Microsoft Word - Il mistero di Lanfranco.doc

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Da quando sono venuto a Modena non faccio che pensare a Casablanca, la città in cui sono nato e vissuto fino a due anni fa. Ah! Scusatemi! Non mi sono ancora presentato, mi chiamo Zakaria e ho dodici anni. Ora sono alle medie e da quando ho iniziato a fare francese sento molta nostalgia del mio paese perché, come saprete, in Marocco si parla sia l’Arabo che il Francese. Non che Modena non mi piaccia, tutt’altro, qui ho molti amici e scorazzo pomeriggi interi con la mia bici, ma Casablanca era un’altra cosa: l’azzurro del mare e del cielo dona un senso di serenità e di pace; spesso trovavo rifugio in un luogo che solo io conosco. Così mi sento, anche questa mattina, pieno di nostalgia perché con la mia classe, accompagnati dalla prof. Svampa di educazione artistica, stiamo andando al Duomo. Quest’edificio, infatti, mi ricorda lontanamente l’enorme cattedrale nel centro di Casablanca. Va be’ bando alla tristezza andiamo in P.zza Grande e godiamoci la città! Appena arrivati la prof. Ha iniziato ad illustrarci le meraviglie del Duomo: bassorilievi, sculture, affreschi, ecc. Giunti nella cripta di S. Geminiano notai due metope che mi incuriosirono molto; mi avvicinai e mi sentii attratto dalla loro bellezza e dalle loro forme. Una raffigurava una donna dal corpo gigantesco che, a fatica, stava nella metopa. Era ricoperta di corde e di ferite ed aveva una lacerazione mortale al capo; quest’immagine mi ricordava una leggenda del mio paese. L’altra non riesco a descriverla con le mie parole quindi la disegno: Avete visto l’occhio? Beh, avevo l’impressione che mi seguisse in ogni mio movimento. Stupito mi avvicinai e quasi ipnotizzato dall’occhio non mi accorsi del gra- dino. Stavo cadendo e cercando un punto d’appog- gio toccai l’occhio della metopa che, aprendosi, mi illumi- nò con una luce d’orata e mi sembrò di udire una voce rimbombante: da dove proveniva? Ma l’occhio mi aveva ingannato! Era solo la prof. che mi chiamava per la messa al Duomo ed io, assorto nei miei pensieri, la seguii pur avendo in mente un piano. Raggiunsi i miei amici e raccontai loro quelle stranezze. Così, mentre la prof. era assorta in preghiera, noi ragazzi ci dirigemmo silenziosamente verso la cripta, pregando S. Geminiano il quale ci proteggesse in questa avventura. Giunti alle due metope, alcuni erano convinti che il segreto fosse custodito nella metopa della donna gigante; mentre i restanti pensavano che l’altra metopa, quella dell’occhio, custodisse al suo interno il mistero. Così Ori ed Elisa toccarono la metopa della donna ma non successe niente, mentre io toccai la pupilla dell’occhio che all’improvviso si spalancò lasciando spazio ad una porticina che conduceva in un luogo sconosciuto. Ci guardammo tutti spaventati, ma con una grande voglia di percorrere quel tunnel per scoprire l’enigma. Ci dammo la mano ed entrammo insieme ma, essendo troppo buio, dovemmo illuminare l’ambiente polveroso e maleodorante con la luce dei cellulari, quasi come delle moderne candele. Giunti alla fine del cunicolo ci trovammo davanti ad un muro spoglio sul quale si trovava una breve iscrizione che, a stento riuscimmo a decifrare:

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Se vuoi proseguire l’avventura nel futuro vai alla 2 Se vuoi proseguire l’avventura nel passato vai alla 3 2 3 Mi dispiace hai fallito, torna alla 1 raggiunse infuriata, ma dopo aver visto il tesoro capì e sorrise. Restituimmo il tesoro e ci fu dato un riconoscimento per aver svelato il mistero di Lanfranco.

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Da quando sono venuto a Modena non faccio che pensare a Casablanca, la città in cui sono nato e vissuto fino a due anni fa. Ah! Scusatemi! Non mi sono ancora presentato, mi chiamo Zakaria e ho dodici anni. Ora sono alle medie e da quando ho iniziato a fare francese sento molta nostalgia del mio paese perché, come saprete, in Marocco si parla sia l’Arabo che il Francese. Non che Modena non mi piaccia, tutt’altro, qui ho molti amici e scorazzo pomeriggi interi con la mia bici, ma Casablanca era un’altra cosa: l’azzurro del mare e del cielo dona un senso di serenità e di pace; spesso trovavo rifugio in un luogo che solo io conosco. Così mi sento, anche questa mattina, pieno di nostalgia perché con la mia classe, accompagnati dalla prof. Svampa di educazione artistica, stiamo andando al Duomo. Quest’edificio, infatti, mi ricorda lontanamente l’enorme cattedrale nel centro di Casablanca. Va be’ bando alla tristezza andiamo in P.zza Grande e godiamoci la città! Appena arrivati la prof. Ha iniziato ad illustrarci le meraviglie del Duomo: bassorilievi, sculture, affreschi, ecc. Giunti nella cripta di S. Geminiano notai due metope che mi incuriosirono molto; mi avvicinai e mi sentii attratto dalla loro bellezza e dalle loro forme. Una raffigurava una donna dal corpo gigantesco che, a fatica, stava nella metopa. Era ricoperta di corde e di ferite ed aveva una lacerazione mortale al capo; quest’immagine mi ricordava una leggenda del mio paese. L’altra non riesco a descriverla con le mie parole quindi la disegno: Avete visto l’occhio? Beh, avevo l’impressione che mi seguisse in ogni mio movimento. Stupito mi avvicinai e quasi ipnotizzato dall’occhio non mi accorsi del gra- dino. Stavo cadendo e cercando un punto d’appog-gio toccai l’occhio della metopa che, aprendosi, mi illumi-nò con una luce d’orata e mi sembrò di udire una voce rimbombante: da dove proveniva? Ma l’occhio mi aveva ingannato! Era solo la prof. che mi chiamava per la messa al Duomo ed io, assorto nei miei pensieri, la seguii pur avendo in mente un piano. Raggiunsi i miei amici e raccontai loro quelle stranezze. Così, mentre la prof. era assorta in preghiera, noi ragazzi ci dirigemmo silenziosamente verso la cripta, pregando S. Geminiano il quale ci proteggesse in questa avventura. Giunti alle due metope, alcuni erano convinti che il segreto fosse custodito nella metopa della donna gigante; mentre i restanti pensavano che l’altra metopa, quella dell’occhio, custodisse al suo interno il mistero. Così Ori ed Elisa toccarono la metopa della donna ma non successe niente, mentre io toccai la pupilla dell’occhio che all’improvviso si spalancò lasciando spazio ad una porticina che conduceva in un luogo sconosciuto. Ci guardammo tutti spaventati, ma con una grande voglia di percorrere quel tunnel per scoprire l’enigma. Ci dammo la mano ed entrammo insieme ma, essendo troppo buio, dovemmo illuminare l’ambiente polveroso e maleodorante con la luce dei cellulari, quasi come delle moderne candele. Giunti alla fine del cunicolo ci trovammo davanti ad un muro spoglio sul quale si trovava una breve iscrizione che, a stento riuscimmo a decifrare:

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SE VUOI QUESTO GIOCO INIZIARE ATTRAVERSO LE PORTE DOVARI PASSARE

E PORTARLO A TERMINE DOVRAI O GLI AMICI SMARRIRAI

Noi pensammo che questa iscrizione non corrispondesse al vero perché di porte non c’era nemmeno l’ombra! Ma non avevamo neanche finito di ragionare che Francesca, scoraggiata si appoggiò al muro, e all’improvviso questo si aprì mostrandoci due porte. Su una c’era scritto “futuro”, mentre sull’altra “passato”, erano queste le porte dell’iscrizione? Eravamo sicuri di portarlo a termine? E quindi non avremmo rischiato la vita? Corso dei rischi? Ma no! Decidemmo di proseguire l’avventura.

Se vuoi proseguire l’avventura nel futuro vai alla 2

Se vuoi proseguire l’avventura nel passato vai alla 3

2 Entrati nella porta del futuro vedemmo demolito il Duomo ed al suo posto un enorme centro commerciale!

Mi dispiace hai fallito, torna alla 1

3

Entrati nella porta del passato ci trovammo nell’anno 1099 durante la costruzione del Duomo. All’improvviso vedemmo un’immagine nitida, un operaio stava cadendo da un’impalcatura, un urlo acuto seguito da un tonfo mortale. Poi l’immagine si sfocò ed intravedemmo un nobile ben vestito, che litigava con l’operaio che era appena caduto, si sentivano urla e schiamazzi. Tra questi ci fu l’urlo di un operaio che disse: “Ti ho scoperto! Domani dirò tutto a Lanfranco e lui ti condannerà esemplarmente!”. L’operaio non aveva finito di pronunciare queste parole che, più volte colpito da una lama affilata, fu spinto giù dall’impalcatura. All’improvviso l’immagine scomparve completamente e noi, spaventati dalla crudeltà del nobile, ci guardammo negli occhi senza dire una parola. Fu Antony ad interrompere il silenzio:”Forse siamo gli unici a sapere che è stato commesso un delitto e non possiamo fare nulla!”. “Come più nulla?” intervenne Amalia “Ci sono sempre i gioielli da trovare”. “Si” aggiunse Lucrezia. Rosa, che fino a quel momento aveva osservato con attenzione la scena, intervenne: “Dunque, se non mi sbaglio ho sentito dire cripta, sarcofago e S. Geminiano”. Rosalba aggiunse: “Non è difficile capire il luogo… è la cripta di S. Geminiano”. Così tutti noi tornammo a percorrere il cunicolo che ci avrebbe riportato nella cripta. Giunti a fianco della tomba del Santo, Massimo, il più scettico di tutti, si appoggiò alla parete che si aprì su un passaggio sotterraneo lasciandolo cadere nel vuoto. Lo sentimmo gridare e spaventati lo cercammo invano poi ci ricordammo dell’iscrizione. Così lasciammo Giacomo ed Elisa in cerca di Massimo mentre noi cercavamo indizi fuori dal Duomo. Giacomo ed Elisa stavano ispezionando il sarcofago e la statua rappresentante la Madonna quando improvvisamente caddero anche loro nel varco apertosi nel basamento. Quando tornammo nella cripta non trovandoli ci spaventammo. Francesca si accorse che la scultura era aperta, ci sporgemmo e trovammo Giacomo, Elisa e Massimo coperti di tesori, ma salvi. A quel punto la prof. si accorse della nostra assenza e ci

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raggiunse infuriata, ma dopo aver visto il tesoro capì e sorrise. Restituimmo il tesoro e ci fu dato un riconoscimento per aver svelato il mistero di Lanfranco.