ODDIO, COM’ E’ CAMBIATO IL · quest [ anno fa io il gio o dell [ uva: ognuno a asa sua, osì ho...

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1 ODDIO, COM’ E’ CAMBIATO IL MONDO! Commedia brillante in tre atti, Maria Teresa Pazzaglia Iscrizione SIAE N. 227846 E-Mail: [email protected] Tel: 0547 666945 Cell: 339 1783850

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Personaggi e interpreti:

LENINA: mamma

PACIFICO: marito di Lenina

ZITA: figlia

GAIO: figlio

TAEV: amico di Zita

OSCAR: amico di Gaio

OLIVIO: dottore in agraria

FIORELLA: fidanzata di Olivio

La scena si svolge nel giardino, dove ci sono piante e fiori, che sono la passione di Lenina. Servono un tavolo da giardino e sedie. Sulla sinistra c’ è l’ entrata dall’ esterno, con un cancelletto; a destra l’ entrata di casa; sul retro si prolunga il giardino, oltre la porta, addobbata con numerose piante.

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Atto Primo

( a piacere suona la musica “ Filmmusik” di Charlie Chaplin )

( Sono in scena Lenina e Pacifico, seduti vicino al tavolo. Lenina pianta

dei fiori nei vasi, Pacifico legge il giornale. Lenina è vestita con camicetta

e gonna a tubo, sopra una giacca allacciata con cintura; ha la camminata

simile al passo dell’ oca militare, tono della voce imperioso. Pacifico ha

occhialini rotondi uguali a quelli che portava il mahatma Gandhi; parla

con tono della voce pacato e lento.)

PACIFICO: ( leggendo) Guarda, guarda, quest’ anno il sindaco fa le cose in grande.

C’ è scritto qui che la fiera durerà quattro domeniche, che verranno

molte bancarelle, con tutte le cose più buone, tutte le specialità della

Romagna. Oh, ci saranno anche le giostre e il circo, che staranno qui fino

a dopo pasqua, anche il mese di maggio.

LENINA: Cosaa? Mi toccherà invitare i parenti per quattro domeniche? No, eh!

Una volta basta; hai voglia te, sennò quelli si mangiano tutto il prosciutto

che abbiamo attaccato su in cantina.

PACIFICO: I parenti dopo tre giorni fanno la puzza, quindi ti toccherà invitarli

almeno tre domeniche.

LENINA: Sei matto? Poi vogliono venire anche la quarta, dopo sì che avremmo il

pesce fradicio in casa.

PACIFICO: Allora li invitiamo solo a mangiare la ciambella con l’ albana.

LENINA: Per quattro domeniche? Quelli se ne bevono una damigiana intera di

albana, si attaccano alla gomma e bevono come un imbuto. Valà che io

quest’ anno faccio il gioco dell’ uva: ognuno a casa sua, così ho risolto il

problema.

PACIFICO: Allora fa pure te, che io non lo so. Sono i tuoi parenti, ti arrangerai te.

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LENINA: A proposito di parenti, dobbiamo andare da tuo fratello un giorno della

prossima settimana.

PACIFICO: Io pensavo di andare col treno, così non c’ è il problema dell’ autostrada,

ci riposiamo.

LENINA: Col treno? No, no, io voglio andare in macchina, è più comodo, partiamo

quando ci pare, senza fare le corse, ci possiamo fermare quando

vogliamo…

PACIFICO: Sì, perché devo guidare io, te la vuoi comoda solo per te. Cosa sarà mai

per una volta andare in treno.

LENINA: Allora io non ci vengo.

PACIFICO: Vuoi sempre fare come piace a te, Lenina, vuoi sempre avere ragione te.

LENINA: E te ti chiami Pacifico di nome e di fatto; la vuoi sempre prendere

comoda per te.

PACIFICO: E te vuoi comandare come il tuo babbo, che ti ha chiamato col nome di

Lenin.

LENINA: Lascia stare il mio povero babbo e questo nome che mi porto dietro da

quando sono nata, che tutti mi prendono in giro.

PACIFICO: Il tuo babbo voleva fare la rivoluzione e invece è stato appena capace di

fare una figlia e l’ ha chiamata col nome del suo eroe.

LENINA: Il tuo babbo invece non aveva voglia di fare niente e ha chiamato il suo

figlio Pacifico, perché diventasse preciso a lui.

PACIFICO: Non è vero, il mio babbo mi ha chiamato così perché era finita la guerra e

finalmente si poteva stare in pace.

LENINA: Bè, insomma ci siamo pure sposati lo stesso noi due e siamo ancora qui.

PACIFICO: Perché io ho sempre mantenuto la pace, ma non so mica se dura ancora!

( Entra il figlio Gaio, con in mano pennelli e una tela da colorare, cappello

da pittore, calzoni alla zuava; mentre parla chiude e apre di continuo gli

occhi; intercala i discorsi sempre con un “ no”; si dirige verso l’ uscita.)

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LENINA: Dove vai Gaio con quei colori?

GAIO: E’ una bella giornata, no; voglio andare al fiume a colorare gli alberi e l’

acqua, no.

LENINA: Prima devi mettere a posto la tua camera, che hai un’ immondizia che

non lo sa nessuno, che pare il porcile dei maiali.

GAIO: Ma se l’ ho pulita la settimana scorsa, no.

LENINA: Ti pare poco? Te poi, fai entrare il gatto e lo fai andare sul letto; no, no,

ritorna indietro e vai a dare l’ aspra-polvere dappertutto e bene.

GAIO: Oggi non ne ho voglia, mamma, voglio andare a fare i quadri, no.

LENINA: Combinassi qualcosa, ne hai la camera piena, non c’ è più il posto da

metterli, non sei capace di vendere un quadro neanche se venisse giù

Michelangelo dalla capella Sispina per darti una mano.

GAIO: Sistina, mamma! Te l’ ho detto un sacco di volte, no. Ci vuole il suo

tempo, no, ma diventerò famoso.

LENINA: Eh! Mi sa che te sogni le ghiande e finisci in niente come il valzer di Bilozzi;

e adesso fa quello che ti ho detto e smettila con quei no.

PACIFICO: Dà retta alla tua mamma, sennò lo sai che si arrabbia e se la prende

anche con me.

GAIO: Sono grande, sì. Devo fare sempre quello che lei comanda, sì o no?

LENINA: Finchè mangi a casa mia, o mangi questa minestra, o salti dalla finestra.

Marsch!

( Gaio rientra in casa mogio)

Se non faccio così, hai voglia te i figli, non ubbidiscono mica.

PACIFICO: Te non vuoi che te lo dica, ma sei esagerata.

LENINA: Non vorrai mica ricominciare con questa storia, ne abbiamo già parlato;

sono quindi anni che ci andiamo dietro, ormai basta.

PACIFICO: Hai sempre ragione te, intanto è inutile parlare con te.

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LENINA: Adesso basta, via, io vado a mettere a posto questi fiori, poi devo svasare

delle piante che deve venire il dottore a vederle e te va in casa a stirare i

panni.

PACIFICO: Sempre io devo stirare i panni? Non lo puoi fare te, almeno ogni tanto?

LENINA: Ti ho detto che deve venire il dottore, che ho delle piante che si sono

ammalate, io devo lavorare nel giardino.

PACIFICO: Ho capito, con le donne bisogna darla persa, sennò non ci si prende mai.

LENINA: E poi mi ha detto la mia amica, la presidente, che è un bel ragazzo,

giovane, allora lo volgio far conoscere alla Zita.

PACIFICO: Cos’è, adesso vuoi anche trovare i morosi ai figli? Non sono capaci da

soli?

LENINA: Saranno capaci sì, ma se gli diamo una mano…è meglio e poi che non

prendano una strada cattiva, che non conoscano un gingillone, un ibi.

PACIFICO: Che cos’ è un ibi?

LENINA: Quelli che non hanno voglia di fare niente, che sono tutti sporchi.

PACIFICO: Vuoi dire un capellone, quelli coi capelli lunghi.

LENINA: Proprio quelli.

PACIFICO: Ho capito! Un hippi.

LENINA: Perchè, che cosa ho detto io, sei te che non capisci mai, dì è fatica

parlare con te.

PACIFICO: E chi sarebbe questo dottore che deve venire?

LENINA: Me lo manda la nostra presidente del gruppo “ Noi dal pollice verde”: ha

detto che è un gran bravo ragazzo, gli sono morti tutti due i genitori e

vive da solo.

PACIFICO: Allora te hai fatto venire la malattia a una pianta, per invitarlo a casa.

LENINA: Cosa dici mai! Ti pare che io faccia una roba così?

PACIFICO: Cosa vuoi che sia questo, sei capace di farne ben di peggio te.

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LENINA: Oh, oggi non vorrai mica farmi scappare la pazienza; dai via smettila, va a

stirare quei panni.

( Pacifico esce verso la casa, Lenina verso il fondo, dove c’ è il giardino;

poco dopo entra Zita, dalla porta di casa, indossa un paio di panta, con

una corta gonnellina sopra, fa alcuni passi ritmici e acrobatici, poi prende

un vaso di margherite, basso e largo e se lo mette in testa, fa alcuni passi

cantando e una spaccata a terra. In quel momento entra Olivio. Olivio ha

in mano una lente di ingrandimento, porta occhiali a grosse lenti, ha una

giacca con le maniche troppo lunghe, i bottoni sono allacciati storti e uno

manca.)

OLIVIO: Permesso? Non c’ è nessuno? Signora Lenina? ( subito nota il vaso di

fiori in testa a Zita, ma non la ragazza e con stupore ) Oh! Che meraviglia

di “ Leucanthemum vulgare”!

( si avvicina con in mano la lente per ammirare da vicino i fiori, ma

inciampa malamente nelle gambe di Zita, cadendo su una sua gamba e

col viso difronte a quello di Zita. )

ZITA: Bè mo, che stia attento, cos’ è cieco?

OLIVIO: Mi deve scusare signorina, non l’ avevo vista, guardavo le margherite.

ZITA: A me sembra di essere più grande delle margherite.

OLIVIO: E’ che io quando vedo i fiori quasi perdo la testa, non vedo nient’ altro.

ZITA: Neanche le donne? Le ragazze giovani?

OLIVIO: Ehm, ehm… Non sono tanto pratico con le donne.

ZITA: Si vede, ma non sarebbe ora che imparasse?

OLIVIO: Cosa vuole, io sono timido, non mi arrischio.

ZITA: Va bene, però adesso stia su dalla mia gamba, che lei pesa e vada più

lontano dalla mia faccia.

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( maldestramente si alza )

OLIVIO: Io avrei un appuntamento con la signora Lenina, è lei?

ZITA: No, è la mia mamma.

( in quel momento entra Lenina, che li guarda con aria compiaciuta,

pensando già ad un loro possibile matrimonio.)

LENINA: Mi è sembrato di aver sentito chiamare, è lei il dottore? Oh, vedo che vi

siete già incontrati. Bene ho proprio piacere.

ZITA: Diciamo che ci siamo scontrati, che è più giusto.

LENINA: Zita non avrai mica già litigato? ( rivolta a Olivio) Lei è il dottore?

OLIVIO: Con piacere, Olivio.

ZITA: Un dottore che non conosce le donne? Non è possibile.

LENINA: Zita adopera l’ educazione, il signore è un dottore in agraria, è venuto

perché ho delle piante ammalate.

ZITA: Adesso capisco perché non è pratico delle donne, al massimo può

inciampare in un zocco di terra arata.

OLIVIO: Le domando ancora scusa signorina, non volevo mancarle di rispetto.

LENINA: Bisogna che sia la mia figlia a chiederle scusa, a volte sembra un poco

scorbutica, ma è una brava ragazza, una ragazza proprio da marito.

ZITA: Io non ho ancora nessuna intenzione di sposarmi.

LENINA: Perchè non sei innamorata, non hai ancora trovato l’ uomo giusto per te;

ma basta avere fiducia, che la provvidenza arriva proprio quando uno

meno se l’ aspetta. Vero dottore? Lei è sposato?

OLIVIO: Io no…io non ho neppure la morosa.

LENINA: Vedrà che la provvidenza arriva anche per lei. Intanto venga che l’

accompagno a vedere quelle piante ammalate. Zita vieni anche te a fare

compagnia al dottore.

ZITA: Devo fare i miei esercizi, non ho tempo.

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LENINA: Una volta o l’ altra con questa mania delle acrobazie ti troverai sopra al

ramo di una pianta e non sarai più capace di scendere giù.

OLIVIO: E perché sopra una pianta?

LENINA: Perchè per fare l’ acrobata si attacca ai rami degli alberi, come le

scimmie.

OLIVIO: E’ una nuova moda?

ZITA: No, la sapevamo fare quando eravamo ancora delle scimmie, è molto

vecchia.

OLIVIO: E a lei piace? Vuole ritornare indietro come l’ australopiteco ?

ZITA: Ma no! E’ la mia mamma che non è capace di parlare; io voglio fare la

scuola per acrobati, come quelli del circo.

LENINA: Come gli zingari; io spero solo che te trovi uno che ti faccia mettere la

testa a posto e ti mandi via queste fantasie.

OLIVIO: Allora le faccio i miei auguri signorina.

LENINA: Venga dottore che le faccio vedere quelle piante.

( Lenina e Olivio escono verso il giardino; Zita si alza dalla sua posizione e

mette a posto il vaso di margherite, sempre volteggiando e facendo

esercizi ginnici. Poco dopo entra Fiorella. Ha un vestito a fiori a gonna

larga; gesticola molto con le mani, cammina sulle punte dei piedi, ogni

tanto fa dei sospiri.)

FIORELLA: Permesso? Sei te Zita? C’ è la tua mamma?

ZITA: E’ in giardini con un dottore delle piante.

FIORELLA: E’ già arrivato?

ZITA: Sono andati proprio adesso; perché anche te hai delle piante ammalate?

FIORELLA: Io no, ma quando eravamo alla riunione della nostra asscociazione ho

sentito che la presidente avrebbe mandato alla tua mamma un…giovane

dottore…allora lo voglio conoscere. ( sospiro)

ZITA: Non hai il fidanzato te? Ne vuoi conoscere di nuovi?

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FIORELLA: Sta zitta, valà; il mio fidanzato mi ha lasciata per una molto più giovane di

me. Erano sei anni che eravamo fidanzati. Ho passato un dispiacere che

non lo sa nessuno.

ZITA: Mi dispiace, non lo sapevo; è stata una cosa improvvisa?

FIORELLA: L’ ha conosciuta su Fassbuk, sul computer. L’ ho vista sai?

ZITA: L’ hai conosciuta di persona o l’ hai vista nel computer?

FIORELLA: Un’ amica me l’ ha fatta vedere nel computer, pensa che queste

ragazzine ci mettono la fotografia. Quella aveva una maglietta che le

arrivava sotto alle tette, tutta la pancia nuda e i jiens tanto bassi che

quasi le cadevano giù. Per forza poi questi uomini perdono la testa.(

sospirone)

ZITA: Però se lui non andava a cercarla…vero? Lo sappiamo che nel computer

si trova di tutto; uno che non vuole non va a cercarsi le occasioni.

FIORELLA: Hai ragione anche te, ma io però…ci sono rimasta molto male.

ZITA: E allora adesso ti dai da fare per incontrarne un altro?

FIORELLA: E già, dicono pure“ chiodo schiaccia chiodo” .

ZITA: Te però sei sempre corsa dietro a uomini che erano dei gran galletti con

le donne, stai un pochino attenta adesso.

FIORELLA: Basta, ne ho avuto abbastanza, d’ ora in avanti solo uomini seri, serissimi.

Solo che non è mica facile trovarli, te lo dico io.

ZITA: Vuoi che non lo sappia, anche io sono ancora zitella, non c’ è un uomo

fatto per bene nel giro di cento kilometri.

FIORELLA: Hai ragione, Tu hai un fratello, ma anche lui non è buono per noi donne,

è tutta roba sprecata.

ZITA: E’ che ce ne sono molti come lui, lo sai?

FIORELLA: La tua mamma lo sa che è un orecchione?

ZITA: Sta zitta, valà, se lo scopre chissà cosa succede in questa casa, vengono

giù i muri.

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FIORELLA: Prima o poi lo dovrà dire, dovrà fare il “ coming aut” a tua mamma e a

tuo babbo, intanto è meglio che lo sappiano dal figlio, piuttosto che da

altra gente.

ZITA: Sarà meglio più tardi che si può e io in quel momento preferisco non

esserci.

FIORELLA: Io comunque ho deciso di cercare un uomo fatto per bene, che è ora che

mi faccia una famiglia.

ZITA: Allora forse oggi è la volta buona; di là con la mia mamma c’ è quel

dottore che è imbranato come un allocco. Se una donna riesce a farlo

innamorare, secondo me, non mi sbaglio proprio, quello è un uomo di

casa.

FIORELLA: Davvero? E è bello? ( sospiro)

ZITA: Dì, non si può mica avere tutto nella vita, bisogna anche accontentarsi.

FIORELLA: Ormai comincio ad avere i miei anni, se non mi dò da fare passo di là. Bè

adesso lo vado a conoscere, poi vedremo.

( esce verso il giardino, Zita rientra in casa, poco dopo esce da casa Gaio,

si guarda attorno, vede che non c’ è nessuno e si dirige verso il

cancelletto d’ entrata )

GAIO: Oscar vieni, la mia mamma non c’ è, no.

( entra Oscar, quasi con fare furtivo. Ha modi effeminati e si mette

continuamente a posto i capelli con la mano)

Prendo su i colori, a proposito, quando arrivano quelli nuovi dall’ Olanda?

OSCAR: Secondo me ci vorranno almeno una quindicina di giorni; appena

arrivano te li porto.

GAIO: Bene, prendo su la roba e andiamo subito, che se arriva la mia mamma

trova delle altre storie per farmi stare a casa, no.

OSCAR: Lo sai che io ormai mi sono stancato con la tua mamma? Non è ora che

le parliamo, che mettiamo le cose in chiaro e la facciamo finita? Ormai è

ora che tu le faccia il “coming aut”, insomma glielo devi dire.

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GAIO: Sei matto? Te non la conosci, mi ammazza ame, ammazza te e poi si

ammazza lei.

OSCAR: Secondo me sei esagerato; lo potrebbe dire, ma non lo fa. Tutte le

mamme fanno sempre delle gran tragedie, ma poi si adattano e stanno

zitte.

GAIO: Eh, fai presto te a parlare, la mia mamma non è mica come la tua. La tua

è più moderna e più democratica, ma la mia è un generale.

OSCAR: Anche i generali delle volte perdono la guerra e devono stare zitti e

buoni.

GAIO: La mia mamma non ne ha mai persa una; in casa comanda lei e il mio

babbo deve stare zitto e fare quello che vuole lei, se vuole stare in pace,

no.

OSCAR: Smettila con quei no e poi viene il momento per tutti, prima o poi il

momento della resa arriva, anche il duce si è dovuto arrendere e anche

Napoleone.

GAIO: Le fa un baffo, la mia mamma a Napoleone, uh!

OSCAR: Non è una gran appassionata di fiori?

GAIO: Sì, ma questo cosa c’ entra?

OSCAR: Vuole dire che sotto, sotto ha un cuore, che è una donna sensibile.

GAIO: Ma no, è diffidente e cattiva come la gramigna.

OSCAR: Potrebbe essere che quella sia apparenza, per colpa di un trauma o per l’

educazione che ha avuto da piccola.

GAIO: Da quando fai lo pissicologo te?

OSCAR: Da quando leggo i libri del dottor “ Esauriti”.

GAIO: Se quei libri sono esauriti, come fai a leggerli, no?

OSCAR: Ma no, quello è il nome del dottore.

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GAIO: Si vede che ha fatto fortuna con la sua malattia. E poi comunque lascia

perdere intanto la mia mamma sta benissimo e viene da una famiglia

normale.

OSCAR: Allora se non ha problemi glielo diciamo subito, anzi glie lo dico io, così

tagliamo la testa al toro e non se ne parla più.

GAIO: Sta zitto, mi raccomando, non fare lo sciocco; sta tranquillo che glie lo

dirò io, troverò il modo.

OSCAR: Mi sembri quegli uomini sposati che hanno l’ amica e la prendono in giro

dicendo che parleranno con la moglie, ma in verità non lo fanno mai e

non lo vogliono fare.

GAIO: Dì, anche con la mamma ci vuole pazienza, bisogna trovare il momento

giusto. Non sei pissicologo te? Non le capisci queste cose, no?

OSCAR: Mi piace anche fare il pissicologo, ma quando è troppo, è troppo, adesso

basta.

GAIO: Mi sembri quelle donnine che fanno i capricci, dai smettila su. Te lo

prometto, le parlerò presto, prima di farle il “ coming aut” la devo

preparare bene, perché non le venga un colpo da rimanerci secca.

OSCAR: Promettimi che lo farai presto, sennò le parlo io, te lo giuro.

( si sentono dall’ esterno delle voci di Lenina e Fiorella)

LENINA: A me quel fiore piace moltissimo.

FIORELLA: Io ne ho due piante.

GAIO: Arriva, dai va via, non farti vedere. Io trovo il modo di uscire e vengo

subito.

( sospinge fuori dal cancello Oscar)

OSCAR: Fa presto eh! Sennò mi stanco davvero.

GAIO: Sì, s’; aspetta nel solito posto.

( Oscar esce dal cancelletto, Gaio esce verso la casa. Entrano dal giardino

Lenina, Olivio e Fiorella)

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OLIVIO: Le faccio venire da Amsterdam la “ Convallaria Majalis” di colore rosa; è

una varietà nuova, un incrocio che non l’ ha ancora nessuno.

LENINA: E’ un incrocio buono o di quelli che non fanno il seme?

OLIVIO: E’ sterile, ancora non hanno trovato il modo di fare un incrocio che sia

fertile

LENINA: Va bene lo stesso, col mio pollice verde sono sicura che mi durerà molti

anni.

OLIVIO: E poi le faccio venire anche il “ Cuminum” e il suo liquore il “ Kummel”. E’

tutta roba che si trova solo in Germania e in Olanda. E’ una pianta buona

per fare le tisane per lo stomaco, rilassante, contro le infiammazioni. La

adoperano per molti disturbi, anche per le donne che devono fare il

latte. Io la uso per il raffreddore da fieno, che sono allergico da quando

ero piccolo.

LENINA: La ringrazio, lei è proprio di una gentilezza che non si trova più al giorno

d’ oggi.

( entra Gaio, dalla porta di casa, con in mano la tavolozza dei colori e la

tela e si dirige verso l’ uscita; la madre lo blocca)

LENINA: Oh Gaio, vieni che ti voglio far conoscere la Fiorella.( li presenta)

FIORELLA: Piacere.

GAIO: Piacere, Gaio. ( rivolto alla madre) Mamma ho fretta, no, che ho delle

cose da fare, bisogna che vada.

LENINA: Non se ne parla, abbiamo gente, non fare il maleducato e sta qui in

compagnia. La Fiorella è una ragazza bella e brava, la devi conoscere

bene.

FIORELLA: Non c’ è problema, se deve andare vada pure, non voglio dare fastidio.

LENINA: Fastidio a Gaio? Vuoi scherzare? A lui fa solo piacere conoscere delle

donne nuove, dato che qui in questo paese non ce ne sono molte; vero

Gaio?

GAIO: Sì, mamma. ( mogio)

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LENINA: E poi le ragazze al giorno d’ oggi sono tutte piene di pretese, non sono

mai contente, sono poco serie, invece te Fiorella sei proprio una donna

fatta per bene.

GAIO: Mi dispiace mamma, ma oggi devo proprio andare via, sarà per un’ altra

volta che farò amicizia con la signorina Fiorella. Vi saluto a tutti.

( esce verso il cancelletto)

LENINA: Lo dovete scusare, è un buon ragazzo, si vede che oggi aveva fretta

davvero, avrà avuto delle cose importanti da fare.

OLIVIO: Una donna come la Fiorella è quella che vogliono tutti gli uomini.

( Fiorella lo guarda con occhi dolci, sospira, gli si avvicina e gli mette a

posto i bottoni della giacca )

FIORELLA: Mi deve scusare, mi sono presa la libertà.

OLIVIO: Anzi la ringrazio, da solo mi imbroglio.

FIORELLA: Le manca un bottone.

OLIVIO: Si è scucito, l’ ho a casa.

FIORELLA: Se vuole glie lo cucio io, se me lo dà, lo faccio in cinque minuti.

OLIVIO: Grazie, vado a casa e glielo dò subito.

LENINA: ( a parte) Dove sarà andata la mia figlia. ( a Olivio) Allora dottore mi fa

avere presto la “ Con-valla maiale”. Mi deve scusare se non dico bene il

nome, ma non ho studiato latino.

OLIVIO: Fa lo stesso, ci siamo capiti, non c’ è problema. Faccio subito l’

ordinazione e in due settimane al massimo le arriverà qui a casa. Quando

le arriva mi telefoni, così vengo a vederla.

FIORELLA: Anche io sono curiosa di vedere questa varietà nuova, chissà come è

bella.( sospiro)

LENINA: Ve lo farò sapere subito, appena la portano. Vi saluto. ( li accompagna al

cancello )

( Fiorella e Olivio escono)

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LENINA: Sempre così, i miei figli pare che lo facciano apposta.

( entra Pacifico)

PACIFICO: Ho finito di stirare tutti quei panni, adesso per oggi basta eh! Speriamo

che tu non abbia altre cose da farmi fare, che sono stanco.

( si siede e riprende a leggere il giornale. Lenina si mette dei guanti da

lavoro, prende un vaso e inizia a travasarlo, con l’ aiuto di una paletta)

LENINA: Sta zitto, che intanto quando c’ è bisogno non ci sei mai.

PACIFICO: Perché, cosa è successo?

LENINA: Non ce n’ è una che vada dritta.

PACIFICO: Cosa c’ è ancora?

LENINA: Ho fatto venire il dottore e la Zita non l’ ha neanche guardato; ho fatto

venire la Fiorella per presentarla a Gaio e lui se n’ è andato via dicendo

che aveva delle cose da fare. Non è possibile, io mi do da fare e i figli

scappano via.

PACIFICO: Perché cosa dovrebbero fare?

LENINA: Dovevano conoscere quelle persone, non si sa mai che non si trovino d’

accordo per un matrimonio.

PACIFICO: Adesso ti sei messa in testa di combinare i matrimoni dei figli, vuoi fare il

mestiere del sensale, ma non lo sai che è un mestiere che non esiste più?

Sei rimasta indietro.

LENINA: Cosa vuoi dire? Dovranno pure trovare delle persone fatte per bene?

PACIFICO: E glie le devi trovare te?

LENINA: Si capisce, bè…anche io voglio fare il bene dei miei figli.

PACIFICO: E per fargli del bene vuoi mettere su l’ agenzia matrimoniale “ Matrimoni

combinati per suoceri appagati”.

LENINA: Non c’ è bisogno che mi prendi in giro; io voglio dare una mano ai figli,

perché non cadano in persone che non vanno bene.

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PACIFICO: Devono andare bene a te o a loro?

LENINA: E’ logico che se vanno bene per me , vanno bene anche per i figli.

PACIFICO: Non è mica logico per niente.

LENINA: Te mi dai sempre contro, come il maiale alla casa; te la vuoi smettere?

PACIFICO: Io voglio solo farti ragionare. Non ti ricordi più quando eri giovane te? Ti

sei fidanzata con me perché eri innamorata te o la tua mamma?

LENINA: Che discorsi fai! E’ logico che ero innamorata io.

PACIFICO: E allora lascia che i nostri figli si trovino da soli i morosi.

LENINA: Eh mo, non li hanno ancora trovati, non vedi che non sono capaci da

soli?

PACIFICO: Te lasciali fare, che impareranno, come abbiamo imparato noi. Non

penserai mica che i nostri figli siano dei bambocci?

LENINA: Non ho mica detto, questo.

PACIFICO: Allora lascia che facciano la loro vita e smettila di pensare che il mondo

debba andare sempre come vuoi te.

LENINA: Io ragiono bene e voglio le cose fatte bene.

PACIFICO: E vuoi le nuore e i generi come piacciono a te.

LENINA: Falla poco lunga, adesso basta. Vieni a casa a darmi una mano a

preparare da mangiare. Hai tolto le cose dalla lavapiatti?

PACIFICO: Perché dovevo fare anche quello?

LENINA: Si capisce, io l’ ho riempita, te la vuoti. Dai vieni.

PACIFICO: Ai suoi comandi signora generala.

LENINA: Non prendermi in giro, dovrai pure dare una mano anche te in casa, non

abiti qui?

( Escono verso la cucina; poco dopo entra Zita, ha in mano un cerchio da

Hula-Hop, col quale fa esercizi ginnici; subito dopo entra dal cancello

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Taev , vestito da clown. Ha in mano dei fogli; parla un linguaggio misto

italiano-dialetto.)

TAEV: Si può? Permesso?

ZITA: Venga avanti, chi è?

TAEV: Le posso lasciare i biglietti e la pubblicità del circo?

ZITA: Del circo? ( entusiasta) Venga pure avanti e faccia vedere.

TAEV: Siamo a qui per due-tre mesi signorina, la venga a vedere i nostri spetta

quali.

ZITA: Che piacere ho! Sì che mi piace! Moltissimo.

TAEV: Aloura ci faccio il tornaconto.

ZITA: Mi immagino che lei non sia romagnolo, vero?

TAEV: Noi italiani, ormai da una massa di anni, noi ziriamo tutta Italia, ma

soprattutto la Rumagna, io scorro un bisinino e dialetto.

ZITA: E lei fa il clown?

TAEV: Io fazzo tutto inquello, il claun, ma anche l’ equelibrista e le acrobrazi.

ZITA: Davvero?? La mia passione!! Sì che piacerebbe anche a me fare l’

acrobata!

TAEV: Basta andè al la scola e imparè.

ZITA: Dice davvero? C’ è una scuola? Io se potessi verrei anche al circo.

TAEV: Bè mo, la venghi, la si venga a trovare, che le fazzo vedere e poi le spiego

tutto inquello.

ZITA: Sì, sì, verrò tutti i giorni se posso.

TAEV: Una bela ragaza come lei, mi fa solo piasoiro averla d’ atondo.

ZITA: E mi dica: avete anche gli animali, i leoni, le tigri?

TAEV: No, noialtri, a siamo solo animali con due gambe, mo neanche i polli e i

piccioni, solo omani.

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ZITA: E perchè?

TAEV: Parchè i animali li avviamo messi tutti nello zoo- safari; non debbono più

stare ciusi in talle gabbie, debbono stare liberi: Allo giorno d’ oggi si fa el

circo sanza animali.

ZITA: E la gente viene lo stesso?

TAEV: Eccome, si diverta una gran massa: avviamo i trapezisti, i clowun, i

zugolieri, i quelibrista. Bastano i omini per fare divartire, sono molto più

comici di animali.

ZITA: Mi sa che abbia proprio ragione, con tutta la gente matta che c’ è nel

mondo, non c’ è bisogno degli animali per fare ridere.

( Taev si avvia all’ uscita)

TAEV: Aloura a l’ aspetto presto, la venga che le insegnerò una massa di robe.

ZITA: Ci vediamo presto, ciao.

( Taev esce, Zita volteggia allegra; entra Lenina)

LENINA: Mi pareva di aver sentito parlare, c’ era della gente?

ZITA: E’ venuto uno del circo a portare la pubblicità.

LENINA: Quegli zingari? L’ hai mandato via?

ZITA: Quelli del circo non sono zingari, sono dei clown.

LENINA: Stanno nelle rulette, sono sempre in giro per il mondo, sono degli zingari.

ZITA: Fanno i clown, i trapezisti, fanno un lavoro che fa ridere e star bene la

gente.

LENINA: Eh, stanno sul trapezio e sotto ci sono i leoni che aspettano che cadano

per mangiarseli in un boccone.

ZITA: No, perché gli animali non ci sono più.

LENINA: Uh! Che circo è se non ci sono i leoni e le tigri?

ZITA: Di uomini e delle donne, che sono più comici degli anuimali.

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LENINA: Di zingari che vanno anche in giro a rubare.

ZITA: No, quella è gente che lavora e va anche a scuola.

LENINA: Di vagabondi e a te che non ti venga l’ idea di andarli a vedere.

ZITA: Adesso non si può neanche più vedere il circo? La gente c’ è sempre

andata.

LENINA: Una volta quando non c’ era la televisione; adesso si sta a casa a vedere

la televisione, al massimo.

ZITA: Adesso non vorrai mica che non vada a vedere il circo? Mi vuoi proibire

anche questo?

LENINA: Con tutte le idee che hai te, non si sa mai, sei già matta da per te, ci

mancava anche questo per farti mandare di traverso il cervello.

ZITA: Adesso basta, io mi sono stancata, voglio fare quello che mi pare; io sono

grande, sono maggiorenne, non ne posso più.

LENINA: Guarda di non rispondere male a tua mamma, mi devi portare rispetto.

ZITA: A tutto c’ è un limite; il rispetto è una cosa, ma volere comandare su

tutte le faccende, su tutte le decisioni, sulla vita degli altri, poi no.

LENINA: Non ti vergogni di rispondere così alla tua mamma? Sei diventata matta?

Ti ha dato di volta il cervello?

ZITA: Sì, perché secondo te gli altri devono fare tutto quello che tu vuoi, solo

quello che vuoi e solo le tue idee sono quelle giuste. Devi capire che non

sono più una bambina piccola, sono grande e voglio fare quello che mi

pare.

LENINA: Vergogna, vai nella tua camera, svergognata! Vai in castigo e non uscire

fuori finchè non te lo dico io!

( Zita si avvia verso il cancello )

ZITA: Vado via, sì, vado via, ma via da casa, no nella mia camera! Non ti voglio

più vedere.

( esce dal cancello)

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LENINA: Pacifico, dove sei? Quando ho bisogno non ci sei mai! Boia te! Dove sei?

( entra Pacifico dalla casa)

PACIFICO: Cosa hai fatto? Cosa c’ è da urlare?

LENINA: La tua figlia si rivolta e mi risponde male. Adesso è uscita.

PACIFICO: Dì, sei sempre incarognita, le dai sempre contro.

LENINA: Dovrà pure imparare come ci si comporta nella vita.

PACIFICO: Lasciala in pace un pochino.

LENINA: Ecco, sei te che mi dai sempre contro.

PACIFICO: E dacci con questa storia, lo so che sono come il maiale, non c’ è bisogno

che tu me lo dica dieci volte al giorno.

LENINA: No, non sei come il maiale, sei un serpente con la lingua bi…bi…doppia,

insomma, che taglia e cuce.

PACIFICO: E te sei un “rotballer” quei cani cattivi che danno di morso a tutti.

LENINA: Pacifico, perchè fai così? Non è colpa mia se la tua figlia è una mezza “

ipi” non ha mica preso da me.

PACIFICO: Dalla mia famiglia no di sicuro; invece vorrei sapere meglio delle cose

della tua famiglia, che ancora non sono mica chiare.

LENINA: La mia famiglia è a posto, non si può proprio dire niente.

PACIFICO: Non lo so, staremo a vedere. Ce ne sono molti che hanno gli scheletri

nell’ armadio, non sono mica sicuro che non ce l’ abbia anche te.

LENINA: Cosa ho io nell’ armadio? Ma se dò la polvere tutti i giorni!

( escono verso la casa)

Si chiude il sipario

( a piacere suona la musica “ Limelight music Theme” di Charlie Chaplin )

FINE DEL PRIMO ATTO

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SECONDO ATTO

( A piacere suona la musica “ La danza dei panini” di Charlie Chaplin )

(La scena è vuota; entrano dal cancelletto Lenina e Pacifico )

LENINA: Basta, sono stanca, non ne posso più.

PACIFICO: Io te l’ avevo detto di andare in treno.

LENINA: E’ che te non fai mai controllare bene la macchina dal meccanico, sennò

non si rompeva per la strada.

PACIFICO: Sono cose che capitano; la macchina ormai è vecchia si può rompere,

come te.

LENINA: Cosa vuol dire questo?

PACIFICO: Che la roba vecchia non è più buona da far niente.

LENINA: Io sono ancora intera, la macchina invece perché non la comperi nuova?

PACIFICO: Te sei tutta ammaccata, poverina; mo sì, macchina nuova e moglie

giovane.

LENINA: Provati che mi senti.

PACIFICO: Cosa fai, sentiamo.

LENINA: Ti rovino, ti lascio senza un soldo; valà che dopo non la puoi mica

mantenere una giovane, con tutte le pretese che hanno.

PACIFICO: Non ho mica paura, te hai il tuo lavoro, guadagni più di me, non devi

avere niente.

LENINA: Valà che alle donne i giudici danno sempre ragione, siamo privilegiate

noi.

PACIFICO: Questo è vero, adesso le ragioni le hanno tutte le donne, comandano

loro e gli uomini sono ridotti senza casa e senza soldi da mangiare.

Bisogna che l’ uomo non si sposi più, sennò è rovinato.

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LENINA: Bè una volta era così per le donne, adesso il mondo si è rigirato: un po’

per uno, non fa male a nessuno.

PACIFICO: Se fossi nato quando comandavano gli uomini, sì, ma adesso fa male,

eccome!

LENINA: Dai basta, per oggi la visita dal tuo fratello è saltata, adesso va a vedere

dove sono i figli e può darsi che siano ancora a letto.

PACIFICO: Eh, quando non c’ è la gatta i topi ballano!

( Pacifico esce verso la porta di casa; Lenina sta per seguirlo, quando

entra dal cancello Oscar con in mano una scatola di medie dimensioni )

OSCAR: Permesso; io cercavo…lei è la signora…

LENINA: Lenina, Ha portato il pacco?

OSCAR: Si, è…per…

LENINA: E’ per me, lo aspettavo, me lo dia pure.

( glie lo prende dalle mani)

OSCAR: Veramente …signora viene dall’ Olanda, lo tenga bene, stia attenta,

sopra c’ è scritto “ maneggiare con cura, non rivoltare”.

LENINA: Lo so, vuole che io lo faccia cadere a terra? Non lo rompo mica, sto

attenta, sono pratica io.

OSCAR: Signora, già che ci siamo incontrati, potrei parlare con lei? Mi piacerebbe

fare due chiacchere sul “ coming ”.

LENINA: Oh, le piace? E’ appassionato?

OSCAR: Ci ho fatto una passione, che la mia testa una volta o l’ altra mi scoppia.

LENINA: Così tanto? Stia attento, perché si fa presto a perdere la testa.

OSCAR: Io l’ ho già persa, signora, e anche molto.

LENINA: Si faccia la tisana, che fa digerire ed è anche rilassante. Vada piano

invece col liquore, che il “ Kummol” contiene anche l’ alcol.

OSCAR: Non c’ è tisana che possa fare, solo il “ comining aut “.

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LENINA: E’ proprio di quello che parlo, una bella tisana di comino.

OSCAR: Ah, se lei la chiama così, va bene. Allora lei è d’ accordo.

LENINA: Come no, lei adoperi il comino e vedrà come starà bene.

OSCAR: Sto già meglio; mi credevo che fosse più fatica parlare con lei. A sentire

Gaio sembrava che non fosse possibile.

LENINA: Cosa vuole che sappia Gaio, lui di queste cose non si intende mica.

OSCAR: Lei ha ragione ed è proprio una mamma moderna e comprensiva.

LENINA: Solo per questo? Non ci vuole molto, sono cose normali.

OSCAR: E mi dica, lei non è di quelle che si fanno dei problemi se non è possibile

la riproduzione?

LENINA: No! Ho parlato col dottore, mi ha detto che è sterile.

OSCAR: Secondo, perché quelli che fanno il coming , se sono maschi sono sterili,

ma se sono femmine, possono fare la fecondazione artificiale.

LENINA: Davvero? Questo il dottore non me l’ ha mica detto. Io avrò un maschio o

una femmina?

OSCAR: Un maschio, signora, un maschio.

LENINA: Sarà lo stesso, intanto non fa una gran differenza.

OSCAR: Un po’ sì, perché le femmine possono avere un figlio, i maschi invece

possono fare solo l’ adozione e quando in Italia sarà permesso.

LENINA: Perchè in Italia non si può?

OSCAR: Ancora no.

LENINA: Speriamo che facciano la legge anche qui.

OSCAR: Io sarei molto contento.

( entra Gaio, con meraviglia vede la madre e Oscar)

GAIO: Bè, no, te mamma non eri andata a trovare lo zio?

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LENINA: Sata zitto, valà, si è rotta la macchina, abbiamo dovuto chiamare il

meccanico e ritornare a casa. E per fortuna non eravamo lontano, sennò

chissà quanti soldi ci volevano.

OSCAR: Ho parlato con la tua mamma, le ho fatto il “ coming aut”; guarda che

non è mica come dici te, è una donna moderna, più della mia.

( Gaio è allibito, non sa profferir parole)

GAIO: No! Sei…sei…sicuro? Cosa le hai detto?

LENINA: Abbiamo parlato dei fiori che sono arrivati dall’ Olanda ( indica il pacco)

OSCAR: Veramente signora quelli sono i colori ad olio per Gaio.

LENINA: Non hai detto che vengono dall’ Olanda?

OSCAR: Sì, i più buoni sono olandesi, perché i colori ad olio sono stati inventati in

Olanda e là fanno i migliori che ci siano sul mercato.

LENINA: Io avevo capito tutt’ un’ altra cosa. Ma lei non è il corriere che viene dall’

Olanda?

OSCAR: Io sono italiano, sono l’ amico di Gaio.

GAIO: Dai Oscar, andiamo. Ci vediamo dopo mamma.

( lo trascina fuori e prende su il pacco)

LENINA: Mi sembra un pochino strano però quel ragazzo. Sarà meglio che lo dica

a Gaio, che stia attento alle compagnie; al giorno d’ oggi non si sa mai, si

possono fare dei cattivi incontri.

( esce verso la casa; un attimo la scena rimane vuota, poi entra quasi di

soppiatto Zita che va al cancello, dove sta entrando Taev. Taev ha giacca

a righe e pantaloni di colori sgargianti, una sciarpa lunga)

ZITA: Andiamo via, la mia mamma è a casa.

TAEV: Non avevamo da stare in pace a qui tutto il dì?

ZITA: Sì, ma è cambiato tutto. ( in tono scocciato e nervoso)

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TAEV: Oh, cosa vuoi che sia un impravisto. La ti piace la vita noiosa e sempre

praceisa?

ZITA: No, però…avevamo fatto dei progetti, ci contavo.

TAEV: Noialtri del circo aviamo l’ abitudine ai cambiamenti: un dì a siamo a qui,

un dì a là; par noialtri un dì non è mai praciso all’ altro. La varietà è il suo

bello, la monotoni fa le persoune treste e noiouse.

ZITA: Avrai anche ragione, però…

TAEV: E poi le novità e gli impravisti fanno anche le persoune più intelligente.

ZITA: Uhm, e perchè?

TAEV: Parchè ci serve l’ intelligentia par risolvare dei problemi sempra nuovi.

ZITA: E allora oggi come lo risolviamo, che non possiamo stare qui in pace da

soli?

TAEV: Ti piacerebbe avvenire in te circo e provare a fare un pochi di esercizi sui

trampoli?

ZITA: Sarei due dita sopra il cielo.

TAEV: Aloura sello che aspetti?

ZITA: Andiamo subito.

( escono ambedue; poco dopo entra Pacifico, ha in mano un giornale, si

siede)

PACIFICO: Adesso voglio stare un pochino in pace e che non venga nessuno, sennò

non riesco mai a leggere il giornale.

( apre il giornale, lo sfoglia, poco dopo dal cancello entra Fiorella, è

sempre vestita a fiori, ma con abito diverso da quello del primo atto.)

FIORELLA: Si può? ( vede Pacifico) Oh, buongiorno; c’ è la Lenina?

PACIFICO: ( A parte ) Ecco che ho finito di leggere il giornale in santa pace. ( a

Fiorella) E’ in casa, glie la devo chiamare?

FIORELLA: Grazie, le devo chiedere una cosa; faccio presto, non voglio disturbare.

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PACIFICO: Lei non disturba mai. ( a parte ) Solo quando devo leggere il mio

giornale.

( si alza, va a chiamare Lenina e rientra subito); Viene subito.( A parte)

Io qui faccio il cameriere e il maggiordomo.

FIORELLA: Mi deve scusare, sembra che le abbia fatto fare il maggiordomo. ( ride)

PACIFICO: Bè, è proprio il mio lavoro, non lo sa?

FIORELLA: No, io avevo capito che lei era impiegato nella posta.

PACIFICO: Quello è il passatempo; invece poi faccio da cameriere, uomo delle

pulizie, maggiordomo tuttofare e delle volte anche il babbo e il marito e

questo è il lavoro più grosso. Se non avessi fatto il marito non avrei

trovato neanche tutti gli altri lavori che le ho detto, signorina. Eh, ho

trovato la baggia!

FIORELLA: Anche io vorrei troìvare un uomo buono come lei, sarebbe la mia

fortuna.(sospiro)

PACIFICO: La sua di sicuro, ma sarà fatica trovarlo, perché di pataca come me ce ne

sono pochi in giro.

( entra Lenina)

LENINA: Ciao, Fiorella.

FIORELLA: Passavo di qui e volevo sapere se ti sono arrivate quelle piante dall’

Olanda.

LENINA: Ancora niente, quando arrivano ti telefono subito.

FIORELLA: Chiami anche il dottore?

LENINA: Si capisce, ha pure detto che ci deve dare le spiegazioni?

FIORELLA: Bene così ho l’ occasione per vederlo. ( sospiro)

PACIFICO: Perchè è uno che mi assomiglia? C’ è un altro pataca in giro?

LENINA: Pacifico! Che parole sono queste?

PACIFICO: Niente, è un discorso che facevamo io e la signorina.

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LENINA: Siete differenti come un cavallo e un somaro.

PACIFICO: Me l’ immagino già quello che sono io dei due.

FIORELLA: Parlavamo di caratteri, di persone buone come il tuo marito.

LENINA: Allora non lo conosci poverina. L’ apparenza inganna, non lo sai?

FIORELLA: Olivio sembra una gran brava persona, speriamo che non sia solo

apparenza.

PACIFICO: Se io sono un pataca solo in apparenza e lui lo è del tutto, allora sono

contento, vuol dire che c’ è qualcuno più pataca di me.

LENINA: Non dargli retta Fiorella, che ogni tanto fa lo strambo.

PACIFICO: Bisogna avere pietà di un povero strambo e quindi signorina faccia finta

di non avere parlato con me.

FIORELLA: Lei potrà essere anche strambo, ma è un bravo marito, altrochè. (

sospiro)

PACIFICO: E quest’ Olivio allora com’ è?

FIORELLA: E’ timido, secondo me, non ha una gran pratica con le donne.

LENINA: Quindi lo vuoi incontrare qui, perché lui non è capace di farti un invito.

FIORELLA: Giusto.

PACIFICO: Lo sa che la mia moglie ha una dote speciale per combinare i matrimoni?

Solo che quelli che lei vuole mettere insieme, loro non sono d’ accordo.

LENINA: Io ho visto subito che Olivio è un bravo ragazzo, è che non interessa alla

mia figlia.

FIORELLA: Perché volevi che Olivio si mettesse con la Zita? Io ho parlato con lei, ma

mi ha detto che non le interessa, altrimenti non mi sarei permessa di fare

un torto a una mia amica

LENINA: L’ ho capito anche io che non le interessa. Chissà che idee ha la mia figlia.

Quella è tutta matta. Non capisco da chi abbia preso, che nella nostra

famiglia siamo tutte persone fatte per bene e senza grilli per la testa.

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PACIFICO: Attenta, l’ apparenza inganna e poi non hai appena detto che io sono

strambo?

LENINA: Dai, va a fare le boccacce alla scimmia.

FIORELLA: Lenina ti volevo chiedere un piacere

LENINA: Di pure.

FIORELLA: Quando ti arrivano i semi del Cumino me ne dai un po’?

LENINA: Bè, hai dei dubbi, te li do di sicuro.

FIORELLA: Li voglio piantare, per fare i fiori e i semi. Ho letto che fanno bene per un

sacco di cose…

LENINA: E’ vero, l’ ha pur detto anche il dottore.

FIORELLA: Lo sai, una volta credevano che facessero bene per gli uomini…hai

capito…e li adoperavano anche per tenere legato un uomo.

PACIFICO: Da quello che ho capito io, ce ne vogliono molte di sementi, per Olivio ce

ne vuole una dose doppia.

( bussano, entra Olivio: ha in mano un fazzoletto, starnutisce

vigorosamente, ha gli occhi arrossati; la giacca allacciata coi bottoni

storti)

Oh, vè, persona nominata, lontano una sassata.

OLIVIO: Scusatemi, etci! etci! ho proprio in questo momento un attacco di

raffredore da fieno; etci! Oggi non ho preso la mia tisana. Etci! Etci!

FIORELLA: Olivio, posso fare qualcosa per lei? ( gli si avvicina emozionata,

premurose e sospirando)

OLIVIO: Eh… Etcì! La ringrazio, vado subito a casa; passavo di qui e mi sono

fermato per sentire se è arrivato il pacco dall’ Olanda.

LENINA: Ancora no, ma appena arriva glielo faccio sapere subito.

OLIVIO: Sì, mi raccomando, perché sono sicuro che per voi sarà una sorpresa da

rimanere incantate. Etchì.

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LENINA: Difatti io non ho mai visto quei fiori e quei semi, sono proprio curiosa.

FIORELLA: Ha un forte rafreddore, Olivio. La posso accompagnare a casa? In queste

condizioni come fa?

OLIVIO: Ho anche gli occhi tutti rossi, non vedo niente. Se mi porta a casa la

ringrazio, signorina Fiorella.

PACIFICO: Non è ora che le dia del tu, siete giovani tutti due.

OLIVIO: Ha ragione, signor…

PACIFICO: Pacifico, sono il marito di Lenina.

OLIVIO: E’ che io sono timido, etcì! Con le donne non mi arrischio molto. etcì!.

PACIFICO: Allora questa è la volta buona per prendere confidenza.

OLIVIO: Signorina…Fiorella, mi, etcì, vuoi accompagnare? Etcì!

FIORELLA: ( emozionata, sospirando ) Andiamo subito, così puoi prendere le tue

medicine, le tisane e tutto quello che ti serve per stare meglio. Vi saluto.

OLIVIO: Grazie, lei, etcì, te sì che sei gentile, Etcì. Vi saluto.

( Fiorella e Olivio escono; Fiorella lo prende sottobraccio)

PACIFICO: E’ la prima volta che vedo un dottore in agraria col raffreddore da fieno.

LENINA: Proprio per quello fa le riceche all’ Università e studia le allergie e il

modo per curarle.

PACIFICO: Dicono pure “ non tutto il male vien per nuocere”. Coloro che provano

una malattia capiscono meglio e hanno più interesse a trovare le cure

giuste.

( entra Gaio, con aria seria)

Ecco vè, questo oggi ha proprio un’ aria da ammalato. Chissà che malattia

avrà.

GAIO: Ho bisogno di parlare con voi, no, voglio fare il “ coming… aut”, no, sì.

PACIFICO: Anche te hai bisogno del Cumino? Hai dei problemi? Di respirazione, di

digestione o…quell’ altra roba?

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GAIO: No, quell’ altra, quell’ altra.

PACIFICO: Oh, ma qui c’ è un sacco di gente con questo problema, anche i giovani,

va pur là.

LENINA: Non vuol mica dire giovani o vecchi. Al giorno d’ oggi ci sono molte cure,

le cose si possono mettere a posto.

GAIO: No, mamma, non si mette a posto niente, no.

LENINA: Come sei pessimista, dai non essere giù di morale, stai allegro, che un

rimedio lo troveremo.

GAIO: Io non voglio trovare rimedi, no, sono qui per farvelo sapere e basta, no.

PACIFICO: Dì Lenina, se a lui va bene così, comntento lui, contenti tutti. Anche io

sono sempre stato pacifico di nome e di fatto e sto pure bene lo stesso.

LENINA: Bella roba! Perchè io mi sono accontentata e ho sempre avuto altri

interessi. Ma se lui trova una moglie esigente?

GAIO: Che moglie! No, mamma cosa avete capito?

LENINA: Non la devi prendere così male, su; troverai una donna con poche

esigenze, così ci andrai d’ accordo lo stesso.

GAIO: Ho detto che non voglio una moglie, no.

PACIFICO: Allora perché vuoi il cumino, non ne hai mica bisogno, puoi farne a

meno, già che bisogna farlo venire dall’ Olanda, così si risparmiano i soldi.

GAIO: Ho detto che voglio fare il “ coming aut” .

LENINA: Ho dì, io non ci capisco mica niente, ti serve il comino, sì o no? Con tutti i

tuoi no, non si capisce cosa vuoi dire.

GAIO: Voi fate in modo di rendere le cose più difficili.

LENINA: E dacci con questi no. Sei te che non sai parlare, che non sei capace di

spiegarti.

GAIO: Allora fatemi fare le cose con la calma, no, datemi il tempo di spiegarvi.

PACIFICO: Se vuoi, io devo ancora leggere il giornale…

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LENINA: Pacifico! Possibile che tu non capisca che devi parlare con tuo figlio? E

poi voi siete due maschi, quindi è meglio che io vada in casa e parlate voi

due.

GAIO: Sta qui mamma, devi sentire anche te.

LENINA: Sì o no? Io ci capisco poco di quelle cose.

GAIO: Invece no, devi capire anche te.

LENINA: Devono arrivare le sementi di cumino, quando arrivano te le faccio

vedere e ti spiego le proprietà della pianta, così sarà meno fatica

spiegarsi.

GAIO: Mamma non hai capito, no; che cosa sono queste sementi?

LENINA: Servono per fare le tisane, per un sacco di malattie, anche per i problemi

degli uomini…insomma hai capito sì o no?

GAIO: Per quello di cui devo parlare io non ci sono sementi che tengano, no. Io

parlo del “ Coming aut” , no del Cumino.

PACIFICO: Perchè non è la stessa cosa?

LENINA: E’ un ‘ altra pianta? Non la conosco.

GAIO: Il “ coming aut” vuole dire che vi devo parlare di me e di Oscar.

LENINA: Ti volevo proprio parlare anche io di quell’ amico lì: mi sembra un po’

strano, sta attento alle cattive amicizie, non si sa mai.

GAIO: Non è cattivo, è molto in gamba e io gli voglio bene e voglio andare via ad

abitare con lui.

PACIFICO: Adesso che sia bravo non lo metto in dubbio, ma perché andare a stare

via? Non stai bene a casa tua?

LENINA: Non vorrai mica andare a pagare l’ affitto? A buttare via dei soldi.

PACIFICO: Non capisco il perché, uno va via da casa quando si sposa, ma per abitare

con un amico? A fare che? So che insieme fate i quadri e vi piace la

pittura, ma di qui ad andare a vivere insieme, ce ne passa.

GAIO: Allora non volete proprio capire.

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LENINA: Cosa ci sarà mai da capire.

GAIO: Noi due ci vogliamo bene, no. Ecco finalmente l’ ho detto, ho fatto il

coming aut.

LENINA: Vi volete bene in che senso?

PACIFICO: Non vorrai mica dire come il bene tra moglie e marito?

GAIO: Sì, proprio quello.

LENINA: ( si accascia sulla sedia) Oh poveretta me! Non è possibile, ho capito

bene? Sì o no?

PACIFICO: ( lascia cadere in terra il giornale che aveva in mano) Te, proprio te, il

mio figlio?

( Lenina sviene)

GAIO: Valà va a casa a prendere l’ aceto che è svenuta.

( Pacifico entra in casa e torna con una bottiglietta di aceto, mentre Gaio

cerca di rianimarla; poco a poco, riprende conoscenza)

GAIO: Mamma sei sveglia? Sta su.

PACIFICO: ( le mette la bottiglietta di aceto sotto il naso) Lenina, Lenina , rispondi.

LENINA: Sìi? Cosa è successo?

PACIFICO: Fatti coraggio, che adesso troviamo il modo di mettere le cose a posto.

GAIO: Cosa vuol dire a posto? Io sono già a posto, no, non ho bisogno di niente.

LENINA: No che non sei a posto. E’ colpa di quel ragazzo, ti ha portato su una

strada sbagliata, è uno sbaglio, un momento di debolezza.

GAIO: No mamma, te ne devi fare una ragione.

LENINA: No, adesso vai subito dal dottore, che ti dia le medicine giuste.

PACIFICO: Non credo mica che ci siano delle medicine per quella malattia lì.

LENINA: Con tutte le ricerche che fanno, con tutte le malattie che riescono a

guarire, vuoi che questa sia una malattia incurabile?

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GAIO: Non è una malattia, mamma.

LENINA: Se non basta il dottore della mutua, vai da quelli della testa, lo

pissicologo. La tua sarà dovuta ad un momento di debolezza, a un

esaurimento.

PACIFICO: Allora ci vuole lo pissichiatra, che quello dà anche le medicine, i

tranquillanti e i sedativi per la depressione.

GAIO: Io non ho nessuna depressione.

LENINA: Sì invece, hai subito il…il… come si dice, il lavaggio del cervello…il pilagio.

GAIO: Mamma non lo vuoi proprio capire.

LENINA: No, vai subito dallo pissichiatra, Pacifico telefona, guarda nelle pagine

gialle se ce n’ è uno specializzato proprio in queste cose qui.

PACIFICO: Sì che adesso lo trovo così, in due e due quattro, sulle pagine gialle.

Bisognerà chiedere informazioni, sentire bene, trovare uno bravo, no il

primo che capita.

LENINA: Non vorrai mica dirlo in giro? Mamma mia! Non lo deve sapere nessuno,

mi raccomando! Guai se la gente lo viene a sapere.

GAIO: Cosa sarà mai, ormai è una cosa normale, no; più nessuno si fa

meraviglia.

LENINA: Sei matto? E i parenti, poi? Gli zii? La nonna? Oh che scandalo, poveretti

noi!

GAIO: E poi io dallo psicologo ci sono già stato; ha detto che se non lo capite

siete voi che dovete andare a parlare con lui e a fare la terapia, no.

LENINA: Io? No, io no! Questa poi è grossa, ci mancherebbe anche questa, che

debba andare io dallo pissicologo.

PACIFICO: Neanche io non ci vado, mi dispiace, arrangiatevi, io non ne voglio sapere

niente.

LENINA: Ecco, quando c’ è bisogno te fai sempre così, scappi via e te ne lavi le

mani; è pure anche tuo figlio.

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PACIFICO: Non lo so mica se è figlio mio” mater certa est, pater numquam”.

GAIO: Vado via, no, perché adesso non volete neanche più riconoscermi come

figlio.

PACIFICO: Aspetta, dai , dicevo così per parlare, è un modo di dire, su.

LENINA: Promettimi che vai dal dottore.

GAIO: ( tira fuori dalla tasca un biglietto da visita, lo dà alla madre) Ecco, questo

è il nome dello psicologo da cui sono stato. Ha detto che adesso aspetta

voi.

LENINA: Da quando in qua vanno dal dottore quelli che stanno bene, invece degli

ammalati?

GAIO: Da quando in qua la mia è una malattia, no? Non sono ammalato io,

siete voi, che siete pieni di pregiudizi?

LENINA: Ecco come rivolta la frittata. Pacifico non dici niente?

PACIFICO: Cosa vuoi che sappia io.

LENINA: E la tua sorella? Mi raccomando, non dire niente neanche a lei, che non

abbia un trama, che dopo ci tocca mandare anche lei dallo pissicologo.

GAIO: La mia sorella è più sveglia di quello che voi pensate.

LENINA: Fammi un giuramento, che anche la nonna, la poveretta non lo venga a

sapere, è tanto vecchia che le viene un colpo secco, che rimane tinca dal

dispiacere. La fai morire subito.

GAIO: Va bene, te lo giuro, basta che te la smetti e non la fai più lunga, che

adesso devo andare via, no; intanto anche la nonna è più emancipata di

te e queste cose le capisce benissimo.

LENINA: Giura anche che se il dottore dice che ha delle medicine le prendi e ti fai

curare.

GAIO: Va bene, te lo giuro; intanto so bene quello che devo fare.

( si avvia verso il cancello)

LENINA: E adesso dove vai? Non andrai mica da quel tuo amico?

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GAIO: Vado proprio da lui.

LENINA: No, sta qui, che quello è un diavolo, ti ha rovinato. Pacifico fai qualcosa.

( in quel momento entra Zita)

PACIFICO: Ecco ci siamo tutti, è arrivata la tua sorella.

GAIO: ( a Zita) Ho fatto coming aut al babbo e alla mamma, non se la vogliono

prendere, fanno un sacco di tragedie.

ZITA: Era ora, finalmente hai avuto il coraggio. Così sei un uomo. Io me ne ero

accorta da un pezzo e non vedevo le ore che tu mettessi le cose in chiaro.

LENINA: Pacifico cos’ è che dice?

PACIFICO: Che lei lo sapeva già.

LENINA: E allora perché non ha mai detto niente a me?

ZITA: Perchè stava a lui parlare e adesso finalmente le cose sono chiare.

LENINA: Come fai a parlare? Bisogna che tuo fratello vada da un dottore e che si

faccia curare.

ZITA: Mamma, sei te che devi farti curare, no mio fratello.

LENINA: Pacifico hai sentito come parla la tua figlia?

PACIFICO: Io capisco solo che il mondo al giorno d’ oggi va tutto a rovescio e noi una

volta avevamo dei principi, che adesso non vanno più bene.

ZITA: Una volta avevate dei pregiudizi.

LENINA: “ Dio creò il maschio e la femmina” dice la Bibbia, “ crescete e

moltiplicatevi”. Ci si moltiplica solo tra maschi e femmine.

ZITA: Sì, però ci possono essere anche quelli che non si moltiplicano.

LENINA: E io non ho diritto di avere dei nipoti? Voglio diventare nonna.

ZITA: Cos’ è questa frenesia di diventare nonna che ti ha preso tutta in una

volta? Potrebbero adottare un bambino, quando anche in Italia sarà

permesso.

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PACIFICO: Andiamo bene, un bambino con due babbi. E la mamma dov’ è?

GAIO: I bambini che rimangono orfani non hanno mica la mamma.

LENINA: Ecco, ha subito la risposta pronta, ha una lingua che taglia e che cuce.

ZITA: E poi ci sono anche io, potrei avere io dei figli.

LENINA: Se non ti spicci anche te, rimarrai zitella e così noi diventeremo vecchi

senza nipoti.

ZITA: Non sareste né i primi, neanche gli ultimi; non ti è mai importato niente

dei nipoti.

LENINA: Non è vero, io, avevo trovato da sposare Gaio e te.

ZITA: Bene! E per me chi avresti trovato?

LENINA: Ehm…Olivio, il dottore in agraria, è un bravo partito e un bravo ragazzo.

ZITA: E così, dopo che mi hai imposto le amicizie che volevi te, che mi hai

sempre fatto fare quello che volevi te, dovevo anche sposare l’ uomo che

piace a te.

PACIFICO: Alè, siamo a posto, abbiamo fatto briscola.

LENINA: Te sei sempre stata una ribelle, hai sempre fatto quello che hai voluto.

ZITA: Per fortuna, sennò sarei stata qui bacucca a farti da serva, come il

babbo.

PACIFICO: Grazie per il bacucco; che io abbia fatto sempre da cameriere però è

vero.

GAIO: Anche per me avevi una moglie, no?

LENINA: Ehm… La Fiorella, è una brava ragazza, ha quasi la tua età, anche qualche

anno di più, ma non ha importanza. Comunque sei ancora in tempo.

ZITA: Mamma, guarda che la Fiorella si è accorta che a lui non piacciono le

donne.

LENINA: Come fai a dirlo, sei sicura? Non è possibile. Che vergogna!

ZITA: Invece è vero, perché l’ ha detto a me.

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LENINA: Davvero? Oh che scandalo!! Poveretta me! Non potrò mai piùuscire di

casa.

ZITA: Va bene, starai in casa a guardare i tuoi fiori. Adesso vado, ne ho avuto

abbastanza.

( Zita esce verso la casa)

GAIO: Anche io vado, no.

( esce dal cancello)

LENINA: Pacifico e adesso? Cosa facciamo?

PACIFICO: Lo chiedi a me? Cosa vuoi che sappia, al giorno d’ oggi non si capisce più

niente, il mondo va tutto a rovescio; le galline diventano galli, dai

cocomeri nascono le zucche e anche gli uomini diventano donne. A te poi

quando eri incinta ti è venuta la voglia di mangiare le lumache.

LENINA: Cosa c’ entrano adesso le lumache.

PACIFICO: C’ entrano eccome! Non lo sai che sono maschio e femmina insieme?

LENINA: Che schifo, pua! ( fa con la bocca il gesto di sputare)

PACIFICO: E’ troppo tardi sputare adesso, quella volta te le sei mangiate tutte e ti

sono anche piaciute molto.

LENINA: Questa è una teoria che te la sei inventata te.

PACIFICO: Sì è vero, faccio le prove del piccolo scienziato, intanto al giorno d’ oggi

tutti si credono di sapere ogni cosa.

LENINA: Farai lo scienziato, però quando ho bisogno di te non ci sei mai.

PACIFICO: Sono pure qui, non sono mica andato via.

LENINA: Sarai qui col corpo, ma non con l’ anima.

PACIFICO: Oh, Lenina, sono qui, solo che sono confuso, non ho parole, né pensieri e

poi, dì, vuoi comandare anche sopra la mia anima? Vuoi l’ anima, come il

diavolo?

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FINE SECONDO ATTO

( a piacere suona la musica “The champion “ di Charlie Chaplin)

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TERZO ATTO

( A piacere suona la musica “ The circus music” di Charlie Chaplin)

(Entrano in scena, dal cancelletto, Lenina e Pacifico.)

LENINA: Io da quello pissicologo non ci vado più, intanto vuole avere ragione

sempre lui.

PACIFICO: Anche io mi sono stancato, è già il terzo dottore che mi fai cambiare.

LENINA: A mo, sono tutti precisi, dicono tutti la stessa cosa.

PACIFICO: Perchè te vuoi che ti dicano quello che pare a te.

LENINA: Sarà che vengono tutti dalla stessa scuola, bisogna trovarne uno diverso,

fatto per bene.

PACIFICO: Sono dei dottori, non potrebbe essere che abbiano ragione loro?

LENINA: Che? Adesso hai dei dubbi? E’ tutta questa mentalità moderna, cosa

vuoi che abbiano ragione, anche tra di loro ci sono le correnti; si vede che

noi abbiamo trovato tutti quelli che tirano dalla stessa parte.

PACIFICO: Delle correnti d’ aria ce ne sono molte, a sud, a nord, la corina, il

garbino, va a trovare quella che piace di più a te.

LENINA: Non deve piacere a me, deve essere quella giusta e vera.

PACIFICO: E te lo sai quale sia la vera e giusta? Nel mondo c’ è tanta varietà.

LENINA: Nelle piante c’ è la varietà, ma no nei principi morali.

PACIFICO: I dottori hanno detto che non si tratta di morale, ma di tendenze, che

uno nasce in un modo, uno in un altro.

LENINA: E proprio a me doveva nascere un figlio in un altro modo?

PACIFICO: Si vede che dobbiamo portare questa croce.

LENINA: La porterai te, perché io lo caccio via di casa e non lo voglio più vedere.

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PACIFICO: Non è nostro figlio? Non gli hai sempre voluto bene? Cos’ è adesso non

lo vuoi più vedere?

LENINA: Bè… se si fa curare e guarisce…sennò vada per la sua strada.

PACIFICO: Ci hanno detto tutti i dottori che è una cosa che non guarisce, è così e

basta, non è mica colpa sua.

LENINA: Allora di chi è la colpa, la mia? Io ho fatto sempre il bene dei miei figli.

PACIFICO: Non è colpa di nessuno, non c’ è rimedio, quindi la devi prendere così e

basta e te ne devi fare una ragione.

LENINA: Te fai presto a parlare…ce ne vorrà del tempo, non lo so mica se ce la

faccio.

PACIFICO: Intanto Gaio ha detto che va a stare via, così per un po’ non abbiamo

motivo per sgridare e per fare delle discussioni tutti i giorni. Quindi

adesso cerca di essere gentile con lui e col suo amico. Poi un pochino alla

volta manderemo giù anche questo rospo qui.

LENINA: I rospi sono cattivi da mandare giù, hanno il fiele! Hai voglia te; no, no e

no! Io non mi adatto.

PACIFICO: Pensa a coloro che hanno un figlio sgorbio o matto, sarà pure peggio.

LENINA: Pensa alla mia amica Rina che suo figlio ha sposato una professoressa e

brava che è, anche a fare da mangiare.

( Da fuori suona il campanello, si ode una voce)

VOCE: “ Posta! c’ è nessuno?”

LENINA: Siamo qui, vengo.( si dirige fuori, si odono solo delle voci.)

VOCE: C’ è un pacco per lei e una lettera per suo marito. Faccia una firma qui.

Ecco, grazie, ci vediamo.

( Lenina rientra)

LENINA: Tieni, questa è per te, ( gli porge la lettera) viene dalla Francia; fa

vedere? E il pacco viene dall’ Olanda.( la guarda bene) Da Parigi. Che roba

è, chi è?

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PACIFICO: E’ …è, sarà che ho chiesto un libro, mi avranno risposto.

LENINA: In francese? Mo da quando te leggi i libri in francese?

PACIFICO: Bè mo, da quando sono andato a scuola.

LENINA: Adesso vuoi fare l’ intellettuale? Non vorrai mica darti delle arie; sarà

meglio che vada subito a telefonare al dottore e alla Fiorella.

PACIFICO: E io vado a leggere questa lettera.

( Escono ambedue verso casa; poco dopo entrano Gaio e Oscar)

GAIO: Sta zitto, valà, no, che tutte le volte che mi incontra, la mia mamma mi

manda delle bestemmie.

OSCAR: La mia invece ha voluto sapere se sei capace di fare da mangiare.

GAIO: E te cosa le hai risposto?

OSCAR: Che sei speciale a fare il risotto con le zucchine e i tagliolini cotti al

microonde.

GAIO: Mo no, non è mica vero, quella è la favola della pubblicità.

OSCAR: Ebbè? La mia mamma è stata contenta, quindi va bene così.

GAIO: Adesso però devo andare di sopra, no, nella mia camera e se la mia

mamma mi vede, chissà che cosa mi dice dietro.

OSCAR: Dai fa pianino, cerca di non farti sentire, prendi su le cose che ti servono

e vieni di sotto, senza farti vedere. Io ti aspetto qui.

GAIO: E se ti vede a te? Non sai che cosa è capace di fare e di dire.

OSCAR: Io non ho paura di niente, te non ti preoccupare, dai.

( Gaio entra in casa in punta di piedi; Oscar si siede ad attenderlo, poco

dopo si sentono delle voci, rientra Gaio, seguito dalla madre )

LENINA: Ah, sei qui eh! Se hai bisogno vieni a casa! Vieni qui, che ho una cosa da

dirti, mettiti a sedere qui.

GAIO: Cosa vuoi ancora? Non basta?

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LENINA: Ah, sei col tuo amico, bene. Lui cosa vuole qui a casa mia?

OSCAR: Ho accompagnato Gaio, poi andiamo via subito

LENINA: ( tira fuori dalla tasca una boccettina con dell’ acqua e ne tira alcune

gocce a Oscar) Vade retro satana! E te ( a Gaio) stai buono ( lo cosparge

di acqua santa) Ora pro nobis, ora pro nobis, grazia dei, per guarigione

tua!

GAIO: Mo mamma, cosa fai? Che roba è questa?

LENINA: Acqua santa di Lurdes, me l’ ha data una mia amica.

OSCAR: Viene proprio da Lourdes o è di seconda mano?

LENINA: Che cosa vuol dire?

OSCAR: Che se non viene proprio da Lourdes l’ hanno allungata: ne mettono

poche gocce in una bottiglia di acqua. E’ innaffiata.

LENINA: Dicono che è preciso, che fa effetto ugualmente.

OSCAR: Vuole mettere il vino buono e innaffiato? Non sarà mica la stessa cosa.

Così è per l’ acqua benedetta.

LENINA: ( rivolta a Gaio) Allora domani vieni a Sarsina.

GAIO: Mo mamma!

OSCAR: Bene, adesso facciamo le benedizioni, le stregonerie, gli esorcismi. Ha già

benedetto la casa?

LENINA: Sì, il prete è venuto ieri.

OSCAR: Ci manca solo lo stgregone, l’ ha già chiamato?

GAIO: Mamma, sei diventata matta del tutto, no? Cosa ti sei messa in testa?

LENINA: Io dico che un diavolo ha fatto del male a questa casa.

OSCAR: L’ ho detto io, ci vuole anche lo stregone.

GAIO: Mamma, le stregonerie non c’ entrano niente, ragiona un pochino, no. Le

stregonerie non esistono e neppure le diavolerie.

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LENINA: Il diavolo esiste, eccome, guarda, ce n’ è uno qui davanti. ( indica Oscar)

GAIO: Smettila di offendere il mio amico. Lui è la persona più buona che ci sia.

Se qui c’ è uno cattivo sei te, no.

LENINA: Ecco, guarda come rispondi alla tua mamma.

( entra Pacifico)

PACIFICO: Che cosa sono questo chiasso e questi urli? Cosa avete fatto?

LENINA: Come al solito te non ci sei mai quando c’ è bisogno.

PACIFICO: Sta a vedere che anche questa volta la colpa è la mia.

GAIO: Alla mamma ha dato di volta il cervello, no.

PACIFICO: Fatela finita. Voi due andate via e lasciate che alla mamma passi il

nervoso. Abbiate pazienza tutti, dai, che un po’ alla volta le cose si

metteranno a posto.

OSCAR: La sua moglie le vuole mettere a posto con le stregonerie e gli esorcismi.

PACIFICO: Uhei Lenina, se non te la smetti lo facciamo a te l’ esorcismo.

GAIO: Sì babbo, portiamo lei a Sarsina.

PACIFICO: Dai, dai, lasciate che le acque si calmino; andate e lasciatela un pochino

in pace.

OSCAR: Il tuio babbo ha ragione, andiamo.

( Oscar e Gaio escono)

PACIFICO: Te l’ ha pur detto il prete che questa non è una roba di stregoneria,

neanche di diavoleria. Te l’ hanno detto i dottori, te l’ ha detto il prete e

ancora non ci credi.

LENINA: Dì, a provare non è mica niente, se non fanno bene, non faranno

neanche male.

PACIFICO: Siamo nel duemila, ancora vuoi credere alle superstizioni?

LENINA: No, però quando si è disperati, ci si attacca a tutto.

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PACIFICO: Anche alle superstizioni? Se il Signore ci ha dato la ragione, bisogna

adoperarla, no? Il Medioevo è finito da molti anni, ancora vuoi credere

alle favole?

LENINA: Se la medicina non ha trovato un rimedio, bisogna cercare da un’ altra

parte.

PACIFICO: E secondo te il rimedio ce l’ hanno gli stregoni, che sono solo capaci di

prendere in giro la gente?

LENINA: E l’ acqua benedetta?

PACIFICO: Se facesse bene contro i gay, nel mondo non ce ne sarebbe più neppure

uno. Forse è meglio se la prendi te, chissà che non ti faccia bene contro l’

omofobi.

LENINA: Che cos’ è l’ omobi-fo?

PACIFICO: E’ la malattia che hai te, che non vuoi vedere le persone che sono

diverse da te. Oh, guarda, arrivano Olivio e la Fiorella, dai adesso basta,

stai allegra e fa finta di niente. Io vado in casa.

( Pacifico esce, verso la casa. Entrano Olivio e Fiorella; Fiorella ha una

gonna a fiori e una giacca. Nel taschino o nell’ asola, ha un mazzolino di

fiori di mughetto.)

FIORELLA: E’ arrivato? L’ hai aperto? ( sospiro)

LENINA: Ancora no, aspettavo voi due; non vedo l’ ora di aprirlo.

OLIVIO: Allora forza, lo apra.

( Lenina apre il pacco, che è appoggiato sul tavolo ed estrae un vasetto di

mughetti rosa)

LENINA: Oh! E’ un mughetto di colore rosa! Non l’ avevo mai visto!

OLIVIO: Le piace la sorpresa? E’ la “ convallaria majalis” rosa, una varietà molto

rara.

FIORELLA: I mughetti che ho io sono bianchi; me li ha regalati Olivio.

OLIVIO: Perchè qui rosa non si trovano, ma li farò venire anche per te.

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LENINA: Io credevo che fosse una pianta di quelle che piacciono ai maiali da

mangiare, ciou, ha detto “ maiala”.

OLIVIO: Majalis vuol dire di maggio, perché fioriscono nel mese di maggio. Una

volta gli uomini li regalavano alla fidanzata il dieci di maggio, come

portafortuna e si portavano sulla giacca, come li ha la fiorella.

FIORELLA: Adesso capisco perché hai voluto che li mettessi qui.

OLIVIO: Eh, sì e poi volevano indicare felicità e fedeltà amorosa.

FIORELLA: Io ti ringrazio. Ti sarò sempre fedele, ti vorrò sempre bene, ti farò

sempre felice.

LENINA: Caspita, Fiorella, vi faccio tutti i mei migliori auguri, ho piacere per voi,

che vi vogliate sempre bene e che siate felici per tutta la vita.

OLIVIO: Grazie, signora, io sono proprio contento, mi sono innamorato e penso

che la Fiorella sia proprio la donna adatta a me.

FIORELLA: E’ stato anche merito tuo, perché l’ ho incontrato proprio qui, a casa tua.

LENINA: Delle volte si fanno dei progetti e poi le cose vanno per un’ altra strada.

Ma va bene lo stesso. L’ importante è che vi vogliate sempre bene.

OLIVIO: Su andiamo avanti, vediamo cosa c’ è ancora nel pacco.

( Lenina tira fuori una bottiglietta di liquore )

OLIVIO: E’ il “Kumino” , un digestivo che fanno in Olanda e in Germania, con la

pianta del “ Cumino dei prati “.

FIORELLA: E’ quella pianta che fa bene anche … anche…per gli uomini, per… per…

OLIVIO: ( ridendo) No, fa bene per lo stomaco, per un sacco di cose e anche per il

raffreddore e le allergie. Io mi faccio sempre la tisana contro il mio

raffreddore da fieno.

FIORELLA: Oh!

OLIVIO: Le altre proprietà sono favole, non è afrodisiaco, però…non si sa mai…

FIORELLA: Chissà che delle volte le favole non siano vere…( sospiro)

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LENINA: ( A parte ) Qui la situazione si fa critica. ( A Olivio ) E queste sementi qui,

( tira fuori un pacchettino) che cosa sono?

OLIVIO: Sono le sementi del “ Cumino dei prati” quello che si usa anche per fare il

liquore.

FIORELLA: Oggi abbiamo imparato un sacco di cose nuove

LENINA: E abbiamo fatto anche un matrimonio.

FIORELLA: Vorrà dire che quando ci sposeremo, te ci farai da testimone.

LENINA: Quando non si può andare al matrimonio dei figli, bisogna adattarsi e

andare a quello degli amici.

OLIVIO: Prima o poi si sposeranno anche i suoi figli.

LENINA: Mi pare che sia poi, piuttosto che prima, non lo so. Staremo a vedere.

FIORELLA: Verrà il tempo, vedrai che presto anche la Zita troverà il fidanzato.

LENINA: Vorrei diventare nonna, speriamo.

OLIVIO: Verrà amche quel giorno. Andiamo Fiorella che si è fatto tardi.

FIORELLA: Ti saluto Lenina, ti farò sapere la data del matrimonio.

( Fiorella e Olivio escono, Lenina esce verso la casa. Poco dopo entrano

Zita e Taev, dal cancelletto)

ZITA: E adesso come faccio a dirlo alla mia mamma?

TAEV: Potresti…potresti…direle che le devi fare il “ coming aut”. ( ride)

ZITA: Quello l’ ha già fatto mio fratello, è stata una tragedia.

TAEV: Alloura ona di più, ona di manco, non fa una gran differenza.

ZITA: Lo dici te, non è mica come la tua mamma, la mia è diversa

TAEV. Diversa come, sello che tu vuoi dire?

ZITA: La mia mamma non ha la mentalità della tua famiglia, è più legata alle

tradizioni ed è anche molto rigorosa.

TAEV: Allo giorno di oggi? Mo valà, non ci essere più nisouno antiego.

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ZITA: Difatti c’ è rimasta proprio solo la mia mamma, più antica di

Matusalemme.

TAEV: Io non avvio nissuna pavura, a me non mi fa neanche il solletico.

ZITA: Lei ti scortica vivo, altrochè solletico.

TAEV: Eh, sarà mai, me a fazzo una piroeta e la lasso a boca verta.

ZITA: Ridi te, io invece ho una gran paura e se ti dà le botte, dopo ci rimango

male, perché è colpa mia.

TAEV: Io ti voglio bene e non ho pavura di niente e di nissuno. Una volta in te

circo avevamo le tigri, non m’ hanno mai fatto pavura, figurti la tu

mamma.

ZITA: Le tigri? Cosa vuoi che siano in confronto alla mia mamma, sono dei gatti.

TAEV: Te non hai fiducia in me? Te non mi croidi? Quell ch’ a to detto a ne

ripeto, me a sono prounto a tutto .

ZITA: Anche alle botte?

TAEV: Cosa vuoi che sia una scorticata d’ una vecchia tigre come la tu mamma!

Non ha mica più la forza d’ una zovane e forte; lei è com un gatto.

ZITA: Anche il gatto ha le unghie lunghe.

TAEV: Te vuoi metere quelle d’ uno gatto con quelle d’ una tigre?

ZITA: Dì, io la chiamo, poi non voglio sapere niente, dopo non dare la colpa a

me.

TAEV: Dai specciati.

ZITA: Devo chiamare anche il mio babbo?

TAEV: Fa come che ti pare a te.

ZITA: ( si avvicina alla porta di casa ) Babbo, mamma! Siete in casa?

( escono Lenina e Pacifico)

LENINA: Cosa vuoi Zita?

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PACIFICO: Non vedi che è con un suo amico?

LENINA: Sta zitto, sei sempre maleducato.

( Pacifico si siede e apre il giornale, che è sul tavolo)

PACIFICO: Ho capito, io non faccio mai bene niente, sarà meglio che mi legga il

giornale.

ZITA: Mamma io devo parlarti… ti devo fare il coming…

LENINA: ( la interrompe) Ah no, eh! Adesso basta, del cumin non ne voglio più

sapere, non ne voglio più parlare.

ZITA: Mo mamma, perché fai così?

LENINA: Del cumin ne ho avuto abbastanza, ho già madato giù troppe cose, ho già

digerito abbastanza, non vorrai mica mandarmene giù delle altre?

PACIFICO: Secondo me non ti vuole dare il digestivo, è un’ altra cosa.

LENINA: Te sta zitto, che non lo sai che cosa è il Kumino.

PACIFICO: Se devo stare zitto, sto zitto, ma secondo me, non vuole parlare del

liquore tedesco.

LENINA: Tedesco o inglese è la stessa cosa, è sempre robaccia da mandare giù,

quella che mi vuole dare lei.

PACIFICO: E’ così Zita?

ZITA: In un certo senso…sì, ma in un altro…no.

LENINA: Non ho capito niente, parla chiaro e tondo.

ZITA: Ecco… io…volevo presentarvi Taev.

( tutti lo guardano, Taev fa un inchino)

PACIFICO: Cos’ è il tuo cameriere che fa l’ inchino?

TAEV: A m’ avete da scusare se non mi sono fatto capire bene, ella è mia

abitudine fare l’ inchino.

PACIFICO: Si vede che è un ragazzo educato. Di chi sei il figlio te?

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TAEV: Il mio babbo si chiama Leo.

PACIFICO: Leo…mi sembra di conoscerlo, dove abitano i tuoi?

TAEV: Se volete sapere la residenza…i miei sono nati in Romagna.

LENINA: Parla dunque, dove abitano i tuoi?

TAEV: Per il solito a stiamo nei paesi della Romagna, non andiamo mai troppo

da lungo, il massimo nelle Marche, dai marchigiani.

PACIFICO: Buoni quelli “ meglio un morto in casa che un marchigiano sulla porta”.

ZITA: Babbo, ha detto che lui è nato in Romagna.

PACIFICO: Lo vedo, difatti farfuglia qualche parola del nostro dialetto, anche se

ogni tanto dice degli sfromboloni.

LENINA: Però non sembra che sia del nostro paese.

ZITA: Avete finito di fare l’ interrogatorio?

LENINA: Ciou, sei qui con lui, è a casa nostra, dovremo pure sapere chi è.

TAEV: Mi chiamo Taev.

LENINA: E poi?

TAEV: Lautari.

PACIFICO: Non l’ ho mai sentito questo cognome, non è di qui.

ZITA: No, non l’ hai mai sentito, difatti è un cognome di musicisti, quelli che

suonavano il liuto nel circo.

LENINA: In che? Dove? Cosa significa? Che mestiere fa questo ragazzo?

TAEV: Giocoliere e trapezista, per vostro onore. ( fa l’ inchino)

LENINA: Cosa??

PACIFICO: Trape… che?

ZITA: Sì, avete capito bene, lavora nel circo.

PACIFICO: Ah…bene.

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LENINA: Bene che! Sta zitto!

PACIFICO: Non parlo più, intanto non ci prendo mai.

LENINA: E allora perché è qui?

ZITA: E’ il mio amico, mi ha insegnato un po’ di esercizi.

LENINA: Adesso però basta, te vai nella tua camera e lui ritorna a casa sua, anzi

nel suo tendone. A proposito ha una casa per dormire?

TAEV: A dormiamo nelle rulotte. Però me voglio andare a lavorare in t’ uno

parco di divertimenti della riviera romagnola e smetterla di zirare; voglio

togliere una casa e stare sempre in t’ uno posto.

LENINA: E adesso però stai in una rulotte, insomma, sei uno zingaro.

ZITA: Ma lui non è uno zingaro, è come noi.

LENINA: Se non mi sbaglio, la razza è quella.

PACIFICO: Lenina a noi non interessa, adesso lui va a casa sua e basta e poi tra poco

il circo va in un altro paese, quindi il problema è risolto.

ZITA: No, non è risolto proprio, perché noi vogliamo stare insieme.

TAEV: Io volere bene a la Zita e vi ho detto che voglio trovare uno lavoro a qui

in Romagna e fare una vita normale, coma voi.

LENINA: Però sei nato e cresciuto tra gli zingari. Non vedi che non sai neppure

parlare bene la nostra lingua.?

ZITA: Se te volevi un principe, perché non te lo sei sposato? Io invece sto con

chi mi pare, anzi io e lui vogliamo andare insieme alla scuola per acrobati.

TAEV: Noi vogliamo andare alla meglio scola che ci sia nel mondo, a San

Fransisco.

LENINA: E dov’ è, in provincia di Assisi?

PACIFICO: Secondo me, mi sbaglierò, ma è un po’ più in là.

TAEV: E’ in California.

LENINA: In Cali.. forno? Nel forno? E’ un gran caldo là? Sarà l’ inferno.

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ZITA: E’ in America.

TAEV: E’ una delle zità più belle del mondo. Se volete avvenire a trovarsi, farete

una gita splendida.

LENINA: Perchè quanto tempo stareste via?

ZITA: Almeno sei mesi.

LENINA: Oh poveretta me, mi viene male! La mia figlia va via in America con uno

zingaro. Non è possibile! Signore che grande disgrazia! Perché mi volete

dare una croce così?

ZITA: Mamma, non cominciare a fare la lagna, come al tuo solito.

TAEV: Signora andaremo alla scola, prenderemo il diploma e poi ritorneremo.

La non more mica la sua figliola.

LENINA: Se fai una cosa così ti diseredo e non ti voglio più vedere. Te mi vuoi fare

morire di crepacuore. Te lo proibisco.

ZITA: Mamma, ormai sono grande, sono maggiorenne, voglio fare la mia vita.

Hai finito di comandarmi e di farmi fare sempre tutto quello che vuoi te.

Non ho mai potuto fare quello che piaceva a me, adesso basta.

LENINA: Pensaci bene, prima di prendere una decisione così, non avere fretta,

aspetta per capire se fai prorio la cosa giusta o se è un colpo di testa che

ti passa.

ZITA: Ho deciso, non torno più indietro. Stavolta non ce la fai a convincermi,

faccio quello che voglio io, quello che piace a me.

PACIFICO: Lasciala stare, lascia che faccia.

LENINA: Ti ci metti anche te adesso? Sempre contro, invece di darmi una mano a

farla ragionare.

ZITA: Mamma, abbiamo tutto pronto e prenotato l’ aereo, partiamo subito.

LENINA: Come subito? Non si può fermare l’ areo? Non si possono chiedere

indietro i soldi dei biglietti e rimandare la partenza?

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TAEV: L’ avvederà che belle cartoline le amanderemo, verdà che bello posto

che ello è.

LENINA: Mi vuoi anche prendere in giro? Oh, poveretta me! Come sono

disperata!

ZITA: Noi andiamo di sopra a fare la valigia, perché dobbiamo prendere il treno

per andare all’ aeroporto, che l’ aereo parte stanotte.

( Zita e Taev escono verso la casa)

LENINA: Subito…stanotte, va via con uno zingaro! Cosa ho fatto il mio Signore per

avere una croce così grossa? Perché non si è innamorata del dottore in

agraria, che è un così bravo ragazzo?

PACIFICO: Quante volte ti devo dire che il mondo va per conto suo, non come ti

pare a te? E poi quel dottore non è mica sto granchè; sarà bravo negli

studi, sì, ma per il resto mi sembra uno che si affoga nella guazza.

LENINA: Non la voglio più vedere mia figlia, basta, che vada via per sempre.

PACIFICO: Bene! Vuoi fare proprio come il tuo babbo.

LENINA: Cosa c’ entra adesso il mio babbo?

PACIFICO: C’ entra eccome! E’ stato lui, anzi sono stati i tuoi che ti hanno insegnato

ad essere così intransigente con tutti; loro erano dei dittatori e il tuo

babbo per primo.

LENINA: Proprio dittatore no, era autoritario.

PACIFICO: Tirannia, altrochè, dittatori come te che hai tenuto questa famiglia

sempre sotto i tuoi comandi.

LENINA: Pacifico! Non ti riconosco più! Sei diventato matto?

PACIFICO: No, solo mi sono stancato; sono trent’ anni che sopporto, adesso anche

io dico basta.

LENINA: Ti ha dato di volta il cervello?

PACIFICO: Se lo chiami così, sì. Quando eravamo giovani ho sopportato anche i tuoi,

poi te, che sei uguale a loro, adesso mi ribello contro la dittatura.

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LENINA: E te il nostro matrimonio lo chiami dittatura?

PACIFICO: Perchè, come vuoi chiamarlo, dittatura del proletariato? Hai sempre

comandato te, io ho dovuto aubbidire e fare quello che volevi te, sennò

era una tragedia greca, anzi russa

LENINA: Cosa c’ entrano la Grecia e la Russia adesso?

PACIFICO: Allora diciamo romagnola.

LENINA: E con tutto questo cosa vuoi dire allora?

PACIFICO: Che basta comadare, che i nostri figli sono i nostri figli e li dobbiamo

prendere come sono. Non gli hai sempre voluto bene ai figli?

LENINA: Sempre, io ho fatto tutto per loro, per il loro bene, perché stessero bene

in questo mondo.

PACIFICO: Bene, però adesso sono grandi e devono fare la loro vita, te non c’ entri

più. Noi li abbiamo messi al mondo, ma adesso che sono grandi non sono

più i nostri figli, sono delle persone, che devono fare la loro vita.

LENINA: E se sbagliano?

PACIFICO: Pagheranno gli sbagli che hanno fatto.

LENINA: E noi genitori non siamo qui per dargli una mano?

PACIFICO: Per dargliela quando ce la chiedono, non quando non la vogliono. Hai

capito che non devi fare come il tuo babbo?

LENINA: E daila, con il mio povero babbo.

PACIFICO: Non avevi un fratello te una volta?

LENINA: Quando ero piccola, ma è morto in Sudamerica; mi è dispiaciuto

moltissimo.

PACIFICO: Sei proprio sicura che sia morto?

LENINA: Come no, me l’ hanno sempre detto i miei genitori.

PACIFICO: Che cosa ti hanno detto i tuoi?

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LENINA: Che era voluto andare via a fare un viaggio nella foresta e non hanno

saputo più niente e sembra che sia morto là.

PACIFICO: E così i tuoi ti hanno intestato questa casa prima di morire, perché non si

sa mai, se fosse scappato fuori, che non avesse domandato la sua parte

di eredità.

LENINA: Ma se è morto.

PACIFICO: Ma il corpo non l’ hanno trovato.

LENINA: Cosa vuoi che trovassero nella foresta, il poverino, l’ avranno mangiato i

leoni.

PACIFICO: Guarda che in Amazzonia non ci sono i leoni.

LENINA: Saranno stati altri animali.

PACIFICO: E te ci hai sempre creduto?

LENINA: Io ero una bambina piccola, il mio fratello aveva dodici anni più di me,

cosa vuoi che sappia. So solo che mi è dispiaciuto moltissimo, io gli

volevo un gran bene; tutte le sere prima di dormire mi prendeva sulle

ginocchia e mi raccontava le favole, le storie di viaggi, di paesi diversi che

a lui piacevano molto.

PACIFICO: E te ti sei tenuta questo dolore sempre nel cuore, non ne hai mai parlato

con nessuno, hai sfogato i tuoi sentimenti nella passione per i fiori, ma

con le persone sei sempre stata intransigente e chiusa, come era il tuo

babbo.

LENINA: E adesso cosa c’ entrano tutte queste cose, cosa c’ entra quello che ho

passato da bambina?

PACIFICO: C’ entra, perché non hai ancora capito che devi voler bene proprio alla

tua famiglia, perché è la famiglia che deve stare sempre unita. Non devi

mai dire che non vuoi più vedere i tuoi figli, come hanno fatto i tuoi

genitori con tuo fratello.

LENINA: Loro un figlio l’ hanno perso per colpa sua, perché se stava a casa non gli

capitava la disgrazia.

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PACIFICO: E se non fosse proprio così?

LENINA: Che cosa ti passa per la testa adesso?

PACIFICO: Devi sapere che qualche mese fa ero nel bar e c’ era Gino che era

ubriaco duro e ha detto che tuo fratello l’ hanno cacciato via i suoi

genitori.

LENINA: Non è vero, difatti Gino era ubriaco.

PACIFICO: Ricordati ” in vino veritas”.

LENINA: Cosa vuol dire?

PACIFICO: Che proprio quando uno è ubriaco dice la verità. Allora io ho cominciato

a fare delle ricerche.

LENINA: Te? Da solo? E non mi hai mai detto niente?

PACIFICO: Prima volevo essere sicuro; mi sono rivolto ad un’ agenzia e ho scoperto

che era proprio vero. Che i tuoi genitori hanno cacciato via il tuo fratello

perché lui voleva fare l’ artista e non voleva fare quello che pretendeva il

tuo babbo.

LENINA: Nooo…Non è possibile! L’ artista di che?

PACIFICO: Di quadri, di scrivere poesie, insomma non voleva fare l’ imbianchino

come il tuo babbo, sgridavano spesso, finchè il tuo babbo l’ ha cacciato

fuori di casa e non l’ ha più voluto vedere.

LENINA: Il pittore come Gaio?

PACIFICO: Proprio, hai visto da dove ha preso il nostro figlio? Dal suo zio. Te che

dicevi sempre che nella tua famiglia erano tutte persone “ normali “,

come si dice.

LENINA: E dove sarà finito? Sarà vivo o morto? Oh, il mio fratello! Mi fai venire un

accidenti, non ci posso credere.

PACIFICO: Ti ricordi la lettera che è arrivata oggi da Parigi?

LENINA: Quella che hai comperato i libri?

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PACIFICO: ( tira fuori dalla tasca la lettera) Ecco è la lettera del tuo fratello, che ho

trovato dove abita e mi ha risposto.

LENINA: Fammi vedere ( di scatto cerca di prendergliela dalle mani, ma poi gliela

restituisce) no, non ho il coraggio, leggila te, ho paura; se dice che non mi

vuole più vedere?

PACIFICO: E’ commosso, dice che si ricorda sempre di te, che tutte le sere prima di

addormentarsi pensa a te e spera che tu stia bene. Chiede se lo vuoi

vedere, se vi potete incontrare.

LENINA: Che novità, che notizia! Pacifico, non avrei mai creduto, una cosa simile!

Il mio fratello! Era un ragazzo, chissà come sarà adesso! Non è possibile,

io lo credevo morto. Adesso capisco tante cose, perché i miei genitori

non piangevano e perché non gli facevano dire le messe, né i rosari. Sì

che lo voglio incontrare, ho solo paura per l’ emozione che proverò, che

non mi venga un colpo secco.

PACIFICO: Sei sempre stata forte, a te un colpo secco non ti viene, sta tranquilla,

non ti è venuto neppure quando Gaio ti ha fatto il comino.

LENINA: Allora scriviamogli subito, che lo voglio vedere presto, più presto che si

può.

PACIFICO: Potremmo dirgli di venire qui, così vede anche la sua casa, però prima

sarebbe meglio che andassimo noi a trovarlo.

LENINA: Sì, così ne approfittiamo anche per fare una gita.

PACIFICO: Adesso poi che i figli sono andati per la loro strada, noi siamo liberi e

possiamo fare tutte le gite che vogliamo.

LENINA: Hai propriop ragione.

PACIFICO: Hai visto in tutte le cose bisogna prendere su quello che c’ è di buono e

per noi adesso comincia un’ altra gioventù.

LENINA: Vai avanti molto te, ciou, vuoi proprio cambiare vita.

PACIFICO: Sì e voglio fare una cosa che avrei sempre voluto fare: prendo in affitto

un camper e andiamo a Parigi. Ci vieni? Stavolta comando io, stavolta si

fa come voglio io, o si magia questa minestra o si salta dalla finestra.

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LENINA: Col camper? Come gli zingari? Oddio, come è cambiato il mondo!

( si chiude il sipario)

( A piacere suona la musica “ The Adventure” di Charlie Chaplin)

FINE DEL TERZO ATTO

Longiano 07 / 10 / 2014

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