NUMERO 14 - FEBBRAIO - 2011

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www.madreterranews.it MadreTerra Palmi & Dintorni www.madreterranews.it Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011 PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE OMAGGIO FREE PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - F FREE PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - FREE Paolo Ventrice PALMI, CITTA’ DIGITALE di Nicola Falcheo pag. 22 pag. 4 di Marilù Zaccuri EDITORIALE ROCCO ISOLA PELOROSSO di Saverio Petitto pag. 15 P almi... C ittà d’amare P otremmo parlare di politi- ca, di guerre tra culture e di guerre tra politici e magistra- ti, di Ruby-gate o di Mubarak (zio di Ruby, a sentire il “Berlu- sca”), degli interventi di Obama sul tema Egitto, di Israele, ac- cusato da Gheddafi di manovra- re la rivolta degli egiziani, del- la voracità dei petrolieri (che non vedevano l’ora di altri di- sordini in quelle zone per poter aumentare i loro introiti) della “spada di Damocle” sul canale di Suez, del federalismo appro- vato e non approvato, di Bossi, di Fini, di Berlusconi, di Santo- ro (in perenne battaglia con- tro tutti), di Sanremo, di Belen, dei treni in Italia, dell’Alita- lia, degli aeroporti, del clima, della crisi e... del Sindaco, del Vice-Sindaco (a proposito, au- guri), del consiglio comunale, del BIT, del porto, dell’ospeda- le... Basta!!! Noi oggi parliamo della bellez- za della nostra natura, dell’aria che respiriamo, dei profumi che sentiamo; parliamo di Palmi!!! Il colore del mare, il verde di Sant’Elia, la purezza dell’aria Primavera a Palmi U n profilo di palma incide l’azzurro del mare in fondo alla vita. Il profumo dei glicini in festa inebria e assicura. Un pianto di bimbo un canto di donna e bianca struggente la luce del sole. Felice Badolati la vista di cui godiamo. Parliamo di bellezze, di luce, di arte e di persone. E’ vero, qualche volta Palmi ti dà l’impressione di stringerti in una morsa da cui non riesci ad uscire, un peso che ogni palme- se ha imparato a sostenere ed a superare, ma nulla è compa- rabile ai suoi panorami ed alle persone che la vivono. Tutti noi vorremmo di più ma, spesso, non consideriamo abba- stanza ciò che abbiamo a por- tata di mano; analizziamo, più frequentemente, ciò o colui che non ci piace. I nostri interessi innanzi a tutto, le nostre la- mentele sempre in prima linea. Alcune immagini pubblicate su questo numero, guardandole ti lasciano senza fiato; ti condu- cono in una dimensione irrea- le, ti fanno sentire palmese più che mai e stimolano vene po- etiche dettate da una coinvol- gente Musa che alberga in que- sti luoghi. La poesia in copertina è sta- to un piccolo, innocuo “furto” all’autore ma esprime degna- mente cosa è Palmi e cosa ab- biamo sotto gli occhi. Una pri- mavera perenne!!! EDITORIALE Paolo Ventrice QR CODE per utilizzarlo scarica l’applica- zione per il tuo Smartphone

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www.madreterranews.it Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE

OmaggiO FREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FFREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FREE

Paolo Ventrice

palmi, citta’ digitale

di Nicola Falcheo pag. 22

pag. 4di Marilù Zaccuri

EDITORIALE

ROCCO ISOLA PELOROSSO

di Saverio Petitto pag. 15

Palmi... Città d’amare

Potremmo parlare di politi-ca, di guerre tra culture e

di guerre tra politici e magistra-ti, di Ruby-gate o di Mubarak (zio di Ruby, a sentire il “Berlu-sca”), degli interventi di Obama sul tema Egitto, di Israele, ac-cusato da Gheddafi di manovra-re la rivolta degli egiziani, del-la voracità dei petrolieri (che non vedevano l’ora di altri di-sordini in quelle zone per poter aumentare i loro introiti) della “spada di Damocle” sul canale di Suez, del federalismo appro-vato e non approvato, di Bossi, di Fini, di Berlusconi, di Santo-ro (in perenne battaglia con-tro tutti), di Sanremo, di Belen, dei treni in Italia, dell’Alita-lia, degli aeroporti, del clima, della crisi e... del Sindaco, del Vice-Sindaco (a proposito, au-guri), del consiglio comunale, del BIT, del porto, dell’ospeda-le... Basta!!!

Noi oggi parliamo della bellez-za della nostra natura, dell’aria che respiriamo, dei profumi che sentiamo; parliamo di Palmi!!!

Il colore del mare, il verde di Sant’Elia, la purezza dell’aria

Primavera a Palmi

Un profilo di palmaincide l’azzurro del marein fondo alla vita.Il profumo dei glicini in festainebria e assicura.Un pianto di bimboun canto di donnae biancastruggentela luce del sole.

Felice Badolati

la vista di cui godiamo.Parliamo di bellezze, di luce,

di arte e di persone.E’ vero, qualche volta Palmi ti

dà l’impressione di stringerti in una morsa da cui non riesci ad uscire, un peso che ogni palme-se ha imparato a sostenere ed a superare, ma nulla è compa-rabile ai suoi panorami ed alle persone che la vivono.

Tutti noi vorremmo di più ma, spesso, non consideriamo abba-stanza ciò che abbiamo a por-tata di mano; analizziamo, più frequentemente, ciò o colui che non ci piace. I nostri interessi innanzi a tutto, le nostre la-mentele sempre in prima linea.

Alcune immagini pubblicate su questo numero, guardandole ti lasciano senza fiato; ti condu-cono in una dimensione irrea-le, ti fanno sentire palmese più che mai e stimolano vene po-etiche dettate da una coinvol-gente Musa che alberga in que-sti luoghi.

La poesia in copertina è sta-to un piccolo, innocuo “furto” all’autore ma esprime degna-mente cosa è Palmi e cosa ab-biamo sotto gli occhi. Una pri-mavera perenne!!!

EDITORIALEPaolo Ventrice

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AttuAlitA’ Palmi

Anche quest’anno la città di palmi ha onorato egregiamente il Santo patrono

della polizia locale San Sebastiano, con due giornate ricche di valori e significato. Il gior-no 19 gennaio si è tenuto, presso il grand Hotel Stella maris, il “2° convegno Regio-nale polizia locale e Sicurezza” organizza-to dall’a.N.c.U.p.m. – delegazione calabria, con la città di palmi e la provincia di Reg-gio calabria; l’evento ha avuto un eccezio-nale successo di pubblico vedendo circa 250 operatori di polizia locale nonché operatori di altre forze di polizia gremire la sala con-ferenze, oltre che diversi sponsor ed espo-sitori. dopo i saluti del comandante magg. Francesco managò, vicepresidente della de-legazione calabria, che ha evidenziato la centralità della polizia locale, vi sono stati i saluti del Sindaco Dott. Ennio Gaudio, che ha espresso tutti i suoi apprezzamenti per la riuscita della manifestazione ed ha esalta-to il ruolo e l’importanza della Polizia loca-le sul territorio, dell’Assessore alla Polizia lo-cale Dott. Giuseppe Isola, che ha elogiato il Corpo di Palmi e la sua azione costante, dei consiglieri provinciali Dr.Giovanni Barone e De-metrio Crucitti. A seguire l’importante prolu-sione del Procuratore della Repubblica di Pal-mi Dr.Giuseppe Creazzo, che ha evidenziato la specificità e il rilievo dei compiti di una mo-derna Polizia locale, richiamando tutti ad ope-rare con sempre maggiore professionalità al fine del perseguimento della legalità e del ri-spetto delle regole. I lavori, moderati dal Col.Gianpiero Scaramuzzo, Presidente Regionale A.N.C.U.P.M. e Comandante della Polizia loca-le di Cosenza, e dal Col.Alfredo Priolo, Coman-dante della Polizia locale di Reggio Calabria, hanno visto seguirsi relatori di rilievo nazio-nale e argomenti di grande attualità; il Col.Antonino Borzumati, Comandante P.L. Cini-sello Balsamo (MI) e vicepresidente nazionale A.N.C.U.P.M. ha parlato delle sanzioni accesso-rie ai reati previsti dal C.d.S.; il Col.Antoniet-ta Agliata, vicecomandante P.L. Napoli ha par-lato dell’ambiente nelle politiche di sicurezza e di tracciabilità dei rifiuti; il Magg.Giovanni Centrone, Comandante della P.L. di Acquaviva delle Fonti (BA) ha parlato delle novità in ma-teria di commercio dopo il recepimento delle nuove direttive comunitarie e, infine, l’atteso intervento del Dr.Ambrogio Moccia, Magistrato Ispettore Generale, che ha parlato degli aspet-ti operativi della sicurezza urbana con la con-sueta professionalità e simpatia. L’intero even-to è stato ripreso dalle telecamere della ETP E-FINE, presente con il Dr.Felice Caruso, per essere reso fruibile nella piattaforma e-lear-ning di formazione a distanza. I lavori congres-suali sono terminati intorno alle 18:00 ma la giornata ha proseguito con una visita guida-ta del parco archeologico palmese e con una splendida cena di gala allietata da musica, gio-chi di gruppo e canti alla quale hanno parte-cipato i relatori, circa 150 operatori di P.L., appartenenti alle FF.PP., magistrati. Il giorno 20 gennaio è seguito un incontro con le scuole superiori nell’ambito di una campagna di sen-sibilizzazione sull’uso di alcolici e droghe che la P.L. di Palmi sta portando aventi e, a segui-re, la celebrazione liturgica con la Santa Messa nella Cattedrale, celebrata dal Mons.Silvio Mis-iti, alla presenza delle scuole e del personale in servizio ed il congedo del Corpo. L’evento ha riscosso il plauso delle Autorità e dei parte-cipanti e diverrà certamente un appuntamen-to istituzionale fisso nel panorama delle mani-festazioni cittadine.

SAN SEBASTIANO - PATRONO DELLA POLIZIA LOCALE

A PALMI IL “2° cONvegNO RegiONale pOlizia lOcale e SicURezza”

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AttuAlitA’ Palmi

Il progetto che è stato realiz-zato rientra a pieno titolo nel

disegno di modernizzazione della nostra città, aiutandola a miglio-rare la capacità di essere acco-gliente e fruibile.Quando si parla di wi-fi hot spot,

di internet, di multimedialità, si parla il linguaggio dei nostri gio-vani, degli studenti del nostro tempo, se si considera che ormai la nostra è una società informa-tizzata e miltumediale. D’altra parte questa definizione non può essere considerata solo in chiave di procedure e di strumenti tec-nici oggi utilizzati o da utilizzare, ma assume un significato molto più “forte”, descrivendo con essa una nuova dimensione culturale dalla quale non si può prescinde-re nel processo di crescita e for-mazione dell’uomo, del cittadino e del lavoratore.È importante informare e so-

prattutto educare i giovani alla fruizione ed all’analisi dei sistemi di comunicazione di cui oggi han-no l’opportunità di servirsi, affin-chè possano farne, con atteggia-mento maturo, strumenti efficaci

Il Comune dI PalmI – In CollaborazIone Con TeleCom ITalIa S.P.a. – ha PreSenTaTo Il ProgeTTo “PalmI, CITTà dIgITale “ In una Conferenza STam-Pa aPerTa aI CITTadInI, In ParTIColare a STudenTI, doCenTI ed aSSoCIazIonI, TenuTaSI PreSSo la Sede munICIPale PalmeSe. Con Tale InnovazIone TeCnologICa SI garanTISCe aI CITTadInI Il diritto fondamentale di cittadinanza attiva, offrendo la PoSSIbIlITà dI accede-re gratuitamente ad internet TramITe la TeCnologIa WI-fI.ognI uTenTe In PoSSeSSo dI un dISPoSITIvo mobIle – quale ComPuTer Por-TaTIle o TelefonIno dI ulTIma generazIone – Può CollegarSI lIberamenTe alla reTe e ComPIere quelle azIonI Che normalmenTe Svolge In uffICIo o al ProPrIo domICIlIo.InolTre, rITenuTo quanTomaI neCeSSarIo InveSTIre Sulla SICurezza del Ter-rITorIo e deI CITTadInI, Il ProgeTTo Prevede l’InSTallazIone dI un SISTema dI vIdeoSorveglIanza dI alCune zone “SenSIbIlI” del TerrITorIo Comunale ad InTegrazIone dI quello gIà aTTuaTo Con I fInanzIamenTI Pon SICurezza del mInISTero dell’InTerno.SI aggIunge, CoSì, un ulTerIore TaSSello all’offerTa dI ServIzI al CITTadIno rIlanCIando l’ImmagIne della CITTà e Ponendola Sullo SCenarIo nazIonale ed InTernazIonale Come luogo della “ConoSCenza avanzaTa”.

iNteRveNtO iN cONFeReNza Stampa del cONSiglieRe cO-

mUNale di maggiORaNza (ReFeReNte cOmUNale del pRO-

gettO) e pReSideNte della cOmmiSSiONe peR le paRi Op-

pORtUNita’ avv. maRia lUcia zaccURi:

di studio e di crescita culturale.Il sistema wi-fi, in particolare,

offre pari opportunità per tutti, per i turisti, per i cittadini, so-prattutto per i giovani che voglio-no informarsi, comunicare, vivere la propria città.In tempi brevi, si comincerà a

dotare la città di tali innovazioni tecnologiche a partire da Piaz-za I° Maggio, Piazza Amendola, Piazza Scivola, Villa Comunale e località Tonnara.Un’immagine che mi passa per

la mente è quella di vedere una città in movimento, dove persone che lavorano, ragazzi che studia-no, turisti e visitatori si muovono più facilmente e, aggiungerei, con maggiore sicurezza.Si, perchè investire sulla sicu-

rezza del cittadino è uno degli obiettivi prioritari di questa am-ministrazione e la videosorve-glianza, quale strumento di pre-venzione e di deterrenza dagli atti vandalici e dai reati in gene-re, rappresenta un altro passo in avanti per aumentare la sicurezza e la vivibilità della città. Altri 6 punti sensibili del nostro

territorio – Casa della Cultura “L. Repaci”, Palazzo Municipale, Villa Mazzini, Pozzo di S. Elia, contr.

San Francesco, bivio contrada San Francesco Gonia (quest’ultime due, in particolare, sedi di disca-riche abusive) - verranno dotati di videocamere che riprenderan-no tutto ciò che avviene nel corso del giorno e della notte.È bene evidenziare come tutta

l’intera operazione sia avvenuta a costo zero per le casse comu-nali, in quanto si è contestual-mente proceduto ad una sapiente razionalizzazione delle utenze telefoniche in capo all’ente, ta-gliando i cosiddetti “rami secchi” e pervenendo così da subito ad un notevole risparmio per il bilancio comunale (circa euro 36.000,00 Annui, risparmi che aumentaran-no considerevolmente allo scade-re dell’ultimo canone leasing pre-visto al 30° bimestre). Per tutto questo desidero ringra-

ziare il sindaco e la giunta comu-

di Marilù Zaccuri

nale per avere fortemente voluto questa innovazione tecnologica per il nostro territorio, forte del fatto che puntare sulla tecnologia è una scelta quanto mai vincente; Ringrazio, inoltre, i dirigenti

scolastici, i docenti e i numerosi studenti che hanno preso parte attivamente alla presentazione del progetto. Ringrazio, infine, i dirigenti tele-

com italia ing. Salvatore Santoro e dott. Giuseppe Cortese, insie-me al segretario generale dott. Piero Emilio ed al dirigente dei servizi finanziari dott. Giuseppe Moio che, con meticolosa atten-zione e cura e con spirito di squa-dra hanno effettuato l’imponente lavoro tecnico-amministrativo propedeutico, dando così anche loro un prezioso contributo volto alla crescita della nostra città.

“palmi, citta’ digitale”

progetto Wi-Fi – Hot Spot – videosorveglianza

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AttuAlitA’ Palmi

Il nuovo Comitato Festeggiamenti di San Rocco, presieduto dal Priore prof. Vincenzo Saffioti, con l’autoriz-zazione del Padre Spirituale monsi-gnore Silvio mesiti, porta a conos-cenza della comunità, ai devoti e Confratelli della Congrega di avere

effettuato per la prima volta nella storia, l’inventa-rio di tutto l’oro depositato presso i cavou della ban-ca, dai vari Comitati che ci anno preceduti.Ogni singolo oggetto, è stato fotografato e descritto minuziosamente indicandone il peso, il nominativo del donatore e la data della donazione, ove risultava.La documentazione fotografica dei gioielli, sarà pubblicata nel sito internet dedicato: www.sanroc-copalmi.it, in modo da permettere a tutti i fedeli, anche se residenti all’estero, di poter rivedere gli ex voto donati ai nostri amati Santi protettori. Si ringraziano i carabinieri della Stazione di pal-mi, che con la loro costante presenza sia durante il prelievo che nell’operazione di inventario, hanno assicurato la migliore correttezza dell’operazione.Il nuovo Comitato intende realizzare una teca blin-data, ove esporre ai fedeli, i preziosi donati per voto nel corso degli anni, in occasione dei festeggiamenti di San Rocco 2011.

il priore

Prof. Vincenzo Saffioti

il “tesoro di SaN ROccO e dell’immacOlata”

PREMIO MALAFARINA di Giornalismo, Arte e CulturaXIX Edizione – anno 2011

Menzione speciale ad Oreste Kessel Pace per“la ricerca sul territorio e la produzione letteraria”

Oreste Kessel Pace, giorno 28 gennaio è stato insignito dell’ono-reficenza di Cultura e Giornalismo MALAFARINA, a cura dell’As-sessorato alla Cultura della Provincia di Reggio Calabria.Tale per il l’impegno per la divulgazione storico-scientifica della nostra cultura.

auguri dalla redazione di Madreterra PalMi & dintorni

Foto ENBRAND

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AttuAlitA’ Palmi

Panetterie, rivendite di fiori e di elettrodomestici, pro-

fumerie, erboristerie e abbiglia-mento. Sono migliaia, secondo la Camera di Commercio, i ne-gozi che nel 2010 hanno abbas-sato per sempre la saracinesca a causa della crisi. Problema che ha colpito anche la cittadina di Pal-mi. E’ visibile agli occhi dei passanti, che i negozi chiusi con su scritto «affittasi» non sono più eccezioni anche nelle vie del centro. Un po’ tutti i settori merceologici sono toccati dalla gelata dei consumi. In alcune strade del centro le luci spente dei negozi destano parti-colare interesse agli occhi dei cit-tadini. E’ il caso di Corso Garibal-di, via Roma, via Bruno Buozzi, per fare solo qualche esempio. Per non parlare delle zone peri-feriche dove sono ormai frequen-ti le chiusure. Ogni anno si aspet-tano con ansia i saldi invernali ma si arriva a marzo con l’indice di fiducia familiare in netta discesa.

Probabilmente la responsabilità di questa situazione è della crisi, ma anche dei proprietari dei ne-gozi che strozzano i loro inquilini con affitti che non tengono conto della situazione attuale del mer-cato. I soldi non bastano per pa-gare l’ affitto. Il tunnel della crisi sembra non finire più. Poi va te-nuto conto che, quando si rinnova un contratto, il nuovo affitto re-sterà immutato per anni. Di anno in anno sarà soltanto adeguato all’inflazione. Insomma, vis-to che la crisi non durerà all’infi-nito, il proprietario di un negozio non può rinnovare in perdita per gli anni successivi. Certo una via d’uscita potrebbe essere quella di cambiare le regole e offrire la possibilità di rivedere i contrat-ti d’affitto in anticipo rispetto i tempi.

Nel frattempo, però, i «vuoti» sono particolarmente evidenti e, fattore ancor più preoccupante, sono in continuo aumento. Sem-pre più succede che al posto di un negozio entri la filiale di una banca o lo sportello di un’agenzia finanziaria. Già proprio loro.

I governi di destra e di sinistra che si sono succeduti nulla hanno fatto per costringere le banche e gli altri operatori finanziari a considerare non solo il profitto ma anche la salute delle imprese e il sostegno alle famiglie. Nonos-tante la crisi il governo non ha ritenuto di introdurre neppure un’aliquota minima dell’1% sui profitti delle banche. Incredi-bilmente, infatti, le banche non pagano un centesimo di tasse sui loro miliardi!

Con il loro sistema perverso e usuraio sono responsabili del fal-limento di decine di migliaia di piccole e medie imprese.

Il governo aveva promesso un alleggerimento del peso fiscale; invece, ha nella sostanza confer-mato gli “studi di settore” che costituiscono l’unico caso al mon-do di tassazione in assenza di profitti. Siamo ancora più preoc-cupati dall’accordo Basilea 3 vo-luto dal comitato sulla vigilanza delle banche, in quanto porterà maggiori difficoltà alle piccole e medie imprese e alle famiglie per le quali sarà sempre più difficile accedere al credito. Un governo che tutela gli interessi dei citta-dini avrebbe dovuto opporsi a tali accordi proposti dai potenti.

Ma il problema è relativo (?), perchè «da noi quando un ita-liano chiude c’ è sempre qualche extracomunitario pronto ad apri-re».

La crisi economica che colpisce il nostro Paese nel settore del commercio e la crescente diffu-sione di prodotti stranieri si stan-no manifestando con particolare evidenza nel fenomeno dell’inva-sione cinese.

E’ ormai sotto gli occhi di tutti che la comunità cinese presente nel nostro territorio stia allargan-do la propria influenza rilevando esercizi commerciali acquistate in contanti a prezzo estremamen-te superiore a quello di mercato. Ciò è possibile grazie soprattutto all’enorme forza lavoro a costo zero ottenuta per esempio dai LAOGAI. L’importanza economi-ca dei LAOGAI, per il regime ci-nese, è anche fondamentale per conquistare i mercati stranieri. Nei LAOGAI si produce di tutto: giocattoli, scarpe, articoli per la casa, mobili, elettrodomestici, computer, etc. coprendo ogni

settore merceologico. Ora la pro-duzione non è più solo per il mer-cato interno ma soprattutto per l’esportazione.

I LAOGAI sono delle vere e pro-prie prigioni ma normalmente sulla facciata appare sempre solo il nome dell’impresa.

In Cina vige ancora la dittatura del Partito Comunista e il sinda-cato, in netta minoranza, è anche sottoposto al regime. Di conse-guenza il lavoratore, senza diritti è, quindi, anche senza difesa.

Il Partito Comunista Cinese rap-presenta dunque, il miglior part-ner commerciale per qualsiasi impresa.

Per sostenere questo sistema produttivo, nel 2003, il Ministro della Giustizia Cinese ha elabora-to una serie di leggi per aumen-tare i finanziamenti e gli investi-menti nei LAOGAI.

Oltre ai LAOGAI esistono in Cina diverse “fabbriche-lager”, con paghe ridicole, ferie prati-camente inesistenti, salari paga-ti in ritardo e licenziamenti per negligenze sul lavoro. Almeno l’80% della popolazione cinese è sfruttata nelle “fabbriche-lager”, nelle campagne o nei LAOGAI.

Ecco spiegata la così tanto in-vidiata “competività cinese”, che nasce principalmente dal lavo-ro forzato e dallo sfruttamento umano portando così ad una Cina ricca ma ad un popolo cinese po-vero.

Secondo il rapporto annuale 2006 di Amnesty International in Cina sono impiegati torture e maltrattamenti quali “calci, per-cosse, scosse elettriche, sospen-sione per gli arti superiori, inca-tenamento in posizioni dolorose e privazione del cibo e del sonno”.

Uno dei tanti testimoni di que-ste barbarie è Harry Wu, che nel 1960, quando era studente all’U-niversità di Pechino, fu arrestato perchè cattolico e considerato “controrivoluzionario di destra”. Venne detenuto per 19 anni nei LAOGAI senza essere sottoposto a processo. Riuscì ad emigrare ne-gli USA nel 1985 e fondò la LAO-GAI RESEARCH FOUNDATION.

Il racconto di quei 19 anni è raccolto in Bitter Winds (1994), memoria delle sue esperienze nei LAOGAI (edizione italiana: Contro rivoluzionario. I miei anni nei Gu-lag cinesi, Edizioni San Paolo).

La totale assenza di disciplina e controllo delle Istituzioni nel mo-nitorare una comunità che agisce al di fuori della Legge per ciò che concerne la tutela del Lavoro, la qualità dei prodotti, etc., rende pressochè invincibile la concor-renza cinese, creando una situa-zione drammatica per i commer-cianti nostrani.

Bisogna schierarsi a favore del-le aziende italiane e mettersi all’opera per tutelare l’economia cittadina e nazionale lanciando una massiccia campagna di boi-cottaggio dei negozi e dei pro-dotti cinesi.

E poi finiamola di dare sempre la colpa solo al sindaco, ma pren-diamocela con tutto il sistema politico che da anni ci governa.

di Demetrio Baronetto

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Punti di vistA

La cronaca ci regala un fatto incredibile, a un mese dalla

celebrazione del 150 anniversario dell’Unità d’Italia. Il Sindaco di un comune del trevigiano, Riccardo Misiato, dovendo pubblicizzare

un incontro, con tema la raccol-ta differenziata, fa stampare un volantino nel quale la rappresen-tazione del cestino dei rifiuti già contiene la sagoma della Cala-bria. Molti sono stati i segnali di reazione sottolineati da testate della carta stampata e televisive, bloggers, ecc.. Anche nell’ambito dell’imprenditoria turistica, che più di tutti punta sull’immagine della nostra terra, Enzo Barbieri, imprenditore alberghiero, esper-to enogastronomico, nonché as-sessore al Turismo di Altomonte, paese che vive prevalentemente di turismo, ha voluto dare diret-tamente, da parte sua, un segna-le provocatorio con una puntuale ripicca: l’invito e l’impegno a non utilizzare prodotti di provenienza veneta. «Sono davvero indignato come calabrese, come ammini-stratore e come imprenditore», dice Barbieri.

Lia Rossetto, Assessore alle Politiche Sociali e alle Politiche Giovanili, del Comune di Spre-

siano risponde con un’e-mail a quelle di Barbieri: “Gent.le Dott. Barbieri, eccole i volantini che abbiamo distribuito alla popola-zione, sia a Giugno 2010 (primo evento programmato) sia la scor-sa settimana.

Confido nella sua comprensione globale, non parziale, come han-no proposto i media, dell’inizia-tiva.

La polemica è nata da una se-gnalazione anonima ai giornali locali di un solerte cittadino; cre-do che se questo cittadino a me sconosciuto si fosse rivolto alla sottoscritta con la medesima se-gnalazione, non avrei esitato un secondo a cambiare il logo. Con la stima più assoluta”, bla… bla… bla…

Misiato invece dice: “credo che abbiano messo un’immagine a caso, tirata fuori da internet per fare prima, non ce l’abbiamo ne con la Calabria né con i calabresi, popolo fratello”, ha giurato.

Come dire: “Siamo talmente

Una calabria da buttare?

La Redazione

ignoranti da non aver riconosciu-to la sagoma della Calabria ripor-tata nel disegno”. Un evidente caso di asineria il non riconosce-re il profilo della Regione che ha dato il nome alla Nazione e che ha incivilito Roma e i Galli, … che, per ultimo, ha dato un contributo decisivo per la vittoria nella Pri-ma Guerra Mondiale: basterebbe avvicinarsi ai nostri monumenti ai caduti per averne un esempio.

E pensare che nel trevigia-no fino all’altro ieri si moriva di fame; si era costretti ad emigrare al pari dei meridionali. Solo che questi l’hanno fatto solo dopo essere stati “conquistati” dai piemontesi, con l’Unità d’Italia, mentre i veneti lo facevano mol-to prima.

E meno male che Misiato non è neanche leghista. Guida una lista civica, sostenuto perfino dal Pd. Ha l’età matura del severo pa-dre di famiglia e l’orientamento moderato, un grande senso della responsabilità, assoluto spirito ci-vico e amore indiscutibile per la Patria, dice lui.

Da parte nostra potremmo dire, per consolarci, che se da come risulta, il volantino è stato realizzato a favore della raccol-ta differenziata, la Calabria non si troverebbe tra i rifiuti, ma tra le risorse utili e preziose, da non buttare via, ma, anzi, da recupe-rare e riportare a nuova vita!!!

Il sindaco, e la sua comunità, comunque, ha fatto la sua “bel-la” figura!

Il sindaco di Spresiano

Vincenzo Barbieri

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

Punti di vistA

Da più di vent’anni la televisione berlusconiana, rovesciandoci addosso quantità industriali di autentica spazzatura con prog-

rammi come Drive in e Colpo Grosso, passando per le varie Isole di personaggi più o meno famosi, tra una Pupa e un Secchione fino al Grande Fratello, supremo vertice dell’idiozia collettiva, ha raggiun-to un unico obiettivo: attuare una vera e propria decerebrazione di massa sedando, con immagini esplicite di ammiccanti corpi femmini-li, anche le menti più eccelse. La Rai, per non restare indietro, si è dovuta adeguare e il risultato è su tutti i giornali: il fango in cui oggi rotola la maggior parte delle donne che occupa le pagine della crona-ca di questi giorni. Come si poteva pensare che anni di estenuante e martellante educazione alla futilità, al voyeurismo, alla libidine non avrebbe portato le sue conseguenze sulla nostra società? Nelle teste dei nostri giovani è passata, pian piano l’idea che usare il proprio cor-po per ottenere favori, per concedersi un capo firmato o aprirsi una strada sicura nel bel mondo, sia una cosa normale, giusta. Ma la cosa che fa più ribrezzo è sapere che i genitori, i fratelli di quelle donne che vendono il proprio corpo non ne siano scandalizzati, ma addirit-tura ne incoraggino l’andazzo “purchè si porti a casa qualcosa”. Lo squallore si spinge fino ad augurarsi che la propria figlia minorenne o poco più, possa diventare la nuova“fidanzata del premier settanten-ne”. Emerge un quadro di una società malata, dove l’annientamento dei valori e la corruzione dei costumi viene perpetrata proprio da colui che dovrebbe avere più cura delle nuove generazioni e avrebbe dovuto garantire loro un futuro migliore occupandosi delle loro menti più che del loro corpo. Le donne che lavorano, che faticano ad arri-vare alla fine del mese, che si occupano della famiglia con dedizione e con sacrificio, quelle che sono precarie, cassaintegrate, che non vanno mai nei salotti dei talk show perché non “fa audience” ma che sono in prima linea perché i diritti di tutte non siano calpestati, quelle donne oggi sono stanche, offese e indignate per il danno per-petrato alla loro immagine, al decoro e al loro onore. Lo stile di vita, la filosofia e i modi del nostro Presidente hanno reso ridicolo il nostro Paese di fronte a tutto il mondo e hanno inferto una ferita profonda a tutte quelle donne italiane (che, grazie a Dio, ancora esistono) che cercano di affermarsi con le proprie capacità, senza utilizzare sordide scorciatoie ma scegliendo percorsi professionali e di vita con dignità, impegno e serietà. L’atteggiamento delle nostre rappresentanti poli-tiche, donne anch’esse, che giustificano l’harem del sultano, che lo sostengono senza avere un rigurgito di pudore, di decenza, mortifica ancora di più tutte le donne che hanno combattuto per vedersi rico-nosciuto il diritto alla parità e alla libertà sessuale.

Credo sia arrivato il momento di reagire ad un modo di far politica che utilizza in modo strumentale il corpo delle donne, che propo-ne uno stereotipo femminile umiliante, che dà in pasto ai Gheddafi o Putin di turno stuoli di soubrette come fossero un prodotto com-merciale. Credo sia necessario riappropriarsi delle proprie posizioni all’interno dei partiti politici, delle associazioni, dei mass media e adoperarsi per diffondere e valorizzare altri modelli femminili, pro-porre valori positivi basati sul merito, sulla cultura e sul sapere.

Dobbiamo intervenire come madri, come insegnanti, come adulti seri a far comprendere ai nostri ragazzi che la dignità, il rispetto e la libertà della donna sono valori e diritti conquistati lottando contro un sistema e un pregiudizio che voleva ancora le sue vittime e le sue schiave e che pertanto, tali diritti vanno difesi e alimentati.

Dobbiamo ribellarci al modello berlusconiano fondato sull’immagi-ne e sull’apparire che condiziona le nostre scelte di vita, che induce a comportamenti basati sul facile successo, che considera la donna come un oggetto di piacere con funzione di sollecitazione sessuale (durante il riposo del guerriero), che legittima l’idea che la realizza-zione della donna passi inevitabilmente dalla ricerca della perfezione estetica e che la bellezza sia un acceleratore di carriera.

Ora basta! Siamo stanche di tutto questo “ciarpame senza pudore”, siamo stufe di vedere veline sculettanti che costruiscono le loro car-riere compiacendo il “Maschio”. E’ ora di reagire, come donne, come cittadine, come madri! Immagini con espliciti richiami sessuali della nuova campagna pubbli-

citaria di Sisley che apparivano nei cartelloni stradali di molte città d’Italia.

Mara Carfagna, Ministro per le Pari Opportunità, mostra alle donne del meridione la via per l’emancipazione. La foto, fortemente evoca-tiva, la mostra nell’atto di scalare il muro del maschilismo che frena il successo femminile.

Ora basta!di Nella Cannata

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storie di vitA

In questo articolo non si rac-conta una favola, anche se gli

elementi ci sono tutti, compreso il lieto fine e … “vissero tutti felici e contenti”, ma la storia di Silvana, la nostra protagonista, nata da una donna che le dato la vita ma, che in realtà, non è diventata mai la sua vera mamma nel senso autentico e profondo del termine: non ha mai ri-cevuto quell’ amore materno inteso come amore altruistico, in cui uno ha bisogno di aiuto, e l’altro dà in-condizionatamente, trasformandolo così nella più alta forma d’amore e nel più sacro tra i vincoli affettivi; tutto questo non è accaduto per una serie di motivi, difficili da capi-re e da spiegare, ma per certi versi comprensibili, quando tutto questo avviene in un piccolo paese del sud più di cinquant’anni prima e, dove la ragazza in questione è una ra-gazza-madre e un tale avvenimento avrebbe creato non poco scandalo per la società dell’ epoca. Silvana ha trascorso i primi due anni della sua vita in orfanotrofio, perché nel frattempo la madre era stata allon-tanata dal paese e mandata in Bel-gio. La bambina successivamente è stata adottata da quelli che poi, in realtà, sono diventati i suoi veri genitori, Rosaria e Vincenzo, che come ogni mamma e papà hanno preparato un posto nel loro cuore e le hanno insegnato a vivere, fino alla loro morte, avvenuta poco tempo fa. Genitori che, Silvana ha sempre considerato i propri, fino a quando, all’asilo all’età di tre anni, qualcu-no incomincia ad insinuarle qualche dubbio, ma è ancora troppo piccola per capire bene qualcosa più grande di lei, che poi, più avanti negli anni, diventerà sempre più un pensiero fisso, ricorrente, che l’ accompa-gnerà per tutta la vita, crescendo con lei, fino a diventarne certezza a diciotto anni, quando sa di essere stata adottata. Di tutto questo non ne parlerà mai con i suoi genitori, che in realtà, mai le hanno rivelato la verità. I dubbi sono tanti e, tante le sofferenze che deve tenersi per sé, dentro, perché non vuole tradire o ferire i suoi genitori, che la ama-no. Per Silvana il loro amore è stato un dono, perché l’adozione di un fi-glio è un atto di amore, di affetto, di tenerezza e generosità anche se, non privo di difficoltà ed incognite. Intanto gli anni passano e nel frat-tempo Silvana si sposa, ha dei figli ma il desiderio di sapere chi è la sua vera madre, di conoscere il motivo del suo abbandono, è sempre vivo e presente in lei, è come un tarlo. Inizia per conto suo una serie di ricerche, lunghe, pazienti, difficili che, circa quindici anni fa la porta-no, finalmente, a conoscere la vera identità della madre; conosce tutto di lei, nome, cognome, luogo e data di nascita ma, soprattutto sa dove abita, Bruxelles. Tutta questa ricer-ca è, per Silvana, come un viaggio

GLI INDISSOLUBILI LEGAMI DEL CUORE“Il cuore di una madre è un abisso in fondo al quale si tro-va sempre il perdono.”

Honorè De Balzacideale intrapreso a pochi anni

dalla sua nascita e mai interrotto. La gioia e il desiderio di ritrovare un pezzo delle proprie radici e di riappropriarsi delle proprie origini è così forte in lei che la portano persino, a rivolgersi al programma televisivo di Maria De Filippi “C’è posta per te”, ma senza ottenere ri-sultati concreti; dal programma non le faranno mai sapere nulla. Decide allora di recarsi , accompagnata dal figlio, da questa signora a Bruxelles, con un motivo qualsiasi. E’ una vi-sita formale fatta, peraltro, senza approfondire certi discorsi, ma cer-cando, allo stesso tempo, di carpire notizie utili riguardo alla vita della signora che, nel frattempo si era sposata con un italiano conosciuto lì, aveva avuto un’ altra figlia, era diventata nonna, era vedova, ma soprattutto non è mai più ritornata in Italia, dove tra l’altro non aveva che dei lontani parenti. Silvana de-lusa, riparte senza lasciarle né indi-rizzo, né numero di telefono. L’in-contro con la madre naturale scate-na in lei un coacervo di sentimenti, emozioni, stati d’animo ma anche domande. Come può una madre di-menticarsi di una figlia? Come si fa a rimuovere un simile avvenimento? A queste domande non riesce a trova-re una risposta razionale, plausibi-le. Ma il legame tra una mamma ed un figlio è un legame infinitamente speciale e profondo da non poter essere ignorato o tantomeno accan-tonato, perché ci coinvolge psico-logicamente, spiritualmente, fisica-mente. Intanto, la vita per Silvana continua come sempre, diventando persino nonna. Ma accanto alla vita quotidiana fatta di problemi, gioie, preoccupazioni, per lei, ne esiste un’altra, parallela alla prima, di speranze, dubbi, desideri, paure. Dopo circa sei mesi dall’incontro avvenuto a Bruxelles, prendendo il coraggio a due mani, decide di scrivere una lettera chiarificatrice alla madre, facendosi aiutare per la traduzione in francese, nella quale, racconta tutta la sua vita, la sua storia fino al momento dell’incontro avvenuto sei mesi prima e spiegan-do proprio il vero motivo di quella

sua visita. Alla lettera, dopo qual-che giorno, segue una telefonata della madre, nella quale, si chiari-scono molti dubbi, tra i quali, uno, forse il più importante e che spiega molte cose a Silvana, quello che più d’ogni altro risponde alle sue do-mande: dopo il parto, i genitori ave-vano fatto credere a sua madre che la bambina fosse morta; da qui poi, tutta una serie di avvenimenti, la partenza per il Belgio, la costruzio-ne di un’altra famiglia alla quale non aveva mai rivelato la sua vera storia e la sua permanenza a Bruxelles da circa cinquantadue anni, senza mai più fare ritorno in Italia. La madre, accetta molto bene tutta la situa-

zione, accogliendo con grande gio-ia ed entusiasmo la figlia ritrovata, ospitandola l’estate scorsa insieme al marito a Bruxelles, e successiva-mente, sentendosi per telefono ogni qualvolta ne sentono il bisogno. E’ l’amore di una figlia verso una ma-dre così a lungo cercata che, rac-chiude in se il richiamo del sangue. A questo punto potremmo tentare di domandarci cosa sia il richiamo del sangue, ma la risposta sarebbe senz’altro, una soltanto: solo e puro sentimento. Il viaggio di Silvana si è finalmente concluso, la sua vita è ri-cominciata, ristabilendo un rappor-to importantissimo, viscerale che le ha ridato le radici e le ali.

di Cettina Angì

Palmi, 20 maggio 2010Cara Sig.ra ConcettaSto bene e spero che anche voi lo stiate. E’ stato un gran piacere per me di conoscerVi perché conoscendoVi, ho conosciuto la mia vera madre, anche se lo negate. Ho saputo la verità all’età di 3 anni e da quel momento la mia vita non è più stata la stessa.Il 26 agosto prossimo avrò 52 anni e tutti i giorni della mia vita non ho fatto altro che pensare alla mia vera madre e chiedermi perché mi aveva abbandonata.Sono venuta da voi per conoscere la ragione di questo gesto. Non Vi ho mai giudicata. Anche se non Vi conoscevo, Vi ho amata lo stesso e Vi amerò sempre.La mamma che mi ha adottata mi ha amata ma non era l’amore di una vera madre. La mia vita è stata piena di sofferenze perché i genitori di mio padre e di mia madre adottivi non mi hanno mai amata. Anche i genitori di mio marito sono stati duri con me. Vi prego di ripensarci e di dire la verità ai vostri figli: credo che ca-piranno.Vi mando il mio numero di telefono ed il mio indirizzo. Potrete cosi chiamarmi o scrivermi.Vi abbraccio affettuosamente. Vostra Silvana

Silvana, con le compagne all’orfanotrofio.

Silvana, con la madre naturale.

Lettera spedita da Silvana alla madre naturale.

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

Punti di vistA

Faccio parte di un’associazione che dal 1985 sta sviluppando un progetto culturale ed operativo che ha come primo obiettivo il recupero sociale ed economico dell’Aspromonte e del territorio di Palmi in particolare attraverso la pratica dell’escursionismo, la branca più sensibile e colta del cosiddetto turismo naturalistico.Sono oltre 20 milioni gli escursio-nisti in Europa di cui tre milioni in Italia.Un esercito pacifico, in continuo movimento che anima gli angoli più remoti del continente, favo-rendo il diffondersi ed il conso-lidarsi di una economia di mon-tagna che ha i suoi punti di forza nell’esaltazione delle risorse na-turali e nel recupero delle genui-ne tradizioni dei luoghi.Tuttavia il fenomeno dell’escur-sionismo, con tutte le sue impli-cazioni di ordine economico e sociale, non riguarda, come molti pensano, le sole aree montane e collinari che rimangono tutta-via di gran lunga le più preferite, ma anche quelle marine, purché dotate di alcune irrinunciabili ca-ratteristiche quali l’integrità fisi-ca e culturale del territorio l’ot-timale articolazione del sistema di accoglienza, la diversificazione dell’offerta turistica.C’è, infatti, una sostanziale dif-ferenza tra l’escursionismo in ambiente montano e quello in ambiente marino: nel primo caso siamo in presenza di vasti ter-ritori, naturalmente attrezzati, pronti ad accogliere chi con zaino in spalla e sorretto da una forte cultura ambientale percorre sen-tieri di montagna per godere, in maniera completa, della natura incontaminata, delle tracce che l’uomo ha lasciato in secoli di sto-ria, dei piaceri delle tradizioni e della buona cucina; nel secondo caso, invece, le zone di particola-re pregio naturalistico, dedicate all’escursionismo in senso stret-to, sono piccole isole immerse in aree pesantemente antropizzate e quasi sempre impreparate a fronteggiare la domanda di natu-ra, cultura e svago.Palmi per la sua peculiare ed unica collocazione geografica ha una costa incontaminata rocciosa “amalfitana” che si distende dallo scoglio dell’ulivo fino a Bagnara, una spiaggia lunga ed immacolata da Pietrenere fino al Petrace da poter utilizzare per nuovi inse-diamenti turistici lidi e camping, una spiaggia caratteristica e ma-rinara con un porto da far decol-lare, una campagna verde piena di secolari ulivi, e soprattutto il tracciolino una piccola traccia che pedemontana unisce Palmi a Bagnara e soprattutto Palmi al Sant’Elia, porta naturale dell’A-

spromonte.Ed ecco il tracciolino!Sarò un fissato idealista ma tutte le mie idee per lo sviluppo di Pal-mi passano attraverso questa pic-cola traccia,mondo meraviglioso ed incontaminato a pochi passi dalla Piazza 1° Maggio, dove ho visto una volpe, una coppia di germani e dove gli adorni nume-rosi dopo volute di saluto si diri-gono verso lidi lontani.Percorrendo il tracciolino ho sco-perto un facile arrivo al mare e quindi si può soddisfare un trek-king montano ed uno marino.Mi chiedo come si possa rea-liz-zare questo mio anelito se, per-correndo da poco il tracciolino fatto oggetto di una considere-vole spesa per la messa in sicu-rezza, mi accorgo che nel punto chiave, dopo possono precipitare i massi verso la Marinella, la rete di protezione é stata mal messa e numerosi massi, pietre erratiche occupano di nuovo il cammina-mento.Lavoro di Tantalo che non possia-mo più tollerare.Abbiamo i tempi brevi di ritardi ancestrali, colpa del nostro indi-vidualismo e del sentire che altri devono fare.Cosa penseranno i pochi tedeschi che ripercorreranno come adorni questi territori in maggio-giugno, che il loro passaggio è stato poco significativo per noi e che li ab-biamo dimenticati?In attesa che il Comune di Pal-mi presenti un piano di sviluppo per il Bit di Milano ho illustrato in sala consiliare le mie idee che sono state valutate fumose e di-spersive.In una richiesta di sintesi formulo il mio programma in pochi pun-ti senza essere polemico e con il desiderio di collaborare in vista una possibile realtà di era turisti-ca che ci coinvolge.Non é questione di risorse, ma é piuttosto questione di volontà unita alla capacità di progetta-re il futuro avendo ben presente che, per l’avvenire, i fruitori del territorio non saranno più turisti di ritorno, ma turisti consapevo-li, poco disposti a sopportare il pressappochismo che contraddi-stingue la nostra offerta turisti-ca.- Si parte quindi dal parco del tracciolino che deve iniziare da Taureana e arrivare fino alla casa Repaci, punto nodale organizza-tivo e culturale,quindi ci si può dirigere verso il teatro all’aperto, per poi risalire in alto fino alla Casa della Cultura la pinacote-ca ed il museo del folklore e da questo centro strategico, dopo un centinaio di metri giungere al tracciolino, percorrere il sentiero che porta al Centro Emmanuel e alla cantina Impiombato Ambe-si, ed arrivare in cima al monte Sant’Elia, porta dell’Aspromonte,

quindi dalla scalinata delle Tre Croci ritornare a Palmi.Il Parco ha bisogno di poche cose che enumero ed invito altri ad immaginare nuove prospettive di sviluppo e a comunicarle: Siste-mazione del tracciato da Palmi fino a Bagnara con metodi rigoro-samente tradizionali.Utilizzo di ingegneria naturalisti-ca.Allestimento di sentieri che scen-dono fino al mare.In punti strategici posizionare tre cannocchiali che consentano di vedere la Sicilia e le isole Eolie.Ripristinare la chiesa della Ma-donna delle nevi ed opifici adia-centi.Realizzare una sala multimediale che proietti filmati commentati sulle risorse e bellezze del nostro territorio, realizzare in prossimi-tà di quest’ultima il museo della pesca del pescespada e il museo della ceramica.Istituire una cooperativa per la gestione del parco. Istituire una scuola di Trekking e di ferrata in alcuni punti del trac-ciato prendendo come esempio, poiché naturalisticamente a noi

vicini, la riserva dello Zingaro e le Cinqueterre.Predisporre un piano comunale per la realizzazione di un pro-getto turistico, da realizzare da Pietrenere fino al Petrace, affi-dando a cooperative di giovani la gestione di camping-ristoranti e pizzerie, lidi attrezzati ed in si-curezza.Ridare vita alla Tonnara ed al porto creando un villaggio turis-tico accogliente e vivibile in tut-te le ore del giorno e della notte con comunicazioni facili con la cittadina di Palmi e realizzare strutture che possano paragona-re le nostre a quelle di Calvi in Corsica.Permettere a cittadini con case di proprietà, dalla Marinella alla Tonnara nell’area costiera, sfitte nel periodo estivo e quindi inu-tilizzate, di potersi unire in rete per aumentare la ricettività del posto.Predisporre con il servizio PPM nel periodo maggio-settembre un collegamento giornaliero che permetta ai turisti dell’area di Tropea di visitare le nostre zone e viceversa.

tURiSmO a palmi . Quale futuro ?

di Gianfranco Lucente

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12Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

Punti di vistA

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno II - Numero 14 - Febbraio 2011 Direttore respons.: Francesco Massara

Coadiuvatori: Paolo Ventrice Andrea Ortuso

Collaboratori di REDAZIONE Lucia OrtusoSaverio PetittoCettina AngìGiovanni BruzzeseNella CannataGiuseppe CricrìEditore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Tel./Fax - 0966 1945480 - 0966 1940380Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: A.Ortuso - W. Cricrì - P. Ventrice

Impaginazione grafica: Paolo Ventrice

Progetto e cura sito web:De Francia S.- Galletta D. - Ortuso L.

Stampa: Grafiche Pollino - Castrovillari

Distribuzione gratuita fuori commercio

ASSOCIAZIONE CULTURALE MADRETERRA

La direzione non risponde del contenuto degli articoli firmati e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti, degli intervistati e per le informazioni trasmesse da terzi.Il giornale si riserva di rifiutare qualsiasi inserzione.Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.I diritti di proprietà artistica e letterariasono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.L’associazione si riserva il diritto di non pubblicare le inserzioni e le comunicazioni pubblicitarie degli inserzionisti che:1. Siano contrarie agli interessi della asso.2. Violino le disposizioni vigenti in materia di diritto d’autore3. Contengano informazioni fuorvianti e scorrette4. Non rispondano ai requisiti minimi di impaginazione professionale5. Non siano pervenute nei termini concordati6. Siano state fornite in modo incompletoIn tutti i casi l’associazione non è responsabile per il contenuto di dette inserzioni e comunicazioni.

di Mario Idà

Il 2011 è l’anno dedicato alla celebrazione del 150° anni-

versario dell’Unità d’Italia. Sarà un momento importante di vita comu-nitaria, perché si tratta di una ri-correnza fondamentale della nostra storia. Si deve infatti ai Padri del nostro Risorgimento, quali furono Vittorio Emanuele II, Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, se la nostra patria tornò ad essere dopo molti secoli una, libera e indipendente. A questo traguardo si arrivò non sol-tanto attraverso la diplomazia, ma soprattutto con il sangue versato dai patrioti che, con il loro sacri-ficio, resero possibile il ricongiun-gimento di tutti gli italiani sotto la bandiera tricolore. Per questa ra-gione il ricordo di quei fatti lonta-ni serve non solo a riattualizzare il legame con i nostri grandi antenati, ma - al tempo stesso - a pacificare gli italiani, molti dei quali sembrano oggi anelare non all’unità, ma pur-troppo alla divisione e alle contrap-posizioni frontali. Questo evento, infatti, per un capriccio del Fato cade in un periodo di forte turbo-lenza politica, caratterizzato, da un lato, dalla squallida vicenda giu-diziaria che interessa il Presidente del Consiglio dei Ministri con gravi e allarmanti ricadute sui rapporti tra potere politico e potere giudiziario e, dall’altro, da una progressiva dia-spora di gruppi parlamentari, che nascono l’uno dalla costola dell’al-tro con motivazioni di scarsa o nul-la credibilità. Il sistema si è a tal punto frammentato in un coacervo di micro-partiti antagonisti che per-seguono i loro temporanei interes-si, palesandosi agli occhi dei citta-dini in tutta la sua debolezza e qua-si prossimo all’implosione. A questi fattori di disgregazione politica se ne aggiungono purtroppo altri che - per diretta conseguenza - riguarda-no la società civile, la quale sembra sempre più orientata a perseguire semplicemente il proprio tornacon-to, restando indifferente ad ogni azione mirata a raggiungere il bene comune. Davanti a questo scenario inquietante, la celebrazione di que-sto evento cruciale della nostra sto-ria è necessaria per una riflessione non retorica sul destino della nos-tra Patria, che appare oggi all’evi-denza dei fatti assai problematico. Ora non c’è dubbio che un popolo, che voglia essere autenticamente tale, per guardare con fiducia al futuro deve gettare sempre uno sguardo al suo grande passato, per trovare – pur nelle difficoltà del suo momento storico - la spinta per an-dare avanti e progredire con il con-tributo di tutti i cittadini. Se questa aspirazione all’unità del popolo ita-liano - pur nella legittima diversità delle concezioni politiche - diven-tasse realtà, le forze centrifughe e malsane che agiscono ormai indis-turbate sarebbero sconfitte e prive di ogni legittimazione. In questo senso, quindi, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia deve diventare occasione di una riflessione a più voci sul destino del nostro popolo, che ha dato in passato prova di es-sere faro di civiltà e di cultura.

I 150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA

Walter CricrìSalvatore De FranciaDario GallettaClaudia GarganoLaura GiustiTeresa Laganà

QR CODEper utilizzarlo scarica

l’applicazione per il tuo Smartphone

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

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Dal 3 gennaio il nuovo siste-ma di compartecipazione

alla spesa sanitaria sta creando in tutta la Calabria confusione e tensione tra cittadini tra questi molti anziani.

Gli operatori delle Aziende Sanitarie sono presi d’assalto da folle di lavoratori e pensionati ar-rabbiati e preoccupati per i costi che dovranno sostenere per rice-vere cure essenziali.

I medici di famiglia ed i pedia-tri che dovrebbero indicare sulla ricetta prescrittiva il codice di esenzione hanno elenchi infor-matici non aggiornati.

Nell’incertezza dei dati manda-no gli assistiti ai Distretti Sanitari di competenza.

I Distretti per smistare le inter-minabili file mandano i cittadini ai Patronati e ai Caaf scaricando loro competenze che non hanno se non, per dare informazioni di orientamento come stanno fa-cendo con grande responsabilità e buon senso.

Intanto vengono segnalati casi di faccendieri che speculano sul-la confusione creata negli uffici chiedendo soldi in cambio della compilazione dei modelli di esen-zione.

E’ il Caos! E’ il risultato di non aver ascoltato le sollecitazioni a convocare subito un tavolo tra Di-partimento e Sindacato per supe-rare le contraddizioni del decreto e introdurre elementi di equità e sostenibilità delle misure di com-partecipazione alla spesa sanita-ria.

cosa cambia sui ticketil decreto n. 19/2000 introduce nuovi criteri per ticket su pre-stazioni e farmaci.Sino a fine dicembre 2010 il re-golamento sui criteri per l’ac-cesso a prestazioni e farmaci prevedeva esenzioni per pato-logie e per reddito certificato dall’iSee.era esente qualsiasi cittadino residente (occupato, disoccu-pato, inoccupato o pensionato) e ogni componente del proprio nucleo familiare se con reddi-to iSee non superiore a 10.000 euro.esempio: Nel caso di nucleo familiare di 5 componenti (2 coniugi + 3 figli) sino a circa 30.000 euro di reddito com-plessivo irpef, ogni componente era esentato dal pagamento del ticket.

TICKET

Servizio Sistema calcolo costo per intervento a carico dei trasportati

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A forfaitA Km – minimo 10 massimo 100 Km

Tasse di viaggioPer viaggi lunga percorrenza

Costo personale per ogni ora con velocitàA 60 Km/h per ogni ora d’intervento

Per ogni ora d’interventoo manifestazione (+ diritto fisso)

Chiamata fissa € 25,00€ 0,26 a Km

Spese pedaggio, tasse, ecc.Vitto e alloggio per personale del mezzo

Operatore tecnico-autista € 22,00Infermiere professionale € 25,00Medico € 65,00

Operatore tecnico-autista € 12,00 + IvaInfermiere € 16,00 + IvaMedico € 30,00 + Iva

Elisoccorso Chiamata fissa Chiamata fissa € 100,00Costo a minuto A minuto € 86,00Per soggetti iscritti al SSN caso ricovero improprio € 800,00 *

Rilevato da equipaggioO di procurato allarme

Per immigrati Costo complessivo sino a max € 3.500,00 *Per medico se richiede trasferimento secondarioda ospedale a ospedale

Pagato da medico € 800,00

dal 1° gennaio 2011

dal 2011 non è più cosìdal 2011 sono esenti per reddito solo:

* in caso di trasporto plurimo le somme vengono pagate per intero da ogni soggetto. in caso di decesso del paziente non è dovuta alcuna somma.

Siamo alla Sanità della paura!un cittadino che non ha soldi, per non pagare l’ambulanza o un intervento di elisoccorso deve solo morire, che vergogna!

i nuovi criteri di compartecipazione alla spesa eSclUdONO dall’esenzione a prescindere dal reddito, qualsiasi lavoratore, inoccupato e numerosi pensionati.Il Decreto inoltre NON definisce l’esenzione per i soggetti cassintegrati, in mobilità, in percezione di ammortizzatori sociali, LSU ed LPU.Oltre ai ticket sul sistema di Pronto Soccorso, il Decreto 38/2010 definisce le Tariffe per le prestazioni dei servizi di emergenza richiesti tramite centrale Operativa 118, mezzi di tra-sportosanitario (automediche, ambulanze e elisoccorso) e non seguiti a ricovero.

A cura della segreteria SPI - CGIL del Comprensorio della Piana di Gioia Tauro

E’ il caos, in fila tra rabbia e tensione

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14Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

Punti di vistASpett.le redazione MADRETERRA

L’interesse e la piacevolezza di una

testata giornalistica è data dal taglio che gli editori vogliono dare ad essa, conseguente-mente dagli argomenti trattati, dalla capaci-tà informativa dei sin-goli articolisti e la loro preparazione pro-fessionale e culturale.“Madreterra” sin dal

primo numero ha dimo-strato apertura e capa-cità di coinvolgimento dei più diversi attori presenti sul territo-rio palmese che hanno aperto una finestra più ampia non solo sull’at-tualità locale ma anche sulla storia e patrimonio culturale di Palmi con le sue innumerevoli perle, vanto della Città nel mondo.Ci è stato gradito, come discendenti del pittore Au-

gimeri, l’articolo uscito sul numero di gennaio 2011; non è il primo (vedi articolo a firma di Achille Cofano n° 0 – dic 2009) ma sicuramente un’altra finestra aper-ta sull’indiscusso e riconosciuto valore artistico del grande Artista calabrese dell’800. Di questo ve ne siamo grati.Il risveglio dell’interesse verso questo silenzio-

so gigante della pittura calabrese del secolo scorso è segno che qualcosa sta cambiando nella nostra sensibi-lità, forse un po’ disattenta verso i suoi numerosi e valenti Figli; la redazione di Madreterra ha il merito

di Salvatore Piccolo

di aver contribuito ad agitare un po’ le acque dello stagno culturale della Città.Nel centenario della morte di Domenico Augimeri (8

febbraio 1911- 2011) l’articolo da voi scritto è, per la Famiglia Augimeri e per gli altri discendenti del Pittore non residenti a Palmi (Famiglie Caruso-Alonzo e Superti, tra l’altro attenti e fattivi collaboratori nella lunga ricerca di opere), una ulteriore importan-te occasione per diffondere la grande figura di un Fi-glio di Palmi: la sua straordinaria produzione artisti-ca sparsa per l’Italia, le numerosissime pubblicazioni e recensioni sulle sue Opere firmate da illustri Penne della critica (prof. Frangipane - prof. Campisani - on. Susanna Agnelli tanto per fare alcuni nomi), le mostre realizzate, i convegni organizzati da importanti Isti-tuzioni culturali, le pubblicazioni ufficiali sulla vita del Pittore, le azioni di coinvolgimento con le Scuole, i siti internet, le tesi di Laurea svolte da numerosi studenti sull’Augimeri; queste solo alcune delle argo-mentazioni che la Famiglia Augimeri, i Discendenti e Studiosi del Pittore saranno ben lieti di far conoscere anche attraverso la Vostra Testata.Ma alla base di tutto questo diciamo così, curriculum,

frutto del lavoro e della passione profusa dalla Famig-lia Augimeri in quasi 20 anni di ricerca, mi sembra corretto dedicare il giusto spazio all’iniziatore di questo lungo cammino, senza il quale Domenico Augimeri avrebbe continuato a dormire il triste sonno dell’O-blìo: chi vi scrive ha questo merito, sconosciuto ai più; e in una società che non sempre ricorda chi ha re-alizzato qualcosa di valido culturalmente, questi esem-pi non farebbero male… Ci sarà tempo, se sarà nei vos-tri progetti editoriali, di dare spazio al Pittore e a colui che per primo lo ha riscoperto. E crediamo ancora che non sarà tempo perso: avremo, insieme, arricchito “Madreterra” di una perla per il godimento dei lettori, palmesi e non. Dott. Guido Augimeri

veRticali

1. Complotto, congiura – Un tipo di musica

2. La “Lecouvreur” di Cilea – Lo sono i barboncini

3. Rattoppi – Acido desossiribonu-cleico

4. Dramma di Leopoldo Trieste del 1947 – In mezzo al mare - La cit-tà austriaca dello “Sturm”

5. Fuoriclasse africano dell’Inter – Una letterale… via di Palmi

6. Canta “Benvenuti in paradiso” – Rosa chiara

7. Delfini di fiume – Temperatura in breve

8. L’ “Adriana” di Cilea 9. Ormone glicoproteico – L’Alan di

“Figli delle stelle”10. La più famosa piazza di Amster-

dam - Raganella arborea – Or-ganismo Geneticamente Modi-ficato

11. Incontri di vocali12. Cima – Divinità femminile della

mitologia persiana – Come sen-za vocali

13. Istituto Nazionale Assicurazio-ni – Sigla di Treviso – Precede sempre si – Li precedono a Bali

14. Touring Club Italia – Stile del nuoto

15. Boa senza testa – Il mare meno profondo del mondo

16. Sta per esempio – Il padre dell’ozio

17. Un mistero…di giubilo – Carlo che fu un importante critico letterario

18. Un Antonello scultore del ‘500 – Un Pizzo in Engadina

19. Jeremy, attore britannico – Fi-glio di Eolo e di Enarete

20. Cattivo odore21. Scrisse “Piccole donne” – Le vo-

cali in uso22. Il filosofo…battistiano – Affer-

mazione – Sistema Nazionale di Valutazione

A schema risolto, nelle caselle a sfondo giallo comparirà il nome di un noto scrittore palmese.

ORizzONtali

1. Importante manifestazione mascherata toscana2. Il poeta del “Dolce stil novo” – Pancetta, addome - Le prime di Enzo – Fiume tedesco3. Iniziali di Maroni – Acceso sui pulsanti – Quello “San Rocco” è adiacente alla Chiesa dell’Immacolata – Il nome

di Fantozzi – Simbolo dell’argento4. Telecom Italia Mobile – Livore, astio – Sigla di Asti – Un numero che indica la grandezza di un insieme5. “Norma”….film del 1979 – Insoliti, inconsueti - Insegnante in breve – Le consonanti in Cile6. Nome palindromo di donna – Cittadina laziale – Tu e lui – Bagna Torino7. La rivista che state leggendo – Lo era Saddam Hussein – Sigla di Trieste8. Simbolo del litio – Articolo romanesco – Un’ artistica reggia fiorentina9. Gli estremi del gol - Né mie né sue - La sua torre è un rompicapo – American Standard Association10. Un personaggio della Varia – Antenato – Pseudonimo di Pasquale Di Molfetta11. Frazione in provincia dell’Aquila – Idem alla fine – Sigla dei notiziari televisivi – Iniziali del patriota Battisti – Il

portierone della Juventus e della Nazionale12. Luogo di ritrovo palmese – Risultato a reti bianche

D. Augimeri - autoritratto

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

CitolenA (urdiPili) di Saverio Petitto

Quandu u diavulu t’accarizza, voli l’anima!

IL RIMPASTO

il dettO FamOSO!

U “nobili” cu cani

Enzo D.F., incontra in piazza I° Maggio un suo compagno di squadra della Vigor Palmese, con un cane al guinzaglio e,

sorpreso dalla velocità con cui il mondo si è evoluto gli disse:

“Ah, comu cangiau u mundu! Na vota portavi a passeggiu u porcu a “Murgià” e ora fai u nobili cu cani in frak”.

di Rocco Cadile

Slegata cotta e

mangiata

Fratelli d’Italia, l’Italia s’è persa

col colmo e lo scempio s’è rotta la testa.

Lombardi? Promossi!!Son loro i colossi!!Sudisti? rimossi!!Parola di Bossi!!

Negare la storia, del Trota è un assioma

che sputò su Roma e poi la sfruttò!!

Quel federalismoè un bel meccanismo

di odio e cinismoche Lega creò.

Chiudiamo le porte! Padania o la morte;Chi è fuori si fotte

e… l’Italia schiattò!!!

Giuseppe Cricrì

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Tutte le immagini aeree, inedite, compre-sa quella in copertina, sono state gentilmen-te concesse da Maria Rosaria Trapasso.

...vista da lassù

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18Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

CulturA e FolKlore

di Francesco Collura

Il percorso umano e lirico di M. De Maria, una delle voci più

pure della nostra cultura letteraria, è quello di un’anima che comincia un travagliato cammino verso la ricompensa eterna, riscattata gra-dualmente dalle prove imposte dalla vita. Si inizia dai “sassolini bianchi”, raccolti sulla riva del suo “mare ce-leste”, “i pezzettini di vetro colora-ti”, attraverso cui, quando guardava “nella sua casa sbocciavano fiori” e si chiude nel silenzio delle armonie, nella fine dell’attesa dell’ultima liri-ca delle piccOle paROle NeRe.

Si svolge fra l’incanto dell’infanzia, soffocato dalle intime vicende, e la speranza viepiù fervida di annullar-si, ebbra, nell’infinito, nell’eterno, ove svanirà per sempre la sofferenza inflitta dal “giaciglio di sassi donato dalla vita”, cesserà infine “il pianto che brilla sulle gote di un bambino crucciato/che sul cuor della mam-ma ha ritrovato/il suo riso felice”. Ultimi versi, questi di BagliORi di eteRNO.

Insomma, fra sogno e pianto, se-renità ed amarezza, cielo e terra si snoda, in un alternarsi incessante di contese. Fra umano e divino. Attac-camento alle cose, non morboso e passionale però e fervido desiderio della “Redenzione”. Dopo i sogni di un’infanzia ripetutamente offesi dal-le delusioni, che riesce a sviare con quella solida vigoria dello spirito che la caratterizza e l’acuta sensibilità, sovente turbata dai disagi di un’esis-

LE COSE CHE HAN SORRISO

Le cose che han sorriso

agli occhi, all’anima;

che creavano mondi

sollevavano

onde estuose di sogni, d’armonie,

non sono che un mucchietto di silenzi.

Io sto in attesa alimentando in cuore

una lampada chiara.

So che giorno verrà

-forse è vicino, forse lontanissimo-

che dal mucchietto spento

divamperà, com’albero d luce,

la radice segreta degli abissi,

o un’altra verità, o un volto nuovo

della vita, o un ponte di certezza

tra cielo e terra.

In aquila

allor si muterà la mia pazienza.

maRia de maRia… e l’aNima diviSa tRa cielO e teRRatenza non del tutto accettata.

Per il contrasto che origina “il dualismo agita e sconvolge” quest’a-nima come la rosa/languente tra il giorno e la notte” e di continuo determina il particolare stato d’a-nimo di chi per temperamento od altro, diviene come lei incline ad una composta mestizia, sentendo un inspiegabile bisogno di muoversi a compassione di sé e gli altri, ossia la tristezza, la malinconia.

Questa, che è il motivo dominante di tutta la sua poesia, diventa solitu-dine, “dolore universale” ed a trat-ti pessimismo, angoscia lacerante. Dirà: “O solitudine, /nelle tue mani sante, /tieni il mio cuore”, “nel nul-la si frantuma /il mio mondo rag-giante”, “felicità ti sento vicina, /ti tendo la mano, /ma tu mi sfuggi”.

Per tanta afflizione s’incupisce, persino, a volte, ciò che la circon-da… “e grigi sono i colli, /grigi i vigneti, il mio piccolo mondo/si è fatto muto, fragile, velato”, sicchè “esile arbusto contorto” implora spaurita quasi aiuto al suo mondo: “alberi, fiori, siatemi amici. Cielo non pesarmi sul cuore”.

Sono ormai palesi il male di vive-re, lo scontento, la sofferenza che opprime. Tale assidua condizione, che la sconvolge non poco, suscita, per effetto, il sentimento della ca-ducità della vita terrena… e il senso del mistero. Il desiderio di vedere “oltre il muro alto e nero”, di sco-prire altre verità, la piega a dire al sasso “svelami il tuo mistero/di che cosa sei simbolo?”.

Ora accetta il destino cristiana-mente, in quanto catartico, quasi provvidenziale mezzo di salvezza, ora vi si oppone indomita come per divincolarsi dal legame terreno e “sanare la ferita del giorno che muore”. Reagisce con un rifiuto de-ciso all’abbandono e s’innalza così sulle miserie, oltre ogni margine; rapita, coglie “il respiro del cielo”, “l’anelito alle altezze”, soddisfa la “brama di volo” e di essa certo im-paurito, tante volte “il cuore sorse dalla notte infinita bramoso di terra, di cielo, di vita”.

Il bisogno del trascendente e del sovrumano la sprona e lei lo alimen-ta per scongiurare l’esiziale vuoto, il nulla. Tuttavia, altri sono i sollievi, altri i ripari, tra cui la speranza che, anche se “un filo di ragno”, “picchia al cuore piano”, la consola per la “fragilità sospesa tra la notte e il nulla”, dando una segreta dolcezza, soprattutto al rimpianto dell’infan-zia in cui sovente si rifugia.

L’ ”infanzia che come onda/emer-ge da un vuoto”, “l’allegria dell’in-fanzia”, quando l’accarezza, la sot-trae allo smarrimento, all’ombrosa pena esistenziale, anche se poi que-sta rapida la ghermisce riportandola ai soliti affanni… ed ecco “io tornerò a questo vuoto sempre , “ero la regi-na di quel mondo, /or sono un’ombra viva”. L’esistere penoso irrompe e ri-stabilisce il dominio sul voler essere.

Eppure, quel mondo ed “i prati dell’infanzia” hanno limiti e nome: la sua Pietrosa, che guarda il mare. Non c’è la città nè la gente nei versi di M. De Maria. Questo luogo sug-

gestivo, gelosamente celato, ove “sente l’animo espandersi/verso i quattro punti del mondo”, è lo sce-nario naturale ora triste ora ameno, in cui la sua esperienza umana solo si compie, in un succedersi concitato e vario di moti, sentimenti, sensa-zioni, ove ogni momento della sua inquieta esistenza si lega a ciò che le offrono le piante, gli animali e tut-

to s’impreziosisce oltremodo con la sua soave sensibilità di donna. Qui (non Palmi dimora della mente) la farfalla, la foglia, i pioppi, la sera, la luna, gli uccelli, la conchiglia, i sassi; qui, il sole, la notte, i suoi segreti, i pensieri, “le parole di stelle”, la ri-nuncia, lo stupore, le emozioni. Se lei gioisce, si ravviva ogni cosa; se soffre, s’adombra.

La sacralità della natura con i fe-nomeni che ciclicamente si ripetono si aggiunge indissolubilmente a quel-la del mare, calmo ed agitato come i suoi stessi sogni, il “mare celeste”, parte di se stessa a cui spesso si ri-volge, dilata i confini del suo “spazio umano e divino”, della sua anima, “la chiama con la sua voce fresca di bambino” e l’attrae come una entità soprannaturale per accoglierla nel suo smisurato grembo ove è dolce annullarsi…” e ridivento l’immensa distesa azzurra e limpida”.

Il mare in cui “cielo e terra s’in-contrano”, con le isole Eolie, meta-fora di un approdo tranquillo, dissi-pa il suo dissidio, perché le inonda lo spirito col senso vivo dell’infinito e dell’eterno. Se il primo rifugio spirituale è l’infanzia, quello fisi-co è, quindi, la Pietrosa, dimora del cuore. Lontano da essa, forse non avrebbe scritto i versi che de-liziano e coinvolgono chiunque li legga, persino le rime in vernacolo (da considerare a parte) e noi non avremmo udito il suo canto sublime. Versi sciolti, che si imbocciano non di rado in brevi ed efficaci bozzetti, frammenti alla maniera degli Erme-tici, ove l’individualismo verecondo e pio, il Simbolismo, l’Impressionis-mo sono ben resi da una musicali-tà esaltata dalle diffuse sinestesi, dalla chiarezza espressiva, dal pre-giato fonismo lessicale. Il contesto è essenzialmente rurale, etico-psi-cologico e letterario; si nota infatti l’influsso di un tardo Decadentismo, di Lorenzo Calogero, ma soprattutto quello di Montale, a cui l’avvicina la

mediterraneità, il male di vivere, la stessa indole riservata e riflessiva, disiosa sempre di “penetrare nell’a-nima di tutte le cose”.

Nondimeno il profilo lirico ed uma-no, già delineato, apparirebbe in-completo se non si facesse riferimen-to alla solida, tenace fede, all’accesa religiosità che rischiara tutto il suo esistere, la sua personalità e come il “tocco di squilla lontana/altri spa-zi le dona altri cieli”. Ella “lucciola di Dio”, bisognosa “del cielo infinito del silenzio profondo” fa ricorso a quest’altra virtù consolatrice come la speranza per fugare ogni mortale angoscia, la tristezza “di un cuore che un giorno si sentì così grande/da contenere tutto un mondo”.

E’ questa, la fede salvifica, ap-punto ne è certa, che dal vuoto e dal buio la condurrà, prendendola quasi per mano, oltre il muro, nei giardini fecondi dell’anima, nei ful-gidi bagliori di eterno, ricompensata da quella grazia divina perennemen-te desiderata ed invocata.

Dirà, perciò, “anche la morte ha un sorriso, /se muoio con un’Ostia nel cuore”.

Quanta santità di costumi! Quan-ta nobiltà d’animo! Perciò la Re-denzione sarà l’ultimo suo rifugio, l’eccelsa preziosa conquista, tanto aspettata e patita. Così si conclude-rà il suo cammino verso la salvezza e il cielo prevarrà sulla terra. Seguen-do il suo itinerario poetico, alla fine si ha la chiara impressione di stare vicino ad una coscienza in continua attesa dell’altro, del dopo.

L’attesa, durevole, trepida dun-que, è la vera protagonista delle sue raccolte; emerge dall’ultima lirica delle PICCOLE PAROLE NERE, che racchiude in sintesi l’autenticità e la reale dimensione del suo essere. Col passare degli anni, via via “in cuor s’addensa uno stupore, un’ansia,

/un’attesa”. Quando questa finirà, il dualismo fatale svanirà per sempre e con esso il dissidio procelloso tra cielo e terra, il mistero si svelerà, un altro Mondo, un’altra Verità res-tituiranno allora in eterno al primo splendore la sua innocenza tradita.

NIDO NON TROVO

Nido non trovo

in questa notte dura

Mi tradisce anche l’eco:

ritorna la mia voce come un vortice

di smarrimento,

un sasso precipiti

sollevando detriti…

Eppure un giorno in me

si apriva il fiore

della veste regale;

il mio canto sapeva di rosato,

e di preghiera.

Se batto le ali incontro siepi d’ombra

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

CulturA e FolKlore

I cattolici della Piana hanno fatto sentire la loro voce a mezzo di un proprio giornale per la prima volta, a quanto è dato sapere, a distanza di appena dodici anni dalla proclamazione di Roma a capitale d’Italia ed il merito è stato tutto di un grande vescovo costretto ad operare

in una piccola diocesi, qual era allora quella di Oppido. Mons. Antonio Maria Curcio ha cercato appena possibile di evadere dal breve ambito della sua circoscrizione ed unire idealmente, quasi antesignano della recente sistemazione, le comunità ricadenti nel territorio lambìto dal Petrace. Infatti, quel primo periodico, cui è stato imposto il titolo alquanto esplicativo di “La Calabria Cattolica” e che appare originato da un passo estrapolato da un’enciclica di Leone XIII, agiva nei due grossi centri che si contendevano allora la palma della rappresentatività nella zona, Oppido Mamertina, appunto e Palmi. Il giornale, che, dati i tempi, non poteva non qualificarsi conservatore con evidenti simpatìe per la passata amministrazione borbonica, ha visto la luce il 2 novembre 1882 ed ha avuto sequenza settimanale con uscita al giovedì. L’ufficio centrale della redazione è stato fissato in Oppido Mamertina presso la curia vescovile, mentre l’amministrazione si è suddivisa tra Palmi, dove ne ha preso la cura l’abate Leone Gallucci e la stessa curia oppidese. Responsabile figurava Carmine Bagalà di Palmi, ma il direttore era l’arciprete della cattedrale, can. Nicodemo Pacifico. La stampa aveva luogo in Palmi presso il tipografo Giuseppe Lopresti e l’insieme si articolava in quattro pagine. Il motivo della realizzazione era così chiaramente presentato dai redattori, i quali quasi sempre evitavano di firmare i loro scritti, ma tra cui primeggiavano Carmelo Pujia, futuro arcivescovo di Reggio e Francesco Saverio Grillo, autore di pubblicazioni a carattere locale:

«per soddisfare ai desideri del Sommo Gerarca, che vorrebbe vedere istituiti giornali cattolici in ogni Provincia, noi consacriamo le nostre fatiche allo scopo di diffondere nel nostro popolo la luce della verità e difendere nelle nostre contrade i veri interessi della Religione e della Patria».

Il programma così enfaticamente annunciato ha trovato subito piena conferma nei 47 numeri che via via sono stati editi fino al settembre del 1883 o almeno in quelli che ho potuto vedere nella collezione che si conserva nella biblioteca comunale di Palmi. Molte sono le battaglie sostenute in quasi un anno di attività. Al prefetto, che deplorava «l’ignoranza di buona parte dei giovani Calabresi», si è risposto apertamente che i «cattolici clericali» non avevano «mai dato luogo all›ignoranza» ed avevano «sempre promosso e favorito la scuola, l’insegnamento, la scienza» e, a chi diceva che «il Clero della nuova Italia» non aveva più motivo di esistere, si è eccepito ch›esso legava la sua «esistenza legale e giuridica» proprio al primo articolo dello statuto albertino. Un progetto di divorzio è stato tacciato di essere non solo «un crimine in faccia alla Chiesa, ma ancora un’apostasia da Dio secondo la sapiente espressione di Leone XIII» e ha dato esca ad una serie di articoli, mentre agli avversatori del Santo Padre il senatore Tancredi De Riso di Catanzaro ha opposto che «chi grida contro il Papato ignora la storia e snatura il carattere peculiare della nostra Italia che s’incentra nel Pontificato, essendocchè la sorte dello uno fu sempre inseparabile da quella dell’al-tra».

Assai chiara e critica la voce che si levava a protestare contro il malgoverno e coloro che trascuravano di porre riparo alle necessità della regione. Secondo un ignoto articolista, le statistiche pubblicate dai vari ministeri erano sufficienti da sole a mostrare qual fosse la triste si-tuazione, in cui allora si viveva. Quella officiata dal ministero della pubblica istruzione rendeva evidente il basso livello toccato dai giovani, educati «senza nessuna nozione di Dio», mentre l’altra del ministero dell’agricoltura, industria e commercio faceva vedere come per «l’agri-coltura in pieno marasma ed il commercio avvilito» il popolo si trovasse «ridotto a tale stato di miseria e di disperazione d›abbandonare il giardino d›Europa ... per terre inospite e deserte». Per ovviare all’aumento dei reati il ministro competente non aveva saputo far altro che escogitare quali rimedi più opportuni l’abolizione della pena di morte e la proposta sul divorzio. In un pezzo dal titolo «Siamo Italiani, si o no?» l›autore, dubitando che i calabresi fossero considerati dal governo come «veri Italiani», si è lanciato in un attacco a fondo a motivo dello stato di noncuranza, in cui veniva lasciata la Calabria, una terra nella quale non si apprestavano argini ai fiumi e dove apparivano assai ca-renti strade, ferrovie, banche, corti di giustizia, monti di pegni, e così amaramente ha concluso: «... se nel 1783 avemmo il terremoto, di cui dura ancora un’infausta memoria, oggi abbiamo qualche cosa di peggio, abbiamo il terremoto economico sociale a cui fa seguito il terremoto morale e religioso».

Il giornale, che non perdeva l›occasione di bersagliare esponenti vivi e morti dell›anticlericalismo, dal Gambetta, definito «avventuriero politico» e la cui unica gloria, «che nessuno vorrà invidiargli», consisteva in una sviscerata intransigenza avverso la classe ecclesiastica, ad Ernesto Renan, che «va da se stesso a spingersi in su l’orlo dell’abisso», non dimenticava i tanti altri temi, che all’epoca premevano. La «spa-rizione della mezzana proprietà» rappresentava una «grossa piaga» e così pure il fallimento dell’annata olearia, che teneva vincolati vescovo e consiglieri provinciali (tra questi, in particolare l’oppidese Candido Zerbi) a richiedere l’abolizione o almeno l’attenuazione dell’imposta fondiaria. La concorrenza americana faceva abbassare il prezzo delle merci europee e creava così un malessere non facilmente superabile. L’indebolimento della fede nelle famiglie, lo stato di bisogno e la perdita dell’immunità del servizio militare conducevano al diradarsi delle vocazioni religiose. L’obbligo di richiedere l’exequatur e le imposte alquanto onerose finivano per immiserire la vita dei parroci. In qualche particolare, che non va scritto certo ad onore dei redattori e del fondatore, il settimanale mostra però la corda e rivela la sua ispirazione anche a vieti ed affatto cattolici concetti. Assai deplorevole l’oltranzismo mostrato quando, scagliandosi contro gli ebrei (i Giudei), che in Ungheria anelavano a stabilire legami matrimoniali con famiglie cristiane, ha stimato tale aspirazione rivolta unicamente a procacciare un maggiore arricchimento e ha definito le eventuali nozze «connubi funesti» e quella gente «peste semitica». Nel periodico voluto dal Curcio, oltre a quanto sin qui riferito, trovavano posto pure composizioni di varia umanità, circostanza e cronaca. Non mancavano, d’altro canto, come allora usava, i pezzi di appendice. Completavano il tutto brani d’interesse cattolico ripresi da vari organi di stampa, quali l’Osservatore Romano, Libertà Cattolica, Verona Fedele, il Bollettino Metereologico dell’Osservatore del Seminario di Oppido, recensioni di opere di catto-lici, necrològi e l’immancabile pubblicità, che certo doveva coprire in parte le spese di edizione.

Rocco Liberti

il giORNaliSmO cattOlicO a palmi: “LA CALABRIA CATToLICA”

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REGOLAMENTO

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

il rACConto del mese

Era proprio contento, c’era poco da dire. Sod-disfatto ed orgoglioso di se stesso, come

non gli capitava da tempo. “E’ proprio vero – pensava – quando senti di

aver fatto quello che è giusto per te, per la tua famiglia, per il tuo paese tutto ti sembra avere più senso. Persino più bello”.Ecco perché anche quella lunga attesa per la

proclamazione dei risultati delle elezioni co-munali non lo disturbava più di tanto. Nessuna espressione tirata, nessun tipo di ansia o pre-occupazione. Sorrideva, persino, a chi lo sa-lutava. Non aveva neppure voglia di fumare. Si guardò riflesso nella vetrina di un negozio. No, non aveva il volto duro, mascherato da strati di dura e finta sicurezza, di quelli che ormai da anni erano abituati – quasi per mestiere: anzi no, qualcuno proprio per mestiere – a presidiare le sezioni e l’ufficio elettorale per cogliere qualche voce, qualche anticipazione, qualche (immancabile) pettegolezzo.Lui no, lui era tranquillo. La tranquillità dei giusti, pensava. Certo, sembrava quasi rispondersi in una

specie di dialogo interiore, era facile essere tranquillo di fronte a tutti gli attestati di stima, di affetto, quasi di entusiasmo che aveva ricevuto dopo quel comizio in piazza. Già, il comizio. Si accorgeva che, nei suoi ricordi, quell’evento acquistava sempre più importanza man mano che i giorni passavano. Un evento storico, che aveva cambiato la sua vita e, probabilmente, quella dei suoi concittadini. Se si potesse pensare in lettere maiuscole, diceva, quello non sarebbe stato un comizio ma “il Comizio”.Si era preparato bene, c’era poco da dire. Avevano dovuto ammetterlo anche loro, i suoi avversari. Vecchi

praticoni e filibustieri della politica locale, abituati a riproporre alla gente sempre i soliti impolverati trucchi retorici. Si conoscevano a memoria, quei discorsi. Si parte con l’amore per il paese, si prosegue con il dispiacere di vederlo ridotto in gramaglie – ovviamente, sempre per colpa degli “altri” – unito alla orgo-gliosa consapevolezza del fatto che il loro paese era unico, diverso dagli altri paesi, e meritava quindi una guida migliore: e qui, come finale, la stoccata all’avversario ritenuto più pericoloso, sotto forma – a seconda delle circostanze - di attacco personale diretto o di semplici insinuazioni. Come dire, in sintesi: votate me non perché sono il più capace, ma perché gli altri sono davvero – nella migliore delle ipotesi – dei veri e propri incapaci. Bell’esempio di ottimismo.Lui no, lui era stato diverso. Era stato semplice, diretto e chiaro, come nella sua vita di tutti i giorni.

Lo ricordava ancora a memoria, quel comizio. Anzi, quel Comizio.“Io non sono venuto qui, miei cari amici, a chiedere il vostro voto. No. Io sono venuto a provocarvi, a scuo-

tervi. Tutti ci lamentiamo del fatto che il nostro paese sembra immobile, spento, imbolsito. Paralizzato da lotte personali, spesso basate su antipatie e piccole ripicche da cortile piuttosto che da vere e proprie differenze ideologiche. Ecco, se tutti ci lamentiamo e se tutti vogliamo veramente cambiare io vi faccio questa proposta. Vi propongo un’amministrazione in cui non ci sono più amici o nemici, ma si lavora tutti nella stessa direzione. Vi propongo un’amministrazione in cui tutti sono uguali di fronte alle regole, senza riconoscere chi ha votato chi e trattarlo di conseguenza. Vi propongo un’amministrazione in cui non ci sono favori, ma solo diritti e doveri come stabilito dalle leggi. Vi propongo un’amministrazione in cui le idee di tutti sono importanti allo stesso modo, se rivolte alla crescita del paese. Vi propongo un’amministrazione in cui non contano più parentele, legami di amici-zia o di frequentazione anche antica. Vi propongo un’amministrazione in cui tra un’idea meno valida di un amico di sempre ed una più valida che proviene però da uno schieramento avversario prevalga la seconda: perché, quando di tratta del bene del paese, non ci possono e non ci devono essere veri avversari ma solo diversi punti di vista”.Qui, ricordava, aveva tirato il fiato come per una pausa. Molto teatrale, molto scenica. Sapeva che stava per

addentrarsi nel campo minato. Anzi, nella madre di tutti i campi minati. E quindi aveva ricominciato.“Qual è il prezzo da pagare per tutto questo? Semplice. Semplice e, per come siamo fatti noi, complicatissimo allo

stesso tempo. Il prezzo è essere costretti a votare con la testa. Votare avendo in mente solo ed esclusivamente le cose da fare. Votare chi si crede possa realmente fare qualcosa per il paese, indipendentemente dalla formale appartenenza politica. Non votare sulla base del certificato di famiglia, oppure per vincoli di amicizia o pro-messe - nella migliore delle ipotesi - strappate con il ricorso alla mozione degli affetti. Insomma: votare con la logica, con la ragione, e non con il cuore o per altri – ed a volte non confessabili - motivi. Niente più amici, amici degli amici, amici degli amici degli amici, cugini di primosecondoterzo grado, cognati, affini, colleghi d’ufficio, fornitori abituali, liberi professionisti, medici di base, ex compagni della scuola calcio, parenti di catechisti e/o di professori dei figli e così via. Niente. E poi, una volta votato, si tira una bella riga e si cancella tutto. Così tutti insieme, vincitori e sconfitti, si potrà cominciare a lavorare per il bene del paese. Senza attendersi nulla in più per il solo fatto di aver vinto, senza temere di perdere qualcosa perché si è perso”.Si era levato un urgano di applausi. Un oceano di applausi. Uno tsunami di applausi. Gente con le lacrime

agli occhi gli aveva stretto le mani, addirittura alcune donne gli avevano chiesto di baciare i loro bambini sulla testa. Tutti gli avevano promesso appoggio incondizionato, e tutti – incredibile - avevano iniziato o finito le loro frasi dicendo “finalmente, era una vita che volevo sentire queste cose!”. Tutti, davvero tutti. Nessuno escluso. Insomma, una cosa mai vista.Certo, gli sembrava fosse rimasta nell’aria, come beffardamente sospesa agli angoli della piazza una specie di

inquietudine. Qualcosa che non tornava. Una nota stonata, ecco. Probabilmente, aveva pensato, una sua semplice impressione. Cancellata, eliminata, divelta da quegli applausi, così affettuosi. Da quei sorrisi, così radiosi. Da quel calore, così vero. Vero, indubitabilmente vero.Ecco perché il mondo gli crollò addosso quando vide il suo nome all’ultimo posto dell’elenco dei candidati.

Con accanto un numero che non sembrava vero, nella sua semplice crudeltà. Un voto. Un solo voto. Aveva avuto un solo voto. Con tutta evidenza, il suo.Fu un attimo. Capì tutto. Voltandosi, incontrò lo sguardo di sua moglie. Sereno, anche se dispiaciuto. Non

ebbe il tempo di chiederle nulla, però. Perché parlò lei per prima.“Vabbè dai, non prendertela. Ma davvero, cerca di capirmi accidenti, come facevo a non votare zio Luigi? Ci

ha fatto da testimone alle nozze! E chi la sentiva poi mia zia? E mia mamma?”.Furono le ultime parole che riuscì a sentire, prima di scoppiare a ridere mentre piangeva.

Eduardo Della RovereLA DISCESA IN CAMPO

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il PersonAGGio

Se volessimo riassumere la figura di Rocco Isola (1852-1928), detto Pelorosso (per la bionda ca-pigliatura), potremmo limitarci ad osservare come sia stata una delle espressioni palmesi più

autenticamente popolari vissuta a cavallo tra Otto e Novecento.Malgrado venga frequentemente ricordato come instancabile promotore di iniziative ludiche, Isola

appare, in realtà, figura poliedrica, capace nel 1888 di organizzare un Carnevale inscenando una lotta tra abissini ed italiani in ricordo della battaglia di Dogali1, di aiutare i danneggiati del terremoto del 18942, di dedicare gran parte delle risorse personali alla promozione del monte Sant’Elia e, non da ultimo, legare intimamente il proprio nome alla storia della tradizionale festa della Varia.

Fu anche committente di dipinti eseguiti d’artisti locali per abbellire le chiese cittadine. E’ quanto accadde, ad esempio, per la grande tela dell’Ambasceria dei messinesi alla Vergine, dipinta nel 1922 - sul modello dell’analoga custodita presso il Duomo di Messina - da Carmelo La Scala per la chiesa del Crocifisso e rovinosamente perduta a seguito dell’alluvione del 1953. Di essa, tuttavia, serba il ricordo l’iscrizione marmorea che un tempo l’accompagnava a guisa di legenda: «Il quadro rappresentativo / l’andata in Gerusalemme della Vergine/ della Sacra lettera / opera d’arte del professor La Scala / sorse ad iniziativa / di Rocco Isola Pelorosso / e della Comm.ne nel centennario 1922 / Sindaco com.re Michele Guardata». L’espressione “centennario” (secondo la forma talora invalsa nell’i-taliano del passato), è stata interpretata con riguardo «alla data di fondazione della chiesa, riportato nello Status provinciae Reformatorum, capitolo Pro Conventu Sanctissimae Annunciationis, redatto nel 1724, in cui è detto che il luogo sacro “era stato abitato circa un secolo”».3

Nondimeno, atteso che la commissione cui fa cenno la lapide era per l’appunto quella «Per la Fiera e Festa della Sacra Lettera», è probabile che essa si riferisse alle prime decadi dell’Ottocento e, precisamente, all’anniversario del ripristino della fiera, legittimato da un successivo decreto di re Ferdinando IV di Borbone, del 30 luglio del 1823, secondo cui: «(…) il Comune di Palmi in provincia di 1.a Calabria ulteriore rimane autorizzato a celebrare una fiera dal dì venti di agosto di ciascun anno col proseguimento di otto giorni»

Isola, peraltro, rispondendo ad un appello del periodico Tartarin del 13 ottobre 1907, volle acquistare a beneficio della chiesa di San Rocco la suggestiva tela del Santo Taumaturgo, opera del pittore Antonio Sacco, la quale, dopo decenni di abbandono nel fatiscente edificio ba-raccato che ospitò, all’indomani del terremoto del 1908, provvisoriamente, i locali della parrocchia, è stata recentemente recuperata dalla congrega di San Rocco e custodita nella propria sede (iniziativa meritoria, sebbene sacrifichi il dipinto in uno spazio fin troppo angusto e tale da non permettere di apprezzarne adeguatamente la visione d’insieme).

Tuttavia è in funzione della valorizzazione del monte Sant’Elia e della festa della Varia, che Isola profuse il maggiore sforzo. Pelorosso, del resto, era uomo poco incline alla sterile teoria che spesso caratterizzava la politica amministrativa locale, e, più votato all’azione fattiva, in anticipo sui tempi, intuì che il patrimonio culturale-naturalistico palmese non si prestasse solo ad impreziosire una pagina di prosa od un felice verso poetico, ma ancor più fosse concreta fonte di crescita economica del territorio: «Qui torna doveroso ricordare – rammenta, ad un anno dalla morte, Mariano Parisi – una nobile figura che al S. Elia dedicò gran parte della sua vita, Rocco Isola Pelorosso, popolarissimo tra la cittadinanza di Palmi, ideatore e fattore di iniziative valorizzatrici dell’ubertoso monte. Rocco Isola Pelorosso costruì un bel viale che dalla adiacente strada Nazionale Napoli-Reggio conduce al Santuario attraverso una fertile pineta pur essa impiantata da lui; rinnovò il San-tuario, diede incremento a colonie estive e quando era sua intenzione fare di più, Iddio gli tolse la vita. Ma la sua anima è ancora sul monte accanto alla Immagine del Profeta da lui solennemente ogni anno festeggiata. Rocco Isola Pelorosso voleva realizzare grandi speranze! Morì sulla breccia dopo aver gettato le fondamenta per la edificazione di opere imponenti e grandiose. Chi raccoglierà gli arnesi di Rocco Isola Pelorosso per ripigliarne il lavoro interrotto? Chi vorrà ereditarne la volontà e l’attività? Non è possibile ancora, purtroppo, rispondere con precisione a queste domande ma è certo che quello che si è fatto non andrà perduto»4.

Allo stesso modo, Isola favorì, contribuendo finanziariamente, il ripristino della tradizionale festa della Varia, sostenendo il progetto di ricostruzione del carro sacro realizzato da Giuseppe Militano al principio del secolo scorso. Ciononostante, il suo nome non compare nei versi sulla Varia e nell’ulteriore produzione poetica di Pietro Milone ispirata a fatti di vita paesana, specie quelli legati alle lotte della politica locale. Eppure, Isola, di quella vita, soprattutto di quelle medesime lotte, era stato tra i protagonisti; circostanza che, a distanza di oltre un secolo, se non avessimo avuto qualche scampolo di periodico dell’epoca a ben documentarla e ci fossimo limitati agli scritti di Milone, avremmo ignorato.

Si è scritto recentemente sulle dinamiche che precedettero il trasporto della Varia nel 1900, dopo un trentennio circa d’interruzione della tradizione, talora con tale dovizia di particolari da apparire persino sorprendente, in quanto resa dai nostri contemporanei a fronte della carenza di qualsivoglia cronaca dell’epoca dovuta alla dispersione dei periodici palmesi di quell’anno; particolari cui è affidato il compito di narrare (talora con accenti “romanzati”) quel che non compare negli scarni documenti ufficiali superstiti, tacendo, pertanto, sul ruolo che Pelorosso ebbe in quella circostanza, sulla scorta dell’assenza del suo nome nell’elenco dei “procuratori” del 1900 e nei versi di Milone sulla Varia - tra le migliori espressioni del nostro vernacolo – dedicati a Militano (artefice della nuova macchina).

Ma al di là delle iperboli narrative, che, oggigiorno, ispirate dal giusto fine di valorizzare questo o quel dimenticato personaggio del passato – secondo un mal vezzo tutto palmese – movendo da dati reali, modellati in funzione di quell’apprezzabile scopo, sconfinano in palesi forza-ture ed ingenue esagerazioni; al di là delle opposte tendenze, da un lato, quella di obliare per decenni la centralità della figura di Giuseppe Militano nella vicenda Varia, e, dall’altro, di quest’ultima, farne un’impresa di celliniana memoria; poiché i fatti di “storia patria” dovrebbero esser descritti con serena imparzialità, specie da coloro che, in ragione di vincoli familiari, più d’altri vi sono legati, vagliando cum grano salis le testimonianze de relato con priorità per quelle dirette, sarebbe vano pretendere, alla luce delle lacune documentarie cui si è fatto cenno dianzi, di ricavare nitidamente da un elenco di componenti della “procura” o da un deliberato dell’epoca, episodi, comportamenti privati, piccole e grandi sfumature che segnano vicende di oltre un secolo addietro. Risulta, pertanto, alquanto singolare che il protagonista fra Otto e Novecento dell’organizzazione di ogni evento festaiolo legato alle tradizioni del proprio paese, si mantenesse estraneo alla riedizione della Varia. Parimenti non sembri casuale se, anni dopo, il settimanale umoristico U Chiaccu, in una sua rubrica denominata “Biblioteca Allegorica”, nella lista dei testi immaginari donati alla redazione dai personaggi del tempo, per mero paradosso citasse: “Rocco Isola Pelorosso - La Varia meccanica - di Pietro Milone”.5 Evidentemente v’era qualcosa, conosciuta ai contemporanei di entrambi, che legava Isola a quella poesia idonea ad alimentarne la sarcastica incongruenza rilevata dal giornale.

In questo quadro, la recente comparsa di alcuni versi (La prima scasata di la Varia), di un poeta palmese del secondo Ottocento, suscitò non poche perplessità, allorché interpretando banalmente la strofa: “E Roccu Pilurussu lu nventuri / Peppinu Militanu l’armaturi” sembrò a taluni che Carmelo Gullì avesse di sana pianta creato un ruolo, “lu nventuri”, affidandolo a Rocco Isola e che ciò valesse arbitrariamente a svilire quello avuto da Giuseppe Militano, trascurando come il richiamo operato dal poeta a Pelorosso, garbatamente inserito nell’evento del 1900, verosimilmente, possa intendersi in relazione al primo tentativo esperito da Militano nel 1897 di riproposizione della Varia, che l’opinione di Milone - unica fonte a riguardo - ridusse allora in qualcosa di estremamente modesto (“na scocca di fica / nu fusu pe’ filari”).

Atteso che «invenzione», nell’accezione dialettale, è sinonimo di mera «trovata», «pensata», i versi del Gullì, alludendo all’idea di rinverdire l’antica festa che, probabilmente, Isola aveva avuto già alla fine dell’Ottocento (condividendola con altri) avrebbero dovuto suscitare ben altro interesse, giacché essi valgono a corroborare l’indiscussa centralità del lavoro di Giuseppe Militano ed a ridestare dall’oblio una figura a torto trascurata, sebbene rilevante nell’organizzazione della prima come delle altre edizioni della Varia, che, per l’appunto «(…) sotto la direzione del bravo operaio Militano (…) - come, nel 1900, scriveva il corrispondente palmese del “Ferruccio” - era stata “(…) ripristinata fedelmente nel lustro di altri tempi, salvo lievissime modifiche»6.

PER UN RICORDO DI ROCCO ISOLAPELOROSSO

…IL GRAN MAGO DELLA «VARIA» «Le piazze assumono un aspetto eccentrico, se non festoso. Pare d’essere nei giorni della “Bara”. I lamenti delle donne ora ricordano lo strazio delle “bande pelose”. Rosso di Sila dov’è che raccolga tutte queste vittime sparse, le rivesta di carta dorata, le sospenda ai fianchi della macchina gigantesca e le innalzi al cielo, al rullo del tamburo suonato dal demonio nel ventre della madre terra?»

(Leonida Rèpaci, Storia dei fratelli Rupe)

di Nicola Falcheo

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il PersonAGGioInvero, Milone omise di riferisi ad Isola, senza suscitare nei contemporanei alcuna reazione contraria, giacché egli focalizzò corretta-

mente la propria narrazione sulla costruzione della macchina scenica in quanto tale, e, quindi, necessariamente su Militano, piuttosto che su colui che, originariamente, aveva dato impulso all’articolazione della manifestazione. Tuttavia, a sua volta, alcuna polemica sollevò in coloro che furono testimoni di quell’avvenimento, la poesia del Gullì, edita a Palmi negli anni 20’;7 essa si limitava a porre in luce l’opera, sovente sottaciuta, compiuta sin dal principio da Rocco Isola, menzionato a parte rispetto al riferimento successivo presente in quei ver-si - proprio in quanto volutamente separato - ai “procuraturi”, tra i quali Pelorosso comparirà, in qualità di membro della «Commissione per la fiera e festa della Sacra Lettera», solo a partire dal 1902, come attesta - attingendo dalla esaustiva messe di documenti sulla storia della festa, pubblicati anni or sono da Francesco Lovecchio – un deliberato della Giunta Municipale di allora8.

Una presenza in tal modo «formalizzata», che, nell’edizione del 1920, farà esclamare ad un cronista: «Ci piace ricordare con completo compiacimento la simpatica figura di Rocco Isola Pelorosso, energico e geniale procuratore della festa che nulla trascurò per la riuscita della stessa. Viva Pelorosso! Lo vogliamo Sindaco!»�. Analoghi umori registra la cronaca dell’anno seguente «(…) l’organizzazione, affidata alla genialità di Rocco Pelorosso, non doveva essere se non sicuro affidamento alla bellissima riuscita della festa (…)»; col seguito dei rin-graziamenti da parte degli altri componenti la Procura: «(…) L’ottima riuscita della festa è dovuta principalmente all’infaticabile energia e alla sempre crescente genialità di Rocco Isola Pelorosso. Egli non si stancò un minuto, e non lasciò nulla di intentato, si fece in quattro per poter riuscire nel suo intento e far sì che il pubblico di nulla avesse a lagnarsi. Sentiamo sinceramente di dover tributare al Pelorosso le meritate lodi come parimenti facciamo per tutti (…)». Infine, quelli, resi anch’essi pubblici, dello stesso Isola: «(…) Ringrazio pure i compagni della Procura che mi hanno, con tutta premura, energia e zelo, coadiuvato, poiché io solo non sarei riuscito per la buona ed ottima riuscita della festa (…) Ringrazio anche a nome della Procura tutti i cittadini che volontariamente si sono tassati per la grandiosa festa patronale, raccomando loro di essere sempre pronti a rispondere all’appello di una tale festa, specie alla gioventù, rammento loro che questa è la regina delle feste delle tre calabrie (…) Assumo fin da ora l’impegno, piacendo Dio, fare il prossimo anno in occasione dell’arrivo dell’acqua una festa meravigliosa e grande (…)»�.

Militano assunse l’onere di tradurre in fatto concreto la ripresa della tradizione, “armando” - che nel nostro vernacolo ha un significato più ampio dell’analogo termine in italiano - ossia ponendo in essere ex novo la macchina scenica, di cui, non vi sarebbe potuto essere, propriamente, un “inventore” palmese, essendo mutuata dall’analogo tipo della vicina città peloritana.

Pare persino elementare osservare che, se di “ideazione” in senso stretto si voglia discutere, essa vada senz’altro riferita alle origini della “Vara” messinese. La ricostruzione materiale dell’attuale Varia, fu compiuta movendo dal disegno del passato, nondimeno renden-dolo ancor più funzionale, con l’apporto all’articolazione delle strutture di quelle novità, di quegli “ammodernamenti”, che il tipo “Varia” nostrano non aveva ancora sperimentato. Così il particolare artificio adottato per la rotazione del Sole e della Luna e, più in generale, per il movimento dell’apparato scenico, nonché l’introduzione degli scivoli metallici alla base (Ccippu), in luogo delle tradizionali “ruote”, espediente già in uso a Messina e similare, quantunque solo per concetto, a quello presente, sin dalla metà del secolo decimoquinto, nella grandiosa “Rua” vicentina: “machina” per taluni aspetti affine alla Vara, ma più antica di quest’ultima, come del resto di altre similari costruzioni (quali quelle di Viterbo, Nola, Gubbio, etc.).

L’ammissione nella cronaca del Ferruccio di scarse modifiche rispetto al modello del passato, era dettata dalla prudenza di legittimare lo sforzo compiuto per la ricostruzione, contemperando le novità introdotte colla tradizione. In realtà, le differenze furono allora tutt’altro che “lievissime”. La Varia, infatti, per la quale Milone coniò l’appellativo di “meccanica”, fu concepita al principio del secolo scorso secon-do un complesso d’ingranaggi collegati ad un impianto centrale “a campana”, con piattaforma circolare (su cui erano disposti gli apostoli in atto di genuflessione) rotante per mezzo di una cremagliera, più vicino al sistema in uso a Messina di quanto non lo fosse stato quello dell’antica “Bara” locale, complice l’assenza di una preesistente struttura, giacchè dell’antica - abolito il trasporto «intorno al 1872 con un decreto che definiva la manifestazione barbara ed incivile» – era stata disposta dalla Giunta Comunale, con «atto n. 24 del 3 febbraio 1872», la vendita «del ferro e degli altri materiali»11.

In questo senso può, invece, latamente parlarsi di “ideazione“ di Militano, avendo egli intuito, specie dopo il tentativo non riuscito nel 1897, che la nuova Varia per figurare realmente grandiosa e, soprattutto, resistere nel tempo, avrebbe dovuto far propri gli accorgimenti ampiamente testati nel suo modello di riferimento, adattandoli, poi, nel dettaglio, con le forme e le soluzioni che l’esperienza del proprio mestiere di artigiano gli avrebbero suggerito.

Le capacità pratiche e creative di Militano erano, peraltro, già note ai suoi concittadini, come suggeriscono la medaglia d’oro ottenuta nel 1899 alla “Prima Esposizione Campionaria della Città di Roma” per un prototipo di “macchina innestatrice per vigneti” ed il successo conseguito la sera del 16 luglio 1896, in occasione dell’incoronazione della Vergine del Carmelo, delle luminarie, ricche di vivaci orna-menti, installate nel giardino pubblico “(…) ove – appunta il canonico Francesco G. A. Barone - l’ingegnoso operaio Militano Giuseppe, fecesi grandemente ammirare per disegni artistici dati ad infinti opachi e diafani globi; massime per quello non dissimile a merletto, che circondava la villa incantevole e rara pel suo topografico sito (…)12.

Se Militano, dunque, ebbe il merito di realizzare, con non pochi sacrifici, la struttura materiale della Varia giunta sino ai nostri giorni, Isola, fautore della ripresa della principale festa cittadina13 si prodigò perché essa fosse mantenuta viva negli anni, in tempi d’ingenti dif-ficoltà economiche vissuti dal paese (specie all’indomani del terremoto del 1908), attento alla cura dei dettagli dell’allestimento scenico, all’organizzazione dei portatori (“’mbuttaturi”), sovente anticipando le spese occorrenti per gli addobbi, i tamburini, le bande musicali, i fuochi pirotecnici, etc14.

Oggi che la festa nuovamente si approssima, resta ancora il vincolo arcano ed indissolubile che lega Isola con la Varia e la sua storia, senza falsa retorica od equivoci di sorta.

Fuori dalle chiassose diatribe e dalle elucubrazioni degli esperti nella “Sarmura” dei nostri tempi, il ricordo del buon Pelorosso resta affidato al ciclo dei Rupe:

«Chi pagherà – del resto - i festoni di lampadine nel Corso, ed il palco musicale nella piazza Rupe? Chi i razzi, le rotelle pazze, il castel-lo, i mortaretti, le batterie di Perricòne? Dio provvederà, dicono gli organizzatori capeggiati da Rosso di Sila, il gran mago della “Bara”».

NOte

1 “Qui da noi il Carnevale fu abbastanza freddo. Non le solite maschere scorrazzanti per il paese a mettere nella folla dei monelli un po’ di chiasso e di baldoria. Se non fosse stato, nell’ultimo giorno, per quel bello originale di Rocco Isola Pelorosso, il quale organizzò nientemeno che una battaglia fra Italiani ed Abissini (…) e che portò in piazza una folla enorme di persone, sarebbe corso pure questo ultimo giorno nella monotonia che lo precedettero”. La Ragione, Palmi, n. 7, 19 febbraio 1888.2 In quella circostanza, in particolare, egli si distinse nel soccorso agli indigenti, installando presso il Trodio, in polemica con l’ammistrazione comunale del tempo, delle «vere cucine economiche» ove tutti i cittadini avrebbero potuto «mangiare con pochi soldi e sino ad un soldo di cibo sano», v. Il Piccolo di Palmi, anno II, 3 dicembre 1894. 3 Cfr. DOMENICO FERRARO, A egregie cose, Nuove Edizioni Barbaro, Delianuova, 2009, p. 64.4 MARIANO PARISI, Palmi, la Sorrento delle Calabrie, Napoli, 1928. 5 U Chiaccu, Palmi, 10 ottobre 1921, anno I, n. 13.6 A sua volta ripreso da Luigi Bruzzano in Calabria-rivista di letteratura popolare, anno XII, n. 6, Monteleone, agosto 1900.7 Alla poesia del Gullì accenna, tra gli altri, Giuseppe Silvestri Silva nel saggio Poeti dialettali calabresi: Migliorini–Milone–Gullì, Tip. Nazio nale, Genova, 1932.8 Cfr. T. GALLUCCIO-F. LOVECCHIO, La Varia, storia e tradizione, Rem Edizioni, Palmi, 2000, p. 73.9 U Chiaccu, n. 9, Anno I, Palmi, 5 settembre 1920.10 Ibid., n. 37, anno II, Palmi, 11 settembre 1921.11 T. GALLUCCIO-F. LOVECCHIO, op. cit., p. 54.12 F. G. ANTONIO BARONE, Il Terremoto del 16 novembre 1894 e il Miracolo della Vergine SS. del Carmine, Tip. degli Artigianelli, Napoli, 1895, p. 100. 13 «(…) Il suo amore per Palmi non si limitò soltanto all’azione disinteressata per il Sant’Elia perché, cittadino dinamico e responsabile, si interessò anche delle feste e delle nostre tradizioni. Manifestò, infatti, il suo impegno per la ripresa e l’organizzazione della festa della Varia, anticipando le spese dei festeggiamenti», in DOMENICO FERRARO, op. cit, p. 58.14 Emblematica, relativamente all’edizione della Festa della Sacra Lettera del 1919, la delibera del Regio Commissario Pasquale Antignano, n. 229 del 4 settembre, la quale, ritenendo “(…) fosse antico costume della popolazione di Palmi, di solennizzare con grande pompa ed a spese del Comune la festività della Madonna della Sacra Lettera, Patrona della Città (…) – affinché la tradizione «non osservata durante tutto il periodo della guerra, fosse ripresa», disponeva - attingendo «dagli utili della gestione annonaria comunale» - il rimborso della somma oc corsa per i festeggiamenti «a favore del Sig. Isola Rocco che l’ha anticipata»; cfr. T. GALLUCCIO-F. LOVECCHIO, op. cit., p. 80.15 LEONIDA REPACI, Storia dei fratelli Rupe, Principio di secolo, Mondadori, Milano, 1957, p. 218.

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riCordi storiCi

di Giuseppe Cricrì

Una grave vicenda giudizia-ria interessò le cronache

della Città di Palmi nella prima metà del novecento, riguarda i fatti del cosiddetto “ 25 nero” raccontati nel libro omonimo, scritto da Domenico Gangemi nel 2004. L’avvenimento pur ap-profondito da dibattimenti, rela-zioni e resoconti, nelle aule dei tribunali, dalla stampa locale e nazionale, prima rimase avvolto per anni da una coltre di reticen-ze di regime, poi fu come insab-biato dalle brume dell’incertez-za, figlie di omertà e paura, poi dall’oblio. Da ragazzo ho abitato per tanti anni al numero 6 di via Rocco Pugliese. Anche la Sezione del Partito Comunista, ubicata al numero105 di Corso Garibaldi, era intitolata a questo giovane personaggio della storia locale. Ma conoscevo poco di lui, del tra-gico episodio che ne ha fatto un martire della dittatura fascista, ero curioso di vedere che faccia avesse, di avere notizia su come davvero si erano svolti i fatti che avevano determinato la sua morte, solo molti anni più tardi avrei avuto l’opportunità di sape-re. Rocco Pugliese era nato il 27 gennaio 1903 a Palmi, da Giusep-pe e Maria Polimeni, fin da giova-nissimo, innamorato degli ideali che aspiravano all’uguaglianza e alla giustizia sociale, aveva mi-litato nel Partito Socialista, per poi passare al Partito Comunista d’Italia, fin dalla sua fondazione nel 1921, dirigendone la locale sezione. Nel 1925, all’epoca in cui si svolsero i fatti che lo portarono alla morte egli era uno studente di ragioneria.

Palmi, centro di un’intensa at-tività culturale, vantava la pre-senza di numerosissimi seguaci del pensiero riformista di ispira-zione marxista, tanto fra gli in-tellettuali quanto fra i lavoratori, operai e contadini, che si orien-

tavano verso un ideale politico

socialista o comunista; (la sezione del partito contava trecento iscritti, con centottan-ta aderenti al circolo giovanile, in gran parte contadini e brac-cianti, insieme a professionisti e studenti). Rimase memorabile il corteo del 1924, in cui ben cin-quemila antifascisti sfilarono per protestare contro l’assassinio di Giacomo Matteotti, andando a deporre corone e fiori al cimite-ro. Alle votazioni di quell’anno i comunisti andarono molto vicini ad eleggere un loro candidato, l’avvocato Diomede Marvasi, che per solo pochi voti non ottenne il quorum. In quello stesso perio-do esponenti del locale Fascio di Combattimento (espressione del partito egemone nel panorama nazionale andato al potere nel 1922 e costituitosi in dittatura nel 1925), organizzati in drappelli con intento turbativo o punitivo, in più occasioni pianificarono ag-gressioni contro esponenti della sinistra, innescando ritorsioni e vendette. Il 27 agosto 1925 du-rante le celebrazioni della festa della Madonna della Sacra Lette-ra e della Varia, i fascisti prete-sero che dalla “ Scasata “ e per tutto il trasporto del carro Sacro, la banda suonasse l’inno “Giovi-nezza”, al posto della tradiziona-le marcetta composta da Rosario Jonata. Molti palmesi si ribellaro-no a quella prepotenza, chieden-do la restituzione dei contributi versati e boicottando il trasporto della Varia, dato che e i porta-tori, tradizionalmente apparte-nenti alle cinque corporazioni dei carrettieri, marinai, bovari, artigiani e contadini, erano in gran parte comunisti o socialisti.

In effetti per il trasporto del Carro si presentarono solo cin-que marinai e cinque carrettie-ri e la processione, diventata ormai sfilata politica fascista, fu boicottata perfino dai preti: infatti se ne presentò solo uno. Le provocazioni squadriste conti-nuarono e la tensione raggiunse il culmine alla mezzanotte del 30

agosto, mentre la gente assi-steva ai fuochi artificiali: i fascisti fecero irruzione tra i tavoli del caffé De Rosa, frequentato da comunisti e socialisti, sfidandoli e intonando ancora “Gio-vinezza”. Rocco Puglie-se invitò a smettere la provocazione, inizian-do a cantare “Ban-diera Rossa”, ma, aggredito a basto-nate da un fascista

reagì lanciando una sedia. Dalla rissa nacque

una sparatoria nella quale ri-masero feriti due fascisti, Rocco Gerocarni, che morì il giorno se-guente, e Rosario Previtera, ol-tre a due passanti. ( I testimoni videro partire i colpi fatali dalla pistola di un fascista impegnato nella colluttazione, ma per paura nessuno osò confermarlo alle au-torità inquirenti, anch’esse con-dizionate dal regime).

Il commissario di polizia Fran-cesco Cavalieri arrestò molti antifascisti palmesi, accusati di avere organizzato un complotto sovversivo; lo stesso Cavalieri successivamente ammise che gli arresti erano dovuti a motivi po-litici e non erano legati all’omici-dio. Da Roma il segretario del PNF Roberto Farinacci inviò un tele-gramma, invitando alla vendetta e il 15 settembre le squadracce fasciste devastarono il circolo “Unione e Progresso” e la casa dell’operaio comunista Managò, il quale fu anche arrestato dalla po-lizia. I fascisti assaltarono anche la casa del fratello dello scrittore Leonida Repaci, rubarono oggetti e denaro e cercarono di fare ir-ruzione nel carcere di Palmi, con l’intento di linciare gli antifascisti arrestati per i fatti della Varia. Il giornalista Giuseppe Dato, cor-rispondente della “Gazzetta di Messina e delle Calabrie”, pur essendo anch’egli fascista, fu aggredito e gettato in una va-sca colma d’acqua, colpevole di aver criticato in una corrispon-denza le violenze squadriste. Molti testimoni che in un primo momento avevano rilasciato de-posizioni a favore degli imputati, durante l’istruttoria, condotta in modo evidentemente parzia-le, ritrattarono, riferendo di es-sere stati minacciati dai fascisti e pochi mesi dopo due di loro si suicidarono, uno di essi dopo aver scritto un biglietto nel qua-

le attribuiva il proprio suicidio al rimorso per aver ingiustamen-te incolpato Giuseppe Pugliese, Giuseppe Marazzita e Leonida Repaci, tuttavia la corte non tenne in alcun conto tutto ciò. Il 5 dicembre di quello stesso anno il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Ca-tanzaro chiese il rinvio a giudi-zio di trentuno persone per cor-reità in omicidio premeditato e mancato omicidio premeditato. La sezione d’accusa della Corte d’Appello di Catanzaro il 29 mar-zo 1926 rinviò a giudizio quindici persone presso la Corte di Assise di Palmi, mentre le altre furo-no prosciolte con formula piena o per insufficienza di prove, fra questi lo stesso Leonida Repaci.

Il processo fu trasferito per legittima suspicione presso la Corte d’Assise di Nicastro. Gli avvocati difensori designati dagli imputati furono arrestati ed in-viati al confino; il processo fu poi sospeso poichè il Procuratore Ge-nerale chiese il rinvio a giudizio di quattro testimoni che avevano ritrattato le loro deposizioni ac-cusatorie.

Il 12 marzo 1928 la Corte di Cassazione sentenziò che il pro-cesso dovesse essere assegnato al tribunale speciale, presso il quale il 27 novembre dello stesso anno iniziò il dibattimento.

Rocco Pugliese per tutto il tempo della sua carcerazione preventiva e durante le udienze tenne sempre un comportamen-to fiero e mai remissivo, per lui il Pubblico Ministero Isgrò chiese l’ergastolo, per altri otto imputa-ti la pena proposta fu di 30 anni, mentre la pena più “leggera” richiesta fu di 12 anni e per un solo imputato fu chiesta l’assolu-zione per insufficienza di prove. Il 5 dicembre 1928, a soli otto giorni dall’inizio del processo, il tribunale (Presidente Tringali- Casanova, relatore Presti), emise la Sentenza n. 145, che commina-va durissime condanne: la più pe-sante, di 24 anni e 7 mesi, toccò proprio a Rocco Pugliese, mentre Natale Borghese e Vincenzo Pu-gliese ebbero 10 anni e 8 mesi, Giuseppe Florio e Gregorio Grasso 10 anni e 7 mesi, Giuseppe e An-tonio Bongiorno 8 anni e 7 mesi.. Gli altri sei antifascisti furono as-solti, tra di essi Francesco Carbo-ne,( futuro Sindaco di Palmi dal 1946 al 62), Antonio Sambiase, Giuseppe Pugliese, Pasquale Ca-rella e Giuseppe de Salvo, oltre all’avvocato socialista Giuseppe Marazzita, (futuro senatore del-la Repubblica), che però fu poi ripetutamente incarcerato nei restanti anni della dittatura fa-scista.

Il povero Rocco Pugliese fu rin-chiuso nel penitenziario di Santo Stefano, il regime fascista vi de-

PalmiRocco Pugliese

Morire per un ideale

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riCordi storiCi

portava gli oppositori più perico-losi con l’intento di piegarne la volontà con durissime condizioni di detenzione. Anche in quello squallido luogo Rocco manten-ne la sua condotta coraggiosa ed indomita, rifiutando di sotto-mettersi al supplizio carcerario fascista, fatto di torture e sevi-zie continue, e ciò fino alla mor-te, avvenuta il 17 ottobre 1930. Secondo la versione ufficiale Pu-gliese si suicidò impiccandosi, mentre un’altra versione, poco credibile, sostiene che morì sof-focato mentre due secondini cercavano di alimentarlo forza-tamente con una sonda, legato al letto di contenzione. L’alimen-tazione forzata sarebbe stata decisa in seguito a un supposto sciopero della fame di Rocco. In realtà varie fonti credibili so-stengono che Pugliese fu strango-lato oppure ammazzato di botte dai secondini: secondo Francesco Spezzano “dopo avergli buttato sulla testa una coperta (...) lo uccisero a bastonate” e ancora “le sue grida disperate furono udite a lungo dai compagni di pena (...) che, chiusi nelle altre celle, nulla poterono fare per aiutarlo” e poi “l’emozione per il barbaro assassinio fu enor-me fra i detenuti che fecero poi una colletta per mandare al suo funerale una corona di fiori”. Il trattamento sopra descrit-to era chiamato dalle guardie il “Sant’Antonio”, termine derivato dal gergo dei camorristi che con-

sisteva nell’irrompere all’improv-viso nella cella, coprire la vittima con una coperta, e poi colpirla duramente a calci, pugni, basto-nate o con le grosse chiavi delle celle. La coperta serviva per non far riconoscere gli aggressori, per soffocare le grida della vittima e impedirgli di reagire, e anche per non lasciare segni sul corpo del bersaglio del pestaggio, che potessero testimoniare l’aggres-sione. Secondo l’anarchico ligure Giuseppe Mariani, già detenuto a Santo Stefano, in quel peniten-ziario durante i pestaggi non si usava nemmeno la coperta, vi-sto che le guardie, certe dell’im-punità, non ritenevano di dover prendere alcuna precauzione. Il detenuto comunista Giovanni Pianezza, compagno di cella di Rocco, ottenne di poterne veglia-re la salma in camera mortuaria, dichiarando di esserne il cugino. In un attimo di disattenzione del-le guardie riuscì a sollevare il len-zuolo che copriva il corpo e vide che il volto era livido, come per una morte per asfissia. Sorpreso dalle guardie, fu minacciato di fare la stessa fine di Rocco, se avesse parlato, e fu immediata-mente trasferito. In una cella vi-cina a quella nella quale era rin-chiuso Rocco Pugliese si trovava detenuto Sandro Pertini, futuro amatissimo Presidente della Re-pubblica, egli anni dopo, nel 1947, essendo eletto deputato dell’As-semblea Costituente, ricordò in un intervento in aula che: “Rocco

Pugliese venne soppresso all’er-gastolo di Santo Stefano quando io ero lì, al letto di forza”. Ed ancora in una sua testimonianza riportata nel libro a cura di Vico Faggi, raccontò: “Una notte fui svegliato da un grido soffocato «mamma, mamma!». L’indoma-ni fu sparsa la voce che Rocco Pugliese si era impiccato; ma il suicidio non era che una messa in scena. Pugliese era stato ucci-so dai carcerieri.”. La famiglia di Rocco Pugliese apprese solo ca-sualmente della sua morte, del destino della sua salma non se ebbe mai più notizia. Con la fine della seconda Guerra Mondiale e l’avvento della Repubblica anche nella Città di Palmi fu revisionata la toponomastica. La antica via del Littorio (così denominata per la presenza in essa della vecchia casa del Fascio, “Arnaldo Musso-lini”, ubicata ove oggi è il Cinema Sciarrone ) cambiò denominazio-ne e da quel momento venne in-titolata ad un giovane uomo che ribellandosi alla dittatura fasci-sta era stato trucidato per aver voluto difendere le proprie idee. Questo uomo era Rocco Pugliese.

(Un particolare ringraziamen-to vada ad andrea gaddini, dal cui articolo sono state ricavate le notizie sulla biografia di Roc-co pugliese e alla famiglia che ci ha concesso le immagini )

IL FILO SPINATODalla porta spalancata

entravano occhi ingenui,tante domande

e strani pensieri.

Un rumore...chiuse le porte...

ed a braccia aperteli accolse la morte.

Filo spinatodi grandi steccati...

una nuova vitali ha imprigionati.

Colori tristi,colori scuri...

il destino dell’uomovolava nel fumo.

Segni nel corpo,sguardi affamati,

mani legate,speranze andate.

L’oscurità avvolse ogni cosa.La memoria ricorda

e quella storia ripeter non osa.

Questa poesia è stata com-posta, in occasione della giornata della memoria, dedi-cata all’olocausto del popolo ebreo.

Gli alunni della 5° C della Scuola elementare “r. de

zerbi”, Palmi

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sAPeri & sAPori di Walter Cricrì

Il broccolo è un ortaggio che appartiene alla famiglia del-

le Crucifere, dalla forma a cro-ce delle quattro foglie, ed il suo nome deriva dal latino broccus, che significa germoglio.

La raccolta inizia nel mese di ottobre ed è possibile trovarlo in commercio per tutto il periodo in-vernale, infatti, una volta tagliato per la raccolta, la pianta continua a ricacciare gemme a fiore; per questo motivo possiamo trovare il broccolo fino alla primavera, quando cominciano a svilupparsi i fiori, ed a questo punto, non ri-sulta più commestibile.

Le varietà di broccolo più co-muni sono: il “Bianco”, il “precoce di Verona”, il “Calabrese”, il “vio-letto siciliano”, il “grosso Romane-sco” ed il “bronzino di Albenga”.

Risulta che la sua prima colti-vazione abbia avuto luogo in Asia Minore; era sacro per i Greci ed i Romani che ne facevano uso per curare diverse malattie e addirit-tura lo consumavano crudo pri-ma dei banchetti per consentire all’organismo di assorbire meglio l’alcool. Con il passare del tempo, i broccoli si sono diffusi sempre di più e la loro presenza sulle mense è notevolmente aumentata pro-prio grazie alle loro innumerevoli qualità e per tantissimi anni sono stati considerati un cibo ideale nei periodi difficili.

i l B R O ccO l O

Rappresenta un alimento molto amato perché, oltre al gradevole e gustoso sapore, il broccolo ha pochissime calorie (27 per 100g) e viene quindi spesso consumato nelle diete ipocaloriche. Ne esisto-no diverse varietà ma le più note sono due: il cavolo broccolo che ha un fusto corto e inflorescenze di un colore verde acceso, con i fiori biancastri, molto simili a quelli del cavolfiore anche se più piccoli; il cavolo broccolo ramoso che è simi-le al cavolfiore e presenta la cima di un colore verde azzurro e i ger-mogli laterali morbidi, di un colore verde scuro, chiamati broccoletti. Generalmente sono consumati les-sati o al vapore per esaltarne al massimo il gusto. Questo ortaggio è un tipico alimento invernale e quindi conviene sicuramente ac-quistarlo nella stagione di appar-tenenza, quando si può trovare anche ad un prezzo più basso.PROPRIETà SALUTARI E NUTRITIVE DEI BROCCOLI_ I broccoli sono or-taggi ricchi di sali minerali (calcio, ferro, fosforo, potassio), vitamina “C”, “B1” e “B2”; fibra alimentare; tiossazolidoni, sostanze che si sono dimostrate particolarmente effi-caci nella cura della tiroide. Inol-tre contengono sulforafano, una sostanza che non solo previene la crescita di cellule cancerogene ma impedisce anche il processo di di-visione cellulare con conseguente

apoptosi (morte cellulare). Il sul-forafano, insieme agli isotiocianati, e sp l i ca azione protettiva soprattutto con-tro i tumori intestinali, polmonari e del seno. Hanno anche un pote-re antianemico, emolliente, diu-retico, cicatrizzante, depurativo, vermifugo. Sono indicati nei casi di stitichezza cronica per l’enorme ricchezza di fibre vegetali. Inoltre, gli specialisti consigliano il loro consumo per l’alto potere antiossi-dante in essi contenuto che aiuta a rafforzare le difese immunitarie e spesso è suggerito per combattere l’Helicobacter pylori, un batterio molto resistente che colonizza la mucosa gastrica generando fasti-diose gastriti ed ulcere. I broccoli, come tutti i vegetali, combattono la ritenzione idrica aiutando l’orga-nismo a disintossicarsi. Infine, ridu-cono il rischio di cataratta e proteg-gono dall’ictus. Sebbene i broccoli siano considerati ortaggi ipocalori-ci, sono molto efficaci nelle situa-zioni di estremo affaticamento e di carenze vitaminiche e utili nelle si-tuazioni di estremo nervosismo ed eccessiva irritabilità. Da porre l’ac-cento, la presenza di antiossidanti che si formano quando le pareti cellulari di questi vegetali vengono spezzate o dal taglio del coltello o dalla masticazione.

Infine, una notizia arriva da una ricerca condotta dalla Johns Hopkins Medical School e pubbli-cata sulla rivista American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine. I broccoli sarebbero un eccellente rimedio contro le affe-zioni polmonari, asma e problemi respiratori in genere. Già consi-derati il “top” degli antiossidanti, oggi possono anche vantare il pri-mato di “salvapolmoni”.

Sicuramente la cottura a vapo-re è quella che meglio di altre è in grado di esaltare il sapore dei broc-coli e preservare inalterate tutte le proprietà salutari e nutritive.

Il broccolo, può essere con-sumato sia crudo che cotto: nel primo caso, in pinzimonio, cotto invece (lasciandolo leggermen-te al dente) lo potete gustare in insalata, condito con una vinai-grette, gratinato con besciamella e parmigiano, ottimo se ridotto a purea con un po’ di burro o nel minestrone.

Vera e propria panacea, il suc-co di broccolo crudo, magari mi-schiato a quello di carota con un po’ di limone, è un vero rinvigo-rente nelle situazioni di estremo affaticamento e di carenze vita-miniche; utile nelle situazioni di estremo nervosismo ed eccessiva

irritabilità, e per riequilibrare le condizioni della pelle e del cuoio capelluto, per liberare l’intestino da vermi o parassiti e in caso di asma e pertosse. Logicamente anche crudi esercitano quasi le stesse proprietà del loro succo, con il vantaggio che mangiati cru-di sono più appetitosi che berne invece il succo.

Il broccolo cotto, con l’acqua di cottura e un’eventuale aggiun-ta di miele è molto utile contro gli abbassamenti di voce, il raf-freddore, l’asma e la bronchite. La sola acqua di cottura è bene-fica in caso di diarrea e dissen-teria, ma anche in caso di stiti-chezza. In caso di sbronza, per alleviare gli effetti del “giorno dopo”, è consigliabile un brodo concentrato di cavolo, gli effetti sono garantiti.

COME EVITARE L’ODORE “PAR-TICOLARE”?_ L’odore che spri-giona durante la cottura è molto caratteristico, e dovuto alla pre-senza di un enzima, che si atti-va proprio nella fase del taglio e della cottura.

Per ridurre le esalazioni odoro-se basta semplicemente spremere un limone nell’acqua di cottura.

Per quanto riguarda la con-servazione, è un ortaggio che si mantiene in frigorifero per cir-ca 3/4 giorni. Può essere anche riposto in freezer; basterà farlo sbollentare e chiuderlo bene in un contenitore, e si conserverà anche per un anno.COME SCEGLIERE_ Le infiorescen-ze dei broccoli devono essere compatte, sode, di colore vivo e intenso, senza presentare am-maccature o parti ingiallite. Le foglie devono essere consistenti e fragili al tatto, carnose e rom-persi con suono secco.COME CONSERVARE_ Conserva-re i broccoli in frigorifero nello scomparto della frutta e verdura. I broccoli sono un ortaggio resis-tente. Si mantengono anche 4-5 giorni. Cotti si conservano per 2 giorni, in frigorifero, accurata-mente coperti.COME PULIRE_ Eliminare le foglie e staccare le cimette dal torsolo. Lavare accuratamente i broccoli sotto acqua corrente.PRINCIPALI METODI DI COTTURAA vapore: è il miglior metodo di cottura per i broccoli. Occorre però staccare tutte le cimette (non è possibile cuocerlo intero). Cuocere per 20 minuti.Bollitura: usare abbondante acqua salata (4 litri per 1 Kg di verdura). Cuocere per 10 minuti circa.

vroccula a’ palermitanaingredienti per 4 persone:• 4/6 cime di broccoli• 1 cipolla (o scalogno)• 4 acciughe• 1 peperoncino• olio extravergine d’oliva• pecorinoPer la preparazione di questo tipo di pasta è possibile utilizzare dei bucatini oppure della pasta corta tipo penne, sedanini, caserecce e via dicendo.Un’altra cosa da non trascurare è che la pasta con i broccoli è ottima da scaldare il giorno dopo in padella e quindi… non lesinate nelle quantità!preparazionePulite i broccoli e selezionate le foglie più tenere. Lavatele e lessatele in acqua e sale. I broccoli sono cotti quando riuscirete ad infilzare con la forchetta la base delle cime. Scolate con una schiumarola e disponetele in un grande piatto a raffreddare. Conservate l’acqua di cottura dei broccoli per cucinare la pasta. In un tegame dal fondo largo versate dell’olio d’oliva, il trito di cipolla (io non avevo la cipolla bianca ed ho utilizzato quella rossa) ed 1 peperoncino e lasciate soffriggere a fuoco basso per un paio di minuti. Sciogliete i filetti di acciuga nel trito di cipolla con l’aiuto di un cucchiaio. Intanto tagliate i broccoli a pezzetti e versateli nella casseruola con il soffritto. Amalgamate bene e lasciate insaporire a fiamma viva aggiungendo un po’ d’acqua di cottura. Aggiustate di sale. Intanto cucinate la pasta nell’acqua di cottura dei broccoli e quando mancheranno 2 minuti alla fine della cottura trasferite la pasta nel tegame con i broccoli e mantecate il tutto aggiungendo acqua di cottura all’occorrenza. Servite nei piatti aggiungendo del pepe nero e del formaggio grattugiato.

*E’ sempre conveniente tenere un po’ di condimento da parte da mettere sulla pasta.

un piccolo albero con grandi virtù

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sAPeri & sAPori di Walter Cricrì

L’olivo o ulivo (Olea europaea) è la pianta dominante nel nostro territorio, sia dal punto di vista paesaggistico che produttivo.

Originaria del Medioriente, i suoi frutti (drupe), fin dall’antichità, sono stati utilizzati per l’alimentazione e per la spremitura al fine di ottenere l’olio, utilizzato per l’illuminazione, funzioni religiose e per condimento alimentare.

L’albero di olivo se lasciato crescere e sviluppare naturalmen-te, assume di solito una forma piuttosto irregolare, globoso-conica

e cespugliosa, con chioma sviluppata, prevalentemente, in ampiezza o in altez-za, secondo la varie-tà (vedi la cultivar Sinopolese che può superare i 20 metri di altezza). L’albero, se abbandonato a se stesso o potato male, non solo perde il suo fascino ma diventa improduttivo. Inizia a gemmare in polloni

e succhioni che filano in alto utilizzando tutte le energie della pianta per produrre legno; in poco tempo l’oliveto si trasforma in un bosco (da legno?)! Questi sono gli scenari che, causa l’abbandono della coltura olivicola, siamo, purtroppo sempre più spesso, abituati a ritrovarci nei dintorni della nostra cittadina.

L’alternativa che, timidamente, viene tentata negli ultimi anni, da olivicoltori lungimiranti, è quella di gestire i propri impianti come dei veri e propri frutteti; potature, concimazioni, lavorazioni o iner-bimento controllato del terreno, raccolta tempestiva delle drupe, prima della completa maturazione e così di seguito, sono tutte prati-che che favoriscono produzioni per l’alimentazione, qualitativamente elevate.

E proprio per la potatura cercheremo di dare qualche consiglio.Prima di iniziare quest’attività e consigliabile osservare con molta

attenzione gli operatori più esperti che esercitano nella propria zona o, meglio, tecnici specializzati (come gli agronomi), ed acquisire le nozioni di base che regolano la crescita e la produzione della pianta. Lo scopo di una corretta potatura, con appositi strumenti da taglio, è:• asportare i rami per rinnovare e favorire lo sviluppo delle branche fruttifere della pianta;• mantenere la piena efficienza della chioma;• intervenire modellando la forma della pianta, per regolarne la crescita ed il portamento, anche in base ad esigenze colturali, e di distribuire in modo omogeneo e corretto l’illuminazione sulle varie parti della chioma, la distribu-zione dei rami a frutto, in rap-porto alla tecnica di raccolta adottata;• favorire un elevato rapporto tra superficie fogliare e le-gno;• ridurre gli eccessi di produzione per controllare il feno-meno dell’alternanza produtti-va.

L’altezza ideale è attorno ai 4-5 metri; in questo modo buo-na parte della pratica di pota-tura e della raccolta può essere eseguita da terra e, comunque, senza l’ausilio di alte scale; tut-to a vantaggio della sicurezza.

Il periodo preferibile per la po-tatura va dalla metà di Febbraio sino ad Aprile o Maggio. La pianta

soffre le gelate ed è più vulnerabile se ha subito tagli decisi.

Se non s’intende eseguire una potatura di ringiovanimento, è consigliabile non eseguire tagli troppo intensi e decisi, per evitare una li-mitata produzione.

L’olivo va potato “forzandolo” ad assumere una forma a vaso, vuotato all’interno, favorendone un’adeguata illuminazione anche alle branche in-terne. La pianta è eliofila: deve ricevere luce per produrre frutto ed il legno, rispetto alle fronde, non deve prevalere. Con la potatura si deve otte-nere un corretto rapporto tra legno e parte vege-tativa. Nel caso quest’ultima sia in difetto, bisogna intervenire con tagli più decisi.

In generale si parla di tre tipi di potatura: di formazione, di produzione e di ringiovanimento.

Ogni parte di legno nuovo porterà delle gemme a legno e delle gemme a fiore.

I fiori sui brindilli si formano sulla nuova vege-tazione, mentre il ramo fruttifero vero e proprio è quello che “va avanti” rispetto ai fiori. Dopo un po’ di anni i rami si “esauriscono” e possono essere tagliati (taglio di ritorno).

Anche il numero di polloni e succhioni presenti è un elemento importante, se troppi potrebbe essere indice di disfunzioni vegetative. Per semplicità, possiamo parla-re di succhioni cattivi, particolarmente assurgenti e posto vicino al fusto, che assor-bono nutritivi dalla pianta indebolendo gli altri rami; e succhioni non cattivi che possono essere ingentiliti accorciandoli in modo che limitino la loro vigoria. Se si riesce a piegarli, magari mettendolo sotto altri rami, verrebbero condizionati a diventare branche buone.

La potatura che rien-tra tra il 15% e il 30% di fronda/chioma asportata, è considerata leggera, consigliata in modo par-ticolare durante la fase di allevamento e negli anni di annata scarica.

La potatura sopra il 35%, è da attuarsi in caso di ricostituzione o ringiovanimento dell’albero, eseguita in particolar modo quando si vuole dare nuova vita all’olivo ed all’emissione di germogli nuovi.Alcuni consigli pratici

E’ fondamentale adeguare la potatura in funzione dell’età dell’al-bero, nel particolare deve essere più leggera su alberi giovani mentre in quelli più vecchi bisogna andare decisi con una potatura più seve-ra. Iniziare sempre dall’alto e procedere verso il basso della chioma, i tagli più grossi si devono eseguire prima di quelli piccoli.

Tutti gli strumenti adoperati per il taglio (Accetta, Coltello, Forbi-ci, Innestatoio, Roncola o pennato, Segaccio) devono essere di accia-io temperato e ben affilato, così da permettere un taglio netto senza sbavature, che sarà disinfettato con poltiglia bordolese concentrata o magari “curato” con paste cicatrizzanti, nel caso di grosso taglio.

Durante la potatura l’operatore dovrà costantemente ripulire la lama usata per il taglio, per evitare possibili contagi per effetto della presenza di malattie sui singoli rami o da pianta a pianta. La pulizia può essere compiuta immergendo l’attrezzo in un paiolo con ipoclo-rito di sodio (candeggina) oppure con un panno imbevuto.

Infine bisognerà sbarazzarsi della potatura al più presto. Il legno potrà essere utilizzato per il riscaldamento come ottima legna da ardere. Il resto deve essere bruciato o macinato con un trinciastocchi per evitare l’instaurarsi del Fleotribo, punteruolo o tarlo dell’olivo.

Oliveto da frutto o da legno?In questo periodo stagionale, la pratica agricola prevede l’opportunità di eseguire le potature di manteni-mento e di contenimento, al fine di ottenere un adeguato equilibrio vegetativo ed un conseguente raccolto.

Effetti di una potatura ricorrente ma totalmente errata

Effetti di una potatura di ringiovanimento

Rischio d’incidenti sul lavoro

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mondo sCuolA

di Caterina Provenzano

di Rocco Sgrò

L’Istituto Tecnico Commer-ciale “L. Einanudi” di Palmi

- diretto dalla prof.ssa Rita Canan-zi – ha partecipato alla Fiera di Ve-rona dal titolo “La fabbrica delle competenze: 150 anni di lavoro, impresa e formazione”. L’Istituto è stato presente con un proprio stand il cui allestimento è stato affidato agli alunni delle quinte e terze classe per la presentazione dei Progetti di alternanza scuola-lavoro.

La fiera si è tenuta dal 25 al 27 novembre 2010 e ha ospitato la XX edizione di Job&Orienta, la più accreditata vetrina italiana de-dicata alla Scuola, Orientamento, Università, Formazione e Lavoro.

Promossa da Verona Fiere e Regione del Veneto, con la col-laborazione del miur-ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, la manifestazione si è articolata in un’ampia area espositiva, un ricco calendario di appuntamenti culturali, numerosi laboratori e coinvolgenti anima-zioni. Accompagnatori della sco-laresca sono stati il prof. di Eco-nomia, Gianni Dinami, curatore del progetto e la professoressa di Francese, Cecilia Scarcella.

Due i padiglioni di Job&Orienta: il primo dedicato al mondo dell’i-struzione, il secondo all’univer-sità, la formazione e il lavoro. Un’attenzione speciale è stata riservata alle realtà che offrono percorsi di istruzione, formazione e occupazione all’estero. Tre gior-ni pieni per gli alunni che hanno incontrato personalità del mondo politico, sociale, giornalistico e imprenditoriale come, Valentina Aprea, presidente VII Commissio-

ne Cultura della Camera dei depu-tati; Andrea Andreoli, giornalista; Giuseppe Bertagna, Università di Bergamo; Bruno Vespa, giorna-lista; Luigi Berlinguer, Federico Russo, VJ di MTV e Radio DJ.

Per quanto riguarda l’Istituto di Palmi, i progetti per l’alternanza Scuola-Lavoro presentati a Vero-na sono stati: Stage locali nelle aziende della Piana di Gioia Tauro come Prefabbrika, De Masi s.r.l. Woodline, Allera, Radi, Wuelta viaggi, Golem, Fortebuono, e stu-di commerciali. Inoltre i due stage realizzati a Rimini dalla Cescot e i due in Germania con la professo-ressa Doris Kuper. E ancora le due imprese simulate all’interno dell’I-stituto: - Interpiana Sole di Cala-bria - con azienda tutor Interpiana di Taurianova; e - L’Ape Reggina - con azienda tutor di Delianuova produttrice di miele.

La scolaresca ha rappresentato, poi, la Provincia di Reggio Cala-bria, con depliant pubblicitari, documenti e cd al fine di una mag-giore veicolazione della nostra terra sul fronte turistico. In basso gli alunni che hanno partecipato all’iniziativa:

Anastasio Denise, Condina Car-men, Iannò Giuseppe, Paladino Francesco, Papalia Maria Rosa, Parisi, Domenico, Racobaldo Giu-seppe, Romeo Saverio, Scibilia Mi-chele, Tripodi Antonio, Buggè Fe-derica, De Angelis Olga, Forgione Maria, Galletta Gianluca, Mazzullo Teresa, Melara Lucia, Papaianni Giuseppina, Pareo Laura, Rizzita-no Roberta, Caristi Lorenzo, Fio-rino Desy, Carzo Vincenzo, Gaglio-stro Stefano, Gagliostro Stefania, Galati Valentina, Noto Andrea, Pietruczuk Pawel, Romeo Azzur-ra, Frisina, Davide, Gioffrè Cla-rissa, Saffioti Vincenzo, Scarcella Roberta.

ISTITUTO TECNICO STATALE “L. EINAUDI”

PROGETTO COMENIUS

XX edizione di Job&Orienta, la più accreditata vetrina italiana dedicata alla Scuola, Orientamento, Università, Formazione e Lavoro.

vIaggIo In germanIa della v bl del magISTrale dI PalmI

Gli studenti e gli accompagnatori partecipanti Si è svolta nel mese di novembre la prima fase del Progetto Co-menius “Lingua Madre e identità culturale”, di cui abbiamo dato

notizia sul numero 9 del nostro giornale: la classe V BL dell’Istituto Magistrale “Corrado Alvaro” di Palmi, sezione di Lingua Tedesca, ac-compagnata dalla prof.ssa Silvana Iaria, ha soggiornato nell’incante-vole località di Besigheim (Baden-Württemberg), cittadina medievale vicino Stoccarda, dal 10 al 23 novembre, con i suoi studenti ospiti pres-so le famiglie dei ragazzi tedeschi del Liceo “Christoph Schrempf”, partner del progetto. Il progetto bilaterale linguistico è infatti iniziato con lo studio sul campo delle vicissitudini e delle abitudini linguistiche dei tanti italiani emigrati in Germania da 60 anni a questa parte. Il gruppo italiano è stato accolto calorosamente, sia perché alcuni degli studenti del luogo hanno radici italiane, sia perché da tempo i ragazzi coinvolti avevano acquisito familiarità tra loro attraverso scambi epis-tolari e posta elettronica. Gli studenti italiani hanno frequentato ogni mattina la scuola, alternando le normali lezioni in lingua tedesca con lo svolgimento delle attività legate al progetto, cioè molteplici eser-citazioni di tipo linguistico, con grande attenzione riservata ai dialetti dell’Italia meridionale ed alla loro evoluzione nell’uso e nella memo-ria degli emigrati italiani in Germania. Il momento più coinvolgente è stato proprio l’incontro con la folta comunità di italiani residenti nella zona di Besigheim: gli studenti li hanno intervistati in merito alla loro esperienza, raccogliendo interessanti racconti caratterizzati sia da no-stalgia che da riflessione critica sulle difficoltà e i disagi conseguen-ti all’emigrazione e alla faticosa integrazione in una nuova comunità profondamente diversa da quella di origine. In tale occasione, dopo la presentazione di un libro autobiografico dello scrittore siciliano Pino Zaccaria, operaio presso la Mercedes, molti nostri connazionali sono intervenuti per ringraziare gli studenti italiani, che con il loro inte-resse e la loro presenza hanno risvegliato in loro l’amore sincero ver-so la patria d’origine, abbandonata soltanto per necessità. Sull’onda del ricordo, sono stati momenti intensi, di riflessione, di confronto e di crescita culturale e umana per tutti i presenti, da cui è emersa l’importanza dello studio e dell’apprendimento delle lingue straniere come moltiplicatore di opportunità e strumento imprescindibile per l’integrazione e la reciproca comprensione. La serata si è conclusa con momenti di autentica festa, quando gli studenti del Magistrale di Palmi si sono cimentati nel canto di alcune canzoni tradizionali delle regioni del Sud Italia, ballando infine, in costume, una tarantella ca-labrese. Durante le due settimane trascorse in Germania, gli studenti italiani hanno anche avuto l’opportunità di visitare molte località del Baden-Württemberg: Stoccarda e il Museo della Storia, Tubinga, l’ul-tramoderno Museo della Mercedes, il castello barocco di Ludwigsburg, lo stabilimento della celebre cioccolata Ritter Sport a Waldenbuch, gli spettacolari vigneti terrazzati della cooperativa vinicola del Felsen-gartenkellerei. Anche il sindaco di Besigheim ha voluto omaggiare il gruppo italiano accogliendolo nell’antico palazzo municipale, risalente al 1200. Dopo molti giorni di studio e vita in comune, si è instaurato un forte legame tra studenti italiani e tedeschi e il momento della partenza è stato quasi commovente: non sarà facile per loro attendere fino al prossimo incontro, nel mese di Aprile 2011, quando gli studenti tedeschi giungeranno a Palmi per ricambiare la visita.

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sAlute e Benessere

Eccoci come ogni anno al consueto appuntamento

con “la Malattia stagionale” per eccellenza: l’Influenza. Tutti la conoscono, molti l’hanno con-tratta e ne sono guariti, eppure, appena arriva non manca mai di destare ansie e preoccupazioni sia per la sua sintomatologia sia per la sua risonanza mediatica.

Infatti, l’arrivo dell’influenza si accompagna immancabilmen-te all’elenco delle sue vittime; si tratta solitamente di soggetti anziani, bambini o persone de-

iNFlUeNza: male di StagiONe

fedate. Comunque sia, la morte “per Influenza” non manca mai di destare ansia e preoccupazio-ne. Ancora oggi si odono gli echi dell’allarmistica campagna anti in-fluenzale condotta lo scorso anno contro il virus H1N1 responsabile dell’Influenza cosiddetta “Suina”.

L’allarme iniziò già nel periodo estivo con casistiche allarmanti, cosa che fece correre al riparo gli Stati occidentali con l’appronta-mento (estremamente tardivo) di un vaccino ad hoc.

L’influenza raggiunse il suo api-ce nel nostro Paese all’incirca nel mese di gennaio e proprio

di Carmela Gentile

Quali differenze cliniche vi sono tra uomo e donna ?Dal punto di vista clinico, cioè per quanto attiene la morfologia delle lesioni, non esistono differenze, anche se la durata dell’affezione è diversa nei due sessi. Nell’uomo, infatti, le lesioni si presentano alla pubertà, durano alcuni anni e, solo raramente, superano i 27 – 28 anni. Se si interviene con le cure idonee, nel giro di 2 – 3 anni si può ottenere la guarigione

definitiva. Nella donna la comparsa delle lesioni coincide spesso con il menarca, potendolo anticipare o seguire di qualche anno. Si associano, in un notevole numero di casi, microcisti dell’ovaio o, anche, una sindrome dell’ovaio policistico caratterizzata da irregolarità mestruali, dismenorrea, ipertricosi o irsutismo, alopecia androgenetica. In una stessa paziente si può osservare sia peluria che caduta dei capelli, anche se è più frequente una delle due condizioni. Nella donna, essendoci alla base una patologia più complessa, la durata della malattia è più lunga e necessita di farmaci diversi e anche più impegnativi.cosa sono i punti neri, che rappresentano l’ossessione delle ragazze ? La malattia origina dalla ghiandola sebacea che ha una struttura costituita , per dirla in modo molto semplice, da una serie di cerchi uniti e sovrapposti che comunicano con un condotto principale, il follicolo, che porta il sebo sulla superficie della pelle. Il sebo viene prodotto in grande quantità e mescolato alle cellule che si sfaldano dalla parete del follicolo. Si forma un insieme duro e tenace che chiude lo sbocco del follicolo. Il contatto con l’ossigeno dell’aria fa diventare questa miscela nera. Rimuo vere questo tappo è estremamente difficile, anche perché

si riforma rapidamente. In commercio esiste una quantità enorme di prodotti che, in teoria, sono in grado di eliminarlo. Vengono vendute anche apparecchiature “ strizza-comedoni “ che danno risultati modesti o nulli. Il miglior metodo sembra quello meccanico, cioè la premitura, aiutandosi con vapori di vario genere. Il rischio è però quello di esercitare una pressione eccessiva sul follicolo, di romperlo, di impedire la fuoriuscita del sebo e di riversarlo invece nel derma, ove si verificano fenomeni infiammatori e proliferazione batterica con comparsa di ascessi che peggiorano l’acne e possono lasciare cicatrici. Qual’è il ruolo curativo delle maschere facciali e della pulizia del viso e cosa pensa del fondo-tinta e delle creme idratanti ?Negli ultimi anni vi è stata una proliferazione di centri estetici e del benessere che si sono presi cura di vari aspetti della medicina estetica. E’ indubbio che nelle forme lievi di acne, quando si voglia ridurre l’untuosità della pelle e si voglia avere un aspetto più pulito, le maschere facciali e la pulizia del viso, se eseguite da persone esperte e competenti, possano dare buoni risultati. Diverso è il discorso quando vogliamo affrontare forme serie ed impegnative di acne, dove i problemi posti sul tappeto sono più complessi e devono essere affrontati con terapie sistemiche che coinvolgono organi ed apparati. Per quanto riguarda il fondo-tinta, meglio utilizzare quelli fluidi , in quanto meno comedogeni, al pari delle creme idratanti che devono essere riservate ai casi in cui la pelle è secca, perché si intuisce facilmente che una crema idratante su una pelle grassa può solo creare problemi. cosa pensa dell’acido glicolico ? E’ un prodotto molto usato sia nelle forme acute che in quelle croniche e, specialmente, negli esiti e cioè nelle piccole cicatrici e nelle ipercromie. Nella fase acuta crea un miglioramento delle pustole che possono scomparire nel giro di alcuni giorni. Per quanto riguarda le macchie scure, può essere usato nella fase in cui la malattia è quiescente e, dopo alcune sedute, se ben condotte, i risultati sono apprezzabili fino a raggiungere la guarigione. e’ vero che l’acido glicolico elimina le cicatrici ?A leggere la stampa o a seguire le innumerevoli trasmissioni televisive, sembrerebbe di si. Ma se riandiamo, con un po’ di cultura scientifica, all’origine e alla formazione delle cicatrici, la risposta è no. Infatti la cicatrice è una perdita di sostanza ed è dovuta all’attività riparativa, dopo infiammazioni o soluzioni di continuità della cute, da parte di cellule chiamate fibroblasti, presenti nello strato dermico. L’acido glicolico agisce solo a livello dell’epidermide, per cui non può esercitare la sua azione a livello del derma. E’ chiaro che il problema delle cicatrici post-acneiche si pone all’attenzione degli studiosi, che, per questo, hanno ideato una serie di soluzioni che vanno dalla “ vecchia “ dermoabrasione al moderno laser resurfacing. Ma qui siamo alle soluzioni para-chirurgiche, che poco hanno a che fare con la medicina estetica vera e propria che, per essere tale, deve mantenersi nel campo delle soluzioni soft. Qualcuno, ma si tratta di un chirurgo plastico, ha pure pensato a piccoli innesti di cute, prelevando dalla regione retro-auricolare e trasportandoli, a mò di francobollo, sulla cicatrice. Ma pare che l’esperienza non sia stata confortata da risultati brillanti. Se, pertanto, le migliori opzioni sono di tipo chirurgico, vuol dire che il glicolico, più maneggevole , non funziona. Forse nelle minime cicatrici, l’effetto tensivo, che dà l’acido, procura per alcuni giorni la piacevole sensazione di scomparsa della cicatrice, ma è solo un effetto visivo e non biologico. ( 2- continua )

in quel periodo iniziò la conte-statissima campagna vaccinale. I dubbi (legittimi) erano dovuti sia all’estremo ritardo della me-desima, sia alla notizia (vera) di gravi effetti collaterali che era-no stati segnalati in seguito alle prime vaccinazioni. In realtà l’in-fluenza Suina giunse e, vaccino o no, se ne andò così come era venuta con una incidenza di com-plicanze nettamente inferiore alle precedenti Pandemie di cui ancora oggi rimangono gli echi, le famose Spaziale, l’asiatica e via dicendo. Nomi fantasiosi attribui-ti alle grandi epidemie influenzali di cui si rammenta la particolare virulenza.

Tirando le somme dei danni prodotti dall’influenza Suina, il primo da computare e senza dub-bio il più doloroso, fu quello alle tasche degli Italiani. Si, perché il famoso vaccino costò al nostro beneamato Paese milioni di euro, con migliaia di dosi inutilizzate sia per il ritardo con cui giunse-ro agli Uffici Sanitari, sia perché molti, temendone gli effetti col-laterali preferirono confrontarsi con la malattia, ma anche perché nel frattempo, al giungere dei vaccini, molti l’avevano già con-tratta e ne erano guariti senza

alcun danno.L’episodio della Suina, dovreb-

be farci riflettere come al solito sul potere delle campagne me-diatiche che hanno la capacità di infettare più persone e di miete-re più vittime della Peste.

Per difendersi dagli allarmismi è opportuno consultare il buon vecchio Medico di Famiglia, il quale consiglierà per tempo la vaccinazione ai soggetti a rischio e provvederà a tranquillizzare i propri pazienti sul fatto che un’Influenza è pur sempre un’In-fluenza, sia che si chiami Suina, Asiatica o Spaziale. Da sempre l’Influenza arriva con febbre mol-to alta, dolori addominali e tosse; ma soprattutto da sempre si cura allo stesso modo: con i rimedi della nonna, stando al caldo, il brodo di gallina (che contiene po-tenti antivirali naturali), le aran-ce ed il riposo a letto. Gli antibio-tici sono controindicati, a meno che l’Influenza non abbia causato gravi complicanze respiratorie.

Dopo pochi giorni si guarisce e l’influenza ci lascia, non senza averci fatto dono di un’ulteriore carico prezioso di scorte immuni-tarie.

Coraggio dunque, se vi coglie la febbre, il mal di pancia e la tos-se, dimenticate tutti gli impegni, mettetevi a letto e, per una volta tanto, fatevi coccolare dai vostri premurosi familiari!

FOcUS ON acNe ( parte II° ) Intervista al dr. G. Ribuffo, specialista dermatologo

di Salvatore De Francia

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MadreTerraPalmi&Dintorni

30Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

PArlAndo di musiCA

talib Kweli - gutter Rainbows –

Uno dei luoghi comuni più an-tichi, è che i grandi album

rap siano quelli in cui si associano un grande produttore ed un grande rapper.

Esempi di rilievo, le accoppiate Guru & Premier, Rakim & Erik B, Sno-op Dogg & Dr. Dre, dove la versatilità dei rappers si miscelava in modo ec-celso con suoni e stili di varia e magi-strale natura.

Talib Kweli, rientra a pieni voti in questa categoria, vista la più che decennale carriera al fianco di Kanye West, Just Blaze, e Madlib, con note-voli riscontri sia di carattere commer-ciale che di critica.

Il titolo del nuovo lavoro, GUTTER RAINBOWS, deriva dai suoi ricordi d’infanzia, quando per le vie di Bro-oklyn una miscela di olio ed acqua, scorrendo sulle grondaie, generava uno strano arcobaleno luccicante.

L’album, il quarto da solista, con-ferma le già testate capacità musicali di Kweli, stavolta libero da pressioni di natura discografica, in quanto usci-to dalla sua nuova etichetta TALIBRA; si avverte infatti, che tutto è senza vincoli di idee ed opinioni altrui.

La stampa specializzata USA, lo de-finisce il primo vero passo della sua carriera solista.

I “ featuring “ si sprecano, Sean Price, Nigel Hall, Kendra Ross, Jean Grae, Outasigh, tutti magicamente coinvolti ed ammaliati dai grooves imposti da Talib.

Orecchio predisposto ed allenato, ovviamente, non è un disco Pop che scorre via senza pensieri e particolari attenzioni, bensì un tuffo nell’ Hip-Hop più puro che mai.

Buon Ascolto.

Cristoforo Bovi.

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Anno II - Nr. 14 - Febbraio 2011

intorno Allo sPort

La polisportiva San Nicola, nata nel 1973, consapevo-

le della finalità educativa dello sport, esprime senza equivoci, l’immagine della società sana, dove l’amicizia, l’educazione, il rispetto della persona e delle cose, sono valori preminenti. Sin dalla sua formazione, ha perse-guito lo scopo di aprirsi a una più vasta comunità sociale, in modo particolare, ai giovani, per allon-tanarli dalle insidie dell’apatia e dell’indifferenza, assecondando le loro richieste di praticare sport. Molti sono stati i ragazzi che, in quegli anni, hanno avuto la pos-sibilità di giocare a calcio, palla-volo, pallacanestro, cimentandosi anche nell’atletica leggera. I soci fondatori del sodalizio compo-sto da: Don Silvio Mesiti, Natale Pace, Rocco Crisafi, Prof.ssa Fran-ca Hyerace, Prof. Vincenzo Stan-ganello, dott. Concetto Gaglio-stro, Massimo Pugliese, Carmelo Pipino, Domenico Impiombato, i compianti fratelli Pino e Rocco Canale, in pochi anni sono riusciti a centrare gli obiettivi, raggiun-gendo, così, risultati importanti in tutte le discipline. Con la palla-volo, allenata dal paziente Franco Viola, approdarono addirittura in Serie C. Quel gruppo di umili ra-gazzi formato da: Saverio Petitto, Carmelo Pipino, Bruno Militano, Antonino Surace, Antonino Cam-brea, Saverio Canale, Giuseppe Surace, Pino (bacherino) Gelardi Aurelio Scionti, Valerio Barbaro, Sergio Lacquaniti, Ferdinando Marincola, Giovanni Sturniolo, dimostrò di avere voglia di emer-gere, ritagliandosi un ruolo di pri-mo piano nel panorama sportivo regionale. Si ricorda che, pur non avendo strutture coperte per al-lenarsi, Don Slivio Mesiti, mise a disposizione l’attuale sala Pio X, dove si svolgevano anche attività ricreative e teatrali. L’orgoglio di questi ragazzi era infinito, grande e significativa è la testimonianza scritta dall’allora giovanissimo Saverio Petitto, tratta da un al-bum di suoi ricordi sportivi: “Se mancasse ai giocatori la volontà, oltre a quelle che possono essere le loro doti di atleti, penso che almeno la metà di noi avrebbe già smesso di giocare. Prendete il mio caso. Ero arrivato alla Pal-lavolo Palmi in gran fretta, tutto sembrava andare per il meglio, quando all’improvviso mi sentii dire “non servi più”. Provai un senso di vuoto che mi fece perde-re la voglia di giocare... Rischiai di abbandonare. A quel punto mi sono affidato alla mia tenacia per cercare di riemergere. E’ stata dura e non mi sono mai sottratto ai sacrifici degli allenamenti. Alla fine credo di aver saputo merita-tamente riconquistare la dignità

Polisportiva San Nicola PalmiEducare alla vita attraverso lo sport

e la stima che un giocatore, per divertirsi, deve avere. Mi ritire-rò quando avrò vinto contro la squadra che mi ha deluso”. Infat-ti, così fu. Era il 1978. Il merito va dato ai dirigenti che hanno saputo creare un luogo accoglien-te, ispirato ai valori cristiani, un ambiente sano ed equilibrato, in cui i giovani hanno l’opportunità di crescere sia dal punto di vista umano che sportivo. Negli anni, risultati soddisfacenti, sono arri-vati pure dalle squadre della pal-lavolo femminile, guidate a turno da Carmelo Pipino, Massimo Iaria, Enzo De Santis ed Enzo Guerrera. Anche nel calcio, si sono raggiun-ti risultati brillanti con i ragazzi dell’ottimo Nino Grasso. Da non dimenticare il successo nazionale di Rocco Romeo e dell’indimenti-cato Pino Sergi, allenati da Rocco Crisafi, che si sono imposti a S. Agnello di Sorrento in una gara podistica sui diecimila metri, conquistando rispettivamente il primo e il secondo posto. Grande è stato anche il compianto Gianni Caravelli, maratoneta di razza. In evidenza anche la pallacanestro, affidata a Santo Gagliostro e al prof. Raffaele Fotia, coordinatore tecnico di tutte le attività spor-tive. Tante sono state le persone che hanno collaborato e conti-nuano a collaborare per il man-tenimento della Polisportiva che, (lo diciamo per dovere di cro-naca) non ha mai ricevuto con-tributi da parte di nessun ente. Sono stati Don Silvio Mesiti e la prof. Franca Hyerace, coloro che in modo particolare, hanno dato

un impulso alla comunità orato-riale, certi che lo sport è fatto-re di emancipazione, finalizzato a tutelare i deboli e a costruire una società più fraterna e unita. Uno sport che contribuisce a far amare la vita, educa al sacrificio al rispetto e alla responsabilità, conduce le persone a valorizzare le proprie risorse umane. La Po-lisportiva, ha sempre cercato di affidare le proprie sorti a coloro i quali, in essa sono cresciuti e della quale hanno sposato pro-getti e valori, scevra da ambizio-ni di prestigio, di potere, di per-fezionismi tecnici che col tempo provocano tensioni, in contrasto proprio, con lo spirito che la Poli-sportiva vuole diffondere. Infatti, la società attuale continua la sua marcia d’impegno sociale, con coloro i quali hanno fatto la sto-

di Rocco Cadile

ria della Polisportiva San Nicola: Carmelo Pipino, Giuseppe Misa-le, Saverio Canale, Rocco Crisafi, Vincenzo Guglielmo, Silvana Par-rello, Paolo e Vincenzo De Santis, Annarita Zavaglia, persone dalle doti umane non comuni, animati ancora da vigore e spirito di ser-vizio. Un’annotazione particolare per Massimo Pugliese e Carmelo Pipino che, con il loro impegno e la loro dedizione hanno trasmes-so speranza, facendo superare i momenti di difficoltà. A queste persone e a tutti coloro che a va-rio titolo, hanno profuso energie per la comunità San Nicola in fa-vore dei ragazzi seguiti e di quelli che ancora lo sono, con amore, sia nello sport che nella loro per-sonale ricerca di fede, diciamo immensamente grazie.

In alto da sinistra - Monia Pipino, Monica Luppino, Mimma Latella, Alfonsina Managò, Annarita Zavaglia. In Basso da sinistra - Vincenzo Guerrera, Ivana Martello, Claudia Marsella, Ketti Guerrera, Carmela Cannizzaro, Teresa Gre-co. In mezzo, seduto, Pino Infantino.

In piedi: Saverio Canale, Nino Surace, Nino Cambrea, Franca Hyerace, Aurelio Scionti, Renato Marincola, Pino Surace. Accosciati: Franco Viola, Pino Bagalà, Saverio Manucra, Saverio Petitto e Carmelo Pipino

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