No al del bipolarismoCRISTIANO SOCIALI NEWS - QUINDICINALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO-SOCIALI -...

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primo piano Accordo tra sindacati e terzo settore per un nuovo welfare Giuseppe Cionti pag. 3 Emilio Gabaglio aderisce ai Ds pag. 10 politica politica Immigrati : per fortuna c’è la Costituzione don Vittorio Nozza CRISTIANO SOCIALI NEWS - QUINDICINALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO-SOCIALI - Poste italiane spa - spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art.1, DCB - Roma editoriale di pag. 2 No al proporzionale, sarebbe la fine del bipolarismo di Giorgio Tonini L e elezioni europee e amministrative di giugno hanno aper- to nel centro destra italiano una crisi politica grave e forse irreversibile. L’epicentro della crisi è lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: fino a ieri regista e protagonista di tutte le vittorie del centro-destra, oggi troppo debole, dinan- zi agli elettori, per continuare a vincere, ma ancora troppo forte, rispetto agli alleati, per poter essere sostituito. Berlusconi sta vivendo l’inevitabile fase discendente che con- traddistingue la parabola politica di ogni leader di stampo populista: ascesa inarrestabile, sostenuta dalla forza di un miracolo promesso, e rapido declino, imposto dalla dura replica dei fatti, dall’incolmabile distanza che li separa dalle promesse. Berlusconi aveva vinto nel 2001, sullo slancio del “Contratto con gli italiani”: “meno tasse per tutti”, senza intac- care i livelli di welfare, anzi promettendo “pensioni più digni- tose e un piano di “grandi opere” in grado finalmente di dare all’Italia infrastrutture di livello europeo. Il contratto era un azzardo, ma non una follia. Il 2000, l’ul- (segue a pag. 16) Riforma fiscale: guardare alla famiglia Ettore Colombo pag. 11 attualità 21 luglio 2004 Anno VIII - Numero 9 - 2 21 luglio 2004 Anno VIII - Numero 9 - 2 internazionale La scomparsa di Lourdes Pintasilgo Stefano Ceccanti pag. 13

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primo piano

Accordo trasindacati eterzo settoreper un nuovowelfare

Giuseppe Ciontipag. 3

Emilio Gabaglioaderisce ai Ds

pag. 10

Federazionedell’Ulivo: avantitutta

Intervista a Enrico Lettaa cura di Ettore Colombo

pag. 8

politica

politica

Immigrati: per fortuna c’è laCostituzione

don Vittorio Nozza

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editoriale di pag. 2

No al proporzionale,sarebbe la fine del bipolarismo

di Giorgio Tonini Le elezioni europee e amministrative di giugno hanno aper-to nel centro destra italiano una crisi politica grave e forse

irreversibile. L’epicentro della crisi è lo stesso Presidente delConsiglio, Silvio Berlusconi: fino a ieri regista e protagonistadi tutte le vittorie del centro-destra, oggi troppo debole, dinan-zi agli elettori, per continuare a vincere, ma ancora troppoforte, rispetto agli alleati, per poter essere sostituito.Berlusconi sta vivendo l’inevitabile fase discendente che con-traddistingue la parabola politica di ogni leader di stampopopulista: ascesa inarrestabile, sostenuta dalla forza di unmiracolo promesso, e rapido declino, imposto dalla durareplica dei fatti, dall’incolmabile distanza che li separa dallepromesse. Berlusconi aveva vinto nel 2001, sullo slancio del“Contratto con gli italiani”: “meno tasse per tutti”, senza intac-care i livelli di welfare, anzi promettendo “pensioni più digni-tose e un piano di “grandi opere” in grado finalmente di dareall’Italia infrastrutture di livello europeo.Il contratto era un azzardo, ma non una follia. Il 2000, l’ul-

▼ (segue a pag. 16)

Riforma fiscale:guardare allafamigliaEttore Colombopag. 11

attualità

21 luglio 2004Anno VIII - Numero 9 - € 2

21 luglio 2004Anno VIII - Numero 9 - € 2

internazionale

La scomparsa diLourdes Pintasilgo

Stefano Ceccantipag. 13

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Immigrati:per fortuna c’è laCostituzione

I fatti sono incontrollabili? Può darsi. Ma dicerto poco si fa per includerli in un circuito di

controllo razionale. Mi riferisco a tutto quel checoncerne l’immigrazione in Italia ed ai modiche si scelgono, o si rifiutano, di confrontarsicon quel che accade.

Così nelle acque di Porto Empedocle non siriesce a distinguere tra un dovere di assistenzaumanitaria ad un gruppo di naufraghi, comun-que raccolti in mare, e il diritto di vagliare laloro identità, la loro provenienza ed anche irequisiti per l’eventuale ammissione allo statusdi richiedenti asilo. Situazione complicata dalfatto che in Italia una legge sull’asilo ancoranon c’è e si opera, anche sul piano psicologi-co, all’interno di una normativa di indole restrit-tiva come quella della Bossi-Fini. Così ancora -ed è l’evento più rilevante - di fronte ad una sen-tenza definitiva, come quella della CorteCostituzionale, che ha cancellato due normedella stessa legge perché in contrasto con fon-damentali garanzie dei diritti umani, si esita difronte all’unica via che la sentenza impone:quella di uniformare le regole alla lettera e allospirito della Costituzione. L’altro episodio cheha destato interesse è quello della “classe isla-mica” ipotizzata in un istituto milanese, con unseguito di pro e contra animato spesso da anta-gonismi pregiudiziali, con un risultato certo diinconcludenza. Tra l’altro ci si è accorti solostrada facendo che un esperimento del genereera in corso da anni nel remoto sud di Mazaradel Vallo, con esiti problematici che avrebberomeritato di essere considerati prima di sparareopinioni senza retroterra.

Per completezza di quadro, vorrei evocareanche un altro tema, del quale s’è parlato alungo e con toni accesi nei mesi scorsi, ma è dalungo tempo rimosso dal dibattito sull’immigra-zione. Mi riferisco alla proposta di ammissionedegli immigrati regolarizzati all’esercizio delvoto amministrativo, come espressione di una

cittadinanza parziale ma effettiva e comesegno di una volontà di integrazione da mani-festarsi compiutamente anche nella fruizione didiritti sociali: la casa, la scuola, la sanità, lecondizioni elementari di vita. In una parola,l’integrazione come tendenza da realizzarecon una modifica profonda del costume, nelsenso di un’accoglienza che non annulla le dif-ferenze ma le include in un percorso meno epi-sodico di sintesi. Ma qui basta porre la doman-da: perché di tutto questo non si parla più?

Episodi, fatti specifici, frammenti. E tali restanocome sintomi di un perdurante disordine cultu-rale e politico se non si trova un filo di connes-sione che configuri una politica dell’immigra-zione non intesa come una sequenza di emer-genze ma come un criterio univoco da seguireper tutti gli aspetti prevedibili ed anche per quel-li imprevisti. Porre l’alternativa, come troppospesso s’è fatto, tra sicurezza degli “indigeni”e accoglienza dei sopraggiunti è sbagliato. Ilrisultato può essere, come è stato, la conviven-za tra la legge più chiusa della storia italiana ela più colossale sanatoria di situazioni preco-stituite ed anche successive. Perché se tutto sifonda sulla restrizione e la pressione non decre-sce, non c’è che la risorsa della ratifica dei fatticompiuti. A meno che non si faccia davveroricorso all’artiglieria, come pure è stato sugge-rito senza che ne nascesse grave scandalo. Quello che più preoccupa, in questo contestodi frantumazione dei concetti e degli interven-ti, è l’indebolirsi di una capacità di interventosulle cause prime del fenomeno migratorio, chenon stanno in Italia o in Europa ma nei paesi dacui gli immigrati fuggono. Il declassamentodegli aiuti allo sviluppo a mero optional dellapolitica internazionale è l’indizio di una deter-minazione alla chiusura, ma è anche l’autoriz-zazione implicita al “si salvi chi può” dellepopolazioni abbandonate, in particolaredell’Africa. Ma c’è un paradosso aggiuntivo.Da un lato si manifesta una domanda di mano-

di don Vittorio Nozza

editorialeeditoriale

▼ (segue a pag. 15)

Direttore Caritas Italiana

L’immigrazionenel “paeserimescolato”.Riflessioni dopoil caso dellaCap Anamur ela bocciaturadella Bossi-Fini

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primo pianoprimo piano

Un “documento di intenti” ma in realtà qualcosa di più: un vero e pro-prio nuovo fronte tra sindacato e mondo del terzo settore per rilan-

ciare una nuova “stagione dei diritti e del welfare” nel nostro paese. A siglarlo, presso la sede della Cisl a Roma, sono stati i leaders di Cgil,Cisl e Uil Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Adriano Musi (segreta-rio generale aggiunto) e i portavoce del Forum permanente del Terzosettore Giampiero Rasimelli e Edoardo Patriarca.Un nuovo fronte, quello che si e’ formalizzato, che avrà come primi ban-chi di prova, il Dpef e la Finanziaria. Nel documento di intenti sottoscritto si afferma la necessità di procede-re ad una “innovazione dei servizi di welfare” nel nostro paese per con-trastare “frammentazione sociale, disuguaglianze e nuove forme di mar-ginalità”.Sindacati e terzo settore denunciano, inoltre, “un orientamento che hapreso corpo in Italia, teso ad affermare una presunta incompatibilità difondo tra il carattere universalistico delle prestazioni del welfare e le esi-genze dello sviluppo economico. Orientamento - si legge nel documen-to - che tende a tradursi in meno risorse pubbliche erogate, in riduzionedi diritti, in attribuzione di maggiore spazio al mercato”. “Così ridottoai minimi termini - proseguono sindacati confederali e terzo settore - ilsistema di protezione sociale si configurerebbe come un pacchetto diinterventi destinati alle fasce più deboli della popolazione, perdendo ilsuo carattere generalmente solidaristico e redistributivo”.L’accordo siglato, va anche a colmare quelle distanze che permaneva-

no tra mondo sindacale e volontariato. Sono da leggere così i rife-rimenti alle rappresentanze in seno al Cnel ed alla necessità delle

tutele del lavoro senza le quali, come successo in passa-to, “si sono prodotte situazioni di uso improprio delvolontariato, ed aree di lavoro precario e di sottoimpiego”.

Un accordo definito dal leader della Cisl Pezzotta “unfatto significativo ed importante” che ha ricordato come riman-

gano sul tappeto “due questioni legislative” da risolvere: il disegno dilegge sull’impresa sociale “che ha palesato la totale assenza di con-

fronto con le parti sociali nel suo iter parlamentare” ed il disegno dilegge sul volontariato evitando che questa realtà “venga assorbita nellarete della produzione”.Guglielmo Epifani, da parte sua, ha parlando di vera e propria “allean-za” in grado di respingere “il tentativo di ridurre lo spazio di rappre-

Alleatiper un nuovo welfare

di Giuseppe Cionti

Forum del Terzo settoree Sindacati siglano undocumento comune per una nuovapartnership. Al centro la tuteladei diritti del lavoroe il rinnovamento dellostato sociale

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sentanza sociale e di scegliere, volta in volta,da parte del governo il proprio interlocutoreintroducendo così strumentali elementi di divi-sione”. Una intesa, quella tra sindacato con-federale e terzo settore, in grado, ha aggiun-

to il leader della Cgil, “di definire anche ilmodello di società che intendiamo persegui-re”.“Per noi - gli ha fatto eco Edoardo Patriarca -si tratta di un passaggio che definirei storicoperchè si stringe una alleanza naturale tra ilnostro mondo e il movimento sindacale, iltutto in vista di un rafforzamento del sistemadella rappresentanza”. Patriarca ha, quindi,parlato di “rischi che in questo momento sipalesano per lo sviluppo del paese” e, nelcontempo, di “maggiore importanza dei terri-tori per quanto riguarda la costruzione delwelfare”.Per questo il portavoce del Forum ha chiestoche “analoghi tavoli di confronto si costitui-scano nei Comuni e nelle realtà territoriali.Penso - ha concluso Patriarca - che il Dpefpotrà costituire la prima, vera occasione persperimentare questa nuova alleanza”.

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Sussidiarietà, welfare locale e Terzo settoreEditoriale Il Ponte

Il volume riporta gli atti del seminario organizzato nel febbraio scorso dalDipartimento “Associazionismo e Terzo settore” dei Democratici di sinistra. Unseminario fortemente voluto per promuovere una utile occasione di confronto traqualificati e importanti soggetti del non profit, amministratori locali, operatori deiservizi e dirigenti politici dei Ds e del centrosinistra, su un tema, quello della sus-sidiarietà, per nulla scontato e facile.

Interventi di Augusto Battaglia, Mimmo Lucà, Alfonsina Rinaldi, Maria Guidotti,Emanuele Ranci Ortigosa, Wladimiro Boccali, Massimo Campedelli, GiampieroRasimelli, Marcello Secchiaroli, Piero Fassino, Luigi Agostini, ErmenegildoBonfanti, Vannino Chiti, Giuseppe Cotturri, Costanza Fanelli, Giuseppe Fioroni,Guido Memo, Emiliano Monteverde, Achille Passoni, Nicola Porro, FabioProtasoni, Lamberto Santini, Guido Tallone, Livia Turco.

Il volume può essere richiesto, entro il prossimo 20 agosto, inviando una e-mail a:[email protected] l’indicazione di Nome, Cognome e Indirizzo postale

primo pianoprimo piano

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primo pianoprimo piano

L e organizzazioni sindacali Cgil,Cisl e Uil e il Forum permanente del

Terzo settore, dopo un approfonditoconfronto, sottoscrivono il presentedocumento di intenti. Nel riconoscimento e nel rispetto reci-proco della propria funzione e auto-nomia, le parti si impegnano a darevita a relazioni stabili, con l’obiettivodi concorrere allo sviluppo economicoe sociale, alla partecipazione attivaad esso dei cittadini e delle cittadine,alla tutela delle fasce più deboli dellapopolazione, al miglioramento dellaqualità della vita.A tal fine, le organizzazioni sindacaliCgil, Cisl e Uil e il Forum permanentedel Terzo settore decidono di risolvereil contenzioso aperto con il ricorso sullenomine al Cnel di esponenti del Terzosettore, convenendo che l’associazio-nismo di promozione sociale e le orga-nizzazioni di volontariato sono rap-presentati al Cnel nell’ambito dellerappresentanze produttive, comecostituzionalmente e legislativamenteprevisto, in quanto soggetti che, pursvolgendo attività prevalentementeorientate all’interesse sociale, di fattoconcorrono in maniera significativaalla produzione di “beni e servizi”(come ad esempio sviluppo di servizidi comunità, recupero esclusione edemarginazione sociale, sostegno allerelazioni comunitarie, contratti di quar-tiere, valorizzazione di beni culturali eambientali).E in tal senso, proporranno una miglio-re definizione legislativa attinente ilriconoscimento dei soggetti di Terzosettore presso il Cnel. Nei prossimi

mesi le organizzazioni sindacali e ilForum permanente del Terzo settore siimpegneranno in particolare suiseguenti temi:

A. Innovazione dei servizidi welfareNel decennio passato si sono prodottiin tutti i settori della società cambia-menti profondi che riguardano, in par-ticolare, il mondo del lavoro, l’incre-mento della popolazione anziana, ilmutamento della struttura familiare, ilprofilarsi di una società multietnica. L’affermarsi di uno sviluppo economi-co lasciato alla spontaneità del mer-cato ha prodotto frammentazionesociale, disuguaglianze, nuove formedi marginalità. Questi e altri fattorihanno concorso a rendere ineludibileil tema della riforma del sistema dei ser-vizi di welfare.

A questo riguardo ha preso corpo inItalia, in misura crescente negli ultimianni, un orientamento teso ad affer-mare un’incompatibilità di fondo tra ilcarattere universalistico delle presta-zioni di welfare e le esigenze dello svi-luppo economico; orientamento chetende a tradursi in meno risorse pub-bliche erogate, in riduzione dei diritti,in attribuzione di maggiore spazio almercato.Così ridotto ai minimi termini, il siste-ma di protezione sociale si configure-rebbe come un pacchetto di interventidestinati alle fasce più deboli dellapopolazione, perdendo il suo caratte-re generalmente solidaristico e redi-stributivo.Esiste, tuttavia, un altro indirizzo, quel-lo da tutti noi condiviso, che evidenziala centralità delle politiche sociali perun rinnovamento dei servizi di welfare,

Il testo del documento sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil eForum permanente del Terzo settore

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che faccia leva sulla partecipazioneattiva dei cittadini alla loro organizza-zione, al loro funzionamento, al lorosviluppo.

A fronte di domande sociali crescenti,non si può pensare di ridurre le risorsepubbliche impegnate (che sono, tral’altro, nel nostro paese ancora al disotto della media europea) ma occor-re, piuttosto, impegnarsi ad accrescer-ne la quantità e l’efficacia.Questo richiede l’affermazione dinuovi principi e pratiche di solidarietà,capaci di mantenere ed estendere, purnelle mutate condizioni, le tutele, difronteggiare i problemi sociali, le vec-chie e nuove povertà, l’emarginazioneche uno sviluppo lasciato alla sponta-neità del mercato non solo non risolvema approfondisce ed aggrava. Per questo le parti si impegnano a ricer-care posizioni comuni per incidere piùefficacemente nelle diverse sedi di con-fronto istituzionale. In particolare, evidenziano la necessi-tà della definizione e dell’adeguatofinanziamento dei livelli essenziali deidiritti sociali. Per la sua rilevanza costi-tuzionale, questo costituisce un pas-saggio e un atto di primaria importan-za, per la cui attuazione entrambi isoggetti si impegnano.

Le Organizzazioni sindacali e il Forumpermanente del Terzo settore, riscon-trando persistenti ritardi e incertezzenell’applicazione della legge3282000, si impegnano a definireiniziative congiunte, anche a livello ter-ritoriale, per sostenere una correttaapplicazione della riforma, garanten-do così l’esigibilità dei diritti sociali. Questa è una strada decisiva per affer-mare una nuova qualità e per darenuovo impulso allo sviluppo.

La coesione sociale è, infatti, determi-nante anche ai fini dello sviluppo deiprocessi economici. Interpretare erispondere ai bisogni di tutela, di cul-tura, di formazione permanente, dibenessere ambientale, significa anchecreare opportunità di nuove e qualifi-cate attività e forme di lavoro. Questo intreccio tra sviluppo socialeed economico è un tratto proprio e irri-nunciabile del “modello europeo”.

B. Terzo settore, lavoro e tuteleE’ in questa prospettiva che si eviden-zia la funzione strategica delle orga-nizzazioni sociali, a partire dal sinda-cato e dal terzo settore in tutte le suearticolazioni. Essa motiva un impegno comune diinterlocuzione con le istituzioni pubbli-che per il riconoscimento, il sostegno,la promozione di forme associativeoperanti nel campo del welfare e dellapubblica utilità, in una prospettiva diimplementazione e di arricchimento,non di sostituzione delle prestazioni acarattere universalistico e senza ces-sioni di responsabilità da parte deipoteri pubblici. Il terzo settore ha dato in questi anni unimportante contributo alla vita delpaese in termini di partecipazioneresponsabile dei cittadini, di svilupposociale ed economico, di diffusione diuna cultura e della costruzione di retidi tipo solidaristico, di creazione dioccupazione e di forme di lavoro e diimpresa a forti connotati di socialità.La piena affermazione delle potenzia-lità del terzo settore richiede però alcu-ne innovazioni.È evidente, ad esempio, che l’affer-marsi di una cultura e di una praticatese a rispondere alla crisi dello statosociale in termini di riduzione dellaspesa ha portato in molti casi ad un’as-

sunzione del terzo settore come stru-mento di compressione dei costi, inun’ottica sostitutiva e non complemen-tare alla presenza del pubblico. La pratica delle esternalizzazioni,delle convenzioni, dell’appalto dei ser-vizi ha prodotto una situazione com-posita e contraddittoria. Accanto a molte esperienze significa-tive e di qualità, ne sono emerse altredi segno diverso. Laddove le ragionidi puro ordine finanziario sono pre-valse su quelle della qualità dei servi-zi, i risultati sono stati tutt’altro chepositivi. In alcuni casi le organizza-zioni di terzo settore non hanno acqui-sito livelli di maturità e autonomiacoerenti con l’importanza del ruoloche devono assumere. Né sonoapparse sufficienti le azioni prodotteper combattere la diffusione, in moltiterritori, della pratica di appalti almassimo ribasso. In questo contesto non adeguatamen-te regolato si sono prodotte sia situa-zioni di uso improprio del volontaria-

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to, che aree di lavoro precario e disotto impiego. In un settore che ha come propria “mis-sione” il benessere delle persone e lapromozione sociale, assume invececentralità la questione della tutela edella valorizzazione delle persone chevi lavorano. Su questo e sul rapportocon le pubbliche amministrazioni leorganizzazioni del terzo settore e leorganizzazioni sindacali dovrannogiocare insieme un ruolo rilevante. L’ispirarsi a valori come la partecipa-zione, la democrazia, l’assenza difinalità di lucro, la solidarietà dà alterzo settore una particolare respon-sabilità riguardo a tale tema; respon-sabilità che deve trovare una tradu-zione concreta nel rispetto dei contrat-ti nazionali di lavoro e in relazioni trasindacati e organizzazioni del terzosettore basate sul riconoscimento delleloro specificità rispetto ad altri sogget-ti di mercato. La maggiore “motiva-zione” degli operatori delle organiz-zazioni di terzo settore non può esse-re una legittima causa di simmetricacompressione del salario. In questo ridisegno del welfare, leOrganizzazioni sindacali rappresen-tano le istanze di tutela, di afferma-zione dei diritti delle lavoratrici e deilavoratori impegnati anche nel terzosettore.

C. Ruolo del terzo settoreQuanto detto può contribuire a chiari-re meglio il ruolo e il contributo delterzo settore anche nei processi eco-nomici. Ruolo che non può semplice-mente essere dedotto dalle differenzecon il settore pubblico e con quello pri-vato. Né può essere solamente carat-terizzato dalla non redistribuzionedegli utili, in particolare per organiz-zazioni a carattere imprenditoriale.

Né può essere individuato nel cosid-detto “mercato sociale”, né sul purofatto di svolgere un’attività economicabasata sui bisogni e sui problemi dellepersone, sul vuoto sociale, sulle lace-razioni del tessuto sociale e sulle bar-riere, che si moltiplicano nei forti squi-libri della crescita economica. Ciò che a nostro avviso può caratte-rizzare le organizzazioni che si richia-

mano al terzo settore è di essere sog-getti organizzati su base democraticae partecipata, che operano nei pro-cessi dello sviluppo economico esociale, producendo socialità, benirelazionali, processi di organizzazio-ne sociale. Questo è uno dei valoriaggiunti che il terzo settore può dareallo sviluppo economico ed allacoesione sociale.

2° Convegno Nazionale di studi dei Cristiano sociali

IL VALORE DELLA POLITICA

Assisi 1-2-3 Ottobre 2004Cittadella ospitalità di Assisi

NOTE LOGISTICHE:Le adesioni dovranno pervenire entro il 15 settembre direttamente allaCittadella ospitalitàai seguenti numeri Tel. 075.813231 Fax [email protected] prenotazioni dovranno contemporaneamente essere segnalateanche alla Sede Nazionale dei Cristiano Sociali:Piazza Adriana, 500193 RomaTel 06.68300537 - 38 Fax [email protected] quote giornaliere di soggiorno sono a carico dei partecipanti.Pensione Completa al giorno a persona:Camera singola euro 53,00Camera doppia euro 45,00La mezza pensione costerà euro 5,00 in meno.I due giorni di pensione completa andranno dalla cena del 01-10-2004al pranzo del 03-10-2004.Per coloro che non pernottano il costo di ogni singolo pasto è di euro14,00

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Enrico Letta, responsabile economico dellaMargherita, ha compiuto, insieme a

Pierluigi Bersani, responsabile economico deiDs, un “viaggio nei distretti industriali” (omeglio in ciò che ne resta) del nostro Paese, invista della campagna elettorale per le elezionieuropee, viaggio che – al di là dei risultati intermini di voti e preferenze (comunque lusin-ghieri per entrambi, eletti al Parlamento euro-peo) – ha dimostrato una forte capacità di atten-zione e di ascolto di due tra le migliori teste pen-santi, sul piano economico, della lista Unitinell’Ulivo e che si è già trasformato in un libroedito dall’Unità, “Sulle vie dei distretti”.Viaggio che, soprattutto, dimostra che, quandoil centrosinistra sa “ascoltare” la società, di soli-to vince. Ma l’ex ministro più giovane dellaRepubblica e direttore dell’istituto Arel, è ancheuno dei protagonisti della nuova stagione poli-tica della Margherita, quella che molti accusa-no di guardare troppo al centro e coltivarenostalgie neomoderate e ambizioni anti-pro-diane. Interpellato direttamente, Letta dimostrache, per quanto lo riguarda, è vero esattamen-te il contrario: Uniti nell’Ulivo e Prodi leader, èla sua scelta di campo.

Onorevole Letta, partiamo dalle elezionieuropee. La lista Uniti nell’Ulivo le ha vinteo pareggiate?

Le ha decisamente vinte e il voto non ha fattoaltro che riaffermare e rafforzare la capacità dicoesione di questo nuovo soggetto politico suuna linea comune. Vorrei ricordare le condi-zioni da cui siamo partiti, quando ci siamoimbarcati in quest’impresa: un sistema eletto-rale proporzionale, il peggiore per sperimen-tare un’aggregazione politica nuova come saogni buon analista di politica, un simbolonuovo e poco conosciuto e tirato fuori all’ultimomomento mentre l’avversario sviluppava unapotenza di fuoco poderosa, almeno sul pianocomunicativo, una scelta insomma un po’azzardata ma coraggiosa, che si basava suuna forte identità programmatica di vedute.

Elettoralmente, dunque, un successo, date que-ste premesse, e una scelta, quella della federa-zione, che non può che andare avanti.

Già, il problema è come. Si è discussomolto, in queste settimane, e a volte a spro-posito. Partito unico, assemblea costituente,confederazione… Quale la soluzionemigliore, per il prossimo futuro?

Senz’altro quella della compresenza di un pro-cesso unitario che deve vedere marciare assie-me la costruzione della federazione e la pre-senza dei partiti che la compongono.L’importante – come vado ripetendo in conti-nuazione, a volte inascoltato – è partire dai con-tenuti, più che dai contenitori. La lista Unitinell’Ulivo deve lavorare in vista di un futuro, chepotrebbe essere anche molto vicino, con gli stru-menti di cui si è già dotata: la leadership diProdi, presidente della federazione, la presen-za e il ruolo dei segretari dei partiti che hannodato vita al processo unitario, il comitato. Prodideve insediarsi subito e dare il là a un pro-gramma e a un progetto per l’Italia, con il con-tributo di tutti, di cui abbiamo sempre più e sem-pre più urgentemente bisogno.

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politicapoliticaFederazione

dell’Ulivoavanti tutta

di Ettore Colombo

ParlaEnrico Letta,responsabileeconomico dellaMargherita:“Non si puòtornare indietrodalla scelta dellalista unitaria.Ora occorreripartire daicontenutipiuttosto che daicontenitori.Prodi è il leaderindiscusso.Si insedi subito edia il là allavoro sulprogramma”

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Eppure si è molto strologato sulle “tensioni”tra Ds e Margherita, i due anelli forti dellafederazione, per non dire di chi mette in dis-cussione la stessa leadership di Prodi. Cosane pensa?

Le tensioni tra i nostri due partiti vanno supera-te, se ci sono, nelle cose, nelle posizioni dimerito sui problemi, che sono simili se non iden-tiche. Ribadisco che l’importante è lavorare suicontenuti. Se l’unità parte da lì diventa piùforte. Per quanto riguarda la guida di Prodi diquesto processo, se il centrosinistra vuole rapi-damente suicidarsi, può di certo iniziare a met-terne in dubbio la leadership. Io credo che,oggi, chi mette in discussione il ruolo guida diProdi si candida a essere il killer della coali-zione dell’Ulivo.

Nelle pieghe della crisi di governo e di pro-getto che attanaglia il centrodestra, però,c’è chi parla apertamente di tentazioni neo-centriste, nell’Udc come nella Margherita.Ma i cattolici italiani sono per forza dellastoria votati a simili disegni?

Tutt’altro. Io credo che, una volta finita la stori-ca e troppo lunga contrapposizione laici-catto-lici, non si può che rimarcare la rilevanza e laforza delle provenienze e delle appartenenzediverse dei cattolici che hanno scelto di starenel campo del centrosinistra, sia nell’area dellasinistra storica che in quella del cattolicesimodemocratico, dal quale provengo e nel qualemi riconosco ancora oggi. Come quando l’in-contro tra sinistra storica e cattolicesimo demo-

cratico nacque, nel 1995, dando vita alla listaProdi, riuscendo a farci superare divisioni chepure ci sono, su alcuni argomenti (penso adesempio a casi di coscienza come si è visto neldibattito sulla legge sulla fecondazione assisti-ta), così bisogna lavorare ora, ne sono semprepiù convinto. L’attenzione della Margherita peri centristi riguarda esclusivamente le dinamichee le questioni istituzionali che non possono chestare a cuore a chiunque abbia a cuore le sortidel Paese: sui grandi temi è bene che le gran-di forze democratiche s’intendano, ma la scel-ta dell’alleanza di centrosinistra e della fede-razione, per la Margherita, è una scelta dicampo netta e dalla quale non torneremo indie-tro.

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Ecco la lettera con cui Emilio Gabaglio, exsegretario confederale della Cisl, successiva-

mente segretario generale della Ces(Confederazione europea dei sindacati, che rap-presenta ben sessanta milioni di lavoratori e sicompone di 77 confederazioni nazionali di 35paesi e 14 Federazioni europee) e membro osser-vatore della Convenzione europea, ha chiesto alsegretario Piero Fassino di aderire ai Ds. Perché iDemocratici di sinistra sono una forza determi-nante nella difesa del mondo del lavoro, e perchési sono aperti a una pluralità di culture diverse nel-l’ambito del socialismo europeo.Gabaglio è stato dal ’69 al ’72 presidente nazio-nale delle Acli. Poi è stato dirigente Cisl, con diver-si incarichi fino al ’79, e da allora è diventatomembro del comitato esecutivo della Ces, di cui èstato eletto segretario generale nel 91 e poi nel95 e nel 99.Alla richiesta dell’ex segretario dei sindacati euro-pei il segretario dei Ds Fassino ha risposto ricor-dando il valore del lavoro di Gabaglio e più ingenerale dell’esperienza del movimento dei cri-stiano sociali, di cui Gabaglio è, non da ora, auto-revole esponente.

Caro Piero, vorrei lavorare con voi…Caro Fassino,concluso il mio mandato sindacale sul piano euro-peo ritengo doveroso dare un contributo nel limi-te delle mie possibilità, al processo di costruzionedi quella alternativa democratica al governo delpaese di cui si avvertono ogni giorno di piu` lanecessità e l’urgenza anche, ma non ultimo, perconsentire all’Italia di tornare a praticare una poli-tica di forte segno europeista.Credo altresì che questo mio contributo possaesprimersi nei Democratici di sinistra a cui chie-do quindi formalmente di aderire, essenzialmen-te per due ordini di motivi.Il primo si riferisce al fatto che i Democratici di sini-stra , nel quadro della coalizione dell’Ulivo e del-l’intero centrosinistra, rappresentano una forzadeterminante per garantire che la politica delle

riforme sul terreno economico e sociale non perdamai di vista l’esigenza di salvaguardare efficace-mente, pur in un contesto di cambiamento, i valo-ri e i diritti fondamentali del mondo del lavoro.Il secondo motivo attiene all’identità politica nuovache i Democratici di sinistra si sono dati come parteintegrante della famiglia del socialismo europeoed aprendosi all’apporto di una pluralità di cultu-re, storie ed esperienze, compresa quella delmovimento dei Cristiano sociali in cui anch’io miriconosco, con un processo che mi auguro possacontinuare ed approfondirsi in futuro.Con viva amicizia

Emilio Gabaglio

Caro Emilio, vieni. Ci sarai preziosoCaro Emilio,Benvenuto! E grazie per aver scelto i Democraticidi sinistra per continuare quella “scelta di vita” cheti ha condotto in tutti questi anni ad un impegnoforte e appassionato per l’affermazione dei dirittidel mondo del lavoro e la costruzione diun’Europa unita, federale, democratica.In particolare in questi dodici anni abbiamoapprezzato l’autorevolezza, la passione e lagenerosità con cui hai diretto la Confederazionesindacale europea, facendola diventare un sog-getto sempre più importante della scena politicae sindacale europea.Per questo siamo particolarmente felici che tuabbia scelto di aderire ai Democratici di sinistra esiamo sicuri che il tuo contributo sarà prezioso perle sfide che il centrosinistra, l’Ulivo e il nostro par-tito dovranno affrontare nella costruzione di unaalternativa di governo credibile e convincente.Così come la tua appartenenza al movimento deiCristiano sociali arricchirà ulteriormente il contri-buto che quotidianamente il movimento dà allavita dei Democratici di sinistra e al suo profilo diforza del socialismo europeo, aperto all’apportodi una pluralità di culture, storie ed esperienze.Ringraziandoti ancora per la grande fiducia cheriponi in noi, un abbraccio

Piero Fassino

La scelta dell’ex segretariogenerale deisindacatieuropei,autorevoleesponente delMovimento deiCristiano sociali

Caro Piero...Caro Emilio...

Gabaglio aderisce ai Dspoliticapolitica

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L’unica, vera riforma fiscale da fare è l’intro-duzione nel sistema italiano del “quoziente

familiare” modellata sul modello del fisco fran-cese, sostengono le Acli. In attesa di verificareuna “reale inversione di tendenza” da partedel governo per quanto riguarda le politicheper la famiglia, la principale organizzazionecattolica italiana lancia la sua innovativa pro-posta. A illustrarla alla Camera, alla presenzadel sottosegretario al Welfare Grazia Sestini(Fi), del capogruppo dell’Udc Luca Volonté edel leader dei Cristiano sociali nei Ds, MimmoLucà, è stato il presidente delle Acli Luigi Bobbache non ha risparmiato critiche alla cosiddettariforma Tremonti dove, ha detto, “non c’è trac-cia di sgravi per la famiglia”. Bobba ha accu-sato le attuali politiche fiscali di “un’ingiustiziagrave, reiterata e inaccettabile” nei confrontidelle famiglie italiane partendo dal presuppo-sto che le tassazioni vadano attribuite “secon-do il reddito individuale, come se le personenon vivessero in un nucleo familiare”. Ecco ilmotivo che ha spinto le Acli a presentare unostudio, curato dal professore dell’UniversitàCattolica di Milano Luigi Campiglio e che hagià suscitato - sembra - il “personale” interessedel ministro del Welfare Maroni, che mette aconfronto il sistema italiano con quello france-se. Se nel nostro Paese, afferma lo studio, venis-se introdotto un sistema analogo a quello fran-cese, le famiglie italiane si troverebbero apagare da un minimo del 22% ad un massimodel 100% in meno, a seconda del reddito e delnumero dei figli. Bobba, il professor Campiglio e le sue collabo-ratrici hanno illustrato la loro proposta in unaconferenza stampa tenuta alla Camera deideputati (conferenza che, a tratti, si è trasfor-mata in un seminario di economia e fiscalitàcomparata a causa del suo alto tecnicismo, perquanto necessario). In sostanza, le famigliemonoreddito pagano più tasse di quelle pluri-reddito e sono per questo penalizzate, in parti-colare se nel nucleo ci sono dei figli. Una situa-zione che testimonia, dunque, l’esistenza di unfisco “ingiusto ed iniquo”. Un esempio? Nel

2003, una famiglia con reddito familiare di 24mila euro, un figlio ed un solo percettore di red-dito ha pagato imposte per 4.252 euro. Se lostesso reddito è stato percepito da entrambi iconiugi per 12 mila euro a testa, l’imposta tota-le ammonta a 2.151 euro. Quindi la famigliamonoreddito ha pagato il 98% di imposte in piùrispetto alla plurireddito. Dalla simulazione pro-posta dal professor Campiglio e fatta propriodal Caf delle Acli emerge invece che, appli-cando la tassazione sul reddito effettivamente adisposizione della famiglia in base al numerodei componenti, sulla falsariga di quello fran-cese (la comparazione è stata realizzata sullabase di dieci dichiarazioni di 730 congiuntescelte tra i redditi bassi, medi e alti, in base alletipologie più diffuse nel nostro Paese), le fami-glie italiane pagherebbero dal 22% al 100% inmeno, visto che sia calcolando l’imposta lordache quella netta con il sistema vigente per il fiscofrancese i carichi fiscali sarebbero abbondan-temente inferiori a quelli attuali vigenti in Italia.Ma fa notare l’on. Lucà, intervenendo nel dibat-tito aperto da Bobba e Campiglio (Volonté, trat-tenuto da un delicatissimo ufficio politicodell’Udc, non è potuto intervenire) – dopo averpolemicamente sottolineato come degli impe-gni presi solennemente dal governo, “sulla basedi precise risoluzioni parlamentari” a favore

attualitàattualitàUna riforma fiscale

che guardialla famiglia

di Ettore Colombo

In vista dellaannunciatariforma fiscale,le Aclisostengonol’introduzione diun sistemaimpositivo sulmodellofrancese.Presentata aRoma unaricercacomparativa traItalia e Francia,nata dallacollaborazionetra il Caf Acli edil professor LuigiCampiglio

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della famiglia, non vi ètraccia nell’attualemanovra ” – il sistemadel “quoziente fami-liare” può essereapplicato in un qua-dro nel quale sianopreviste misure inte-grative a favore deiredditi più bassi, altri-menti diventa uno stru-mento per ridurre latassazione ai contri-buenti con redditi alti omedio alti. Inoltre essopuò funzionare solo inun quadro di imposte e

aliquote crescenti, cherispecchiano cioè ilcriterio della progres-sività, “e non certo inquello dell’impostaunica o poco più pro-spettata dalla riformafiscale Tremonti e con-fermata da Berlusconin e l l ’ i n t e r i mall’Economia perché,se si passa all’aliquotaunica, il quozienteperde di forza e diven-ta assolutamente inaf-fidabile”.Del resto, anche

secondo lo studiodelle Acli, la riformafiscale in fase di attua-zione in Italia, con l’in-troduzione della “notax area”, ha accen-tuato le disparità: perle famiglie plurireddi-to le imposte si sonoridotte del 30%, men-tre per le altre (mono-reddito e monoparen-tali), a parità di condi-zione economica,solo del 3%.L’introduzione del“quoziente familiare”comporterebbe, natu-ralmente, però, unariduzione di gettitodell’imposta sulle per-sone fisiche di circa32 miliardi di euro(25%). Per attenuarel’impatto di questariduzione, le Acli pro-

pongono sia di accor-pare alcune misureattualmente previste afavore della famiglia(detrazioni) sia di arti-colare la manovra inmaniera graduale,partendo dai redditifamiliari più bassi,ipotesi che però nonconvince il sottosegre-tario Sestini (“Se par-tiamo dai redditi piùbassi - sostiene - il flus-so di denaro che sirimette in moto è mino-re e la legge non siripaga”, anche segarantisce attenzionealla famiglia nellaFinanziaria). Certo, ilproblema della coper-tura non è indifferen-te, riconosce ancheLucà, che proponed’intervenire sulle

risorse inutilizzatedella manovra Tre-monti e sulle risorseimpegnate nelle de-trazioni e spalmate datroppo tempo inmaniera indifferen-ziata. “La nostra è unaproposta di legislatu-ra, da effettuare e gra-duare in più anni, noncerto estemporanea”,replica Luigi Bobba.In effetti, in questo(scorcio?) di legislatu-ra, tra nuovi tagli,tasse e crisi di gover-no, di misure per lafamiglia sarà difficileparlare, nonostante labuona volontà del-l’Udc. Arrivederci allaprossima.

I l “quoziente familiare” è un sistema fiscale in cui il red-dito imponibile non è quello del singolo individuo, ma

è calcolato sommando le entrate di tutta la famiglia.Uno strumento già in vigore in altri Paesi europei e orarilanciato dalla proposta delle Acli. A beneficiarnesarebbero soprattutto le famiglie numerose, non soloattraverso la detrazione delle spese sostenute per il man-tenimento dei figli, ma modificando il metodo di calco-lo della base imponibile. Applicando il quoziente fami-liare, tutti i redditi percepiti all’interno della famigliavengono sommati e poi divisi per il numero dei compo-nenti (siano essi percettori o non). Alla cifra così ottenu-ta si applica l’aliquota prevista per lo scaglione cui essaappartiene. L’imposta totale dovuta dalla famiglia, quin-di, risulta più bassa rispetto a quella che dovrebbe ver-sare ogni singolo contribuente sulla base del redditoindividuale. Per esempio, una famiglia di cinque perso-ne con 100 mila euro di reddito pagherà le tasse comese ci fossero cinque redditi da 20 mila euro.Per studiare il meccanismo del quoziente familiare, ilministro del Welfare Maroni ha creato un gruppo dilavoro, che andrà a studiare il sistema in Francia,dove è applicato da anni (non a caso la propostadelle Acli è ricalcata sul modello di quello francese,

anche se con una media ponderata). Il gruppo avrà ilcompito di capire come funziona, ma soprattutto divalutare quanto costerebbe alle casse dello Stato.L’idea di misure fiscali a sostegno della famiglia eragià stata avanzata nel Libro bianco sul welfare,restando però poi lettere morta. “Introdurre un model-lo di fiscalità capace di assorbire una parte consi-stente del mantenimento dei figli - si legge nel testo -appare una condizione necessaria. In particolare, perquelle classi di reddito basso e medio in cui l’effettocombinato delle maggiori imposte e dei costi aggiun-tivi per i figli a carico rischia di costituire un vero eproprio deterrente economico, tale da scoraggiare olimitare la natalità”. La ricetta non era indicata inmodo esclusivo: Che si tratti di quoziente, di detra-zioni oppure di deduzioni, che lo si faccia privile-giando il secondo figlio o i figli successivi al secondo,la casistica europea cui rifarsi è ricca di esempi inte-ressanti”, pur ribadendo che “la riforma fiscale devediventare uno strumento importante in favore dellepolitiche familiari”. Quella del ministero non è certol’unica proposta in materia. In Parlamento, infatti,giacciono ben dieci progetti di legge presentati inquesta legislatura da schieramenti politici diversi, mail cui l’esame non è mai cominciato: le proposte dilege, anche se diverse tra loro, che ne propongonol’introduzione, sono di Eufemi (Udc), Molinari(Margherita), Ballaman (Lega), Ronconi (Udc), Pepe,(An), Tarolli (Udc) e di nuovo Eufemi.

Cos’è il quozientefamiliare

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È possibile essere donna e Primo ministronell’Europa del Sud? E’ possibile essere

una delle massime dirigenti dell’associazioni-smo cattolico nazionale e internazionale ecapolista europea del Partito socialista?Queste due coppie di condizioni, già difficili seprese separatamente, hanno avuto sinora unasola risposta positiva comune: quella di Mariade Lourdes Pintasilgo, morta improvvisamentea Lisbona nella notte tra venerdì e sabato all’e-tà di 74 anni. Subito dopo la Rivoluzione deigarofani era stata ministro in vari esecutiviprovvisori, prima di essere nominata nel 1979alla guida di un Governo tecnico destinato dalPresidente Eanes alla gestione delle elezioni(“il Governo dei cento giorni” che avviò alcu-ne importanti riforme sociali). Prima e unicadonna sino ad oggi in tutta l’Europa del Sud,se si esclude Edith Cresson in Francia agli inizidegli anni ’90. Ma il suo impegno politico nonterminò allora. Fu rilevantissima per la sinistraportoghese la sua candidatura come indipen-dente alle elezioni presidenziali del 1996:nella medesima area politica insistevano già ilcandidato ufficiale del Ps, Mario Soares, e ilcandidato dissidente Francisco SalganoZenha, che godeva dell’appoggio dei comuni-sti. Pintasilgo ottenne il 7,4%, senza avere nes-

suna organizza-zione di partito allespalle: pochi perun verso, ma deci-sivi perché sottrattiquasi per intero aZenha, che sifermò così al20,9%, consenten-do a Mario Soares,col suo 25,4% diandare al ballot-taggio contro ilcandidato delladestra Freitas doAmaral, che alprimo turno eraarrivato al 46,3%.

Soares, candidato più spostato verso il centro,riuscì quindi a vincere col 51,3% al decisivoballottaggio contro Freitas, mentre Zenhaavrebbe senz’altro perso. Mario Soares e ilPartito Socialista se ne ricordarono l’annoseguente, quando la chiamarono a capeggia-re la lista per le prime elezioni dei rappresen-tanti del Portogallo al Parlamento europeo,dando così forza ad una tradizione di impegnodei cattolici di centrosinistra nel Ps che alcunianni dopo sarebbe riemersa con la premiers-hip di Antonio Guterres, attuale Presidente del-l’Internazionale. Nel periodo che intercorse trala candidatura alle Presidenziali e quella alleeuropee ebbi la fortuna di conoscerla quandoero Presidente nazionale della Fuci: per varigiorni venne ad assistere a Leuven nell’agosto1986, con estrema umiltà, all’assemblea mon-diale degli universitari cattolici di Pax Romana,l’organizzazione ispirata da Giovanni BattistaMontini, di cui era stata dirigente nazionale edinternazionale. Come in Jacques Delors, di cuipuò essere considerata una sorta di equivalen-te femminile, confluivano in lei radicalità epragmatismo, toni profetici e cultura di gover-no, europeismo e apertura alla globalizzazio-ne, appartenenza religiosa comunitaria e lai-cità della politica in spazi politici “misti”, ele-menti che invece tendono spesso ad opporsinel cattolicesimo politico dando vita o a centri-smo opportunistico o a profetiamo testimonia-le. Venne anche più volte in Italia ad alcuniincontri della Fuci, parlandoci di questa suaesperienza, che per alcuni ha assunto il valoredi esempio da seguire.Per quanto una personalità così importante nonmeriti di essere confusa con dinamiche politi-che di breve periodo, non mi sembra però cheil suo insegnamento sia irrilevante rispetto aduna questione aperta, alla proiezione europeadella Lista Prodi. Gli eletti si sono divisi tra ilgruppo socialista e quello liberale, integratodai fuoriusciti dal Ppe. E’ sbagliato non coglie-re le novità: ora la divisione è solo tra due grup-pi politici, mentre in precedenza gli eletti dellemedesime forze erano spartiti tra Pse, Liberali

È morta Pintasilgo,la Delors portoghese

internazionaleinternazionale

di Stefano Ceccanti

Protagonistadell’associazioni-smo cattolicointernazionale edella sinistra, fuPrimo ministronel ‘79

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e Ppe. È sbagliato non riconoscere quindi ilpasso in avanti che è obiettivamente interve-nuto. E tuttavia si pone il problema di indivi-duare una dinamica futura che porti, sulla basedell’unità tra gli italiani, ad una convergenzapiù forte, quello stesso itinerario che LourdesPintasilgo compì tra la candidatura indipen-dente alle Presidenziali e il rinnovamento che ilPs iniziò anche con la sua guida alle europeedel 1987. Al momento assistiamo invece a duetentazioni autoreferenziali: per un verso il Pse,anche con l’elezione di Rasmussen in alternati-va ad Amato, non riesce a cogliere l’importan-za di un’apertura che lo rimetta in discussione,costruendo insieme ad altri la casa comune deiriformisti europei; per altro verso la pur impor-tante e necessaria operazione che ha portatola Margherita a costruire una nuova forza intor-no al gruppo liberale di chiara impronta fede-ralista europea sconta alcune indubbie con-traddizioni. Una minoranza significativa deipartiti coinvolti, a cominciare dall’Udf france-se, sul piano interno fanno parte di coalizionidi centro-destra né intendono minimamentemodificare questo loro orientamento: Bayrounon è Delors, si presenterà al primo turno dellePresidenziali del 2007 e poi confluirà sul can-didato del partito chiracchiano Ump; i liberalitedeschi resteranno in coalizione con la Cdu ecosì via. Non vi è dubbio che l’orientamentofederalista del nuovo gruppo sia forte, ma ilfederalismo europeo e in esso il ruolo dell’as-semblea di Strasburgo possono e debbono trar-re alimento decisivo da una semplificazionedei gruppi al Parlamento e da una loro chiaradisposizione lungo l’asse destra-sinistra, quel-lo decisivo nei Parlamenti moderni. Non si puòessere per il bipolarismo a casa e a Strasburgocontro, anche se, com’è ovvio, l’omogeneitàinterna di grandi gruppi, spostandosi dal pianonazionale a quello europeo, è più relativa. Si

tratta in fondo di ripetere sull’ala sinistradell’Assemblea quanto hanno fatto i Popolarieuropei sulla destra, aggregando in una gran-de casa comune le principali forze di quell’a-rea politica. Per questo non ha senso fare unparallelismo tra la rottura operata dai Popolariitaliani col Ppe, dove non potevano più stareessendo il Ppe divenuto altra cosa sull’assedestra-sinistra, con quella che i Ds dovrebberofare col Pse. Quest’ultimo ha certo bisogno,specie in alcuni paesi, di un forte rinnovamen-to programmatico e di superare impostazioninazionalistiche, ma è già nel suo insiemecoerente con la collocazione sull’asse destra-sinistra: del resto se nessuno sul piano internoinvoca l’estromissione dall’Ulivo dei comunistiitaliani non si vede perché dovrebbe far pro-blema convivere in un gruppo europeo conalcuni socialisti tradizionalisti. Anche sul rap-porto tra ispirazione religiosa e scelte legislati-ve su questioni eticamente sensibili, per iPopolari della Margherita la convivenza in ungruppo europeo coi Liberali, spesso marcata-mente laicisti, rischia di essere ben più diffici-le di quella che vi sarebbe coi socialisti. Il Pse da solo non può essere il contenitore unicodel centrosinistra, né la prospettiva di unificaresubito, all’inizio di questa legislatura, in ununico gruppo l’intero Pse e i non socialisti dicentrosinistra (liberali, ex popolari coerenti contale collocazione a livello nazionale) apparepraticabile. Eppure occorre valorizzare daparte di entrambi sia la parte di esperienzacomune condivisa, dalla lista unitaria allanascente Federazione, sia il riconoscimentodel cammino compiuto: chi milita tra i socialistideve tener conto del costo politico, personale,anche psicologico per i Popolari che hannoabbandonato il Ppe, essendone magari tra isoci fondatori; chi milita tra i Liberali non puòdescrivere l’intero Pse come un insieme disocialisti arcaici, statalisti, laicisti, e così via,come se una parte di quella mescolanza tra cul-ture diverse di centrosinistra non vi fosse giàstata, in storie come quella di Maria de LourdesPintasilgo che non sono solo storie individuali,ma anche espressione di scelte collettive, diopzioni generazionali, ecclesiali, culturali. Ilcentrosinistra europeo non può consistere inun’illusoria scorciatoia nuovista che immaginidi ripartire da zero: è un non ancora che ciinterroga tutti, ma è anche una parte di storiagià realizzata da alcune figure che ci interpel-lano anche dopo la loro scomparsa.

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dopera straniera in funzione di complemento necessario perquella che mi pare corretto chiamare la “manutenzione del-l’opulenza”, dall’altro c’è la tentazione, o la tendenza, afabbricare nuovi muri nel Mediterraneo nell’illusione di tene-re lontana l’onda dei diseredati in cerca di fortuna. E quiviene naturale di osservare che difficilmente si riesce adinvertire tale tendenza se non si opera per affermare unclima di pace e di dialogo in tutta la regione coinvolgendoi popoli le culture e le religioni nello spirito che fu di GiorgioLa Pira.

Dentro il perimetro così sommariamente delineato, le sen-tenze della Corte italiana immettono un principio di razio-nalità e di umanità, oltre che di rigore giuridico, che nonpuò essere né ignorato né aggirato nelle sue implicazioniculturali e sociali. Ad essere centrato è essenzialmente l’i-stituto della “espulsione amministrativa”, che affidavaall’autorità di polizia la facoltà di rimpatriare gli immigrati,senza che essi avessero la possibilità di far valere davantiad un giudice le proprie ragioni. Ma di rimbalzo è colpitaquella visione angusta di un dramma umano e sociale cheriduceva a mera gestione un tema di libertà e che avevacome corollario di un impianto legislativo imperniato su uncalcolo di utilità economica: che vengano nel minor nume-ro possibile, che restino quanto basta e che non mettanoradici. Un intero sistema di pensiero esce sconvolto dall’af-fermazione per cui non è consentito trattare come un affareamministrativo atti e comportamenti che hanno il rango didiritti umani e di libertà fondamentali. E non possono piùsussistere incertezze sul da farsi, una sola essendo la viaconsentita: adeguare le leggi(e i comportamenti) alla sen-tenza, cioè alla Costituzione. A meno di non tenere bordo-ne a quelli che non si vergognano di sostenere - ed anchequesto è un brutto segno dei tempi - che bisogna adegua-re la Costituzione alla legge che l’ha violata. Stare allaCostituzione non annulla i margini di scelta. Si può discute-re, ad esempio, sul riconoscimento del diritto di voto o sulrigore dei requisiti d’ingresso sul territorio nazionale. Macon un limite: che non è consentito di manomettere i dirittiumani quando di persone si tratta e no di merci o di mac-chinari per i quali si possono adottare misure protezionisti-che o liberalizzatici secondo convenienza.

Personalmente sono convinto che, se si partisse dalla piat-taforma della Corte, molte distorsioni potrebbero scompa-rire e la ricerca si indirizzerebbe su una strada meno tor-tuosa. Sull’immigrazione, come sulle richieste d’asilo, sipotrebbe aprire un grande dibattito a scala europea nelquale includere sia le ragioni dell’offerta (il bisogno o il ter-rore di chi viene) sia quelle della domanda (il fabbisogno dimanodopera nei paesi sviluppati). E potrebbero qui trova-re giusta collocazione anche le novità che dovranno aver

corso in campo culturale ed educativo per evitare che il con-cetto di “paese rimescolato” (un’espressione usata da Moroin altri tempi e con altri riferimenti, ma la si può adattare)sia declinato in modo caotico e improduttivo.

Tanti sono i capitoli da rivisitare lungo la direttrice dell’inte-grazione ed anche molte “certezze” andranno riviste, adesempio nell’insegnamento della storia che sempre di piùha da essere narrazione comune e possibilmente “purifica-ta” e sul modo di organizzare la vita delle comunità pluraliche si vanno inserendo nel tessuto non più omogeneo dellasocietà. E’ lungo un simile itinerario che avviene la selezio-ne tra quel che entra e quel che resta fuori in termini di cul-ture e di valori, all’interno di un contesto aperto come è quel-lo della Costituzione italiana (ed europea). Ma la premes-sa della selezione dei valori è che non ci sia mai discrimi-nazione sulle persone.

don Vittorio Nozza

Immigrati: per fortunac’è la costituzione

segue da pag. 2

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timo anno interamente governato dall’Ulivo, si erachiuso con una crescita dell’economia italiana cheaveva sfiorato il 3 per cento. L’entusiasmo registratoall’Assemblea di Confindustria a Parma rendeva nonirrealistica la previsione che, col più grande impren-ditore di successo a palazzo Chigi, l’effetto aspetta-tiva avrebbe lanciato l’economia italiana verso il 4 omagari il 5 per cento di crescita annua. E col 5 percento di crescita, si può davvero promettere il tagliodelle tasse, l’aumento delle pensioni e il rilancio degliinvestimenti.Come ogni populista, Berlusconi ha sottovalutato, senon ignorato, il carattere “aperto” del nostro sistemaeconomico: l’Italia è ormai, anche sul piano economi-co, una regione d’Europa, che non può più neppureimmaginare un suo destino autonomo rispetto al restodelle economie europee, a loro volta nel loro insiemeinfluenzate dal contesto globale.Proprio nel quadro europeo e nel contesto globaleBerlusconi è inciampato, già all’indomani della sua vit-toria elettorale. Il 2001, prima con lo scoppio dellabolla speculativa del “new economy” poi con la trage-dia delle Torri gemelle, ha chiuso i conti con la cresci-ta zero: raggiunta la sua postazione di comando aPalazzo Chigi, Berlusconi si aspettava l’effetto turbo esi è ritrovato con la macchina ferma, bloccata da uningorgo planetario.La “Finanza creativa di Tremonti” è servita a tenereacceso il motore e con esso la speranza di una ripresadell’economia e della fiducia, nel Governo e nel suoleader. Ma non c’è stato niente da fare. A ormai menodi due anni dalla fine delle legislatura, l’economia ita-liana è ferma e sul miracolo berlusconiano comincia avedersi la ruggine. Berlusconi comincia a perdere: hapareggiato alle europee, elezioni col proporzionaleche aveva stravinto sia nel ’94 che nel ‘99 e ha subitouna autentica disfatta alle amministrative, dove sinda-ci e presidenti sono scelti col maggioritario. Un leaderpopulista che non vince più è costretto, dalla logicadelle cose, a fronteggiare la rivolta dei suoi alleati,tanto più quando essi guadagnano qualcosa, o alme-no perdono meno di lui. E infatti Berlusconi si è ritro-vato a gestire una sia pure virtuale crisi di governo e arinegoziare programma e assetti con i suoi alleati,come un qualunque capo di governo, “primus inter

pares” della prima repub-blica. Ma al contrario deigovernanti della primarepubblica, Berlusconi èrimasto in sella e i suoialleati hanno dovuto accon-tentarsi della testa diTremonti. Berlusconi è ancora troppoforte perché i suoi sodalipossano disfarsi di lui: èancora vero quel “ma dovevanno senza di me?” cheha sempre chiuso la discus-sione sul dopo-Berlusconi.Eppure, il dopo-Berlusconisi avvicina, man mano chesi avvicina la resa dei conti,

non con gli alleati, ma col Paese. Al punto che molticominciano a dire che, nata con Berlusconi, la SecondaRepubblica, la Repubblica del bipolarismo e del mag-gioritario mai giunta a compiuta maturità, morirà conlui. Di qui il gran chiacchiericcio sul ritorno alla pro-porzionale, al governo dal centro, alla centralità di unanuova Democrazia cristiana. Un chiacchiericcio chenon ha alcun fondamento negli orientamenti profondidell’elettorato. Il sistematico fallimento delle “terzeforze” da un lato, i chiari orientamenti espressi in tutti isondaggi dall’altro, dicono senza possibilità di dubbioche gli italiani non hanno alcuna intenzione di rinun-ciare al maggioritario, al bipolarismo, all’alternanza.Il bipolarismo ha molti difetti, ma ha un pregio difficil-mente sostituibile: è l’unico sistema che consente aglielettori di scegliere il Governo; è l’unico sistema basa-to sulla competizione tra alternative; dunque è l’unicosistema che consente l’alternanza, il ricambio periodi-co della classe di governo.Quando si sente invocare un nuovo governo “di cen-tro”, che metta insieme i moderati oggi divisi nei dueschieramenti, non si può non considerare il prezzo chequesta scelta comporterebbe: di nuovo un sistema poli-tico bloccato, con una forza o una coalizione centrista“condannata” a governare e due ali estreme costrettea scegliere tra consociativismo e ribellismo. Un incubo,dinanzi al quale i problemi del nostro bipolarismoimmaturo appaiono fastidiose, ma in definitiva beni-gne, malattie infantili.Non è escluso tuttavia che l’operazione “nostalgia”,invisa al popolo, sia tentata in grande stile nel Palazzo.Il punto d’attacco è evidentemente la legge elettorale.Esclusa dal novero delle cose probabili l’instaurazionedel modello tedesco (un bipartitismo appena imperfet-to, grazie alla ferrea soglia del 5 per cento, al collegiouninominale, alle liste bloccate, per non dire del beruf-sverbot contro i partiti estremisti), il vero rischio è il “tata-rellum”, che altro non è che una via tecnica al bipolari-smo illanguidito: mentre l’attuale legge per Camera eSenato prevede il 75 per cento di maggioritario, tem-perato da un 25 per cento di proporzionale, la leggeTatarella per le regionali rovescia le proporzioni, asse-gnando l’80 per cento di seggi col proporzionale e soloil 20 per cento come premio di maggioranza, allo stes-so tempo reintroduce le liste e le preferenze al posto deicollegi uninominali. Insomma, competizione a tutto spia-no, interna alle coalizioni e perfino alle liste. Un sistemache sta in piedi solo grazie all’elezione diretta delPresidente della Regione e alla sua inamovibilità se nona pena dello scioglimento del Consiglio Regionale.Poche cose sono certe come l’impossibilità per il centrosinistra - o almeno per un centro sinistra non uscito disenno - di condividere una simile ricetta per le elezionidel parlamento nazionale. Un ricetta che potrebbe fun-gere solo da palliativo per la crisi del centro destra, alcaro prezzo di aggravare mortalmente la malattia infan-tile dell’immaturo bipolarismo italiano, che di tutto habisogno tranne che di più competizione e meno coesio-ne all’interno delle coalizioni. Sarà bene prepararsi acontrastare questo tentativo. E l’unico modo per farlocon successo è rilanciare la strategia dell’innovazione,istituzionale e politica, del centro sinistra, dell’Ulivo.

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tNo al proporzionale,sarebbe la fine del bipolarismo

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Giorgio Tonini