Newsletter Fiscale ottobre 2009

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Circolari fiscali e giurdiche a cura dello Studio Cassinis. Ottobre 2009

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Milano, 27 ottobre 2009 PRIMA PARTE Il corretto inquadramento fiscale delle associazioni e delle società di capitali sportive dilettantistiche L’art. 90 della Legge 27/12/2002 n. 289 (Finanziaria 2003) ha stabilito il principio in base al quale l’attivItà sportiva dilettantistica può essere condotta sotto tre forme, e precisamente :

- Associazioni non riconosciute - Associazioni riconosciute - Società di capitali senza scopo di lucro

Non esistono definizioni tencico-giuridiche dei termini con i quali oggi vengono identificati i luoghi dove vengono svolte le diverse attività motorie tese al raggiungimento del benessere psico-fisico umano. Infatti, tali attività possono essere

- o finalizzate al cosiddetto wellness - o rivolte allo sport praticato con regole stabilite dalle varie realtà riconosciute dal CONI - o perché aventi entrambe le finalità

In ogni caso, il divieto assoluto del fine di lucro, ossia dell’intenzione di ricavare un guadagno dall’esercizio di tali attività, determina la diretta applicazione dell’art. 90 L. 289/02 sopra richiamato. Infatti, nelle associazioni riconosciute e non, il profitto deve essere utilizzato e reinvestito nell’impresa sportiva, per i sodalizi sportivi dilettantistici. L’associazione può essere definita come un organismo unitario, che viene considerato dall’ordinamento quale soggetto di diritto come un ente fornito di capacità propria e distinto dalle persone fisiche che concorrono a formarlo e le prestazioni di ciascuna persona fisica sono dirette al conseguimento di uno scopo comune (caratteristica del contratto « associativo »). Nel caso dell’associazione, lo scopo è di natura ideale e, comunque, non economica, il cui elemento caretteristico è rappresentato dall’assenza di scopo di lucro, in antitesi alle società lucrative che perseguono lo scopo della divisione degli utili realizzati con l’esercizio di una attività economica (art. 2447 del Codice Civile). L’art. 90 della L. 289/02 ha parificato alle associazioni, le società di capitali e cooperative. Sotto il profilo della disciplina civilistica, in quei casi in cui non sono dotati di personalità giuridica, gli enti sono caratterizzati dalla libertà di forma costitutiva e di contenuto dei patti sociali. Solo in conseguenza della riforma fiscale degli enti non commerciali (D. Lgs. n. 460/97), è stato richiesto il recepimento, nello statuto delle associazioni e delle società di capitali sportive dilettantistiche, di determinate clausole (si pensi ai principi di uguaglianza dei diritti e doveri degli associati, di elettorato attivo e passivo per tutti i soci maggiorenni, al divieto di temporaneità della posizione di membro, alla proibizione di di distribuzione di utili, anche in modo indiretto, ecc.), che evidenziano l’interesse del Legislatore a rendere effettivo il rapporto associativo. Vincoli statutari che consentono l’adozione di un trattamento fiscale agevolato.

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Per quanto riguarda i gestori di impianti sportivi e gli operatori utilizzati nelle associazioni e nelle società di capitali sportive dilettantistiche, devono essere considerati :

- Il diverso trattamento fiscale (non assoggettamento né ad Iva né ad imposizione diretta delle quote di frequenza versate dai tesserati) ;

- Le agevolazioni nella gestione delle risorse umane : costituiscono un vantaggio, in termini finanziari, per l’ente sia la possibilità di non assoggettamento a contribuzione previdenziale i corrispettivi erogati alle risorse umane impiegate nel centro, sia la possibilità di applicare alle sopra menzionate persone le agevolazioni fiscali di cui agli articoli 67, comma 1, lettera m) e 69 TUIR.

Queste agevolazioni possono determinare da parte degli Istituti di Previdenza degli accertamenti in tutta Italia; le Autorità sportive, con il CONI in testa, però contestano la lettura della norma che viene data dagli Organi competenti alla tutela dei rapporti di lavoro. Pertanto, la quasi totalità dei centri sportivi ha ritenuto di applicare la tesi del CONI che per l’appunto (ved. sua Circolare del 21.07.2009) invitava, considerandola non dovuta, a non assoggettare a contributi tali rapporti. SECONDA PARTE L’inquadramento degli istruttori nelle associazioni e nelle società di capitali sportive dilettantistiche Il Ministero del Lavoro, con propria comunicazione del 16/07/87 prot. n. 7/51364/OA-3 ed in particolare con la C.M. n. 218/96, ha ritenuto di dover escludere il carattere di subordinazione degli istruttori in presenza dei seguenti elementi obiettivi :

- Mancata imposizione al docente di un orario stabilito da parte del centro sportivo ; - Compenso determinato in relazione alla professionalità ed alle singole prestazioni ; - Assenza di vincoli e di sanzioni disciplinari ; - Libera scelta, da parte del docente, delle modalità tecniche per la trattazione degli argomenti ; - Volontà dei contraenti diretta ad escludere la subordinazione.

Incidono, su tale determinazione di rapporto non subordinato (Circolare Ministero del 06/04/88 n. 5/25576/70 sub AU), il rischio economico, l’oggetto della prestazione del lavoro dedotto nel rapporto, la forma e le modalità del corrispettivo : criteri, questi, che rivestono solo un valore indiziario. Ciò che conta è la dichiarazione di volontà delle parti in ordine al contenuto del rapporto: ne consegue l’opportunità, ai fini probatori, che la conclusione dell’accordo con un istruttore o collaboratore in genere, venga redatta con un contratto scritto. Queste considerazioni valgono sia per l’esercizio dell’attività formativa, sia nei rapporti con gli istruttori. L’ente previdenziale di riferimento, in entrambi i casi, è l’Enpals, e l’unico contratto collettivo di settore esistente è quello sottoscritto con le parti sindacali dalla Federazione Imprenditori Impianti Sportivi. Resta ad oggi la necessità di superare la qualificazione da parte della Federazione per ritenere professionista, comunque e sempre, chiunque svolgesse, in via continuativa e con remunerazione, attività sportiva. E resta sicuramente aperta la questione relativa alla qualificazione giuridica di cui rivestire il cosiddetto « professionista di fatto » o « dilettante retribuito », che tyrova ambiguità nelle soluzioni adottate dalle singole Federazioni e dalla giurisprudenza nazionale.

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Sia la dottrina, sia la giurisprudenza comunitaria, sia quella nazionale, sono concordi nel ritenere che per il trattamento della prestazione di un istruttore, si deve prescindere dalla qualificazione formale (« status » di dilettante ), ed invece basarsi sul criterio della economicità della prestazione. Ovvero, andrebbe considerato come professionista il tesserato che svolge attività sportiva, se non in via esclusiva, quanto meno in modo prevalente. La legislazione fiscale e relative agevolazioni E’ stato sancito che i « compensi » percepiti dagli sportivi dilettanti sono da considerarsi come « redditi diversi », ossia non derivanti da lavoro autonomo o subordinato. L’art. 67 comma 1 TUIR (che individua i redditi diversi, alla lettera m) sancisce che le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi ed i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’UNIRE (Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine), dagli enti di promozione sportiva, e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto, costituiscono « redditi diversi », indipendentemente dal loro ammontare. Infatti, non sono previsti limiti ai compensi per attività sportive dilettantistiche; al loro aumentare diminuiscono progressivamente, fino ad esaurirsi, le agevolazioni fiscali, ma la natura giuridica del compenso, sotto il profilo tributario, rimane la medesima. Dopo la scelta operata dal Legislatore con la L. n. 342/00 (che ha provveduto ad inserire nel testo dell’odierno art. 67 comma 1 TUIR la lettera m), sia l’Inps, sia l’Inail, prendendo atto della situazione esistente, hanno dovuto considerare che i compensi percepiti dagli sportivi dilettanti non costituiscono reddito da lavoro, e che, di conseguenza, ad essi non sono applicabili né i contributi previdenziali, né l’obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro, previsti invece per le collaborazioni coordinate e continuative. L’art. 90 comma 3 lett. B) L. 289/02, precisa che non concorrono a formare il reddito le indennità, i rimborsi forfetari, i premi ed i compensi, se non superano complessivamente € 7.500 nel periodo d’imposta. Sono esclusi dall’imposizione i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio ed al trasporto, sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale. Le somme imponibili vanno assoggettate a ritenuta per Irpef (si applica l’aliquota del primo scaglione) e addizionale regionale di compartecipazione all’Irpef. Ai fini Irpef si ha, pertanto, per schematizzare la relativa disciplina, che :

- non sono soggette a tassazione somme fino a € 7.500, percepite dal soggetto che svolge attività sportiva dilettantistica nel corso dell’anno solare ;

- scontano la ritenuta del 23% + 0,9 a titolo d’imposta per la parte compresa tra €7.500 e € 28.158,28 (75.00+20.658,28) ;

- scontano la ritenuta del 23% + 0,9 a titolo d’acconto per la parte che eccede €28.158,28. Ogni anno lo sportivo deve rilasciare all’ente una apposita dichiarazione/attestazione all’atto di ogni pagamento, indicando se ha raggiunto o meno il limite annuo di €7.500 di franchigia. Ogni anno l’associazione/società di capitali sportiva dilettantistica deve rilasciare ai percettori di compensi per prestazioni sportive dilettantistiche, una attestazione contenente tutti i dati anagrafici ed il corrispettivo pagato a ciascun sportivo, nonché presentare il mod. 770 semplificato. L’inquadramento previdenziale (ENPALS)

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L’Enpals, con proprie Circolari n. 7 e n. 8 del 30/3/2006 ha « adeguato » l’elenco delle categorie di lavoratori ad esso iscrivibili, inserendovi anche gli « impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi …. direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive …. ». Quindi, secondo l’Enpals, l’obbligatorietà dell’iscrizione sussisteva nel 2006 a prescindere dalla natura giuridica, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro. La norma continua, però, ad essere oggetto di molteplici dubbi interpretativi. A tale proposito, rimandiamo alla nostra Newsletter del 24 luglio 2009, con la quale abbiamo ripreso la posizione di contrasto assunta dal CONI nei confronti dell’Enpals con propria Circolare del 21/07/2009 n. 179, con la quale ha ritenuto di ribadire quanto già espresso con propria Circolare del 19/12/2006, e cioé che non reputa sussistente l’obbligo di contribuzione Enpals per i compensi erogati da organismi sportivi dilettantistici nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche (tra le quali il CONI ha ricompreso le attività di formazione, didattica, preparazione ed assistenza sportiva dilettantistica), qualificati « redditi diversi » ai fini fiscali dall’art. 67, comma 1, lett. m) TUIR. E ciò anche quando detti compensi vengano erogati a fronte di attività non direttamente connesse a manifestazioni sportive dilettantistiche. L’Enpals, come già precedentemente ricordato, con la sua Circolare n. 13 del 07/08/2006 : 1) ha riconosciuto non esservi l’obbligo di contribuzione previdenziale per i compensi sportivi percepiti nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, qualificati « redditi diversi » ai fini fiscali dal già citato art. 67 del TUIR, anche per quelle attività non direttamente connesse alle manifestazioni sportive dilettantistiche ; 2) con riferimento ai compensi in trattazione percepiti nell’esercizio di arti e professioni, e come tali non inquadrabili, quindi, fiscalmente tra i redditi diversi, e al dichiarato scopo di favorire una corretta applicazione della disciplina dettata dall’art. 67 del TUIR, ha evidenziato una serie di indici idonei a connotare l’attività professionale come tale. Tale attività, secondo l’Enpals deve avere caratteristiche di abitualità (intendendosi come tale una attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti), e la misura delle somme complessivamente percepite non deve avere caratteristiche di marginalità (come indice di marginalità dei compensi si può prendere come indicatore la no tax area dei professionisti, fissata attualmente in un importo pari a €4.500 annui). L’Ente precisa che la professionalità ricorre anche se vi sono normali interruzioni nell’esercizio dell’attività e/o che la stessa sia rivolta ad una « committenza plurima, effettiva o potenziale ». Sarà, pertanto, necessario verificare, da parte di ogni associazione o società di capitali sportiva dilettantistica, la posizione soggettiva dei propri collaboratori, ossia valutare se possa rientrare tra quelle che configurano un « reddito diverso » e, quindi, non essere soggette a contributo previdenziale. Successivamente all’emanata Circolare, è stato emesso il « Documento di programmazione strategica dell’attività di vigilanza per l’anno 2008 » al cui interno è compreso un paragrafo relativo agli « impianti e circoli sportivi », con il quale si riferisce che i responsabili dell’attività ispettiva del Ministero del Lavoro, dell’Enpals, Inail e Inps, firmatari del documento, confermano, in sostanza, la non debenza dei contributi solo per quelle attività sportive dilettantistiche svolte « con modalità non professionali ».

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In ogni caso, vale senz’altro la pena ricordare che nessun altro soggetto, al di fuori dell’Amministrazione Finanziaria, è legittimato a qualificare differentemente i « redditi diversi ».

Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento ed assistenza.

Con i migliori saluti

Studio Cassinis

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