistico. Neiconfronti delle classi meno abbienti, sia i sindacatiche il partito laburista assunsero un comportamen-to moderato oltre che ragionevole e, facilitati dal-la favorevole congiuntura economica, attuaronouna politica di miglioramento dei salari oltre chedella legislazione sociale (assicurazioni contro ladisoccupazione, settimana di ferie pagate, ecc.)accontentando in tale maniera i proletari, di natu-ra poco propensi alle ideologie estremiste sia didestra che di sinistra (6).

Oltre alla secolare unità nazionale e alla parteci-pazione politica, le due nazioni separate dallaManica potevano contare, come già accennatosopra, su una forte borghesia, in Francia di tipoagricolo e amministrativo, in Inghilterra di tipo in-dustriale. In questi due Stati i borghesi avevano unforte peso politico ed erano in continua ascesa;essi non avevano bisogno di essere protetti dal co-munismo perché l’apparato pubblico, governatoda essi stessi, bastava a tutelarli. La borghesia inFrancia era salita alla ribalta proprio nel 1789 conla prima Rivoluzione e poi (dopo la parentesi diNapoleone - che riuscì a controllarla e a tenerla indisparte creando una casta militare e famigliareai suoi ordini - e della Restaurazione) riuscì a torna-re al potere prima nel 1830 e poi ancora dopo lacaduta definitiva di Napoleone III.

Nel Regno Unito i borghesi, dopo la RivoluzioneIndustriale, alla fine del XVIII secolo divennero lacolonna portante dell’economia nazionale e con-dizionarono anche la politica estera negli anni se-guenti in base alle loro esigenze commerciali.

In Germania e Italia la classe borghese non eracosì sviluppata e così importante (7). Nel nostroPaese l’arretratezza economica aveva impeditoal ceto medio di espandersi e di salire autorevol-mente al potere in Parlamento con partiti organiz-zati. Infatti i liberali e la destra in generale nonavevano una coesione ed una organizzazione co-me socialisti, comunisti e popolari.

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Foto del 1933 che raffigura il neo cancelliere Hitler as-sieme al Presidente della repubblica di Weimar, il Ge-nerale Hindemburg, ultimo rappresentante dellaaristocrazia militare prussiana e delle istituzioni demo-cratiche prima del regime nazista

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Nella Prussia guglielmina laclasse borghese sin dai tempi diBismark era stata esclusa da ognitipo di attività politica e nella Re-pubblica di Weimar non era riu-scita ad adattarsi al nuovo ruoloa causa anche della difficile si-tuazione generale.

I borghesi italiani e tedeschiappoggiarono fascisti e nazistiperché pensarono in tal modo diottenere protezione oltre che daicomunisti, come già detto prima,anche dai grandi industriali, fi-nanzieri e latifondisti. Le dittaturetradirono le aspettative di questiceti medio-bassi varando riformeche favorirono le classi più ab-bienti.

Vorrei chiudere facendo una ri-flessione sulle carte costituzionali.In Inghilterra vige da sempre il si-stema di Common law, basatasul precedente giudiziario, per cuiil rispetto delle istituzioni è diven-tato nei secoli una vera fontenormativa. Non è mai stata av-vertita l’esigenza di dare una Co-stituzione scritta al Paese d’Oltre-manica perché non c’è mai sta-to il bisogno di difendere e ribadi-re con forza i principi democraticigià sentiti da tutti i cittadini (8).

In Francia invece ci sono statevarie costituzioni più o meno de-mocratiche a seconda dellamaggioranza al potere. Dopoogni periodo importante dellastoria dei nostri cugini d’oltralpeessi hanno voluto riscrivere i prin-cipi su cui basavano la convi-venza e l’ordine democratico.Una carta fondamentale di que-sto tipo in effetti rappresenta unforte baluardo contro chi la vo-glia modificare unilateralmente ocomunque senza il necessarioconsenso sociale come invece è

successo ad esempio in Italia do-ve vigeva lo Statuto Albertino.Questa originaria carta fonda-mentale fu concessa (ottriata)dal Re di Sardegna Carlo Albertonel 1848 e rimase in vigore finoalla fine della Seconda guerramondiale anche con il nuovoRegno d’Italia. Il difetto principa-le di tale documento stava nelfatto che poteva essere cambia-to da una legge ordinaria (infattifu facile per il fascismo manipo-larlo per adattarlo al regime), adifferenza della odierna Costitu-zione italiana del 1947, che puòessere modificata solo con mag-gioranze qualificate e con parti-colari procedure che garantisco-no una maggiore ponderazionedei progetti di modifica in corso(9). Inoltre il nostro processo di re-visione costituzionale prevedel’eventualità di un referendumpopolare in modo che anchetutti gli italiani possano esprimersisu un eventuale cambiamentosignificativo dell’impianto istitu-zionale e sociale. Lo Statuto Al-bertino non contemplava nessu-na pronuncia popolare proprioper la sua origine di concessioneunilaterale del sovrano indipen-dentemente dal parere del par-lamento e dei piemontesi.

In conclusione, le differenze sto-rico-politiche e sociali tra gli Statieuropei crearono una divisionedel vecchio continente in dueblocchi opposti di nazioni, demo-cratiche e con regimi totalitari,divisione poi sfociata nel Secon-do conflitto mondiale. I Paesi condittature, che in quel periodosembravano i più adatti ad unmondo in continua trasformazio-ne produttiva e culturale, si sa-rebbero poi dimostrati un autenti-

co, tragico, fallimento. In un’Euro-pa sconvolta dalla Prima guerramondiale ed in crisi, i movimentiautoritari sembravano poter ri-spondere alle delusioni nazionalie ai disagi della popolazione. Essisi opponevano al parlamentari-smo e al metodo democratico ingenerale (quindi alla libertà distampa, di associazione e alle al-tre garanzie giuridiche dell’indivi-duo) accusandolo di eccessivoindividualismo e portando invecel’attenzione sul benessere nazio-nale, da ottenere con un appa-rato statale forte in grado di in-quadrare ogni cittadino nei pro-pri ranghi. La violenza costituivanucleo fondante di questi regimitotalitari (dove appunto il poteredi concentrava totalmente nellemani di un gruppo dominante)che si esprimeva sia all’internodel Paese contro i dissidenti, siaall’esterno con politiche espan-sionistiche. Alla resa dei conti,URSS, Germania, Italia erano ri-maste in una situazione socialeed economica precaria nasco-sta dalla propaganda e dall’en-tusiasmo per le conquiste militari;va poi considerato lo stato di po-lizia ed antiliberale che frustravatutti i cittadini non compromessicon i regimi e che avevano unacoscienza critica.

NOTE

(1) Nel 1791 l’Assemblea rivoluziona-ria predispose e approvò la “Dichia-razione dei diritti dell’uomo e del cit-tadino” in cui all’articolo 6 espressa-mente si garantiva il diritto dei citta-dini alla partecipazione politica eall’elezione di propri rappresentanti.Da rilevare che tale solenne dichia-razione, nelle intenzioni dei suoi re-

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dattori, valeva non solo per i francesi ma per tutti gli uo-mini, tanto che in effetti divenne prototipo di costituzionisuccessive di altri Paesi.(2) Alla fine del Settecento la Francia si trovava in un for-te dissesto economico a causa della cattiva amministra-zione del bilancio e delle ingenti spese di guerra nel con-

flitto dei “Sette anni” oltre che dell’appoggio agli ameri-cani nelle loro guerre d’indipendenza contro gli inglesi.(3) Questo movimento si sviluppò agli inizi del ‘900 soprat-tutto in USA e nel Regno Unito appunto, dove tra il 1912 e1913 si assistette a gravi scontri di piazza tra polizia e so-stenitrici del voto alle donne. In Gran Bretagna le donnevotavano dal 1869 solo per le elezioni amministrative. Nel1918 il Parlamento inglese approvò il suffragio femminileanche per il voto politico a partire dai trenta anni e suc-cessivamente, nel 1928, la soglia fu abbassata ai 21 anni.

Questa svolta fu favorita anche dall’emancipazione otte-nuta dal sesso debole durante la Prima guerra mondialein cui molti incarichi e mestieri furono svolti dalle donneperché tutti gli uomini validi erano al fronte.(4) Il suffragio universale maschile in Italia fu approvatosolo nel 1912, le donne invece dovettero aspettare il1946 per esercitare il loro diritto di voto.(5) Il partito comunista transalpino si costituì a Tours neldicembre del 1920. Ciò contribuì a complicare ulterior-mente il clima politico visto che la maggioranza aderìalla Terza Internazionale mentre solo la minoranza gui-data da Léon Blum rimase fedele al partito socialista.(6) In Gran Bretagna infatti un partito comunista non eb-be mai un peso importante e nemmeno il partito fasci-sta, fondato nel 1932 dall’ex laburista Oswald Mosley.(7) In Italia la classe borghese era sempre stata tenutafuori dall’ambito politico. Solo durante l’occupazionenapoleonica si assistette alla nascita di una classe politi-ca borghese–amministrativa, stroncata però troppo pre-sto dal ritorno degli austriaci.(8) La Magna Charta di cui ho parlato all’inizio del sag-gio non può essere considerata una vera costituzionema al limite un prototipo, importante perché per la pri-ma volta un sovrano concedeva in maniera definitivadiritti ai suoi feudatari sottraendoli al suo volere arbitra-rio. Oltre al principio della tassazione solo con il consen-so dei nobili, questo documento conteneva pure il prin-cipio dell’equo giudizio davanti ad un tribunale di pari.Proprio per la sua innovatività fu redatta per iscritto, manei secoli a venire fu soppiantata da nuove regole con-suetudinarie sul funzionamento statale sempre più ispira-te ai principi democratici.(9) La nostra Costituzione all’articolo 138 prevede infattiche le leggi di revisione della stessa debbano essere ap-provate a maggioranza assoluta dei componenti di cia-scuna camera con due successive votazioni a distanzanon minore di tre mesi una dall’altra. Le leggi costituzio-nali sono sottoposte a referendum popolare se alla se-conda votazione per ciascuna camera la maggioranzaapprovante è inferiore ai due terzi dei suoi componenti.

BIBLIOGARFIA

AA.VV., La Storia, Firenze, 1999AA.VV., Pro e contro Hitler, i dossier Mondadori, Milano, 1972Banti A. M., L’età contemporanea, Roma, 2012De Felice R., Mussolini il rivoluzionario, Torino, 1995Petacco A., La Seconda guerra mondiale, Roma, 1979.

Manifesto di propaganda fascista. Anche questo fu unimportante mezzo per l’ascesa ed il consolidamentodel potere fascista

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“Tra coloro che sono fuggiti da Caffa in nave,c’erano pochi marinai che erano stati infettati. Al-cune navi si diressero a Genova, altre si recaronoa Venezia e in altri territori cristiani. Quando i mari-nai raggiunsero quelle terre, mescolandosi allagente del posto, era come se avessero portatocon sè gli spiriti maligni: ogni città, ogni insedia-mento, ogni luogo fu contaminato dalla peste e iloro abitanti, sia uomini che donne, perirono inbreve tempo. Colui che aveva contratto la pestecontagiava l’intera famiglia, anche quando il pro-prio corpo veniva bruciato. Così la morte entrò at-traverso le finestre…”.

Il brano è tratto dal manoscritto sull’assediodella città di Caffa in Crimea nel 1347 (l’odier-na Feodosia in Ucraina) del genovese Gabrie-

le de Mussis, nato nel 1280 e notaio nella città diPiacenza (1). All’assedio di Caffa e alle sue vicissi-tudini, gli storici sono soliti riferirsi come al primoepisodio significativo di guerra biologica nel sensoletterale del termine e con le caratteristiche tecni-co-militari che un atto ostile deve presentare peressere catalogato come attacco biologico. La

IL BIOLOGICAL WARFARE IL BIOLOGICAL WARFARE NELL’ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVONELL’ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVO

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del Capitano Patrizio Cambiotti in servizio presso il Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito

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Percorso della peste dalla città di Caffa sino alle costedei Paesi del Mar Mediterraneo

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cornice storica dell’evento èrappresentata dall’attacco deiTartari della cosiddetta “Ordad’Oro”, provenienti dalle lontanesteppe asiatiche, alla città diCaffa, antico porto mercantilecontrollato dalla Repubblica Ma-rinara di Genova nonché impor-tante crocevia commerciale,collegato alla città di Tana (at-tualmente Azov in Russia), a norddi Costantinopoli, per il passag-gio a terra di carovane di mer-canti da e verso l’Estremo Orien-te. Già nel 1307, il Khan dell’Or-da d’Oro, Toqtai, aveva assedia-to Caffa, cacciando i Genovesi,(rei di aver venduto, come solda-ti, al Sultano Mamalucco nume-rosi schiavi di origine turca) chedovettero rinunciare all’enclavecommerciale sino al 1312. Solo ilsuccessore di Toqtai, Ozbeg, ria-prì i traffici commerciali di Caffacon i Genovesi, che espansero iloro commerci anche alla vicinacittà di Tana. Per molti anni Caf-fa fu così una fiorente città por-tuale commerciale, bastione for-tificato da possenti mura nonchéincrocio cosmopolita di mercantigenovesi, veneziani, armeni, gre-ci e mongoli. A seguito di una ri-volta scoppiata a Tana tra Ge-novesi e Mongoli, il Khan Janibega capo della tribù dei Kipchak,successo a Ozbeg, nel 1343 posel’assedio a Caffa e all’enclaveitaliana di Tana (2). L’assedio, du-rato fino agli inizi del 1344, dopoessere stato interrotto per un bre-ve periodo, fu ripreso nel 1345per essere nuovamente sospesocausa l’insorgere di un’epidemiadi peste tra le fila delle truppetartare. Fu così che i Tartari, nonriuscendo ad avere ragione del-la città assediata, decisero di ca-

tapultare entro le mura cittadinele salme dei soldati morti di pe-ste, con l’intento di diffondere lapestilenza all’interno della città(3). Questo “atto tattico”, catalo-gato quale attacco biologico, sidimostrò di successo nel mieterevittime (anche se strategicamen-te la città rimase nelle mani deiGenovesi, con i Tartari che alla fi-ne abbandonarono l’assedio eripiegarono nei loro territori), an-che se molti dubbi restano tutto-ra in piedi circa il mezzo che tra-smise la pestilenza. I resoconti delnotaio piacentino parlano di ca-daveri appestati lanciati con ca-tapulte dentro la città assediata,anche se non si può escludere apriori l’eventualità che il veicolotrasmettitore della malattia pos-sa essere stato d’origine animale.I ratti infetti di peste provenientidagli accampamenti dei Tartari(4) (tra l’altro la peste è una ma-lattia legata ai roditori, del tiposcoiattoli e marmotte delle step-pe euroasiatiche) potrebberoaver contaggiato i roditori pre-senti numerosi nella cittadinaportuale, ove spesso, a causadell’alta densità dei traffici com-merciali e della presenza di per-sone provenienti da varie terre,le condizioni igieniche e sanitarienon erano buone. Lo scoppiodella pestilenza determinò la fu-ga di alcuni mercanti genovesiche ripresero la rotta verso l’Ita-lia, portando con sé il seme diquella che venne poi definita la“Morte Nera” o “Peste Nera”. Lenavi genovesi sostarono nella cit-tà di Pera, nei pressi di Costanti-nopoli, per poi fare rotta verso lecoste italiche. Fu rifiutato loro l’in-gresso nel porto di Messina, ovenel frattempo era giunta notizia

di navi cariche di pestilenza pro-venienti dal Mar Nero, ma poi riu-scirono ad attraccare in quello diGenova. Da lì la Morte Nera fecetappa in molti altri porti del Medi-terraneo, francesi e spagnoli perpoi estendersi nell’entroterra eu-ropeo, dall’Italia alle terre di Bri-tannia sino alla lontana Scandi-navia.

Oltre alla narrazione dei fatti èinteressante focalizzare l’indagi-ne sugli aspetti tecnici dell’asse-dio di Caffa per verificare se sus-sistano tutti i requisiti necessariper catalogare quell’atto come“guerra biologica”. Attenendociad una definizione accademica,per guerra biologica s’intendequalunque offesa biologica op-pure un insieme di offese biologi-che condotte con aggressivi bio-logici (o agenti biologici di tipopatogeno capaci di “aggredi-re”) al fine di ridurre le capacitàoperative, di offesa, di difesa e disussistenza dell’avversario. Da ta-le definizione emerge un datocerto: per “svolgere“ una guerrabiologica un belligerante generi-co deve ricorrere all’uso intenzio-nale, e non accidentale, di armibiologiche. La nozione di armabiologica è più complessa diquella di guerra biologica: la pri-ma incentra la sua essenza sul-l’obbiettivo, cioè menomarel’avversario in maniera letale oparziale in modo da ridurne for-temente le capacità operative;la seconda è mirata, oltre chesull’obbiettivo, anche sul mezzoritenuto idoneo per raggiungerlo.Il pensiero scientifico-militare de-finisce l’arma biologica comeun’arma basata sull’impiego diaggressivi biologici, cioè l’insie-me di microrganismi o di sostan-

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ze chimiche, dette tossine, idonee a generare unostato di malattia, precedute da un quadro sinto-matologico, nell’uomo, negli animali e nelle pian-te (intendendo sia la flora sia l’insieme delle risorseagroalimentari) o a causare il deterioramento deimateriali che possono essere impiegati per finalitàbelliche. Ne consegue che la c.d. “minaccia bio-logica” si origina dalla diffusione nell’ambiente, suun determinato substrato, di agenti biologici pato-geni, detti aggressivi biologici, con lo scopo di ge-nerare uno stato di malattia (5) infettiva nei sog-getti colpiti. L’assedio di Caffa risulta sicuramenteinquadrabile in un conflitto armato tra le truppetartare di Janibeg e i cittadini assediati, tra cui iGenovesi, che controllavano commercialmente lacittà. Più controverso è il terzo aspetto ossia il mez-zo impiegato, che si sia trattato di lancio di cada-

veri appestati mediante catapulte o ratti di cam-pagna infetti che hanno contagiato i ratti cittadi-ni. La catapulta, mezzo bellico ampiamente utiliz-zato negli assedi sin dai tempi dell’antichità, rap-presenta un’arma a tutti gli effetti, un vettore mili-tare al pari di una qualsiasi arma convenzionale(cannone, obice, mitragliatrice…). Il cadavere ap-pestato o il ratto infetto sono una componentedell’arma per diffondere “qualcosa di infetto, dicontenente un agente biologico potenzialmentecontaminante”, ossia il mezzo di trasmissione dellamalattia. Quello che manca all’intera vicendaper essere etichettata come guerra biologica è laconsapevolezza, da parte dei Tartari, di utilizzareun’arma biologica con le caratteristiche sopra ci-tate, che avrebbe sortito determinati effetti. Letruppe tartare, non riuscendo a prendere definiti-

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Miniatura medioevale raffigurante malati affetti da peste bubbonica

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vamente la città di Caffa con i metodi di guerratradizionali, forse spinte dalla disperazione, ancheper l’insorgenza tra le proprie fila di un’epidemiadi peste che fece molte vittime, optarono per unmezzo insolito (lanciare cadaveri infetti di peste)sperando in qualche effetto (intuitivamente piùcadaveri infetti si lanciavano entro le mura cittadi-ne, più alte erano le possibilità di contagio), maignorando del tutto i meccanismi (di impiego, dif-fusione, controllo…) di un’arma biologica. Un co-sciente aggressore biologico ne conosce invecein dettaglio gli effetti, i possibili obbiettivi da rag-giungere e le conseguenze generali. Appare plau-sibile concludere che l’episodio legato all’assediodi Caffa rappresentò non tanto il primo esempio diguerra biologica, quanto piuttosto il primo caso dioffesa biologica estremamente significativa, per-ché da quei fatti inconsapevolmente si generò laseconda epidemia legata al diffondersi in tutta Eu-ropa della Morte Nera. In tal senso è sostenibile ilpensiero che fu usata un’arma intesa non comearma biologica a pieno titolo, quanto piuttosto unrudimento di arma biologica di cui non si cono-scevano gli effetti: i Tartari sapevano solo che lapeste era una malattia contagiosa che potevatrasmettersi anche tramite cadaveri appestati, manon ne conoscevano l’origine microbica e le va-riabili a cui sono soggetti i microrganismi e quindiignoravano gli effetti dei medesimi.

Tuttavia l’episodio di Caffa, ferma restando lasua importanza e significatività quale prima offesabiologica con conseguenze devastanti, non fu ilprimo esempio in assoluto di offesa biologica o“guerra biologica”, come alcuni studiosi sostengo-no, in quanto numerosi altri episodi accaduti giàdai tempi dell’antichità costituirono, seppur in ma-niera rudimentale, esempi evidenti di offese biolo-giche. Gli eventi occorsi sia nell’antichità chenell’Medioevo indicano l’utilizzo ricorrente di armibiologiche in una tipologia abbastanza standar-dizzata: assedio di città e lancio di cadaveri affettida determinate malattie o semplicemente in statodi putrefazione, avvelenamento di corsi d’acquao sorgenti idriche (acquedotti) quali vene di riforni-mento delle cittadine che, stremate dalla fame edalla sete cedevano alle forze assedianti. La natu-ra delle frecce avvelenate è più controversa: sebiologica, chimica oppure mista.

L’avvelenamento di pozzi, sorgenti od altre risor-se idriche rappresenta un tipo di offesa biologicadifficilmente riconducibile ad una guerra biologi-ca quanto piuttosto ad un sabotaggio biologico(al limite da intendersi quale offesa contestualizza-ta in una guerra biologica “indiretta”, ma non cer-to in una guerra biologica diretta). La cronaca sto-rica è ricca di episodi di questo tipo. L’esempio piùremoto sembrerebbe quello occorso nel 590 a.C.,(riferito dallo stratega militare Polieno nei suoi Stra-tagemmi della Guerra) durante l’assedio della cit-tà di Crissa, rea di aver commesso sacrilegio con-tro il Dio Apollo. Lo stratagemma escogitato daltago Euriloco consistette nel gettare all’internodella condotta sotterranea, tramite la quale la cit-tà si riforniva di acqua potabile, alcune radici di el-leboro (helleborus niger) di color nerastro, dalleproprietà purgative. La storiografia invece ricon-duce la paternità di tale “sabotaggio” ad un cer-to Nebro, avo di Ippocrate ed esperto nelle disci-pline officinali (6).

Dalle fonti storiche si apprende che la tecnica diavvelenamento delle acque dei pozzi o degli ac-quedotti per ottenere la resa delle città assediateera diffusa anche nel mondo romano. Scrive lostorico Anneo Flavio, originario dell’Africa setten-trionale, che nel 128 a.C. il proconsole ManlioAquilio era riuscito a sedare la rivolta scoppiatanella città di Pergamo gettando del veleno nellefonti. Anche l’utilizzo di frecce avvelenate, trova lesue origini nell’antichità e più esattamente nellamitologia greca. La prima arma biologica in asso-luto sarebbe stata opera di Eracle (Ercole per lamitologia romana) il quale, nella sua seconda fati-ca, dopo aver ucciso il serpente a nove teste,l’Idra di Lerna, tagliò il corpo dell’animale ed im-merse le frecce del suo arco nel veleno fuoriuscitodalle sue viscere per rendere inguaribili le ferite in-flitte da esse ai suoi nemici. Oltre ai racconti mito-logici vi sono testimonianze inerenti l’impiego difrecce avvelenate nelle battaglie dell’antichità.Famosi furono in tal senso gli arcieri sciti che ricor-sero all’uso di frecce immerse nel veleno di viperamischiato a letame, dal nome di Skiutikon. Le fontistoriche, Aristotele nel suo De mirabilibus ausculta-tionibus e Gaio Plinio Secondo nel suo Naturalis hi-storia, citano gli arcieri della Scizia oltre che comeinfallibili cecchini anche per essere avvezzi all’im-

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piego di veleni nelle loro frecce. Nel trattato aristo-telico si legge: “Si dice che il veleno nel quale gliSciti temperano le loro frecce sia quello della vipe-ra; ma a quanto pare è loro costume, per renderloancor più mortifero, catturare le femmine gravide,ucciderle e lasciarle marcire fino a quando nonsiano in avanzato stato di putrefazione. A quelpunto riempiono di sangue umano un vasettochiuso da un coperchio e lo sotterrano nel letame,aspettando che sia completamente putrefattoprima di prelevare il liquido sieroso che rimane insuperficie e mescolarlo con la vipera marcia”. No-nostante i Commentari e il De bello gallico di Giu-lio Cesare nel descrivere le usanze belliche dellepopolazioni della Gallia non facciano menzionedell’impiego di frecceavvelenate, altre fontilatine citano tra le con-suetudini dei barbaridella Gallia l’uso, sep-pur a scopo venatorio,di frecce imbevute nelsucco di elleboro. A ri-guardo non può esclu-dersi che tale metododi caccia fosse impie-gato anche per scopibellici come testimoniòin seguito Gregorio diTours a proposito delpopolo dei Franchi delfiume Meno, discen-denti delle tribù galli-che, che nel 388 d.C.scagliarono frecce av-velenate contro le trup-pe imperiali guidate daQuintiliano (7). Accan-to alle citate tecnichedi offesa biologica,frecce avvelenate e contaminazione di pozzi evarie fonti di risorse idriche, un altro, particolare eal contempo originale, metodo di combattimentocon “mezzi biologici” consistette nel lancio di ser-penti, insetti velenosi e scorpioni. Lo storico latinoCornelio Nepote, nelle sue Vite e Frammenti, rac-contò che nel 191 a.C. Annibale, all’indomani del-la sconfitta di Zama, fuggì nel regno di Bitinia in

Africa rifugiandosi presso i territori del sovrano Pru-sia. Qui, riorganizzatosi con le proprie truppe, siscontrò con la flotta, di gran lunga superiore aquella cartaginese, di Eumene di Pergamo, allea-to dei Romani, e la sconfisse grazie allo stratagem-ma di scagliare sulle sue navi vasi di argilla colmi diserpenti velenosi che, oltre a creare forte panicotra i marinai di Eumene, ne avvelenarono a deci-ne (8). Pare che i Cartaginesi fossero specialisti nel-l’impiego di sostanze tossiche di origine vegetale ascopi bellici come ci racconta lo storico latino Se-sto Giulio Frontino a proposito di una rivolta dellepopolazioni libiche nei territori cartaginesi. Il Gene-rale cartaginese Maarbale, inviato da Annibale asedare i rivoltosi, durante un conflitto con questi

finse una ritirata abban-donando lungo il per-corso numerosi orci divino avvelenato conestratto di mandragora,che furono “preda” de-gli assetati libici; le virtùdella mandragora fece-ro adormentare i rivolto-si, che furono così mas-sacrati dalle milizie car-taginesi.

Pur rappresentandodei casi pionieristici di“guerra biologica”, letecniche sopra illustratenon costituiscono esem-pi puri di attacchi biolo-gici, quanto piuttostoun incrocio tra casi diguerra biologica eguerra chimica. Avvele-nare le acque di unasorgente idrica (pozzo oacquedotto che sia) o

ricorrere a frecce avvelenate implica l’uso di vele-ni, cioè di sostanze tossiche di origine naturale.Quindi tutt’al più si può parlare di attacchi biolo-gici mediante l’uso di tossine (l’arma biologicaprevede infatti l’impiego di microrganismi patoge-ni o di tossine di origine animale), fermo restandoche esiste una sottile differenza tra la tossina e ilveleno in quanto per tossina s’intende una sostan-

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Pagina iniziale della “Historia de morbo sive mortalitatequae fuit a.d. 1348” del notaio piacentino Gabriele deMussis

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za chimica tossica di origine mi-crobica, mentre per veleno unasostanza tossica prodotta da ani-mali o vegetali (a differenzadell’agente chimico che è unasostanza tossica di origine artifi-ciale). In questa cornice vannoinquadrati i casi di avvelena-mento dell’acquedotto della cit-tà di Cirra da parte degli Ateniesie delle frecce avvelenate degliarcieri sciti. Gli Assiri usavano lasegale cornuta (Secale cornu-tum) per contaminare le acque.Il suo granello, dalle dimensionidi 1-3 centimetri, di forma cilindri-ca (tipico anche di altre grami-nacee) contiene due sostanzeattive, la cornutina o ergotina el’acido sfacelinico. Tutto questonel caso che la graminacea, co-me spesso accade, venga at-taccata da un parassita, il fungoClaviceps Purpurea (un ascomi-ceta noto con il nome di ergot icui corpi fruttiferi, detti sclerozi,hanno la forma di cornetti, don-de il nome di segale cornuta) alcui interno vi sono dei veleni (ve-leni quindi di origine vegetale)che, se ingeriti, agiscono sul siste-ma nervoso centrale e, essendoanche dei vaso costrittori, suquello circolatorio, causandouna malattia, chiamata ergoti-smo (nel Medioevo fuoco di San-t’Antonio o male degli ardenti),avente un quadro clinico-sinto-matologico connotato da nau-sea, vomito, diarrea, cefalea,vertigini e allucinazioni. Gettarenelle acque di un pozzo di unasorgente qualche granello di se-gale infetta da Claviceps Purpu-rea era sufficiente ad avvelena-re tutti coloro che ingerivanol’acqua contaminata e a deter-minare quindi una intossicazione

ossia l’insorgere di uno stato dimalattia causato dalla tossina.Medesime considerazioni posso-no essere fatte per l’utilizzo del-l’elleboro da parte degli Ateniesinel contaminare le acque dellacittà di Cirra e per lo Skiutikonusato dagli Sciti. Le citate meto-dologie di offesa biologica nongeneravano mai epidemie inquanto prive del fattore di con-tagiosità: l’avvelenamento e laconseguente intossicazione col-pivano individui singoli senza chela malattia si trasmettesse dapersona infetta a persona sana.Ne consegue che, se abbiamodefinito l’assedio di Caffa un epi-sodio di offesa biologica più cheuna guerra biologica, i casi diCirra e di altre contaminazionidei pozzi nell’antichità costituiro-no chiari esempi di “sabotaggiobiologico”, cioè rilascio di mate-riale contaminante su un deter-minato substrato in maniera sub-dola e senza possibilità di con-trollo.

Il lancio di cadaveri affetti damalattia (peste o quant’altro),ma anche la contaminazione diacque e risorse idriche delle cittàper espugnarle dopo logorantiassedi, era frequente anche nelMedioevo.

In Italia le cronache medioeva-li citano l’assedio alla città di Tor-tona da parte di Federico Barba-rossa. Questi, incoronato re diGermania dopo la morte nel1152 dello zio imperatore Corra-do III e deciso a restaurare a pie-no il potere imperiale, limitando ipoteri dei nobili, del clero e deivari Comuni dell’impero, giunsein Italia nel 1154 per verificare lostato d’ordine imposto ai variComuni nonché per ricevere l’in-

coronazione di imperatore dalPontefice Adriano IV. Convoca-ta nel novembre dello stesso an-no la Dieta di Roncaglia e presoatto delle rimostranze di moltiComuni, tra cui Pavia, verso lepolitiche portate avanti dai Co-muni di Milano e Tortona, restii al-l’adempimento degli ordini im-periali, il Barbarossa non persetempo e dopo aver distrutto icastelli di Trecate e Rosate, e do-po aver preso senza opposizioneil Comune di Asti, assediò la cit-tadina di Tortona nel febbraiodel 1155. L’assedio si protrasse alungo, con quotidiani assalti allemura; dopo battaglie cruente,l’imperatore decise di porre finealle resistenze tortonesi colpendole fonti e risorse idriche della cit-tà: queste, ed in particolare lafonte del Rivarolo, vicino alla cit-tadina, furono avvelenate concarcasse di animali, cadaveri egrandi quantitativi di zolfo ren-dendo imbevibile l’acqua e difatto costringendo i tortonesi allaresa. Le fonti storiche non parla-no di morti a riguardo per cui,nei fatti, si trattò di un atto di sa-botaggio biologico senza esiti le-tali. Le aspettative dell’assedian-te Barbarossa comunque furonosoddisfatte, perchè ottenne laresa del Comune piemontese. Si-curamente più complessa fu lavicenda legata all’assedio nel1340 della cittadina francese, aiconfini delle Fiandre, di Thunl’Eveque, durante la Guerra deiCento Anni, allorquando il red’Inghilterra Edoardo III reclamòla corona di Francia. Le ostilitàscoppiarono nel 1337 e l’annoseguente il sovrano inglese inviòdelle truppe sul continente fran-cese per sedare le schermaglie

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sempre più diffuse, prendendo possesso del Ca-stello di Thun l’Eveque sito lungo il fiume l’Escalt, anord-est di Cambrai nel nord della Francia. Nel1339 il castello passò sotto il controllo di Gautierde Masny, duca di Hainault ed alleato degli ingle-si (Edoardo III sposò la principessa Filippa di Hai-nault, stringendo così un’alleanza con quel duca-to). Nel frattempo le truppe fiamminghe si eranoriorganizzate, chiedendo anche l’aiuto di Giovan-ni Duca di Normandia, per contrastare le truppeinglesi e per riprendere possesso di Thun l’Eveque(9). Sebbene, stando alle cronache, questo episo-dio può essere considerato una offesa biologicasimile a quella dell’assedio di Caffa (seppur conconseguenze minori o pressoché nulle visto chenon ci sono notizie certe su quante furono le per-sone contaminate), gli storici nutrono molti dubbisulla sua fondatezza. Sembrerebbe che il lancio dicavalli morti ebbe luogo, in via provvisoria, a cau-sa di una scarsa disponibilità di munizioni e chepiù che cagionare un’epidemia tra i cittadini as-

sediati favorì la loro evacuazione dal castello per iltimore di incorrere in malattie e per l’aria divenutairrespirabile a causa dei cadaveri degli animali inavanzato stato di putrefazione. Inoltre dubbi sonostati avanzati anche sull’autenticità delle crona-che del Froissart visto che questi nell’anno dell’as-sedio di Thun l’Eveque avrebbe avuto solo un an-no di età. D’altro canto, i numerosi viaggi che fe-ce in Inghilterra avrebbero potuto offrirgli moltepossibilità di ottenere informazioni in merito da re-soconti di prima mano. Un altro storico della Guer-ra dei Cento Anni, Jean le Bel, non cita nei suoi re-soconti il lancio di carcasse di cavalli, anzi lo defi-nisce un caso di immaginazione medioevale. No-nostante non vi sia concordanza tra gli storici sulpossibile tentativo di biological warfare nell’asse-dio di Thun l’Eveque, molte altre fonti medioevalicitano, quale pratica militare negli assedi, il lanciodi carcasse di cavalli morti mediante catapultecon l’intento di far scoppiare epidemie; un inge-gnere del XIII secolo, Villard de Honnecourt, de-

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Arciere della Scizia con il tipico arco utilizzato per lanciare le frecce avvelenate con lo Skiutikon

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scrive macchinari per gli assedicon un contrappeso di sabbia didodici piedi per otto e profondootto per un totale di cinquanta-mila chilogrammi: tali macchinarisarebbero stati capaci di lancia-re carcasse di cavalli, anche sedi taglia medio-piccola.

Un altro episodio simile allenarrazioni degli assedi di Caffa eThun l’Eveque, e possibile casodi attacco biologico, fu descrit-to nel XVII secolo dallo storicoAntoine Varrilas, nella sua Histoi-re de l’hèrèsie de Viclef, JeanHus et Jerome de Prague, aveccelles de Boheme qui ont estèles suites del 1682, a propositodell’assedio del castello boemodi Karlstein avvenuto nel 1422durante le guerre ussite, scop-piate in Boemia dopo la con-danna al rogo per eresia del ri-formatore religioso ceco JanHus nel 1415 in seguito al Conci-lio di Costanza, al quale avevapartecipato mediante un salva-condotto concessogli da Sigi-smondo, sovrano d’Ungheria edImperatore del Sacro RomanoImpero. Hus era un religioso ce-co riformista molto popolare econ molti fedeli al seguito, con-vinto che l’accesso a Dio fossepossibile per ogni fedele tramitela sola fede senza l’intermedia-zione della Chiesa; proprio perquesto il martirio di Hus unificò ifedeli cechi nella sfida alla Chie-sa cattolica, culminata in una ri-volta furiosa che portò nel 1419 ilre Venceslao IV di Boemia acontenere il fenomeno dell’Ussi-tismo, restringendolo a pochissi-me chiese. Venceslao morì po-che settimane dopo e la coronadi Boemia passò a suo fratello Si-gismondo di Ungheria. Questi

non concesse la libertà di reli-gione ai cechi, suscitando in lo-ro un diffuso malcontento checausò il passaggio della coronada Sigismondo a Alessandro Wi-told, granduca di Lituania. Persedare la rivolta in Boemia Ales-sandro inviò il principe Sigismon-do Korybut, abile soldato e di-plomatico. Dopo breve tempo,Korybut riunificò tutti i fedeli ce-chi nella causa ussita e divennecosì reggente di Boemia, ben vi-sto anche dalla Dieta del 1422.Immediatamente questi mosseall’assedio della fortezza di Kar-lstein, ultimo baluardo religiosodel cattolicesimo. Nonostanteavesse a disposizione grandimacchinari d’assedio non riuscìad espugnarla; per questo deci-se di ricorrere al lancio, oltre lemura, dei cadaveri dei soldatimorti durante l’assedio e di cir-ca duecento chili di “rifiuti” conil desiderio di cagionare malat-tie, oltre a rendere l’aria irrespi-rabile. Non è noto il significatopreciso di “rifiuti”, potendo trat-tarsi di spazzatura o di letame.Molti degli assediati soffrirono diuna febbre non ben nota, mal’attacco biologico non favorì laconquista della fortezza che ri-mase una roccaforte cattolicaa seguito di un armistizio siglatocon il sovrano Korybut. Ad avva-lorare la tesi che la tecnica disabotaggio biologico dell’avve-lenamento dei pozzi con sostan-ze tossiche varie o con cadaveriputrefatti costituiva più il frutto didecisioni episodiche dei bellige-ranti del tempo piuttosto che diuna cosciente volontà di darluogo a attacchi biologici misu-randone effetti e conseguenze,vi sono numerosi casi di avvele-

namento di pozzi per i quali ven-nero accusati gli ebrei. Questierano considerati “rei inconsa-pevoli” agli occhi della Chiesa,e portatori di pestilenze perchédiversi ed esclusi, il cui fio da pa-gare era la morte per poter cosìstemperare la rabbia delle gentinei periodi di grave calamità. Inchiave religiosa infatti gli ebreivenivano visti come portatori dipestilenze, di mali e di disgrazie,donde i numerosi eccidi di cen-tinaia di essi in moltissime cittàtedesche (Colonia, Stoccarda,Ulm, Baden, Lubecca…) e sviz-zere (San Gallo, Zurigo), che av-venivano in concomitanza del-l’insorgere di pestilenze tra lepopolazioni.

NOTE

(1) Vari storici dubitano della veridici-tà dei fatti descritti dal De Mussis, inquanto non ritengono che il notaiopiacentino fosse presente all’epocadell’assedio di Caffa (il narratore usaspesso la terza persona per le descri-zioni), nonostante gli eventi venganonarrati con accurati dettagli e minu-ziose descrizioni, come se il narratorefosse testimone oculare dei fatti. Sipresume che il racconto sia statoscritto verso la fine del 1348 o al mas-simo agli inizi del 1349 e che il mano-scritto originale sia andato perduto,essendo quello rinvenuto soltantouna copia acclusa ad una raccoltadi racconti storici e geografici di variautori risalente al 1347. Il raccontomuove da un incipit “solenne” (“Innome di Dio, amen, qui ha inizio ilracconto di morte e malattia di Ga-briele de Mussis da Piacenza”) a cuisegue un discorso apocalittico sullapunizione ricevuta dall’umanità acausa dello stato di depravazione in

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cui versava in quell’epoca, per con-cludersi, dopo la descrizione dei fattidi Caffa e di quelli che ne seguirono,con un esteso resoconto della pesteesplosa a Piacenza. Il manoscrittodel De Mussis venne scoperto nel1842 nella biblioteca dell’Universitàdi Wroclaw in Polonia(2) Per l’esattezza, dalle memorie diGiovanni Cantacuzeno si appreseche il Khan Janibeg, dopo essersiproclamato imperatore dei Tartarinel 1341, mise a ferro e fuoco la cittàdi Tana dopo una rissa, sfruttata co-me pretesto, scoppiata in un vicolodi Tana e culminata con l’accoltella-mento di un mongolo ad opera diun genovese (J. Cantacuzenus Histo-riae Byzantinae, Liber IV)(3) Narra il De Mussis: “I Tartari mori-vano a causa del disastro provocatodalla malattia, e rendendosi contoche non avevano nessuna speranzadi fuga, persero l’interesse per l’asse-dio. Hanno ordinato di mettere i ca-daveri nelle catapulte e di scagliarliin città, nella speranza che la puzzainsopportabile uccidesse chiunque…e presto i cadaveri in putrefazionecontaminarono l’aria e le fornitured’acqua…” (Mussis G., De Historiade morbo sive mortali tate quae fuitanno domini 1348)(4) In realtà la versione dei cadaveriappestati catapultati, quale mezzodi trasmissione della malattia, sem-bra più realistica, in quell’occasione,rispetto alla possibile azione conta-minante condotta dai ratti, per il se-guente motivo: i ratti solitamente di-mostrano un connotato di sedenta-rietà nel loro habitat spostandosi pertragitti non più lunghi di trecento me-tri. Appare dunque improbabile chei ratti provenissero dagli accampa-menti dei Tartari, che erano collocatiper ovvie esigenze tattiche, per lomeno a qualche chilometro (due,

tre) dalla città. Ciò avvalorerebbe ilresoconto del De Mussis relativo al-l’uso delle catapulte, collocate sicu-ramente a più di 300 metri dalle mu-ra cittadine, per lanciare i soldati ap-pestati(5) Per malattia si può comunemen-te intendere uno stato di alterazionetemporanea o definitiva del normaleequilibrio vitale e funzionale esistentenell’organismo, causato da agentibiologici(6) Sempre nel VI secolo a. C. anchegli Assiri avvelenarono i pozzi dei pro-pri nemici ricorrendo al fungo pato-geno della segale detto ClavicepsPurpurea. Inoltre sempre nella Gre-cia antica, l’ateniese Solone decisedi contaminare le acque dell’ac-quedotto della città di Cirra (che lerecenti scoperte archeologiche nonidentificano più con la città di Cri-sia), presa d’assedio dalle truppeateniesi, ricorrendo alla citata piantapurgativa dell’elleboro. Altri episodisimili ebbero luogo in Grecia, in parti-colare nella regione dell’Attica,quando, agli inizi dell’estate del 430a.C., all’indomani dell’invasione del-le milizie di Sparta, scoppiò improvvi-samente un’epidemia di peste chefece vittime illustri tra cui il leaderateniese Pericle. L’origine della pesti-lenza, pur in mancanza di prove spe-cifiche, fu ricondotta all’avvelena-mento dei pozzi ad opera degliSpartani. Lo storico Tucidide, sospet-tando l’avvelenamento citato, scris-se a riguardo: “Improvvisamentepiombò su Atene e in primo luogocontagiò la gente del Pireo, sicchè simormorava che i Peloponnesi aves-sero inquinato con veleno le cisterned’acqua piovana, dal momentoche in quella località non esistevanoancora fontane” (Tucidide, La guer-ra del Peloponneso)(7) Gregorio di Tours nella sua Historia

Francorum parla di “frecce tempe-rate nel succo di erbe venefiche tal-mente potenti che le ferite provoca-te causavano una morte certa an-che quando erano superficiali e inregioni non vitali del corpo”. Inoltresempre in epoca merovingia venne-ro statuite da vari sovrani, tra cui Da-goberto con la Lex Bajuvariorum eCarlo Magno con la Lex Salica, dellepene pecuniarie per coloro che feri-vano a sangue le persone con frec-ce avvelenate (“cum toxicata sagit-ta alicui sanguinem fuderit”)(8) Un episodio simile fu narrato daErodiano nella sua Storia dell’ImperoRomano dopo Marco Aurelio. I di-fensori della cittadina di Hitra, unafortezza dei Parti del deserto meso-potamico assediata nel 199 a. C. dailegionari di Settimio Severo durantela campagna partica, scagliaronodalle mura della città vasi di coccioriempiti di insetti velenosi (o forsescorpioni per alcuni storici) che, at-taccandosi agli occhi o insinuandosinelle parti non protette, pungevano ilegionari producendo pericolose feri-te.(9) A riguardo narra lo storico JeanFroissart (The Chronicle of Froissart,translated out of French by Sir JohnBourchier Lord Berners, Annis 1523-25,vol. 1) originario del ducato di Hai-nault: “Il duca portò con sè da Cam-brai e Doway molte macchine daguerra, collocate dinanzi la fortezza;da queste, giorno e notte, venivanoscagliati grossi massi che distrusserole mura, le torri, le merlature del ca-stello…furono altresì lanciate carcas-se di cavalli morti sì da rendere l’ariadensa di un fetore insopportabile co-sì che da lì a poco tempo gli asse-diati avrebbero ceduto”.

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Il 14 giugno 2014 si è svolto presso il Vallelata Village il 1° Memorial dedi-cato al 1° Caporal Maggiore Massimo Di Legge organizzato dalla nuovasocietà APD Sporting Aprilia del presidente Stefano Cappelletto e pa-

trocinato dall’Esercito Italiano e dal Comune di Aprilia.La manifestazione ha avuto inizio alle ore 15:00 con l’arrivo delle autorità

militari e civili. Ha partecipato una folta rappresentanza della CasermaRA.LO.CE di Roma, Reparto in cui prestava servizio il compianto Massimo,tutte le associazioni combattentistiche di Aprilia, la Croce Rossa, il Coman-dante dei Carabinieri, della Polizia Stradale, della Guardia di Finanza, il Sin-daco, l’assessore Marchitti e tantissima gente. Alle ore 15:30 tra lacommozione generale è stata celebrata una Santa Messa in ricordo dalCappellano Militare Don Donato.

Al termine della messa è iniziata la manifestazione sportiva con la disputadelle finali dei tornei riservati alle categorie Piccoli Amici e Pulcini. La primafinale tra i Piccoli Amici dello Sporting Aprilia di Mister Di Gioia contro i piccoli dell’Ariccia è terminata con lavittoria dei piccoli dello Sporting Aprilia per 2 a 1 al termine di una partita combattuta e ben giocata. La se-conda finale della categoria Pulcini ha visto la vittoria dell’Albano Calcio contro lo Sporting Aprilia di MisterMoscetta per 2 a 0.

Terminate le finali si è svolta la partita tra gli amici e colleghi per ricordare Massimo, grande appassionato dicalcio e tifosissimo della Roma.

Alle 19:30 circa in piscina è iniziato lo spettacolo dei bambini della 1 B della scuola Grazia Deledda, alunnidella professoressa Carolina Ursini, accompagnati dai ragazzi della Sezione Musicale della Gramsci diretti dalMaestro Catena. Hanno cantato l’Inno d’Italia e la preghiera della pace, momento emozionante e intenso.Al termine dello spettacolo sono iniziate le premiazioni e i bambini della Categoria Piccoli Amici hanno dedi-cato la vittoria a Massimo donando il loro trofeo alla mamma Antonella.

È stata una giornata bellissima, emozionante e toccante grazie agli interventi del Colonnello Michele Gallo,del Tenente Colonnello Mommo e dell’Assessore Marchitti, ma soprattutto dalla grandissima partecipazionedi tanta gente comune che ha voluto far sentire la vicinanza alla famiglia e rendere omaggio ad un eroe deinostri giorni.

Un ringraziamento sentito va in modo particolare alla famiglia di Massimo, alle Istituzioni che hanno fattosentire la loro presenza, al presidente Stefano Cappelletto che insieme al suo staff ha organizzato questagiornata.

Maresciallo Capo Nicola RizzoComando Genio - Ufficio Logistico

I°I° MEMORIAL MEMORIAL 1° CAPORAL MAGGIORE MASSIMO DI LEGGE1° CAPORAL MAGGIORE MASSIMO DI LEGGE

ATTUALITÀ

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NEWS RELEASE Regional Command West - Afghanistan

2014–06–MI–037 AFGHANISTAN: PRIMO VOLO DEL DRONE DI NUOVA GENERAZIONE “BRAMOR” IN DOTAZIONE AL CONTINGENTE ITALIANO DI ISAF Herat, 9 giugno 2014. Primo volo a Herat per il “Bramor”, sistema sperimentale mini Unmanned Aircraft System (UAS) di nuova generazione in dotazione al contingente italiano in Afghanistan, sviluppato per contrastare la minaccia degli ordigni esplosivi improvvisati, rafforzare le misure di protezione dei convogli lungo gli assi stradali e acquisire le informazioni necessarie alla pianificazione delle operazioni sul terreno. Il “battesimo dell’aria” del drone, la cui sperimentazione operativa è stata affidata ai militari dell’Esercito della Task Force “Genio”, è avvenuto sopra la zona aeroportuale della base “Camp Arena” con un volo della durata di 45 minuti ad una quota di 100 metri d’altezza. Il “Bramor” dell’Esercito, pilotato da personale del 41° reggimento “Cordenons”, ha un’apertura alare di 2,30 metri, un peso complessivo di poco superiore ai 4 chilogrammi ed un’autonomia di volo di circa 3 ore. Può essere equipaggiato con una telecamera ad alta risoluzione con capacità di osservazione tramite filmati in tempo reale oppure con una fotocamera capace di sviluppare prodotti cartografici tridimensionali. È la prima volta che in un teatro operativo gli assetti del genio dispongono di sistemi UAS dedicati ed integrati nell’ambito della propria struttura.

Il drone “Bramor”

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ATTUALITÀ - ULTIME NOTIZIE DAI TEATRI OPERATIVI: AFGHANISTAN

NEWS RELEASE Regional Command West - Afghanistan

2014–06–MI–038 AFGHANISTAN: CELEBRATO A HERAT IL 153° ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DELLA MARINA MILITARE Herat, 10 giugno 2014. “In uno scenario internazionale di sempre maggiore imprevedibilità ed incertezza, le Forze Armate italiane, e tra esse la Marina Militare, costituiscono uno strumento di rilevanza fondamentale a disposizione del Paese e della comunità internazionale”. Lo ha affermato stamane il Generale Manlio Scopigno, Comandante del contingente italiano in Afghanistan, nel giorno in cui si celebra a Herat il 153° anniversario della costituzione della Marina Militare.

“La partecipazione all’operazione ISAF della Marina Militare”, ha aggiunto il Generale Scopigno, “è la vera espressione della parola interforze, in cui reparti di forze armate diverse, oggi riunite sotto le insegne della brigata “Sassari”, operano coese per raggiungere gli obiettivi comuni della missione”.

Un pensiero è andato ai fucilieri di marina Massimiliano La Torre e Salvatore Girone e alle loro dignitose famiglie, “esempio di tenace e silenzioso amor di Patria, alle quali”, ha detto Scopigno, “guardiamo con sentimenti di ammirazione e di gratitudine”.

La Marina Militare partecipa alla missione ISAF in Afghanistan con personale della Brigata Marina San Marco e aliquote operative del Gruppo Operativo Incursori (G.O.I.) di COMSUBIN inquadrate all’interno della Task Force 45, un'unità interforze di forze speciali italiane che dipende funzionalmente dal Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS).

Un momento della cerimonia

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NEWS RELEASE

ISAF Regional Command West – Afghanistan 2014–06–MI–040

AFGHANISTAN: MEMORIAL “MAGGIORE GIUSEPPE LA ROSA”

Herat, 21 giugno 2014. Il Maggiore della Brigata “Sassari” Giuseppe La Rosa, medaglia d’oro al valor militare, 53° caduto italiano dall’inizio della missione ISAF (International Security Assistance Force) è stato ricordato nell’odierna giornata.

Con questo intento i militari del contingente italiano in Afghanistan hanno disputato un torneo di pallavolo conclusosi oggi, a Herat, a distanza di poco più di un anno dalla scomparsa dell’Ufficiale del 3° reggimento bersaglieri, deceduto l’8 giugno 2013 in Afghanistan a seguito di un attentato terroristico.

Alla cerimonia di premiazione era presente anche il Comandante del Regional Command West, il Generale Manlio Scopigno, il quale ha rivolto un plauso agli atleti, alla terna arbitrale e agli organizzatori dell’evento per lo spirito ed il successo dell’iniziativa.

Il Maggiore Giuseppe La Rosa era impegnato nella missione ISAF in Afghanistan quando, “durante un movimento tattico logistico”, si legge nella motivazione del conferimento della medaglia d’oro al valor militare, “veniva fatto oggetto di un vile attentato terroristico. Con eroico gesto, dimostrando non comune coraggio, impareggiabile generosità e cosciente sprezzo del pericolo, si immolava ponendosi a scudo delle altrui vite, proteggendole con il proprio corpo dalla deflagrazione di un ordigno lanciato all'interno del veicolo nel quale viaggiava. Altissima testimonianza di nobili qualità umane ed eroiche virtù militari, spinte fino al supremo sacrificio”.

L’alta onorificenza, conferita il 6 febbraio scorso con decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, era stata consegnata ai familiari del maggiore La Rosa dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti in occasione del 153° anniversario della costituzione dell’Esercito, cerimonia alla quale avevano partecipato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Claudio Graziano.

Il Generale Manlio Scopigno durante la cerimoniadi premiazione

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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NEWS RELEASE

ISAF Regional Command West – Afghanistan 2014–06–MI–041 AFGHANISTAN: MILITARI ITALIANI INAUGURANO UNA NUOVA SCUOLA NELLA PROVINCIA DI HERAT

Herat, 26 giugno 2014. Una nuova scuola è stata inaugurata ieri nella provincia di Herat, in Afghanistan, dai militari italiani del Regional Command West, il comando ISAF a guida italiana su base Brigata “Sassari”.

Prosegue infatti l’impegno del contingente italiano non solo nelle attività di addestramento e di assistenza alle forze di sicurezza afgane, ma anche nell’ambito dei progetti di cooperazione civile–militare ereditati dal Provincial Reconstruction Team (PRT), la componente del contingente italiano di ISAF che lo scorso 25 marzo, dopo 9 anni di presenza nell’omonima provincia, ha concluso ufficialmente il suo mandato.

Alla cerimonia di inaugurazione era presente il Comandante del Regional Command West, Generale Manlio Scopigno, il quale ha sottolineato che “la sicurezza non si costruisce solo con le Forze Armate. Occorrono istituzioni governative salde e cittadini che credano fermamente nei principi universali che stanno alla base della civile convivenza, e l’istruzione è uno di questi”.

La struttura sorge a Kalar, un villaggio della periferia di Herat, e consentirà a 250 studenti di ogni genere ed età di frequentare le lezioni in aule moderne e confortevoli.

L’edificio scolastico, che si va ad aggiungere alle altre 105 scuole costruite dal PRT, consta di 8 classi con relative suppellettili, è dotato di tutti i servizi essenziali ed è stato costruito in stretto coordinamento con le autorità locali facendo ricorso a manodopera del posto, con positive ricadute economiche sul territorio.

Inaugurazione della nuova scuola di Kalar

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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NEWS RELEASE

ISAF Regional Command West – Afghanistan 2014–06–MI–042

AFGHANISTAN: INSTALLATO UN NUOVO SISTEMA DI CONTRASTO ALLA MINACCIA DEGLI ORDIGNI ESPLOSIVI IMPROVVISATI

Herat, 27 giugno 2014. È stato installato per la prima volta nel distretto di Adraskan, in provincia di Herat, e servirà a impedire il posizionamento dei micidiali ordigni esplosivi improvvisati all’interno dei numerosi canali di drenaggio delle acque (culverts) presenti sotto il manto stradale. È il “Culvert Denial System”, nuovo sistema in dotazione al contingente italiano in Afghanistan, costituito da una serie di grate metalliche collocate alle estremità dei canali. Il congegno, di concezione statunitense, consentirà il monitoraggio remoto e l’intervento in caso di sospetta manomissione da parte di elementi ostili. Il dispositivo è stato installato dai militari italiani della Task Force “Genio”, l’unità del contingente italiano su base 5° reggimento genio guastatori della Brigata “Sassari”. Questo è solo l’ultimo tassello di un lavoro sinergico in cui numerose componenti nazionali ed internazionali, in collaborazione con le forze di sicurezza afgane, hanno seguito le fasi di progettazione dei “culverts”, acquisito il materiale e svolto specifici corsi addestrativi per l’uso del sistema. Con il termine del mandato della Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza (ISAF) previsto entro la fine del 2014, il sistema sarà ceduto alle forze di sicurezza afgane che,a breve,seguiranno appositi corsi per l’apprendimento delle tecniche di istallazione, uso e manutenzione.

L'installazione del nuovo sistema ''Culvert denialsystem”

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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NEWS RELEASE

ISAF Regional Command West – Afghanistan 2014–06–MI–043

AFGHANISTAN: MILITARI ITALIANI INAUGURANO UN NUOVO POLIAMBULATORIO NELLA PROVINCIA DI HERAT

Herat, 28 giugno 2014. Un nuovo poliambulatorio è stato inaugurato nel distretto di Baba e Barq, a Herat, dai militari italiani del Regional Command West, il comando ISAF a guida italiana su base Brigata “Sassari”.

La struttura è dotata di tutti i servizi sanitari primari e garantirà una valida assistenza medica agli abitanti di una zona particolarmente popolosa della città, ancora priva di un sistema sanitario adeguato.

Il presidio ospedaliero, diretto dalla dottoressa Fariba, è composto da un ampio ingresso principale che funge anche da sala d'attesa, un'ala destinata ad ospitare donne e bambini ed un'altra, comprensiva dei servizi generali, riservata al personale maschile.

Il progetto rientra nel piano di sviluppo del settore sanitario portato avanti dai soldati italiani della cooperazione civile-militare in collaborazione con il Dipartimento della Sanità della provincia di Herat.

Le autorità locali hanno ringraziato i presenti per la vicinanza e la consueta attenzione del Regional Command West al soddisfacimento delle esigenze di carattere sanitario nella provincia di Herat.

“Il diritto di ogni cittadino alla salute e con esso all’istruzione e alla giustizia, ”ha sottolineato il comandante del Regional Command West, Generale Manlio Scopigno, “è fondamentale per il benessere e la prosperità del Paese. Sono questi i cardini per l’elevazione della dignità dell’individuo in ogni società e quindi di primario interesse anche per l’intero popolo afgano”.

La struttura si va ad aggiungere agli altri 44 poliambulatori costruiti nella provincia di Herat dal Provincial Reconstruction Team (PRT), la componente civile e militare del contingente italiano di ISAF che lo scorso 25 marzo, dopo 9 anni di presenza nell’omonima provincia, ha concluso ufficialmente il suo mandato.

L’inaugurazione del poliambulatorio

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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NEWS RELEASE Regional Command West - Afghanistan

2014–07–M–045 AFGHANISTAN: ULTIMA MISSIONE OPERATIVA DEGLI ELICOTTERI MULTIRUOLO CH-47 ITALIANI Herat, 10 luglio 2014. 60.000 uomini e 6.600 tonnellate di mezzi e materiali trasportati, per un totale di 5.600 ore di volo effettuate in quasi otto anni d’impiego operativo sopra i cieli dell’Afghanistan nell’ambito della missione ISAF (International Security Assistance Force). Con questi numeri, festeggiati simbolicamente con un passaggio a bassa quota su “Camp Arena”, si è conclusa oggi l’ultima missione operativa dei piloti e degli specialisti degli elicotteri CH-47 “Chinook” della Task Force “Fenice”, la componente ad ala rotante su base 7° Reggimento Aviazione dell’Esercito “Vega” di Rimini agli ordini del Colonnello pilota Giuseppe Potenza. Era il novembre 2007 quando gli equipaggi del 1° reggimento dell’Aviazione dell’Esercito “Antares” di Viterbo venivano rischierati a Herat, in Afghanistan, con il compito di supportare le truppe del Regional Command West, il comando multinazionale ed interforze a guida italiana responsabile delle operazioni militari nella regione occidentale del Paese. L’elicottero CH-47 è stato un assetto indispensabile nelle missioni di supporto logistico alle basi operative avanzate, di infiltrazione ed esfiltrazione delle forze speciali della coalizione e nelle attività di rifornimento d’urgenza ai posti di controllo delle forze di sicurezza afgane condotte nelle zone più remote ed impervie del Paese. L’impiego per un così lungo periodo e l’eccezionale versatilità in tutte le condizioni climatiche hanno fatto del CH-47 l’elicottero dell’Esercito più “longevo” nel corso della missione ISAF. I quattro CH-47 “Chinook” presenti in teatro rientreranno prossimamente in Italia a bordo degli aerei da trasporto “Antonov”.

Un CH-47 trasporta un VTLM ''Lince''

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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NEWS RELEASE Train Advise Assist Command West - Afghanistan

2014–07–MI–046

AFGHANISTAN: MILITARI ITALIANI E PERSONALE DELLA CROCE ROSSA ORGANIZZANO UN SIMPOSIO A FAVORE DELLE FORZE DI SICUREZZA AFGANE

Herat, 17 luglio 2014. Gli interventi di primo soccorso e l’immediata evacuazione dei feriti in combattimento verso la struttura sanitaria più vicina: questo il tema del “Tactical Combat Casualty Care Symposium”, convegno di studi ideato ed organizzato dal Military Advisory Team (MAT), l’unità del contingente italiano di ISAF incaricata della formazione dei militari dell’Esercito afgano.

L’incontro, svolto in collaborazione con personale della Croce Rossa italiana, ha visto la partecipazione di numerosi esponenti delle forze di sicurezza afgane giunti stamane a “Camp Zafar”, la base di Herat che ospita il 207° Corpo d’Armata dell’Esercito afgano.

L’evento odierno, coordinato dal Comandante del MAT, il Colonnello Ciro Chirico, rientra nel quadro dell’attività di consulenza e di assistenza che i militari italiani svolgono nei confronti delle forze di sicurezza afgane in vista di una loro sempre maggiore ed autonoma capacità di controllo del territorio.

Un momento del simposio tenutosi a Herat17 luglio 2014

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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OPERAZIONE “LEONTE” 16 ~ Cellula Pubblica Informazione ~

132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA 19/14

I CASCHI BLU ADDESTRANO LE FORZE ARMATE LIBANESI SULLE TECNICHE DI PRIMO SOCCORSO

Shama (Libano), 3 giugno 2014. Prosegue l’intensa attività addestrativa svolta dal contingente italiano di UNIFIL, attualmente su base Brigata Ariete, in favore dei militari delle Forze Armate Libanesi (LAF).

Nei giorni scorsi, i Caschi Blu hanno organizzato e condotto, presso la sede della Joint Task Force Lebanon di Shama, un corso di Basic Life Support (BLS) cui hanno partecipato trentadue soldati delle LAF. L’attività, coordinata dagli specialisti medico-sanitari e dai trainers del contingente, si è sviluppata tra lezioni teoriche e pratiche con l’obiettivo di incrementare le capacità d’intervento per primo soccorso dei frequentatori.

In particolare, il personale si è addestrato sulle procedure da adottare, tra l’altro, in situazioni di arresto cardio-polmonare, di traumi da incidente stradale o da esplosione di ordigni e di ferite da conflitto a fuoco.

Il corso BLS rientra nel programma addestrativo predisposto dal Contingente italiano a beneficio dei militari libanesi, programma che comprende anche corsi sulle tecniche per il controllo della folla (Anti Riot and Crowd Control Techniques), sul riconoscimento degli ordigni e delle mine (UXO and Mines Awareness) oltre che sulla condotta delle attività operative.

Il supporto alle Forze Armate Libanesi è uno dei compiti principali assegnati al contingente UNIFIL dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, unitamente al monitoraggio della cessazione delle ostilità e all’assistenza alla popolazione locale, attività per le quali i militari della Brigata Ariete si sono a lungo preparati in patria e svolgono qui con professionalità, trasparenza e imparzialità.

ATTUALITÀ - ULTIME NOTIZIE DAI TEATRI OPERATIVI: LIBANO

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

Una fase del corso BLS

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OPERAZIONE “LEONTE” 16 ~ Cellula Pubblica Informazione ~

132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA 22/14

CORSO DI LINGUA E CULTURA ITALIANA PER GLI UFFICIALI DELLE FORZE ARMATE LIBANESI: CONSEGNATI GLI ATTESTATI DI FREQUENZA

Shama (Libano), 6 giugno 2014. Si è svolta ieri, presso la base Millevoi di Shama, sede della Joint Task Force Lebanon, la cerimonia di consegna degli attestati di frequenza del corso di lingua e cultura italiana, organizzato a partire dal mese di febbraio in favore di Ufficiali delle Forze Armate Libanesi, dal contingente italiano, attualmente su base Brigata Ariete, in collaborazione con la Società “Dante Alighieri” di Tripoli.

L’attività, rivolta ai militari libanesi operanti nel settore a responsabilità italiana, ha avuto lo scopo di far acquisire ai frequentatori due livelli di conoscenza della lingua, principiante (A1) e intermedio (B1), secondo il Quadro Comune Europeo di Riferimento per la Conoscenza delle Lingue (QCER).

Alla cerimonia, erano presenti il Comandante del Sector West di UNIFIL, Generale Fabio Polli, il Comandante del South Litani Sector dell’Esercito Libanese, Generale Charbel Abou Khalil e la responsabile della Società “Dante Alighieri” di Tripoli, Architetto Cristina Foti.

Il corso di lingua e cultura italiana in favore di Ufficiali libanesi rientra a pieno titolo tra le attività svolte dai Caschi Blu italiani nell’ambito della Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, che prevede tra l’altro il supporto alle Forze Armate Libanesi. Per tale attività, il contingente italiano si avvale della collaborazione con la Società “Dante Alighieri”, la quale opera sulla base di una convenzione stipulata con il Ministero degli Affari Esteri per la diffusione e la certificazione della lingua italiana con un proprio attestato, il PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri), riconosciuto dai Ministeri dell’Interno, dell’Istruzione, del Lavoro e delle Politiche Sociali.

La consegna degli attestati di frequenza delcorso di italiano per le Forze Armate Libanesi(LAF)

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA 23/14

IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, FEDERICA MOGHERINI, IN VISITA ALLA MISSIONE UNIFIL

Shama (Libano), 08 giugno 2014 – il Ministro degli Affari Esteri, Federica Mogherini, accompagnata dall’Ambasciatore Giuseppe Morabito, è giunta nel Libano del Sud in visita ufficiale alla Missione UNIFIL ed al Contingente italiano.

L’Alta Autorità é stata accolta al Quartier Generale di Naqoura dal Comandante di UNIFIL, Generale di Divisione Paolo Serra, e dal Comandante del Settore Occidentale a guida italiana, Generale di Brigata Fabio Polli.

Nel prosieguo della visita, il Ministro è stato aggiornato sulla situazione operativa della missione presso la base avanzata “1-32A” presidiata dal 5º Reggimento “Lancieri di Novara” dove mensilmente si svolgono gli incontri tripartito tra UNIFIL ed alti rappresentanti militari libanesi e israeliani.

Di seguito, presso la base “Millevoi” di Shama, il Ministro ha incontrato i militari del Contingente Nazionale italiano in Libano, a guida Brigata Corazzata “Ariete”, rivolgendo loro l’indirizzo di saluto del Governo e sottolineando l’importanza della Missione ONU nella delicata regione Medio Orientale.

Il Ministro Mogherini, infine, ha espresso sentite parole di compiacimento per il costante impegno profuso, i risultati ottenuti e per quanto l’attività sia apprezzata dalla popolazione e dalle massime autoritá libanesi.

UNIFIL opera in un contesto molto delicato che dal 1978 ad oggi é in continuo mutamento. Gli obiettivi della missione si sviluppano lungo tre linee direttrici: monitoraggio della cessazione delle ostilità tra Libano e Israele, supporto alle Forze Armate Libanesi e Assistenza alla popolazione civile attraverso la realizzazione di progetti atti a facilitare un miglioramento della qualità della vita per gli abitanti nel Sud del Libano.

Il Ministro degli Affari Esteri, Federica Mogherini,in visita alla missione UNIFIL

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COMUNICATO STAMPA 24/14

I CASCHI BLU ITALIANI CONSEGNANO MATERIALE SCOLASTICO AI BAMBINI NEL SUD DEL LIBANO

Shama (Libano), 10 giugno 2014. Nel quadro delle attività di cooperazione civile-militare (CIMIC) proseguono gli interventi a sostegno della popolazione locale libanese condotti dai Caschi Blu del contingente italiano di UNIFIL, attualmente su base Brigata Ariete.

In particolare i peacekeepers di ITALBATT, l’unità di manovra della Joint Task Force Lebanon costituita da personale del Reggimento “Lancieri di Novara” (5°), agli ordini del Colonnello Elio Babbo, hanno visitato nelle settimane scorse 12 scuole elementari nei villaggi della loro area di competenza, distribuendo 1.050 kit scolastici (contenenti quaderni, astucci porta penne e colori, album da disegno e altro) ad altrettanti bambini.

Ovunque accolti con curiosità ed entusiasmo, i militari italiani si sono anche intrattenuti presso gli istituti per qualche momento di serenità, dando vita a semplici attività ricreative che hanno coinvolto insegnanti e studenti. I direttori delle scuole hanno espresso apprezzamento per quanto sta facendo il contingente italiano per il Libano, in particolare per l’attenzione riservata nei confronti dei bambini e per il settore della formazione.

Le donazioni di materiale scolastico proseguiranno anche nelle prossime settimane, unitamente ad altre iniziative condotte a sostegno della popolazione locale.

L’assistenza alla popolazione è una delle attività più importanti condotte da UNIFIL ed è prevista dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, unitamente al monitoraggio della cessazione delle ostilità e al supporto alle Forze Armate Libanesi.

La consegna del materiale scolastico ad una scuola ele-mentare libanese

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Rassegna dell’Esercito on line 3/2014

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132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA 25/14

I CASCHI BLU ADDESTRANO LE FORZE ARMATE LIBANESI AL RICONOSCIMENTO DELLE MINE E DEGLI ORDIGNI ESPLOSIVI

Shama (Libano), 16 giugno 2014. Prosegue l’intensa attività addestrativa svolta dal contingente italiano di UNIFIL, attualmente su base Brigata Ariete, in favore delle Forze Armate Libanesi (LAF).

Nei giorni scorsi, i Caschi Blu hanno organizzato e condotto, presso la sede della Joint Task Force Lebanon di Shama, un corso sulle tecniche di riconoscimento degli ordigni e delle mine (UXO and Mines Awareness Course) cui hanno partecipato quaranta militari delle LAF.

L’attività, coordinata dagli specialisti EOD e dai trainers del contingente, si è sviluppata tra lezioni teoriche e pratiche con l’obiettivo di incrementare le conoscenze e le capacità d’intervento in caso di ritrovamento di ordigni.

In particolare, il personale, oltre a dedicarsi allo studio delle varie tipologie di mine e di ordigni esplosivi conosciuti e ai rischi connessi, si è addestrato alle procedure per mettere in sicurezza l’area interessata dal rinvenimento di una potenziale minaccia in anche situazioni di pericolo, e consentire agli specialisti le successive operazioni di bonifica.

Il corso UXO and Mines Awareness rientra nel programma addestrativo predisposto dal contingente italiano a beneficio dei militari libanesi, programma che comprende anche corsi sulle tecniche per il controllo della folla (Anti Riot and Crowd Control Techniques), sulle tecniche di primo soccorso (Basic Life Support) oltre che sulla condotta delle attività operative.

Il supporto alle Forze Armate Libanesi è uno dei compiti principali assegnati al contingente UNIFIL dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, unitamente al monitoraggio della cessazione delle ostilità e all’assistenza alla popolazione locale, attività per le quali i militari della Brigata Ariete si sono a lungo preparati in patria e svolgono qui con professionalità, trasparenza e imparzialità.

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

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Un momento del corso UXO and Mine Awareness

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OPERAZIONE “LEONTE” 16 ~ Cellula Pubblica Informazione ~

132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA 30/14

I CASCHI BLU ITALIANI EFFETTUANO NUMEROSI INTERVENTI DI MEDICAL CARE

Shama (Libano), 3 luglio 2014. Nel quadro delle attività di assistenza in favore della popolazione libanese, il contingente italiano di UNIFIL, attualmente su base Brigata Ariete, ha avviato questa settimana un intenso programma di interventi medico-sanitari in diverse località nell’area a sud del fiume Litani.

In particolare, gli assetti specialistici della Joint Task Force Lebanon e di ITALBATT (unità di manovra del contingente, agli ordini del Colonnello Elio Babbo), coordinati dagli Ufficiali medici, hanno effettuato in questi giorni attività ambulatoriali di Medical Care presso i villaggi di Majda Zun, Zibquin, Al Mansouri e Ramadyah, visitando nel complesso oltre centocinquanta pazienti, tra cui molti bambini, affetti da diverse patologie, come ustioni, traumi da caduta, polmonite, gastroenteriti, dermatiti e micosi. Tra le persone soccorse anche una bambina di pochi mesi con ferite da taglio provocate dalla rottura di un vetro. Numerosi anche i pazienti invalidi, che, impossibilitati a muoversi, sono stati visitati a domicilio dai medici dei Caschi Blu.

Oltre agli interventi nei villaggi, il personale sanitario del contingente continua ad assicurare anche il servizio ambulatoriale per emergenze presso le infermerie delle basi militari di Shama e Al Mansouri, dove si presentano per ricevere cure mediche in media, settimanalmente, una cinquantina di pazienti.

Il programma di Medical Care proseguirà nei prossimi giorni con interventi in altre località dell’area ove opera il contingente italiano, secondo il piano d’interventi stabilito dal contingente in accordo con le locali municipalità.

L’assistenza alla popolazione locale è uno dei compiti principali assegnati ad UNIFIL dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, unitamente al monitoraggio della cessazione delle ostilità e al supporto alle Forze Armate Libanesi, compiti che i militari della Brigata Ariete, comandati dal Generale Fabio Polli, svolgono qui con impegno, professionalità e trasparenza.

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Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

Personale del Medical Care durante una visitamedica

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UNIFIL - SECTOR WEST HQ JOINT TASK FORCE - LEBANON

OPERAZIONE “LEONTE” 16 ~ Public Information Office ~

132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA n. 33/14

I CASCHI BLU ITALIANI CONSEGNANO GIOCATTOLI E VESTIARIO PER BAMBINI ALL’IMAM SADR FOUNDATION DI TIRO

Shama (Libano), 7 luglio 2014. I Caschi Blu di ITALBATT, unità di manovra italiana del contingente UNIFIL, su base Reggimento “Lancieri di Novara” agli ordini del Colonnello Elio Babbo, hanno consegnato nei giorni scorsi un consistente quantitativo di giocattoli, articoli sportivi e vestiario per bambini alla Fondazione “Imam Sadr” di Tiro, ente che si occupa di assistenza alle persone bisognose nel sud del Libano.

Il materiale consegnato dai peacekeepers proviene da una donazione effettuata da due sodalizi italiani, l’Associazione “Regina Elena” e l’Ordine “Costantiniano e di San Giorgio”, non nuovi ad iniziative di solidarietà nei confronti delle popolazioni locali ove operano i contingenti militari nazionali.

Della donazione fa parte anche altro materiale sanitario, come macchinari per la riabilitazione motoria, carrozzine per disabili e medicinali, che saranno distribuiti dai Caschi Blu nei prossimi giorni, nell’ambito di nuove iniziative benefiche.

L’assistenza alla popolazione locale è uno dei compiti principali assegnati ad UNIFIL dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, unitamente al monitoraggio della cessazione delle ostilità e al supporto alle Forze Armate Libanesi, compiti che i militari della Brigata Ariete, comandati dal Generale Fabio Polli, svolgono qui con impegno, professionalità e trasparenza.

ATTUALITÀ - ULTIME NOTIZIE DAI TEATRI OPERATIVI: LIBANO

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

La donazione di giocattoli e vestiario alla Fon-dazione “Imam Sadr” di Tiro

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UNIFIL - SECTOR WEST HQ JOINT TASK FORCE - LEBANON

OPERAZIONE “LEONTE” 16 ~ Public Information Office ~

132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA n. 35/14

ESERCITAZIONE MULTINAZIONALE “RITEX” PER I CASCHI BLU DI UNIFIL

Shama (Libano), 10 luglio 2014. Si è svolta oggi, nel Sector West di UNIFIL, nel Libano del Sud, l’esercitazione multinazionale denominata RITEX (Reserve Integration Training Exercise) cui hanno partecipato tutte le unità dipendenti dalla Joint Task Force Lebanon, la cui leadership è attualmente affidata alla Brigata Ariete.

L’attività, pianificata e condotta al fine di mantenere elevato il livello addestrativo delle Mobile Reserve Forces di UNIFIL, assetti chiamati ad intervenire in caso di disordini e situazioni di crisi, si è sviluppata attraverso la simulazione di un evento negativo con scontri e aggressioni, e la successiva esecuzione di azioni militari di contenimento e controllo della folla (Crowd and Riot Control), che hanno consentito di testare prontezza e capacità di reazione delle unità e affinare le procedure di coordinamento tra i reparti.

Ad assistere all’attività erano presenti anche rappresentanti delle Forze Armate Libanesi, con cui i caschi blu svolgono numerose attività addestrative ed operative.

Il Generale Fabio Polli, Comandante del Sector West di UNIFIL, nel commentare gli esiti dell’esercitazione, ha espresso la propria soddisfazione per il pieno conseguimento degli obiettivi addestrativi prefissati e ha manifestato il proprio apprezzamento agli organizzatori e al personale partecipante.

Le attività congiunte con le Forze Armate Libanesi rientrano fra i compiti assegnati ai caschi blu dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite che oltre al supporto alle LAF prevede anche il monitoraggio della cessazione delle ostilità e l’assistenza alle popolazione locale.

ATTUALITÀ - ULTIME NOTIZIE DAI TEATRI OPERATIVI: LIBANO

Rassegna dell’Esercito on line 4/2014

L’esercitazione multinazionale RITEX (ReserveIntegration Training Exercise)

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UNIFIL - SECTOR WEST HQ JOINT TASK FORCE - LEBANON

OPERAZIONE “LEONTE” 16 ~ Cellula Pubblica Informazione ~

132^ Brigata Corazzata “Ariete”

COMUNICATO STAMPA n. 36/14

I CASCHI BLU DI ITALBATT DONANO IL SANGUE PER LA CROCE ROSSA DI TIRO

Shama (Libano), 12 luglio 2014. Si è svolta questa mattina, presso la base di ITALBATT, unità di manovra del contingente italiano di UNIFIL su base Reggimento “Lancieri di Novara” (5°), una donazione di sangue in favore della Croce Rossa di Tiro.

L’attività, che ha registrato la partecipazione di circa quaranta Caschi Blu donatori tra cui il Comandante di ITALBATT, Colonnello Elio Babbo, è stata organizzata dalla Cellula CIMIC in risposta all’appello a donare lanciato dalla Croce Rossa di Tiro, che proprio in questo periodo, caratterizzato dal forte caldo e dal Ramadan, affronta notevoli difficoltà nella raccolta di sangue.

Un plauso all’iniziativa è giunto anche dall’Italia attraverso le parole del Presidente dell’Associazione Friulana Donatori di Sangue, Renzo Peressoni che, nel corso di una videochiamata, ha espresso la propria gratitudine al Colonnello Elio Babbo, per l’alto senso civico che contraddistingue i Lancieri, da sempre vicini e sensibili al problema della carenza di emoderivati.

Alle espressioni di riconoscenza si è unita anche la dottoressa Silvana Cremaschi, Consigliere Regionale del Friuli-Venezia Giulia e membro della Commissione Salute, che ha inoltre portato ai militari dell’Ariete in servizio in Libano il saluto e l’apprezzamento della Presidente della Regione Debora Serracchiani.

Dal settembre 2007 presso la sede del Reggimento “Lancieri di Novara” a Codroipo, è attiva la Sezione “Bianchi Lancieri” dell’AFDS, che annovera oltre duecento iscritti ed effettua periodiche donazioni di sangue.

L’iniziativa odierna rientra a pieno titolo tra le attività di assistenza in favore della popolazione libanese previste dalla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, unitamente al monitoraggio della cessazione delle ostilità e al supporto alle Forze Armate Libanesi, compiti che il personale della Brigata Ariete, comandata dal Generale Fabio Polli, svolge con impegno, professionalità e trasparenza.

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La donazione di sangue in favore della CroceRossa di Tiro

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CONTINGENTE ITALIANO KFOR Public Affairs Office

COMUNICATO STAMPA

IL CONTINGENTE ITALIANO IN KOSOVO CELEBRA L'ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DELLA

REPUBBLICA

Pec, 2 giugno 2014. Oggi, nella base “Villaggio Italia” di Pec che ospita il comando del Multinational

Battle Group West (MNBG-W), il personale del Contingente italiano in Kosovo ha celebrato

l’anniversario della costituzione della Repubblica.

Dopo la resa degli onori ai Caduti in patria e d’oltremare, nel corso della breve ma significativa

cerimonia, è stata data lettura dei messaggi pervenuti dal Presidente della Repubblica e dal Ministro

della Difesa.

Il comandante del contingente, Colonnello Antonio Sgobba, ha così commentato l’evento: “Le nostre

Forze Armate, qui rappresentate dagli uomini e donne del contingente nazionale del MNBG-W, sono

fiere testimoni di questo anniversario che rende onore alla scelta fatta dai nostri predecessori 68 anni fa.

Il ricordo di questo evento arricchisce e rafforza la volontà di mostrarsi italiani, la vicinanza ai valori che

rappresentiamo e che degnamente trasmettiamo tanto in Patria quanto all’estero”. A seguire, con la

consegna della medaglia commemorativa della NATO, il Colonnello Sgobba ha suggellato l’impegno

dei peacekeepers italiani nel loro periodo di servizio in quest’area dei Balcani.

Lo scopo primario della missione del contingente italiano di stanza a Pec, composto da 250 militari su

base 52° reggimento “Torino”, è quello di garantire, in aderenza alla Risoluzione 1244 del Consiglio delle

Nazioni Unite, la sicurezza, la stabilità e la libertà di movimento nell’area occidentale del Kosovo

contribuendo al consolidamento della pace e al processo di crescita civile.

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Cerimonia di celebrazione dell'anniversariodella costituzione della Repubblica

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CONTINGENTE ITALIANO KFOR Public Affairs Office

COMUNICATO STAMPA

KOSOVO. UN CORSO DI TENNIS TRA I PROGETTI DEI MILITARI ITALIANI PER I BAMBINI DI PEJA

Peja, 3 giugno 2014. Il contingente militare italiano di stanza a Belo Polje, grazie a una donazione della

Federazione Italiana Tennis (FIT), ha portato a termine questa mattina presso il centro sportivo

comunale di Peja un corso di tennis a favore di 25 bambini kosovari.

L’attività rientra nel quadro di una serie di iniziative della cooperazione civile e militare del contingente

italiano, promosse per avviare le giovani generazioni kosovare alla pratica di discipline sportive.

Per un mese 25 bambini di famiglie meno abbienti di ogni etnia e religione hanno partecipato

gratuitamente alle lezioni di mini-tennis tenute, con il supporto dallo staff del circolo tennis di Peja, da

un militare italiano in forza alla missione Kfor in possesso della qualifica di istruttore federale. Con

l’intervento della FIT, che ha donato attrezzature didattiche ed equipaggiamenti sportivi, è stato

permesso a questo gruppo di piccoli tennisti di praticare questo sport liberamente e gratuitamente.

“Grazie agli italiani per questa lodevole iniziativa che si aggiunge ad altre già effettuate per i nostri

giovani. Da oggi potremo offrire la pratica di questo sport anche alle scolaresche della municipalità di

Peja” – queste le parole pronunciate da Kresnik Arifi, presidente del tennis club Peja, alla chiusura del

corso.

I 250 peacekeepers italiani del contingente in servizio a Belo Polje, provenienti principalmente dal 52°

reggimento “Torino” con sede a Vercelli, hanno il compito di garantire, nel rispetto della risoluzione 1244

del Consiglio delle Nazioni Unite, la sicurezza, la stabilità e la libertà di movimento nell’area occidentale

del Kosovo contribuendo al consolidamento della pace e al processo di crescita civile.

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Il corso di tennis organizzato della FIT a favore dei bam-bini di Peja

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CONTINGENTE ITALIANO KFOR Public Affairs Office

COMUNICATO STAMPA KOSOVO. DOPO SEI MESI TERMINA L’IMPEGNO DEL 52° REGGIMENTO “TORINO” AL COMANDO DEL MULTINATIONAL BATTLE GROUP WEST

Belo Polje, 10 giugno 2014. Presso la base "Villaggio Italia" ha avuto luogo stamane il passaggio di responsabilità alla guida del Contingente italiano e del Multinational Battle Group West della Kosovo Force (KFOR). Il reggimento “Lancieri di Montebello” (8°) di stanza a Roma, agli ordini del Colonnello Angelo Minelli, ha dato il cambio al 52° reggimento artiglieria terrestre “Torino”, comandato dal Colonnello Antonio Sgobba. La cerimonia si è svolta alla presenza del Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI), Generale di Corpo d’Armata Marco Bertolini, e del Generale di Divisione Salvatore Farina, Comandante di KFOR. All’evento era presente l’Ambasciatore d’Italia in Kosovo SE Andreas Ferrarese, e numerose autorità religiose, militari e civili. Nel corso dell’operazione, gli artiglieri di Vercelli hanno contribuito al mantenimento di un ambiente sicuro nella propria area di responsabilità, garantendo, tra l’altro, la sicurezza del sito religioso del monastero di Visoki Decani, patrimonio UNESCO dal 2004. Di rilevante importanza è stato inoltre il concorso fornito nell’assicurare la regolarità del processo elettorale nelle diverse tornate svoltesi in Kosovo nei mesi di gennaio, marzo e, di recente, per le consultazioni politiche dello scorso 8 giugno. Nel suo intervento, il Generale Bertolini ha evidenziato come “il lavoro svolto dai militari italiani per la stabilità e la sicurezza del Kosovo sia importante per il nostro Paese prima ancora che per l’Europa dove le tensioni nell’area balcanica hanno i loro riflessi immediati. È per questo che lo strumento militare serve alla politica estera”. Il comandante di KFOR ha voluto sottolineare “il qualificato contributo alla sicurezza offerto dal Multinational Battle Group West proprio in occasione delle recenti elezioni politiche durante le quali i militari italiani e stranieri agli ordini del Colonnello Sgobba hanno lavorato gomito a gomito con la Kosovo Police, gli agenti di EULEX ed i rappresentanti e gli operatori dell’OSCE, dell’Unione Europea e delle altre Organizzazioni Internazionali e le Autorità locali del Kosovo per la perfetta riuscita di questa importante ed impegnativa operazione”. Il 52° reggimento “Torino” e il personale del 1° Reggimento Trasmissioni di Milano rientrano in Patria dopo aver promosso nei sei mesi di mandato anche diverse iniziative CIMIC destinate a migliore le condizioni di disagio della popolazione ed offrire ad essa nuove opportunità per il futuro, con attenzione particolare alle giovani generazioni. Lo Stendardo del subentrante Reggimento “Lancieri di Montebello” (8°), insignito di una Medaglia d’Argento al Valor Militare, ha varcato per la prima volta i confini nazionali dopo 155 anni di storia.

L’intervento del Generale Bertolini

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ESERCITAZIONI MULTINAZIONALI PER I MILITARI ITALIANI IN KOSOVO

Si è conclusa negli ultimi giorni, presso la base italiana “Villaggio Italia” a Pec (Kosovo), un’intensa

fase addestrativa che ha visto il contingente nazionale, costituito da uno Squadrone del Reggimento

“Lancieri di Montebello”, operare a stretto contatto con colleghi di varie nazionalità, tra cui austriaci,

sloveni, ungheresi, moldavi ed americani, che fanno parte del Multinational Battle Group West,

attualmente a guida italiana.

Le unità si sono esercitate sulle tecniche di controllo della folla, simulata dallo stesso personale

militare, affrontando varie situazioni di criticità: dalle aggressioni e disordini “di piazza” al lancio di

oggetti e bottiglie incendiarie “Molotov”, di cui i soldati hanno imparato a contenere e prevenire i

danni utilizzando varie tecniche.

È stato simulato inoltre uno scenario complesso di evacuazione di personale ferito, estratto dalla zona

degli ipotetici scontri tramite personale sanitario a bordo di elicotteri.

L’attività è stata portata a termine con esito positivo, permettendo ai nostri militari di conseguire la

c.d. “Full Operational Capability”, ovvero la piena capacità operativa in diverse ipotesi di impiego.

CONTINGENTE ITALIANO KFOR Public Affairs Office

COMUNICATO STAMPA

- 09 LUGLIO 2014 -

Militari italiani impegnati in un’esercitazione sulletecniche di controllo della folla

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MONASTERO DI DECANI: CAMBIO DELLA GUARDIA TRA MILITARI ITALIANI E SLOVENI DEL MNBG-W

Decani, 24 luglio 2014. Stamattina ha avuto luogo il passaggio di consegne per il servizio di vigilanza al monastero ortodosso di Visoki Decani (Kosovo) tra i militari italiani ed i loro colleghi sloveni, tutti in forza al Multinational Battle Group West (MNBG W), comandato dal Colonnello Angelo Minelli. Il Contingente italiano, dopo un periodo di affiancamento, ha dato attuazione al processo di “reshaping”, avviato sulla base delle indicazioni del Comandante di KFOR, Generale Salvatore Farina. In base a questo programma, la vigilanza del sito, gestita finora dal contingente italiano in maniera permanente, sarà affidata a rotazione tra le aliquote degli Eserciti stranieri che compongono il Multinational Battle Group West: sloveni, austriaci, moldavi, oltre ovviamente agli italiani. Ciò conferirà maggiore dinamicità al servizio di sicurezza del sito religioso. Dopo 15 anni di vigilanza ininterrotta da parte degli italiani, il Monastero di Decani verrà quindi sorvegliato dagli altrettanto validi colleghi di altre nazioni. “Si tratta di un passaggio importante”, ha sottolineato il Colonnello Angelo Minelli. “Il reshaping consentirà, al momento opportuno, il trasferimento della responsabilità della sicurezza del sito alle forze di polizia locali e alle autorità civili, come già avvenuto nel settembre 2013 per il Patriarcato di Pec”. Il Contingente italiano ha assunto sin dal giugno 1999 la responsabilità della regione delle Metochia, la “Terra dei Monasteri”, culla del patrimonio culturale e religioso ortodosso, dove gravitano numerose enclavi serbe, in un’area a maggioranza albanese. Ciò la rende un’area tra le più delicate del Kosovo.

CONTINGENTE ITALIANO KFOR Public Affairs Office

COMUNICATO STAMPA

- 24 LUGLIO 2014 -

Il cambio della guardia tra militari italiani e sloveni

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ATTIVITA’ CIMIC PER IL POPOLO KOSOVARO

Pec, 28 luglio 2014 - Nella settimana appena trascorsa, i militari italiani di stanza in Kosovo, inquadrati nel Multinational Battle Group West a guida “Lancieri di Montebello”, hanno svolto diverse attività di cooperazione civile-militare (CIMIC) in favore della popolazione locale. Attraverso la realizzazione di progetti e donazioni di beni di prima necessità in favore delle popolazioni, il CIMIC si pone quale interlocutore tra le etnie presenti nella regione kosovara per favorirne la collaborazione e creare le migliori condizioni per la loro autonoma crescita. Gli italiani hanno donato materiale didattico, giocattoli, vestiario e generi di prima necessità ad un centro religioso per l’infanzia sito a Bec (Djakova), che accorpa anche un centro di accoglienza e dove i numerosi bambini bisognosi vengono seguiti ed educati secondo principi di integrazione e solidarietà. Le attività CIMIC sono proseguite con donazioni agli abitanti dei villaggi compresi nell’enclave di Gorazdevac: una comunità serba che tuttora risente dell’accentuato isolamento, dal momento che è collocata al centro di un’area a maggioranza albanese. Infine, il Contingente italiano ha fornito il proprio contributo di solidarietà alla “Caritas Umbra” di Klina, Organizzazione Non Governativa (NGO) tutta italiana attiva in Kosovo da 15 anni, che si occupa di dare dimora ed istruzione a minorenni bisognosi. In segno di ringraziamento, i piccoli hanno a loro volta organizzato una serata con spettacoli e balletti dedicata agli italiani. Tutte le donazioni sono state fatte nel rispetto dell’imparzialità verso le etnie e le religioni presenti sul territorio.

CONTINGENTE ITALIANO KFOR Public Affairs Office

COMUNICATO STAMPA

- 28 LUGLIO 2014 -

Donazione di giocattoli ai bambini kosovari

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Luigi Cortelletti: “La Grande Guerra. Oltre la dura trin-cea. Opere, mezzi ed eroismi dell’Arma del Genio”,Gino Rossato Editore, Novale (Vicenza) 2011, pp. 189,euro 19,00.

In genere la pubblicistica sulla Grande Guerra siconcentra sui grandi avvenimenti e sui reparti coin-volti, approfondendo le tattiche e le scelte strategi-che che hanno determinato vittorie o sconfitte. Que-sto libro invece è una ricostruzione minuziosa dell’or-dinamento dell’Arma del Genio del periodo bellico efornisce un quadro d’insieme congruo e preciso delsuo sviluppo.

L’autore analizza dal punto di vista organizzativo edei materiali in dotazione all’Arma del Genio la com-ponente tecnica innovativa che fu determinante perlo sviluppo di una guerra moderna: le comunicazioniradio, l’uso dei lanciafiamme, la fornitura di energiaelettrica nonchè la realizzazione di ponti, strade etratti ferroviari.

La prima parte descrive la componente tecnica e lespecializzazioni degli otto reggimenti del Genio, la se-conda approfondisce gli aspetti operativi descrivendo

le operazioni condotte grazie all’ausilio dei reparti delGenio, determinanti nei fatti d’arme dalla “Strafexpedi-tion” della difesa del Piave, ma anche delle gesta eroi-che del Pasubio, del Priaforà e del Grappa.

Il volume contiene anche un’accurata descrizionedei reggimenti dell’Arma con illustrazioni che descrivo-no le specializzazioni di ciascun reparto (zappatori, te-legrafisti, pontieri, elettricisti, minatori, ferrovieri e lagu-nari...) con dettagli e specifiche delle relative sezionioperative. Ad esempio, quelle destinate allo studio eall’applicazione di tecniche di mimetizzazione o l’im-piego in vasta scala delle nuove apparecchiature otti-che e fotografiche. La trattazione viene completataesaurientemente da un’iconografia nitida e specificaanche con schizzi e disegni tratti da pubblicazioni tec-niche dell’epoca ben citate nella bibliografia.

La terza parte del libro è dedicata ai principali deco-rati dell’Arma del Genio della Grande Guerra (con lemotivazioni delle Medaglie d’Oro al Valor Militare, con-cesse spesso alla memoria). È indicata anche l’asse-gnazione ai reparti operativi di tutte le compagnie deireggimenti Genio che hanno operato dal 24 maggio1915 al 4 novembre 1918.

Il libro è frutto di un’attenta ricerca archivistica su fontidocumentali primarie che rappresentano in pratica tut-ta la produzione specializzata sulla storia dell’Arma delGenio dagli anni venti ai nostri giorni. “Oltre la dura trin-cea” costituisce quindi un punto di riferimento per chivuole approfondire, in occasione del Centenario dellaGrande Guerra, gli aspetti tecnici e operativi dell’Armadel Genio il cui apporto ha determinato la svolta delnostro Esercito, modernizzandolo.

Marcello Ciriminna

Alberto di Gilio: “Caporetto giorni d’inferno”, Gino Ros-sato Editore, Novale (Vicenza) 2012, pp. 181, euro 20,00.

Già 2.500 anni fa SunTzu, generale e filosofo cinese, nelsuo famoso “L’arte della guerra”, affermava: “Se le re-gole non sono chiare e gli ordini non vengono com-presi, la colpa è del generale; se invece le regole sonochiare e tuttavia gli ordini non vengono eseguiti, allorala colpa è degli ufficiali”. Se ne deduce che, in ognicaso, la colpa di una sconfitta non è mai dei soldati.Dopo Caporetto si tentò invece di incolpare proprio isoldati, non a caso da parte di colui al quale la storiaavrebbe attribuito la maggiore responsabilità.

Recensioni

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Alberto Di Gilio, storico e ricercatore, col suo leggibilissi-mo libro, documenta quanto ingiusta fosse quest’accu-sa ripercorrendo il diario inedito di un Ufficiale di artiglie-ria e citando dichiarazioni e testimonianze di chi visse inprima persona quei “giorni d’inferno”. Di Gilio lascia in-tuire che Caporetto non fu l’inevitabile risultato del cini-

co colpo di un destino baro e crudele, bensì la tragicaconseguenza di errori di valutazione degli Alti comandi.Col suo paziente lavoro di ricerca l’Autore sarà poi ingrado di affermare che, prima di quel fatidico 24 otto-bre, gli Alti comandi non ritenevano possibile che le for-ze italiane, avanzate sia pure in misura minima durantele sanguinose battaglie dell’Isonzo, non fossero in gradodi sostenere l’offensiva nemica, erroneamente ipotizza-ta modesta. Errore imperdonabile perchè questi eranosicuramente a conoscenza che gli Imperi centrali stava-no invece preparando una grande offensiva: due Uffi-ciali nemici disertori avevano comunicato al comandodella II Armata giorno e luogo dell’attacco, anche for-nendo copia molto dettagliata del piano. Ma congrande presunzione i responsabili ritennero il tutto pocoattendibile. Snobbando perciò l’insperato aiuto ricevuto

dalla sorte, impartirono direttive inadeguate a fronteg-giare un’offensiva devastante che sarebbe costata la-crime e sangue ed un’umiliante disfatta che gravò sulnostro orgoglio nazionale per decenni.Lo sfondamento del fronte fu solo il principio. Seguì unarovinosa ritirata delle truppe, cui si aggiunsero via via lepopolazioni dei territori attraversati. Di Gilio lascia intuiredi essersi imbattuto attraverso la sua ricerca in sconvol-genti episodi di violenza. Non mancarono però nean-che episodi eroici, capaci di mitigare vergogna e dolo-re. Il ripiegamento avvenne in maniera caotica, conassenza di coordinamento e di collegamenti, con re-parti isolati e abbandonati al proprio destino. Un testi-mone, dopo aver incrociato una colonna di sbandati,così riferisce nel suo diario: “… Tutti gli uomini sono sen-za fucile e cartucce… Tutti dicono che sono venuti in-dietro perché hanno ricevuto l’ordine…..da quegli cheera più vicino…”. L’intellettuale Ardengo Soffici nel suocontroverso testo “La ritirata del Friuli” descrive un epi-sodio che svela anche la volontà di resistere a oltranza:“Sopra un terrazzino, in cima alla scaletta del munici-pio, un caporalmaggiore, circondato da commilitoni,chiede un po’ di silenzio e arringa i compagni. Non èun discorso il suo, ma frasi slegate e lanciate nell’ariacon voce gagliarda, tirate in fretta e furia, come fucila-te, piene ….. di coraggio e di fede… Il nemico non puòe non deve vincere e non vincerà”. Come è andata afinire è nei libri di Storia ed è fuso nel bronzo dei canno-ni catturati al nemico, sotto il nome di Bollettino dellaVittoria e firmato Armando Diaz. Ancora oggi se ne puòleggere il testo sulle targhe presenti in tutte le casermee municipi d’Italia. Diaz, chiamato al culmine del disa-stro a sostituire Cadorna, riorganizzò le forze preoccu-pandosi soprattutto di risollevare il morale degli uomini,che di lì a un anno riscattarono la penosa vergogna. IlGenerale Cadorna, dal canto suo, il 28 ottobre, alcunimesi prima della sua messa sotto accusa, insieme adaltri comandanti, da parte delle autorità nazionali, emi-se questo sconcertante bollettino: “La mancata resi-stenza di reparti della II Armata, vilmente ritiratisi senzacombattere e ignominiosamente arresisi al nemico, hapermesso alle forze armate austro-germaniche di rom-pere la nostra ala sinistra sul fronte Giulia. Gli sforzi valo-rosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire al-l’avversario di penetrare nel sacro suolo della Patria”. Inrealtà - riporta Di Gilio - molti di quei soldati giacevanomorti ed insepolti, avvelenati dai gas.

Lia Nardella

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