NUMERO 13 - GENNAIO 2011

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www.madreterranews.it MadreTerra Palmi & Dintorni www.madreterranews.it Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011 PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE OMAGGIO FREE PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - F FREE PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - FREE Paolo Ventrice 1 50 anni di storia destinata ad essere cancellata da un manipolo di goliardi. Proprio nel 150 esimo anniversario dell’unità, probabilmente, assiste- remo alla rottura dell’Italia e fra 150 anni, ci troveremo di fronte alle ricorrenze, contemporanee, del 300 esimo anniversario dell’uni- tà e del 150 esimo anniversario della rottura! Magia di un paio di “omini verdi”, folletti di una terra fredda e neb- biosa che con incantesimi e magie costringono un popolo a disunirsi. Un paese costruito sopra mi- gliaia di morti, fiumi di sangue e patriottismo d’altri tempi, rischia di essere diviso, per meri motivi politici, in barba ai poveri Mazzi- ni, Garibaldi, Cavour, Giolitti ecc... guide di una generazione che fa- ceva parte di un periodo storico dal nome emblematico, Risorgi- mento, da un manipolo di “bos- siniani” che tenta di distruggere quanto edificato. Possibile che Calabria, Sicilia, Puglia e Campania (per citarne qualcuna), da sempre terre di con- quista oggi non esercitano più at- trattive? Dai greci ai romani (che almeno un po’ di cultura hanno lasciato), ai borboni, il cuore pulsante del me- diterraneo, porta di passaggio dA e verso le Afriche, è stato il sud di questa penisola sacra, preda di tut- ti, dove nessuno ha lasciato nulla. Terre martiri degli altri e vittime di se stesse, terre del sud, vagoni di un treno destinati allo sgancio, peso insostenibile delle pur veloci locomotive del nord che non le vo- gliono appresso. Il nostro destino in mano agli al- tri! E’ questo il dramma più gran- de. Non aver fatto nulla per con- trastare un piccolo partito politico, cresciuto via, via, al motto “ morte a Roma (e con Roma tutto ciò che c’è più a sud) ”, aver atteso che le cose si “aggiustassero” da sole o venissero sistemate da chi non è nè Nord nè Sud, sono stati gli er- rori più grossi. Non è ammissibile non contrastare chi ci vuole sgan- ciare, non dopo aver razionalizza- to che quelle terre sono cresciute anche grazie alle mani di poveri terùn” con la valigia di cartone. Oggi siamo passivi come forse lo siamo sempre stati. Il ritardo che misuriamo nei confronti del nord si è accumulato nei secoli ed ora ri- schiano di rallentarci ancor di più, di staccarci definitivamente. In copertina cerchiamo di raffi- gurare lo stato delle cose affian- cando personaggi di un tempo e volti di oggi, auspicando che non succeda ciò che è raffigurato, qua- si a sottolineare il gesto del simpa- tico Bossi: un’Italia rotta, a testa in giù e cancellata! STUDENTI E MOVIMENTI CENTRO “PRESENZA” IL RIMPASTO di Saverio Petitto di Dario Costantino pag. 26 pag. 15 pag. 2 di Cettina Angì 150 ANNI DI STORIA ... E VOGLIONO PRENDERCELA! EDITORIALE

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www.madreterranews.it Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE

OmaggiO FREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FFREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FREE

Paolo Ventrice

150 anni di storia destinata ad essere cancellata da

un manipolo di goliardi.Proprio nel 150esimo anniversario

dell’unità, probabilmente, assiste-remo alla rottura dell’Italia e fra 150 anni, ci troveremo di fronte alle ricorrenze, contemporanee, del 300esimo anniversario dell’uni-tà e del 150esimo anniversario della rottura!

Magia di un paio di “omini verdi”, folletti di una terra fredda e neb-biosa che con incantesimi e magie costringono un popolo a disunirsi.

Un paese costruito sopra mi-gliaia di morti, fiumi di sangue e patriottismo d’altri tempi, rischia di essere diviso, per meri motivi politici, in barba ai poveri Mazzi-ni, Garibaldi, Cavour, Giolitti ecc... guide di una generazione che fa-ceva parte di un periodo storico dal nome emblematico, Risorgi-mento, da un manipolo di “bos-siniani” che tenta di distruggere quanto edificato.

Possibile che Calabria, Sicilia, Puglia e Campania (per citarne qualcuna), da sempre terre di con-quista oggi non esercitano più at-trattive?

Dai greci ai romani (che almeno un po’ di cultura hanno lasciato), ai borboni, il cuore pulsante del me-diterraneo, porta di passaggio dA e verso le Afriche, è stato il sud di questa penisola sacra, preda di tut-ti, dove nessuno ha lasciato nulla.

Terre martiri degli altri e vittime di se stesse, terre del sud, vagoni di un treno destinati allo sgancio, peso insostenibile delle pur veloci locomotive del nord che non le vo-gliono appresso.

Il nostro destino in mano agli al-tri! E’ questo il dramma più gran-de. Non aver fatto nulla per con-trastare un piccolo partito politico, cresciuto via, via, al motto “morte a Roma (e con Roma tutto ciò che c’è più a sud)”, aver atteso che le cose si “aggiustassero” da sole o venissero sistemate da chi non è nè Nord nè Sud, sono stati gli er-rori più grossi. Non è ammissibile non contrastare chi ci vuole sgan-ciare, non dopo aver razionalizza-to che quelle terre sono cresciute anche grazie alle mani di poveri “terùn” con la valigia di cartone. Oggi siamo passivi come forse lo siamo sempre stati. Il ritardo che misuriamo nei confronti del nord si è accumulato nei secoli ed ora ri-schiano di rallentarci ancor di più, di staccarci definitivamente.

In copertina cerchiamo di raffi-gurare lo stato delle cose affian-cando personaggi di un tempo e volti di oggi, auspicando che non succeda ciò che è raffigurato, qua-si a sottolineare il gesto del simpa-tico Bossi: un’Italia rotta, a testa in giù e cancellata!

STUDENTI E MOvIMENTIcentrO “presenza” il rimpastO

di Saverio Petitto di Dario Costantino pag. 26pag. 15pag. 2di Cettina Angì

150 anni

di storia

... e vOgliOnO prendercela!

EDITORIALE

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2Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

La piazzetta San Rocco, dove sorge la statua realizzata dal maestro Carne-

vali, da qualche giorno ha migliorato la già sua splendida veste. L’associazione “Prome-teus”, ideatrice del progetto, grazie anche ad un contributo economico della RA.DI. SRL e del suo generoso amministratore Car-melo Ciccone, ha collocato nel perimetro che delimita la piazzetta, otto contenitori di piante, un getta rifiuti, quattro panchine, realizzati in pietra e una tabella verticale descrittiva dell’opera. Il progetto iniziale, per essere completato, manca solo della collocazione, nello spazio centrale della facciata della chiesa dell’Immacolata, di un mosaico raffigurante il Santo con la Vergine Immacolata, disegnato da Maurizio Carnevali e realizzato da Enzo Simonetta con i suoi collaboratori. Il lavoro, già da tempo completato, per essere applicato nel sito individuato, deve essere sottoposto ad un iter burocratico lungo e complesso. Auspichiamo, dopo oltre sei mesi dalla pre-sentazione dell’istanza all’Ente Ecclesiasti-co, per ottenerne l’autorizzazione, e dopo essere stato visionato da una commissione apposita di esperti, presieduta dall’Ing. Paolo Martino, una rapida conclusione della procedura, per consentire così, il completa-mento di un progetto voluto fortissimamen-te dai palmesi.

di Saverio Petitto

COMPLETATA LA PIAZZETTA SAN ROCCO - SABATO 8 GENNAIO 2011

SIGNORI:

PIAZZA SAN ROCCO

Enzo Simonetta con Andrea Carnevale e Domenica Sciglitano al lavoro

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L’iniziativa promossa dall’Associazione di volontariato “Prometeus” riferita alla raccolta di messaggi espressi dai cittadini sotto “l’albero dei desideri”, posto nella

piazzetta San Rocco, ha riscosso grande apprezzamento. Le lettere pervenute sono state numerose e la partecipazione ha interessato adulti e bambini con argomenti vari. Abbia-mo pensato di racchiudere in una sintesi i concetti più ricorrenti, pubblicando, invece, in modo integrale quelli più originali:

- Vorrei un Paese “normale” dove le persone si sen-tissero orgogliose di appartenervi, dove l’impiegato fa-cesse il proprio dovere con onestà, l’amministratore si occupasse dei problemi veri delle persone reali.

- Vorrei un Paese vivo, dove la gente abbia voglia di socializzare, di ridere e stare in allegria, senza invidia, ma con più spontaneità e partecipazione.

- Vorrei un Paese bello e curato, dove ciascuno di noi possa dare qualcosa in più per migliorarlo sempre, senza la paura di essere deriso, smorzato nel proprio entusiasmo, demolito.

- Vorrei un Paese che offrisse opportunità ai nostri giovani e si curasse degli anziani, aiutandoli a non sentirsi soli, valorizzando e facendo tesoro delle loro esperienze.

- Vorrei un Paese a misura di bambino, dove si sentis-sero amore, schiamazzi e giochi per le strade, dove ci fossero spazi pensati e attrezzati per loro.

- Vorrei un Paese in cui ci fosse più sinergia tra mo-vimenti di volontariato ed amministratori, affinchè la spinta propulsiva e la passione generata dagli uni, non si disperda nella disattenzione degli altri.

L’ALbERO DEI DESIDERI

VORREI UN PAESE...LA REDAZIONE

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4Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

In occasione delle festività natalizie ci siamo ritrovati,

noi di Madreterra ospiti presso il Centro Culturale Ambesi, per uno scambio di auguri, du-rante una cena offerta da don Silvio Mesiti assieme ai soci dell’Associazione Volontariato “Presenza”. Da questa bella serata trascorsa insieme è nata l’idea di dedicare a tutte le attività di cui l’Associazione si occupa, che sono numerose e di grande importanza, quali: l’assistenza agli anziani, la ria-bilitazione psicomotoria dei disabili, le attività ricre-ative e di recupero da parte di volontari presso le carceri, un giusto spazio all’interno del nostro giornale. L’Associazione Volontariato “Presenza” le cui attività, fra le tante, riguardano sia il Centro Em-manuele diurno che si occupa dell’assistenza di bambini e giovani disabili, con palestra di riabilitazione psicomotoria; sia il Centro Emmaus, una casa protetta resi-denziale desti-nata agli anziani non autosuf-ficienti; una Casa che, come si

tende a precisare, non vuole essere una casa di riposo, nel significato comune del ter-mine, ma una casa dell’uomo, dove a prevalere siano i senti-menti dell’amore, della carità, dell’amicizia, della solidarietà, nei confronti di quelle persone particolarmente fragili e de-boli come gli anziani. L’opera prestata dai volontari e dagli operatori è basilare per queste persone che vivono questa fase della vita come momento fondamentale di ricordo e di riflessione; la vecchiaia è come una nuova fanciullezza ma, ricca di ricordi ed esperienze, che la devono trasformare in una esaltante fine del percorso dell’esistenza. La presenza di queste persone è importante per l’anziano, perchè la vec-chiaia non sia solo espressione di decadenza, di malattia, di perdita delle proprie energie, delle facoltà mentali e fisiche, di solitudine, ma anche oppor-tunità di ricordare se stessi, chi siamo stati e chi siamo, di es-sere noi stessi, in relazione con gli altri. L’idea maggiormente consolidata nell’immaginario collettivo è quella di vecchiaia come equivalente di saggezza:

ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO “PRESENZA”- COME TRASFORMARE L’ AMORE PER IL PROSSIMO IN GESTI CONCRETI NELLO STRAORDINARIO DI OGNI GIORNO-

di Cettina Angì

insomma anzianità è saggezza, è esperienza della vita, ma soprattutto è bagaglio inter-minabile di memorie, patrimo-nio inesauribile. E’ proprio la sensibilità e la professionalità dei volontari, dei collabora-tori a far fiorire le iniziative, a far aggregare persone che vivono problematiche comuni, a ridare dignità ai disabili, agli anziani che spesso vengono emarginati o abbandonati. Le attività partono dal bisogno di creare il giusto ambiente affin-chè persone particolarmente svantaggiate, nello specifico bambini, giovani diversamente abili, anziani possano trovare un ambiente accogliente ed at-tento, dove sentirsi persone in grado di esprimere al massimo le proprie potenzialità, senza pregiudizi e resistenze.

L’Associazione Volontariato “Presenza” considera fonda-mentale il sostegno ai bambini e giovani diversamente abili e alle loro famiglie. Tale vici-nanza vuole sempre più tra-dursi nella promozione di una cultura dell’accoglienza delle diversità, delle pari opportu-nità; sempre più spesso attiv-ità come il disegno, lo sport, il canto, il teatro, l’informatica, sono riservate ai bambini e giovani normodotati. Attra-verso le iniziative del Centro Emmanuele si vuol far in modo che tutte queste attività di-ventino un diritto per tutti ed in particolare per bambini e

giovani in difficoltà. Il Centro, attraverso l’accoglienza e la crescita umana e cristiana dei bambini e giovani diversamente abili, offre l’opportunità di approfondire linguaggi differ-enti ed anche un diverso modo di stare insieme, di rappor-tarsi con l’altro, di esprimersi, perché la disabilità significa carenza ma non assenza di abilità. L’Associazione infatti, vuole trasmettere l’idea che la disabilità non è una malat-tia, ma una condizione di vita che deve trovare spazio e visibilità e soprattutto diritto di essere cittadini all’interno della comunità. Solo così i ragazzi riescono a dare il meglio di sé, perché vengono guardati con stima e simpatia, presi sul serio dai qualificati educatori, insomma amati per quello che sono, arrivando ad ottenere risultati che nessuno di noi si sarebbe mai aspet-

tato. L’accoglienza manifes-tata da questa Associazione si esprime, come abbiamo visto, in speciali iniziative non chiuse in se stesse e coloro che vi si dedicano lo fanno in maniera concreta con atteggiamento umano e cristiano. All’interno dell’Associazione, ed anche nei volontari, prevalgono sentimenti profondi come il senso dell’accoglienza, della solidarietà, intesi nella loro natura profonda e nella loro universalità, che vanno dalla ospitalità, alla comprensione per arrivare ad una convivenza serena, in armonia. Questo centro polivalente, costruito soprattutto grazie alla gener-osità dei palmesi, ha alla guida un uomo carismatico e corag-gioso qual è don Silvio Mesiti al quale, noi palmesi, dobbiamo essere grati perché la gratitu-dine è una segnale di apertura verso la vita.

“Giovani oggi, vecchi domani” L. Pirandello

“L’ altra faccia di ogni difetto è la virtù” C. Montesquieu

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO “PRESENZA”- COME TRASFORMARE L’ AMORE PER IL PROSSIMO IN GESTI CONCRETI NELLO STRAORDINARIO DI OGNI GIORNO-

taBella QUOte di partecipaziOne per ricOveri pressO il centrO residenziale per anziani "emmaUs"

Reddito mensile del rico-verato

Quota di par-tecipazione da versare mensil-mente

Disponibilità di reddito dell’an-ziano o dei fa-miliari

Quota percent.sul reddi-to mens.

€ 250,00 Esente € 250,00 0,00% € 300,00 € 35,00 € 265,00 11,67% € 350,00 € 70,00 € 280,00 20,00% € 400,00 € 105,00 € 295,00 26,25% € 450,00 € 140,00 € 310,00 31,11% € 500,00 € 175,00 € 325,00 35,00% € 550,00 € 210,00 € 340,00 38,18% € 600,00 € 245,00 € 355,00 40,83% € 650,00 € 280,00 € 370,00 43,08% € 700,00 € 315,00 € 385,00 45,00% € 750,00 € 350,00 € 400,00 46,67% € 800,00 € 385,00 € 415,00 48,13% € 850,00 € 420,00 € 430,00 49,41% € 900,00 € 455,00 € 445,00 50,56% € 950,00 € 490,00 € 460,00 51,58% € 1.000,00 € 525,00 € 475,00 52,50% € 1.050,00 € 565,00 € 485,00 53,81% € 1.100,00 € 605,00 € 495,00 55,00% € 1.150,00 € 645,00 € 505,00 56,09% € 1.200,00 € 685,00 € 515,00 57,08% € 1.250,00 € 725,00 € 525,00 58,00% € 1.350,00 € 805,00 € 545,00 59,63% € 1.400,00 € 845,00 € 555,00 60,36% € 1.450,00 € 885,00 € 565,00 61,03% € 1.500,00 € 925,00 € 575,00 61,67% € 1.550,00 € 965,00 € 585,00 62,26% € 1.600,00 € 1.005,00 € 595,00 62,81% € 1.650,00 € 1.045,00 € 605,00 63,33% € 1.700,00 € 1.085,00 € 615,00 63,82% € 1.750,00 € 1.125,00 € 625,00 64,29% € 1.800,00 € 1.165,00 € 635,00 64,72% € 1.850,00 € 1.205,00 € 645,00 65,14% € 1.900,00 € 1.245,00 € 655,00 65,53% € 1.950,00 € 1.285,00 € 665,00 65,90% € 2.000,00 € 1.325,00 € 675,00 66,25%

Dotata di tutti i servizi previsti dalla Legge Regionale n° 5/87- convenzionata con la Regione Calabria.

www.presenza.calabria.it

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6Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

EMERGENZA RIFIUTI: CHE FARE?

A Napoli come a Palermo, da qualche tempo è emergen-

za rifiuti…La mancanza di una programmazione efficace per raccogliere e smaltire la spaz-zatura, responsabilità politiche, malcostume, illegalità reiterata hanno portato allo scempio che vediamo, attualmente, in tutti i tg. Con profondo rammarico e con forte ansia ci interroghia-mo sul futuro di questa città, consapevoli del fatto che non c’è discarica o inceneritore che possa contenere la “crisi”che sta rischiando, comunque, di esten-dersi a tutto il Paese. Vogliamo convincerci che nella nostra real-tà locale la situazione sia diver-sa, ma sarà proprio così? Lo chie-diamo all’ing. Ferrara, responsa-bile tecnico di Piana Ambiente, il quale evidenzia come, in seguito

all’introduzione delle normative internazionali e in conseguenza di una politica ambientale più incisiva, oggi i rifiuti vengano obbligatoriamente smaltiti attra-verso impianti che a loro volta svuotano nelle discariche, ahimè, piuttosto insufficienti su tutto il territorio nazionale. In Calabria siamo avvantaggiati per la pre-senza del termovalorizzatore di Gioia Tauro che attua il recupero energetico dei rifiuti (attualmen-te smaltisce una quantità di rifiu-ti pari circa al doppio di quella prevista in fase progettuale) poi manda il residuo in discarica. Nei giorni scorsi, però, si è registrata una fase critica, quando, a causa della chiusura di Pianopoli (CZ), imposta dalla magistratura per presunte irregolarità, si è veri-ficato il blocco del trasporto da Gioia Tauro e i mezzi della socie-tà sono rimasti pieni e fermi per

diversi giorni. A Napoli l’emer-genza è dovuta al fatto che si continua a disfarsi della “mon-nezza” come vent’anni fa, get-tando tutto in discariche non a norma, ovvero del tutto abusive. In Calabria, l’Ufficio del Commis-sario per l’Emergenza Ambienta-le che gestisce da circa un ven-tennio le politiche ambientali regionali ed attualmente presie-duto dal Governatore regionale Scopelliti, ha organizzato un si-stema più efficiente attraverso la costruzione di diversi impianti per il trattamento dei rifiuti so-lidi urbani e la creazione di 14 società miste pubblico-private in tutta la Regione, di cui 3 nel-la provincia di Reggio Calabria (Piana Ambiente, Locride Am-biente e Fata Morgana). Esse si occupano della raccolta differen-ziata e del riciclo\recupero dei rifiuti differenziati, attraverso i

cosiddetti ”consorzi di filiera”del Conai, con il doppio vantaggio della salvaguardia e della tutela dell’ambiente e dell’incentiva-zione finanziaria ad essa corre-lata. Per lo smaltimento in im-pianto i Comuni pagano, invece, una tariffa imposta dall’Ufficio del Commissario che incide no-tevolmente sul bilancio delle amministrazioni e che si aggira intorno agli 80 euro a tonnellata. Differenziare e riciclare i rifiuti comporterebbe, quindi, una di-minuzione del materiale da por-tare al termovalorizzatore e un risparmio economico notevole. La cosa fondamentale da fare, dunque, è prima di tutto limita-re drasticamente i consumi e in secondo luogo assumerci l’ impe-gno serio di continuare a fare la raccolta differenziata, per ridur-re i rifiuti da conferire in disca-rica e al definitivo smaltimento.

RICICLO APERTO 2010 VISITA ALLA RADI Il COMIECO, Consorzio Nazionale per il Recupero e Riciclo degli imballaggi a

base di cellulosa, in occasione del 25 anno dalla sua fondazione ha promos-so una manifestazione dedicata al riciclo della carta, cartone e cartoncino per sensibilizzare gli alunni di tutti gli ordini di scuola e tutti i cittadini in generale, alla raccolta differenziata e al riutilizzo di questi materiali. Nelle giornate tra il 18 e il 20 Novembre scorso, pertanto, le scuole di ogni ordine e grado della nostra città, aderendo al progetto nazionale “Riciclo Aperto”, si sono date ap-puntamento presso la RADI srl per vedere come si riciclano alcuni materiali e conoscere in modo diretto cosa succede del materiale differenziato, cosa c’è dietro un imballaggio e qual è il processo di produzione industriale che può ge-nerarsi attraverso una corretta raccolta dei rifiuti. Il titolare della RADI Carmelo Ciccone, Presidente dell’Ass. Nazionale Raccoglitori e Recuperatori, ha accolto i docenti e i giovani alunni nell’area operativa con gli impianti in marcia, dove i referenti e le guide appositamente formate dal COMIECO hanno potuto spiegare, anche con l’ausilio di supporti audiovisivi, tutto il processo del riciclo. La distri-buzione di gadget e opuscoli esplicativi hanno supportato la veicolazione delle informazioni. Attraverso tale esperienza i ragazzi hanno potuto rilevare quali possono essere le applicazioni del materiale recuperato nella vita quotidiana, nell’arte e nel design; hanno potuto comprendere come tutto il ciclo abbia una importante ri-caduta sull’ambiente, sul risparmio delle risorse e sullo sviluppo economico di un Paese. In pra-tica, hanno potuto comprendere che la raccolta differenziata è il modo migliore per preservare e mantenere le risorse naturali, a vantaggio nostro ma soprattutto delle generazioni future: riusare, riutilizzare e valorizzare i rifiuti, dalla carta alla plastica, contribuisce a restituirci e conservare un ambiente “naturalmente” più ricco. Tradotto in altre parole, meno alberi abbat-tuti, meno litri di petrolio consumati, meno kg di CO2 immessi nell’atmosfera. Dal 2009 tutti i Comuni sono stati obbligati a raccogliere in maniera differenziata almeno il 35% dei rifiuti. Scopo finale delle norme nazionali e regionali in materia di rifiuti è di ridurre quanto più possi-bile la quantità di residuo non riciclabile da portare in discarica o da trattare con inceneritori o termovalorizzatori, e, contemporaneamente, recuperare, mediante il riciclaggio, i rifiuti riu-tilizzabili, che divengono così fonte di ricchezza e non più di inquinamento. La RADI ci informa che Palmi ha raggiunto quasi il 40% e si appresta al traguardo del 65% del 2012; a breve, inoltre, l’azienda bandirà una gara per il recupero del materiale presso gli Enti Pubblici e per avviare una corretta informazione sullo smaltimento dei rifiuti in tutte le scuole, al fine di contribuire alla formazione di una coscienza civica sempre più attenta all’impatto ambientale e creare una maturità collettiva sulle questioni del vivere comune, ristabilendo il senso dell’appartenenza al territorio. N. C.

I bambini in visita all’impianto della RADI srl

Carmelo Ciccone - RADI srl

di Nella Cannata

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

QUALCHE CONSIGLIO PER :Un “Consumo intelligente”

cOmpra vicinOCompra prodotti che hanno la segnalazione del luogo di origi-ne, preferendo quelli coltivati o prodotti nelle tue vicinanze, in quanto si riducono i trasporti.nO al gia’ cOnFeziOnatOSono confezioni sicure e como-de, che però fanno crescere la quantità di plastica nella nostra pattumiera.nO ai prOdOtti Usa e gettaCercate di utilizzare le stoviglie di casa oppure comprate prodotti biodegradabili, esistono, infat-ti, in commercio, prodotti “usa e getta” composti da amido di mais, quindi altamente biodegra-dabili, che possono essere raccol-ti insieme ai rifiuti organici.cOmpra menOCompra solo la quantità di merce di cui ha effettivamente bisogno, evitando così gli sprechi e rispar-miando.la scelta degli imBallaggiE’ possibile scegliere, senza per-dere in qualità, confezioni sem-plificate e alleggerite, fabbricate con materiali riciclati, ecologici, riciclabili.Acquistate detersivi e deter-genti alla spina, si trovano an-che shampoo e bagnoschiuma: si acquista solo una volta il fla-cone in plastica, poi lo si riem-pie con le ricariche che utiliz-zano anche il 70% di plastica in meno rispetto al flacone. Per le bevande, preferite le confezioni “formato famiglia”: fanno risparmiare soldi, im-ballaggi, risorse ed energia. Per fare la spesa è meglio ser-virsi di shopper in carta oppure di borse in tela, juta, cotone. Se usiamo sacchetti di plasti-ca, riutilizziamoli più volte. Esistono cicli di vuoto a rendere che permettono di riutilizzare il vetro.

Un “Corretto smaltimento”

Nei cassonetti BLU si mettono:i rifiuti alimentari, gli scarti di

cucina e, (poiché al momento non sono ancora attivi i casso-netti specifici) i RIFIUTI INDIFFE-RENZIABILI cioè i rifiuti che non possono essere riciclati, come le lampadine, il polistirolo (non gli imballaggi, che vanno nella cam-pana azzurra), pannolini e assor-benti, oggetti in ceramica, strac-ci sporchi, scarpe rotte.

I rifiuti vanno immessi sempre chiusi in sacchetti, per evitare sgradevoli odori se rimangono attaccati alle pareti del conteni-tore.

Nei cassonetti BIANCHI per la carta si mettono solo: i giornali e le vecchie riviste, la carta e il cartone, i vecchi libri e qua-derni, le scatole e gli scatoloni ben piegati.

Invece non vanno messi: plasti-ca, carta oleata, copertine pla-stificate.

A Palmi si effettua la raccolta porta a porta della carta nelle

buste bianche ogni martedì mat-tina.

Nei cassonetti AZZURRI si mette il multimateriale (plastica e allumi-nio):i barattoli, le bot-tiglie e i flaconi in plastica, i cartoc-ci del latte e dei succhi di frutta,

il tetrapack (che da noi viene, però, inserito anche tra la carta rendendola umida con i residui), le lattine delle bibite, gli imbal-laggi in plastica, gli imballaggi in polistirolo, i vasetti dello yogurt.(le posate, i bicchieri e i piatti puliti dai residui alimentari, in verità, dovrebbero essere raccol-ti a parte, ma la Radi, al momen-to, ne accetta la commistione).Nelle campane non vanno messi: ceramiche, porcellane e lampa-dine.

La raccolta, porta a porta, va fatta il venerdì nelle buste azzur-re.

Nelle campane VERDI va raccolto il vetro. In molte città italiane la raccolta del ve-tro si fa insieme all’alluminio per risparmiare i con-tenitori; é impor-tante che il vetro

venga introdotto nelle campane libero da ogni materiale estraneo , come tappi, etichette, coper-chi, materiale in ceramica ecc. che obbligherebbero gli operai dell’impianto di cernita ad occu-parsene portando ad un rallen-tamento considerevole, per non parlare poi, del fatto che un solo milligrammo di ceramica può al-terare le caratteristiche di 300 grammi di vetro.

La raccolta porta a porta va fatta il giovedì in busta verde.

Nei contenitori gialli PER GLI INDUMENTI si mettono:

i vestiti usati e i tessuti che non servono più.

In questi contenitori non biso-gna mettere stracci e indumen-ti sporchi o scarpe rotte, carta, metalli, plastica, vetro, rifiuti. Vestiti e tessuti raccolti verranno avviati al recupero presso azien-de specializzate.

riFiUti ingOmBranti

Potete portare gli oggetti in-gombranti, come i vecchi mobi-li, alle stazioni ecologiche della RADI oppure telefonare al nume-ro verde, che vi darà un appunta-mento per il ritiro a domicilio o accanto ai cassonetti.

Gli ELETTRODOMESTICI ingom-

branti, per legge, dovrebbero essere ritirati dai commercianti presso i quali si effettua il nuovo acquisto, in ogni caso non devo-no essere abbandonati lungo le strade di campagna. Per chi ab-bandona rifiuti sono previste se-vere sanzioni!

m e d i c i n a l i scadUti

Nelle farma-cie e presso gli ambulatori ASL sono disponibili i contenitori per i farmaci scaduti. Potete togliete i

medicinali dalle scatole (queste possono essere riciclate nei con-tenitori bianchi per la carta).

BOmBOle di gas liQUidO

Le bombole esaurite di gas liquido sono po-t e n z i a l m e n t e molto pericolo-se e certamen-te inquinanti. Quando acquista-

te una nuova bombola i rivendi-tori sono tenuti a ritirare quella vecchia. Solo i rivenditori sono autorizzati al ritiro delle bombo-le usate.

Non lasciate mai le bombole esaurite nei pressi dei cassonet-ti, né abbandonatele nell’am-biente, sono altamente inquinan-ti! Non gettatele nei cassonetti! Le bombole possono esplodere nel trasporto o nel trattamento dei rifiuti, causando danni alle persone.

pile e car-tUcce\tOner

Nei negozi che vendono pile e materiale elettri-co si trovano an-che i contenitori per la raccolta delle pile esauri-

te. Quando dovete comprare le pile nuove portate con voi quelle vecchie e lasciatele al negozio.

Non gettate mai le pile nei cassonetti, né abbandonatele nell’ambiente, sono altamente inquinanti!

Le cartucce esaurite così come il toner esausto, sono rifiuti non pericolosi che vanno smaltiti se-condo il noto “Decreto Ronchi”. Lo smaltimento viene fatto da ditte autorizzate e punti vendita convenzionati per la raccolta

i quali, nella maggior parte dei casi, provvedono a rigenerare le cartucce e rimetterle in commer-cio con un nuovo marchio.

OLIO ALIMEN-TARE ESAUSTO

Riciclare l’o-lio esausto (il residuo dell’olio

di frittura) è importante perché inquina e perché la normativa vigente lo classifica come rifiuto speciale, prevedendone il recu-pero, il riciclaggio e il riutilizzo delle varie componenti. Anche l’olio vegetale esausto, come quello minerale è rigenerabile con conseguente risparmio di materie prime e minore impatto ambientale. A Palmi ancora non esiste un recupero di questo ma-teriale, ma le mense aziendali e i ristoranti hanno l’obbligo di con-tattare le officine meccaniche convenzionate che fanno capo ai consorzi di esausti.

BATTERIE PER AUTO E MOTO

Chi vende o sostituisce le batterie di auto o moto è orga-nizzato per lo smaltimento at-

traverso un consorzio obbligato-rio. Non abbandonate le batterie esaurite, sono altamente inqui-nanti e rischiate, giustamen-te, di subire pesanti sanzioni!

AMIANTO

L’amianto è un materiale parti-colarmente pe-ricoloso quando viene rilasciato n e l l ’a m b i e n te sotto forma di

piccole fibre. Per decenni è sta-to utilizzato nella fabbricazione di pannelli, depositi e coperture ondulate, nella forma del cemen-to-amianto (Eternit).

Se l’Eternit è ancora in buone condizioni non è necessario ri-muoverlo, ma se comincia a rom-persi, sfaldarsi, sgretolarsi è arri-vato il momento di intervenire. Le operazioni di raccolta, trasporto, stoccaggio e smaltimento dei ri-fiuti contenenti amianto,sono sottoposte alle disposizioni di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nonché alla discipli-na specifica relativa all’amianto (D.M. 29 luglio 2004, n. 248).

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MadreTerraPalmi&Dintorni

8Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

CENTENARIO DELLA MORTE DEL PITTORE DOMENICO AUGIMERI

L’8 febbraio 1911, si spegneva nella sua Palmi, il pittore Dome-nico Augimeri la cui opera è oggi al centro di rinnovato inte-

resse da parte degli storici dell’arte - come suggeriscono le giornate di studio tenutesi nel maggio del 2009 a Cosenza e Catanzaro sul tema «Arte in Calabria nell’800. 1783-1908 anagrafe della ricerca», nel corso delle quali al pittore palmese è stata dedicata la relazione di Francesca Falvo: Domenico Augimeri. Un taccuino di caricature.

Augimeri, ritrattista fecondo, educatosi a Napoli alla scuola del Morelli ed incline nella maturità alle tematiche del verismo sociale, rappresentò, a cavallo tra Otto e Novecento, una delle figure citta-dine di maggiore rilievo nel panorama culturale meridionale.

A Palmi, il suo nome è legato, principalmente, alla grande tela di San Giuseppe custodita nella chiesa Matrice così come a Catanzaro per quella della Sacra Famiglia nel Duomo; a Reggio Calabria, per il grande ritratto di Rocco de Zerbi nella Biblioteca Comunale ed il dipinto L’addio degli emigranti nel Palazzo della Provincia; a Citta-nova per le tele della Trasfigurazione e la tela di San Gerolamo nella chiesa madre; a Cinquefrondi per la pacata figura di San Rocco nel-la chiesa del Carmine; mentre altri dipinti, principalmente ritratti, sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.

Non conosciamo quali iniziative assumeranno le istituzioni cittadi-ne in occasione dell’imminente centenario, ma supponiamo che sa-ranno pari a quelle che tributarono in analoghe ricorrenze, Cortale ad Andrea Cefaly, Polistena a Francesco Jerace (1987, cinquantena-rio della morte), etc.

Per meglio onorarne la memoria, pubblichiamo l’estratto di una breve nota comparsa nel 1911 sulle colonne della rivista «Popsis- Eco d’Aspromonte», diretta da Vincenzo Jerace (l’autore del busto a Manfroce nella villa comunale) e la fotografia del busto del pittore, che, modellato, di recente, nella sua versione definitiva, dallo scul-tore Achille Cofano, è stato donato dall’artista nello scorso mese di maggio all’Associazione Prometeus e, successivamente, acquistato dal Comune, a beneficio del progetto «La Fonte di San Rocco».

«Domenico Augimeri, questa dolce figura d’artista è trapassato se-renamente nella sua Palmi (…) anziché seguire gli studi classici per i quali lo si voleva incamminare, preferì l’arte di Apelle, e con occhio indagatore cercò i segreti dell’armonia delle linee, delle gradazioni di colori che la pittura gli offriva. Dapprima dipinse i suoi paesaggi montani, poi le scene di vita reale, ma non era questo il perno sa-liente della sua arte mirabile. Vagheggiava l’arte del ritratto ed in seguito divenne uno dei più bravi artisti del Mezzogiorno (…) La sua spiccata caratteristica dunque fu il ritratto e nel silenzio della sua casetta che guarda il bel Mar Tirreno, il Bosforo della nostra Italia, lavorava in silenzio come lavorano i veri amanti dell’arte. Morì in tarda età sui primi giorni del decorso febbraio; morì, ripeto, quan-do l’opera sua era compiuta, quando il suo cammino era finito, il suo scopo raggiunto, ed egli come un operaio che ha terminato il lavoro, come un viandante che ha toccato la meta, depose i pennelli per non riprenderli mai più».

LA REDAZIONE

“La fonte di san Rocco” Ieri un sogno, oggi una realtà.

edito da Prometeus.

Un viaggio attraverso le foto, i volti ed i nomi di coloro che hanno collabo-rato, i momenti indimen-ticabili che hanno segnato un’opera speciale, le pa-role di chi ha “vissuto” La Fonte, dal sogno in poi.Centinaia le persone citate, accomunate da un unico spirito.Tutta la storia della “Fon-te di San Rocco”!

i Proventi saranno reinvesti-ti Per la realizzazione di altre oPere di Pubblica utilità, così come è nello stile della asso-ciazione Prometeus.

IN DISTRIBUZIONE PRESSO

L’ARABA FENICE

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MadreTerraPalmi&Dintorni

Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

AttuAlitA’ Palmi

Il Lions club di Palmi in col-laborazione con il Leo club

si sta impegnando nella promo-zione di un’ importante iniziati-va proposta dal Dott. Domenico Minasi, riguardante le proble-matiche giovanili e in particolar modo lo stato di benessere de-gli adolescenti palmesi. Palmi è una città accogliente? Cosa può offrire oggi ai giovani che si ap-prestano ad iniziare una carrie-ra lavorativa? In che modo può intervenire l’amministrazione comunale per soddisfare le esi-genze dei ragazzi di Palmi? Que-ste e altre domande sono ogget-to di un originale questionario che si interroga sulle probabili cause del disagio giovanile nel territorio palmese. L’indagine rivolta agli adolescenti ,di età compresa tra i 16 e i 20 anni, ha come sua finalità il tentativo di scovare i loro bisogni soggiacenti e di impegnarsi a soddisfarli nel migliore modo possibile. E’ ne-cessario che un gran numero di giovani si sottoponga al test per consentire la riuscita di questo significativo progetto. Il nostro desiderio, il nostro sogno è quel-lo di trasformare Palmi in una piccola città ideale, in un centro ricco di attività e di interessi di ogni tipo in cui la vita sia fonte di serenità e gioia. Per realizzare ciò è necessaria un’attiva colla-borazione di tutta la popolazio-ne palmese, soprattutto di quei giovani che sono la linfa vitale e che alimentano la speranza di un futuro migliore. Solo con l’impegno e l’aiuto di tutti noi, infatti, la nostra città può aspi-rare ad essere un centro ospitale e aperto verso le altrui esigenze e non vivere in una condizione di chiusura e autopoieticità. Tutto ciò non è utopia, ma può e deve essere realizzabile per migliora-re le nostre aspettative future; deve esserlo per tutti noi, per Palmi.

PALMI CITTà

IDEALE.

di Chiara Ortuso

Caro Peppe Cricrì, permettimi di esprimere la mia opinione sull’articolo a tua firma, apparso su questo giornale, nel numero di novembre 2010 a pag. 10. Tu sai quanto ti stimo e quanto

grande è il mio spirito di amicizia nei tuoi confronti ma, sull’argomento, voglio esprimere il mio parere che può apparire in contrasto col tuo ma in realtà può considerarsi complementare, in quanto gli da un seguito.Tu hai reso pubblica una tua idea politica e come tale, è esposta al giudizio di ognuno. La tua idea, così com’è espressa, forse può indurre allo scoraggiamento ed invitare alla resa. Soprattutto produce scoramento in quella miriade di giovani, che la società attuale, purtroppo, ha condotto diritto diritto verso lo smarrimento, il disorientato, la perdita di vista di tutti quei buoni valori, che fanno di ognuno di noi, una persona valida, forte, ragguardevole e sostenitrice, a sua volta, dei veri valori ideali. Il tuo pensiero, espresso su un giornale, può ingenerare grandi delusioni e perdita della speranze. Ma come, tu che per vocazione sostieni i veri valori ideali della vita, induci i giovani a scoraggiarsi? Non è da te. E’ vero, è proprio come dici tu: oggi viviamo in una savana e per sopravvivere bisogna fare a gomitate per non dire a cazzotti. Giuseppe, ne tu, ne io, ne quelli della nostra generazione, abbiamo vissuto gli effetti del depauperamento dei valori sociali perché, all’epoca, ancora esistevano i veri valori della vita e noi li abbiamo assorbiti. Oggi purtroppo, non è così, tuttavia, esiste gente come te, che li contiene. Il dovere, della gente che nutre i buoni principi non è quello di prospettare una società corrotta e spregiudicata da togliere la speranza ai giovani, ma deve essere l’esatto contrario cioè, trovare gli appigli per la rinascita. La miriade di giovani smarriti, cui facevo riferimento all’inizio, leggendo un’analisi così tragica, che non lascia spazio ad alcun recupero, è indotta a mollare ed a subire passivamente ciò che cade loro addosso. Questa cosa è molto diseducativa. Tra le altre cose, tu scrivi: “La realtà mi ha portato a capire che il mondo funziona con regole che obbediscono a leggi spietate, quasi sempre gestite e manovrate da professionisti dell’opportunismo”. Il resto del tuo articolo è altrettanto scoraggiante. Peppe, tutti sappiamo che è come dici tu, ma tutti quelli che hanno avuto la TUA fortuna, cioè quella di assaporare la meraviglia dei veri valori della vita, hanno il dovere umano e sociale di contribuire a dare seguito a questo privilegio.

E’ vero che nelle alte sfere del potere, si annidano losche figure, che creano forti turbolenze nella vita economica e sociale ma è anche vero, che nel rovescio della medaglia, esisteranno persone eccellenti, di provata moralità, che hanno voglia di ridare alla vita, un rilancio positivo. Tutto sta nell’individuarle, dare loro ascolto e mandarla avanti nell’ascesa al potere.

Il resto verrà da se. Nel tuo discorso, invece, si riscontra un messaggio opposto. Peppe, tu ritieni che stiamo attraversando un periodo di oscurantismo politico e sociale. A maggior ragione, avresti dovuto rafforzare i tuoi ideali per contrastare il marcio eraggiungere

condizioni di vita più lusinghiere. Tu invece, non solo ti sei arreso ma induci gli altri allo scoraggiamento.Ti pare all’altezza di una persona, che risponde al nome di Peppe Cricri? Credo di no. Peppe, noi della vecchia guardia, abbiamo vissuto momenti talmente positivi, che hanno fatto di te, la persona di spessore che sei e di me una persona che ancora nutre i veri valori della vita, nonostante le grandi sfortune che mi hanno colpito. Questo significa che lo spazio per la rinascita c’è, perché tu ne sei testimonianza.Tutto sta nel saperlo ricostruire. E’ una proposta: ci stai?

Lascio a te ed al lettore, il compito di esprimere le considerazioni che si ritengono più opportune. Antonino Bonaccorso

L’apertura della campagna “Cardiologie aperte” che si terrà dal 12 al 20 febbraio 2011, promossa dalla Fondazione dell’ANMCO (Associazione Nazionale Cardiologi Ospedalieri) “Heart Care Fundation” che ha tra i suoi obiettivi la prevenzione e la cura delle malattie cardiovascolari (MCV) delle quali l’ictus cerebrale e l’infarto del miocardio sono le più gravi, la promozione di un corretto stile di vita e il sostegno alla ricerca clinica, ci offre l’occasione di presentare seppur succintamente, il Progetto di prevenzione cardiovascolare.Le MCV rappresentano la prima causa di morte nei Paesi industrializzati, tra cui l’Italia e sono in costante aumento.Costituiscono la causa di numerosi decessi ma anche di una riduzione della qualità di vita di chi ne è colpito in maniera non letale. Ma le possiamo almeno in parte prevenire, mettendo in atto una serie di misure di tipo comportamentale (smettere di fumare, modificare le abitudini alimentari, fare attività fisica) e di tipo terapeutico

(ridurre la pressione arteriosa, il colesterolo, il peso corporeo, la glicemia, etc., se superiori ai valori normali).Adottare questi consigli significa fare prevenzione che è la migliore strategia per ridurre le MCV.Anche in Calabria esse rappresentano il killer principale,provocando circa 8000 morti all’anno con una media superiore a quella nazionale. Partendo da queste considerazioni, ho ritenuto di avviare nella nostra città un Progetto di Prevenzione Cardiovascolare che sarà successivamente illustrato più dettagliatamente nel corso delle manifestazioni previste e che attraverso un ambulatorio itinerante, avrà come obiettivo principale il controllo cardiologico (visita, elettrocardiogramma ed eventuale ecocardiogramma), assieme alla valutazione del rischio cardiovascolarecon l’ausilio di alcuni esami ematochimici (glicemia, colesterolemia).Alla realizzazione del progetto collaboreranno il Comune, il Lions di Palmi e l’Onlus “Amici del cuore, progetto vita i cuori di Palmi” per la lotta all’arresto cardiaco con la defibrillazione precoce territoriale di cui quest’anno ricorre il decennale della fondazione. Dei risultati ottenuti in questi anni ci occuperemo in un successivo articolo.

prOgettO di prevenziOne delle

malattie cardiOvascOlaridi Rosario Ortuso

CARDIOLOGIE APERTE PER IL TUO CUORE

SABATO 12 FEBBRAIO 2011-ORE 9.30-12.00

CASA DELLA CULTURA L. REPACI-PALMI (RC)

INCONTRO CON LA CITTADINANZA E CON GLI STUDENTI

OrganizzatO dall’Unita’ Operativa di cardiOlOgia p.O giOia taUrO-palmi diretta dal dOtt. rOsariO OrtUsO.

PROGRAMMA:

-SCOPI DELLA HEART CARE FOUNDATION-COME POSSIAMO AIUTARE LA FONDAZIONEE LA RICERCA SULLE MALATTIE CARDIACHE

-FATTORI DI RISCHIO E PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE

DIBATTITO APERTO

DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011 ORE 9.00-13.00

PIAZZA I°MAGGIO-PALMI (RC)

IL CARDIOLOGO IN PIAZZA:CONTROLLA IL TUO CUORE

CHECK-UP CARDIOVASCOLARE

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10Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

Punti di vistA

Il 2011 sarà l’anno delle cele-brazione del 150 anniversa-

rio dell’Unità d’Italia: ma quanti di noi meridionali sanno come questa unità è stata fatta?

Dopo la lettura di alcuni libri e la curiosità di indagare ed appro-fondire meglio, ho scoperto che, ciò che i libri di storia ci raccon-tano, sul Risorgimento Italiano e sui personaggi illustri come Ga-ribaldi, Nino Bixio, Cavour, sui loro ideali e sulle varie imprese eroiche, è solo frutto di mistifi-cazioni, poiché, da 150 anni, si è tenuta nascosta la verità.

L’Unità d’Italia fu voluta dal-le massonerie, dall’Inghilterra, che voleva accrescere il proprio dominio sulle rotte mediterra-nee alla vigila dell’apertura del Canale di Suez e dalle ambizioni dinastiche di Vittorio Emanuele II e di Cavour, per risanare l’enor-me debito pubblico dello stato piemontese procurato dalla po-litica bellicosa ed espansionista del Cavour (tre guerre in dieci anni!). Il Sud del 1860 era la par-te d’Italia più ricca e possedeva il doppio di monete d’argento e più oro dell’Italia restante, men-tre il Piemonte era fortemente indebitato per la guerra contro l’Austria: il Sud aveva un potere economico 60 volte superiore a quello piemontese! Senza l’occu-pazione (e non l’unificazione) del sud, e lo sfruttamento coloniale, come ha affermato un grande me-ridionalista, morto recentemente, Nicola Zitara, probabilmente non sarebbero sorte le grandi industrie del Nord.

Dell’impresa dei Mille conos-ciamo ben poco poiché i docu-menti che accompagnavano la spedizione andarono distrutti. Ciò che si sa per certo è che i Mille commisero massacri, sopru-si, saccheggi e stupri e violenze anche sui bambini, in seguito ai quali si formò una vera e propria resistenza popolare, capeggiata da ex garibaldini o da contadi-ni, i cosiddetti “Briganti”, come Carmine Crocco, Nicola Summa e Domenico Romano, che liberaro-no molti paesi, prima di essere sconfitti. (Anche Palmi ebbe la sua brigantessa: Francesca La-gamba). La reazione piemontese alla resistenza fu feroce: ven-nero distrutti e incendiati interi paesi e molti dissidenti furono catturati e fucilati, anche quelli che non avevano imbracciato le armi. E proprio in questo periodo vi fu la nascita delle mafie alleate con i nuovi padroni: furono pro-prio i piemontesi a dare un ruolo politico alla malavita organizza-ta Le popolazioni venivano terro-rizzate con distruzioni, saccheg-gi, stupri e ogni genere di violen-za. (Le stragi di Pontelandolfo e

L’UNITà D’ITALIA E LA STORIA NEGATA, OVVERO: COME CANCELLARE LA MEMORIA DI UN POPOLO

Casalduni). Moltissimi furono i morti, alcuni dei quali furono de-capitati e le loro teste mozzate vennero esposte come deterren-te alla resistenza (molti di questo crani si trovano tutt’ora esposti nel discutibile Museo Lombroso, a Torino). Migliaia, inoltre, fu-rono i cittadini arrestati perché non favorevoli all’unificazione. Coloro che commisero questi cri-mini sono le stesse persone che vengono celebrate come eroi e il cui nome è ricordato nelle no-stre vie e piazze! (La responsa-bilità del massacro di Bronte fu di Nino Bixio) In altre parole, il popolo italiano del Sud Italia fu considerato un nemico in guerra, e non come partecipante ai fatti unitari.

I piemontesi massacrarono un milione di contadini chiamando-li Briganti, mentre i Briganti e i ladroni erano loro. I nazisti del 1800 erano i piemontesi, che inaugurarono la stagione dei la-ger di San Maurizio, Fenestrelle, Gaeta, Alessandria ecc ecc, veri campi di sterminio di cui nessuno parla. A Fenestrelle, sulle Alpi, i dissidenti venivano tenuti prigio-nieri in condizioni disumane, nel-le celle furono tolti i vetri perché il freddo potesse infierire su per-sone abituate a vivere con climi più caldi. Le condizioni nelle car-ceri erano durissime, tanto che in pochi sopravvissero, mentre i morti non venivano registrati, affinché non si avessero tracce di ciò che avveniva all’interno. I morti furono migliaia ed i loro corpi venivano gettati in vasconi contenenti calce viva e dissolti. (In Parlamento, a Torino, un de-putato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di “Tamerlano, Gengis Khan e Attila”. Un altro preferì tacere “rivelazioni di cui l’Europa potrebbe inorridire”. E Garibaldi stesso, pentito di tut-te le nefandezze compiute disse: ”Quando i posteri esamineranno gli atti del Governo e del Parla-mento Italiano durante il Risor-gimento, vi troveranno cose da cloaca”) All’indomani dell’inva-sione piemontese, l’industria e la cantieristica del Regno delle Due Sicilie venne quasi praticamente tutta smontata e smantellata:

in questo modo il Sud non sa-rebbe più stato un temibile con-corrente economico.

Nei primi anni del Regno d’Ita-lia i paesi meridionali subirono un enorme saccheggio, le loro casse vennero completamente svuotate, i piemontesi depreda-rono l’oro delle banche e furono venduti persino molti beni dema-niali ed ecclesiastici.

Nel 1865, quasi tutte le fabbri-che del meridione erano fallite, (A Mongiana, in Calabria c’era una delle più importanti ferrie-re d’Europa), furono aumenta-

te le tasse dell’87%, per pagare le guerre risorgimentali e per sviluppare l’industria del nord. (L’agricoltura meridionale finan-ziava le nuove industrie del Pie-monte e della Lombardia) Cosa è successo nei 150 anni succes-sivi? Che il Sud, rapinato delle sue ricchezze, è diventato solo serbatoio di manodopera a bas-so prezzo ed è stato ridotto, e lo è tutt’ora, solo a mercato dove vendere i prodotti del Nord. Che regioni avanzate e sviluppate sono state affossate sia economi-camente, con la distruzione o lo spostamento di centri industriali al Nord (e con la prima, conse-guente, migrazione forzata), che culturalmente, insinuando in ma-niera sottile ma costante un sen-so di inferiorità nei meridionali in quanto sporchi, fannulloni, anal-fabeti ecc…( Massimo D’Azeglio disse: ”unirsi con i Napoletani è come giacere con un lebbroso”). Al Sud si iniziarono a fare, inve-ce, solo interventi straordinari, come se investire su una parte del Paese fosse un’opera di cari-tà, una concessione da fare quasi per pulirsi la coscienza (la Cassa del Mezzogiorno: pur accusata di inefficienza e dispersione dei fi-nanziamenti, impiegava lo 0,5% del Pil per strade, scuole, fogna-ture, opere spacciate per “inter-venti straordinari” Inoltre i soldi della cassa per il mezzogiorno sono andati principalmente nelle tasche dei settentrionali, come sostiene anche il Fondo Moneta-rio Internazionale che scrive: dal 1984 al 1994, le imprese che han-no beneficiato dei finanziamenti sono per l’80% grandi imprese del nord. NORD:88,33%SUD:9,4%) Sono stati attivati, quindi, com-plicati meccanismi psicologici, cosicché in 150 anni di “educa-zione alla minorità”: si arriva a pensare che forse si è davvero sempre stati “inferiori”; che for-se si è davvero colpevoli di esse-re meno capaci, meno istruiti e meno intelligenti degli altri Bri-ganti o Emigranti” sembra uno slogan a effetto per offendere il popolo meridionale, da sempre generatore di banditi e popolo errante per il mondo, e invece questa alternativa è stata una tristissima realtà iniziata cen-tocinquanta anni fa con l’Unità d’Italia.

“Per liquidare i popoli si co-mincia con il privarli della me-moria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cul-tura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo in-comincia lentamente a dimen-ticare quello che è stato. E il mondo attorno a lui lo dimentica ancora più in fretta”.

(Milan Kundera)

di Rosa Caccamo MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIb. DI PALMI Nr. 1 / 2010Anno 2 - Numero 13 - Gennaio 2011

Direttore respons.: Francesco Massara

Coadiuvatori: Paolo ventrice Andrea OrtusoCollaboratori di REDAZIONE Lucia OrtusoSaverio PetittoCettina AngìGiovanni BruzzeseNella CannataGiuseppe CricrìWalter CricrìSalvatore De FranciaDario GallettaClaudia GarganoLaura GiustiTeresa Laganà

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Tel./Fax - 0966 1945480 - 0966 1940380Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255Mobile - Andrea Ortuso 333 4894882e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: A.Ortuso - W. Cricrì - P. Ventrice

Impaginazione grafica: Paolo Ventrice

Progetto e cura sito web:De Francia S.- Galletta D. - Ortuso L.

Stampa: Tipografia BalzamàVia S. Giorgio 82 - Palmi - RC - Tel_0966420567

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

Punti di vistA

DEMOCRAZIA E PECOREattualità di una grande lezione del passato

Qui ad atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccel-lenza. Quando un cittadino si di-stingue, allora esso sarà, a prefe-renza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costi-tuisce un impedimento.

Qui ad atene noi facciamo così.

“QUi il nOstrO gOvernO FavOrisce i mOlti invece dei pOcHi:E PER QUESTO VIENE CHIAMATO DEMOCRAZIA”.

Fonte - Prologo da Intelligence in lifestyle-Il sole 24 ore-

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quoti-diana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidia-mo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascu-ra i pubblici affari quando atten-de alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispetta-re i magistrati, e ci è stato inse-gnato anche di rispettare le leg-gi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leg-gi non scritte che risiedono nell’u-niversale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad atene noi facciamo così.

Un uomo che non s’interessa allo Stato noi non lo consideria-mo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siamo in grado di dare vita a una politica, beh tutti qui

ad Atene siamo in grado di giu-dicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la liber-tà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fron-teggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cac-ciamo mai uno straniero.

Qui ad atene noi facciamo così.”

... cOsì anticO, cOsì attUaleAdattamento dal Discorso agli Ateniesi di Pericle, 461 a.C.

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12Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

Punti di vistA

In questi giorni, le discussioni palmesi e le varie proposte

provenienti da più parti, intese ad una trasmissione in diretta, per via telematica et similia, del-le attività consiliari comunali, mi hanno riportato alla mente una storia di qualche tempo fa, e rin-grazio Madre Terra per la possibi-lità di raccontarla.

C’era una volta Radio Antenna Sud.

Questa la Radio che, più di trent’anni fa e a seguire, sino alla cessazione della frequenza, allietava grazie ad un gruppo di volontari, le giornate dei palme-si, con programmi musicali, quiz, favole per i più piccoli, notizie di cronaca, locale e nazionale, at-tualità, gossip.

Gli amici Saverio Petitto, Pino Teme, Enzo Parrello, erano quel-li che, nel gruppo della Radio, ideavano i programmi da man-dare in onda; il prof. Giuseppe Parrello mandava in onda tre edizioni del radio giornale, in quanto direttore responsabile; Raffaele Macrì, Renato Augimeri, Claudio Salvi, curavano la messa in onda dei programmi musicali e di intrattenimento; tanti altri amici non erano direttamente in onda, come Sigfrido Parrello, ma lavoravano dietro le quinte per far funzionare al meglio questo mezzo di informazione, che si ri-velò per parecchio tempo l’unico mezzo di contatto tra i palmesi e l’intera società con i suoi accadi-menti.

In questo contesto, un giorno Saverio Petitto invitò il sottoscrit-to a far parte di questo gruppo di volontari. Accettati volentieri l’invito, e da allora feci parte an-che io dello Staff della Radio.

Il mio ruolo, poichè sono stato sempre uno sportivo, dapprima fu quello di dedicarmi a questo settore. E, poichè mi interessavo anche a questioni politiche, so-ciali e culturali, creai, insieme agli altri amici succitati, e con il

IERI, OGGI E DOMANI.

Prof. Franco Tigano, un gruppo operativo anche in tali campi.

Diventai, in breve, il “cronista”, colui cioè che con il microfono, trasmetteva in diretta, live si dice oggi, le partite della palme-se, curando le interviste dei pro-tagonisti.

Ricordo le interviste a Benny Carbone, Lido Vieri, Beppe Si-gnori, il Giudice Peppino Viola presidente della tradizionalmen-te ricordata Viola Basket Reggio Calabria, Giovanni Trapattoni, tanto per citarne alcuni.

Con il passare del tempo, però, inizia a dedicarmi in maniera più stabile agli eventi politici e sociali.

Infatti, insieme a Saverio, Pino, Enzo e Renato, pensammo di creare un servizio per l’intera collettività. Installammo una an-tenna nel balcone di Palazzo S. Nicola, creando un ponte che ci permetteva di trasmettere in di-retta non solo i consigli comunali, ma anche tutte le manifestazioni che si svolgevano al Comune di Palmi.

Da quel momento, non ricordo con precisione l’anno, addirittu-ra, iniziammo con grande entu-siamo, spirito di servizio e con-tinuità, a trasmettere nel miglior modo possibile, live, tutti i con-sigli comunali, seguitissimi dai palmesi comodamente in casa, perchè alle volte si andava avan-ti sino alle prime luci dell’alba, a causa degli accesi interventi che caratterizzavano le consilia-ture dei Sindaci Bagalà, Baietta, Managò, Barone, Surace, Alvaro, Veneto. Resistevo così, in piedi, per ore, con un panino, nella sala comunale, per non far perdere agli ascoltatori un intervento, un battibecco, un’idea, una pro-posta, anche un commento del pubblico, sovente.

Non solo: ogni settimana, con-ducevo da studio una tavola ro-tonda con tutti i rappresentanti dei partiti presenti a Palazzo S. Nicola, quasi un moderno talk show, mi viene da sorridere.

Cercavamo, anche, di “acca-parrarci” interviste a politici di rilievo nazionale, segretari dei partiti di allora: ricordo Almiran-te, Spadolini, Saragat Presidente della Repubblica, tra gli altri.

Grande era l’impegno, gran-de l’entusiamo, anche con pochi mezzi ma tanta passione e per la voglia di fare, di rendere un ser-vizio alla collettività.

Ormai preso dall’onda dei ri-cordi, e chiacchierando con gli

amici di ieri e di oggi, ricordo un altro episodio, con grande com-mozione.

Grazie alla Radio e agli amici di RAS, e con la leale e fattiva colla-borazione della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Palmi, ed il Presidente di allora Vincenzo Schipilliti e tra gli altri, Surace, Solano, Guerrera, Foti, avemmo l’idea di istituire la “Befana del Bambino povero”.

Si trattava di una grande rac-colta di doni e offerte da distri-buire poi ai piccoli più bisognosi di aiuto e di un’occasione per fe-steggiare. Grande era il cuore dei palmesi, e grande il bene che si riusciva, in maniera disinteressa-ta, a manifestare da parte di tut-ti noi e di chiunque si prodigasse per la causa.

I doni e le offerte poi, veniva-no da tutti gli amici e volontari di RAS, distribuiti personalmente ai bambini che festosi, già ci aspet-tavano il 6 gennaio alla sede della Radio. Era bello, ogni anno, per tradizione, scambiarci gli auguri in diretta per le festività natali-zie e di fine anno, coinvolgendo gli ascoltatori, e lo era vieppiù in questa lieta occasione, anche in compagnia di tutti i personaggi che ricoprivano cariche istitu-zionali, Sindaco, Assessori, For-ze dell’Ordine, cittadini comuni, chiunque avesse voluto parteci-pare era il benvenuto.

Ancora, in una di queste occa-sioni, ed in questo clima di soli-

di Geppino Suriano

darietà, dialogando in diretta con il Presidente della Soms Vincenzo Schipilliti feci un’altra proposta, rivolta ad un ulteriore atto di ge-nerosità: chiesi al Sig. Schipilliti, subito d’accordo, un’offerta di al-lora £. 1000 per quanti fossero i soci della Società Operaia, circa 150.

Ebbene, dopo un paio d’ore, il Presidente consegnò personal-mente a noi della Radio la som-ma di £. 150.000 che, insieme alle altre offerte pure ricevute, provvedemmo tempestivamente a devolvere, ai bambini poveri provenienti dalle favelas, del Vil-laggio di Maringà in Brasile, per un Istituto che porta il nome del Papa buono, il Beato Giovanni XXIII°.

Perchè ho voluto raccontare questi avvenimenti?

Credo che faccia piacere ricor-dare, a me come a tutte le per-sone di cui ho parlato, e a chi ha vissuto quella storia di ieri, le idee e le azioni che abbiamo posto in essere al servizio della collettività, della crescita per-sonale, politica e culturale della Città.

Credo sia giusto affermare che tale intento debba essere oggi perseguito e portato avanti lo-devolmente da tanti altri amici, giovani e non , per le medesime finalità.

Credo che tutto questo sia, in definitiva, patrimonio di ieri, oggi e domani.

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

Punti di vistA

La danza del cigno” sareb-be un titolo perfetto per

una biografia del “signor” Batti-sti.

Pensate dall’Italia alla Francia… al Messico, al Brasile! Romantico e mondano il tizio vero? O forse no. Forse i suoi viaggi non erano scelti da lui, forse erano “tele-comandati” da forze “oscure”, le stesse, probabilmente, che ora tentano -speriamo invano- di bloccare il corso della giustizia italiana e di sopprimere il sacro diritto, di tutti i familiari delle vittime del Terrorismo Battistino, di mettere l’ultima pietra sopra una tristissima vicenda.

Torniamo un po’ indietro nel tempo; Battisti viene condanna-to all’ergastolo con l’accusa di 4 omicidi di stampo terroristico. Erano gli anni 70/80, anni bui, per qualcuno era normale sparge-re sangue innocente, dietro una maschera politica, per tentare di sovvertire le entità governan-ti, mentre qualcun altro usava lo “stratagemma” terroristico solo per lucrare, con rapine e rapi-menti. Battisti era legato ad una cellula dal nome PAC (Proletari armati per il Comunismo) che, notoriamente, faceva parte di quelle fazioni armate che hanno tenuto in fibrillazione l’Italia in-tera negli “anni di piombo”.

Questa, in due parole, è la sintesi della vita terroristica di Battisti in Italia. Tutto ciò che è

BE BOP A “LULA”OPPURE “LULA-HOP”?

MA COSA CI SFUGGE SUL CASO bATTISTI? PERCHE’ UN TIZIO “QUALSIASI” DECIDE DI FARE LA “bASTARDATA” PROPRIO L’ULTIMO GIORNO DEL SUO MANDATO?CONTRO QUALI FORZE HA DOvUTO LOTTARE O CON QUALI E’ ALLEATO?

PROvIAMO AD ANALIZZARE QUALI POSSONO ESSERE LE CAUSE DELLA NEGATA ESTRADIZIONE.

avvenuto dopo è legato a quel periodo e non si può dire che non possano esistere dubbi su tutte le vicende che lo accompagnano da quando viene arrestato, nel 1979, in poi.

Cerchiamo di mettere ordine a qualche evento e di trovare un anello di congiunzione.

Partendo da un’ipotesi stretta-mente legata alle matrici politi-che di sinistra (quelle sbagliate, ovvero quelle che hanno usato la forza ed il sangue di gente comu-ne per i loro ideali), nella quale si inserisce anche un sistema di ser-vizi segreti (che noi, poveri mor-tali, non capiremo mai) che, per indole, tende sempre a coprire e mai a palesare le verità, il tutto incuneato in un contenitore rive-stito di politiche sociali ed econo-miche mondiali, non si può fare a meno di giungere ad una sola conclusione: le vittime di allora sono state vittime, prima di un terrorista, poi di un sistema che tende a proteggere ideali vecchi una vita, condannati persino dal-la sinistra attuale, per ovvi moti-vi di incompatibilità sociale.

Viene da se, infatti, che le nu-merose estradizioni chieste dalle procure italiane siano state sem-pre scavalcate da scelte politi-che, di nazioni che nulla avevano a che fare con i disastri italiani dell’epoca del terrorismo politi-co. In primo luogo la Francia. Il sistema “Mitterand” ha protetto la libertà del terrorista, masche-randola con arresti-farsa, fino al punto di trovare l’escamotage

(parola tutta francese, guarda caso) per liberarlo, pur di non cederlo alla “nemica” Italia. Per-ché?

Perché ad una prima richiesta di estradizione viene dichiarato “non estradabile” dal sistema giudiziario francese che pur lo trattenne per 4 mesi e ad una seconda richiesta, a distanza di qualche anno, gli aprì, invece, la porta per la fuga, concedendogli la semilibertà (solo l’obbligo del-la firma serale), chiaro segnale per dire “vai figliolo, vai pure a trovare la tua libertà, in barba agli italiani”?

Le risposte potrebbero esse-re tante, ma se ci soffermiamo sul concetto iniziale, potremmo ipotizzare che il colore politico e gli ideali di Battisti, miscelati sapientemente da un sistema se-greto diretto da chissà chi, abbia-no fatto la fortuna del terrorista, da sempre braccato e mai “pre-so”. Cosa poteva avere la Francia contro l’Italia per non accettare le richieste di estradizione? Pos-sibile che un incidente diplomati-co per cause che non coinvolgono assolutamente i francesi, sia sta-to preferito ad una morale e re-sponsabile scelta a favore dell’e-stradizione? Come avrà convinto, o chi per lui, i francesi a mettersi in cattiva luce nei confronti degli italiani? Quale può essere stato il vantaggio di negare l’estradizio-ne ed addirittura permettergli la fuga?

Tutte domande senza risposta, ma l’analisi si fa più profonda e

porta conclusioni ancora, se si può, più scabrose quando ad in-tervenire nella faccenda è il si-gnor Lula.

Contro ogni logica, contro ogni ragionevolezza, contro i poteri giudiziari brasiliani, contro la giu-stizia italiana, contro gli italiani, contro tutti, insomma e a favore di Battisti. Ma vi sembra equili-brato tutto ciò? Dovessimo usare una bilancia, questa penderebbe inevitabilmente dalla parte dei contro. E allora? Perché Lula, a poche ore dalla scadenza del suo mandato ha dichiarato –contro la decisione del “Supremo Tribu-nale Federale Brasiliano”- la non estradabilità di Cesare battisti, motivandola con un ridicolo “… perché in Italia, per via delle vi-cende passate, Battisti potrebbe essere trattato in maniera disu-mana”. Incredibile! Un giudice in terra, paladino del buon senso e dei poveri terroristi, decreta che in Italia il trattamento ai detenuti è disumano, con relativo rischio della vita.

Le verità potrebbero essere al-tre in aggiunta a quelle già citate prima; magari può essere rinato in Lula, uno stimolo battagliero, quello di una sua probabile gio-ventù vissuta tra nuclei combat-tenti, oppure potrebbe essere stato il potere dei suoi “colleghi”, vicini –o quasi- di casa (leggi Cha-vez) a dirottare il Brasile verso questa decisione. Meno probabile è che Lula se ne sia voluto lavare le mani, tanto per citare, emble-maticamente, il caro, vecchio, Ponzio Pilato, ed abbia lasciato questa gatta da pelare alla sua pupilla e succeditrice.

Vi è infine un’ultima ipotesi, molto suggestiva e meno intri-gante che, forse, potrebbe essere quella più significativa.

Salvatore Cacciola, banchiere, condannato in Brasile per banca-rotta nel 2005, scappa in Italia, dove si rifugia. Dal Bel Paese vie-ne negata l’estradizione e, per di più (voci di corrido), gli vengono concesse deroghe per la costru-zione di un grande complesso al-berghiero a Roma, sotto la consi-liatura di Francesco Rutelli.

Certamente i miliardi in ban-conote fatti sparire dal Cacciola in Brasile, non sono paragonabili alla morte, neanche di una sola delle vittime del terrorismo bat-tistino, ma questo, per Luiz, Lula, Inácio da Silva sembra essere solo un piccolo dettaglio.

Come dire… dente per dente, occhio per occhio! Tanti discorsi e tante supposizioni per arrivare ad una sola conclusione:

La vendetta!No Cacciola, no Battisti!

di Paolo Ventrice

CESARE BATTISTI -Foto grande- E L’EX PRESIDENTE DEL BRASILE LUIZ, LULA, INáCIO DA SILVA -Foto piccola

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Punti di vistA

La situazione sociale ed economica del Paese non

sembra indicare sviluppi positivi nèpresentare a breve vie d’uscita da una crisi ormai da alcuni anni perdurante che attanaglia sem-pre di più i singoli e le famiglie. Superata quindi la serena paren-tesi natalizia ritorniamo alla dura realtà !

Indipendentemente dalla ricer-ca e individuazione della respon-sabilità dell’attuale stato di cose - politiche governative o casuali situazioni congiunturali interna-zionali - appare evidente che ri-uscire a “sopravvivere” appare a tanti sempre più problematico: non e’stato infatti solo ridimen-sionato e forse opportunamente lo “stato assistenziale” ma messo in crisi lo “stato sociale” minan-do pertanto alle basi l’esistenza stessa della nostra Nazione non tanto e non solo nella sua strut-tura economico-amministrativa ma soprattutto nei suoi valori fondanti mettendo persino in di-scussione l’elemento base della costruzione: la famiglia.

I fondamentali principi di soli-darietà, sussidiarietà e servizio - indipendentemente da una vi-sione più o meno laica o religiosa della società sembrano di fatto scomparsi od inapplicabili alla luce della presunta necessità di costruire quel “villaggio globale” sempre più falsamente ricco e consumista e sempre meno sen-sibile alle necessità dei singoli e dei gruppi in difficoltà realizzan-do una sorta di “materialismo” privo di idealità e di coscienza.

Una incomprensibile(?) trasfor-mazione della nostra società ha ridotto ad esempio il lavoro ad una incerta opportunità occasio-nale lasciato sempre più in balia di necessità imprenditoriali fina-lizzate al raggiungimento di tra-guardi ed obiettivi che non hanno come scopo l’uomo ed il migliora-

di Giovanni Barone mento delle sue condizioni com-plessive - economiche, sociali e spirituali ma l’economia fine a se stessa come se tale crescita pos-sa essere indipendente e prescin-dere dalle legittime aspirazioni del singolo e delle sue necessità.

Uno stato dunque di perenne incertezza ammantato da una falsa aura di progresso in una visione edonistica della società sempre più sprovvista delle ne-cessarie basi culturali e spiritua-li che crea di conseguenza quel clima di perenne insoddisfazione che diventa base del dissolvimen-to della famiglia e sempre più problematica possibilità di costi-tuzione della stessa.

Una Nazione sempre più smar-rita, alla ricerca di se stessa e della sua identità ricca solo di in-certezze l’incertezza del diritto, l’incertezza dei valori, l’incertez-za del lavoro.

Ecco che allora non appaiono peregrine due idee che con sem-pre maggiore frequenza vengono proposte e sviluppate sui mezzi d’informazione nel tentativo di porre argine e rimedio, anche se solo ovviamente in parte, ad un crescendo sociale distruttivo: il Salario Minimo Garantito ed il Fattore Famiglia.

Nel primo caso si dovrebbe realizzare per chi si trova sen-za lavoro (secondo parametri e valutazioni da stabilire con cri-teri oggettivi) il diritto ad avere un assegno minimo di assistenza che consenta di superare i mo-menti più difficili in attesa della occupazione. Tale accorgimento economico, già previsto peraltro in diversi Paesi del mondo occi-dentale, non è scevro da critiche ne di semplice realizzazione esi-stendo ad esempio il rischio di alimentare a dismisura il lavoro nero con riverberi negativi sul si-stema economico generale met-tendo a rischio la tutela salariale, previdenziale ed assistenziale del lavoratore ma è altrettanto vero che potrebbero essere accomu-nate sotto un unico comun de-

nominatore tutte le varie forme costituenti i cosiddetti “ammor-tizzatori sociali” previsti dalla nostra legislazione precostituen-do così una “nuova via” peraltro raccomandata anche da una riso-luzione del Parlamento Europeo.

Che si tratti poi di 500 o 600 Euro mensili poco importa se in-tanto si comincia a discutere del principio in sé lasciando ovvia-mente allo Stato il controllo e la repressione di ogni possibile ten-tativo di frode ed alla coscienza del lavoratore e dell’imprendito-re - che non possono non essere considerate in quanto imprescin-dibili - il rispetto della legge.

E così anche il Fattore Famiglia e cioè la “considerazione econo-mica” della entità della stessa detassando una quota importan-te di spesa per i figli e propor-zionalmente per le famiglie più’ numerose. Si tratterebbe cioè’ della valutazione del reddito prodotto “pesato” secondo un sistema che preveda una sensi-

bile valutazione dei vari carichi familiari ottenendo dunque una maggiore equità fiscale e socia-le egualitariamente applicata su tutto il territorio nazionale senza alcun legame a variabilità ter-ritoriali. Si potrebbe individuare così il livello minimo di reddito non tassabile per come già pre-visto ma proporzionalmente al carico familiare costituendo così quella “area familiare di reddito non tassabile” sul quale applicare ovviamente i necessari corretti-vi per i redditi già troppo bassi ed in atto non tassati mediate la elargizione di contributi econo-mici o crediti d’imposta od esten-sione di benefici fiscali con pre-dilezione a quelle situazioni di particolare difficoltà anche solo momentanee e di carichi di cura.

Come sia è dunque necessario lanciare un sasso nell’attuale sta-gnante realtà anche solo ripren-dendo proposte che stimolino tra la gente, la discussione e ne riac-cendano le speranze!

SOPRAVVIVERE?

ss 18 - palmi - accanto a temptation’s gallery spOsi

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CitOlEnA (urdiPili) di Saverio Petitto

In primavera, occorreva aspettare La Pasqua, poi

la pausa estiva diventata au-tunnale, infine il viaggio isti-tuzionale, per arrivare alla fine dell’anno. Così, il rim-pasto della giunta Gaudio è diventato il tormentone buono per tutte le “quattro stagioni”. Nel laboratorio artigianale di palazzo “San Nicola”, per l’improvvisato panettiere, gli ingredienti ci sono tutti: acqua in abbon-danza, sale quanto basta, lievito in dosi insufficienti e (forse) il prodotto finito. Buon Appetito!

U Zzì TuriLa vita du Zzì Turi, un uomo dalla forte tempra, padre di nove figli, si è contraddistinta per “l’attaccamento” verso la famiglia e il lavoro. L’unica sua debolezza, se così si può definire, furono le donne. Arrivato alla veneranda età di 92 anni, un giorno si sentì male, tanto che dovettero rientrare i figli residenti fuori, perché la situazione era precipitata. Purtroppo aveva le ore contate. Era presente anche il prete, pronto per l’estrema unzione, mentre i figli a raccolta ai piedi del letto, aspettavano che esprimesse l’ultimo desiderio. L’anziano genitore, aprì di colpo gli occhi, si guardò intorno e disse ai figli: “Figghjceddhi! Se parrati i pilu, tenitimi presenti”.

Cumpari finu a... votata!

IL RIMPASTO

‘mpastata parmisana

Chi Festi!! Chi Natali!!Chi sorta i Capudannu!!u Cunsigghiu Cumunali

pati ancora nu malannu.

Nci fu cu ‘mpastau zzippulicu alici e viddhiruni

e cu mbiscau li mmenduli c’u meli,… pè tirruni.

Nci fu cu misi a ‘ndujanta pasta d’a majddhae cu ‘ggiungìu l’alivi

e pipi,… na spisiddha.

Se Lazzoppìna e Trimbuli,De Santis e Silvestri,

hjaccaru comu bumbuli,spettamu atri disastri?!!

Chiddu chi poti siri di mali pe’ daveru,nd’u fici capiscìri

parrandu Puntureru.

Se a navi l’abbanduna puru stu cunsigghieri,

cadi ‘natra curuna e sunnu… cazzi amari!!

§§§D’u rrimpastu nescìu Reggiu

o postu i Sarbaturi,se Parmi avi pileggiu…‘bbasamu lu Signuri!!

Giuseppe Cricrì

di Rocco Cadile

il dettO FamOsO!

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CulturA E FOlKlOrE

di Giuseppe Cricrì

Nella seconda metà dell’800 l’av-vento dell’era industriale e la tec-

nologia apportata dalla utilizzazione del vapore, risultarono determinanti nello stravolgimento della locomozione, sia in ambito terrestre che marittimo.

Prima che nei trasporti pubblici terre-stri facesse breccia il mezzo meccanico, per più di mezzo secolo rappresentato dalla locomotiva a vapore, gli sposta-menti si effettuavano con mezzi ippotrai-nati: carri, calessi, carrozze e diligenze, vetture pubbliche o private destinate al trasporto di persone o cose, più o meno differenti fra loro, in relazione al grado di comodità offerto ai viaggiatori, per la capacità di carico e per il numero di ca-valli impiegati.

I viaggi risultavano comunque lenti e più o meno gravosi, anche in relazione al tipo di percorso che si doveva affrontare, alle distanze, alle pendenze e alla quali-tà del fondo stradale.

L’innovazione tecnologica tipica del-la ferrovia, che consentì l’introduzione della rotaia e della trazione meccanica, divennero diffuse e disponibili quasi in tutta l’Italia a partire dal 1879, coinvol-gendo anche i trasporti urbani. La città di Palmi fu attraversata dalla linea fer-roviaria, e la Stazione che in un primo tempo sarebbe dovuta sorgere sui Piani della località Torre, quindi relativamente vicina al centro abitato, in un secondo tempo fu edificata, con dubbie motiva-zioni, in località Buffari, in un sito che la vide collocata in posizione eccentrica rispetto alle dinamiche urbane. Il tratto di strada ferrata Bagnara – Palmi, venne completato il 31 Dicembre1882; il tratto Palmi – Gioia Tauro, il 3 Febbraio 1889.

Nasceva quindi l’esigenza di integra-re il più possibile l’arteria ferrata nella compagine urbana, da qui, l’idea di re-alizzarne un’appendice che mettesse in connessione quella periferia con il cuore pulsante della Città.

Pochi sanno infatti che già nel Settem-bre del 1883, il Corpo Reale del genio civile, programmando il completamen-to della rete ferroviaria del regno, con la legge del 29 Luglio 1879, incaricò la direzione tecnica governativa di Reggio Calabria a realizzare un progetto di mas-sima per la costruzione di una linea di

Un tranway per palmi, “cHiamatO desideriO”

collegamento fra la stazione ferroviaria di Palmi, alla quota di 85 metri sul livello del mare ed il centro abitato, utilizzando il tramway.

Tutto era stato programmato, dalla scelta del tracciato, all’andamento pla-nimetrico ed altimetrico, il numero e la sede delle fermate, i piani generali delle stazioni, i materiali da impiegare, i co-sti delle opere e della la gestione della linea.

Il primo problema affrontato e risolto sarebbe stato quello relativo al dislivello da valicare.

Un’altra difficoltà non facile da su-perare fu la scelta relativa al tracciato della linea, infatti, tenendo conto della configurazione del terreno, delle scarpa-te e dei burroni che si sarebbero dovuti attraversare, mantenendo sempre pre-sente l’attenzione al costo delle opere, si ritenne opportuno seguire il percorso parallelo a quello che attualmente porta la strada della stazione ferroviaria a con-giungersi con la via Trento e Trieste, che prosegue fino al piazzale della Chiesa del Carmine. Sarebbe stato individuato lì, il primo proposito di realizzare la stazione di arrivo in città, tuttavia, a seguito di ul-teriori considerazioni di ordine pratico, si ritenne più comodo individuarne la collo-cazione nella allora Piazza Maria Cristina, oggi Piazza Amendola, più vicina all’otto-centesco centro abitato e più idonea ad un eventuale ulteriore estensione della linea tranviaria ad altri paesi vicini. For-se sarebbe opportuno riflettere su come a quel tempo, contrariamente a quanto avviene oggi, si pensasse in grande.

Quanto alla opportunità di considerare connessa la stazione del tramway con la stazione ferroviaria, l’Ingegnere di se-zione così scriveva nella sua relazione: ... Ho creduto miglior partito, supporre che il tramway sia per rispetto alla fer-rovia, un mezzo qualunque di trasporto, da considerarsi, al servizio ferroviario, come tutti gli altri mezzi di trasporto.

Quanto alla collocazione delle fermate intermedie, così annotava: …Oltre alle due stazioni estreme, ho progettato una fermata alla progressiva 1843,38 ossia circa a metà strada. Prima stazione in-feriore. È assai probabile che all’epoca dei bagni, il tramway debba fare molte corse al giorno, indipendentemente da quelle occorrenti per mettere la città in comunicazione con la ferrovia, poiché

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CulturA E FOlKlOrEsotto l’altipiano, dove è proget-tata questa stazione, vi è una località assai frequentata da ba-gnanti. ( evidentemente si rife-riva alla Marinella e immaginava che il servizio di trasporto per i bagnanti avrebbe favorito l’af-fluenza al lido.ndr)

Seconda stazione superiore. Alla stazione superiore si dovrà mettere al riparo il materiale mobile di scorta e si dovranno rifornire le locomotive di acqua, quindi sono indispensabili due ri-messe, una per due locomotive e l’altra per almeno sei vagoni; ed è altresì indispensabile un rifor-nitore.

L’ingegnere di sezione, proget-tò l’intero circuito di andata e ritorno e anche i fabbricati che avrebbero accolto i viaggiatori alla stazione superiore, insieme all’alloggio dell’impiegato de-stinato a sorvegliare e dirigere l’esercizio del Tramway medesi-mo. Tale fabbricato, si sarebbe sviluppato in due piani e quel-lo superiore, avrebbe accolto l’impiegato addetto. La rimessa vetture, che avrebbe accolto sei vagoni passeggeri, ciascuno della lunghezza di metri 6,23 avreb-be avuto una larghezza doppia rispetto a quella delle vetture, tale da consentire l’accesso e le eventuali riparazioni.

Fu necessario prevedere an-che le dimensioni del rifornitore dell’acqua per le caldaie della locomotiva,tenendo conto che il supposto numero massimo di corse giornaliere sarebbe stato di dieci, e che in ogni corsa una locomotiva avrebbe consumato circa 300 litri di acqua, sarebbe-ro occorsi circa tre metri cubi di acqua il giorno per la locomoti-va in azione. Si pensò quindi di utilizzare una condotta di acqua derivante dalla fontana principa-le della città ma, tenendo conto che in tempo di pioggia detta fontana avrebbe dato acqua as-sai torbida si pensò a realizzare una vasca di decantazione che avrebbe pianificato la medesima dotando il rifornitore di opportu-no filtro.

Il costo chilometrico risultante dalla stima, fu di lire 492.840.

La relazione dell’ingegnere di Sezione si concludeva quindi con le seguenti parole: Se dunque la linea del il tramway avesse una lunghezza di km 20 invece che di km 3,80, la spesa chilometrica si ridurrebbe a sole lire 85.600.

Ora, tenuto conto delle acci-dentalità del terreno le quali ri-chiedono dei forti movimenti di terra e molte opere d’arte, e del-le colture nel terreno attraver-sato, per cui è necessario un in-gente somma per l’espropriazio-ne, credo poter dire che la spesa preventiva non è esagerata.

Palmi 7 settembre 1883.Purtroppo i posteri dovettero

prendere atto che questo proget-to, immaginato per la collettivi-tà, a causa di pochi, rimase come tanti altri irrealizzato, e che pur-troppo tante altre opere, imma-ginate per portare benefici alla nostra Città, sarebbero diventa-te, anche nel futuro, solo sogni di

carta. Chi si ricorda del progetto per la costruzione di una teleferi-ca che avrebbe collegato la Mari-nella di Palmi al Sant Elia?

Oggi è triste constatare la reale condizione in cui versa la Stazio-ne ferroviaria di Palmi e di tutto il quartiere ad essa pertinente.

La mancata realizzazione di questo ambizioso progetto otto-centesco, fu il triste preludio di una sequela di opportunità spre-cate, di sogni svaniti, di tramway inesorabilmente persi.

E fino ai giorni nostri, purtrop-po, continuiamo a subire gli ef-fetti di questa nefasta tendenza; penso ai travagli dell’Ospedale,

tenuto in bilico sull’orlo del ba-ratro, e penso a quelle strutture che erano parte integrante del tessuto urbano e che sono sparite nel corso degli anni per non ri-comparire più, nella veste che le vedeva come icone dell’identità municipale; penso al magnifico Teatro Manfroce, ubicato nell’a-rea oggi diventata Piazza Mat-teotti, penso al Mercato Coperto realizzato nel 1874 su progetto dell’Ing Cozzolino, all’ indimen-ticato e glorioso Cinema Cilea, al sontuoso Cinema Sciarrone, alla Torre dell’ Orologio realizza-ta all’Arangiara su progetto dell’ Ing. Storchi nel 1911 o al Matta-

toio Comunale che aveva dato identità ad un intero quartiere, che continua a chiamarsi rione Macello, anche se la demolizione del suddetto è avvenuta da più di due lustri.

Il mio auspicio è che que-sto modesto articolo, possa in-durre il lettore ad una rifles-sione, dalla quale possa sca-turire nei miei concittadini il desiderio,”parafrasando il titolo” del recupero della vera identità Palmese, dell’orgoglio, delle am-bizioni di una città gloriosa, che non deve e non vuole rinunciare al prestigio ed all’onore che la storia le ha consegnato.

Collocazione della stazione d’arrivo nelle adiacenze dell’ allora piazza M. Cristina, oggi piazza Amendola

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CulturA E FOlKlOrE

Nel centro storico di Palmi, al termine della via Roma,

accanto all’ingresso della Villa Co-munale, si ammira il vasto palazzo della famiglia Castellano, ormai estinta, denominato in memoria della donatrice “ Villa Luisetta”, sede del Centro Audiofonetico e Scuola d’Infanzia, al servizio dei sordomuti, gestito dalle Suore Sa-lesiane dei Sacri Cuori, fondate da San Filippo Smaldone “padre e maestro dei sordomuti”, raffigura-to nel grande ritratto, posto nel prospetto principale dell’edificio.

Il palazzo sorge nella medesi-ma area dell’antico, a tre piani, - come riportato dalle stampe - in ottimo stile architettonico, distrutto dal terremoto calabro-siculo del 1908, sisma che annien-tò l’intera cittadina.

L’edificio odierno, ricco di bas-sorilievi, con la facciata principa-le sul largo Armando Zagari, che desta l’attenzione dei visitatori dell’incantevole Giardino Pubbli-co, è notevole opera d’arte com-piuta dal proprietario avvocato Gerolamo Castellano, umanista, persona modesta, ma di non co-mune ingegno.

Personaggio singolare, educato nelle Scuole dei Gesuiti, riser-vato, scapolo, vestiva sempre in nero, copriva il percorso, quasi quotidianamente, Palmi-Gioia T., a piedi, alla sua morte si scoprì che portava il cilicio.

Il valore della sua genialità e manifestato in due edifici da lui progettati: il palazzo cittadino e la cappella nel Camposanto. Noto per la professione di avvocato ci-vilista e non per le capacità arti-stiche-culturali, egli è, tuttavia, il costruttore del palazzo di città, abbellito con fregi, nonché della cappella del cimitero, ricoperta

Una geniale persOnalità: l’avvOcatO gerOlamO castellanO arteFice di Opere d’arte.

di marmi, ornata di mosaici e di vetrate policrome.

Nell’originale architettura dell’abitazione, insieme alle ec-cellenti decorazioni, figurano iscrizioni scelte fra le opere della letteratura classica. Il monumen-tale portale, ad arco a tutto sesto, delimitato da cornice scanellata, è ornato con bassorilievo, che rappresenta una lotta tra gladia-tori e centauri; mentre gli archi-travi delle finestre sono fregiate da sculture mitologiche.

Nell’alto cornicione è intagliata a grandi caratteri la frase : “ECCE PAR DEO DIGNUM VIR FORTIS CUM FORTUNA MALA COMPOSITUS”, incomprensibile ai lettori digiuni di latino, tradotta in lingua italia-na: “Ecco una coppia degna di un dio: un uomo forte congiunto con la Sfortuna”, trascritta dal dialo-go De Providentia (cap.II,9) del fi-losofo stoico romano Lucio Anneo Seneca, maestro di Nerone. Altro interessante riferimento alla let-teratura latina si osserva nel l’edi-cola del prospetto laterale destro nella quale è illustrata la celebre lode: “Hominum divomque volup-tas”, dedicata a Venere, “Delizia degli uomini e degli dei”, primo verso del poema epico De rerum natura del poeta Lucrezio Caro. La scena rappresenta la na= sci-ta di Afrodite (spuma di mare), la dea greca, modellata sopra una lastra bianca, fra due colonne con capitelli corinzi.

Ancora un verso latino con re-lativa scultura è riportato in una lunetta del prospetto laterale si-nistro: Sub Iove duravit multis die-bus, (A cielo aperto restò immota molti giorni), scelto dai fasti (liber quartus, Aprilis, v.505), il poema elegiaco di Ovidio Nasone che canta le imprese e le leggende di Roma.

Nella stessa facciata si leggono il distico: Nec spe nec metu (Ne

con speranza né con timore), e il verso: Piansi già quel ch’io volsi poi ch’io l’ebbi, molto ricercato, non a tutti noto che l’autore è Le-onardo da Vinci.

Le pareti interne dell’edificio, occupato dalle Scuole e dalle Suo-re, sono adornate con disegni, molti dei quali non terminati per la sopraggiunta morte dell’autore.

Inoltre la sua genialità è ulte-riormente espressa nella cappella del Camposanto, dove si ammira-no le decorazioni musive, gli arre-di sacri e le vetrate illustrate con immagini ed epigrafi.

Soprattutto i misteri della Fede e il testo del Credo predominano nelle pareti del tempio.

Il monogramma di Gesù Cri-sto, JHS, disegnato su tasselli di mosaico al centro di una corona splendente di raggi dorati, fra due Angeli effigiati in luminosa vetrata, decora la piccola absi-de dell’altare di marmo bianco di Carrara.

Un coro di Angeli è di ornamen-to al soffitto, intorno al testo del paragrafo della conclusione del Credo, in latino, in un cielo azzur-ro tempestato di stelle d’oro.

Nella cripta, intonata allo stile lucente dell’intera Cappella, oltre alle esortazione tratte dal Credo, sono raffigurati simboli, immagini, emblemi sacri ed è predominante, scolpito in chiaro e lucido marmo bianco il simulacro dell’Agnus Dei.

Non manca il rapporto con la città di Palmi rappresentata in due belle piante di palme nel campo del mosaico azzurro.

In conclusione si può agevol-mente affermare che la cappella gentilizia, espressione lodevole di religiosità, e il palazzo cittadino, encomiabile costruzione urba-nistica, sono capolavori ideati e realizzati dall’avvocato Gerolamo Castellano, esponente straordina-rio della cultura palmese.

di Domenico Ferraro

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Villa Luisetta - Oggi centro Audiofonetico e scuola d’infanzia

Poesie in libertà

I pioppi diSan Domenico

. . .Un canto furtivo di uccello

che fabbrica il nidosulle foglie nascostemi svela il pioppo

alto sul fiumeappena tinte d'acciaio

le sue foglievibranofischiano

stridono acutecon suoni di metallo

lamelle sonoredi remoti santuarie chiamano la serache di rosso vestitadi autunno aralda

di giallo tinge i rami.Le foglie,

al vento stanche di urlarevolteggiano nell'aere

-piccole anime-si adagiano piane

dalla terra accolte...e ancor la pioggia

tramutagli elementi

mescola foglie e terrae i ricci di castagna

e l'odoroso mallo delle nocie i viticci infranti...

E le radicisucchiano la vita.

E tupiccola foglia

ti appresti a risalire il pioppo

a nutricare...la fogliolina amica.

Lia Calabrò

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

CulturA E FOlKlOrE

Lo Stemma contraffatto e spesso, utilizzato anche in atti ufficiali

Se il buon Sergio Leone, regista eccelso, avesse voluto raccon-tare la buffa vicenda dello stemma civico di Palmi, molto pro-

babilmente avrebbe riutilizzato il titolo del suo noto film, “ Giù la testa” per l’appunto, magari aggiungendo il numero 2, così come si fa in cinematografia con i serial ( vedi Lo Squalo o Rocky ).

Quello che sto per raccontarvi ha dell’incredibile, eppure nell’Italia telematica capitano anche queste cose.

In passato da quando nella metà del 1600 Palmi divenne comu-ne, affrancandosi dal dominio di Seminara, di cui era un casale, per la prima volta, comparve lo stemma della palma, rappresentata in uno scudo sormontato dalla corona marchesale, con inciso il motto: Nondum in auge, quasi una promessa del feudatario D. Andrea Con-chublet di sempre e meglio nobilitare il paese. Tale insegna era collo-cata sulla fontana della Palma, che si trovava al centro della attuale Piazza I Maggio. Da allora lo stemma civico subì altre modifiche con l’aggiunta di ulteriori elementi caratterizzanti.

Fu durante il ventennio fascista che, sotto il Potestà V. Silipigni venne adottato definitivamente lo stemma che ancora oggi è in do-tazione della Municipalità. Ciò avvenne con Decreto firmato dal Capo del Governo B. Mussolini in data 9 marzo 1935. Lo stemma della Città, mirabile sintesi di storia e tradizione, raffigura una palma in campo azzurro. Esso è sormontato da una corona marchionale ed è contor-nato da sei bandiere e una scure, catturate ai pirati barbareschi che in più occasioni avevano assaltato e tentato di saccheggiare la Città. Alla base sono disposti due cannoni, che ricordano la cittadella forti-ficata e munita di mura e sotto di essi, a sinistra, è posto un fascio di verghe che simboleggia l’unità del popolo a difesa della Città, mentre la testa di un moro, con turbante, disegnata a destra, rammenta l’uc-cisione di un capo corsaro, (secondo la tradizione Dragut) avvenuta durante una delle incursioni turchesche subite dalla Città.

Solo recentemente però è accaduta una cosa strana e paradossale.In un sito presente su internet, denominato: Araldica Civica, gli

stemmi dei Comuni, delle Provincie e delle Regioni d’Italia, crea-to dal valdostano Bruno Fracasso e dal parmense Massimo Ghirardi, hanno fatto la loro comparsa sul Web stemmi civici di vari Comuni italiani nei quali erano state apportate delle modifiche che a volte hanno addirittura stravolto, persino ridicolizzato, il significato icono-grafico degli stessi. A quello di Palmi è toccata una sorte simile. In-fatti la “testolina” del moro, che nella versione ufficiale era collocata in basso a destra dello stemma, attaccata alla cornice della figura e rivolta in basso, nella rivisitata versione “nordica” appare quasi staccata dalla composizione, senza il turbante che la caratterizza e rivolta verso l’alto, come a volersi godere la vista delle bandiere e della palma svettante.

Tale stemma “taroccato” è stato diffuso su internet dal 16 gennaio 2007 al 28 maggio 2010. In questo lungo periodo, taluni sprovvedu-ti operatori della grafica, (tipografi e similari) hanno pensato bene, attingendo dalla rete, di adottarlo ed apporlo sui propri lavori, (ma-nifesti, timbri, loghi, capi di vestiario) commissionati da Associazioni, Enti e persino dallo stesso Comune di Palmi, che in più occasioni lo ha accolto nei suoi documenti ufficiali e financo nelle uniformi di alcuni suoi dipendenti. Riteniamo opportuno segnalare questa ridicola cir-costanza, richiamando l’attenzione di tutti i cittadini che fino ad ora non se ne fossero accorti, allertandoli, alla stregua di come avviene per le banconote falsificate.

Diffidate cari palmesi dai documenti nei quali appare lo stemma che reca la testa del moro priva di turbante, quasi staccata e rivolta in alto.

La testa di Moro non è rara nell’araldica europea. Essa è presente tutt’oggi in molti stemmi, in quello di Cagliari, della regione Sarda e della Corsica, oltre che in vari blasoni di famiglie nobili. Anche nello stemma del Papa Pio VII, Barnaba Gregorio Chiaramonti (1800- 1823), apparivano tre teste di Moro. Ma il Moro nell’araldica italica in gene-rale porta intorno alla testa una banda bianca, che indica lo schiavo reso libero, e non è coronato, mentre lo è nell’araldica germanica. Nella tradizione bavarese la testa di moro appare infatti molto spes-so, ed è denominata Caput ethiopicum, o Moro di Frisinga, così come addirittura appare, manco a dirsi, nello stemma araldico dell’attuale Papa, Benedetto XVI, che ne contiene una coronata.

Concludendo, dal momento che il nostro stemma reca la testa del moro, che la tradizione vuole attribuita al feroce Dragut, personaggio che, fra storia e leggenda, rimane legato nell’immaginario collettivo alla mitografia della municipalità, pretendiamo che essa sia rappre-sentata nella sua originale posizione, che la vuole, collocata a destra e rivolta in basso.

Giù la testa quindi!! E se poi diventa necessario che qualcuno la debba proprio alzare, impegnamoci affinchè sia quella di ciascun cit-tadino onesto, rispettoso del vivere civile.

giù la testaIl moro guardone è taroccato

di Giuseppe Cricrì

Lo storico Stemma di Palmi

Due francobolli con i loghi otto-centeschi rela-tivi a Stemmi di Palmi.

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REGOLAMENTO

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riCOrdi stOriCi

di Rocco Liberti

Anche a Palmi, come in tan-tissimi altri centri della Ca-

labria, sono fiorite nel corso dei secoli numerose confraternite o congreghe, associazioni di laici in appoggio alla chiesa per la dif-fusione della fede.

La confraternita del SS. Sacra-mento, cui faceva capo la tronfia nobiltà, recava anche nome di S. Maria del Soccorso, in quanto “eretta e fondata” sicuramente dentro l’omonima chiesa, come appare nel 1767, essendo pro-curatore d. Vincenzo Carrozza (atto nr. Luigi Colloridi, Palmi). Nel 1935 era rappresentata sol-tanto con la seconda intitolazio-ne. Ha ottenuto l’assenso regio il 24 novembre 1777 ed il De Salvo affrettatamente conclude che è proprio questa la data della sua fondazione.

Una confraternita addetta al culto del S. Salvatore si segna-lava già nel 1586, quando si è trovato a notarla il vescovo Del Tufo, che l’ha dichiarata avviata nel 1502. La stessa risultava an-cora in vita nel 1654. Con tito-lazione del SS. Crocifisso ne ha rinvenuto altra nel 1707 il vesco-vo Bernardini.

La confraternita del SS. Ro-sario, indicata pure del Salte-rio, aveva ricetto nella cappella omonima della chiesa del S. Sal-vatore. Detta, di cui si conserva la bolla d’istituzione rilasciata il 9 settembre 1580 e nella quale si fa preciso riferimento alla bat-taglia di Lepanto, ha avuto l’as-senso regio in data 24 novembre 1777.

La confraternita di Nostra Si-gnora del Carmine, constatata nella chiesa omonima ancora da mons. Bernardini nel 1707, che ne ha rinvenuto anche la divisa (sacchi e scapolare di cambris misto), ha ottenuto l’assenso re-gio il 2 giugno 1773, un decreto che ne approvava gli articoli ad-dizionali alle regole il 12 febbraio 1846 ed altri per accettazione di vari legati nello stesso anno e nei susseguenti 1849 e 1857. è tutto-ra esistente. L’associazione era indubbiamente legata al conven-to carmelitano fondato nel 1540 e soppresso nel 1652 con il noto provvedimento di papa Innocen-zo X, che ha eliminato tanti ceno-bi non più in grado di procedere regolarmente. La congrega pal-mese, una volta ottenuto il do-cumento che la riconosceva uffi-cialmente, al pari di varie altre è venuta a lite per motivi di premi-nenza con quella dell’Immacola-ta Concezione e del Glorioso San Rocco. Entrambe, vantando più antica erezione e concessione del regio assenso, si sono rivolte in più occasioni al re perché sta-bilisse a chi toccava chiudere le processioni sia pubbliche che pri-

vate, ma quegli, dopo una serie di dispacci, ha disposto che «fin tanto non si vedessero e s’ap-purassero le ragioni della Regal Camera di Santa Chiara, s’osser-vasse l’antico solito».

A questo punto le due associa-zioni, che avevano speso parec-chie somme di denaro in atti utili ad ottenere quanto bramavano, «per evitare non meno le spese, che li scandali, che apportavano al Publico, e per evitare altresì gl’odij tra Confratelli», hanno compreso che bisognava smet-terla e cercare un improcrasti-nabile patteggiamento. Difatti, il 17 giugno 1778 i responsabili del sodalizio del Carmine (mag. Domenico Guido governatore, mag. Michele Caruso assistente) e dell’Immacolata (mag. Michele Guido governatore, mag. Michele Barone assistente), di concerto con quelli di S. Maria del Soc-corso (mag. D. Francesco Bagalà governatore, padron Domenico Savoja procuratore, padron Ni-cola Sinopoli e padron Vincenzo Savoja assistenti), si sono portati dal notaio per attestare la loro volontà di giungere ad un accor-do. Alla pace si è giunti con la sa-lomonica dichiarazione che tutte e tre le congreghe d’allora in poi avrebbero fruito della preceden-za «alternativamente per tutti gli anni», a far tempo dall’indomani 18 giugno, festa del Corpo di Gesù Cristo. Il primo anno il privilegio sarebbe spettato ai congregati del Carmine, il secondo a quelli dell’Immacolata ed il terzo, infine, ai marinai raggruppati sotto l’egida del Soccorso.

A Palmi, verosimilmente, una confraternita con l’invocazione dell’Immacolata di Maria e di

S. Rocco, che aveva sede nella chiesa di S. Rocco, ha ricevuto un assenso regio il 18 novembre 1777, ma successivamente, nel 1944, quando registrava la pre-senza di 583 confratelli e 636 consorelle, conservava soltanto il titolo dell’Immacolata ed ave-va sistemazione in una propria chiesa. Nel 1761 e 1768 risultava denominata in atti notarili (Col-loridi) come «Venerabile Congre-gazione delle Consorelle sotto il titulo dell’Immacolata Concezio-ne» ed agire nella chiesa di S. Rocco, dove era stata «eretta e fondata». Molto probabilmente, essa potrà essere collegata ad altra di più antica istituzione scomparsa nel corso dei secoli oppure modificata nel nome. Il 5 agosto del 1640, infatti, il papa elargiva indulgenze da godersi dai confratelli di un’associazione detta dello «Stellario della

B.V.M.» proprio in occasione delle ricorrenze dell’Immacolata e delle quattro principali in onore della B.V.M. e non per niente l’azzurro manto dell’Immacolata viene nsempre rappresentato da pittori e scultori costellato di stelle. Probabhoilmente, come tante altre, è iniziativa dell’or-dine dei minori osservanti, cui si deve anche la promozione e propagazione del culto in onore dell’Immacolata, che nel 1719 è stata scelta a patrona ufficiale dello stesso.

Altre associazioni di tipo con-fraternale dedicate alla Madon-na si rinvengono a Palmi quelle di S. Maria de Caravellis, nel 1537 e di S. Maria de Ceratulli, nel 1654. Oltre che a S. Rocco i palmesi avevano consacrato una confraternita anche a S. Nicola . Se ne è avvisato il solito vescovo Del Tufo nel 1586.

confraternite a palmi

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sAPEri & sAPOri di Walter Cricrì

I lavori nell’orto Indicazioni pratiche e consigli utili per affrontare i lavori di gennaio e febbraio nell’orto

Finita l’epoca dei raccolti, la tentazione di abbandonare l’orto fino all’arrivo della primavera è forte.Le ore di luce sono poche e solo durante il week-end c’è tempo per dedicarsi ai lavori, magari con

clima freddo e condizioni inclementi.è questo il momento indicato per mettere a frutto l’esperienza di un anno e progettare attorno

ad alcuni cardini fissi, ad alcuni vincoli imposti dal terreno o da altre infrastrutture (un muro, il cancello, il pozzo, la disponibilità di un impianto fisso d’irrigazione) la futura disposizione.

Senza dimenticare di introdurre un elemento estetico, anche se nulla o poco ha a che vedere col resto, come una macchia di girasoli o alcune zucche ornamentali, o una pianta di uva da tavola contro un muro ben esposto.

Liberare le aiuole dai residui di vegetazione e ripensare alla divisione degli spazi nell’orto, scegliendo specie e varietà e progettare anche sulla carta le nuove aiuole. Ripristinare il sistema di fossi di scolo principali e curare le pen-denze per favorire lo sgrondo delle acque piovane. Eseguire la vangatura e interrare letame, compost e concimazione minerale di fondo, eventualmente aggiungere sabbia silicea nei terreni argillosi per migliorare la tessitura del terreno. Acquistare le sementi delle nuove piante da coltivare. Seminare nei tunnel freddi ravanello, rucola, valerianella, cipolla rossa.

Nel nostro areale, seminare sotto tessuto non tessuto indivie, spinaci, piselli, bietole e aglio e, nelle giornate di più calde, arieggiare i tunnel per evitare fenomeni di condensa. Rimpiazzare le piantine che non hanno attecchito di fave, piselli e fagioli; diradare pomodori, pe-peroni, melanzane e controllare le infestanti.

Raccogliere cavoli invernali, porri ancora presenti e protetti dalle rincalzature; raccogliere bietole e altre verdure da foglia, seminate a fine estate, come radicchi, spinaci, finocchi, ravanelli.

doppi, rosso-aranciati.Anche le piante rampicanti,

come l’actinidia e la passiflo-ra sono adatte come piante da terrazzo. La pianta di kiwi (ac-tinidia) ha bisogno di molta ter-ra: può così formare splendidi pergolati su grandi terrazzi. Ha belle foglie ampie che cadono in inverno. La pianta è dioica, e occorre mettere una pianta ma-schile per l’impollinazione ogni quattro-cinque piante femmini-li, le quali producono i frutti.

La pianta di passiflora (Pas-siflora coerulea) è detta anche “fiore della passione”, in riferi-mento alla singolare geometria del bellissimo fiore. Produce frutti di colore arancione, com-

mestibili, che riescono a ma-turare nei nostri territori con buon successo, al contrario di ciò che avviene nel Nord Italia, dove viene utilizzata solo come pianta da fiore.

Un altro esempio di arbusto mediterraneo è dato dal ribes (Ribes nigrum e Ribes rubrum), ricoperta in estate di foglie pal-mate e dal lungo picciolo, nel ri-bes nero intensamente aromati-che, che in inverno perde. I fiori sono bianchi, riuniti in grappoli che compaiono in aprile-maggio mentre i frutti sono pronti in luglio-agosto. Hanno bisogno di un clima invernale sufficiente-mente freddo per fiorire e frut-tificare, con opportuna esposi-zione semiombreggiata e di un terreno a ph neutro.

Un piccolo frutteto sul terrazzo è un’opportuni-

tà piacevole dal punto di vista estetico e anche da quello ga-stronomico.

I mesi invernali sono ideali per progettarlo e realizzarlo in tempo, anche per il primo rac-colto estivo. I contenitori per le piante da terrazzo necessitano di opportuni contenitori di al-meno 50x50x50cm. L’esposizio-ne deve essere sempre soleg-giata e arieggiata.

L’impegno principale deve essere quello di mantenere le dimensioni finali delle piante contenute, con il giusto com-promesso tra estetica e colti-vabilità: scegliete piante che ben si adattano al nostro clima ed alle condizioni “sacrificate” dei contenitori: susino, pesco, actinidia, melograno, nespolo, melo allevato a “colonna” o a “fusetto”, di varietà nane o in-nestati su portinnesti nanizzan-ti; cespugli di frutti di bosco (ribes, uva spina) ed agrumi: questi richiedono un clima mite o la possibilità di ripararli in in-verni particolarmente rigidi, in terrazze particolarmente espo-ste, regalando profumate fiori-ture di zagare.

Tra gli alberi da terrazzo da coltivare in pieno sole, l’ideale è il melo: la cultivar “Balleri-na” è priva di rami e produce i frutti gialli o rossi su brevi spe-roni posti sul fusto verticale. Ne risulta un albero a colonna stretta, adatto alla coltivazione in vaso, rustico e di facile man-tenimento.

La pianta di melograno vuo-le posizioni soleggiate, clima mite e terriccio ben drenato. Le varietà nane producono bel-lissimi fiori: la Punica granatum “Nana” raggiunge i 20 cm di altezza e si ricopre in luglio di vivaci fiori arancio, mentre la Punica granatum “Nana plena” è alta 90 cm e fiorisce con fiori

Avete un terrazzo? Regalatevi un frutteto!Un prodotto essenziale quale

è il pane viene preparato con ingredienti semplici; le caratteristi-che organolettiche finali (colore, aro-ma, sapore, ecc.) dipendono sia dalla qualità degli ingredienti utilizzati, che dall’esperienza del panificatore.

Oltre alle farine integrali, oppor-tunamente selezionate, l’attore prin-cipale è il Lievito Madre utilizzato, in quanto è il frutto di una riproduzione di alcuni microrganismi presenti na-turalmente nella farina (ad esempio Bacillus panificans) e la riproduzione di microrganismi atmosferici (sia lie-viti, come Saccharomyces minor, che batteri, come il Lactobacillus). Tutti questi, opportunamente “allevati”, vengono utilizzati come lievito. Tali microrganismi non originano alcool etilico ed anidride carbonica, ma aci-do lattico, acido acetico ed anidride carbonica. Questa è la ragione per cui si parla di pasta acida.

Inoltre, il pane ottenuto con fa-rine integrali consente di apportare all’organismo maggiori quantità di fibra, proteine, vitamine, minerali ed antiossidanti. L’azione di stimolo sulle pareti intestinali migliora l’e-vacuazione, riduce l’assorbimento dei nutrienti e modula quindi il loro ingresso nelle cellule, con grande vantaggio metabolico. L’assunzione di fibre può essere consigliata an-che ai diabetici. Proprio i soggetti che presentano maggiori difficoltà a metabolizzare il glucosio, devo-no introdurre una maggiore quota di fibra alimentare, per modulare il passaggio di glucosio nel sangue ed allontanare il rischio di sbalzi glice-mici, limitando in tal modo il biso-gno di insulina. Il Pane Integrale con Lievito Madre rilascia in modo gra-duale i suoi componenti energetici, assicurando un rifornimento cellula-re dosato del glucosio, l’unico carbu-rante per cellule nervose e globuli rossi. Solo coloro che presentano al-cune patologie gastro-intestinali (ad esempio gastrite, dispepsia, ecc.) dovranno preferire i prodotti privi di fibra.

Fatevi Un regalO: Provate a “dimenticarvelo” per qualche gior-no in un cassetto, opportunamente conservato nel sacchetto in cui l’ave-te acquistato (studiato per garantire una corretta conservazione del pro-dotto), lo ritroverete dopo qualche

Pane Integrale con Lievito Madregiorno più corposo ed il gusto sarà esaltato; crostini e minestroni serali diventeranno irresistibili.

Frutto di molto lavoro, esperienza e sacrificio, il pane ottenuto da lun-ghe lievitazioni, con Lievito Madre, può avere una vita più o meno lunga, tanto da poterlo considerare “stagio-nato”: questo pane, dopo qualche giorno, migliora le caratteristiche sia sensoriali che di digeribilità.

Il pane “stagionato” possiede mol-teplici proprietà organolettiche ed in pochi conoscono anche le proprietà salutistiche di questo buon alimento. La trasformazione del pane fresco in “stagionato” si basa sul fenome-no della retrogradazione dell’amido, che consiste nella tendenza dell’ami-do a riassumere la struttura origina-ria (prima della cottura) perdendo umidità; il pane cambia sapore, con-sistenza, diventa molto più digeribile e determina un innalzamento più re-golare del tasso glicemico.

QUALCHE CONSIGLIO su come al-lungare la vita del pane:Frigorifero? nO, grazie. Non convie-ne mettere il pane in frigorifero. Il processo di trasformazione dell’ami-do (“retrogradazione”), che si tradu-ce nel raffermamento, è accelerato dalle temperature vicine allo zero.si nella carta. Il pane si conserva nella carta o ancora meglio in sac-chetti di cotone, in una condizione, quindi, che permetta il passaggio di aria, per facilitare la perdita di umi-dità e rallentare lo sviluppo di muffe.vietati i sacchetti di plastica. La chiusura “ermetica” potrebbe favo-rire un accumulo di umidità superfi-ciale che favorirebbe il proliferare di muffe.in freezer si, ma… Per conservare al meglio il pane nel congelatore bi-sogna utilizzare pane freschissimo, in piccole porzioni, direttamente nell’apposito comparto,,alle tempe-rature più basse e più velocemente possibile; dopo qualche ora, verrà confezionarlo in idonei sacchetti bel sigillati. In questo modo si evita il di-stacco della crosta dalla mollica.

Potrete trovare il pane descritto a Palmi, presso l’Erboristeria “la Bot-tega della Salute”, in via Oberdan, 24; sono disponibili altri prodotti a basso Indice Glicemico (con farina di Segale), particolarmente adatti a diete ipocaloriche.

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

sAPEri & sAPOri di Walter Cricrì

Ingredienti per 4 persone: 200g di piselli secchi, 1 uovo, 1 carota, 1 porro, 1 spicchio d’aglio, 3 cucchiai d’olio d’oliva extravergine, 1 foglia d’alloro, 1 litro buon brodo fatto in casa (in alternativa accontentatevi del dado), sale e pepe q.b.. Per servire: crostini abbrustoliti ed, a piacere, del prosciutto crudo.Ammollate i piselli per un paio di ore: non è indispensabile, potete anche cuocere la zuppa direttamente. Scaldate l’olio in una casseruola con la foglia d’alloro e carota, porro e aglio sminuzzati. Lasciate appassire il tutto a fuoco moderato senza far prendere colore.Unite i piselli e coprite con il brodo bollente. Salate a piacere e lasciate cuocere con un coperchio leggermente scostato per 1 ora e mezza circa. Se necessario, aggiungete acqua durante la cottura.Passate ora la zuppa al frullatore oppure al passaverdure dopo aver tolto la foglia d’alloro. Versate la zuppa in una ciotola, apriteci dentro un uovo, cercando di farlo stare più in superficie possibile (un trucco è quello di far raffreddare la zuppa che tenderà a diventare più densa e l’uovo rimarrà più facilmente in superficie) spol-verate con grana e passate al gril per 7-10 minuti, facendo attenzione che l’uovo si cuocia (anche se rimarrà tipo “alla coque”) e che la zuppa si scaldi a sufficienza. Servite subito con pepe macinato al momento e, se vi piace, con il prosciutto crudo finemente sminuzzato oltre che con i crostini.

Legumi: una minieradi benessere

zuppa di piselli secchi con l’occhio giallo

Un’opera del pittore Annibale Carracci, attorno al 1583 ha fissato l’im-portanza di questo alimento: il “mangiafagioli” coglie con una sintesi figurativa davvero fulminea un uomo nell’atto di portarsene alla boc-ca una cucchiaiata, mentre sulla tavola con pochi altri ingredienti lo aspetta una ciotola ricolma.

sicuramente, a partire dal X secolo, al miglioramento della salute della collettività, rendendola più resi-stente alle malattie e consentendo così al nostro continente di ripopo-larsi in breve tempo. Dal XVI secolo in poi, con la scoperta del “Nuovo Mondo” e la conseguente importa-zione in Europa di prodotti agricoli di quelle terre, sono arrivati anche i fagioli. Merito degli uomini di allora, fu quello di trasformare quei semi in alimento, cibo diventato ben presto alla portata di tutti per il suo basso costo.

Nel Medio Evo, l’Europa inte-ra era a rischio di spopolamento a causa dell’alta mortalità, dovuta a una serie di epidemie capaci di de-cimare intere nazioni. La gente, in maggioranza i ceti poveri, nutriti male e in maniera inadeguata, era nell’impossibilità di procurarsi cibi costosi come la carne, uno dei pochi alimenti in grado di fornire proteine indispensabili a garantire le necessa-rie difese a organismi debilitati.

I legumi erano considerati in epo-ca medievale un piatto povero ed

Fagioli, ceci, piselli e lenticchie, sono quanto di più comune sia-mo abituati a trovare sulle nostre tavole. Questi prodotti, infat-ti, sono parte della tradizione gastronomica italiana, apparte-nendo alla “cucina povera”: solo perché gli ingredienti costano poco, non certo perché siano poveri di gusto o di proprietà nutritive.

Per legumi si intendono i semi commestibili secchi delle pian-

te della famiglia delle Leguminose; i semi freschi e i baccelli, per il loro elevato contenuto di acqua, ven-gono considerati ortaggi. I legumi più diffusi sono i fagioli, i piselli, le lenticchie, i ceci, le fave, le ara-chidi seguiti da cicerchie e lupini. I legumi hanno un’origine molto anti-ca: lenticchie, piselli, ceci, fave fu-rono coltivate per la prima volta in Medio Oriente tra il 7.000 e il 3.000 a.C., per poi diffondersi in Europa Centrale e Meridionale.

Probabilmente proprio le fave fu-rono i primi legumi a essere cono-sciuti e consumati, in quanto sono tra i più gradevoli consumati crudi. I fagioli, conosciuti anch’essi dal 6.000 a.C., sono invece originari dell’Ame-rica e i fagioli dall’occhio (3.000 a.C.) dell’Africa. Introdotti in Europa nel XVI secolo in seguito alle spedizioni spagnole, in ogni tempo questi legu-mi hanno costituito il “piatto forte” sulle mense dei ceti meno abbienti, tanto da meritare l’appellativo di “carne dei poveri”, contribuendo,

era-no con-sumati soprat-tutto dalle classi su-balterne. Proprio per queste carat-teristiche divennero uno dei simboli dell’alimentazione monastica che diffondeva un modello di compor-tamento alimentare molto sobrio, in contrapposizione alla mentalità dei potenti, basata nell’abbondante consumo di carne quale espressione di superiorità. Così gli alimenti da prediligere erano, su tutti, gli ortag-gi ed i legumi.

Nel Medioevo troviamo frequen-temente l’uso di macinare i legumi, soprattutto la fava ed i ceci, e com-binarli con la farina di frumento. Un uso già noto in epoca romana, come ci narra lo scrittore Plinio, che nei sui scritti ricorda quanto diffusa fosse l’abitudine di mescolare la farina di fava con quella di cereali e in parti-colare con quella di panico. Una tra-dizione che troviamo ancora intatta durante il medioevo, testimoniata dalla numerosa presenza nei mer-cati cittadini medievali di venditori di “cicera e panicum” in particolare durante il periodo della Quaresima.

In cucina, quasi tutti i legumi, so-prattutto le fave e i piselli, potevano essere consumati verdi, con un po’ di sale ed olio e, forse, anche con erbe aromatiche o salse particolari. In genere però il resto dei legumi, grazie alla loro facile conservazione, venivano essiccati ed erano utilizzati in cucina interi o franti o addirittura macinati. Servivano particolarmente per la preparazione di minestre, di brodi, di creme o zuppe calde, ma potevano anche essere preparati in-sieme agli ortaggi o semplicemente

cotti e conditi con l’olio. Raramente accompagnavano i piatti di carne e nelle mense delle classi più agiate, dove peraltro non avevano una gros-sa presenza, e potevano essere ser-viti insaporiti dall’aggiunta di spezie.

L’Italia contadina, fino agli anni Cinquanta, ha vissuto di legumi, pre-valentemente cucinati in minestra, da soli o tutti insieme, perché ali-menti carichi di proteine.

I legumi sono un alimento impor-tante anche perché poveri di grassi e ricchi di fibre, utili per l’intestino. Sono dotati di fosforo, calcio e ferro. Freschi, sono ricchi di vitamina “C”.

Si possono consumare 3-4 vol-te la settimana, ma per chi fa vita sedentaria sono indicati anche tutti i giorni. In cucina sono versatili, ot-timi nelle zuppe rustiche, nei piat-ti unici, come contorno in insalata. Fondamentale è cucinarli bene: quelli secchi si lasciano a bagno 24 ore prima di essere messi a cuocere; si cuociono a lungo ( 2-3 anche 4 ore, a seconda della varietà); si condisco-no con olio extravergine e si aroma-tizzano con erbe. I legumi freschi si mangiano crudi (fave) oppure si cuo-ciono senza bisogno di ammollo.

Soprannominati la “carne dei po-veri”, ancora una volta grazie alle proteine a basso costo ed accessi-bili a tutti gli strati sociali, i legumi ora più che mai rappresentano una risorsa per il futuro: semplici da col-tivare e da cucinare sono la naturale alternativa alla carne, troppo costo-sa in termini ecologici ed energetici.

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sAlutE E BEnEssErE

Anche quest’anno al giunge-re dei primi freddi, ritorna

il “nemico invisibile”: il Monossi-do di Carbonio. Si tratta di un gas incolore e inodore che si svilup-pa dalla combustione incompleta del legno e del carbone. Nei pic-coli Centri del sud Italia il “bra-ciere”, (una sorta di bacinella di rame o di ferro dove viene fatto ardere del carbone fino a quando si riduce in cenere) rimane anco-ra uno strumento tradizionale ed economico per riscaldarsi.

Era molto in uso nell’Italia povera e priva di mezzi del do-poguerra, quando non si cono-scevano ancora altre fonti di ri-scaldamento, ma il suo utilizzo permane ancora oggi, nonostan-te la nascita di strumenti più si-curi e moderni per riscaldare le abitazioni. A volte capita che le braci che rimangono nel cami-netto (il quale raramente è fonte di intossicazione da Monossido di Carbonio se ha un buon tirag-gio), vengano poste nel famoso braciere per riscaldare le ca-mere da letto. Quest’abitudine

MONOSSIDO DI CARBONIO

IL NEMICO INVISIBILE

risulta estremamente pericolosa poiché il Monossido di Carbonio, contrariamente a quanto si cre-da, è un gas incolore e inodore e continua a svilupparsi durante la combustione delle braci fino a quando queste non si siano spen-te completamente. E’ più pesan-te dell’aria e tende a depositarsi sul pavimento, invadendo gli an-goli e saturando tutti gli anfratti dell’ambiente in cui si sviluppa.

Ancora oggi persiste l’infon-data convinzione che soltanto il fumo prodotto dalla combustio-ne del legno sia dannoso e que-sto errore può risultare fatale. Basti guardare le cronache dei quotidiani durante il periodo in-vernale: ogni anno il nemico invi-sibile continua a mietere vittime e tanti sono coloro i quali si sal-vano perché avvertono sintomi quali cefalea, nausea, vomito, vertigini fino alla perdita di co-scienza. Il meccanismo di azione del Monossido di Carbonio si basa sull’affinità che tale gas possiede verso l’emoglobina, che è quella molecola che conferisce il colore rosso al sangue ed ha il compito di legare l’ossigeno e trasportar-

lo a tutte le cellule dell’orga-nismo. Il Monossido di Carbonio compete con l’ossigeno per il suo legame con l’emoglobina e possiede un’affinità verso essa duecento volte maggiore dell’os-sigeno. Il Monossido di Carbonio pertanto impegna l’emoglobina rendendola indisponibile a tra-sportare l’ossigeno. Ne consegue pertanto “un’anossia anossica”, cioè una carenza di ossigeno acuta di tutto l’organismo che risulta tanto più grave quan-to maggiore è la percentuale di emoglobina legata al Monossido di Carbonio. Già una percentuale del 40 % è sufficiente ad indur-re la perdita di coscienza ed il coma, a cui fa seguito la morte per carenza acuta di ossigeno di tutte le cellule dell’organismo. Il Monossido di Carbonio inoltre possiede la capacità di inibire al-cuni importanti sistemi enzimati-ci coinvolti nel metabolismo del-le cellule muscolari (comprese quelle del cuore), inoltre tende a depositarsi in alcune importan-ti strutture del Sistema Nervoso Centrale danneggiandole, a vol-te, in modo irreversibile.

Il trattamento consiste nella somministrazione di ossigeno al 100%. L’Ossigeno-terapia Iperba-rica in alcuni casi salva vita, non soltanto perché in un’ora riesce a spiazzare (per effetto massa)

tutto il Monossido di Carbonio presente nell’organismo (mentre ci vorrebbero molte più ore e a volte anche giorni in aria ambien-te o anche in ossigeno a pressione atmosferica), ma anche perché previene un’alterazione neurolo-gica causata dall’intossicazione da Monossido di Carbonio, che può giungere tardivamente ed è provocata da una lesione che tale gas causa ad alcuni centri del Si-stema Nervoso Centrale. Tale sin-drome, che insorge da una setti-mana circa fino ad un mese dopo l’intossicazione, è caratterizzata da sintomi quali cefalea persi-stente, disturbi comportamentali ed altri sintomi neurologici ed è denominata “Sindrome post in-tervallare”.

La mia lunga esperienza lavora-tiva nell’unico Centro di Terapia Iperbarica della Calabria mi por-ta a contatto con decine di pa-zienti che ogni anno hanno la for-tuna di essere salvati da questo veleno micidiale; pertanto consi-glio a tutti i cittadini la massima prudenza: ne va della loro vita!

All’inizio di ogni inverno è op-portuno far controllare ogni im-pianto di riscaldamento ad un tecnico specializzato; controllare la canna fumaria ed il tiraggio dei caminetti, ma soprattutto non far bruciare mai della legna per riscaldarsi in un ambiente chiuso.

di Carmela Gentile

- Qual’è la frequenza di consul-tazione di questa malattia presso il suo studio ?

L’incidenza di questa affezione è elevata, specie tra i giovani. Tra tut-te le consultazioni dermatologiche, essa può raggiungere anche il 20%.

- Quali sono i motivi che indu-cono i giovani a rivolgersi allo specialista?

Possono essere molteplici, ma, anzitutto, è il motivo estetico quel-lo che guida la scelta. In un’epoca in cui l’immagine è fondamentale nei rapporti sociali e quindi ciò che è esteriore ha un significato più importante del mondo interiore, molti non tollerano che il loro viso, sede più frequente di localizzazio-ne dell’acne, possa essere sede di fastidiose papule o pustole. E’evi-dente che l’ambiente, in cui si vive e in cui si intrecciano le relazioni sociali, ha una rilevanza importan-te ai fini della percezione di un di-sagio estetico che, in alcuni casi, può anche diventare vera fobia e sconfinare in una patologia ansio-sa. Non è raro trovarsi di fronte a pazienti che amplificano insignifi-canti manifestazioni cliniche, tipo

FOCUS ON ACNEIntervista al dr. G. Ribuffo, specialista dermatologo

piccole papule o anche semplici comedoni e richiedono per questi interventi terapeutici sproporzio-nati. Questa sofferenza interiore giunge, a volte, anche al rifiuto del cibo, ritenuto erroneamente causa della malattia, al rifiuto di parlare, di studiare, insomma di relazionar-si con gli altri.

- si sente dire che la malattia è un problema di “giovinezza”, che col tempo passerà da sola e che quindi non è il caso di fare terapie e, in particolare, non è il caso di assumere farmaci per bocca?

E’ un modo di pensare com-pletamente sbagliato e foriero di gravi sequele, come si verifica, per esempio, nella forma nodulo-cistica in cui vi sono reliquati ci-catriziali definitivi, non essendoci alcuna terapia che li possa rimuo-vere. E’ importante invece che, sin dall’inizio, il paziente venga seguito adeguatamente prescri-vendo i farmaci giusti per le varie forme e distinguendo fra quelle lievi e quelle gravi.

- cosa prescrive nelle forme lievi di acne?

Tali forme, in genere, richiedono solo una terapia locale che consiste nell’uso di cheratolitici, sostanze che aprono il tappo corneo presente

allo sbocco del follicolo pilo-seba-ceo, di batteriostatici che inibiscono la carica batterica e la loro prolife-razione, di antibiotici veri e propri. Si associano detergenti che riducono il sebo, eliminando così la pelle luci-da e grassa. Da evitare i prodotti a base di cortisone, che favoriscono la crescita batterica e, dopo un ap-parente miglioramento, determina-no un peggioramento dell’acne.

- Quali sono le cause e, in par-ticolare, è vero che se il genitore ne è stato affetto, anche il figlio può esserlo a sua volta ?

La malattia è dovuta ad una esaltata attività di un enzima che rende il testosterone, quantita-tivamente normale nel sangue, più attivo sulle ghiandole sebacee che diventano, per ciò, più grandi e secernono maggiori quantità di lipidi con infiammazione seconda-ria; nel follicolo si ha un eccesso di cellule e sebo, si forma il comedo-ne, avviene la colonizzazione del propionibacterium acnes, si forma-no papule, pustole, noduli, ascessi, fistole.

E’ ammessa una predisposizione genetica, addirittura esistono forme ereditarie, per cui è possibile che il figlio abbia gli stessi disturbi che hanno avuto il padre o la madre.

- in passato di più, quando le informazioni erano ancora insuf-ficienti, ma anche oggi molti ge-nitori pensano che i cibi grassi o piccanti possano determinare la malattia o aggravarla?

Esistono studi scientifici consoli-dati che dicono con chiarezza che la dieta non riveste alcun ruolo nell’insorgenza dell’acne nè che possa cronicizzarla. Capita però che alcuni alimenti, se consuma-ti in eccesso, possano peggiorare temporaneamente il disturbo e di ciò se ne accorge lo stesso pazien-te che li riduce o abolisce .

- Lo stress che significato ha?Molti, nel corso della loro vita,

hanno sperimentato almeno una volta che lo stress ha fatto compa-rire i “brufoli”, che si sono però risolti nel giro di alcuni giorni. Cosa diversa è quella che accade a quei soggetti sottoposti ad un impegno fisico ed intellettuale continuati e pesanti che sfociano in una vera patologia se non vengono rimosse le cause. (1 – continua)

di Salvatore De Francia

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MOndO sCuOlA

di Dario Costantino

Alla fine di un tragitto, un percorso emozionale enor-

me, un cammino politico e pro-positivo importante, occorre fer-marsi per una pausa di riflessione e organizzare un riassunto sullo straripante, fantasioso e a volte positivamente rabbioso movi-mento studentesco.

I due anni di mobilitazione stu-dentesca appena trascorsi han-no scritto una delle pagine più importanti nel grande libro de-gli studenti Italiani, uniti anche alle problematiche mondiali che tutt’oggi gli studenti pongono all’ordine del giorno.

Sono rimasto felice dell’inte-resse che Madre Terra ha riposto sulla questione che il Movimen-to ha sollevato, rispetto al tema istruzione, rispetto al tema sape-ri e ai problemi quotidiani a cui andiamo incontro noi ragazzi.

Ho sentito quindi la volontà di contribuire a questa discussione come portavoce di un’associa-zione, l’FdS che dentro al movi-mento c’è stata ed ha assunto un ruolo di protagonismo politico, diverso rispetto agli anni passa-ti, da progressista e mai, mai, da conservatrice, come il sindacato studentesco ha spesso fatto.

Non mi dilungherò pertanto in tecnicismi rispetto alle due gran-di batoste che sono arrivate dal Ministero dell’Istruzione, rispetti-vamente per Studenti medi e Stu-denti universitari, considerando anche che all’approvazione del Ddl Università devono seguire un centinaio di decreti attuativi, se non di più, che in realtà dovreb-

bero riempire un grande bluff mascherato appunto da riforma, per altro uscito decisamente male nei suoi concetti basilari.

Il cammino che la Federazione degli Studenti ha intrapreso lungo l’arco di questi mesi ha segnato una netta inversione di rotta ri-spetto al passato. Abbiamo posto questioni nuove all’ordine del giorno ed alcune, fra le più prati-che, le abbiamo anche portate a termine, come la grande vittoria segnata dall’apertura di un tavo-lo permanente con la provincia di Reggio sull’edilizia scolastica, per la quale siamo fanalino di coda del paese.

Nonostante tutto, non ci è ba-stato affermare, durante cortei e assemblee, che eliminando i fondi per l’istruzione si licenziava un futuro già precario per gli Stu-denti, che si vituperava il sistema attuale- verissimo- e che senza moneta i servizi non funzionano.

Una concreta riforma della scuola, nella mutevolezza del mondo attuale, un mondo nel quale emigrano giorno dopo gior-no i capitali economici da una fet-ta di globo all’altra, deve avere una prospettiva più lontana, uno sguardo più ampio e che riesca a conciliare tre voci fondamentali, Lavoro, Istruzione e Formazione, tutte riunite in un concetto forse utopico, ma da prefissarsi: La So-cietà Della Conoscenza.

Il movimento è consapevole che l’esigenza di cambiare il si-stema istruzione italiano si fa sempre più forte e prioritaria, ma è altrettanto consapevole nel giudicare classista, miope e ottu-sa una riforma, o meglio due, de-clinate nel gergo Tremontiano del

“con la cultura non si mangia” o nel motto della Gelmini “sempli-fichiamo e bocciamo”.

Le uniche strumentalizzazioni che sono piovute violentemente sul movimento sono provenu-te unicamente dall’esecutivo, il quale ha maldestramente tentato di cavalcare le paure e gli slogan populisti, ponendosi con la roz-zezza di un elefante in un ter-reno così delicato come l’istru-zione. Quel terreno è composto da studenti bravi, che studiano e che vogliono poter sfruttare il proprio sapere in futuro e garan-tirlo ai propri fratelli un domani.

Le prove di forza con milita-rizzazioni strumentali non hanno fatto altro che lanciare benzina sul fuoco di una base del movi-mento che non ha trovato inter-locutori politici che si prendesse-ro cura delle loro parole, se non nel capo dello stato, che nobil-mente ha ascoltato le ragioni dei ragazzi.

La mancanza di un confronto politico con i partiti, chi più chi meno ad onor del vero, e con le istituzioni hanno isolato da una parte il movimento in una conti-nua protesta che piano a piano si generalizzava in uno sterile ab-bandono della politica, grave ri-schio per la democrazia, e dall‘al-tra, alla Camera e al Senato, ab-biamo assistito un licenziamento ottuso del governo nei confronti di questo grande movimento tac-ciato come „piccolo guazzabuglio di pochi facinorosi“.

Le somiglianze rispetto al gran-de movimento sessantottino si riflettono automaticamente, con parametri nuovi e paradigmi mo-derni, rivolti verso un progresso

europeo e aperto all‘internazio-nalizzazione: si pone oggi una nuova questione generazionale, che se non verrà affrontata con la giustà serietà proietterà un‘in-tera fetta di paese in un futuro buio, incerto e precario.

Da ciò si evince un grave rischio di un conflitto sociale pericoloso, dal quale l‘Italia deve divincolar-si, non ponendolo sotto il tappe-to, ma affrontando le sue radici e risolvendolo nel miglior modo possibile.

Pertanto il riassetto del mondo dei saperi non deve allacciarsi nella retorica del merito di cui si fa promotrice la Gelmini: esul-tare ogni anno all‘aumento del-le bocciature è un po‘ come se Marchionne si felicitasse di aver venduto poche auto.

Il servizio pubblico che la scuo-la deve garantire, oggi, ha il do-vere di volgere lo sguardo al fu-turo e per farlo deve aprire pri-ma di tutto il mondo del lavoro e ricucire la frattura enorme fra il lavoro dipendente e quell‘enor-me dimensione del lavoro preca-rio che è andata formandosi in questi anni di totale assenza di regole e diritti per i nuovi lavo-ratori.

Bisogna tornare a investire nel rapporto fra saperi e territorio, proiettato in un campo più esteso che trova spazio nell‘Europa che sognamo e vorremmo che si rea-lizzasse davvero.

Il mondo dei saperi tecnici, del-la formazione al lavoro specializ-zato e di qualità deve percepire un nuovo interesse e ha necessi-tà di un nuovo disegno, che non spezzi le gambe al settore, ma lo

STUDENTI E ...MOVIMENTI (STUDENTESCHI)

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Anno 2 Nr. 13 Gennaio 2011

MOndO sCuOlAaiuti a crescere nella prospettiva di una sfida sul-la qualità del lavoro più che sulla quantità. For-mare lavoratori di qualità oggi è una delle poche strade da percorrere per arginare il processo di delocalizzazione dei capitali, processo per altro ineluttabile sotto certi aspetti, e per aumentare la competitività del paese.

La scuola che presenta la Gelmini più che pro-fumare di modernità ricorda l‘acre odore di un ventennio buio e di un ministro fascista come Gentile, il che non può conciliarsi in alcun modo con la forte spinta al cambiamento che il movi-mento in questi anni sta forzando.

La nuova frontiera alla quale dobbiamo aprirci si chiama Education 2.0, un nuovo tipo di didat-tica e di scuola: superamento dell‘impostazione della lezione frontale nella quale il docente vo-mita addosso ai discenti nozioni sterili prive di possibile interattività; apertura delle porte al web (che ad oggi è la fonte del 70% del sapere di un ragazzo) cosicché la scuola possa insegna-re l‘utilizzo più corretto e produttivo dello stes-so; superamento dell‘utilizzo monocratico del manuale; nuova teorizzazione dei luoghi stessi dentro al quale costruire la propria cultura sco-lastica.

E se in un quadro di impostazione generale del pensiero e dell‘approccio ad una riforma della scuola non riusciamo a incontrarci col Ministro, anche l‘ordinaria amministrazione impaurisce, e il quadro che stanno dipingendo negli uffici del consiglio dei ministri è la causa di un sospetto che richiama al grande discorso che tenne Cala-mandrei in difesa della scuola pubblica che invito a leggere, il sospetto di un voluto declassamento dell‘offerta formativa e di una voluta elitarietà del sapere:

L‘abbattimento del fondo per il diritto allo stu-dio dell‘90%, l‘aumento dei finanziamento alle scuole private con notevoli privilegi per le Cat-toliche (ventimila nuove assunzioni di insegnanti di religione cattolica, a fronte di centinaia di mi-gliaia di licenziamenti), la promozione del CEPU a università paritaria, la subordinazione dell‘at-tività economica del ministero dell‘istruzione al ministero dell‘economia e tanto altro ancora.

Il tutto, condito da slogan sconfessati dagli stessi autori delle riforme, fa leva sulla paura, sul populismo di una scuola alla deriva che solo un fallace rigore può salvare dal baratro, inelut-tabile altrimenti.

In verità, ad oggi, uno sguardo rivolto al futu-ro si è potuto ammirare solo negli occhi di quei ragazzi che hanno calpestato le più importanti città d‘Italia, che hanno occupato simbolicamen-te i templi della cultura del paese, e che hanno risposto alle strumenalizzazioni violente di pochi con delle candide mani bianche in segno di pace e non violenza.

Se non si ascolterà questo fermento giovanile si rischia di abbandonare a se stessa una genera-zione stanca e disillusa, incapace di intravedere nella classe dirigente attuale una guida credibi-le e capace di disegnare prospettive di sviluppo concreto.

Tanti anni fa il mondo veniva sommerso da un‘ondata di ragazzi che portarono in piazza utopie, sogni e progetti lungimiranti. Allora fu-rono tacciati per irrealisti, sotto certi aspetti fu così, ma quelle rivendicazioni portarono a diritti che oggi riteniamo scontati: assemblee d‘istitu-to, carta delle studentesse e degli studenti, rap-presentanze, comitati studenteschi.

Oggi le utopie che professiamo si allacciano emotivamente a quell‘onda fantastica che ci tra-sciniamo da sempre, che caratterizza la nostra età, che propone un‘alternativa democratica concreta.

Parafrasando Walt Whitman, la bellezza del nostro movimento è che ognuno ha potuto con-tribuire con un verso alla sua costruzione, che ognuno di noi è consapevole che il cambiamen-to, oggi, lo operiamo grazie alle nostra passione, alla nostra volontà di studiare e avere un futuro nella nostra terra, e in questo vecchio e pazzo mondo che ci vede protagonisti.

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tEAtrAndO

Si è rinnovato l’appuntamento invernale insieme alla Compagnia dei Mastroni, in scena con il musical “Robin Hood” che, nei giorni

4 e 5 Gennaio di questo nuovo anno, presso la Casa della Cultura in Palmi, ha registrato il “tutto esaurito” ed ha reso necessario un terzo spettacolo per il giorno 7 c.m. anch’esso stracolmo di gente nonostan-te il freddo in sala dovuto ai riscaldamenti ancora una volta guasti.

Il regista/protagonista Antonio “Cionzo” Gelardi, insieme ai suoi “Mastroni”, ha saputo adattare una leggenda, amata da grandi e pic-cini, al contesto palmese sottolineando ironicamente peculiari aspetti del luogo e della nostra gente nonché, bonariamente, qualche pecca dell’Amministrazione locale e centrale. Dunque, tanta euforia e diver-timento ma anche sensibilizzazione verso i problemi che da sempre ci circondano e non trovano mai adeguate soluzioni.

I Mastroni inaugurano il loro quinto anno insieme e, per noi che da sempre li seguiamo, non è stato difficile constatare un crescente miglioramento sia nella qualità delle voci, sia nelle coreografie e nei costumi, nonché negli effetti speciali e nelle scenografie.

L’impegno necessario per realizzare un tale spettacolo è davvero tanto e sapere che ogni dettaglio è stato curato quasi unicamente da loro, dà ulteriori meriti a questi ragazzi che dunque, non si limitano ad essere attori e cantanti, ma si trasformano all’occorrenza in sar-ti, falegnami, pittori, coreografi, musicisti e quant’altro occorra per il successo finale. Numerosi e scroscianti sono stati gli applausi che tutti i presenti hanno loro tributato a ogni scena e alle tante battute degli attori che meritano di essere tutti citati: Antonio Gelardi alias Robin Hood, Chiara Tomaselli nelle vesti di Lady Marion, Salvatore Saffioti (sceriffo di Nottingham), Loredana Gullo (la tata), Raimondo Campolo (Frà Tuck), Teresa Surace (Nuvola), Ninì Greco (Re Giovanni), Daniele Dato (Little John), Tato Ferraro (il giullare), Anna Cananzi, Giada Colosi, Chiara Cosentino, Irene Gagliostro, Federica Muratore, Fausta Sorrenti, M.Rosaria Tomaselli, Conny Tripodi, Saverio Barbaro, Carmine De Masi, Antonio “Pit” Tedesco, Salvatore Tripodi (ballerini e comparse), Peppe Ardissone (Re “Liccardo”) ed inoltre hanno col-laborato Roberto “Axl” Teti per i testi, Paolo Nicotra per l’idea e la costruzione degli effetti speciali, Gianfranco Filippone e Alessandro Basile per l’aiuto in scena.

La Compagnia ci dimostra che la forza di volontà unita alla forza dell’amicizia riesce a realizzare opere meravigliose. Complimenti Ma-stroni! Semper ad maiora!

“ROBIN HOOD” CON LA COMPAGNIA DEI MASTRONI HA RIFATTO CENTRO!

Sopra - Una delle scene principali dello spettacolo --- Sotto - La locandina di presentazione

di Maria Concetta Militano

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PArlAndO di MusiCA

Con una impressionante e nutrita lista di ospiti, citiamo tra gli altri Jamie

Foxx, Wyclef Jean, Naturally 7, Ludacris, Akon, John Legend, Usher, Robin Thicke,

Amy Winehouse…, Quincy Jones rielabora 15 brani storici del suo repertorio sia di produttore che di principale esecutore.

Il singolo di lancio è un remake di Strawberry letter 23 di Shuggie Otis, egregiamente reinterpretato da Akon.

Segnaliamo, inoltre, Give me the night noto brano di George Benson, qui affidato a Jamie Foxx; Tomorrow, vecchia hit di The Brothers Johnson già presente in Back on the block, in cui John Legend commuove persino l’ascoltatore meno attento; P.Y.T. già del compianto Michael Jackson, dove, “forse”, Q.J. eccede in innovazione e tecnologia, snaturando eccessivamente l’originale; It’s my party, dove si rivede piacevolmente una Amy Winehouse in gran forma. Secret garden, infine, impressiona sia per la sfilza notevole di gente coinvolta che si alterna nelle varie strofe (Usher, Thicke, Tyrese, L.L. Cool J, Tevin Campbell, Barry White), che per il nuovo taglio dato al brano, molto più veloce dell’originale ma altrettanto bello ed efficace.

Nonostante i molti suoni campionati, in questo lavoro tutto è ben miscelato dalla sapiente mano di JONES, sempre molto avanti nelle scelte sonore.

Molte delle cose presenti nell’album, saranno pane quotidiano per le produzioni musicali dei prossimi 15 anni.

Non aspettatevi, ai primi ascolti la botta di positività dei precedenti lavori (The Dude, Back on the block, Q’s Jook Joint), in quanto la digestione di alcuni brani non è poi così facile, ma nonostante tutto, dopo accurati ascolti, diventa piacevole.

Non rientra, a mio modesto avviso, tra i dischi “NECESSARI”, pertanto valutate bene l’eventuale acquisto.

Cristoforo Bovi

QUINCY JONES: Soul bossa Nostra

Dormi sepolto in un campo di granonon è la rosa non è il tulipanoche ti fan veglia dall'ombra dei fossi,ma sono mille papaveri rossi.

«Lungo le sponde del mio torrentevoglio che scendan i lucci argentati,non più i cadaveri dei soldatiportati in braccio dalla corrente.»

Così dicevi ed era d'invernoe come gli altri verso l'infernote ne vai triste come chi deveil vento ti sputa in faccia la neve.

Fermati Piero, fermati adessolascia che il vento ti passi un po' addosso,dei morti in battaglia ti porti la voce,chi diede la vita ebbe in cambio una croce.

Ma tu non lo udisti e il tempo passavacon le stagioni a passo di giavaed arrivasti a varcar la frontierain un bel giorno di primavera.

E mentre marciavi con l'anima in spallevedesti un uomo in fondo alla valle che aveva il tuo stesso identico umorema la divisa di un altro colore.

Sparagli Piero, sparagli orae dopo un colpo sparagli ancorafino a che tu non lo vedrai esangue,cadere in terra a coprire il suo sangue.

«E se gli sparo in fronte o nel cuoresoltanto il tempo avrà per morirema il tempo a me resterà per vedere vedere gli occhi di un uomo che muore.»

E mentre gli usi questa premuraquello si volta ti vede ha paura ed imbracciata l'artiglierianon ti ricambia la cortesia.

Cadesti a terra senza un lamentoe ti accorgesti in un solo momentoche il tempo non ti sarebbe bastatoa chieder perdono per ogni peccato.

Cadesti a terra senza un lamentoe ti accorgesti in un solo momentoche la tua vita finiva quel giornoe non ci sarebbe stato ritorno.

«Ninetta mia, crepare di Maggioci vuole tanto troppo coraggio.Ninetta bella, dritto all'infernoavrei preferito andarci in inverno.»

E mentre il grano ti stava a sentiredentro le mani stringevi il fucile,dentro la bocca stringevi parole troppo gelate per sciogliersi al sole.

Dormi sepolto in un campo di granonon è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia dall'ombra dei fossima sono mille papaveri rossi.

Tiziano Terzani è un attento cronista, ma è principalmente un uomo libero. Nel suo libro “Lettere contro la guerra”, analizza con mol-

ta cura la realtà dei fatti, vivendo in prima linea gli episodi che raccon-ta, senza lasciarsi influenzare dalle notizie che provocano terrorismo mediatico. La guerra è pura violenza e per sconfiggerla non bisogna replicare con altra violenza. Fabrizio De Andrè è un raffinato poeta, appartenente all’elegante scuola genovese, ed anche lui è principalmen-te un uomo libero. I suoi testi, in primis La guerra di Piero, sposati alla perfezione con trascinanti melodie, sono rigorosamente elaborati tanto da ottenere veri capolavori musicali, studiati perfino come testi scola-stici. Scrivo di entrambi al presente, volutamente e non a caso, perché attraverso i loro scritti e le loro canzoni, è come se fossero ancora tra noi. La guerra di Piero venne incisa per la prima volta , assieme al chi-tarrista Vittorio Centanaro, a Roma nel luglio 1964 agli studi Dirmaphon ed ispirata principalmente alla storia vissuta da Francesco, lo zio di Fa-brizio, durante il periodo bellico all’interno di un campo di concentra-mento. Piero, il protagonista della canzone, rappresenta l’uomo che si ribella alla violenza e che non riesce a concepire ed a giustificare l’uso delle armi. Egli parte per il fronte durante la stagione invernale, parte-cipando ad una guerra che ripudia fermamente. La sua riflessione inizia-le è chiara: il fiume, che lui incrocia durante la sua marcia, non deve rappresentare un sepolcro dove giovani soldati morti, cullati dalle onde, vengono trascinati dalla corrente a valle. Stupenda e realistica davvero la similitudine usata da Faber che, tra l’altro esorta il protagonista della canzone, in maniera diretta, a fermarsi e tornare indietro sui suoi passi in quanto, chi ha sacrificato la propria vita in combattimento, ha avuto

come unica ricompensa una croce da porre sulla propria tomba. Le paro-le però dell’autore restano inascoltate tanto che, in piena primavera as-sieme al suo plotone, Piero giunge in una nazione straniera. Con il fucile imbracciato vede giù nella valle un soldato impaurito come lui, con una divisa diversa dalla sua, un uomo che qualcuno o qualcosa lo ha nomina-to suo nemico. In questo istante interviene nuovamente l’autore, come una voce fuori campo, che incita Piero a sparare immediatamente e sen-za pensarci due volte prima che venga fatta la stessa cosa a lui. Entra in ballo l’umanità del protagonista di questa storia il quale è tormentato, in questa frazione di secondo, dal dilemma di dover indossare una divisa, ed eseguire quindi un comando, o mettere in atto la sua etica che ripu-dia la guerra. La guerra degli uomini diventa in questo istante la guerra di Piero. Scorrono i secondi inesorabilmente durante questo dubbio in-teriore, giusto il tempo per far imbracciare l’artiglieria al soldato nemi-co che si trova di fronte e a far partire un colpo che lo centra in pieno. La vita di Piero si spegne in quell’istante, senza lamento, senza dolore e senza il tempo di poter chiedere perdono dei peccati commessi, ma con la piena consapevolezza di morire troppo giovane senza la possibilità di trascorrere in pace e serenamente la vecchiaia assieme alla sua amata Ninetta. Disteso esamine sul campo, solo le spighe di grano cercano di ascoltare le parole che lui tenta, ma inutilmente, di pronunciare a causa del gelo. Il suo corpo viene sepolto in un campo di grano, simbolo della fecondità e della vita che si rigenera, e ad adornare la sua tomba im-provvisata, al posto di fiori pregiati come la rosa e il tulipano, una miria-de di papaveri, rossi come il sangue che lui, assieme ad altri suoi commi-litoni, hanno versato e verseranno per queste guerre inutili.

di Daniele Gagliardo

Mille papaveri rossi...

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Sono passati esattamente trentacinque anni dall’ulti-

ma volta in cui quei carri artigia-nali, dotati di cuscinetti a sfera, lanciati a velocità folle, sfreccia-vano nella discesa di San Giorgio per arrivare poi con la spinta dei muscoli a superare quel tratto in pianura che inizia dall’Hotel Gar-den, per raggiungere, lottando contro il tempo,il traguardo di

PALMI: ESEMPIO DI DINAMISMO SPORTIVO CHE NON C’è PIù

Piazza I° Maggio. Erano gli anni 70, e Palmi vantava una gene-razione di giovani con una vasta cultura sportiva che, guardavano alla vita come un “grande gioco” con spirito di avventura “but-tando il cuore oltre l’ostacolo”. Ragazzi che avevano il coraggio della fatica, che sfidavano con-tinuamente l’ignoto, spesso al limite delle umane possibilità. Il loro spirito libero e indomito li portò ad affrontare anche l’e-sperienza della rischiosa corsa

dei carri, organizzata dall’avv. Giorgio Rizzica, Armando Zagari e l’avv. Ferruccio Nicotra, anche lui concorrente. Gli equipaggi erano composti da due persone, il pilota e il navigatore , colui che spingeva alla partenza e in pianura e che frenava quando la velocità del carro era eccessiva. Faceva paura vedere la posizio-ne di alcuni piloti, posizionati a pancia in giù con la testa in avan-ti. Spesso la corsa si trasforma-va in rocamboleschi capitomboli che procuravano quando andava bene abrasioni in tutto il corpo e, nonostante gli infortuni ci si alzava e si ripartiva. Quei teme-rari di Ferruccio Nicotra, Saverio Saffioti detto “ u Pruppu”, Rocco Tedesco, Saverio Riganati, Ro-berto Lauro, Santo Bagalà detto “ u Tubu”, Aldo Randazzo, Rosa-rio Grasso detto “lo Straniero”, Serafino Vadalà, Gaetano Isola, Giuseppe Zampogna, Serafina Randazzo sorella di Aldo, Rober-ta Saffioti sorella di Saverio e tanti altri ragazzi, hanno regalato al numeroso pubblico assiepato ai bordi della strada, una giornata sportiva ma anche folcloristica indimenticabile. Erano ragaz-zi dall’anima sportiva, capaci di praticare diversi sport e non ri-nunciavano mai alle competizioni sportive organizzate (campionati,

tornei, marcialonga, gare di cicli-smo, anche sfide occasionali) che a Palmi erano frequenti. Saverio Saffioti, fu più di tutti l’esempio da imitare. è stato un’icona nel panorama sportivo palmese. Da giocatore di pallacanestro della mitica squadra locale degli Arena Roberto, La Fauci Gigi, Barone Toty, Licari Salvatore, Taverriti, Gagliardi, Malgeri, Cosentino, diventò ben presto un asso del C.U.S. Firenze, squadra di rugby, militante nel campionato di serie A. Questo grande atleta dal fisico statuario, rientrato a Palmi dopo aver terminato gli studi univer-sitari, conseguendo la laurea in architettura, ha avuto il merito, sull’onda dell’entusiasmo e della sua energia,di aver “contagiato” un manipolo di giovani “terribi-li”: Sergio Siciliano, Giuseppe Parrello detto Peppone, Antoni-no Mercuri detto “Negus”, Luca Managò, Rocco Gaudioso, Aurelio Fiorino, Rocco Isola detto “ il fe-lino” per il suo guizzo, Nino Aloi, G. Genovese detto “canceddhu” e altri ancora, costituendo la leggendaria squadra di rugby che tante soddisfazioni ha dato alla nostra città. Questi ragazzi non disdegnavano di dimostrare il loro senso di appartenenza e l’attaccamento alla maglia. Un episodio ne è la testimonianza

di Rocco Cadile

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concreta: Nino Mercuri “Negus”, in un incontro di campionato subì in una mischia un duro colpo in pieno viso che gli procurò la rot-tura di due denti, non protetti dal paradenti perché quel giorno si rifiutò di metterlo.Nonostan-te il sangue scendesse copioso, continuò a spingere con la grin-ta di chi doveva uscire vincente a tutti i costi da quella concitata mischia. Quando si alzarono, ab-bozzò un sorriso monco a Saverio che, incrociando il suo sguardo lo invitò a non mollare.E che dire dei ragazzi dell’epico “Marisub Palmi” di cui l’avv. Alfonso Ab-bagnara è stato presidente e fondatore insieme a Pino Saf-fioti, Paolo Mangiameli, Mimmo Arena. Era una prestigiosa socie-tà, tenuta in vita dal dinamico Totò Tedesco fino a pochi anni fa, che partecipò con brillanti risultati ai campionati italiani di pesca subacquea. Fra i tessera-ti spiccavano i nomi, oltre che dei fondatori, di Rocco Mimmo e Franco Tedesco -figli di Totò-, Salvatore Fortebuono, Ciccio Ab-bagnara, Salvatore Gentile,Peppe Dato, Saverio Saffioti, Memmo Rechichi, Luigi Repaci, Concet-to De Angelis e tanti altri. Erano dei veri atleti, dalle straordinarie doti fisiche. Nel vederli all’ope-ra si rimaneva col fiato sospeso.

Riuscivano a pescare per cinque sei ore, ad una profondità media di venticinque metri, con apnee interminabili. L’avv. Abbagnara che ha ricoperto anche la carica di Presidente Provinciale e Regio-nale della F.I.P.S.A.S., per la sua polivalenza sportiva, ha parteci-pato pure al “I° Concorso Ippico Nazionale” che insieme ai com-pianti Domenico Scolaro e Sal-vatore Gentile, avevano organiz-zato al campo sportivo “Lo Pre-sti”. Dei campioncini del calcio e della pallavolo sia maschile che femminile, abbiamo ampiamente scritto nei precedenti articoli. Da menzionare anche il portentoso tennista Walter Zampogna, i po-disti Rocco Romeo, il prof. Nino Melissari e il prof. Carmelo Ferra-ro alias “u ‘ndurutu” e quell’ado-ne di Nino Bonaccorso, una vera forza della natura che con la sua bici riusciva a coprire distanze di 150 km. Una nota particolare per l’avv. Ferruccio Nicotra, uno sportivo per eccellenza, celebre per la sua forte tempra e per le iniziative estreme. Ricordiamo di lui i voli col deltaplano dal monte S.Elia o quando con la canoa partì dalla Marinella insieme a Saverio Saffioti, attraversando lo stretto di Messina per poi rientrare dopo dieci ore di mare. E’ tutt’ora un vulcano di idee, con ancora l’ar-

dore giovanile. Continua a sor-prendere per le singolari e trasci-nanti iniziative recenti che han-no coinvolto un assortito gruppo di persone impegnate in lunghi percorsi di trekking e spericola-te scalate. Ha in mente, inoltre, di realizzare un progetto per la costruzione di una barca a remi -modulare- della lunghezza di 130 metri, la più lunga al mondo, sul-la quale prenderanno posto 330 rematori (per approfondimenti si può visitare il sito www.auraloci.it). Tutti questi ragazzi rappre-sentavano, un esempio di serietà e di grande sportività che inci-deva positivamente nella mente della generazione a seguire, cre-sciuta per spirito di emulazione, rafforzata nel carattere. Palmi con la loro attiva presenza si sen-tiva protetta. Erano i “guardia-ni” e gli attenti “custodi” della vita palmese. Non vogliamo fare l’apologia di coloro che “furono”, per minimizzare i ragazzi odier-ni. Ma una cosa è certa: i giovani d’oggi non conoscono a fondo le loro potenzialità perché gli man-ca il confronto con la dura legge della sofferenza e della fatica. Eppure sono tanti quelli che, per capacità fisiche, sportive e intel-lettive, potrebbero far ritornare Palmi, attualmente “muta e fan-tasma”, ai fasti di un tempo.

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