N.3 Newsletter Gennaio 2011

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Numero 3 Numero 3 Gennaio 2011 Gennaio 2011 LE FALSITA’ SUL LE FALSITA’ SUL NUCLEARE NUCLEARE GESTIONE DELL’ACQUA: GESTIONE DELL’ACQUA: UNA SFIDA GLOBALE. UNA SFIDA GLOBALE. NEWS NEWS LIBERAMBIENTE LIBERAMBIENTE DIECI MITI DA SFATARE DIECI MITI DA SFATARE

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Newsletter di Liberambiente

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Numero 3Numero 3 Gennaio 2011Gennaio 2011

LE FALSITA’ SUL LE FALSITA’ SUL NUCLEARENUCLEARE

GESTIONE DELL’ACQUA: GESTIONE DELL’ACQUA: UNA SFIDA GLOBALE.UNA SFIDA GLOBALE.

NEWS NEWS LIBERAMBIENTELIBERAMBIENTE

DIECI MITI DA SFATAREDIECI MITI DA SFATARE

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Pagina 2 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 3 — Gennaio 2011

Che cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTE

“LIBER’AMBIENTE” è un’asso-ciazione politico/culturale/ambientale che nasce per interpretare e dare voce a tutti quei moderati che sono interessati ad affermare, nel Paese, una nuova ecologia umanista, una nuova cultura ambientale che guardi all’Uomo con più ottimismo. Un Uomo che non è maledizione ma benedizione del pianeta, un Uomo che è ricchezza e non impoveri-mento del mondo. Un Uomo che ha l’esaltante mis-sione di rendere compatibile lo sviluppo economico e il progresso umano con l’ambiente, la natura, gli animali, la vita su questa terra. La globalizzazione dei processi economici, sociali, culturali, religiosi, etici e politici ci pone tutti di fronte a nuove sfide e difficoltà e, come ogni cambia-mento, ci offre dei rischi ma anche delle opportunità. Nel settore ambientale si può razionalmente intrave-dere la possibilità di un concreto governo dell’am-biente che sappia dare risposte efficienti al degrado ecologico di importanti aree del nostro pianeta; ri-sposte efficienti a fenomeni come la desertificazione, l’effetto serra, la scarsità delle risorse idriche che coinvolgono tutta l’umanità. Noi siamo pronti ad accettare questa sfida lottando contro le culture ca-tastrofiste e nichiliste che sono alla base dell’ideolo-gia ambientalista dominante che ha teso a privilegia-re o gli aspetti contemplativi e conservativi dell’Uo-mo sull’ambiente o a ricercare un’egemonia politica dei problemi, indirizzando la questione ambientale in un solco di protesta prima anti-capitalista e poi sem-plicemente anti-sistema. In antitesi ad una cultura di sostanziale conservazio-ne, di negazione di ogni ragionamento attorno allo sviluppo dell’ambiente e del vero rapporto tra Uomo e Natura, noi di Liber’ambiente, siamo per una cul-tura di sviluppo dell’ambiente in un continuo con-fronto tra esigenze della Natura ed esigenze dell’Uo-mo. Siamo per porre i problemi ma anche per limi-

tarli e risolverli. L’associazione Liber’ambiente ha come scopo prioritario quello di riunire tutte le real-tà associative e tutti quelli che nella società civile, a diverso titolo, si sono impegnati e s’impegnano per una più avanzata cultura ambientale, avvalendoci della collaborazione di un importante Comitato Scientifico che sarà il vero valore dell’iniziativa che si adopererà per fronteggiare la cultura ambientale dominante. Siamo contro i catastrofismi a buon mercato e la nostra attenzione è rivolta a tutti gli studi dei feno-meni naturali e artificiali, prodotti dalle attività u-mane. Siamo per non trasformare le tendenze verificabili, in destini fatali. Siamo per non attribuire, ai pareri di tutti quelli che studiano o parlano di ecologia e ambiente, la patente di scientificità obiettiva, perché la scienza è studio e confronto continuo e non dogma a piacimento. Nel concreto vogliamo approfondire tutti i temi oggi posti dal rapporto Uomo-Ambiente per cercare di trovare sempre la migliore soluzione per la vita di questa terra. Questa impostazione del rapporto Uomo-Ambiente sarà sempre più fattore di sviluppo delle nostre civil-tà: sarà fonte di nuove attività umane, tese alla ri-cerca del benessere dell’umanità intera, sarà stru-mento di comprensione dei limiti dello sviluppo e del suo controllo affinché esso sia sempre al servizio dell’Uomo e non viceversa. “LIBER’AMBIENTE” sarà un laboratorio di propo-ste e di dibattito tra le varie esperienze. Si occuperà di formazione sui temi ambientali più scottanti per uniformare i comportamenti degli amministratori del centro-destra sul territorio. Le sfide e gli interrogativi in campo ambientale ri-chiedono un ampio e approfondito dibattito al quale intendiamo dare il nostro contributo con impegno e con la forza delle idee.

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Newsletter n.3 Gennaio 2011 SOMMARIOSOMMARIOSOMMARIO

Presidente Liberambiente Presidente Liberambiente

Roberto TortoliRoberto Tortoli

Direttore Responsabile Direttore Responsabile

Antonio GaspariAntonio Gaspari

Vice Direttore Responsabile Vice Direttore Responsabile

Giorgio StracquadanioGiorgio Stracquadanio

Marcello InghilesiMarcello Inghilesi

Direttore Editoriale Direttore Editoriale

Fracassi FernandoFracassi Fernando

Segreteria di RedazioneSegreteria di Redazione

Stefania ZoppoStefania Zoppo

Hanno collaboratoHanno collaborato

Roberto TortoliRoberto Tortoli

Lucio UbertiniLucio Ubertini

Carlo CerofoliniCarlo Cerofolini

Francesco RuoppoloFrancesco Ruoppolo

DIECI MITI DA SFATARE di Roberto Tortoli 4

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GESTIONE DELL’ACQUA UNA SFIDA GLOBALE di Lucio Ubertini 6

LE FALSITA’ SUL NUCLEARE di Carlo Cerofolini 8

LIBERAMBIENTE NEWS Notizie Ambientali da tutto il Mondo 12

www.liberambiente.com

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Pagina 4 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 3 — Gennaio 2011

DIECI DIECI DIECI MITIMITIMITI DADADA SFATARESFATARESFATARE di Roberto Tortoli

Crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori nel pubblicare stralci di un articolo apparso in un recente numero di MAX dedicato sotto varie forme e con an-cor più vari contenuti all’ambiente e alla green eco-nomy spesso non tanto green. Ogni volta che, con gli occhi lucidi di commozione e appanna-ti di ambientalismo, ti lavi i denti chiudendo velocemente e dili-gentemente il rubinetto, ogni volta che scegli mele biologiche, lampadine a basso consumo, prodotti ecocompatibili e per questo ti senti in pace col mon-do, dovresti ricordare che la stra-da per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. “Se vuoi sen-tirti veramente in pace col mon-do non dare niente per scontato” – è il consiglio della giornalista di Max, Erika Riggi che mette in successione 10 falsi miti da sfatare per chi, come te, vuole essere attento alla sostenibilità ambientale. 1) VOGLIO ANDARE A VI-VERE IN CAMPAGNA: lo hai fatto ma, naturalmente, seguiti a lavorare in città. In quanto pendolare sei una piaga ambientale. E all’im-patto dei gas di scarico della tua auto che gira di più si aggiunge quello del tosaerba indispensabile per il tuo splendido giardino. 2) ABITO IN CITTA’ MA NON USO LA MAC-CHINA: sei tornato a vivere in città, rinunci alla macchina e prendi la metro. Sorpresona: i livelli di PM10 nel mezzanino della fermata di Loreto a Mila-no sono anche 10 volte superiori a quelli registrati in mezzo al traffico in superficie: il cittadino eco respon-sabile respira più smog del guidatore di Suv. 3) ACCENDO IL CAMINETTO: bruci legna e ti senti naturalista? Errore. Il mezzo è poco efficiente (più dell’ 80% dell’energia se ne va per il camino) e molto inquinante, cento volte più di un motore diesel. Nel dubbio ripieghi sul termosifone ma tieni la tem-peratura a 15° e ti metti un bel maglione di cotone biologico proveniente dall’Honduras : sai quanta CO2 ha prodotto l’aereo che l’ha portato qui? 4) MI LAVO (la coscienza) CON IL GREENWA-SHING: ogni tanto vai a un concerto, quelli il cui impatto viene neutralizzato piantando alberi all’altro

capo del Pianeta, in modo che assorbano il carbonio che tu (da questo capo del pianeta) hai emesso. Si chiama greenwashing. Chi ti assicura che quegli albe-ri non muoiano il mese dopo: non sarebbe né la prima

volta né l’ultima volta magari per colpa della siccità. Già: tutta colpa del surriscalda-mento globale. 5) SONO UN NO-OGM: Ben detto! Se non fosse che l’agricoltura rappresenta più del 14% delle emissioni di gas a livello mondiale. E le bio-tecnologie sono l’unica solu-zione trovata fin qui dalla scienza per ottenere più rac-colto coltivando meno. Natu-ralmente, escludendo la possi-bilità di tenere a digiuno quanti (6 miliardi di abitanti del pianeta) non hanno acces-so ai prodotti biologici. 6) SONO QUELLO CHE MANGIO: tu che puoi ti pre-pari una bella macedonia (bio). E’ buona solo se papa-ya, ananas e mango sono stati

prodotti a meno di 20 km dal tuo desco e non solo per l’ impatto dei mezzi di trasporto. Si dà il caso che da quando la passione per il bio è diventata di massa, le aziende che lo producono fanno affari in Cina e in America Latina dove la mano d’opera costa meno e le regole sono aggirabili. In più le piantagioni si sono così espanse che a farne le spese sono state le foreste (vedi il Paraguay). 7) SONO UNA TESTA DI LEGNO E NON MI ARRENDO: bevi un bicchiere d’acqua (del rubinet-to) e te lo sorseggi soddisfatto al tavolo tutto realizza-to in fibre ecocompatibili: ormai lo sanno tutti che bisognerebbe rinunciare al legno. Senti che dice Pa-trick Moore cofondatore ed ex attivista di Greepeace: “gli alberi non sono fatti per crescere per secoli e mo-rire in una sperduta foresta senza che nessuno se ne curi; piuttosto è meglio farne un bel comò, un tavolo, una sedia !” “Un albero inquina più di un auto” dis-se, infelicemente, RONALD REAGAN. Vero è che se una quercia nel corso della sua vita assorbe 1.500 libbre di CO2, a un certo punto (55 anni circa) rallen-ta la sua crescita e tra decomposizione e incendi rila-scia più anidride carbonica di quanta ne riesca ad as-sorbire,

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8) DI LUCE ME NE INTENDO: la scelta è facile: lampadine a risparmio energetico. Da spengere ogni volta che esci dalla stanza. Errore! Tenerle sempre accese è meglio che accenderle e spengerle. Resta poi un dubbio: contengono mercurio proprio come i ter-mometri appena proibiti! Certamente sono garantite più a lungo delle comuni lampadine ma prima o poi andranno smaltite come rifiuto pericoloso. Sei pronto al ritorno alle candele? 9) L’AMORE NON TI SALVERA’: accendi un lumino e ti infili sotto le coperte. Il sesso è naturale, sicuro che fa bene. Naturalmente fatto a luci spente. Naturalmente non a scopo procreativo: la sovrappo-polazione è una catastrofe di per sé, senza che ti ci metti anche tu! Attenzione però, il contraccettivo di lattice non è biodegradabile. Guardati anche dalla pil-lola: come dice qualche tuo amico, gli ormoni che seminerai nel pianeta potrebbero fare impallidire le generazioni future. Meglio sincronizzare il ciclo della tua lei col ciclo della luna. 10) BIODEGRADABILE FINO ALL’OSSO: scon-solato rimani solo (e come dare torto alla tua partner). Ti concedi una sigaretta: sai di inquinare 20 volte più di un auto? Prima di tentare il suicidio assicurati di essere biodegradabile. L’ultima frontiera dell’ambien-talismo è la dolce (per il pianeta) morte. Unguenti, bare e lapidi finiscono per contaminare i terreni e in-crementare le emissioni di gas serra. Soluzioni alter-native , presentate alla recente London Green Funeral Exhibition, sono le bare biodegradabili fatte di carto-ne e le urne di bambù. Meglio ancora farsi seppellire direttamente nel terreno. Se non fosse che decompo-nendosi i cadaveri penetrano nelle falde acquifere ed è per questo che nella contea di Macon-bibb, in Geor-gia, i funerali ecologici sono stati proibiti. Resta il consiglio finale: VIVI E LASCIA VIVERE !

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auto ecologica

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GESTIONE DELL’ACQUA: UNA SFIDA GLOBALEGESTIONE DELL’ACQUA: UNA SFIDA GLOBALEGESTIONE DELL’ACQUA: UNA SFIDA GLOBALE di Lucio Ubertini Professore Ordinario di Costruzioni Idrauliche, Marittime ed Idrologia Sapienza, Università di Roma - Presidente del Comitato Italiano del Programma Idrologico Internazionale (IHP) dell’UNESCO

L’acqua è sempre più considerata e trattata a livello geopolitico alla stregua di una “risorsa” naturale, seb-bene la più abbondante tra le risorse scarse. Si parla ormai dell’acqua come l’Oro Blu del XXI secolo. Secondo l’UNESCO siamo dinanzi a una e vera e propria crisi di carattere gestionale di questo prezioso bene di proporzioni planetarie che potrebbe causare addirittura l’insorgere di conflitti tra i Popoli per il controllo delle risorse idriche. Le domande di conoscenza che la Comunità Scientifica Internazionale si pone nei confronti delle problematiche relative all’acqua, sono, somma-riamente finalizzate a migliorare la capacità di comprensione delle cause naturali ed antropiche degli impatti sociali, economici e poli-tici della “scarsità” dell’acqua, da intendersi in senso generale po-tendo essa manifestarsi sia nello spazio, sia nel tempo, nonché nei suoi requisiti qualitativi, dei siste-mi idraulici. A livello globale esi-stono diversi temi, tutti estrema-mente rilevanti, sebbene interessino in modo disomo-geneo il pianeta, da affrontare: 1) l’approvvigionamento idropotabile e la gestione

delle infrastrutture idrauliche dalla captazione alla depurazione;

2) l’approvvigionamento idrico nell’agricoltura e delle relative opere idrauliche;

3) gli impatti dei presunti cambiamenti climatici sul ciclo delle acque, e delle conseguenti strategie di adattamento e di mitigazione da adottarsi nei confronti degli eventi estremi (siccità e alluvio-ni);

4) lo stretto rapporto tra approvvigionamento ener-getico e acqua;

5) i potenziali conflitti tra Stati sovrani a causa della gestione delle acque dei grandi bacini idrografici transfrontalieri;

6) la bonifica ambientale dei corpi idrici superficiali e sotterranei compromessi da sfruttamenti indu-striali massicci.

Nel nostro Paese le questioni più importanti risiedo-no, oltre che nella gestione del cosiddetto servizio idrico integrato con il dibattito sempre più all’ordine del giorno circa il ruolo dello Stato e dei privati, an-che e, soprattutto, nelle, ormai insostenibili, carenze infrastrutturali delle opere di adduzione e di distribu

zione idropotabile, nella gestione degli invasi, sia grandi sia piccoli, per far fronte alle diverse esigenze (laminazione delle piene, uso idroelettrico, uso irri-guo e idropotabile), alle misure di mitigazione degli eventi estremi e delle misure di salvaguardia ambien-tale del territorio. Di grande importanza scientifica, al riguardo, sono da considerarsi i presunti cambiamenti climatici di tipo globale che condurrebbero la Terra

verso gli scenari più catastrofi-ci, qualora fossero suffragati dall’evidenza sperimentale. Comunque, almeno nel nostro Paese, pur in mancanza di studi sufficientemente approfonditi al riguardo, sembra che il livello complessivo delle precipitazio-ni negli ultimi anni non è so-stanzialmente mutato. Tuttavia, negli ultimi decenni, la frequenza dei periodi siccito-si e la riduzione dei volumi di precipitazione rispetto alla me-dia si sono ripetuti con preoccu-pante frequenza. Anche eventi meteorici particolarmente gra-

vosi, con punte addirittura superiori ai 100 mm/h si sono manifestati in ogni stagione e in diverse aree del Paese. Considerata, inoltre, la particolare natura geomorfo-logica del nostro territorio, le inondazioni si accom-pagnano quasi sempre ad un’intensa attività erosiva e franosa. Questa caratteristica dei fenomeni legati al dissesto idrogeologico nel nostro Paese, tipici anche di altre aree dell’ambiente mediterraneo, conduce ad un ap-proccio tecnologico e gestionale profondamente di-verso da quello applicato in occasione delle piene dei grandi fiumi europei, dovendosi prestare maggiore cura alla manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio e dei corsi d’acqua. La disponibilità natura-le di acqua, in termini di regimi di deflusso nel tempo e nello spazio, la consistenza degli acquiferi sotterra-nei, i livelli di qualità, come pure le pressioni antropi-che sul sistema delle risorse (i prelievi, gli scarichi, le alterazioni morfologiche degli alvei fluviali), indivi-duano la “materia prima” di cui il Paese dispone. La trasformazione di questa “materia prima” in un “servizio idrico”, ossia nell’assicurare la disponibilità per il soddisfacimento di un determinato uso, è affi-data ad un gestore che agisce per mezzo di opere strutturali e non strutturali.

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Gestione dell’acqua: una sfida globale

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Questo, tecnicamente, è possibi-le, una volta che siano stabilite risorse finanziarie adeguate sia da parte dello Stato sia da parte dei pri-vati. Cosa ben più ardua è formare nella coscienza del nostro Popolo una nuova cultura dell’acqua: la disponibilità di acqua è quasi sempre percepita come qualcosa di naturale, come una parte integrante del “paesaggio”, un diritto di cui ciascuno dovrebbe go-dere a prescindere da tutto. La negazione di questi diritti (la sospensione del servizio, l’inquinamento dei fiumi, le inondazioni e le frane) è più spesso sen-tita come una colpa da addossare all’Amministrazio-ne Pubblica o a singoli “inquinatori”, piuttosto che come un segnale di un modello di utilizzo delle risor-se idriche e del suolo insostenibile da parte della so-cietà. Ancora più debole è la percezione della relazione esistente fra uso e inquinamento di acqua, fra dissesto idrogeologico e politiche di pianificazione territoriali coerenti con la vulnerabilità dei nostri ambienti. L’at-teggiamento più tipico in questi casi è quello del re-clamare l’intervento dello Stato, per realizzare le ope-re, per difendere gli insediamenti, ma difficilmente quello di assumersi le proprie responsabilità. Dal punto di vista scientifico, l’Italia è sicuramente all’avanguardia nella comprensione e nella risoluzio-ne dei problemi connessi alla gestione dell’acqua. Naturalmente, una più incisiva azione di coordina-mento come, peraltro, le esperienze di altri Paesi a-vanzati possono testimoniare, contribuirebbe sia a migliorare il livello di partecipazione alle ricerche ed ai progetti realizzati anche in cooperazione con i Pae-si in via di sviluppo, e sia a promuovere le azioni di divulgazione dei principali risultati conseguiti. Solo con il tempo e la consapevolezza del reale valo-re dell’acqua, può formarsi una nuova cultura dell’-acqua sia individuale che collettiva, indispensabile per affrontare al meglio nel prossimo futuro la gestio-ne globale dell’acqua.

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LE FALSITA’ SUL NUCLEARELE FALSITA’ SUL NUCLEARELE FALSITA’ SUL NUCLEARE di Carlo Cerofolini (ragionpolitica.it)

Spesso quando si assiste a convegni o si leggono libri sull'energia, ci si rende conto che, più o meno direttamente, l'obbiettivo finale che hanno è quello di demonizzare il nucleare a prescindere e di magni-ficare le fonti rinnovabili e soprattutto il fotovoltaico (Fv). Questo però non prima di aver preso a demoli-re il sistema di sviluppo legato al libero mercato che viene accusato sia di creare disastri immani al nostro Pianeta, sia di essere responsabile della crisi econo-mica attuale, guerre e fame nel mondo compre-se. Crisi economica che comunque, spesso, viene considerata come benve-nuta, perché finalmente permette di smascherare la menzogna legata ad un consumismo senza limiti, non più sostenibile e che irrimediabilmente ci por-terà alla rovina, e quindi così potremo ravvederci (sic). Dopo di che si entra nello specifico dell'argo-mento e si fanno una se-rie di affermazioni (temerarie) di questo tipo: 1. I referendum del 1987 hanno sancito che gli ita-liani non vogliono l'energia nucleare. 2. Le riserve di combustibile nucleare sono scarse e quindi il nucleare avrà vita breve. 3. Le scorie nucleari sono un grave problema irri-solto. 4. Dopo l'incidente di Chernobyl del 1986 si è ca-pito che il nucleare non è sicuro. 5. L'Italia non possiede le competenze per il ritorno al nucleare. 6. La costruzione delle centrali nucleari nel mondo è pressoché bloccata. 7. Produrre energia dal nucleare non è conveniente ed il futuro è nel fotovoltaico. Il bello è che tutte queste roboanti affermazioni non rispondono a verità nella maniera più assoluta, infatti nell'ordine: 1. I referendum del 1987 hanno detto no al nucle-are in Italia - Falso! Gli italiani approvarono nel 1987 solo questi tre pun-ti: • Abrogazione dei contributi di compensazione agli enti locali per la presenza sul proprio territorio di centrali nucleari o a carbone.

• Abrogazione dell'intervento statale se il Comune non concede un sito per la costruzione di una centra-le nucleare. • Esclusione della possibilità per Enel di parteci-pare alla costruzione di centrali nucleari all'estero. Dunque, all'atto pratico, con le tre domande si chie-deva di cancellare solo alcune disposizioni di legge concepite per rendere più facili e rapidi gli insedia-menti energetici e nient'altro e quindi non esiste al-

cun impedimento per il ritorno al nucleare. Il fatto poi che in Italia si sia rinunciato al nuclea-re nel 1987 - per di più fermando e poi decom-missionando due centra-li perfettamente funzio-nanti (Caorso da 860 MWe e Trino Vercellese da 260 MWe) e demo-lendone un'altra comple-tata per l'80% (Montalto di Castro da 980 MWe) - fu solo una sciagurata decisione politica, non

certamente dovuta ai referendum sul nucleare, che niente aveva a vedere con gli interessi nazionali (anzi), perché quest'uscita ci è finora globalmente costata presumibilmente circa 150 miliardi. A propo-sito della centrale nucleare di Caorso (PC) Giuseppe Recchi, Presidente e a.d. di General Electric (Ge) Sud Europa, in un'intervista, rilasciata a Luca Iezzi su La Repubblica del 21/04/10, ha affermato che l'impianto di Caorso potrebbe essere rimesso in fun-zione in tempi abbastanza brevi, entro il 2014, con metà spesa (2 miliardi) e metà tempo (2 anni) rispet-to a quanto previsto e programmato in Italia riguardo alle future centrali nucleari. Questo però solo se ver-rà interrotto il decommissionamento in atto di Caor-so - che, oltre tutto, costerà altri 500 milioni di euro nelle future bollette - in modo da poter operare sulle strutture esistenti, visto che i lavori di decommissio-namento compiuti finora non hanno pregiudicato la possibilità di un ammodernamento della centrale, che potrebbe garantire circa 900 MWe. Inoltre, da studi fatti, risulta che da un punto di vista tecnico la rimessa in funzione di Caorso è ancora fattibile, con-siderato che attualmente esistono 40 reattori nel mondo dello stesso modello Ge, ancora operanti e che detta centrale - che fu completata nel 1978 e fu chiusa definitivamente nel 1990, dopo aver funzio-nato solo dal 1981 al 1986 - è la più giovane rispetto

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Le falsità sul nucleare

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alla quasi totalità delle centrali attive attualmente ne-gli Stati Uniti. Infine nel rimettere in funzione Caorso - impianto di seconda generazione - si possono appli-care senza problemi le tecnologie più avanzate di sicurezza, ecc., tipiche della terza generazione avan-zata, così come è stato e viene fatto in molti altri pae-si (cfr. Google: riattivare Caorso). 2. Scarsità di combustibile nucleare - Falso! Fra combustibile fissile (Uranio = U-235) e fertile (U-238 e Torio = Th-232) che colpito, con opportune tecnologie, da neutroni diventa fissile (Plutonio = Pu-239 e U-233) le riserve stimate bastano per almeno i prossimi 10.000 anni. Se poi consideriamo che l'Ura-nio può già ora essere recuperato dall'acqua di mare - a costi sostenibili (circa 300-600 $Usa a Kg) con re-sine a scambio ionico - che ne contiene 0,003 ppm per un totale di 4 miliardi di tonnellate, e che viene (ri)portato con continuità negli oceani dall'erosione delle coste e dall'apporto dei fiumi, ben si capisce come il combustibile nucleare può essere considerato inesauribile e quindi l'energia nucleare in definitiva è una fonte rinnovabile a tutti gli effetti. 3. Le scorie nucleari sono un problema irrisolto - Falso! In alternativa ai validi e sicuri sistemi di trattamento e confinamento, attualmente usati per le scorie nucle-ari, va detto che queste consistono per il 95% di ura-nio (U-238 elemento fertile naturale di partenza, scar-samente radioattivo) e per l'1% da plutonio altamente radioattivo e «longevo», ed entrambi, se opportuna-mente riciclati, sono perfettamente utilizzabili come combustibile e così ottenere pure energia in reattori a ciclo chiuso. Il restante 4% è la componente energeti-camente inutilizzabile: ma il 3,5% contiene nuclidi che o sono stabili o dimezzano la loro attività ogni 24 ore, mentre lo 0,4% contiene nuclidi che dimezzano la propria attività in meno di 10 anni. Alla fine, del combustibile spento rimane meno dello 0,1% (principalmente Stronzio = Sr-90 e Cesio = Cs-137), che dimezza la propria attività in circa 30 anni. In definitiva, riciclando uranio e plutonio, queste scorie non riutilizzabili devono essere controllate per soli 100-200 anni - senza problemi - e non centinaia di migliaia di anni. Oppure le scorie nucleari - che han-no alta radioattività e lunghissimi tempi di decadi-mento - possono essere eliminate quasi totalmente concentrandole in barre da introdurre in una macchi-na costruita appositamente allo scopo che produce un flusso di protoni ad alta energia (progetto Rubbia), in modo da venire trasformate in scorie che hanno tempi

di decadimento di solo qualche centinaio di anni. I-noltre se l'energia elettrica che ognuno di noi consu-ma fosse tutta da fonte nucleare, le scorie già vetrifi-cate annualmente prodotte dal singolo occuperebbe-ro un volume molto modesto, pari cioè a quello di una lattina di birra. Infine va detto che il nucleare si prende cura dei suoi rifiuti più e meglio di come nes-suna altra attività umana fa ed in modo assolutamente rispettoso dell'ambiente. 4. Dopo l'incidente di Chernobyl si è capito che il nucleare non è sicuro - Falso! Per quanto riguarda il grave incidente avvenuto nel-l'ex Urss nel 1986 alla centrale nucleare di Cher-nobyl, va detto che questo non è figlio dell'energia nucleare, ma è figlio legittimo del comunismo. Que-sto disastro è, infatti, potuto accadere sia per la com-pleta mancanza della cultura della sicurezza e dell'in-dividuo - che non c'era e non c'è nei paesi comunisti - sia per l'assenza di un decente livello di organizzazio-ne dell'impresa e delle attività industriali, che anzi era caratterizzato da un'impressionante sciatteria e da un disimpegno personale collettivo. E comunque nessu-na di queste pericolose e obsolete centrali RBMK - che producono pure Plutonio per usi militari, che hanno il moderatore a grafite, che si può incendiare, come per altro è avvenuto a Chernobyl, che non han-no doppie pareti di contenimento dell'intera struttura, necessarie per impedire fughe radioattive verso l'e-sterno, ecc. - è in funzione nel mondo occidentale, tant'è che un incidente simile mai e poi mai da noi sarebbe potuto capitare. Inoltre, considerato che ora siamo già alla terza generazione avanzata di centrali nucleari, molto più sicure di quelle già sicure che avevamo in funzione in Italia oltre 20 fa, nessun peri-colo degno di nota può derivare da questa tecnologia. A proposito della sicurezza ed incidenti legati all'e-nergia, va detto che dal 1989 al 2005 - considerando solo i 50 incidenti più gravi nel mondo - i morti sono stati 12.000, mentre i decessi per il nucleare civile, in oltre 50 anni di attività, sono stati inferiori a 65 e quasi tutti proprio a causa dell'incidente di Cher-nobyl. Questo a dimostrazione che la fonte nucleare è in assoluto il sistema più sicuro conosciuto che c'è per produrre energia elettrica. 5. In Italia mancano le competenze per il ritorno al nucleare - Falso! Non è vero che le competenze siano andate disperse: le competenze ci sono tuttora perché i nostri tecnici nucleari (oltre 1.500) impediti di farlo in Italia hanno continuato a lavorare all'estero, negli Usa, con il pre-

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Le falsità sul nucleare

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stigioso Centro di Ricerca delle principali Società elettriche statunitensi, l'Epri di Palo Alto in Califor-nia, in Francia, in Romania dove l'Ansaldo ha parte-cipato con l'Aeci canadese alla costruzione della cen-trale nucleare di Chernavoda e la Sogin per il riavvio della centrale armena di Medzamor. Inoltre vi sono sia Università e Politecnici (Roma, Milano, Pisa, To-rino, ecc.) che laureano ingegneri nucleari di ottimo livello sia la Sogin - che gestisce gli impianti nucleari italiani dimessi ed il ciclo delle scorie radioattive - con tutti i suoi tecnici del settore. Infine le industrie italiane sono impegnate per migliorare la sicurezza delle centrali nucleari dell'Europa dell'Est e per met-tere in sicurezza l'arsenale nucleare dell'ex Urss. Per quanto poi riguarda Enel, va detto che con 11 reattori in servizio in Spagna e Slovacchia, per Enel il nucle-are non è certo una novità. Enel è anzi uno dei mag-giori operatori europei del settore, con circa 5.500 MW in esercizio e 7.600 MW in sviluppo, con com-petenze in tutte le principali tecnologie. In particola-re: In Spagna, attraverso la controllata Endesa, gestisce sei reattori del tipo ad acqua in pressione (PWR) e uno del tipo ad acqua bollente (BWR) per un totale di circa 3.600 MW. In Slovacchia, attraverso la controllata Slovenské Elektrárne, gestisce 4 unità di tipo VVER (la moder-na versione ad acqua in pressione di progettazione russa), per un totale di quasi 1.900 MW. Sempre in Slovacchia sta realizzando due nuovi reattori presso la centrale di Mochovce. In Francia partecipa alla realizzazione della centrale EPR da 1.600 MW a Flamanville e ancora in Francia parteciperà alla realizzazione del secondo EPR fran-cese, prevista a partire dal 2012 sul sito di Penly. Tut-te di terza generazione avanzata. In Romania partecipa al progetto per il raddoppio della centrale di Cernavoda. In Russia, è impegnata con la società di Stato Rosa-tom allo sviluppo congiunto di nuove centrali. In pochi anni quindi Enel ha saputo ricostruire all'e-stero la cultura e l'esperienza nucleare di cui l'Italia è stata a lungo antesignana e colpevolmente bloccata in questa tecnologia da già menzionate decisioni politi-che del 1987. Tant'è che oggi sono più di 3.800 gli specialisti di Enel impegnati nell'esercizio quotidiano di centrali nucleari, oltre a 150 ingegneri specializzati nella progettazione e realizzazione dei nuovi impian-ti. E così anche lo scambio di competenze e know-how tecnologico è assicurato grazie alla presenza nel-

le attività di ingegneria e sui vari siti di numerosi tec-nici del settore (cfr. Google: enel attività nucleare, ecc.). 6. La costruzione delle centrali nucleari nel mondo è pressoché bloccata - Falso! Non è vero che non si stanno costruendo centrali nu-cleari, oltre le due europee (Francia e Finlandia), in-fatti ben 56 sono in costruzione nel mondo e 134 so-no in fase di progettazione. Anche in Svizzera si è deciso di costruire altre due centrali nucleari, in ag-giunta alle cinque esistenti, per arrivare ad averne una ogni milione di abitanti, in modo da raggiungere una sufficiente indipendenza energetica. Il fatto poi che, in particolare, dal 1990 ci sia stato quasi un bloc-co della loro costruzione è dovuto essenzialmente a tre ragioni: 1) la feroce oscurantista opposizione operata dagli ambientalisti, specie dopo l'incidente di Chernobyl del 1986 nell'ex Urss che, è bene ricordare, fu figlio legittimo solo del comunismo e non del nucleare; 2) la via via aumentata efficienza o fattore di carico di dette centrali, che è passata dal 50% al 90%, tant'è che le solite 450 centrali nucleari presenti nel mondo hanno aumentato la produzione di elettricità del 50% circa; 3) il costo che ha subito, in crescendo, aumenti note-voli a partire dal 1979 - sulla spinta emotiva del mo-desto incidente occorso alla centrale nucleare di pri-ma generazione di Trhee Mile Island negli Usa (sindrome cinese) e poi di quello molto più grave di Chernobyl - a causa di sempre più alte misure di sicu-rezza - note come ridondanza - che vengono richieste per la costruzione delle centrali nucleari stesse. Ri-dondanza che, è bene dire, non è mirata tanto ad ele-vare il livello di sicurezza, quanto ad aumentare la fiducia della gente e così convincerla della bontà del-le soluzioni proposte. Centrali nucleari che, come prima ricordato, ora (quelle in costruzione) sono di terza generazione a-vanzata e che, con la ridondanza richiesta, sono non sicure ma super sicure e quindi - è bene ripetere - non rappresentano alcun pericolo per i cittadini, che quin-di possono dormire sonni molto tranquilli. 7. Produrre energia dal nucleare non è convenien-te ed il futuro è nel Fotovoltaico - Falso! Premesso che l'energia elettrica per essere adatta agli usi di cui abbiamo bisogno non deve avere neppure uno dei seguenti difetti: diffusa nello spazio, dispersa nel tempo, inaffidabile, intermittente e considerato

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Le falsità sul nucleare

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che l'energia che si ricava dal sole - con il fotovoltai-co (Fv) in prima posizione - ha tutti quanti questi quattro difetti, si può affermare che, in definitiva, è in-ser-vi-bi-le. Se ad esempio volessimo, con l'uso del Fv, produrre su base annua il 5% di elettricità (KWh) dovremmo installare prodotta da questa fonte ben cir-ca 20.000 MWp (non sempre il sole c'è o splende) del costo, solo d'installazione, di 100 miliardi che in 20 anni - incentivato con il conto energia, pagato da tutti noi sulla voce A3 della bolletta elettrica - diverrebbe-ro 250 miliardi, per poi avere un'energia aleatoria ed inaffidabile e quindi senza poter spengere neppure 1 MWe da fonte convenzionale per non rischiare di an-dare in black-out. Per ancora meglio rendere l'idea dello spreco di denaro che si ha con il Fv il KWh da nucleare costa alla produzione al massimo 4 cts. di euro - compreso il decommissionamento della centra-le e la gestione dei rifiuti radioattivi - mentre quello da Fv costa almeno 55 cts. di euro. Per di più con soli 50 miliardi (il 20% appena dei 250 miliardi riferiti al Fv di cui sopra) si potrebbero costruire almeno 10 centrali nucleari da 1.500 MWe effettivi l'una e che contribuirebbero per ben oltre il 30% del nostro con-sumo di elettricità e così pure avere una sufficiente indipendenza e sicurezza energetica nazionale. Cen-trali nucleari che, oltre tutto, hanno un utilizzo di 60 anni, contro i 20 massimo 30 anni del Fv, e quindi così lo spreco legato al Fv come minimo raddoppia. Senza poi contare il fatto che smaltire specie alcuni tipi di pannelli Fv sarà fino a 10 volte più complesso ed oneroso che smaltire le scorie radioattive, che sono solo un problema politico non tecnico, come in prece-denza ben evidenziato. Inoltre, è bene sapere, per chi ancora crede alla bufala che i gas serra antropici in-fluenzino significativamente il clima, che i grammi di CO2 equivalenti a KWh prodotto per il nucleare sono 11 mentre per il Fv, se i pannelli sono prodotti nella Ue, sono 60 (oltre 5 volte il nucleare), se poi questi sono prodotti in Cina ed una buona parte lo sono - dove l'efficienza energetica è bassa e l'uso del carbone è massiccio - i grammi diventano oltre 400, al pari quindi di una centrale a gas a ciclo combinato. Infine è opportuno evidenziare che se il Fv fosse cosa buo-na, i cinesi, con la «fame» di energia che hanno, cer-tamente non li venderebbero in grande quantità agli europei ma li userebbero loro. Concludendo, si può dire che l'energia più pericolosa non è quella nucleare ma, oltre a quella che manca, è pure quella che viene pagata a caro prezzo. Chiedere in proposito informa-zioni al terzo mondo ed anche all'Italia, soprattutto per il costo, perché per quanto ci riguarda non siamo

messi per niente bene, visto che, tra l'altro, importia-mo dall'estero elettricità da nucleare per il 12% circa a prezzi maggiorati (il doppio del suo costo di produ-zione, e così alla Francia in 20 anni abbiamo pagato 20 centrali nucleari), e che paghiamo quella che ado-periamo fino dal 55% al 60% in più rispetto alla me-dia Ue, nella fascia delle utenze maggiormente signi-ficative, con un aggravio di spesa valutato in, almeno, otto miliardi annui, dato che per produrre elettricità usiamo soprattutto il costoso gas (55%), poco l'econo-mico carbone (16%), niente nucleare (0%) e pure spenderemo a breve, con il conto energia, 50 miliardi in 20 anni solo per i previsti 3.000 MWp Fv, che pro-durranno, su base annua, appena lo 0,8% circa dell'e-lettricità che consumiamo Per di più nella fornace verde di Kyoto e successive filiazioni (riduzione della CO2 antropica), dal 2013 al 2020 dovremmo incene-rire almeno 15 miliardi di euro annui, soprattutto se saremo ancora senza nucleare. Tutto questo ovvia-mente comporta e comporterà grave danno per le fa-miglie e per la nostra economia. Non per nulla il pre-stigioso Istituto di Studi e Ricerche Economiche IMD (International Institute for Management Develo-pment) di Losanna, per tre anni consecutivi ha classi-ficato il nostro Paese al 30° posto per competitività, alla pari di Grecia e Portogallo, e al 44° posto, su 49 Paesi censiti, per il «caro energia elettrica», con un prezzo dell'energia elettrica per usi industriali, tasse incluse, di 89 millesimi di dollaro Usa al chilowatto-ra, in un campo di variazione compreso tra gli 11 e i 14,3 millesimi. Stando così le cose è inutile poi la-mentarsi se non ci sono le risorse per la ricerca, rilan-ciare l'economia, intervenire per sanare il dissesto idrogeologico del Paese (occorrono circa 70 miliardi) e quindi impedire frane ed alluvioni che - più volte l'anno ed in maniera ciclica - fanno ingenti danni, per di più con non poche vittime innocenti, ecc., perché se non imboccheremo rapidamente con decisione la via maestra del nucleare - che in Europa è la prima fonte di energia elettrica col il 35%, nei paesi OCSE è al 25% e nel mondo è al 16% - mai usciremo da que-sto devastante cul de sac. Quindi è importante - anche per sconfiggere la sindrome Nimby - effettuare una massiccia informazione scientificamente corretta e capillare, non autogestita, che convinca le persone ad accettare una scelta razionale fra ciò che può anche non piacere ma che è valido e sicuro, come il nuclea-re, e ciò che viene presentato in modo accattivante come il futuro, ovvero l'energia ricavata dal sole, ma che, in realtà, porta a un fallimento energetico, econo-mico e pure ecologico.

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“POO GLOO” LA BIO“POO GLOO” LA BIO“POO GLOO” LA BIO---CUPOLA CUPOLA CUPOLA CHE RIPULISCE LE ACQUE RE-CHE RIPULISCE LE ACQUE RE-CHE RIPULISCE LE ACQUE RE-FLUE CON I BATTERI.FLUE CON I BATTERI.FLUE CON I BATTERI. Consuma quanto una lampadina da 75 watt la bio-drome che sfruttando batteri ripulisce le ac-que reflue. Grazie al nuovo dispositivo le comuni-tà rurali potrebbero presto avere a disposizione nuovi impianti di depurazione ad alto rendimento e a basso consumo. Nella forma ricorda un igloo ma la sua funzione è ben diversa. Poo Gloo, questo il nome del dispositi-vo anche conosciuto come Bio Drome che, consu-mando quanto una lampadina da 75 Watt, permette di depurare le acque reflue prodotte nelle comunità rurali. La cupola bio offre così una comoda ed eco-nomica alternativa agli impianti meccanici tradizio-nali di depurazione delle lagune dove i residui orga-nici rimangono nelle acque solitamente un anno o più. I rifiuti solidi tendono a depositarsi sui fondali dei bacini mentre la superficie dell’acqua viene de-purata e resa limpida dai benefici effetti del sole ma con il crescere delle comunità i bacini divengono inquinati e impraticabili, senza possibilità economi-che per le comunità che permettano l’acquisto di depuratori. Grazie alla bio-cupola questa problema-tica potrebbe risolversi: occupando anche minor spazio di un depuratore, per 4 cupole servono infatti solo 260 metri quadrati, la bio-drome immagazzina l’acqua in un ambiente oscurato dove avviene il processo di pulizia. Un sistema di areazione crea poi delle bolle d’aria che fanno muovere l’acqua attra-verso le cupole nelle quali i batteri si nutrono delle impurità presenti purificandola. La compagnia ha recentemente pubblicato i risultati dell’esperimento piloto condotto a Miami effettuato mediante l’im-piego di 7 cupole nella Central Valley Water Recla-mation Facility di Salt Lake City. “I tassi di rimo-zione che abbiamo visto durante il test pilota sono paragonabili ai tassi di rimozione da un contattore biologico rotante, un dispositivo comunemente uti-lizzato negli impianti di trattamento meccanico” ha detto Kraig Johnson, CTO della compagnia.

A A A MANILAMANILAMANILA LALALA PRIMAPRIMAPRIMA SCUOLASCUOLASCUOLA FATTAFATTAFATTA DIDIDI BOTTIGLIEBOTTIGLIEBOTTIGLIE DIDIDI PLASTICAPLASTICAPLASTICA... A San Pablo, provincia di Laguna, nelle Filippine, decine di muratori-volontari sono accorsi alla chiamata della MyShelter Foudation e si sono armati di malta iniziando ad erigere i muri di una nuova scuola. La malta e le cazzuole le metteva a disposizione l’organizzazione ma la materia prima la dovevano procurare loro: bottiglie di plastica da 1.5 e 2 litri. E’ stata così eretta, nel dicembre scorso in brevissimo tempo, la prima scuola del continente asiatico fatta di botti-glie di plastica. Il progetto, che va ben oltre il riciclo creati-vo, si chiama Bottle School Project, ed è nato dalla partnership tra My Shelter Foundation e Pepsi che, tramite la campagna di sensibilizzazione e volontariato sulla raccolta differenziata detta “Sarap Magbago”, ha fornito materia pri-ma e forza lavoro. Il progetto rappresenta la creativa solu-zione a due problematiche gravi del Paese: la cattiva gestio-ne dei rifiuti e la mancanza di scuole. Semplicemente i rifiuti da problema divengono soluzione. Da inutile materiale da smaltire divengono prezioso materiale da costruzione. La creatività non è la sola dote utilizzata dagli architetti che hanno concepito la tecnica costruttiva, unita ad essa è stato profuso anche un grande rigore tecnologico che rende la scuola confortevole e sicura. Le bottiglie che compongono la muratura sono montate secondo una struttura reticolare a massimo impacchettamento che minimizza le cavità. In tal modo l’elemento volumetrico principale che costituisce il muro è l’aria contenuta nelle bottiglie stesse, così i costi da sostenere per gli altri materiali sono ridotti al minimo. Le bottiglie sono tenute insieme da una malta ricavata dal tradi-zionale impasto di paglia, foglie di mais con acqua ed ar-gilla. La struttura, che si compone del solo piano terra, in caso di terremoto (evento frequente nelle Filippine) essendo molto leggera ed elastica resisterà meglio alle scosse e, qua-lora dovesse crollare, sarà proprio per la leggerezza dei suoi materiali, meno contundente di una struttura in muratura. Il direttore esecutivo di MyShelter Foundation, Illac Diaz, che ama definirsi imprenditore sociale, ha espresso la sua soddisfazione per la buona riuscita del progetto: “Attraverso Bottle School Project saremmo in grado di otte-nere maggiori cambiamenti positivi nel nostro paese una bottiglia alla volta. Siamo lieti di lavorare con la Pepsi per fornire un modo sostenibile ed eco-friendly di risolvere la carenza di aule e il problema dei rifiuti nelle Filippine”. Tale soddisfazione è stata accresciuta dal fatto che quando la scorsa estate l’idea venne proposta per la prima volta, si le-varono più voci di critica e derisione. In proposito a ciò Diaz afferma che: “Non è mai una cosa facile per le persone pen-sare a costruzioni alternative. Quindi non li biasimo. E’ dav-vero molto difficile ottenere sostegno su qualcosa se la gente non sa cosa di cosa si sta parlando e se non è mai stato visto prima. Ogni anno ci mancano circa 7.000 classi. Questa ca-renza non è causata solo dalla crescente popolazione di stu-denti, ma anche dalle aule che sono danneggiate ogni anno dai forti tifoni. D’altra parte bere una soda richiede solo 7 minuti, mentre una bottiglia di plastica sopravvive almeno 700 anni. Così abbiamo pensato a questa nuova soluzione sostenibile, che è sia educativa sia ambientale”.