Benevento · nazionale nella lunga e contrastata discussione avvia - ta il 17 febbraio 1861 e...

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BetaGamma editrice

Ministero per i beni e le attività culturaliDirezione generale per gli archivi

Archivio di Stato diBenevento

Coordinamento scientificoValeria Taddeo

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Ministero per i beni e le attività culturaliDirezione generale per gli archivi

Servizio III - Studi e ricerca

Direttore generale per gli Archivi: Rossana RummoDirettore del Servizio III: Mauro Tosti CroceCura redazionale: Maria Grazia Lippolis e Maria Teresa Piano Mortari

La collana Archivi Italiani edita dalla Direzione generale per gli archivi edalla BetaGamma di Viterbo, diretta da Mauro Tosti Croce, intende, tra-mite agili opuscoli divulgativi, promuovere la conoscenza del patrimoniodocumentario nazionale conservato dagli Archivi di Stato e dell’attivitàsvolta dalle Soprintendenze archivistiche, fornendo anche notizie sullesedi degli Istituti, ospitati spesso in edifici di interesse storico artistico.

Hanno collaborato:testi: Luisa Grimaldi, Valeria Taddeo, Giuseppe Vetrone.digitalizzazione e fotografie: Francesco Balletta, Carmela Borzillo,Domenico Iannuzzi, Carlino Varricchio.

Copertina: particolare di frammento agiografico (Pergamene. Frammenti di codici in beneven-tana libraria, 30v)Frontespizio: sezione della chiesa di S. Maria della Verità, disegno dell’architetto Saverio Casselli(Notai, Atti del notaio Ignazio De Rosa, n. 8457, 1779)IV di copertina: ex Seminario arcivescovile, sede dell’Archivio

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Archivio di Stato di Benevento

La storiaLa difficile nascita dell’Archivioe della Provincia 5L’Archivio storico provinciale 13La sezione di Archivio di Stato 19L’Archivio di Stato oggi 23

Le sedi 27

I servizi al pubblico

Sala di studio 35Biblioteca 36Servizio di riproduzione 37Ricerche per corrispondenza e ricerche on line 38Compiti e funzioni 39

Promozione e divulgazione 40

I principali fondi archivistici

Pergamene 43Notai 47Tribunale 49Preture 50Questura 50Distretto militare 52Stato civile 54Catasti 56Catasto provvisorio 56Catasto gregoriano 57Catasto urbano 58Nuovo catasto terreni 59

Commissario per la liquidazione degli usi civici in Napoli 59Corporazioni religiose soppresse 62Monte di credito su pegno di Cusano Mutri 66

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Archivi privati 67Pedicini 67Bartoli 69

BibliografiaSulla storia e i fondi dell’Archivio 70Sul seminario arcivescovile attuale sede 71

Archivio di Stato di Benevento, Via Giovanni De Vita 3, 82100 Tel. 0824 21513; fax 0824 24655e-mail: [email protected]; www.archiviodistatobenevento.beniculturali.it

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La difficile nascita dell ’Archivio e dellaProvincia

L’esigenza, avvertita dallo Stato nazionale all’indoma-ni dell’Unità, di salvaguardare il patrimonio documen-tario delle diverse passate istituzioni politiche italiane,raccogliendolo per assumerlo a fondamento dellacostruzione della Nuova Italia, trova particolari diffi-coltà ad essere accolta e soddisfatta dalla neonataprovincia di Benevento. Diversamente dalle altre,questa viene creata il 25 ottobre 1860 con “decreto” diGaribaldi, faticosamente recepito dal Parlamentonazionale nella lunga e contrastata discussione avvia-ta il 17 febbraio 1861 e risolta, nel maggio successivo,solo grazie all’autorevole intervento diretto di Cavour.

ARCHIVIO DI STATO DI BENEVENTOLa storia

A. Mellusi, L’origi-ne della provinciadi Benevento, Be-nevento, 1911.

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Il suo governatore, Carlo Torre, si rivela attento allasollecitazione nazionale di provvedere alla raccolta eal riordinamento della documentazione esistente ealla costituzione dell’Archivio, ma è sovrastato daenormi problemi. Fratello del mazziniano Federico,combattente della Repubblica Romana poi generaledel Regio esercito, Carlo Torre si è formato a Napolinegli anni Venti-Trenta, a contatto con il riformismoliberal-moderato unitario. Nominato governatore diBenevento nell’ottobre 1860, sarà, poi, protagonistadell’Italia della Destra, prefetto di Brindisi, Ancona,Torino e Milano. Come aveva già scritto nel 1847,discutendo con realismo e lungimiranza Sui bisognidella provincia beneventana, egli è consapevole chel’Unità nazionale si costruisce anche grazie alla fusio-ne dialettica delle rispettive passate storie: è necessa-rio, pertanto, conservare il patrimonio storico e docu-mentario dei singoli stati che si scioglieranno per for-marla. La rivisitazione di quel patrimonio è la premes-sa necessaria per sostanziare l’identità nazionale uni-taria da costruire. Dopo il 1860, però, nella neonataprovincia la raccolta e la rivisitazione in prospettivanazionale del patrimonio storico-documentario incon-

tra specifiche difficoltà, determi-nate in gran parte proprio dallasua anomala costituzione, chesegnerà emblematicamente tuttala sua tormentata esistenza e saràcausa anche della ritardata nasci-ta (solo nel 1954) di un archiviostatale. La comprensione storicadi questa difficile doppia nascita,della consapevolezza istituziona-le e dell’archivio, può avvenireoggi, perciò, ricostruendone,con attenzione cronologica, imomenti decisivi per potercogliere la natura delle specifi-che ragioni storico-politiche eculturali che per più di centoanni hanno impedito la nascitadell’Archivio di Stato e la fuoriu-scita dalla condizione di preca-rietà della stessa provincia, sem-

C. Torre, Sui biso-gni della Provin-cia beneventana,prima edizione,Roma 1847

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La storia

pre in procinto di essere soppressa, allora come ora.Sin dalla costituzione tutto congiura contro la suasopravvivenza: oggettiva mancanza di fondi, di strut-ture, di tradizioni civiche, prevalenza di problemigravi, comuni che rifiutano l’annessione imposta, con-tese con le province contermini, brigantaggio, povertàeconomico-sociale diffusa, emarginazione dalla vitanazionale, prevalenza assoluta della proprietà eccle-siastica. Problematiche aggravate dalla fragile sogget-tività politica del ceto dirigente della Città, del tuttoimpreparato alla gestione e alla progettazione politicapubblica, dopo otto secoli di dominio pontificio.L’archivio come conservazione di documentazionestorica per alimentare la vita e la nuova coscienza col-lettiva nazionale da irrobustire, educare o da farnascere è davvero l’ultima delle sue preoccupazioni!Enclave pontificia per otto secoli, sottrattasi al domi-nio papale con la “gloriosa rivoluzione” del 3 settem-bre 1860 quando, senza colpo ferire, il delegato ponti-ficio Edoardo Agnelli abbandona la Rocca dei Rettori,la piccola città di Benevento si ritrova ad essere capo-luogo di una provincia nata “per decreto”, raccoglien-do un territorio composito che, nella sua storia, nonaveva mai vissuto un’esperienza amministrativa unita-ria. Con una popolazione di appena 20.000 abitanti,già descritta da Galanti come “unico grande monaste-ro”, emarginata dal Regno, Benevento era ritornata

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Bando del Gover-no provvisorio del-la Provincia di Be-nevento costituitoall’indomani della“gloriosa rivoluzio-ne”, 4 settembre1860.

Decreto istitutivodella Provincia diBenevento, 25ottobre 1860.

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sotto la dominazione pontificia dopo il breve periodo“francese”, caratterizzato dal governo riformatore del-l’alsaziano Louis De Beer (1806-1812), in nome diTalleyrand. Non aveva avuto, perciò, l’archivio pro-vinciale, previsto per le province napoletane dallalegge borbonica del 18 novembre 1818. L’illusioneche la costituzione in capoluogo possa sottrarla aipesanti residui feudali che l’hanno segnata per ottosecoli, facendola entrare nel mercato regionale enazionale, si rivela subito tale, generando delusione,sconforto, brigantaggio, emigrazione. Nel 1909, cin-quant’anni dopo l’Unità nazionale e quella “gloriosarivoluzione”, la bandiera papalina ritorna a sventolaresul palazzo di Città, a seguito del primo incontro tracattolici e giolittiani, sperimentato proprio a

Benevento e affermatosi sullapermanente confusione di quelceto cittadino, liberal-borghesee/o demo-sociale. L’unico inter-vento organico sul patrimoniodocumentario della città, divisa edominata da molteplici istitutireligiosi di forte radicamentosociale ed economico, era statorealizzato, circa un secolo emezzo prima, dal cardinaleVincenzo Maria Orsini, arcive-scovo di Benevento dal 1686,divenuto poi papa col nome diBenedetto XIII. Avvalendosi del-l’aiuto del bibliotecarioDomenico Rossi, che ricoprì tale

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Vincenzo MariaOrsini, papa Bene-detto XIII (Notai,Atti del notaioGiacomo Leone,n. 7125, 1777).

La Rocca dei Ret-tori, oggi sede del-la Provincia.

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carica nella curia arcivescovile dal 1708 al 1724,Orsini aveva curato il riordinamento degli archivi sto-rici, il restauro di pergamene e codici agiografici,musicali e liturgici, rilegandoli in appositi volumi. Sulfrontespizio di quelli conservati oggi impropriamentenel Museo del Sannio, contenenti documentazionerelativa al governo pontifico della Città e alla vita deitanti istituti religiosi, sono riportate indicazioni delriordinamento completato da Orsini nel 1722.All’indomani dell’Unità, nel mese di aprile 1861, laLuogotenenza reale di Napoli si preoccupa di inviarea Benevento l’ispettore Del Giudice per verificare lostato e la consistenza del patrimonio documentario.“Esso appare subito molto e prezioso, ma conservatoin tanti e diversi archivi: l’archivio dell’antico tribunalecivile criminale, dell’abolito assessorato della conser-vatoria del catasto e del registro, e quello comunale”.La documentazione è più che sufficiente, a giudizio diDel Giudice, per “formare un archivio provinciale deipiù pregevoli”. Nel successivo mese di giugno ilDicastero della pubblica istruzione invia in missione aBenevento un “esperto” archivista romano, Berardo

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Comuni della Pro-vincia di Bene-vento per territoridi provenienza.

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Mariani, per organizzare il nascente archivio provin-ciale: “Infino a che non si potranno ordinare gli archi-vi provinciali di Benevento secondo il modo che saràcreduto conveniente per tutte le province italiane, èda fare che niuno danno venga da questo indugio acodesta provincia. Ella perciò provvederà che la partestorica diplomatica sia ben guardata per ora, e che sicominci a ordinare quelle che riguardano la partefinanziaria, amministrativa e giudiziaria” (ASBN,Amministrazione provinciale, b. 1). A settembre, però,Mariani non ha potuto ancora iniziare per le diversedifficoltà “locali” che lo bloccano. Da NapoliFrancesco Trinchera, soprintendente generale degliarchivi, interviene duramente sul governatore diBenevento invitandolo a rimuovere gli ostacoli -prima di tutto la mancanza di un locale destinato adarchivio - che hanno impedito, fino a quel momento,l’avvio delle preliminari operazioni di raccolta e diriordinamento della documentazione. Carlo Torre, giànominato governatore di Brindisi, risponde subito aTrinchera, presentando con impotente franchezzatutte le specifiche difficoltà pratiche e “politiche” cheostacolano quell’avvio: “Il futuro archivio esiste legal-mente perché un locale provvisorio fu destinato, edun verbale fu scritto, ma veramente ed effettivamentenon esiste affatto, perché nessuna carta vi è stata tra-sportata, né si è potuto, perché a nessuno fu dato ilpromesso ufficio di andarle raccogliendo, e posciaordinarle. Stando così le cose, veniva qui mandato ilsignor Berardo Mariani, con l’incarico di prestareaiuto a me perché fosse ben guardata la parte storico-diplomatica dei documenti, ed ordinata quella cheriguarda ramo finanziere, amministrativo e giudizia-rio. Ma ciò che non era raccolto non poteva guardarsie molto meno ordinarsi; […] non essendo possibileche il Governatore della Provincia impiegasse la per-sonale sua opera in somiglianti lavori, specialmentequando le note condizioni politiche di queste contra-de gli imponevano, come gli impongono tuttora, benaltre cure. […] le condizioni eccezionali, in cui il piùferoce brigantaggio ha costituito questa Provincia,non mi consentono di applicarmi seriamente a mate-rie che domandano tempi di calma e di serenità”. Laconclusione di Torre è che “senza un Archivista abilis-

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simo, che abbia speciale missione e specialissimefacoltà, non comincerà mai ad esistere l’Archivio diBenevento”. La “calma”, la “serenità” e l’“archivistaabilissimo” non si trovano per oltre un decennio. Nel1872 è il procuratore del re presso il Tribunale diBenevento che “premura” il prefetto “acciò avesseprovocato da questa assemblea le opportune provvi-denze per l’impianto dell’archivio in parola”. E così il1° novembre, dopo 11 anni, il Consiglio provincialediscute nuovamente l’istituzione dell’Archivio e deli-bera “stabilirsi l’Archivio Provinciale onde raccoglieregli atti antichi e moderni d’interesse pubblico e priva-to, demandandone la pratica alla DeputazioneProvinciale”. Ma solo il 15 aprile successivo deliberaanche di destinare un locale della Prefettura, di cui èproprietaria la Provincia, ad archivio. Ed è sempre lasolerzia impressa dal procuratore che sollecita il pre-fetto, già il 27 giugno, a incaricare l’ingegnere capodella provincia di predisporre lo spazio per l’archivionel palazzo della Prefettura acquistato dalla Provincia.Negli anni in cui la Commissione Cibrario (1870-1874)discute sull’ordinamento da dare agli archivi italiani,dibattendo se debba essere considerata prevalentel’importanza storica o quella politica e amministrativa,la neonata provincia di Benevento continua vanamen-te a dibattere e deliberare sull’istituzione dell’archivio.Rinviando, di fatto, anche qualsiasi intervento finaliz-zato alla salvaguardia della documentazione esistente.A conclusione dei lavori dellaCommissione Cibrario, il RegioDecreto del 5 marzo 1874 unificagli archivi alle dipendenze delMinistero dell’interno. E il 6 ago-sto il ministro dell’interno chiedeal prefetto di adoperarsi perchévenga istituito l’Archivio provin-ciale: “Mi è noto che preziosepergamene, antichi codici e cartedi cessate giurisdizioni esistonoin cotesta provincia e special-mente nel capoluogo, i qualioltre all’interesse scientificoriguardano quello dei privati edel comune, nonché di altri enti

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Carlo Torre, Go-vernatore dellaProvincia di Be-nevento

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morali. […] Nell’interesse del Comune della Provinciae dei loro amministrati, è da deliberare che tanta ric-chezza di documenti antichi e moderni oltreché mate-rialmente conservata e custodita, sia pure curata edisposta in maniera da poter prontamente soddisfarele richieste di coloro che avrebbero ragione di trovarcimateria da illustrare le patrie memorie ed il fonda-mento dei loro diritti e che conseguentemente, riuni-tene le sparse membra in acconcio locale, siano gliatti posti in luce, classificati e conservati da personeesperte nelle discipline archivistiche. […] Laonde ioprego V.E. di volermi con qualche sollecitudine rag-guagliare sullo stato di conservazione nel quale si tro-vano attualmente tali archivi, come, dove e da chi sontenuti, e nel tempo stesso, richiamando su questoimportante argomento l’attenzione della DeputazioneProvinciale, farmi conoscere quali idee abbia intornoal medesimo”. Il prefetto può solo sperare nel futuroe il 10 agosto 1874 comunica che l’Archivio troveràposto nel castello attiguo al palazzo di Prefettura,mentre il 24 settembre il Consiglio provinciale, viste lecondizioni del bilancio 1875 “che non consentonodestinare somma alcuna per l’archivio”, ne rimandal’istituzione al 1876, poi al 1877, al 1878 e ancora al1879. Oltre alla “calma”, alla “serenità” e all’“abilissi-mo archivista” mancano anche i fondi. E così sarà peraltri trent’anni. Nel frattempo, però, la documentazio-

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Notizie generali enumeriche degliatti conservatinegli archivi giu-diziari, ammini-strativi, finanzia-ri del Regno,Roma, 1876

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ne preunitaria, accatastata alla rinfusa nel localeannesso alla Prefettura, si era confusa e mischiata conla documentazione prefettizia. Come sottolinea l’ar-chivista della Prefettura il 30 novembre 1885 rivolgen-dosi al prefetto di Benevento: “Lascio poi alla S.V. Illªil giudicare se sia totalmente nelle mie attribuzionil’occuparmi della ripartizione e sistemazione dellecarte antiche che rimontano a epoche ben remote,per cui sia cessato ogni ulteriore provvedimento, eche i miei predecessori hanno menato alla rinfusa dal1860 in qua, per terra, mentre in altre province a farciò le Deputazioni Provinciali hanno destinato unproprio archivista. Sarebbe mestieri quindi che laOnorevole Deputazione Provinciale se ne occupi diurgenza”. Su pressione del prefetto, sempre più esa-sperato perché “per mala ventura l’ArchivioProvinciale è ancora un voto in questa Provincia”,negli anni successivi si programmano i lavori nei loca-li del castello che dovrebbero ospitare l’archivio e siprogettano le scaffalature. Nel 1887 sembra che i lavo-ri stiano per finire e la Deputazione provincialecomincia a discutere della pianta organica dell’archi-vio. Ma tutto si blocca nuovamente. Bisognerà aspet-tare il 1909 per l’istituzione di un archivio, che nonsarà, però, quello previsto dalle norme in vigore.

L’Archivio storico provinciale

Agli inizi del Novecento la normativa prevedeva unarchivio statale, alle dipendenze del Ministero dell’in-

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Progetto dellescaffalature perl’archivio da istitui-re. (Amministra-zione Provincialedel Sannio, b 1).

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terno, in ogni capoluogo di provin-cia, la quale doveva provvedere agran parte delle spese (locali, scaf-falature ecc.) per il suo funziona-mento. Ma, come sappiamo, laProvincia di Benevento non era riu-scita, in cinquant’anni, a creare lecondizioni per consentirne l’istitu-zione. E allora delibera la creazionedi un archivio storico provinciale,del quale può così decidere, auto-nomamente, struttura, personale edirettore. Quest’ultimo, perciò, nondovrà avere i requisiti e le compe-tenze previsti (non l’archivista abi-

lissimo auspicato da Torre nel 1861), ma – comeriporta la relazione firmata da Almerico Meomartini,Nazzareno Cosentini e Armando Ungaro – dovrà esse-re “un uomo geniale, di mente eletta, di cultura vasta,che abbia l’amore di questi nostri luoghi e delle loronobili tradizioni, che abbia il fascino dei sacerdoti del-l’ideale, che sia al di sopra e al di fuori delle bassecompetizioni, delle volgari cupidigie, e che facciavibrare il cuore di tutti per la nobiltà e la purezza dellasua vita”. Mentre la finalità dell’Archivio dovrà essereprincipalmente quella di “raccogliere dai privati, non-ché dagli archivi municipali, tutto questo ricco mate-riale, ed assicurarlo al patrimonio degli studiosi”. Ilproblema che assillava le autorità nazionali, evitare ladispersione della documentazione statale e raccoglier-la come fondamento del nuovo Stato nazionale, sem-bra del tutto secondario. La direzione del neonatoarchivio storico provinciale viene affidata ad AntonioMellusi (1847-1925). Di famiglia possidente, cresciutonel palazzo baronale di Torrecuso, formatosi nel col-legio gesuitico di Benevento, da adolescente vive confervida fantasia politico-romantica il mito risorgimen-tale garibaldino, che avrebbe dovuto far rinascere l’i-deale dell’antico Sannio preromano. Di quel Sanniomitizzato e della “gloriosa rivoluzione” del 3 settem-bre 1860 sarà vate e cantore appassionato per l’interavita. Filantropo, poeta, avvocato (difensore del bri-gante Cosimo Giordano nel 1884), corrispondente diAndrea Costa, deputato repubblicano nel 1886 e nel

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Antonio Mellusi,primo direttoredell’Archivio stori-co provinciale.

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1890, irredentista e nazionalista, travolto “dalla gran-dine dei disinganni” dell’Italia giolittiana, nel dopo-guerra intravede l’ultima possibilità di riscatto delmito antico-sannitico e di una vera rivoluzione in un“nuovo risorgimento in camicia nera”, nel fascismoguidato dal Duce, per il quale, nel 1924, detta il testodell’epigrafe in occasione della concessione della cit-tadinanza onoraria. Nel 1909, perciò, per il ceto politi-co locale è Mellusi “l’uomo geniale”, di “mente eletta”,a cui affidare la direzione del nascente archivio stori-co provinciale, concepito, però, come “deposito dellesacre memorie della patria”: dove “patria” è l’anticoSannio risorto che, pur diventato provincia da 50anni, incontra ancora grosse difficoltà ad interagirecol nuovo Stato nazionale, a cominciare persino dallacreazione di un archivio statale, come chiedono leautorità centrali. Lo stesso Mellusi nel 1906 avevascritto: “L’erudizione, da sola, è fredda… Sono autore-voli i marmi, valide le iscrizioni, pittoresche le crona-che, doviziose le biblioteche, fedeli gli archivi, maschiacciano ogni ingegno, se tra le lapidi, i volumi, lepergamene non scorre il minimo segno di quell’alitocaldo, in cui gli epicurei facevano consistere l’anima”.L’incarico di direttore dell’Archivio storico provinciale,che ha sede nei locali del convento di Santa Sofia,luogo simbolo della città, sembra quasi compensare la

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Convento e chiesadi Santa Sofia, oggipatrimonio del-l’UNESCO

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difficile situazione economica, seguita alla morte delpadre, che ha causato anche l’esproprio del palazzodi Torrecuso. Mellusi dovrà, inoltre, raccogliere le“sacre carte” per celebrare il cinquantenario dellaProvincia, che il ceto politico vuole realizzare percontrastare il ritorno della bandiera papalina su palaz-zo Paolo V. È proprio nello svolgimento di questoincarico, però, che Mellusi è costretto a vivere un’ulte-riore delusione, perché le carte che gli arrivano enfa-tizzano la dimensione provinciale del costituendoarchivio, al punto da non consentire una ricostruzione“netta e tersa” delle vicende di cinquant’anni prima:“Fra le poche carte che qui avanzano del periodo tra iprimi di settembre e gli ultimi di ottobre 1860 – veroperiodo generatore dell’unità nazionale e della ridestaprovincia sannitica – non è agevole ricostruire gliavvenimenti in modo terso e abbondante... Mancanoora le testimonianze sicure… Eppure, – annota scon-solato – alla tornata del Consiglio del 18 settembre ‘61risale la indicazione dell’Archivio provinciale”. Manulla è stato fatto. Contro le sue stesse aspettative,Mellusi deve prendere atto che, dalla documentazioneche va raccogliendo per realizzare quelle “feste”,emerge una diversa ricostruzione del risorgimentosannita: la cosiddetta “gloriosa rivoluzione” apparemolto “meno epica o poetica”, affollata, invece, di“avventurieri, giovani impetuosi e adulti calcolatori,

soldati di ieri del papa, orde cheandavan a guerra come a festa”.Conservare solo quelle carte nonaiuta la Provincia a uscire dalsuo secolare e compiaciuto isola-mento, non l’aiuta a maturare ilsenso del nuovo Stato nazionaleper diventarne parte attiva. Percui, contro le entusiastiche attesedel ceto politico che aveva volu-to l’archivio provinciale direttoda Mellusi, “sacerdote dell’idea-le”, la sua ricostruzione dellanascita della provincia deve tra-sformarsi, ora, in un paziente mapreliminare “plebiscito dellememorie”, “il primo presidio di

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Palazzo Paolo V,oggi sede di diver-se attività culturali

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La storia

tutte le memorie”: toccherà alle future generazionitentare una ricostruzione di quelle vicende “netta etersa”, “senza i bollori e le acerbezze” che, invece,dominano nella documentazione raccolta per le cele-brazioni del cinquantenario. Contemporaneamenteanche il mito dell’antico Sannio, una volta sconfittodall’aquila imperiale romana, svanisce, assorbito, ora,dall’avanzare trionfante del littorio fascista. Intantocontinuano i tentativi di istituire a Benevento unArchivio di Stato. Il 3 dicembre 1913 la Deputazioneprovinciale, richiamandosi all’art. 13 del r.d. 2 ottobre1911 che approvava il nuovo Regolamento degliArchivi di Stato, delibera di chiedere al Ministero del-l’interno la trasformazione dell’Archivio storico pro-vinciale in Archivio di Stato. La corrispondenza prose-gue fino al 1915. Vengono predisposti progetti organi-ci e stime di spese, che però il prefetto ancora il 19febbraio 1915 ritiene insufficienti. Eugenio Casanova,soprintendente dell’Archivio di Stato di Napoli, dopoaver preso visione dei locali destinati a ospitarel’Archivio ricorda che è necessario pensare a racco-gliere una gran quantità di documenti del tribunale.Ma il progetto non ha seguito per l’impossibilità – sot-tolineata più volte dal Ministero dell’interno e dal pre-fetto – di confermare alla direzione dell’IstitutoAntonio Mellusi, che non possiede i requisiti previstiper tale incarico, condizione posta, invece, come pre-giudiziale dall’Amministrazione provinciale. Tra il1912 e il 1913, però, il presidente del Tribunale e ilprocuratore del re, nel segnalare la presenza nei loroarchivi di “atti, volumi e registri risalenti al 1537 …mentre non c’è posto per la documentazione piùrecente”, avevano chiesto al ministro guardasigilli,senza ottenerla, l’autorizzazione a trasferire la docu-mentazione nell’Archivio storico provinciale.L’intervento di Casanova evita il trasferimento in altraprovincia delle scritture, che resteranno presso lemagistrature che le hanno prodotte, in attesadell’Archivio di Stato. Antonio Mellusi muore nel 1925e con lui finisce anche la «Rivista storica del Sannio»,fondata nel 1914 proprio per cantare quel mito antico-sannitico. Con la sua scomparsa per l’Archivio storicosi realizza la fase di completa “provincializzazione”.L’incarico di direttore viene affidato ad Alfredo Zazo,

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Valeria Taddeo

che trasformerà l’Istituto prima in Biblioteca Archiviostorico provinciale e, poi, in Museo BibliotecaArchivio storico provinciale. Di formazione giuridico-letteraria, specializzato in paleografia e diplomatica,che insegnò per diversi anni, formatosi alla scuolastorica positivistico-erudita, Zazo avvia subito unaintensa attività di recupero di “patrie memorie” diogni genere e provenienza: reperti archeologici, cime-li di vario tipo, oggetti storico-artistici e, soprattutto,documenti - privati, comunali e statali - di cui inizial-mente dà notizia su «Samnium», la rivista da lui fonda-ta nel 1928. Tra il 1926 e il 1927 si attiva perché siano consegnatiall’Archivio storico provinciale i manoscritti riguar-danti vecchi processi della badia sofiana e inventari dibeni della soppressa casa gesuitica abbandonati nel1860 nel Liceo-ginnasio, manoscritti e pergameneposseduti dall’Orfanatrofio S. Filippo Neri, documen-tazione relativa alle Sottoprefetture conservata nell’uf-ficio di P.S. di Cerreto Sannita, manoscritti e pergame-ne dei monasteri soppressi conservati dall’Ufficio del

Registro. Il 6 febbraio 1928 lepergamene dei monasteri sop-pressi vengono consegnate, atitolo di “deposito provvisorio”,all’Archivio storico provinciale.Negli anni Trenta – grazie ancheal ruolo di commissario prefetti-zio – ottiene dal comune diBenevento l’affidamento indeposito di vari fascicoli di carteantiche (tra le quali vi sonoanche quelle degli uffici periferi-ci pontifici), relative agli anni1600-1860. Tali depositi continueranno finoagli anni settanta, nonostante lamancata istituzione di una sezio-ne separata d’archivio, condizio-ne prevista dalle norme e postacome pregiudiziale dallaSoprintendenza archivistica perla Campania per autorizzare ildeposito dell’archivio del

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Sommario del pri-mo numero dellarivista «Samnium»,I (1928), 1.

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La storia

Comune. Tra gli archivi privati che confluiscononell’Archivio provinciale di particolare interesse sonoquelli della famiglia Mellusi, della famigliaMeomartini, dei fratelli Carlo e Federico Torre. La consultazione di «Samnium», in particolare degliarticoli di Zazo che citano documentazionedell’Archivio storico provinciale, può fornire un’ideadella varietà dei documenti acquisiti, ma anche del-l’interesse prevalente per la loro raccolta, più che peril riordinamento e l’inventariazione: la maggior partedi essi, ancora oggi, non risultano inventariati con cri-teri archivistici.Zazo, divenuto nel frattempo anche sindaco dellacittà, resterà direttore fino alla fine degli anni cinquan-ta, quando sarà sostituito da Mario Rotili, anch’egli,poi, sindaco e docente all’Università Federico II diNapoli. L’Archivio storico provinciale, accorpato allaBiblioteca e al Museo, continuerà a esistere fino al1973, quando il Consiglio provinciale delibererà lascissione del vecchio Istituto in due nuovi organismi:il Museo del Sannio e la Biblioteca provinciale.L’Archivio scompare, anche come denominazione,mentre la documentazione viene aggregata al museo.

La sezione di Archivio di Stato

La pubblicazione della l. 22 dicembre 1939 n. 2006 sulnuovo assetto degli Archivi di Stato fa rinascere l’inte-resse per l’istituzione in Benevento di una sezione diArchivio di Stato, prevista in ogni capoluogo di pro-vincia: tra il 28 marzo e il 6 giugno 1941 il responsabi-le dell’Archivio di Stato di Napoli e l’intendente difinanza di Benevento sono incaricati di studiarne lepossibilità di attuazione. Ancora tra l’ottobre e ilnovembre del 1946 l’Amministrazione provincialedelibera l’istituzione dell’Archivio. Ma i problemi sono gli stessi di cento anni prima: ladisponibilità di locali idonei e l’acquisizione delladocumentazione. Agli inizi degli anni Cinquanta, però, nessun dubbiovi era, per l’Amministrazione archivistica, che tutta ladocumentazione conservata dall’Archivio storico pro-vinciale dovesse comunque confluire nell’istituendaSezione di Archivio di Stato. La dottoressa Donsì, allo-

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ra funzionario della Soprintendenza archivistica per leprovince napoletane, incaricata nel 1951 dell’ispezio-ne all’Archivio del comune di Benevento – la cuiparte più antica era stata depositata, come già detto,nella Biblioteca e Archivio storico Provinciale“Antonio Mellusi”– concludeva la sua relazione sottoli-neando che il passaggio di quell’importante patrimo-nio archivistico alla Sezione di Archivio di Stato neavrebbe consentito una razionale sistemazione, “chevalorizzerà ai fini della storia documenti finora ine-splorati e ignorati” – il riferimento era in particolarealle pergamene – “che non provengono tutte dall’ar-chivio comunale, ma costituiscono il patrimonio mem-branaceo degli istituti vari, civili ed ecclesiastici dellacittà, raggiungendo il numero cospicuo di 8000 circa.Il documento più antico, proveniente dal fondo delMonastero di S. Sofia, è dell’anno 998. La serie è ric-chissima di documenti di ogni genere: diplomi, bolle,brevi, istrumenti, di gran valore storico, paleografico ediplomatico”. Il soprintendente Riccardo Filangieri, asua volta, il 29 gennaio 1951 così relazionavaall’Ufficio centrale Archivi di Stato: “Gli elementi archi-vistici che dovrebbero costituire l’Archivio sono iseguenti: archivi della Prefettura, dell’AmministrazioneProvinciale e della Questura; archivio del Comune diBenevento, molto importante e già in gran parte

aggregato alla BibliotecaProvinciale, archivio notarile,archivi del Tribunale e dellePreture; Catasti, esistenti neilocali di S. Caterina; archivi dialcune opere pie, tra cuil’Orfanatrofio di S. Filippo. La dif-ficoltà maggiore è nei locali, nonessendo sufficienti quelli dell’an-tico monastero di S. Sofia, dovegià si trovano la Biblioteca e ilMuseo provinciale…”. Le diffi-coltà nel rinvenire locali adattipermangono. Una soluzionepossibile sembra l’utilizzo dellaCaserma Sannitica di piazzaDogana, demaniale, rimastavuota per il trasferimento del

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Documentazioneversata dalla Pro-vincia nel 1955,relativa alla istitu-zione dell’Archi-vio di Stato (Am-minis trazioneprovinciale delSannio, b. 1)

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La storia

Distretto militare nella caserma Guidoni. Ma la fermaopposizione del Ministero della difesa a riconsegnarei locali rende impossibile praticare questa strada.Quando, finalmente, con decreto del ministro dell’in-terno del 10 aprile 1954, verrà istituita la Sezionedell’Archivio di Stato di Benevento, questa sarà “ospi-tata” nei locali dell’Archivio notarile distrettuale, inprocinto di trasferirsi in altra sede, lasciando alla neo-nata sezione 15494 protocolli notarili degli anni 1400-1854, quale primo versamento. In essa non confluirà,invece, come sembrava scontato fino agli inizi deglianni cinquanta e come la normativa imponeva,l’Archivio storico provinciale, che continuerà a esiste-re come entità separata, fino alla soppressione, deli-berata nel 1973 dalla Provincia che assegnerà la docu-mentazione al museo. Eppure il 23 novembre 1955l’Ufficio centrale archivi di Stato aveva autorizzato ilprofessore Coniglio, direttore della Sezione diArchivio di Benevento, ad accettare un primo versa-mento di atti dell’Amministrazione provinciale,“anche in vista della definitiva concentrazione, pressocodesto Archivio, della ricca raccolta di pergamene inpossesso della stessa Amministrazione”. Ma al primoversamento di un’unica busta, relativa proprio allaistituzione dell’Archivio, non vi fu alcun seguito.Mentre la città capoluogo conserva, quindi, la suadocumentazione nell’Archivio provinciale, gli archividelle province confinanti cominciano a trasferire allaSezione beneventana gli atti relativi ai comuni entratia far parte della Provincia di Benevento: si susseguo-no, così, i versamenti di atti notarili, demaniali, liste dileva, stato civile, seguiti da quelli degli uffici statalipost unitari, preture, prefettura, distretto militare, uffi-cio provinciale del lavoro, uffici del registro, archivinotarili mandamentali, ufficio tecnico erariale, tribu-nale. In quest’ultimo versamento, però, non vi è alcu-na traccia degli “atti, volumi e registri risalenti al1537”, segnalati dal presidente del Tribunale nel 1912,e solo raramente negli altri si trova documentazioneprecedente all’Unità, o perché dispersa/distrutta, operché già acquisita, con varie modalità e in diversimomenti, dall’Archivio storico provinciale, nell’inten-sa e indistinta raccolta iniziale. I due archivi continua-no a esistere, nella stessa città, senza alcun contatto o

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rapporto e con funzioni specifiche: laSezione, diretta da un archivista,impegnata nella ricerca e inventaria-zione del materiale pubblico e statale,ai fini della fruizione che intanto siattiva; l’archivio provinciale – che èdiventato anche museo e biblioteca -attento alla conservazione più cheall’inventariazione. Molto materiale,purtroppo, è rimasto non inventaria-to, come l’archivio Torre, mentre l’ar-chivio dei Montalto di Fragnito (secc.XVII-XIX), donato dai proprietarinegli anni ottanta, a condizione chese ne redigesse un inventario archivi-stico, è stato poi perso per il mancatorispetto di quella condizione.Nonostante le sollecitazioni dellaSoprintendenza archivistica della

Campania, in particolare negli anni Ottanta-Novanta, allaSezione beneventana, divenuta Archivio di Stato nel1963, non verranno mai inviati – come prevede la legi-slazione archivistica – nemmeno gli inventaridell’Archivio del comune, depositato nell’Archivio pro-vinciale a più riprese. Né alcun effetto sortirà l’azioneintrapresa dalla Direzione generale degli archivi di Stato,che nel 1971 aveva promosso il censimento del materia-le documentario preunitario ancora da versare agli archi-vi istituiti per effetto della legge del 1939, come quello diBenevento. Appare evidente che innanzitutto le perga-mene dei monasteri soppressi, consegnate a titolo di“deposito provvisorio” all’Archivio storico provincialenel 1928, ma anche tutta la documentazione degli ufficiperiferici dello Stato pontificio, arrivata all’Archivio pro-vinciale assieme alle carte del comune, avrebbero dovu-to essere segnalate per il versamento. Negli anni OttantaElio Lodolini, direttore dell’Archivio di Stato di Roma, siinteressa dell’anomala situazione archivistica beneventa-na, auspicando che possa essere sanata con il versamen-to di tutta la documentazione all’Archivio di Stato. Ilquale, animato anche dall’ingresso al lavoro di forze gio-vani, consapevoli della specificità storica del problemaormai secolare, ritiene necessario un ampio confrontoistituzionale a più voci: promuove e realizza, perciò, una

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Locandina delconvegno Bene-vento pontificia:storiografia e fon-ti, 24-25 gennaio1992.

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La storia

riflessione storico-archivistica, con il convegno naziona-le Benevento pontificia: storiografia e fonti, svoltosi nel1992, con la partecipazione di storici come GiuseppeGalasso, Aurelio Musi, Giovanni Muto, archivisti comeElio Lodolini e rappresentanti degli archivi di Stato delleprovince confinanti, e infine amministratori locali comeil sindaco di Benevento e il presidente della provincia.Lodolini sottolinea che in quasi tutte le città già provincepontificie la scelta operata sia stata di conservare ladocumentazione comunale negli archivi di Stato, per ladifficoltà di separarla da quella statale, prodotta dallemagistrature periferiche preunitarie. Da quel convegnoemerse la conferma, purtroppo, dell’equazione: fontidisperse = storiografia negata e l’esigenza di leggere lavicenda storica sannitica, non solo pontificia, nella pro-spettiva storico-politica nazionale italiana.

L’Archivio di Stato oggi

L’analisi storico-archivistica svolta allora rese consapevolel’Archivio della necessità di lavorare soprattutto in duedirezioni: “far parlare” quanto più possibile il patrimonioconservato, promuovendone la conoscenza con moda-lità capaci di raggiungere anche pubblici solitamente lon-tani dagli archivi, per leggere la vicenda sannitica daun’ottica nazionale; recuperare quellodisperso partendo proprio dalla rico-struzione dei percorsi storico-istituzio-nali dei documenti. In tal modo èstato possibile far tornare aBenevento, nel 2008, i 237 volumi eregistri dei monasteri soppressi (XV-XIX secolo) che, nel 1950, eranostati trasferiti all’Archivio di Napoli,dopo che Filangieri li aveva rinvenu-ti, nell’Ufficio del Registro diBenevento, tra il materiale destinatoal macero. Sono gli archivi deimonasteri soppressi le cui pergame-ne, nel 1928, furono affidate in“deposito provvisorio” all’Archiviostorico provinciale. Tali archivi ora,quindi, non sono conservati nellaloro unitarietà nell’Archivio di Stato

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Locandina di unadelle iniziative -mostra e narrazio-ne multimediale -realizzata in occa-sione del 150°dell’Unità.

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di Benevento, ma smembrati traquesto e il Museo del Sannio. Laricostruzione di quei percorsi haconsentito alla Soprintendenzaarchivistica di avviare il recuperodi documentazione statale con-servata nel Museo del Sannio: nel2004 sono stati trasferiti all’Istitutoatti delle sottoprefetture diCerreto Sannita e di SanBartolomeo in Galdo (1850-1870circa), relativi in particolare allaGuardia nazionale e al brigantag-gio. La consultazione di taledocumentazione, schedata e inparte digitalizzata, è risultata fon-damentale in occasione del 150°dell’Unità. Attraverso iniziativeche hanno coinvolto studenti estudiosi, associazioni culturali euniversità, enti locali e provincia -con studi specifici, mostre, con-vegni, narrazioni multimediali,lezioni-concerto – è stato consen-tito l’avvio di una lettura storico-filologica capace di cogliere lacontraddittorietà intrinseca delprocesso risorgimentale provin-ciale, spesso finora ricostruito opresentato in base a prevalentiopzioni politico-ideologiche o“sannitiche”. Grazie a queste ini-ziative è stato possibile rinvenire,alla fine del 2010, non inventaria-

to, conservato quasi anonimo nella Biblioteca provin-ciale, anche l’importante archivio dei fratelli Torre.Importante per due aspetti: per la particolare lettura“nazionale” che i due fratelli, quasi i soli, maturaronodella “questione beneventana” sin dagli anni quaranta;per il ruolo nazionale, ma anche europeo, che essisvolsero in nome della visione statale della Destra. Perl’Archivio, quindi, le “celebrazioni”, gli “anniversari”sono diventati un’occasione per avviare – partendosempre dalle specifiche fonti conservate – una lettura

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Il Ministero delleFinanze autorizzail direttore dell’Ar-chivio di Stato diNapoli a trasferirein quell’Istituto ladocumentazionedei monasteri sop-pressi di Bene-vento. (AS NA, Ar-chivio di Stato,Segretariato anti-co, II serie, b. 6.)

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La storia

“nazionale” della vita storica dellaprovincia, grazie anche a collabora-zioni con università, scuole, associa-zioni ed enti locali. È quanto è statofatto, ad esempio, in occasione delbicentenario del 1799, con uno stu-dio originale della documentazionenotarile; ma anche per il 60° dellaRepubblica con la realizzazione diinterviste a protagonisti di queglianni, per il 50° della morte diBenedetto Croce, o per ricordare l’8marzo con iniziative specifiche sullefonti per la storia delle donne. Con lastessa ottica sono stati affrontati temi emomenti di particolare rilievo per ilSannio: protoindustria, emigrazione,fascismo, secondo dopoguerra, evo-luzione del paesaggio agrario e delcentro urbano tra XVII e XIX secolo, iconografia sacra.Quest’ultima, molto presente negli atti dei notai beneven-tani che erano soliti utilizzare incisioni e acqueforti neiloro protocolli, ha dato occasione, recentemente, di spe-rimentare una nuova modalità di coinvolgimento di“pubblici” normalmente distanti dagli archivi: come èavvenuto con un’associazione di persone con disabilità

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Opuscolo dellalezione/concertorealizzata ad otto-bre 2010 utilizzan-do documenti ine-diti dell’ASBN.

Pubblicazioni edeventi dell’ASBN

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mentale, che hanno realizzato originali riproduzioni sulegno di questa iconografia sacra, utilizzate come stru-menti di promozione della vita e delle attivitàdell’Archivio, oltre che dei diritti delle persone con disa-bilità. Indicazioni esaustive sulle attività didattiche, divul-gative e di promozione dell’Archivio di Stato diBenevento – visite guidate, laboratori di storia, tirociniformativi, mostre, giornate di studio, pubblicazioni –sono disponibili sul sito web: www.archiviodistatobene-vento.beniculturali.it .

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Iconografia sacranei protocolli no-tarili dei secoliXVII-XIX.

Visite guidate egiornate di studio.

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L’Archivio di Stato di Benevento iniziò la sua attività nelpalazzo marchionale della famiglia Pacca, un imponen-te edificio del XVII secolo, costruito a ridosso di unadelle porte di accesso della città, Porta S. Lorenzo.Concepito come un unico grande corpo, del quale oggiresta solo una parte, si estendeva dall’estremità di corsoGaribaldi, oggi corso Dante, lungo via S. Maria delPopolo, attuale via capitano Luca Mazzella, mentre l’al-tro lato era addossato alle mura longobarde. Il palazzo,strutturato su tre piani, è stato abitato dalla nobile fami-glia Pacca per dieci generazioni, fino ai primi anni del‘900, ed ha ospitato personaggi di spicco sia in campoecclesiastico che laico. L’edificio fu seriamente compro-messo dal terremoto che colpì il Sannio e l’Irpinia il 20novembre 1980 che rese inagibile il piano nobile riser-vato agli uffici. Bisognava affrontare l’emergenza ed il

Le sedi

Palazzo marchio-nale Pacca. Fac-ciata precedenteal 1943, in bassofacciata attuale.

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personale fu trasferito al piano terraneo, nei depositiche contenevano il patrimonio documentale, fortunata-mente indenne. Nel 1982 l’Istituto fu trasferito in via deiMulini, in uno stabile di proprietà privata, di anonimaarchitettura civile, non particolarmente adatto a sede diarchivio. Negli anni successivi iniziò la ricerca di unasede più ampia e funzionale che rispondesse il piùpossibile alle esigenze non solo di spazio, necessarioper accogliere nuovi versamenti, ma anche di visibilitàin considerazione della tendenza alla valorizzazionedel patrimonio che si andava sempre più affermando.L’Archivio di Stato di Benevento ha trovato definitivasistemazione nel settembre del 1996 nell’ex Seminarioarcivescovile in via De Vita 3, in pieno centro storico. Ilcomplesso architettonico è il risultato di fusioni edassembramenti di varie costruzioni, il cui nucleo origi-nario fu l’antico priorato canonicale di S. Andrea a pla-tea maiore che comprendeva non solo la chiesa dedi-cata all’apostolo, ma anche il contiguo palatium edalcune botteghe antistanti. La chiesa di S. Andrea, dettaanche “della piazza”, fu eretta tra il 1167 e il 1170 dalcardinale Alberto de Morra, il potente cancelliere dellaChiesa romana e futuro papa Gregorio VIII. Nell’anno1567, come attesta il decreto del primo concilio provin-ciale tenutosi dall’11 al 25 aprile, fu istituito il Seminariodal cardinale Giacomo Savelli (1523-1587), arcivescovo

Pianta della Pon-tificia città di Be-nevento, disegna-tore L. Pizzella,incisore V. Aloja, inStefano Borgia,Memorie istorichedella Pontificiacittà di Beneventodal secolo VIII alXVIII, II, Roma,1764

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Le sedi

di Benevento (1560-1574). In particolare, nella sessionedel 18 aprile, il Savelli ordinava ai vescovi suffraganeidi istituire in tempi brevi il seminario, secondo la formaprescritta nel concilio di Trento, in tutte le diocesi eimponeva una tassa annua del cinque per cento su tuttii benefici ecclesiastici della diocesi, compresa la mensaarcivescovile e capitolare, ad eccezione delle chiesedegli ordini mendicanti, del priorato gerosolimitano diBenevento e di qualche altro collegio. Prevedendo checiò non sarebbe stato possibile in tutte le diocesi, perl’esiguità di detta tassa, aggiungeva che, in ogni caso,alcuni chierici si sarebbero potuti educare nel semina-rio di Benevento oppure in altri seminari già istituiti oancora da istituirsi in alcuna delle diocesi suffraganee.E’ evidente, dunque, che alla data del 18 aprile 1567 ilseminario di Benevento era già istituito. Ottenuto inuso l’antico priorato canonicale, il cardinale unì alseminario un buon numero di benefici semplici, siaurbani che diocesani, che erano già da tempo vacanti odi cui si prevedeva imminente la vacanza. Ma il pala-tium magnum di Sant’Andrea, che pur comprendeva“diversi membri terranei et solariati” mal si adattava asoddisfare le peculiari esigenze di un collegium puero-rum: troppo povero e senza comodità. La radicaleopera di ristrutturazione ed ampliamento dell’edificiofu sostenuta dall’arcivescovo Massimiliano Palombara(1607), nipote e successore del Savelli. Spinto dall’esi-genza di iniziare al più presto i lavori, egli chiese ed

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Ex Seminario arci-vescovile, cortile.Stemmi dei cardi-nali Giacomo Sa-velli (sinistra) eMassimiliano Pa-lombara (destra)

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ottenne la concessione in enfiteu-si perpetua di dieci bottegheadiacenti al palatium ed alla chie-sa di S. Andrea le quali, una voltarestaurate, avrebbero fruttato unbuon introito ed acquisì variealtre rendite. Avviò, quindi, laristrutturazione del palatium chevenne anche ampliato mediantel’inglobamento delle profanatechiese di S. Costanzo e S.Zenone. Il seminario ebbe cosìun refettorio, camere, sale, cuci-na, un’ampia cisterna, magazzinie cantine per una spesa di oltre2000 scudi. Per far fronte ad unacosì ingente spesa l’arcivescovofu obbligato ad accrescere il patri-monio fondiario del seminario,

per cui non solo confermò le annessioni beneficiariedel suo predecessore, ma dovette aggiungere molti altribenefici. Sull’esempio dei predecessori anche l’arcive-scovo Giovan Battista Foppa (1603-1673)perseguì l’o-biettivo di ampliare il patrimonio beneficiario. Nel1653, dopo aver soppresso 24 piccoli conventi, nonesitò ad annettere al seminario le rendite di sette diquei conventi e monasteri con le quali abbellì erestaurò le antiche fabbriche e ne aggiunse dellenuove. I violenti terremoti del 1688 e del 1702 che col-pirono la città di Benevento arrecarono severi dannianche al seminario. Arcivescovo metropolita era il car-dinale Vincenzo Maria Orsini, poi papa Benedetto XIIIdal 1724 al 1730, ma pur sempre presule della chiesabeneventana. Tenace e generoso, affrontò la ristruttura-zione dell’edificio che nel 1706 non era ancora perfe-zionata. L’Archivio di Stato di Benevento, nel fondoFamiglia Pedicini conserva il Broliardo di diverse scrit-ture per esecuzione delle Visite Urbane, un preziosomanoscritto che testimonia l’opera di ristrutturazionecondotta dal cardinale Orsini in seguito al terremotodel 1702. In particolare sono contenute le indagini pre-ventive di molti edifici, tra i quali il seminario partico-larmente danneggiato. In seguito al decreto emanatodopo la visita del prelato nel 1706, il palazzo fu sotto-

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Pedicini, Broliar-do di diverse scrit-ture per esecuzio-ne delle visite ur-bane, n. 6

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posto all’indagine su ciò che era necessario per il suorestauro: occorreva rifare la volta e l’atrio del portoneprincipale, riparare gli archi delle finestre, porte, soglie,finestre, mattonato, scale e passamano, pavimentazio-ne delle cantine, stanze e relativi arredi, pulpito e refet-torio. I successori di Orsini furono tutti altrettanto soler-ti nel mantenere in buono stato il seminario e nell’ac-crescerne le rendite fino alla metà dell’800. Spettò alcardinale Domenico Carafa della Spina di Traiettoaffrontare il periodo dei moti rivoluzionari del 1848 edel 1860, ma, nonostante gli sforzi non fu possibile sal-vare l’istituto che fu chiuso nel 1862 per ordine delnuovo governo e divenne quartiere per i soldati. Solonel 1880 l’edificio fu restituito ai seminaristi, non primadi subire un ennesimo restauro al quale provvide il car-dinale Di Rende (1847-1897), definito il terzo fondatoreper essere riuscito a rimettere in piedi il seminario insoli cinquanta giorni. Dopo un anno, nel 1881, perl’ampliamento dell’attuale corso Garibaldi, già viaMagistrale, la facciata dell’edificio venne abbattuta e,con l’indennità ricevuta dal Comune di 90000 lire, fucostruito un nuovo piano e l’attuale facciata in stileneoclassico. Parte integrante della sede dell’Archivio di

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Biblioteca Pacca,facciata.

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Stato è la Biblioteca Pacca, la prima biblioteca pubblicadella città, ma anche una delle prime in Italia. La fabbri-ca, interamente realizzata a spese dell’arcivescovo cardi-nale Francesco Pacca (1752-1763), venne edificata eresa attiva nel breve arco di tempo che va dal 1753 al1755 in una traversa ortogonale alla via Magistrale conuna testata addossata al Seminario arcivescovile.Artisticamente l’edificio rispecchia, nella prima parte,una solenne austerità cinquecentesca che trascende edesalta, nella seconda parte, in un discorso dettato dallasemantica di sovrapposte terne di monofore di ispira-zione medaglistica, non estranea al rococò. Il comples-so architettonico è articolato su tre piani: nel piano ter-raneo fu sistemata la Tipografia arcivescovile, editrice dinotevoli pubblicazioni, che diede il toponimo alla tra-versa ancor oggi ricordata come via della Stamperia.Asservito all’opificio, per vie interne, era il locale alprimo piano dove lavoravano i compositori, i litografi,gli incisori, i rilegatori ed anche gli spedizionieri. Alsecondo piano si apre l’ampio salone di consultazione estudio al quale si accedeva attraverso un sontuoso por-tale lapideo, attualmente incastonato nella modernastruttura di settorizzazione del cortile di Palazzo arcive-scovile. Nella biblioteca, dalla volta interamente ricoper-ta da una scenica tela a tempera recante ai due estremilo stemma dell’arcivescovo Pacca, fu collocata, con

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i a

Palazzo arcivesco-vile, cortile. Por-tale lapideo dellaBiblioteca Pacca.

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Le sedi

autorizzazione pontificia, la ricca e scelta biblioteca delpresule. Con l’aiuto del dotto canonico Giovanni DeVita, l’arcivescovo Pacca si adoperò durante il breveepiscopato per arricchire ed aggiornare il patrimoniobibliografico, dotando la biblioteca di annue rendite perl’acquisto di nuove opere e per l’onorario del bibliote-cario custode. Non solo, continuò a contribuire a questaimpresa culturale anche dopo la morte con un lascito al

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Biblioteca Pacca,particolari dellatela a tempera chericopre il soffitto

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fratello, marchese Bartolomeo, affinché completasse lacostruzione e continuasse ad incrementare il patrimo-nio. Nell’immediato ultimo dopoguerra, per motivi disicurezza, l’intero materiale librario, gli arredi ed il son-tuoso portale della Biblioteca furono trasferiti alPalazzo arcivescovile. Oggi la storica Biblioteca Pacca,restaurata negli anni ‘70 dello scorso secolo con unfinanziamento della Cassa per il Mezzogiorno, è adibitaa sala conferenze dell’Archivio di Stato ed è a disposi-zione della città per attività culturali di vario tipo.

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Biblioteca Pacca,particolare dellatela a tempera chericopre il soffitto

Biblioteca Pacca,attuale destina-zione d’uso.

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I servizi al pubblico

Sala di studio

Negli archivi di Stato la consultazione della documenta-zione è libera e gratuita. Per favorirla il più possibile dal2000 la sala di studio dell’Archivio di Benevento è apertaininterrottamente sei giorni la settimana con orario ridot-to il sabato. Sono disponibili quindici postazioni di con-sultazione, di cui cinque con prese elettriche per compu-ter portatili. Dopo aver compilato la domanda di ammis-sione, lo studioso può richiedere fino a quattro unitàarchivistiche alla volta, che gli saranno consegnate entroun tempo massimo di quindici minuti. La presa delladocumentazione è continua ed è assicurata l’assistenzadegli archivisti nella ricerca. Non è posto alcun limite alleunità archivistiche che ogni utente può richiedere gior-nalmente. È possibile anche prenotare le unità archivisti-che da consultare inviando un messaggio di posta elet-tronica all’indirizzo [email protected]. Lo studiosopuò consultare tutta la documentazione - ad eccezione diquella di carattere riservato per la quale è necessaria l’au-torizzazione del Ministero dell’interno - e può richiedernela riproduzione secondo le modalità stabilite dal relativoregolamento. Chi utilizza materiale documentariodell’Archivio di Stato ha l’obbligo di citare la fonte e diconsegnare tre copie dell’eventuale pubblicazione o unacopia della tesi di laurea e di dottorato.

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Valeria Taddeo

Biblioteca

Il materiale bibliografico consiste in circa 10000 volumi,anche antichi e di pregio, opuscoli, periodici, cd rom,dvd. Oltre a pubblicazioni di archivistica, paleografia ediplomatica, sono presenti raccolte legislative, operegenerali di consultazione come enciclopedie e repertori,ma soprattutto pubblicazioni di storia e di storia locale.Negli ultimi anni l’incremento del patrimonio bibliografi-co è avvenuto soprattutto grazie ai doni e alle cosiddette“copie d’obbligo”, consegnate dagli studiosi che per leloro ricerche si sono avvalsi della documentazionedell’Archivio. Pur essendo destinata in primo luogo alpersonale interno, la biblioteca dell’Archivio di Stato èaperta alla consultazione da parte degli utenti della sala

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I servizi al pubblico

di studio. È possibile avere in lettura due annate di perio-dici o tre opere monografiche alla volta e accedere diret-tamente alle pubblicazioni collocate in sala, a scaffaleaperto. Del materiale raro e di pregio è possibile avere inlettura un solo pezzo alla volta: per facilitare la consulta-zione e per garantire la conservazione di tali pubblicazio-ni, il Servizio di riproduzione ne sta realizzando la digita-lizzazione, consentendo la consultazione in formato elet-tronico. È possibile riprodurre a proprie spese, per usopersonale e di studio, nel rispetto della normativa vigentesul diritto d’autore, le opere possedute dalla biblioteca,purché lo stato di conservazione lo consenta.

Servizio di riproduzione

Pur non disponendo di attrezzature all’avanguardia nédi personale tecnico specializzato, il Servizio di ripro-duzione istituito presso l’Archivio di Stato di Beneventonon si limita a realizzare le riproduzioni di documentirichieste dagli utenti, ma sta lavorando alla creazione diun consistente numero di “risorse digitali” – pubblica-zioni e documenti – che progressivamente, in collabo-razione con il webmaster, vengono rese disponibilianche sul sito web. Tra le ultime risorse digitali realiz-zate si segnala, in particolare, la riproduzione dei Ruolimatricolari dei caduti sanniti nella Grande Guerra, cor-redata di una banca dati analitica, pubblicata a giugno

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2014 sul sito web (http://www.archiviodistatobeneven-to.beniculturali.it/caduti.asp), in occasione del centena-rio della prima guerra mondiale. L’attività del Servizio èfinalizzata, quindi, a soddisfare le richieste degli utenticon le modalità previste dal regolamento per la ripro-duzione, a realizzare copie di sicurezza della documen-tazione, a fornire un supporto fondamentale alle inizia-tive di promozione e di valorizzazione dell’Archivio.

Ricerche per corrispondenza e ricerche on line

Come tutti gli archivi di Stato, anche quello di Beneventonegli ultimi anni ha visto crescere in maniera quasi espo-nenziale le richieste di ricerca per corrispondenza,soprattutto da parte di emigrati di terza e di quarta gene-razione, i cui avi partirono dall’Italia in cerca di fortuna.Utilizzando internet e la posta elettronica, essi cercanoinformazioni, notizie e documenti per ricostruire la lorostoria personale e familiare, ma anche per ottenere la cit-tadinanza italiana. Motivi personali e amministrativi siintrecciano strettamente in queste richieste, che presenta-no alcune difficoltà perché, spesso, i cognomi hannosubito modifiche considerevoli. A fine Ottocento, infatti,sulle navi che trasportavano emigranti diretti in AmericaLatina, destinati a lavorare nelle grandi “fazendas” i cuiproprietari avevano finanziato il viaggio, accadeva soven-te che i documenti originari venissero distrutti, per rende-re più problematico un eventuale viaggio di ritorno. Allosbarco, pertanto, i nuovi arrivati dovevano dichiarare leproprie generalità a un funzionario del luogo che, non

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conoscendo l’italiano, trascriveva i dati così come liaveva compresi, consegnando loro il nuovo documentoe con esso una nuova identità. Per poter risponderepositivamente a questo tipo di richieste l’Archivio diBenevento ha programmato la realizzazione di banchedati, indicizzando i nomi tratti dagli atti di nascita delloStato civile, dai registri dei Ruoli matricolari e degli Esitidi leva, dalle sentenze penali del Tribunale, dai fascicolidel casellario politico e giudiziario della Questura.Grazie anche a numerosi collaboratori volontari e tiroci-nanti che hanno partecipato al progetto, le banche datirealizzate sono state pubblicate sul sito web dell’Istitutoe, costantemente implementate, consentono oggi dieffettuare ricerche, anche on line, che difficilmenterimangono senza risultato.

Compiti e funzioni

Compito fondamentale di un Archivio di Stato – ufficioperiferico del Ministero dei beni e delle attività culturalie del turismo, presente in ogni capoluogo di provincia -è la conservazione della documentazione statale del ter-ritorio: gli archivi degli stati preunitari, degli uffici peri-ferici dello Stato relativamente agli affari esauriti da oltretrent’anni; gli archivi notarili precedenti agli ultimi centoanni; quelli dei monasteri soppressi e tutti gli altri archi-vi e singoli documenti (anche privati) che siano statidonati o depositati nell’Archivio di Stato. Tale compito,però, non si esaurisce nel garantire la sola conservazio-ne in condizioni microclimatiche adeguate della docu-mentazione; essa infatti, è strettamente collegata allafruizione che, a sua volta, è possibile solo dopo lo stu-dio, il riordinamento, l’inventariazione e la creazione distrumenti di ricerca. Sono questi che permettono agliutenti, anche con l’assistenza degli archivisti, di orientar-si tra i fondi conservati. Altro compito fondamentale è lasorveglianza sugli archivi degli organi periferici delloStato, che si attua attraverso apposite commissioni, isti-tuite presso ogni ufficio statale della provincia. L’attivitàdelle commissioni di sorveglianza è finalizzata a garanti-re la corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito,la conservazione della documentazione che ha un inte-resse storico-archivistico, l’elaborazione delle propostedi scarto e i versamenti all’Archivio di Stato.

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Promozione e divulgazione

Negli ultimi anni è andata sviluppandosi un’attivitàmirata a rendere le memorie documentarie conservatein Archivio familiari ad un pubblico di non addetti ailavori ponendo al centro il bene culturale “documen-to” quale testimonianza di vicende e situazioni stori-che collegate ai vari aspetti della vita della comunità.L’Istituto in quest’ambito ha partecipato a iniziative dicarattere didattico e divulgativo spesso inserite inmanifestazioni promosse dal Ministero per i beni e leattività culturali quali la Settimana della cultura, laFesta europea della musica, la Giornata mondiale del-l’alimentazione, il 150° dell’Unità d’Italia, Carte diNatale. I temi trattati nelle varie iniziative culturali hanno spa-ziato dagli avvenimenti successivi alla seconda guerramondiale come nel caso della mostra “Benevento nelsecondo dopoguerra. Protagonisti e documenti” aidiversi aspetti della storia del territorio: “Sub auspiciisgallicae reipublicae. Il 1799 negli atti dei notai diBenevento” o “Gli affreschi ritrovati. Uno scavoarcheologico in Piazza Sabariani a Benevento”, realiz-zata quest’ultima, in collaborazione con laSoprintendenza per i beni archeologici per le provin-

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I servizi al pubblico

ce di Salerno, Avellino e Beneventoe della Soprintendenza per i beniAPPSAE per le province di Caserta eBenevento.Sono state, inoltre, avviate iniziativecon istituzioni culturali locali quali“Incontri crociani” tenutisi in occa-sione del 50° anniversario della morte di BenedettoCroce con il sostegno della Provincia di Benevento epromossi anche dal Liceo classico P. Giannone, dallaRivista storica del Sannio e dall’Università degli studidel Sannio. In occasione della Festa della donna del 2008 si ètenuta in Archivio la mostra documentaria “Fonti perla storia delle donne: sorvegliate politiche, tra fasci-smo e democrazia” e in contemporanea, pressol’Istituto tecnico commerciale S.Rampone la rassegnamultimediale “La donna nella storia” a cura delle allie-ve dell’Istituto stesso; e a seguire la mostra “Balie.Donne tra lavoro e cura” cui hanno dato il propriocontributo la Provincia di Benevento, l’Universitàdegli studi del Sannio, con il patrocinio della Societyfor the History of Children and Youth Membership. Si sono inoltre tenute numerose giornate di studioquali: “Archivi, territorio e ricerca storica” in occasio-ne della mostra “L’Unità d’Italia vista da San Leucio:Caserta e Terra di Lavoro nel processo di unificazione

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nazionale” e della presentazione dei volumi “Alleorgini di Minerva trionfante”, realizzati con il patroci-nio della Seconda Università degli Studi di Napoli,Facoltà di Studi politici e per l’Alta formazione euro-pea e mediterranea Jean Monnet, apparsi nelle colla-ne editoriali degli Archivi di Stato.

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Pergamene

La raccolta di pergamene dell’Archivio di Stato diBenevento è prevalentemente costituita da esemplaririutilizzati dai notai come coperte dei loro protocolli,distaccati in fase di restauro e conservati separatamente.Si tratta sia di documenti redatti su supporto pergamena-ceo sia di frammenti di codici liturgici. Tra questi ultimimeritano una menzione particolare quelli in beneventa-na libraria, una scrittura che ebbe nella badia di SantaSofia uno dei principali centri di produzione, e quellimusicali. I primi, tutti in minuscola beneventana deisecoli XI-XII - quelli che Loew in The Beneventan Script.A history of the south Italian Minuscule individua comeil terzo periodo della sua evoluzione, il periodo dellamaturità - sono stati citati nell’handlist di Virginia Brown,pubblicata in appendice alla ristampa dell’opera diLoew, e sono stati oggetto di uno studio approfonditoda parte di Jean Mallet e André Thibaut. In particolare si tratta di: - Frammenti biblici (frammenti 1-8 e 32)

Libro di Daniele (3:21-4:32; 7:3-11:36). Quattrobifolii provenienti da due distinti quaternioni dellostesso manoscritto, già coperte dei protocolli deglianni 1589-1599 del notaio Giovanni Antonio Benigno,attivo in Benevento tra il 1552 e il 1600.

I principali fondi archivistici

Pergamene. Fram-menti di codici inbeneventana li-braria, 2v-3r

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Giuseppe Vetrone

Genesi (40:3-41:5). Un foglio isolato, parte dellacoperta del bastardello dell’anno 1600 del notaio GiulioCocchiglia, attivo in Benevento tra il 1560 e il 1604.- Frammenti agiografici (frammenti 9-14, 16-25 e 30)

Lezionario agiografico (17 giugno – 1° settembre).Sei bifolii e cinque fogli isolati provenienti dal mede-simo manoscritto, già coperte dei protocolli degli anni1551-1560 del notaio Girolamo Maiale, attivo inBenevento tra il 1540 e il 1570.- Frammenti patristici (frammento 15)

San Gregorio Magno, Moralia in Iob (XXIV). Unfoglio isolato, parte della coperta del protocollo deglianni 1566-1568 del citato notaio Benigno.- Frammenti omiletici (frammenti 26-29 e 31)

Omeliario (Pentecoste e I e II domenica dopoPentecoste). Tre bifolii, di cui due artificiali formatidall’unione di più foglietti, e un foglio singolo ugual-mente artificiale provenienti da tre distinti quaternionidello stesso manoscritto, già coperte dei protocolli

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Particolare di fram-mento agiografi-co. (Pergamene.Frammenti di co-dici in beneventa-na libraria, 10v)

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I principali fondi archivistici

degli anni 1699-1705 del notaio Giovanni BattistaFasano, attivo in Solopaca tra il 1685 e il 1735.

Omeliario-passionario. Un bifolio, già coperta deiprotocolli degli anni 1553-1556 del notaio CamilloVerro, attivo in Benevento tra il 1530 e il 1568.Nel particolare del frammento 10v riprodotto nellapagina precedente è possibile apprezzare una iniziale(U) decorata con disegni fitomorfi e colorata in verde,rosso e ocra e alcuni esempi delle lettere caratteristi-che della scrittura beneventana: la i inizia con unaspessa losanga inclinata da sinistra a destra, seguita daun’altra losanga con la medesima inclinazione e ilpunto di unione tra le due losanghe crea un trattoobliquo verso sinistra ridotto ad una linea sottile.Questa i è poi tratto costitutivo di altre lettere: la u, lam, la n;la a, tracciata in due tempi, ha la forma di due c acco-state e differisce poco dalla t, dove il tratto superioredella seconda c è orizzontale;la e crestata ricorda la epsilon, con l’occhiello supe-riore chiuso da un trattino orizzontale;la r è costituita da una tratto verticale che scende al disotto del rigo, sormontato in alto e a destra da un brevetrattino ondulato. Sono riconoscibili anche alcune dellelegature tipiche della scrittura beneventana e le abbre-viazioni che nella stessa sono normalmente adoperate. I frammenti di codici liturgici con notazione musicalesono in tutto 42, datati per la maggior parte nella secon-da metà del sec. XV e solo quattro nel XVI secolo, utiliz-zati come coperte dei protocolli dei notai Giovanni dePetruzio e Michele Isotta, entrambi attivi in Faicchio trala fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo.Quanto ai documenti redatti su supporto pergamena-ceo, per la maggior parte si tratta di atti notarili relativialla gestione di beni immobili (vendite, donazioni,concessioni, affranchi, permute, affitti), ma anche allafondazione, conferimento e restituzione di beneficiecclesiastici, a matrimoni e beni dotali, a testamenti ecespiti ereditari, alla vendita di annue entrate, a mutuie riconoscimenti di debito; ancora vi sono ammissionial notariato, concessioni o riconoscimenti di cittadi-nanza, diplomi di dottorato in utroque iure e in filoso-fia e medicina, licenze in farmacia e nell’esercizio del-l’arte aromataria, disposizioni relative alla fiscalità

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Diploma di dotto-rato in filosofia emedicina di Anto-nio Luigi de Brin-disi. Aprile 1661(Pergamene, 50)

Frammenti di co-dici liturgici connotazione musi-cale (Pergamene,Frammenti dicodici liturgicicon notazionemusicale, 365a)

Giuseppe Vetrone

(gabelle, bonatenenza, decime, immunità e privilegivari) e ad attività economiche diverse (vendita digrano, allevamento, commercio di carne, jus carnic-chiorum, jus balcherie, mulini), aggregazioni allanobiltà, tariffari, provvedimenti riguardanti il ricono-scimento di abilità giuridica, l’alloggiamento di truppemilitari, la detenzione abusiva di beni ecclesiastici,insomma un campionario della vita quotidiana delle

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Apposizione deitermini di confi-ne tra Pago e ilfeudo di Terra-loggia (Notai, n.2892)

Pianta della chiesae del convento diS. Maria del Carmi-ne (Notai, n. 4937)

I principali fondi archivistici

persone e delle comunità. Lepergamene documentarie finorainventariate sono 299, copronoun periodo di quasi quattro seco-li, dal 1426 al 1806, e sono pub-blicate sul sito web www.mona-sterium.net.

Notai

L’istituzione dell’archivio notarilein Benevento si può far risalire al1587, anno in cui GoffredoLomellino, commissario generaledella Camera apostolica, detta lenorme per la formazione dell’ar-chivio delle scritture pubblicheredatte dai notai defunti, scritture fino ad allora con-servate presso altri notai o presso gli eredi. I protocol-li dei notai defunti si concentrano così progressiva-mente nell’archivio comunale per poi confluire unita-mente a quelli degli altri comuni provenienti dalleprovince di Principato Ultra, Terra di lavoro,Capitanata e Molise, nell’archivio notarile istituito il 20giugno 1861 e ospitato prima nel collegio dei padriscolopi e poi nel palazzo di proprietà della famiglia

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Pacca. Il versamento degli atti notarili agli archivi diStato, previsto come possibilità dal r.d. 10 settembre1914 e sancito come norma dalla legge 22 dicembre1939 n. 2006, trova applicazione per Benevento solonel 1954, quando viene istituita la Sezione di archi-vio di Stato, che ha la sua prima sede nello stessopalazzo Pacca che ha fino ad allora ospitato l’archi-vio notarile.L’art. 41 del codice dei beni culturali e del paesag-gio, riprendendo i termini fissati dalla legge 17 mag-gio 1952 n. 629, stabilisce l’obbligo per gli archivinotarili di versare agli archivi di Stato gli atti notariliricevuti dai notai che cessarono l’esercizio profes-sionale anteriormente all’ultimo centennio. Oggil’Archivio di Stato di Benevento conserva un com-plesso documentario che va dal 1401 al 1910, perun totale di più di ventimila volumi. Come mezzo dicorredo è disponibile un elenco ordinato cronologi-camente delle schede notarili, corredato da indicionomastico e per piazza. Al fine di potersi orientarein una documentazione di grande ricchezza e com-plessità, che copre cinque secoli di vita cittadina,ma che ha bisogno di punti di accesso da cui inizia-re a navigare attraverso i rimandi che gli atti notarilicontengono, sono stati compilati dei repertori e tra

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Signa tabelliona-tus di una fami-glia di notai bene-ventani

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I principali fondi archivistici

questi un’utilità particolare dimostra la schedatura -integrata dalla riproduzione digitale - dei disegni con-tenuti nei protocolli dei notai beneventani tra XVII eXIX secolo.

Tribunale

Il Tribunale di Benevento è istituito dal regio decreton. 2626 del 6 dicembre 1865, che disciplina l’ordina-mento giudiziario, realizzando per esso la delegadisposta dalla legge del 2 aprile 1865 n. 2215 per l’u-nificazione della legislazione nel regno. La primasede, occupata dal 1° gennaio 1866, è il convento diSan Domenico - da poco acquisito al demanio dopola soppressione dell’ordine dei frati predicatori -, dovegli uffici del tribunale restano fino al 1982, quando sitrasferiscono nel nuovo edificio di via De Caro,lasciando negli scantinati del convento parte del loroarchivio. Solo nel 1987, nell’imminenza dei lavori direstauro dell’antico convento, l’Archivio di Stato hapotuto recuperare quella documentazione, in precariecondizioni di conservazione e comprendente anchecarte della precedente amministrazione pontificia:Assessorato legale (1830-1860), Assessorato civile(1823-1831) e Assessorato criminale (1830-1834).

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Prospetto di palaz-zo Capilongo etratto orientaledelle mura (Notai,n. 12375)

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Questa parte del fondo è in corso di ordinamento,mentre sono consultabili i documenti versati nel 1980,nel 2002 e nel 2007. Il circondario del Tribunale diBenevento si estende anche a sei comuni della pro-vincia di Avellino: Chianche, Montefusco, PetruroIrpino, Pietradefusi, Torrioni e Venticano.

Preture

Lo stesso regio decreto 2626 del 1865 trasforma le giu-dicature di mandamento, previste nell’ordinamentogiudiziario sardo-piemontese, in preture. L’Archivio diStato di Benevento conserva documentazione prodot-ta dalle preture di Airola con la soppressa Pretura diSant’Agata de’ Goti; Benevento; Cerreto Sannita con lasezione staccata di Cusano Mutri; Morcone con lasezione staccata di Pontelandolfo e la soppressaPretura di Santa Croce del Sannio; San Bartolomeo inGaldo con la sezione staccata di Castelfranco inMiscano e la soppressa Pretura di Baselice; SanGiorgio del Sannio; San Giorgio la Molara e Solopaca.Con la legge n. 30 del 1° febbraio 1989 viene costitui-ta la Pretura circondariale di Benevento, di cui le vec-chie preture mandamentali diventano sezioni stacca-te. Il decreto legislativo n. 51 del 19 febbraio 1998,che detta le norme in materia di istituzione del giudi-ce unico di primo grado, all’art. 1 sopprime l'ufficiodel pretore e trasferisce le relative competenze al tri-bunale ordinario. Il Tribunale ordinario di Beneventoha due sezioni staccate: Airola, con i comuni primacostituenti i mandamenti di Airola, Montesarchio eSant’Agata de’ Goti, e Guardia Sanframondi, la cui cir-coscrizione si estende agli ex mandamenti di CerretoSannita, Guardia Sanframondi e Solopaca e al comunedi Paupisi una volta ricadente nel mandamento diVitulano.

Questura

Le questure sono uffici periferici della Polizia di Stato,dipendenti dal Ministero dell’interno: ad esse è affida-to il compito di prevenire e reprimere i reati mante-nendo l’ordine e la pubblica sicurezza nella provinciadi competenza. Dell’attività della Questura di

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I principali fondi archivistici

Benevento, l’Archivio di Stato conserva attualmenteuna testimonianza parziale ed indiretta: quella che èpossibile desumere dai fascicoli del Casellario politicopermanente e del Casellario di polizia giudiziaria. Inparticolare i primi, gestiti dall’Ufficio di gabinetto eclassificati come categoria A8 Persone pericolose perla sicurezza dello Stato, possono risultare di conside-revole interesse per la ricerca storica. Il primo riferi-mento legislativo del Casellario politico è nella leggeLanza per l’unificazione legislativa del 20 marzo 1865n. 2248, il cui allegato B è dedicato alla pubblica sicu-rezza e che all’art. 82 dispone la tenuta di un registroin cui annotare gli individui sottoposti a speciale sor-veglianza. La vigilanza e la schedatura si sviluppanorapidamente durante il primo governo Crispi (1887-1891) con l’introduzione della fotografia, la cataloga-zione, il metodo antropometrico, la cartella biografica,

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Taccuino con l’an-notazione degliepisodi di violenzaverificatisi in occa-sione delle elezio-ni politiche del1919 e del 1921(Questura, Casel-lario politico, b.25, fasc. 692).

Cartolina speditadal deputato Vitto-rino Villani il 18luglio 1951 da Ba-latonföl-dvár inUngheria (Que-stura, Casellariopolitico, b. 70, fasc.1727)

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fino alla completa strutturazione del servizio con lacreazione, durante il secondo governo Crispi (1893-1896), del Casellario politico centrale, istituito con lacircolare ministeriale n. 5343 del 1° giugno 1896.L’attività di sorveglianza appare inizialmente diretta atenere sotto controllo gli anarchici e quanti sono rite-nuti potenzialmente sovversivi per essere aderenti aipartiti repubblicano o socialista o anche semplice-mente per essere oziosi e vagabondi. Durante il regi-me fascista il numero dei sorvegliati aumenta notevol-mente e si estende a quanti sono considerati generica-mente antifascisti o sospetti in linea politica e a quantiappartengono a minoranze etniche o religiose - inprovincia di Benevento i testimoni di Geova -, accusa-ti di svolgere attività antinazionale. Nel dopoguerravengono sorvegliati quanti si sono maggiormentecompromessi con il passato regime e i collaborazioni-sti, ma presto l’attenzione si concentra di nuovo suisocialcomunisti.

Distretto militare di Benevento

Il Distretto militare, in quanto articolazione perifericadell’esercito, provvede alle operazioni di reclutamen-to attraverso il servizio militare obbligatorio di leva,che, introdotto nel 1854, viene progressivamente este-so a tutto il territorio italiano tra il 1860 e il 1862, con-

fermato dalla legge n. 2532 del1875, recepito nella Costituzionerepubblicana all’art. 52 e infinesospeso con legge 23 agosto2004 n. 226, per la quale l’ultimaclasse chiamata alla leva obbliga-toria è quella dei nati nel 1985.Ai distretti è anche affidato il ser-vizio matricolare, rivolto alladocumentazione ufficiale di tuttii servizi resi da ciascun militareallo Stato. I documenti base della“matricola” sono: il ruolo matri-colare e il foglio matricolare,documento di ufficio il primo,individuale il secondo. L’art. 23del d.p.r. 30 settembre 1963 n.

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Sede del Distrettomilitare di Bene-vento

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I principali fondi archivistici

1409, nel regolare il versamento agli archivi di Statodei documenti relativi agli affari esauriti, prevede chele liste di leva e di estrazione siano versate 70 annidopo l’anno di nascita della classe a cui si riferiscono.Per analogia questa previsione viene estesa alla rima-nente documentazione militare e nel 1965 i Ministeridell’interno e della difesa raggiungono un’intesa percui «gli archivi di Stato accetteranno, qualora non loabbiano già fatto, i versamenti dei ruoli matricolari inquestione fino all’anno 1895 e per l’avvenire accette-ranno periodicamente il versamento dei ruoli deglianni successivi». Il Distretto militare di Benevento èistituito dal regio decreto del 13 novembre 1870 n.6026, che stabilisce una nuova circoscrizione militareterritoriale del regno articolata in 45 distretti. La sededi Benevento, inserita nella Divisione territoriale mili-tare di Napoli, è inizialmente competente anche per laprovincia di Avellino, che successivamente passa aldistretto di Salerno. Tra il 1927, anno in cui è soppres-sa la provincia di Terra di lavoro, e il 1945, quandocon decreto legislativo luogotenenziale n. 373 è isti-tuita la nuova provincia di Caserta, il territorio dellaprovincia di Benevento si estende anche a sedicicomuni del circondario di Piedimonte di Alife, per iquali il Distretto militare di Benevento risulta compe-tente per le operazioni di reclutamento e matricolarelativamente alle classi 1885-1905. Nel 1969 ilDistretto militare di Benevento è soppresso ed il suoterritorio è aggregato a quello del Distretto di Caserta,che ne custodisce anche la documentazione e cheprovvede periodicamente a versare i registri per iquali è scaduto il termine dei 70 anni. Gli esiti di levaconservati presso l’Archivio di Stato di Beneventosono costituiti per le classi dal 1870 al 1890 prevalen-temente - fa eccezione il circondario di San

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Registrazione dellecampagne e delleazioni di merito(Ruoli matrico-lari, n. 68, matr.23038 – partico-lare)

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Bartolomeo in Galdo - da liste di estrazione, per quellesuccessive da liste di leva: le liste di leva sono redatte daicomuni e comprendono, in ordine alfabetico, tutta lapopolazione di sesso maschile che per età deve assog-gettarsi alla visita di leva; sulla base di esse sono compi-late a livello di mandamento le liste di estrazione, in cuile generalità dei coscritti sono riportate nell’ordine stabi-lito dal numero che essi stessi estraggono, il medesimoordine con cui le loro posizioni sono verificate dalConsiglio di leva e in base al quale è formato il contin-gente e sono determinati gli eventuali esuberi. La forma-zione delle liste di estrazione continua fino alla classedel 1890, poi viene abbandonata. Le notizie riportatenelle liste di estrazione e di leva - generalità del coscritto,caratteri somatici e antropometrici, professione, livello dialfabetizzazione - sono ripetute nei registri dei ruolimatricolari, in un apposito riquadro sulla sinistra delcorpo centrale, dove sono invece annotate le informa-zioni relative all’arruolamento, ai servizi, alle promozionie alle variazioni matricolari; altri riquadri sono utilizzatiper evidenziare i cambiamenti di domicilio, la concessio-ne dei nulla osta per il passaporto, le campagne di guer-ra. Oggi l’Archivio di Stato di Benevento conserva gliEsiti di leva per le classi dal 1870 al 1934, i Ruoli matrico-lari per le classi dal 1874 al 1931 e le Liste dei renitentiper alcune classi tra il 1885 e il 1923. Per i Ruoli matrico-lari è possibile consultare un indice informatizzato sulsito istituzionale http://www.archiviodi statobeneven-to.beniculturali.it, dove sono stati anche resi disponibilil’indice e la riproduzione digitale dei ruoli relativi aicaduti nella prima guerra mondiale originari della pro-vincia di Benevento. L’Archivio di Stato di Beneventonon conserva la documentazione relativa agli ufficiali eai coscritti della leva marittima: per i primi bisogna rivol-gersi al Centro documentale di Caserta, per i secondi allaCapitaneria di porto o all’Archivio di Stato competentiper territorio.

Stato civile

I registri di Stato civile, introdotti nel periodo francesenei comuni già appartenenti al regno di Napoli con ilreal decreto del 29 ottobre 1808 e regolati dal libro Ititolo 2 del codice napoleonico, vengono redatti in

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I principali fondi archivistici

duplice esemplare: uno resta al comune e l’altro vienetrasmesso insieme con i documenti allegati al procura-tore della Repubblica (del Regno fino al 1946) per ildeposito presso la cancelleria del tribunale. Per il perio-do preunitario i tribunali competenti a ricevere laseconda copia dei registri di stato civile dei comuni oggiinclusi nella provincia di Benevento erano quelli diAvellino, Caserta, Campobasso e Foggia, i quali a suotempo provvidero a versarla agli archivi di Stato deglistessi capoluoghi, che la trasferirono alla Sezione diarchivio di Stato di Benevento quando questa fu istituitanel 1954. Questa scelta non fu condivisa dal soloArchivio di Stato di Foggia e per questo motivo i registrirelativi ai comuni di Castelfranco in Miscano, Ginestradegli Schiavoni, Montefalcone Valfortore e SanBartolomeo in Galdo sono ancora conservati presso laSezione di archivio di Stato di Lucera. Solo sul finire del-l’anno 2012 si è riusciti a collocare sugli scaffali i registridello stato civile postunitario, recuperati nel 1987 nell’an-tica sede del Tribunale di Benevento, già convento di SanDomenico, nell’atto in cui iniziavano i lavori di riparazio-ne dei danni subiti dall’edificio per il sisma del 1980. Sista ora procedendo al riordinamento e alla schedaturadella documentazione, della quale una parte consistentenecessiterebbe di un intervento di restauro.Lo stato civilepostunitario comprende anche registri di comuni delleprovince di Campobasso (Cercemaggiore) e Avellino(Chianche, Montefusco, Petruro Irpino, Pietradefusi,Torrioni, Venticano), che sono o sono stati compresi nellacompetenza territoriale del Tribunale di Benevento. è incorso di compilazione un indice informatizzato dei natitra il 1809 e il 1860, consultabile sul sito web istituzionalehttp://www.archiviodistatobenevento.beniculturali.it.

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Disegno eseguitosulla coperta inpergamena delregistro dellenascite del comu-ne di Campolat-taro per l’anno1809 (Stato civile,n. 272)

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Catasti

L’Archivio di Stato di Benevento conserva i due catastiimpiantati nei primi decenni del secolo XIX, il Catastoprovvisorio e il Catasto gregoriano, una parte delCatasto urbano e il Nuovo catasto terreni.

Catasto provvisorio

Si tratta di un catasto solo descrittivo, privo di mappe,definito provvisorio nel decreto per la sua formazioneemanato da Gioacchino Murat il 9 ottobre 1809 – manegli anni chiamato anche napoleonico, murattiano,napoletano, vecchio catasto terreni –, mai pervenutoad una completa attuazione. Si riferisce ai comuni unavolta parte del regno di Napoli. All’impianto è insiemeurbano e rustico per poi differenziarsi, dopo il 1870,con lo stralcio del catasto urbano. L’impianto dei cata-sti provvisori termina in epoche diverse da comune acomune: il primo ad essere completato, nel 1811, èquello di Santa Maria Maggiore di Vitulano; anche ladata in cui si cessa di mantenerli al corrente varia indipendenza di quando inizia la conservazione del

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Pianta topograficadel territorio diCampolattaro ese-guita dall’agrimen-sore Federigo Bo-logna (Catastoprovvisorio, n. 187- particolare)

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Nuovo catasto terreni: il 1° gennaio 1938 per il distret-to di Airola, il 1° febbraio 1940 per il distretto diCerreto Sannita, il 1° gennaio 1943 per il distretto diMorcone e per i comuni della parte occidentale deldistretto di Benevento e il 1° agosto 1951 per gli altricomuni del distretto di Benevento e per il distretto diSan Bartolomeo in Galdo. Il fondo, del quale è statoredatto recentemente un inventario sommario, dispo-ne di tre chiavi di accesso interne alla stessa docu-mentazione: gli stati di sezione, in cui sono descrittetutte le proprietà del territorio comunale iniziando dalevante; i primi registri del Catasto provvisorio, neiquali i possessori al momento dell’impianto sonoriportati in ordine alfabetico; le matricole dei posses-sori: compilate tra il 1922 e il 1941, vengono aggiorna-te fino all’attivazione del Nuovo catasto terreni.

Catasto gregoriano

È il catasto geometrico particellare voluto da Pio VII(1816) e ultimato sotto Gregorio XVI (1835) e perciòdetto pio-gregoriano o solo gregoriano. Si riferisce alterritorio della Delegazione pontificia di Benevento,che oltre alla città capoluogo comprende solo i casali

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Sezione XI SanPietro, f. V, partico-lare (Catasto gre-goriano. Mappe)

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di San Leucio e Sant’Angelo a Cupolo. All’impiantonasce già distinto in rustico e urbano, ma l’Archivio diStato di Benevento conserva solo il primo: oltre allemappe, i catastini, i brogliardi dell’estimo dei fondirustici, i registri delle variazioni e le matricole dei pos-sessori. La Delegazione di Benevento, nonostante ledifficoltà connesse alle questioni di confine con ilregno di Napoli, è tra i primi territori dello Stato ponti-ficio ad ultimare l’impianto del catasto: i brogliardirisultano infatti chiusi nel 1825. La conservazione delcatasto rustico cessa il 31 dicembre 1942.

Catasto urbano

Nei territori della delegazione pontificia – Benevento,San Leucio e Sant’Angelo a Cupolo – il catasto urbanoha una gestione autonoma rispetto a quello rustico sindall’impianto del 1825. Per i comuni della provinciagià appartenenti al regno di Napoli, invece, esso è for-mato dopo il 1870 per stralcio dei beni urbani dalCatasto provvisorio. Oggi l’Archivio di Stato diBenevento custodisce la documentazione relativa aldistretto di Cerreto Sannita – versata dall’Ufficiodistrettuale delle imposte dirette il 18 marzo 1989 – eal distretto di San Bartolomeo in Galdo – versatadall’Agenzia delle entrate il 17 maggio 2011. Laresponsabilità della conservazione dei registri relativiai comuni appartenenti al distretto di Benevento e aisoppressi distretti di Airola e di Morcone è inveceancora dell’Agenzia delle entrate di Benevento.

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Cerreto Sannita1901, f. 1, partico-lare (Catasto Ur-bano, Mappe)

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Nuovo catasto terreni

Quella conservata dall’Archivio di Stato di Benevento èla seconda copia, versata dagli Uffici distrettuali delleimposte dirette della provincia. L’impianto, come giàdetto a proposito della cessazione del Catasto provviso-rio, varia secondo i distretti tra il 1938 e il 1951. Il fondoè stato riordinato solo di recente e ne è in corso laredazione dell’inventario, ma la consultazione ècomunque agevole in virtù delle chiavi di accessointerne alla documentazione: per quasi tutti i comuniesiste un prontuario che assicura la relazione tra inumeri di particella e le partite dei possessori e le dittesono registrate in ordine alfabetico sia nei registri parti-tari d’impianto che nelle matricole dei possessori.

Commissario per la liquidazione degli usi civiciin Napoli

Atti demaniali è la denominazione tradizionalmenteattribuita – specie in Italia meridionale - ad un com-

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Foglianise: piantadella quota dei bo-schi di Santo Ste-fano e Monte-dra-go spettante al de-manio reale, 1819(Atti demaniali, b.102, fasc. 1)

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plesso archivistico costituito dalla documentazioneprodotta o raccolta dai commissari regionali istituiticon legge n. 1766 del 16 giugno 1927 al fine di prov-vedere con funzioni amministrative e giudiziarie all’at-tuazione di quanto disposto dalla stessa legge «perl’accertamento e la liquidazione generale degli usicivici e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godi-mento delle terre spettanti agli abitanti di un comune,o di una frazione di un comune, e per la sistemazionedelle terre provenienti dalla liquidazione suddetta edelle altre possedute da comuni, università ed altre

associazioni agrarie, comunquedenominate, soggette all’eserci-zio di usi civici».La legge ha dunque una doppiafinalità: da una parte accertaregli usi demaniali e civici insisten-ti sui terreni privati e liquidarlimediante affrancazione, liberan-do così i proprietari da un vinco-lo che si ritiene di ostacolo allosviluppo di una moderna agri-coltura; dall’altra definire l’esten-sione dei demani comunali e fra-zionali, risolvere le contese diconfine tra i comuni limitrofi,rivendicare i territori usurpati daiprivati e infine confermare lademanialità delle terre a vocazio-

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Pannarano: piantadel demanio uni-versale Montagna -1810 (Atti dema-niali, b. 164, fasc.6).

Torrecuso: plani-metria del fondodemaniale allaPorta San Nicola -1879 (Atti dema-niali, b. 251, fasc.6).

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ne silvo-pastorale e ripartire e concedere in enfiteusi iterreni suscettibili di essere destinati ad un’agricolturaredditizia. La ricchezza del fondo - che si manifesta adesempio in alcune piante antiche di grande interesse -deriva dalla necessità che tanto i comuni quanto i pri-vati hanno di addurre prove documentali per sostene-re le proprie ragioni. La fonte principale di questetestimonianze è costituita dalla documentazione for-matasi ad opera dei commissari ripartitori, incaricati -a seguito delle leggi eversive della feudalità promul-gate tra il 1806 e il 1808 da Giuseppe Bonaparte - dicurare le istruttorie per la ripartizione dei territori feu-dali e lo scioglimento delle promiscuità esistenti fra leuniversità e gli ex feudatari. Accanto alle relazioni deiperiti istruttori, nominati dal commissario, troviamocosì i questionari compilati dalle amministrazionilocali su richiesta degli agenti demaniali napoleonici,che insieme forniscono non semplicemente un’analisidella struttura della proprietà e dei cambiamenti chein essa si determinano, ma un esame articolato dellarealtà dei singoli comuni, della loro storia feudale,delle dinamiche demografiche, delle condizioni eco-nomiche e sociali come si evolvono in un arco tempo-rale di più di un secolo. Il Commissario per la liquida-zione degli usi civici in Napoli ha versato all’Archiviodi Stato di Benevento tra il 1955 e il 1968 i faldoni

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Foiano: pianta diun terreno in con-trada Panella -1853 (Atti dema-niali, b. 104, fasc.2).

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relativi ai comuni della provincia, ma, presumibilmen-te a causa del ritardo con cui è stato istituito questoarchivio, una parte della documentazione è stata ver-sata all’Archivio di Stato di Avellino.

Corporazioni religiose soppresse

Gli ordini e le corporazioni religiose subiscono piùvolte un provvedimento di soppressione nel corso delXIX secolo. Limitandoci alle vicende del capoluogo,

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Scioglimento dipromiscuità tra icomuni di Solo-paca e Vitulano(Atti demaniali, b.240, fasc. 9).

Stemma del cardi-nale Orsini, ripro-dotto sul risguardoanteriore dei volu-mi di cui il cardi-nale arcivescovovista l’indice (Cor-porazioni religio-se soppresse).

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già il 2 maggio del 1799 Carlo Popp, che sostituisceAndrea Valiante quale commissario organizzatore nel-l’amministrazione francese della città di Benevento,ordina la soppressione dei conventi, ma l’efficaciadella disposizione è limitata dal fatto di essere stataemanata solo un mese prima dell’ingresso in città deimiliti del cardinale Ruffo e della fine dell’esperienzarivoluzionaria.La soppressione si ripropone sette annidopo, con il decreto del 17 agosto 1806, uno dei primiatti del Principato di Talleyrand, che dispone la chiu-sura di diciannove tra ordini e conventi: il monasterodi S. Sofia dei canonici regolari del Salvatore; i padrimissionari del Ss. Redentore; il collegio dei Crociferi;il collegio dei chierici regolari delle scuole pie; il col-legio di S. Modesto dei canonici regolari di S.Giovanni in Laterano; gli agostiniani; i domenicani; ilconvento dei padri di S. Teresa; i celestini; i conven-tuali di S. Francesco; il convento dei padri delCarmine; il convento dei servi di Maria; il convento di

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Inventari dellachiesa arcipretalee collegio di S.Salvatore dellaterra di Morcone,1710 (Corpora-zioni religiosesoppresse, n. 45)

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S. Giovanni di Dio; il convento dei minori osservanti;il convento dei padri cappuccini; i conventuali di S.Antonio; il convento delle benedettine di S. Pietro; ilconvento delle benedettine di S. Vittorino; il conventodelle orsoline. Gli archivi - oggetto nei primi decennidel secolo XVIII di un’attenta opera di riordinamentoe ricondizionamento voluta dall’arcivescovo Orsini -vengono concentrati nell’archivio ducale, posto nelcollegio di S. Filippo Neri, per tornare poi ai singolienti una volta ripristinato il dominio papale, quandola Segreteria di Stato, con dispaccio del 10 aprile 1816,comunica al delegato apostolico che «… la santità dinostro signore, sentito il parere della Sacra congrega-zione della riforma, aderendo alle istanze di codestocardinale arcivescovo, ha benignamente acconsentitoche tutti i locali e beni invenduti delle corporazionireligiose di codesta città e diocesi siano posti a dispo-sizione di detto eminentissimo arcivescovo, il quale èincaricato di ripristinare varii monasteri e conventi ederogare il rimanente dei fondi in altri usi pii a normadi un piano esibito ed approvato». Analoghe vicendesubiscono le corporazioni religiose nei comuni appar-tenenti al regno di Napoli, quando il 7 agosto 1809, a

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Pianta di una vignain località RipaVasciana (Corpo-razioni religiosesoppresse, Ordinedei frati predica-tori, vol. 60, c. 13 -particolare).

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conclusione di una serie di provvedimenti emanati daGiuseppe Bonaparte, Gioacchino Murat dispone lasoppressione di tutti gli ordini possidenti. Il 17 feb-braio 1861 Eugenio di Savoia, luogotenente del re,estende alle province napoletane la legge sabauda del29 maggio 1855 n. 878 (legge Rattazzi), che aboliscetutti gli ordini religiosi privi di utilità sociale, ovveroche «non attendessero alla predicazione, all’educazio-ne, o all’assistenza degli infermi», e ne espropria iconventi. Nel 1866, con la legge n. 3036 del 7 luglio,si nega il riconoscimento a tutti gli ordini, le corpora-zioni, e le congregazioni religiose regolari, ai conser-vatori ed ai ritiri che comportino vita in comune edabbiano carattere ecclesiastico. La legge n. 3848 del15 agosto 1867, infine, sopprime tutti gli enti secolariritenuti superflui dallo Stato per la vita religiosa delPaese: restano esclusi seminari, cattedrali, parrocchie,canonicati, fabbricerie e ordinariati. I beni degli entisoppressi sono incamerati dal demanio statale, gli edi-fici conventuali sono trasformati in caserme, carceri etribunali, gli archivi sono affidati alla custodiadell’Ufficio del registro di Benevento: potremmo direun affidamento incauto, dal momento che laSovrintendenza dell’Archivio di Stato di Napoli nel1950 rinviene le carte dei monasteri soppressi dellaprovincia di Benevento nel materiale destinato almacero e ne ottiene il versamento al proprio istituto.Dopo più di cinquant’anni questi documenti sonostati acquisiti dall’Archivio di Stato di Benevento, e

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Ultimo atto deltrasferimento al-l’Archivio di Sta-to di Beneventodella documenta-zione delle Cor-porazioni religio-se soppresse

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aggiunti ai pochi volumi a suo tempo versati dall’Ufficiotecnico erariale e, con non poche resistenze, dagli Ufficidel registro di Airola e di Cerreto Sannita. Una partecospicua degli archivi delle corporazioni religiose sop-presse, prevalentemente su supporto pergamenaceo, èancora impropriamente custodita dal Museo del Sannio,ma sulla dispersione della documentazione statale si rin-via a quanto illustrato in altra parte di questa guida. Ilfondo è stato trasferito da Napoli con il corredo di unelenco dei volumi. è in corso la redazione dell’inventarioe la completa digitalizzazione.

Monte di credito su pegno di Cusano Mutri

Monte di credito su pegno è la denominazione checon la legge n. 745 del 10 maggio 1938 assumono imonti di pietà. Nati nella seconda metà del XV secoloper combattere la miseria e l’usura, i monti di pietà sidiffondono rapidamente nonostante l’acceso dibattitoall’interno della Chiesa sulla liceità di chiedere uninteresse sia pur minimo sui prestiti. La questione èdiscussa nel concilio lateranense del 1515 e risolta afavore della liceità con la bolla “Inter multiplices” cheLeone X emana nello stesso anno. Il Monte di pietà diCusano Mutri nasce dunque in epoca relativamentetarda, nel 1797, alla fine di quel secolo XVIII che ha

visto l’affermazione di questi isti-tuti anche nel resto d’Europa. Inverità è del 27 marzo 1789 lostrumento di donazione e fonda-zione con cui, per mano delnotaio Antonio Cassella, il cusa-nese Pietro Paolo Russo istituisceil Monte di pietà sotto il titolo diSant’Andrea apostolo e ne dettale regole statutarie, ma trascorro-no poi anni per l’iter burocratico,che inizia con il regio assenso eculmina nell’elezione avvenutain pubblico parlamento il 23ottobre 1796 dei governatori edegli officiali del Monte, immessinel possesso dei loro impieghi il1° gennaio 1997 con una cerimo-

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Libro dei pegni dipanno, lino, seta elana con interesse,1797 (Monte dicredito su pegnodi Cusano Mutri,n. 113)

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nia svoltasi dinanzi all’altare di Sant’Andrea apostolosito nella chiesa parrocchiale di San Pietro in Cusano.Dopo una fase di autogoverno che dura fino a tutto ilXVIII secolo, i monti di pietà vengono assoggettati auna legislazione speciale che li considera tra le operepie e gli istituti pubblici di assistenza e beneficenza.Successivamente, con la legge 169/1898, prendono lafigura di istituti misti di beneficienza e di credito.Questa legge accenna già a una distinzione introdottapoi pienamente dal r.d.l. 1396/1923 tra monti di 1^categoria, sottoposti alla normativa delle casse dirisparmio, e di 2^ categoria, sottoposti alla disciplinadegli istituti di beneficenza. Di questo legame con glialtri istituti di assistenza e beneficenza, da un certopunto in poi gestiti unitariamente dallaCongregazione di carità poi sostituita dall’ECA, restaampia traccia nella documentazione che è pervenutaai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 1409 del 1963 all’Archiviodi Stato di Benevento nel 1969, all’atto della liquida-zione del Monte.

Archivi privati

Pedicini

L’importanza della famiglia Pedicini nelle vicende sto-riche e nel tessuto socioeconomi-co di Benevento nel XVIII secoloè legata alle cariche ricoperte daalcuni suoi rappresentanti nel-l’amministrazione ecclesiasticadella città. In particolare va ricor-dato l’abate Imperiale Pedicini,canonico e tesoriere della Chiesametropolitana, che è “prefettodeputato dal cardinale Orsinisopra le fabbriche di più chiesedella città di Benevento” dopo iterremoti del 1688 e del 1702; lastessa carica di canonico e teso-riere della Chiesa metropolitanaè in seguito ricoperta da Carlo,figlio di Domizio, che appareessere colui che raccoglie e rior-

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Insegna della fa-miglia Pedicini(Pedicini, n. 13)

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10 c. del

porta

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dina l’archivio di famiglia. L’ultima discendente sposaun Ungaro di Cerreto Sannita ed è da questa famigliache il libraio Fiorentino di Napoli rileva l’intera biblio-teca, in cui rinviene l’archivio Pedicini, acquistato poidal Ministero dell’interno tra il 1965 (n. 16 unità) e il1966 (n. 5 unità) per il prezzo complessivo di£.110.000. Accanto ai volumi che raccolgono la docu-mentazione relativa alla gestione dei beni della fami-glia Pedicini - in particolare del feudo di Locossano edi quelli ricadenti nel territorio dei comuni diCastelpoto, Torrecuso e Vitulano: Chiurrica, Pollaro,Maurella, Palmenta e Campoalfano - e delle famiglieColle ed Ungaro ad essa collegate, un particolare inte-resse rivestono le testimonianze dell’attività svolta daiPedicini nel seno della Chiesa beneventana: ilBroliardo di diverse scritture per le esecuzioni dellevisite urbane e il carteggio sul Monte delle fabbricheecclesiastiche, entrambi relativi alla ricostruzionedopo i terremoti del 1688 e del 1702, la Platea delmonastero di San Vittorino e la raccolta di Attestati diautenticità di sacre particole.Non appare invece chiaro il rapporto con i Pedicini di

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Giardino del palaz-zo Pedicini a portaSan Lorenzo (Pedi-cini, n. 10, c. 29)

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I principali fondi archivistici

altri documenti, quali il volume relativo alla famigliadei marchesi Pepe di Nusco o l’altro in cui è rilegatacorrispondenza dell’amministrazione comunale diEboli e che testimonia gli eventi più significativi delsecolo XIX: dal decennio napoleonico alle turbolenzedel periodo della restaurazione, ai moti carbonari del1820-1821, alla prima guerra d’indipendenza, finoall'arrivo delle milizie garibaldine e alla successivalotta contro il brigantaggio. Nella fase del restauro,che ha riguardato l’intero fondo, sono state sciolte lepergamene che originariamente erano legate a costi-tuire i primi due volumi e che oggi - regestate einventariate – sono consultabili in riproduzione digita-le sul sito www.monasterium.net.

Bartoli

L’archivio privato della famiglia Bartoli, investita nellapersona di Gennaro Bartoli del ducato di Castelpotocon privilegio di Carlo VI dato in Vienna il 15 ottobre1718, è stato donato da Maria Teresa Bartoli il 3 otto-bre 2005 e consegnato dalla Soprintendenza archivi-stica per la Campania all’Archivio di Stato diBenevento il 24 ottobre 2006. Oltre alla documenta-zione cartacea e pergamenacea, custodita in 2 bb. e 6voll., contiene 1 punzone in metallo e 1 sigillo inlegno e metallo, entrambi con lo stemma di famiglia,e 2 teche metalliche con sigilli in cera.

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Teca metallica consigillo in cera rossadi Carlo VI. (Bar-toli, n. 12)

Punzone metallicodi Gennaro Barto-li, duca di Castel-poto. (Bartoli, n.10)

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Sulla storia e i fondi dell’Archivio

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Bibliografia

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Sul seminario arcivescovile attuale sede:

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