NUMERO 17 - MAGGIO 2011

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Madreterra Palmi e dintorni NUMERO 17 - MAGGIO 2011

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"Non abbiate paura. Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!"

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2Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

AttuAlitA’ Palmi

di Giuseppe Repaci Pag. 26

COME ERAVAMO... NEGLI ANNI ’50..!

Di fronte alla Beatificazione di un uomo come Karol Wojtyla, non

esiste alcun pensiero sul quale valga la pena soffermarsi.

Tutto passa in secondo piano, ma so-prattutto, si tende a non dar peso alle “disgrazie” del mondo.

E’ un breve passaggio questo, for-se miracolo di un giorno. La positivi-tà di Giovanni Paolo II annulla il male che tende a distruggere la vita, met-te in secondo piano la fame nel mon-do, le guerre, i terremoti, le catastro-fi, il senso di malessere comune. Per un giorno, i notiziari non trasmetto-no che “bene”; non omicidi ma fede, non pianti ma sorrisi, non battaglie ma gente in pace.

Non ci nascondiamo però, dietro un dito. Conosciamo perfettamente i limiti dell’umana mente, sappiamo bene che il male non è svanito. Biso-gna combatterlo con le piccole cose, con un semplice sorriso o con un ge-sto genuino.

Papa Wojtyla ci ha lasciato questa speranza, e ce la rinnova, oggi, con la sua beatificazione. Sarebbe triste non coglierla.

D’altra parte, la storia c’insegna, purtroppo, che nulla è semplice, né facile. E’ difficile perseguire una stra-da corretta e colma di buoni proposi-ti, rafforzata da sani principi, se ci si scontra, troppo spesso, con una realtà contrastante e nemica.

Sono troppo poche le persone che, oggi, dirigono il mondo e troppo ri-stretti sono i loro interessi che, ovvia-mente, non coincidono con quelli del 99,99% della popolazione mondiale.

Questo è motivo, troppo spesso, di rese incondizionate; «...se non rag-giungi obiettivi importanti perché qualcuno ti mette i bastoni fra le ruote, per il solo piacere di sbarrar-ti la strada o, molto più facilmente, perché i tuoi interessi non coincido-no con i suoi, pur se essi stessi non si sovrappongono, rischi di abban-donare, abdichi dal trono della tua vita e ti lasci andare; sei costret-to a metterti nelle mani di chi ti ha “fermato”».

«La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società é il dub-bio che vivere onestamente sia inuti-le» (Corrado Alvaro - Ultimo diario - 1961)

Questa frase evidenzia in modo as-solutamente chiaro quale sia il limi-te, spesso invalicabile, che costringe molti a cercare strade diverse - e per “diverse” intendo strade fatte di rac-comandazioni, servilismo, “scorcia-toie” varie ecc... -, limite che blocca la crescita sociale, che smorza il di-namismo di chiunque, che annega le virtù di tanti a favore di pochi.

Combattere, senza paura, questo male è anche il grido di Giovanni Pao-lo II: «Non abbiate paura. Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!», che non può voler dire “abbandonate tut-to e datevi al Signore” ma certamente “abbiate forza nel combattere per il bene e per il giusto”.

Paolo Ventrice

EDITORIALE

Giovanni Paolo II - Disegno a carboncino - Achille Cofano

Cinema Teatro Sciarrone

di Paolo Ventrice Pag. 6

Vincenzo Gentile

di Roberto Balducci Pag. 25

M A M M A

Pag. 22

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

AttuAlitA’ Palmi

Non si può che procedere a qualche accenno: risulta ampia la gamma del suo pontificato. È stato il Papa che da ve-

scovo fu presente al Concilio Vaticano II, 1962–1965, nel quale ebbe modo di affinare la sua preparazione teologica e pasto-rale.

Una volta eletto Papa, portò nel ministero petrino le istanze conciliari volte al rinnovamento della Chiesa, rimanendo nel solco della Tradizione.

Da Pontefice in varie occasioni ebbe modo di formulare la propria condanna del comunismo reale dei Paesi dell’Est, defi-nendo “la vergogna dell’umanità„ e in qualche modo, favorendo la nascita e lo sviluppo di Solidarnosc, contribuì al declino dello stesso, che coincise con la caduta del Muro di Berlino.

È stato il Papa pellegrino nel mondo per annunciare la Buona Novella e promuovere i diritti umani ed insieme la solidarietà e la pace. Ben 104 sono stati i suoi viaggi all’estero.

Dimostrò di essere un Papa non distaccato ma vicino alla gen-te, uomini, donne, giovani, bambini, che salutava e abbracciava con naturalezza.

Ebbe per tutte le categorie di persone, dai piccoli ai grandi, le parole appropriate e incisive per la loro realizzazione umana e cristiana.

Fu presente da instancabile Pastore quasi in tutte le Diocesi d’Italia e nell’Ottobre del 1984 venne in Calabria, accolto all’a-eroporto di Lamezia Terme, e nella piazza antistante ricevette

Giovanni Paolo IIKarol Wojtyla

S. E. Mons. Vincenzo RimedioVescovo emerito di Lamezia Terme

il saluto del sottoscritto, dell’arcivescovo di Reggio Calabria e delle autorità civili. Fu un incontro meraviglioso con le comu-nità ecclesiali presenti e alla fine pronunziò queste parole: “Mi dicono che siete poveri, ma siete ricchi di amore”.

In questa nostra terra di Calabria, terra segnata dalla fede ma condizionata dalla criminalità organizzata, i suoi diciasset-te discorsi ebbero il merito di denunciare le situazioni di ille-galità ma anche di orientare verso più positivi traguardi: per l’agricoltura, per il lavoro e il mondo operaio, per la cultura. Esortò la Chiesa ad un suo risveglio, e il Clero in particolare, in comunione con i Vescovi ad educare il popolo in modo che non smarrisse la propria identità cristiana

Fu il Papa del Giubileo del 2000 che preparò e seguì con l’in-tensità del suo animo di Pastore.

Fu profeta della speranza: scriveva in “Varcare la soglia della speranza”: È necessaria la fiducia e si ha bisogno delle parole di Cristo Risorto «Non abbiate paura; …esiste Qualcuno che tiene in mano le sorti del mondo che passa… Qualcuno che è l’Alfa e l’Omega della storia dell’uomo».

È Cristo il Risorto, il Vivente.La sofferenza non lo risparmiò: nel gravissimo attentato

subìto e nella malattia: poté offrirla per la Chiesa, la Sua mis-sione, per l’umanità intera.

Fu pienamente di Dio e pienamente moderno: possiamo con larghezza e con edificazione attingere alla ricca eredità lasciata.

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CINEMA TEATRO SCIARRONEIL ROSSO PORPORA TORNA DI MODA!

IL COMUNE DI PALMI HA DEFINITIVAMENTE PRESO POSSESSO DELLA STRUTTURA DELL’EX CINEMA TEATRO SCIARRONE. OGGI C’E’ QUALCOSA DI CONCRETO, C’E’ UN PIZZICO DI SPERANZA; FORSE AVREMO, NUOVAMENTE, UN CINEMA.

di Paolo Ventrice

11 Aprile 2011.Entriamo, dopo molti

anni, 13 per l’esattezza, nell’an-drone del “Cinema Teatro Sciar-rone”; tutto sembra surreale e i ricordi riaffiorano limpidi nella mente...

Un passo indietro nel tempo, a quando quello spazio brulica-va di gente in trepida attesa per l’inizio del film o semplicemente per il gusto di scambiare quattro chiacchiere in amicizia, magari davanti ad un caffè nel bar pa-sticceria “Le ore” del compianto Michele Pietropaolo.

La figura del sempre sorridente Don Nicola Tillieci sembra esse-re stagliata e irremovibile dietro l’ormai impolverato banco della biglietteria, perchè fino al giorno della chiusura del cinema, era lui che portava avanti il mito dei film di Hollywood, era lui che accende-va gli animi e riempiva i pomerig-

gi di grandi e piccini con la magia del “cinematografo”.

Il 15 maggio 1996 l’ultima pro-iezione. Dopo, ogni palmese ha sentito la mancanza di quel gran-de schermo, compagno di tante risate e tante lacrime, di quel palco calpestato, negli anni, da bimbi in maschera, felici per l’al-legro evento del favoloso “Car-nevale del bambino” e da attori e personaggi dello spettacolo, di altissimo livello.

Tempi che furono.., ed oggi, no-nostante, in Tv, abbiamo la possi-bilità di vedere centinaia di cana-li diversi, centinaia di programmi, film, eventi sportivi ecc... sen-tiamo l’esigenza di trovarci da-vanti ad un grande schermo, un secchiello di popcorn sulle ginoc-chia... i ragazzini della fila a fian-co che bisbigliano e il tizio dietro che protesta, urlando (si fa per dire) a bassa voce “sssssst, silen-zio!”... E’ proprio vero, il cinema era una magia allora e continua, ancora oggi, ad esserlo.

A lato: il proiettore cinematografico esposto nell’androne - Sopra: Foto dal Palcoscenico - la Platea con la Galleria sovrastante

Un po’ di storia...

Nel 1950 - in quel periodo Palmi non aveva più un te-

atro, poiché il magnifico “Teatro Manfroce” era stato demolito per via della sua condizione instabile, quasi un rudere - l’imprenditore Rocco Sciarrone decise di costru-ire un Teatro e di colmare, quin-di, un vuoto che per una città di elevato livello culturale, quale era Palmi, non era ipotizzabile.

Al posto del Teatro Manfroce, abbattuto nel 1938, fu amplia-ta l’attuale piazza Matteotti, per cui era necessario trovare un al-tro sito per il nuovo teatro.

Nel 1948, il 17 aprile, un incen-dio distrusse l’allora Liceo Gin-nasio “Tommaso Campanella” (l’entrata della scuola era situata sulla salita dell’attuale via Con-cordato, mentre sulla Via Rocco Pugliese si trovava l’entrata della “Casa del Fascio Arnaldo Mussoli-ni”) ed al suo posto si progettò e realizzò il nuovo teatro che pre-se, appunto, il nome del costrut-tore. Il Teatro era, per quei tem-

pi, una struttura all’avanguardia, capiente e con un palco importan-te (unico palcoscenico della Cala-bria, dove le compagnie potevano montare scenografie mobili e ro-tanti) e questo diede modo a nu-merose compagnie teatrali ed a grandi artisti di esibirsi ed intrat-tenere, negli anni, i palmesi.

Comincia così l’era del cinema a Palmi; negli anni ‘60, arriva in città un certo Nicola Tillieci, ospi-tale persona che prende in gestio-ne la struttura e crea con essa un connubio perfetto: Don Nicola ed il cinema Sciarrone. Sono 35 anni di film, rappresentazioni teatrali, concerti, festival, fin quando, per colpa soprattutto del calo delle affluenze alle sale cinematogra-fiche, il Cinema Teatro Sciarrone cessa di esistere.

E’ una perdita enorme per Pal-mi e Palmi non può farci nulla.

Ci sono stati svariati tentativi di mettere su un meccanismo che potesse permetterne la riapertu-ra ma, per un motivo o per un al-tro, ciò non è avvenuto, fino ad oggi.

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CINEMA TEATRO SCIARRONEIL ROSSO PORPORA TORNA DI MODA!

IL COMUNE DI PALMI HA DEFINITIVAMENTE PRESO POSSESSO DELLA STRUTTURA DELL’EX CINEMA TEATRO SCIARRONE. OGGI C’E’ QUALCOSA DI CONCRETO, C’E’ UN PIZZICO DI SPERANZA; FORSE AVREMO, NUOVAMENTE, UN CINEMA.

Due numeri per capire...

L’acquisto dell’immobile ha comportato una spesa di

942.516,00 euro, ed ora si fa leva sui fondi provenienti dal bando della Regione Calabria, destina-ti alla riqualificazione, recupero e valorizzazione dei centri storici, per il completamento dell’opera.

I fondi utilizzabili sono, appun-to, quelli che si riferiscono al “Programma Attuativo Regiona-le cofinanziato dal Fondo Aree Sottoutilizzate (PAR Calabria FAS 2007/2013)”, che prevede interventi in ambiente urbano le-gati alla competitività della città per il miglioramento della qualità della vita, anche in termini di at-trattive ed innovazioni.

Questo è stato l’epilogo della prima fase, quella contrattuale, che ha dato il possesso dello sta-bile al comune di Palmi e che fun-

ge da trampolino di lancio verso il secondo obbiettivo; la fase pro-gettuale ed esecutiva. Ora, ov-viamente solo per il lato tecnico, tutto passa in mano all’Ingegne-re Antonello Scarfone, al quale è stato affidato il progetto.

Tre anni, quasi, ci sono volu-ti per portare a termine la pri-ma fase e si prospetterebbero (se i fondi e l’approvazione dei vari progetti lo permetteranno; toc-chiamo ferro) solo due/tre anni ancora per portare a compimento l’opera di ristrutturazione e sigil-lare, definitivamente, un capito-lo tanto a cuore a tutti i palmesi.

Il progetto preliminare per il recupero della struttura è già stato approvato dalla Regione. I tempi serviranno, ora, per la rea-lizzazione del progetto definitivo ed infine, per quello esecutivo.

Sono previste tre sale (allo stato di studio attuale), due al

La Galleria con le poltrone imbottite - in fondo lo schermo ormai lacerato

A lato: il proiettore cinematografico esposto nell’androne - Sopra: Foto dal Palcoscenico - la Platea con la Galleria sovrastante

Ora le prospettive sono diver-se, più positive, anche se rimane sempre quella paura che è lega-me imprescindibile ad ogni meri-dionale: quando? Quando avremo l’opportunità di rivedere un film? E ancora, lo vedremo davvero?

Sì, essere palmesi, quindi me-ridionali, vuol dire anche que-sto; negli ultimi anni troppe ope-re sono rimaste incompiute, quasi a sottolineare come la città di Ci-lea sia così vicina a Franz Schu-bert tanto da pareggiare il conto con la sua “Sinfonia N° 8 in SI mi-nore”, ”incompiuta” per antono-masia.

Lo Stadio della Palmese, Il pa-lazzetto dello sport, il tempio del Tennis, e così via, chi più ne ha, più ne metta, sono segnali inequi-vocabili ed ogni volta che si pro-getta qualcosa c’è sempre una vo-cina che sibila: “speriamo si faccia davvero... e si faccia presto”.

Don Nicola, il cinema Sciar-rone è stato la sua vita, la sua passione; che emozione le da-rebbe rivederlo aperto e funzio-nante?

“35 anni non si possono dimen-ticare; io sono arrivato a Pal-mi all’età di 22 anni, con la pas-sione per il cinema ed il teatro. Ho avuto la fortuna di gestire un palcoscenico di alto livello; ricor-do ancora la prima proiezione, il 9 settembre del 1961 “Tutti a casa”, un film con Alberto Sordi e poi il gran teatro che inizia il 15 ottobre dello stesso anno, con la rivista di Marino Marini e la partecipazione di Adriano Celen-tano e via, via, con i vari artisti che si sono susseguiti negli anni, Katia Ricciarelli, Paola Gassman, Gino Bramieri, Domenico Modu-gno -che fece realizzare, a Palmi, l’incasso più alto di tutta la Ca-labria-, per citarne qualcuno. Poi, purtroppo, causa le defiances dei produttori di film che hanno se-guito strade sbagliate non con-divise dagli amanti del grande schermo, la crisi di affluenza alle sale cinematografiche, accelerò la chiusura di molte di esse, fra le quali anche quella palmese, per ovvi motivi anti-economici”.

Lo racconta un simpatico

aneddoto? “Certo, come ho già detto, l’im-

portanza del Cinema Teatro Sciar-rone era riconosciuta anche a li-vello provinciale e quindi era facile la visita di persone prove-nienti anche da Reggio Calabria. Una sera, in occasione di un even-to teatrale, mi sono trovato in forte difficoltà in quanto, per re-golamento, in prima fila doveva esserci sempre disponibile la pol-troncina destinata al Prefetto di Reggio Calabria. Purtroppo, quel-la sera, non ero stato avvisato della sua venuta. Ad un certo pun-to si odono delle sirene spiegate ed io, preoccupato, mi rivolgo, con un’innocua battuta ai signori Armando Veneto e Italo Brancato, che in quel momento occupava-no due posti in prima fila, ringra-ziandoli per aver tenuto occupato il posto al signor Prefetto. Il mio imbarazzo fece il paio con l’im-mediata comprensione dei due clienti scomodati, i quali non mi fecero, assolutamente, pesare la gaffe e anzi, mi rincuorarono se-renamente.

Palmi ha più sete di Teatro o di cinema?

Sono due segmenti diversi, uno è più espressione di una nicchia di palmesi e l’altro, anche per via delle pubblicità massificate espresse a livello nazionale ed in-ternazionale, assume, numerica-mente, i contorni di una espres-sione più massificata.

Palmi però non può prescindere dal teatro; è come se mancasse l’essenza della vita in una pian-ta, è un fatto sintomatico, radi-cato nella cultura di questo pae-se. Di certo l’uno si completa con l’altro.

Fra l’altro vorrei dire grazie al sindaco Ennio Gaudio, se mi è permesso, ed a tutta l’ammini-strazione che si sta prodigando per riportare il cinema a Palmi; non vi nascondo che da quando il Cinema Teatro Sciarrone è sta-to chiuso, per me è difficilissimo passarvi davanti. Lo scempio e la quasi distruzione di quella strut-tura fa male a tutti, ma, conce-detemelo, a me fa più male che agli altri.

piano superiore (odierna Galleria) ed una che sfrutterebbe in toto la platea con i suoi 600 posti circa.

Le due sale superiori saranno ricavate senza sconvolgere il si-stema fonico costituito dal soffit-to del teatro e per far ciò saranno disposte al contrario rispetto alla posizione attuale, in altre parole, avranno lo schermo in direzione Piazza Matteotti e conterranno 100 posti cadauna. La sala infe-riore sarà adibita a grandi even-ti e, soprattutto, alle rassegne teatrali, forte di un palcoscenico d’importanza rilevante, pronto ad accogliere, nuovamente, com-pagnie di carattere nazionale ed eventi di caratura internazionale.

La speranza è, come già soste-nuto prima, che la gloriosa strut-tura del Cinema Teatro Sciarro-ne, riveda presto la luce e dia un senso logico a tutti gli sforzi fatti finora dal sindaco Ennio Gaudio.

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AttuAlitA’ Palmi

DIFFERENZIATA... ATTO SECONDODal 1° aprile è partita la raccolta differenziata per i rifiuti organici

Conferenza stampa dell’assessore Giuseppe Isola

la Redazione

Giorno 1 aprile 2011; parte la seconda fase del proget-

to di raccolta differenziata per il comune di Palmi.

E’ la terza volta, nell’arco di un anno e mezzo, che ci occu-piamo di “Raccolta differenziata” e questo sta ad indicare quanto siamo coscienti e quanto è sensi-bile, questa città, alla situazione ecologica ed all’ambiente.

Il sistema di raccolta differen-ziata, pur con i suoi limiti e no-nostante ancora non sia radicata culturalmente all’interno della società, fa oggi, un ulteriore passo avanti, verso un sistema di raccolta che prevede anche la differenziazione dell’umido.

“Lo sforzo progettuale e la sua attuazione, - dice l’assessore Iso-la - di fatto, migliorerà il confe-rimento dei rifiuti differenziati, a fronte, soprattutto, di una “ri-compensa” derivante dal possibi-le abbattimento, parziale, delle tasse di categoria.”

Questa è la novità assoluta, in-fatti, ogni famiglia sarà in posses-so di un codice identificativo che verrà rilevato al momento della raccolta ed assegnerà, al titolare, una quota sulla quale verranno calcolate le riduzioni da detrarre alla tassa di riferimento.

“Da oggi, quindi, - continua Iso-la - produrre rifiuti differenziati premierà il cittadino più facolto-so.

Già nel 2002 - continua - la rac-colta differenziata era partita, a Palmi, con la distribuzione di cas-sonetti adeguati per le vie della città e, nel 2009, approfittando

di un contributo regionale di € 96.000,00, è partita la raccolta porta a porta che ha permesso di raggiungere la quota del 36% -quota di spazzatura differenzia-ta rispetto alla totalità dei rifiuti generati dalla città-, il che, in un momento tragico, relativamente al settore immondizia, è di estre-ma importanza. Il progetto, - il-lustra ancora Giuseppe Isola - era stato finanziato per un periodo di 6 mesi, ma, visto il risultato positivo ottenuto, il comune ha continuato nella stessa direzione con finanziamenti propri.

Da oggi, dopo tre mesi di la-voro da parte dell’ufficio del-le politiche ambientali, curato dall’Ingegner Antonino Scarfone, -una precisazione arriva dall’ing. Scarfone, il quale ci tiene a sot-tolineare che il progetto è stato avviato e realizzato dall’ing. Or-lando con Mimmo Bagalà e Nino Papasergio a supporto e che solo la fase finale, cioè quella attuati-va, è, da lui, gestita - ha inizio il nuovo corso, quello relativo alla raccolta dei rifiuti organici.”

Altre novità sono quelle che riguardano, da una parte, un ul-teriore contributo di 25.000,00 Euro per il bilancio ambientale, come premio, in quanto, Palmi, è considerato, sotto l’aspetto della raccolta differenziata, tra i 15 più virtuosi comuni della Calabria e, dall’altra, le convenzioni stipula-te dal Comune di Palmi diretta-mente con i consorzi di filiera, (prima le stesse erano gestite da Piana Ambiente). Ciò consentirà al comune di gestirne diretta-mente i proventi.

C’è da sottolineare - continua

l’assessore - che il sistema si basa su due principi fondamentali; na-turalmente più conferiamo dif-ferenziata più il comune riuscirà ad abbattere i costi di gestione ma, soprattutto, va considera-ta la qualità della differenziata (meno impurità vi sono nella rac-colta familiare, più alte saranno le tariffe corrisposte al comune da parte dei consorzi di filiera n.d.r.).

In sostanza è già partita la di-stribuzione di 7200 Kit che com-prendono un sotto-lavello, un manuale, le buste contenitive ed un talloncino con codice a barre personale.

Obiettivo primario, è quello di raggiungere, quanto prima possi-bile, la quota del 60% e per tale motivo il supporto del comune e del gruppo che si è aggiudicata la gara d’appalto per la gestio-ne dei rifiuti, (Gruppo formato da RADI e PIANA AMBIENTE) sarà fondamentale. Saranno previste anche isole di raccolta (due / tre) in punti strategici della città e l’istituzione di un unico Numero Verde, per qualsiasi tipo di in-tervento che riguardi i servizi di igiene ambientale.

Il costo stimato è di 560.000,00 Euro/anno per una durata con-trattuale degli appalti di 5 anni. Un contributo regionale di 450.000,00 è stato stanziato per il primo anno è ciò darà una spin-ta consistente nella fase di start-up dei servizi descritti.

L’amministrazione comunale ci ha messo il suo, ora tocca ai cit-tadini che avranno più strumenti per differenziare e, soprattutto, anche qualche utile!

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno II - Numero 17 - Maggio 2011 Direttore respons.: Francesco MassaraCoordinatore: Paolo Ventrice

Collaboratori di REDAZIONE di questo numero.

Saverio Petitto Walter CricrìCettina Angì Salvatore De FranciaNella Cannata Giuseppe Cricrì

Hanno collaborato anche: Rocco Ortuso,Bruno Vadalà, Tonino Orlando.

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: Saverio Petitto - Walter Cricrì - Paolo VentriceImpaginazione grafica: Paolo Ventrice Progetto e cura sito web:S. De Francia - D. Galletta Stampa: Grafiche Pollino - Castrovillari

Distribuzione gratuita fuori commercio

ASSOCIAZIONE CULTURALE MADRETERRA

La direzione non risponde del contenuto degli articoli firmati e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti, degli intervistati e per le informazioni trasmesse da terzi.Il giornale si riserva di rifiutare qualsiasi inserzione.Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.I diritti di proprietà artistica e letterariasono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.L’associazione si riserva il diritto di non pubblicare le inserzioni e le comunicazioni pubblicitarie degli inserzionisti che:1. Siano contrarie agli interessi della asso.2. Violino le disposizioni vigenti in materia di diritto d’autore3. Contengano informazioni fuorvianti e scorrette4. Non rispondano ai requisiti minimi di impaginazione professionale5. Non siano pervenute nei termini concordati6. Siano state fornite in modo incompletoIn tutti i casi l’associazione non è responsabile per il contenuto di dette inserzioni e comunicazioni.

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INIZIATI I LAVORI DELLA “FONTANA DEI CANALI”

IMMAGINI DAL CANTIERE...In alto - Maurizio Carne-vali; Pasquale Frisina e Salvatore de Francia, di-rettori dei lavori, Tonino Orlando;A lato - Marco Riotto e Rocco Viola, mentre rea-lizzano la struttura di pro-tezione del cantiere; L’ar-chitetto Rocco Schipilliti.In basso - I tre artisti; Fa-bio Bellone, Maurizio Car-nevali ed Achille Cofano con l’architetto Schipilliti.

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

AttuAlitA’ Palmi

Con la solita determi-nazione, l’amore per

la propria città e la grinta, dimostrata in altre occasio-ni, l’ Associazione Culturale Prometeus, ha dato inizio ai lavori, per la ristrutturazio-ne della Fontana dei Canali di piazza Lo Sardo. Puntare alla valorizzazione e alla pro-mozione culturale del patri-monio artistico, unendo arte, progettualità ed artigianato è l’obiettivo dell’associazio-ne, che vuol farsi promotrice di iniziative culturali, di mo-menti d’incontro e di discus-sione, di diffusione di idee. E’ importante, farsi promotori di iniziative, anche piccole, per il proprio paese, per favo-rire la creazione di una rete di opportunità costruite da tutti e offerte a tutti, nell’ot-tica di promuovere forme di reciproco scambio e di asso-ciazionismo. E’ coinvolgen-do, concretamente i cittadini nella realizzazione di opere, che si accresce il senso di ap-partenenza degli stessi alla propria comunità e garanten-do, una volta realizzate, che siano controllate, mantenute e salvaguardate; nell’intento di far sì che la riscoperta dei

INIZIATI I LAVORI DELLA “FONTANA DEI CANALI”Non si cresce senza rischiare, senza mettersi alla prova, ponendosi continuamente in gioco in prima

persona, nel realizzare progetti che richiedono passione nel concretizzarli

beni di Palmi, non continui ad essere soltanto immagine della nostra tradizione, ma anche espressione vitale di un popolo che sa coniugare tradizione e progresso e che, nel proprio patrimonio, trova una componente costitutiva della sua memoria condivisa, della sua identità. E’ proprio il centro storico, che rap-presenta la parte più antica della città, custode di tradi-zioni, valori e identità di un popolo e del suo territorio, che diventa valore assoluto e imprescindibile per la rina-scita di un paese come Palmi. Rendere la città consapevole delle proprie bellezze natu-rali e della propria ricchezza storica, culturale, suscitando nuovi entusiasmi, cogliendo-ne e valorizzandone tutte le potenzialità, dovrebbe essere l’ obiettivo di tutti i cittadini che devono sentirsi soggetti propulsori. In un periodo di forte insicurezza economica, pensiamo sia necessario por-tare esempi di positività. E’ necessario ricercare il positi-vo, senza dare solo, immagini del sud, da “ Cristo si è fer-mato a Eboli ”, parlandone in modo catastrofico, dando una parvenza solo negativa e qualunquista. Smantellare

gli stereotipi e far riflettere sui pregiudizi di cui si può essere vittima. Non si cresce senza rischiare, senza met-tersi alla prova, ponendosi continuamente in gioco in prima persona nel realizzare progetti, che richiedono pas-sione nel concretizzarli. L’ As-sociazione Prometeus ha una propria, consolidata linea, ha programmi già impostati ed obiettivi fissati da tempo. L’ Associazione, non solo ha ac-quistato visibilità e meritato credito presso la popolazione - che anche in questo caso, si è mostrata particolarmente sensibile e vicina, offrendo il proprio contributo in manie-ra spontanea e generosa – ma anche, presso gli ambienti più qualificati, tant’ è che, con la delibera n°159 del 22 aprile 2011, è stata confermata la sua iscrizione, per il successi-vo triennio, al registro provin-ciale del volontariato, e quin-di del 5x 1000; grazie alla ge-stione oculata, alla chiarezza e trasparenza del bilancio e l’ importanza delle iniziative intraprese, nel triennio 2007-2010. Il calore della gente, rimane, comunque, l’unico motore che dà impulso, en-tusiasmo e crescita alla Asso-ciazione Prometeus.

di Cettina Angì

ANGALO’ ROBERTAARCURI LORENZOARCURI ROSARIAAUDDINO VINCENZOBAGALA’ DOMENICABAGALA’ EMILIOBARBERA CARMELABARONE GIOVANNIBELLONO FABIOBONASERA A NTONIOBORGESE TERESABOVI CRISTOFOROCAJAZZO MASSIMILIANOCALOGERO ALBERTOCALOGERO SALVATORECARATOZZOLO DOMENICOCARIDDI GIUSEPPINACARIDDI GIUSEPPINACARNEVALI MAURIZIOCARROZZA DOMENICOCATALANO MARIA ROSARIACATALANO RACHELECERBINO SIGFRIDOCHOTEAU PASCALCILONA ROCCOCOFANO ACHILLECOLLURA FRANCESCOCOSENTINO RITACOSTA CONCETTA MARIACREA SAVERIOCRICRI’ GIUSEPPED’AGOSTINO FRANCESCODAVI’ GIUSEPPEDE FRANCIA SALVATOREDE FRANCIA VINCENZOFEBBO VERONICAFEBBO VIVIANAFRISINA DOMENICOFRISINA MARIANTONIETTAFRISINA PASQUALEGAGLIARDO DANIELEGALIBERTI SARAGALLETTA GUIDOGARGANO ERNESTOGAUDIO ENNIOGAUDIO ALDOGAUDIO LUCIANOGAUDIO SERGIOGRASSO DAVIDE E MARCOIARIA ROSETTAIMPIOMBATO MANUELAINFANTINO ENZOLEONARDIS SANTINALIROSII ALFONSOLOPREVITE TERESAMAGAZZU’ ANTONINOMAGAZZU’ GIUSEPPEMALGERI ANTONIOMANAGO’ VINCENZO

HANNO CONTRIBUITO...

IMPRESE ED ASSOCIAZIONI

“ARTE MARMO” DI CALABRO’ ROSARIO“DE NICOLA” AGENZIA VIAGGI“EDIL DECORO” DI FORTUGNO E SAFFIOTI“HOME DESIGNER” DI GIUSEPPE MAGAZZU’AGO SRL -TELEFONIA - INFORMATICAASSOCIAZIONE SPORTIVA FISIOFITC. G. I. L. -GIOIA TAUROCAF “CONF LAVORATORI” SRL-PALMICATTOLICA ASSICURAZIONI-PALMICIRCOLO CACCIATORI-PALMIEDIL CASA DI ROSATO EL. IMPRESA EDILE-PALMILEONARDO SRL-GIOIA TAUROP.L MURATORE SAS EDILIZIA LEGNAMI VERNICI-PALMI PARDEO FRANCESCO-IMPRESA EDILE-PALMIPATRONATO ENCAL-CISAL-PALMISAFFIOTI INFORMATICA SRLSOCIETA’ OPERAIA DI M. S.-PALMI

MASSEO FRANCESCAMAURO SILVANAMELINI CARLOTTAMELINI CHIARA MARIAMELINI MARIA PIAMELISSARI FRANCESCOMILITANO CONCETTAMURATORE NUCCIOMUSCARI GAETANONAPOLI ALESSANDRANATALE MARINANAVA ANTONIONOTO VINCENZOOLIVA CARLOORLANDO TONINOORTUSO ROSARIOORTUSO GIOVANNAORTUSO NUCCIAORTUSO ROCCOPARDEO FRANCOPARDEO GAETANOPARISI ENZOPELLEGRINO ANTONINOPETITTO ANTONIOPETITTO PINAPETITTO ROSAPETITTO SAVERIOPICCOLO GIOVANNIPIPINO ROBERTOPUGLIESE FRIGHIPUTRINO DOMENICORANDAZZO ANTONIOREALE CLAUDIORIGANATI SAVERIORIGITANO EUGENIOROMEO CARMELOROMEO ROBERTOSAFFIOTI SAVERIOSALERNO CARMELOSCARCELLA MONIASEMINARA EUGENIOSEMINARA GIANNI E LILLASEMINARA GIROLAMOSPRIZZI PASQUALESURACE ROCCOSURACE VINCENZOTEDESCO CHRISTIANTEDESCO VINCENZOTOSCANO GIUSEPPETRAMONTANA NUCCIOTRENTINELLA LIDIATRIPODI PINOVENTRICE ALBERTOVENTRICE LOREDANAVENTRICE PAOLOZAPPATORE NICOLAZAVAGLIA SIMONEZIRINO CARMELOZIRINO PASQUALE

L’elenco dei donatori sarà aggiornato ad ogni uscita del giornale.

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12Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

AttuAlitA’ Palmi

Il Welfare italiano ed il siste-ma dei Servizi Sociali sono

stati radicalmente riformati dalla “Legge-quadro per la realizzazio-ne del sistema integrato di inter-venti e servizi sociali” n. 328 del 18 ottobre 2000, intervenuta più di un secolo dopo la prima legge italiana sulla beneficenza (1862) secondo cui le opere benefiche rimanevano nell’ambito privato, e dopo l’unica legge nazionale regolativa del settore, la “legge Crispi” (legge n. 6972 del 17 lu-glio 1890), con la quale la benefi-cenza divenne pubblica e furono rafforzati i poteri governativi.

Durante questo lungo periodo sono state sì adottate alcune nor-me in materia, ma tutte da con-siderare solo tappe del processo riformatore che ha portato alla L.328/2000 e al passaggio dalla beneficenza gestita da privati all’affermazione dei diritti di cit-tadinanza: nel 1937 fu istituito in ogni Comune l’Ente comunale di assistenza (ECA); nel 1977, con il D.P.R. n. 616, gli Enti di assistenza vennero sciolti e furono attribui-te ai Comuni le funzioni relative all’erogazione dei servizi sociali; la legge n. 833 del 1978 sulla ri-forma sanitaria, con l’idea guida della prevenzione del disagio e dell’integrazione tra servizi, ri-mandava ad una riforma genera-le dell’assistenza; con il d.lgs. n. 112 del 31 marzo 1998 passavano ai Comuni e alle Regioni ulteriori competenze in materia di servizi sociali.

Si è giunti quindi alla legge 328/2000 la quale “cambia il pro-filo del welfare italiano che non sarà più soltanto previdenza e sanità, ma sarà anche il welfare delle famiglie e dell’inclusione, dei bambini, delle persone disa-bili, degli immigrati regolari, dei giovani; le politiche sociali, fon-

date su una nuova cultura e nuovi metodi, realizzano un passaggio cruciale, dall’intervento sociale inteso come semplice riparazio-ne del danno subìto all’intervento sociale inteso come promozione del benessere riferito alle perso-ne e alle famiglie” (così il Ministro per la Solidarietà sociale, on. Li-via Turco, presentò la legge nel 2001).

In effetti la 328, in coeren-za con gli articoli 2-3 e 38 della Costituzione, intende garantire i diritti di uguaglianza e di citta-dinanza assicurando un sistema integrato di interventi e servizi sociali volto a garantire la qua-lità della vita e a prevenire, eli-minare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare derivante da inadeguatezza di reddito, dif-ficoltà sociali e condizioni di non autonomia. Sancito il diritto dei cittadini alle prestazioni e ai ser-vizi (art. 2) e definiti i livelli es-senziali delle prestazioni sociali erogabili (art. 22), la legge indica il Fondo nazionale per le politi-che sociali quale fonte primaria delle risorse finanziarie necessa-rie per rendere esigibili i diritti di cittadinanza, prevedendo altresì il concorso delle Regioni e degli Enti Locali per la realizzazione dei livelli essenziali delle presta-zioni.

Ma mentre nei primi anni di applicazione della nuova norma-tiva il Fondo è stato sufficiente-mente alimentato e le disponibi-lità finanziarie hanno consentito l’adozione di diverse misure di prevenzione e di integrazione ed hanno reso possibile l’erogazione di prestazioni sociali fondamen-tali per il sostegno delle fragilità individuali e delle famiglie, oggi ciechi “colpi di forbice” hanno apportato tagli significativi o dra-stici ai fondi destinati al sociale.

Ecco infatti ciò che emerge dalla Legge di stabilità 2011 e

dal Bilancio di previsione 2011 dello Stato:• Il “Fondo nazionale

per le politiche sociali”, istituito dalla L. 449/97 e definito dalla L.328/2000, costituisce la princi-pale fonte di finanziamento sta-tale degli interventi assistenziali; ebbene, tale fondo negli ultimi tre anni è stato sempre più ridot-to fino ad arrivare ai 435,3 milio-ni previsti per il 2010 e ai 273,9 per il 2011, con la previsione di ulteriori tagli nel 2012 e nel 2013 (stanziamenti ridotti rispettiva-mente a 70 milioni e a 44,6 mi-lioni).• Cancellato il “Fon-

do per la non autosufficienza”, istituito dalla legge finanziaria 2007 e finalizzato ad assicurare le prestazioni assistenziali alle persone non autosufficienti: 400 milioni di euro stanziati nel 2009 e nel 2010, 0 euro nel 2011.• Tagliato sensibil-

mente il “Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abi-tazioni in locazione” che la L. 431/98 ha istituito prevedendo per i cittadini con determinati requisiti reddituali la concessio-ne di contributi per il pagamento del canone di locazione; da 205,6 milioni per l’anno 2008 lo stan-ziamento è stato gradualmente ridotto nel 2009 (161,8 milioni) e nel 2010 (143,8 milioni), fino ai 32,9 milioni per il 2011.• Nel 2008 il “Fondo

per le politiche della famiglia”, istituito nel 2006 con il decreto legge n. 223, era pari a 346,5 mi-lioni; nel 2009 a 186,5 milioni; a 185,3 nel 2010; solo 51,5 milioni nel 2011.• Il “Fondo per le po-

litiche giovanili” è passato dai 137,4 milioni del 2008 ai 12,8 del 2011.• Azzerati il “Fon-

do per l’inclusione sociale degli immigrati” ed il “Fondo per lo sviluppo del sistema territoriale

dei servizi socio-educativi per la prima infanzia” (investimento fi-nalizzato soprattutto all’apertura di asili nido).

La manovra finanziaria 2011 con i suoi pesanti tagli ai fondi sociali inciderà negativamente sulle politiche socio-assistenziali dei Comuni: la riduzione delle risorse statali ridimensionerà ini-ziative e servizi, sottoponendo a rischi regressivi il percorso vir-tuoso attivato dalla legge 328.

Il welfare locale dovrà necessa-riamente orientarsi a favore del-le situazioni più gravi ed urgenti, con interventi di riparazione e non più di prevenzione, quando invece l’attuale crisi occupazio-nale e sociale imporrebbe una rete di protezione allargata, vol-ta a sostenere le emergenze ma anche i nuovi bisogni di famiglie impoverite e di giovani smarriti nella giungla del lavoro precario.

Intanto, a fronte di bisogni sem-pre più pressanti ed in costante aumento, si assiste al disinte-resse della politica del governo centrale nei confronti del welfare dei servizi e del sostegno diretto al reddito. Una recente inchiesta di “La Repubblica” (R. Mania e C. Saraceno 18.2.2011) ha mostrato come l’unica misura contro la po-vertà realizzata dal Governo, la social card, si sia rivelata un fal-limento; ha portato un beneficio (carta acquisti per un importo di 40 euro mensili) solo al 4% del-le famiglie, mentre i poveri più poveri (i senza fissa dimora, gli immigrati non cittadini italiani, i giovani disoccupati o precari, le giovani famiglie senza figli o con figli di età superiore ai tre anni) sono rimasti esclusi.

La carta, modificata con il de-creto Milleproroghe, è stata in-fatti prevista solo per anziani ultrasessantacinquenni e per le famiglie con bambini sotto i tre anni, cittadini italiani e al di sotto di un determinato limite di reddi-to (€ 6.300,00 annui / € 8,300.00 per i pensionati); i due requisiti dell’età e della cittadinanza han-no dunque escluso dal beneficio (peraltro di importo molto basso) la grande maggioranza dei pove-ri, in un Paese in cui esistono otto milioni di persone in condizione di povertà relativa e tre milioni in povertà assoluta (dati ISTAT).

In un quadro di inadeguatezza di risorse volte a finanziare le po-litiche del welfare locale, assume rilevanza “l’equilibrismo quoti-diano di chi lavora nel sociale” (P. Spano in “Prospettive Sociali e Sanitarie” n. 11- anno 2008); è vitale per il pianificatore sociale riuscire a rapportare la program-mazione delle politiche locali alle risorse sempre più scarse desti-nate a fini sociali, operare strate-gicamente quantificando le eco-nomie di scala presenti, definire la priorità di azione in un conte-sto in cui tutti i settori (disabili, anziani, minori, famiglie in diffi-coltà) necessitano di risorse e di servizi; è indispensabile entrare nel vivo del territorio, intercet-tare la dinamica dei bisogni allo scopo di costruire risposte appro-priate ed efficaci per offrire ai

di Cettina Fedele

SERViZi SOCiAli OGGi, tRA tAGli Ai FiNANZiAMENti E NuOVi BiSOGNi

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

AttuAlitA’ Palmi

INTERVENTIInterventi a contrasto della povertà e dell’esclusione socialeInterventi di sostegno al reddito familiare e alle necessità abitativeInterventi per l’integrazione degli immigrati Interventi per l’inclusione sociale dei minori svantaggiatiAiuto alle donne in difficoltà sociali ed economicheSostegno all’inserimento scolastico e lavorativoTutela minori a rischioTutela disabili mentaliMediazione relazionale intrafamiliareSupporto ai cittadini per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privatiSostegno alle organizzazioni di volontariato che svolgono attività socio- assistenzialiContrasto all’esclusione e all’evasione scolasticaIndagini sociali per il Tribunale dei minorenniAccertamento necessità ricoveri in strutture

SERVIZIServizio Sociale professionale e segretariato sociale per l’informa- zione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari in materia di diritti, opportunità, prestazioni, modalità di accesso ai servizi del territorio;Orientamento nel rapporto cittadino- servizi-istituzioni;Individuazione, valutazione e presa in carico del bisogno.Pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiariAssistenza domiciliare per i disabili graviAssistenza specialistica per gli alunni disabili Teleassistenza e TelesoccorsoEquipe adozioni: corsi gratuiti per le coppie aspiranti all’adozione; Accertamento idoneità all’adozione Sostegno alle funzioni genitoriali e familiari Affidamento eterofamiliare minoriCentro sociale di aggregazione per anziani

FUNZIONI ED ATTIVITA’ SVOLTEcittadini continuità assistenziale investendo in processi di qualità nella realizzazione delle azioni socio-assistenziali. Questo dal punto di vista tecnico-ammi-nistrativo. Riguardo l’aspetto strettamente operativo, si può senz’altro affermare che il pro-fessionista sociale deve avere non solo competenze professio-nali, ma deve possedere abilità di interazione e abilità di inter-vento, capacità organizzativa, umiltà nell’apprendere e pa-zienza nell’attendere i risultati del proprio lavoro, deve sapere ascoltare e gestire le emozioni, riflettere e “rischiare”, cioè ef-fettuare delle scelte poiché il lavoro sociale è un lavoro essen-zialmente relazionale, “ di fron-tiera”, che spesso richiede in-terventi individualizzati e quin-di una continua elaborazione di conoscenze pratiche, di saperi e di sperimentazioni.

Oggi la vita sociale è così den-sa di incertezze che chiunque può trovarsi in un momento di fragilità ed il confine tra perso-ne a rischio, fasce deboli e per-sone “normali” diventa sempre più sottile (P. Piva Toniolo, “Au-tonomie locali e Servizi Sociali”, n. 3/2000): esistono pluralità di forme di svantaggio e diver-

se situazioni di sofferenza e di povertà non solo economica che amplificano il disagio sociale e le problematiche vissute dagli individui e dalle famiglie.

I servizi sono chiamati a risol-vere o mediare situazioni uma-ne molto complesse, ad offrire sostegno a condizioni di fragilità dovute a necessità improvvise ed imprevedibili o a multipro-blematicità consolidate. Devono altresì offrire opportunità ed orientamento, integrandosi con altri servizi del territorio e sol-lecitando le capacità attive del soggetto-utente che vive uno stato di disagio, accompagnan-dolo senza creare dipendenze; devono condividere il peso delle responsabilità con chi non è in grado di reggerlo.

Si chiede troppo all’operato-re sociale? No, poiché questo lavoro, che facile non è e che comunque richiede una certa predisposizione naturale, diven-ta semplice se svolto con impe-gno e con amore, due elementi essenziali ed inscindibili delle professioni di aiuto (Kahil Gi-bran, pittore e poeta libanese del ‘900, sul lavoro ha scritto:.. ogni conoscenza è vana se non vi è un operare, ogni operare è vuoto se non c’è amore...).

A Palmi i Servizi Sociali hanno sede nel Palazzo Comunale. Gli operatori sono una coordinatrice responsabile dell’Area Politi-che del Welfare, tre assistenti sociali, due collaboratrici ammi-nistrative.

Mezzogiorno, disoccupazio-ne, soprattutto giovanile,

e disavanzo pubblico: sono que-sti i problemi di cui ha parlato il Capo dello Stato celebrando il Pri-mo Maggio al Quirinale. Dati, ha detto, per certi versi drammatici. Richiedono interventi, ma il pre-supposto, ha sottolineato, “è cer-tamente l’avvio di un nuovo clima di coesione sia politica sia sociale”.

La celebrazione del 1° maggio nella sua evoluzione più che seco-lare, che non chiarisce se questa ricorrenza si riferisca ad un giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta, quest’anno a Palmi è stata fatta conciliando gli opposti e, casomai, definendola una “festa ribelle”.

Nei fatti, però, il 1° maggio è l’una e l’altra cosa insieme, a se-conda delle circostanze più lotta o più festa e quindi, per celebrare la festa dei lavoratori del 1° maggio, la Società Operaia di Mutuo Soc-corso di Palmi, presieduta dal sig. Saverio Saffioti, ha messo in atto un nutrito programma, elaborato dalla Commissione Tecnica e Lavo-ro presieduta dall’arch. Rocco Ga-ripoli e dalla Commissione Istruzio-ne e Cultura, presieduta dall’avv. Luigi Inturri.

Il programma è stato successi-vamente approvato dal Consiglio di Amministrazione e, pertanto, sono state organizzate una serie di iniziative che hanno spaziato dalla grande festa dei bambini con il nu-

S.O.M.S - FESTA DEL 1° MAGGIO A PALMItella party, spettacolo musicale ed animazione con personaggi Disney, allo spettacolo di danze a cura del-la scuola di ballo “Tendenze Club”, dalla mostra del collezionismo, a cura del Dott. Bruno Zappone, alla mostra-mercato dell’artigianato e dell’antiquariato ed alla collettiva di pittura – scultura ed arte varia, curata da Enzo Brando.

Momenti centrali sono stati i due convegni tenutisi nella sala conve-gni della S.O.M.S. rispettivamente il primo, in data 30 aprile, dal ti-tolo “Alternanza scuola - lavoro” ed il secondo, in data 1° maggio, dal titolo “La sicurezza sui luoghi di lavoro”.

In entrambe le occasioni ha aperto i lavori il Presidente Saf-fioti, il quale ha esteso i saluti agli ospiti ed alle istituzioni.

Nel primo convegno, il 30 aprile, sono intervenuti l’Assessore Pro-vinciale alla Cultura Santo Gioffrè e l’Assessore alla Cultura del Co-mune di Palmi Nunzio Lacquaniti i quali, dopo il saluto di rito, si sono complimentati con gli organizzato-ri degli eventi celebrativi. Hanno poi preso la parola i rappresentan-ti dei Sindacati CGIL – CISL – UIL, docenti ed esperti nelle materie trattate: le Prof.sse Lilly Sgrò ed Angela Macini, i Prof. Giovanni Di-nami e Michele Valensise ed alcu-ni candidati alle prossime elezioni provinciali.

Ai lavori del secondo convegno, quello del 1° maggio, hanno pre-so parte il Consigliere Provinciale Giovanni Barone, il rappresentante della Polizia Municipale di Palmi Ten. Giuseppe Andidero, la Signora

la RedazioneGraziella Larizza in rappresentan-za della CISL, il Signor Michele La Rosa in rappresentanza del Sinda-cato CGIL ed il dott. Pino Carbone, Segretario Generale della Confla-voratori.

Ha moderato i numerosi contri-

buti l’avv. Luigi Inturri.I festeggiamenti si sono allegra-

mente conclusi la Festa della Birra a cura della S.O.M.S. e con la gran-de Zeppolata organizzata e curata dall’Associazione “Mbuttaturi” e dalla “Pro Loco” di Palmi.

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Settimana dedicata alla mu-sica a Palmi dove, dal 5 al 10

aprile, si sono tenute le audizioni ed i concerti finali dei premiati e dei corsisti del 4 th European Music Competition e delle Master – Classes internazionali ad esso abbinate.

Una autentica full- immersion nella musica classica, presso l’au-ditorium della prestigiosa Casa della Cultura “L. Repaci” di Palmi che ha ospitato giovani musicisti provenienti da diverse regioni d’Italia.

Il premio è decisamente de-collato: più di cento i parteci-panti iscritti alle varie sezioni strumentali,alla sez. Musica da camera, alla sez. Canto lirico e ai corsi di perfezionamento te-nuti dai pianisti Marcella Crudeli e Vincenzo Balzani, dal flautista Luca Truffelli e dalla clarinettista di nazionalità ceca Ludmila Pe-terkova’.

Il concorso ha ottenuto quest’anno l’alto patrocinio del-la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, poiché aperto anche a musicisti stranie-

MANIFESTAZIONE DI ALTO LIVELLO NELLA CITTA’ DELLA MUSICA

che e dando loro la possibilità di entrare in contatto con musicisti di chiara fama che li possano so-stenere nella loro futura carriera artistica.

La prof.ssa, docente del con-servatorio di musica di Reggio Calabria, ha tenuto a precisare che “il concorso non costituisce l’ennesimo ed episodico evento artistico fine a se stesso, ma un progetto di vera promozione arti-stica in una città che vanta tradi-zioni culturali e musicali di tutto rispetto”.

Ha dato l’avvio al concerto dei premiati, presentato dalla valida giornalista Claudia Bova, l’esecu-zione dei Maestri Luca Truffelli e Salvatore Ascrizzi con la “ Pasto-rale “del compositore calabrese D. Perri, nella bella versione per flauto e pianoforte, rielaborata dall’originale dal compositore Domenico Giannetta.

Si sono poi esibiti i vincitori dei primi premi assoluti delle varie sezioni strumentali e categorie d’età:

Giuseppe Camera (fisarmoni-ca), Giovanni De Luca(sassofono), Alberto Idà (pianoforte), Ferdi-nando Pedullà (timpani), Federi-co Idà (pianoforte), Sergio Came-lia (chitarra), Michele Marinaro (trombone), Mario Calì (chitarra), Maria Teresa Leva (canto lirico) e il quartetto di clarinetti com-posto da. Gianluca Gagliostro, Domenico Ammendol, Gianluigi Lombardo e Rosario Ivn Barillà.

È stato poi il momento dedica-to al compositore palmese Nico-la lojercio con la esecuzione del brano “ Il pastore d’ Aspromonte “, ben interpretato dal Maestro Pasquale Faucitano, Primo violi-no dell’orchestra del teatro co-munale di Reggio Calabria, e dal M° S. Ascrizzi.

Ma la vera sorpresa della sera-ta è risultata la partecipazione straordinaria dei maestri delle Master-Classes: Ludmila Peterko-va, che si è esibita prima da sola e poi in trio con il M°Luca Truf-felli e Salvatore Ascrizzi; il M° Vincenzo Balzani, che ha stupito

di Saverio Petitto

il pubblico con un’appassionata e travolgente interpretazione del-lo studio di F.Chopin “La caduta di Varsavia” ed, infine,la grande pianista Marcella Crudeli che ha chiuso in bellezza con una super-ba interpretazione dello scherzo op 31 n2 dello stesso autore.

Presenti in sala le massime au-torità delle Istituzioni che hanno dato il patrocinio alla manifesta-zione: per il Comune di Palmi, il Dr. Nunzio Lacquaniti; per la Pro-vincia, il consigliere Giovanni Ba-rone; per il Conservatorio “F Ci-lea di Reggio Calabria, il Diretto-re M° Antonino Sorgonà ed il neo eletto Presidente del Consiglio di amm. Dott.ssa Concetta Nicolosi; Per RTV di Reggio Calabria, che ha realizzato la ripresa integrale della serata, Il Dr. Edoardo Lam-berti Castronuovo.

Chiusa con foto di gruppo di tutti i partecipanti, Maestri e ra-gazzi, che si sono stretti sul palco sorridenti e soddisfatti della bel-la esperienza insieme vissuta.

ri, nati o residenti nei Paesi della Comunità Europea.

Il lavoro intenso delle diverse Giurie esaminatrici, è stato pre-sieduto dalla concertista di fama internazionale Marcella Crudeli - Direttore Emerito del Conserva-torio di musica di Pescara e dal M° Antonino Sorgonà - Direttore del Conservatorio di musica di Reggio Calabria.

Sono risultati vincitori del pre-mio intitolato al musicista pal-mese Nicola Lojercio, il piccolo fisarmonicista Giuseppe Camera, di soli 8 anni, ed il trombonista Michele Marinaro, di anni 16.

Il premio, consistente in una borsa di studio in denaro, offerto dalla moglie del compositore, è stato consegnato dalla figlia An-tonella, la quale ha ringraziato pubblicamente il Direttore Arti-stico della manifestazione, prof.ssa Sonya Calogero, per il bel lavoro realizzato in questi anni.

La Calogero, ha aperto la sera-ta ben illustrando gli alti proposi-ti del la manifestazione, che sono quelli di avviare i giovani alla musica in modo professionale, mettendoli a dura prova dinanzi a giurie altamente qualificate, abituandoli alle esibizioni pubbli- Vincenzo Balzani

Marcella Crudeli

Da sinistra: Sonia Calogero, Dir. Art. - Antonino Sorbonà, Dir. del Con-servatorio di RC - Marcella Crudeli, pianista - - Antonella Lojercio.

UN PLAUSO AL 4TH EUROPEAN MUSIC COMPETITION CITTA’ DI PALMI CHE RIVALUTA I MUSICISTI CALABRESI CON I PREMI SPECIALI AD ESSI INTITOLATI

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AttuAlitA’ Palmi

DIETRo glI oCChI DEll’ “Uomo NERo”: A pIù DI UN ANNo DAI DISoRDINI DI RoSARNo

di Sergio Casadonte per i suoi loschi interessi, alcune persone del luogo hanno aperto il fuoco contro cinque Africani e così, l’8 gennaio è iniziata la pro-testa, colmatasi solo con l’inter-vento delle forze dell’ordine e dei media che hanno messo in luce la triste realtà di vita degli extraco-munitari, costretti a vivere in veri e propri ghetti da oltre vent’anni.

“Ho visto una cinquantina di italiani; mi hanno chiamato, ma sono corso via e mi hanno in-seguito. Non dimenticherò mai quando ho visto la folla avvici-narsi.”

Anche Godwin, trentaquattren-ne nigeriano, giunto a Rosarno con le stesse aspirazioni di Ja-mes, ha subìto le violenze di quel terribile giorno.

“Due auto sono arrivate da die-tro e mi hanno parcheggiato da-vanti. Sono usciti sette ragazzi. Stavano fumando e io li salutai passando. Mi sono voltato e ho visto che avevano dei bastoni. Poi sono arrivati tutti e sette e hanno cominciato a colpirmi. Sono caduto; mi colpivano alla testa. Non so per quanto mi han-no picchiato […]. Sono svenuto”.

Ritornata la calma, fuggiti i media, gli immigrati sono ritor-nati nell’ombra, lontano dalla luce dei riflettori, retrocedendo in uno status quotidiano analogo a quello precedente alla rivolta.

Oggi, 5 marzo 2011, a distanza

di quasi un anno da quel terribile giorno, sono state aperte, straor-dinariamente per noi, le porte di casa di James e Godwin, due sim-boli di quella rivolta che portano ancora oggi i segni delle violen-ze addosso,nel fisico, ma non nel cuore, che è privo di rancore e colmo di speranza.

Grazie alla vicinanza della gen-te civile e con l’aiuto di don Pino Demasi parroco di Polistena e re-ferente di LIBERA associazioni, nomi e numeri contro le mafie e dei volontari del Samaritano, oggi James e Godwin vivono in una casa con altri due connazio-nali e prestano lavoro presso la Cooperativa Sociale “Valle del Marro”, puntualmente retribui-ti, godendo per la prima volta di tutte le garanzie previdenziali e assicurative.

L’accoglienza abitativa, l’assi-stenza e l’inserimento lavorativo e sociale dei 4 migranti rientrano nel progetto “La Tenda di Abra-mo” promossa dalla Caritas Dio-cesana.

La potenza dei racconti di Ja-mes e Godwin è estrema. Sem-bra di vivere in prima persona ciò che ascoltiamo. Ma, senza dubbio, è solo una sensazione. Non potremmo mai comprendere realmente cosa si possa provare ad essere vittime di simili barba-rie. Eppure, negli occhi dei due, si legge la profonda dignità con-

servata nonostante gli abusi per-petrati nel tempo. La loro forza d’animo cosi come il riguardo per la gente calabrese sembrano non essere stati scalfiti nemmeno per un attimo dai colpi di bastone, dal sangue e dal sudore versati. E questo è forse uno dei maggiori insegnamenti che possiamo trar-re da questa esperienza.

Ci congediamo da Polistena con la consapevolezza che Libera opera anche così, ridando la pos-sibilità di riavere indietro la pro-pria vita, nei diritti, sottraendola al giogo del sopruso che sfrutta la disperata necessità delle persone bisognose.

James e Godwin restano qui, in Calabria, a lavorare dignito-samente e legalmente, perché assunti con un contratto presso la Cooperativa Sociale “Valle del Marro” e a far parte della gente perbene, che c’è e vuole far-si sentire facendo ogni giorno il proprio dovere. La loro speranza è quella di sempre, la stessa di allora, di quando sono giunti in Italia con il desiderio di rifare ri-torno al loro paese natio, magari con una piccola ricchezza, così da poter ridare ai propri cari una vita dignitosa in una terra diffi-cile e soprattutto per poter ri-abbracciare le loro mogli e i loro figli, che sono la ragione stessa della loro fatica, per i quali si aspettano il meglio.

Prima di arrivare in Italia ho cercato la mia fortuna in

Malaysia poiché avevo saputo che sarebbe stato facile trovare un lavoro ben pagato ma, una volta lì, con grande sorpresa mi sono reso conto che non era così: pre-ferivano assumere uomini musul-mani e gli stipendi erano bassi”.

Inizia così il racconto di James, la storia di un trentanovenne del Ghana che ha lasciato la sua fami-glia e i suoi averi per trasferirsi in Malaysia ma, constatata la dura realtà e gli insostenibili ritmi di lavoro, è ritornato al suo paese d’origine per poi intraprendere un nuovo viaggio della speranza, alla volta dell’Italia.

“Lasciai di nuovo il mio paese, sperando e pregando in un futuro più roseo in Italia”.

Ma James non poteva conosce-re la triste e dura realtà in cui gli extracomunitari sono costretti a vivere per guadagnarsi il pane e per poter risparmiare del denaro da inviare alla propria famiglia. Dopo aver raggiunto un amico, James si trasferisce a Rosarno dove lavora nelle campagne per oltre dodici ore al giorno, in nero e con una misera retribuzione.

Poi, il 7 gennaio 2010 scoppia la rivolta, la rivolta degli immi-grati di Rosarno. Con futili pre-testi, adescati dalla ‘ndrangheta

Il volto segnato dalla sofferenza, sul quale scorre il sangue che ha lavato i nostri peccati. Sul corpo i segni del dolore fisico, i

lividi delle percosse. È appeso alla croce, il legno che ha portato sulle spalle e porta in testa una corona di spine. È l’immagine del Croci-fisso, il simbolo cristiano per eccellenza, l’icona del Figlio che ritorna al Padre, lavando l’umanità dai suoi peccati. Nel più antico luogo di culto della città di Palmi, la chiesa del Santissimo Crocifisso, accanto alla quale sorgeva un tempo un convento, è conservata una statua di cartapesta risalente al ‘600, raffigurante proprio il Cristo sulla croce. Giorno 30 aprile la sacra effige é stata riportata a Palmi, proprio presso la chiesa del Crocifisso, dopo una assenza di due mesi, durante i quali il restauratore Giuseppe Mantella lo ha ripulito, riportandolo al suo antico splendore. Una folla di fedeli lo ha atteso a lungo sotto la pioggia, ha atteso il rientro di quella statua che trasmette una certa emozione a quanti ad essa sono legati. Un lungo applauso ha salutato l’arrivo in chiesa di Gesù Crocifisso, che é stato in seguito svelato e in-tronizzato. Dopo aver posto sul suo capo la corona di spine, il parroco della chiesa di Maria Santissima del Soccorso, don Emanuele Leuzzi, ha benedetto la statua che é rimasta esposta sull’altare maggiore per diversi giorni. Il lavoro di ripulitura della sacra effige é stato possibile grazie al sostegno economico della Provincia di Reggio Calabria, che attraverso l’impegno dell’assessore ai beni culturali, Santo Gioffrè, ed ai consiglieri Giovanni Barone e Demetrio Crucitti, ha stanziato la somma di 17.000,00 euro. Nel corso della mattinata, durante la quale si è festeggiato il ritorno a Palmi di questa pregiata statua risalente al XV secolo, l’ingegnere della curia Paolo Martino, che ha seguito attentamente ogni fase di questo delicato intervento di ripulitura, ha auspicato che quanto prima anche l’intera chiesa possa essere sotto-posta ad opera di restauro, a partire dalla facciata esterna, logorata a causa dell’umidità e di diversi agenti atmosferici. Un invito è poi giunto dal Vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi, Monsignor Luciano Bux, che ha fatto appello alla sensibilità dei veri credenti. «Dobbiamo imparare a portare sulle nostre spalle la Nostra croce, come ha fatto Gesù, e vivere con fede la nostra vita terrena».

di Viviana Minasi

IL CROCIFISSO RITROVATO

Foto - Claudia Francica

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

PuNti di ViStA

di Chiara Ortuso

Ed era vero, me n’ero sempre reso conto: non avevo il diritto di esistere. Ero apparso per caso, esistevo come una pietra, una

pianta, un microbo. La mia vita andava a capriccio in tutte le dire-zioni. A volte mi dava avvertimenti vaghi, a volte non sentivo che un ronzio privo di conseguenze.”

Jean Paul Sartre, filosofo della contemporaneità francese, nel suo romanzo capolavoro ‘La Nausea’ descrive il disagio esistenziale che sembra confondere in ogni istante la nostra vita. In un sempre cre-scente e angosciante turbinio di dubbi e di quesiti incalzanti ci chie-diamo quale sia il senso di un’esistenza dominata dal caso. Nella ba-nalità di azioni che si ripetono, di giorni che si susseguono, di anni che si accavallano inesorabilmente, ci sentiamo come dimenticati e non arriviamo più ad aver coscienza di noi stessi. Ed ecco che il senso della nostra esistenza si riduce, paradossalmente,all’amara intuizione di essere di troppo in questo mondo caotico e sempre più inquietante.

La Nausea interiore ci rende instabili, volubili, spaesati.Una concezione che conduce alla triste conclusione sartriana

secondo cui “il nostro luogo non è in nessun luogo”. La frenesia delle grandi mete porta l’uomo contemporaneo a perdere di vista la sua interiorità, il suo essere veramente ‘umano’: “E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le lunghe correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri e dimenticano se stessi”, concludeva in modo straordinario S. Agostino ed Hegel in un mirabile passo della sua Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito affermava: “Un tempo gli uomini avevano un cielo provvisto di grandi ricchezze di pensieri e di immagini. Il significato di tutto ciò che è risiedeva nel filo di luce che teneva tutto annodato al cielo. L’occhio dello spirito dovette essere rivolto con forza alle cose terrene e qui essere trattenuto. Ora sembra che vi sia il bisogno del contrario. Il senso delle cose terrene è talmente radicato da rendere necessaria altrettanta for-za per sollevarlo.”

Giungiamo così alla conclusione per cui solo la prospettiva di una di-mensione trascendentale, che non può e non deve cadere nell’oblio, può salvarci da noi stessi, da quei mostri spaesati e annichiliti quali siamo ormai divenuti e da quelle maschere insensibili e alienate che presumono di aver raggiunto l’onniscienza.

Nausea Esistenziale

Un morbo, virulento come l’AIDS, aggredisce

i programmi televisivi della RAI e delle Reti Mediaset: è quello della spettacolarizza-zione del dolore. In partico-lare, i casi delle due ragazze brutalmente uccise ad Avetra-na e a Brembate e, da ultimo, quello che riguarda una donna sposata, Carmela Rea detta Melania, scomparsa il 18 apri-le scorso in provincia di Asco-li, il cui corpo è stato ritrovato quasi imbalsamato in un cam-po a poca distanza dal luogo del delitto, sono stati occasio-ne di numerosi dibattiti a cui hanno partecipato psicologi, criminologi e, addirittura, avvocati delle parti interes-sate (!). Si tratta di trasmis-sioni che attirano la curiosità

LA SPETTACOLARIZZAZIONE DEL DOLORE

morbosa dei telespettatori, soprattutto perché vengono passati al setaccio, per così dire, le abitudini di vita fa-miliare, i rapporti parentali e le frequentazioni di chi se n’è andato a miglior vita, con il contorno indigesto di ipote-si che solo gli inquirenti han-no titolo a formulare. Insom-ma, è una forma aberrante di massacro mediatico, che ser-ve – in questo nostro tempo irrimediabilmente malato – ad ipnotizzare i cervelli di milioni di telespettatori inchiodati al tubo catodico. Al tempo stes-so, altresì, questo fenomeno indecente è diventato a tal punto invasivo, da suggestio-nare addirittura i familiari delle vittime, che non esita-no ad offrirsi alle telecamere come se la morte violenta di un congiunto rientri nell’or-dinaria routine, e a rendere dichiarazioni ai microfoni dei

cronisti. Il silenzio dolente e la compostezza più non esi-stono. In tal guisa, il cerchio della perdizione dei valori au-tentici della vita e della morte tragicamente si chiude. Sotto un altro inquietante aspetto, questa degenerazione morbo-sa aggredisce le menti di sog-getti psicopatici, i quali - nel loro luciferino immaginario – trovano la spinta all’emula-zione con gli esiti terrificanti che le notizie di cronaca nera quotidianamente diffondono. Dinanzi a questo orrendo sce-nario, avvolto in una nube psi-chica devastante che nessuno più riesce ad arginare, la sola opzione possibile che ancora rimane agli uomini di buona volontà e di retto giudizio non può che essere quella di spe-gnere definitivamente la spina del televisore per restare im-muni dal virus della degene-razione mediatica.

di Mario Idà

Jean Paul Sartre

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18Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

PuNti di ViStA

Dall’entrata in vigore del de-creto legislativo 28/2010 il

mondo delle liti giudiziarie ha su-bito un cambiamento radicale. Un enorme cambio di mentalità per tutti viene imposto dalle nuove norme sulla mediazione civile e commerciale che impongono, dal marzo 2011, la via della mediazio-ne a chiunque abbia intenzione di adire le vie legali per alcune speci-fiche controversie.

Un impatto non indifferente nel mondo dell’amministrazione della Giustizia tormentato dalla lungag-gine dei procedimenti civili che nella “MEDIA” durano non meno di 9 anni con enorme danno per le parti in particolare e per l’econo-mia in generale.

Il funzionamento della Giusti-zia è di cruciale importanza per lo sviluppo del Paese e la paralisi del sistema Giudiziario Civile im-mobilizza una enorme quantità di

LA NUOVA VIA DELLA GESTIONE DELLE LITI

ricchezza.Si pensi semplicemente quante

attività commerciali, nell’acce-zione più ampia, e quante risorse finanziarie rimango spesso ingessa-te in attesa di una soluzione delle controversie.

Oggi abbiamo uno strumento che può modificare in meglio, e lo si spera, lo stato delle cose offrendo ai cittadini l’opportunità di risolve-re moltissime controversie in soli Quattro Mesi.

Infatti è questo il termine mas-simo entro cui il tentativo di “rag-giungere un accordo amichevole ” deve trovare soluzione e quanto stabilito dovrà essere certificato da apposito verbale.

Se si raggiunge l’accordo (conci-liazione), il mediatore redige pro-cesso verbale, sottoscritto dalle parti e l’accordo (non contrario all’ordine pubblico o a norme im-perative), che può prevedere il pa-gamento di somme di denaro per ogni violazione ulteriore o inosser-

vanza, viene omologato con decre-to del Presidente del Tribunale, nel cui circondario ha sede l’organismo di conciliazione, previo accerta-mento della regolarità formale; il verbale, una volta omologato, è ti-tolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipote-ca giudiziale;

Nel caso in cui invece non si rag-giunge l’accordo (conciliazione), il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta e delle ragioni del mancato accordo e inizia il procedimento civile e nel caso in cui il provvedimento, che definisce il giudizio, corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice:

a) esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, relativamen-te al periodo successivo alla stessa;

b) condanna al pagamento delle spese processuali di controparte;

c) condanna al versamento di un’ulteriore somma, di importo corrispondente al contributo unifi-cato dovuto.

Allo stato attuale il legislatore ha previsto essenzialmente tre tipi di mediazione

1) facoltativa, quando viene li-beramente scelta dalle parti;

2) obbligatoria quando è impo-sta dalla legge; il procedimento di mediazione deve essere esperito, a pena di improcedibilità (da ec-cepire nel primo atto difensivo dal convenuto, oppure dal giudice non oltre la prima udienza), nei casi di controversie relative a:• condominio; • diritti reali;

• divisione; • successioni ereditarie; • patti di famiglia; • locazione; • comodato; • affitto di azienda; • risarcimento del danno deri-

vante dalla circolazione di vei-coli e natanti;

• risarcimento del danno deri-vante da responsabilità medica;

• risarcimento del danno deri-vante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità;

• contratti assicurativi, bancari e finanziari;

3) giudiziale, quando è il giudice ad invitare le parte ad intrapren-dere un percorso di mediazione (con ordinanza); l’invito potrà es-sere fatto in qualunque momento, purchè prima dell’udienza di pre-cisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è previ-sta, prima della discussione della causa.

Una partita tutta aperta quindi per vincere una scommessa che gli organismi di conciliazione hanno tutto l’interesse a gestire nel mi-gliore dei modi. Infatti è demanda-to agli “organismi di conciliazione” il compito di gestire il procedimen-to di mediazione e tali organismi possono essere Pubblici o Privati iscritti in un apposito Registro te-nuto dal Ministero della Giustizia.

Anche quest’anno il Rotaract Club Palmi, ha organizzato eventi a profusione, nel-

lo spirito del service, proprio, della famiglia Rotaryana.

L’ annuale caccia al tesoro, il concorso dei presepi e il riuscitissimo convegno su “La Tu-tela Giuridica del Trapianto”, evento questo realizzato con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Palmi, dell’Ordine dei Medici di Reggio Cal., dell’assessorato alla Cultura del Comune di Palmi e dell’ AIDO, che ha visto la presenza di centinaia di avventori, ha toccato temi sensibili e spesso sconosciuti ai più, per la mancanza di divulgazione da parte dei me-dia, ha avuto come intento quello di dare un maggiore impulso a questa tematica.

Per il periodo Pasquale si è provveduto ad organizzare la vendita delle classiche Uova di Cioccoloato e l’Aperirotaract. Eventi im-portanti che mettono a conoscenza la nostra comunità, delle finalità che seguono la nostra associazione. In particolare l’aperirotaract, organizzato venerdì 22 aprile presso l’Araba Fenice, ha raccolto fondi per il progetto di-strettuale dal titolo “Stop alla violenza sulle Donne”, il cui ricavato, sarà destinato a un centro che si occupa di questo problema, pur-

troppo, molto diffuso nella nostra Calabria, come del resto lo è in tutta Italia. Con immutata voglia di promuovere nuove iniziative che sen-sibilizzino gli animi della nostra comunità proseguiremo nel nostro service.

RoTARACT ClUb pAlmI: VoloNTà E ImpEgNo

Antonio ScarfonePresidente Rotaract Club Palmi

di Saverio Crea

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

PuNti di ViStA

Lavoro, lavoro dove sei? Da tempo immemorabile spe-

cie da noi, al sud, ci si lamenta della cronica assenza di quella vi-tale attività che, si dice, nobiliti l’uomo..

C’è chi sostiene che siano gli extracomunitari a rubarcelo.

C’è chi, (come con la Titina), lo cerca e non lo trova, c’è chi pretende di vederselo offrire senza neanche cercarlo, c’è chi si aspetta invano di vederselo piombare, come un acquazzone giù dal cielo, c’è chi lo vuole solo se è a tempo indeterminato, c’è chi aspira ad averne uno solo se è di quelli a cui non possono aspira-re gli immigrati.

Nell’era del precariato e del-la disoccupazione giovanile c’è però stranamente un settore che lamenta mancanza di personale qualificato da inserire nelle pro-prie aziende. E’ quello dell’arti-gianato.

Perché accade ciò?Quanti giovani di oggi pur la-

mentandosi di non disporre di un dignitoso sostentamento che consenta loro di poter esaudire le più elementari esigenze o di soddisfare le più essenziali aspi-razioni, magari accontentandosi della magra paghetta che i ge-nitori, con sacrificio, possono concedere, preferiscono sperare invano che caschi dal cielo quel-la manna che non arriverà mai, piuttosto che rimboccarsi le ma-niche e iniziare un percorso di apprendistato che consenta loro di provare ad imparare un lavoro artigianale?

Quanti giovani che hanno abdi-cato allo studio, abbandonando la scuola, consumano tempo pre-zioso trascorrendo le loro gior-nate nell’ozio delle sale gioco, auto assolvendosi con l’alibi della mancanza del lavoro, ma giam-mai provando a praticarne uno che possa insegnar loro a vivere una vita indipendente?

Le statistiche più aggiornate ci

dicono che in Italia un’impresa ar-tigiana su quattro ha avuto diffi-coltà, nel 2009, a reperire giovani che volessero imparare un me-stiere. Con il risultato che lo scor-so anno, rispetto ad un fabbiso-gno occupazionale di 93.410 per-sone, i piccoli imprenditori hanno dovuto rinunciare ad assumere il 25,1% della manodopera necessa-ria, pari a 23.446 persone.

Sembra un dato incredibile, inaudito ma è purtroppo reale, è stato reso noto dalla Confartigia-nato che ha commentato i conte-nuti del “Piano di azione per l’oc-cupabilità dei giovani attraverso l’integrazione tra apprendimento e lavoro” messo a punto dal mini-stero del Lavoro e delle Politiche sociali e dal ministero dell’Istruzio-ne, dell’Università e della Ricerca.

“Il piano ‘Italia 2020′ – ha det-to il segretario generale di Con-fartigianato Cesare Fumagalli – è finalmente l’occasione per rilan-ciare l’apprendistato, offrendo ai giovani uno strumento formativo fondamentale per entrare nel mondo del lavoro. L’apprendista-to rappresenta infatti il principa-le strumento di inserimento nelle imprese artigiane attraverso un percorso di formazione e lavoro. Nel 2008 (ultimo dato disponibile, ndr) gli apprendisti nelle impre-se artigiane erano 218.344, vale a dire circa un terzo rispetto al totale dei 640.863 apprendisti”.

Le occasioni di lavoro perse dunque sono state rilevate da Confartigianato in un paese come l’Italia che, tra settembre 2008 e settembre 2009 ha visto crescere il tasso di disoccupazione dei gio-vani under 25 dal 19,5% al 23,5%. Senza dimenticare che l’Italia è al terzo posto in Europa per il più alto tasso di disoccupazione dei giovani under 25, preceduti sol-tanto da Spagna e Grecia. Anco-ra più negativo il record italiano per il tasso di occupazione per i giovani under 29: siamo al penul-timo posto tra 9 paesi Ue con un valore del 39,3% rispetto alla me-dia europea del 51,2%.

Fra i lavori più richiesti ci sa-rebbero: i costruttori di infissi, i restauratori di mobili, gli elettri-cisti, i falegnami, i carpentieri, i panificatori, i sarti, i gelatai, i parrucchieri, gli estetisti e so-prattutto gli idraulici, figura pro-fessionale con ottime prospettive di remunerazione.

Fra le professioni non artigia-nali, molto richiesti sarebbero gli infermieri professionali.

Molti operai specializzati oggi preferiscono mettersi in proprio, piuttosto che lavorare alle dipen-denze di un’impresa. Secondo Unioncamere “bisogna colmare lo spazio ancora troppo esteso tra sistema dell’istruzione e della formazione e fabbisogni di capi-tale umano espressi dalle impre-se”. Gli artigiani chiedono infatti figure di livello elevato nella spe-cializzazione tecnica, mentre gli operai specializzati sono ricerca-ti tra i giovani che frequentano scuole professionali o i corsi di di-ploma ad indirizzo tecnico indu-striale. Per i giovani l’inserimento delle piccole imprese, rappresen-ta un’opportunità di formazione e di occupazione stabile e qua-lificata. Secondo le rivelazioni di Confartigianato, negli ultimi quattro anni, gli imprenditori ar-tigiani hanno speso molto tempo e denaro per insegnare il mestie-re ai giovani: hanno dedicato alla formazione sul lavoro 64 milioni di ore. Il 53% degli apprendisti, concluso il percorso di formazio-ne, ha poi continuato a lavorare nell’azienda.

Una volta si imparava un me-stiere già da bambini, “Si iva o mastru”, Si prendeva dimesti-chezza con un lavoro praticando-lo fin dalla più giovane età e poi si diventava, crescendo, provetti artigiani, abili possessori di un arte che veniva perfezionata con l’esperienza, con quella pratica che, come disse l’antico, arriva a rompere la grammatica,(leggi teoria). Dove sono finiti oggi i prosecutori di quegli abili stra-ordinari artigiani, oramai estinti,

che fino a pochi anni fa ancora rendevano alla società il loro pre-zioso servizio? Penso ad esempio a persone indimenticabili come il palmese Mastro Saverio Garipoli, (detto Testanira), che era nella sua attività professionale esper-to tornitore, mago della mecca-nica, capace di mettere le mani con perizia e competenza nei più complicati marchingegni come serrature, apparecchi e attrezzi vari e risolvere ogni tipo di pro-blematica, spesso inventandosi la soluzione. Penso a tanti altri artigiani, sarti, fabbri, ebanisti, la cui figura potrebbe oggi esse-re preziosa e richiesta e che in-vece non hanno avuto un giusto ricambio, tanto che non esistono figure professionali che li abbiano degnamente sostituiti. Quanto ci manca la loro ineguagliabile, pre-ziosa opera!!

Io spesso mi chiedo, se oggi in Italia rinascesse un bambino ge-nio, con potenzialità leonarde-sche, questi, senza la possibilità di frequentare sin dalla tenera età un laboratorio con le caratte-ristiche di quello del Verrocchio (che se oggi esistesse verrebbe incriminato per sfruttamento del lavoro minorile) potrebbe mai esprimere al meglio il suo talento e le sue fantastiche, meravigliose potenzialità?

La scuola moderna, e la socie-tà, così come sono strutturate, saprebbero allevare la genialità di un giovane desideroso di espri-mere il proprio estro, la propria manualità, il proprio ingegno?

Saprebbero valorizzarlo, inco-raggiando la sua legittima aspi-razione a raccogliere i frutti del proprio lavoro?

La risposta a questa domanda la immaginiamo già, ecco perché, più di un giovare in età da lavo-ro, svegliandosi tardi al mattino, consapevole di non avere molte prospettive, rimane a poltrire a letto e ad una certa ora, alza gli occhi al cielo e preferisce dire a se stesso: cercherei lavoro, si…ma prego Dio di non trovarlo!!

di Giuseppe Cricrì

Cerco lavoro ma prego Dio di non trovarlo

L’ Art. 1.della Costituzione recita: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

Artigiani cercansi

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NUllA, mADRE, TI poTREI CElARECome celarti, madre, i miei interioriaffanni, quando gli occhi dolcementeaffondi nel mio trepido cuore di bambino?Nulla, madre, ti potrei celare:ché quando i tuoi occhi si traggono,già sanno.

mIA mADREFu tenera come un cimolo,dura come il ferro.Non seppe via di mezzo. Alberto Calogero

A mAmmATe ne sei andataDove i tuoi occhi azzurriTi hanno portatoSulle rive dello strettoAvresti voluto chiudere la tua vitaCome le persiane di una casa in Val BadiaFra il verde dei pratiE i gerani rossi sui balconiIn silenzio come ti diceva papà UntergasserSenza creare fastidio o clamoriNegli occhi sempre i tuoi meravigliosi anni giovaniliSan Vigilio, il corso di TrentoIl laghetto ed i portici di BressanoneHai incontrato un uomoNel paese dei NibelunghiChe ti ha eletta reginaE tutti noi ti abbiamo considerato taleIn tutti questi anni per amore dell’uomoNon sei più stata aquila irraggiungibileDella scalata PertiniNon ti abbiamo più visto volteggiare forte e liberaNei tuoi territoriMa ti sei trasformata in farfallaBella, piccola e colorata, sempre liberaMa sempre per noi irraggiungibileRiposa in pace mammaPerché lassù prima dell’ ImmensoTroverai l’uomo che ha dato un sensoAlla tua e alla nostra vitaVivrete felici ascoltando musicaNelle poltrone rosse e sempliciDella felicitàLui ti dirà Liliana…E tu avrai già versato il caffè nel cassettoLui sorrideràE sarà il nostro film di un grande amore

Gianfranco Lucente

‘N RITRATTU‘Nta nu stipuni, ‘mmenz’a tanti cosi,trovai ‘n ritrattu ‘ngiallinutu,‘nc’è na figghjola cu ‘nmazzu di rosie ‘ngonnellinu strittu, strittu, a ‘mbutu.E’ na figghjola chjna di saluti,cu l’occhj chjari, beddhi, sprendurianti,si chiama… Mamma! Ah, la gioventuticomu si sculuriu ‘nta st’occhj santi!Ora si ccà, vicinu a mmia sedutaE li to rosi già sunnu appassuti,‘nta la facciuzza ormai tutta strudutati leju li sacrifici sumportati,‘nta la testuzza, mamma, già juruta,lu ‘mbernu ti dassau li so pedati.

sconosciuto

‘N RITRATTU

‘Nta nu stipuni, ‘mmenz’a tanti cosi,trovai ‘n ritrattu ‘ngiallinutu,‘nc’è na figghjola cu ‘nmazzu di rosie ‘ngonnellinu strittu, strittu, a ‘mbutu.E’ na figghjola chjna di saluti,cu l’occhj chjari, beddhi, sprendurianti,si chiama... Mamma! Ah, la gioventuticomu si sculuriu ‘nta st’occhj santi!Ora si ccà, vicinu a mmia sedutaE li to rosi già sunnu appassuti,‘nta la facciuzza ormai tutta strudutati leju li sacrifici sumportati,‘nta la testuzza, mamma, già juruta,lu ‘mbernu ti dassau li so pedati.

Autore sconosciuto

MAMMA!

‘N RITRATTU‘Nta nu stipuni, ‘mmenz’a tanti cosi,trovai ‘n ritrattu ‘ngiallinutu,‘nc’è na figghjola cu ‘nmazzu di rosie ‘ngonnellinu strittu, strittu, a ‘mbutu.E’ na figghjola chjna di saluti,cu l’occhj chjari, beddhi, sprendurianti,si chiama… Mamma! Ah, la gioventuticomu si sculuriu ‘nta st’occhj santi!Ora si ccà, vicinu a mmia sedutaE li to rosi già sunnu appassuti,‘nta la facciuzza ormai tutta strudutati leju li sacrifici sumportati,‘nta la testuzza, mamma, già juruta,lu ‘mbernu ti dassau li so pedati.

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MAMMA!

A mAmmAEra rimasta sul cuscinoL’impronta della Tua testa biancaE il sospiro dolenteDel Tuo silenzioso soffrirePrima che mani di donne operoseSistemassero tutto.

Ma non c’è mano di donnaChe possa cancellare, laggiùNel mio cuore profondoIl profumo del Tuo dolce sorriso,mamma,e la carezza leggeradella Tua mano stancache non avròmai più

RiposaTi, Mamma,ma stammi vicino.

Felice Badolati

VA’ ‘NTI To’ mAmmAQuandu ti senti i nerbi pizziàtiE ccerchi un pocu i paci peri peri;Quandu tutti ti pigghinu a ppuntàti Parenti, amici e ppuru to’ muggheri;quandu cerchi ‘na stampicceddha i luciammenz’o scuru chi tti struggi ‘u cori,cerchi n’aiutu ma non trovi ‘a vucii nuddhu mi ti rici ddu’ palori…Allura, sent’a mmia, va’ ‘nti to’ mammach’è sempri pronta mi ti rici: “figghiu”cu’ ddha’ vuci ch’è cadda com’a fiamma.va’ ‘nti to’ mamma, senti ‘u me’ cunsigghio! Iddha ti ‘mbrazza e, ssi tu sta ciangendu,ti stuia l’occhi cu’ so’ muccatùri…To’ mamma, puru quandu sta’ murendu,i spindissi pi ttia l’urtimi uri! …Quandu ti senti ammenz’o mari ‘u coriIddha è ‘a barca chi tti porta ‘a rriva,va’ ‘nti to’ mamma, pigghia i me’ palori,comu faciva ieu… quandu ll’aviva! Giuseppe Ginestra

A mia MadreHo trovato tra i tanti appunti di scuola degli anni passati, questa poesia,

‘N Ritrattu, di autore a me sconosciuto e, guardando un ritratto di mia madre, sembra essere stata scritta proprio per lei. Parlare della propria mamma, vederla come una donna straordinaria, piena di buoni sentimenti, non si rischia mai di cadere nella retorica. Lei ha più di ottant’anni e, sulla sua faccia sorridente e attenta, si notano i segni del tempo, dei sacrifici, delle sofferenze, delle... Nonostante ciò, è sempre bella, sia dentro, sia fuo-ri, come lo sono la maggioranza delle mamme del mondo e, la immagino come una mamma immortale, capace ancora di illuminare con il suo amore il cammino dei figli. Continua a preoccuparsi di tutti, dei figli, nipoti, e pri-ma di se stessa mette sempre il prossimo o le persone che ama, anche se a volte la tristezza la riempie. Parlando della sua infanzia, rimpiange, di aver dovuto abbandonare dopo un anno, la scuola elementare che tanto deside-rava frequentare, perché dovette aiutare la famiglia avendo tre fratelli più piccoli. Ricorda che la sua maestra, sig.na Sprizzi, esortava suo padre affin-ché la facesse continuare negli studi, essendo dotata di grande intelligenza e capacità, rammentando con orgoglio che quell’unico anno, frequentato con impegno, è servito a imparare a leggere e scrivere, assimilando tutte quelle nozioni, indispensabili, una volta cresciuta, per la sua attività commerciale. Alla mia mamma, partorita spontaneamente in aperta campagna, mentre mia nonna lavorava in un campo di ortaggi, (a quei tempi l’evento destò cu-riosità, tanto che ne parlarono alcune testate giornalistiche) preludio di una vita caratterizzata da grande energia, ma anche di sofferenza, faccio con immensa gratitudine gli auguri più cari. Cettina Parrello

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il PERSONAGGiO

Per celebrare il 50° anniversario della fondazione del Club Rotary di Palmi,

è stata pubblicata una raccolta di poesie intitolata “Poesie ed altre poesie” inserite dal filosofo stesso in una antologia.

In questo lavoro di scelta le poesie si sono estrapolate da vari libri scritti dall’Autore soprattutto nel periodo della maturità: Rit-mi del silenzio-Ritmi astrali e Canti d’amor diverso.

Il libro “Poesie ed altre poesie” pubblica-to nel Gennaio del 2011 si arricchisce del-la prefazione del Prof. Santino Salerno che così esordisce:

“L’idea dell’antologia è di per sé lodevo-le in quanto contribuisce a diffondere una produzione di grande spessore culturale,che ripercorre in forma poetica alcuni temi dell’intenso itinerario speculativo di uno dei più significativi pensatori contempora-nei rendendone l’approccio più immediato e certamente più abbordabile”.

Il Prof. Santino Salerno ha colto molto bene quanto le poesie rappresentavano per il Cardone e quanto la sua produzione in versi testimonia un percorso costantemente

“POESIE ED ALTRE POESIE” DI DOMENICO ANTONIO CARDONE

in evoluzione.Tanto più predominante appare l’afflato

poetico quanto più intensa e costante è la ricerca sull’origine stessa della parola e sul linguaggio che si muove spesso in modo tragico per le vie più disparate del signifi-cato.

Ma è soprattutto nell’associazione di poesia e dolore,di vaga ascendenza romantica,che il poeta Cardone riprende e supera la le-zione dei grandi romantici,ribadendo nell’a-gonia del canto la duplicità vita-morte così come appare evidente nella sua poesia.

Permettetemi di delineare come arti-colista un profilo certamente personale dell’uomo Cardone, che io ho avuto il pia-cere di conoscere, quando era già avanti con gli anni.

Lo ricordo seduto nel tinello della sua casa sulla solita poltrona con l’immancabi-le copertina sulle ginocchia,nelle ore del pomeriggio,quando poteva dedicarsi alla let-tura dei giornali o ai programmi televisivi o impegnarsi nelle discussioni con gli amici.

Chiuso nel suo studio sentiva l’obbligo morale di riempire pagine vuote con parole che potessero placare la sua ansia di co-municazione e trascrivere i risultati delle sue ricerche in forma logica e filosofica, in prosa e in versi.

“Il poeta crea solo davanti alla sua anima. Vi è d’altra parte il valore della pagina

bianca, del foglio bianco, segno di purez-za metafisica, rappresentazione del non espresso, misteriosa attrattiva del deserto, un deserto senza limiti.

Scrivere quella pagina, animare quel de-serto così come ha saputo fare con tanta arte ed amore il Cardone è già un inten-to che promuove l’utilità della sofferenza, amara diuturna, che tenta di giustificare l’accettazione del vivere in un mondo che si manifesta sempre più simile ad un astro spento, per la triste agonia dello spirito, per le tenebre che spesso circondano l’uo-mo, per il sanguinante distacco dalle crea-ture e dalla cose amate”. (prof. Domenico Zampogna).

Questa antologia ed altri libri di critica spero possano essere da stimolo per altri studiosi affinché si possa ripercorrere il cammino del filosofo poiché la sua filosofia è sempre moderna ed attuale.

I vecchi principi e la morale dell’ottocen-to sono stati spazzati via dalla disastrosa e dolorosa prima guerra mondiale; l’età mo-derna ha preso origine dopo l’ultima guer-ra e la sua drammaticità ha turbato uomini come D.A. Cardone, Edoardo de Filippo, L. Pirandello tanto per fare pochi e significa-tivi esempi.

Tutto aveva necessità di essere rivisto alla luce di quanto successo, rivisitato come Cardone diceva con opera di scavo per ri-proporre nuove morali e nuove regole di vita, leggendo, studiando e dialogando con altri filosofi del tempo.

Mancano i valori con la lettera maiuscola:la giustizia- I vecchi principi morali legati alla famiglia e allo Stato, la fede in Dio.

Tutto allora non ha senso? siamo vittime del caso e della necessità? ed il filosofo Car-done “inventa” il viaggio cosmico, la terra è una piccola capsula spaziale in perenne movimento nello spazio e nel tempo e que-sto cammino non è finalistico e l’uomo deve trovare una ragione di vita in se stesso, nel suo diventare uomo, nel suo riavvicinarsi agli altri, all’amore francescano e alla bel-lezza del vivere e al godimento della vita, della bellezza, della poesia, della musica, della pittura e dell’arte in genere.

La filosofia cardoniana è una filosofia del-la vita.

Si caratterizza come esame genetico strutturale del divenire umano,ripensa la storia come il significato complessivo di una vicenda umana e di un dramma umano che è aspetto di vita cosmica ed in que-sto cammino due sono i fari che devono accompagnarci:la solidarietà e la moralità.

Nel periodo della maturità il Nostro ave-va cercato forme nuove di espressione nella tragedia, nella prosa con il libro autobio-grafico Storia di un ominide, perchè il filo-sofo ricercava nella poesia e nella parola un mezzo per esprimersi in modo chiaro e comprensibile...

“Si apre un libro si legge una frase,un ver-so e qualcosa di misterioso accade, i segni che sembravano morti cominciano a parlare ed il mondo evocato da quelle lettere che parevano spente brilla come l’unico mondo davvero reale.

Perché nelle parole,nella scrittura,nei versi soprattutto è nascosta una terribile e straordinaria apocalisse, una rilevazione che capovolge le apparenze del mondo.

È questo il miracolo della poesia.Un miracolo che si realizza anche nei ver-

si di Domenico Antonio Cardone”. (prof. S. Salerno).

di Gianfranco Lucente

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

il PERSONAGGiO

Vincenzo Gentile nacque a Palmi il 20 Febbraio 1927.

Il padre Francesco era Capita-no di navi mercantili, la madre Carmela si dedicava, come la maggior parte delle donne dell’e-poca, alla famiglia, a crescere i quattro figli e a farli diventare uomini. Vincenzo era il secondo figlio e nutriva per la madre una vera e propria adorazione. Dice-va sempre che lei usava “il pugno di ferro in un guanto di velluto”, era cioè dolce ma ferma come si conveniva ad una donna forte, costretta a barcamenarsi tra le difficoltà dell’epoca senza l’aiuto del marito che era imbarcato per la maggior parte del tempo.

Vincenzo trascorse la sua gio-vinezza nella Città natale ed af-frontò giovanissimo la durezza della Seconda Guerra Mondiale, la fame, i bombardamenti. Quan-do la Città venne bombardata da-gli aerei alleati rifiutò di rifugiarsi con la sua famiglia nelle gallerie vicino alla Marinella. Già da allo-ra si manifestava il suo “spirito li-bero”, ribelle ad ogni costrizione e segregazione. Aveva imparato la lingua inglese e tutti i giorni ascoltava le notizie della guerra in corso sintonizzandosi con “Ra-dio Londra”. Sicuramente proprio in quei giorni nacque il suo amore e la sua curiosità verso i viaggi, la politica e la cultura. Contro il parere del padre che ne voleva fare un marinaio, ma con l’ap-poggio della madre, all’età di di-ciannove anni (appena terminato il conflitto mondiale), si iscrisse alla facoltà di Medina e Chirurgia nella vicina Università di Messi-na. La famiglia non aveva grandi risorse economiche e per mante-nersi agli studi dava lezioni pri-vate di Inglese, Latino e Greco, materie in cui eccelleva. All’età

VINCENZO GENTILE, “IL MEDICO DI FAMIGLIA”…Quando il Medico entrava nella casa di un ammalato era come se entrasse la speranza

La famiglia Gentile in una foto degli anni ‘30 - Mamma Carmela Calzona, Vincenzo Gentile (10 anni), la so-rella Letteria (unica rimasta in vita), papa Francesco, la sorella Soccorsa ed il fratello maggiore Giuseppe

Vincenzo Gentile

di ventiquattro anni prese la tan-to agognata Laurea in Medicina e Chirurgia ed iniziò la sua carriera di Medico. Esercitò la professione dapprima nel piccolo Ospedale Civile di Palmi, quindi accettò le “Convenzioni” con il Servizio Sa-nitario e divenne Medico di Fami-glia.

A quei tempi i Medici erano davvero pochi e la Medicina, che non disponeva degli attua-li potenti mezzi diagnostici e terapeutici, era una materia in continua evoluzione, oggetto di grandi scoperte e studi. Il nove-cento resterà sicuramente nella storia dell’umanità come il seco-lo più gravido di scoperte in tutti i settori, non ultimo quello della Medicina.

Quando Vincenzo Gentile co-minciò a muovere i primi passi nella professione medica, inizia-rono a fiorire le prime importanti scoperte che lo accompagnarono lungo il suoi iter professionale incentivando la sua grande vo-glia di apprendere e di risolvere i problemi spinosi che via via gli si presentavano. Tutto ciò lo gra-tificava, ma ancora di più amava l’intenso rapporto con la gente, che era per lui una famiglia al-largata. Ogni nuovo paziente che prendeva in cura, aumentava sempre di più il numero dei “suoi assistiti”. Quando il Medico en-trava nella casa di un ammalato era come se entrasse la speran-za; la gente gli si affidava total-mente, metteva la propria salute nelle sue mani e confidava nelle sue doti taumaturgiche e nel suo sapere. Quando veniva chiama-to “il Medico”, tutta la famiglia, dai bambini agli anziani atten-deva la visita e quando il Medico usciva, lasciava sempre il segno benefico della propria opera e se l’ammalato era incurabile, sede-va ugualmente al suo capezzale

stringendogli le mani e infonden-do coraggio e solidarietà a tutta la famiglia.

Oggi i progressi della Medicina hanno determinato una sempre maggiore frammentazione del-la disciplina, la scomparsa del Medico di famiglia come figura di riferimento e ad una sempre maggiore disumanizzazione del rapporto medico-paziente. Co-loro che hanno vissuto i vecchi tempi giurano che “era meglio allora” e rimpiangono il loro caro vecchio Medico di Famiglia che così tanti buoni consigli sapeva dispensare ma che, soprattutto, sapeva lenire le pene dell’animo più che quelle del corpo.

Il Dottore Vincenzo Gentile morì prematuramente il 26 Di-cembre 1983 e lasciò un grande vuoto tra i suoi pazienti che,

ancora oggi, nonostante siano trascorsi così tanti anni, lo ricor-dano e lo rimpiangono. Vincenzo Gentile fu un uomo di grande cultura, amante dei viaggi. Pro-fondo conoscitore della lingua e della cultura Anglosassone, girò il mondo in lungo e in largo; fu amante del pluralismo e della Democrazia, della Storia e a del-la Politica. Coloro che lo hanno conosciuto rimpiangono non solo il Medico, ma anche l’uomo in-telligente, vivo e brillante come può esserlo solo un calabrese, figlio di questa terra così aspra e difficile, ma satura di colori, sapori e profumi. E’ questa l’e-redità che ogni calabrese si por-ta dietro e anche se è costretto ad abbandonare la propria terra, dovunque vada porta con sé un pezzetto di essa.

di Roberto Balducci

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RiCORdi StORiCi

COME ERAVAMO... NEGLI ANNI ’50..!

di Giuseppe “Popine” Repaci

Festa delle Matricole - anno 1952 -

Nella notte tra il 13 e 14 apri-le 1948, il giorno prima delle

votazioni, con Leonida Repaci can-didato per il P.C.I. Partita Comuni-sta Italiano che aveva come simbo-lo la testa di Garibaldi, un violento incendio trovò esca facile nella costruzione di legno del nostro Ginnasio Liceo “Tommaso Campa-nella” (era ancora una succursale del Liceo Campanella di Reggio Ca-labria) che, in poco tempo, fu let-teralmente divorato dalle fiamme.

Il vecchio edificio sorgeva dove ora c’è il fatiscente Cinema Tea-tro Sciarrone (degradato, pare, per l’insipienza degli Enti Pubblici; ma questa è un’altra storia, che non co-nosco). Spariva così un simbolo del-la cultura palmese, un luogo dove avevano studiato materie classiche, nel corso degli anni, centinaia di studenti di Palmi e dintorni.

Dopo l’incendio dovettero trovare una sistemazione per tutti gli stu-denti che frequentavano l’edificio andato a fuoco. Frequentavo allora la 5^ Ginnasio. Ci sistemarono con qualche difficoltà, nelle aule delle Scuole Elementari, per l’occasione divise in due con tramezzi di com-pensato I tre anni di liceo volarono letteralmente. Intanto le sollecita-zioni del Comune, dei nostri pro-fessori e degli studenti dell’ultima classe di liceo erano riuscite ad ottenere l’autonomia del Liceo-Gin-nasio che in quegli anni assunse il nome di “Nicola Pizi”, sganciandosi quindi dal cordone ombelicale che la legava all’Istituto reggino.

Eravamo all’inizio nella decade degli anni ’50 e già nel corso dell’ul-timo anno di liceo, noi studenti cominciavamo già a sentire nell’a-ria il “profumo” dell’Università e guardavamo con il dovuto rispetto (all’epoca era una parola che anco-ra aveva un suo significato!) quelli

più grandi di noi di 2,3 anni che

già partecipavano alla “lotta poli-tica” tra la FUCI (di estrazione cat-tolica) e i giovani di sinistra.

In attesa degli esami di licenza liceale (per inciso, a quei tempi gli esami presentavano una obiettiva difficoltà: bisognava essere am-messi per poterli sostenere nella sessione estiva e si poteva essere rimandati a settembre in tutte le materie, cosa questa che voleva dire, nella maggior parte dei casi, essere bocciati, considerata la quasi impossibilità di studiare, nei due mesi scarsi fra le due sessioni, tutte le materie!) noi studenti della “terza liceo” (le sezioni erano ap-pena due!) pubblicammo un paio di numeri unici di riviste riferite alla nostra vita di studenti liceali.

Ricordo la testata di una sola delle due (“COSE NOSTRE”). Ave-vo gli originali, conservati con cura nel corso degli anni, e che ho pensato di regalare, qualche anno addietro, alla Casa della Cultura Leonida Repaci che, tramite la Direttrice dell’epoca, ha molto ap-prezzato. Oltre alle copie originali dei giornali, ho donato anche bi-glietti originali di ingresso alle ma-nifestazioni organizzate dal C.U.P., di cui dirò appresso, (in particolare il biglietto d’ingresso ad una serata danzante in Villa, con la presenza del paroliere e poeta Tito Manlio che proprio in quell’anno aveva vinto la “Maschera d’Argento” per le tante belle canzoni napoletane composte), nonché articoli di gior-nali che parlavano di questi eventi e altro ancora.

Alla fine, lasciammo il liceo e ci iscrivemmo all’Università, la mag-gior parte di noi a quella di Messi-na, la più vicina e quindi la meno dispendiosa per i nostri genitori. Iniziò una nuova vita, con una mag-giore libertà, libera da vincoli orari di studio. Fu proprio questa “liber-tà” e le maggiori ore da dedicare ad una generica “evasione” che a Palmi, si riduceva poi a lunghe

passeggiate sul Corso, ad intermi-nabili partite a biliardo da Saverino Chiappalone, in Piazza I° Maggio, dove si trova tuttora, o nella più “seriosa” Sala Biliardi Genovesi, e a seguire la squadra di calcio.

Devo dire, per la verità, che in quegli anni la Palmese dette molte soddisfazioni ai suoi tifosi.

Passata in serie superiore, a seguito di uno scandalo per una partita “venduta” da parte di una squadra siciliana, la Palmese, di-sputò un magnifico campionato. Il “girone” in cui militava era for-mato da squadre blasonate: Bari, Foggia, Lecce, Reggina,Taranto ed altre dello stesso livello.

Malgrado ciò la Palmese, Presi-dente l’Avv. Marazzita, si fece ono-re. Erano transitati in quel periodo fior di giocatori, Bumbaca, Barozzi, Chiozzi, Vignolini, Musci, Fracchia, Pagani, allenatori della classe di Dolfin, Hirzer (ex ala della Juventus dei 5 scudetti), Giunchi (che morì giovane in un incidente d’auto).

La Palmese si piazzò dignitosa-mente nel suo girone ma proprio in quell’anno la F.G.C. decise una com-pleta ristrutturazione delle serie minori e così la Palmese, incolpevo-le, ne pagò lo scotto pur avendo di-sputato un magnifico campionato e fu “retrocessa” nella serie inferiore.

Una citazione a parte merita il Cinema-Teatro Sciarrone, costruito da un imprenditore dI Gioia Tau-ro, che rappresentò, all’epoca, un riferimento sostanziale per aver dato una notevole spinta all’ eva-sione ludo-culturale della città.

Oltre alla programmazione dei film, la Direzione del Teatro portò a Palmi le riviste e gli interpreti di famose commedie musicali. Una su tutte “La Granduchessa e i ca-merieri” con Wanda Osiris, Billi e Riva e una indimenticabile serata con Domenico Modugno da poco “esploso” nel mondo dello spetta-colo canoro a livello mondiale!

E qui vorrei fare una breve con-

siderazione. I contenuti di questo excursus sul passato palmese si basano esclusivamente tutti sulla mia memoria e, se è vero che la memoria degli anziani su eventi di decenni prima è abbastanza niti-da, devo confessare che ho fatto sforzi notevoli per “ricordare” epi-sodi ed eventi di circa 60 anni fa! Certamente avrò commesso errori ed omissioni; non me ne vogliate, ma ciò era quasi scontato! Specie per quanto riguarda la Palmese, e dopo il bellissimo libro di rievoca-zione dei nero-verdi scritto dal mio amico Bruno Zappone.

Intanto alcuni di noi ebbero l’i-dea di fondare un Circolo Universi-tario, proprio per dare una spinta, culturale e ludica, a tutta la cit-tadinanza. Fu così che, nel 1952, nacque il C.U.P. (Circolo Universi-tario Palmese) che per 3,4 anni fu il centro di tutte le iniziative degli studenti palmesi.

L’inizio non fu facile. Ci voleva-no fondi per pagare una sede, per organizzare spettacoli, per iniziati-ve varie, socio-culturali. La prima sede fu a Piazza Cavour, nel palaz-zo allora della famiglia Cordopatri.

Non so dire come, passando di sede in sede (a Piazza San Rocco, in Piazza 1° maggio, nel palazzo Ales-sio) riuscimmo ad organizzare diver-si spettacoli e prendere tante ini-ziative: Il “Carro dell’uva” per due anni premiato a Reggio Calabria con sfilata su Corso Garibaldi, elezione di “MISS Palmi”, la “Festa delle ma-tricole”, spettacoli al cinema Cilea, serate danzanti in villa, ecc.

Proprio su queste iniziative mi fa piacere dare qualche cenno.

Fu allora che, non so da parte di chi, mi fu affibbiato il soprannome di “Popine” (credo sia stato Feli-ce Badolati) che, malgrado alcuni tentativi, non abbiamo mai capi-to cosa significasse, ma da allora, nell’ambito studentesco, fui Popi-ne, non meglio precisato.

Privi di fondi, ma non di idee e di iniziative, facevamo i salti mortali per pagare il fitto delle nostre sedi ma alla fine eravamo costretti a la-sciare, più o meno morosi, il locale del CUP.

Per poter organizzare una se-rata danzante nella Villa Mazzini e quindi far...danzare, fummo noi stessi a “costruire” una pista in ce-mento proprio al centro della Villa, pista che è durata sino a qualche anno addietro, prima che la Villa venisse ristrutturata.

Riuscimmo a coinvolgere, come sopra detto, Tito Manlio, poeta e paroliere napoletano, all’epoca conosciutissimo (una canzone per tutte “Anema e core”) che aveva sposato una del posto e che pre-senziò alla serata. Era il 1954 e in quella occasione fu organizzata l’elezione di Miss CUP da una giuria molto “esigente”. A dire la verità non ricordo il nome dell’eletta!

Era molto in voga, all’epoca, l’Orchestra del M.ro Carmelo Ci-cala, virtuoso del violino, che si avvaleva del fisarmonicista Turi Idà, di Tony Astorino alla tromba e, alla batteria, il figlio Enzo. Pre-sentatore della serata il bravo e misurato Felice Badolati. In quella serata fu eletta anche Miss Palmi… Ovviamente neanche a pensare a

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

RiCORdi StORiCi

Elia Vizzari, Rino De Maio e Giuseppe Repaci Tita Tegano e Giuseppe Repaci

A S. Elia con Brunella Tocci - Miss Italia 1955 -

Premiazione Sagra dell’Uva a Reggio Cal. - 1955 -

I giovani del CUP mentre preparano la pista da ballo in Villa Mazzini

possibili sfilate delle candidate in costume da bagno.

Era già tanto se si riusciva a con-vincerle (ma a convincere soprat-tutto i loro padri!) a una timida sfi-lata in abito… lungo! Ovviamente la minigonna non era stata ancora inventata!!

Spettacoli al Cinema-Teatro Ci-lea, tra cui “Il microfono è nostro” Il cui titolo parodiava il celebre allora spettacolo radio “Il micro-fono è vostro” condotto da Nunzio Filogamo! Fu una serata memora-bile anche per il numero degli ar-tisti che si esibirono. Fu coinvolta anche un soprano di Reggio Cala-bria, Mara Genovesi, che aveva dei parenti a Palmi. Come al solito “Popine” si esibì in alcune canzo-ni insieme a tanti altri “artisti”. Presentatore della serata, il solito bravissimo Felice Badolati, inap-puntabile nel suo smoking e nel “porgere” gli artisti che man mano si presentavano al pubblico

L’anno dopo, fu organizzata, sempre al Cilea, un’altra rivista dal titolo... “E Dindirindì e dindi-rindà...” Ricordo che cantai una canzone napoletana e per rendere più suggestiva l’interpretazione fui affiancato, vestito da improbabile pescatore napoletano, da Tita Te-gano che in seguito divenne la mo-glie del baritono Renato Bruson!

Elezione di Miss Palmi, a Piaz-za De Nava, poi divenuta Piazza Amendola. Da non credere; riu-scimmo ad avere, non so come, il permesso dalle Autorità Comunali a coprire con un tavolato la fonta-na al centro della Piazza e su quel tavolato si ballò per tutta la serata. Portammo un’orchestrina di Bagna-ra, la “ZENOCAR” che allora pas-sava per essere trasgressiva. Anche questo contribuì a far sì che Mon-signor Casuscelli, all’epoca Arcidia-cono della Chiesa Madre, lanciasse i suoi strali contro gli studenti uni-versitari palmesi, ormai identificati come “la carovana del piacere!”

Ma non erano certo queste “re-primenda” che ci fecero desistere. Nel 1952 e nel 1954 fu organizzate la “Festa delle Matricole” con sfila-te in costume per le strade cittadi-ne. Come si può vedere dalle foto, non c’era l’ombra di una collega, di una donna disponibile a prendere parte ai festeggiamenti.

Mi ricordo che ci fu anche una sfilata in groppa agli...asini! Dei miei vicini di casa mi “prestarono” la loro asina e mi pregarono di sfi-lare per ultimo in modo che l’asina non suscitasse particolari “deside-ri” agli asini che la seguivano. E così feci. Ci mancava pure quello..!

Intanto alcuni di noi avevano “scoperto” che nella Chiesa del Carmine c’era una saletta con in fondo un piccolo palcoscenico. Per-ché non approfittarne? Andai io a parlare con il Priore (che non ricor-do chi fosse, forse Padre Tommaso Calia che avrei rivisto poi a Roma dopo tanti anni! O forse Padre Se-bastiano Galeano) dato che abitavo ad appena 50 m. dalla Chiesa e l’a-vevo frequentata da bambino.

Effettivamente la sala era lì, ca-pienza ridotta, certamente, ma nell’insieme simpatica ed acco-gliente, con un piccolo palcosceni-co adatto a rappresentazioni ridot-

te. Ovviamente un retropalco privo di camerini (ça va sans dire..!) ma uno spazio sufficiente a cambiarsi gli abiti di scena!

La mia prima, buona impressio-ne fu accettata dagli altri e dopo un paio di incontri con il Priore, fu deciso di mettere in scena alcune commedie, ma più che altro brevi scketchs e, ovviamente, canzoni e …canzoni.

Fu contattata l’Orchestra di Car-melo Cicala che, pur in previsione di compensi ridotti, accettò l’in-carico di seguirci in questa avven-tura! L’impianto microfonico era quello che era, ma certamente suf-ficiente ad ampliare le nostre voci per una saletta di circa 100 posti.

Senza ovviamente staccarci dal C.U.P. alcuni di noi (io, Felice Ba-dolati, Mimmo Arena, Federico Al-banese, Mimmo Grillea e altri) ci demmo da fare per approntare la rappresentazione di piccoli sipa-rietti e di canzoni.

Federico Albanese, Mimmo Gril-lea e Gaetano Parrello dettero vita a brevi scenette in dialetto calabro/siculo, mentre io e Felice Badolati, mio assiduo compagno in queste av-venture “teatrali”, rappresentam-mo una scenetta all’epoca portata in TV da Walter Chiari e Campanini “Abbasso il frolloccone”!!

Ovviamente nessuna interprete femminile; ci si doveva acconten-tare di “attori vestiti da femmi-ne”! Così andava il mondo palmese all’epoca!

E poi le solite canzoni….d’epoca! Anche le locandine di queste rap-presentazioni nonché gli articoli sul “Tempo” dovuti al giornalista Do-menico Mimmo Zappone sono sta-te da me regalate alla Casa della Cultura.Anche in questo caso ci fu una sia pure velata “reprimenda” del Priore che non gradì una bar-zelletta raccontata dal nostro pre-sentatore tra una scenetta e l’al-tra. Ma posso assicurare che oggi non farebbe per niente “scandalo”, neanche nell’ambiente monastico!

Intanto però l’attività principale del C.U.P. andava avanti. Per due anni Palmi partecipò alla sfilata dei carri dell’Uva nel Corso Gari-baldi di Reggio Calabria e per due anni vinse il 1° premio. La sfilata, a forte richiesta, fu ripetuta nel Cor-so di Palmi.

Nel 1955 fu eletta Miss Italia una ragazza di Cosenza, Brunella Tocci, che aveva a Palmi alcuni parenti, mi pare il Giudice Massimilla. Ab-biamo saputo che sarebbe venuta a trovarli e così organizzammo un incontro per dedicarle una perga-mena di felicitazioni e per invitarla ad una gita sul Sant’Elia.

Il C.U.P. “resistette” ancora per qualche tempo, ma la fine degli studi universitari, la partenza di tanti di noi verso altre città e verso aspettative di lavoro, determinaro-no la fine del Circolo.

Ovviamente potrei raccontare ancora tanti episodi, ma come si dice? Lo spazio è tiranno! Chissà se tra qualche tempo non ci sarà an-cora l’opportunità per...continuare!

A distanza di anni, ci restano i ricordi; questi, è sicuro, non ce li toglierà nessuno..! Del resto, come disse un grande poeta, “il ricordo...è vita!”

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CultuRA E FOlKlORE

I luoghi hanno un’anima? Io a dire la verità non lo so. C’è di dice

di sì e c’è chi dice di no. Anzi c’è chi ci ride sopra solo a sentire una tale affermazione; e non solo perché ve-dendo i punti più belli e simbolici di un territorio trasformati spesso in discariche ci viene da pensare che l’anima, i luoghi, forse non ce l’ab-biano più, ma anche perché viene il sospetto che la lacuna appartenga a chi offende i luoghi, perché non sa recepirne il messaggio. Al tempo stesso ci sono persone che colgono bene tutto quello che avvertono in luoghi particolari e sanno anche tra-smetterlo in modo chiaro, concreto, al punto di far riflettere la gente e promuovere nuove sensibilità.

A farmi riflettere sull’anima dei luoghi è stato l’avvio del recupero dei “Canali”, la fontana all’angolo dell’odierna Piazza Lo Sardo, una piazza il cui nome è stato sempre legato alla presenza dei “Canali”, perché le fontane, come le sorgenti, hanno sempre avuto nel cuore della gente un significato particolare. Un significato che affonda nella notte dei tempi se è vero, come è vero, che i Greci le personificavano, attri-buendo loro l’identità di divinità o di ninfe, perché l’acqua che sgorga dalla terra è di per sé portatrice di messaggi magici o misteriosi. Aspetti che sono ritrovabili anche in tempi successivi e, in fatto di sorgenti ca-riche di simboli, il territorio di Palmi presenta molti esempi interessanti: come la sorgente di San Rocco, sep-pellita dalle costruzioni dopo il ter-remoto del 1908 e di recente recu-perata e riportata alla luce attorno alla statua del santo dello scultore Maurizio Carnevale, quasi per spe-gnere l’arsura dei devoti, per volontà popolare. Ma non si può dimentica-re la sorgente all’interno dell’antica chiesa di San Fantino, alla quale la tradizione bizantina legava anche i miracoli del santo.

Ma, una volta, le fontane erano, anche, un importante luogo d’incon-tro per le comunità, perché l’acqua non scorreva nella case e, per ap-provvigionarsi, bisognava attingere prima, direttamente alle sorgenti che poi, venivano trasformate in fon-tane; senza contare che, alle fonta-ne, si dissetavano anche gli animali, per i quali si costruivano degli appo-siti abbeveratoi. E a lavare i panni le donne avevano due possibilità, o far

Le FoNtANe e Le SorGeNtI DI PALMIricorso alle acque dei fiumi, special-mente nei piccoli centri, oppure ad appositi lavatoi pubblici, dei quali a Palmi il più conosciuto esempio è quello dell’Acqualive, lungo il corso del vallone Sambiceli. Ma adesso, da qualche giorno, i quattro “canali” superstiti della fontana “I canali”, testimoni di una città cancellata dai terremoti e dal progresso, sono al centro di una nuova iniziativa di re-cupero, con il coinvolgimento della popolazione, intrapresa dall’Associa-zione Prometeus. Non un semplice recupero architettonico, s’intende, ma qualcosa di più, che restituisca quell’alone di suggestione che, nella cultura popolare è rimasto. Un alone di suggestione che la vedeva spesso affiancata al nome ed alle storie di un’altra antica fontana, denominata “a Murareddha” che nasceva da una sorgente dallo stesso nome. Ma cosa rappresentassero queste fontane, ce lo possono far capire solo i versi in dialetto di un “emigrato per caso” Carmelo Gullì, un emigrato palmese in Argentina, al seguito del fratello Nicola, scultore di grande qualità artistiche che all’estero ha trovato quello che non gli fu possibile trova-re nella propria terra; Carmelo Gullì fini per restare “emigrato per caso” per tutta la vita. La grande nostal-gia per la sua “Parmi” gli fece cri-stallizzare, nell’umile, ma espressivo dialetto del proprio paese, non solo i luoghi fisici, ma anche, gli aspetti immateriali che li vestivano, come il mito che veste le pietre.

E così, leggendo le poesie risco-perte e pubblicate da Giuseppe Cri-crì, a cui va il merito di averle salvate dall’oblio. in quel volume “Visioni e realtà” che rappresenta oltre che la testimonianza della nostalgia di un emigrato che muore senza poter ri-vedere il proprio paese (e per paese intendeva non solo il luogo geografico ma anche la sua fauna, la sua flora, il suo cielo, le sue stelle, il suo paesag-gio ed i sentimenti della vita di ogni giorno), una vera e propria storia. Una, storia però, che non nasce dalla consultazione di documenti e di atti ufficiali, ma dal rivivere intimamen-te il filo della vita che si svolge nelle campagne, nelle marine o attorno alle fontane, dove le donne si riuni-scono ad attingere l’acqua e i giovani si soffermano per lanciare sguardi furtivi e messaggi d’amore. Ed è qui, nei versi di Gullì, che ho riscoperto il concetto delle fontane come luogo pulsante di vita, dove si accendono amori e scoppiano furibonde liti: uno

scenario palpitante nel quale si snodava una vita di altri tempi, con ritmi lenti, ci volevano ore a fare il turno per riempire “bumbuli e cortari” ma ricchi di umanità. Se i palmesi hanno dimenticato le loro fontane, Carmelo Gullì ne ha accarezzato per anni il ricordo e lo ha cristallizzato nei suoi versi, conservandone l’immagine, i suoni, e i rumori: come lo scro-scio dell’acqua e le voci e gli schiamazzi della donne. Ecco il suo ricor-do de “La Murareddha” una delle fontane più antiche di Palmi:

“L’acqua calava/ di ncanaluni, / chi mi pariia / nu schic-ciapaddhu / nsamà mpizzavi, / lu mussu ddhani, / l’arrussica-va / comu ncoraddhu // Eu mi scialava, / cu chiddhi fimmani, / quandu vicenda ianu a pigghiari, / ca si ngrignavanu / com’ali crapi, / rrumpendu bum-buli / testi e cortari (…)”

Quella che era una semplice sor-gente, era stata, nel 1838, trasfor-mata in una vera e propria fontana, in occasione del ripristino dell’omo-nima strada dopo un alluvione, una strada, senza dubbio importante per i tempi, perché dal punto detto “Mu-rareddha” si andava ai mulini.

Ma a volte, il poeta Gullì desidera-va ardentemente avere le immagini autentiche e ne chiedeva in versi una foto:

Così in “Parmi vecchiu”: “Manda-timi da grà fotografia, / ca vogghiu pè mi vidu Parmi meu, / piatila di l’ortu la Bazzia / la Consaria, li Piddi e lu Rileu (…)”

Chiede di rivedere tutti i luoghi ma sempre è presente il tema delle fon-tane: “Pittami l’antica Citateddha, / li monaci, Sincursu e Tirriuni, / ca-nali, lu Buttiscu e Murareddha, / li gebbii chi nci su sutta di Buni (…)”

Ma, anche le stesse immagini rivi-ste da altra angolazione acquistano nuova luce.

In “Visioni i rialtà” i luoghi dell’ac-qua e le fontane appaiono come un

patrimonio interiore frutto di una co-noscenza che non si può cancellare: “Eu canusciu Cinta Janca, lu Baulli e Tracciolinu, / eu canusciu petra petra l’armacii di Costareddha, / eu canusciu Sambiceli, Consaria e lu Mulinu, / cu Murgià sutta di Buni cu la gebbia e lu cunsinu …li canali e Murareddha (…)”

Ma a confermare questo rapporto particolare con l’acqua e le fonta-ne di Palmi, è significativa la poe-sia “L’acqua di Parmi e chiddha di Bonisari” ovviamente, per Carmelo Gullì, equivale a paragonare l’oro col piombo! Con la prima, si campa cent’anni, con la seconda, si apro-

di Giuseppe Mazzù

La fonte di Sambiceli oggi

Le antiche mura dell’Acqualivi L’antica fonte di Vitica

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CultuRA E FOlKlORE

Le FoNtANe e Le SorGeNtI DI PALMI

no le porte degli ospedali. Ma ogni fontana, a Palmi, ha una sua fre-quentazione ed una sua identità, a partire dall’antica fontana della Pal-ma, quella che sorgeva nella odier-na Piazza Primo maggio, e che, per secoli, aveva caratterizzato l’allora Piazza del Mercato. Tra il 1886 e il 1888, la fontana è stata smantellata, in un clima di forti polemiche, sa-crificata sull’altare del modernismo, che a Palmi, nel tempo, ha cancella-to le tracce di tutti i suoi monumenti antichi. Venne, infatti, distrutta nel quadro dei lavori per la costruzione del corso. Il suo ricordo, però, per-mane ancora oggi nel cuore di tutta

la popolazione, tan-to che i pezzi rimasti sono stati reimpiantati nel parco retrostante la Casa della Cultura L. Repaci.

“Quandu, ntempo, la funtana chi asisti-va nta la chiazza / di ddhu Parmi vanitusu, di l’antica antichità / la scancaru; chidda chiazza già perdiu la so’ bertà / e perdiu lu smagghiu soi, ch’e-ra nsitu d’ogni razza / d’ogni cetu, d’ogni tagghia, d’ogni setta e d’ogni età / dacchia-neddhi a la scurata ti faciianu n’atalena / a la luci i ddhi fanali, a petroliu o a citulena / e na mbisca di cortari, tumbuluni e tumbu-leddhi / si stendiamu a la muragghia, tornu tornu a li pateddhi; // E s’azava ntà lu menzu maistusa na parmara /

marmurina, artisticali, chi grundava d’ogni latu / quattru pisci ammun-zeddhati chi furmavanu nquadratu, / d’ogni vucca ncanaluni d’acqua duci, bella e rara, / d’acqua pura e cristallina c’arrestava mbarsamatu (...)”.

A poca distanza la Piazzetta dei Canali:

“Sé canali, a la chiazzetta, chi lu stessu nond’aviia, / c’ogni schiccitu pariva na grà mattala di stuppa / chi di sghinciu assimigghiava mbasti-mentu a ventu mpuppa, / e li fim-mani a muntuni, a vicenda ognuna iia / cunversandu di li vigni, di l’a-liva sana e pruppa / ed ognuna icia la sua, cù c’aviva nfigghiu sordatu / n’atra, sbenturatamenti, nu figghio-lu carsaratu, / e accussì rrivava l’u-ra, chi scurriva, a voti, amara / pe’ mi inchiinu nvicali, mbumbuluni o la cortara. // Nfacci frunti lu Buttiscu, chi cacciava, benidica / nu canali a ucca i giarra, bella, frisca e sapurita: / ddha, di notti, era ncunvegnu di lu zitu e di la zita / O cù aviia man-giatu passuli o pastiddhi, nuci o fica / o l’amici di cantina terminandu la partita; / nsumma, era l’arritrovu di la genti arsuriata / e cù oliia mi s’arrifrisca passiandu strata strata /

doppu nvesparu passatu sciroccusu o di grecali / chi faciia mi suda a gocci ogni misaru mortali.”

Poi la fontana della Murareddha:“Poi veniia la Murareddha, ddha

frescura t’arrestava / Nci volia mussu di gumma m’arrisisti ddha friddura / lu canali era di petra, e nci dava na sarmura / chi mi dicu, a chi e comu, mancu eu la nvicinava / sapiia a voti di zibibbu, voti a fraguli e cezumura (...)”

E’ difficile, oggi, ritrovare le trac-ce di questi luoghi nel tessuto citta-dino, tranne che per i Canali ancora esistenti, anche se ridotti a quattro rispetto ai sei originari. Anche la to-ponomastica ha subito lo sconvolgi-mento portato dai terremoti e delle mode cangianti dei tempi.

Una estemporanea passeggiata nelle campagne di Sambiceli, scatu-rita da un occasionale incontro avuto nel luogo tra i più simbolici del ter-ritorio di Palmi, la “Motta”, mi ha permesso di conoscere le origini del corso d’acqua del vallone Sambiceli. Il luogo si presentava con un picco-lo nucleo di case: alcune disabitate, altre ancora abitate. Ma lungo il per-corso la mia guida mi faceva notare una serie di costruzioni a volta in mattoni, tutte imbiancate e con l’ac-cesso in ferro chiuso da un lucchetto. Le chiamava “Cubule”, nella tradizio-ne col significato di cisterna. “Queste sono le sorgenti dell’acquedotto di Palmi - mi disse - Qui anticamente c’era anche una chiesa e dei mona-ci, poi i terremoti hanno distrutto tutto, ma l’acqua e la fontana sono rimasti”. La fontana, infatti, l’abbia-mo trovata posta in una depressione del terreno, con mia grande sorpresa è ancora frequentata da tanta gen-te che la mattina di domenica viene a farsi la provvista di acqua, quella buona, quella di un tempo. Ma le sor-prese non erano finite. Da qui par-tivano le strutture di un acquedotto antico i cui resti sono costituiti da un tratto di un cunicolo percorribile, in mattoni, con la base di lastroni di terracotta accostati a “V”, nei pres-si, una casupola diroccata lasciava intravedere i suoi mattoni di fango sotto un’antica imbiancatura. “I casi erano fatti cu vìsali” - mi ha detto una donna anziana che si è avvicina-ta per capire cosa stavo fotografan-do. Mi spiegò poi che la “vìsala” era il mattone fatto cu “taju e pinnu”.

Più in là un’altra casetta, con la porta in legno, aveva nella toppa una pesante chiave in ferro. Dopo Sambiceli abbiamo raggiunto con-

trada Vitica, anche questo un nome storico, poichè qui la tradizione vuo-le che il sindaco del tempo, Filippo Oliva, con la banda municipale in testa e cittadini al seguito – come riporta l’architetto Fulvio Nasso nel suo “Conoscere Palmi”, abbia rice-vuto Giuseppe Garibaldi durante la spedizione dei Mille. Effettivamente la fontana l’abbiamo ritrovata, ormai senza acqua, anche se ancora pre-senta le vasche ed è sormontata da tre piccole croci. Accanto la presen-za dei cassonetti della spazzatura ne sminuisce l’immagine, forse si po-trebbe fare qualcosa per restituirle la sua dignità di luogo storico.

Per me, però, la passeggiata ha rappresentato l’inizio di una più com-plessa riflessione. E’ stato immedia-to il collegamento delle sorgenti con il corso d’acqua del vallone, che oggi scorre sotto la via Mancuso e Piazza Lo Sardo, una volta “Li Canali”, per proseguire attraverso le località Mur-già e l’Acqualivi fino a raggiungere, con un andamento sempre più ripi-do, la scogliera della Marinella. Forse proprio il vallone ha costituito, con le sue sorgenti, l’occasione per gli insediamenti alle origini della stessa città. Accanto a questo ruscello era-no localizzate le fontane più antiche, le attività che utilizzavano l’energia idraulica, di cui restano a tratti an-cora le testimonianze, come i ruderi di mulini e frantoi. Ma l’uomo sem-bra aver smarrito il suo rapporto con l’acqua, tanto che spesso la inquina e la deteriora, trasformando i fiumi grandi e piccoli in discariche a cielo aperto, come avviene purtroppo an-che per il vallone Sambiceli che non fa più girare le macine di mulini e di “trappiti” e che non risuona dei can-ti delle donne al lavatoio di Acqualivi o degli uomini al lavoro nei frantoi, ma serve soltanto da sfogo per le ac-que piovane che si perdono in mare.

Le tappe sulla via del cambia-mento per quanto riguarda il rifor-nimento idrico della città sono state principalmente due, la prima, la re-alizzazione dell’acquedotto dell’Ol-mo, sulla fine dell’ottocento, e la seconda, l’acquedotto realizzato dal consorzio Vina tra i Comuni di Palmi, Seminara e Melicuccà. Nel 1922, l’ar-rivo dell’acqua, venne salutato da un coro di entusiasmi, un numero unico venne pubblicato sull’evento e, nel-la prima pagina, campeggiava sotto la data 15 ottobre 1922 a caratteri cubitali, un riquadro in cui si dava merito ai politici che avevano con-sentito alla città di risorgere.

La fonte dell’Acqualivi

L’antica conduttura

La “saitta” alla Marinella

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...Da Palmi neanche il fumo vedrete!!

Come le tessere di un mosaico, a volte le notizie storiche ricava-te da più fonti, confrontate e raccolte in un medesimo contesto

temporale da chi si dedica alla ricerca e alla rivisitazione del passato, possono dare una visione più unitaria e completa di un fatto.

Tutto ciò può servire a chiarire dubbi, a svelare arcani, a scoprire cau-se che hanno determinato ora un evento, ora il destino di un luogo ora quello del popolo che lo ha abitato.

Così potrebbe essere riguardo al motivo che avrebbe spinto nel lonta-no 1884, gli ingegneri governativi del genio civile, preposti al completa-mento della rete ferroviaria, Tronco Reggio Calabria-Eboli-Battipaglia, a decidere di spostare, in modo apparentemente inspiegabile, la colloca-zione della stazione di Palmi dalla originaria sede individuata in prima istanza nelle adiacenze del pianoro della Torre (circa all’incrocio con la stradina dell’Acqualive) fino alla remota contrada Buffari, luogo quasi inaccessibile alla viabilità e ai mezzi di trasporto di allora..

Si disse che i tecnici del genio civile infastiditi dal supposto vezzo tutto palmese di non gradire il disturbo sferragliante e fumoso delle locomoti-ve, in transito nelle adiacenze del centro storico, piccati, avrebbero de-ciso, quasi per dispetto, di punire la boria parmisana, così da far passare i convogli in un sito tanto lontano dal cuore della città, da non consentire ai cittadini di poter vedere neanche il fumo sollevarsi in cielo dai fuma-ioli delle vaporiere sbuffanti.

Ma la storia vera potrebbe aver avuto altri connotati. Potrebbe esse-re legata a meri interessi economici, alla necessità di risparmiare sul budget, evitando di far rimontare troppo la quota altimetrica del piano di transito dei binari che, dal livello prossimo al mare, a Bagnara, sa-rebbe in quel caso dovuto risalire a Palmi, per poi ridiscendere a Gioia Tauro, con ulteriore aumento di consumo sul carbone (carburante delle locomotive); potrebbe essere anche legata a favoritismi, a preferenze, scegliendo un tal proprietario terriero piuttosto che un tal altro, nel-la espropriazione dei terreni da occupare, secondo mai estinte logiche clientelari. Tuttavia per comprendere quale sia il nesso storico fra la “particolare” prima Pasquetta festeggiata dai palmesi sul S. Elia, (di cui si è già scritto nel n°16 di questo periodico) e la sconveniente decisione di allontanare il più possibile la collocazione della Stazione Ferroviaria, occorrerebbe rileggere con attenzione due importanti poesie scritte dal poeta palmese Carmelo Gullì, dal titolo: “Nu luniddia di pasca e buffa-ri e la Stazioni ” allora pubblicate su periodici locali e oggi inserite nella antologia Visioni e realtà.

Questi due componimenti in versi parlano specificatamente del Lunedì di Pasqua sul S.Elia del 1884 (proprio quello organizzato da Frallìa, auto-re del manifesto: Prima festa mai veduta sul Monte Sant’Elia) di cui si è scritto nel numero precedente di Madre Terra e dell’evento singolare e tragicomico che in quella particolare giornata vide l’ingegner Andrea beduschi (tecnico piemontese del Corpo Reale del Genio Civile, Ispet-tore Capo Direttore dei lavori di completamento della rete ferroviaria del Regno, linea Reggio-Castrocucco, impegnato per la realizzazione del 5° tronco ferroviario, stretto collaboratore dell’Ing, Paolo Cornaglia che era direttore generale dei lavori) e dei suoi collaboratori, coinvolti in un increscioso equivoco, gli stessi infatti, avendo alzato il gomito durante la festa all’aperto, alticci e avvinazzati, si resero autori di deplorevoli azio-ni che turbarono lo svolgersi della (fino a quel momento) civile celebra-zione, tanto da costringere il Sindaco indignato a portare i responsabili in giudizio al cospetto del Pretore.

La successiva assoluzione, ottenuta dai tecnici alla fine del dibattimen-to, motivò il Beduschi che incattivito dall’accaduto fu mosso da propositi vendicativi, egli pensò così di farla pagare cara all’intera Città, con la mo-difica del progetto e il conseguante spostamento del sito della Stazione.

Chi ha letto il contenuto del citato manifesto (pubblicato nel n° 16 del nostro periodico) ricorderà che Frallìa a proposito del programma del lu-nedì, 14 aprile, invitava, tra gli altri “Il Sig Delegato colla forza pubblica, sig. Sottoprefetto, sig, Sindaco” ecc e poi… “I Sigg.ri Ingegneri, e genti-luomini con famiglia ad onorare il Monte” Chi potevano essere questi ingegneri se non quelli del Genio civile impegnati per la realizzazione della ferrovia?. Ebbene per sapere cosa combinarono basta leggere le poesie che, per i meno avvezzi al dialetto proporremo anche in versione “commentata e tradotta in italiano”. Comprenderemo quindi cosa sia accaduto integralmente e cosa abbia davvero indotto a quella scellerata scelta di sistemare la Stazione in un sito tanto distante dal centro storico della Città.

Da oggi in poi saremo consapevoli di come un episodio macchiato dal… rosso del vino, possa aver condizionato per tante generazioni le sorti di una intera comunità. E… finiu a schifìu…

Nesso storico fra la pasquetta sul S. Elia del 1884 e la collocazione in un sito infelice della Stazione ferroviaria.

di Giuseppe Cricrì

NU lUNIDDIA DI pASCA Un lunedì di Pasqua Di C. Gullì

... Chiusa ntà na cunetta, dintra na scafferrata, Chiusa in una nicchia, dentro una grata, Stava la Madonneddha ntà n’angulu ncùnata, stava la Madonnina in un angolo incuneata, E cuntemprava l’orfana la genti transitanti, e contemplava, l’orfana, la gente transitante,Comu si fussi n’unda diiaria di passanti; come fosse un’onda giornaliera di passanti;Ed accettava, misara, cù chiddhi vrazza stisi ed accettava, misera, con quelle braccia tese,Cù ncì diciia na grolia, iettandunci ntornisi. chi le diceva un Gloria, buttandole un tornese. (moneta)

Chiusa la scafferrata era cù chiavatura, Chiusa la grata era con serratura,Arrugginuta all’acqua grundanti di ddhi mura; arrugginita con l’acqua grondante da quelle mura; Sulu? No m’arricordu cu era sagristanu, Solo? No ricordo chi era sagrestano,O s’era, se no sbagliu, forsi ncùn’ortulanu, O se era, se non sbaglio, forse qualche ortolano. Mi cogghii ddhi pezzamati, dati pè lumera, Che raccogliesse quei frammenti di stoffa, dati per la lumiera, Pè l’ogghiu, pè li micci, o pè la medianera. per l’olio, per gli stoppini o per la parete riflettente.

E ddhà aviia di vènari, ntempu la ferroviia, E li doveva venire un tempo la ferrovia,La stazzioni e scangiu, propriiu a la cruciviia, la stazione e lo scambio proprio al crocevia,Ddh’orta, chiddhi giardini, ddhì grampi di luvari, quegli orti, quei giardini, quegli ulivi maestosi, Avissi avutu vogghia Parmi di fabbricari; avesse avuto voglia Palmi di fabbricare;Nsùmma se ddhì progetti venivanu approvati, insomma se quei progetti fossero stati approvati,Parmi, cusà, a chist’ura sariia nà grà citati. Palmi, chi sa, a quest’ora sarebbe una gran città.

Documento di espropriazione con la firma del Ing. Beduschi e del sindaco Suriano concessa dall’ASRC - Prefettura affari generali In-vent. 20 Busta 194 Fasc. 47

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CultuRA E FOlKlOREForsi la Madonneddha, pensandu ch’è sconzata, Forse la Madonnina temendo di essere disturbata,Ngnurandu s’arrestava, nsamà la numinata, temendo che di lei si potesse perdere il ricordo,Volau di notti, misara, cù nsersitu di muschi, volò di notte, misera, con un esercito di mosche,E ghiiu a ddh’arricchiazzi scecchigni di Beduschi: ed andò presso le orecchiacce asinine di Beduschi:Nu Piemuntisi sfattu, mpìgna di mbriiacuni, un Piemontese sfatto, faccia da ubriacone,E ncì parrau a l’aricchii, a furma di lapuni, e gli parlò all’orecchio in forma di calabrone.

E nc’issi sutta vuci: “ Domani è Luniddiia, Gli disse sottovoce: “ Domani è Lunedì,“Cchianativindi tutti supra di Santulia, salitevene tutti sopra al Sant’Elia, “Portativi mangiari, portativi lu vinu portatevi del cibo, portatevi del vino,“Chi vindi Cicciu Bumba, chi stavi a vù vicinu, che vende Ciccio Bomba, che vi sta vicino,“E doppu, quandu siti mpìzzati e culurati, e dopo quando sarete, rimpinzati e colorati (per il vino),“Sonati li campani, com’a festilitati”. Suonate le campane, come si fa a festa”.

Ed accussini ficiaru ddhà mandra di ngegneri, E così fecero, quella mandria di ingegneri,Nchianaru supra a ienchi, carrozzi ed a sumeri, salendo su cavalli, carrozze ed asini, E doppu chi mangiaru beni, e si mbriacaru, e dopo aver mangiato bene, oramai ubriachiChiddhi campani ngrolia, mpeddhati, li sonaru: quelle campane in Gloria da sbronzi le suonarono: Tantu fù l’arribbumbu chi iiu a lu vaddhuni fu tale il rimbombo che arrivò a valleE tremulu moriiu l’ecu a lu Tirriiuni. E tremulo morì, l’eco al Torrione. (V.le Rimembranze)

S’appiccicau lu focu, chiamaru lu Cunsigghiu, Si accese il fuoco, chiamarono il Consiglio, (comunale) Cù li voliva morti, cù misi nsarmurigghiu; chi li voleva morti, chi a bagno in in salmorigano;Ncì iettaru na curera avanti a lu Preturi gli ingiunsero una querela da risolversi col Pretore Pè l’attu di vandalici fattu a Prutetturi; per l’atto vandalico fatto contro il (Santo) Protettore;Ma no trovandu curpa, cuntra li curerati, ma non trovandosi colpe contro i querelati. Vinnaru tutti sciorti e misi a libertati. vennero tutti prosciolti e messi in libertà.

Eccu Beduschi all’opara, fari la so minditta, Ecco Beduschi all’opera, fare la sua vendetta,Cangiari chiddha liniia, undi l’aviva scritta; cambiare quella linea, la dove era stata scritta;Dissi: “Contacci e ciula! L’aviti di pagari!.. Disse: “ Contacci e ciula! La dovrete pagare!“Fazzu la stazzioni a ribba di lu mari, vi farò la stazione proprio di fianco al mare,“No mi viditi fumu c’assa la ciminiia, “Che non possiate vedere il fumo che lascia la ciminiera,“E mancu mi nsertati di notti und’è la via”. e che neppure di notte possiate indovinare la strada maestra”

E a Buffari ntà n’ortu la liniia la trazzau, E a Buffari in un orto la linea la tracciòE supra di na timpa Beduschi ti chiavau e sopra di un burrone Beduschi ti piazzòNa stazioneddha misara chiùppeiu di li Casetti, una stazione misera peggio di quella delle Casette (S. Ferdinando) Cù na chiazzola appena mi vannu sé carretti… con una piazzola per parcheggiare appena sei carretti ……Ccussì la Madonneddha sarbau pè m’è iettata, …così la Madonnina si salvò dall’essere buttataComu iettaru ntempu la funtaneddha amata. come buttarono un tempo la fontanella amata. (della Palma)

La stazione di Palmi in una foto d’epoca

Nei prossimi numeri troverà spazio anche la seconda poesia, con relativa tra-duzione in italiano, citata nell’articolo, “Buffari e la Stazioni”

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CultuRA E FOlKlORE

Trascurando quella del conta-dino, l’occupazione lavorati-

va perseguita dalla maggior parte delle popolazioni del mondo, si evidenziava nelle comunità del passato una discreta teoria di per-sone, che, rifuggendo dalla pletora di miserabili trascinantisi avanti alla men peggio, esercitava un di-verso e vario impegno a motivo di guadagno o quanto meno per tira-re un’esistenza affatto stentata. Su quali canoni si svolgesse nelle terre della Piana di Terranova tutta una congerie di attività più o meno lu-crose, più o meno appaganti, più o meno creative, siamo debitori agli atti degli antichi notai, dai quali è possibile estrapolare dati, che dan-no modo di addentrarci nella vita di ogni giorno dei nostri antenati. Ce n’è davvero per tutti i gusti!

Nei paesi di una volta non poteva mancare sicuramente il custudie-ro, cioè il sarto, una parola giun-ta sin quasi ai nostri giorni (negli anni ‘40-’50 si diceva ancora ‘u custurèri, ‘u mastru custurèri) e che deriva inoppugnabilmente dal francese “couturier”. Nel primo ottocento i notai, al posto di custu-riero hanno “sartore”.

Di pari passo col mestiere del sarto doveva essere regolato quel-lo del calzolaio. Se l’uno vestiva quasi tutto il corpo, l’altro copri-va i piedi. Ma l’unico caso che si rintraccia in merito fa riferimento al ricorso di un artigiano operante addirittura fuori della Calabria.

Meno difficile era sicuramente professare l’arte di falegname. Il tempo che si richiedeva per ac-quisirla sta ampiamente a testi-moniarlo. Nel 1788 mastro Bruno di Maria di Iatrinoli, ma abitante a Palme, si adoperava ad addestrare nella «professione di falegname, secondo l›abilità e sentimento»

lA mAppA DEl lAVoRo NEllE ANTIChE ComUNITà*

*A scanso di equivoci, avviso che i vari pezzi che vado pubblicando sulla città di Palmi su questa rivista sono tratti, e in qualche caso rielaborati, da lavori presenti in varie riviste dal 1968 in poi. Ciò perché mi son sentito dire da qualcuno di non averlo citato, ma si dà il caso che la stessa persona ha pubblicato la medesima do-cumentazione dopo di me ignorando ch’era già stata fatta conoscere e da alquanto tempo.

dello stesso apprendista, Rocco Le-ale di Cosoleto, a 12 carlini al mese e per la durata di due anni.

La stessa cosa doveva verificarsi senzaltro per il muratore o mastro fabricatore, come accade di leg-gere nei vetusti documenti. Nes-sun particolare ci sovviene a ri-guardo di trattative per insegnare il mestiere, ma molti si evidenzia-no gli addetti, spesse volte in atto di esprimere giudizi tecnici su un dato manufatto.

Il mestiere di una qualche impor-tanza, data la diffusione del pro-dotto che si lavorava, era quello di tessitore o mastro di seta, ma sicuramente doveva riuscire poco appetibile riducendosi l’attività ad appena due mesi l’anno. Era, quindi, a questo motivo che qua-si sempre un tale artigiano doveva procurarsi contemporaneamente altra occupazione. Scriveva, di-fatti, Domenico Grimaldi nel 1780 che gli addetti, distinti in maestro, discepolo e assistente alla caldaia erano contadini o artefici, i quali nel periodo interessato «si distrag-gono dall›agricoltura, e dalle arti».

La scarsità di maestri e lavoran-ti e, all›opposto, l›ampia gamma di mercanti che si avvertono nel-le matricole di Catanzaro la dico-no lunga sulla situazione dell›arte della seta nel territorio della Pia-na. Pur carenti i primi, personale diremmo oggi specializzato, non è che mancasse il prodotto, anzi! Ad arricchire nobili ed agiati com-mercianti ci pensavano “lavoranti” provenienti addirittura da altre regioni, qualificandosi «in gran-dissima maggioranza napoleta-ni». Quattro soltanto i centri, nei quali è dato rinvenire tra ‹500 e ‹700 dei maestri: Oppido, Terra-nova, San Procopio e San Giorgio, con quest›ultimo che faceva la parte del leone. Per tradizione, l›indicazione “mastru di sita” sta a significare persona d’ingegno fino,

astuto, che dà un filo logico ai fatti che racconta anche se non rispon-denti al vero.

Molto richiesto, dato il prolife-rare delle vigne in tante contrade della Piana, doveva essere il la-voro del bottaio, volgarmente ‘u guttàru, cioè il mastro delle botti, i contenitori nei quali riversare il dolce mosto raccolto nei palmenti ovunque disseminati.

Alquanto raro era il mestiere di scopettiere, cioè di costruttore di scopette ovvero schioppette, pic-coli schioppi, se il palmese Saverio Galletta attestava in un atto del 17 agosto 1770 di aver deciso di an-darsene fuori del proprio paese a fine di «imparar l›arte di scopet-tiere». Dopo essere stato amma-estrato in ciò ch›era suo ardente desiderio, egli è ritornato al luogo natale ed a sua volta si è dato ad istruire nell›arte appena appresa altri volenterosi. Il 13 gennaio 1788, infatti, sempre da Palmi veniva a patti col mag. dr. Nicola Spataro di Pedàvoli per insegnare al figlio di questi «l›arte di scoppettiero, e con particolarità di far fucili e schioppi». Il periodo necessario si valutava in un anno e durante lo stesso il discente avrebbe dovuto dimorare, godendo degli alimenti occorrenti, in casa del maestro in qualità di discepolo «con prestarli tutta l›attenzione dovuta, confor-me richiede l›arte». Dal canto sua, Spataro padre s›impegnava a ver-sare al Galletta una somma di 24 ducati, metà all›inizio e l›altra alla fine, ma pretendeva che il giova-ne in ultimo riuscisse «perfetto nel formare, e fare di fucili e lavorare da se nelli fucili, e schioppi».

Altro mestiere notato negli anti-chi tempi era quello del polveraro, in dialetto “purbaràru”, ovverossìa fuochista, un’attività quanto mai pericolosa e che sovente procura-va guai seri a chi la coltivava, fino alla perdita della vita.

Pervenendo ora a mestieri più nobili, a quelli cioè in cui l’estro artistico tiene a prevalere sul la-voro strettamente manuale, abbia-mo in evidenza l’orefice ovvero il manipolatore di metalli di pregio, come l’oro e l’argento. Anche per apprendere la nobilissima maestrìa nell’adoperare pennelli e colori fa-ceva d’uopo recarsi fuori regione e provetti artisti se ne dovevano tro-vare sicuramente in numero rag-guardevole nella vicina Messina, patria del notissimo Antonello e di tantissimi altri.

Un’arte nobile poteva essere considerata anche quella dello speziale di medicina. Nei nostri paesi un tempo si faceva largo uso di pentolame di rame di vario tipo. Nei locali adibiti a cucina era dato vedere appesi alle pareti stagna-tej, caddarej, buzzunetti e, di con-seguenza, molti erano i ramieri o “caddaràri” impegnati nel lavoro.

Anche la pece era un prodotto molto ricercato e, quindi, la lavo-razione che si faceva per la sua preparazione appare molto se-guìta, ma anche in tal caso chi se ne occupava proveniva per la mag-gior parte da fuori. Il paliero era il conduttore dell’animale applicato a girare la ruota del trappeto che schiacciava le olive. Nei frantoi

della Piana, sorti più numerosi in seguito alla rivoluzione operata dal Grimaldi, che ha introdotto il tipo genovese, lavoravano con tale mansione soprattutto persone del luogo o vicine e che avevano in do-tazione la bestia da poter adibire.

Anche se trattavasi di una con-dizione sicuramente servile, quella del garzone era pur sempre un’oc-cupazione lavorativa che permet-teva di condurre anteriormente al “grande flagello” un modulo di vita accettabile da parte di larghi strati della popolazione.

La fascia di mare tirrenica facen-te capo alla Piana offriva anch’es-sa, sicuramente molto più di oggi, motivo di lavoro ai marinari ed alle loro famiglie e varie imprese sorge-vano nei posti più disparati. Di una di esse, che ha lasciato addirittura il nome ad una località, è notizia in un rogito del 1780. In quest’anno si evidenziava alla “Marina delle Pietrenegre” una “Tonnara”, che, certo, dava sostentamento sia al proprietario che ai tonnarotti, i pescatori addetti. N’era “Ammi-nistratore e Coratorio” il mag. d. Filippo Napoli, che l’aveva messa su con “altri Socij Coratorij” (era forse una delle primissime coope-rative?), ma il 31 lo stesso faceva contratto per la sua vendita con l’amalfitano Salvatore Gambardel-la. A stimare il manufatto con tut-to quanto si conteneva sono stati chiamati mastro Marco Malerba,” barcajolo” di Pizzo ed i marinari Alessandro Massara e Domenico Grimaldi, entrambi di Parghelia ed «esperti in simile mistere». Le barche e, cioè, «Capo arrosso, Sciare, Musciara» e quanto ad esse attinente, sono state valutate in 230 ducati, mentre «rete, cutra, corde, libani, plasmati, sovari» ed altro «assortimento» lo sono stati in 260.

Un mestiere assai praticato in passato era quello del vaticale, cioè dell’asinaio, del mulattiere, colui che trasportava con l’asino o col mulo persone o materiali vari da un posto all’altro, quindi l’ante-nato dell’autista. Nelle documen-tazioni che riguardano i paesi della Piana, ma anche gli altri, natural-mente, la frase «Tiene una somar-ra atta alla vatica» od una consi-mile è quasi onnipresente. “Fare la vatica” è rimasto a significare fare l’andirivieni.

Nella Piana si effettuava la lavo-razione della pasta. Ne abbiamo notizia per Santa Cristina e per il 1766.

I vanghieri di Cosenza e zone vicine nelle terre della Piana non sono una novità del dopo “grande flagello”, evidenziandosene sin da parecchio tempo prima. La pre-senza di detti, specialisti nel ma-neggiare la vanga, è rilevata già nel 1757.

paggio è chiamato per tradizione quel giovinetto di famiglia nobile vivente presso casate altolocate, che tenevano corte, al fine di ad-destrarsi nelle armi e nelle buone maniere, ma anche per svolgervi un certo servizio alle dipendenze delle stesse. Dal ‘600 in avanti non era certo così e chiunque poteva esercitare un tale ultimo impegno dietro pagamento.

di Rocco Liberti

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34Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

SAPERi & SAPORi di Walter Cricrì

I lavori nell’orto Indicazioni pratiche e consigli utili per affrontare i lavori di maggio e giugno nell’orto

La natura si è ormai completa-mente svegliata e le nostre piante stanno già sfoggiando i loro colori più belli; ormai è tardi per ripensa-menti e spostamenti, le piante a di-mora vanno lasciate dove sono, per evitare stress che le porterebbero a morte quasi certa; è ancora tempo, però, per i nuovi impianti.La terra dell’orto, in maggio, do-vrebbe già essere stata dissodata e arricchita di concime; se siamo stati

pigri in aprile, è bene provvedere ora a questi lavori. Quindi possiamo co-

minciare a porre a dimora cavoli, melanzane, peperoni, pomodo-ri, biete, peperoncini piccanti, cetrioli, zucche, zucchine e patate. Possiamo seminare: Basilico, Biete, Cardi, Carote, Cetrioli, Cicorie o Radicchi, Fagioli, Fagiolini, Lattughe, Meloni, Prezzemolo, Ruco-la, Scarole, Scorzobianca, Spinaci, Valeriana, Zucche, Zucchine, ed erbe aromatiche in genere. Dovremo anche vigilare per l’arrivo dei primi parassiti, per evitare che si diffondano eccessivamente. Anche per le piante da frutto, finite le fioriture, è bene valutare l’eventualità di praticare un trattamento contro la mosca della frutta e contro gli afidi.

Pianta ortiva originaria dell’America centro setten-

trionale (Messico), la sua diffu-sione in Europa iniziò nel XVI secolo ma si è via via diffusa in tutti i continenti, dove è col-tivata tutt’oggi.

In Europa, l’Italia è uno dei maggiori produttori di zucchine.

La zucchina o zucchino (Cucur-bita pepo), appartiene alla stessa famiglia dei meloni, dei cetrio-li e delle zucche gialle: è una Cucurbitaceae; ha portamento cespuglioso e va anche sotto il nome volgare di “Zucca d’Italia” o “Cocuzzella di Napoli”. Di essa si consumano i frutti acerbi tene-rissimi, appena formati.

Il frutto raccolto si presenta di colore verde, con tonalità più o meno scura, talvolta con striatu-re gialle, ed ha, solitamente, for-ma allungata, anche se ne esiste una varietà globosa, ottima farci-ta (vedi ricetta) o grigliata.

Le zucchine si possono consu-mare sia crude, sia cotte. Per la consumazione a crudo occorre acquistare esemplari giovani e teneri, dalla buccia liscia.

Si può raccogliere anche il fiore di zucca o fiore di zucchino (chia-mato anche fiorillo), dall’apice dell’ortaggio, altri crescono su steli. Dal colore giallo-arancione, vengono raccolti, raggruppati in mazzetti e venduti col nome di fiori di zucca. Sono molto utiliz-zati in campo culinario, solita-mente fritti, per ricavarne piat-ti come gli sciurilli napoletani o alcune torte salate (torta salata con fiori di zucca).

Ormai reperibili sul mercato tutto l’anno, sono un prodotto dell’orto tipico della tarda prima-vera e dell’estate. Con le serre e l’importazione da altri continen-ti il problema è stato superato. Conviene però gustarle nella loro

M i s s Zucch ina stagione perché più complete dal punto di vista nutrizionale, più buone e naturalmente più con-venienti.

L’Italia è sempre stata una grande produttrice di zucchine e qualche anno fa è entrata anche nel Guinness dei Primati per la zucchina più grande del mondo raccolta in provincia di Ferrara.

La zucchina da Guinnes era lunga ben 2 metri.

Grazie a un contenuto ridot-tissimo di calorie e a una rile-vante percentuale d’acqua (90% e oltre), le zucchine sono l’ideale per diete ipocaloriche. In com-penso, offrono una buona dote di potassio, caroteni e vitamina “C”, svolgendo un’azione diure-tica, depurativa e lassativa che si rivela ideale per chi soffre di disturbi intestinali, di ritenzione idrica e tendenza alla formazio-ne dei calcoli renali. Non va poi dimenticato che, in virtù della presenza di carotenoidi, le zuc-chine hanno anche proprietà an-tiossidanti, che agiscono in parti-colare sul benessere degli occhi e delle pelle.

Essendo molto delicate, però, non si mantengono a lungo: so-prattutto se sottoposte a luce e calore, tendono a perdere in po-chi giorni la freschezza e le pro-prietà nutritive originali.

Consigli per l’acquisto. L’or-taggio che consumiamo, come si è detto, è il frutto immaturo della pianta chiamata Cucurbita pepo, e dichiara la sua freschez-za attraverso alcuni particolari da osservare attentamente al

momento dell’acquisto. Innanzi tutto è bene scegliere gli esem-plari privi di ammaccature, più piccoli (non più lunghi di 22-25 centimetri) che generalmente

hanno un sapore migliore e sono privi di semi o semi im-maturi. Se poi a un’estremità del frutto è ancora attaccato un fiore gonfio, disteso e privo di arriccia-ture, significa che quella zucchi-na è stata colta davvero da poco.

Un altro indice di freschezza è la buccia, che deve essere liscia, brillante, tesa e compatta.

Conservazione. Le zucchine, l’abbiamo già detto, sono facil-mente deperibili. Non resistono per più di 3-4 giorni nel frigori-fero (nella vaschetta delle ver-dure) e più giorni passano dalla data dell’acquisto e più perdono le loro caratteristiche nutritive.

Come si preparano all’utilizzo. In genere, se le zucchine sono giovani e piccole, basta spuntarle alle estremità. Se sono più gros-se, è necessario eliminare anche i semi interni.

I tagli classici sono: a fette (longitudinali per cuocerle alla griglia), a rondelle (per trifolarle o per utilizzarle in minestre e ri-sotti), dadolata (adatta per cottu-re in umido o minestre), brunoise (per il loro consumo a crudo), a fiammifero o a julienne (per frig-gerle o preparare dei sughi...). Nel caso vogliate farla lessa, eli-

minate le estremità dopo la cot-tura: assorbirà meno acqua.

Come si consumano. Le zuc-chine sono adatte per il consumo a crudo, come antipasto, ma an-che per essere cotte alla griglia o trifolate come ottimo contorno; nei primi piatti le troviamo in minestroni, pasta e risotti. Sono adatte per essere “impastellate” e fritte (assieme ai suoi fiori, an-che nelle torte salate), stufate, oppure adagiate su una gustosa pizza, o nel ripieno di una frit-tata. Ottime accompagnatrici di secondi di carne, pesce, uova e formaggi, ricordiamo anche quanto sono squisite ripiene e cotte al forno.

l’alternativa al fresco. In commercio oggi si trovano molti prodotti alternativi a quello fre-sco. Basta pensare alle tantissime proposte di zucchine conservate al naturale o sott’olio, magari unite ad altre verdure ed anche grigliate. Si possono usare come antipasto, contorno, o per guar-nire tartine o pizze. Importante è anche il settore dei surgelati con zucchine tagliate a fette, o gri-gliate da sole o con altre verdure, o stufate.

Delicata e versatile, ottima compagna di chi vuole seguire diete ipocaloriche senza rinunciare a vitamine e sali minerali.

Zucchine tonde ripiene

Ingredienti (per una zucchina tonda):• 1 zucchina tonda svuotata• la polpa delle zucchine• 3 cucchiai di pane grattugiato• 3 pomodorini ’i scocca• 1 cucchiaio di passata di pomodoro• 2 cucchiai di olio di oliva extravergine• Porro, prezzemolo fresco, parmigiano o pecorino (a piacere)

procedimento: Svuotate le zucchine dai semi e dalla polpa, avendo cura di non forare la buccia. Poi, cuocete, a vapore o a micro onde, questo “contenitore” per pochi minuti: solo il tempo che si ammorbidisca leggermente. Nel frattempo, preparate il ripieno: fate saltare in padella, con un filo di olio e di sale, la polpa della zucchina, finemente tritata al coltello, aggiungete i restanti ingredienti con i pomodorini tagliati a cubetti piccolissimi. Amalgamate tutti gli ingredienti in modo che l’olio inumidisca bene ogni singolo granello di pane, evitando così che si asciughi in cottura. Non lesinate sull’olio, specie se è un ottimo extravergine. Preriscaldate il forno a 250 gradi. Preparato il ripieno, inseritelo, facendo attenzione a non rompere le pareti della zucchina, ed infornate il tutto per 25 minuti, più qualche altro minuto sotto il grill, in modo che si formi una doratissima crosticina. Buon appetito!

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36Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

MONdO SCuOlA

Da qualche giorno circola su face book una lettera che

si vorrebbe far risalire al ministro Tremonti. Si tratta di Uno scoop di UniCommon.org, che avrebbe intercettato un’ ipotetica guida, diretta al ministro dell’istruzio-ne, nella quale vengono proposti interventi operativi finalizzati a colpire la Scuola pubblica. Mi pare superfluo evidenziare che non si può neppure immaginare che pos-sa essere autentica, eppure l’iter assume un’impronta talmente re-alistica da indurre il lettore a pa-ventare una seppur minima proba-bilità di veridicità. Si fa riferimento a tutto ciò che negli ultimi anni ha trasformato la Scuola facendo pen-sare che vi sia in atto un disegno ben strutturato rivolto a screditare questa istituzione a vantaggio di quella privata. Le recenti dichia-razioni del nostro premier sugli insegnanti della scuola pubblica che «inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nel-le famiglie» rafforzerebbero tale orientamento. La missiva comuni-cativo viene visitato da migliaia di utenti e appare su decine di arti-coli, aprendo il dibattito attorno ai nuovi tagli che il ministro Gelmini ha previsto per i prossimi tre anni e che vengono nascosti e negati spu-doratamente. Ecco il contenuto:

Al ministro dell’Istruzione, dot-toressa mariastella gelmini

Viale Trastevere 76, 00153, Roma, Italy

- Istruzioni dettagliate su come far morire un’istituzione pubblica -

1. E’ indispensabile un lungo e silenzioso lavoro preparatorio che, per anni, trovando larghi accordi da destra a sinistra passando an-che per le ali più estreme, TAGLI passo dopo passo tutte le risorse e le possibilità di miglioramento alle scuole pubbliche.

2. L’operazione va fatta inizialmente senza clamore, che oltre ai soliti noti nessun’altro possa accorgersene. Tagliare centesimo dopo centesimo in modo costante e continuativo, senza mai eccedere nè mollare la presa. Abituati al pri-mo livello di taglio, poi mantenen-do costante quello la popolazione più ingenua nulla più avvertirà.

3. Non concedere la possibilità di iniziativa alle organizzazioni scolastiche, mascherando la strisciante riverticalizzazione am-ministrativa con nomi nobili e al-tisonanti come “autonomia scola-stica”.

4. Aggiornare costantemente il nome alle cose, inducendo spaesamento tra coloro che lavorano nell’educazione pubblica da anni: in questo modo il Preside diverrà magicamente il Dirigente scolastico, la programmazione si trasforma in POF e si riorganizza in portfolio (tagliandolo), i bidelli si ristrutturano in collaboratori scolastici, i tradizionali voti si evolvono in crediti, e tocco finale,

“la scuola pubblica va difesa, curata, migliorata. In quanto idea e poi proprio in quanto scuola: coi banchi gli insegnanti i ragazzi e le lavagne. bisogna amarla ed esserne fieri”. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti.

C’era una volta la scuola pubblicacosì da concludere nel migliore dei modi l’operazione, gli studenti di-verranno finalmente utenti.

5. Saranno necessari alcuni anni di intenso lavoro sotterraneo di logoramento di ogni voce di dissenso, dopo i quali si potrà partire con l’attacco frontale. TAGLI massicci e generalizzati, presentati e anzi sbandierati come impellente necessità per contenere gli sprechi e dunque per il bene comune, e poi la distruzione capillare di qualsiasi idea che non sia strettamente la lezione di classe: fine di gite e corsi di lingua, laboratori e attività extrascolastiche; nulla più di tutto questo deve succedere. La scuola deve apparire il più possibile un luogo inutile, pesante e noioso da cui fuggire il prima possibile, oltre che un luogo di umiliante frustra-zione per chi ci lavora e ipotizza di continuare a lavorarci, così da far fuggire pure questi, o perlomeno i più preparati. In questo modo solo gli incapaci e gli stupidi resteran-no, azzerando così la possibilità dell’insegnamento reale.

6. Va assolutamente elimina-ta ogni forma di partecipazio-ne alla vita scolastica. A tal fine motivare l’operazione definendo dette forme partecipative inutili residui del ‘68. Aggravare il tutto rimarcando le colpe dei professori di sinistra che non permettono una normale collaborazione docente-discente, ma solo l’indottrinamento marxista.

7. Ridurre massicciamente i tempi di docenza; la scuola il pomeriggio deve restare chiusa. Basta concedere locali ed ambienti ai covi per potenziali terroristi, tossici, sporchi e strafatti, e carichi di zecche. Pulizia e ordine!

8. Raggiunti gli obiettivi elen-cati ci si rivolge direttamente ai cittadini-spettatori, possibilmente a reti unificate, allarmandoli sul fu-turo dei loro figli e, in modo sugge-stivo specialmente per le MAMME, si potrà loro offrire un messaggio di questo tipo: – “Care mamme, oramai consapevoli che le scuole pubbliche sono in mano ai comu-nisti e non offrono una adeguata formazione e istruzione ai vostri figli, anzi inculcando loro concet-ti marxisti come la pedofilia, la droga e l’omosessualità, è ora il momento di salvare la nostra gio-ventù investendo nell’educazione e quindi nelle scuole private, dove voi mamme potrete decidere di-rettamente cosa verrà insegnato ai vostri figli, e soprattutto non rischieranno di finire in classi con bambini poco dediti allo studio, come figli di operai, immigrati o addirittura rom.”

9. A questo punto faremo dipendere direttamente il mi-nistero dell’Istruzione (che nel frattempo avremo tolto il “Pubblica”) dal ministero dell’E-conomia, così potrò finalmente decidere senza discussioni cosa fare con quei quattro spiccioli ri-masti nelle casse delle scuole. Soprattutto avrò in mano un im-

menso patrimonio immobiliare da cartolarizzare.

10. Mantenere attiva e ben divulgata una massiccia opera di sputtanamento di professori e studenti, precari e personale ATA, ex insegnanti e presidi, insegnanti di sostegno e ricercatori: nessuno di loro deve poter mettere bocca sulla scuola pubblica, la scuola di tutti deve via via rimanere di nessuno.

Cara Mariastella, mi raccoman-do di continuare a tagliare qui e là come se nulla fosse anche dopo questo scoppiettante inizio, e ricominciate costantemente dal punto 1. senza nessun senso della misura, così che alla fine solo i morti di fame rimangano nelle scuole pubbliche, mentre ceti medi e mediamente ricchi si sposteranno sistematicamente nelle scuole private, ben influenzabili e controllabili per via dei finanziamenti. I benestanti, ricchi e vivamente ricchi invieranno invece i pargoli direttamente all’estero. Con questo efficace insieme di tecniche Voi avrete fatto un grande favore a Voi stessi, ai Vostri amici e al capitale finan-ziario tutto.

Grazie per l’attenzione, vivi os-sequi, giulio Tremonti.

PS: si potrebbero verificare pic-coli problemi di rigetto durante il percorso del tipo: tumulti e ma-nifestazioni o insorgenze come le recenti di Roma, Atene e anche Londra, ma non vi preoccupate Voi andate avanti, con l’aiuto della Poli-zia di Maroni in fase di speciale ad-destramento vedrete che alla fine avremo senza dubbio la meglio.

Non importa chi abbia scritto la lettera, dietro questo falso scoop si cela, in realtà, una drammati-ca verità: esiste una strategia del governo che prevede un piano di smantellamento di Scuola ed Uni-versità pubbliche, esiste un grande inganno e una mistificazione del-la verità. Già 60 anni fa, il gran-de giurista, politico e professore universitario Piero Calamandrei, facendo il suo discorso in difesa della scuola pubblica al III Congres-so dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, aveva presagito quel che sarebbe potuto accade-re e che, di fatto sta accadendo: “Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regola-re; le deve tenere nei loro limiti e

deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine del-la democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito”… Allora, il partito dominante segue un’altra strada …Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si ane-mizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a que-ste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato”… …“ Il partito dominante, non po-tendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di parti-to, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private… L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già det-to: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorve-glianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la se-rietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubbli-co. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico”. Basta ‘criticare’ la scuola, è ora di ‘sostenerla’, darle risorse, compe-tenze, specificità, mezzi, opportu-nità, perché è dalla qualità della scuola, dall’istruzione che passa lo sviluppo del Paese.

di Nella Cannata

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Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

iNtORNO AllO SPORt

In piedi da sinistra - Pirrottina, Caruso, Parrello, Fraccalvieri, Ortuso, Cadile, Scarfone, Calogero, Giordano, Cosenza, Taverriti, Pezzani F., Marturano, Pugliese S., CiappinaAccosciati: Pugliese I., Saffioti, Pezzani M., Iannello, Deodato, Battista, Foti, Parisi

Il calcio, per fortuna, non è sempre un pretesto per ge-

nerare violenza. La squadra della presidente Carmela Parisi che, ha un’idea pulita dello sport, non bada solo all’aspetto sportivo ma, quest’anno, si è dimostrata attenta e sensibile anche al tema sociale. Infatti, è la prima volta a Palmi, che una società sporti-va, collabora con la sezione AVIS “Enzo Cicala”, orgoglio della no-stra città e, quello che stupisce, è la solerzia e l’impegno dei ra-gazzi dell’A.S. Palmi che, oltre a donare, cercano di coinvolgere altri a compiere un atto di gene-rosità, utile a salvare una vita. Questi ragazzi, che diffondono un messaggio importante, sono un esempio da imitare. Lo spirito di unione e i sentimenti di condivi-sione sono ingredienti, che hanno consentito alla squadra di diver-tirsi, concludendo il campionato di terza categoria ad un passo dai play off. Ma, la grande soddisfa-zione deriva dal fatto che i ra-gazzi, oltre a giocare, sono parte integrante della gestione socie-taria, autotassandosi, per pagare spese d’iscrizione al campionato, trasferte e materiale sportivo. E’ una gioia seguire le loro par-tite, vedere emergere lo spirito di gruppo, senza che nessuno si

A.S. PALMI E AVIS InSIEME PER LA “VITA”

senta “campione” indispensabi-le. Ed è altrettanto bello, notare l’altruismo, quando, ad esempio, un calciatore viene sostituito per dare spazio al compagno in panchina, il quale viene accolto in campo, in maniera entusiasta, manifestando così reciproco ri-spetto. Per loro, perdere o vin-cere non è importante, ciò che conta sono le relazioni e i rap-porti umani. La società, è stata insignita, per due anni consecu-tivi, del Premio Disciplina, anche grazie ai comportamenti dimo-strati in campo. Ragazzi, quindi, che coltivano il seme dell’ami-cizia, assolvendo così al vero si-gnificato dello sport. Il merito è certamente dei fratelli Mariano e Carmela Parisi, Fabiano e Massi-miliano Pezzani, fondatori della società, di Antonello Scarfone, autorevole e anche stimatissimo “compagno di viaggio”, dell’al-lenatore Massimo Caruso che ha messo a disposizione la sua espe-rienza al servizio della squadra, ma soprattutto dei ragazzi che in gran numero hanno aderito ad un’iniziativa senza preceden-ti a Palmi. L’attuale presidente dell’AVIS, Massino Jusi, che non perde l’occasione di ringraziare l’ing. Felice Angemi (presidente per tanti anni) per essere sta-to il promotore e il progettista, insieme al compianto Gigi Arena e Ciccio Fenio, dell›importante

sede Avis, è contento di collabo-rare con un’associazione sportiva che ha fatto della solidarietà e l’attenzione al prossimo, i suoi fondamenti. Mentre per Antonel-lo Scarfone, è un onore questo binomio AVIS – A.S. Palmi. “Pen-sare agli altri diventa, pertanto, un dovere civile, un imperativo categorico che contraddistingue il nostro essere persone. Dona-re sangue, essere solidali con gli altri, signifi-ca abbandonare l’individua-

lismo esasperato che caratteriz-za la nostra epoca, significa capi-re la sofferenza degli altri. L’indifferenza crea solitudine. E’ questa la sfida dei nostri ragazzi che, lanciano un messaggio di so-lidarietà per diffondere la cultu-ra della donazione, ma anche per trasmettere quei valori di cui lo sport è portatore.”

di Rocco Cadile

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38Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

PARlANdO di MuSiCA

Musica musica musica… mu-sica nella sveglia (Bolero

di Ravel, ottimo per un risveglio graduale), musica alla radio, mu-sica in televisione, musica nel telefono… La musica ci occupa orecchie e cervello (più le orec-chie per la verità) dalla mattina alla sera e magari anche la notte.

Io vivo nella musica, l’ho studia-

Dopo ben nove anni dal suo ultimo lavoro, Bootsy Collins torna prepotentemente sul mercato con un CD che lo vede

coniugare passato e presente con una energia fuori dal comune.Egli stesso definisce “Tha Funk Capital of the World” una sor-

ta di autobiografia musicale, mettendoci dentro tutto ciò che ha contribuito a delineare il suo “folle” stile musicale.

Chiama a supporto alcuni amici, tra gli altri Ice Cube, Snoop Dogg, Sheila E., Gorge Clinton, Musiq Soulchild e, nel brano Mirror Tell Lies, campiona addirittura la voce di Jimy Hendrix su una allucinante base funk con un risultato finale eccellente.

Il piacevole tuffo nel genere funk di questo disco, innesca cal-di ricordi facendo pesare non poco i quattro decenni vissuti nel settore da Bootsy, il quale rende omaggio ai suoi eroi neri con particolare attenzione a James Brown.

Per chi desidera un disco allegro, incredibilmente ballabile e per meglio capire da chi è stato influenzato il buon PRINCE, questo è un lavoro da ascoltare assolutamente.

Buon ascolto.

MUSICA, MUSICA, MUSICA...

THA FUNK CAPITAL OF THE WORLD

- booTSy CollINS -

di Cristoforo Bovi

La Musa Euterpe

ta, l’ho suonata, la conosco bene. Sono un pianista, ho passato per anni ore al giorno a suonare, ho cantato anche, in gruppi, in cori. Le note le so tutte: do, re, mi, fa, sol, la, si. Poi c’è il do diesis, il re diesis, il fa diesis, il sol diesis, il la diesis. Oppure, se preferite, re bemolle, mi bemolle, sol… ferma-temi! Qualcuno mi fermi! Le note mi perseguitano, ho sempre una musica che mi gira per la testa,

e spesso non so neppure da dove mi arrivi.

Il mio problema è questo: la musica, oltre alle orecchie, mi occupa anche il cervello. Non sono normale. Non ho quella ver-ginità uditiva che avete voi, mas-sa di incolti musicali (absit iniuria verbis), che vi fate titillare, sug-gestionare, ispirare dalla musica. Io vi invidio: la musica vi arriva e ne siete affascinati perché non la analizzate, non la destrutturate, ma forse, proprio per questo, la capite meglio di me. La apprez-zate meglio di me. Io invece, prima di apprezzare, analizzo; il mio cervello, implacabile, riceve la musica già… ascoltata. E’ pro-prio così.

Ah, un po’ di silenzio. Le mie bambine sono all’asilo, e non azio-nano nessun giochino diabolica-mente tintinnante ninne nanne di Brahms, Divertimenti di Mozart, Patetiche di Beethoven e altri si-mili capolavori ridotti a carillon. Il mio cellulare tace, i supermercati con le loro musiche di fondo ad alto volume sono lontani…

Ma perché, dico io, la gente non capisce? A volte (raramente) mi sintonizzo con un canale televisi-vo molto apprezzato, MTV. Can-zoni, cantate per lo più da belle ragazze, bei ragazzi con vestiti strambi (quando ce li hanno) che ballano sinuosamente. Ma quello che piace veramente è l’aspetto fisico del cantante, il suo look, il suo modo di muoversi, magari il fatto che è famoso, e non la musica, non tanto la musica. O magari le sue idee politiche, le sue appartenenze sociali, geogra-fiche. Oppure il fatto che, parlan-do d’amore in modo anche un po’ banale, suscita in noi struggenti sintonie, ricordi (hold me tight…). La musica in sé, nell’era attuale, l’era dell’immagine e dell’este-riorità, sembra non interessare.

Piace questa commistione di arti ipertecnologiche, quest’orgia tra-volgente di sensazioni, questa si-nestesia multimediale. Almeno a chi non ha pregiudizi da musican-te come me.

Sono stato a concerti live di cantanti famosi: Zucchero, U2, De Gregori, etc etc. Masse di gen-te accalcata che paga 30, 40, 50 euro e più per venire. I concer-ti di musica classica invece sono spesso quasi gratis, e se dovessi fare la media degli spettatori che hanno assistito ai concerti a cui sono andato, direi che sarebbe 150, 200 forse. Gente incravatta-ta, impapillonata, con vestiti da sera e frac che usavano nel secolo scorso. C’è qualcosa che non va, ma sicuramente sono anche io.

Finisce il concerto live. Anche io dopotutto ho ballato, mi sono divertito. Pogato no: non chie-detemi troppo. Commenti: però è antipatico, non ha detto una parola. Ma cosa c’entra? Si do-vrebbe andare al concerto per ascoltare la musica, non le chiac-chere, che può farle chiunque. Eh ma però. Peccato conoscevo poche canzoni. Se ci fate caso, ci piacciono le musiche che già co-nosciamo. Ci piace ripercorrere i sentieri del già noto. Prendete i miei alunni. Io insegno pianofor-te: vogliono imparare a suonare sempre Per Elisa o Titanic. Va bè, è anche normale.

Che dire: abbiate pietà per un povero disadattato musicale. Però, conoscere fa vedere tutto in un’altra luce. Sicuramente la buona musica spesso non fa mol-to per venirci incontro, ma no-nostante tutto accettate questo consiglio: cercate sempre ciò che è bello anche se non è molto di moda, e vedrete che, nonostante tutte le complicazioni che avre-te (vi auguro molto minori delle mie), ne sarete ripagati.

di Daniele Ciullo

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MadreTerraPalmi&Dintorni

Anno II - Nr. 17 - Maggio 2011

PARlANdO di MuSiCA

L’incubo peggiore che potrebbe popolare la nostra fase REM, è quello di sprofondare in mare dopo un naufragio, sentirsi len-

tamente inabissare e svegliarsi miracolosamente, ma completamente solo, su di un’isola deserta. Molti di voi lettori, potrebbero immagina-re che la considerazione iniziale è frutto di una mia recente lettura di uno dei tanti racconti di Edgar Allan Poe, scrittore del mistero, dell’incubo e del terrore ma sbaglierebbero perché il preambolo in-troduce la recensione di un brano dei Police dal titolo Message in a bottle. Datato 1979 e tratto dall’ellepi Regatta de Blanc, il singolo (nei tempi che furono veniva definito 45 giri) ha un ritmo reggae/rock, tipico delle band londinesi dalla classica formazione basso-chitarra-batteria ovvero Sting-Summers-Copeland. Il testo di questa canzone, scritto da Sting mente del gruppo, è davvero speciale e nel suo anno di pubblicazione si piazzò al primo posto nelle classifiche del Regno Unito. Il tutto nasce forse da un’idea tratta dal classico racconto di

Daniel Defoe con la sostanziale differenza che Robinson Crusoe, il naufrago dello scrittore londinese, restò sull’isola ventotto anni ed in compagnia di un indigeno dal nome Venerdì, mentre il protagonista del brano dei Police, che ha come unica amica quotidiana la speranza di tornare nella propria dimora, non abbandonerà mai la sua isola. Una canzone che focalizza nella solitudine una grave problematica, una piaga sociale che fa sprofondare l’individuo nella più cupa ango-scia. Il personaggio principale resta miracolosamente vivo dopo un naufragio e cerca disperatamente di venire in contatto con qualche essere vivente che lo possa aiutare e, per poter riuscire nel suo inten-to, adopera una bottiglia nella quale inserisce un messaggio di aiuto, un SOS al mondo intero affinché non si dimentichi di lui prima che diventi preda della più profonda disperazione. La metafora racchiude la triste realtà di chi, nella vita quotidiana, viene discriminato perché debole, indifeso, complessato e di chi non riesce ad accettarsi perché diverso dai modelli standard che la società impone. In questa fase di massimo sconforto ecco apparire l’isola, punto d’approdo dell’emar-ginato che, nel suo momento più difficile, ascolta l’unico amico che in quel momento gli sta accanto:il silenzio. Il ricordo dell’amore assente e temporaneamente perduto ed il desiderio di rincontrarlo prima o poi, può essere una motivazione per andare avanti e reagire ma, al tempo stesso il pensiero dell’amata tanto sospirata e irraggiungibi-le, può consumare distruggendo il cuore di chi anela. Sulla spiaggia il nostro naufrago, nel ripercorre in tutta fretta le sue orme prima che un’onda le spazzi via definitivamente, si accorge che un numero sterminato di bottiglie come le sue, cento miliardi, sono arenate sul bagnasciuga. In quel momento vive la consapevolezza di non essere l’unico essere vivente in difficoltà e che altrettante persone, ognuna dispersa in un microcosmo solitario, vivono le sue stesse emozioni. Anche se questa è una magra consolazione che non lo trae fuori dalla situazione di disagio, continua fiducioso a sperare che, prima o poi qualcuno, da qualche parte nel mondo, possa leggere il suo messag-gio traendolo fuori dalla morte interiore. E mentre i nostri piedi sono bagnati dall’onda che si ritira prontamente, quasi volesse attirarci a sé, scrutiamo l’orizzonte al tramonto, nella speranza che, per noi naufraghi in questa vita, qualcuno possa aver letto il nostro messag-gio di aiuto.

Message in a bot tle

di Daniele Gagliardo

Just a castaway

An island lost at sea

Another lonely day

With no one here but me

More loneliness

Than any man could bear

Rescue me before I fall in

to despair

I'll send an SOS to the world

I'll send an SOS to the world

I hope that someone gets my

Message in a bottle

A year has passed since I wrote my

noteBut I should have known this right

from the start

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