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Materiale tratto dalla tesi di laurea di Valle ... e... · Materiale tratto dalla tesi di laurea di...
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Materiale tratto dalla tesi di laurea di Marzia
Valle – Settembre 2003, relatore professor Giulio Peirone
Cap. I, II, III, VI
CAPITOLO I°
L’EPISTEMOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE
..E’ impossibile non comunicare! Paul Watzlawick
1.1 LA COMUNICAZIONE
La storia del termine ‘comunicazione’ è antica quanto il mondo Greco-Latino, e da
allora si ritrova in quasi tutte le culture ed i vocabolari d’occidente.
Le tecniche di comunicazione, seppur con denominazioni diverse, si può dire che
siano esistite da sempre, presenti e documentate sin dall’antichità classica. Si
pensi all’antica retorica, intesa ad attivare quella che oggi definiamo
comunicazione efficace: essa riguardava sia i fondamenti del pensiero
persuasivo, che gli aspetti fisici dell’espressione. Il termine Retorica viene dalla
radice greca rhe che significa l'atto del dire,un atto che unisce,un atto di
comunicazione di mondi di significati diversi.
Nata nella Sicilia Greca del V secolo a.C., la retorica è la prima ad aver considerato
il linguaggio quale mezzo di comunicazione, ed aver proposto alcune tecniche
sistematiche per rendere più efficace l’azione comunicativa. Si dice che il primo
retore fu Corace di Siracusa, ma i più geniali esponenti della retorica furono:
Protagora e Gorgia da Lentini, che gettarono le basi della retorica antica. Il primo
sviluppo' la dottrina delle antitesi, mostrando come lo stesso argomento puo'
essere giudicato da vari punti di vista con differenti risultati. Mentre per il Gorgia, il
nucleo della sua arte oratoria era che: "non esiste null'altro che la parola, la parola
che e' un potente sovrano, che ha le virtu' di troncare la paura, di rimuovere il
dolore, d'infondere la gioia, d'intensificare la compassione".
Un altro retore che uso' la parola per sconfiggere l'angoscia, fu il sofista Antifonte di
Rammunte. Si dice che istitui' un ambulatorio in un locale vicino alla piazza di
Corinto dichiarando di saper sanare le angosce facendo domande e di poter
rincuorare con le sole parole. Scrisse un testo,andato perduto,sull'arte di evitare il
dolore (techne alypias).
I retori perfezionarono nel corso dei secoli quell’ordine canonico delle parti, formato
da esordio, narrazione, confermazione e perorazione, ritenuto lo standard più
efficace, che rimase valido fino ai secoli XVII° e XVIII°. Per i retori, la retorica tocca le
emozioni. Non si affida solamente all'intelletto ma abbraccia domini estesi e
incontrollabili delle passioni umane.
Tra il seicento ed il settecento, la riflessione retorica della natura umana, viene
progressivamente mandata in frantumi dal razionalismo cartesiano, per cui la
cultura dell’evidenza razionale, conquista progressivamente uno spazio fino ad allora
occupato dalla cultura dell’argomentazione.
Nel XX° secolo il termine retorica assume il significato di ornamento del discorso,
diventando, secondo la pubblica opinione, una espressione peggiorativa che
accomuna contraddittoriamente il senso della parola vuota e quello dell’azione
manipolativa e menzoniera. La retorica pertanto sparisce anche dai programmi di
insegnamento e non trova più spazio che nell’uso massiccio delle tecniche di
propaganda ideologica e scientifica.
La ripresa dello studio della comunicazione in vesti non più derivate dalla retorica,
avviene intorno alla metà del novecento, periodo nel quale avviene un risveglio di
interesse per la dimensione interpersonale delle relazioni umane, che si
collocano sempre più chiaramente entro la cornice della comunicazione. Un grande
contributo è derivato dal rapido avanzare delle scoperte scientifiche e delle
innovazioni tecnologiche, le quali aprono nuovi spazi alla moderna comunicazione ed
offrono nuovi stimoli alle riflessioni della comunicazione interpersonale.
Ma è l’incontro fra le scienze esatte e la tecnologia da una parte, e le scienze umane
dall’altra, che danno origine ad un nuovo campo interdisciplinare. La matematica di
Norbert Wiener e John Van Neumann, la logica di Julian Bigelow, la medicina di
Arturo Rosenblueth, e l’antropologia di Margareth Mead e Gregory Bateson,
ampliarono grandemente gli orizzonti della cultura. Se è vero che le parole sono le
spie della cultura, è certo che da allora cominciò a cambiare anche il modo di
denominare l’area di riflessione: alle ‘antiche arti della retorica’ si comincia a
sostituire una espressione più moderna, oggi conosciutissima: ‘le strategie della comunicazione’.
Antenata del concetto di comunicazione è però è la nozione di ‘comportamento di scambio d’informazione’.. che Wiener elabora nei processi matematici di imput,
output e feed-back.
Per Wiener ‘i fenomeni naturali non esistono di per sé, perché il reale è interamente
formato dalle relazioni tra fenomeni. L’attività di comunicazione, pertanto, diviene
costitutiva del reale’
Singolare il modo in cui lo studioso giunse alla formulazione delle sue teorie: nel
corso del II° conflitto mondiale, egli fu incaricato di studiare la condotta del tiro dei
cannoni antiaerei. Siccome l’aereo volava a grande velocità, bisognava predirne la
posizione futura a partire da quelle precedenti. Egli notò che se il cannone è
informato dello scarto fra la traiettoria reale e quella ideale dei suoi proiettili, si può
individuare progressivamente l’aereo e quindi abbatterlo. Wiener riconosce in questo
problema il principio del feedback, o retroazione, e dà a questo principio una
portata universale facendone la chiave di volta della cibernetica, o scienza del
pilotaggio. In pratica l’ingegnere tedesco vede nel tentativo del cannone di colpire
l’aereo ed in azioni molto più comuni della vita quotidiana, uno stesso processo
circolare; un processo cioè in cui le informazioni sull’azione in corso, alimentano di rimando il sistema e gli consentono di raggiungere l’obiettivo (azione di
feedback).
Partendo dall’idea di retroazione, si osservò che non c’è effetto che non retroagisca sulla sua causa, e ciò acquisì maggiore importanza quando nell’analisi
venne introdotta la nozione di ‘sistema’ (Berthalanffy 1971) .
Un sistema è definito come un ‘complesso di elementi in interazione’.
La teoria generale dei sistemi e della cibernetica, finiscono per generare quella
che oggi è la ‘sistemica’.
La teoria dei sistemi e della cibernetica, cominciano da subito ad operare nella
comunità scientifica, dove si affermano con facilità, mentre il feedback e la
trasmissione circolare viene acquisita da un altro ingegnere allievo di Wiener, Claude
Shannon. Questi nella sua opera Mathematical theory of communication, espone un
modello di teoria lineare della trasmissione in cui viene evidenziato un puro e
semplice trasferimento di segnali. Si parte da una fonte di informazioni dalla quale,
mediante un apparato trasmittente viene emesso un segnale, che viaggiando
lungo un canale, arriva ad un apparato ricevente il quale lo mette a disposizione di
un destinatario sotto forma di messaggio.
Trasmittente e ricevente emettono e ricevono segnali convenzionali utilizzando un codice adeguato.
Il modello lineare o telegrafico, però, rivela non pochi limiti quando si passa a
considerare la varietà e la complessità del comunicare nelle diverse società umane.
Si riaffaccia pertanto lo studio della comunicazione interpersonale, che muove
diverse obiezioni ai sostenitori del modello lineare sul vero significato di segnale,
codice e trasmissione. Il telegrafo e l’uomo sono profondamente diversi, pertanto il
segnale non può essere solo l’emittenza di una mera fonazione, ma un insieme vivo
e pulsante che comprende il comportamento nella sua totalità di espressione. Quindi
non si può considerare solo la trasmissione di segnale, perché esistono dei codici di
comportamento accanto a dei codici verbali in senso stretto. Essi selezionano ed
organizzano il comportamento personale ed interpersonale e ne regolano
l’appropriatezza al contesto e dunque il significato.
COMUNICAZIONE È OGNI UTILIZZO DI QUEI CODICI.
Come è possibile parlare una lingua correttamente e correntemente e non avere
tuttavia la minima idea della sua grammatica, così noi obbediamo alle regole della
comunicazione.. ma le regole stesse della ‘grammatica’ delle comunicazione, sono
qualcosa di cui non siamo coscienti.
IL MODELLO ORCHESTRALE, invece, è un processo sociale continuo nel quale
intervengono i diversi modi di comunicazione di cui l’uomo è capace: il gesto, la
mimica, lo sguardo, la distanza, la postura, che, ancora prima di parlare, fanno la
comunicazione. Essa è un tutto integrato, dal momento che la sua complessità non
consente di individuare variabili operanti in maniera lineare. La ricerca sulla
comunicazione, quindi, fa appello ai ‘livelli di complessità, ai contesti multipli, ai sistemi circolari’.
Si è capito che non si possono tenere distinti la comunicazione Verbale e non verbale: ogni postura, ogni singolo gesto ed ogni espressione verbale, non sono
riferite ad un singolo significato, ma emergono dal complesso delle modalità di
comunicazione che intervengono rapportandosi al contesto dell’interazione. Non è
dunque il contenuto specifico trasmesso ad imporsi in prima approssimazione, ma il
contesto, la situazione in cui lo scambio dei messaggi si colloca.
La teoria orchestrale di Winkin, forte sostenitore della ‘Nouvelle comunication’
francese, recita: ‘La comunicazione viene intesa come un sistema a canali multipli in
cui l’attore sociale partecipa in ogni m omento, che lo voglia oppure no, con i gesti, lo
sguardo, il silenzio e perfino con l’assenza. In qualità di membro di una cultura, egli
appartiene alla comunicazione come il musicista fa parte dell’orchestra; ma in tale
orchestra non c’è maestro né partitura: ognuno suona accordandosi sull’altro. Solo
un osservatore esterno, ovvero un ricercatore, può elaborare pian piano una partitura
scritta, che si rivelerà oltremodo complessa’. (Nouvelle Communication 1981)
L’immagine della partitura invisibile rimanda all’idea del codice o della grammatica
dei comportamenti, che ognuno utilizza; l’immagine dell’orchestra, invece, aiuta a
comprendere in che senso la singola persona partecipa alla comunicazione.
La teoria orchestrale, seppur oggi appare ad i nostri occhi imperfetta e lacunosa, è il
preludio ad un importante salto di qualità per la futura interpretazione del
comportamento umano.
1.2 IL COLLEGIO INVISIBILE
Intorno agli anni sessanta del secolo scorso, dopo il grande successo del polo
sociologico ed antropologico di Chicago, si sviluppa la necessità e la convenienza di
investire in altri poli universitari tra cui Philadelphia, Palo Alto in California, e Toronto
in Canada. Fra queste è Palo Alto ad evidenziarsi come centro scientifico di
prim’ordine: ospiterà Gregory Bateson e Paul Watzlawick; Don Jackson vi fonderà
il famosissimo Mental Research Institute; altri massimi eponenti della
comunicazione transiteranno lasciando indelebili tracce del loro passaggio culturale. All’università di Toronto invece, operarono studiosi di prima grandezza quali
Goffman, Birdwhistell e Mc Luhan; mentre l’università di Philadelphia si distinse
per la generosa ospitalità offerta agli studiosi.
Si delinea pertanto un circuito ideale fra città americane poste a distanza le une dalle
altre, dove molti ricercatori vanno a stabilirsi, anche se a volte solo per breve tempo,
perché accomunati da un complesso di ragioni scientifiche e di modi esistenziali di
vita, dando vita al cosiddetto collegio invisibile..
La metafora di ‘collegio invisibile’ era pertanto utilizzata per indicare le reti di
connessione sociali ed economiche dominanti in seno ad una disciplina scientifica, i
cui sostenitori però erano accomunati solo ideologicamente. Il loro saldo
collegamento si basava sulle relazioni personali ed il consenso intellettuale; perché
non si frequentavano mai stabilmente tutti insieme dietro le mura di una sola
università o di un centro di ricerca, ma si limitavano ad incontrarsi nel corso di
seminari, convegni o colloqui. La cosa che sbalordiva, era che ognuno sapeva cosa
faceva l’altro prima ancora che i rispettivi lavori fossero pubblicati. Seppure ognuno di
loro aveva ricevuto una istruzione diversa ed aveva maturato esperienze differenti ed
esposto idee diverse, la sensazione è che in quegli anni il collegio invisibile abbia
portato avanti un unico pensiero unitario di comunicazione che è cresciuto
rapidamente nel principio di comunicazione nell’interazione dei suoi studiosi (che a
quanto pare è il tema centrale che li ha tenuti insieme).
Con il passare del tempo, tra gli anni settanta ed ottanta, la consistenza del collegio
invisibile comincia lentamente a sfaldarsi, seppur si continuano a registrare ancora
molti scambi intellettuali. I ricercatori che succedono a quelli della prima
generazione, tendono all’individualità ed allo sviluppo personale, e quindi nel
ramificarsi, contribuiscono alla definitiva dispersione della primordiale unità
intellettuale.
CENNI BIOGRAFICI DI ALCUNI MEMBRI DEL COLLEGIO INVISIBILE
GREGORY BATESON
Nasce in Inghilterra nel [1904-1980] - Sociologo, Psichiatra, Etnologo, cibernetico, linguista..
rada
ando
si
E’ stato uno dei più importanti studiosi
dell’organizzazione sociale di questo secolo. Opponendosi
strenuamente a quegli scienziati che cercavano di
"ridurre" ogni cosa alla pura realtà osservabile, si fece carico di reintrodurre il
concetto di "Mente" all’interno di equazioni scientifiche scrivendo due famosi libri
(Verso un’ecologia della Mente e Mente e Natura). Dal suo punto di vista la Mente è
la parte costituente della "realtà materiale" è di conseguenza non ha senso cercare
di scindere la mente dalla realtà. Seppure i suoi studi lo conducono sulla st
dell’etnologia, ove studiò per anni il comportamento ed il carattere nella cultura e
personalità di popoli indonesiani, Bateson dal 1945 sentì l’esigenza di assumere
nuovi paradigmi dai matematici e dagli ingegneri della comunicazione, partecip
l’anno dopo a seminari incentrati sulla teoria dei giochi, la distinzione tra proces
analogici e digitali ed il rapporto tra informazione ed entropia. (Entropia: stato per
cui tutti i simboli di una sequenza comunicata hanno la possibilità di essere
trasmessi )
E’ Il padre del doppio legame e della comunicazione Paradossale ed ha
pubblicato importanti riflessioni sulla cibernetica e la teoria dei sistemi.
Scrive nel 1976 una teoria generale della comunicazione prefigurando la Pragmatica
di Palo Alto.
PAUL WATZLAWICK
Nasce in Austria nel 1921 – Filosofo, filosofia del linguaggio
e logica , psicologo.
Studia a Venezia filosofia del linguaggio, ma poi si
appassiona alla psicanalisi e finisce per insegnarla in in
piccolo stato del Salvador in America.
A Philadelphia visita l’Institute of direct analysis, ove
apprende gli studi del rapporto tra terapeuta e paziente condotti da un certo Dr.
Scheflen Albert, che utilizzando la scomposizione di filmati analizzava la struttura in
sequenza della comunicazione interpersonale. Da qui il cambiamento: nel 1962
lavora per il nascente Mental Research institute di Palo Alto, dove incontra Bateson
e mette da parte il suo passato. Gli sviluppi sono il noto manuale centrale della
comunicazione, pubblicato nel 1967: Pragmatic of human communication, nel
quale rientrano i concetti Batesoniani di Cibernetica e doppio legame.
NASCONO GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE!
Il limite di Watzlawick è stato quello di occuparsi del rapporto di diade, e di non
allargare la visione orchestrale del rapporto interpersonale a più ampie variabili di
analisi di interazione comunicativa.
RAY BIRDWHISTELL
Nasce nel 1918 a Cincinnati (Ohio) – antropologo linguista
Inserisce nel tema della comunicazione generale l’uso della gestualità: da qui
l’originalità del suo contributo. Egli concentrò l’attenzione sugli indizi corporali dei
parlanti, classificandoli in specifiche tipologie sociali. A parte i contenuti, era il suo
modo di comunicare che affascinava gli allievi, perché durante la sua ‘cattedra’
all’università di Toronto, facendo ricorso alle sue esperienze giovanili di attore e
danzatore, valorizzò nell’insegnamento la mimica ed il linguaggio del corpo
catalizzando l’attenzione generale.
Ritornato alla scuola di Palo Alto, elaborò la tesi che GESTI, SPAZIO, TEMPO, TATTO ed OLFATTO, sono le modalità di uno stesso sistema di comunicazione
e non semplici accompagnatori del linguaggio parlato.
Egli considera il corpo come l’elemento intermedio tra personalità e cultura, ovvero tra l’individuale ed il sociale: è presente infatti negli atti più nascosti di tutti
i giorni attraverso i gesti, sottoponibili ad analisi sociologica esattamente come le
istituzioni ed i fatti sociali.
SU QUESTE BASI NASCE LA FUTURA CINESICA
EDWARD T. HALL
Nasce a New York nel 1944 – antropologo
Affascinato dalla comunicazione interculturale, perché testimone degli shock
culturali degli indiani d’america e degli uomini di colore sempre più presenti della
vita sociale americana, cerca i ‘codici della comunicazione interculturale’. Nella
seconda guerra mondiale Hall assume il comando di una compagnia formata solo
da uomini di colore, e si trasferisce su un atollo della Micronesia con il ruolo di
mediatore culturale tra la popolazione indigena ed il comando militare americano.
Quell’esperienza risulta fondamentale per indurlo a riflettere per il resto della sua
vita, al modo di comunicare attraverso la GESTIONE DELLO SPAZIO.
Questo risulterà essere il nucleo centrale della PROSSEMICA.
In seguito Hall non definisce più gli spazi sociali in termini di distanza fisica, ma
prende in carico anche il TATTO e l’OLFATTO oltre che la VISTA e l’UDITO, sensi
che definiscono le distanze sociali adeguandole alle esigenze comunicative.
Originali le sue idee sulla architettonica e l’urbanistica dello spazio in relazione al condizionamento caratteriale.
MILTON H. ERICKSON
1901 –1980. Medico, Psichiatra
Milton Erickson è il maggior esperto di ipnosi dei
nostri tempi. Tra le molte tecniche di induzione
naturale ideate da Erickson, spesso in combinazione
con fenomeni ideomotori e ideosen
c'era il 'doppio legame', introduzione di una
sistematica di paradossi per approfondire
lo stato ipnotico, la tecnica di confusione e
la 'tortura benevola' a breve termine. Quest'ultima era rinforzata da suggestioni
almeno implicite che un corretto 'uso' del bastone paradossalmente delicato del
terapeuta, avrebbe prodotto le necessarie alterazioni di comportamento; mentre
nello stesso tempo, si permetteva, o addirittura si incoraggiava il paziente, a
continuare il proprio comportamento sistematico, il perdurare del quale lo metteva
in una posizione di svantaggio nel controllo del rapporto terapeutico. Erickson ha
sviluppato molti approcci particolari all'induzione ipnotica e all'addestramento di
trance, che rendono possibile alterare momentaneamente le limitazioni abituali di
una persona in modo che le potenzialità interiori si manifestino. Ha lasciato opere
mirabili che oggi sono i pilastri su cui si regge la più moderna dottrina di
programmazione neurolinguistica.
sori,
serie
1.3 L’APPORTO DEL COLLEGIO INVISIBILE NELLO STRUTTURALISMO EUROPEO
Negli anni sessanta l’Europa ha sviluppato parallelamente con l’America un
percorso di studio della comunicazione. Il suo approccio era sicuramente più
deduttivo e limitato allo studio della lingua, e solo in seguito venne esteso alle
pratiche sociali. Da qui il termine strutturalismo, perché riguarda proprio la
struttura del linguaggio senza riferimento a quanto gli è esterno (extralinguistico).
Ma il collegio invisibile in quel periodo era particolarmente fecondo di stimoli,
pertanto apportò significative interazioni nel rigore dello strutturalismo, i cui
esponenti fanno ricorso al concetto di ‘sistema’, richiamandosi a Levi Strauss; al
‘doppio Legame’ di Bateson, al sistema familiare di Watzlawick e Jackson, o alla
cinesica di Birdwistell. Nello strutturalista Edmund Leach, per esempio, il modello
orchestrale acquista una dimensione sociale e la sua prospettiva suggerisce come
la parola acquista tanta importanza quanto la lingua. Il rapporto tra cultura e
comunicazione di Margareth Mead (The study of culture at distance del 1953) e
l’Anthropologie structurale di levi Strauss del 1958, evidenziano chiare analogie nei
rapporti tra antropologia sociale, economica e linguistica.
Da ciò appare chiaro che l’elaborazione delle teoria della comunicazione ha
coinvolto insieme americani ed europei.
Concludo nel riportare una tappa significativa di un accostamento della
comunicazione, che nacque e si sviluppò in Europa negli anni sessanta: la semiotica.
..in quel periodo una sessantina di studiosi di scienze umane si riunirono alla
Indiana University per un colloquio dedicato alla cinesica ed alla paralinguistica nei
loro rapporti con la psichiatria, l’insegnamento delle lingue e l’antropologia culturale
(tra cui G. Bateson). Il colloquio è la prima apertura verso un processo svoltosi
parallelamente di qua e di là dell’oceano: Margareth Mead propone l’adozione del
termine semiotica per indicare lo studio di tutte le modalità di comunicazione
strutturata; mentre Thomas Sebeok (in verità supportato da Bateson) dichiara:
‘Intendiamo evidenziare, nel cammino che si stà compiendo, il contesto
interazionale e comunicativo dell’uso dei segni da parte dell’uomo, ed il modo come
questi sono organizzati in sistemi transazionali che integrano vista, gusto, udito,
odorato e tatto’.
Ciò indica che non si tratta di partire solo dalla psicologia degli individui, ma dai sistemi nei quali essi si inseriscono:
.. INTERAZIONI, FAMIGLIE, ISTITUZIONI, GRUPPI, SOCIETÀ E CULTURA.
I sistemi funzionano secondo una logica che può essere formulata in termini di
regole, alla stessa maniera delle regole costitutive del linguaggio..
Si parlerà così di calcolo del comportamento in Watzlawick, di programma in
Sheflen, di grammatica in Goffman.
I sistemi inoltre sono concepiti secondo un livello gerarchico, cosicchè ogni
elemento è insieme incastonato ed incastonante.
Che si tratti dei tipi logici di Bateson, dei livelli di Birdwistell, dei quadri di Goffman e
Watzlawick, si ritova in ogni concetto l’idea di ‘contesto’, il solo capace di dare un
senso agli elementi che vi si inscrivono.
CAPITOLO II°
LE PRINCIPALI TEORIE DELLA COMUNICAZIONE
"Per comunicare con il mondo occorre sapere sacrificare l’egocentrismo personale, in altre parole, saper assumere la propria fragilità”.
S. Resnik
2.1 PREMESSA
La comunicazione costituisce uno dei problemi basilari della riflessione pedagogica in
virtù della impostazione interattiva che assume necessariamente ogni relazione
umana che muova, anche se in termini empirici e occasionali, da una intenzionalità
formativa. In realtà la comunicazione nei processi formativi si presenta come un
coagulo di problemi e processi che occorre individuare e specificare se si vuole
cogliere l'ampio orizzonte di implicazione fondativa e l'enorme potenziale di
esplicazione funzionale che essa presenta.
Sul piano fondativo il punto di partenza è rappresentato dal riconoscimento
dell'intrinseco rapporto esistente tra comunicazione e condizione umana.
Quest'ultima, infatti, se da una parte presenta il carattere di finitezza, dall'altra mostra
anche quello di apertura verso il mondo: per questo la condizione umana si esplica
come trama di relazioni, per cui il rapporto con gli altri, prima di essere una
intenzionalità è una scelta, si pone come modo di essere al mondo in quanto nella
dimensione comunicativa si esplica la possibilità di trascendere la finitezza e si attua
la crescita stessa dell'uomo.
Comunicare, infatti, costituisce il processo attraverso il quale, secondo l'etimo della
parola, gli uomini rendono "comuni", cioè si scambiano reciprocamente, contenuti
psicomentali quali idee, pensieri, informazioni, esperienze, conoscenze, desideri,
bisogni, ecc. per cui esso si pone da sempre come un "gioco a somma positiva", vale
a dire come operazione che produce una addizionalità un incremento di contenuto
della condizione individuale.
Per questa capacità di determinare effetti di partecipazione e di condivisione di valori,
principi e idee, la comunicazione ha costituito anche la procedura per eccellenza di
cementazione dei gruppi sociali, etnici, religiosi. Questo vuol dire che l'uomo
comunica non solo per la sua condizione esistenziale di appartenenza al mondo, ma
anche in virtù della sua appartenenza a una specifica situazione storica, sociale,
culturale in quanto comunica secondo le regole particolari di una determinata
comunità di soggetti.
Siamo all'agire comunicativo di cui parla Habermas, sicché comunicare significa
"patteggiare" sulle condizioni dello scambio, sul tipo di linguaggio e su ogni altro
aspetto dell'interazione, in altre parole significa cercare le migliori condizioni per
consentire la comprensione dei messaggi trasmessi.
Già da queste considerazioni introduttive emerge quella che abbiamo indicato come
complessità problematica della comunicazione, la quale mette in gioco numerosi
elementi in qualche modo così rappresentabili:
SCHEMA DEL PROCESSO COMUNICATIVO
Di fronte a
questa
strutturazione
di elementi era inevitabile il costituirsi di teorie tendenti a porre il primato di questo o
quell'elemento secondo modelli di studio propri delle diverse scienze.
Sono stati elaborati, in tal senso, il modello cibernetico (che prospetta la
trasmissione delle informazioni nell'ambito di un sistema dotato di autoregolazione), il modello statistico (che considera la trasmissione di segnali misurabili nella loro
quantità e specificità), il modello semiologico (che esamina la comunicazione sul
versante del problema della significazione), il modello sociologico (che considera
]a funzione di cementazione sociale che la comunicazione realizza), il modello psicologico (che evidenzia la relazione tra comunicazione e comportamento umano)
ecc.
Adottando un criterio di massima possiamo classificarle anche in diverse teorie che
svalutano il soggetto:
- la teoria organismica
- i principi della comunicazione assertiva
- la teoria razionalistica
- la teoria dell'informazione
- la teoria strutturalista
- la teoria comportamentista
- la teoria retorica
- la teoria analitica
- la teoria operazionale
..oltre ad altre teorie che sono centrate sul soggetto.
La comunicazione non può esimersi dal valutare alcuni principi fondamentali emersi
durante il suo affascinante cammino evolutivo; tra questi, la pragmatica di P.
Watzlawick ha offerto importanti spunti riflessivi che tutt’oggi sono un importante
punto di riferimento della più moderna comunicazione efficace.
Prima di avventurarci all’interno del pragmatismo, riporto un brevissimo sunto dei
significati delle teorie poc’anzi elencate:
TEORIA RAZIONALISTICA.
La teoria razionalistica, considera la comunicazione come la capacità di trasmettere
un contenuto oggettivo di pensiero attraverso proposizioni linguistiche dotate di un
valore di verità o falsità determinabile appunto con criteri logico-razionali. Alla base
vi e l'assunzione della logica proposizionale, la quale considera appunto la
proposizione solo nelle sue determinazioni logiche con esclusione della dimensione
psicologica, in quanto viene posta in gioco solo la relazione tra pensiero e
linguaggio.
TEORIA DELL'INFORMAZIONE
La teoria dell'informazione può essere esemplificata ricorrendo all'immagine
dell'impiegato che deve trasmettere un telegramma. Il suo compito non e quello
d'interferire nel messaggio ma quello di trasmettere il testo al destinatario senza
alterazioni, proponendo tutt'al più al trasmettitore, il modo in cui sintetizzarlo al
massimo per ragioni economiche.
In definitiva la teoria dell'informazione prende in considerazione due fattori
fondamentali: la quantità delle informazioni e la velocità della loro trasmissione.
TEORIA STRUTTURALISTA
La teoria strutturalista considera il messaggio come tale, al di fuori di ogni
dimensione temporo - spaziale. Gli strutturalisti privilegiano il linguaggio visto come
sistema formale avente un primato sulla contingenza dell'atto linguistico. Questo
comporta che il prodotto linguistico sia oggettivabile, cioè sia considerabile separatamente dal soggetto che risulta intercambiabile in quanto il suo modo di
essere e il suo pensiero sono ininfluenti.
TEORIA COMPORTAMENTISTA
La teoria comportamentista considera emittente e ricevente come due scatole nere
con messaggi in arrivo e in partenza.
TEORIA RETORICA
La teoria retorica, ampiamente trattata nel capitolo precedente, pone la
comunicazione come ricerca di assenso (più che di consenso) da parte del
ricevente, per cui valorizza le procedure oratorie come il sillogismo probabile, e molte
altre ...
TEORIA ANALITICA
La teoria analitica o referenziale nel campo linguistico, cerca di cogliere l' essenza del
significato risolvendolo nelle sue principali componenti. E' la posizione di Ogden e
Richards con il loro "triangolo fondamentale" comprendente simbolo, referente e
referenza (o linguaggio).
TEORIA OPERAZIONALE
La teoria operazionale studia le parole in atto e si interessa più degli effetti del
significato che della sua natura. Una teoria operazionale del significato è quella
prospettata da Wittgenstein, per il quale il significato di una parola corrisponde al suo
uso, cioè dipende dal suo ruolo nel gioco linguistico. Le parole hanno funzioni diverse
come sono diverse le funzioni di oggetti quali chiodi, martelli, ecc. Wittgenstin elimina
il ricorso a processi mentali in quanto li considera soggettivi e perciò incontrollabili,
per cui pone il significato nell' uso, nell' ambito contestuale, cioè nell' ambito empirico
o operazionale.
2.2 - LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE
La pragmatica della comunicazione è una impostazione teorica e metodologica che tenta una elaborazione esaustiva di tutti i fenomeni che scaturiscono in una interazione interpersonale (Watzlawick , La pragmatica della comunicazione –
Astrolabio 1967).
Questa teoria considera l'individuo come il possessore di uno o più sistemi relazionali
collegato con altri sistemi relazionali (posseduti da altri individui) che sono in diretto
contatto l'uno con l'altro e che mutano col mutare o col diversificarsi di uno di essi
(Parsons e Bales, 1952). L'individuo formerebbe quindi, insieme a tutti gli altri
individui con i quali entra in contatto, un sistema di reti in collegamento che hanno la
possibilità di dare e ricevere informazioni.
Viene definita comunicazione proprio questo passaggio di informazioni,
indipendentemente dal mezzo usato, vocale o gestuale, ecc., e indipendentemente
dal fatto che gli individui ne abbiano o meno coscienza.
La pragmatica della comunicazione si occupa, in ultima analisi, degli effetti della comunicazione sul comportamento.
A questo proposito è utile ricordare il concetto di circolarità della comunicazione (vedasi capitolo precedente): il processo comunicativo non è separabile in
comunicazione da parte di un soggetto A e risposta o reazione alla comunicazione
da parte del soggetto B; nella realtà avviene una sequenza ininterrotta di scambi
comunicativi, che attraverso il feedback passano il flusso comunicativo da un
soggetto all'altro, in senso circolare. Anche una non risposta, nel caso in cui il
partecipante ad una interazione non risponda alle domande che gli pone il suo
interlocutore, può essere comunicativa.
Haley (1967) sottolinea, infatti, l'inevitabilità della comunicazione, considerando che,
una volta che si stabilisce una rete di interazioni, i membri che l'hanno creata non
possono sottrarsi dall'essere comunicativi, che lo vogliano o meno, che ne siano
consapevoli o meno.
Partendo dalla teoria dei sistemi si può postulare, dunque, un’influenza di tipo
circolare in cui svolge un ruolo fondamentale il fenomeno della retroazione.
Essa può essere positiva o negativa e in entrambi i casi parte dei dati di uscita sono
reintrodotti nel sistema come informazione circa l’uscita stessa; ma, mentre la
retroazione positiva provoca la perdita di stabilità e di equilibrio del sistema, e quindi
un cambiamento, la retroazione negativa caratterizza l'omeostasi e pertanto aiuta a
raggiungere e mantenere la stabilità delle relazioni utilizzando l’informazione per far
diminuire la deviazione all’uscita rispetto a una norma prestabilita o previsione
dell’insieme.
Da questo punto di vista i sistemi interpersonali quali gruppi di amici, di lavoro,
famigliari, possono essere considerati circuiti di retroazione poiché il comportamento
di ogni persona influenza il ed è influenzato dal comportamento altrui.
Quindi la comunicazione non modifica soltanto le conoscenze e gli atteggiamenti del ricevente, ma anche i rapporti interpersonali fra emittente e ricevente. Il messaggio, infatti, non è mai neutro, ma implica sempre un certo tipo di
rapporto attuale o potenziale, fra l’emittente e il ricevente.
Il senso di superiorità o di inferiorità dell’emittente può trasparire non solo dalla scelta
delle parole usate o dalla costruzione del discorso, ma in modo esternamente forte,
da tutta la comunicazione non verbale, ed in particolare dagli indicatori del tono di
voce e della gestione dello spazio (es.: l’imponenza della cattedra utilizzata e la sua
posizione a simboleggiare la supremazia del docente).
Vediamo quindi che il contesto in cui ha luogo aiuta a chiarire ulteriormente la comunicazione, anche se essa è di tipo non verbale.
Infatti, è palese come certi gesti anche comuni possano venire collocati
esclusivamente in certi ambiti, o come altri tipi di comunicazione analogica possano
essere diversamente interpretati a seconda del contesto in cui si attuano.
Anche la punteggiatura delle sequenze degli scambi comunicativi aiuta ad
organizzare gli scambi comportamentali ed è quindi fondamentale per le
interazioni in corso, poiché una diversa lettura della medesima porterebbe sicuramente i comunicanti a fraintendimenti e ad una distorsione della realtà.
Una di queste possibili distorsioni è stata definita da Watzlawick e colleghi il
fenomeno della “profezia che si autodetermina”, esso, dal punto di vista
dell’interazione porta il comportamento dell’individuo ad una ridondanza tale da avere
un effetto complementare sugli altri.
L’aspetto tipico della sequenza è che l’individuo in questione crede di reagire a degli
atteggiamenti e non di provocarli.
Tutti gli scambi comunicativi sono composti da due categorie fondamentali di
interazione:
1. SIMMETRICA;
2. COMPLEMENTARE.
Entrambe hanno funzioni importanti e nelle relazioni “sane” esse si alternano e
operano in campi diversi.
Pertanto tutti gli scambi comunicativi sono simmetrici o complementari a seconda
che siano basati su un rapporto di uguaglianza o di subordinazione/predominanza tra
i soggetti coinvolti nell’interazione.
La comunicazione, pertanto, è spesso veicolo di messaggi che non hanno una
chiave di lettura unica, in quanto, come si è visto, ha un ruolo notevole
l’interpretazione da parte degli interlocutori. In qualche caso, però, la comunicazione
può trasmettere dei messaggi che non possono comunque essere interpretati in
quanto sono messaggi paradossali.
Si può definire il paradosso come una contraddizione che deriva dalla deduzione
corretta di premesse coerenti.
La reazione a tali messaggi avviene di solito sul piano della relazione e non sul piano
del contenuto, in quanto su questo piano essi non possono nemmeno avere una
risposta di tipo logico. I messaggi paradossali inoltre mettono il ricevente in un
determinato schema di riferimento tale per cui egli non può trovare una soluzione se
non ponendosi totalmente al di fuori di tale schema.
LA COMUNICAZIONE PARADOSSALE è stata particolarmente esaminata dalla
psicologia clinica di orientamento sistemico, nata negli anni ‘70 a Palo Alto, che ha
studiato i disturbi mentali sulla base dell’interpretazione della comunicazione nel
sistema famiglia.
Poiché le comunicazioni paradossali legano fortemente i soggetti coinvolti, dall’interno non si può provocare nessun cambiamento, per cui esso può verificarsi soltanto uscendo dal modello.
Pertanto nelle relazioni comunicative è molto importante non cadere nel circolo
vizioso della comunicazione paradossale, che veicolerebbe solamente frustrazione ai
partecipanti incapaci di uscirne.
Questo impasse è stato definito dalla teoria sistemica doppio legame.
Il doppio legame è costituito da una successione di comunicazioni paradossali
dell’emittente a cui il ricevente risponde mantenendosi all’interno dello schema, e
pertanto senza uscire e comunicare sulla relazione, invece che sul contenuto. Tale
rapporto non è univoco, ma si costituisce proprio dall’interazione tra le due persone,
le quali contribuiscono sia a costruire il doppio legame che ad incrementarlo e
perpetuarlo, cosicché esso finisce per creare un vincolo durevole sempre più
coinvolgente, in contrasto con l’essenza stessa dell’atto comunicativo.
Infatti, ALLA BASE DELLA COMUNICAZIONE È IL CAMBIAMENTO, poiché l’azione
comunicativa diviene significativa solamente allorché inserita in un circuito di relazioni
ed orientata a modificare il comportamento degli altri soggetti coinvolti nella
relazione.
Secondo Quaglino (1992) esiste un livello trasformativo anche nella comunicazione
specificatamente aziendale, che lega il dialogo e la conoscenza nella direzione
dell’innovazione, considerando ogni azione comunicativa un’occasione di
mutamento.
2.3 - LA TEORIA ORGANISMICA
Da quando Cartesio nel diciassettesimo secolo divise l'individuo in due entità
separate ma interagenti, corpo e mente, e Wundt nel 19° secolo, spezzettò la mente
riducendola a particelle elementari di sensazioni, sentimenti e immagini, vi sono stati
ripetuti tentativi di riunire corpo e mente e di trattare l'organismo come un tutto
unificato e organizzato. Un importante tentativo in questo senso è conosciuto come
la teoria "organismica" o "olistica" che trova in Jan Smuts, statista e generale sud-
africano, l'esponente filosofico più accreditato della teoria organismica.
Smuts ha coniato la parola "Olismo" dalla radice greca Holos, che significa
completo, tutto, intero.
Nelle dinamiche aziendali, ad esempio, ciò significa che una persona che lavora non
deve essere valutata come la prestazione che produce, ma come un'entità
complessiva (organismo) che nel produrre la prestazione entra in gioco in tutti i suoi
aspetti, come nel campo dell'apprendimento una persona impara un tutto significativo
piuttosto che in modo spezzettato.
L'affermazione fondamentale della teoria organismica è che l'organismo si comporta sempre come un tutto unificato e non come una serie di parti differenziate.
La mente e il corpo non sono entità separate e non si può pensare che il cervello sia
formato da facoltà o elementi indipendenti e il corpo a sua volta, da organi e processi
indipendenti.
L'organismo è una singola unità e ciò che succede in una parte influenza il tutto.
LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELLA TEORIA ORGANISMICA POSSONO ESSERE COSÌ RIASSUNTE:
1) La teoria organismica sottolinea l'unità, l'integrazione, la coerenza della personalità normale.
L'organizzazione rappresenta lo stato naturale dell'organismo, la disorganizzazione
quello patologico, che è di solito causato dall'influenza di un ambiente oppressivo o
minaccioso. A questo concetto di integrazione corrisponde quello di egualizzazione:
intanto un organismo è bene integrato in quanto dispone di energia costante che
tende ad essere distribuita ugualmente per realizzare una condizione di omeostasi.
Il mangiare quando si ha fame, il riposarsi quando si è stanchi sono esempi del
processo di egualizzazione.
2) La teoria organismica presuppone che l'individuo sia motivato da un impulso sovrano piuttosto che da una molteplicità di impulsi.
Il nome che Goldstein (esponente più importante della teoria organismica) ha dato a
questa motivazione sovrana è autoattualizzazione o autorealizzazione, il che significa
che l'uomo lotta continuamente per rendere effettive le sue potenzialità attraverso
qualsiasi via trovi aperta. Questa unitarietà di scopo fornisce direzione e unità alla vita.
L'autoattualizzazione costituisce la tendenza creativa della natura umana e il
principio per cui l'organismo si sviluppa più pienamente e più compiutamente.
Goldstain ritiene che il miglior modo in cui questo possa essere fatto sia quello di
cercare di scoprire ciò che una persona preferisce e ciò che fa nella maniera
migliore. Le sue preferenze corrispondono alle sue potenzialità.
3) La teoria organismica presuppone che l'individuo venga ad un accomodamento con l'ambiente.
L'ambiente è importante sia come fonte di disturbi a cui l'individuo deve far fronte, sia
come fonte di mezzi di cui l'organismo si avvale per agire. L'ambiente cioè, si insinua
nell'organismo, stimolandolo o sovrastimolandolo al punto che l'equilibrio organico sia
sconvolto, mentre, d'altra parte, l'organismo sconvolto cerca nell'ambiente ciò di cui
ha bisogno per equilibrare la tensione interna. In altri termini, organismo e ambiente
interagiscono. Un organismo sano è quello in cui la tendenza verso
l'autorealizzazione agisce dall'interno e supera le difficoltà che nascono dal conflitto
con il mondo, grazie alla gioia della conquista. Questo ci fa capire che venire ad un
accomodamento con l'ambiente consiste in primo luogo nel riuscire a dominarlo. Se
ciò non è possibile, allora la persona deve accettare le difficoltà e adattarsi meglio
che può alla realtà.
CONCLUDENDO:
Secondo la teoria organismica, lo sviluppo della personalità di un individuo, quindi, la sua "sanità" dipendono dalla espressione delle sue potenzialità (autorealizzazione) dall'omeostasi (condizione di equilibrio energetico) da un ambiente favorevole (non opprimente che facilita l'espressione delle potenzialità e dalla capacità di adattamento nell’ambiente).
2.4 - LA COMUNICAZIONE ASSERTIVA "l'assertività è la capacità del soggetto di utilizzare in ogni contesto relazionale, modalità di comunicazione che rendano altamente probabili reazioni positive dell'ambiente e annullino o riducano la possibilità di reazioni negative".
(Libet e Levinson –La Pragmatica ed. Il Mulino, 1985)
PREMESSA:
La comunicazione assertiva è un metodo di interazione con gli altri fondato su
alcuni elementi quali:
1) Un comportamento partecipe attivo e non "reattivo"
2) Un atteggiamento responsabile, caratterizzato da piena fiducia in sé e
negli altri
3) Una piena e completa manifestazione di sé stessi, funzionale
all'affermazione dei propri diritti senza la negazione di quelli altrui e senza ansie o
sensi di colpa
4) Un atteggiamento non censorio avulso dall'uso di etichette, stereotipi e
pregiudizi
5) La capacità di comunicare i propri sentimenti in maniera chiara e
diretta ma non minacciosa o aggressiva.
Lo stile assertivo si basa sul diritto di essere trattati con rispetto, di essere sé
stessi e di essere liberi di credere nei propri ideali. Ciascuno di noi ha uno spazio
personale che gli altri debbono rispettare, ma quando ne usciamo per muoverci in
pubblico, allora dobbiamo rispettare i diritti degli altri.
Un altro importante elemento dello stile assertivo è il senso della responsabilità delle proprie azioni, da intendersi come affermazione e difesa dei nostri diritti
accettando le conseguenze delle nostre azioni.
LE CARATTERISTICHE DELLO STILE ASSERTIVO
VERBALE: le parole usate
COGNITIVO: i processi mentali seguiti
EMOTIVO: il livello dei sentimenti
NON VERBALE: il linguaggio del corpo
CARATTERISTICHE DELLO STILE ASSERTIVO
Il comportamento assertivo si riconosce da alcune espressioni corporali particolarmente aperte, cordiali e coerenti nei vari livelli della comunicazione.
Presupposto fondamentale dell'assertività è il saper ascoltare ovvero prestare
attenzione non solo al contenuto razionale ma anche a quello emotivo della
comunicazione, riassumere e dare feed-back e chiedere chiarimenti.
La riduzione dell'ansia e l'emergere delle convinzioni positive conseguenti al
comportamento assertivo permettono lo sviluppo e la crescita della fiducia in sé stessi.
LA COMPONENTE VERBALE
E' bene usare parole che esprimono fiducia in sé stessi e negli altri. A questo
scopo è opportuno descrivere il comportamento altrui in maniera non censoria, vale a
dire senza imporsi ed evitando giudizi ed ordini categorici.
È importante anche evitare di ferire la sensibilità altrui con espressione o giudizio
offensivo.
LA COMPONENTE COGNITIVA
La componente cognitiva comprende tutti i pensieri che condizionano il nostro comportamento. Esistono persone talmente esigenti nei propri confronti da negarsi
una possibilità di essere assertivi o che rinunciano a farsi valere per mancanza di
fiducia in se stessi sconfinando in atteggiamenti rinunciatari. Sarebbe invece utile
l'atteggiamento opposto: credere nella propria capacità di affermarsi e di immaginarsi
nell'atto di riuscire.
LA COMPONENTE EMOTIVA
La componente emotiva comprende il livello di emotività e il tono e il volume della voce. È importante trasmettere il proprio messaggio a livello emotivo più adatto alla
situazione, perché il tono di voce ha un ruolo decisivo nell'opera di persuasione.
LA COMPONENTE NON VERBALE
La componente non verbale è estremamente importante. Gran parte della
comunicazione avviene infatti non verbalmente, e la comunicazione non verbale ha un forte impatto sull'interlocutore. Un'analisi dei vari comportamenti non verbali
può essere basata sul contatto visivo, sulle espressioni del volto, sul silenzio, sul tono, volume e inflessione della voce, sui gesti e sul linguaggio del corpo.
LO STILE DI COMUNICAZIONE ASSERTIVO
Lo stile di comunicazione ha a che fare con il modo in cui si dicono le cose. Infatti se
il "come" piace si ascolterà anche il "che cosa".
Quando si comunica qualcosa è soprattutto importante dire ciò che si vuole dire in
modo chiaro e comprensibile all'altro ed inoltre è importante esplicitare le proprie
intenzioni in modo rispettoso verso l'altro, nel senso che, ciò che viene detto non
deve sottintendere "manipolazioni".
Tre sono gli stili di comunicazione principali:
- lo stile AGGRESSIVO che è quello che sottintende una minaccia (Es. "Se non fa
questo lavoro non la mando in ferie"). Questo tipo di messaggio suscita
nell'ascoltatore senso di frustrazione, quindi aggressività, che il soggetto può
"esplodere" cioè indirizzare verso l'esterno, oppure "implodere", cioè rivolgere verso
se stesso, con conseguenze di tipo depressivo o psicosomatico.
- lo stile VITTIMISTICO è quello stile che il parlante adotta enfatizzando il proprio
disagio come conseguenza del comportamento dell'altro. (Es. "Se non fa questo
lavoro io sarò rovinato!"). Questo tipo di messaggio metacomunica ansia e pericolo e
provoca come conseguenza nell'ascoltatore o senso di colpa o rabbia-disappunto, se
percepisce la manipolazione.
- lo stile ASSERTIVO consiste nel dire le cose con chiarezza attraverso l'uso del
messaggio in prima persona. (Es. "Penso che sia necessario che lei faccia questo
lavoro per poi poter andare in ferie"). Il messaggio in questo caso è trasparente e
dettato dalle esigenze della realtà. Suscita senso di responsabilità, senza provocare
sentimenti negativi.
Lo stile di comunicazione assertivo rappresenta uno strumento di gestione e di
superamento della resistenza al cambiamento, perché attraverso questo stile, il
leader si pone in modo deciso e responsabile e come tale, affidabile e rassicurante.
Questo atteggiamento è pertanto lenitivo rispetto all'ansia del dipendente.
OBIETTIVI DELL’ASSERTIVITÀ
Fornire suggerimenti per migliorare la propria influenza e gestire le situazioni
conflittuali. Sviluppare capacità di gestione delle situazioni critiche sia dal punto di
vista metodologico che da quello relazionale. Aumentare la fiducia in se stessi.
Individuare comportamenti adeguati in situazioni problematiche con clienti, fornitori,
dipendenti, colleghi e superiori
CAPITOLO III°
DAI PROCESSI COGNITIVI ALL’EMPATIA
La trasparenza è l’accordo tra i sentimenti manifestati e quelli realmente provati. Se l’interlocutore percepisce trasparenza, si apre con fiducia, altrimenti si chiude difensivamente. (C. Rogers , A therapist's view of Theraphy, 1959).
1 - IL PENSIERO 2 – L’ACQUISIZIONE DI INFORMAZIONI 3 - LA PERSONALITA' 4 – LA "MOTIVAZIONE" DI MASLOW 5 – L’ EMPATIA . TEORIE DI CARL ROGERS
• PREMESSA
La comunicazione è un trasferimento di conoscenze in forma di feed-back che porta ad un processo. Abbiamo ampiamente trattato il termine comunicazione, soffermandoci sulle più
importanti teorie ad essa legate. Ora sappiamo che comunicare significa dire o
trasmettere qualcosa (messaggio) e, ciò è il risultato di vari processi cognitivi
interagenti tra loro. Per trasmettere qualcosa è necessario infatti pensarla e poi
esprimerla, avvalendosi di modi personali di esternazione, questo per quanto
riguarda il trasmittente. Lo stesso vale per il ricevente quando percepisce il
messaggio e dà la risposta.
I processi cognitivi coinvolti nella comunicazione sono quindi la percezione, il pensiero, il linguaggio e tutti gli strumenti espressivi non verbali ad esso connessi.
Nel processo di comunicazione abbiamo visto che è coinvolta anche la personalità,
che rappresenta il modo di essere complessivo di una persona composta da aspetti
cognitivi e da aspetti emotivi, e questo a prescindere dai sistemi di interazione in cui
l’individuo è inserito. In questo capitolo verrà quindi trattato più dettagliatamente il
pensiero e la personalità, che a mio avviso sono gli elementi di base più significativi
della comunicazione, cercando di spiegare come queste due variabili siano
determinanti per la qualità delle relazioni interpersonali e quindi delle relazioni
aziendali.
3.1 - IL PENSIERO - Definizione e tipologie di pensiero
Il pensiero è un processo cognitivo complesso: cognitivo perché ha a che fare
con la conoscenza, complesso, perché implica i processi mentali di memoria,
attenzione, concentrazione, giudizio.
Esso utilizza come canali di espressione sia la comunicazione verbale CNV che
quella non verbale CV ed è uno degli aspetti della personalità.
Il pensiero può assumere diverse forme: pensiero produttivo, pensiero quotidiano, pensiero primitivo, pensiero prevenuto (o pregiudizio). Nel campo
della psicopatologia possiamo a grandi linee distinguere il pensiero nevrotico dal
pensiero psicotico, caratterizzati da una deviazione della logica che nel pensiero psicotico è ancora maggiore di quella presente nel pensiero nevrotico.
Infine nel campo dello sviluppo si individuano varie fasi di sviluppo del pensiero che
vanno dalla nascita all'età adulta della persona.
La psicologia dello sviluppo cognitivo che ha come maggiore rappresentante
Jean Piaget, che struttura l'evoluzione del pensiero attraverso 4 stadi, e ciascuno di
essi si basa su quello precedente e deriva in esso.
I meccanismi che consentono al bambino di passare da uno stadio a quello
successivo sono l'assimilazione e l'accomodamento.
L'assimilazione: consiste nell'acquisire elementi di conoscenza nuovi
L'accomodamento: è invece la tendenza a modificare i propri schemi di azione per
renderli compatibili con l'oggetto nuovo (riorganizzazione della conoscenza).
Lo sviluppo mentale si basa su un processo di equilibrazione di queste due tendenze.
Possiamo dire che anche la crescita personale dell'adulto nella quale rientra anche
quella professionale, intesa nel senso della sua evoluzione, avviene attraverso
meccanismi di assimilazione-accomodamento.
Darò ora qualche cenno sul pensiero produttivo, sul pensiero quotidiano e sul
pensiero primitivo per passare poi al pensiero prevenuto (o pregiudizio) che penso
c'interessi maggiormente come fattore di rischio nelle dinamiche relazionali che
attengono alla gestione delle risorse umane.
IL PENSIERO PRODUTTIVO si esprime quando si trovano idee originali e migliori
relative alla soluzione di un problema. Una scoperta scientifica, cosi come la
soluzione di un piccolo problema domestico sono esempi di pensiero produttivo.
Infatti sia nell'uno che nell'altro caso, non è l'agire per prove ed errori, alla cieca, ma
l'utilizzo razionale delle proprie conoscenze che consente di verificare l'attendibilità di
un'ipotesi formulata.
(Il brainstorming, utile anche nelle relazioni aziendali per trovare soluzioni più efficaci,
è una tecnica diretta a migliorare il pensiero creativo attraverso l'interazione di un
gruppo. Il gruppo infatti, facilita la produzione di idee nuove in quanto l'idea di una
persona stimola la produzione di idee nell'altra e così via. Si è visto comunque che
un programma che prevede dei periodi di pensiero individuale, alternati a periodi di
pensiero di gruppo, è quello che produce i risultati migliori).
IL PENSIERO QUOTIDIANO, secondo Barlet, è quei tipo di pensiero che entra in
azione nelle moltissime situazioni della vita di ogni giorno, in cui le persone, senza
essere logiche, intendono ugualmente assumere una posizione e arrivare ad una
soluzione. E il pensiero che caratterizza la vita di routine. Esso trascura le indagini
preliminari, giungendo in maniera rapida alla soluzione del problema. E’ orientato a
prese di posizione decise e ben definite; inoltre non vi sono grosse elaborazioni tra
dati di partenza e conclusioni.
(Nelle relazioni aziendali può essere rappresentato dallo svolgimento del lavoro
giornaliero che si attua in modo ripetitivo: per esempio lo svolgimento di una pratica
di routine).
IL PENSIERO PRIMITIVO O MAGICO è un pensiero arcaico che parte da premesse
diverse dal pensiero logico. Trae origine negli strati più profondi della psiche. La
caratteristica di questo pensiero è di attribuire le cause dei fenomeni alle forze
soprannaturali, a qualcosa di divino, di magico, anziché a processi logico-razionali,
fondati sulla spiegazione logica degli eventi. (Es. secondo il pensiero logico, un
terremoto è causato da fenomeni che si spiegano su base scientifica, mentre
secondo il pensiero arcaico da forze soprannaturali).
Il pensiero logico inoltre accetta la fortuita, mentre il pensiero primitivo attribuisce la
fortuita a forze soprannaturali.
Il pensiero primitivo attribuisce alle forze soprannaturali sia quegli eventi che secondo
il pensiero logico si spiegano secondo i principi della logica, che quegli eventi che
sono riferibili al caso. Esso infatti non prende in considerazione come premessa, né
la logica, né la fortuita, ma solo le forze soprannaturali e magiche.
IL PENSIERO PREVENUTO è il pregiudizio, quello che prescinde da un esame
della situazione. Ad esempio, lo stereotipo del meridionale dice che i meridionali sono
tutti impulsivi, gelosi, furbi, vendicativi.
Questo modo di pensare, particolarmente rigido non parte dal presupposto di
considerare ogni persona per quello che è, ma affibbia un'etichetta riduttiva. Esso è appunto caratterizzato dalla rigidità cognitiva. Abbiamo cioè una resistenza della
credenza prevenuta a modificarsi di fronte alte esperienze contrarie e a porsi come
una conoscenza completa e definitiva. Il pregiudizio è un grosso rischio che si corre
nella valutazione di persone e situazioni anche nelle relazioni aziendali. Esistono in
proposito diversi pregiudizi.
L'errore a cui porta il pregiudizio è quello di far incorrere la persona negli automatismi
che impediscono di valutare soggetti e situazioni di volta in volta nella loro
complessità. Certamente è più facile e più economico farsi un'idea semplice e
sommaria di qualcuno o di qualcosa, anziché stare lì con atteggiamento di apertura
mentale e lasciarsi prendere (o sorprendere) dalle cose così come si presentano
traendone elementi di conoscenza nuova. Come dicevo ciò richiede un maggiore
impegno di energia perché presuppone la continua ristrutturazione del quadro
valutativo, derivante dalla realtà che ci si trova di fronte. Tutto ciò produce però come
vantaggio quello di essere più congruenti perché più conformi all'esame di realtà,
quindi le scelte e gli orientamenti che derivano da un corretto esame di realtà
dispongono ad atteggiamenti e decisioni efficaci e razionali e quindi costruttivi e
produttivi.
L'effetto principale del pregiudizio è la generalizzazione.
Pensare (generalizzando) che le gite in montagna sono sempre pericolose, ci
consente di risparmiare la fatica e l'ansia di prendere una decisione ogni volta. La
generalizzazione ha quindi la funzione di abbassare l'entropia che conseguirebbe dal
valutare gli elementi diversi che caratterizzano una certa situazione, mettendoci in
condizione, prima di decidere di elaborare dubbi e conflitti.
3.2 - L’ACQUISIZIONE DI INFORMAZIONI
• Spesso pensiamo di essere dei tali conoscitori degli esseri umani, da essere
in grado di battezzare con successo le caratteristiche di ognuno in pochi secondi. Ad
avvalorare le nostre posizioni concorreranno fattori cognitivi e fattori
comportamentali.
I fattori cognitivi infatti tenderanno a cogliere le sole informazioni che
confermeranno le nostre opinioni trascurando tutti gli elementi che vanno dalla
direzione di negarle e ciò sempre per l'applicazione di un automatismo (cancelliamo il
resto).
Secondo i fattori comportamentali, tenteremo a comportarci come se l'altro fosse
esattamente come pensiamo che sia: se pensiamo per esempio che sia scostante, ci
comporteremo reagendo al suo ipotetico modo di essere scostante, mostrando ad
esempio a nostra volta chiusura o aggressività; l'interlocutore, ignaro di tutto, si
chiede per quale motivo ci stiamo comportando così e magari si difende diventando
scostante. Alla fine la nostra profezia si è auto verificata perché l'abbiamo provocata
noi.
Qualcuno, in questi casi, inconsapevole di questo processo, alla fine si dice che non
si era sbagliato nella sua percezione iniziale!
Il pensiero è dunque un'importante componente della personalità.
Il modo in cui pensiamo infatti, contribuisce a contraddistinguere il nostro stile
personale; stile personale è modo di essere e il modo di essere evidenzia la
personalità.
3.3 - LA PERSONALITA' - definizione concettuale.
La personalità è la modalità totale del comportamento di un individuo, che non
è la somma di modalità particolari o tratti, ma il prodotto della loro integrazione.
Modalità particolari del comportamento si integrano infatti in un tutto che costituisce
un'unità peculiare che si manifesta nella varietà dei suoi tratti.
Per quanto la personalità appartenga al comportamento e possa quindi essere
oggetto di osservazione, il suo valore discende dal giudizio di fattori intrinseci, quali il
modo di pensare, il modo di regolarsi in diverse situazioni, i particolari interessi, le
tendenze ecc... in questo senso la personalità è il ritratto psicologico; relativamente
stabile di una persona e, come l'immagine fisica, differisce, in un modo o nell'altro, da
quello di ogni altra persona.
Questa integrazione unica e distintiva delle caratteristiche di ogni persona è indicata
come struttura della personalità. Essa è più precisamente il modello unico di
integrazione pianificatrice dei tratti della personalità, che contraddistingue il
comportamento di ciascun individuo nell'ambiente.
Nel processo di integrazione della personalità uno o più tratti assumono una
posizione preminente, le cui caratteristiche favoriscono alcune modalità di
comportamento, subordinando altri tratti di minore importanza.
Nello studio della struttura di personalità (e nelle sue applicazioni cliniche) si cerca,
ove possibile, di porre in evidenza questa trama basilare della persona che è uno
strumento particolarmente utile per un ulteriore esame più approfondito.
In questo significato può intendersi ad es. l'accertamento della estroversione e
dell'introversione.
Peraltro con ciò non si vuole intendere, né promuovere una classificazione tipologica
della personalità, ma un orientamento di ricerca che segue un filo direttivo e consente
di comprendere meglio e valutare le modalità di reazioni che contraddistinguono
sempre un individuo dall'altro.
Nello studio della struttura di personalità si incontrano anche tratti contraddittori che,
presi isolatamente non sembrano avere un significato. Ma tutti possono assumere un
valore nell'integrazione unificatrice, anche se contrastanti con la trama basilare della
persona.
LA PERSONALITÀ NORMALE È UNA PERSONALITÀ BENE INTEGRATA.
Lo sviluppo della personalità è legato all'interazione di fattori biologici e di fattori sociali:
- I FATTORI BIOLOGICI pertinenti al sistema nervoso centrale, al sistema endocrino, alla costituzione fisica generale ecc. sono in parte determinati da disposizioni ereditarie.
- I FATTORI SOCIALI esprimono il modello culturale del gruppo in cui l'individuo vive. Successi e insuccessi, vicende di particolare gravità possono
incidere in maniera rilevante, già nella prima età sullo sviluppo della personalità o
provocare modificazioni anche profonde in esso.
* * * La personalità non sempre si distingue nettamente dal carattere che ne è
sostanzialmente un aspetto particolare, riguardante quei tratti che si manifestano in
stretta relazione con il modello morale accettato da una data società.
Solo intesa così comprensivamente, la personalità può definirsi lo stile dell'uomo.
3.3A – LA TEORIA DELLA PERSONALITÀ
La teoria della personalità è un modello di studio del comportamento umano
per migliorare la funzionalità dell'organismo ai fini di un migliore adattamento.
Il teorico della personalità è colui quindi che osserva e comprende, il comportamento
umano. La teoria della personalità risale ai grandi pensatori classici, come
Ippocrate, Platone e Aristotele; ma ha avuto contributi anche da S. Tommaso, Hobbes, Locke e Machiavelli. Le sue fonti di origine relativamente recenti risalgono
a Charcot e a Janet, tuttavia Freud e Young vengono riconosciuti come i principali
esponenti.
Più recente è l'influsso della psicologia sperimentale e della teoria
dell'apprendimento, nonché della tradizione psicometrica, centrata sulla misura e
sullo studio delle differenze individuali, da cui è derivato un sempre maggiore
affinamento della misura e dell'analisi quantitativa dei vari dati.
Le teorie della personalità sono orientate in modo funzionale, nel senso che
prendono in considerazione quei problemi che determinano un cambiamento
nell’adattamento dell'organismo e si centrano su problemi di fondamentale
importanza per la sopravvivenza dell'individuo.
Infatti i teorici della personalità studiavano i motivi per i quali in alcuni individui si
sviluppano sintomi nevrotici inibitori della funzionalità in assenza di lesioni organiche,
l'importanza del trauma infantile nell'adattamento dell'adulto, le condizioni favorevoli
al recupero della salute psichica e le principali motivazioni del comportamento umano
che sono considerate la chiave di comprensione dello stesso.
Freud e Mc Dougall per primi attribuirono notevole importanza al processo della motivazione.
Da questo interesse per la funzionalità dell'organismo e per la motivazione, deriva
che il teorico della personalità è convinto che l'adeguata comprensione del comportamento umano possa ottenersi solo attraverso lo studio della persona nella sua totalità.
CONCLUDENDO:
Il teorico della personalità accetta come dato legittimo per le sue costruzioni
qualsiasi aspetto del comportamento che abbia un rilievo funzionale.
Inoltre insiste sul fatto che soltanto lo studio dell'individuo, visto in un contesto
ampio, può approdare ad una adeguata comprensione del suo comportamento.
Infine, vede nella motivazione, cioè nel "perché" le ragioni del comportamento.
Illustrerò pertanto la teoria di Maslow e la teoria di Rogers, entrambi facenti parte
della teoria organismica della personalità, perché a mio avviso trovano una migliore e
più diretta applicazione nel campo delle relazioni aziendali.
3.4. LA "MOTIVAZIONE" DI MASLOW
Mi soffermerò ora su alcuni tratti distintivi delle concezioni di Maslow sulla
personalità. Secondo A. Maslow l'uomo ha una natura innata che è essenzialmente buona e mai cattiva.
Dato che la personalità si rileva attraverso la maturazione in un ambiente favorevole
e attraverso lo sforzo attivo dell'individuo volto a realizzare la propria natura, le
potenzialità creative dell'uomo si manifestano sempre più chiaramente. Quando un
uomo è infelice o nevrotico è perché l'ambiente lo ha reso tale.
La distruttività e la violenza, per esempio, non sono innate nell'uomo; l'uomo diventa distruttivo quando la sua natura più intima viene travisata, negata o frustata.
Maslow distingue tra violenza patologica e aggressività sana, che è quella che si
batte contro l'ingiustizia, il pregiudizio e altri mali sociali. Egli ha proposto una teoria
della motivazione umana che distingue tra bisogni di base e metabisogni. Fra i
primi si collocano la fame, i bisogni di affetto di sicurezza, di autostima e simili. Fra i
secondi, i bisogni di giustizia, di bontà, di bellezza, di ordine, di unità e così via.
a. I bisogni di base sono legati a mancanze mentre i metabisogni sono bisogni di crescita.
b. I bisogni di base dominano sui metabisogni e sono ordinati secondo una gerarchia.
c. I metabisogni non hanno gerarchie, sono tutti ugualmente potenti e sono agevolmente intercambiabili.
d. I metabisogni sono altrettanto istintivi e propri dell'uomo dei bisogni di base e quando non sono soddisfatti l'individuo soffre. La metapatologia consiste infatti in stati di alienazione, angoscia, apatia e cinismo.
e. Le persone che soddisfano i metabisogni sono, secondo Maslow, le persone che si autorealizzano.
Queste persone presentano le seguenti caratteristiche:
1) SONO ORIENTATI MOLTO REALISTICAMENTE. 2) ACCETTANO SE STESSI, LE ALTRE PERSONE E IL MONDO PER CIÒ CHE SONO. 3) SONO MOLTO SPONTANEI. 4) SI CONCENTRANO PIÙ SU UN PROBLEMA CHE SU SE STESSI. 5) HANNO BISOGNO DI INTIMITÀ. 6) SONO AUTONOMI. 7) LA LORO VALUTAZIONE DELLE PERSONE E DELLE COSE È SPONTANEA E NON
STEREOTIPATA. 8) SI IDENTIFICANO CON L'UMANITÀ. 9) I LORO RAPPORTI CON LE PERSONE CHE AMANO TENDONO AD ESSERE PROFONDI E
SENTITI, INVECE CHE SUPERFICIALI. 10) I LORO VALORI E I LORO ATTEGGIAMENTI SONO DEMOCRATICI. 11) IL LORO SENSO UMORISTICO È BONARIO E NON OSTILE. 12) SONO DOTATI DI CREATIVITÀ. 13) RESISTONO AL CONFORMISMO CULTURALE.
3.5a LA SCALA DEI BISOGNI DI MASLOW,
viene rappresentata per il lavoro come segue:
a) bisogni fisiologici (bisogni elementari, come nutrirsi, ripararsi, guadagnare per
sopravvivere);
b) bisogni di sicurezza (sia fisica che economica, come la stabilità dell'impiego, la
garanzia del mantenimento del potere di acquisto della retribuzione, la possibilità di
vivere in un ambiente accettante, la definizione chiara dei compiti, dei diritti e dei
doveri);
c) bisogni sociali (desiderio di appartenenza ad un gruppo sociale, sentirsi quindi
amati e stimati. La loro soddisfazione è di vitale importanza per la formazione di una
personalità matura e adatta a vivere e ad operare in una organizzazione sociale);
d) bisogni di affermazione (di stima e di autostima, quindi di prestigio e di status,
cioè di essere riconosciuti nella propria identità e di essere apprezzati per le proprie
competenze);
e) bisogni di autorealizzazione (consistono nel desiderio di diventare ciò che si
vuole essere, nel bisogno di realizzare tutte le proprie potenzialità).
Il senso di orgoglio professionale può derivare dalla propria attività, anche se essa
non consente di conseguire prestigio e potere. Questo può avvenire qualora si
attribuisca un particolare valore alla realizzazione di se stessi, traendone un
sentimento di soddisfazione: ad es. il servizio reso agli altri come lo svolgimento di
un'attività socialmente utile, assume talvolta la più alta forma di autorealizzazione.
La scala dei bisogni di Maslow chiarisce quindi le dinamiche all'interno delle relazioni
aziendali.
In un primo momento si insiste sul soddisfacimento dei bisogni fisiologici e
pertanto sulla gratificazione economica (ad es. le incentivazioni). Successivamente
si insiste sulla sicurezza del lavoro e cioè l'impiego stabile, la prevenzione dello
stress lavorativo (es. l'irrigidimento dei mezzi di controllo). Si passa quindi a
rivendicare la partecipazione all'attività organizzativa all'interno della struttura,
attraverso il coinvolgimento del personale nelle decisioni relative all'attribuzione di
nuovi incarichi di lavoro. In tal modo si riconosce al lavoratore un adeguato senso di appartenenza al gruppo e lo si valorizza coinvolgendolo attivamente nei processi
lavorativi, riconoscendogli così stima e senso della propria identità. Si realizzano quindi, in tal modo, i bisogni sociali e di affermazione.
Ne verrà pertanto di conseguenza che una persona che si sente riconosciuta e
valorizzata esprimerà naturalmente anche un adeguato senso di responsabilità
rispetto al proprio ruolo.
Sarà quindi più portata a percepire la dimensione lavorativa come qualcosa che si
integra con l'espressione della propria identità, cogliendone anche la connotazione di
finalità sociale, anziché come un compito noioso da svolgere e pertanto vissuto in
maniera scissa dalla propria identità.
Una persona bene integrata nei vari aspetti del suo essere è infatti una persona che
si autorealizza. Con Maslow abbiamo visto un aspetto della competenza relazionale
che è appunto quella di tener conto della motivazione e dei bisogni.
Con Carl Rogers, invece, vedremo un altro aspetto della competenza relazionale, e
cioè la comunicazione efficace attraverso l'empatia, la congruenza e l'accettazione
positiva incondizionata.
Ma occupiamoci preliminarmente della teoria, detta dell'approccio centrato sulla
persona, facente parte anch'essa della teoria organismica.
3.5 LA TEORIA ROGERSIANA: L'approccio centrato sulla persona di Carl Rogers
La teoria rogersiana è detta anche teoria centrata sulla persona, benché avrebbe
potuto chiamarsi anche teoria centrata sull'organismo, dal momento che anche
Rogers tiene conto dell'organismo come elemento base della sua teoria. In realtà dire
"persona" o dire "organismo" è la stessa cosa perché la persona è l'organismo.
Ma la parola "persona" ha una maggiore connotazione psicologica.
L'organismo è, come dicevo, l'elemento centrale della teoria di Rogers. Esso è il
luogo di tutta l'esperienza ed ha una "tendenza fondamentale, quella di lottare per
utilizzare, mantenere ed esaltare l'organismo sperimentante" (Rogers 1951).
È quindi la base dei bisogni, ma a differenza di Maslow che considera una serie di
bisogni che attivano la motivazione, per Rogers l'organismo è dotato di un unica forza motivante che è l'impulso all'autorealizzazione e quindi l'unico scopo dell'individuo è quello di diventare realizzato, globale.
Questa forza è la "tendenza attualizzante". Essa è una spinta propulsiva (energia)
della quale l'individuo è dotato sin dalla nascita, che connota l'organismo e che è
diretta naturalmente verso l'espressione e la crescita attraverso l'estrinsecazione
delle potenzialità individuali.
Accade però, dice Rogers, che questa tendenza attualizzante, perfettamente
funzionante alla nascita, viene spesso, nel corso della vita, bloccata dal bisogno di
considerazione positiva.
Questo bisogno corrisponde a quello di essere amato e accettato e si presenta già in
età infantile ed è tanto forte da bloccare anche la tendenza attualizzante.
Sicché il bambino per paura di perdere l'affetto dei genitori (che frenano l'accesso ad
alcune sue esperienze attraverso l'espressione di un giudizio negativo: es. sei cattivo
se ti comporti così) blocca la sua tendenza attualizzante (spinta organismica) e si
crea il complesso di considerazione.
(Questo non significa che un genitore non debba dare limiti. Il limite infatti inteso
come elemento che misura la tolleranza alla frustrazione aiuta a crescere. Ciò che
non andrebbe fatto è vietare il comportamento facendolo seguire da un giudizio
negativo sulla persona. Bisogna inoltre essere empatici verso il bambino e cercare di
capire che senso ha per lui quel comportamento. Ad esempio, rompere un oggetto è
in genere un modo di esprimere il comportamento esplorativo).
Questo modo di porsi tende, col tempo, a diventare uno schema di comportamento,
in base al quale l'individuo struttura la sua esistenza adulta rinunciando non solo alla
soddisfazione di alcuni suoi bisogni, per lui significativi, ma anche alla
simbolizzazione (consapevolezza/coscienza) di quelle esperienze, che secondo lo
schema appreso nell'infanzia, potrebbero, da adulto fargli perdere la considerazione
positiva (senza poter distinguere che le esperienze fatte da adulto sono diverse per
persona e per contesti da quelle vissute con i genitori).
In altri termini, si creano degli automatismi difficili da modificare (imprinting).
Tutto ciò porta l'individuo fuori strada e ciò è la conseguenza di una comunicazione
sbagliata che si è instaurata durante l'infanzia nel rapporto con i genitori.
3.5a L’EMPATIA – Le teorie di Carl Rogers (1950)
Vediamo ora qual'è l'atteggiamento corretto da tenere secondo Rogers nelle
interazioni e quindi nella comunicazione.
Ciò che produce il cambiamento in una persona, in modo da renderla efficace e
funzionante (cioè tale da renderla capace di esprimere la propria tendenza
attualizzante), e anche ciò che rende funzionali le relazioni in tutti i campi della vita,
sono tre condizioni: l'empatia, la conseguenza, e l'accettazione positiva
incondizionata.
Queste tre condizioni interagiscono tra loro.
L'empatia è “mettersi nei panni dell'altro”, ossia avere consapevolezza dei
pensieri e dei sentimenti di un'altra persona, avere la capacità di vedere il mondo
come questa lo vede ed operare nel quadro di una sensibilità alterocentrica.
L'empatia è diversa dalla simpatia; in quanto la simpatia riguarda essenzialmente le
emozioni (ad esempio una persona ci è simpatica se ci piace), mentre l'empatia
comprende sia gli aspetti cognitivi che quelli emotivi di un'altra persona.
Essa consente di partecipare all'esperienza dell'altro, pur restando emotivamente
indipendente. Se c'è coinvolgimento emotivo si parla infatti di identificazione.
Vedremo nei prossimi capitoli come funziona l'empatia nella comunicazione secondo
le strategie e le tecniche di Programmazione Neurolinguistica, e quindi anche nelle
relazioni aziendali.
Per poter essere empatici occorre quindi un contatto interpersonale, è necessario
che ci si mette nei panni dell'altro, ci si relazioni con lui da persona a persona.
Nelle relazioni aziendali, ciò significa che un dirigente considera il dipendente una
persona il cui valore è incondizionato e indipendente dalle proprie condizioni, dal
proprio comportamento e dai propri sentimenti, altrimenti si verifica una proiezione.
Ciò significa che nella diade capo-dipendente ciascuno agisce con i propri ruoli e le
proprie responsabilità entrambi consapevoli di averli; ma un capo che si preoccupa di
gestire il suo personale dovrà mantenere un atteggiamento di comprensione di stima
e di distacco emotivo.
Questa è l'accettazione positiva, vale a dire l'atteggiamento di apertura e di non
giudizio preconcetto verso la persona.
Quando la persona percepisce questo atteggiamento congruente, trasparente e
senza difese preconcette, si sentirà rispettata e stimata e quindi attiverà le sue
risorse, mantenendo un atteggiamento di responsabilità, per non perdere la
considerazione positiva (essendo i bisogni di stima e di autostima indispensabile
all'essere umano).
OSSERVA ROGERS:
Ponendo che ci sia:
a) una minima volontà da parte di due persone di relazionarsi; b) una capacità e una minima volontà di entrambi di ricevere informazioni dall'altro;
c) un rapporto che esiste da un certo e per un certo periodo di tempo
.. allora si ipotizza come valida la seguente relazione.
“ MAGGIORE È LA CONGRUENZA DI ESPERIENZA, DI CONSAPEVOLEZZA E DI
COMUNICAZIONE IN UNO DEI DUE INDIVIDUI, PIÙ LA RELAZIONE CON L'ALTRO CHE NE DERIVA
ASSUMERÀ UNA TENDENZA ALLA COMUNICAZIONE RECIPROCA, CHE SI CARATTERIZZERÀ
PER UNA SEMPRE MAGGIORE CONGRUENZA, UNA TENDENZA ALLA COMPRENSIONE PIÙ
ADEGUATA DELLE INFORMAZIONI DA PARTE DI ENTRAMBI, UN MIGLIORE ADATTAMENTO
PSICOLOGICO, QUINDI UN MIGLIORE FUNZIONAMENTO DI TUTTI E DUE E UNA
SODDISFAZIONE RECIPROCA PER LA RELAZIONE INTRATTENUTA”. (Rogers, Un modo di essere, Martinelli 1983)
Un comportamento accettante (di stima, senza pregiudizi), congruente ed
empatico rappresenta quindi un modello di apprendimento che tende ad indirizzare
le persone su cui si esercita influenza, nella stessa direzione.
Ciò si traduce in un miglioramento delle relazioni e quindi anche in una diminuzione del conflitto
CAPITOLO VI°
LA COMUNICAZIONE NON VERBALE "Il linguaggio è come una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l'altro. E' come se avessi delle parole a mò di dita o delle dita sulla punta delle mie parole"
(R. Barthes - Frammenti di un discorso amoroso - '79)
PREMESSA
Si suppone da tempo che il linguaggio abbia avuto origine dai gesti, e le
osservazioni sull'acquisizione della parola sembra avallare questa ipotesi; solo in
tempi recenti ci si è accorti che l'espressione verbale ha tutt'altro che soppiantato i
gesti, e che proprio questi ultimi sono parte integrante della facoltà di parlare con
proprietà e scorrevolezza.
Una delle prime osservazioni al riguardo la CNV si deve allo psicologo Bernard
Rimé dell'Università di Louvain in Belgio, che ha notato come quando nel dire
qualcosa si gesticoli, il movimento anticipa sempre la parola. In un recente studio in
cui i soggetti erano immobilizzati, si è constatato come questi ultimi, parlando,
avessero difficoltà ad esprimersi e provassero molto spesso la sensazione di avere
una "parola sulla punta della lingua". Un indagine in cui era stato impedito ai
partecipanti di muoversi hanno dimostrato come l'eloquio diventi più povero, più
"insipido", l'articolazione delle parole appaia più stentata e aumentino gli errori di
pronuncia.
Sempre nella stessa ricerca è stato messo in luce che numero e ostentazione nei
gesti cambiano in relazione all'argomento di conversazione: sono minori quando si
ci riferisce a un concetto astratto; per contro, sono più vivaci ed espressivi mentre
si descrivono scene, azioni o oggetti concreti. Inoltre, se si devono illustrare gli
aspetti spaziali di qualcosa e si è impossibilitati o inibiti ad usare dei gesti, il
discorso risulta più impreciso e meno particolareggiato.
Il nuovo studio di Krauss e Morsella, psicologi alla Columbia University a New
York, sul rapporto tra linguaggio e gesti ha gettato nuova luce sull'argomento. I due
ricercatori avevano applicato all'estremità superiore destra dei soggetti seduti degli
elettrodi che danno modo di registrare la presenza di tensione muscolare. Ai
partecipanti venivano quindi lette delle definizioni di utensili, cose e idee, e veniva
chiesto loro di dire il nome di ciò a cui ci si riferiva.
Dall'esame delle risposte e dal confronto con gli elettromiogrammi, i ricercatori
hanno osservato che i termini concreti suscitavano una maggiore contrazione nei
muscoli dell'arto dominante. Per altro, è stato anche constatato che, benché
tensione e movimento dell'altro braccio non fossero misurati, anche questo veniva
mosso assieme alla mano e che i movimenti erano tutt'altro che scomposti: anzi,
erano realizzati in modo tale da fornire una raffigurazione plastica del termine
cercato oppure dei movimenti che si fanno nell'afferrarli o nel farne uso; così ad
esempio, nell'atto di recuperare il nome "pianura", i soggetti muovevano la mano a
raggiera e nel ricordare il termine "spiedo", eseguivano una rotazione con il pugno
semichiuso.
Per spiegare queste relazioni, gli autori hanno abbracciato la tesi elaborata
dall'equipe di neurologi dell'Università Cattolica di Roma, capitanata da Gainotti:
sulla base di osservazioni su individui che avevano subito danni cerebrali, questi
studiosi ritengono verosimile che quando apprendiamo il significato di un oggetto,
lo archiviamo nella memoria assieme alle azioni e alle contrazioni muscolari che
compiamo usandoli o che eseguiamo per comprenderne il funzionamento.
Così, quando ci troviamo a richiamare a mente il suo nome, recuperiamo in realtà
l'intero complesso di informazioni ad esso legate. In altre parole, si attivano non solo l'area linguistica del cervello, ma anche quella motoria e pre-motoria dove immagazziniamo le sequenze di azioni fra loro coordinate.
La evocazione nel cervello del movimento metterebbe automaticamente in moto i
muscoli e ci spingerebbe ad accennare per lo meno parte della sequenza; questa,
a sua volta, diverrebbe un "spunto" per ricordare il nome dell'attrezzo o dell'oggetto.
Per quanto riguarda il recupero dei nomi di cose concrete si attiverebbe, invece,
l'area di integrazione sensoriale (in questo caso, tra il senso del tatto e la vista).
Semplificando, possiamo dire che per capire meglio la struttura o i rapporti spaziali
di qualcosa è come se passassimo una mano immaginaria su una sorta di suo
"modellino"; in questo modo, oltre a vedere differenze in altezza, angoli e
avvallamenti, sentiremmo anche le dimensioni tattili corrispondenti, cioè rilievi,
spigoli o infossature: invieremmo poi il tutto nella memoria assieme al nome della
cosa … al momento della sua "rievocazione", adotteremmo quindi un processo
analogo a quello indicato per il ricordo dei nomi di oggetti .
6.2 IL LINGUAGGIO DEL CORPO Che cosa significano i tuoi gesti, e quelli degli altri?
Strettamente parlando, si può riferire il termine "linguaggio", in maniera appropriata e
corretta, solo a quello verbale, ma in realtà si parla ormai di linguaggio per tutti i
sistemi di segni, sia che ci si riferisca ad un linguaggio visivo, ad un linguaggio
sonoro o ad un linguaggio del movimento, inteso come organizzazione di segni
gestuali o motori o corporei.
In questo ambito possiamo trovare due diversi sistemi linguistici:
1. Il linguaggio del corpo
Cioè quello che fa riferimento all'espressione spontanea dell'emozione e
dell'affettività e che è un sistema in gran parte inconscio. Esso consiste in un
complesso di regolazioni riflesse e automatiche del tono muscolare,
dell'atteggiamento posturale, della mimica facciale e gesticolatoria, della distanza
personale e dell'uso dello spazio circostante e così via. Può assumere diversi ruoli:
· Ruolo di PARALINGUAGGIO e cioè di un linguaggio che affianca quello
verbale per arricchire la comunicazione nella vita quotidiana, venendo
progressivamente anche sottoposto ad un apprendimento di tipo culturale
· Ruolo SIMBOLICO che si esprime nell'imitazione spontanea e nel gioco
simbolico
2. Il linguaggio gestuale
Che fa riferimento ad una gestualità comunicativa intenzionale secondo un sistema
di regole culturalmente determinate e perciò condivise anche se per lo più artificiali e
che consiste nel linguaggio dei gesti di fine utilitaristico (come il linguaggio dei
sordomuti e altri sistemi di comunicazione non verbale affini), oppure di fine artistico
ed estetico come l'animazione, la drammatizzazione, il ballo e la danza.
Questo linguaggio ha un'origine espressiva da quello spontaneo che abbiamo
chiamato linguaggio del corpo, poi però progressivamente si culturalizza divenendo
intenzionale.
Il mio interesse in questa sede è rivolto alla tipologia del LINGUAGGIO DEL
CORPO.
Se per linguaggio intendiamo un sistema di segni condivisi, è necessario chiarire
bene di quali segni ci si serve e quale valore si attribuisce loro, in quanto ogni cultura
attribuisce a ciascun segno un significato del tutto arbitrario che può variare
incredibilmente e anche contraddirsi.
Bisogna inoltre tener presente che si è prima visti e poi sentiti; risulta infatti che
circa il 70-80% dell'informazione che raggiunge la corteccia cerebrale giunge dagli
occhi, contro il 10-15% che proviene dall'udito.
Le ricerche neurolinguistiche, inoltre, indicano chiaramente la priorità
dell'elaborazione visiva, globale, simultanea, contestuale, analogica delle
informazioni nell'emisfero destro del cervello, anche se le informazioni sono
linguistiche e quindi andranno poi rielaborate dall'emisfero sinistro (verbale, analitico,
sequenziale, logico).
Siamo dunque prima "visti" che ascoltati.
6.3 ELEMENTI DI CNV
Per comunicare noi utilizziamo due sistemi:
- LA COMUNICAZIONE VERBALE (CV) - LA COMUNICAZIONE NON VERBALE (CNV)
L'esigenza di comunicare è insita nell'uomo e nasce dalla sua necessità di creare
stabili organizzazioni e coordinarsi con altri.
Scopo essenziale della C.V. è trasmettere dei contenuti (attraverso una serie di
parole ognuna delle quali corrisponde ad una specifica immagine mentale), mentre
scopo della comunicazione non verbale è trasmettere una serie di elementi utili a
indirizzare l'analisi di questi contenuti in una certa direzione.
La CNV ci trasmette infatti informazioni sui processi che avvengono all'interno del comunicante, cioè sulla relazione che intercorre tra questo e i contenuti espressi.
E' importante rendersi conto che i contenuti della C.V. non sono analizzabili senza
CNV, in quanto è proprio questa che determina il tipo di elaborazione che i singoli
dati potranno subire.
Non sono infatti importanti i dati trasmessi, quanto la maniera in cui questi vengono elaborati; una stessa frase, ad esempio "apri la porta!" potrà avere
risposte differenti a seconda del tipo di CNV che la accompagna.
La stessa CNV ha importanza fondamentale addirittura per una semplice
trasmissione di dati, in quanto è solo attraverso questa che si potrà determinare nel
ricevente una maggiore o minore disponibilità a ricevere ("rapport").
La CNV ha una grandissima importanza sociale, in quanto tende a suggerire e
proporre modi di analisi della realtà complementari ed è alla base dei nostri
rapporti reciproci.
Possiamo fare un paragone con una serie di radio ricetrasmittenti; solo attraverso
un'opportuna CNV queste radio si potranno si potranno sintonizzare l'una con
l'altra.
Quello che noi chiamiamo "contesto" può a questo punto essere analizzato in
termini di CNV altrui; tendenzialmente noi tenderemo a prendere una decisione o
un'altra in base al comportamento, (e quindi alla CNV) reale o immaginata delle
persone (o delle cose) che hanno importanza per noi. Dato che la nostra realtà
sociale può assumere praticamente qualsiasi forma, la CNV altrui costituisce la
base dei nostri comportamenti sociali e della società.
Il comportamento degli altri è avvertito infatti da noi come una stimolazione di CNV
e a sua volta determina il nostro comportamento.
Le stimolazioni della CNV producono in noi stati emozionali; e sono infatti le
emozioni che guidano il nostro comportamento.
Per utilizzare la metodologia della CNV è fondamentale analizzare in termini di stati
emozionali ogni stimolazione che una persona riceve.
Cos'è uno stato emozionale?
R: è l'interpretazione data alla particolare stimolazione di CNV.
E’ operando sulle emozioni attraverso la CNV che noi possiamo determinare
quanto una persona gradirà (o non gradirà) un determinato contenuto; possiamo
creare l'esigenza e il desiderio (che non sono altro che comportamenti), e questo
proprio perché è la CNV che determina i nostri comportamenti sociali.
6.4 IL MODELLO DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE
Ogni comunicazione ha una componente di contenuto paraverbale o digitale e di
relazione parte non verbale o analogica. La seconda definisce la prima.
Contenuto e Relazione: Nella Pragmatica della comunicazione umana ('71)
Watzlawick affermò che ogni comunicazione avviene contemporaneamente su due
livelli: quello analogico o non verbale (diretto, figurato o che rappresenta
un'analogia) e quello digitale o verbale (simbolico, astratto, specificamente
umano). Il primo livello è detto della relazione, l'altro del contenuto.
Le componenti analogiche [ana=sopra; logos=discorso] sono particolarmente
importanti, poiché è come se fossero dei metamessaggi capaci di definire la natura
della relazione e quindi il contesto entro il quale i messaggi verbali devono essere
interpretati.
La cosa curiosa è che qualsiasi cosa si faccia è impossibile non comunicare, in altre
parole il comportamento non ha un suo opposto: non possiamo fare altro che
comportarci in qualche modo e quindi comunicare. In particolare tutto il nostro corpo
parla il più delle volte a livello inconsapevole cioè attraverso risposte ideomotorie
che sorgono in risposta al variare dei nostri stati interni:
“Ogni stimolazione sensoriale suscita una rappresentazione interna che, a sua volta, genera un comportamento che si può facilmente osservare dall’esterno”.
Poiché ciascun interlocutore possiede una mappa a lui peculiare il significato di un
messaggio viene definito dalle reazioni che suscita nell’interlocutore, piuttosto che
dalle intenzioni del mittente, infatti: "nella comunicazione non si dà trasmissione di significati, ma provocazione da parte dell'emittente di significati nel destinatario".
I neurolinguisti sanno di non dover prendere in considerazione solo le spiegazioni
coscienti del cliente: queste riguardano il contenuto del problema; solo l’inconscio
offre onestamente la forma del processo e la struttura della esperienza.
[...] È come una scritta sul muro. La risposta è lì, deve essere trovata. Non ci sono
‘significati nascosti’.
Alcune Regole della CNV:
• I segnali non verbali si accompagnano sempre alle parole e danno
informazioni supplementari sul senso che chi parla intende dare a ciò che dice
(serietà, scherzo, rabbia...)
• I segnali di contenuto danno informazioni, i segnali di relazione danno informazioni sulle informazioni.
• Se la relazione è vissuta a livello emotivamente negativo (per paura, rancore,
ira), diventano più importanti i segnali N.V.: sentiamo solo la collera e non più il
contenuto delle parole.
• I segnali di contenuto si possono comprendere tanto meglio quanto più è
positiva la relazione tra gli interlocutori.
• Spesso è solo dai segnali n.v. che deduciamo che il nostro interlocutore sta
dicendo il contrario di quello che pensa, ma può anche succedere che chi parla si
"tradisca", ossia che intenda trasmettere una certa impressione ma che non ci
riesca, perchè i suoi segnali n.v. lo tradiscono.
6.5 I SEGNALI DEL CORPO
Il 93% della comunicazione è gestita dall’inconscio. La parola, infatti, rappresenta solo il 7% della comunicazione, il resto del
linguaggio è affidato alla gestualità, alla postura, ai micro e macro movimenti del
corpo, al tono della voce, alla mimica, alla paralinguistica, alle leggi di prossemica ed
agli scarichi tensionali della segreta volontà del pensiero.
Il Dr. Ray Bridwistell (cfr. cap.1) cattedratico della University of Pennsylvania,
specifica che il grosso del messaggio (il 65%) sarebbe trasmesso non verbalmente e che quindi il carisma è da attribuirsi alla comunicazione analogica:
alla Prossemica, alla Cinesica, alla Paralinguistica.
L’inconscio, legato all’emisfero dx del nostro cervello, utilizza il suo linguaggio che
è diverso da quello della parte logica. Conoscere il suo modo di esprimersi significa
avere a disposizione una mappa mentale del nostro interlocutore per orientarci
nell’interazione.
In questa parte del capitolo iniziamo con l’osservare i parametri principali della
CNV, ovvero i segnali del corpo, poi ci avventureremo nei piacevoli labirinti
dell’interattività, ove l’interpretazione del segno e del gesto si arricchisce di
interessanti regole di decodifica dei segnali di gradimento e rifiuto del nostro
interlocutore.
IL CORPO PARLA ATTRAVERSO VARI SEGNALI:
• SEGNALI DELLA VOCE (urlare, bisbigliare, voce acuta, parlare velocemente, ...)
cioè il PARAVERBALE
• segnali del viso (bocca serrata, sopracciglia aggrottate, sorriso, ...) cioè la
MIMICA
• segnali del busto (spalle curve, impettito, busto proteso in avanti, ...) e
segnali delle gambe e dei piedi (accavallare le gambe, pestare i piedi, stare a
gambe divaricate, camminare, ...) cioè la POSTURA
• segnali delle braccia e delle mani (braccia conserte, mani a pugno,
grattarsi,...) cioè la GESTUALITA'
• segnali di distanza dagli altri (stare appiccicato, stare alla larga, ...) cioè la
PROSSEMICA
• - segnali sociali (abbigliamento, cosmesi)
• - segnali della pelle (morbidezza o ruvidezza, calore o freddezza, peluria,
Tonicità e Atonicità)
• - segnali di malattia (somatizzazioni come emicrania, ulcera, psoriasi,...)
• - segnali automatici (arrossire, impallidire, sudare, accellerazione del battito
cardiaco o del ritmo respiratorio, dilatazione della pupilla,...)
Tra tutti questi segnali ne prenderemo in considerazione solo alcuni, quelli che
solitamente sono più utili e immediati nel quotidiano, quando abbiamo bisogno di
formulare velocemente delle ipotesi o "impressioni" su di una persona; è chiaro che
riducendo i punti di analisi rischiamo maggiormente di sbagliare, soprattutto poi se ci
fermiamo ad uno solo di questi (un'espressione del viso da sola non basta a darci
un'idea sufficientemente chiara e corretta, infatti, ad esempio, delle sopracciglia
aggrottate sono sia indice di tensione/rabbia sia indice di attenzione/concentrazione).
E' importante prendere in considerazione sempre almeno quattro delle cinque categorie qui di seguito riportate e poi cercare sempre di verificare (se la
situazione lo richiede e lo permette) ciò che si è osservato tramite:
• * domande aperte (tipo "Cosa ne pensa?", "Qual è la sua opinione in
proposito?")
• * domande chiuse (tipo "Mi sembri arrabbiato, è così?", "Mi sembra che non ti
interessi, vero?" "Ti fa piacere, no?")
LE CINQUE CATEGORIE DI ANALISI
1- VOCE
Riguarda tutto ciò che si osserva o, meglio, si ascolta nel modo di parlare di una
persona ( non ciò che dice, ma come lo dice): tono, timbro, volume e ritmo della voce
sono le caratteristiche principali di una voce che può quindi essere acuta o grave
(tono), sonora o sussurrata (volume), nasale o "a singhiozzo" (timbro) o ancora la
parlata può essere senza pause o lentissima (ritmo). La paralinguistica E' tutto ciò
che somiglia al linguaggio. Essa è rappresentata dal timbro di voce, dal tono di voce,
dalla pause.
2- POSTURA
Con ciò si intende sia l'atteggiamento che l'individuo assume col corpo in un dato
momento, sia i movimenti che cambiano o modificano la posizione del corpo, come
ad esempio spostare il peso sporgendosi in avanti o indietro, dondolarsi, il modo di
camminare o di stare seduti, ...
3- MIMICA
Tutti i segnali che si possono osservare sul volto di una persona (movimenti degli
occhi, posizione delle labbra, delle sopracciglia, ...) L'espressione del volto indica
ad esempio se una persona è preoccupata, arrabbiata, triste o altro.
Lo sguardo è un importante veicolo di comunicazione. Infatti se rivolgiamo lo
sguardo a una persona mentre le parliamo o mentre l'ascoltiamo, le comunicheremo
attenzione, rispetto e valorizzazione; è come se dicessimo che quello che ci sta
comunicando ci interessa. Al contrario, distogliere lo sguardo dal proprio interlocutore
esprime scarso valore per ciò che l'altro ci sta dicendo.
4- GESTUALITA'
Tutti i gesti delle braccia e delle mani, come aprire una porta, incrociare le braccia,
lisciarsi i capelli, dare la mano, togliersi gli occhiali, giocare con gli anelli,...) Accompagnare il discorso con una gestualità morbida (movimenti lenti e rotatori delle
braccia e delle mani) comunica serenità e senso di rilassamento, mettendo
l'interlocutore a proprio agio.
5- DISTANZA/PROSSEMICA
E' rappresentata dalla distanza che intercorre tra la persona e il suo interlocutore.
Sono tre i tipi di distanza che caratterizzano le relazioni interpersonali:
La distanza personale che è quella che caratterizza i rapporti di tipo amichevole e
va da cinquanta centimetri a un metro-un metro e mezzo.
La distanza sociale che caratterizza le posizioni di ruolo e va da un metro - un
metro e mezzo a tre metri.
La distanza pubblica è quella che caratterizza le posizioni pubbliche ( es.
conferenze).
Esiste un sistema molto semplice per comprendere il significato dei segnali non verbali:
Durante l’atto comunicativo, l’emittente ed il ricevente si relazionano in un contesto di
relazione comprensivo della parte verbale e non verbale. Essendo la comunicazione
una azione circolare che avviene all’interno di un sistema cibernetico (quale è
l’uomo), il comunicatore non potrà non generare nel suo uditore una reazione di
risposta. Questi con dei precisi messaggi verbali e gestuali, completerà il circuito di
comunicazione, definendo così il suo coinvolgimento nell’argomento trattato, il suo
interesse, il suo gradimento o rifiuto.
..COME CAPIRE IL FEEDBACK?
attraverso al decodifica dei messaggi di C.N.V.; infatti, ancor prima di sapere se
v'è apertura o chiusura nella persona di fronte a noi, siamo in grado di notare la
misura del coinvolgimento emotivo che siamo riusciti ad ingenerargli attraverso la
lettura dei suoi scarichi tensionali, corrispondenti a precisi coefficienti percentuali.
La tensione è indicativa del coinvolgimento che avete provocato nell’uditore: maggiore sarà il coinvolgimento e maggiore sarà la possibilità di ottenere il risultato
che intendevate conseguire
6.6 COME E PERCHE’ AVVIENE LO ‘SCARICO TENSIONALE’? Secondo la neurofisiologia, lo stimolo percepito con i nostri 5 sensi, è
originariamente un imput sensoriale che deve venire elaborato dal cervello per
stabilirne il suo significato, la sua rilevanza emozionale, e/o la sua potenziale
pericolosità.
..Dopo essere stato colto con i sensi, lo stimolo viene inviato ad una piccola struttura
posta alla base del sistema nervoso centrale (cervello) che si chiama Talamo; il
talamo è una specie di centrale per lo smistamento della posta" per il cervello. Dal
Talamo, servendosi di un circuito monosinaptico (cioè una sorta di filo diretto) l’imput
viene indirizzato innanzitutto all’Amigdala, una piccola regione a forma di mandorla
che si potrebbe definire come una sorta di archivio, dove sono memorizzati gli
schemi di stimolo e risposta ad imput particolarmente pericolosi.
Qui un imput è confrontato in modo piuttosto rozzo ad altri stimoli simili. La funzione di questo processo è di rendere l’organismo pronto a far fronte a situazioni di pericolo, reagendo con il combattimento o la fuga.
Come detto, la valutazione dell’amigdala è approssimativa, quindi basta una
SOMIGLIANZA minima tra lo stimolo attuale ed il RICORDO di qualcosa di
allarmante per far scattare lo schema di risposta.
Se la reazione è esagerata rispetto alla situazione, viene subito ‘soffocata’ dalla
seconda area che riceve il messaggio, la CORTECCIA – ovvero la zona esterna del
cervello FRONTALE.
Una volta però che la prima reazione è partita, non si può semplicemente inibirla, per cui ciò che osserviamo è il compromesso tra l’IMPULSO INIZIALE e l’AZIONE SOPPRESSIVA della CORTECCIA.
In altre parole: se l’impulso iniziale era la fuga, ma lo stimolo è semplicemente il
senso di disagio che proviamo mentre il capo ufficio ci riprende, potremmo fare
azioni come orientare i piedi verso la via di fuga (es. la porta), lanciare lo sguardo più
volte all’uscita se siamo seduti, mettere le mani sui braccioli e portare il busto in
avanti come per alzarci, ma bloccandoci lì, e via dicendo.
Una risposta di fuga o di combattimento, innesca una parte del Sistema Nervoso Autonomo (il sistema di nervi che parte dal midollo spinale e che innerva
ghiandole, cuore, polmoni e visceri) detto Simpatico.
L’attivazione del sistema simpatico mette l’organismo in condizione di fronteggiare un pericolo: così il cuore batte più veloce, la respirazione accellera, il
sangue viene ritirato da pelle, visceri e sistema digestivo e portato a muscoli e
cervello.
Quando questo accade noi possiamo osservarne le conseguenze all’esterno: ad
esempio possiamo notare nell’altro l’accellerazione delle pulsazioni dell’arteria
carotide sul collo, oppure che la persona si lecca con un guizzo il labbro inferiore, o
comincia a sbattere più velocemente le labbra e così via.
Un’altra parte del cervello che è coinvolta nelle reazioni non verbali è
l’IPOTALAMO.
Da qui vengono regolati sia i comportamenti sessuali che quelli alimentari: per
l’origine comune, si rileva che i segnali non verbali dell’eccitazione sessuale sono
riconducibili al comportamento alimentare (es. l’aumento della salivazione che
induce a leccarsi le labbra).
Nell’esecuzione e nella comprensione del linguaggio del corpo interviene anche l’EMISFERO DESTRO della corteccia crebrale. Chi è maggiormente
sintonizzato con questo emisfero è più abile nel gestire e capire il comportamento
non verbale, specie per quanto riguarda gli atti più complessi come mettere le mani
sui fianchi ed accarezzare una parte del corpo od un oggetto.
Ora sappiamo perché è importante osservare gli scarichi tensionali, e possiamo accettare che a seconda della zona in cui esso si manifesta, corrisponda un diverso coefficienti emotivi .
6.7 I COEFFICENTI PERCENTUALI DELLE TENSIONI EMOTIVE
10% (tensione emotiva quasi nulla)
- Grattamento del collo -
grattamento zona superiore esterna di braccio o spalla, del polso, del dorso della
mano, della zona scapolare.
40% (tensione emotiva che sta aumentando)
- Grattamento del sopracciglio o palpebre - Grattamento della mandibola e della zona lacrimale.
100% (massima tensione emotiva)
-
-
Grattamento del naso o zona limitrofa - Pressione esercitata in prossimità delle narici -Sfregamento del naso col dito o dorso della mano - Deglutizione e raschiamento della gola.
Il manifestarsi di queste micro-tensioni emotive, di valore oscillante tra 70 e 100%,
indicherà all'operatore d'aver reso un eccellente "servizio emotivo" durante il
dialogo.
Ma bisogna fare attenzione a non strafare.
• Arrivati al punto della massima tensione emotiva (grattamento della zona
nasale) occorrerà attendere le "verifiche" che ci permetteranno di giudicare se
quella da noi intrapresa è veramente la via giusta e la comunicazione efficace.
A questo punto del dialogo, infatti, dopo aver scaricato le tensioni che abbiamo
ingenerato,. il nostro interlocutore ci invierà dei messaggi non verbali, attraverso
gesti o segni, per comunicarci se è "favorevole" o "contrario"
Qui di seguito verranno elencati gran parte dei segnali di gradimento e di rifiuto che potremmo rilevare.
AAA TTT TTT III DDD III GGG RRR AAA DDD III MMMEEE NNN TTT OOO
1. Bacio dato a se stessi.
Il soggetto esprime inconsapevolmente un bacio, arricciando le labbra anche
lievemente, indirizzandolo verso nessuno in particolare. L’atto esprime gradimento
verso la tematica tratta o il soggetto con cui dialoga.
2. Pressione della lingua all’interno delle guance.
Generalmente precede un altro atto di gradimento che è il Linguino. Questo gesto
significa che il suo interlocutore sta raggiungendo un grasso potenziale empatico ma
che non ha ancora acquisito.
3. Accarezzamento delle labbra con le dita o il dorso della mano.
Indica un grosso gradimento emotivo nei confronti della tematica tratta o del suo
interlocutore.
4. Linguino.
È costituito dalla rotazione della lingua sulle labbra o la sua semplice esposizione.
Rappresenta il massimo segnale di gradimento nei confronti dell’argomento o del
soggetto coni cui interagisce. Generalmente, dopo questo segnale, è possibile
avanzare la richiesta per ottenere il consenso.
5. Mordicchiarsi le labbra.
Il soggetto riconosce nell’operatore un grosso potenziale di coinvolgimento emotivo e
inconsciamente lo invita ad approfondire l’argomento trattato.
6. Suzione del dito o di un oggetto.
Rappresenta un’estrema gratificazione nei confronti dell’interlocutore o della tematica
trattata con connotazione sessuale.
7. Accarezzarsi i capelli.
Indica una estrema gratificazione nei confronti dell’interlocutore o dell’argomento
espresso con connotazione affettiva.
8. Spostare il busto o il corpo in avanti.
Indica un interesse rispetto all’argomento trattato dal soggetto con cui interagisce.
9. Spostare occasionalmente oggetti verso se stessi.
Prendere oggetti e portarli a se rappresenta il cercare di fare propri i concetti
dell’argomento trattato.
10. Il soggetto tocca amichevolmente l’interlocutore.
L’operatore ha raggiunto un potenziale empatico così elevato che il soggetto
inconsciamente ha bisogno di toccarlo.
11. Il soggetto apre le braccia e le gambe.
Indica apertura nei confronti dell’interlocutore e degli argomenti trattati.
Per capire se chi abbiamo di fronte esprime gradimento rispetto alla nostra
persona o all’argomento che è oggetto di discussione, basta notare se gli atti che
compie vengono espressi frequentemente durante l’interazione o solo su
determinate frasi. Infatti, se il soggetto ci segnala inconsciamente gesti di gradimento
è evidente che sono rivolti verso di noi. Se invece vengono espressi solo su
determinate frasi, i segnali positivi sono limitati all’argomento trattato.
Se il vostro interlocutore esprime segnali positivi, vuol dire che avete svolto un
buon lavoro in precedenza e avete raggiunto un grosso potenziale di persuasione
per avanzare le vostre richieste ottenendo il consenso, o comunque, farà tutto
quello che possibile fare per venire incontro alle vostre esigenze.
AAA TTT TTT III DDD III RRR III FFF III UUU TTT OOO
1. Sfregare con le dita con la punta del naso.
Il soggetto rifiuta l’argomento o frase espressa.
2. Spostare il corpo indietro.
Simbolicamente indica un allontanamento dell’argomento o dall’interlocutore.
3. Spostare occasionalmente oggetti lontano dalla propria persona.
Indica un allontanare gli argomenti trattati.
4. Spolverare o spazzare via dagli abiti o dal tavolo polvere o briciole.
Rappresenta il volersi liberare dai problemi attinenti all’argomento espresso.
5. Raschiamento della gola.
L’interlocutore rifiuta l’argomento trattato.
6. Gambe accavallate e braccia conserte.
Rappresenta una chiusura nei confronti dell’argomento trattato o dell’interlocutore.
Generalmente le braccia conserte segnalano che l’individuo desidera
inconsciamente che l’argomento non deve essere toccato e quindi non
necessariamente indica chiusura rispetto all’interlocutore., quando il soggetto ha una
tendenza ad assumere questa posizione, significa che ha una chiusura nei confronti
dell’ambiente esterno e che preferirebbe restarsene da solo in quel particolare
periodo.
Per quanto riguarda le gambe accavallate, indicano chiusura quando chi abbiamo di
fronte assume una posizione che mostra tutta la parte esterna della coscia, quasi a
simboleggiare una barriera nei nostri confronti. generalmente tende a mettersi di lato
e non frontalmente.
Se il soggetto alcuni dei segnali sopra indicati, rappresenta una verifica negativa del lavoro svolto in precedenza. Quindi dovrete fermarvi e capire dove avete sbagliato.
ALTRI SEGNALI DI COMUNICAZIONE NON VERBALE
Vi sono alcuni segnali di comunicazione non verbale che esprimono
dei significati veri e propri che vanno ben oltre il semplice gradimento e rifiuto.
È molto importante collegare i segnali alla parola o concetto espresso nel momento
stesso in cui il gesto è stato inviato. Infatti è bene sempre fare delle verifiche e non
dare per scontato tutto quello che viene espresso.
Per alcuni di questi segnali bisogna fare una distinzione tra la parte sinistra del corpo
e quella destra:
- la propria sinistra indica l’ambiente esterno, gli altri;
- la parte destra indica noi stessi.
Volta per volta esamineremo più nei dettagli il significato.
I segnali di comunicazione non verbale vengono comunicati con massaggi o
grattamenti di alcune parti del corpo dovuti a vaso dilatazioni collegate a carichi
tensionali che superano la soglia di tolleranza e quindi vengono scaricati.
Ogni segnale ha un significato ben preciso e non è possibile non comunicare: Si
comunica anche in silenzio.
1. “Grattamento” del capo.
La frase o la tematica espressa crea tensione nell’interlocutore in quanto
rappresenta per lui vero e proprio gratta capo.
2. Grattarsi o massaggiarsi la fronte.
Il soggetto non ha ben chiaro l’argomento o la tematica espressa e inconsciamente
ci chiede di approfondirla e rendergliela più chiara.
3. Grattarsi o massagg. l’occhio sinistro od angoli dello stesso.
Il soggetto non ha capito la tematica o argomento trattato a causa del suo
interlocutore (ambiente esterno) che è stato poco chiaro.
4. Grattarsi o massagg. l’occhio destro o gli angoli dello stesso.
Il soggetto non capisce la tematica o argomento espresso per sua causa in quanto
non è in grado di capirlo in quel momento (noi stessi).
5. Grattarsi o massaggiarsi il lato sinistro del naso.
Il soggetto esprime insicurezza che gli scaturisce dall’ambiente esterno. Se ad
esempio chiediamo ad un nostro amico di prestarci la macchina e notiamo che si
massaggia la parte sinistra del naso, vuol dire che è insicuro di poter farci questo
favore in quanto probabilmente altri potrebbero impedirglielo (la moglie, la madre o
altri che utilizzano il mezzo). Quindi non dipende da lui.
6. Grattarsi o massaggiarsi il lato destro del naso.
Chi abbiamo di fronte esprime insicurezza derivante de se stesso. Quindi ritornando
all’esempio della macchina in prestito, se viene espresso questo segnale, significa
che il nostro amico probabilmente non potrà farci questo favore in quanto gli da
fastidio o ha degli impegni che di fatto gli impediscono di soddisfare le nostre
esigenze. Naturalmente qui parliamo di segnali inconsci e questo vuol dire che il
soggetto potrebbe non essere consapevole della situazione di disagio. Infatti, la
parte logica potrebbe fargli dire che può prestarci la macchina. Poi, in seguito, quasi
sicuramente ci comunicherà che non può farlo perché si è ricordato che, ad esempio,
aveva già preso un impegno che richiedeva l’utilizzo dell’autovettura.
7. Moridicchiamento del labbro superiore.
Abbiamo già esaminato questo segnale tra quelli che esprimono gradimento ma,
bisogna fare una distinzione tra labbro superiore e quello inferiore. La parte superiore
indica una carenza di tipo sessuale. Quindi il nostro interlocutore inconsciamente ci
comunica che l’argomento trattato o noi evocano pulsioni sessuali e che
probabilmente potremmo compensare.
Quindi, se riferito ad una persona, vuol dire che l’interlocutore è inconsciamente
attratto sessualmente.
Attenzione, però, a non commettere l’errore di pensare che ne sia consapevole da
un punto di vista logico. Infatti qui stiamo parlando di parte inconscia e non è detto
che la parte razionale accetti di riconoscere questa esigenza. Quindi se una persona
ci manda più volte segnali di questo tipo, bisogna essere cauti e non fraintendere:
non a caso ricordo che la parte logica ha un’importanza pari al solo 7% in una
comunicazione.
8. Mordicchiamento del labbro inferiore.
Il soggetto esprime una carenza energetica di tipo affettivo e comunica
inconsciamente che potenzialmente potremmo compensarla.
9. Grattamento o massaggio dell’orecchio o zona circostante.
Il nostro interlocutore esprime pulsione represse di tipo sessuali sull’argomento o nei
nostri confronti.
10. Giocare con la collana.
Il soggetto esprime una carenza di tipo affettivo-sessuale.
Il segnale diventa molto più inteso se effettua una suzione del pendaglio della
collana.
11. Giocare con l’anello o il bracciale.
Occorre fare una distinzione tra il semplice girare l’anello o bracciale attorno al dito o
al polso e il giocarci compiendo un’azione ascendente e discendete (su e giù) quasi
cercando di sfilare via l’oggetto dall’arto.
Nel primo caso indica una carenza energetica di tipo affettivo; nel secondo caso,
invece, di tipo sessuale: infatti, quest’ultimo, simboleggia inconsciamente il rapporto
sessuale.
12. Toccarsi o giocare con la cravatta.
Il nostro interlocutore ci segnala che ha una carenza energetica di tipo sessuale.
Quindi, ad esempio, se un uomo dialoga con una donna e ripetutamente si tocca o
gioca con la propria cravatta, indica che inconsciamente è attratto sessualmente da
lei.
Naturalmente, se una donna, tocca la cravatta del suo interlocutore, vuol dire che è
attratta sessualmente da lui.
13. Alzare la punta del piede sinistro tenendo il tallone a terra.
Il nostro interlocutore ci segnala che nell’interazione preferisce far parlare noi.
14. Alzare la punta del piede destro tenendo il tallone per terra.
Il nostro interlocutore ci segnala che nell’interazione preferisce parlare o prendere la
parola.
15. Puntare il piede destro verso una persona.
Il soggetto segnala interesse verso la persona che punta con il piede. Quindi, se
mentre parliamo con una persona notiamo che direziona il piede destro verso un
altro soggetto, significa che preferirebbe inconsciamente interagire con lui. Se il
piede è puntato verso nessuno in particolare o addirittura verso l’uscita della camera,
vuol dire che desidera andarsene.
TABELLA RIASSUNTIVA
L’INTERATTIVITA’
L'OSSERVAZIONE DEL CLIENTE AL FINE DI CREARE L'EMPATIA
Il risultato di una relazione dipende soprattutto da quanto il soggetto è in grado di provare stati d'animo, non da quanto l'operatore parla.
Adesso possiamo dire di avere gli strumenti necessari per poter interagire con
cliente: sappiamo che egli vive una realtà strettamente personale chiamata modello
del mondo, sappiamo che in quell’ambito ha accumulato le sue esperienze, ha
concentrato i suoi bisogni, le sue credenze, e ‘cristallizzato’ alcuni stati interni che
vengono trasmessi a livello inconscio in modo ripetitivo. Inoltre il suo corpo è un
riferimento importante, perché la fisiologia mi offre un messaggio importante del
carattere del soggetto, dei suoi blocchi e del suo adattamento all’ambiente. Non è
poco.
Ciò che l’interattività presuppone è il raggiungimento dell’empatia, ma il suo
fine è la trasformazione. Non sapendo chi abbiamo di fronte, dobbiamo osservare
ed ascoltare le submodalità usate per accedere al corretto corridoio sensoriale che
ci conduce all’essenza.
SCHEMA DI INTERAZIONE
RAPPORT
“Entro in contatto con te”
RISPECCHIAMENTO
“Ti osservo e faccio come te”
CALIBRAZIONE
“Vedo come sei”
ESTRAZIONE DI STRATEGIE
“Vedo come funzioni ed ottengo più elementi che mi permettono di conoscerti”
RICALCO
“Divento come te”
GUIDA
“Ti faccio diventare come abbiamo stabilito insieme”
L’uomo normalmente tende ad indossare delle maschere, per proteggersi, ma
anche per mostrarsi al mondo in una veste più efficace e vincente. Ciò che noi
offriamo al mondo è la superficie esterna della comunicazione, e corrisponde al
canale sensoriale che usiamo più frequentemente per acquisire informazioni.
La DR. MARCOVA, ha evidenziato un modello di comunicazione basato sulle
submodalità usate nella prossemica. Il suo principio è che la comunicazione
avviene sulla composizione di tre poligoni; un triangolo, un quadrato ed un cerchio.
Il triangolo corrisponde al canale sensoriale preferito, e lo utilizziamo nelle
relazioni sociali o nei rapporti che presuppongono un modesto coinvolgimento
emotivo.
Il quadrato è invece lo spazio entro il quale noi operiamo il dialogo, le discussioni e
le contrattazioni della vendita. Presuppone un alto potenziale emotivo ed un buon
coefficiente di coinvolgimento sensoriale. E il luogo in cui noi ci confrontiamo e ci
mettiamo in discussione; inoltre è anche lo spazio dell’elaborazione del pensiero e
della riflessione. E’ il luogo della contrattazione e della vendita.
Infine il cerchio è lo spazio più profondo della personalità e corrisponde al luogo
dell’empatia. Qui è possibile operare la trasformazione desiderata, perché
corrisponde all’io profondo e contiene i desideri stipati sotto la soglia della
coscienza. In esso vi sono anche le motivazioni che spingono le persone alle
decisioni, siano esse di acquisto o prettamente terapeutiche, pertanto raggiungere
in un dialogo il cerchio della comunicazione, significa accedere alla verità occultata
del cliente, per il quale sarà possibile offrire quanto realmente gli necessità per il
soddisfacimento dei suoi bisogni.
CAMBIAMENTO DI SPAZIO SOCIALE (Prof.MARCOVA)
Esprime
A K V
Esperimenta
V = elemento per lo spazio sociale
K = elemento preferito per il dialogo
A = elemento preferito per le relazioni strette
CIO’ E’ FONDAMENTALE NEL PENSIERO DI PROSSEMICA E NELL’UTILIZZO DELLE SUBMODALITA’
Nel fine dell’interattività, pertanto, il nostro compito è l’accesso al cerchio della comunicazione, luogo in cui l’uomo prova gli stati d’animo. Abbiamo visto che la
CNV è la trasmissione di segnali intrisi di sensazioni corporee corrispondenti a
precisi stati interni, quindi oltre all’osservazione, sarà necessario ‘provocare’ stati
emotivi alternando la parola, al gesto in un contesto ‘strategico’ quanto più possibile
empatico.
Utili strumenti per provocare stati d'animo sono:
1) L'utilizzo di citazioni proprie o di altre persone che si siano trovate nello stato desiderato
2) Domande specifiche
3) Elicitazione di valori
E' sempre utile ricordare che non si possono non creare degli stati d'animo.
A volte, durante la conversazione, l'operatore rischia di farsi prendere dal discorso
e di pensare che lo stato d'animo è già stato creato e che può permettersi di creare
uno stato "neutro".
Quello che l'operatore potrebbe essere tentato di definire come stato "neutro",
conseguente all'assenza di stimolazioni, è in realtà il più delle volte uno stato
negativo, in quanto non più accompagnato dall'emozione di curiosità.
Se il peso della conversazione diventa eccessivo, è meglio tacersi mantenendo la
presenza.
A livello non verbale questo tende a moltiplicare quanto detto prima e costringere
l'interlocutore ad intervenire.
PRINCIPI BASE:
Ogni interazione nasce per la soddisfazione di bisogni
Ogni decisione dipende dallo stato mentale
1.
2.
3.
Stato d'animo di interesse:
- Corpo piegato in avanti verso di voi
- occhi attenti
- sorriso
- Mirroring
- Postura attenta
N.B. Quando qualcuno diventa interessato, la sua postura
cambia da abbandonata e rilassata ad una postura energicizzata, anche quando
fosse seduto.
Gli occhi possono avvicinarsi leggermente per rendere la focalizzazione più chiara.
Stato d'animo di convinzione
Usualmente visibile da un subitaneo aumento dei segnali precedenti. Il mirroring
diviene più facile.
Stato d'animo di desiderio
Visualizzazione interiore associata
Pupille dilatate
Possibile leccarsi delle labbra
Lo stato d'animo di desiderio è caratterizzato dall'assenza di intervento del centro intellettivo per fini di critica, e piuttosto del suo mobilitarsi per raggiungere l'obiettivo.
6.11 I CONCETTI CHIAVE DEL LINGUAGGIO INTERATTIVO NON VERBALE
1) CONTESTO
Ogni comportamento non verbale è influenzato dal contesto
2) PUNTAMENTO
Il puntamento può essere effettuato con varie parti del corpo, ed ha per effetto di
creare un inizio di attenzione.
3) REINDUZIONE NON VERBALE
La ripetizione di un "cluster" dopo una pausa normalmente ne riforza il significato
4) BLOCCAGGIO
E' l'azione con la quale concentriamo l'attenzione del soggetto in uno spazio ridotto.
Il bloccaggio è un'arte e deve mirare a creare un porto tranquillo, non una prigione.
Il bloccaggio può essere compiuto col corpo.
5) ECO POSTURALE E MIRRORING
ECO POSTURALE = RICALCO
Tali comportamenti passano normalmente dal copiare i segnali esteriori a copiare
la RESPIRAZIONE.
6 ) CLUSTER DI GESTUALITA'
Un gesto non è un messaggio; un cambiamento di postura non è un messaggio. E'
sempre importante osservare più segnali che si riuniscono assieme a formare un
"cluster" di comportamento.
7) APERTURA E CHIUSURA
Indicano il grado relativo di estroversione ed introversione.
I segnali di apertura e chiusura, più sono vicini alla testa, più sono consci.
E' più positiva per l'operatore una posizione dell'interlocutore braccia chiuse e
gambe non accavallate che il contrario.
6.12 LA PROSSEMICA: LE ZONE SPAZIALI PERSONALI
Ai fini dell’interattività, noi possiamo:
1) renderci conto di quando qualcuno è vicino a noi (anche senza contatto
fisico)
2) renderci conto di uno sguardo diretto a noi anche quando questo è fuori dalla nostra linea di visione (in realtà ci rendiamo conto anche dello sguardo
diretto verso l'attività di altre persone, cfr. la spiegazione di Erickson sullo sguardo
dietro la nuca)
PROSSEMICA E METAPROGRAMMI
L'osservazione della prossemica può essere utile per distinguere tra introversi ed estroversi:
A) Normalmente gli estroversi accettano più facilmente la presenza di altre persone
nel loro spazio fisico.
B) Gli introversi, per contro, desiderano mantenere il loro prossimo ad una distanza
che gli permetta di valutarlo con lo sguardo.
Quindi per interagire, è indispensabile valutare lo spazio a voi concesso per il
dialogo per non ingenerare squalifica.
PROSSEMICA ED INTRUSIONE
La prossemica è d'aiuto per creare ATTENZIONE. Una lieve intrusione nello spazio
personale altrui è uno degli strumenti migliori per creare tale stato d'animo.
Deve però essere seguita da un arretramento; questo appare allora come un invito
ad entrare nel proprio spazio personale.
DIFFERENZE PROSSEMICHE TRA UOMO E DONNA
La donna preferisce l'avvicinamento prossemico da davanti, seguito da un
affiancamento (se si trova confortevole).
Se un uomo vuole parlare con una donna, anche la posizione diagonale è molto
valida.
PROSSEMICA ED ALTEZZA
L'effetto prossemico è incrementato dall'altezza, ed una posizione superiore è
molte volte percepita come dominante. Anche se è utile per creare ATTENZIONE,
tale posizione rischia di essere dannosa nelle fasi successive. E' allora bene che le
persone si allineino.
UTILIZZO DI OGGETTI PER INVADERE LO SPAZIO PERSONALE
Oggetti lasciati nello spazio personale altrui possono generare fastidio, ma al
tempo stesso sono segnali chiari di accettazione o rifiuto degli argomenti trattati o
della figura diadica
STRETTA DI MANO
La stretta di mano è un indicatore fondamentale del "rapport" creato.
Esercizio: giudicare la stretta di mano di più persone
Una serie di esperimenti ha mostrato che la stretta di mano migliore dura 5 secondi
ed è ferma. Un palmo asciutto indica tranquillità.
POSIZIONE DELLE MANI (VERRÀ SPECIFICATA PIÙ AVANTI)
Verso l'alto, propiziatrici
Verso il basso, dominanti
PARTI DEL CORPO
Un modo di osservare l’atteggiamento umano distingue tre parti del corpo che
possono inviare messaggi differenti:
1. TESTA
2. PETTO
3. ADDOME
Corrispondono al centro intellettivo, il centro emozionale ed il centro istintivo di
Gurdjieff.
•
•
•
Tendenzialmente i movimenti della testa riflettono l'atteggiamento mentale
La posizione del petto indica dove si trova l'IO della persona
La posizione dell'addome un certo atteggiamento più profondo.
CONGRUENZA\INCONGRUENZA
L'osservazione della persona può permetterci agevolmente di riconoscere le
posizioni di congruenza e le posizioni di incongruenza all'interno della sua
gestualità.
SEGNALI GUSTATIVI
Tutti i segnali gustativi indicano piacere nei confronti dell'interlocutore.
SORRISO
Il sorriso insincero è spesso asimmetrico con minore movimento del labbro
inferiore.
[ESERCIZIO: Contrarre i muscoli della faccia per 5 secondi - rilassarli - (ripetere)]
OCCHI
Tendenzialmente, la persona che batte meno le pupille tende ad assumere la
posizione UP. Il battito delle pupille è proporzionale alla quantità di interesse; inoltre
lo sguardo al centro degli occhi ha forti potenzialità di convincimento.
Si distingue tra due tipi di sguardo: interessato - guardare (pupille dilatate) ed
attento - fissare (concentrato sull'obiettivo).
Questo secondo è convincente ed efficace quando accompagnato da un adeguato
sottotesto.
E' utile poter trasmettere attraverso gli occhi appropriati messaggi:
RICALCARE IL BATTITO DELLE CIGLIA
BATTITO LENTO - HA UN FORTE POTERE DI INTERESSE
SORRISO OCULARE
Il sorriso a livello oculare è uno dei migliori strumenti per creare "rapport"
•
•
•
TOCCAMENTI OCULARI LATERALI
MANI COME PUNTATORI
Mani o biro possono essere utilizzate come puntatori per lo sguardo.
DISTOGLIERE LO SGUARDO
In che direzione distogliete lo sguardo?
IL FLASH SOPRACCIGLIARE
Il flash sopraccigliare è uno dei più potenti strumenti per predisporre ad uno
scambio. Etologicamente corrisponde al riconoscere qualcuno di conosciuto.
LA CNV NEL PENSIERO NEUROLINGUISTICO
PERCHE’ E’ IMPORTANTE COMPRENDERE IL LINGUAGGIO DEL CORPO?
Chi è in grado di rivolgere consapevolmente la propria attenzione ai segnali non verbali ha almeno due vantaggi:
• 1°: conoscere sin dall'inizio eventuali segni di deterioramento della relazione e
porvi rimedio. Infatti, quando l'interlocutore alza la voce anche l'inesperto sa che "è
andato fuori dai gangheri", mentre l'esperto è in grado di cogliere subito i primi
segnali di malumore e di intervenire. I vantaggi di questa capacità nella vita
professionale come in quella privata sono più che evidenti.
• 2°: l'esperto può anche verificare le osservazioni che ha consapevolmente
registrato, dal momento che sa che i segnali n.v. non sono sempre univoci (si può
infatti piangere di dolore o di gioia, sorridere con presunzione o per imbarazzo,
tacere perchè si riflette o ci si rifiuta di dire qualcosa o perchè si è insicuri,...).
E' facile fraintendere i segnali corporei, soprattutto se non si è allenati e consapevoli;
anche l'intuito a volte può sbagliare, perciò forse non c'è da meravigliarsi se tanti
individui inibiti e timidi sono ritenuti arroganti!
Senza una verifica, ad esempio, possiamo interpretare come negativo un segnale
solo perchè siamo noi ad avere uno stato d'animo negativo!
CONGRUENZA E INCONGRUENZA
Nella maggior parte dei casi inviamo e riceviamo segnali che "vanno nella stessa
direzione", cioè che comunicano la stessa informazione sia a livello verbale che
corporeo; i segnali corporei confermano quello che si dice a parole e queste ultime,
cioè il contenuto della comunicazione, vengono così sottolineate, evidenziate e
rafforzate. In questo caso si dice vi sia congruenza (tra piano verbale e corporeo).
A volte invece una persona trasmette un'informazione a livello verbale ("Sono sicuro
di quello che dico") e a livello n.v. ne trasmette un'altra (voce bassa e incerta,
sguardo non diretto all'interlocutore, posizione di "chiusura" che in generale danno
un'impressione di insicurezza), in questo caso si verifica una incongruenza.
L'incongruenza suscita un vago senso di disagio, d'incredulità o di confusione in chi
la coglie, per lo più a livello inconscio (si avverte che c'è qualcosa di non chiaro,
anche se un inesperto in linguaggio corporeo non lo sa spiegare).
Se un oratore ci colpisce favorevolmente, tale nostra impressione positiva non si
basa mai soltanto sui segnali di contenuto (per quanto brillanti possano cioè essere
le sue parole), bensì sul fatto che i suoi segnali n.v. sono estremamente congruenti
con le parole dette. Altrimenti non potrebbe convincerci.
Infatti.. la congruenza convince.
Un individuo insicuro, ad esempio, può inviare segnali incongruenti proprio a causa
della sua insicurezza e venire così mal interpretato; per questo motivo spesso le
persone timide e schive danno l'impressione di essere "arroganti" e "distaccate".
L'UTILIZZO DELLA CNV
Attraverso la C.N.V. noi possiamo calibrare e creare degli stati emozionali secondo
il seguente schema:
STIMOLAZIONE DI CNV ==> FILTRO ==> EMOZIONE ==> MODIFICA ALTRE
SUBMODALITÀ DELLA RAPPRESENTAZIONE INTERNA
Con la CNV noi non operiamo tanto sul contenuto delle immagini interne, quanto
sulle loro submodalità.
Attraverso la CNV noi possiamo operare dei cambiamenti sulle submodalità interne
della persona senza però che questa nel contempo si renda conto razionalmente
della natura di tali modifiche.
MODIFICA DELLE SUBMODALITA' E TENSIONE
Ogni volta che noi riscontriamo una differenza tra immagine mentale e realtà
esterna tendiamo a provare uno stato di tensione: la tensione è proporzionale alla
differenza tra realtà percepita e realtà immaginata (o desiderata). Attraverso la
CNV noi produciamo delle tensioni emozionali nei nostri interlocutori, portando così
successivamente ad una modifica delle submodalità.
La tensione è un segnale che ci porta a cambiare la nostra rappresentazione
interna.
La tensione percepita potrà essere classificata come ansiosa o piacevole a seconda del contrastare o meno di tale immagine modificata con altri elementi da noi percepiti come importanti. Essenzialmente, se ci sono elementi contrari alla modifica di tale rappresentazione interna la tensione avvertita verrà qualificata come ansiosa